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Consapevolezza ed espressioni culturali

1. Introduzione alla Consapevolezza e Espressioni Culturali


CONOSCENZE
La conoscenza culturale presuppone una consapevolezza del patrimonio culturale locale,
nazionale ed europeo e della sua collocazione nel mondo. Essa riguarda una conoscenza
di base delle principali opere culturali, comprese quelle della cultura popolare
contemporanea. Capire le diversità culturali e linguistiche a livello internazionale è
fondamentale, è altrettanto necessario salvaguardare e l’importanza dei fattori estetici
nella vita quotidiana.
ABILITÀ
Le abilità hanno a che fare sia con la valutazione sia con l’espressione: la valutazione e
l’apprezzamento delle opere d’arte e delle esibizioni artistiche nonché l’autoespressione
tramite un’ampia gamma di mezzi di comunicazione usando le capacità innate degli
individui.
Tra le abilità vi è la capacità di:

1. Correlare i propri punti di vista creativi ed espressivi ai pareri degli altri;


2. Realizzare opportunità sociali ed economiche nel contesto dell’attività culturale.
L’espressione culturale è fondamentale nello sviluppo delle abilità in ambito creativo, che
possono essere trasferite in molteplici contesti professionali.

ATTITUDINI ESSENZIALI
Una solida comprensione della propria cultura e un senso di identità rappresentano la
base di un atteggiamento aperto verso la diversità dell’espressione culturale e del rispetto
della stessa. Un atteggiamento positivo è legato anche alla creatività e alla disponibilità a
coltivare la capacità estetica tramite l’autoespressione artistica e la partecipazione alla vita
culturale.

2. Il Patrimonio Culturale Italiano


L’Italia dispone di un patrimonio inestimabile ed ineguagliato in termini storico, artistico
e culturali che, se adeguatamente valorizzato, potrebbe costituire un motore di sviluppo
per intere città e territori. Purtroppo non sempre ed ovunque tale logica prevale. Spesso,
beni di incomparabile bellezza e pregio sono abbandonati all’usura del tempo oppure,
nella migliore delle ipotesi, finiscono per costituire una voce di costo che, in epoca di crisi,
si fatica sempre più a giustificare.
La valorizzazione dei beni storici, artistici e culturali non può essere ridotta ad una pura
questione gestionale o organizzativa ma deve essere una azione culturale essa stessa
poiché parte dalla capacità di riconoscimento di ognuno di noi nel patrimonio d’arte in
cui abbiamo la fortuna di vivere.

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A tale capacità di conservazione e valorizzazione occorre dunque educare e rieducarsi, in
un percorso di progressiva corresponsabilizzazione personale e collettiva nei confronti di
una eredità che non ha eguali nel mondo ed attorno alla quale è possibile ricostruire
nuove trame identitarie e nuovi percorsi di sviluppo socio-economico.

Non raramente nel nostro Paese si afferma una visione statica, solo conservativa che
cristallizza ed ingessa non solo il bene ma anche le possibilità di dialogo tra soggetti e
settori. Il ruolo delle istituzioni appare dunque cruciale quale catalizzatore di risorse,
facilitatore di un pensiero integrato e sperimentatore di pratiche innovative.

3. Il patrimonio artistico italiano e le potenzialità non sfruttate del turismo


culturale

I beni culturali italiani possiedono una straordinaria attrazione sociale con molteplici
benefici legati al turismo culturale. Il viaggio consente di godere a 360° della cultura e
dell’arte nel nostro Paese e dunque di ampliare il proprio bagaglio di conoscenze.
L’attività di viaggio allo scopo di conoscenza e arricchimento culturale vanta una storia
che ha ben due secoli di vita. Nei dizionari di lingua il termine ‘turista’ comparve nel 1800
mentre la parola ‘turismo’ risale al 1811.

