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ALESSANDRO MASI

LO STATUTO
DELL’OPERA
D’ARTE
Marketing, gestione
e comunicazione
del prodotto culturale
a cura di Valentina Spata

Introduzione di Giovanni Puglisi


Prefazione di Emmanuele F. M. Emanuele
Alessandro Masi

Introduzione di Giovanni Puglisi


Prefazione di Emmanuele F. M. Emanuele

LO STATUTO DELL’OPERA D’ARTE:


MARKETING, GESTIONE
E COMUNICAZIONE
DEL PRODOTTO CULTURALE
(Contributi: Alberto Abruzzese, Daniele Chieffi, Salvatore Italia, Renato
Lattante, Lorenzo Macchi, Ruggero Martines, Andrea Pollarini)

A cura di Valentina Spata

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ISBN: 978-88-6345-529-8

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Indice

7 Introduzione (Giovanni Puglisi)

9 Prefazione (Emmanuele F. M. Emanuele)

13 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale (Alessandro Masi


e Valentina Spata)

37 2. L’evoluzione dell’idea di museo. Dall’aristocrazia alla democrazia dell’os-


servatore (Alessandro Masi e Valentina Spata)

59 3. Lo statuto dell’opera d’arte: dalla semantica al testo creativo (Alessandro


Masi e Valentina Spata)

77 4. L’ideazione del prodotto culturale. L’ideazione: una sconosciuta?


(Ruggero Martines)

87 5. Scopo e definizione dell’evento culturale (Andrea Pollarini)

95 6. Insegnare comunicazione (Alberto Abruzzese)

105 7. Il pubblico protagonista: cultura e comunicazione (Lorenzo Macchi)

129 8. Arte e Web. Oltre la comunicazione, dalla socializzazione dell’Opera alla


democratizzazione del Sapere, passando per social media management,
e-commerce e marketing digitale (Daniele Chieffi)

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141 9. Analisi di fattibilità degli eventi culturali ed artistici. Valutazione di costi
e benefici (Renato Lattante)

163 10. I Beni Culturali tra pubblico e privato (Salvatore Italia)

Interviste:
171 Alberto Garlandini - Presidente ICOM Italia

179 Antonio Calabrò - Senior Vice President Cultura di Pirelli & C. S.p.A.
e direttore di Fondazione Pirelli

185 Gianluca Comin - Direttore delle Relazioni Esterne di Enel

189 Roberto Grossi - Presidente Federculture

193 Albino Ruberti - Segretario Generale Civita

197 Bibliografia essenziale

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Introduzione

Nel nostro sistema italiano si continua a perpetrare l’inqualificabile tendenza nel


considerare la cultura come l’ancella del sistema produttivo. La nostra Italia diventa
Marsia il satiro ingiustamente punito da Apollo per il suo talento.
L’operatore culturale impegnato oggi è come un missionario che segue la sua
vocazione dialogando con un sistema ostile e ingrato. Primo tabù definitivamente
da infrangere è il rifiuto nel giudicare la cultura come un “prodotto” e il sistema at-
traverso cui attua i propri obiettivi una “industria culturale”. Definizioni inequivoca-
bili e indispensabili ormai attraverso cui le idee transitano e i prodotti della cultura
“finiti” possono essere tangibili, veicolabili e esportabili come modelli anche fuori
dai nostri confini nazionali. Una nuova e improrogabile politica di gestione dei beni
culturali non ha come obiettivi esclusivi quello della tutela, conservazione e am-
ministrazione del patrimonio, comunque indispensabili, ma deve prevedere anche
la ricerca di politiche più idonee per una maggiore valorizzazione. Non è superfluo
ricordare le scelte antecedenti e note che dirigevano le proprie preferenze verso
questa direzione. Nel 1931 la Carta di Atene per la tutela dei centri storici e dei beni
culturali, la Convenzione di Venezia nel 1964 con il riconoscimento, sociale e eco-
nomico del bene culturale in ambito territoriale. Infine l’impegno dell’UNESCO con
la convenzione del 1972 dove i beni culturali di pregio universale diventano “patri-
monio mondiale dell’umanità”. Ritornando al nostro presente i dati recenti rilevati
sono inequivocabili: in Italia nel 2011 la spesa per la cultura ammonta a 70,9 miliardi
di euro,1 concentrando in questo ambito il 7,4% della loro spesa annua complessiva.
Nonostante il periodo di crisi e la crescente contrazione dei consumi: tra il 2008
e il 2011 l’incremento è stato del 7,2%, mentre nel 2011 ha segnato un +2,6% rispetto
all’anno precedente. Una crescita, quindi, continua e costante. La domanda crescen-
te inoltre, in ambito europeo, ha determinato il rimodellamento dei fondi destinati
alla cultura. Con il programma Creative Europe (2013-2020) che considera l’impor-
tante la crescita dell’industria culturale viene proposto un bilancio di 1,8 miliardi di
euro con un incremento del 37%.

