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CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE
Comunicazione di massa: processo di produzione, trasmissione e diffusione di testi/ notizie/
immagini/ suoni atti a raggiungere quasi simultaneamente un gran numero di persone separate e
disperse su vasto spazio (e principalmente non in rapporto tra loro).
I mezzi usati per attuare ciò - cinema, stampa, manifesti, radio, televisione - sono detti mezzi di
comunicazione di massa, o mass media.
I materiali diffusi sono spesso (MA NON SEMPRE) designati in blocco come cultura di massa
I mass media diventano un elemento centrale della società di massa: passano dai media molte delle
conoscenze e delle esperienze individuali.
Massa: indistinto insieme di individui (non connotati per l’appartenenza a una specifica classe
sociale) a cui si attribuiscono comportamenti uniformi e anonimi
Esperienza visiva: fenomeno dell’agglomerato, “le città sono piene di gente; quello che prima non
soleva essere un problema, incomincia ad esserlo quasi a ogni momento: trovar posto”
2. Urbanizzazione
Tramite movimenti migratori verso le città, alla ricerca di lavoro, nascono metropoli e grandi città.
Accesso, nelle zone benestanti, a nuovi servizi: illuminazione pubblica, acqua corrente, smaltimento
dei rifiuti, mentre ai margini moltitudini di persone in condizioni di grande disagio
Città luoghi di incontri, scambi, contatti, contaminazioni, “modernità̀”
Avviene una spersonalizzazione degli individui e degli eventi, si è un granello in un meccanismo
più ampio (passaggio da realtà Agricola a Cittadina)
3. Industrializzazione
Seconda rivoluzione industriale (settori trainanti: acciaio, chimica, elettricità̀)
Nascono grandi imprese meccanizzate, con produzione in serie.
Contro: Frammentazione del lavoro ed impoverimento del valore lavorativo degli operai,
indistinguibili l’uno dall’altro (aumento dei salari, diminuzione dei prezzi)
Si creano conflitti e forme di organizzazione sindacali.
4. Segmentazione sociale
Perdita di status della nobiltà dinastica.
Ascesa di nuove élite borghesi legittimate dal successo nel mondo degli affari
Differenziazione della borghesia in gruppi distinti per livello di ricchezza, ambiente di origine,
tipo di lavoro, formazione culturale (grandi capitalisti, grandi proprietari terrieri, piccoli
imprenditori, commercianti, professionisti, impiegati, burocrati, intellettuali ecc.)
Proletariato come insieme composito, formato da contadini, braccianti, artigiani, operai
specializzati, manovali, lavoratori precari, disoccupati e altre figure ai margini della società
5. Tempo libero
Riduzione dell’orario di lavoro e netta distinzione tra tempo di lavoro e tempo di “vita”
Non ci si rivolge più solo alle feste rituali della comunità (es. festività religiose), alle fiere di
strada, ma anche al mercato: cinema, teatri, parate, gite e vacanze nasce l’industria culturale
Dal carnevale allo spettacolo:
Diventa più passivo (seduti su ruota panoramica, o ad assistere a uno spettacolo), con una
divisione dei ruoli fra chi si esibisce e chi guarda
Diventa qualcosa per cui le persone pagano.
6. Consumi
Si diffondono pubblicazioni periodiche che hanno per tema proprio i consumi: in particolare, i
giornali di moda per il pubblico femminile
Crescita dei redditi più prodotto e produzione di serie a basso costo aumento dei consumi
Passaggio dall’autoconsumo ai consumi mediati dal mercato
Nuove forme di commercializzazione:
-standardizzazione: negozi a prezzo fisso, abiti preconfezionati
-grandi magazzini -pubblicità -vendita a rate -vendita per corrispondenza
Grazie a queste nuove politiche, lo Stato è molto più presente nella vita delle persone.
Gli individui si sentono legati non solo ai gruppi più «vicini» (famigliari, locali, comunità religiose,
subculture politiche) ma iniziano a percepirsi parte di un aggregato più vasto: la nazione
“Far conoscere agli individui il resto della nazione” NON è un contrappeso alla personalizzazione,
perché puntano entrambi ad omogeneizzare gli individui, a renderli simili ed indistinguibili.
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Innovazioni tecnologiche
Fotografia: dagherrotipi. In Europa e in America, scoppia la «dagherromania» (macchina
fotografica prodotto industriale di massa); le fotografie erano sempre fatte da professionisti.
Telegrafo: Possibilità di inviare testi tra due postazioni distanti, collegate da un cavo elettrico.