L’industria turistica italiana si è basata per tanti anni sul turismo estero, prevalentemente
caratterizzandosi per vacanze di stanziamento, di soggiorno fisso soprattutto al mare, ai
laghi, in montagna e nelle città d’arte. L’Italia ha sapientemente sfruttato la sua geografia
e la sua storia come fattori naturali di affermazione turistica, senza però in alcun modo
preoccuparsi di specializzare e di potenziare le strutture dell’offerta delle sue risorse, di
ridistribuire i flussi turistici sul territorio nazionale, di mantenere elevato il livello della
domanda interna. In un certo senso, l’Italia ha, per così dire, “campato di rendita”, grazie
alle eredità artistiche e agli immensi patrimoni culturali che ha ricevuto dai grandi artisti
dei secoli scorsi. Ma per molti versi, negli anni più recenti, la crescita del turismo culturale
ha superato le previsioni ponendo i gestori dei patrimoni dinanzi a problemi del tutto
inediti. Non c’è stata una pianificazione organica del turismo culturale.
Vi sono diversi motivi che possono favorire il cambiamento di rotta: dalla crescita
economica al livello di cultura dei turisti, senza tralasciare il notevole incremento del
valore monetario delle opere d’arte, in grado di favorire l’esplosione della capacità
attrattiva dei musei.

Mancano all’appello ancora tante azioni da mettere in campo per valorizzare e tutelare il
patrimonio italiano: dall’accoglienza alla riqualificazione delle infrastrutture. È possibile
valorizzare il patrimonio culturale italiano realizzando un primo circuito turistico, nel quale
includere alcuni luoghi storici e artistici più conosciuti al mondo come Roma, Firenze,
Perugia, Bologna, Venezia, Padova, Torino, Milano, Napoli, Genova.
Poi potrebbe seguire la creazione di circuiti turistici minori, nelle location nell’ambito
provinciale di ogni altra regione italiana, di minori dimensioni ma non meno ambite. Tutto
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ciò dovrebbe essere corredato da itinerari culturali sapientemente studiati, dove
conoscere tutte le peculiarità, dai piccoli musei e i loro grandi patrimoni, dai borghi
medioevali alla caratteristica piazza, includendo le dimore storiche e le tradizioni italiane
del territorio.

Un’altra azione proficua e redditizia che potrebbe mettersi in campo è quella relativa
all’affitto di opere d’arte da parte dei nostri musei e pinacoteche per mostre all’estero,
che porterebbero un grande introito finanziario utile alla gestione e valorizzazione
turistica dei nostri beni culturali.

Il vero punto da analizzare è, infine, lo sviluppo del settore previsto nei prossimi anni che
include la valorizzazione della cultura del Bel Paese. Tutto ciò può rappresentare un
grande volano economico da gestire in modo professionale, per garantire una crescita
costante di tutto il settore.

L’esigenza è anche di reinventarsi, con innovazione e creatività, con un’offerta turistica e


di fruizione sempre al passo con i tempi e capace di anticiparli.

4. La Diversità come Risorsa per l'Europa e la Scuola


La diversità linguistica e culturale è stata e viene ancora indicata in tutti i documenti
europei sull’educazione come uno dei tratti caratterizzanti dell’UE, un valore da difendere,
una fonte di ricchezza. Al di là della dichiarazione di intenti, tuttavia, le politiche degli Stati
membri si sono dimostrate tutt’altro che unitarie sul tema della diversità, specie oggi,
di fronte al moltiplicarsi esponenziale delle variabili che caratterizzano le nuove e più
complesse diversità tipiche delle nostre società multietniche e globalizzate.

Rinunciare tuttavia al sogno che ha accompagnato per così tanti anni il lungo e complesso
processo di unificazione dell’Europa significherebbe voler andare a ritroso nella storia:
non è auspicabile e probabilmente neanche possibile. Per rendere dunque la diversità
linguistica e culturale una reale risorsa per l’Europa, e non una minaccia, come molti oggi
sono propensi a pensare, occorrono adeguate politiche di gestione delle differenze unite
a programmi di educazione linguistica, nella sua accezione più ampia, e di formazione
all’interculturalità. L’obiettivo è il superamento di una visione astratta, cristallizzata, chiusa
e monolitica del concetto di lingua e di quello di cultura, primo passo verso la promozione
del contatto e del contagio linguistico e culturale, dei processi di scambio e di
ibridazione. Punto d’incontro di lingue e culture diverse, la scuola costituisce uno dei
luoghi privilegiati per vivere la diversità linguistica e culturale come risorsa.

