Sei sulla pagina 1di 21

CULTURA E PARTECIPAZIONE

1. ARTE CULTURA E PUBBLICO

Fra la metà degli anni 60 e i primi 70 nascono nel nostro paese alcuni movimenti definiti contro
cultura o cultura alternativa, che si esprimevano in una serie di sfide alle forme dominanti di
potere politico e sociale. Le sfide, miravano a portare nella società nuovi modi di pensare, nuovi
soggetti politici e nuove forme di gestione e partecipazione politica. Anche in ambito culturale
vengono create e diffuse nuove forme e modalità alternative di fare arte e cultura. In ambito
teatrale si irrompe nella vita quotidiana: fabbriche, ospedali, carceri, scuole, piazze, città. Si parla
di partecipazione, libera espressione, decentramento, creatività, sessualità…

In quegli anni si assiste a un’espansione dei consumi culturali.


Alla fine degli anni 60 e inizio 70, entrano in scena nuovi soggetti politici quali i movimenti
femminili, studenteschi e operai e hanno inizio diverse battaglie riguardanti i diritti civili, il
decentramento amministrativo, l’autogestione, la partecipazione dei cittadini. Sempre in quegli
anni nascono e si diffondono le cosiddette radio libere. Si diffondono pratiche partecipative e usi
interattivi di mezzi come la radio e successivamente la tv. I cittadini venivano chiamati a
intervenire.

I partiti svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito dell’industria e delle attività culturali.


La Democrazia Cristiana governava i diversi luoghi e organismi di potere compresi gli ambiti
culturali e dei mass media e il Partito Comunista. In ambito culturale, nella direzione di costruire
alternative e nuovi modelli, il PCI diede vita a giornali, biblioteche, centri popolari, circoli, vere e
proprie reti di informazione, formazione e influenza politico-culturale. Un altro modo fu
l’avvicinare gli intellettuali alla propria sera di azione; professionisti di vari ambiti: all’insegna della
critica ad alcuni valori borghesia. In ambito culturale furono coniati e lanciati temi e idee: la cultura
popolare, la partecipazione, la libera espressione, il realismo, l’impegno artistico. Sono questi gli
anni del recupero delle tradizioni popolari, del folklore, della memoria collettiva, delle vite e delle
esperienze sociali e di gruppo. Da un lato rivendicava la valorizzazione della cultura
popolare/contadina/operaia e dall’altro si richiedeva l’accesso da parte di fasce di popolazione più
ampie all’istruzione, all’informazione, alla cultura. Come? Andando direttamente nelle strade,
nelle piazze, nelle scuole con spettacoli, concerti, happening.
Furono rivisitate forme d’arte e di progettazione culturale create appositamente per rispondere a
queste finalità. Non solo, i cittadini dovevano divenire a loro volta attore ed esprimere attraverso
gli strumenti culturali le loro realtà e bisogni.
Nel 1975 l’amministrazione di alcune città passo in mano alle forze di sinistra e fu proprio in quegli
anni che nacquero gli assessorati alla cultura e di alcune tipiche hit della programmazione
culturale (es. Punti Verdi torinesi – Estati Romane).
In molte nostre città vi era un clima cupo, quello deli anni di piombo, e la cultura veniva chiamata
a contrastare la pesantezza del clima sociale e a creare occasioni di incontro e socialità tra i
cittadini. Alcuni settori della destra e della sinistra italiana tacciarono tali esperienze di essere
effimere e di sprecare risorse.
Tali eventi funzionarono anche come volano ulteriore per il turismo, la conoscenza del nostro
patrimonio storico, per un uso diverso della città, per una riflessione sugli spazi pubblicitari e il loro
utilizzo insieme alla divulgazione e diffusione delle attività culturali in più ambi strati di
popolazione.
La diffusione massiccia della televisione e di altri media e mass media nelle case e nella società
italiana, le reti private, la crisi della politica agli inizi degli anni 80 cambiarono completamente le
modalità e i consumi culturali. Si presentano sulla scena i privati. Il telespettatore e l’ascoltatore
sono in una posizione da protagonista: possono scegliere tra una gamma di trasmissioni, reti,
canali…
Il pubblico diventa il metro su cui la produzione si regola. Nasce nel 1986 Auditel, una società che
compie indagini e ricerche sulle preferenze del pubblico. La pubblicità televisiva cresce
enormemente. Anche i giornali creano le loro strategie di marketing (allegando gadget ai
quotidiani/riviste o lanciando concorsi, giochi a premi…).
Fausto Colombo individua due costanti nell’industria culturale italiana:
1. Pedagogizzante da parte delle classi dominanti
2. Intrattenimento: tende meno a realizzare iniziative e programmi informativi e culturali, ed
è più attenta ai gusti e consumi del pubblico.

Gli anni 80 sono anche l’inizio della globalizzazione che modificherò gusti e modalità di
produzione, fruizione, distribuzione dei prodotti culturali.
In ambito tecnologico avvengono importanti trasformazioni (Commodor 64, Nintendo
Entertainment System), al cinema ha grande successo il genere fantascienza, negli USA viene
lanciata la rete MTV e inizia la produzione e la diffusione di videoclip. VHS e musicassette audio
hanno enorme mercato e nelle case compaiono i primi computer.
Gli anni 90 sono definiti gli anni della cultura postmoderna. Il panorama televisivo è molto
variegato.
La prima metà degli anni 90 segna l’inizio di Tangentopoli; nel 1993 siamo in piena crisi economica
e per la prima volta nel secondo dopoguerra la maggior parte dei consumi delle famiglie italiane
flette verso il negativo. Il settore che riesce è quello della spesa per la comunicazione.
Anche il computer si diffonde ampiamente “si sviluppa infatti un mercato di software per l’uso di
massa”. Si sviluppa e ha successo la cultura cyber che aveva iniziato a radicarsi in Italia negli anni
80.

Molte città tentarono di riconvertire il loro tessuto economico-sociale_


- Costruzione e ristrutturazione di immobili come ex fabbriche a centri
culturali/cinematografici/tecnologici;
- Ammodernamento e abbellimento di intere aree;
- Restauro di monumenti e incremento degli spazi per il tempo libero e l’aggregazione;
- Iniziative per ridurre fattori economici e sociali ostacolanti: abbonamenti, facilitazioni,
carte dei servizi;
- Il miglioramento della qualità e dell’efficacia dei servizi sia attraverso la loro
esternalizzazione sia con l’introduzione di pratiche di management e marketing;
- Incremento della presenza turistica nei diversi territori;
- Sostegno e valorizzazione delle risorse dei territori con la creazione di piattaforme di azione
integrata e coordinata tra diversi settori;
- Sostegno alla crescita e al radicamento di formazione artistiche;
- Incremento di eventi e manifestazioni culturali;
- Cooperazione coordinamento degli interventi pubblico-privato.

Si arriva agli anni 2000, i quali trasformeranno profondamente l’assetto socio-economico di tutto il
mondo.
Nel 2001 con le torri gemelle nasce il TERRORISMO. Poi viene introdotto l’euro e misure per la
circolazione di persone e merci all’interno dell’unione europea. Poi nasce Facebook e l’anno dopo
youtube. Dopo poco il primo iphone.
Tecnologie e media di evolvono incessantemente; da un lato modificano completamente le
modalità di consumo e fruizione culturale dall’altra introducono e/o trasformano le modalità di
relazione tra le persone.

Tra il 2007 e il 2008 ci fu un elemento di svolta: SCOPPIO DELLA CRISI FINANZIARIA MONDIALE. Per
la prima volta dopo molti decenni alcuni settori artistico culturali perdono significative percentuali
di pubblico e si assiste a riduzioni significative delle risorse finanziarie pubbliche e private per il
comparto.
La crisi e altri fattori di natura politica e sociale portavano a riflettere più approfonditamente su
dinamiche della fruizione cosicché anche nel nostro paese il tema delle centralità del pubblico
compare nel dibattito e nelle agende istituzionali e soggetti pubblici e privati. La carta dei diritti di
Matera, il nuovo Fondo Unico per lo Spettacolo, i programmi di Europa Creativa, il manifesto della
cultura accessibili a tutti, i bandi di alcune fondazioni bancarie e molte altre esperienze condotte
da compagnie, collettivi e singoli artisti sono solo alcuni esempi.
Attraverso articoli, testi e manifesti si dibatte.
Baricco nell’articolo “Basta soldi pubblici al teatro meglio puntare su scuola e tv” sostiene la
necessità di una seconda alfabetizzazione del paese che metta in grado tutti di leggere e scrivere il
contemporaneo; tale necessità viene indicata come funzione principale dello Stato con la
conseguente destinazione delle risorse disponibili.
In “niente cultura, niente sviluppo” pubblicato da il sole 24 ore, la cultura viene proposta come
terreno d’incontro tra educazione, ricerca, formazione, conoscenza. La costatazione di una crisi
strutturale potrà risolversi solo ponendo la cultura come uno degli assi centrali dello sviluppo del
paese attraverso alla cooperazione tra pubblico e privato.
“Cultura. Punto a capo” un testo molto puntuale nell’individuazione del tempo, delle procedure e
degli strumenti necessari per apportare modifiche al settore. È stato elaborato da esperti
nell’ambito della progettazione e gestione di iniziative culturali. Viene riproposta la tesi della
cultura come asset centrale delle politiche pubbliche attraverso: alla riorganizzazione del
comparto, l’emanazione di più adeguate legislazioni, gli interventi fiscali, la misurazione della
qualità e delle performance.