Dagli anni Quaranta dell’800, costruzione di capillari reti telegrafiche (e cavi sottomarini).
In ambito giornalistico, lo sviluppo della telegrafia rese rapido l’invio di informazioni e notizie.
Avvento della pubblicità sui giornali, con graduale abolizione della tassa sulle inserzioni.
La pubblicità consente di abbassare il prezzo di vendita dei giornali, nonostante l’aumento dei costi.
Nascono le agenzie pubblicitarie e si sviluppano rapporti di dipendenza:
Dei proprietari dei giornali verso gli inserzionisti
Dei proprietari delle agenzie pubblicitarie verso i propri grandi clienti
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CAPITOLO 3 – IL CINEMA
Un nuovo mass media: il cinema
Sviluppo della tecnologia fotografica permette di migliorare la tecnica di immagini in movimento.
Da fine 800, il cinema affianca la stampa popolare come strumento di intrattenimento a buon
mercato per le masse urbanizzate.
Peculiarità del nuovo mass media:
Pubblico più ampio, non necessariamente alfabetizzato (inizialmente il cinema è muto)
Fruizione collettiva e meno selettiva della stampa
Circolazione non vincolata a una dimensione territoriale, ma transnazionale
All’inizio il suo pubblico è soprattutto la classe operaia delle città, ove è visto come mezzo di
evasione a prezzo basso, che presto supera altre forme di evasione.
Fattore favorevole: non c’è ancora il sonoro, per cui la lingua non rappresenta un ostacolo.
Negli Usa il cinema può rivolgersi ai milioni di immigrati, presentando miti e usi americani e
funzionando anche come spinta all’integrazione sociale
Le “Big Five”: -Paramount Pictures -Fox Film Corporation 20th Century Fox
-Warner Bros. -Metro Goldwyn Mayer -Radio Keith Orpheum (RKO) Pictures
Le “Little Three”: -Universal (1912) -United Artists (1919) -Columbia (1924)
Il predominio hollywoodiano
Hollywood è vantaggiosa per varie ragioni: -Pochi sindacati (al tempo), quindi bassi stipendi
-Scenari aperti ottimi per vari film -Clima temperato (mai condizioni esterne gravi)
Quindi piano piano molte società si trasferiranno lì.
In Europa anche negli anni Venti si sviluppano importanti scuole cinematografiche, ma nessun
cinema europeo può competere con Hollywood sul piano organizzativo ed economico.
Punti di forza: Capacità di attirare professionisti stranieri (attratti dai fondi americani)
-Centralità economico-finanziaria degli Usa -Sviluppo Star System e Studio System
-Ampio e differenziato mercato interno. -Sostegno della politica (presidente Wilson)
Paura e moralismo
Sia in Usa che in altri paesi, il cinema crea allarmi per l’influenza negativa su società e giovani.
In Europa, il cinema hollywoodiano inizia a suscitare paure e rancori:
per la rappresentazione negativa di certi gruppi nazionali ed etnici
per la “pubblicità occulta” di prodotti statunitensi
per il rischio di un’“americanizzazione” culturale
In molti paesi vengono precocemente introdotte forme di regolazione e censura sui film:
Interventi affidati alle autorità locali
Forme di autoregolazione e “autocensura”
Casi di protezionismo dei governi europei nei confronti dei film statunitensi (per es. tramite
l’imposizione di quote fisse di importazione)
1. Non sarà prodotto nessun film che abbassi gli standard morali degli spettatori.
La simpatia del pubblico non dovrà mai essere indirizzata verso il crimine, il male o il peccato.
2. Presenti solo standard di vita corretti, con limitazioni necessarie al dramma e all'intrattenimento.
3. La Legge, naturale, divina o umana, non sarà mai messa in ridicolo, né sarà mai sollecitata la
simpatia dello spettatore per la sua violazione
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Dopo la I guerra mondiale, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna si elaborarono due modelli:
1. Il modello commerciale (Stati Uniti)
2. Il modello del servizio pubblico (Gran Bretagna)
Furono i modelli di riferimento per lo sviluppo della radio di altri paesi, modificati alle volte.
Le dittature di massa degli anni Venti e Trenta (fascismo, nazismo, stalinismo) proporranno una
variante del modello britannico: la radio di Stato
Nella seconda metà del secolo, saranno poi un modello per lo sviluppo della televisione
La radio: la programmazione
I programmi a volte si ispiravano a generi di spettacolo preesistenti (teatro, concerti, conferenze
pubbliche), altre erano pensati per il nuovo medium.
