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Le persone, l’attività economica e l’economia aziendale

LA CENTRALITÀ DELLA PERSONA E DELLE SOCIETÀ UMANE


Le persone perseguono molteplici fini, tale perseguimento suscita bisogni. Per soddisfare tali bisogni
occorrono dei beni economici. Le persone svolgono l’attività economica per produrre e consumare i beni
economici.

L’attività economica si manifesta prioritariamente nel lavoro ed è svolta dalle persone e per le persone,
persone che si uniscono in società umane.
Ogni teoria economica è fortemente influenzata dalle ipotesi circa la natura delle persone e dei gruppi di
persone → le persone sono spinte da motivazioni non solo economiche e non solo egoistiche e sono membri di
società umane. Sul piano concettuale ciò significa elaborare una teoria economica aziendale intrinsecamente
multidisciplinare, una teoria che ingloba contributi di psicologia, sociologia e etica; sul piano pratico significa
tentare di produrre una teoria che aiuti concretamente a comprendere e a guidare l’attività economica in
armonia con i valori delle persone e delle società umane.

Le persone inoltre sono membri di istituti: le famiglie (prestano del denaro alle imprese e lavorano per loro in
cambio di una retribuzione che permette loro di acquistare beni e servizi. Inoltre prestano del denaro allo
stato ma, allo stesso tempo pagano tasse, imposte e prestiti), le imprese (producono beni e servizi grazie al
lavoro delle famiglie, ottengono prestiti dallo stato e pagano imposte, tasse e prestiti), lo stato (presta denaro,
produce dei servizi di pubblica utilità e amministra le tasse, imposte e i prestiti) e gli istituti no profit.

I BISOGNI
Il bisogno è un’esigenza di un bene necessario agli scopi della vita, si
manifesta come un desiderio e rappresenta un senso di mancanza →
ogni teoria economica si fonda su una teoria di bisogni: la teoria
economica trae da altre discipline le conoscenze sui bisogni delle
persone e ne elabora gli aspetti rilevanti per l’attività economica di
produzione e di consumo.
Essi si dividono in: naturali e sociali, e in essenziali (primari) e
voluttuari (secondari).
I bisogni naturali sono suscitati dalla componente biologica delle
persone (alimentazione, riposo), sono universali mentre i bisogni
sociali indicano i bisogni sociali, etici, estetici e religiosi, sono quindi
bisogni suscitati dalla sfera spirituale delle persone.
I bisogni essenziali rappresentano i bisogni primari mentre quelli voluttuari sono influenzati dalle mode e dal
formarsi di gruppi.
Si pongono in gerarchia (in relazione ai redditi disponibili, ai gusti e alle preferenze → l’ordine è abbastanza
rigido per i bisogni e per i redditi più bassi), sono dinamici (in quanto variano nel tempo).
* nelle imprese le scelte di volumi e di qualità dei beni da produrre sono basate sulle ipotesi riguardanti i
bisogni dei clienti intermedi e finali.

I BENI
I beni economici sono le merci e i servizi utili per il soddisfacimento dei bisogni delle persone e sono scarsi
rispetto alle esigenze delle persone.
I beni non economici o liberi non sono scarsi, sono liberamente disponibili in quantità e in qualità sufficienti
rispetto alle esigenze di tutte le persone che ne sentono il bisogno.

Essi si dividono in:


- Primari (essenziali) e voluttuari (secondari)
- Complementari (beni che, per essere usati, richiedono la presenza di un altro bene (matita e gomma)) e
fungibili (bene che può essere utilizzato sostituendone un altro avente la stessa funzione (miele e
zucchero))
- Differenziabili (beni che possono essere distinti da altri in base alla qualità e al prezzo (telefoni) -> la
differenza è percepita dall’uomo (anche in base ai gusti)) e non differenziabili/commodity (’uomo non
percepisce la differenza in senso qualitativo tra due beni (benzina, energia elettrica))
- Di consumo (bene che viene utilizzato una sola volta (pizza)) e strumentali (strumento per realizzare il
bene, solitamente ha una durata superiore rispetto al tempo impiegato per produrre un bene (forno))
- A utilizzo singolo (una volta utilizzato non può essere riutilizzato) e durevoli (può essere usato molteplici
volte)
- A consumo individuale (un bene è utilizzabile solo dal singolo (panino)) e a consumo collettivo (un bene
che può essere utilizzato da più soggetti (cinema))
- Privati (beni erogati da aziende private) e pubblici (beni erogati dallo stato, il quale ritiene che essi
svolgano un servizio utile per tutta la collettività (università))
I BENI DI GIFFEN
- Bene inferiore: all’aumentare del prezzo si passa da un bene di qualità inferiore ad uno di qualità superiore
(pasta)
- Bene normale: all’aumentare del reddito aumenta anche il consumo (vacanze)
- Bene di pregio -> all’aumentare del prezzo aumenta anche il suo utilizzo perché viene percepita una
qualità migliore (unicamente in base al suo costo). Il valore di questo bene è associato al prezzo (vino)
- Bene di Giffen -> beni che vengono acquistati nonostante il loro costo per determinati necessità e fattori
(acquisto delle patate, perché saziano maggiormente). Il prezzo non è l’unica variabile, gli altri fattori
incidono maggiormente

L’ATTIVITÀ ECONOMICA
L’attività economica (produzione e consumo di beni economici) si svolge mediante varie classi di operazioni:
1. Operazioni di trasformazione tecnica (fisica, spaziale, logica) delle materie prime, degli impianti, dei dati
e delle conoscenze → imprese manifatturiere: apprestamento di impianti; imprese commerciali trasporto;
imprese assicurative: posizioni di debito/credito; famiglie: conservazione e produzione di bei alimentari.
2. Operazioni di negoziazione di beni privati (alimenti) e pubblici (erogati dallo stato), lavoro (prestato dalle
persone), capitali (di prestito e di rischio) e coperture di rischi (contratti di assicurazione).
3. Operazioni di configurazione e di governo degli istituti: configurazione dell’assetto istituzionale,
organizzazione, rilevazione e informazione

PRODUZIONE ECONOMICA DI BENI DI REDDITI


La produzione economica (svolta da tutte le imprese) comprende le operazioni tipiche delle varie classi di
imprese:
- produzione di merci (imprese manifatturiere, estrattive e agricole)
- Produzione di servizi (imprese di trasporti, turistiche, di consulenza, della salute e dell’istruzione)
- Svolgimenti di negoziazioni di beni (imprese commerciali), di capitali (banche e altri intermediari
finanziari), di rischi (compagnie di assicurazione).
Il fine delle imprese è la produzione di remunerazioni:

La produzione economica (produzioni di merci e servizi, svolgimenti di classi di negoziazioni) non è il fine
dell’impresa ma la funzione caratteristica che svolge nelle economie di mercato → il fine è la produzione di
remunerazioni del lavoro e del capitale di rischio. Esso è perseguito dalle due categorie di persone che hanno
il massimo rilievo per la formazione e per il governo dell’impresa = prestatori di lavoro e conferenti di
capitale proprio.

LE CONDIZIONI DI PRODUZIONE
L’attività economica si svolge con l’impiego di condizioni di produzione (fattori di produzione → elemento o
circostanza che contribuisce a rendere possibile la produzione economica dell’impresa) quali, materie prime,
componenti e servizi forniti da terzi; immobili, impianti, macchinari e attrezzi; lavoro, terra, bei pubblici e
liberi.
Le due condizioni di produzione qualificabili come primarie sono il lavoro e il capitale di risparmio → si
tratta di condizioni di produzione fondamentali per ogni impresa e sono condizioni la cui natura e le cui
modalità d apporto all’impresa sono tali da suscitare elle persone che le conferiscono interessi economici
primari nei confronti dell’impresa.
* soggetto economico = insieme delle persone che hanno interessi economici primari nell’impresa e che
hanno il diritto-dovere di governare l’impresa stessa.