1
Fonte Federculture.

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8 Introduzione

Abbiamo un patrimonio e soprattutto un territorio all’interno del quale ci sono


ricchezze tali che, se sottoposte a manutenzione ordinaria e straordinaria e va-
lorizzate, potrebbero incrementare senza colpo ferire il nostro PIL nazionale. Ma
tutto questo significa investire, oltre che in manutenzione e valorizzazione, anche
in capitale umano, significa formare persone qualificate, che abbiano contezza dei
valori culturali, storico-artistici, storico-ambientali, architettonici, biologici, e che
abbiano competenza nell’ambito dei sistemi di sviluppo, di valorizzazione economi-
ca e di marketing culturale. Contro le crisi della finanza è indispensabile tornare ad
investire in un’economia reale della conoscenza e della cultura.
Formare risorse qualificate - giovani e meno giovani - è innanzi tutto un dovere
morale e politico, che dovrebbe essere sentito da quanti hanno la responsabilità del
nostro patrimonio culturale, ma è un imperativo categorico per tutti coloro, come
l’ideatore di questo libro, Alessandro Masi, che hanno fatto del loro impegno una
missione culturale. La cultura è etimologicamente l’azione del coltivare e l’educazio-
ne ne è una variante fondamentale, giacché evidenzia l’atto dell’estrarre, del portare
fuori ciò che di buono è in ciascuno di noi: cultura ed educazione sono dunque due
facce della stessa medaglia, quella del dovere civile, oltre ogni banale retorica politi-
ca, di chi ama il proprio Paese, specialmente quando si chiama Italia.

Prof. Giovanni Puglisi


Magnifico Rettore Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM

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Prefazione

Non passa giorno che il binomio beni culturali – sviluppo non sia oggetto di un qual-
che dibattito, di un incontro pubblico, di un volume, di indagini statistiche dirette a di-
mostrare l’incidenza dell’industria culturale rispetto alla ricchezza nazionale prodotta,
ed a sottolineare le enormi potenzialità di questo comparto se opportunamente valo-
rizzato. E parimenti, in ogni circostanza, si ripete, che i beni culturali di un Paese co-
stituiscono la sua stessa storia, la sua identità e memoria, sono la prima testimonianza
fisica e tangibile del trascorrere delle vicende economiche, culturali, antropologiche
che l’hanno accompagnato. Un Paese che trascura il proprio passato - si sostiene a ra-
gione - ha ben poche speranze di programmare e costruirsi un futuro solido e pacifico.

Non sono mancati proclami, campagne e appelli di autorevoli personalità ed isti-


tuzioni che si sono proposti di ricollocare la cultura in una posizione di maggiore
priorità all’interno dell’agenda di governo. Tutto giusto e condivisibile, eppure la quo-
ta di risorse pubbliche al settore in questione non è nel frattempo aumentata, anzi,
al contrario, non esiste un coordinamento o una programmazione, neppure a livello
locale, sulle iniziative che vengono realizzate, il pressapochismo e lo spontaneismo
sembrano farla da padroni, in un contesto di crisi sempre più estesa, lunga e dram-
matica che risucchia ogni energia, risorsa, attenzione. Non è, ad esempio un caso, se
anche la campagna lanciata da il “Sole 24 Ore”, cui personalmente ho aderito, ha avu-
to un’eco mediatico notevole, giustificando così pienamente l’esigenza di replicarla a
Milano, dove ancora una volta mi è stato chiesto di esprimere in un intervento il mio
punto di vista sull’argomento.

Quello che a mio giudizio manca e urge, come ho spiegato nel mio recente libro
“Arte e Finanza”, è la diffusione di una consapevolezza culturale, scientifica e soprat-
tutto formativa dell’ineluttabilità del legame tra queste due dimensioni, legame che,
viceversa, si rivela il principale punto debole, spesso proprio fra gli intellettuali e gli
addetti ai lavori, del nostro sistema, caratterizzato, da una parte, dall’arroccamento
elitario del mondo dell’arte, e dall’altra, da un’attenzione meramente speculativa ed
utilitaristica da parte degli operatori economici privati. Serve, dunque, una sensibiliz-

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10 Prefazione

zazione diffusa, che deve nascere dal basso, deve essere seminata a partire dalle scuo-
le primarie, per diventare un’esigenza radicata e profonda, per poi perfezionarsi nella
formazione di professionalità in grado di coniugare competenze di natura artistica con
quelle di tipo squisitamente manageriale. Questo è quello che oggi richiede il mercato,
e paradossalmente, in Italia, dove si custodisce una parte notevolissima del patrimo-
nio culturale mondiale, questo tipo di formazione è pressoché inesistente.

A colmare questa grave lacuna ci hanno pensato da qualche anno la Fondazione


Roma, su mia precisa intuizione, e l’Università IULM, dando vita al Master in Mana-
gement delle risorse artistiche e culturali, giunto con successo alla quarta edizione,
dove sono state evidenziate proposte formative estremamente originali e che ha of-
ferto alla maggioranza dei diplomati concrete opportunità di collocazione profes-
sionale nel settore. In attesa che la classe politica acquisisca piena consapevolezza
delle potenzialità enormi di questo che rappresenta uno dei pochi asset competitivi
del nostro Paese, la Fondazione Roma, parte qualificata e propositiva di quello che io
chiamo “il terzo pilastro”, cioè il mondo variegato e complesso del terzo settore, si è
assunta l’onere di potenziare il capitale umano e le risorse immateriali da destinare
al comparto, promuovendo, al contempo, quella sinergia tra pubblico e privato che
si rivela sempre più necessaria per sostenere l’industria culturale e l’occupazione.