La crisi finanziaria e il perdurare di alcune vecchie problematiche mai affrontate hanno prodotto
molte delle riflessioni presenti nei manifesti e nei testi su indicati: il rapporto pubblico-privato, il
corretto utilizzo delle risorse pubbliche, la necessità di una stretta correlazione tra scuola e cultura,
l’esigenza di una riorganizzazione di tutti la macchina che amministra il settore, la riformulazione
delle finalità e delle modalità del sostegno pubblico al comparto, la promozione dell’accesso e
della fruizione delle attività culturali, l’esigenza di apparati legislativi adeguati alle trasformazioni
in atto, la necessità di introdurre sistemi di verifica del risultati e delle politiche.
2.LA CENTRALITA’ DELLO SPETTATORE
Le politiche culturali degli ultimi decenni sono state indirizzate principalmente:
a. Alla realizzazione ristrutturazioni conservazione di spazi per la cultura
b. Assistenza degli operatori culturali e della produzione artistica. Stati eventi pubblici hanno
stabilmente sostenuto la realizzazione di progetti ed eventi soprattutto a sostegno della
produzione artistica

La Siae Segnala una generale crescita delle presenze e della spesa delle famiglie italiane per la
cultura.
Gli ultimi dati riferiti al 2015 esempio realizzano un aumento dell’offerta di spettacoli di vario
genere del 2,86% e l’incremento del 4,89, ottantanove% di interessi.
Gli ultimi dati siamo di fronte a nuovi pubblici che fresca in Italia sentire oppure sono i soliti chiami
incrementati loro consumi?
Sarebbe interessante indagare sull’ampliamento dell’offerta, alcune debolezze introdotti quali
quelle economiche, l’accesso gratuito in alcuni giorni insediati, il bonus cultura per i giovani
abbiano agevolato l’arrivo di nuove fasce di popolazione differenti dalle solite.
Anche in Europa la situazione è simile: in tutti paesi che fanno parte dell’Unione Europea l’euro
barometro segnala come la percentuale di cittadini che prende parte ai quali iniziative culturali si
abbassa o quantomeno una sufficiente.
Dati questo cui riflettere maggiormente sulle motivazioni che gli intervistati forniscano per la loro
partecipazione.
Ecco alcuni punti risultati della ricerca svolta del 2013:
1. La fornitrice attività culturali Comune nostra visione di un programma televisivo
nascondere un programma radiofonico di tipo culturale. A secondo posto c’è la letteratura
libro mentre in coda si trovano balletto danza e opera.
2. Fattori socioeconomici demografici sono legati alla partecipazione alle attività culturali.
Lettura di libri d’esempio è influenzato a livello distruzione mentre l’adesione all’ascolto di
programmi culturali radiofonici o televisivi è più frequente tra le persone con più di
quarant’anni.
3. Le due ragioni più diffuse nella non partecipazione alle attività sono la mancanza di
interesse la mancanza di tempo. Ragioni di prezzo sono rilevate nei paesi dell’est Europa E
nei paesi colpiti dalla crisi economica.
4. L’attività più diffusa la danza seguita dalla fotografia o video ripresa dal canto.
5. Gli intervistati nei paesi nordici presenta una maggiore propensione a coinvolgersi
attivamente in attività artistiche
6. La partecipazione alle attività artistiche si differenziano i diversi gruppi socialdemocratici.
Fra le donne è maggiormente diffusa la pratica del canto mentre fra gli uomini È più
frequente suonare uno strumento musicale.
7. Più di metà degli europei utilizza Internet per finalità culturali e tra gli usi più popolari c’è la
lettura di articoli del giornale e l’ascolto della radio o della musica.
Le due ragioni principali evidenziate dalla ricerca eurobarometro per le quali non si fruisce di
eventi culturali sulla mancanza di tempo la mancanza di interesse. La prima non far sprecare
tempo in code acquisti informazioni sia sull’importanza di programmare le attività su fascia oraria
tempi ampiamente diversificati tali da permettere l’accesso a 1+ ampio numero di cittadini.
Vacanze interesse approfondito molto complesso perché riguarda problemi inerenti
all’informazione, l’educazione, I luoghi della cultura, la qualità artistica, la conoscenza e la pratica
dei linguaggi specifici.
Le ricerche che spesso vengono condotte riguardano solo alcuni dei settori del comparto cultura
culturale, spesso teatro cinema arte e musica.
Si tratta quindi di interrogarsi su cosa intendere oggi per partecipazione consumo culturale.
Indagini condotte su una gamma tradizionale di tipologie di attività non danno conto delle varietà
della varietà odierna dei prodotti culturali impianti dei luoghi delle modalità e delle piattaforme
contengono fruiti.
Non è pensabile non prendere in esame le altre discipline, modalità e pratiche di consumo, alcune
delle quali avvengono tramite canali e metri di recente realizzazione in luoghi diversi da quelli
deputati.
Altrettanto difficile È conoscere l’uso che si fa dei prodotti culturali valutare se le modalità di
adeguate che si concretizzino in vere e proprie esperienze che permettono un arricchimento e una
crescita culturale.
Negli scorsi decenni sono stati individuati fattori che hanno reso rendono difficile l’allargamento
dell’accesso ai consumi culturali. Il livello di istruzione, I costi delle iniziative, il tempo libero
utilizzabile, l’organizzazione dei servizi connessi, i tempi e orari di svolgimento delle
manifestazioni, le modalità di informazione e comunicazione, l’insufficienza presenza di percorsi
formativi di educazione artistica nelle scuole.
Hanno influito anche alcune pratiche adottate da enti pubblici e privati. Ai finanziamenti a pioggia,
alla scarsa valutazione dei risultati delle iniziative, all’assenza di logiche gestionali, alla nonna
valutazione degli impatti e delle dinamiche Fruita dire.
Altrettanto determinante è stata la scarsa attenzione che molti soggetti artistico culturali hanno
avuto diversi pubblici dei servizi culturali.
Sono stati assenti strategie per scoprire nuovi pubblici e per incrementare la quantità o la
finalizzazione.
Dall’altro canto abbiamo anche assistito a un’informatizzazione di alcune tendenze connesse alla
ricerca esclusiva dei grandi numeri fidando a volte sull’equivoco che più visitatori è uguale
automaticamente a più cultura. Un rincorrere il pubblico per esigenze di botteghino e di
legittimazione del sostegno pubblico senza nulla domandarsi sulle dinamiche di percezione,
comprensione, comunicazione fruizione dell’opera o dell’iniziativa.
Molti stati governi soprattutto europei, ti amo puntato su politiche e strategie basate sulla
democratizzazione dell'accesso la cultura, non hanno ottenuto risultati attesi. In alcuni casi infatti vi
è stato eccessivo dirigismo da parte dello Stato, in altri ci si è concentrati sul sostegno o concerti,
spettacoli, mostre, il mercato avrebbe più potuto fare autonomamente, nella gente invece sulla
formazione e sostegni per l'accesso.
Anche nel nostro paese si è creata una situazione di disequilibrio tra i sostegni alla produzione
artistica e la promozione dell'accesso la cultura.
Tornano incredibilmente attuale delle riflessioni sostenute già Durante il secondo dopoguerra.
Sito dedicato come di un pubblico servizio alla stregua di altri servizi sociali. Un servizio pubblico
e quindi degno necessitante di un sostegno pubblico. Aspirazioni finalità che vengono riconosciute
come importanti anche in altri paesi europei. In Francia ad esempio Andrè Malraux viene nominato
Ministro degli affari culturali E afferma che compito del ministro rendere accessibili le opere
capitali dell’umanità, assicurare il più vasto pubblico al nostro patrimonio culturale.
Così capita anche in altri paesi europei, che adottano organismi e modalità diverse di promuovere
e selezionare coloro che sono meritevoli del sostegno pubblico.
Progressivamente il nostro paese si afferma e si stabilizza il sostegno alle imprese culturali,
vengono infatti emanate leggi, regolamenti e circolare nazionali regionali e locali. Quasi sempre
sono dichiarati obiettivi riferiti alla promozione di fusione tra cultura nei confronti dei pubblici.
Succede che molte volte tradizioni dentro destinate risorse sufficienti residuali. Il sostegno
pubblico è indirizzato prioritariamente agli aspetti produttivi, occupazionali e gestionali con
l’assenza di richieste di progettazione e relative trivialità a strategie interventi per il
coinvolgimento dei pubblici, per l’individuazione di nuovi, per la valutazione dell’impatto delle
iniziative. Le analisi riferite pubblici sono spesso avvenuti esclusivamente attraverso la presa in