LA PERSONA UMANA E L’HOMO OECONOMICUS


Si passa dall’homo oeconomicus (autonomo, egoista, motivato solo da redditi e ricchezza e in grado di
valutare tutto secondo razionalità assoluta) alla persona umana (membro di società umane, svolge l’attività
economica come mezzo e non come fine, opera secondo razionalità, la quale è limitata e dà valore a
solidarietà, lealtà e progresso).
La figura dell’homo oeconomicus è utile per spiegare dei fenomeni economici, allo stesso tempo porta ad
ignorare alcune manifestazioni essenziali della realtà economica portando ad analisi e a proposte non corrette
(rappresenta l’essenza economica della persona umana).

LA MASSIMIZZAZIONE DEL BENESSERE INDIVIDUALE


Le persone agiscono in modo tale da massimizzare il proprio benessere individuale (che non è solo benessere
materiale). Il loro comportamento è previdente e coerente nel tempo poiché esse fanno del loro meglio per
prevedere le conseguenze incerte delle loro azioni ( comportamento razionale). Le loro scelte sono
influenzate dai bisogni umani fondamentali, dai gusti, dal capitale personale, dalle proprie esperienze passate,
dai consumi passati, dalle abitudini e dalle dipendenze individuali, e dalle caratteristiche delle persone con le
quali interagisce, inclusa la cultura → capitale sociale.
Le scelte sono influenzate per lo più dal capitale umano complessivo = capitale sociale + personale.
LE DECISIONI INDIVIDUALI
L’attività economica comporta scelte e decisioni → lo studio dell’economia è lo studio delle scelte dei soggetti
che svolgono l’attività economica. Ci sono tre modelli utili per capire come le persone decidono:
1. Razionalità assoluta: il problema e gli obiettivi sono perfettamente chiari, tutte le informazioni sono
disponibili immediatamente e gratuitamente, i futuri stati del mondo sono perfettamente conosciuti, le
alternative sono tutte chiare, comparabili e valutate simultaneamente, il soggetto in questione è il decisore
unico e isolato, il quale sceglie l’alternativa migliore, cioè l’ottima → nella realtà però mai il problema è
perfettamente definito e l’obiettivo è uno solo, le informazioni sono disponibili sono in parte e sempre con
qualche ritardo/costo.
2. Razionalità limitata: il decisore parte da attese iniziali, una prima ricerca esplorativa porta a prime
alternative, il decisore valuta la prima alternativa, in base alla prima analisi modifica le proprie attese,
valuta in sequenza altre alternative e modifica le attese, si ferma e sceglie quando scadono i tempi e
quando la ricerca diventa costosa, sceglie la soluzione soddisfacente → tutto ciò non significa che il
processo e la scelta finale non siano razionali, semplicemente la razionalità è limitata e non assoluta: la
mente capta le informazioni ma, successivamente, le richiama e le interpreta influenzando le valutazioni.
3. Scelte a più attori in contesti organizzati: modello che sviluppa la teoria della razionalità limitata sulla
base di concetti di attori, problemi, soluzioni e occasioni di decisioni.

