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Titano 2015

Supplemento economico
de il Galatino
Quindicinale salentino dinformazione
I

www.ilgalatino.it
e-mail: ilgalatino@tiscalinet.it
e-mail: redazione@ilgalatino.it
I

Direttore
Rossano Marra
I

Hanno collaborato in questo numero


Antonio Antonaci
Vittorio Balsebre
Giovanni Bernardini
Roberto Cal
Toti Carpentieri
Aldo Caprioli
Mario DeMarco
Pasquino Galatino
GiuseppeGreco
Giovanni Invitto
La Cucchiara
Antonio Linciano
Elena Manigrasso
Paolo Maria Mariano
Rossano Marra
Antonio Mele Melanton
Giovanna Mencarelli
Cosimo Montagna
Tonio Morelli
Angelo Nobile
Vittorio Pagano
Umberto Palam
AntonellaPulimeno
Giuseppe Rizzo
Luigi Scorrano
Paolo Vincenti
Gianluca Virgilio
I

Contributi fotografici
Archivio de il Galatino
I

Autorizzazione del Tribunale di Lecce


del 25-1-1969
I

Editore
Associazione APSInondazioni
Galatina
I

Stampa
Editrice Salentina - Galatina

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a classe politica di Galatina, investita probabilmente di una responsabilit pi grande delle sue capacit, deve farsi una ragione e prendere subito i provvedimenti del caso. Speriamo che sia capace e che
sia in grado di farlo. Circa il Titano, invece, speriamo che lanno
prossimo sia dedicato nuovamente alla Fiera di Galatina.

Con queste parole chiudevo la Presentazione de il Titano del 2014, con


la speranza appunto di vedere nuovamente aperti i cancelli della 65 edizione della Fiera
Campionaria di Galatina.
E invece no. Anche nel 2015, come lo scorso anno, salta la Fiera Campionaria nata nel 1949
e giunta a quella rabberciata di due anni fa, la 64 della serie, che venne tenuta in forma molto
minore nel Palazzo della Cultura Zeffirino Rizzelli per la momentanea (ma ancora in essere)
indisponibilit del Quartiere fieristico appositamente costruito, con enormi sacrifici finanziari,
dal Comune della nostra citt.
vero che le Campionarie non hanno pi mercato, perch le specializzate e ancora di pi
internet le hanno soppiantate, ma tradizione vuole che comunque si realizzi un mercato per
lesposizione delle novit industriali, commerciali, agricole, zootecniche e turistiche offerte dalle aziende salentine e non.
I primi flebili segnali positivi della ripresa economica,
Alma
che per stenta ancora a partire in modo convincente, vanno nella direzione di un moderato ottimismo e pertanto demater
vono essere sostenuti con varie iniziative, tra cui diventaMessapia
no fondamentali proprio quelle relative allesposizione dei
prodotti.
I contratti commerciali vengono stipulati anche con la Quando tutto sembra perduto,
valutazione della merce che si ha sotto gli occhi e, quin- terra, memoria, onore,
di, che si pu osservare direttamente, sperimentandone al cielo alza i suoi rami
lulivo millenario, e sorride
anche le caratteristiche.
Si ha limpressione che le attivit che si svolgono in al sole che sorge ad oriente.
Pasquino Galatino
Comune, a Galatina, siano soprattutto quelle delloccupazione del potere, con preferenza allaffidamento degli incarichi agli amici ed agli amici degli amici che magari provengono da Comuni limitrofi senza
disdegnare quelli pi o meno lontani. Con una caratteristica costante, per: lappartenenza politica se non addirittura la militanza negli ambienti cosiddetti antagonisti.
Un cenno particolare merita lAssessorato alle Attivit produttive e commerciali - Turismo e
marketing territoriale - Protezione civile.
Le uniche notizie che pervengono da quellAssessorato sono la partecipazione annuale alla
BIT di Milano (al fine di promuovere le nostre riconosciute bellezze architettoniche religiose
e le costruzioni pubbliche e private nel centro antico), il patrocinio a qualche evento organizzato da privati o da associazioni che operano sul territorio e alcune comparsate a manifestazioni,
sfilate e processioni.
Galatina, per il suo passato e per le sue eccellenze, che nei secoli ha espresso e realizzato, merita molto di pi.
Sotto laspetto del marketing territoriale occorre fare in modo che vengano incrementate non
solo le visite turistiche, che sono ancora mordi e fuggi, vanno sollecitati gli operatori commerciali per incrementare la recettivit e soprattutto per favorire lapertura di ristoranti e trattorie nei giorni di grande afflusso di turisti: spesso avvenuto che nei week end i turisti non riescono a trovare locali aperti dove poter pranzare.
Quindi, i palazzi gentilizi del centro antico, la Basilica orsiniana di Santa Caterina dAlessandria, la cultura che trasuda da ogni angolo del nostro territorio continuano a richiamare sempre pi turisti, soprattutto con il passa parola o con la pubblicit veicolata tramite agenzie, occorre per riuscire a trattenere i visitatori per pi giorni.
Gli altri assessorati, pur con qualche differenza, devono darsi maggiormente da fare, al fine
di mantenere il passo con gli altri Comuni salentini che viaggiano a velocit almeno tripla rispetto a Galatina.
La delusione veramente massima. E la speranza che non si arrechino ulteriori danni alla citt: danni materiali e immateriali.
Le future Amministrazioni dovranno rimuovere gli ostacoli frapposti al normale funzionamento della citt e non si vede ancora il fondo del pozzo in cui stiamo cadendo.
Un po come la Grecia, che rischia il default, Galatina rischia il dissesto morale, oltre quello
finanziario (per il momento, fortunatamente scongiurato). Serve uno scatto dorgoglio non solo
della classe politica, ma soprattutto dei cittadini galatinesi che non meritano di retrocedere in serie B.
Rossano Marra

In copertina: Donato Cascione - Labbraccio (acrilico su tela, cm. 70x85, 1984)

il Titano 2015 illustrato da ventinove opere dellartista


Donato Cascione (Galatina, 21 maggio 1942 - Maglie, 20 agosto 1992)
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Sommario

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Inserzionisti

1. Presentazione di Rossano Marra e Alma mater Messapica di Pasquino Galatino


5. La NuovaCampionaria di Cosimo Montagna e Alberto Russi

Agenzia BALDARI - Galatina

GUERRAZZI INFISSI - Galatina

9. In ricordo di Donato Cascione di Mario DeMarco

ARMoNIE BARoCChE - Lecce

KUBICo ARREDAMENTI Galatina

6. Gli extracomunitari gestiscono il 6,6% delle imprese salentine di Antonella Pulimeno

10. Lartista e il mondo illusorio dellinconscio di Giuseppe Rizzo


11. Giudizi critici sullarte di Donato Cascione di AA.VV.

16. Gli amici di sempre per Donato Cascione di Aldo Caprioli e GiuseppeGreco

17. Lon. Giacinto Urso, un politico di razza di Rossano Marra eAntonio Mele

19. Ricordando Aldo Vallone di Giovanni Bernardini

20. In posizione di comando di LaCucchiara

21. Ci la porta curta e rizza... di Antonio Mele Melanton

29. Asterischi e pensieri in libert *** di LuigiScorrano

31. Il mio ricordo di Mario Signore di Antonio Linciano


33. Il viaggio di Antonio di Gianluca Virgilio

34. Scritti a bandiera di Paolo Maria Mariano

36. Fiabe e leggende di Terra dOtranto di Angelo Nobile

37. Incontri salentini di Giovanni Invitto

39. Disturbo? di Paolo Vincenti

41. La violenza sulle donne e la sensibilizzazione nelle scuole di Elena Manigrasso

42. Il col. pil. Paolo Tarantino e le (sue) FrecceTricolori di Rossano Marra


44. Itali(e)ni! (Centocinquanta e non sentirli) di Paolo Vincenti

46. Parenti serpenti di Tonio Morelli

48. Stranezze: ognuno a suo modo di Roberto Cal

ALBAITALIA - Soleto

3V BRoKER - Galatina
Assicurazioni
Galatina

Assicurazioni
Galatina

ALLIANZ

CARIGE

Assicurazioni CATToLICA Galatina

AUToSAT LANCIA - Galatina


C.S.A. - Galatina

CoMUNE DI GALATINA

DoLLY - Galatina

DoMINAARGENTI - Galatina
DULCEDo S - Galatina

GAMESSToRE - Galatina
GIURGoLA - Galatina

INoNDAZIoNI - Galatina
LA SANITARIA - Maglie

MATTEoCAF - Galatina
NATUAL - Lecce

NEGUSINI GIoIELLERIA Galatina


oTTICA
Galatina

GIANNELLI

oVERKIDS - Maglie
SACE - Galatina

SANTESEGIoRGIo - Maglie
SANToRo - Galatina

SUNWooD - Galatina

VIVA-AThENA LIBRERIA Galatina

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La Nuova Campionaria, un progetto


di valorizzazione delle produzioni
tipiche locali codificate come volano
per lo sviluppo territoriale
q COSIMO MONTAGNA (*) - ALBERTO RUSSI (**)

a capacit di valorizzare i
prodotti tipici locali rappresenta un elemento decisivo per lo sviluppo endogeno dei
sistemi territoriali. Attraverso la valorizzazione delle tipicit, infatti, la
funzione meramente produttiva delle attivit agricole viene integrata da
nuove e diverse funzioni, tra cui la
tutela dellambiente e del territorio,
la conservazione della cultura e delle tradizioni rurali, creando spazi e
luoghi interessati da nuove dinamiche di tipo economico e sociale.
Con la consapevolezza che la

promozione della qualit dei prodotti tipici possa apportare valore nelle
strategie di crescita e sviluppo di un
territorio, il progetto per la Nuova
Campionaria, metter al centro dellattenzione la cultura e le produzioni locali. Una proliferazione delle
iniziative volte ad affiancare alla
produzione agricola quella dei servizi (turistici, ricreativi, educativi, sociali, ecc.), anche allo scopo di intercettare e soddisfare nuovi segmenti
di consumatori interessati alla fruizione dei prodotti agricoli nei territori di produzione, al fine di im-

mergersi nellidentit dei luoghi e


di vivere le esperienze di consumo
come occasioni di arricchimento
culturale e sociale.
La valorizzazione e la promozione della qualit dei prodotti tipici
codificati viene cos messa al centro
dellattenzione dagli amministratori
pubblici, i quali li individuano come
un elemento centrale di una strategia
complessiva di sviluppo locale che
prevede anche la salvaguardia culturale delle tradizioni produttive.
La Fiera Campionaria, vista anche la sua storicit, diverr un grande contenitore di promozione di tutti i prodotti tipici codificati che rappresentano non solo i 97 Comuni
della provincia di Lecce, ma anche
tutte le unioni regionali e il confronto con altre nazioni.
Il progetto della Nuova Campionaria aspira al raggiungimento dei
seguenti benefici socio-economici:
- laumento dei redditi delle imprese agricole e artigiane, in forma
singola o associata;
- una maggiore vivacit sociale;
- la rigenerazione, attraverso la
valorizzazione e conservazione,
delle attivit tradizionali agricole e
artigianali;
- lo sviluppo turistico enogastronomico che pu contribuire a migliorare la sostenibilit economica
dei territori di riferimento;
- lavvicinamento delle amministrazioni comunali al riconoscimento ufficiale delle proprie tipicit.

(*) Sindaco di Galatina


(**) Assessore comunale alle Attivit Produttive

Donato Cascione
Questa maschera forse la tua?!
(mascherone - tecnica mista, anni 60,
e foto giovanile dellartista)

Donato Cascione: Senza titolo (particolare)


(sbalzo su rame, 1968)

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In continuo aumento la presenza
e la vocazione commerciale e terziaria degli immigrati

Gli extracomunitari
gestiscono il 6,6%
delle imprese
individuali salentine
q ANTONELLA PULIMENO

li imprenditori extracomunitari che gestiscono unimpresa individuale nella provincia di Lecce sono 3.175 e rappresentano il 6,6% delle
imprese che hanno adottato questa forma giuridica (le imprese individuali complessive sono 47.772 al 31.1.22014). I dati dellEnte camerale evidenziano che gli imprenditori extracomunitari pi numerosi provengono dal Senegal (966) e rappresentano oltre il 30% delle
imprese gestite da immigrati, segue il Marocco (825) che rappresenta il 26%, i 299 immigrati provenienti dallIndia (9,4%), i 238 dalla Cina (7,50%),
i 160 dal Pakistan (5%) e i 118 dallAlbania (3,7%). In valore assoluto il primato della crescita nellanno 2014 degli imprenditori extracomunitari
spetta allIndia con un aumento di 33 imprese e un tasso di crescita del 12,4%, segue il Senegal con 27 imprese e il Marocco con 13 imprese.

Imprese individuali di immigrati da Paesi extra-UE - Primi 10 Paesi


di provenienza dei titolari al 31.12.2014 - Provincia di Lecce

Fonte: Infocamere banca dati stockview Elaborazioni Ufficio Statistica e Studi

Dallanalisi dei dati emerge che le imprese individuali gestite da extracomunitari dimostrano una maggiore capacit di fronteggiare la crisi rispetto
a quelle dei leccesi, compensando con la loro crescita la diminuzione progressiva delle imprese gestite da questi ultimi. Le imprese individuali gestite da imprenditori extracomunitari, infatti, hanno registrato nellanno 2014 un saldo di 106 imprese, scaturito da 149 iscrizioni a fronte di 43 cancellazioni, con un tasso di crescita del 3,45%. Analizzando i dati della provincia di Lecce delle imprese individuali gestite da italiani, si osserva un
saldo negativo di 264 imprese, scaturito da 658 iscrizioni e 907 cancellazioni con un tasso di sviluppo pari a -0,59%. Il medesimo andamento si registra nel triennio precedente 2011-2013: le imprese gestite da extracomunitari registrano sempre saldi positivi, a differenza di quelle degli imprenditori italiani, che nel medesimo periodo hanno registrato saldi negativi.

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Tassi di crescita delle imprese individuali secondo
la nazionalit del titolare anni 2011-2014 - Provincia di Lecce

Fonte: Infocamere banca dati stockview Elaborazioni Ufficio Statistica e Studi

Per quanto riguarda il settore economico in cui gli extracomunitari svolgono lattivit imprenditoriale, nel 90,5% dei casi il commercio con 2.872 imprese, di queste 2.810 sono attivit commerciali al dettaglio, in prevalenza (1.116 aziende) attivit ambulanti di chincaglieria e bigiotteria. Altre 281 aziende svolgono il commercio
via internet, 121 commercializzano ortofrutta in forma ambulante, 76 vendono abbigliamento al dettaglio. Al settore commercio, tra laltro, da imputare il saldo di 92
nuove imprese nate nel corso dellanno 2014, settore che realizza in tal modo un tasso di crescita del 3,3%. Il settore delledilizia annovera 68 imprese, 54 sono le attivit di alloggio e ristorazione, 35 le attivit manifatturiere e 27 imprese lagricoltura. Del tutto marginale la presenza di imprenditori immigrati negli altri settori economici.
Donato Cascione: Senza titolo
(scultura in argilla, anni 60)

Imprese individuali di immigrati da Paesi extra-UE


per settore economico al 31.12.2014 - Provincia di Lecce

Fonte: Infocamere banca dati stockview Elaborazioni Ufficio Statistica e Studi

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Alle 3.175 imprese individuali gestite da immigrati extracomunitari, bisogna aggiungere, inoltre, 259 immigrati che sono amministratori in societ, 70 che rivestono la qualifica di socio e 11 che ricoprono altre cariche societarie, complessivamente quindi sono 3.515 gli extracomunitari che
gestiscono o rivestono un ruolo in unattivit imprenditoriale.

Cariche rivestite nelle imprese da persone provenienti


da Paesi extra UE al 31.12.2014 - Provincia di Lecce

Fonte: Infocamere banca dati stockview Elaborazioni Ufficio Statistica e Studi

Analizzando la distribuzione delle imprese nei vari settori economici, si osserva che solo gli imprenditori provenienti dallAlbania hanno avviato attivit
nei vari comparti economici per cui non vi concentrazione in un solo settore, come invece avviene, tenendo conto dei principali Paesi di provenienza degli
immigrati, per gli imprenditori provenienti dalla Cina, India, Pakistan, Senegal e Marocco le cui attivit
imprenditoriali sono tutte concentrate esclusivamente nel commercio.

Le imprese individuali gestite da immigrati nel primo trimestre 2015

Anche nel I trimestre 2015 le imprese extracomunitarie hanno confermato la loro vivacit, registrando un saldo positivo di 80 imprese e un tasso
di crescita del 2,52%. Il trend del primo trimestre degli ultimi cinque anni sempre stato positivo, anche se la crescita dei primi tre mesi del 2015
stata pi contenuta rispetto ai trimestre degli anni precedenti. Il settore che ha assorbito la quasi totalit del saldo si conferma il commercio che ha
registrato un saldo di 78 aziende, 25 delle quali gestita da senegalesi, 14 da indiani, 11 da nigeriani e 10 da marocchini. Le imprese individuali gestite da extracomunitari al 31 marzo 2015 sono 3.255.

Imprese individuali di immigrati da paesi extra UE


per settore economico al 31.03.2015 - Provincia di Lecce

Fonte: Infocamere banca dati stockview Elaborazioni Ufficio Statistica e Studi

Le imprese individuali di immigrati da Paesi extra UE dei Comuni al 31.12.2014

Quasi la met, esattamente 1.579, delle imprese individuali di immigrati ha sede nel Comune capoluogo e rappresentano il 24,5% del totale delle imprese individuali di Lecce. Il Comune di Leverano la sede di ulteriori 117 attivit gestite da immigrati che rappresentano l8,53% delle imprese individuali leveranesi, segue Copertino con 90 (7,35%) e Porto Cesareo con 88 (16,4%). Spetta per al piccolo Comune di Spongano il record
del maggior numero di imprese di immigrati in rapporto al tessuto imprenditoriale: 56 imprese su 221, ben il 25%. Di contro ci sono Comuni della
provincia in cui non ha sede nemmeno unimpresa gestita da extracomunitari. Dal registro delle imprese tenuto dalla Camera di Commercio, infatti, ne risultano privi i Comuni di Botrugno, San Cassiano, Caprarica, Castrignano dei Greci, Martignano e Secl.
Antonella Pulimeno

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In ricordo di Donato Cascione

isale alla primavera dellanno passato lultimo


incontro che ebbi con
Donato Cascione. Non ci vedevamo da molto tempo e loccasione
fu propizia per parlare di tante
cose, soprattutto della sua produzione pittorica che egli mi illustr per chiedermi poi cosa ne
pensassi. Rammentammo il passato, quando venti anni prima ci
conoscemmo a Lecce presso il
Centro Studi LEsagono, dove
per tanti anni periodicamente ci
si incontrava, si discuteva di arte
e di artisti, dove ci si sentiva vivi
e impegnati, quasi estrapolati dal
torpore della citt e della provincia.
Avrei dovuto scrivere di Donato, della sua arte. Purtroppo linesorabilit degli eventi non mi ha
permesso di incontrarmi e di confrontarmi con lamico, che un
maledetto incidente stradale ha
spento nellestate scorsa.
Nato a Galatina nel 1942, Donato Cascione lo ricordo sempre
riservato, non so se schivo o timido, di poche parole, dallintelligenza vivissima che trapelava dai
suoi occhi penetranti; egli sapeva
soprattutto ascoltare, meditare, e
interloquiva con garbo, con pacatezza, senza le facili foghe che
spesso contraddistinguono gli ar-

q MARIO DE MARCO
tisti. Il suo linguaggio vero e tormentato era quello pittorico, al
quale affidava ogni suo dire, connotato sempre dallanelito della
ricerca tesa, essenzialmente, a
scarnificare le fibre pi intime,
gli spazi inediti dellinteriorit, le
contraddizioni e le angosce generate dallodierna esistenza.
La sua esplorazione psicologica e sociologica partiva, sotto il
profilo rappresentativo, da esperienze gestuali ed espressionistiche di tipo informale, coniugate a
quelle della nuova figurazione
fiorita negli Anni Sessanta.
Egli aveva via via affidato ad
un personale codice segnico-cromatico la sua vis comunicativa,
la sua coerente polemica di natura morale ed esistenziale sorretta
da una seria e profonda analisi,
da una meditazione che lo rese
sempre coerente e lo pose allattenzione della critica pi qualificata. Lopera di Donato Cascione, che costituisce un autorevole
punto di riferimento dellarte salentina pi impegnata, si decifra
alla luce del dinamismo cromatico e delle valenze simboliche del
colore stesso, si comprende penetrando il significato degli accenti
onirici e della tensione spesso
vorticosa, angosciosa e allusiva
che costantemente lo spettatore

Donato Cascione: Umanit


(scultura in gesso, altezza cm. 75, 1970)

ritrova. Rigoroso nellimpostazione, padrone indiscusso dei


mezzi espressivi, sottile e penetrante narratore, Donato Cascione resta tutto da capire e da scoprire, da apprezzare per quel che

ha dato allarte e ci si augura,


pertanto, che presto sia allestita
una rivisitazione della sua produzione per meditarla e collocarla
nel ruolo che le compete.
Lecce, dicembre 1992

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L

Lartista e il mondo
illusorio dellinconscio

inconscio la realt in s,
lessere, la coscienza fuori, nellapparire.
Linconscio il luogo originario,
la radice, la coscienza allo stato
puro.
Un territorio non biologico linconscio, non toccato dalle psicosi tacitate dai farmaci del razionale. Ma
un territorio che c ed creativo, dove il pensiero riflette nellombra e
la memoria nutre il non detto dellarte, la poesia.
Ci che la ragione non pu comprendere totalmente una realt nascosta pi vasta, pi complessa, pi
vera di quella apparente linconscio. Esso una ragione a-logica
che ha dimestichezza con le ragioni
dellenigma, del poetico, del mistico.
Linconscio non ha spazio, n
tempo: linconscio illimitato, la coscienza il limite. Linconscio muto: la parola lo altera, il silenzio lo
comprende.
Lapparire, luscir fuori dal territorio fluido dellinconscio, dal vasoserbatoio di vita, uscir fuori dalla
vita, e fuori dallinconscio la vita
per la meditazione pittorica di Donato Cascione un essere- esposto,
un rischiare, il terrore.
fuori, nel tumulto delle individuazioni, che la monade dellinconscio si disfa, disperde la sua unit, la
sua pienezza coerente. Fuori lorigine dilegua, le pulsioni si bloccano, la

q GIUSEPPE RIZZo

quiete delle visioni vaneggia nei simulacri delle forme molteplici; il


caro immaginar nel segreto esplode nei violenti colori del vero, nelle
rigide striature dellesterno.
Ci che nellinconscio vita, la
realt riduce ad oggetto; quello che
linconscio muove, la coscienza uccide.
Inconscio reificato la vita, e speranza ridotta nei tesi grafici della
scrittura.
Le figure umane di Cascione hanno gli occhi spalancati sul disastro
della reificazione, sullirrazionalit
delle certezze, sulla viscidit della
superficie e si tendono, spaurite e impotenti, verso un rifugio che la tela,
materna, custodisce. Fuori, nel mondo esterno, implacabile il male e i
suoi innumerevoli complici.
La vita nellinconscio drammatizzata, condizionata dalla realt
esterna, dalla paura del dislocamento
in quella realt terribile: la paura la
costante della vita dellinconscio.
Rovesciando le tesi freudiane, per
il pittore la cosa strappata allinconscio causa smarrimento e angoscia,
perch la vera immagine (e la vita), il
positivo fotografico nello spessore, nella luce, nei colori e nelle ombre
dellinconscio. Mistero tremendo
non , come per Freud, linconscio,
ma lesterno, la coscienza.
Linconscio lessere dolore;
la coscienza lapparire terrore.