Il Jazz journalism
Terza stagione del giornalismo di massa, dopo quelle della penny press e dello yellow journalism.
Si apre dopo la I guerra mondiale
Tabloid (giornali di formato ridotto), a otto colonne
Accentuano il sensazionalismo e il carattere scandalistico propri della stampa popolare:
largo spazio alla violenza, alla cronaca nera, agli scandali, al sesso e alla vita privata delle
celebrità (i divi di Hollywood e i campioni dello sport)
Le fotografie diventano dominanti, spesso occupata interamente la prima pagina
“Jazz” perché vuole scatenare emozioni
I periodici
Il ritorno del settimanale
Le prime riviste erano nate nel Settecento, rivolte a un’élite colta, offrivano racconti, poesie,
saggi, mentre nell’Ottocento erano nate riviste con contenuti più accessibili e vari, spesso
rivolte a un pubblico specifici (come quello femminile)
Dopo la I guerra mondiale, nuove testate
Formato ridottissimo, pocket (meno di un quarto del tabloid)
Rispondono meglio alla sfida di radio e cinegiornali: non competono sul piano della
velocità, ma offrendo approfondimenti e analisi meditate
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Alta cultura: È la cultura prodotta intenzionalmente dagli intellettuali (minoranza colta della
popolazione) secondo canoni estetici e contenutistici complessi e formalmente stabiliti (i saperi
formali, cui si accede soprattutto con l’istruzione)
Cultura popolare: È la cultura prodotta in-intenzionalmente dai non intellettuali nel corso delle
loro attività̀ sociali. Si sedimenta nella cucina, nel folklore, nei costumi, nei proverbi, nel sapere
informale e nelle superstizioni, cioè̀ nella tradizione (es. i piatti tipici tramandati)
Cultura di massa (o pop): È la cultura prodotta intenzionalmente dai mass media, dall’industria
e dall’industria culturale in genere, a scopi commerciali.
Per cultura pop si intende quella parte della cultura di massa che va a sostituire la tradizionale
cultura popolare, egemonizzando la vita quotidiana degli individui e dei gruppi.
Ormai, essendo tutti coinvolti e connessi dai mass media, questa tripartizione perde di
compartimentazione.
Contrapposizione tra cultura di massa «mainstream» (mettere a proprio agio il pubblico, non cerca
di “smuovere”, come Picasso – alta cultura) e «controcultura»
Si compone una Wonderland, «una terra di racconti meravigliosi: media che offrivano
divertimento, brivido, sollievo, consolazione, proiettando il pubblico nel passato, nel futuro, nel
mito o in selezionate declinazioni della contemporaneità»
- I pregiudizi razziali
Da un lato, attenzione a non offendere i sentimenti dei bianchi, nascondendo l’apartheid, i frequenti
episodi di discriminazione e violenza razziale
Dall’altro, riproduzione dello stereotipo del «sambo», il nero servile, infantile e poco intelligente,
quasi sempre relegato nel ruolo di domestico, facchino, o al massimo uomo di spettacolo.
- L’happy ending
Tratto comune all’intera produzione mainstream americana: imperativo assoluto del lieto fine.
Secondo una certa critica intellettuale, inclinazione al conformismo, all’infantilismo, alla
nuova religione del «divertimento».
D’altra parte, potere consolatorio: capacità di far sognare lo spettatore e di distrarlo, almeno
temporaneamente, dalle difficoltà della vita quotidiana.
La ricezione
Serie di effetti divergenti su spettatori e società:
Forte influenza globale su linguaggio, moda, comportamenti degli spettatori/consumatori
attraverso il cinema; importante canale per trasmettere valori e una sola visione della società
La produzione mainstream non funziona solo come «influencer», ma anche come specchio
della società, avendo l’interesse commerciale di attirare il grande pubblico e quindi di
andare incontro ai gusti e alle opinioni comuni.
Il pubblico non è un ricettore totalmente passivo, ma un interprete attivo
Il cinema allora serviva a soddisfare un bisogno di spaesamento, di proiezione della mia attenzione
in uno spazio diverso
La cultura di massa non è un blocco monolitico: accanto alle narrazioni mainstream circolano altri
prodotti culturali di massa che possiedono aspetti strutturali diversi, sebbene negli anni 20 e 30
siano ancora riservati a settori specifici di pubblico o ad aree geografiche circoscritte.
-Letteratura della lost generation: Hemingway, Fitzgerald, Stein ecc.