I BIAS
Comportamenti non razionali attuati da soggetti per prendere decisioni.
1. Della conferma: è una scorciatoia mentale errata nella quale si dà più rilevanza alle sole informazioni in
grado di confermare la nostre tesi iniziale (spesso quindi il confronto è sopravvalutato)
2. Euristica della disponibilità: consiste nel sovrastimare le informazioni a nostra disposizione
3. Effetto struzzo: spinge a dare maggior importanza alle sole informazioni a sostegno della propria tesi,
porta quindi a non osservare dati in contrasto con le proprie convinzioni
4. Della negatività: consiste nel dare maggior peso agli aspetti negativi rispetto a quelli positivi
5. Ancoraggio: consiste nel fare troppo affidamento sulle prime informazioni che vengono fornite

GRUPPI SOCIALI, NORME E RUOLI


Per il perseguimento dei loro fini, le persone umane interagiscono tra di loro sia occasionalmente, sia in forme
relativamente stabili e strutturate = società umane. Questo porta dei benefici individuali e collettivi, ma
richiede allo stesso tempo comportamenti appropriati.
Il comportamento delle singole persone è fortemente influenzato dalla loro appartenenza a gruppi sociali e a
collettività umane.
Gruppo sociale → composto da un piccolo numero di componenti (ciascuna persona, ha risorse limitate per
gestire le varie relazioni), si forma spontaneamente, è composto da persone che condividono i valori di
fondo, è orientato al perseguimento di un obiettivo comune, ha una propria struttura sociale interna, sviluppa
regole di comportamento implicite (= norme → la struttura è forte), è coeso e permane nel tempo (se si
sviluppa un equilibrio → in caso contrario si scioglie).
Attorno a ogni persona che occupa una certa posizione in una collettività umana si forma un sistema di attese
di comportamento: il ruolo. Il comportamento è fortemente condizionato da tale sistema di attese → il gruppo
è in equilibrio quanto i ruoli sono coerenti e complementari

I PROCESSI DECISIONALI COLLETTIVI


I processi decisionali si svolgono in società umane = spazi popolati da una pluralità di persone → Elementi:
razionalità limitata, casualità e ambiguità dei processi che si svolgono nelle società.
Per prendere delle decisioni entrano in gioco dei fattori importanti quali: le persone, i problemi da risolvere, i
poteri decisionali delle persone, la criticità attribuita dalle persone ai vari problemi, la validità percepita dalle
varie soluzioni e le occasioni di decisione.
Le decisioni da prendere sono in concorrenza tra loro perché ogni processo decisionale richiede l’impegno di
risorse limitate e scarse e perché le scelte che scaturiscono dai processi decisionali portano l’impiego di risorse
limitate e quindi di una scelta.
Le decisioni si prendono in tempi e luoghi chiamati occasioni di decisione che possono essere più o meno
codificate e alle quali partecipano le persone che nel loro insieme hanno le necessarie deleghe e
autorizzazioni per prendere quelle decisioni. Esse sono rappresentate come contenitori nei quali in modo
parzialmente programmato confluiscono persone, problemi e soluzioni → le persone portano i problemi ai
quali ciascuno attribuisce differenti priorità, il problema viene affrontato cercando concretamente una
soluzione (alla quale ognuno attribuisce una rilevanza e un’urgenza differente).

COOPERAZIONE, OPPORTUNISMO, FIDUCIA E ALTRUISMO


La ragion d’essere delle società umane è la cooperazione, essa produce la rendita organizzativa che spetta a
tutti coloro che hanno cooperato. L’imperfetta conoscibilità degli input, dei comportamenti e degli output dà
spazio a comportamenti opportunistici (egoisti e astuti) che sono causa ed effetto della sfiducia degli altri.
La fiducia nasce da ripetuti comportamenti reali e cooperativi → comportamenti altruistici (producono
vantaggio per gli altri e sacrificio per sé, sono funzionali alla massimizzazione del benessere personale (buone
relazioni sociali, bassi costi di transizione, realizzazione di ideali di giustizia, equità e progresso.