considerazione dei dati direttamente, fattore molto importante ma non l’unico. Recentemente
provvedimenti legislativi misure più attente alle dinamiche di coinvolgente fruizione, vedi il nuovo
decreto Fus. Ma quest’ultime sono state declinate con meccanismi di norme che hanno prodotto
un ulteriore incremento della produzione come d’esempio nel settore del Teatro Nazionale.
Relativamente attirati stabili pubblici, teatri stabili privati inviati stabili di innovazione risulta che
l’aumento della produzione è il dato più rilevante.
L’arricchimento interiore dell’offerta incrementa un maggior consumo da parte di chi già ne fruisce
oppure generare/individuare nuovi pubblici?
In questi ultimi anni mi sono stati diversi nuovi segnali tra cui quello della commissione europea
che nel 2014 ha varato un programma che va proprio nella direzione di affrontare le
problematiche succitate. Europa creativa assieme anche ad altri programmi ritengono importante
favorire e sostenere l’accesso alla cultura.
Nel nostro paese ti sono state esperienze provvedimenti legislativi che hanno recepito e
sottolineato l’esigenza di attivare strutturalmente pratiche di audience development.
Tra queste esperienze le più significative sono:
- Osservatori e istituti culturali: esiste in Italia istituti regionali nazionali che svolgono
periodicamente indagini sulle tipologie di consumatore, la frequentazione a eventi e
manifestazioni, l’andamento dei costi dei prodotti culturali, entità e il numero di produttori,
la spesa culturale, i finanziamenti pubblici, eccetera. Istituto Italiano statistiche, la società
italiana autori e editori, il Censis, sembra, gli altri istituti organismi svolgono
periodicamente indagini relative alla spesa e ai consumi culturali in Italia, rendendo così
possibile l’analisi dell’andamento di questo comparto socio economico.
La Siae pubblica annualmente lo spettacolo in Italia un testo che riporta le statistiche
relative al settore dello spettacolo italiano articolate per spesa complessiva del pubblico
per la cultura suddivisa per le varie tipologie di spettacolo e intrattenimento. Spesso accade
che gli operatori culturali in visita medica, non siano conoscenza di tali ricerche in altri casi
ancora non utilizzino dati e informazioni per elaborare progetti programma attività. Questi
dati non possono essere assunti come verità assolute in quanto Potrebbe ro portare a non
capire fenomeni sociali complessi, ma dall’altro quanto non sia dubbio che possono darci
indicazioni su linee di tendenza, macro comportamenti, movimenti generali. Non vi sono
dubbi sulla necessità di trattare, anche nelle singole istituzioni organizzazioni culturali,
strumenti di analisi dei propri pubblici, dei loro comportamenti, dei loro gusti e delle loro
esigenze.
- Manifesto della cultura accessibile a tutti: nel dicembre 2010, per iniziative della consulta
delle persone in difficoltà della città di Torino e del dipartimento educazione del castello di
Rivoli, Museo d’arte contemporanea, è stato costituito un tavolo di confronto sul tema
della cultura accessibile.
Dal confronto tra questi diversi soggetti è nato il manifesto della cultura accessibile a tutti.
Esso indica diverse priorità per agire in tale ambito tra cui:
1. Conoscere considerare e conciliare le differenti esigenze della pluralità di persone: a
favore di un approccio inclusivo che sappia tenere conto delle differenti specifiche
esigenze e delle caratteristiche particolari di tutte le persone, con particolare
attenzione alle persone con disabilità o con pluridisabilità.
2. Offrire un’esperienza culturale appagante per qualsiasi persona: un luogo e un evento
culturale devono poter garantire a tutti, indipendentemente dalle particolari esigenze
irritabilità, la possibilità di realizzare, anche tramite specifici accorgimenti servizi, una
visita in un’esperienza compiti, appaganti e soddisfacenti in condizioni di autonomia,
comfort e sicurezza.
Il manifesto analizza e propone anche metodologie e ambiti su quali porre particolare
attenzione: dalla comunicazione di informazioni, dei luoghi alla formazione. Importanza
promuovere la formazione degli operatori nei confronti dell’accessibilità alla cultura.
- Manifesto zero barili di Matera: il 27 28 settembre 2014 si è tenuto a Matera evento
internazionale aperte virgolette zero barriere, l’accessibilità conviene” in cui diversi esperti
hanno discusso accessibilità. I partecipanti hanno elaborato un documento che ribadisce
l’importanza del favorire l’accesso ripropone di:
1. Creare uno spazio permanente dinamico per recepire, valutare e comunicare nuove
eccellenze sul campo dell’accessibilità universale.
2. Istituire una rete internazionale interdisciplinare che posso diventare un punto di
riferimento autorevole e campi di applicazione dell’accessibilità universale
3. Promuovere la cultura dell’accessibilità in tutte le sue sfumature
4. Collaborare con la sede di Venezia del consiglio d’Europa affinché si sviluppino pratiche
di modelli innovativi di turismo culturale, partecipativa e accessibile a tutti.
5. Sviluppare una formazione ad hoc per tutte le professionalità che operano
direttamente o indirettamente nell’ambito della cultura del turismo.
- Open bando compagnia San Paolo di Torino: la compagnia di San Paolo ha lanciato nel
2015 open Oracle aperta per iniziative che mirano ad ampliare e diversificare la domanda
culturale attraverso la sperimentazione di nuove forme di coinvolgimento attivo del
pubblico.
- Protocollo d’intesa miur-mibact: il ministero dell’istruzione dell’Università e della ricerca e
quello dei beni culturali e delle attività culturali e del turismo in data 4 febbraio 2016
hanno firmato un protocollo d’intesa per promuovere il linguaggio e la cultura del cinema e
del teatro nella scuola.
Nel protocollo troviamo importanti riconoscimenti riguardanti le funzioni che i linguaggi
artistici possono avere nell’ambito della formazione e dell’educazione. Il miur:
1. Considera le rassegne di teatri di cinema nelle scuole delle periferie e delle aree
geografiche culturalmente più deprivata un elemento che contribuisce ad avvicinare al
mondo dell’arte una fascia di pubblico generalmente con difficoltà di accesso all’arte
2. Riscontra nelle esperienze teatrali e sul cinema succedutosi negli anni in scuole di
ordine grado ed un progressivo innalzamento della qualità espressive delle forme
teatrali scolastiche preso il veicolo di un impegno etico e civile del quale gli studenti si
sono fatti interpreti e portatori
3. Individua l’esperienza teatrale cinematografica scolastica una formazione di cittadini
culturalmente sensibili e stimola la partecipazione attiva della popolazione verso forme
di fruizione di spettacolo che sono qualificanti anche per la migliore partecipazione alla
vita Civile e contribuiscono quindi alla questione sociale.
- Fus- fondo unico per lo spettacolo: il fondo unico dello spettacolo, costituita nel 1286, è
stato completamente rivisitato con un decreto-legge del 2014, che ha introdotto tra l’altro
misure più attento alla partecipazione di accesso alla cultura. L’obiettivo è quello di
promuovere l’accesso, sostenendo progetti di rilevanza nazionale chinino alla crescita della
domanda qualificata e prestando attenzione alle fasce di pubblico con minori opportunità.
Un altro obiettivo è quello di creare presupposti per un riequilibrio territoriale dell’offerta
una domanda elaborare strategie di comunicazione innovativa e capaci di raggiungere
pubblici
Diversificati. In sostegno triennale e influisce positivamente l’attenzione all’audience
development e l’audience engagement, dando una di respiro per impostare strategie a
medio termine. Il decreto introduce meccanismi di premio qualità connessi alla quantità di
spettatori coinvolti. Il decreto si sofferma soprattutto su aspetti quantitativi, senza dubbio
importanti ma che devono essere determinati unitamente alla dimensione qualitativa della
fruizione.
- Bonus per la cultura i giovani: mandami le 16 introdotto il brano scultura per i giovani
diciottenni al fine di promuovere lo sviluppo della cultura e la conoscenza del patrimonio
culturale a tutti cittadini italiani o di altri paesi membri dell’Unione Europea residenti nel
territorio nazionale, I quali compiono 18 anni dieta nell’anno 2016 assegnata una carta
elettronica del valore di € 500. Essa può essere utilizzata per l’acquisto di rappresentazioni
teatrali e cinematografiche, libri, ingressi musei, mostre ed eventi culturali monumenti
galleria area archeologica parchi naturali e spettacoli dal vivo. Questa iniziativa tuttora in
corso.