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La scuola italiana, in particolare, si presenta oggi come uno spazio in cui la diversità, in
tutte le sue manifestazioni, viene non solo riconosciuta, ma anche legalmente garantita.
In ottemperanza alle norme che tutelano il diritto allo studio non solo degli alunni
stranieri ma anche di quelli diversamente abili o con bisogni educativi speciali, i
documenti ministeriali delineano infatti, fin dal primo segmento d’istruzione, il profilo di
una scuola che poggia su due principi basilari: integrazione culturale e inclusione.

Senso di Iniziativa e di imprenditorialità

1. Introduzione al senso di iniziativa e di imprenditorialità

Il senso di iniziativa e l’imprenditorialità significa saper tradurre le idee in azione. In ciò


rientrano la creatività, l’innovazione e l’assunzione di rischi, come anche la capacità di
pianificare e di gestire progetti per raggiungere obiettivi. È una competenza che aiuta gli
individui ad acquisire consapevolezza del contesto in cui lavorano e a poter cogliere le
opportunità che si offrono.

La conoscenza necessaria a tal fine comprende:

1. L’abilità di identificare le opportunità disponibili per attività personali, professionali


e/o economiche;
2. Consapevolezza della posizione etica delle imprese e del modo in cui esse possono
avere un effetto benefico, ad esempio mediante il commercio equo e solidale o
costituendo un’impresa sociale.

Le abilità concernono una gestione progettuale proattiva che comprende ad esempio la


capacità di:

1. Pianificazione, di organizzazione, di gestione, di leadership e di delega, di analisi,


di comunicazione, di rendicontazione, di valutazione e di registrazione;
2. Rappresentanza e negoziazione efficaci;
3. Lavorare sia individualmente sia in collaborazione all’interno di gruppi;
4. Giudicare e di individuare i propri punti di forza e di debolezza e di valutare e
assumersi rischi all’occorrenza.

Un’attitudine imprenditoriale è caratterizzata da:

1. Spirito di iniziativa;
2. Capacità di anticipare gli eventi;
3. Indipendenza e innovazione nella vita privata e sociale come anche sul lavoro;
4. Determinazione a raggiungere obiettivi, siano essi personali, o comuni con altri,
anche sul lavoro.

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2. L'Imprenditore

Chi si è trovato o si trova alle prese con esami come Diritto Civile o Commerciale lo sa
bene: il nostro Codice Civile definisce chi è l’imprenditore (art.2082) e lascia alla deduzione
una definizione dell’impresa, “è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi”.

Si direbbe una stranezza, ma in fondo non lo è: alla base di ogni impresa c’è prima di tutto
una persona, che con le sue idee ha dato vita a un’azienda capace di rispondere a bisogni
del mercato, guadagnare, dare posti di lavoro, contribuire al sistema economico e,
possibilmente, al miglioramento della società.

Imprenditore è un sostantivo riconducibile al verbo imprendere, proveniente dal latino


volgare che indica l’azione di cominciare qualcosa, di avviare un’iniziativa. (fonte:
Accademia della Crusca). Prima dell’era capitalistica il termine indicava l’intraprendere
un’azione non per forza di carattere economico: per esempio nel XVI secolo in Francia il
termine entrepreneur si utilizzava per designare il capo di ventura, colui che reclutava
mercenari e si poneva al servizio del miglior offerente. Ma è a partire dal XVIII secolo che
inizia a riferirsi ad appaltatori di opere pubbliche, militari e civili, a capitalisti industriali e
a proprietari terrieri che adottavano tecniche moderne di coltivazione.