LE PROFEZIE AUTO VERIFICANTI: TEORIA X E TEORIA Y


La condizione essenziale per il funzionamento delle società è la cooperazione tra le persone che ne fanno
parte. Essa consente di ottenere risultati non conseguibili dai singoli operatori individualmente e produce, allo
stesso tempo, una rendita che dovrà essere distribuita tra tutti i partecipanti.
In linea di principio ciascuna persona dovrebbe essere ricompensata in relazione ai contributi forniti godendo
di una quota della rendita organizzativa proporzionata all’impiego di cooperazione. Nella realtà, né i
contributi individuali, né i risultati complessivi realizzati sono perfettamente Conoscibili e ciò dà spazio a
comportamenti opportunistici ed egoistici che consento alle persone di godere dei vantaggi della cooperazione
senza fornire i dovuti contributi.
I comportamenti opportunistici sono al contempo causa ed effetto di relazioni di sfiducia tra le parti.

Il formarsi e il deteriorarsi di relazioni di fiducia si realizzano secondo un meccanismo tipico di profezie auto
verificanti:
Teoria X → una parte della teoria e della pratica organizzativa si fonda sull’ipotesi che i prestatori di lavoro
tendano ad applicare pratiche restrittive rispetto alle attese di comportamento espresse dall’azienda. Secondo
tale impostazione le persone attribuirebbero al lavoro un carattere puramente strumentale rispetto
all’ottenimento della retribuzione; non solo le persone minimizzerebbero lo sforzo per ottenere una data
retribuzione ma ricercherebbero coscientemente i difetti dell’assetto organizzativo che consentono
comportamenti opportunistici nel rispetto formale delle regole esplicite.
Teoria Y → si ipotizza che le persone tendano spontaneamente ad assumere responsabilità, abbiano per
natura un atteggiamento di lealtà e di impegno, si identifichino con l’azienda, con gli obiettivi e con la
professione; di conseguenza si adotta un assetto organizzativo inteso come guida al comportamento e
caratterizzato da forte delega su gli obiettivi.

L’ECONOMIA AZIENDALE
Le scienze economiche si articolano in due rami: l’economia politica, che osserva i fenomeni economici propri
dei grandi aggregati regionali, nazionali e internazionali e l’economia aziendale che osserva i fenomeni
economici nelle manifestazioni delle aziende singole, delle classi e degli aggregati particolari di aziende.
Le scienze economiche sono orientate anche all’individuazione delle alternative modalità di svolgimento
dell’attività economica e alla selezione delle modalità più convenienti nei vari contesti.
L’economia deve tendere anche a spiegare le relazioni di casualità tra le alternative soluzioni strutturali e
tecniche ed i risultati economici.

La ricerca di nuove e migliori modalità di svolgimento delle attività economiche si ispira ad una visione
dinamica dei processi economici, ossia ad una visione dei possibili continui progressi di efficienza e di
efficacia dell’attività economica.
Il concetto di innovazione delle modalità di svolgimento dei processi economici include sia le innovazioni
tecnologiche sia quelle economiche.
Il processo dinamico di innovazione delle modalità di svolgimento dell’attività economica si attiva e si svolge a
due livelli distinti: al livello delle aziende → dove si esprimono le spinte e le capacità innovative delle singole
persone, e a livello degli organi di governo dei sistemi economici regionali, nazionali ed internazionali.

L’INNOVAZIONE ECONOMICA E TECNOLOGICA


L’attività economica si svolge secondo modalità che variano intensamente nel tempo. Nel corso dei secoli si
sono registrati processi evolutivi frutto del concorso di molte circostanze → possono essere identificati come
innovazione economica, la quale consiste nella ricerca, nell’individuazione e nella sperimentazione di nuove e
più convenienti modalità di svolgimento delle produzioni e dei consumi.
Essa non va confusa con l’innovazione tecnologica → spesso infatti nelle imprese si sperimentano
continuamente innovazioni economiche indipendenti da quelle tecnologiche (es modifica delle caratteristiche
tecniche e funzionali dei beni, adozione di nuove forme della struttura organizzativa).
Gli istituti, le aziende e la specializzazione economica
LE SOCIETÀ UMANE E IL BENE COMUNE
Ciascuna persona partecipa a più società umane contemporaneamente di varia natura: famiglie, stato, istituti
pubblici, chiesa, imprese, partiti politici, sindacati dei lavoratori e associazioni di beneficienza.
Ogni società umana persegue il bene comune dei suoi membri che è il prodotto della cooperazione societaria
che condiziona i singoli nella società → è un bene funzionale per tutti, è costituito dal complesso di beni che
per loro natura hanno una funzione universale e un’attitudine per tutti.
Le persone tendono a far parte di gruppi e di società umane per produrre risultati non attuabili con le risorse
individuali e per soddisfare i bisogni di socialità mediante intense e positive relazioni interpersonali.