Alfredo Negusini
Orologeria - Oreficeria
Articoli da regalo
Piazza S. Pietro, 21 - 23
Tel. 0836564704
73013 GALATINA

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Donato Cascione: Senza titolo


(bassorilievo in gesso, pannello, anni 70)

Lio sommerso vive nellautenticit


del dolore; lio che emerge alla coscienza sbattuto nella vita inautentica della terrificanza. Il terrore al di
l del dolore. Il dolore ha una dimensione umana, forse consolatoria; il
terrore disumano, mostruoso.
Nellinconscio, come luogo del
dolore quieto, si coltivano quelle che
la coscienza smaschera come illusioni, ma lanima chiama speranze.
Lartista, ancorato alla culla, attende
linconosciuto, i contenuti non reificati della vita la verit (Eraclito);
luomo comune, legato alla ragione,
cerca le cose gi note la certezza.
Irrazionale il mondo della certezza; la razionalit nellinconscio.
Le tele dellinconscio hanno il
tratto violento, la dizione gridata dei
colori nelle pennellate lunghe, che, se
non raggiungono il segno infinito di
Munch, si addensano a volte in brevi
vibrazioni, in stridori musicali, nelle
aperture laceranti di occhi che cercano aiuto o, fuoriuscendo dal magma,
si stagliano nello smarrimento, nella
nuda solitudine.
Sulla stessa tela coabitano sequenze verticali e orizzontali, come fotogrammi dello stesso soggetto in riprese diverse.

Sequenze strutturali costanti fanno scorrere unimmagine leggibile e


unimmagine che si allontana, sfocata - quasi un intervento pietoso dellartista una rimozione su determinazioni individuali o collettive che
ingenuamente si affacciano alla vita
esterna: meglio non vedere il disastro
e rientrare nellindeterminato del
mondo interiore.
Cos le figure inquietanti o ridicolmente mostruose di Kubin ritornano
nel seno della loro origine di fango.
Il trittico della maternit deformata dalla violenza riporta la materia nellinforme, sintetizzandola
fino a farla scomparire, nel terzo
ritmo, come materia che si acquieta in un leggero ri-quadro di colore
sparente.
Alla porta dellinconscio la superba civetta: la notte nel suo silenzio e
nei suoi enigmi protegge linconscio,
sotto rotondi occhi di vuoto.
Debole protezione: lillusorio
mondo dellinconscio vestito, figurato dallartista va spegnendosi e lultima colomba spaurita indica la luce fioca dellultima speranza: la fine.
Il mondo interiore, semplicemente, non .

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Giudizi critici sullarte
di Donato Cascione

a pittura del Cascione ha


tonalit impegnativa di
risonanza sociologica e,
quindi, dialettica e polemica.
lurto degli opposti, lantinomia
contraddittoria di bene e di male,
di fame e di sperpero, di presente
e di passato, di ricordo che affiora e di richiamo al futuro. Quella
del Cascione una pittura dei
contrasti interiori, degli urti dei
sistemi, che si traduce in violente
situazioni e aneliti di libert e di
giustizia.
Antonio Antonaci
Il Galatino, 24 gennaio 1974

barbagli di luce, che mille vetri


hanno trattenuto; ed ora la voragine illuminata da raggi rossi, azzurri e violetti. E la luce si mescola e si aggroviglia e si contorce e si
scioglie; e scioglie la materia e la
fonde come al calor bianco. Altro
vetro, altra luce, altro colore che
irradia, avvolge e fonde le forme e
confonde le dimensioni. Su tutto
sopravvive un emblema di vita che
lotta e resiste tra fluidi eterei che la
sostengono.
Giovanna Mencarelli
Arte italiana contemporanea, 8
Marche-Puglia, Editrice La ginestra, Firenze 1977

Innumeri finestre infrante, precipitate nel fondo nero del cortile,


hanno trascinato nella catastrofe i

Donato Cascione un artista


che ha maturato la sua pittura attraverso molteplici esperienze

Donato Cascione: Senza titolo


(tecnica mista - cartoncino, cm. 43x62, 1971)

estetiche: neodadaismo, neosurrealismo soluzione soggettiva


del neofigurativo.
C nella pittura del Cascione
un chiaro intento sociale che intende mettere in luce le alienazioni e
gli errori delluomo doggi il quale
ha causato linsensata degradazione dellambiente in cui vive e, soprattutto, il disorientamento della
sua psiche.
La violenza, lestraneit delluomo che non comunica nel contesto civile
Mario De Marco
Arte italiana contemporanea, 8
Marche-Puglia, Editrice La ginestra, Firenze 1977
Donato Cascione: Metropoli oggi
(tecnica mista - cartoncino, cm. 70x100, 1972)

La sua pittura, che la pittura


del torbido sottofondo nascosto

dietro la facciata delle strutture sociali, una denuncia che trova


esatto riscontro nellamara esperienza della vita. Una pittura convulsa in cui le cose, sradicate dal
loro abituale contesto sociale, si
muovono vertiginosamente e come
smarrite in cerca di una nuova
identit.
Lunghe pennellate striscianti
identificano efficacemente il ritmo frenetico della vita moderna
che tutto sconvolge e senza posa
uccide: e qua e l occhieggiano
creature umane o animali esterrefatti dalla vertiginosa frana del
male che sta per travolgerli. Il
tutto reso con una foga di colore espressionisticamente drammatica.
Umberto Palam
Per la mostra alla Galleria Colonna, Galatina 1980

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Altri giudizi critici


sullarte di Donato Cascione

elle opere di Donato Cascione evidente il senso di movimento, la successione dinamica, la latitudine
spaziale, linclinazione prospettica
(che tende allobliquit anzich alla orizzontalit), la stessa prospettiva dinamica in opposizione a
quella statica, ed altri fattori che ci
dicono chiaramente come Cascione, anche al filtro della neofigurativit italiana, che origina da Bacon, passi ad una originale sorta di
neo-futurismo, direi singolare qui
a Lecce.
Dobbiamo notare in queste opere, come loro caratteristica fondamentale, il taglio, la impaginazione particolare. Si sente lo spazio intorno al quadro, derivante da
una inquadratura del tipo fotografico e parafotografico, di quello cinematografico.
A noi sembra uno dei linguaggi pi autentici della pittura
salentina.
Vittorio Balsebre
Donato Cascione, in Il Corriere
Nuovo, Galatina, 14 gennaio 1979
da evidenziare la dicotomia
tra la presenza del reale e la memoria dellimmagine, quasi nel
gioco degli opposti, oltre che quella reciproca realt della negazione.
Ed il presente sempre violento
ed immediato
Toti Carpentieri
Per la mostra al Centro Studi Lesagono, Lecce, 1978

Le sciabolate artistiche di Cascione: assalto o difesa del reale,


che spesso lautorit significante,
proprio mentre lo assume come
referente, costringe a ricevere la
simbolicit dellincrocio in zone
sub-segmentali perentoriamente
determinate dalla tragica orizzontalit duna solcatura cos nera,
cos turgida di nero da ristrutturare il campo visivo secondo una
forsennata aporia di bivalenza semantica. Quasi che le immagini
si riflettano in uno specchio da
distruggere appena le accoglie,
perch diventino anagrammi ribaltati nella memoria e dilaniati
dalla coscienza per essere ricomposti nel codice esclusivo della
pittura.
Grafia interiore e desublimata
nella specie ironica dello scarabocchio incipiente, frenato al
cenno della prima curva per consentire infinite ipotesi descrittive
e narrative. o che dal vertice un
gatto alla Rollinat sidolizzi per
godersi nellirruzione dei raggi
sbilenchi sul paesaggio dinamizzato di una vettura in corsa, o che
altri idoli si nascondano in cieli di
abbaglio per irradiare una casa
terremotata, un albero, un prato,
un muro sospesi nellattimo che
precede il dissolvimento, o che
voragini di bianco si appiattiscano per dare furia dinvadenza alle
luci defiligranate verso locchio
di un non-Dio che le conduce a
vibrazioni pre-creative, il descritto e il narrato di contorcono nel

Dulcedo S

Lavorazione artigiana
della pasta di mandorla
Via Galateo - Tel. 0836561114
73013 GALATINA

Donato Cascione: Senza titolo


(scultura in gesso, altezza cm. 35, 1973)

vissuto pittorico per attestare con


luciferina sapienza la nascita, la
crescita e la cessazione dei contenuti nelle forme, delle urgenze
particolari nellindifferenza delle
leggi che universalizzano la visione.
Un aggancio a Jaspers, ma senza dubbio un dcor martoriato dai
miti di plastica che aggrediscono
la mente: e il bisogno di fingere
scene sullo spazio vanificato dal
suo stesso eccessivo ingombro, di
decorare la presenza minacciosa
di unassenza che rischia leterno,
con tutta la paura che la cellula

umana ha di non giungere mai pi


allintelligenza, alla corrosione
dei significati.
Lartista mette in gioco la sua
statura (psichica e fisica) contro
qualsiasi dimensione che la superi:
e vince la partita flettendo i rettilinei, obbligandoli alla finitezza di
circoli irrisolti, che magari si chiudano al di fuori delle tele, se ci siamo noi a dilungarne il percorso fino alla caduta precipizio nel nostro sgomento di guardarli.
Vittorio Pagano
Per la mostra alla Galleria SK, Galatina, 1977

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15

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15
Donato Cascione
Note biografiche

Donato Cascione nacque a Galatina il 21 maggio 1942 ed ivi mor il 20 agosto 1992. Insegn discipline plastiche presso i Licei artistici di Lecce, Benevento e Cerignola.
Le sue opere, dipinti e sculture, sono presenti in collezioni pubbliche e private in Italia e allestero.
Lesperienza artistica di Cascione attraversata da opera neo-dadaiste e neo-surrealiste fino ad una soluzione soggettiva del neo-figurativo.

Principali mostre di Donato Cascione

1967 Collettiva Gruppo Galas Centro Turistico Giovanile - oria (Br)

1970 Collettiva Circolo cittadino - ostuni (Br)


Collettiva Galleria 3a - Lecce
Collettiva Gruppo Galas - Maglie (Le)

1971 Trofeo Citt di Gallipoli - Gallipoli (Le)


Pittori di Puglia e Basilicata Circolo Culturale Expo 9 - Bari

1972 Pittori di Puglia e Basilicata (II ed.) Circolo culturale Expo 9 - Bari
Premio interregionale di pittura e grafica Circolo culturale Expo 9 - Bari
Premio nazionale di pittura e grafica De Giosa Circolo culturale Expo 9 - Bari

1973 Collettiva Galleria Galas - Galatina (Le)

1974 Collettiva Sala Giostra della Quintana - Foligno (Pg)


Collettiva 17 Festival dei Due Mondi - Spoleto (Pg)
Collettiva Galleria delle Rose - Galatina (Le)

1975 Premio nazionale Santa Croce Galleria Il Cenacolo - Firenze


Trofeo nazionale Michelangelo Buonarroti Galleria Il Cenacolo - Firenze
Mostra nazionale di pittura V Trofeo Magna Grecia - Taranto

1976 II Mostra nazionale di Pittura VI Trofeo Magna Grecia - Taranto

1977 Personale Galleria SK - Galatina (Le)

1978 Concorso nazionale di pittura - Galatina (Le)


Personale Centro Studi Lesagono - Lecce

1979 Rassegna natalizia di pittura - Maglie (Le)

1980 Collettiva Galleria Galas - Galatina (Le)

1991 Concorso nazionale di pittura e grafica Giovanni Guareschi - Fontanelle (Pr)

Il lavoro del critico moderno


non consiste solo nel giudicare,
ma nella viva collaborazione per
costruire il momento riflessivo e
teorico della ricerca artistica
Fare dellarte non consiste solo
e semplicemente nel rappresentare
con un certo gusto coloristico, con
equilibrate proporzioni, con giuste
regole prospettiche, con una certa
fantasia un paesaggio o altro, ma
nella verifica ponderata di ci che
stato fatto finora e del ruolo che
lartista ha assunto in seno alla societ attraverso i differenti e molteplici periodi storici che si sono
susseguiti.
Larte cultura viva, non bravura tecnica.
Donato Cascione

Homines sapientes, Artisti, critici,


galleristi, in Il Corriere di Galatina, 10 settembre 1977

1996 Retrospettiva ex Convento dei Domenicani - Galatina (Le)

1999 Retrospettiva a IntinerArte - Galatina (Le)

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 50x60, 1973)

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15
Gli amici di sempre hanno
cos ricordato Donato Cascione
CULORI, culori e vita
(poesia in dialetto di Parabita)

A Tuccio Cascione

Donato Cascione: Residui nel cortile


(acrilico su tela, cm. 50x60, 1973)

A Tuccio

Rombi di guerra
si mischiano
al tuono del temporale
allorizzonte.
Schegge di vetro
impazzite
nel vento della storia
bandiere incalzanti
ondeggianti
si rincorrono nel tempo
campeggiano
una brulicante umanit
carica damore e dodio.
Immagini sulfuree riflesse
in un cristallo scheggiato
dalla luce del sole
formano visioni
scomposte, malate
nei colori umidi ed acquosi
del continuo divenire
dellUniverso.
Visione filmica
fermata sulla tela:
un infinito quotidiano limbo.
Aldo Caprioli

Gennaio 1996

16

Deserti nturtijati te culori


e vita ca scurcuja
su la terra
te farfalle e dde uceddhri
quandu luntanu
u sule
llucisce orizzonti te mmane
mprima.
A vita se ccumensa
su na tela
e passa susu laddhra e laddhra ncora
finch nu chiama forme te cristiani
e finesce e castelli
togne giurnu.
Culori
e mani te jentu
ncarizzati
cu lamore te ci cconsa pansieri e sonni
e ferma intr a metaglie quatrate
sparanze te rucchi e dde cumete.
Nfasciate e scanusciute o canusciute ppena
facci rutunde te gente mpaurata
ma i culori rrapzzene finesce
pe lu crai, pe naddhru crai
pe ogni crai.
Giuseppe Greco
26 gennaio 1996

Donato Cascione: Ascensore bloccato


(acrilico su tela, cm. 60x50, 1973)

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15
Incontro con un parlamentare di altri tempi,
quando la politica era con la P maiuscola

ncontriamo lon. Giacinto


Urso nella sua abitazione a
Lecce il giorno del suo 90
compleanno, il 12 giugno 2015, e
con lui i ricordi vanno anche ad anni lontani nel tempo, quando la politica era con la P maiuscola ed era
praticata, per la stragrande maggioranza, da persone perbene.
Con il nostro ospite affrontiamo
diversi argomenti, ovviamente anche quelli della politica attuale, e
qui di seguito riportiamo fedelmente le sue considerazioni.
- On. Urso, fin da giovanissimo, e
per quasi sessantacinque anni,
lei stato, ed , fra i protagonisti
della storia civile italiana e salentina: come e quando nato il
suo amore per la politica?
Una doverosa premessa. Non
per falsa modestia, devo precisare
che non mi sono mai accorto di essere uno dei protagonisti della storia civile italiana. Ringrazio per il
complimento ma da sempre ho creduto di essere un politico di perife-

Lon. Giacinto Urso,


un politico di razza
q ROSSANO MARRA - ANTONIO MELE
ria a pieno servizio del Salento e
delle sue Comunit, senza, con
questo, trascurare da Parlamentare e da esponente del Governo, gli
interessi nazionali. Passo al mio
amore per la politica. iniziato,
nella mia natia Nociglia, che si affaccia sul Capo di Leuca. Assiduamente frequentavo lAzione Cattolica, locale e diocesana. Ebbi, nel
1944, loccasione di partecipare,
su Otranto, ad un corso di formazione, tenuto dal prof. Aldo Moro e
dal Rettore dellUniversit di Bari,
prof. Del Prete. Ricavai immenso
beneficio, imparai le essenzialit
democratiche, gustai il fascino
della dottrina sociale della Chiesa
e, cos, e si accese in me la seduzione verso la politica.
- Che cosa ha avuto maggiore peso nella sua carriera politica fra
passione, entusiasmo, competenza, impegno civile, onest, lungimiranza o altro?
Soprattutto entusiasmo, passione, desiderio di onesto impegno

civile, voglia di partecipazione e in


particolare, irrefrenabile ansia di
riscatto. In me, stata sempre vivida la rivolta contro lingiusta marginalizzazione del Mezzogiorno e,
in particolare, delle nostre estreme
contrade, da secoli economicamente depresse e quasi abbandonate al loro destino dal potere centrale dello Stato e da tutti i poteri
di varia natura. A ci, si aggiungeva la nostra fatalistica rassegnazione di meridionali, che avevano
bisogno di un risveglio operativo,
tendente a conquistare il bene comune. Su questa linea di azione
mossi i primi passi, aggregando

altre energie per conquistare una


politica dellassieme, il culto delle
Libert risorte e lansia di rivolgere lo sguardo oltre le contingenze.
- Lei giustamente riconosciuto
come un vecchio saggio e
unautentica guida morale che,
col proprio esempio, ha sempre
invitato a perseguire obiettivi di
progresso civile e sociale: come
vede in Italia e nel Salento il
presente e il prossimo futuro?
La mia saggezza, se realmente
posseduta, deriva, in larga parte,
dal dono di Dio, che mi ha concesso di giungere ai 90 anni. Questi
concedono esperienza e accumulo
di osservazione. Credo, per, che
ho tentato, in particolare, la pratica del buon senso, anche se, di sicuro, ho commesso errori e omissioni. Pi lunga la vita e pi si
sbaglia ma, in contempo, molto si
impara. Non tanto da saper rispondere, con sicurezza, alla vostra domanda di come vedo il pre-

17

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15
sente e il prossimo futuro dellItalia e del Salento. Mi limito a qualche cenno. A mio avviso lItalia ha
bisogno, in alto e in basso, di rileggersi la nostra Costituzione repubblicana, di amarla e di applicarla con somma fedelt ai suoi
principi, che sono talmente validi
da dare puntuale risposta a tutti i
problemi del nostro vivere civile.
Ci vale anche per noi salentini,
che, nel chiedere soccorso e attenzione, dobbiamo, per primi, promuovere il nostro destino nel convincimento che non possono essere gli altri a salvarci. Intanto,
preoccupa oltre al confusionismo politico e partitico del momento la crescita dellastensionismo elettorale. Una societ, in
cui il 50% diserta le urne affievolisce di molto la speranza di ravvedimento e di avanzamento.
- Lei recentemente stato confermato, per acclamazione, Presidente dellAssociazione intitolata
ad Antonio Maglio, aletino, storico vicedirettore del Quotidiano
di Lecce, poi direttore del Corriere Canadese a Toronto, prematuramente scomparso: un grande
giornalista e un grande uomo.

Quale ruolo deve avere oggi la


stampa in Italia e nel Salento?
Il ricordo di Antonio Maglio
doveroso e sentito. Fu un valente
giornalista che non solo rispecchi lanima delle genti salentine
e dei loro territori. Tracci, con la
sua bravura e con il suo intuito,
un giornalismo di avanguardia
che non si limitava a far cronaca e
a raccontare il vissuto. Considerava la stampa una appropriata
cattedra per irrobustire virtuosi
stili di vita, per richiamare partecipazione attiva e doverosa antivegenza, abolendo sudditanze,
concedendo rispetto a tutti ma anche alzando la voce con moniti
opportuni contro le tante deviazioni. In pratica, Maglio sapeva
scrutare e declinare la vita vera,
arricchendola con il proprio pensiero senza indulgere a forzature
ed enfasi. augurabile che la
stampa italiana, assediata, oggi,
da altri mezzi informativi, frettolosi e schematici, ritrovi la sua missione fondativa di acculturamento
e rappresenti al lettore i vizi e le
virt del mondo, ricavati non con
il copia e incolla ma selezionati
dalla coscienza e dalla intelligen-

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su cartoncino, cm. 60x75, 1979)

18

za di ogni singolo redattore, che


mai deve scordare che vi anche
una carit della parola e una etica
del pensiero. Le parole scritte, ma
anche quelle orali, possono compiere immenso bene oppure negativit diffuse. A ben pensare, un
giornale una specie di romanzo
della quotidianit. Quindi, pretende bella scrittura, descrizione attenta e concessione di intimo beneficio a chi legge, bombardato
da mille messaggi, spesso strampalati.
- Da buon maestro, qual il suo
principale consiglio per i giovani
di oggi?
Da vecchio, con 65 anni di
esperienza pubblica, auguro ai
giovani di essere davvero pieni di
giovinezza, di inventiva e di responsabilizzazione personalizzata, ben disposti ad aprirsi al futuro e partecipi del presente, sempre
desiderosi di porsi sulle spalle degli anziani non per comodit ma
per poter vedere meglio oltre il filo dellorizzonte. La coesione tra
generazioni una splendida conquista per fondere meglio entusiasmo ed esperienza. Al momento
tale intendimento virtuoso incontra notevoli ostacoli. Disagi esistenziali, impazienze diffuse, spesso pessimismo, mondi frantumati e
resistenze presuntuose da parte
dei meno giovani. Pesa pure lattuale indirizzo sociale che agevola
i protetti a scapito di chi pi debole. Un fondamentale avvertimento va rivolto ai giovani: si ricordino che le intemperie del momento infliggono a loro delle assurdit. Per esempio, vengono
considerati gi vecchi i giovani di
ventisette-ventotto anni. Un segno
amaro che, volenti o nolenti, rende il tempo uno spietato nemico
dei giovani.
- Qual il segreto della sua sempreverde attivit e partecipazione?
Potrei cavarmela col dire che
ho una ricetta che non voglio svelare. Non cos. Il dono della lunga vita mi viene da Dio, e basta. In
vero sono molti a dire che io porto bene i miei novantanni. In realt, sono loro, cio gli anni, che
spesso non mi portano bene e procurano un variegato contorno di
acciacchi e anche un naturale affaticamento, a cui non mi rassegno. A denti stretti, soprattutto dopo la scomparsa della mia adorata Rosaria, immenso dono perduto, tiro alla meglio non lesinando
attivit, partecipazione e osservazione. tempo, per, di tirare i remi in barca. Lo vuole lavvedutezza e, diciamo, la decenza, che non

pu ammettere eroismi senili.