3.LE PROFESSIONI CULTURALI DELL’AUDIENCE


Nei decenni che vanno dagli anni 60 a oggi nascono nuove figure di attori culturali, tra queste
alcune hanno in comune obiettivi, metodologie e pratiche riconducibili alla promozione e allo
sviluppo dell’accesso. Mi riferisco all’animatore culturale, al cultural planner, al mediatore
culturale, al manager culturale e all’audience developer.
Nel nostro paese a differenza di altri in Europa, le competenze, le abilità e le professioni necessarie
alla programmazione e all’organizzazione culturale venissero particolarmente lasciate al caso e
all’estro individuale mentre sarebbe stato necessario compiere scelte precise e lungimiranti. Sono
già enucleati tutti i temi che si dovranno affrontare nei decenni successivi. Si tratta a volte di
finalità, linee guida, principi e opportunità, imperniate attorno a quattro parole chiave: Accesso,
Consumi, Partecipazione, Creatività che caratterizzeranno molti dei dibattiti politici e sociali nel
paese.
ACCESSO
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale si è posta la necessità della messa in atto di
politiche tese alla democratizzazione della cultura. L’obiettivo era quello di rimuovere gli ostacoli
di varia natura.
In seguito, vi è stata un’evoluzione rispetto alle problematiche che allora erano maggiormente
associate alle barriere architettoniche e finanziare mentre solo di recente si è prestata maggiore
attenzione a tipologie più immateriali, quali ad esempio le barriere sensoriali e cognitive, le
barriere culturali, attitudinali, le percezioni dei non pubblici.
Alcuni anni fa il tema dell’accesso è stato affrontato da Jeremy Rifkin, secondo il quale la nostra
società stava per passare dall’era della proprietà privata proprio all’era dell’accesso. L’accesso
sarebbe diventato la chiave di volta di tutte le società del 21 secolo, interessando beni, notizie,
relazioni e attraverso le reti. Le divisioni sociali non sarebbero più state solo tra chi possiede e chi
no, ma tra cui è connesso e chi non lo è.
La rete, le tecnologie e i media vengono visti anche come strumenti in grado di produrre processi
di intelligenza collettiva in grado di favorire la partecipazione e la democrazia diretta, sviluppare e
potenziare la creatività, le relazioni umane, il commercio, il divertimento.
In quest’ultimo decennio l’attenzione all’accesso e la partecipazione in ambito culturale hanno
ricevuto un’attenzione particolare anche da parte della commissione Europea. Il programma
Creative Europe ha l’obiettivo di sostenere lo sviluppo del pubblico come strumento per stimolare
interesse nei confronti delle opere culturali e creative europee oltre che verso il patrimonio
culturale tangibile e intangibile, nonché per migliorare l’accesso a tale patrimonio. Scopo degli
interventi di sviluppo del pubblico è aiutare gli artisti/operatori culturali europei e le loro opere a
raggiungere un pubblico il più possibile ampio in Europa ed estendere l’accesso alle opere culturali
da parte dei gruppi sottorappresentati. Tali interventi si prefiggono l’obiettivo di aiutare le
organizzazioni culturali ad adeguarsi alla necessità di rapportarsi con il pubblico in maniera nuova
e innovativa, sia per mantenere il pubblico esistente che per acquisire nuovo pubblico attuale e di
quello futuro.
CONSUMI
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale si ebbe un incremento dei consumi culturali.
Vennero avviate delle politiche tese ad allargare a più ampie fasce di popolazione l’accesso alle
attività culturali. Nacquero molte delle attività che ancora oggi sono presenti nelle nostre città e
strumenti per favorire la partecipazione: centri culturali, musei, biblioteche, abbonamenti,
facilitazioni varie, prezzi speciali ecc.
In tempi più recenti le modalità di consumo si sono ampiamente modificate e hanno assunto
un’importanza strategica nelle nostre società. Vari esperti parlano di società del consumo, cultura
compresa sui valori e sul modello del consumo.
Consumare “coinvolgendo” l’utente/cliente/spettatore/audience in tutte le fasi: dalla
progettazione alla processualizzazione, dalla distribuzione alla fruizione dei prodotti e dei servizi.
Si ricorre sempre più al lavoro del consumatore. Si richiede al consumatore di seguire e eseguire
tutto il processo per l’ottenimento del prodotto, secondo una logica di risparmio di cui
beneficerebbe sia l’azienda sia il consumatore. In altri casi tali processi arrivano a coinvolgere il
futuro consumatore o gruppi di consumatori nella individuazione delle caratteristiche più idonee
che il prodotto dovrebbe avere. Bauman denuncia la cultura, che si presenta come un magazzino
di beni concepiti per il consumo, tutti in competizione per accaparrarsi l’attenzione
insopportabilmente fugace e distratta dei potenziali clienti.
Creare relazioni, fidelizzare i clienti, far vivere esperienze multisensoriali, utilizzare le connessioni
reali e virtuali, far partecipare il cliente, sono le caratteristiche recenti del marketing.
PARTECIPAZIONE
Il termine partecipazione è stato spesso usato come sinonimo di accesso e/o democrazia. La
partecipazione dei cittadini alla vita sociale e culturale della propria comunità è stata una delle
priorità di movimenti e partiti politici. In questi ultimi anni tale argomento è tornato fortemente
alla ribalta politica per l’elaborazione di piattaforme e legislazioni. Tuttora attori, musicisti,
architetti, registi hanno realizzato eventi e iniziative culturali, progetti architettonici e urbanistici
insieme alle comunità di cittadini, con l’intento di rendere questi ultimi protagonisti.
Alcuni sostengono che la rete sia oggi lo strumento per eccellenza per favorire la partecipazione in
quanto essendo aperta e non avendo apparentemente filtri, renderebbe possibile una
comunicazione diretta, collettiva e autonoma. Partecipazione, protagonismo, aggregazione,
condivisione, empowerment sono le parole utilizzate per esprimere la necessità e l’obiettivo di
coinvolgere nei processi decisionali/informativi/di comunicazione i cittadini.
CREATIVITA’
Pedagogisti, sociologi, economisti hanno sottolineato il ruolo e l’importanza della creatività in tutti
i settori della nostra società. Alla base di tale concezione vi è la tesi in base alla quale l’educazione
e lo sviluppo delle capacità creative insite in ogni individuo possano migliorare il benessere degli
individui e della società. È stato dimostrato, infatti, da alcuni dipartimenti scientifici come il fruire
di attività culturali di ogni genere unitamente all’esperienza artistica vissuta direttamente,
producano effetti positivi sulla salute psico-fisica delle persone. La creazione di contesti e ambienti
creativi e l’educazione alla creatività., producano innovazione ed effetti importanti sui territori e
sulle comunità a livello economico e sociale.
Tecnologie e rete funzionano come strumenti di comunicazione, relazione, informazione ma anche
come mezzi di produzione culturale.

INTERMEDIARI CREATIVI E ATTORI CULTURALI


Le professioni dell’audience possono essere distinte in tre tipologie principali:
- Intermediari culturali
- Creativi
- Attori culturali (animatore culturale, cultural planner, mediatore culturale, manager
culturale, audience developer)

INTERMEDIARI CULTURALI
Uno dei primi studiosi che parlò di intermediari culturali è Bordieu il quale li definisce come
professionisti che si sono inventati un mestiere sul campo e che agiscono come cinghie di
trasmissione di gusti, valori, comportamenti appartenenti a specifiche classi.
Petroni tratteggia l’evoluzione di queste figure. Il ruolo di gatekeeping tra produzione e consumo e
la funzione di esperti simbolici degli intermediari culturali capaci di influenzare tanto i processi di
produzione culturale quanto le pratiche di consumo culturale in particolare grazie alla loro natura
di consumatori ideali contemporaneamente coinvolti nella produzione del consumo e nel
consumo della produzione e quindi capaci di mettere sul mercato gli stessi prodotti e servizi di cui
essi fanno esperienza in prima persona.
Intermediali culturali, un’élite sociale, formata d’artisti, intellettuali, geni della pubblicità e
comunicatori, stelle e celebrità arruolate dalle imprese multinazionali o dalle aziende locali per far
corrispondere un’audience alle produzioni culturali in una rete di esperienze.
Più di recente media e rete, in un flusso continuo e in un tempo sempre presente potrebbero far
scomparire la necessità di processi di intermediazione. Sembrerebbe quindi inutile il lavoro di
conoscenza, validazione, contestualizzazione, verifica, selezione, approfondimento e
organizzazione di figure professionali quali: i giornalisti, i critici, i bibliotecari, ecc.
Attraverso la rete accedo alla produzione artistica in modo autonomo, immediato e diretto.
Ritengono illusorio pensare che tali strumenti siano realmente mezzi di totale e vera democrazia,
autonomia e libertà. Anche l’ipotesi che non sarebbe più utile né necessario il lavoro degli esperti
non trova il mio consenso. La rete è controllata diretta vi sono professionisti che selezionano e
monitorano le informazioni, le azioni e i flussi di quanto vi accade e selezionano e immettono
precisi contenuti.
Gli esperti nell’informazione. Possono proporre pluralità e alternative, fornire strumenti di analisi e
interpretazione senza che questo sia e si configuri come uno status di verità, assolutezza e
oggettività.

I CREATIVI
Ruolo fondamentale hanno i professionisti che hanno voluto declinare il loro lavoro strettamente
in connessione e in dialogo con cittadini e pubblico. Sono architetti, musicisti, scrittori, designer,
registi che realizzano le loro opere sia attraverso una particolare relazione con le comunità
territoriali sia mediante processi di co-progettazione condivisione e co-creazione.
Hanno imperniato le loro pratiche e la loro produzione sulla ricerca di un rapporto attivo e
partecipe con le comunità e i pubblici.
Si parla di creatività anche per quanto concerne in generale tutta la società. Charles Landry coniò il
termine di Città creativa, riferendosi alle capacità da parte di alcune città di elaborare strategie in
grado di trasformare il loro territorio attraverso processi basati su processi creativi.
Richard Florida ha parlato di classe creativa capace di innescare nelle aree in cui cresce, si sviluppa
o si insedia processi, climi, produzioni, innovazioni, in grado unitamente ad altri fattori di rendere
attrattivi e di successo i territori. Si parla di economia cultura lizzata e anche di atmosfera creativa.