La concertazione e la leale collaborazione tra soggetti pubblici e privati, permette,


infatti, di elevare la funzione della valorizzazione dei beni culturali ad una posizione
di primaria importanza in rapporto allo sviluppo locale, ed inoltre è indispensabile per
raccordare quest’ultimo alla dimensione nazionale ed internazionale e per cercare di
armonizzare i troppi livelli decisionali. In questa dinamica, ho sempre sostenuto che
deve emergere, e deve essere accompagnato e sostenuto, un maggiore protagonismo
dei soggetti del terzo settore radicati in ambito locale, perché essi appaiono normal-
mente in grado, in misura maggiore rispetto agli altri attori, di ottimizzare le energie e
risorse, anche di capitale umano e sociale, presenti sul territorio, di elaborare strategie
di produzione di beni e servizi che valorizzino specifiche competenze e beni comuni ed
al contempo, di attrarre in modo intelligente risorse ulteriori anche esterne.

Nel nostro Paese, ove è tuttora presente una logica della contrapposizione tra un
pubblico per definizione inefficiente e un privato votato esclusivamente al profitto,
occorre, invece, guardare con attenzione e fiducia a quello che troppo sbrigativa-
mente è ancora definito da quasi tutti come terzo settore, ad indicare il ruolo ancora
marginale e residuale di ammortizzatore sociale. Si tratta di una realtà articolata,
espressione della società civile e del non profit; che può agire non in contrapposizio-
ne, ma in sinergia e in feconda competizione con il settore profit, attraverso il volon-
tariato, l’associazionismo e le fondazioni, una imprenditoria sociale auspicabilmente

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Prefazione 11

vivace e dinamica; che si esprime nella ricchezza del pluralismo dei suoi protagoni-
sti; che discende dal principio personalistico e da quello di solidarietà fortemente
radicati nel nostro Paese, tanto da farne un elemento distintivo e competitivo di
enorme valore.

Un ulteriore passo va fatto nel cominciare a considerare il nostro patrimonio


culturale come un bene di comunità, non solo di quella presente, ma anche di quella
passata e soprattutto di quella futura, patrimonio che necessita di modelli di gover-
nance nuovi che lascino spazio al capitale sociale presente a livello locale e contem-
plino il collegamento tra politiche culturali ed inclusione sociale. Anche nell’indu-
stria culturale, insomma, così come nel sistema economico più in generale, servono
iniezioni massicce di quei sottosistemi di vita economica nei quali la fiducia, la cura,
la professionalità, la gratuità vengano praticate e veicolate tra le parti, rafforzan-
do pratiche virtuose che la crisi finanziaria sembra aver travolto. Sto parlando di
quell’economia civile portatrice di una matrice culturale in grado di generare virtù
civili di cui il mercato, anche quello di cui si sta parlando, ha estremamente biso-
gno, ed alla quale vanno affidati, a mio giudizio, ruoli e responsabilità crescenti, se
vogliamo conservare e rafforzare il nostro patrimonio identitario da trasmettere alle
nuove generazioni non come un totem da idolatrare, ma come una risorsa valida cui
attingere per far ripartire il Paese.

Il volume, destinato ad essere utilizzato prevalentemente dai futuri studenti del Ma-
ster come una puntuale ed esaustiva dispensa, frutto del contributo di tutti i docenti
che hanno animato il corso di studi, sviluppa in modo ragionato, coerente ed articolato
la tesi, da me sostenuta nella mia recente pubblicazione dal titolo “Arte e Finanza”, se-
condo cui la cultura nel nostro Paese ha bisogno del sostegno di un marketing efficace
e professionale, e di manager competenti e dinamici, consapevoli che gestire un luogo
di cultura non è diverso dal gestire una qualunque altra impresa, e, conseguentemente,
in grado di dare un contributo significativo al completo spiegamento delle enormi po-
tenzialità di quello che resta uno dei pochi asset competitivi del nostro Paese.

Spero che oltre agli studenti, questo testo giunga nelle mani di tanti operatori
culturali, nonché di responsabili politici, affinché ne traggano ispirazione per dare
una svolta nel segno della concretezza, dell’innovazione, della trasparenza e della
programmazione all’ancora troppo asfittica industria culturale nazionale e che, inve-
ce, ha una vocazione di livello planetario.

Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele


Presidente Fondazione Roma

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Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale

1.1) I principi del Marketing Culturale

La cultura alimenta sentimenti e valori partecipati da una molteplicità di indivi-


dui: è in grado di plasmare e forgiare le identità delle singole persone delle comu-
nità di interi paesi. Per rendere attiva tale funzione, oltre all’ordinaria gestione del
patrimonio artistico e culturale, è necessaria una gestione integrata dei beni e degli
istituti culturali (musei, archivi, parchi archeologici e altri istituti e luoghi della cul-
tura) per attivare efficienti sistemi per la valorizzazione sociale ed economica. La via
obbligata è il ricorso a strumenti strategici di marketing e di comunicazione oltre a
una attiva politica di management dei beni e servizi culturali.
Il problema del marketing delle imprese culturali fu sollevato per la prima volta,
in ambito accademico, nel 19671. Protagonista era Philip Kotler2, nel suo testo intro-
duttivo ha sottolineato che tutte le organizzazioni culturali devono competere sia
per attirare il consumatore/fruitore che per ottenere la quota di fondi statali, in altri
termini affrontare un problema di marketing. Impostando lo studio del marketing
da un punto di vista manageriale, anziché merceologico o funzionale come avveniva

1
Ad associare per primo il termine di marketing ai “prodotti” della cultura è stato Philip Kotler nel suo saggio
Marketing Management pubblicato nel 1967. Kotler sostenne che si potevano adottare differenti forme di veico-
lazione dei prodotti in base alla natura e alle caratteristiche stesse dei prodotti trattati. Si trattava di una vera e
propria rivoluzione degli studi di marketing fino ad allora concentrati quasi esclusivamente sul mercato (soggetto
di arrivo e partenza di tutte le analisi), che cominciarono a vivere le specificità dei prodotti come vere e proprie
indicazioni da seguire, dando in un certo modo alle distinzioni dalle quali, di lì a poco, sorsero le prime strategie
di marketing culturale. (Cfr. P. Kotler, W.G. Scott, Marketing Management, Isedi, Torino, 1993).
2 Philip Kotler è considerato il leader mondiale nell’ambito del marketing ed un grande specialista di marke-
ting strategico. È attualmente professore alla J.L.Kellog Graduate School of Management della Northwestern
University ed è lo studioso che maggiormente ha contribuito allo sviluppo e alla diffusione della disciplina del
marketing. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e lauree ad honorem da prestigiose università. Ha lavorato come
consulente per diverse società importanti in tutto il mondo tra le quali IBM, Michelin, Bank of America, Merck,
General Electric, Honeywell e Motorola. È autore di numerosi testi sul Marketing e articoli pubblicati in presti-
giose riviste di settore, tradotti in ben 58 paesi. Philip Kotler continua a essere un prestigioso speaker presso
università, enti ed aziende a livello internazionale.

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14 Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale

Progettazione Identificazione clienti target

Esigenze del target


Produzione
Cambio

Cliente
culturale: Progettazione
Orientamento
al cliente
Vendita Produzione

Vendita
Cliente

prima di lui, assistiamo al passaggio da funzione aziendale a processo di gestione


dell’intera impresa. Gli obiettivi sono sostanzialmente diversi: l’impresa commer-
ciale cerca un mercato dove ottimizzare il profitto, l’impresa culturale è orientata al
prodotto (arte) e il suo fine non è il ricavo. Un’impresa o una organizzazione forgia
un prodotto pensando alla destinazione della propria clientela, esso viene struttu-
rato in vista dei potenziali clienti. Al contrario, un’impresa culturale individua una
clientela formata da individui che potrebbero stimare e gradire le caratteristiche del
suo prodotto.
Kotler, in proposito, analizza l’evoluzione dal museo tradizionale3, dalla struttura
product-oriented, impegnata principalmente a conservare, studiare, ricercare, in-
ventariare, catalogare e tutelare oggetti, opere e collezioni, al museo market-orien-
ted, in cui la somministrazione del servizio museale guarda alle esigenze del visita-
tore, in una visione orientata al consumatore tipica della disciplina del marketing,
indirizzata a privilegiare l’incontro tra domanda ed offerta.

I musei si stanno rendendo conto di poter utilizzare gli strumenti della pianificazione
e del marketing strategico per raggiungere i propri traguardi senza compromettere la
propria missione e la propria integrità. In un mondo competitivo, i musei si misurano
dalle esperienze, i benefici e i risultati cui danno luogo, così come dalle collezioni e
dalle altre risorse da essi possedute. La pianificazione e il marketing strategico sono
strumenti per creare, comunicare e distribuire esperienze e programmi di qualità e per
raggiungere un pubblico più ampio possibile.4

Le organizzazioni culturali, in passato, sono state diffidenti nell’applicare i princi-


pi del marketing, prendendo le distanze in generale dal concetto di economia della

3
N. Kotler, P. Kotler, Marketing dei musei. Obiettivi, traguardi, risorse, Einaudi 2004.
4
N. Kotler, P. Kotler, op. cit. p. XXXI.