Scendere da cavallo, quando si
bene in sella stata per me una
tendenza duramente perseguita.
In sintesi, quello che posso dire
con sicurezza questo: avverto in
me una sempreverde passione civile e un piacere immenso di mantenermi ancora curioso.
- Lei ha conseguito la licenza liceale a Galatina. Ci racconti la
sua esperienza scolastica e poi
qual stato il suo rapporto con
la citt nella quale per tanti anni si confrontato, nella Democrazia Cristiana, con Beniamino
De Maria? E qual stato il suo
rapporto con Zeffirino Rizzelli,
una figura alla quale in tanti a
Galatina fanno ancora riferimento non solo in politica, ma
anche nella scuola e nel sociale?
Nel liceo Colonna di Galatina, dove, tempio del sapere, insegnava anche mio fratello Antonio,
ho avuto la fortuna di avere illustri
Maestri. A cominciare dal Preside,
prof. Duma, severo e ricco di bonomia. Cos, i proff. Contaldo, Cesari, Bodini, Bruno, Cerbino, DElia, Distante, Viola e altri che mi
hanno reso adulto, pensoso, offrendomi formazione a piene mani,
oltre il contesto scolastico. In particolare, il mio docente di scienze
naturali, il dotto prof. Beniamino
De Maria, Padre Costituente della
Repubblica, che, in seguito, rincontrai a Montecitorio. Un collega, che si manteneva Maestro e
che io, da Deputato, mai, sul piano
delle preferenze elettorali disturbai nella sua Galatina, un po anche mia, avendo mantenuto stretti
legami con i suoi uomini migliori
di vario colore politico. Particolare affetto ebbi e riservai a Zeffirino
Rizzelli, un asceta della politica,
della cultura e della socialit, cristiano devoto e tollerante. stato
tanto ma poteva essere di pi se la
sua innata umilt fosse stata meno
severa. Colgo loccasione per inviare un deferente, grato saluto alla Citt di Galatina, che pu ritrovare futuro valorizzando anche il
suo passato, inesauribile scrigno
di novit.
Salutiamo lon. Giacinto Urso,
persona gradevole e dai modi particolarmente dolci, dandoci appuntamento per il prossimo compleanno, e ci congediamo da lui
con la consapevolezza di aver incontrato un uomo che tanto onestamente si speso per il Salento e
che, grazie alla sua inesauribile
tempra, tanto ancora pu dare alle
nostre genti.
Rossano Marra
Antonio Mele

20
15
o

ggi che la nostra Universit del Salento ha compiuto sessantanni di vita, ricordare Aldo Vallone significa per
me anche aprire una pagina mai
scritta di quel primo Anno Accademico 1955-56 quando la denominazione era Libera Universit di Lecce,
appena nata con la sola Facolt di
Magistero.
Alla cattedra di Letteratura italiana era stato invitato il prof. Mario
Sansone, docente nellAteneo di Bari, dove con lui relatore mero laureato a luglio 46.
Nel corso degli anni successivi la
frequentazione del prof. Sansone da
parte mia aveva fatto nascere e consolidare una bella amicizia, naturalmente nel rispettoso rapporto da discepolo a Maestro. Fu cos che Sansone, tramite lamico Michele Tondo, mi comunic che mi avrebbe
gradito quale suo assistente a Lecce.
Io, gi titolare dItaliano e Latino
al Liceo Scientifico Cosimo De
Giorgi, giovane e pieno di progetti,
accettai molto volentieri la proposta.
Purtroppo la nota ostilit dellUniversit barese verso la neonata salentina imped a Sansone di accettare lincarico. Questo fu assunto allora dal galatinese Aldo Vallone, ben
conosciuto particolarmente per i suoi
studi danteschi e docente in un Liceo
Scientifico a Roma. Di conseguenza
parve sfumare il mio assistentato,
sennonch Sansone volle benevolmente segnalare a Vallone il mio nominativo. Quantunque di persona
non ci conoscessimo affatto, Aldo
accett di buon grado il mio nome.
Fece presente che egli aveva gi coinvolto il suo amico prof. Ennio Bonea, comunque si poteva lavorare
benissimo in tre.
Ricordo con qualche nostalgia
quel pomeriggio in cui Bonea ed io,
nellatrio delledificio ex GIL, stavamo in attesa di Aldo, io un po ansioso per la nuova conoscenza. Quando
egli arriv con la grossa borsa e il
sorriso cordialissimo mi mise subito
a mio agio non permettendomi di
dargli del lei. In un colloquio amichevole ci dividemmo i compiti e
cominci il nostro lavoro insieme.
Egli teneva un corso su Dante,
che seguivamo anche noi assistenti.
In caso di eventuale assenza di Aldo,
avremmo dovuto sostituirlo. Infatti
ebbi loccasione di tenere una lettura
del canto VII dellInferno. Aldo stesso sincaric di farmela pubblicare a

Ricordando Aldo Vallone


q GIOVANNI BERNARDINI
Roma sulla rivista Dialoghi, che usc
nel 57.
Di solito per le mie lezioni settimanali riguardavano la storia della
critica letteraria.
In quel periodo il carissimo amico
monteronese Alfredo Congedo, prematuramente scomparso, mi raccont dessere stato compagno di studi
di Vallone allUniversit di Torino e
davere assistito alla sua laurea. Era
linfausto 1940, in cui Mussolini de-

ceo classico Giuseppe Palmieri,


con insegnamento dItaliano e Latino pi impegnativo. Fin dal 55 ero
entrato nella Redazione della rivista
Il Campo; nello stesso tempo avevo
maturato lidea di dedicarmi, piuttosto che alla critica letteraria, alla produzione creativa (poesia e narrativa)
e al giornalismo con speciale interesse ai problemi sociali. Non era mancato inoltre qualche sgarbo nei miei
riguardi da parte dellAmministra-

Conferenza del prof. Antonino Pagliaro. Da sinistra il prof. Jannuzzi,


allepoca Presidente della Dante Alighieri di Lecce,
il prof. Vallone e, dietro, il prof. Bernardini a prendere appunti

cise lingresso in guerra accanto alla


Germania nazista. Alla discussione
della tesi bisognava andare in camicia nera. Aldo non laveva, sicch
dovette prestargliela Alfredo. Relatore il prof. Francesco Pastonchi, noto anche come discreto poeta.
Aldo presentava una tesi assai voluminosa accompagnata da bibliografia non meno voluminosa. Pastonchi allora sollev i due grossi testi ciascuno su una mano a mo di bilancia a sottolineare il ponderoso lavoro. Era probabilmente il primo riconosciuto segnale della straordinaria capacit lavorativa di Vallone.
Sotto la sua guida fu un anno molto laborioso, bench gli studenti fossero ancora relativamente pochi. La
preoccupazione di Aldo era dincrementare lo sviluppo della Libera
Universit nella prospettiva di un auspicato riconoscimento statale. In
questo senso stimolava pure Bonea e
me. Ricordo che le due sessioni di
esami, estiva e autunnale, si protraevano intensamente fino a tarda sera.
Alla conclusione dellAnno Accademico per lasciai il posto al solo
Bonea, che prosegu nella carriera
universitaria. Su mia richiesta, mi
ero trasferito dal De Giorgi al Li-

zione universitaria. Ma la cosa rimase in secondo piano, non ne feci cenno a Vallone, informandolo dei primi
reali motivi del mio abbandono. Se
ne mostr dispiaciuto e forse non del
tutto convinto.
Anni dopo, venuto al Palmieri
in qualit di Preside, sembr per breve tempo mostrarsi un po freddo
con me. Presto ci chiarimmo e la nostra cordiale amicizia ne usc intatta.
Naturalmente non fu il solito Preside burocrate, bens il Capo dIstituto aperto a molteplici iniziative culturali. Fra laltro, presso il Circolo
Cittadino di Lecce, furono organizzate conferenze di Antonino Pagliaro
(febbraio 59), di Mario Marcazzan
(marzo 59), di M. Sansone (aprile
59). A me Aldo affid lincarico di
redigere i relativi articoli da inviare
alla stampa.
Il suo equilibrio e lungimiranza
apparvero assai evidenti in un caso
singolare, di cui ho scritto altrove
senza fare il suo nome. Esistevano
allora gli esami dammissione dal
Ginnasio al Liceo. Una candidata,
certo bizzarra ma intelligente, aveva
scritto sia a giugno sia a settembre
belle pagine di prosa, che per ignoravano le tracce proposte. Agli orali,

invitata a commentare testi poetici,


aveva sostenuto, a lettura fatta, che la
poesia non si commenta. La Commissione pertanto era orientata verso
la bocciatura. Aldo si oppose argomentando che senza dubbio la ragazza sapeva scrivere e si mostrava sensibile alla poesia. Come si poteva respingerla se venivano promossi candidati addirittura molto mediocri?
Quella ragazza infatti, dopo fugace frequenza della 1 liceale, se ne
and a Roma ad apprendere il mestiere di giornalista presso un quotidiano e scrisse un romanzo piaciuto
a Moravia.
Quando Vallone pass titolare allUniversit di Bari, quindi a quella
di Napoli, i nostri incontri si diradarono, ma non cessarono. A Monteroni, dove dal 72 mi ero trasferito con
la famiglia nella ricostruita casa paterna, era stato bandito un piccolo
premio letterario finanziato dai familiari di un medico scomparso del
quale sintendeva celebrare la memoria. In un mio intervento orale e a
stampa sostenni che il premio non
doveva restare un fiore nel deserto,
ma andava inserito in un adeguato
contesto culturale. La mia proposta
fu accolta ed io stesso mimpegnai a
far venire alcuni illustri docenti che
tennero le loro conversazioni nel bel
salone del Palazzo ducale. Non potevano mancare Donato Valli, Mario
Sansone, Aldo Vallone, i quali trattarono argomenti relativi alla letteratura contemporanea. Era lanno 1978.
In seguito, recatomi a trovare Aldo a Galatina, visitai la sua ricchissima biblioteca. Qui ebbi la fortuna
dincontrare e conoscere Luigi Scorrano, personaggio molto riservato,
studioso e critico validissimo, infaticabile collaboratore di Aldo nella
prestigiosa edizione della Divina
Commedia pubblicata fra il 1985 e
l87 a Napoli da Ferraro.
Altri incontri con Vallone ci furono in occasione di Premi letterari
nella nostra provincia. Egli era sempre il Presidente della Giuria, come a
Parabita, dove ci scambiammo il solito caloroso saluto.
Purtroppo fu lultimo.

19

20
15
Li cuai de la pignata

na volta, ma tanti, tanti


anni fa, se scia alla
Scorta per i bagni di
mare, o facendo lautostop, o con
la bicicletta, o cu llu scerabb, o
cu lla Topolino (pochi fortunati)
e, qualche tempo dopo, con lavvento del progresso, anche cu lla
curriera de lu Cavalera.
E se scia sulu alla Scorta (anche se la spiaggia era, ed , comu
na conca), perch pi vicina e
pi a portata di mano, almeno per
noi.
Ci si consolava per cu lu
Caddhruzzu e lu Purpetta, dai
quali potevi permetterti anche
qualche tuffo con inevitabile panzata.
Ma, soprattutto, cerano tante
beddhre fije e caruseddhrre sparpajate un po dovunque e, in particolare, fra le Cozze e le Quatthru Culonne.
Molto pi di rado se scia puru
a lla Muntagna Spaccata e a lle
Cunchije, ma quasi mai a Gallipoli, anche se questa offriva spiagge
pi accoglienti, come le Fontanel-

20

In posizione
di comando
q LA CUCCHIARA

le, le Pentite e la Purit, la pi attrezzata di tutte con i camberini


sulle palafitte e con le botole
aperte sulle scalette di legno, attraverso le quali si scendeva direttamente in acqua.
Cera anche il Lido che, allora,
potevano permetterselo solo pochi Vip, che non disdegnavano di
accompagnarsi con qualche signorinella pallida squattrinata,
ma vistosa e accomodante.
Era, comunque, proibito a chi
aveva solo gli slip elasticizzati
con colori elettrici e cangianti e le
carzunette proletarie, comprate
sulle bancareddhre del gioved.
oggi i tempi sono cambiati, come sono cambiate le opportunit e
i metodi per farsi una vacanza al
mare: si pu assumere in locazione un appartamento, o dimorare in
albergo, o farsi ospitare da parenti, o fare su e gi con la propria
auto.
A volte, la si pu fare puru a
sgrasciu.
Farla per, lavorando in posizione di comando, sembra fran-

camente difficile, se non impossibile.


Ma non alla Scorta, comunque.
Per farsi mandare direttamente
a Gallipoli, bisogna nascere con la
camicia e con le mostrine, o
meglio con tutta la buffetteria di
comando.
Se poi si Dirigente del Comune di Galatina, per un terzo
Comandante, per un terzo Suap,
e per il rimanente Protezione Civile, allora pu diventare pi facile.
Noi non siamo invidiosi che si
riesca ad andare al mare, per lavorare e forse anche (servizio permettendo) pe nna sciacquata, col
rischio puru de sbelisciare fra tanto ben di Dio de beddhre fije e caruse sbarazzine, che in estate convergono su Gallipoli da ogni dove.
Siamo invece semplicemente
preoccupati, come cittadini e soprattutto come contribuenti!
Come fa una Amministrazione
comunale ad autorizzare un suo
Dirigente a svolgere servizio

part-time (anche se per due mesi),


proprio a ridosso di un periodo di
maggiore fervore istituzionale
(Estate Galatinese, flussi turistici) e di maggiori emergenze organizzative e di servizio, come le ferie ai vigili e al personale amministrativo della struttura?
E, se si considera che nel Corpo sono rimasti in servizio appena
quatthru musci, allora i conti, forse, non tornano.
Ma, se si riesce a farli quadrare
(per bene), allora evviva il Sindaco, la Giunta e il Dirigente.
Se no, spiegatelo Voi alla Citt,
dal momento che nella Delibera,
la n 182 del 29 maggio scorso, di
dubbia legittimit per carenza di
motivazione (non vi indicata la
garanzia che nessun danno, in termini di disservizio, possa derivare
al Comune di Galatina), non vi
traccia alcuna, a parte lindicazione de lu sparagnu del 50% dello stipendio.
E questa volta bisogna essere
convincenti!
Chiss perch.

20
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Viaggio nella letteratura popolare salentina
tra sensi, nonsensi e doppi-sensi

Ci la porta curta e rizza...

q ANTONIO MELE MELANTON

ueste non sono bagatelle, amici Lettori! Hanno certamente il


sapore dello scherzo, della burla, del gioco; possono anche
apparire facezie o stregonerie impertinenti e talora scostumate; tengono in s, di frequente, la malizia di stampo il pi popolaresco e aggressivo, libero e senza freni; non si curano, almeno in apparenza, di auliche elevatezze e di voli pindarici, e spesso sono anzi, e di
buon grado, proprio terra-terra.
Attestazioni per lo pi povere e scarne. Giocose sempre, nella loro apparente irriverenza. E volutamente semplici o semplicistiche, proprio per
essere agevolmente riprese dal popolino pi umile e incolto, particolarmente dai molti che, in un tempo non tanto lontano, erano davvero di poche parole, totalmente digiuni di un linguaggio appena ordinario, e men
che meno di fraseologie eleganti e forbite.
Simili invenzioni (che avevano anche una sottaciuta funzione di ri-

valsa o riscatto, radunando in s varie congerie di aspirazioni e desideri inappagati) si manifestavano quindi, soprattutto nella tradizione contadina, con modalit espressive assolutamente spontanee, riuscendo tuttavia, nel loro dispiegarsi secco e lapidario, a toccare frequentemente
vertici letterari insospettabili, oltre che trovate di elevato ingegno: un
aspetto creativo radicalmente puro, che d infine, soprattutto agli astuti
indovinelli, una qualifica di preziosit assoluta.
per lappunto un piccolo viaggio curioso, questo, al quale vi invitiamo con gioia: uno sconfinamento nellarte del pensiero anche libero
e libertino, della creativit immaginifica, della fantasia e giocheria di
parole e didee Che erano abituali nelle corti e nei borghi di mille anni fa, ma anche di duemila e tremila, e perfino ai tempi degli Egizi o degli Assiri-Babilonesi, per giungere poi di ritorno fino alla nostra stessa
civilt contadina, alle nostre case e famiglie di ieri o dellaltro ieri,
quando la sera ci si riuniva per ascoltare cunti, storie, e facezie di
paese.
Parole, in definitiva, che erano anche sentimenti, meraviglie e magie:
specchio fatato della piccola quanto sconfinata mente delluomo.

Doverosa premessa a onor di Napoli

Pur mantenendo forte e vivida una propria inconfondibile specificit,


con storiche e salde radici, evidente che una certa parte della nostra letteratura popolare salentina, quanto meno dal Seicento in poi, abbia inevitabilmente risentito dellinfluenza di altre correnti meridionali, e soprattutto di quella ricchissima e variegata produzione, alimentata a getto
continuo nella ricca ed esuberante citt di Napoli, per secoli fra le Capitali pi importanti dEuropa, frequentata anche da non pochi intellettuali dellantica Provincia di Terra dotranto.
Molto, allombra del Vesuvio, si perduto, negli ultimi decenni, dello
smalto e del carisma di un tempo (sempre pi arduo, infatti, si dimostra
il rinnovamento del teatro, della letteratura, e perfino della canzone napoletana, capisaldi fino a ieri di un universo straordinario e stupefacente), e tuttavia restano ancora, in questa vecchia nobile Regina del Sud, alcune luminose scintille, come quella del suo ultimo innamorato cantore,
che , ancora e sempre, il mio antico amico Luciano De Crescenzo.
In Cos parl Bellavista (suo primo franco successo divenuto anche un
film), lingegnere-scrittore riporta alcuni aneddoti di vita vissuta, rivelatori di una certa filosofia del vivere tipicamente partenopea. Destate
racconta De Crescenzo, non senza una complice ammirazione , il mio
elettrauto Tonino, a una certora chiude lofficina e mette questo cartello: Avendo Tonino guadagnato quanto basta, andato al mare.
Chest! Questa la saggezza di una certa intramontabile Napoli.
E a proposito di cartelli o avvisi, basterebbe fare una lunga e istruttiva passeggiata nei vicoli della citt vecchia per incrociare altre coserelle del genere, particolarmente tipiche e fuori dellordinario
Accanto a un citofono, si legge: Per suonare, premere. Se non risponde nessuno, ripremere!. Su un muro (testuale): Lorgoglio non serve. A seguire (con altra mano): Ma lapostrofo s!. Sulla vetrina di un

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autosalone dellusato: Qui, a buon prezzo, ampia scelta di auto incidentate, ma non rubate.
Altro annuncio affisso sulla saracinesca di un
locale con retro-bottega: Si vende solo il davanti. Il didietro serve a mio marito. Ancora
unofferta immobiliare: Affittasi camera.
Chiedere alla signora di sotto: la fa vedere a
tutti. E infine: Da donna Rosaria: tacchini e
polli A richiesta si aprono le cosce.

Lincontenibile tentazione
del doppio-senso

Siamo cos giunti al doppio-senso. Allambiguit. Allallusione. Al significato ingannevole


e malizioso. A volte casuale. Pi spesso creato
ad arte e per diletto.
Dallalba della civilt, la letteratura popolare
ha sempre giocato con le parole in modo ingegnoso.
Specialmente quando essa cede alla pruriginosa tentazione di indirizzare il giusto senso e il

significato reale verso un altro concetto immaginifico, pi astuto ed eccitante, solitamente a


carattere sensuale, per un istintivo brivido dellos, del proibito, del sottinteso provocatorio,
demitizzando per un momento, attraverso la
metafora, i propri resistenti turbamenti e le conseguenti pudibonde riservatezze.
Una tentazione alla quale nessun autore sa
quasi mai resistere, neanche i pi grandi. E basterebbe, per tutti, salutare qui il toscanaccio
Giovanni Boccaccio, fra i Padri della nostra letteratura nazionale che, di belle, ne ha scritte
proprio a iosa nel suo Decamerone
Sar quindi in questo piccolo mondo alludente e allusivo che proveremo ad avventurarci: tra filastrocche, modi di dire, scioglilingua e indovinelli (fondamentale e benemerita,
fra questi ultimi, la piccola ma non piccola raccolta a cura di Nicola G. De Donno edita da
Congedo nel 1990), che un tempo costituivano
in quasi tutte le famiglie, loccasione pi gioviale di conversazione e dincontro. Ne scopriremo di molto belli!
Auguri di sorridente lettura e di una lunga felicissima estate.
(Roma, maggio 2015)

Filastrocche. Scioglilingua.
Cantilene

Inizio da qui per levarmi subito lo sfizio di


recitare per mio conto una delle tremende filastrocchine che fin dalladolescenza continuano
a tormentarmi, facendomi regolarmente tartagliare (con evidenti esiti grotteschi) nella sua
corretta recitazione. Quando qualcuno fra i miei
compagni mi sfidava a gareggiare con lui, io
accettavo sempre, bench riluttante, e alla fine
le risate si sprecavano, perch nella foga della
recitazione della filastrocca che leggeremo pi
avanti, era facile confondere parole e assonanze. Provatevi anche voi
Il testo del famigerato scioglilingua che
ricordo nella sua formulazione in dialetto galatino (in alcune zone del Salento lho sentito ri-

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proporre con qualche variante: per esempio meloni al posto di bottoni)
il seguente, e va recitato inizialmente piano piano, poi via via pi sveltamente, fino allinevitabile inciampo:
Fusci fuscendu, buttuni cujendu.
Fusci fusciuni cujendu buttuni.a

Strabiliante, nella sua ingegnosit lessicale, questaltra filastrocca


poco nota quanto meno a me, che lho scoperta solo recentemente ,
originaria della zona verso il Capo di Leuca, dove si scherza abilmente
con un doppio-senso esclusivamente dialettale, non trasferibile in lingua
con il medesimo effetto:
Nchianu susu cu llu culu.
Scinnu sutta cu llu cazzu.

Infatti, allorch la traduciamo in italiano, lapparente e irriverente spudoratezza dellespressione si dissolve subito, rivelando un suo normale
senso per nulla osceno. Ecco, infatti, palesato il mistero: Nchianu susu cu
llu culu = Salgo sopra per colarlo. Scinnu sutta cu llu cazzu = Scendo sotto per schiacciarlo.
Semplice e innocente quanto insolito e geniale!
Altrettanto bella, e quasi musicale, nel suo colorito vernacolo (ancora
de sotta a lu Capu), mi sembra la filastrocca seguente, sempre con doppi-sensi, ma in questo caso di tono decisamente ironico, burlesco, e direi
anche un po perfido (che potrebbe fare il paio col noto detto Se vene
quarchedunu e tuzza, dinne ca sta mangiamu cucuzza!b), col chiaro fine di evitare ospiti indesiderati alla propria mensa:
Caru cumpare mu, vula te nvitu,
nnuci lu pane, ca fattu no laggiu,
nnuci lu mieru, ca lu meu citu,
nnuci lu casu, ci vi lu cumpanaggiu,
nnuci la carne, ca mintu lu spiedu:
tie la cucini, e ieu me ssettu e manciu.c

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Proverbi e modi di dire

Apriamo questo capitoletto con uno dei proverbi salentini pi noti e


utilizzati, che vuole beffeggiare sia chi si lamenta sempre di qualcosa che
non va (pur non essendone direttamente responsabile), sia anche e soprattutto le ordinarie quanto arbitrarie interferenze dei ficcanaso di professione, pronti nel voler dire la propria opinione sempre e comunque,
dando spesso, e a sproposito, giudizi non richiesti. Unindebita invasione di campo, che il popolo rimprovera da par suo con questa folgorante
battuta:
La caddhina face lovu,
e a lu caddhu li uschia lu culu!d

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E a proposito del fondo schiena, che metaforicamente anche sinonimo di fortuna, ecco un proverbio abbastanza esplicito, raccolto nella
Greca Salentina:
Ci tene culu, trova pultrona.

Infine, il modo di dire seguente la dice lunga su come si possano interpretare le cose, a seconda che i protagonisti di eventi anche minimi
siano di ceto elevato o molto umile
Cos va, da sempre, il mondo:
Se cade larciprvate discrazzia.
Se cade lu sacristanu v mbriacu!e

Il linguaggio figurato contadino

Prima degli attesi e imperdibili indovinelli, che concluderanno questo


nostro incontro, non mi sento di tralasciare una pur brevissima escursione nel Salento tarantino sempre nostra Terra dotranto ! , spigolando propriamente nel linguaggio figurato, e spesso assai curioso, che un
tempo era diffuso nellambito agricolo.
Loccasione me la offre un bel libro depoca (edito nel 1979 dallAmministrazione comunale di Taranto e dal Circolo Italsider, per illustrare
alcune masserie gravitanti intorno alla Citt dei Due Mari, con contributi, fra gli altri, di Riccardo Mola e Edmondo Perrone), donatomi recentemente dal cortese e generoso amico Antonio Masciullo.
Dalla fraseologia inserita in appendice attingo queste espressioni davvero singolari:
Minz cava-dd (mezzo cavallo):

ironico appellativo per indicare un cavallo di media o bassa statura.