ATTORI CULTURALI
Agiscono come catalizzatori-mediatori-facilitatori. Operano in diretto contatto con cittadini e
comunità, favoriscono il protagonismo sociale e l’espressione creativa, innescano processi di
condivisione, co creazione e partecipazione, facilitano lo scambio e il confronto tra culture diverse.
Operano per facilitare la fruizione di prodotti e attività culturali. Tali professioni sono hanno
cercato di dar risposte a esigenze che scaturivano da precisi fenomeni socio-economici.
-l’animatore culturale ad esempio nasce in un momento in cui nella società vi era una forte spinta
verso la partecipazione sociale e politica dei cittadini. Molti degli strumenti e dei linguaggi utilizzati
erano adattati e reinventati in relazione sia alle situazioni che di volta in volta venivano a crearsi
sia alle comunità presenti nei luoghi in cui si svolgevano le attività.
-il mediatore culturale muove i primi passi come mediatore linguistico in un periodo in cui inizia ad
aumentare la presenza di stranieri. Esodi che portano a dover far convivere culture, costumi e
usanze diversissime.
-il manager culturale prende maggior forma e consistenza quando si intuisce che è necessario
procedere con precise e elaborate metodologie e strumenti alla pianificazione delle iniziative
culturali.
-negli anni 90 alcune città intuiscono che c’è il bisogno di un approccio più olistico che metta la
prospettiva culturale al centro delle strategie di sviluppo urbano attraverso pianificazioni
strategiche. Si sviluppa così la figura del cultural planner, per mettere in connessione ambiente,
cultura, urbanistica, sport, tradizioni, economia, natura; favorire una creatività diffusa,
promuovere lo sviluppo del territorio, il senso di comunità-
-in questo ultimo decennio si è cominciato a parlare dell’audience developer, colui che dovrebbe
prendersi cura dei pubblici della cultura. Un regista delle strategie per incrementare i pubblici,
favorire l’accesso e qualificare le esperienze di fruizione delle attività culturali.

ANIMATORE CULTURALE
Dalle esperienze condotte venivano evidenziati diversi orientamenti e caratterizzazioni per la
professione dell’animatore:
1- Pedagogico/didattico: nella scuola a libello di integrazione e supporto all’insegnamento
tradizionale
2- Teatrale: come una nuova drammaturgia si poneva come qualcosa di simile a un nuovo
teatro per i ragazzi e con i ragazzi
3- Socio-culturale/socio-politico: strumenti di aggregazione e di crescita
4- Educativo: educazione alla libera espressione e come strumento di recupero delle tecniche
e di comunicazione non verbale e quindi come stimolo alla creatività.
5- Terapeutico: insisteva sulle potenzialità terapeutiche dell’animazione, sulla sua funzione
catartica e liberatoria, affidandosi a premesse genericamente psicoanalitiche.

Per realizzare tali attività alcune amministrazioni comunali, dopo la metà degli anni 70 realizzano
nei quartieri dei centri culturali.
Sul finire degli anni 70 e metà degli anni 80 alcune amministrazioni pubbliche prendono in carico le
attività dell’animazione in alcuni casi assumendo direttamente figure professionali con tale
qualifica in altri casi commissionando a cooperative e gruppi interventi e programmazioni
specifiche.
Fiorenzo Alfieri affermò che l’animatore non è un artista puro, ma un operatore sociale a cui è
affidato un compito e dal quale è lecito aspettarsi un servizio.
Morteo e Perrissinotto dicono che l’artista non si pone al servizio di nessuno, almeno in teoria, e
produce opere che non tendono a rispondere a bisogni immediati, già chiaramente emersi alla
coscienza della comunità. L’operatore socio-culturale ha invece il compito primario di provvedere
in primo luogo ai bisogni coscienti della comunità di sciogliere i nodi che ne impacciano e presso
rendono doloroso il suo funzionamento.
Cresce l’urgenza di superare l’indefinitezza o la varietà eccessiva, e si tenta di sistematizzare gli
aspetti che devono comporre una figura professionale: competenze, ambiti, fondazione, status
giuridico, inquadramento lavorativo.
Nel 1990, a Forlì si svolge il convegno nazionale “professione animatore” SIA/AIATEL; il documento
finale contiene la seguente definizione: “l’animatore opera principalmente in organizzazioni e
servizi per il tempo libero e la cultura. Caratteristica peculiare del ruolo dell’animatore è quella di
usare le tecniche di cui è in possesso in modo da rendere gli utenti più protagonisti che fruitore; il
suo specifico è il far fare. Il ruolo dell’animatore può essere definito dall’intreccio di due assi
complementari: quello operativo-cognitivo per il quale egli si pone come organizzatore,
regolatore, metodologo e quello affettivo-psicologico, per il quale diventa un motivatore e uno
stimolatore.
Qualche anno dopo la regione Piemonte ne da una definizione: “l’animatore professionale è un
operatore il cui intervento è finalizzato all’attivazione di processi di promozione della
partecipazione sociale e di processi di sviluppo delle potenzialità delle persone, dei gruppi e delle
comunità territoriali, assumendo la prospettiva della prevenzione dell’emarginazione,
dell’esclusione sociale e del disagio.
Gli animatori si specializzano, si parla di animatori turistici, socio-culturali, teatrali, socio-
assistenziali e si comincia ad usare anche il termine operatore culturale.

CULTURAL PLANNER
A partire dagli inizi degli anni 80 alcune città europee cercano di riconvertire il proprio sistema
produttivo, individuando nella cultura un motore per lo sviluppo. E la trasformazione dei territori.
Nell’ambito culturale si elaborano politiche e strategie che individuano nella cultura uno
strumento per lo sviluppo economico e la rigenerazione urbana. In quegli anni aumenta la spesa
per la cultura. Si tratta di rilanciare i territori, di renderli attrattivi, di attrezzarli e di usare la cultura
come leva per tali trasformazioni. Vengono progettati e realizzati piani e interventi che:
1- Dotano le città di centri culturali, biblioteche, parchi multimediali, teatri, multisale
cinematografiche, centri servizi, parchi tecnologici
2- Valorizzano il patrimonio di beni culturali e artistici
3- Realizzano piani di ammodernamento e abbellimento di intere aree
4- Incentivano la presenza turistica nei diversi territori
5- Sostengono la crescita di soggetti artistici agenti sul territorio
6- Incrementano la qualità e la quantità delle manifestazioni culturali
7- Favoriscono la partecipazione dei cittadini alla vita socio-culturale
8- Migliorano la qualità e l’efficacia dei servizi attraverso si la loro esternalizzazione sia
introducendo pratiche di management e marketing
9- Realizzano piattaforme di azione integrata e coordinata tra diversi settori: turismo, beni
culturali, spettacolo, gastronomia, tradizioni locali
10- Recuperano e conservano le culture locali
In alcuni paesi europei si arriva auna definizione di cultura più articolata e ricca rispetto al passato.
Franco Bianchini rifacendosi a un concetto chiave del cultural planning formulato agli inizi degli
anni 70 esprime una concezione di risorse culturali basandosi su un’accezione di cultura come way
of life.
Il suo scopo è di comprendere in che modo le risorse culturali possono contribuire allo sviluppo
integrato del territorio. Ponendo le risorse culturali al centro del policy making, si possono stabilire
relazioni biunivoche fra queste risorse e qualsiasi tipo di politica pubblica, in campi che spaziano
dallo sviluppo economico alle politiche dell’alloggio, della salute dell’istruzione, dei servizi sociali,
del turismo e dell’urbanistica.
A causa della competizione tra territori per attirare risorse, le città sono costrette a mettersi in
scena.
Vengono riqualificati i centri storici, spesso concentrandovi sia i centri e le istituzioni culturali, sia
la maggior parte delle iniziative culturali.
Tali processi porteranno a una tipologia di fruizione contrapposta nelle funzioni tra centro e
periferia. La contrapposizione di funzioni, l’abbandono di aree di città, il disagio sociale, le
aberrazioni architettoniche-urbanistiche diventano temi centrali del dibattito politico e sociale. Un
altro tema ricorrente è la contrapposizione tra i sostenitori di politiche e strategie culturali basate
sugli eventi, i cosiddetti eventologi e colore che ritengono prioritario destinare le risorse
finanziarie ai servizi culturali quali biblioteche, musei, teatri, centri culturali. Una contrapposizione
artificiosa, in quanto le due strategie sono integrabili e in grado di arricchirsi a vicenda.
Questa concezione di pianificazione culturale richiede la definizione e la creazione di una figura
professionale complessa, in grado di interagire e dialogare con i professionisti di svariati ambiti.
Nell’ottobre 1995 nasce alla De Montfort University di Leicester il “Master in European Cultural
Planning”.

Chi è il cultural planning?


Gli operatori culturali devono allargare le loro basi conoscitive dalle politiche del management
della cultura all’economia politica, dalla sociologia urbana all’antropologia all’urbanistica alla storia
urbana e alle altre discipline che sono essenziali per la comprensione della modalità sviluppo del
territorio.
Questa figura deve mettere in connessione ambiente, cultura, urbanistica, sport, tradizioni,
economia, natura. Deve favorire una creatività diffusa, promuovere lo sviluppo del territorio, il
senso di comunità, il benessere. Deve fare interagire pubblico e privati, individuare le risorse
umane e finanziarie.