Oggi il termine imprenditore è spesso associato all’idea di innovazione: ciò non ha niente
a che vedere con il mondo delle startup, ma deriva dalle teorizzazioni di alcuni economisti
come Schumpeter (1911), secondo il quale l’imprenditore svolge innanzitutto una
funzione di innovatore, di colui che innova i metodi e i processi di produzione o dirige
un’azienda in modo innovativo.

3. Come si Riconosce un Imprenditore

Certo è facile attribuire la qualifica a chi se l’è guadagnata sul campo creando una o più
imprese. Non necessariamente tale impresa deve diventare una multinazionale, anche una
piccola impresa ha il suo perché e nasce da un profilo imprenditoriale.
Ma è possibile identificare a priori delle caratteristiche che ci fanno dire ‘questa persona
ha proprio una mentalità imprenditoriale’? E’ possibile apprendere e sviluppare le
competenze imprenditoriali?

Non esiste una bibbia delle competenze imprenditoriali, ma diverse qualità accomunano
gli imprenditori:

1. la capacità di accettare la sfida e assumersi rischi e responsabilità;


2. la capacità di leggere la realtà (anche quella più prossima che lo circonda) e
individuare opportunità;
3. la creatività, intesa come problem solving;

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4. la capacità di autodeterminarsi ed entrare in azione;
5. la capacità di comunicare e coinvolgere altri e mobilitare in questo modo persone
e risorse per raggiungere il suo obiettivo.

Sicuramente possiamo dire che la caratteristica essenziale di un mindset imprenditoriale


è l’azione, cioè la capacità di assumersi il rischio e organizzarsi per trasformare un’idea in
una vera azienda o attività, con determinazione e intuito. Tutte le competenze
imprenditoriali discendono o sono espressione di queste caratteristiche fondamentali, e
il loro sapiente mix ed equilibrio determinano spesso la differenza tra diverse tipologie d’
imprenditore.

4. Le Competenze Imprenditoriali

Non tutti sanno che anche l’Unione Europea si è ufficialmente espressa su questo
argomento, motivata dalla necessità di informare e guidare le persone, e in particolare i
giovani, nello sviluppo del proprio talento in un mercato del lavoro che si evolve
rapidamente.
L’EntreComp, Entrepreneurship Competence Framework, è il Quadro di Riferimento UE per
la Competenza Imprenditorialità, pubblicato nel giugno del 2016: esso ha inteso produrre
una definizione comune di “imprenditorialità” che funga anche da strumento
persviluppare le proprie competenze in tale direzione.

Questa definizione è quella generale: “L’imprenditorialità è quando si agisce sulle


opportunità e le idee e le si trasforma in valore per gli altri. Il valore che si crea può essere
finanziario, culturale o sociale”.

Spiega EntreComp, che l’imprenditorialità è una competenza per la vita. Essere creativi o
pensare a come fare le cose in modo nuovo è altresì importante per far progredire la
propria carriera o proporre nuove idee imprenditoriali.

Prendere l’iniziativa, mobilitare gli altri e coinvolgerli con la tua idea sono abilità utili per
la raccolta di fondi per la tua squadra sportiva locale o per creare una nuova impresa
sociale. Capire come mettere in pratica un piano e utilizzare saggiamente le finanze è
importante per la propria vita e per la pianificazione aziendale in una piccola o media
impresa.

La prima cosa che possiamo dedurre da questa definizione è che l’imprenditorialità è un


po’ tornata alle sue origini, cioè non è necessariamente collegata allo sviluppo di un
progetto ‘per fare soldi’, ma piuttosto al realizzare qualcosa che abbia un impatto positivo
nella società. Nel contesto dello studio EntreComp, l’imprenditorialità è intesa come una
competenza trasversale chiave in tutte le sfere della vita.