No l d rcchj (non d orecchio):

non presta attenzione; fa finta di non sentire.


E infine questa quasi poetica similitudine, usata per giustificare una
piccola quanto inevitabile manchevolezza:
Com quann mang
e ti scappn i muddcul

come succede quando mangi e ti scappano le molliche, le briciole di


pane.

Tredici maliziosi indovinelli

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 70x100, 1974)

Siamo cos giunti alla parte conclusiva, e forsanche pi dilettevole, di


questo nostro viaggio tra non-sensi e doppi-sensi.
ho qui scelto tredici indovinelli salentini di tutte le epoche, e di tutte
le zone e dialetti di Terra dotranto. Alcuni sono abbastanza noti, altri
meno. Divertitevi comunque a scoprire larcano che si cela abilmente
in ognuno di essi, e confrontate solo alla fine (senza sbirciare) lesattezza delle vostre soluzioni.
Comincer proprio con lindovinello che d il titolo a questa piccola
antologia. Esso recita esattamente: 1. Ci la porta curta e rizza; se la stira, la ncarizza; se la llscia rreputata, cu llunghisce ncannulata (Chi
la porta corta e riccia; se la stira, laccarezza; se lalliscia continuamente, perch cresca a boccoli). Di che cosa parliamo?
Proseguiamo con questaltro: 2. Bbonsignore lu porta crossu: susu a
la pelle, carne e ossu, e pe comu caru lu tene, tutta la notte a manu lu
tene. (Monsignore lo porta grosso, sopra la pelle, carne e osso, e siccome gli caro, tutta la notte a mano lo tiene)
Non fate cattivi pensieri, e concentratevi su questaltro, che facilissimo: 3. Pilu sotta pilu susu, a mmienzu stae lu cuntentusu. (Pelo sotto, pelo sopra, in mezzo c il contentoso, cio il vispo, il vivace). Lo
sappiamo tutti che
Questo lo trovo davvero ben congegnato: 4. De nanzi se ncurtisce; e de
retu se llunghisce (Davanti si accorcia; e dietro si allunga). Facile, no?

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Vediamo se riuscite a indovinare i prossimi due, ripresi
dalla tradizione gallipolina: 5. Tdici frati, girannu girannu, unu cu laddhu a nculu se vannu (Dodici frati, girando girando, uno con laltro nel sedere sivanno). 6.
Quantu cchi crossu lomu lu porta, tantu de cchiui a la
fmmena nde piace (Quanto pi grosso luomo ce lha,
tanto pi fa piacere alla donna).
A proposito delle nostre amatissime signorine e signore
verso le quali la letteratura popolare sempre stata piuttosto maliziosa , indoviniamo questo: 7. Quale ede ddhu
stozzu de carne ca face fare cchi peccati a le fmmane?
(Qual quel pezzo di carne che fa fare pi peccati alle donne?). ovvio: la
Ancora sul gentil sesso: 8. A le zzite primarole / li lu
menti ca li dole, / ma dopu ca li lai misu / se sentanu a
mparadisu (Alle spose novelle glielo metti che gli duole,
ma dopo che glielo hai messo, si sentono in paradiso). E lo
credo bene: un
Quello che segue da me proposto nella versione che si
raccontava in casa nostra ha, per esigenze di rima, molte
varianti sul protagonista (che a volte il duca di Scorrano,
in altre il conte di Leverano, il marchese di Casarano, e cos via): 9. Lu duttore de Cutrufianu tutte le notti la tene a
manu; se la tene tisa tisa cu nu sse unga la camisa (Il dottore di Cutrofiano tutte le notti la tiene in mano; se la tiene tesa tesa, per
non ungersi la camicia).
Che cos?

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Anche il prossimo ha diverse proposizioni. Questa mi sembra, letterariamente, la pi armoniosa fra tutte: 10. Luengu luengu su ieu
quantu nu parmu, a manu de le fmmene me nne egnu, jeu egnu pe
li mari nnavecandu, jeu trasu ssuttu e lacremandu egnu (Lungo lun-

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go sono io quanto un palmo, cresco per mano delle donne, vengo navigando nellacqua, vi entro asciutto ed esco lacrimando). Indovinato?
Ancora uno, davvero molto ben costruito: 11. Nuru lu porta lu tata, russu de focu lu face ddiventare la mamma. (Da ammirare lingegnosit della metafora, come risulter meglio a soluzione avvenuta).
Avviandoci alla conclusione, ho scelto un indovinello, che il vernacolo salentino permette di impostare quasi a ritmo di danza Eccolo:
12. Ohi, cce doja! Ohi, cce doja!, / quandu martuma se spoja: / cce
gg longa, quannu la stenne! / Poi la rrtula, e se rrenne Indovi-

Donato Cascione: Superato il limite di rottura


(acrilico su tela, cm. 60x50, 1973)

nato anche questo?


Molto bene!
Ed eccoci in chiusura. In carattere con questa singolare passeggiata nelle nostre belle tradizioni, Vi saluto con unultima espressione metaforica, che appare molto irriverente, ma che , al contrario, di pura e
assoluta cortesia (provare per credere...): 13. A nculu te la mintu, e
crzzie mai de dire! (Al sedere te la metto, e mi devi ringraziare!).

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Note/Traduzioni

a. Corri correndo bottoni cogliendo / corri corroni cogliendo bottoni. b.


Se viene qualcuno e bussa / d che stiamo mangiando zucchina. c. Caro
compare mio, vorrei invitarti / porta il pane ch non lho fatto / porta il
vino, ch il mio aceto / porta il formaggio se vuoi companatico / porta
la carne ch metto lo spiedo: / tu la cucini, ch io mi siedo e mangio. d.
Se cade larciprete disgrazia / se cade il sagrestano ubriaco. e. La
gallina fa luovo / e al gallo gli si irrita il sedere.
Soluzione degli indovinelli

Cos come io ringrazio voi per la vostra benevola attenzione. Alla


prossima.
Antonio Mele Melanton
Roma, maggio 2015

1. La barba. 2. Lanello benedetto. 3. Locchio fra le ciglia. 4. La strada


che si percorre. 5. I dodici mesi dellanno. 6. Il portafogli. 7. La lingua.
8. Lanello nuziale. 9. La candela. 10. Il maccherone nella pentola. 11.
Il carbone. 12. La cinghia dei pantaloni. 13. La sedia.

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 70x85, 1975)

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Asterischi e pensieri
in libert ***

Una croce sul pallone

e persone giovani non hanno nella loro memoria


limmagine di un gesto abituale quando la produzione industriale non aveva ancora conquistato
tutti gli spazi delle attivit umane. Il
gesto quello di incidere, con la
punta di un coltello, un segno di croce sulla forma di pane pronta per essere consegnata alla cottura. Quel
gesto era cos naturale che nessuno
se ne sarebbe sorpreso come di una
stravaganza. Un gesto che apparteneva alla vita quotidiana e nasceva
dal sentimento del sacro rispecchiato in tutte le occasioni dellesistenza.
Un gesto sacro! Perduto, come tanti
altri, sotto la spinta livellatrice di una

civilt dellin distinzione, la cui


caratteristica pi forte (si fa per dire) consiste in una sorta di dissacrazione concordata. Si dissacra come
relitto inservibile il senso dell essere famiglia: ciascuno rivendica la
propria libert interpretandola come
svincolata totalmente da norme di
qualsiasi genere; si dissacra ogni forma di spiritualit come residuo di
una cultura che da molto tempo non
parla pi alla mente o al cuore di
nessuno. Sono solo due esempi della
visibilit del fenomeno, ai quali se

q LUIGI SCORRANO
ne possono aggiungere altri.
Quel gesto sacro dunque perduto per sempre, cancellato dalla nostra giornata, scomparso dalla memoria, risucchiato dentro il buco nero nel quale tutto inesorabilmente
sembra dover finire? Guardiamoci
intorno, vediamo se quel gesto sopravvive, e in qual modo, da qualche
altra parte.
Sorpresa! Chi mai lo avrebbe pensato? Siamo allo stadio in una qualunque giornata di campionato; oppure seguiamo alla televisione delle
partite importanti. A un tratto vediamo risorgere quel gesto, compiuto
ora con smaccata evidenza ora quasi
furtivamente da uno o pi giocatori.
Chi poi vuol mettersi in evidenza
non si accontenta di quel gesto, ma

qualcosa dellantico significato resta


nel segno di croce scaramantico ripetuto da vari atleti in momenti diversi
dellazione. Tracciandolo sulla propria persona o sulloggetto disputato,
sul pallone; chi lo compie riconosce
che le sue capacit, pur incontestabili, hanno bisogno di un aiuto, di un
intervento che al di l dei semplici
mezzi umani. Se si osserva con attenzione si pu registrare un altro
fatto: il gesto sacro solo per cos
dire in situazione di andata: sempre una richiesta di aiuto, mai un segno di ringraziamento.
Non importa sottilizzare su un
comportamento che diremmo istintivo quanto, invece, riconoscere, in
quel gesto, il residuo, positivo per
quanto fragile, forse di un lontano

Donato Cascione: Maternit (trittico)


(acrilico su tela, ciascuna tela cm. 70x90, 1980)

tende ad amplificarne la portata inginocchiandosi sul terreno di gioco,


congiungendo le mani nellatto dellorante, indicando insistentemente
con lindice teso il cielo sulla sua testa: quel cielo apparentemente cos
lontano e che il gesto sembra congiungere alla terra. Che sia risorto in
tanti giocatori un senso del sacro che
le tifoserie urlanti sugli spalti sembrano del tutto ignorare? Vorremmo
crederci, ma ci riesce difficile. Il gesto ha pi laria duno scongiuro che
duna religiosa invocazione. Eppure

insegnamento familiare, o la consapevolezza di un bisogno, di un aiuto


fiduciosamente ritenuto operante.
Una croce sul pallone. Pu essere
un segno di profonda adesione, pu
essere lesito di un riflesso condizionato: ma c. E se ogni segno portatore di una verit profonda, quel
segno significativo ci induce a riflettere, a ripensare allimportanza che
attribuiamo anche a quello che ci
sembra un banale tic, un guscio
svuotato della sua vera sostanza. Il
resto gioco.

Un pensiero per la giornata

A volte le preoccupazioni, o solo


le occupazioni quotidiane, ci fanno
desiderare uno stato di provvisoria
assenza : un tuffo in unatmosfera
senza luce n buio, unatmosfera dalla quale sia stato possibile cancellare
ci che la costituisce. Al suo posto il
silenzio: un silenzio, che non ci spaventa ma che ci accarezza col suo
aspetto di un nido di quiete dentro il
quale rifugiare ansie ed angosce o,
pi blandamente, preoccupazioni e
(affliggenti a volte!) occupazioni
quotidiane.
Uno spazio, un tempo non occupato da nulla. Uno spazio e un tempo
in cui cera qualcosa, ma che abbiamo avuto il potere di cancellare. Co-

me far sparire, senza che nessuno se


ne accorga subito, una data importante nel calendario, o un giorno significativo della nostra esistenza.
Una bella cancellatura, per aver la
possibilit di concederci una tregua,
una sospensione non della vita ma di
tutto quello che la vita quotidiana
pu avere di affannoso o semplicemente di stancamente quotidiano.
Pensiamo, a volte, che sarebbe
bello o rassicurante almeno! trascorrere unintera giornata senza

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pensare a niente: niente memoria di
giorni luminosi o amari, niente incontri urgenti, niente impegni di lavoro e niente occasioni festose Soprattutto, niente pensieri. Sappiamo
fin troppo bene che difficile avere
una giornata senza pensieri. Per
spensierati che possiamo essere, c
sempre un momento nella giornata
che un pensiero ci sorprende, uno di
quei pensieri che vengono a tradimento (la sofferenza, la morte!), e
sinsinua tenace e fastidioso, nella
mente e la induce ad un lavoro di ricucitura di episodi lontani, di fatti in
apparenza scollegati dei quali riconosciamo, con ansiosa sorpresa, i legami misteriosi. oppure un pensiero solo che, semplicemente, cinquieta. A volte non sappiamo esattamente perch, eppure quel pensiero
non ci abbandona, frustra i nostri tentativi di rimozione, saccampa al
centro di ore che ci attendevamo serene, annuvola il chiaro orizzonte
che ci stavamo creando. Ci vien fatto di desiderare che ogni pensiero si
cancelli, perch se tutto si cancella
anche quello che ci angustia sparisce
e noi possiamo sentirci in pace. Eliminare il pensiero dalla vita: ecco
quale potrebbe essere un progetto interessante.
Per dopo aver formulato unipotesi del genere, proviamo ad immaginare che cosa diverrebbe la nostra esistenza. Un paesaggio desolato, il sole ed il suo splendore cancellati dal nostro cielo, la noia di giornate senza stimoli, la mancanza di
quelle ragioni del cuore che guidano
tanta parte delle nostre azioni e delle
nostre iniziative. E, peggio di tutto,
laccorgersi dessere caduti in un
vuoto in cui nessuna parola ha pi significato, nessun gesto interpretabile nella sua ricchezza, nessun sorriso accende la luce negli occhi di chi
sarebbe destinato a riceverlo. Una simile visione ci spaventa. Ci ritiriamo
da essa come da uno spettacolo insopportabile. Un mondo che avesse
cancellato il pensiero sarebbe un orribile mondo di schiavi. Se cancellassimo il pensiero, forgeremmo da
soli le catene destinate a stringere i
nostri polsi.
Siamo andati troppo lontano con
limmaginazione? Ci sono cose nella
realt del nostro tempo che superano,
in negativo, le pi tristi previsioni.
Per questo occorre guardarsi dal desiderare, anche per un momento, di
cancellare il pensiero: anche per un
giorno solo. Dobbiamo, se mai, sforzarci di elaborare un pensiero per
ogni giorno: una modestissima norma di vita, la scelta di un comportamento onesto, uno sguardo partecipe
sulla miseria in cui tanta gente non
riesce a vivere dignitosamente la
propria difficile giornata.

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Cancellare pu essere un esercizio facile di deresponsabilizzazione e


di fuga dalla realt. Scrivere pi
difficile: impegna a svelarsi, a dire
con chiarezza quale parte si scelta.
Scrivere un pensiero per ogni giorno: un proposito da confermare, una
piaga da guarire
Un pensiero al giorno inciderlo
sulla rugosa superficie della realt.
Non con una penna ben temperata e
scorrevole ma con mani arse di fatica, solcate dalla sofferenza, segnate
da piaghe profonde. Come quel pensiero che si pu scrivere per ricordare, a se stessi e agli altri, che un pensiero al giorno ci permette di scrivere positivamente la nostra storia.
Dante e lamore per la scienza

Una data stata celebrata in modi diversi e a vari livelli questanno:


il compleanno (750 anni dalla nascita) di un personaggio di cui molti conoscono il nome ma poco o nulla sanno della sua opera. Uno dei
grandi interpreti della storia dellumanit: un poeta la cui parola, meditata, costituirebbe un vitale nutrimento della coscienza: Dante. Vogliamo ricordarlo, nelloccasione
della festa di Galatina, la nostra citt che ha prestato unamorosa attenzione allo studio del grande poeta; e
vogliamo ricordare velocemente
una sua caratteristica: il suo amore
per la scienza.
Dante esplora luniverso, guarda
le stelle. Non si tratta di semplice e
un po superficiale curiosit: si tratta
di humana curiositas sollecitata dagli appassionanti problemi della
scienza. Il poeta fa viaggiare la sua
immaginazione appoggiandola ai dati che le varie discipline gli forniscono. Inventa, si pu dire, sul terreno di
risultati certi o largamente ritenuti
certi. Sempre risulta suggestivo e fa
nascere il desiderio di esplorare con
lui percorsi nuovi. Quando racconta
del folle volo di Ulisse oltre le colonne dErcole, lo fa aprendo ai nostri
occhi la vastit delloceano sconosciuto, anche aprendo lo scenario di
un firmamento nuovo; e il tempo che
precede la tragedia scandito dal
lento trascorrere di cinque lunazioni,
sotto la luce del giorno ma soprattutto sotto la luce di stelle nuove e diverse.
Lastrologia concorre a stringere
in un legame forte umanit e segni
celesti. Essa appare nella Commedia
dantesca nella veste di testimone della vita umana. Scienza ed humanitas
si saldano; la verit delle cose, nella
sua apparente semplicit, veicolata
(basti un esempio) da una parola
usuale: stella. Le tre cantiche terminano, come sappiamo, con questa
parola (al plurale: stelle). Ma in que-

sta parola c una sorta di progressivo arricchimento. NellInferno: e


quindi uscimmo a riveder le stelle
(Inf. I, 131) un respiro di liberazione; nel Purgatorio c lansia gioiosa
di una meta intravista e desiderata
(puro e disposto a salire alle stelle:
Purg. XXXIII, 145); nel Paradiso:
lamor che move il sole e laltre
stelle: Par. XXXIII, 145. Nella vicenda cosmica lintuizione ed il
contatto col divino, la piena realizzazione del desiderio.
Dante possiede, e ci offre, un vocabolario della scienza; troviamo,
ad esempio, riferimenti alla geometria (allinizio del canto XIV del
Paradiso, o nella similitudine, verso la fine del poema, del geomtra
che cerca la quadratura del cerchio e
si applica a quel tentativo con tutte
le risorse della sua intelligenza); osserva con precisione il mondo della
natura; studia il differenziarsi delle
lingue, ecc. Sono tutti campi legati
alla ricerca scientifica. Ma Dante
un poeta e la scienza traduce in poesia. N questo, per lui, vuol dire attribuire alla scienza una semplice
funzione vicaria. Se poi ricordiamo
che scienza, per Dante, filosofia, e
se ricordiamo lo studio della filosofia e il grande amore per essa da
parte del poeta, possiamo capire ancora meglio perch il poeta, Dante,
tenga in tanto pregio la scienza.

cantando giulive canzoni di


guerra

Una memoria scolastica non so se


avvivi pi oggi la mente di qualche
studente di scuola superiore; non so
se ricanti (quasi un ripassare) dei versi manzoniani di un coro dellAdelchi in cui veniva rievocata la tumultuosa spedizione franca gravata dalla
fatica e alleggerita da canti di militari: A torme, di terra passarono in
terra, / Cantando giulive canzoni di
guerra, / Ma i dolci castelli pensando
nel cor. Si trasporti la situazione in
un tempo meno remoto, al primo
ventennio del Novecento, e si avr
un quadro simile, bench con caratteristiche specifiche diverse. Anche i
soldati coinvolti, e travolti, dalle vicende dolorosissime di quella che
passata alla storia, per la sua immanit, come La Grande Guerra, anche quei soldati cantavano cercando
di porre un illusorio argine al dolore
o alla disperazione, alla puntura delle domestiche rimembranze; a volte
quei canti erano unespressione esteriore di spavalderia che nascondeva
oscuri timori. Ne rimasta memoria
in tanti libri che hanno raccontato la
guerra: quella guerra. Si guardi a
qualche esempio. Giovanni Comisso, in Giorni di guerra: ogni mattina mi risvegliava dalla strada un can-

to straordinario. Squadre di soldati


con il moschetto a tracolla in ordine
sparso, ma con passo rapido cantando a voce viva e severa, marciavano
verso il sole appena sorto cje illuminava doro le finestre: E noi faremo
scuola di pugnale / a Cividale, / uno,
due. Non si pu dire che la canzone di quei soldati avesse un tono giulivo; se mai avevano questo tono gli
sfott elaborati dai soldati anche nella situazione penosa della guerra di
trincea. Si possono leggere, per averne unidea, certe strofette riportate da
Carlo Salsa nel suo libro Trincee,
unopera di quelle che hanno messo
a nudo certo patriottismo di facciata
e la reale sofferenza di tanti soldati
che nelle trincee rimasero uccisi.
Scrive Carlo Salsa: Un soldato canticchia tutto solo, premendo il pollice
nel fornello della pipa; La trincea
quella cosa / che nellacqua ti fa stare; / una cura balneare / poco adatta alla stagion..
E in un altro passo dello stesso libro, Salsa vede condensarsi nelle
canzoni di quella guerra lamara
memoria dei mancati ritorni: Linverno ci comprime il cuore come una
pressione di ghiacci. Imbrattiamo di
peste la neve flaccida che credeva di
poter rifare una verginit a queste
contrade: noi non dimentichiamo:
anche le nostre canzoni ricordano:
Tutti giovani sui ventanni: / la sua
vita non torna pi. Unannotazione
che riecheggia nel funebre scandito
Tapum tapum di un altro canto popolare: Dietro il ponte c un cimitero
/ cimitero di noi sold. / Tapum tapum tapum / Tapum tapum tapum! /
Quando sei dietro quel mureto / soldatino non puoi pi parl. / Tapum
tapum tapum / Tapum tapum tapum!
Cimitero di noi soldati / forse un
giorno ti vengo a trov! / Tapum tapum tapum / Tapum tapum tapum!.
La guerra d contributi al canto,
ora ardito e sfidante, ora doloroso e
ripiegato sulla nostalgia della casa e
della famiglia. Dapprima in guerra si
ode il canto noto; un vero e proprio
repertorio da trincea si former attingendo lispirazione o losservazione
ora dolorosa ora irridente le vicende
stesse della guerra. C chi ha ricordato che i soldati napoletani, mentre
davano la scalata al Monte San Michele cantavano una notissima canzone: O surdato nnammurato.
Let dei soldati suggeriva pensieri e nostalgie damore. Ma non si
trascuravano lodi del vino, che stordiva consolando. Canzoni giulive; ci si poteva credere. Come
quella che dice:
Il buon vino fa lieto il core
Il buon vino scaccia il dolore
Duna sbornia non si muore
E vive eternamente il bevitore.
Luigi Scorrano

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15
Il mio ricordo di Mario Signore

q ANTONIO LINCIANO

uando, nella mattinata


del dieci aprile scorso,
vidi in prima pagina sul
Quotidiano di Puglia limmagine
e il volto di Mario, appresi cos la
triste notizia della sua morte.
Allinizio non volevo assolutamente credere che il mio amico
non era pi con noi, con la sua famiglia, con il suo lavoro, con le
sue tante occupazioni di libero
volontariato e, soprattutto con il
trascorrere degli anni, con la piccola ma sempre pi grande cerchia degli amici della sua giovent, trascorsa a Galatina, prima di
trasferirsi definitivamente a Lecce per il suo impegno di lavoro
allUniversit. E subito balz vivo in me il ricordo del suo sorri-

so accogliente e festoso, come


sempre avviene tra vecchi amici,
in quello che poi stato uno degli ultimi incontri, forse lultimo,
avvenuto in Santa Maria al Bagno verso la fine dellinverno
scorso.
E s, perch lui e la sua famiglia, con la casa di villeggiatura
in alto, sulla montagna di Santa
Caterina, durante le loro passeggiate festive in corso danno, preferivano scendere sempre a Santa
Maria al Bagno e arrivare al Piccadilly per un caff, un aperitivo,
un gelato. oppure, soltanto per riposarsi un po, prima di riprendere la via del ritorno, naturalmente
sempre a piedi. Anche mia moglie
ed io, che a Santa Maria al Bagno

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 70x100, 1981)

siamo di casa quasi ogni domenica, usciamo spesso per fare quattro passi a piedi e respirare laria
salubre e ricca di salsedine, talvolta mista allodore del mare.
Quella volta avevamo intenzione
di camminare un po di pi e ci
eravamo diretti a fare un giro pi
largo, lungo la scogliera. Alla fine
anche noi eravamo approdati al
Piccadilly. E su Piazza Nard con
chi ci ritroviamo? Ma certo, con i
vecchi amici di sempre: Mario e
Anna Signore, Tonino e Maria
Romano, Salvatore Bianco con la
famiglia.
Poi sono passato alla lettura
dellarticolo di cronaca, interno,
nonostante la mia incredulit persistesse ancora e la sua scomparsa mi sembrava del tutto impossibile in un cos breve lasso di tempo. Due mesi circa, o poco pi,
dallultimo incontro in quel di
Santa Maria al Bagno. E poi, ancora, il mio pensiero riandato un
po pi lontano. E i ricordi si sono fermati a unistantanea, un fermo immagine di circa un anno
prima e, per meglio dire, ad undici mesi esatti tornando allindietro rispetto a quel momento della
vita vissuto in quella giornata.
Era lundici maggio dellanno test trascorso. E io e te eravamo
seduti, allora, uno accanto allaltro, in una parimenti triste e ancor
pi infausta e mesta per me circostanza, in una sala mortuaria dellospedale Vito Fazzi di Lecce,
a vegliare la salma di mio fratello
Michele, morto improvvisamente
per quello che si seppe poi essere
stato un infarto. Senza alcun
preavviso, come un fulmine a ciel
sereno.
E Tu allora mi raccontavi la tua
incredulit per la fulminea scomparsa di Michele, essendoti sentito telefonicamente con Lui soltanto due giorni prima. La tua telefonata, naturalmente, voleva essere soltanto una allerta ed avere
una conferma della sua disponibilit che sapevi essere sempre
pronta e gi scontata. E avevate
parlato a lungo insieme della preparazione e della predisposizione
tecnica del Convegno (filosofico)
annuale, da te organizzato, che si

sarebbe tenuto anche per lanno


2014 agli inizi del mese di giugno, a Lecce, avendo sempre come ospite di riguardo e di riferimento Massimo Cacciari. Anche
mio fratello Michele, come di
consueto con Lui, quando si parlava di lavoro nellUniversit, da
svolgersi con lui e il suo team, e a
favore della stessa istituzione,
era sempre pronto e disponibile.
E tu, conoscendolo, sapevi di poterci fare ogni affidamento.
Michele, pur avendo svolto
nellUniversit qualche piccolo
corso di informatica pratica, non
ha mai fatto parte dellorganigramma dei docenti. Era ed rimasto un tecnico e un manager.
Ma era stato anche lui una colonna dellUniversit di Lecce prima, e di quella forma in cui listituzione si poi attualmente evoluta, che adesso in modo pi appropriato si chiama e costituisce
lUniversit del Salento.
Certamente siete stati due
grandi, e soprattutto due colonne
portanti nella costruzione di quel
grande edificio che forma e costituisce, oggi, il complesso dellUniversit del Salento. Siete
sempre stati, Tu e Michele, due
gran belle persone e, soprattutto,
due persone di gran cuore.
Mi fermo qui. Senza poter proseguire, per mancanza di spazio,
con unaltra istantanea che riguarda questa volta la tua azione
educativa, Mario, svolta fin da
giovane nellambito del volontariato e a favore dei soci aderenti
allassociazione di Azione Cattolica della Chiesa Madre di Galatina.
Ancora un abbraccio e un affettuoso grato ricordo.