-Generi musicali come il blues, il jazz, il folk, l’hillbilly
-Cinema indipendente afroamericano (race movies), che cercano di rovesciare gli stereotipi
(faticando a entrare nel circuito del mercato principale)
Wonderland: il rinnovamento del canone americano (2)
Vecchi e nuovi stereotipi della cultura «mainstream» americana nel secondo dopoguerra:
1. Il mito della casa dei sogni
Aggiornamento del tema della “Home Sweet Home” attraverso il mito della villetta famigliare
suburbana: luogo simbolico della famiglia felice che vive in periferia, nei nuovi sobborghi
residenziali omogenei da un punto di vista sociale e razziale.
Si correla il tema della ricchezza, con auto rappresentate ad esempio
Temi correlati: fiducia nell’“American Dream” / visione razzista e materialista della civiltà.
Tuttavia, a partire dagli anni ’50, acquistano maggior importanza mediatica una serie di tendenze
controculturali che hanno radici nei decenni precedenti, ma che ora raggiungono segmenti di
pubblico meno marginali e riescono almeno in parte a competere con la produzione «mainstream».
Beat Generation
Circuito letterario di outsiders (“hipsters”), concentrati in piccole comunità, che negli anni 50
collegano varie esperienze controculturali in una ricerca di un’identità diversa dalla mainstream.
Lo fanno mettendo al centro del progetto la ribellione, la marginalità, l’autodistruzione,
l’improvvisazione, la fisicità, la corporeità, l’oralità, la passione per jazz e blues, l’ammirazione per
le culture afroamericana e messicana, la sessualità, il viaggio
Hollywood Renaissance
Dal 1967 a metà degli anni ’70 hanno successo vari film hollywoodiani con strutture narrative
insolite (in parte influenzati dal cinema europeo), con tratti comuni alla controcultura rock, con
antieroi come protagonisti e un’assoluta mancanza di happy ending (sebbene rimangano film
abbastanza prudenti sul piano politico e su certi temi come sessualità e gender).
Bonny e Clide, Zombie, Il Pianeta delle Scimmie sono tutti esempi di emancipazione dal solito.
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CAPITOLO 6 – LA TELEVISIONE
Gli effetti della televisione
Negli anni ’50 la TV diventa in Europa (10 anni dopo l’America) un elemento della
ricostruzione e simbolo del benessere economico
In tutti i Paesi, in modi differenti, ha contribuito a trasformare le culture nazionali
Ha favorito l’assunzione dei valori del ceto medio (preservazione della sfera domestica,
benessere individuale e materiale, decoro, attenzione al giudizio sociale, cura
dell’apparenza, ricerca della comodità) anche da parte di altre classi sociali
Accompagna una profonda trasformazione della comunicazione politica
Critiche e timori per la sua capacità di persuasione (come per il cinema precedentemente)
La TV era una “finestra sul mondo” (“le immagini rappresentano la realtà, quindi la TV è
molto affidabile”)
Cronologia
Germania: dal 1935 saltuarie trasmissioni quotidiane, con televisori in alcuni luoghi
pubblici di Berlino (1936: diretta Giochi olimpici, ripresi in parte dai nazisti).
Inghilterra: dal novembre 1936 la BBC avvia il primo regolare servizio della storia, con tre
ore al giorno per poche migliaia di abbonati nella zona di Londra.
Fin dagli anni ’30: riconoscimento dell’importanza del nuovo media
Seconda guerra mondiale: interruzione dello sviluppo.
Tra il 1948 e il 1952: nascita della TV in Usa.
Tra metà anni ’50 e inizio anni ’60: decollo in Europa.
La TV americana
Il modello commerciale si fonda sulla competizione tra più network, finanziati dagli investitori
pubblicitari e gratuiti per lo spettatore, rispecchiando così il modello organizzativo del sistema
radiofonico (hanno bisogno di ingraziarsi gli spettatori per profitto dalla pubblicità).
Programmi: quiz, game show, varietà, fiction, notiziari, inserti su spettacolo, sport e politica
A partire dagli anni ’60, canali sostenuti dallo stato per programmi culturali/pedagogici
I contenuti della televisione nei primi quindici anni evolvono rapidamente, sulla base
dell’interazione di diversi attori: network, pubblico, sponsor, autorità statali, critici.
È la prima fase della storia della televisione, che dura fino agli anni ’70.