MEDIATORE CULTURALE
Negli anni 80-90 si incrementano notevolmente i flussi migratori verso il nostro paese. Sempre
negli anni a cui ci stiamo riferendo accadono in Europa altri importanti fatti sociali ed economici
che hanno come conseguenza anche il rafforzamento e la nascita di nuove e vecchie identità,
movimenti nazionalisti, rivendicazioni etniche e parallelamente il rafforzamento di movimenti e
posizioni xenofobi e intolleranti.
Riemergono le appartenenze religiose e gli stili di vita e esse connessi.
L’insieme di questi fenomeni unitamente ad alcune crisi economiche, all’avvento delle nuove
tecnologie, alla globalizzazione portano lingue, culture, tradizioni, religioni a convivere negli stessi
territori in modo più ampio e diffuso. A volte in mondi separati, ghettizzati, controllati: in altri casi
si genera integrazioni, contaminazione e cooperazione.
Nasce l’esigenza di una mediazione culturale. È necessario favorire la conoscenza delle differenti
culture.
Inizialmente si tratta di organizzazioni non governative, associazioni di volontariato, in altri casi
associazioni politiche. Si parla del mediatore culturale, in altri casi di mediatori interculturali, in
altri ancora di mediatori linguistico-culturali.
Nel 2002 Anna Belpiede dice che necessaria nell’incontro tra popolazioni di lingua e costumi
diversi per:
- Facilitare la comunicazione tra le persone e tra le minoranze culturali e le istituzioni,
permettendo la reciproca comprensione dei codici culturali
- Sostenere condizioni di pari accesso e diritti per le minoranze etniche
- Favorire lo scambio e le trasformazioni di partiche e costumi
- Sostenere l’inserimento e i processi di integrazione della popolazione immigrata
Il mediatore culturale si caratterizza per il suo ruolo da intermediario.

Molto è cambiato dagli anni 90. Fenomeno di radicalizzazione terroristica in atto.


Il tema della mediazione culturale diviene ancora più centrale nei paesi in cui le comunità di
migranti sono tante e numerose.
In questi anni si è cercato di approfondire e sperimentare il ruolo che la cultura può svolgere nel
contrastare l’esclusione sociale e favorire una cittadinanza attiva.
Le città che vincono la sfida per divenire aree attrattive sono quelle in grado di accogliere talenti,
sviluppare tecnologie ed essere tolleranti nell’accezione di promuovere le differenze e i diritti di
genere, delle minoranze, ecc. i territori così caratterizzati generano climi creativi, attivano
l’innovazione, producono risorse.
L’accentuazione dei fenomeni di terrorismo deve essere affrontata con più strumenti e anche alla
mediazione culturale può svolgere un ruolo essenziale affinché non si generino ulteriori divisioni.
Gli operatori interculturali in funzione soprattutto sociale, di prevenzione dei conflitti. La loro
funzione è potenzialmente economica e culturale. Possono aiutare le imprese culturali a
sviluppare visioni e strategie negli altri paesi, tramite la loro conoscenza dei legami internazionali
delle comunità locali.

MANAGER CULTURALE
La figura professionale del manager culturale potrebbe sembrare non del tutto pertinente con le
figure dell’audience. L’attenzione allo sviluppo dei pubblici può diventare una prassi solida e
efficace solo se inserita in tutte le fasi di elaborazione di un progetto culturale.
Spesso si ipotizzano azioni nei confronti del pubblico solo alla fine della progettazione, nella fase
del marketing con cui spesso viene confuso e identificato l’audience development.
Le decisioni relative alla co-progettazione e alla condivisione dei percorsi artistico-culturali,
all’individuazione dei pubblici, alle strategie da adottare nei confronti dei destinatari, siano
elementi fondanti e imprescindibili di ogni programmazione artistico-culturali.
Non sono sufficienti alcune facilitazioni pubblicitarie ma occorrono delle vere strategie di audience
development.
La relazione fondamentale è quella con pubblico. Per prendere le giuste decisioni strategiche è
molto importante trovare e conoscere il tuo pubblico.
Fu agli inizi degli anni 70 che negli stati uniti di iniziò ad affrontare le iniziative culturali in modo
imprenditoriale.
Agli inizi il management viene visto come qualcosa di estraneo alla cultura. Processi di varia
natura, come la scarsità di risorse, l’esigenza di analizzare gli impianti degli interventi culturali,
hanno portato a un’introduzione generale degli strumenti del management in ambito culturale (la
figura che svolge questo ruolo deve sapersi muovere tra la logica artistica culturale e quella
imprenditoriale).
La capacità di gestire e pianificare le risorse umane e finanziare di attuare le strategie di
promozione, il possesso di abilità cognitive sociali, relazionali sono tra le competenze richieste a
un buon manager.
Il management se da un lato ha dovuto scontare una certa diffidenza nella sua introduzione in
ambito culturale, dall’altra ha visto anche una fase di mitizzazione nella quale gli venivano
attribuiti poteri infiniti e illimitati nella risoluzione di qualsiasi problema e situazione.
Un’altra questione fondamentale su cui oggi si discute molto riguarda la formazione al
management cultura. E
I master sono strutturati soprattutto su discipline storico-artistiche, economiche, giuridiche,
politiche e sociali, filosofiche e letterarie. È assente un impianto formativo comune tra i diversi
master; sarebbe necessario attivare un confronto tra tutti gli istituti formativi pubblici e provati,
non tanto per omogenizzare i programmi ma per tentare di trovare alcuni percorsi comuni in
grado di rispondere alle esigenze e alle sfide odierne. I manager culturali dovranno approfondire
alcune conoscenze e anche l’acquisizione di nuove competenze (gestione delle organizzazioni, del
capitale relazionale, del fund raising, del rapporto con i pubblici, dei processi di globalizzazione,
della promozione del territorio e del lavoro in team).

AUDIENCE DEVELOPER
L’audience developer è una figura di cui solo recentemente si discute in Italia. L’audience
developer dovrebbe occuparsi sia dell’incremento della partecipazione sia della qualità
dell’esperienza culturale, includendo nelle sue attività, metodologie e strumenti di marketing,
progettazione, educazione. Vi sono tre obiettivi delle organizzazioni culturali:
- Ampliamento del pubblico
- Diversificazione del pubblico
- Miglioramento della relazione
Tali obiettivi si concretizzano in interventi e azioni che incrementino il numero di persone che
fruiscano di attività e prodotti culturali; intercettino nuovi pubblici; realizzino una vera esperienza
culturale.
La commissione Europea ha finanziato un progetto denominato ADESTE che conteneva al suo
interno una ricerca condotta in diversi paesi europei al fine di individuare le competenze egli skill
necessari per diventare audience developer.
Colui che oggi opera come audience developer non si definisce tale. I professionisti hanno
formazioni molto diverse e svolgono ruoli. Funzioni in campi e in ambiti variegati.
Gli intervistati tendono a sottolineare le competenze di natura trasversale e in modo particolare:
- Social analysis
- Leadership
- Conoscenza delle dinamiche organizzative e dell’ambito culturale in cui si opera, solide
competenze di project management
- Psicologia, pedagogia, tecniche partecipative devono essere conoscenze
- Creatività, empatia, flessibilità, pensiero laterale, assunzione di rischi.
Le strategie messe in atto sono sia di tipo qualitativo che quantitativo, sia per incrementare i
pubblici che per realizzare esperienze qualitativamente importanti di fruizione culturale; le azioni
vanno in entrambe le direzioni e devono essere ideate in relazione alle caratteristiche
dell’organizzazione culturale, del suo pubblico esistente e del possibile pubblico/non pubblico
potenziale intercettabile.
Le fasi di lavoro di una organizzazione, audience development oriented, sono: reach e engage.
La fase iniziale e propedeutica costituita da un insieme di azioni volte a intercettare, raggiungere,
avvicinare e attratte i pubblici attuali e quelli potenziali. Si tratta di attività e strategie di natura
principalmente comunicativa e promozionale, ma che possono riguardare anche la progettazione
di iniziative, di eventi e la sperimentazione di approcci inusuali.
Occorre realizzare un contesto significativo di fruizione, di interazione di partecipazione e di
esperienza che consenta di ottenere risultati in termini di conoscenza, di soddisfazione, di
autorealizzazione, di coinvolgimento, di adesione e di supporto concreto a un’istituzione o a uno
specifico progetto.
In una prospettiva di audience development le organizzazioni devono agire al fine di:
- Individuare strategie per favorire strutturalmente e permanentemente l’accesso in termini
quantitativi e qualitativi alla cultura
- Elaborare progetti che comprendano piani di audience development e introdurre criteri di
analisi e parametri di valutazione degli impatti e dei risultati
- Individuare e attrarre nuovi potenziali pubblici
- Rendere più accessibili gli spazi culturali affinché siano vissuti come luoghi di incontro,
educazione e divertimento
- Creare relazioni e modalità differenti di approccio alle opere d’arte e a tutti il nostro
patrimonio
- Utilizzare adeguatamente le tecnologie oggi esistenti
- Elaborare strategie informative e comunicazionali meno autoreferenziali
- Lavorare sulla diversificazione delle proposte artistiche
- Aggiornare e formare professionisti sensibili e attenti al bisogno, alle domande e alle
aspettative dei diversi pubblici e in grado di elaborare percorsi che promuovano e
migliorino le qualità dell’esperienza di fruizione del patrimonio e delle iniziative artistico-
culturali
- Introdurre da parte degli enti finanziatori criteri e indicatori che misurino e valutino le
iniziative in termini di costi e di efficacia che i soggetti finanziati mettono in atto per
sostenere e incrementare il pubblico
- Intervenire in modo concertato per affrontare i fattori che si frappongono alla
partecipazione e ai consumi
- Promuovere e diffondere strumenti capaci di venire incontro alle esigenze del pubblico
- Agire con logiche di riequilibro territoriale dell’offerta
Trattandosi di una giovane figura, le analisi e le riflessioni sono tuttora in corso, sia per quanto
concerne abilità, conoscenze, strumenti sia per la direzione da intraprendere: creare una vera e
propria nuova figura professionale oppure generare una diffusa attenzione.