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Il viaggio di Antonio

artiva alle dieci di notte con


lauto piena di bagagli, in
corpo una buona dose di
caffeina, lasciandosi dietro la madre
che ancora borbottava per quel figlio
che viaggiava col buio; gli aveva ca-

ricato lauto di cibarie e di maglioni,


come se dovesse andare in Alaska.
Lei non avrebbe dormito tutta la notte pensando a lui che risaliva da solo lItalia nella Panda bianca. Le
madri non si fanno mai una ragione
di nulla. Gli sembrava ancora di risentirla: Perch non parti di giorno,
magari con qualche amico, cos
viaggi alla luce del sole, in compagnia? Perch non parti di giorno?
risentiva la voce della madre che si
era lasciato alle spalle rivedendola
nello specchietto retrovisore.
Antonio risaliva lItalia, un paese dopo laltro, senza alcuna fretta,
rollando ogni tanto una canna mentre teneva il volante stretto fra le

q GIANLUCA VIRGILIO
lunghe gambe. Musica a tutto volume, sparata nelle orecchie. Non
avrebbe preso lautostrada, perch
diceva quel percorso obbligato
lavrebbe fatto addormentare. Preferiva le provinciali o le statali, che

penetravano nei paesi e ne attraversavano le piazze deserte; qualche


volta era lui che ci entrava di proposito, evitando le circonvallazioni, col pretesto di risparmiare benzina. In realt era incuriosito dalle
luci che lo attiravano come una falena. A una certa ora, mi diceva,
non c pi nessuno in giro, i camionisti dormono dentro i camion
nelle piazzuole di servizio al bordo
della strada, le auto diventano sempre pi rare e le piazze dei paesi
sembrano sporche e abbandonate:
neanche gli spazzini si sono ancora
svegliati.
Brindisi, Monopoli, Polignano a
Mare, Mola di Bari, Bari, Giovi-

nazzo, Molfetta, Bisceglie costeggiando lAdriatico, gli facevano


compagnia, in lontananza, le luci delle paranze
in mare, sulla terra quelle
dei semafori a ogni incrocio, luci arancione
quasi sempre, ottimo lasciapassare per i pochi
viaggiatori.
Perch avrebbe dovuto spendere trentacinquemila lire
per pagare lautostrada?
Le luci della citt gli tenevano
compagnia. Ma tra citt e citt il
buio lo impensieriva, le campagne
scorrevano interminabili e irriconoscibili ai lati dellauto che si dava a
una corsa pi veloce: aumentava il
rischio di travolgere qualche animale notturno, una volpe, un cane,
un riccio presenze inopinate della notte negli spazi interurbani. Bastavano pochi minuti di buio pesto,
appena rotto dai fari dellauto, per
fargli sentire la solitudine del suo
viaggio. Allora, premendo sullac-

la carne fritta preparato dalla madre. Lo lasciavano andare, il pi


delle volte senza averci ricavato
niente, se non un panino: scomparivano al buio nello specchietto retrovisore della Panda bianca.
Montesilvano, Roseto degli
Abruzzi, San Benedetto del Tronto,
Porto San Giorgio, Civitanova
Marche, Ancona, Falconara Le
conosceva tutte le puttane dellAdriatica S.S. 16, conosceva tutte le
tariffe. Ci credo io che i suoi viaggi
durassero quindici ore! Ma a lui
non importava di arrivare presto,
non cera nessuno ad aspettarlo.

celeratore, sperava al pi presto di


vedere altre luci, un fanale, un lampione, un semaforo, e con le luci finalmente qualche presenza umana
come appiglio salvifico al proprio
essere in fuga.
Foggia, San Severo, Termoli,
Vasto, ortona, Francavilla, Pescara Mi raccontava che durante
questi viaggi aveva conosciuto
molte donne, che ritrovava sempre
al medesimo incrocio, spesso sotto
il medesimo lampione. Erano sole
anchesse, e sfinite, e avrebbero voluto andare a dormire, se non fosse
che ancora avevano fiducia, alle
quattro di notte, di fare qualche lira.
Si fermava a parlarci, chiedeva il
loro nome, il costo delle varie prestazioni, infine aveva fatto amicizia
e mangiava con loro il panino con

Che ci poteva fare lui, se sua madre


a quellora ancora non dormiva?
Risaliva la penisola e ci pensava
ogni tanto, con un senso di piet
che metteva a tacere volgendolo in
stizza. Alle cinque del mattino anche le ultime puttane erano andate a
dormire. Allora Antonio accostava
lauto, si fermava dietro un muro, e
tirava fuori un cucchiaino, un limone e un accendino, una siringa e una
polverina bianca. Come un sacerdote amministrava il suo culto.
Quindi stendeva il sedile e si addormentava. Mi raccontava che spesso
sognava suo padre, che lo guardava
e non gli diceva niente. Si faceva
qualche ora di sonno e poi, col sole
gi alto, percorreva gli ultimi chilometri: Senigallia, Fano, Fossombrone, Urbino.

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Scritti a bandiera

q PAOLO MARIA MARIANO

oprattutto nel Novecento i poeti hanno progressivamente abbandonato le strutture metriche, seguendo il verso libero. La conseguente minore difficolt formale ha spinto a considerare poesia tante scritture a bandiera alcuni esempi di questo modo dorganizzare le parole su carta sono raccolti nel seguito e molti a cimentarsi nellimpresa. Non so se sia questo proliferare di produzione poetica una delle cause cui
attribuire la riduzione progressiva dei lettori di poesia, diventati forse inferiori di numero ai poeti e a chi presunto tale. In ogni caso la semplicit
indotta dal non doversi attenere alle strutture metriche, con buona pace della costruzione di versi in base a piedi gruppi di due o pi sillabe distinti nella struttura sillabica e nellaccentazione come il trocho, il giambo, il dttilo, lo spondo, lanapesto e lanfbraco, e di tante altre figurazioni sintattiche e fonetiche, solo formale. Restano invariati, infatti, i problemi del ritmo, della musicalit della frase, della profondit dei concetti
che chi voglia scrivere poesia necessariamente affronta, anche quando non ne consapevole. ogni volta che si pensa di aver risolto questi problemi
al finire di una composizione, si deve avere lumilt di ricominciare da capo e lorgoglio di credere di poter migliorare, e lo sforzo di farlo.
Quanto segue, non so se possa considerarsi poesia. Dovrebbe essere il lettore a giudicare. Il giudizio determinato dalla propria sensibilit qualcosa che non si acquisisce, si ha e si coltiva, sperando che gli eventi della vita non la inaridiscano , dalla propria psicologia, dal vissuto, dalla cultura personale. Per questo il giudizio mutevole, unonda che si slancia sulla battigia per poi ritirarsi. Per questo unopera deve essere vista nel tempo, per la sua capacit di parlare ai suoi fruitori attraverso il tempo, in condizioni sociali, politiche, psicologiche, culturali mutate, ma forse a un immutato grado di sensibilit. E ci talvolta accade, come fosse un miracolo sottile, che deve sedimentare senza vuota alterigia, prima che arrivi lo strepito, prima che lindustria culturale se ne appropri, ove abbia qualche interesse a farlo, stravolgendone il senso talvolta, se non spesso, con ottusa
pervicacia. Forse nessuna di queste condizioni si applica al resto di questo scritto, alle sue parti a bandiera, cio. Non sono io a doverlo dire. In merito lunica espressione che mi concessa riguarda un malcelato e non finto pessimismo sulla qualit del tutto.
Si pu scrivere anche per la gloria. Pu darsi che, come tanti altri, Vladimir Nabokov lo facesse, come potrebbe forse emergere dalle lettere alla
moglie Vera, ma perch questa tendenza non finisca per inzaccherare il risultato, necessario essere almeno Nabokov e se lo si fosse non ci sarebbe forse neanche bisogno di bramare la fama, perch comunque si sarebbe destinati a rimanere nel tempo. Tutto questo dovrebbe sconsigliare di cercare la gloria. E semmai la tentazione venisse, forse bisognerebbe ricordare il Qoelet, lEcclesiaste cio, il cui genio, ricorda harold Bloom, ci
mostra come sotto ogni abisso si dischiuda un altro abisso pi profondo, e sta l dal 200 a.C. a ricordare laspetto caduco della vanit.

1. Il vento degli uccelli in una mattina di giugno

Il coperchio del fumaiolo elmo di soldato


Perso nella campagna a cercare riposo.
Gli uccelli guardano lorizzonte,
Il fumo del camino li sfiora
E porta odore di pane.

Gli uccelli non ricordano i morti che coprirono la pianura,


Non hanno ragione della battaglia che fu,
Vanno incontro allorizzonte
Anche quando qualcuno spara
Anche quando si posarono sui corpi nel fango di Verdun
Anche quando non c profumo di pane e c fame
E la pianura secca
E porta la sete.

2. Un portachiavi di cuoio

Mi ha regalato un portachiavi di cuoio,


Nascosto sotto il cuscino,
Con quella fresca gioia
Che spinge via sempre la notte,
Con il gesto lieve del capo,
Con le dita affusolate e stanche,
Accoccolata sul divano,
Cosciente del crudo e del cotto,
Della vita e della morte,
Del freddo dei monti
e del bollore del sole destate.
(05-06-2015)

hanno visto gli uccelli senza capire


Azzannarsi gli umani
Per un rito o per un altro
Usati per imporsi
Per sentire desistere
Per colmare il vuoto

Che diventa astio e languore


Che fa dimenticare la calma fresca del mattino
Il ciangottio dei passeri
Il passo incerto delle papere
Il volo bianco degli aironi.

(6-06-2015)

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Donato Cascione: Maternit


(acrilico su tela, cm. 70x60, 1982)

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3. Del fiume e degli alberi
ho seguito lansa del fiume
Salendo verso la collina

Sotto lo sguardo severo degli alberi


Sotto il sole di maggio
Sotto il vento del nord
Sotto pochi cirri alti
Rimasti dopo la tempesta
Dopo che lacqua era caduta
E aveva ingrossato il fiume
E aveva lavato
Ed era scesa gi tra le pietre
E aveva scavato tra le radici
Per fermarsi nei bacini
Per riapparire nelle case
Per andare gi nelle gole
Per favorire la vita.
*

ha anche ucciso lacqua


Con impeto incosciente

Per sua violenza


Per incuria degli umani
Per la miopia di chi si vende
Per lottusit e la furbizia di chi corrompe,

Lago di agv, Polonia, 3 marzo 2015. Foto di P. M. Mariano


un po una quarta composizione a bandiera

Come gli umani per lacqua


Come gli umani per loro
Come gli umani per nulla.
*

Gli alberi guardano silenti,


oppongono i rami al vento,
Perdono e acquistano le foglie,
ospitano gli uccelli.

Non si affannano gli alberi,


Ricordano che ci che conta
Il bagliore del giorno
Il volo delle coccinelle
Il colore dei fiori

E il cammino oscillante di un fagiano


Tra gli ulivi, oltre linferriata su un muro
Su quella via che sorresse Boccaccio
Guardata dalla collina di Fiesole
Dal sole che la attraversa
E non si accorge
Di nulla qui sulla Terra
Di nulla l su Giove
Di nulla oltre Plutone

Mentre il fiume porta via il tempo


E lascia la vita tra i ciottoli
Sotto gli alberi sereni che lo guardano andare.
(13-06-2015)

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 60x70, 1982)

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o

Fiabe e leggende di Terra dOtranto


q ANGELO NOBILE

gni popolo, ogni cultura,


ogni area geografica ha un
suo patrimonio, spesso ricchissimo, di miti, fiabe, leggende, testimonianza della vocazione fabulatoria umana; ci che ha trascritto
Cosimo Rodia nel suo Fiabe e leggende di Terra dOtranto (Progedit,
Bari, 2014).
Protesa tra occidente e oriente,
storicamente luogo di incontro e
scontro di differenti civilt (bizantina,
araba, normanna, sveva, spagnola), crogiuolo di popoli e di razze,
culture, religioni, credenze, la Puglia
ha un suo cospicuo repertorio di storie e leggende, gi pioneristicamente
valorizzato negli anni Trenta del Novecento da La Sorsa, e poi da Bronzini e Cassieri, dallo stesso Calvino allinterno della sue Fiabe italiane e,
pi recentemente, da Daniele Giancane con tre preziose raccolte, prevalentemente incentrate sulle narrazioni
popolari delle zone che si affacciano
sullAdriatico.
Appassionato cultore del folclore
locale e del meraviglioso fiabesco
(passione da cui scaturito il volume
scritto in collaborazione con A. Rodia, Levoluzione del meraviglioso,
Liguori, 2011), Cosimo Rodia, dopo
le sue raccolte Il mondo che non c
(Mandese editore, 1998) e le Fiabe
dellalto Salento (Edizioni Pugliesi,
2008), ha nuovamente rivolto il suo
interesse di studioso alle testimonianze narrative popolari della regione ionico-salentina e del suo entroterra.
Un patrimonio fiabesco e novellistico
ancora presente nella memoria collettiva e in quella degli anziani in particolare, attinto dalla viva voce del popolo con lausilio di uno stuolo di volenterosi collaboratori.
Sono storie, fiabe, leggende, per lo
pi di ambiente rurale, dallepilogo
ora lieto, ora triste, talora tragico, che
raccontano di comunit agricole, di
campagne assolate, di masserie, di
duro lavoro nei campi o nella cura dei
propri armenti, tra riti e tradizioni lo-

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cali, infascinu e malocchi, spesso


funestate da drammi familiari e incentrate sul tema dellamore infelice,
a conferma della notazione calviniana, che corre nelle fiabe italiane una
sofferta e continua trepidazione damore. Ma sono anche racconti
espressione di una mentalit superstiziosa, in cui tra paure collettive e ingenue credenze fanno la loro inopinata comparsa magie e sortilegi, eventi
soprannaturali, misteriosi incontri
con inquietanti creature delloltretomba.
Raramente calcano la scena re, regine, principi, principesse, teste coronate con la solennit proprie della tradizione fiabesca nordica; cos come
le streghe sono ridimensionate al ruolo non sempre negativo di chiromanti, divinatrici, fattucchiere, e gli
orchi, per quanto malvagi, declassati
a quello pi familiare di Nonno orco.
Pressoch assenti viaggi iniziatici,
imprese eroiche ed epopee cavalleresche. Lelemento magico temperato
da una sana concretezza contadina,
da un misurato buon senso, che non
rinuncia peraltro a voli pindarici nel
mondo della fantasia e del sogno. Lo
stesso paesaggio in cui si muove la
narrazione riflette quello ionico-salentino, agricolo e pianeggiante: non
montagne impervie da scalare, foreste intricate e misteriose, al cui interno si pu rinvenire, apparentemente
liberatrice, una casetta di cioccolato,
o al cui termine, dopo un estenuante
cammino, si stagliano imponenti castelli incantati. Le vicende si consumano pi frequentemente in una tranquilla quotidianit, allinterno della
laboriosa vita della comunit, tra lavoro, affari, commerci, riti, tradizioni
e cerimonie religiose, scontrandosi
con lineluttabile realt della morte.
Del resto gi Calvino nella sua Introduzione alle Fiabe italiane, edite per
Einaudi, osservava che la fiaba,
qualsiasi origine abbia, soggetta ad
assorbire qualcosa dal luogo in cui
narrata un paesaggio, un costume,

una moralit, o pur solo un vaghissimo accento o sapore di quel paese.


Rinveniamo peraltro, allinterno di
queste variegate storie, molti ingredienti tipici della fiabistica classica:
leterno motivo dellamore, sentimento puro e irrefrenabile, talora
contrastato o non corrisposto; quello
degli affetti domestici, e in particolare dellamore coniugale e genitoriale,
che pu giungere allannullamento di
s; la celebrazione della bellezza femminile, qui non incarnata dalle (quasi
sempre) bionde eroine della tradizione narrativa nordica, ma da ragazze
dalla carnagione bruna, dagli occhi
scuri e dai capelli corvini, come si addice ai caratteri somatici prevalenti
nella popolazione mediterranea. E
ancora i motivi dellinvidia, della gelosia e della rivalit fraterna, della
cortesia premiata e della villania punita e, sullo sfondo, leterna dicotomia tra bene e male, con accentuazione, in queste storie, del frequente incontro con la morte, con creature soprannaturali e con persone defunte, in
un clima di religiosit superstiziosa
propria di un ambiente rurale ristretto.
Non manca leco delle incursioni
saracene e dei commerci con loriente, con lamore infelice della ragazza
autoctona per il bel marinaio islamico
e con la vicenda, richiamata anche da
Calvino, della serva saracena non rassegnata alla sua sorte, ma che aspira
addirittura a sposare il principe, e non
esita a tramare ai danni della sposa
designata, sostituendosi ad essa (come anche la ragazza bruttissima de
La figlia di una vedova: motivo che si
ritrova sia nelle fiabe del Basile, sia in
quelle dei Grimm, ad esempio in La
piccola guardiana delle oche). Del
pari, ad attestazione della circolarit
dei medesimi (o analoghi) motivi e
personaggi allinterno delle fiabe delle diverse culture, che richiama la tesi junghiana degli archetipi collettivi,
ritorna il tema della rivalit tra fratelli, che rimanda alla grimmiana Lacqua della vita e a tante fiabe orientali: anche qui il fratello maggiore,
avido e malvagio, che attenta alla vita del pi piccolo, il quale trionfer in
virt della sua bont e cortesia. N
poteva mancare il personaggio di
Giuf, lo sciocco, tipico della narrativa fiabesca mediterranea, ma presente con differenti nomi anche nei racconti popolari di altre civilt e culture, mentre universale proiezione dei
sogni di plebi diseredate la vicenda del giovane o della fanciulla di

modesta origine che grazie alla sua


bellezza e virt, o audacia e coraggio,
compie lagognata ascesa sociale,
con un matrimonio altolocato che
(nelle fiabe tarantine) non necessariamente regale. Presente con qualche
variante il racconto, che si ritrova anche nel folclore di altre regioni italiane, di Cristo e degli apostoli che ricompensano con una grazia luomo
che li ha cortesemente ospitati, consentendogli con la sua astuzia di gabbare a pi riprese la morte.
Il fascino e la godibilit di queste
storie di schietta estrazione etnico-popolare sono accresciuti dalla scelta
del curatore, che nella sua riscrittura
ha sapientemente conservato il ritmo,
landamento e le espressioni proprie
della parlata popolare e della narrazione orale. Merito non secondario di
questa impresa culturale che, ponendosi pur nel pi limitato ambito
geografico sulla scia delle grandi
raccolte di fiabe popolari dellImbriani, del Pitr, di Calvino, e unendosi ai meritori sforzi di valenti studiosi
del folclore volti al recupero delle tradizioni narrative della terra di Puglia,
ci consegna un ulteriore, prezioso repertorio di fiabe altrimenti destinate
alloblio. Sorte cui rischia di venire
condannato in assenza di appassionati raccoglitori tutto un patrimonio
etnico-folcloristico di fiabe, leggende, conte, ninne nanne, filastrocche di
ogni parte dItalia, a seguito della
progressiva, ineluttabile scomparsa
degli anziani che ne sono i gelosi custodi, stante anche labbandonata
consuetudine a raccontare, non ultimo allinterno delle pareti domestiche, in una societ scandita da ritmi di
vita frettolosi, in cui il mondo giovanile, conquistato da altri narratori,
tecnologici e impersonali, colonizzato dalla cultura anglosassone, rischia
di smarrire il rapporto con le proprie
tradizioni e le proprie radici.