All’interno di questa fase, possiamo ulteriormente distinguere tre differenti stagioni:
La serie televisiva
Nel campo della fiction, diventa il prodotto televisivo per eccellenza:
i personaggi ricorrenti diventano famigliari
la serialità offre la possibilità di costruire storie che si sviluppano lungo molte ore
La serie sembra sfruttare al meglio alcune delle caratteristiche intrinseche del medium.
Il quiz show
Format del “gioco a premi”: se basati su domande e risposte, sono chiamati “quiz show”.
Il genere spopola dalla metà degli anni ’50, soprattutto con i quiz show che mettono alla
prova la preparazione dei concorrenti e offrono premi sempre più elevati.
3. Anni ’60
Critiche sulla bassa qualità dei programmi televisivi:
prevalenza degli interessi commerciali sull’interesse pubblico
scandalo dei quiz truccati (1959), con vittoria di un concorrente popolare fra il pubblico
(richiesta dagli investitori)
proteste anche dalla sfera politica e dalla Federal Communications Commission (FCC, ente
statale per la regolamentazione del sistema radiotelevisivo)
Per placare le critiche, i network aumentano documentari e notiziari nelle ore di massimo ascolto,
ma continuano a trasmettere soprattutto sitcom, serie drammatiche e sempre più programmi
sportivi, con la consapevolezza che al pubblico la televisione commerciale piace.
Programmi radiofonici con funzione culturale ed educativa notiziari, romanzi sceneggiati, opere
teatrali e letterarie, rubriche culturali, rotocalchi di approfondimento, pochi giochi e varietà.
Quindi un ventaglio molto più alto dell’America
Monopolio statale
Monopolio della tv pubblica: controllo statale diretto dei servizi televisivi ed enorme
ingerenza del governo.
Programmazione più convenzionale e noiosa.
La programmazione
La programmazione della Rai rispecchia quella delle altre emittenti pubbliche europee
-Mancano strategie di programmazione televisiva (si sviluppano in un contesto concorrenziale)
-Palinsesto rigido, fisso sulla separazione tra generi definiti (informazione, cultura, spettacolo)
-Divisione in tre fasce orarie -Compresenza di generi diversi
1. I programmi pedagogici
Non è mai troppo tardi – condotto da Alberto Manzi (1960)
Conduttore: Manzi, con gessetti, sguardo severo ma comprensivo ha alfabetizzato generazioni di
italiani insegnando a “leggere, scrivere e far di conto”
Effetti nella società: in quegli anni circa 35.000 italiani superarono l’esame di V elementare grazie
ai suoi insegnamenti; è uno dei personaggi che ha unificato linguisticamente penisola
2. Le grandi inchieste
Puntate che analizzano la nuova realtà femminile nell’Italia del boom economico e il contributo
delle donne alla vita sociale ed economica del Paese.
Tutta l’inchiesta è realizzata dal vivo, senza l’uso di materiale di repertorio ma attraverso le
testimonianze dirette delle donne.
3. Il varietà
Un, due, tre (1954 al 1959) – Carotenuto, Billi e Mario Riva, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello.
Al centro c’è la televisione: sketch comici che saccheggiano battute di film famosi, alludono a
eventi importanti, fanno una satira dei programmi televisivi e delle personalità del piccolo schermo.
4. Il telequiz
Lascia o raddoppia? (1955-59), presentato da Mike Bongiorno.
È un’icona della tv delle origini
Va in onda il sabato, ma dopo un anno viene spostato al giovedì per le proteste degli esercenti
cinematografici, che lamentavano le sale vuote a causa del successo del gioco televisivo.
Dall’imprinting pedagogizzante, premia chi possiede nozioni
Umberto Eco (Fenomenologia di Mike Bongiorno): Bongiorno è «l’esempio vivente e trionfante del
valore della mediocrità» (“Mike è normale, non ha talenti, per cui mette a proprio agio il pubblico”)
Transmedialità: Totò lascia o raddoppia? (film del 1956)
Carosello si basava su una serie di regole precise, definite da un regolamento che vincolava in
maniera rigida anche i contenuti
La pubblicità doveva essere «buona televisione» Pretesa di proteggere gli spettatori da un
ingresso rapido e incontrollato nella società dei consumi
Rispondeva all’approccio pedagogico e paternalistico del servizio pubblico
Il messaggio promozionale consisteva in un siparietto contenente un filmato suddiviso in 2 parti:
1. «Pezzo»: una storia, in cui non doveva mai comparire il nome del prodotto (1 min e 45 sec)
2. «Codino»: la pubblicità vera e propria (30 sec)
1. Il nome del prodotto reclamizzato poteva essere reso visibile solo 6 volte
2. Dato che nessun «pezzo» poteva essere uguale, costrinse a sviluppare vere e proprie mini-serie,
interpretate da attori di successo o che vennero resi noti da Carosello
3. Escluse opere che «presentino disonestà, vizio o delitto in maniera atta a suscitare compiacenza
o imitazione» che risultassero «volutamente volgari, ripugnanti, terrificanti».