4.LE PROFESSIONI DELL’AUDIENCE: SVILUPPI E SFIDE


Negli anni 2000 avevamo indicato tre macro ambiti dove sarebbero potute nascere e/o svilupparsi
nuove professioni: le industrie culturali, le tecnologie della comunicazione e dell’informazione, gli
ambiti sociali.

E oggi? Per favorire l’accesso bisognerebbe agire in due direzioni: la prima deve tendere a ridurre
gli ostacoli di vario genere che si frappongono alla fruizione di attività e prodotti, la seconda deve
sostenere iniziative che facciano crescere le capacità e le abilità necessarie alla fruizione
qualitative.
Vi sono alcuni fattori ostacolanti la partecipazione si riferiscano ad ambiti quali l’informazione, la
comunicazione, i tempi e gli orari, l’organizzazione dell’offerta, i costi, gli spazi. Inoltre, per
accrescere e rendere i pubblici in grado di compiere il lavoro di appropriazione, decodifica,
interpretazione e negoziazione che ogni prodotto culturale richiede sia esso di tipo estetico,
informativo, emotivo, sarebbe necessario sviluppare e incrementare interventi che coinvolgono le
istituzioni scolastiche, i creativi, le istituzioni culturali pubbliche e private.
Spesso la selezione del proprio pubblico o l’esclusione di altri potenziali avvengano già nelle fasi di
programmazione, progettazione e comunicazione delle attività-
Spesso di progetta e si programma senza analisi del contesto, senza tener conto dei bisogni dei
territori e delle comunità, non si ipotizzano nuove forme di partecipazione, non si sperimentano
nuovi processi co-creativi, non vi sono utilizzi adeguati e innovativi delle tecnologie che
potrebbero facilitare l’accesso a tutti i cittadini, comprese diverse categorie svantaggiate.
Troppo spesso le comunicazioni sono costruite e strutturate esclusivamente per pubblici già
individuati e organizzati, veicolate su canali e piattaforme a loro volta esclusivamente frequentate
da pubblici già fidelizzati. Orari e tempi delle manifestazioni e degli eventi per lunghi periodi non
hanno tenuto conto dei tempi di lavoro e dei tempi liberi, di diverse fasce di cittadini. Tecnologie,
social media e new media spesso vengono utilizzati come una mera trasposizione di quanto
strutturato ed elaborator per altri mezzi di comunicazione.
Sul fronte della crescita bisogna agire su fronti quali l’ampliamento delle conoscenze e della
pratica delle arti.

Anche ciò che chiamiamo gusto in gran parte consiste nella corrispondenza fra l’analisi richiesta da
un dipinto e la capacità di analisi del fruitore. L’esperienza culturale è in grado di generare e
sviluppare pubblici, Stigler e Becker riferendosi ai consumi culturali parlano proprio di circuito
virtuoso in forza del quale quanto maggiore è il livello di consumo di beni di natura culturale, tanto
maggiori ne risulteranno l’apprezzamento e la propensione al consumo.
Pertanto, l’intensità delle preferenze per questo tipo di beni non è data una volta per tutte, ma
tende ad aumentare parallelamente alla crescita quantitativa del consumo culturale. Crescita
quantitativa che in definitiva diviene anche qualitativa.
Anche il Learning by consuming può assicurare in modo efficiente ed efficace, e soprattutto per un
numero sufficientemente ampio di persone, la creazione di un pubblico adeguato a determinati
prodotti. Ambiti questi in cui i processi e i circuiti extraeconomici spontanei di formazione e di
diffusione del gusto riguardano perlopiù fasce ristrette dotate di capitali sociali e culturali cospicui.
Per sopperire quindi a tale situazione bisogna provvedere oltre a mantenere un sistema di prezzi
adeguato alla capacità di spesa di fasce sufficientemente larghe, a formare la qualità dei
consumatori garantendo il buon andamento di ulteriori ambiti extra mercato: vale a dire i sistemi
formativi e di conservazione, tutela, studio/ricerca del patrimonio culturale materiale e
immateriale.

La fruizione culturale genera crescita, coscienza e risorse per la vita degli individui e delle
comunità, la pratica dei linguaggi artistici genera altrettanti risultati positivi anche in situazioni di
disagio, malattia. Fare e vedere arte aiuta anche a affrontare disagi psico-fisici e a esprimere
bisogni e identità.
Non a caso in più ambiti socio-assistenziali negli ultimi anni sono nate iniziative culturali con la
pratica dei diversi linguaggi.
Un sistema educativo che si interfacci con l’attuale pluralità di agenzie formative, di media e di
tecnologie, che sia un regolatore di opportunità centro di produzione di competenze e saperi che
abbia la capacità di riassorbire e non tenere separata quella cultura che in realtà ciascuno di noi ha
acquistato e usa nella propria vita.

SCENARI E SFIDE
La crisi finanziaria scoppiata nel 2009 ha portato all’esplosione di diversi fenomeni sociali tra cui
l’incremento della disoccupazione. Si è scoperta la grande bolla finanziaria ed è venuta meno
l’illusione di una crescita senza fine. Già in anni precedenti, economisti, ambientalisti e alcuni
politici avevano denunciato l’impossibilità di proseguire sulla strada di un’economia senza
controllo.
La crisi invece si è insediata in modo profondo, l’occidente non riesce a mantenere i libelli di
crescita stabilita e la situazione economica ha portato con sé altri cambiamenti che hanno
riguardato e riguardano tutto il nostro stile di vita.
Due future macro-tendente a livello mondiale Attali intravede:
1. L’esplosione demografica e l’incremento della popolazione degli ultrasessantacinquenni
2. Lo sviluppo delle NBIC. Nanotecnology, Biotecnology, Information tecnology, Cognitive
sciences. Nuovi progressi nel campo delle tecnologie vedranno applicazione nella logistica,
nel risparmio energetico, nella medicina; le biotecnologie rivoluzioneranno l’agricoltura e
la salute, saranno prodotte nuove medicine e sarà possibile produrre organi e cellule
artificiali, nel campo delle tecnologie si svilupperanno processi industriali che
permetteranno di comprimere dati in maniera massiccia, di accelerare i processi di calcolo
e di aumentare la dimensione delle reti. Le scienze cognitive e le neuroscienze
rivoluzioneranno l’analisi dei comportamenti. Sul lungo periodo queste nuove scienze
trasformeranno ciò che si intende con libertà e felicità.
Un altro fenomeno importante è connesso allo sviluppo tecnologico applicato in diversi
ambiti. La ricerca scientifica continua a fare scoperte che cambiano completamente la
nostra vita. I cittadini faticano a comprendere e il legislatore a normare. Cresce la difficoltà
da parte dei cittadini di formarsi una propria opinione, di esprimere un personale pensiero
o di compiere scelte riguardo alcune sconvolgenti applicazioni della ricerca scientifica.
Credo che sia proprio questo uno dei motivi del successo, di iniziative quali i festival della
scienza, della filosofia, della mente, della spiritualità, di biennale democrazia.
È venuta meno l’idea della neutralità della tecnica, l’uomo non è qualcosa che prescinde
dal modo in cui manipola il mondo; a trasformarsi non sono solo i mezzi di comunicazione
ma l’uomo stesso e ciò indipendentemente dall’uso che egli fa di questi mezzi degli scopi
che si propone quando li impiega.
Media e tecnologie della comunicazione hanno portato delle trasformazioni
antropologiche anche nel campo dell’educazione e dell’apprendimento. Qualche anno fa si
coniò il termine “nativi digitali” (colore che crescono e imparano attraverso la rete,
youtube, i social…
Ma sono anche molti i cittadini che per motivi culturali, economici, di età, ignorano del
tutto questi sviluppo o non se li conoscono non li ritengono alla loro portata. In alcuni
contesti permane un analfabetismo digitale che aggrava ulteriormente le divisioni sociali
tra gruppi di cittadini.
La società si trasforma velocemente in tutti gli ambiti. L’immigrazione nei nostri paesi
continua. I fenomeni di xenofobia, il terrorismo stanno dando luogo a continui conflitti tra
le diverse comunità. L’accesso, lo sviluppo della partecipazione, l multiculturalità, il rispetto
delle diversità continueranno a essere temi ed esigenze di primaria importanza per la vita
civile e lo sviluppo del nostro paese, dell’Europa e del mondo.
Secondo Attali ogni cultura si definisce dal modo in cui affronta i suoi ostacoli. Sette i principi
proposti dall’autore che non nasconde la difficoltà di metterli in pratica: il rispetto di sé, l’intensità,
l’empatia, la resilienza, la creatività, l’ubiquità, il pensiero rivoluzionario.
Questi principi sono grandi lezioni di vita per l’individuo: innanzitutto voler vivere e non solo
sopravvivere.
Sono da rivalutare alcuni valori come la collaborazione rispetto alla sfrenata competizione,
l’importanza della vita sociale e delle relazioni. Sono da ripensare i concetti di ricchezza e di
povertà.
Se si cambiano i valori è necessario adeguarla l’apparato produttivo e i rapporti sociali. La
ridistribuzione è un tema che anche nel dibattito politico nel nostro paese ritorna più volte. Una
ridistribuzione della ricchezza e dell’accesso ai patrimoni naturali tra il nord e il sud ma anche
all’interno delle stesse società, classi, generazioni, individui. Ripensare i consumi, diminuire
l’impatto dei nostri modi di produrre e di consumare.
Nel 2003 avevo evidenziato la necessità di tener presente due importanti fattori per la formazione
e per il lavoro degli operatori culturali high tech, high touch: il coniugare e declinare attentamente
la dimensione della fisicità con il mondo dell’high tech. Alla luce delle ultime trasformazioni oggi
potremmo dire cha la sfida diviene declinare human tech-human touch. Diamo connessi e
interconnessi a livello planetario, si incrociano elementi biologici ed elementi ingegneristici,
sensori, chip. Sempre connessi, immersi, con algoritmi che governeranno diversi processi.