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Le competenze da sviluppare nella fase di ideazione e progettazione - con i relativi
suggerimenti - di un’idea imprenditoriale, sono:

o Saper individuare le opportunità > Suggerimento: usa la tua


immaginazione e le tue capacità per identificare le opportunità di
creazione di valore
o Creatività > Suggerimento: promuovi idee creative ma concrete
o Visione > Suggerimento: dai voce alla tua visione del futuro
o Riconoscere il potenziale di un’idea > Suggerimento: individua le strade
migliori per valorizzare la tua idea
o Adottare il pensiero etico > Suggerimento: valutare le conseguenze e
l’impatto di idee, opportunità e azioni sotto tutti gli aspetti
o Consapevolezza ed efficacia > Suggerimento: credi in te stesso e vai
avanti, abbi fiducia nella tua capacità di influenzare il corso degli eventi
o Motivazione e perseveranza > Suggerimento: rimani concentrato,
focalizzato e non arrenderti
o Mobilizzare risorse > Suggerimento: devi saper trovare le risorse materiali
e non materiali per portare avanti la tua idea, e saper gestire al meglio le
risorse limitate che hai
o Alfabetizzazione finanziaria ed economica > Suggerimento: sviluppa le tue
conoscenze, il tuo know-how economico-finanziario
o Mobilitare gli altri > Suggerimento: devi ispirare, entusiasmare e far salire
altri a bordo
o Prendere l’iniziativa > Suggerimento: mettiti in gioco, accetta la sfida e
non aspettare nessuno per intraprendere
o Pianificazione e gestione > Suggerimento: dovrai definire le priorità,
organizzare e seguire l’attività
o Affrontare l’incertezza, la confusione e il rischio > Suggerimento: impara a
gestire situazioni e decidere in modo rapido con prontezza e flessibilità
o Lavora con gli altri > Suggerimento: rafforza la tua capacità di lavorare con
gli altri, fare squadra, costruire network
o Impara dall’esperienza > Suggerimento: learn by doing, rifletti e impara da
successi e fallimenti

5. Identificare le Opportunità

Le idee imprenditoriali sono ovunque intorno a noi. Alcune provengono da una attenta
analisi delle tendenze di mercato, dallo studio delle esigenze e dei bisogni dei
consumatori (target), altre sono semplicemente copie esatte di altre attività già esistenti.
Quando si è interessati ad avviare un’impresa, ma non si ha idea di quale prodotto o
servizio proporre al mercato, suggeriamo di seguire alcune strategie che facilitano
l’individuazione di idee di business e al contempo aiuteranno a scegliere fra le tante idee.

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 RIFLETTERE SULLE PROPRIE CAPACITÀ E ABILITÀ
Inizia a fare un elenco delle tue abilità, potrebbe aiutarti a sviluppare un business
redditizio.

 TIENITI AGGIORNATO, leggi giornali, segui notiziari, sii pronto ad approfittare


delle opportunità di business.
Se leggi o segui i notiziari con l’intento consapevole di trovare idee di business,
sarai stupito di quante opportunità di business il tuo cervello possa
generare. Seguire le notizie quotidiane ti aiuteranno a identificare le tendenze del
mercato, le nuove mode, l’ispirazione per nuove possibilità di business.

 INVENTA UN NUOVO PRODOTTO O SERVIZIO


La chiave per identificare nuove grandi idee di business, nuovi prodotti, nuovi
servizi è quello di individuare un bisogno di mercato che non è stato ancora
soddisfatto. Per esempio il bisogno di maggiore sicurezza, ha generato un'alta
offerta di nuovi prodotti e servizi per la sicurezza in casa, che vanno dalle
macchine iride che riconosce l’occhio ai sistemi di videosorveglianza esterna.
Pensate alle persone che non si possono muovere da casa ed hanno urgenza di
ricevere farmaci. Ecco, in questo settore il colosso Amazon sta sperimentando la
consegna a domicilio di spesa e farmaci attraverso droni.