La presentazione di storie poliziesche era consentita «a condizione che il reato non sia riprodotto
con eccessivi particolari tecnici o raccapriccianti e che ne derivi una pronta condanna»
4. Non si dovevano presentare con compiacimento vicende di adulterio.
5. Le relazioni sessuali non dovevano risultare attraenti, le scene erotiche erano proibite e persino
i baci dovevano essere rappresentati con discrezione e senza «indurre a morbose esaltazioni»
In Europa
Anni ’70: riforme che ampliano il numero dei canali pubblici, con relativa estensione della libertà
dei contenuti → legame meno rigido tra la gestione delle televisioni e gli orientamenti del governo
Crisi del monopolio pubblico, e progressiva apertura ai privati.
Anni ’80: modernizzazione del sistema in direzione di una liberalizzazione delle reti televisive →
tendenza verso il modello americano
In Europa, come negli Usa, nel corso degli anni Ottanta guardare la televisione diventa, in tutte le
società urbanizzate, la prevalente attività domestica e la seconda, in assoluto, dopo il lavoro
Il caso italiano
Il caso italiano è esemplificativo, per due dinamiche:
a) Interpretare il cambiamento sociale realizzando programmi maggiormente liberi e di più
elevata qualità→si accompagna a un profondo cambiamento della Rai (riforma del 1975).
È la golden age della televisione italiana
b) Commercializzazione → si accompagna al riconoscimento della legittimità delle trasmissioni
televisive locali (Sentenza Corte costituzionale, 1976) e alla fine del monopolio statale
A differenza degli Usa, si riveleranno parzialmente in contraddizione
Il duopolio Rai-Fininvest
Due gruppi, ciascuno con tre canali nazionali, che seguono internamente una «strategia di
squadra» (non si fanno concorrenza e si co-pubblicizzano i programmi)
Il modello diventa la televisione commerciale all’americana.
Anche la Rai privilegerà di più l’intrattenimento leggero (crisi del «servizio pubblico», dato
il passaggio di molti spettatori dalla RAI a Fininvest, la prima cerca di “abbassare il livello”
culturale per poter fare a gara con Berlusca)
Aumentano le ore di programmazione; cambia l’organizzazione dei programmi
(dall’appuntamento «settimanale» ai palinsesti)
Cresce lo spazio della pubblicità (Fininvest ne sottrae alla RAI)
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Negli anni ’50 e ’60, due strategie per rispondere alla crisi
1. Collaborazione con la televisione (vendita pellicole per mandata in onda televisiva)
2. Sfruttare i vantaggi della pellicola cinematografica: film di prestigio con grandi budget a
forte impatto visivo (colore, Cinemascope, 3D), per fare a gara con le immagini piccole e di
bassa qualità della TV
Hollywood Renaissance
Dalla fine degli anni ’60: crisi del cinema dei kolossal (sono ripetitivi e scontati).
Non attira i giovani e non risponde ai cambiamenti sociali e al mutamento dei valori
Arrivano film meno convenzionali, a basso budget, che piacciono ai giovani (New Hollywood)
Anni’80 e ’90: grandi case assorbite da megaconglomerate (puntano a «sinergie» con altri media)
-Fare meno film per concentrarsi su alcune mega-hit, con richiamo di superstar ed effetti speciali
-Costose campagne pubblicitarie (fino al 30% del costo complessivo)
-Al botteghino si affiancano i proventi della vendita di CD, DVD, diritti tv e pacchetti di prodotti
correlati (merchandising) -Resistono produzioni alternative
Dagli anni’60, anche per assecondare la necessità di aggiornamento tecnologico, grandi società
acquisirono la proprietà di molte testate conflitti d’interesse
Restringimento del ventaglio delle posizioni ideologiche (sempre più conservatrici e liberali)
Convergenza di modelli
-Meno spazio alla politica e più ad argomenti «leggeri» (anche per attirare lettori più giovani)
-Colore e nuovi espedienti grafici: grandi titoli, immagini
La grande stampa adotta soluzioni tipiche della stampa popolare, tentando di non perdere qualità
I periodici
L’affermazione della TV ha sui periodici un impatto ancora più diretto: diminuendo la loro
capacità di attrarre lettori attraverso il richiamo visivo di grandi immagini a colori, nella situazione
di generale declino della stampa molti periodici vanno in crisi.