20
15
N

el 1969 Vinicius De Moraes, Giuseppe Ungaretti


e Sergio Endrigo composero un disco dal titolo La vita, amico, larte dellincontro. Questa
formula pu sembrare generica ma il
termine arte invia ad ognuno di
noi la responsabilit di scegliere coloro che ci accompagneranno nel nostro percorso di vita e che noi, per
converso, accompagneremo per il
tragitto che ci sar dato dagli eventi
esistenziali e/o da Qualcuno che li
governa. Questa premessa introduce
il mio rapporto con due amici di Galatina, cio il professore Giuseppe
Peppino per gli amici Virgilio e
suo figlio Gianluca, anchegli docente. Per essendo sposato dal 1973
con Marisa, galatinese, non stata
Galatina a farci conoscere ma, negli
anni precedenti, Leuca dove la mia
famiglia paterna villeggiava da sempre. Per uno o due anni la mia casa
leucana in fitto aveva di fronte
lappartamento dove il prof. Virgilio
villeggiava. I nostri rapporti erano
quelli formali del saluto quando ci si
incontrava o quando ci affacciavamo
dai rispettivi balconcini-ingresso.
Con il tempo e con il mio insegnamento liceale a Galatina, divenni
collega di Virgilio senior, quindi
nacque una familiarit pi solida e
ricca. Lo conobbi non solo come docente ma come studioso soprattutto

Incontri salentini
q GIOVANNI INVITTO
della storia del meridione italiano.
Agli inizi del 1999, mi invi un suo
libro su Galatina e mi invit alla presentazione dello stesso. Purtroppo
non potetti andare e gli anticipai il
fatto con questa lettera: 4 gennaio
1999, Caro Giuseppe, purtroppo,
come temevo, non mi sar possibile
essere materialmente presente stasera alla presentazione del tuo volume.
Le altre presenze e gli altri interventi gi da soli sono giusto e qualificato riconoscimento al tuo lavoro. Come ho avuto modo di scriverti appena lessi il tuo volume, ripeto che per
la storia di Galatina nel Novecento il
tuo studio inaugura una lettura e un
metodo storiografico ancora non
esercitati su quelloggetto. La mia
competenza scientifica, nellambito
della storia civile e politica, assai
scarsa, quindi i miei giudizi rischiano di essere provvisori e non pertinenti. Ma non mi manca lattenzione per i fatti nostri e, soprattutto, per
una storia della societ civile che
si affianca e determina la storia delle istituzioni locali e nazionali. La
tua opera valorizza tutto questo, anche sulla base di unantica sensibilit gobettiana (e oggi, forse, bobbiana) che ancora traspare dalle tue pagine. Tu hai inaugurato un modo di
fare la storia di Galatina che si affianca e integra le altre storie e cronache, pure importanti, che hanno

riguardato personaggi notevoli, singoli eventi, oltre la storiografia della


piet e della coscienza religiosa materializzate in monumenti, pratiche,
culti. Quindi, ancora grazie per linvito rivoltomi, ma anche, e soprattutto, per il tuo umile, paziente, nascosto lavoro di custodia e di alto insegnamento di una nostra storia veramente civile.
Progressivamente divenni anche
amico del figlio Gianluca, oggi non
solo uomo di cultura, ma programmatore e stimolatore di eventi pregevoli. Di lui negli ultimi tempi sono
apparsi due testi: Cos stanno le cose, Edit Santoro, Galatina, luglio
2014, pp. 152, e nel settembre dello
stesso anno, un testo in francese, con
lo stesso editore, Rsonances salentines con introduzione e traduzione
dallitaliano a cura di Annie e Walter
Gamet, di 274 pagine. Il volume riprende e coordina testi pubblicati su
il Galatino.
Mentre leggevo il primo testo, appuntavo con la matita che quel testo
mi sembrava una passeggiata a Galatina che permetteva allautore una
lettura diretta e completa della sua
citt dandoci quasi una sociologia
urbana della stessa. Leggiamo nella
conclusione del Preambolo: Sostiamo e raccontiamo senza mitologie,
senza querimonie, disarmati, guardando in tutte le direzioni. Non dia-

mo retta a chi ci mette addosso la


paura di essere esposti al mondo, al
passaggio violento del nemico. lui
il nemico. Sostiamo senza paura,
con molta curiosit verso quanto
avanza tuttintorno, lungo la linea
lontana dellorizzonte. Da l, come
sempre, i nostri amici, migranti come uccelli, porteranno le risposte
giuste a noi che sostiamo. Un atto
di umilt ma anche un atto di autocoscienza fondata perch lautore
non si presta a finte modestie di maniera. Sa di non essere un mons
Travet, ma un serio e impegnato lavoratore della cultura.
Il libro unautonarrazione non
per edonismo ma per comunicare
uno storia di vita che mentre si scrive, come avviene sempre, indica il
senso di quella vita. Come quando a
dodici-tredici anni impar a guidare
lautomobile con lapprensione,
comprensibile, di sua madre. Ma
Gianluca, in unautodifesa postuma
rispetto agli eventi, aggiunge, a fronte dellaffermazione materna: Sti
vagnuni te moi nascenu mparati, la
considerazione che lei non considerava le molte lezioni di scuola guida
da lei stessa impartite al figlio. Parimenti lautore non ha riserve nel ricordare, nella sua narrazione, le letture di suo padre del libri di Guido da
Verona, allora considerato autore

37

20
15
osceno e peccaminoso e che oggi
avrebbe un senso solo per capire il
clima sociale e culturale di unepoca.
Ma in questo autobiografia raccontata e con passaggi lievemente e
magistralmente romanzati, abbiamo
anche la proiezione nelle nuove generazioni. E un padre del 2014 (anche del 2015) come fa a non preoccuparsi per la vita, le amicizie, i valori dei figli e soprattutto delle figlie,
ritenute soggetti pi vulnerabili nella
loro adolescenza? Nel romanzo autobiografico la dichiarazione del padre-autore esplicita e onesta: Le
mie figlie ora si sono fatte grandi e
hanno preso il volo: chi potr mai
raggiungere queste vite inquiete di
adolescenti dai mille segreti, che
viaggiano veloci a bordo dei loro
scooter e, quando sono in casa, a
bordo di milioni di byte, che le mettono in comunicazione con i loro simili, da un computer allaltro, anche
a distanza di chilometri.
Cos il testo parla del territorio, soprattutto di quello meno ricco, come
la campagna che, nel Salento, ancora territorio non solo di coltivazioni o altro ma continua ad essere spazio di riposo, di sosta, di riflessione
sul mondo e su noi che ne siamo i
fruitori. Cos un capitolo Una passeggiata in campagna. Il lettore lasci
a chi scrive qui di sottolineare un collegamento dotto con con i versi del
Petrarca ma con lo spirito di cui ci
parla il poeta medievale: Solo e
pensoso i pi deserti campi vo mesurando a passi tardi e lenti, e gli occhi
porto per fuggire intenti ove vestigio
uman larea stampi. Gianluca non
me ne voglia se ho fatto un accostamento da triplo salto mortale, ma lho fatto soprattutto
per evidenziare la permanenza nello spirito poetico in
tutti i tempi e in tutte le regioni umane.
Nella sezione Nuovi
scritti cittadini troviamo un
topos della nostra civilt: la
notte e linsonnia e le notti
bianche che ora infieriscono in ogni citt e per motivi
talvolta creati dal nulla. Anche in questo caso opportuno rifarsi allautore, per
quanto la citazione non sia
breve, ma lo merita: I moderni operatori culturali associano larte e la cultura, o
meglio la cosiddetta fruizione artistica e letteraria, alla
notte, perch cos vuole la
moda del momento, mentre
mia madre mi ha sempre
detto che di notte vanno in
giro i ladri e gli assassini,
Ma oggi, per essere la page, bisogna uscire di notte,
andare in discoteca di notte,

38

seguire la presentazione di un libro


di notte, visitare una mostra pittorica
di notte, ecc.. La conclusione di
Virgilio non pu essere che si tratta
di roba da matti e, con la sua arguzia
e ironia aggiunge: Speriamo almeno che i ladri e gli assassini non girino di giorno. La percezione complessiva dellautore che non ci sia
pi lo spirito comunitario della citt
e che tutto sia una recita. Per converso egli nota nella citt desolazione,
crisi economica delle famiglie, istituzioni centrali come la scuola, sono
senza risorse e progressivamente si
deteriorano. E cos via. Appunto: cos stanno le cose come ci ricorda il
titolo del libro. E poi si tocca unaltra peste sociale: luso delle droghe
sin dalladolescenza. Poi Virgilio
passa a parlare delle condizioni etico-morali-sociali delloccidente con
lamara conclusione che le classi sociali esistono, ma, da come dimostra
il loro comportamento, senza coscienza di classe.
Unaltra sezione dedicata ai
Frammenti scolastici deve presente, elaborato con estrema maestria,
quella che potremmo chiamare (ma
non lo fa lautore) la recita scolastica: una volta in classe, il rituale iniziale del reciproco nascondimento,
sia che linsegnante sieda dietro la
scrivania sia che rimanga in piedi
passeggiando tra i banchi degli studenti, ha termine quando tutti improvvisamente tacciono (p. 77). E
poi c il discorso delle firme del docente, degli esami ecc. mai con lessico e finalit para-sindacali ma sempre con il carattere di una benigna
narrazione di una realt poliedrica, li-

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 70x70, 1984)

mitata istituzionalmente e non per


colpa degli attori (docenti e studenti)
ma di chi ha sempre pensato che la
scuola non sia una istituzione produttiva, perch, a parere di questi Soloni, non produce ricchezza materiale
n prodotti di tale genere. Guarda caso, la scuola produce cittadini e civilt: cose da poco?! E lautore esplicita un vulnus di questa realt che nei
secoli, e non solo in Italia, non solo
nelloccidente, ha formato cittadini
culturalmente attrezzati ad essere
soggetti attivi e promotori di una partecipazione democratica alle istituzioni. Molto bello e molto vero questo passaggio dellAutore: Mi chiedo perch la scuola debba fare questo
effetto, quello dun luogo di costrizione, daffanno, di paura, dinganno. Perch gli insegnanti siano stati
messi nelle condizioni di mentire, dichiarandosi ora formatori dei giovani
ora custodi della tradizione ora trasmettitori del sapere, mentre sono solo degli adulti a cui la societ ha delegato il compito di intrattenere un
rapporto con le nuove generazioni.
Una delega sempre condizionata dalle continue interferenze del potere
ministeriale (pp. 94-95).
Lultima sezione intitolata:
Esercizi di saggezza. Ma la saggezza si pu ottenere con esercizi?
Nella pagina di apertura della sezione abbiamo una frase del filosofo
esistenzialista tedesco Martin heidegger, presa dal suo testo pi importante, cio Essere e tempo: Si
ci di cui ci si prende cura. Naturalmente lincipit dellautore di
quella dialettica accattivante e, contemporaneamente, delocalizzante il
lettore: Che cosa sia la
saggezza, non lo so con precisione e forse non lo so
proprio. Saggezza una
di quelle parole che nessuno
riesce a definire una volta
per tutte (p. 99). Utilizzando un dizionario etimologico ho letto che quello sarebbe un termine preso dal
francese sage che deriverebbe dal latino sapius cio
quello che fu il sapere, cio
il cogliere il sapore delle cose. Ecco chi il saggio: coglie il senso delle situazioni
e degli eventi e agisce di
conseguenza.
Poi Gianluca tocca il discorso del Salento correlato a
quello degli intellettuali:
Lego degli intellettuali
gigantesco. Sono dappertutto, in tutte le contrade dItalia, ma nel Salento-sentina
[sic] rifluiscono tutti per una
ragione geografica, perch
oltre il Salento c il mare e
oltre non si pu andare

(pp. 101-102). Posso fare il prof di


filosofia? Ricordo a me stesso e al
collega Gianluca la storia di Leibniz,
filosofo e vescovo tedesco che 18
giugno 1717 da Napoli scrive allamico Percival: Sono appena rientrato da un viaggio per le terre pi remote e sconosciute dItalia. Vostra
Signoria conosce perfettamente le
citt pi decantate, ma forse per la
prima volta sente dire che la pi bella citt italiana si trova in un lontano
angolo del tacco. Lecce (lantica
Aletium) , per i suoi ornamenti architettonici, la citt pi fastosa che
abbia mai visto. Gli edifici principali sono costruiti in rustico, con pietra
tagliata, e hanno tutte le porte decorate. Gli ornamenti alle finestre sono
in stile dorico o corinzio, le balaustre
sono in pietra. Non ho visto in nessunaltra parte dItalia conventi tanto belli. Lerrore comune ritenere
che cadano in un eccesso di ornamento. Predomina il corinzio, ordine
preferito dai leccesi, soprattutto alle
porte della citt, eccezionalmente
belle. Lecce situata nellentroterra
e quindi senza traffici; non supera i
16.000 abitanti. gente veramente
signorile; direi che ha ereditato la
delicatezza dei Greci, un tempo abitanti di queste parti dItalia. Lei sa
che in moltissime citt italiane i palazzi in verit sono belli, ma le normali abitazioni di gusto mediocre.
cos anche a Roma. A Lecce invece
il buon gusto diffuso, finanche
delle case pi povere. Lo so che
Gianluca mi punzecchier per il mio
campanilismo leccese, ma se la
prenda con Leibniz, se lo incontra
nellaltra vita. Ma va anche detto
quello che ho anticipato: il nostro
autore ha dedicato al Salento un bel
testo in francese. Non posso che
concludere la lettura del primo testo
con le riserve sul ruolo dei politici
che escludono la gente e ci d non
dei comandamenti, per quanto parli
del decalogo (con un elemento aggiuntivo) dellescluso, che costituito da questi suggerimenti spiegati e
commentati: stare in silenzio, stare
da soli, stare in pace, stare comodi,
stare in ascolto, stare insieme agli altri, stare senza far nulla, stare sul terrazzo a guardare le stelle, stare tra le
righe, stare al palo, stare in guardia.
Il testo, che vale la pena leggere
personalmente e non per interposta
persona, come chi scrive qui, si
conclude con questi capitoli brevi:
Ricchi e poveri, Libro e televisione,
Esercizio di pazienza, Padri e figli,
La prima volta che capii come stanno le cose, La cura dellorto e una
utilissima nota bibliografica. Allora,
prof. Gianluca Virgilio, aspettiamo
di leggere altri scritti saggi come
questo.
Giovanni Invitto

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15
Disturbo?

q PAOLO VINCENTI

llinizio era Cavallo Pazzo. Ve le ricordate le sue incursioni nelle trasmissioni televisive dove cercava di
interrompere la diretta gridando inverosimili
proclami prima di essere braccato dalla sicurezza e trascinato fuori? Mario Appignani fece del
disturbatore tv una vera professione. Soprannominatosi Cavallo Pazzo, in onore del famoso
capo indiano dei Sioux protagonista della battaglia di Little Big horn, riusciva sempre ad eludere i servizi di controllo e fiondarsi sul palco di
qualsiasi manifestazione, nello sbalordimento
generale. Memorabile, la sua incursione al Festival di Sanremo 1992 in cui gridava: Questo
Festival truccato!.
Scopro in rete che negli anni Settanta aveva
fondato una banda, Gli Indiani Metropolitani,

Siamo isole nelloceano della solitudine


e arcipelaghi le citt,
dove lamore naufraga
Cigarettes and coffe - Scialpi

Tu non sei non sei pi n grado neanche di dire


se quello che hai in testa lhai pensato te
qui non sei non sei nessuno, qui non esisti pi
se non appari mai mai mai mai in tv
Non appari - Vasco Rossi

alcune condanne per piccoli reati, scrisse anche


unautobiografia, Un ragazzo allinferno, con
prefazione di Marco Pannella. Nella sua battaglia contro vere o presunte scorrettezze, impervers per anni nelle varie trasmissioni comeFestivalbar, Azzurro e il Tg1.
Mario Appignagni si spento per un cancro
nel 1996. Ad affossarlo definitivamente, ci pens proprio Pippo Baudo dichiarando: Il suo
scopo era di parlare alla gente, anche se non aveva nulla da dire. Amen!

lontanarlo usandogli violenza. Nel suo sito ufficiale, Gabriele Paolini, il profeta del condom,
si presentava come un divo del cinema porno e
si mostrava insieme ai pi noti personaggi del
mondo della comunicazione, dello spettacolo e
della cronaca italiani. Paolini si autodefiniva:
LArlecchino della Tv, agitatore culturale, lArsenio Lupin catodico, lUrlo di Munch, Situazionista Debordiano, Genio sregolato felicemente malinconico.
Tutto ci fino a quando le sue stramberie e intemperanze non sono state fermate dalle forze
dellordine, che lo hanno tratto in arresto per
sfruttamento della prostituzione minorile. Decine sono i reati e le condanne a suo carico (molestie, diffamazione, calunnia, estorsione, insomma un profilo criminale di tutto rispetto), cosa
che render credo impossibile un suo ritorno

Mario Appignani

con cui avanzava delle proposte assurde come


Non pi Potere Proletario ma Potere Dromedario, oppure Rendiamo pi chiare le Botteghe
oscure: coloriamole di giallo, trionfo del nonsense. Figlio della Roma degli Anni di piombo,
uninfanzia difficile, adottato da un brefotrofio,

LIBRERIA
VIVA-ATHENA

Via Liguria, 73-75


tel. e fax 0836.566088
73013 GALATINA

Mauro Fortini

Gabriele Paolini

Poi arrivato Gabriele Paolini, anchegli ragazzo problematico e difficile, immortalato in


migliaia di trasmissioni televisive in cui faceva
il guastatore dassalto. Probabilmente detiene il
record mondiale di incursioni. Autodefinitosi
inquinatore tv, per tanti anni lo abbiamo visto
apparire alle spalle dei giornalisti dei Tg in collegamento esterno, che cercava di farsi sentire,
urlando degli improbabili slogan, oppure esibendo dei cartelli, pi spesso restando in silenzio a favore di telecamera alle spalle del giornalista che ne sentiva il respiro sul collo, imbarazzante come un ospite indesiderato, inquietante
come un avvoltoio che volteggia sulla preda.
Antipatico e irritante, essendo davvero molesto,
ha rischiato pi volte il linciaggio (celebre il filmato del compianto Paolo Frajese che lo prende
a calci in diretta), sia da parte dei cameraman
che volevano levarselo di torno, sia da parte della gente. A volte veniva invitato in trasmissione,
essendo poi divenuto un personaggio. Pubblicava su internet filmati pornografici che lo vedevano protagonista da solo o in situazioni promiscue. Spesso, nelle sue intemerate, esibiva dei
profilattici e, per somma contraddizione con i
suoi comportamenti privati, fustigava verbalmente la pedofilia. Nelle sue piratesche comparsate, faceva il segno delle corna e inveiva contro
i giornalisti e presentatori che cercavano di al-

sulle scene. Negli ultimi tempi, sempre in regime di detenzione, lamenta il fatto di non poter
sposare il suo giovane compagno, col quale si
univa sessualmente fin da quando questi era minorenne.
oggi gli epigoni di Paolini (che non a caso lo
definiscono un maestro) sono Mauro Fortini
e Niki Giusino. Non potete non averli notati,

Niki Giusini

perch sono onnipresenti dietro le spalle di qualsiasi giornalista o politico che compaia nei telegiornali. Scrive in rete Alberto Samon: Sono
Mauro Fortini e Niki Giusino, ribattezzato da
alcuni Er cicciotto per la sua corporatura, i
due disturbatori televisivi che, dopo lera del capellutoGabriele Paolini, accompagnano le
giornate degli italiani davanti alla tv. Sono stati
ribattezzati reporter tragicomici per il loro
modo di fare: non improbabili proclami, ma fin-

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15
te interviste e apparizioni televisive, rigorosamente dietro ai big della politica o dello spettacolo. Mauro Fortini e Niki Giusino sono lo
sberleffo in persona: si fanno trovaredavanti ai palazzi del potere
insieme a decine, a volte centinaia,
di giornalisti e, una volta arrivata la
preda, entrano in azione. E lo
fanno nel modo pi geniale, cio
prendendo in giro proprio chi si affanna araccogliere una mezza frase del politico di turno, la parola
rubata che fa fare i titoli ai giornali
e ai tg. I due stanno a proprio agio
in mezzo alla confusione di cronisti e in realt, le vere vittime delle
propriecomparsate, del proprio
sberleffo, non sono i politici o gli
uomini in vista dietro ai quali compaiono le loro immancabili sagome, ma i giornalisti stessi. E cos,
Fortini lo si pu vedere con la matita in bocca, come se stesse riflettendo, o prendere febbrilmente appunti su un block notes, mentre
Giusino, ragazzone poco pi che
ventenne dallinconfondibile chioma rossa e dal viso lentigginoso, si
immortala mentre parla qualche
big o fa finta di intervistarlo con
un improbabile microfono.
Nellultimo periodo, Fortini ha
anche cambiato strategia, aggredendo i politici di turno con improbabili domande. Anche questo
un modo geniale per sbeffeggiare una categoria, quella dei giornalisti, troppo spesso vittima di su-

40

perficialit,espressa dacoloro
che, interpretando nel modo pi
letterale lappartenenza alla categoria stessa,nelle proprie interviste formulano domande assurde e
spesso fuori luogo. Per non parlare
dellatteggiamento da assedio con
cuii cronisticircondano sovente
gli intervistati, per carpire da questi
anche le virgole, per non farsi sfuggire nulla. E cos, al Gabriele Paolini cantore di improbabili battaglie
sociali, si sono sostituiti i disturbatori che non disturbano, ma che
mettono in luce la crisi di un sistema che fa dellimmagine la propria
essenza.
In particolare Mauro Fortini rivendica la propria originalit rispetto a Paolini, definendosi un
presenzialista, e se nelle interviste gli chiedono perch lo faccia,
egli risponde che vuole battere il
record mondiale di comparsate, attualmente a quota 40.000 circa.
Perci sta ben attento a non prendere alcuna denuncia, anzi a farsi
ben volere sia dai politici che dai
giornalisti, che Fortini chiama
colleghi, ai quali spesso passa
delle imbeccate, bighellonando tutto il giorno fra i palazzi del potere
e sapendone a volte pi di loro. Fa
ogni giorno la stessa vita da tanti
anni. Si alza presto e parte dal suo
piccolo paesino in provincia di Roma. Penna in mano, block notes intonso e registratorino scarico, compare e compare, macinando chilo-

metri fra Palazzo Madama e Palazzo Chigi, fra le sedi di partito e il


Campidoglio, Montecitorio e la sede della Rai. La sera fa ritorno a
casa per godersi il frutto del suo lavoro grazie ai videoregistratori che
hanno registrato tutto il giorno dal
suo televisore. Per mantenersi, fa il
prostituto, come ammette candidamente, intervistato da Enrico Lucci
a Le Iene. Va a pagamento con
le vecchie in fregola.
Niki Giusino spesso e volentieri
affianca Fortini e adotta la medesima tecnica, stesso profilo basso da

Annarella (la nonnina combattente


che affronta e malmena a parole
i politici in PiazzaMontecitorio)

incursore discreto, presenza silenziosa davanti alle telecamere. Molto giovane, confessa di non aver
studiato e di vivere di espedienti.
Quando c una telecamera, listinto di apparire prevale, dice
nellintervista a Le Iene, e poi
confessa che il suo sogno quello
di fare il postino per Maria De Filippi in C posta per te o anche
lopinionista in Uomini e donne.
Entrambi sono stati definiti cantori della mediocrit del sistema nel
quale viviamo.
In questa sorta di ginepraio di
psicolabili del tubo catodico, una
segnalazione spetta anche ad Annarella, la vecchietta che si esprime
in romanesco e manda a quel paese
tutti gli esponenti politici. Annarella non fa dei blitz, divenuta un
personaggio suo malgrado, perch
filmata da Blob e anche per via
di alcuni giornalisti che lhanno
scoperta e utilizzata nei servizi.
Poi c Mario Ferri, in arte Falco
linvasore che vediamo spesso fare incursione nei campi di calcio
durante le partite di campionato.
Insomma, essere non basta, bisogna apparire, disturbare per farsi
sentire: questo il desolante messaggio che ce ne viene.
Mauro Fortini e Niki Giusino ci
indicano il binario morto su cui deraglia il treno impazzito del nostro
Paese. Ma cos che spinge questi
teleincursionisti a farsi riprendere
dalle telecamere, a divenire fenomeni sociali, macchiette, di questa
caotica societ? Cosa porta i giovanissimi writer a imbrattare con frasi scurrili i muri delle citt? La solitudine, forse, la pi spaventevole

e obbrobriosa solitudine, certo.


