LO STATUTO
DELL’OPERA
D’ARTE
Marketing, gestione
e comunicazione
del prodotto culturale
a cura di Valentina Spata
Interviste:
171 Alberto Garlandini - Presidente ICOM Italia
179 Antonio Calabrò - Senior Vice President Cultura di Pirelli & C. S.p.A.
e direttore di Fondazione Pirelli
1
Fonte Federculture.
Non passa giorno che il binomio beni culturali – sviluppo non sia oggetto di un qual-
che dibattito, di un incontro pubblico, di un volume, di indagini statistiche dirette a di-
mostrare l’incidenza dell’industria culturale rispetto alla ricchezza nazionale prodotta,
ed a sottolineare le enormi potenzialità di questo comparto se opportunamente valo-
rizzato. E parimenti, in ogni circostanza, si ripete, che i beni culturali di un Paese co-
stituiscono la sua stessa storia, la sua identità e memoria, sono la prima testimonianza
fisica e tangibile del trascorrere delle vicende economiche, culturali, antropologiche
che l’hanno accompagnato. Un Paese che trascura il proprio passato - si sostiene a ra-
gione - ha ben poche speranze di programmare e costruirsi un futuro solido e pacifico.
Quello che a mio giudizio manca e urge, come ho spiegato nel mio recente libro
“Arte e Finanza”, è la diffusione di una consapevolezza culturale, scientifica e soprat-
tutto formativa dell’ineluttabilità del legame tra queste due dimensioni, legame che,
viceversa, si rivela il principale punto debole, spesso proprio fra gli intellettuali e gli
addetti ai lavori, del nostro sistema, caratterizzato, da una parte, dall’arroccamento
elitario del mondo dell’arte, e dall’altra, da un’attenzione meramente speculativa ed
utilitaristica da parte degli operatori economici privati. Serve, dunque, una sensibiliz-
zazione diffusa, che deve nascere dal basso, deve essere seminata a partire dalle scuo-
le primarie, per diventare un’esigenza radicata e profonda, per poi perfezionarsi nella
formazione di professionalità in grado di coniugare competenze di natura artistica con
quelle di tipo squisitamente manageriale. Questo è quello che oggi richiede il mercato,
e paradossalmente, in Italia, dove si custodisce una parte notevolissima del patrimo-
nio culturale mondiale, questo tipo di formazione è pressoché inesistente.
Nel nostro Paese, ove è tuttora presente una logica della contrapposizione tra un
pubblico per definizione inefficiente e un privato votato esclusivamente al profitto,
occorre, invece, guardare con attenzione e fiducia a quello che troppo sbrigativa-
mente è ancora definito da quasi tutti come terzo settore, ad indicare il ruolo ancora
marginale e residuale di ammortizzatore sociale. Si tratta di una realtà articolata,
espressione della società civile e del non profit; che può agire non in contrapposizio-
ne, ma in sinergia e in feconda competizione con il settore profit, attraverso il volon-
tariato, l’associazionismo e le fondazioni, una imprenditoria sociale auspicabilmente
vivace e dinamica; che si esprime nella ricchezza del pluralismo dei suoi protagoni-
sti; che discende dal principio personalistico e da quello di solidarietà fortemente
radicati nel nostro Paese, tanto da farne un elemento distintivo e competitivo di
enorme valore.
Il volume, destinato ad essere utilizzato prevalentemente dai futuri studenti del Ma-
ster come una puntuale ed esaustiva dispensa, frutto del contributo di tutti i docenti
che hanno animato il corso di studi, sviluppa in modo ragionato, coerente ed articolato
la tesi, da me sostenuta nella mia recente pubblicazione dal titolo “Arte e Finanza”, se-
condo cui la cultura nel nostro Paese ha bisogno del sostegno di un marketing efficace
e professionale, e di manager competenti e dinamici, consapevoli che gestire un luogo
di cultura non è diverso dal gestire una qualunque altra impresa, e, conseguentemente,
in grado di dare un contributo significativo al completo spiegamento delle enormi po-
tenzialità di quello che resta uno dei pochi asset competitivi del nostro Paese.