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Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale 15

cultura. Contribuivano a creare questa posizione la temuta tendenza alla mercifica-


zione della cultura e il timore di manipolazione del fruitore. I principi del marketing
rappresentavano quasi un tabù per il mondo della cultura. Oggi questo sistema ha
subito grandi variazioni e il ricorso ai dettami del marketing sembra indispensabile
o addirittura si avverte come un ricorso spontaneo da parte di questi enti all’appli-
cazione delle sue modalità. Questo mutamento è stato inevitabile per una serie di
cause contingenti: l’impoverimento delle risorse pubbliche, il boom dell’offerta di
servizi per il tempo libero e conseguente concorrenza, lo sviluppo delle competenze
gestionali degli operatori culturali. Il settore culturale ha acquisito consapevolezza
che il marketing risulta uno strumento determinante, per conferire autonomia alle
istituzioni per una più idonea strategia di pianificazione e di gestione delle risorse.
L’ applicazione dei principi del marketing assicurano i risultati aspettati se diven-
tano parte integrante nella configurazione delle organizzazioni culturali.
Identificare gli strumenti per svolgere questo compito e ottenere, diversificando le
proposte, la fidelizzazione e l’ampliamento del pubblico, non significa avviare una mer-
cificazione dell’arte, come dimostra lo studioso di fama mondiale François Colbert5:
egli afferma, infatti, che “la creazione artistica (il prodotto) è il punto di partenza,
non di arrivo”. A causa dell’aumento della concorrenza nel mercato del tempo libero
da parte di ogni settore dell’industria del divertimento e con l’emergere di un unico
mercato globale, i consumatori sono letteralmente bersagliati da offerte per colmare
il loro tempo libero. Non solo il numero delle organizzazioni culturali si è incremen-
tato in ogni settore artistico, ma gli sviluppi tecnologici legati ai nuovi media hanno
spronato ulteriormente l’offerta. I consumatori stanno inoltre differenziando i propri
consumi, nell’intento di appagare diversi tipi di esperienze.6 Il marketing culturale è in
forte evoluzione, dato che l’organizzazione culturale (profit oriented o no profit) deve
affrontare ogni giorno che passa l’aumento della concorrenza. Non si tratta della sem-
plice sfida posta in essere dai competitor tradizionali, ma anche dal mondo dell’enter-
taiment inteso in senso più ampio, che partecipa a erodere preziose quote di mercato.

1.2) Il Manager della cultura

Gestire un’istituzione culturale è diventato negli anni un lavoro che richiede grandi
capacità organizzative e un insieme complesso di competenze. Nel suo lavoro, il ma-
nager culturale è chiamato a comprendere e risolvere una vasta gamma di problemi,
che vanno da quelli legati al contenuto di ciò che propone, alle questioni logistiche, a
quelle economiche.

5
François Colbert è docente di marketing culturale e direttore dell’École des Hautes Études Commerciales de
Montréal.
6
Cfr. F. Colbert, Evoluzione del marketing nelle arti e nella cultura, novembre 2000.

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16 Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale

Su quest’ultimo aspetto è necessario fare una precisazione. Molto spesso l’ac-


cezione comune del termine “economia” rimanda all’idea del risparmio: si tende a
credere che “fare economie” voglia dire soltanto essere oculati nell’uso delle proprie
risorse. Però se un manager si limitasse ad applicare questa visione alla gestione di
un museo o di un teatro, difficilmente sarebbe in grado di offrire al pubblico prodotti
validi. In ausilio vengono le parole di John Ruskin7:

Per iniziare dunque con una di queste necessarie ovvietà, possiamo definire l’econo-
mia, quella degli Stati non meno della gestione familiare e individuale, come l’arte di
organizzare il lavoro. Le leggi della Provvidenza regolano il mondo sempre ampiamente
sufficiente a fornirvi tutte le cose di cui abbia bisogno nel corso della propria vita, e
non soltanto quelle, ma anche numerosi gradevoli beni voluttuari, procurandogli altresì
cospicui intervalli di salutare riposo e giovevoli svaghi. Allo stesso modo il lavoro di
una nazione, se bene impiegato, dovrebbe risultare ampiamente sufficiente a fornire
buon cibo e confortevoli abitazioni a tutta la popolazione. E non solo ciò, ma anche
una buona istruzione, oggetti di lusso e tesori artistici, come quelli che vedete disposti
attorno a voi in questo momento.8

Ruskin fa riferimento al significato etimologico del termine “economia”: l’unione dei


due vocaboli oikos (“casa”) e nomos (“legge”) descrive in greco la capacità di gestire
in maniera corretta la propria abitazione, valutando di volta in volta quali spese deb-
bano essere sostenute e quali possano essere ridotte, quali siano i lavori necessari
da fare, come impiegare il proprio tempo, quale sia insomma l’insieme di azioni che
permette agli abitanti della casa di vivere nel modo migliore.
Chi gestisce un museo deve porsi problemi analoghi; deve quindi sapere con esat-
tezza di quali risorse dispone, ma deve essere anche in grado di utilizzarle per por-
tare alla propria struttura il maggior vantaggio possibile. Non basta organizzare una
buona mostra spendendo poco: bisogna anche fare in modo che l’evento che si è
realizzato venga presentato in maniera efficace, così da attirare un numero soddisfa-
cente di visitatori; bisogna poi immaginare quali siano le aspettative dei potenziali
utenti, quali saranno i loro bisogni quando verranno a visitare l’esposizione, come
parleranno del nostro lavoro una volta che saranno andati via.
Il manager deve porsi una per una tutte queste domande, ma è impensabile che a
ciascuna di esse dia personalmente risposta.
Un tempo (ma purtroppo in Italia succede ancora con troppa frequenza) il direttore
del museo si occupava da solo (o quasi) di tutti gli aspetti legati alla gestione della sua
struttura. Oggi invece alla figura del direttore si sono affiancate quelle di professionisti

7
John Ruskin (Londra 1819 – Coniston, Lancashire, 1900) fu artista, scienziato, poeta, filosofo e soprattutto
importante critico d’arte del suo tempo. Dedicò la sua vita a una fervida opposizione al materialismo e all’utilita-
rismo della civiltà industriale.
8
J. Ruskin, Economia politica dell’arte, trad. it. di L. Angelini, Bollati Boringhieri, Torino 1991, p. 25.