Una solitudine forzata, imposta
dalla vita, non desiderata, principio
e causa dellaridit e del vuoto del
vivere odierno. Non una solitudine
creativa, quella che porta luomo
ad isolarsi volontariamente per cercare lispirazione, per saggiare le
profondit della propria esistenza,
per capire le ragioni di una scelta,
di una sconfitta o di una vittoria,
oppure per meditare, per pregare.
Una solitudine, invece, ottundente,
spaurente, una condizione di esclusione che a lungo andare pu diventare patologica e portare alla
depressione, che dunque procura
sofferenza, disagio, alienazione. La
solitudine che porta harry haller a
diventare Lupo della steppa, la
solitudine di Giovanni Drogo protagonista del Deserto dei Tartari.
Essa non solo di chi non riuscito a formarsi una famiglia, di chi
non ha un compagno/compagna, e
non ha amici. Il consumo massivo
di sesso a pagamento in Italia dimostra che pure tantissima gente
sposata, con figli e apparentemente
realizzata, perseguitata da questa
sofferenza. ognuno sta solo sul
cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed subito sera, dice Salvatore Quasimodo.
Anche chi occupa ruoli sociali
ad altissimo livello (un esempio tra
tanti: il giornalista Piero Marrazzo,
ex presidente della Regione Lazio), pu essere inseguito da questa
lacerazione. Andare a trans, per
esempio, sconfinando in esperienze estreme, di sesso violento, una
sorta di psicopatologica livella
sociale, culturale, sessuale. Un male sottile, che si annida fra le pieghe dei giorni ordinari, che pu deflagrare in scoppi di mortifera follia, e che porta per esempio un infermiere di Secondigliano, Napoli,
ad accoppare il fratello e la cognata e poi andare sul balcone e sparare allimpazzata alla gente di sotto.
Nessuna azione surrealista per, n
futurista, n dadaista: solo il cancro
dellesclusione sociale, del moderno nichilismo.
lurlo nel buio per farsi coraggio, il grido di aiuto delluomo che
si sente solo nelluniverso, come in
Solitudine di Ungaretti. lostracismo del gruppo dei pari, che
divora soprattutto i giovani e giovanissimi, ma anche il dirigente e
loperaio, il professore e lartigiano, il politico e lattacchino, lanchorman televisivo e la casalinga
alcolizzata. Come scrive Pierpaolo
Pasolini: Io non so frenare questangoscia che monta dentro al seno; essere solo.
Paolo Vincenti

20
15
La violenza sulle donne e
la sensibilizzazione nelle scuole:
anche con un paio di scarpe

q ELENA MANIGRASSO

i sono cose che non


vanno assolutamente taciute, soprattutto quando corrispondono a parole come
violenza e prevaricazioni. quello che vivono le donne nellera
del progresso, della tecnologia
avanzata, dellespansione dei diritti fondamentali delluomo.
Eppure casi di donne uccise
per mano degli stessi compagni,
mariti, fidanzati aumenta incredibilmente in Italia.
ognuno di noi potrebbe raccontare la sua storia.
Una scarpa qui e una l, ma ce
ne accorgiamo in ritardo, le donne pensano sempre di sistemare
ogni cosa. I cassetti delle violenze quotidiani sono aperti? Si

cerca di chiuderli con mani


braccia gambe e con una pazienza costruita da secoli di prevaricazioni.
Approfittiamo allora della festa dei santi patroni Pietro e Paolo che a Galatina si festeggiano
con grande partecipazione per affidare a uomini e a Dio la condizione della donna, per sensibilizzare adulti e soprattutto gli adolescenti, che saranno uomini di
domani, su questo tema.
Come educatori, come genitori abbiamo il dovere di farlo, abbiamo il dovere di educare i nostri figli al rispetto dei ruoli, delle diversit.
Perch rispettare una donna
non metterle un paio di panta-

loni, i panni maschili, ma garantire scelte e opportunit. Due parole troppo spesso negate da chi
non accetta le libere scelte, anche
di cambiare vita o compagno, e
libere opportunit, nel lavoro e
nelle cariche istituzionali.
Una scarpa qui e una scarpa l
ogni anno le sistemiamo presso il
cortile della scuola media Bonsegna-Toniolo di Fragagnano (TA):
sarebbe bello se come una rete si
potessero mettere nel cortile di
ogni scuola.
Lo abbiamo pensato insieme
agli alunni, ragazzi e ragazze.
Perch la festa della donna non
un fatto di donne. Scarpe sparse
diverse, per indicare i momenti
di colluttazione, tacchi a spillo

per dire come sia faticoso per la


donna la corsa alla parit, anfibi
per dire quante giovani donne
hanno perso la vita, assassinate
da fidanzatini amorevoli, ma
educati a non ricevere mai negazioni.
Una scarpa qua e l.
Questo stato il cortile della
nostra scuola nelle prime ore di
lezione nella giornata delle pari
opportunit. Un modo per svolgere la disciplina di Educazione
alla cittadinanza allaperto.
Alla fine di questo anno scolastico abbiamo preparato con gli
alunni un flash-mob atto a schematizzare i momenti di una lotta
dove la donna a pagare con la
vita, e poi fiori, tanti fiori di ogni
colore come segno di speranza,
di riappacificazione tra due mondi diversi e per questo affascinanti.
Ma ecco cosa dice un alunno
di Fragagnano, non a caso abbiamo scelto un ragazzo per fare eco
a questa nostra idea: Si parla
tanto di violenza sulle donne:
un problema che ha portato ad un
forte dibattito allinterno del Parlamento italiano, esso un problema culturale e sociale presente anche nel mondo moderno tra i
giovani, nel rapporto di coppia,
si presenta quando luomo considera la propria donna un suo possedimento, dimenticando anche
in questi casi il rispetto della libert. Gli atti di violenza sfociano nelluccisione, detta tecnicamente femminicidio: morire solo
perch si donna che vuole affermare i propri diritti mi sembra
una cosa assurda, morire per un
ideale morire da eroi; a questo
punto speriamo di non aver bisogno di eroi.
Lappuntamento a scuola
ogni giorno presso il nostro cortile. Buona fortuna, ragazzi.

41

20
15
Incontro con il comandante del 61 Stormo
e delaeroporto Fortunato Cesari di Galatina

incontro con il col. pil.


Paolo Tarantino stato un
colpo di fortuna: tra i mille
impegni che ha il comandante di un
aeroporto militare, e che aeroporto
per limportanza didattica e strategica del Fortunato Cesari, sono riuscito a ritagliare un paio di ore che
ho messo a frutto perch lex comandante delle Frecce Tricolori mi ha
concesso unintervista in esclusiva. E
allora gi con le domande.
- LAeroporto Fortunato Cesari
stato il nucleo intorno al quale a
cavallo dellultimo dopoguerra
rinata lAeronautica Militare Italiana. Ora la base galatinese il
fiore allocchiello delA.M., perch
qui che i pinguini diventano
aquile. Cosa ricorda del suo primo soggiorno, da pinguino, in
terra salentina?
Sono giunto nel Salento, ed in
particolare presso lallora 61 Brigata Aerea di Galatina, nel 1991 per
frequentare il corso addestrativo che
mi ha consentito di acquisire il titolo
di pilota militare su velivolo T339A. Per un allievo dellAccademia
Aeronautica venire ad addestrarsi a
Galatina significa realizzare un sogno: indossare una tuta da volo, una
tuta anti-g, un giubbetto secumar, un casco e sedersi a bordo di
un jet. Per me, che sin da bambino
sognavo di librarmi nel cielo azzurro
a bordo di un aereo da caccia, quelle furono emozioni incancellabili.
Seppur il periodo di formazione costituisca un momento molto duro della vita di ciascun pilota, durante il
quale alleuforia e allentusiasmo di
realizzare il sogno di una vita, si avvicenda la paura di non farcela, ricordo che, per quanto mi riguarda,
la forte determinazione a raggiungere laspirazione di una vita prevalse
sui momenti di sconforto e mi consent di raggiungere lagognata meta. Di quel periodo mi sono rimasti
impressi lodore della sala equipaggiamento, le lunghe ore trascorse in
sala navigazione a studiare le rotte
per il volo del giorno dopo, i miei
colleghi, gli istruttori, la prima solista ed il momento in cui mi venne

42

Il col. pil. Paolo Tarantino


e le (sue) Frecce Tricolori

q ROSSANO MARRA

appuntata sul petto laquila turrita,


simbolo ed emblema del pilota militare. I ricordi sono tanti e tutti indimenticabili.
- Ci ricorda la sua carriera militare? O, meglio, cominci dalla sua
famiglia e ci racconti la sua vita: lei
nasce a Milano nel 1968, e poi?
Sono nato a Milano nel 1968 da
genitori di origine pugliese. Sin da
bambino, pur non avendo parenti in
Aeronautica, ho sviluppato la passione per il volo e per i jet militari.
Ricordo in particolare che gi dalle
medie, al momento di scegliere la
scuola superiore da frequentare, optai per il Liceo Scientifico che meglio
degli altri istituti mi avrebbe consentito di acquisire una preparazione
pi rispondente per laccesso allAccademia. E cos fu: nel 1987, appena
diplomato, vinsi il concorso e mi arruolai in Accademia Aeronautica
con il Corso Grifo IV. Come ho
detto prima, nel 1991 ho conseguito
il Brevetto di Pilota Militare presso
lallora 61 Brigata Aerea di Galatina. Da novembre del 1991 ho frequentato presso la 60 Brigata Aerea
di Amendola il corso avanzato sul
velivolo G91-T e successivamente ho
acquisito labilitazione sul velivolo
TF-104G presso il 20 Gruppo Addestramento Operativo di Grosseto.
Ad agosto del 1992 sono stato assegnato al 22 Gruppo Caccia Intercettori Ognitempo del 51 Stormo di
Istrana dove ho iniziato la carriera
operativa su velivolo F-104S/ASA.
Nel 1993 ho raggiunto la qualifica di
Combat Ready su velivolo F104S/ASA ed ho assunto lincarico di
Comandante della 353 Squadriglia.
Dal 1993 al 1996 ho partecipato anche alle operazioni nellex Jugoslavia. Nel 1996, dopo la selezione, sono stato assegnato al 313 Gruppo
Addestramento Acrobatico - Frecce
Tricolori. Nella Pattuglia Acrobatica
Nazionale ho ricoperto le posizioni
di 3 Gregario Sinistro - Pony 7, 1
Gregario Sinistro - Pony 2, Capo
Formazione - Pony 1 e Comandante
- Pony 0 sino a novembre 2006. Nel
1998 ho frequentato il 61 corso normale presso la Scuola di Guerra di

Firenze. Terminata lesperienza con


le Frecce Tricolori, sono stato trasferito a Milano presso il Comando delle Forze Aerotattiche di Attacco e Ricognizione - Divisione Drago, dove
ho ricoperto lincarico di Capo della
Sezione Piani e Operazioni dellUfficio Forze di Attacco e Ricognizione.
Nel 2007 sono stato inviato presso il
Joint Forces Staff College di Norfolk
Virginia (USA) per la frequenza del
corso Joint Transition Joint and
Combined Warfighting School. Nel
2010 sono stato nominato Capo dellUfficio di Progetto per laddestramento della Pattuglia Acrobatica degli Emirati Arabi Uniti; mi sono pertanto trasferito presso la Base Aerea
di Minhad nellEmirato di Dubai dove ho addestrato, fino al raggiungimento della final operational capability, il team Al Fursan (i cavalieri).
Ad ottobre del 2012 sono stato assegnato al 3 Reparto dello Stato Maggiore Aeronautica dove ho ricoperto
gli incarichi di responsabile di progetto - Vice Capo del 2 Ufficio e Capo del 2 Ufficio sino a luglio del
2014. Dal 7 luglio 2014 sono stato
trasferito presso il 61 Stormo di Galatina e dal 24 luglio dello stesso anno ricopro lincarico di Comandante
dello Stormo e dellaeroporto di Galatina. Ho al mio attivo pi di 3.700
ore di volo, per la maggior parte effettuate sui velivoli F-104 e T-339.
Sono laureato in Scienze Aeronautiche presso lUniversit degli Studi di
Napoli Federico II.

- Tutti la ricordiamo al comando


prima in volo e poi a terra della
Pattuglia Acrobatica Nazionale, le
Frecce Tricolori. Qualit speciali
per essere selezionati nella PAN?
Nostalgia per il Programma alto,
per tonneau, looping, Schneider,
cardioide, ecc.?
Le Frecce Tricolori, la Pattuglia
Acrobatica Nazionale dellAeronautica Militare, rappresentano oggi
una realt molto importante per il
nostro Paese fino ad esserne un biglietto da visita dellItalia stessa e
dellAeronautica Militare nel mondo, oltre a motivo di orgoglio per
molti italiani. Averne fatto parte mi
rende molto fiero. I piloti delle Frecce Tricolori provengono tutti da reparti operativi dellAeronautica Militare. Sono selezionati tra i piloti militari che abbiano almeno un certo
numero di ore di volo su di un velivolo jet. Si inizia da gregario e successivamente, in base alle conoscenze e alle attitudini dimostrate, si cresce in seno alla formazione acrobatica. Ma per far parte della PAN non
basta solo essere un bravo pilota:
caratteristica fondamentale, infatti,
la capacit di fare gruppo, di sentirsi un gruppo e di agire come un
gruppo. E poi ancora: passione, disciplina, perseveranza, fantasia, insieme alla consapevolezza di appartenere ad un Reparto famoso in tutto
il mondo e allorgoglio di rappresentare uneccellenza dellItalia. Quando sono diventato Comandante del
313 Gruppo, dunque delle Frecce, il
mio ruolo era principalmente quello
di dedicarmi alla gestione del gruppo da un punto di vista tecnico ed
operativo. Lesperienza nella PAN
stata unica, mi ha fatto crescere come pilota e come uomo, non la dimenticher mai, ma non ho nostalgia, sono abituato a guardare avanti
e a prefiggermi sempre nuovi obiettivi facendo tesoro di ogni esperienza
fatta.
- Ora passa pi ore a terra che in
volo. Per lei pi semplice volare o
affrontare quotidianamente dispacci, burocrati, atti amministrativi e quantaltro?

20
15
Il profilo di carriera del pilota
militare, proveniente dai cosiddetti
corsi regolari, ossia dallAccademia
Aeronautica, prevede che questi interrompa la propria attivit operativa e, dunque, di volo, intorno ai quarantanni. A quel punto lufficiale
continua a mettere la propria esperienza professionale al servizio della
Forza Armata rimanendo per dietro una scrivania; ci si limita a svolgere esclusivamente lattivit minima di volo che consente di mantenere le qualifiche e le abilitazioni acquisite. Io ho quasi 47 anni e gi da
qualche anno ho dovuto, mio malgrado, ridurre drasticamente le ore
volate. Detto questo, inutile negare
che il passaggio dal seggiolino dellaereo alla sedia dellufficio un
momento molto delicato della vita di
un pilota: volare ogni volta emozionante e bellissimo. Io per sono
stato molto fortunato: fare il comando in un reparto di volo, come quello di Galatina, mi consente di rimanere in continuo contatto con lattivit di volo, anzi mi ha offerto lopportunit di acquisire nuove qualifiche,
come quella di istruttore di volo, e di
svolgere nuove ed entusiasmanti
esperienze quali quella di effettuare
attivit addestrativa con giovani allievi piloti. Non ho mai vissuto il mio
attuale incarico in maniera statica
come esclusivo disbrigo di pratiche
amministrative, questo non sarebbe
possibile in un reparto operativo e
non mi piacerebbe.
- Sicuramente lAeroporto Fortunato Cesari anche avamposto
per la difesa nazionale.
Non ha paura di eventuali
influenze negative dal momento che molti piloti stranieri imparano a volare
qui da noi?
La tradizione delladdestramento a Galatina risale
al 1946 quando venne costituita la Scuola di Volo. Pensi
che gi dal 1950 la base
ospita e addestra allievi stranieri e che questa capacit,
pur con fasi alternanti, stata costante nel lungo termine
ed ha conseguito sempre eccellenti risultati. Recentemente cresciuto il numero
dei Paesi esteri che hanno
dimostrato un forte interesse
nei riguardi delle capacit
addestrative del 61 Stormo
e conseguentemente il Reparto stato al centro di un
importante processo di ristrutturazione, anche in
chiave multinazionale, che si
concretizzato nella predisposizione di tutte le attivit
volte a far s che la Base fosse in grado di offrire, oltre

Galatina, 2006, Aeroporto Fortunato Cesari: il col. pil. Umberto Rossi,


allepoca comandante del 61 Stormo, e il col. pil. Paolo Tarantino, allepoca comandante delle FrecceTricolori, per il Sessantennale dellascuola di Volo

ad un efficace addestramento di fase


2, 3 e 4, anche strutture logistiche
(mense, alloggi, infermeria, ecc.),
personale e manuali idonei ad accogliere allievi di altre nazionalit. Attualmente la Scuola di Volo di Galatina candidata per essere la sede
della Scuola Europea di Addestramento al Volo Militare (EACT - European Air Training Center). Naturalmente gli allievi e gli istruttori
stranieri assegnati alla base aerea di
Galatina appartengono a Paesi alleati o amici dellItalia e giungono
alla nostra Scuola in forza di accordi
bilaterali stabiliti a livello centrale.
La nostra ragione sociale di addestrare allievi, italiani e stranieri, cos
come nei nostri compiti rientra anche
il ruolo di concorrere, con gli assetti
in dotazione, alla difesa nazionale.
Lavoriamo per il Paese e facciamo
quello che il Paese ci chiede di fare.

Donato Cascione: Senza titolo


(grafite - cartoncino, cm. 35x50, 1985)

- A proposito, quanto rende allo


Stato italiano laddestramento di
piloti stranieri?
una domanda a cui non so rispondere con precisione: questi elementi rientrano negli accordi che lItalia stipula con le Nazioni che decidono di mandare i propri allievi piloti ad addestrarsi qui nel Salento.
Quello che posso dire con ragionevole certezza che la crescita, soprattutto in chiave internazionale,
dellAeroporto di Galatina si riflette
sul territorio circostante e sulla comunit con indubbi ritorni positivi in
termini di sviluppo economico. Le
modalit attraverso cui questi benefici si concretizzano, sono molteplici:
Le posso portare lesempio delle tante ditte locali che effettuano lavori in
Base ma anche quello dei sempre pi
numerosi allievi stranieri che acquistano beni e servizi in provincia di
Lecce. Meno tangibili, ma
forse ancor pi rilevanti,
sono i benefici che si ottengono nel campo delle relazioni internazionali.
- Per concludere, quali
sono i compiti attuali della Scuola di Volo e quale
ruolo chiamata a svolgere in futuro, dal momento che dal 10 maggio
scorso cambiato lo
stemma di Reparto e
quindi la mission ed in
relazione alla ristrutturazione della Forza Armata?
Effettivamente lo scorso 10 maggio cambiato
lo stemma del Reparto:
possiamo dire che il pinguino ha lasciato il posto
allaquila. Levento ha celebrato un cambiamento
formale che tuttavia ha rispecchiato una modifica
sostanziale: il cambio della mission del Reparto. Il
61 stormo non pi solo
una Scuola di Volo e due
sono stati i principali fatto-

ri di trasformazione: il nuovo sistema di addestramento adottato dalla


Forza Armata che ha assegnato un
ruolo centrale alla Base, facendola
assurgere a centro di formazione internazionale per piloti da caccia; il
secondo elemento certamente stato
lintroduzione del nuovo velivolo
trainer, il T-346A che, rispetto al passato anche recente, rappresenta una
vera e propria rivoluzione, sia per le
eccezionali prestazioni che in grado di fornire, sia per la innovativa filosofia addestrativa imperniata sullattivit a terra tramite gli avanzati
sistemi di simulazione, con considerevoli risparmi di risorse. La fase 3,
oggi qui a Galatina, viene svolta
esclusivamente dai piloti destinati alle linee aerotattiche che, una volta
acquisita la prestigiosa aquila turrita, si fermano ad effettuare anche la
fase 4 sul velivolo T346. Laeroporto
Fortunato Cesari sta dunque vivendo un momento di profonda trasformazione. Ma un cambiamento che
si realizza nel segno della continuit:
guardiamo al futuro, andiamo avanti salvaguardando con forza le nostre
radici.
- Cosa le rester del Salento quando in futuro sar chiamato a ricoprire nuovi maggiori incarichi?
Il mio primo ricordo di questa
terra, oltre al meraviglioso paesaggio ed allo splendido clima, sicuramente legato allaccoglienza del territorio. La gente salentina mi ha accolto, ora come allora, con grande
affetto e con un senso di ospitalit,
probabilmente innato per questo territorio, che mi stanno facendo vivere
lattuale periodo di comando, con
grande serenit. La stragrande maggioranza del personale militare e civile in servizio in aeroporto, e le loro
famiglie, sono parte numericamente
importante della comunit salentina.
Va, pertanto sottolineato come leccellenza che in pi ambiti ci viene riconosciuta, sia frutto del lavoro di
tutti i giorni di quel personale, della
sua competenza e della passione che
lo anima, e lo porta ad indossare con
orgoglio luniforme azzurra. Sono
stato adottato dal Salento e sono certo che, anche quando torner in questa terra non pi da Comandante
dellaeroporto di Galatina, la gente
di questa straordinaria terra mi far
sentire sempre a casa mia.
Saluto il col. pil. Paolo Tarantino
con la consapevolezza di aver incontrato una persona schietta, vera e
orgogliosa di servire lItalia. Il momento storico che viviamo non dei
migliori per sentirsi orgogliosi di essere italiani, ma Paolo Tarantino si
nutre dellappartenenza ad un Paese
che, pur manifestando mille difetti,
ha mille pregi.
Rossano Marra