L’azione coordinata in istituti che operano in contesti dinamici produce due fenomeni di grande rilevanza: la
rendita organizzativa → è il frutto della cooperazione intelligente di più persone volte allo stesso fine: il
vantaggio economico ottenuto con l’azione organizzata rispetto all’azione isolata e opportunistica. In linea di
principio, la rendita organizzativa, frutto della cooperazione, deve essere ripartita tra tutti coloro che hanno
cooperato e il risultato residuale → è il frutto della cooperazione e dell’incertezza, è quanto residua ex-post
dopo aver remunerato tutti sulla base dei patti ex-ante. Il risultato residuale può spettare a diversi soggetti in
base alla struttura di governo dell’istituto.

ISTITUZIONI, ISTITUTI E ORGANIZZAZIONI


La vita delle persone nella società umana complessiva è caratterizzata dal sorgere e dall’evolversi di istituzioni
di varia natura → regole e strutture di comportamento stabili per i singoli e per i gruppi.
Le istituzioni sono modelli e regole di comportamento adottati da vaste collettività umane.
Gli istituti sono le società umane che assumono caratteri di istituzioni (famiglie, imprese, partiti e stato), essi
sono duraturi, dinamici, unitari e autonomi → il termine istituto include sia le famiglie (società umani
naturali) che le organizzazioni (collettività orientate al raggiungimento di scopi specifici e dotate di regole di
comportamento che sono progettate deliberatamente e che sono rese esplicite). Esso si presenta come un
complesso di elementi e di fattori, di energie e di risorse personali e materiali. È duraturo, dinamico, ordinato,
con le proprie leggi, multiforme e autonomo.
I processi attraverso i quali particolari regole e strutture diventano di uso comune e vengono codificate si
denominano processi di istituzionalizzazione → essa consolida anche le strutture di potere esistenti.

ISTITUTI E AZIENDE
L’economia aziendale si occupa delle quattro classi di istituti nei quali si svolge l’attività economica: famiglie,
imprese, stato e istituti pubblici, istituti no profit.
In particolare, studia l’ordine strettamente economico degli istituti, ossia l’insieme degli accadimenti
economici disposti ad unità secondo le proprie leggi.
Alle quattro classi sopra elencate corrispondo quattro classi di aziende: azienda di consumo e di gestione
patrimoniale famigliare (per astrazione distinta dalla famiglia), azienda di produzione (propria dell’istituto
economico-sociale impresa), azienda composta pubblica (per astrazione distinta dall’istituto pubblico) e
azienda nonprofit (orine economico degli istituti nonprofit).

Le quattro aziende sono accomunate dal fine generale del soddisfacimento dei bisogni umani e dal mezzo
costituito dall’attività economica → sono differenti i fini immediati (e quindi le loro strutture caratterizzate in
termini di assetto istituzionale, di combinazioni produttive, di organismo personale, di assetto tecnico e
organizzativo e di patrimonio). Per l’azienda familiare è il soddisfacimento dei bisogni dei membri della
famiglia, per l’azienda di produzione è la remunerazione per i prestatori di lavoro e per i conferenti di capitale
di rischio, per l’azienda pubblica composta è è la produzione e il consumo di beni pubblici e per le aziende
nonprofit è la produzione di rimunerazioni e la produzione e il consumo di beni.