 INDAGARE ALTRI MERCATI


Alcune idee di business non sono adatti per il mercato locale, ma potrebbero
trovare appeal in un mercato estero. Pensa ai mirtilli selvatici. Per anni questi
cespugli di bacche sono state unico alimento per uccelli ed animali selvatici.
Qualcuno ha creato una fiorente impresa agricola di mirtilli rendendosi conto che
vi è una forte domanda di questa bacca in Giappone. Scoprire altre colture.
Indagare su nuove opportunità di mercato internazionale è un ottimo modo per
trovare idee di business. Un suggerimento: tieniti aggiornato visitando di tanto in
tanto il sito web dell’ICE (Istituto italiano commercio estero) potrai scovare i
prodotti più importati dai singoli Paesi.

 MIGLIORARE UN PRODOTTO O UN SERVIZIO ESISTENTE


Un piccolo imprenditore ha creato una versione migliorata dell’ hula hoop. È solo
più grande e più pesante di quelli esistenti in commercio. Grazie a questi due
accorgimenti l’hula hoop adesso si può controllare più facilmente ed è adatta per
fare nuovi esercizi. Come gli è venuta in mente questa idea all’imprenditore?
Semplicemente ha pensato che fare hula hoop con la figlia sarebbe stata una
cosa divertente, ma ha trovato sul mercato solo prodotti molto fragili. In
commercio ci sono pochissimi prodotti (o servizi) che non possono essere
migliorati. Inizia a generare idee di business, cercando in prodotti e servizi
utilizzati e fai brainstorming di idee su come potrebbero essere migliorati.

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 SALIRE SUL CARROZZONE
A volte alcuni prodotti o servizi manifestano una improvvisa impennata delle
vendite o richieste senza alcuna ragione apparente; masse di persone
improvvisamente “vogliono” qualcosa, e l’offerta non riesce a soddisfare tale
domanda immediatamente. Ad esempio, durante l’epidemia di COVID 19, c’è
stato una insaziabile domanda di maschere facciali respiratorie in diversi paesi e
molti imprenditori entravano in questo mercato in quanto profittevole. Ciò si
chiama effetto carrozzone. Saliamo sul carrozzone. L’effetto carrozzone viene
creato anche con le tendenze sociali. C’è molta più domanda di servizi di
assistenza a domicilio per gli anziani rispetto a quello attualmente offerta. Vi è la
tendenza che gli animali devono essere trattati come membri della famiglia.
Ebbene oggi questa domanda è poco soddisfatta. Pensa alle strutture ricettive
che non ammettono animali, questi signori, perdono soldi ogni giorno.

6. Posizione Etica delle Imprese

La maggiore consapevolezza dell’importanza di assumere un comportamento etico e


socialmente responsabile è il frutto della crescente attenzione dell’opinione pubblica
nei confronti delle ripercussioni sociali dell’attività delle imprese. Tale attenzione si sta
progressivamente traducendo nella nascita di un nuovo tipo di consumatore, che
potremmo definire critico, il quale sceglie i beni da acquistare in base non solo al prezzo
e alla qualità ma anche a criteri ambientali e sociali, che tengono conto, ad esempio, delle
modalità di produzione e di trasporto del bene, dei criteri di smaltimento dei rifiuti e, più
in generale, delle caratteristiche etiche dell’impresa che lo produce. Se ogni bene
prodotto o servizio erogato ha un peso sociale e ambientale, perché per produrlo sono
state utilizzate risorse naturali, sono stati impiegati lavoratori, è stata consumata energia
e prodotto inquinamento, allora l’obiettivo del consumatore critico è proprio quello di
ridurre il più possibile tale peso, orientando i propri acquisti nei confronti di quelle
imprese che dimostrano di avere un comportamento socialmente responsabile. È
evidente che un’impresa che voglia continuare ad ottenere profitti non può non tenere
conto di questo mutato atteggiamento.