Spero che oltre agli studenti, questo testo giunga nelle mani di tanti operatori
culturali, nonché di responsabili politici, affinché ne traggano ispirazione per dare
una svolta nel segno della concretezza, dell’innovazione, della trasparenza e della
programmazione all’ancora troppo asfittica industria culturale nazionale e che, inve-
ce, ha una vocazione di livello planetario.
1
Ad associare per primo il termine di marketing ai “prodotti” della cultura è stato Philip Kotler nel suo saggio
Marketing Management pubblicato nel 1967. Kotler sostenne che si potevano adottare differenti forme di veico-
lazione dei prodotti in base alla natura e alle caratteristiche stesse dei prodotti trattati. Si trattava di una vera e
propria rivoluzione degli studi di marketing fino ad allora concentrati quasi esclusivamente sul mercato (soggetto
di arrivo e partenza di tutte le analisi), che cominciarono a vivere le specificità dei prodotti come vere e proprie
indicazioni da seguire, dando in un certo modo alle distinzioni dalle quali, di lì a poco, sorsero le prime strategie
di marketing culturale. (Cfr. P. Kotler, W.G. Scott, Marketing Management, Isedi, Torino, 1993).
2 Philip Kotler è considerato il leader mondiale nell’ambito del marketing ed un grande specialista di marke-
ting strategico. È attualmente professore alla J.L.Kellog Graduate School of Management della Northwestern
University ed è lo studioso che maggiormente ha contribuito allo sviluppo e alla diffusione della disciplina del
marketing. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e lauree ad honorem da prestigiose università. Ha lavorato come
consulente per diverse società importanti in tutto il mondo tra le quali IBM, Michelin, Bank of America, Merck,
General Electric, Honeywell e Motorola. È autore di numerosi testi sul Marketing e articoli pubblicati in presti-
giose riviste di settore, tradotti in ben 58 paesi. Philip Kotler continua a essere un prestigioso speaker presso
università, enti ed aziende a livello internazionale.
Cliente
culturale: Progettazione
Orientamento
al cliente
Vendita Produzione
Vendita
Cliente
I musei si stanno rendendo conto di poter utilizzare gli strumenti della pianificazione
e del marketing strategico per raggiungere i propri traguardi senza compromettere la
propria missione e la propria integrità. In un mondo competitivo, i musei si misurano
dalle esperienze, i benefici e i risultati cui danno luogo, così come dalle collezioni e
dalle altre risorse da essi possedute. La pianificazione e il marketing strategico sono
strumenti per creare, comunicare e distribuire esperienze e programmi di qualità e per
raggiungere un pubblico più ampio possibile.4
3
N. Kotler, P. Kotler, Marketing dei musei. Obiettivi, traguardi, risorse, Einaudi 2004.
4
N. Kotler, P. Kotler, op. cit. p. XXXI.
Gestire un’istituzione culturale è diventato negli anni un lavoro che richiede grandi
capacità organizzative e un insieme complesso di competenze. Nel suo lavoro, il ma-
nager culturale è chiamato a comprendere e risolvere una vasta gamma di problemi,
che vanno da quelli legati al contenuto di ciò che propone, alle questioni logistiche, a
quelle economiche.
5
François Colbert è docente di marketing culturale e direttore dell’École des Hautes Études Commerciales de
Montréal.
6
Cfr. F. Colbert, Evoluzione del marketing nelle arti e nella cultura, novembre 2000.