L’economia aziendale ha per oggetto caratteristico anche gli aggregati di aziende = insiemi di aziende avvinte
da forti relazioni istituzionali che sono soggette ad un indirizzo strategico unitario di regola esplicito ma
talvolta tacito (es franchising, consorzi e distretti industriali).

I CARATTERI ESSENZIALI DEGLI ISTITUTI


Ai fini dell’analisi economica, le varie classi di istituti si distinguono per i seguenti caratteri essenziali:
- Le finalità dominanti, di ordine economico e non economico
- Il fine economico immediato
- I portatori degli interessi economici istituzionali, ossia degli interessi economici primari
- I portatori degli interessi economici non istituzionali
- I processi economici caratteristici
LE FAMIGLIE
La famiglia è un istituto primario della società umana ed è caratterizzata da finalità dominanti di ordine
sociale, etico e religioso.
Essa è anche un’unità economica con i fini di ordine sociale, etico e religioso i combinano anche i fini
economici → il fine economico immediato consiste nell’appagamento dei bisogni delle persone che la
compongono.
Gli interessi economici istituzionali (ossia gli interessi dei membri della famiglia) sono il loro soddisfacimento
dei bisogni attuali e futuri con il sostenimento conveniente dei costi di consumo e con il conseguimento in
misura tale da consentire la partecipazione dell’unità famigliare al processo civile.
* tra i fini può rientrare anche il soddisfacimento di attese economiche di persone e di società non membri
della famiglia (interessi economici non istituzionali).
L’azienda svolge l’attività economica per soddisfare i fini economici → è un’azienda di consumo combinato con
la produzione con la produzione di energia di lavoro e di studio.
Il patrimonio è formato da beni conferiti al momento della costituzione della famiglia, dalle eredità e dal
risparmio → si attuano gestioni patrimoniali per regolarlo.
I redditi derivano principalmente dal lavoro → paga i tributi partecipando al finanziamento delle produzioni e
dei consumi degli istituti pubblici → risparmio = redditi - costi di consumo e tributi pagati

LE IMPRESE
L’impresa è un istituto economico-sociale con dominanti caratteri e finalità di tipo economico → è l’istituto
fondamentale per la produzione di beni economici privati, occupa una parte rilevante nella società umana
generale e partecipa al raggiungimento del bene comune della stessa.
Il fine economico immediato dell’impresa è la produzione di remunerazioni monetarie e di altra specie.
Gli interessi economici istituzionali fanno capo di regola ai prestatori di lavoro e ai conferenti di capitale di
risparmio sotto forma di capitale di rischio → ad essi sono destinate le remunerazioni prodotti dall’impresa →
tali remunerazioni alimentano i redditi e i patrimoni delle aziende familiari.
Alle imprese fanno anche capo gli interessi economici non istituzionali → interessi dei fornitori, clienti,
finanziatori a titolo di prestito, redditi e capitali.

LO STATO E GLI ISTITUTI PUBBLICI


La finalità della comunità politica nazionale (composta da famiglie e altre società di persone) consiste nella
realizzazione del progresso sociale e spirituale dei suoi membri. Lo stato è l’ordinamento politico, sociale,
giuridico ed economico che cura il perseguimento del bene comune della comunità nazionale e promuove
anche il progresso morale e sociale della comunità internazionale → si articola in varie amministrazioni
(regioni, province, comuni e istituti pubblici territoriali).
Nelle aziende composte pubbliche si attuano processi economici di produzione di beni pubblici e di consumo
degli stessi. La produzione di questi beni avviene con il concorso dell’attività di prestatori di lavoro e di mezzi
monetari raccolti in forma di tributi, di capitale di prestito e per mezzo dell’emissione di carta moneta di
stato.
I fini economici immediati sono l’appagamento dei bisogni pubblici delle persone pertinenti alla collettività
politica territoriale mediante la produzione di beni pubblici e il loro consumo e la rimunerazione dei
prestatori di lavoro.
* la produzione e il consumo di beni è il fine e non il mezzo
I portatori di interessi economici istituzionali sono i membri delle corrispondenti unità politiche.
Gli interessi economici non istituzionali sono quelli che fanno a capo ai fornitori e ai conferenti di capitale di
prestito.
* gli istituti pubblici territoriali sono diverse dalle imprese pubbliche (= istituti di produzione caratterizzati da
un capitale conferito totalmente o in maggioranza da istituti pubblici → fine: produrre beni).