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Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale 17

specializzati in ognuno di questi settori. Il compito del manager di un ente culturale è


quello di conoscerne il profilo, di selezionare collaboratori validi che lo aiutino e quin-
di di coordinare il lavoro di tutti per raggiungere i risultati che si è prefisso.
Questo è il significato profondo delle parole di John Ruskin a proposito del con-
cetto di economia: perché in un bilancio si realizzi davvero l’equilibrio delle partite
del dare e dell’avere è necessario che nel calcolo non venga trascurato il fattore
umano, ovvero quella «saggia organizzazione del lavoro» che lo studioso sintetiz-
za in tre punti essenziali: «impiego razionale del lavoro», «accurata conservazione
del suo prodotto» e «tempestiva distribuzione del prodotto stesso». Per Ruskin tale
gestione implica una precisa visione e atteggiamento verso il prodotto/opera. Egli
manifesta una forte opposizione per quelle opere che oggi rientrerebbero nel rango
consumistico, prodotte cioè per essere fruite in un tempo breve e circoscritto, per
essere subito dopo rimpiazzate da altre. Questa pratica secondo lo scrittore inglese,
ci allontana da una reale percezione estetica, impedendo il reale riconoscimento del
valore reale del manufatto, non distinguibile da quelli privi di qualità.

Se in questo momento dovessimo trovarci di fronte a un’incisione di Tiziano o di Durer,


non sapremmo apprezzarla, almeno quanto di noi si sono abituati ai dozzinali lavori d’og-
gi giorno. Non ci piacerebbe né poterebbe essere altrimenti finché ci ostinassimo in tale
abitudine: stanchi di una brutta cosa da poco, la gettiamo via e ne comperiamo un’altra
altrettanto brutta; e così continuiamo a guardare cose brutte per tutta la vita. Ora, proprio
gli stessi uomini che ci propinano tutte queste brutte e frettolose immagini sarebbero in-
vece capaci di crearne di perfette. Soltanto che un’opera perfetta non può essere eseguita
in poco tempo né il suo prezzo scendere, pertanto, al di sotto di una certa soglia.”9

La consapevolezza del valore del proprio bene diventa primario per il dispiego delle
funzioni del manager. Il manager culturale è una figura professionale competente in
vari ambiti di natura: economica, finanziaria, organizzativa, giuridica e di marketing.
Il binomio direttore/manager è ormai inscindibile, egli si occupa di:

– tradurre idee e indicazioni che provengono dalla Direzione scientifica in un progetto;


– predisporre e definire i progetti e iniziative culturali specifiche;
– svolgere attività di valutazione dell’impatto che la sua attività ha sul pubblico;
– studiare le caratteristiche della domanda culturale;
– definire le strategie di richiamo del pubblico;
– intervenire nella ricerca e reperimento delle risorse per la realizzazione dei progetti;
– identificare gli esperti e organizzare i gruppi di lavoro che partecipano alla realizza-
zione di manifestazioni culturali (con particolare attenzione alla valorizzazione delle
figure coinvolte);

9
J. Ruskin, op. cit. p. 81.

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18 Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale

– trasmettere al personale con cui opera i valori e gli elementi che definiscono il ruolo
sociale dell’impresa culturale.10

In Italia principi del management culturale e scientifico hanno una scarsissima


applicazione nel settore pubblico dei beni culturali. A capo della maggior parte degli
enti culturali troviamo soggetti dalle indiscusse competenze scientifiche ma carenti
in ambito direzionale/manageriale. Una direzione idonea dovrà impegnarsi nel po-
tenziare l’offerta per potere ricavare le risorse da destinare ad una efficiente politica
di conservazione e di valorizzazione. Il Manager culturale necessita di una solida e
ampia formazione qualitativa che contempli un bilanciato connubio di saperi uma-
nistici e tecnico-gestionali. Alle competenze specifiche del ruolo vanno quindi ad af-
fiancarsi capacità di analisi, di programmazione e pianificazione, di comunicazione,
coordinamento e gestione di risorse sia umane che finanziarie.
La costituzione della squadra e l’organizzazione del lavoro comportano scelte de-
cisive per il successo di un’impresa culturale perché il fattore umano non è meno
importante di quello economico: un museo bellissimo che offre servizi all’avanguar-
dia può fallire comunque il suo obiettivo se non dispone di un buon ufficio stampa
o se il curatore della mostra non dialoga con l’ufficio legale. Il personale è il primo
elemento identificativo di un’istituzione.
Questo spiega l’importanza della gestione della risorsa umana in termini di:

• Pianificazione, intesa come individuazione della tipologia dei dipendenti, da in-


serire nell’organizzazione, in relazione alle strategie dell’ente.
• Sviluppo delle risorse umane, al fine di alimentare la sviluppo della qualità azien-
dale e personale.
• Coinvolgimento dei collaboratori. Non solo una semplice delega e affidamento
dei compiti ma un coinvolgimento e spazio decisionale. Per tale obiettivo è fon-
damentale la comunicazione delle politiche e delle strategie.11

È chiaro che ogni settore professionale deve poter operare in piena autonomia
e deve godere della fiducia del direttore dell’ente culturale, ma il concetto di delega
deve essere sempre bilanciato da una funzione di coordinamento che passa neces-
sariamente anche attraverso verifiche periodiche del lavoro che si sta svolgendo.
In questo modo si possono evitare errori e passi falsi che rischiano di compromet-
tere la riuscita di un evento culturale, come la programmazione di una mostra in
contemporanea con altre iniziative di grande richiamo, e si possono individuare le
strategie in grado di migliorare il servizio offerto al pubblico, come l’attivazione di

10
Fonte Isfol.
11
R. Galimberti, M. Maiocchi, La gestione totale della qualità come strategia per il successo dell’impresa. Il
modello dell’EFQM come guida all’eccellenza dei risultati aziendali, Franco Angeli, Milano, 1998.

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Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale 19

una biglietteria on line che consenta di snellire la procedura di acquisto limitando le


file al botteghino. “I direttori dei grandi musei sono sempre più impegnati a ristrut-
turare le organizzazioni in cui operano, a sviluppare strategie finanziarie di lungo
periodo vitali e a orientare la cultura del museo, generalmente rivolta verso l’interno
e al passato, alla sensibilità nei confronti del mondo esterno e del pubblico”.12 In
Italia il direttore deve costantemente dialogare con l’ambiente esterno, deve anche
creare e coltivare una rete di contatti con le istituzioni (il sindaco, il presidente della
provincia, il governatore della regione, l’assessore ai beni culturali e il ministro per i
beni e le attività culturali) e con le aziende e gli enti che possono dare un contributo
finanziario e di immagine alla sua struttura, attraverso le sponsorizzazioni e il patro-
cinio. Oltre a questo, il direttore deve occuparsi anche di molti aspetti pratici legati
al funzionamento pratico della struttura che gestisce, compresa l’impiantistica di
sicurezza. Infatti, anche se nell’edificio è presente un responsabile della sicurezza, di
fatto è il direttore a rispondere personalmente in caso di incidenti gravi. Il direttore
riceve il mandato dal Consiglio d’Amministrazione (CDA) dell’ente e a sua volta no-
mina un curatore legato al progetto o ai progetti che intende sviluppare.
Il curatore, a cui spetta anche il compito di scegliere il progettista che si occuperà
dell’allestimento, deve preparare un piano di mercato (business plan) dettagliato
con un preventivo di spesa e una stima degli incassi elaborata in base al costo del
biglietto, agli orari di apertura, al numero dei visitatori potenzialmente interessati
all’evento. Tutti questi parametri vengono fissati di concerto con l’amministrazione
e con il supporto dell’ufficio marketing che ha il compito di tracciare il profilo del
pubblico potenziale dell’evento e, inoltre, di procedere alla raccolta di finanziamenti
(fund raising) pubblici e privati. Quella della ricerca dei fondi è una fase in cui è
indispensabile il contributo del p.r., l’esperto di pubbliche relazioni che gestisce i
contatti con tutti i soggetti pubblici e privati che possono essere coinvolti come
partner o sponsor del progetto che si vuole sviluppare.
Ogni ente culturale si vale inoltre di un esperto legale che fornisce assistenza
per tutte le questioni legate al diritto d’autore, al prestito nazionale e internazionale
delle opere d’arte e così via. L’ufficio legale lavora a stretto contatto con il reparto
amministrativo. Fondamentale per il successo di qualsiasi iniziativa culturale è poi il
contributo dell’ufficio stampa, che deve essere in grado di promuovere l’evento oc-
cupando spazi pubblicitari e procurando recensioni su tutti i mezzi di comunicazio-
ne, usando tutti i canali disponibili, da quelli tradizionali (carta stampata, emittenti
radiotelevisive) a quelli più innovativi (quotidiani on line, blog, social network, invio
di newsletter, visibilità all’interno dei motori di ricerca sul web). Tutti questi settori,
come si è detto, pur lavorando in piena autonomia, devono dialogare tra di loro. La
figura che rende possibile la comunicazione tra le diverse professionalità coinvolte