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Itali(e)ni! (Centocinquanta
e non sentirli)

q PAOLO VINCENTI

Fratelli dItalia, fratelli gemelli,/ in alto i


calici e brindiamo/ a questi centocinquantanni cos belli!/ Centocinquanta, ne porta sul groppone,/ centocinquanta la gallina canta,/ la nostra vecchia nazione,/ gallina vecchia
che fa buon brodo,/ come dire: se li porta bene!./ Sorelle dItalia, sorelle gemelle,/ festeggiamo tutti insieme stasera,/ fra manager, tronisti
e modelle,/ lItalia s desta e pippa forte,/ per
non essere da meno, pippa anche tu,/ pippa e gratta, contro la malasorte/ in questo party esclusivo, solo vip,/ ce la godiamo e tiriamo davvero/
su con il naso e gi con la zip/ e stretti stretti,
balliamo tutti insieme,/ in questo gran reality
show,/ il nostro famoso ballo nazionale:/ No
Martini? No party!/ Ma se no bunga bunga, allora,/ ahi, ahi, ahi!, il tuo regalone non scarti./
Fratelli coltelli e Sorelle bandieradel Belpaese/ stringiamci a coorte perch/ c da pagare il
mutuo a fine mese./ In questo bel palazzo rinascimentale,/ in cui si mangia e si beve, stasera,/ si decidono i destini della Nazione/ Il menestrello intona le arie napoletane,/ ohi core e chistu core,
cha da pagare pure lui la pigione/ la sosia di
Marylin improvvisa pop art,/ e fra nani bagonghi
e stilisti concupiscenti,/ le ballerine di burlesque,
in versione smart,/ fasciate di morbido chiffon,/
quando si shampagna in allegria,/ lanciano mortaretti e cotillon/ e mentre una finta musica ripete
il suo loop,/ fra nani pestiferi e giornalisti adoranti,/ si sfregano le mani gli inventori di scoop./
Quando da dietro un separ, il calciatore,/ ebbro
di tanto piacere,/ esce insieme alla sua Biancaneve,/ e lassessore, preso dal groove, fa stomp!,
stumb!,/ fra nani ruffiani e chirurghi striscianti,/ si
sbrodola il costruttore di sgub,/ ovvero losceno del villaggio che si crede Dio/ e sotto gli effetti devastanti del prof,/ grida: vi distruggo, come vi ho creati, io!/ Fratelli dItalia, siam 150 o
151?/ che importa, tanto in questa festa,/ noi tutti
ci sentiamo qualcuno./ In questo bel palazzo rinascimentale,/ in cui sfilano virt locali e vizi capitali,/ si incrociano i destini della Nazione./ In
questa all night long, non spinga!, prego dott,/ fra nani intriganti e sindacalisti riverenti,/ ci
mancava solo il fox trot./ Ed ora ciascuno d il
meglio di s,/ fratelli bandiera e sorelle materassi,/ ors libiamo libiamo perch,/ tempo di festeggiare,/ fra letterine e letteronze,/ la
nottata dovr passare./ E anchio voglio cantare,/ ormai fatti lItalia e gli Italiani,/ e unirmi al
coro della nazione./ E dalle Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno/ ognuno intoner la
canzone,/ per gridare evviva il popolo italiano!/ e dagli Appennini alle Ande, il fulmine
terr dietro al baleno,/ quando tutti in coro grideremo/ evviva il popolo italiano!/.
Fra citazioni dallInno dItalia di Mameli,
delle Sorelle Bandiera (Fatti pi in l), della
Traviata di Giuseppe Verdi, di Aldo Palazzeschi (Sorelle Materassi), Alessandro Manzoni
e Edmondo De Amicis, questo brano bislacco,

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scritto e pubblicato qualche anno fa, prendeva a


pretesto la ricorrenza dei Centocinquantanni dellUnit dItalia, festeggiata con grande pompa, cerimoniere lallora Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano. Nella dilagante e spesso vuota retorica sullimportante ricorrenza storica, il
brano per contrasto era dettato dal demonietto che
sempre si agita fra le pieghe, da uno spirito goliardico, irriverente, che anima molta parte dei
miei scritti. Nel pezzo, prendevo di mira quel fenomeno di massa che era il Berlusconismo imperante, che oggi, secondo molti analisti politici,
sociologi e massmediologi, stato soppiantato dal
nascente Renzismo. Sempre fermo che questo
paese abbia bisogno di un ismo cui affidare la
deriva culturale in atto, di favorire e incoraggiare
il culto della personalit a qualsiasi livello e in
ogni ambiente, politico, sociale e lavorativo.
Itali(e)ni avevo titolato il brano, perch agli
occhi del mondo davvero alieni a volte possiamo sembrare, talmente accentuati sono i nostri vizi, le nostre idiosincrasie, manie. Itali(e)ni sono
infatti i truffatori, i professionisti del raggiro, dellimbroglio, i fuoriclasse della menzogna, della simulazione e dissimulazione (soprattutto in politica, Machiavelli docet), i campioni del fotti fotti,
finti medici e avvocati, stregoni, ciarlatani, ciurmatori. Gli ipocriti, i sepolcri imbiancati, i vecchi
tromboni: Itali(e)ni! In un altro brano, Festa italiana, tratto dallo stesso libro di qualche anno fa,
scrivevo: Ma ora tempo di abbracciarci,/ dalle
Alpi alla Sicilia,/ perch trattenerci?/ In questa festa eccezionale,/ tra una starlette e un portavoce,/
si canta e si balla tutti insieme;/ fra re e regine di
cuori,/ in questa sera magica,/ tintinnano i bicchieri./ Volano i coriandoli e scoppia un petardo/
che tira su il morale/ al borbonico e al savoiardo,/
e fra un giornalista che va e uno scrittore che viene,/ per questa ricorrenza/ si da fondo al nostro
buonumore./ E mentre la notte ritorna su se
stessa,/ fra modelli pentiti e visagisti recidivi,/ si
riaccende ogni speranza repressa./ Ce labbiamo
fatta, evviva!,/ con le sue labbra al silicone/ grida
la diva,/ mentre il direttore per tenersi su,/ di fronte alle meteorine,/ fa scorpacciata di pasticchine

Donato Cascione: Senza titolo


(grafite - cartoncino, cm. 70x50, 1987)

blu./ Della festa, protagonista assoluto,/ col suo


mantello nero,/ il Cavaliere mascarato fa un saluto,/ e fra unentrata e unuscita,/ il macho gay
con la sua voce roca/ grida: evviva la vita!;/ e fra
un promoter che va e un regista che viene,/ in questa festa italiana,/ ci si augura ogni bene/ noi qui
si fa la storia,/ quando il popolo in coro/ grider:
W lItalia!/. Lopinionista e il commendatore,
il sindaco e il carabiniere, il tronista e il finanziere: dico, scherziamo? Itali(e)ni! Come itali(e)na
la tipica espressione lei non sa chi sono io!, pronunciata da chi vanta un credito sproporzionato,
oppure amicizie o relazioni altolocate.
Itali(e)na la nostra classe dirigente. Abili
mentitori, puttanieri, ignoranti, colorati e folkloristici: cos mediamente, i rappresentanti politici di
casa nostra. Itali(e)na la battaglia sulluscita dalleuro e dallEuropa che alcune forze politiche
conducono. assurdo scaricare ogni responsabilit sulla Germania ed accostare limmagine della
Merkel con quella di hitler evocando pericolosi
accostamenti storici (in questo caso, anche la Germania si rivela un po itali(e)na poich laccostamento stato fatto, qualche settimana fa, sulla copertina del settimanale Der Spiegel). Se lEuropa germanocentrica, come accusano i piccoli
politici no euro italiani, ci non sar certo ascrivibile a demerito della Germania. Se la Germania
ha la prima economia europea, chiaro che gli altri Paesi devono andare a rimorchio. E non sar
mica una colpa se la Cancelliera Merkel una statista di proporzioni gigantesche ed i nostri politici
non sanno nemmeno farsi nani sulle spalle dei
giganti, come diceva Bernardo di Chartres (il
quale si riferiva al debito della cultura del suo
tempo nei confronti della cultura classica). La
Cancelliera tedesca svolge bene il proprio compito, cio tutelare gli interessi della Germania. Se
lazione riformatrice del Governo Renzi, oltre ai
conservatori scontenta gli stessi riformisti, ci sar
una ragione, che va cercata nel merito delle riforme proposte e non nella meschinit di cui il Premier accusa i suoi rivali. Cio, la meschinit degli
avversari politici di Renzi (specie quelli del suo
stesso partito) del tutto evidente, ma un presidente riformista come lui non pu farsene scudo per una sterile difesa dufficio, ma dovr ben
passare al contrattacco.
Facile ottenere il consenso puntando sui bassi istinti, sulla pancia della gente, come fanno
gli esponenti della Lega Nord. Chiaro che la
paura del diverso, un serpeggiante sentimento di
xenofobia che fa presto a trasformarsi in odio
cieco e violento nei confronti di tutti gli stranieri, lignoranza diffusa, la superficialit di questi
tempi in cui siamo bombardati dalla comunicazione di massa, siamo informati su tutto ma non
conosciamo niente, una certa bassezza tutta italiana e la propensione a seguire chi si ritiene pi
forte, siano le armi vincenti che utilizzano i catturatori del consenso, i manipolatori delle masse. Molti di questi trappolatori sciorinano nu-

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15
meri e percentuali, sondaggi manipolati e truccati,
messaggi subliminali, per convincere e persuadere, varano manovre economiche propagandistiche
allo scopo di legittimare il proprio potere e conservarlo pi a lungo. Populismo e becera demagogia sono la loro caratteristica. Certo, Itali(e)ni sono anche gli elettori che votano questi bagatellieri.
Qualche anno fa il comico Corrado Guzzanti
celiava: se i partiti non rappresentano pi gli elettori, cambiamoli questi elettori. oggi tutti i partiti sono cambiati ma purtroppo non sono ancora
cambiati gli elettori, e questo un guaio molto itali(e)no. E allora, con Lubrano, la domanda sorge
spontanea: sono pi Itali(e)ni i politici oppure gli
elettori che li votano? Antonio Lubrano, appunto,
conduceva una vecchissima trasmissione che si intitolava Diogene (al servizio del consumatore).
Come si sa, Diogene era un filosofo cinico dellantica Grecia, che aveva la stramba abitudine di
andare in giro dentro una botte, con una lanterna in
mano perch, cos dice la leggenda, egli cercava
luomo. Bisognerebbe cercare luomo dunque,
anche oggi, fra supertestimoni pentiti di mestiere e
giudici dassalto, fra modelle anoressiche e vacui
presentatori, calciatori superpagati e arbitri corrotti, politici corruttori e imprenditori concussi. Itali(e)ni? Certo, Itali(e)ni doc! E anche dop, igp e
stg, come la mozzarella e laceto balsamico di
Modena, il Chianti e il Grana padano, il pane di
Matera e la Fontina, e come il pecorino sardo
(ehia!).
A volte, un po per macabra curiosit (come
quella dei turisti alle villette dei delitti), un po per

quel gusto dellorrido quotidiano che contagia il


mio divertimento intellettuale, vado su Youtube e
scrivo liti furibonde in tv, per recuperare quanto della televisione spazzatura mi sono perso negli
ultimi giorni. Trovo scene tratte dalle trasmissioni
politiche italiane, i cosiddetti talk show. Inutile dire che il re incontrastato delle liti e delle volgarit
in tv, limperatore della parolaccia e dellinsulto,
vero osceno del villaggio, Vittorio Sgarbi. Di
lui non ci si stupisce pi. risaputo che quando
va in trasmissione, nel giro di pochi secondi, si
scatena un putiferio indicibile a beneficio di auditel. Viene invitato apposta dagli autori. Ma comunque uno spasso ascoltarlo, bava alla bocca e
occhi fuori dalle orbite, gorgogliare invettive, imbottito di sostanze (?) e perso nel suo delirio di onnipotenza; quasi pi divertente dei salti dei finti
indemoniati liberati dalla possessione sotto gli occhi delle telecamere o del video della tossica che si
contorce sotto gli effetti del Krokodil, la cosiddetta droga del cannibale. Insieme a Sgarbi, nella
fauna che si annida nel tubo catodico, trovano spazio come protagonisti di plateali litigi e risse, altri
personaggi, come linsulsa Alessandra Mussolini,
la pitonessa Santanch, il saccente Brunetta, il
ridicolo Gianpiero Mughini, lirritante Gianni
Barbacetto, ex direttore de Il fatto quotidiano,
laltrettanto antipatico direttore di Libero Maurizio Belpietro, ecc. ecc.
Itali(e)ne sono alcune forme di dipendenza come quella dalla droga, quella dal sesso e quella dal
gioco. La pornografia, attraverso Internet, diventata una vera e propria ossessione negli ultimi an-

ni e ben simboleggia il clima di neo decadenza in


cui si dissolve la perdita di ogni valore e punto di
riferimento. Viene equiparata alla tossicodipendenza, indotta da sostanze chimiche endogene, rilasciate dallorganismo di fronte alle immagini stimolanti del porno, nel recente libro di Mark B.
Castleman e Tullio DeRuvo Lultima droga. La
pornografia su Internet e il suo impatto sulla mente (Il Grande Noce). Gli autori indicano i pericoli che possono derivare da questa psicopatologia,
in primis per i bambini nelle forme della pedofilia,
ma anche per le donne che diventano vittime come donne oggetto e per gli uomini che diventano
nevrotici compulsivi alienati. La pornografia alimenta il crimine, affermano, Il pomo un killer
silenzioso. Del tutto itali(e)ne sono alcune forme
regressive, perversioni sessuali, determinate dal
consumismo e dalla mercificazione, le degenerazioni di questa sorta di pansessualismo, per dirla
con Freud, o di pansessualit secondo le teorie
di Mario Mieli nei suoi Elementi di critica omosessuale. Esse sono: lesibizionismo, il voyeurismo, il feticismo, il sadomasochismo e appunto la
pedofilia. Del pari, insidiosa la ludopatia, la dipendenza dal gioco, di cui secondo alcuni dati soffre il 3% della popolazione nazionale. Itali(e)na
la sterile moda del selfie,che ha contagiato tutti.
Una scarica di selfie al giorno toglie lo psichiatra
di torno. Un selfie al secondo fa pi bello il mondo. E allora pi selfie per tutti! Nella post ideologia dellepoca renziana, una risata col selfie vi seppellir.
Paolo Vincenti

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Parenti serpenti

(poesia in dialetto di Galatina)

q TONIO MORELLI

Lu Tore scia dicendu ca era natu sfurtunatu,


perc de la vita sultantu cuai ia ricevutu,
ma ca crazie a Diu n parte avia superatu,
se puru c laiutu de nu parente nteressatu.

Laiutu ca llu bisognu ia ricevutu,


c laffettu e addhi modi ia ricumpensatu,
ma ci de la riconuscenza sua ia beneficiatu,
senza nuddhu scrupulu lavia malangatu.

Parenti linguacciuti pe nvidia e gelusia,


scianu offendendu la dignit de la persona sua
e puru la moralit, virt de tutta na vita,
scianu criticandu c cattiveria inaudita.

C lingua biforcuta comu quiddha de li serpenti,


scianu semanandu buscie a tutti i quattru vienti,
ca pe na eredit de pocu o quasi nienti,
eranu tutti quanti smaniusi pretendenti.

Scianu semanandu zizzania tra parenti


e cuntavanu buscie a lamici e conuscenti,
ca pe lu tornacuntu, loru unica ragione,
de nu galantomu nfangavanu la reputazione
.
De quandu la morte la mujere glia rubatu,
la casa de riposu, lu Tore, ia sempre rifiutatu
e la vita sua, de vecchiu afflittu e malandatu,
pe le cure e lassistenza a na badante ia affidatu.

Donato Cascione: Senza titolo


(tecnica mista - cartoncino, cm. 55x45, 1989)

Quandu puru lu Tore stu mundu ngratu ia lassatu,


lu patrimoniu s a lla badante avia dunatu
e tutti ddhi parenti ngordi, nfami e criticanti,
rrimasera c locchi chini e le mane vacanti.

Intru llu testamentu ia lassatu scrittu:


Leredit nunnede nu dirittu de lu parentatu,
ma ede nu cumpensu sacrusantu, giustu, meritatu,
pe ci c sacrifici e lu rispettu si lave guadagnatu.

addhi
avia
ca
chini
ci
comu
c
cuai
compensu
cuntavanu
glia
ia
intru
lave
mane
na
ngordi

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Note
= altri
nu
= uno
= aveva
nuddhu
= nessuno
= che
nunnede = non
= pieni
pe
= per
= chi
perc
= perch
= come
puru
= pure
= con
quiddha = quella
= guai
rrimasera = rimasero
= compenso, ricompensa
scia
= andava
= raccontavano, parlavano
scianu
= andavano
= gli aveva
semanandu= seminando
= aveva
si
= se
= dentro
so
= suo
= lo ha
stu
= questo
= mani
Tore
= Salvatore
= una
vacanti
= vuote
= ingordi
vienti
= venti

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 70x60, 1990)

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15
Stranezze: ognuno a suo modo
q ROBERTO CAL
Massimo ha settantuno anni ed un
pianista favoloso. Compone musica
da quando aveva dieci anni. ha studiato per cinque anni ma odiava suonare quella degli altri. Si inventato
un originalissimo modo di scrivere
gli spartiti usando versi che formano
poesie. Lui ricava le note dalle parole e con le metafore fa virtuosismi
brillantissimi. un miracolo di virt!

Elena ha trentanni ed una giornalista sportiva. Non segue mai la partita di calcio di cui scrive, non conosce i nomi dei calciatori di tutte le
squadre n le regole del gioco. Eppure i suoi articoli vengono letti da
moltissimi tifosi. Come fa? Il segreto che si fa aiutare da sua figlia di
quattro anni che una bimba prodigio ed lei che detta alla madre ogni
azione, e tutta la descrizione della
partita. La bambina per vuole la paghetta.

Amabel ha trentasei anni. tedesca


ed un ministro. Sinteressa distruzione con particolare attenzione alluniversit. ha proposto una legge
per cui i migliori studenti di ogni facolt, debbano scambiarsi i ruoli tre
volte lanno con i docenti in modo
che anche questultimi facciano gli
esami per poter continuare ad insegnare. I voti messi dagli studenti
hanno valore effettivo. Se i docenti
non dovessero superare almeno due
esami ogni anno, verranno sostituiti.

Nestor ha ottanta anni. uno scultore greco. Gli piace molto scolpire gli
scogli vicino al mare. Da quando fa
questo mestiere, ha scolpito per cinquanta chilometri di costa, fiori, alberi, piante, creando un contrasto
splendido.

Marcello ha trentasette anni ed un


comico molto apprezzato. In realt
lui un depresso cronico e per poter
far ridere, racconta la sua malattia. Il
pubblico, pensando ad una finzione,
si fa delle grandi risate anche quando
evidente lo stato di malattia. Tutti
credono che stia recitando molto bene la sua parte, che non inventata
ma vera come le sua depressione.
Ci che fa ridere proprio il viso
spento e la convinzione di quanto sia
bravo a fingere. Marcello malato e
la sua malattia fa ridere perch viene
valutata come arte comica.

Arianna ha sedici anni ed una studentessa del liceo classico. Prende

ottimi voti solo che lavora alluncinetto in classe. Il preside glielo ha


permesso perch in grado, con la
stessa e potente attenzione e concentrazione, di seguire le lezioni e lavorare. I suoi lavori poi li vende per
guadagnare qualcosa da spendere
per i suoi divertimenti.

Rodrigo ha quarantasette anni.


brasiliano ed un cacciatore a tempo
perso. Lui non uccide assolutamente.
Quando raccoglie le sue prede leggermente ferite, le porta a casa e le fa
curare dai suoi bambini che non
avendo giochi per povert, si divertono a medicare gli animali come se
fossero pupazzi. Sono molto bravi.
Da un lato si divertono, dallaltro imparano ad amare.

Leon ha dieci anni ed un bambino


polacco. nato il 2 aprile 2005, giorno della morte di Giovanni Paolo II,

allo stesso orario. Sente dentro di s


la continuazione della vita del grande uomo come se si sia riversata su
di lui. convinto che diventer Papa
anche se non ha intenzione di prendere la via religiosa e non crede in
Ges.

Betty ha ventuno anni ed una pallavolista inglese. Le battute sono la


sua passione. In seguito alloperazione di una mano quando era piccola,
che le ha modificato lossatura, ora,
con un forte colpo, la palla prende un
effetto straordinario che sette volte
su dieci entra in campo lasciando
limpossibilit di prenderla. Le altre
tre volte esce fuori rimbalzando sui
corpi delle avversarie.

Alberto ha sessantanni ed un fotografo marino. Si immerge nel mare e scatta decine di foto a delle modelle in costume che assumono posi-

zioni diverse come nei normali studi


fotografici. Raggiungono profondit
di venti metri in apnea. E i pesci stanno a guardare.

Alessandro ha ventotto anni ed un


bugiardo nato. schizofrenico ma
finge di essere perfettamente sano.
Nessuno si mai accorto della sua
malattia molto grave. Lunico che
laveva diagnosticata, ed era a conoscenza, era il suo psichiatra che
morto. Adesso Alessandro uno
psicologo e riesce a fingere con tutti i suoi colleghi e pazienti che lo stimano molto per il suo equilibrio
mentale.

Nasira ha ventitr anni ed una


campionessa di corsa ad ostacoli araba. una non vedente ma che con il
suo Scott, un cane labrador, riesce ad
uguagliare gli atleti vedenti. Corre
come il vento e i suoi occhi sono
quelli di Scott, che per un particolarissimo affiatamento con la padrona,
la guida in velocit e lavverte dei
vari ostacoli con abbai diversi a seconda dellostacolo da superare.

Baba ha trentuno anni ed un cantante africano. Canta nella sua lingua


canzoni italiane tradotte. Ama Franco Battiato e propone tutto il suo repertorio. ha una bellissima voce ed
un creativo. I suoi musicisti usano
solo strumenti ritmici ma Baba in
grado di dare a ciascuna canzone
uninterpretazione simile alloriginale che emoziona tutto il suo vasto
pubblico.

Francesco ha quarantanove anni ed


un cardiochirurgo. Quando opera,
alza tutto il volume di una radio. La
musica lo ispira molto e le sue mani
diventano particolarmente morbide e
con esse lavora molto bene. Il suo
animo si carica d grande energia e la
concentrazione massima per cui
non sbaglia mai un intervento.
Elena ha sedici anni ed una tennista. ha solo un braccio che lo usa in
maniera stupefacente. Affronta sul
campo persone con due braccia, alcune molto brave, ma Elena ha una
tale forza nel suo arto e unagilit,
che spaventa le avversarie per la potenza dei suoi colpi e per la capacit
di usare la racchetta in modo assolutamente preciso e snodato. Sembra
che laltro braccio esista ma che sia
invisibile.

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mente a fare calcoli complicatissimi
in poco tempo. Ma il suo pi terribile avversario sua figlia di sette anni
che spesso lo batte nelle sfide. Lui si
vergogna ed invidioso e arrabbiato,
ma essendo la propria figlia, che ama
molto, le affida parte del suo lavoro
scientifico e divide con lei lo stipendio. Naturalmente la piccola che in
un secondo divide il compenso per
due perch non si fida del padre.

Giovanni ha cinquantadue anni ed


un pescatore molto particolare.
ha riempito una normale piscina
di pesci e li pesca solamente per
dar loro da mangiare. Una volta
che il pesce ha preso lesca, Giovanni subito gli toglie lamo dalla
bocca e lo ributta in acqua. Cos fa
con tutti finch si saziano e lui si
diverte come i suoi cari amici.
Roberto Cal

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 100x80, 1990)

Silva ha quarantasette anni ed


uninsegnante finlandese. Lei non
mette mai voti agli studenti, n agli
scritti n agli orali. Lei giudica dando
baci. Quando la prestazione scarsa,
niente bacio. Se sufficiente, un bacio sulla guancia. Se buona, su tutte e due le guance, se ottima, un bacio sulla bocca. In questo modo Silva dice che la motivazione a studiare, aumenta.

Barid ha novantadue anni. un venditore di fiori albanese. Lavora presso un piccolo cimitero da pi di set-

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tantanni. ha un negozio vicino al


viale e tutti comprano i fiori da lui. I
clienti vanno con la fotografia del caro o dei cari defunti, e Barid sceglie i
fiori che pi si addicono perch conosce la maggior parte di chi non c
pi e sa quali tipi di fiori desideravano. Lui, fa lunghe passeggiate nel cimitero e quando vede lapidi nuove, si
ferma, si concentra sul viso e sceglie
il fiore adatto. Lo chiamano Il fioraio che sa.

Luca ha trentanove anni ed un bravissimo matematico. Riesce con la

Donato Cascione: Senza titolo


(acrilico su tela, cm. 100x80, 1990)

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