Per iniziare dunque con una di queste necessarie ovvietà, possiamo definire l’econo-
mia, quella degli Stati non meno della gestione familiare e individuale, come l’arte di
organizzare il lavoro. Le leggi della Provvidenza regolano il mondo sempre ampiamente
sufficiente a fornirvi tutte le cose di cui abbia bisogno nel corso della propria vita, e
non soltanto quelle, ma anche numerosi gradevoli beni voluttuari, procurandogli altresì
cospicui intervalli di salutare riposo e giovevoli svaghi. Allo stesso modo il lavoro di
una nazione, se bene impiegato, dovrebbe risultare ampiamente sufficiente a fornire
buon cibo e confortevoli abitazioni a tutta la popolazione. E non solo ciò, ma anche
una buona istruzione, oggetti di lusso e tesori artistici, come quelli che vedete disposti
attorno a voi in questo momento.8
7
John Ruskin (Londra 1819 – Coniston, Lancashire, 1900) fu artista, scienziato, poeta, filosofo e soprattutto
importante critico d’arte del suo tempo. Dedicò la sua vita a una fervida opposizione al materialismo e all’utilita-
rismo della civiltà industriale.
8
J. Ruskin, Economia politica dell’arte, trad. it. di L. Angelini, Bollati Boringhieri, Torino 1991, p. 25.
La consapevolezza del valore del proprio bene diventa primario per il dispiego delle
funzioni del manager. Il manager culturale è una figura professionale competente in
vari ambiti di natura: economica, finanziaria, organizzativa, giuridica e di marketing.
Il binomio direttore/manager è ormai inscindibile, egli si occupa di:
9
J. Ruskin, op. cit. p. 81.
– trasmettere al personale con cui opera i valori e gli elementi che definiscono il ruolo
sociale dell’impresa culturale.10
È chiaro che ogni settore professionale deve poter operare in piena autonomia
e deve godere della fiducia del direttore dell’ente culturale, ma il concetto di delega
deve essere sempre bilanciato da una funzione di coordinamento che passa neces-
sariamente anche attraverso verifiche periodiche del lavoro che si sta svolgendo.
In questo modo si possono evitare errori e passi falsi che rischiano di compromet-
tere la riuscita di un evento culturale, come la programmazione di una mostra in
contemporanea con altre iniziative di grande richiamo, e si possono individuare le
strategie in grado di migliorare il servizio offerto al pubblico, come l’attivazione di
10
Fonte Isfol.
11
R. Galimberti, M. Maiocchi, La gestione totale della qualità come strategia per il successo dell’impresa. Il
modello dell’EFQM come guida all’eccellenza dei risultati aziendali, Franco Angeli, Milano, 1998.
12
N. Kotler, P. Kotler, op. cit. p. 84.
13
R. Varaldo, La svolta dell’orientamento al mercato nel sistema dei beni artistici e culturali in A. Mattiacci (a
cura di) La gestione dei beni artistici e culturali nell’ottica del mercato, Guerini, Milano, 1998.
14
È sempre aperto il dibattito tra i protagonisti delle discipline tecniche e umanistiche “ dal punto di vista della
retorica del management si possono individuare innumerevoli esempi di critiche radicali alla mancanza di visione
manageriale dei direttori dei musei, e specialmente nel mondo anglosassone, di eleganti riproposizioni secondo
gli schemi e il linguaggio degli studi di management, spesso incorporando quella caratteristica tensione prescrit-
ta se non ricettistica. (…) Dalla sponda opposta le critiche dei museologi agli esperti di management non sono
meno radicali. Nel migliore dei casi l’accusa è di parzialità di focalizzazione solo sul momento della fruizione
trascurando del tutto la parte più nascosta e caratterizzante della professione e attività museologiche, la tutela, la
valorizzazione e la conservazione. Cfr. L. Zan, Conservazione e innovazione nei musei italiani. Management e
processi di cambiamento, Etas, Milano, 1999, pp. 9 e 11.
Valentina Spata è critico e storico dell’arte. Dal 2007 è addetto culturale e con-
sulente della Società Dante Alighieri. È responsabile dell’area contemporanea
del portale www.artwireless.it. Insegna Gestione e Management degli eventi
artistici e culturali presso il Master MARAC della Libera Universitá di Lingue e
Comunicazione IULM di Roma.