12
N. Kotler, P. Kotler, op. cit. p. 84.

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20 Cap. 1. Definizione e sviluppo del Marketing Culturale

nella gestione di un progetto culturale è quella del coordinatore generale. Si tratta


di un ruolo chiave nell’organizzazione del lavoro all’interno di un’impresa culturale
e rappresenta anche l’anello di congiunzione tra i vari uffici e il direttore generale.
In passato i direttori avevano un esclusiva provenienza dall’ambito accademico
(in genere storici dell’arte), oggi si verifica una crescente migrazione di manager dal-
le fila di grandi società e organizzazione private e pubbliche. Da essi si attende una
rivoluzione dell’immagine del museo, un efficace reperimento di fondi, la creazione
salda di un pubblico. L’industria culturale ormai è costretta ad optare verso questa
direzione scontrandosi con la crisi finanziaria dei budget pubblici e l’inevitabile con-
solidamento dell’alleanza pubblico-privato.
Di contro può avvalersi dell’ opportunità del valore crescente che assume la cul-
tura nella definizione continua e diversificata degli stili di vita.“Una maggiore delle
attività ricreative e formative, determinata da una maggiore disponibilità di tempo
libero, accrescono in modo esponenziale la richieste di vere e proprie strategie di
marketing orientate alla diffusione di prodotti culturali”.13

3.1) Management e gestione dell’industria culturale.

Il prodotto culturale orbita nell’area esperienziale/emozionale/conoscitiva; il punto


di partenza per l’applicazione degli strumenti di marketing è la conoscenza delle carat-
teristiche del fruitore tipo, destinatario interessato al consumo culturale. Questo assun-
to permette di governare la possibile conflittualità tra obiettivi gestionali e estetici14.
Dirigere un ente culturale richiede, oggi, un’attenta pianificazione delle strategie
da mettere in campo per raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissi, senza perdere
mai di vista la missione dell’istituto che si dirige. La definizione della missione è
quindi il primo passo da compiere ed è anche il più delicato.
Questo vale non solo nel caso del museo, che esamineremo più da vicino, ma per
ogni impresa culturale: i problemi che si trova ad affrontare il manager di un teatro,
di un auditorium o di un luogo che ospita eventi, fatte salve le inevitabili specificità,
sono infatti molto simili.

13
R. Varaldo, La svolta dell’orientamento al mercato nel sistema dei beni artistici e culturali in A. Mattiacci (a
cura di) La gestione dei beni artistici e culturali nell’ottica del mercato, Guerini, Milano, 1998.
14
È sempre aperto il dibattito tra i protagonisti delle discipline tecniche e umanistiche “ dal punto di vista della
retorica del management si possono individuare innumerevoli esempi di critiche radicali alla mancanza di visione
manageriale dei direttori dei musei, e specialmente nel mondo anglosassone, di eleganti riproposizioni secondo
gli schemi e il linguaggio degli studi di management, spesso incorporando quella caratteristica tensione prescrit-
ta se non ricettistica. (…) Dalla sponda opposta le critiche dei museologi agli esperti di management non sono
meno radicali. Nel migliore dei casi l’accusa è di parzialità di focalizzazione solo sul momento della fruizione
trascurando del tutto la parte più nascosta e caratterizzante della professione e attività museologiche, la tutela, la
valorizzazione e la conservazione. Cfr. L. Zan, Conservazione e innovazione nei musei italiani. Management e
processi di cambiamento, Etas, Milano, 1999, pp. 9 e 11.

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«La cultura alimenta sentimenti e valori partecipati da una molteplicità
di individui: è in grado di plasmare e forgiare le identità delle singole
persone delle comunità di interi paesi. Per rendere attiva tale funzione,
oltre all’ordinaria gestione del patrimonio artistico e culturale, è neces-
saria una gestione integrata dei beni e degli istituti culturali (musei,
archivi, parchi archeologici e altri istituti e luoghi della cultura) per atti-
vare efficienti sistemi per la valorizzazione sociale ed economica. La via
obbligata è il ricorso a strumenti strategici di marketing e di comunica-
zione oltre a una attiva politica di management dei beni e servizi cultu-
rali. In Italia principi del management culturale e scientifico hanno una
scarsissima applicazione nel settore pubblico dei beni culturali».
Questa la dichiarazione di intenti alla base di questo intenso e appas-
sionato libro, scritto autorevolmente da professionisti e insigni docenti
universitari, per definire le linee guida necessarie a tutelare e potenzia-
re un patrimonio dal valore inestimabile.
Un testo brillante, dedicato alla valorizzazione e al rilancio dell’opera
d’arte, fruibile sia dagli appassionati che a maggior ragione dagli addet-
ti ai lavori.

Alessandro Masi è critico e storico dell’arte. Dal 1999 è Segretario Generale


della Societá Dante Alighieri. I suoi interessi di ricerca sono incentrati sull’ar-
te e la lettertura artistica del Novecento italiano. È docente di Storia dell’arte
contemporanea all’Universitá UNINETTUNO e tiene corsi di Gestione e Mana-
gement degli eventi artistici e culturali presso il Master MARAC della Libera
Universitá di Lingue e Comunicazione IULM di Roma.

Valentina Spata è critico e storico dell’arte. Dal 2007 è addetto culturale e con-
sulente della Società Dante Alighieri. È responsabile dell’area contemporanea
del portale www.artwireless.it. Insegna Gestione e Management degli eventi
artistici e culturali presso il Master MARAC della Libera Universitá di Lingue e
Comunicazione IULM di Roma.

Contributi: Alberto Abruzzese, Daniele Chieffi, Salvatore Italia, Renato Lattante,


Lorenzo Macchi, Ruggero Martines, Andrea Pollarini.

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