L’utente spettatore può assumere un nuovo status attraverso il web e i nuovi media. L’utente
accede all’infosfera attraverso diversi device e si inoltre in un universo di connessioni fatto di data,
libraries e flussi.
Da spettatore, l’utente diviene l’attore, Derrick de Kerckhove usa il termine interattore
protagonista dell’infosfera.
Si modificano i concetti di spettatore “la figura emergente è quella dell’utente che si differenzia,
anzi ingloba, in qualche modo, quella dello spettatore. Si può infatti essere spettatori solo se si è
agito e si agisce e si pensa da utente digitale. Perché la fruizione diviene personale, privata. C’è
una procedura quasi un rituale che ci definisce come utenti: si fornisce un nome, un’identità, si
rintracciano le informazioni o le esperienze che vogliamo fare e condividiamo il tutto in una
cerchia di fan o amici o follower.
Un sistema che sta cambiando i paradigmi di pensiero e azione in diversi ambiti. Anche le
discipline artistiche si stanno modificando.
Un sistema generale quello dell’infosfera che sembra porre lo spettatore al centro come
protagonista di tutto quanto avviene e di tutto ciò che viene creato. Recenti evoluzioni dei media e
del web, come l’alertnate reality game; il quale crea uno spazio di comunicazione stratificato e
misto tra reale e virtuale. Presuppone l’immersione totale dell’utente nel mondo narrativo.
Gli AGR presuppongono un’audience davvero attiva e partecipativa, che assume informazioni
attraverso diversi device convergenti e che manipola la narrazione con le sue idee, prove e
tentativi. Inoltre, agisce direttamente, out of home, si incontra con altri, trova cose concrete.
In questi flussi vi sono anche dei lati oscuri: siamo sempre connessi e tracciabili; connesso non è
l’uomo libero, è un uomo che è sempre più conosciuto dalla macchina.
Centinaia di banche dati registrano tutto ciò che facciamo, l’esistenza di un vero e proprio
inconscio digitale formato dalle migliaia di dati, preferenze, desideri, acquisti, profili social e
quanto altro di cui ogni giorno lasciamo traccia informatica. Un inconscio a noi sconosciuto
ovviamente, da cui si possono estrarre materiali a nostra insaputa. Una infosfera che sembra
autoregolarsi, crescere autonomamente, governarsi da sola, ma come ben sappiamo ha dei
Gatekeeper che gestiscono, controllano, filtrano e stabiliscono regole.
Come decodificare opere e informazioni? Come formarsi un senso critico? Come rispondere ai
bisogni esistenti di socialità?
Un ruolo centrale dovranno giovarlo le agenzie formative-educative, come la scuola assieme a tutti
i centri culturali che il nostro paese possiede, i musei, i teatri, le biblioteche, gli auditorium. La
convergenza non deve essere concepita in funzione difensiva o come misura di emergenza. Le
istituzioni culturali hanno sempre bisogno di rinnovarsi, di adattarsi ai cambiamenti del gusto, a
esplorare strade nuove: questo sarà più facile all’interno di un luogo di confronto interdisciplinare.
Uno dei luoghi che potrà giocare tale ruolo sarà la biblioteca se si porrà come luogo di sintesi tra
formazione, informazione e culturale, come luogo di relazioni. Di fronte alla smaterializzazione del
sapere e delle relazioni, abbiamo bisogno di un luogo dove gli incontri si materializzano e dove e
l’accesso al sapere si ricomponga.
I musei devono superare un’impostazione di tipo settecentesco. Molti tuttora privilegiano
impostazioni espositive di tipo tassonomico, classificatorio, paradigmatico, piuttosto che restituire
l’opera d’arte come artefanno comunicativo. Le opere artistiche nascono e vengono realizzate con
lo scopo di comunicare e il museo deve rispettare e rispecchiare questa loro natura.
Compito del museo è esporre per comunicare. Tale concezione comunicativa pone al centro del
lavoro del museo il destinatario. Programmazioni culturali quindi non solo per collezionisti, esperti,
specialisti e critici, ma anche per tutti gli altri pubblici o fruitori.
E non facciamoci ingannare dalle code alle mostre blockbuster che spesso non lasciano nessuna
possibilità di vivere una qualificata “esperienza” culturale in situazioni di superaffollamento,
distanza dall’opera incongrua, eccessiva brevità di visione, tempi di visione ridotti.
Perché non pensare ad altre modalità espositive, a creare possibili percorsi selettivi, tematici,
personalizzati e anche solo dal punto di vista organizzativo a regolare maggiormente i flussi di
ingresso, a modificare gli orari. Le code non sono un successo dell’iniziativa, le code sono uno
spreco di tempo, che potrebbe venire utilizzato dai visitatori per approfondire la visita e/o
accedere ad altri eventi e manifestazioni.
È proprio la mancanza di tempo la causa che viene indicata dai cittadini intervistati, nei paesi
dell’unione europea, come uno dei due fattori principali, per la non partecipazione a eventi e
iniziative culturali.
Occorre ripensare non solo biblioteche e musei. Abbiamo bisogno che tutti i punti culturali
modifichino il loro ruolo e le loro funzioni. Abbiamo bisogno di luoghi dove poter spendere del
tempo e tornarci magari insieme ad altre persone, incoraggiare familiari e soprattutto bambini e
adolescenti a condividere l’esperienza, spendere un passa-parola positivo e costruttivo, pagare il
biglietto, acquistare beni e servizi capaci di rafforzare il valore dell’esperienza culturale, donare,
partecipare, entrare a far parte di un gruppo di sostenitori.
È necessario ripensare profondamente i canoni delle nostre istituzioni culturali pubbliche e di tutti
i centri e i soggetti che ricevono sostegno pubblico.

5.QUALE PARTECIPAZIONE, QUALI PROFESSIONI?


In questi decenni le pratiche per favorire la partecipazione sono state diversissime. Dalla politica e
la lotta degli anni 60-70, alla coinvolgente/emozionale.
I social media hanno introdotto nuove forme interattive che si esprimono a livello basilare con i
like, i tweet, i selfie, ma anche attraverso i blog, youtube, Facebook. Altre importanti esperienze
sono state condotte in ambito artistico e sociale per dar vita ad architetture, progettazioni
urbanistiche, eventi, produzioni, pere d’arte, oggetti, attraverso processi innovativi di co-
progettazione e realizzazione.
Anche se l’importanza a promuovere e sostenere l’accesso alla cultura e stata acquisita, dobbiamo
porre molta attenzione a non incorrere in una retorica della partecipazione.
La partecipazione non è un fine ma un mezzo per rispondere a quanto oggi i cittadini chiedono:
individuare le priorità sociali ed economiche, prendere parte ai processi decisionali, il rispetto dei
diritti, la trasparenza dell’azione pubblica, ecc. Senza però che ciò confonda e/o annulli le
competenze e le responsabilità che i diversi attori sociali, proprio nel rispetto dei rispettivi ruoli
devono sapere ed esercitare.
Da più parti viene denunciata la situazione di contesti formativi pubblici e privati non più
corrispondenti alle esigenze odierne.
C’è bisogno di creare figure professionali ibride e flessibili; organizzazioni culturali che si
trasformino in vere e proprie agorà dove si praticano “molteplici linguaggi e occasioni di scambio,
sperimentazione, esperienza collettiva, valore sociale e condivisione.

Ci si sta chiedendo quale sia la strada che l’audience development dell’intraprendere: delineare
una figura professionale oppure creare una forte e permanente sensibilità e attenzione nelle
organizzazioni culturali. Senza dubbio ci vorrà del tempo per capire tutte le implicazioni di una
scelta nei confronti dell’altra. La prima pone il rischio che istituzioni e organizzazioni culturali
deleghino le attenzioni e le funzioni dell’AD esclusivamente a tale figura, ponendola ai margini del
loro operato, mentre ciò di cui abbiamo bisogno è che tutta l’organizzazione in tutte le sue
componenti abbia tale attenzione strategica.
Dall’altro canto una generica attenzione diffusa rischia di perdere impatto ed efficacia alle
strategie e alle azioni da intraprendere.
In ambito formativo sarebbe opportuno dare vita a percorsi di base comuni e successivamente alle
differenti specializzazioni.
Uno degli asset fondamentali è il lavorare e il saper lavorare in team.

Potrebbero piacerti anche