Da un’indagine condotta da Eurisko (un istituto di ricerche di mercato) su un


campione rappresentativo di consumatori risulta che un’impresa è considerata
socialmente responsabile se:

1. assicura che prodotti e processi non danneggino l’ambiente (82%);


2. tratta equamente i dipendenti e i collaboratori indipendentemente da sesso,
razza, religione, appartenenza politica (77%);
3. fornisce prodotti di buona qualità al prezzo più basso possibile (60%);
4. evita di testare i propri prodotti sugli animali (60%);
5. rispetta i diritti umani (55%);

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6. Filantropia: amore spontaneo verso il prossimo, che porta ad operare per il suo
bene.
7. si adopera per ridurre la differenza tra ricchi e poveri (46%);
8. contribuisce a risolvere problemi sociali come criminalità, povertà, analfabetismo
(35%).

Nonostante le aspettative nei confronti delle imprese siano cresciute talmente tanto
da arrivare a ricomprendere l’intera gamma dei problemi sociali, come possiamo notare
dall’indagine appena citata, è tuttavia evidente che negli ultimi anni la sensibilità
dell’opinione pubblica si sia concentrata in modo particolare sui temi dell’impatto
ambientale e della tutela dei diritti dei lavoratori. L’impatto negativo che l’attività di
un’impresa ha sull’ambiente naturale che la circonda, sotto forma di inquinamento
dell’aria, dell’acqua e del suolo, è l’esempio più classico di quei costi sociali di cui l’impresa
è oggi chiamata a rispondere e che abbiamo definito esternalità negative.

Il problema della conservazione dell’ambiente e dell’utilizzo di fonti di energia pulite


è salito prepotentemente alla ribalta con la crisi petrolifera dei primi anni ’70 e si
pone oggi come uno dei problemi più preoccupanti per l’intera umanità, il che ha favorito
il nascere e lo svilupparsi nell’opinione pubblica di una solida cultura ambientalista.

Altro tema importante è la tutela dei diritti umani e, in particolare, dei diritti dei lavoratori.
Si tratta, anche in questo caso, di un tema particolarmente delicato e che investe la
responsabilità sociale delle imprese per almeno due motivi. In primo luogo, le imprese
sono sempre più consapevoli della necessità di gestire in modo adeguato le relazioni con
una categoria fondamentale di stackeholders quali sono, appunto, i dipendenti;

1. favorire la crescita e la formazione del personale,


2. migliorare le condizioni di lavoro e il livello di sicurezza,
3. offrire servizi aggiuntivi ai dipendenti e alle loro famiglie (come asili nido, palestre
e così via),
4. prevedere forme di partecipazione attiva alle decisioni e ai processi innovativi,

sono alcuni degli strumenti a disposizione delle imprese per creare un clima interno
sereno e coeso, condizione necessaria per aumentare la produttività dei lavoratori.

La tutela dei diritti dei lavoratori ha assunto una crescente rilevanza esterna, cioè nei
confronti dell’opinione pubblica, soprattutto in seguito ai numerosi casi che nel recente
passato hanno visto coinvolte note multinazionali nell’utilizzo disinvolto della forza lavoro
in paesi in via di sviluppo, tema quest’ultimo che appare quanto mai attuale in
un’economia globalizzata in cui le imprese dislocano i propri impianti produttivi in quelle
aree del mondo in cui più bassi sono i costi del lavoro e minori le garanzie dei lavoratori.

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Uno dei casi più noti ha riguardato alcuni anni fa la Nike, importante azienda operante
nel settore delle calzature e dell’abbigliamento sportivo, finita nell’occhio del ciclone a
causa di un uso non corretto della manodopera e di comportamenti considerati non
socialmente responsabili; inoltre, un’inchiesta giornalistica svelò che i palloni venduti da
alcune importanti aziende, tra le quali la Nike, venivano prodotti in un distretto industriale
del Pakistan dove lavoravano come cucitori quasi diecimila bambini. La vicenda creò
ovviamente una grave danno all’immagine dell’azienda, che ammise una parte delle
violazioni contestatele e cominciò da allora ad avviare politiche socialmente responsabili
(come l’adozione di un codice di condotta).

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