Resistono i newsmagazine, i più simili ai quotidiani per contenuti, dando meno spazio alla politica
e più all’economia, alla finanza, al tempo libero, alle celebrità, o alla stessa televisione.
Tendenza alla iper-segmentazione (divisione in tanti periodici che trattano argomenti specifici), in
modo da aiutare inserzionisti specializzati a raggiungere pubblici specifici
La radio nell’era della tv
All’inizio, declino dell’ascolto; molte star migrano in televisione.
Tuttavia, negli anni ’50 e ’60 altri sviluppi modificano e rilanciano la fruizione della radio:
nasce in Usa la figura del disc jockey
sono messi in commercio nuovi modelli di apparecchi radiofonici che favoriscono forme
di ascolto sia di gruppo che individuale
vengono privilegiati i programmi musicali (con la diffusione di nuovi generi e nuove
mode) e di conseguenza si consolida il rapporto con l’industria discografica
nel sistema commerciale-pluralistico all’americana, resistono meglio le radio locali rispetto
ai grandi network
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CAPITOLO 8 – LA PUBBLICITA’
La pubblicità e le sue origini
Definizione: l’insieme delle tecniche e attività comunicative persuasive di natura
commerciale, a pagamento, volte a promuovere i consumi
È il risultato delle interazioni di un triangolo di attori: committenti – pubblicitari – media
Bisogna aggiungere l’universo dei consumatori, plurimo e composito e non solo passivo
Fin dal XVII secolo, sui giornali compaiono avvisi brevi, puramente informativi, a caratteri
minuscoli; inoltre, soprattutto a partire dal XIX secolo, si stampano cartoline e poster.
(1) Fine 800 – Prima guerra mondiale: la nascita della pubblicità moderna
Dalla metà dell’Ottocento: pubblicità d’effetto, con un richiamo visivo (veloce da leggere),
ma “in esterni” (manifesti, cartelloni, poi insegne elettriche).
La pubblicità moderna nasce nel tardo Ottocento, in connessione con la stampa di massa.
Nasce l’industria pubblicitaria, anche se la figura principale rimane quella del tipografo e le
prime piccole agenzie hanno ancora un ruolo limitato all’intermediazione.
Rapporto con la diffusione dei consumi e lo sviluppo della cultura consumistica.
Pubblicità “psicologica”: fa appello alle emozioni più che alla sfera razionale
Scare-advertising: Crea un consumatore insicuro e insoddisfatto, in ansia per il proprio status e
benessere personale, pronto ad abbracciare i consumi come soluzione ai problemi dell’esistenza.
Altri escamotage:
-Creazione di “problemi” e proposta di “soluzioni”
-Ricorso al parere degli esperti, come scienziati e medici
-Messaggi ingannevoli, come palliativi scientificamente infondati
L’epoca della TV
Centralità della televisione anche come supporto mediatico per fare pubblicità:
principale fonte di guadagno per i pubblicitari da metà degli anni ’50, quando spese per
pubblicità televisiva superano quelle per pub. radio (grazie a capacità di mostrare i prodotti)
dissidi tra network e inserzionisti, che vogliono esercitare un controllo sulle trasmissioni
graduale passaggio dalla sponsorizzazione allo spot
La “rivoluzione creativa”
Negli anni ’60, William Bernbach e soci rinnovano il linguaggio pubblicitario:
stile anticonformista ed eccentrico
uso sistematico dell’ironia
rifiuto di un eccessivo inquadramento “scientifico”
Obiettivo: assecondare la piena realizzazione di sé dell’individuo, far desiderare non ciò che i
vicini possiedono, ma ciò che ti distingue da loro
Si rivolge a un consumatore maturo, disilluso e curioso
Apertura ai giovani, che diventano un destinatario sempre più importante.
Lotta agli stereotipi, anche razziali
Usando l’ironia e invitando a pensare piccolo, vuole rispondere alle critiche all’eccesso di consumi.
Inglobando l’estetica e la cultura psichedelica, il linguaggio vira verso l’hip, diventa cioè
eccentrico, edonistico, aperto alla diversità.
(4) Dagli anni ’70 all’inizio del XXI secolo: l’«età del narcisismo»
Dal punto di vista economico, alternarsi di crisi e ripresa.
Dagli anni ’70, si rafforza l’individualismo (“grazie a questo prodotto potrai distinguerti”, in
opposizione al conformismo tanto criticato dai giovani): «cultura del narcisismo» (Lasch).
Teoria del “riflusso”: dopo grandi passioni, individui rifluiscono nel privato e nel personale.
Alla fine degli anni ’70, si afferma il neoliberismo: deregolamentazione del settore pubblicitario,
incentivo ai consumi privati, polarizzazione dei redditi, cultura pro-mercato.
Dagli anni ’70, si diffondono movimenti e organizzazioni a tutela dei consumatori (consumerism)
Nuove tecniche
In polemica con l’approccio "creativo", negli anni ’70 si ritorna a una pubblicità più sobria e
basata sulle ricerche di mercato
Positioning: in un mercato saturo (strapieno di prodotti), necessità di collocare il prodotto in un
segmento specifico di consumatori per renderlo di successo.
Negli anni ’80 nasce inoltre l’event advertising: annunci (per lo più fatti circolare una sola volta o
per un tempo limitato), studiati per essere talmente d’impatto da suscitare l’interesse dei media.
-Dagli anni ’70, si impone la logica «segmentata» o, dagli anni ’90, «ipersegmentata»
L’obiettivo è individuare nicchie di consumatori determinate non solo in base alle classiche
variabili di reddito, ruolo lavorativo, status, sesso, età, religione, gruppo etnico o regione.
La segmentazione è ora basata su «variabili psicografiche», cioè su atteggiamenti, opinioni,
interessi, attitudini e orientamento al consumo
I giovani
Aumento delle iniziative dedicate a bambini e adolescenti
Questo comporta l’emergere dei «giovani» come uno specifico gruppo sociale:
inteso come un segmento di mercato a cui destinare appositi prodotti (es. le bibite gassate)
a cui indicare come consumo e merci sono strumenti di relazioni sociali (es. la moda)
ma anche come un pubblico a cui rivolgersi con uno specifico linguaggio (immagini
ultracolorate, commenti giovanilistici)
Al tempo stesso, presenza di elementi unificanti che ribadiscono una certa immagine della società:
la centralità della famiglia, identificazione con il ceto medio
Le minoranze etniche
Fino a tutti gli anni ’50, persiste lo stigma razzista (afroamericani invisibili/stereotipati in annunci)
Rappresentazione dei neri si riduce a tre figure chiave: gente dello spettacolo, sportivi e domestici
Anni ’60: proteste (lotta contro le discriminazioni e «orgoglio nero») e, al tempo stesso, interesse
delle imprese a conquistare il mercato delle comunità afroamericane.
➢ Tentativi di offrire una rappresentazione meno stereotipata e squilibrata, almeno evitando di
usare le immagini più degradanti
➢Spesso si risponde evitando di raffigurare i neri ➢In generale, separatezza tra bianchi e neri
Con il tempo, si va verso un progressivo superamento dello stigma.
Permane a lungo, tuttavia, una scarsa presenza delle persone di colore
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La nascita di Internet
1957: Dipartimento della difesa americano crea l’Advanced Research Projects Agency (ARPA)
1969: ARPANET la prima rete, formata da 4 nodi
Anni ’70: la rete si allarga a università e centri di ricerca
- Primi usi: e-mail, File Transfer Protocol, protocollo TCP/IP, mailing-list (1972-1975)
Fine anni ’80: il numero di host connessi supera 100.000
1990: cessa di esistere ARPANET
Internet non nasce come progetto unico di una mente geniale in ambito informatico, è un
investimento di denaro pubblico per esigenze di carattere militare/scientifico
Dicembre 1990: al CERN di Ginevra, Tim Berners-Lee elabora HTML e HTTP, un nuovo
protocollo per la distribuzione di informazioni via Internet
- Basata su questi, che offrono un’interfaccia comune alle varie piattaforme mettendole in
comunicazione, viene elaborata una nuova architettura della rete, il World Wide Web
1993: nasce il primo browser, Mosaic
1994: nasce primo browser commerciale, Netscape, e primo portale di servizi internet, Yahoo!.
1997: nasce un nuovo motore di ricerca, Google.
Dall’uso legato all’istruzione e alla cultura a quello commerciale: marketing e pubblicità via web
1999-2006: nascono nuovi software, nuovi siti «partecipativi» e i primi social network, come
Napster, MySpace, Wikipedia, Linkedin, Skype, Facebook, Flickr, YouTube, Twitter
Anni Zero: si allarga il mercato dei dispositivi tecnologici, come computer portatili e smartphone