GLI ISTITUTI NONPROFIT


Sono istituti di natura privata che prevedono il divieto di distribuire il risultato reddituale e il patrimonio tra
le persone che esercitano il controllo sull’istituto → si ispirano a finalità di ordine sociale, morale e culturale.
La componente economica ha vario peso, in alcuni casi (piccole associazioni) può essere quasi trascurabile, in
altri (istituti pubblici ospedalieri) può essere determinante.
Il fine economico immediato è il soddisfacimento dei bisogni di alcune categorie di persone (a seconda dei
casi possono essere associati, classi di fornitori o l’intera collettività).
È varia la configurazione di interessi economici industriali:
- Nelle aziende chiuse → membri dell’associazione e prestatori di lavoro
- Nelle associazioni aperte → membri dell’associazione, prestatori di lavoro (e stato)
- Negli istituti fornitori di servizi a prezzi limitati → i donatori che mettono a disposizione il capitale (e stato)
- Negli istituti di beneficienza → i donatori (e stato)
- Negli istituti che producono beni di interesse collettivo → donatori (e stato)
I portatori di interessi economici non istituzionali possono essere (a seconda dei casi) i fornitori, i conferenti
di capitale di prestito e i clienti.
I processi caratteristici sono quelli della produzione dei beni e della raccolta di contributi privati sotto forma
di donazioni e di lavoro volontario.
I MODELLI ECONOMICI ALTERNATIVI
L’attività economica non è totalmente svolta all’interno delle società umane elementari (famiglie) per via del
fenomeno delle economie di specializzazione e delle limitate dimensioni economiche della famiglia. Infatti, le
persone specializzate in particolari produzioni sono più efficienti rispetto ad un’unità non specializzata e i
volumi di produzione convenientemente ottenibili da unità produttive specializzate sono tipicamente molto
superiori a quelle consumabili da una famiglia. Di conseguenza conviene che le singole persone producano
grandi volumi per uno stesso bene da cedere ad altri piuttosto che prodotte in piccolissimi volumi tutti e
soltanto i beni per l’autoconsumo individuale o famigliare.

Le singole persone specializzate nello svolgimento di piccole sezioni di attività economica, tendono ad
aggregarsi in istituti anziché operare indipendentemente scambiandosi input e output secondo le pergole del
mercato perché, non sempre, l’integrazione attraverso il mercato comporta costi di transazioni
particolarmente elevati quando:
A. La razionalità limitata delle persone deve confrontarsi con elevati gradi di incertezza e di complessità.
B. Le minacce di comportamenti opportunistici sono particolarmente elevate ed è difficile trovare partner
alternativi per realizzare lo scambio.
In questi casi conviene passare ad una differente forma di integrazione tra le parti → le parti concordano di
aggregarsi sotto una stessa autorità entrando a far parte di uno stesso istituto i cui costi di integrazione sono
più bassi rispetto a quelli del mercato.

L’intera attività economica non si svolge nell’ambito di una sola grande organizzazione che suddivide, pianifica
e coordina l’attività di tutti i soggetti assicurando l’integrazione ottimale dei contributi perché le persone
dovrebbero essere capaci di raccogliere e integrare la grande massa di informazioni necessarie ma quello che
noi riusciamo a percepire è decisamente inferiore a quello che servirebbe per svolgere un buon lavoro.
Bisogna ricordare inoltre che tutte le informazioni che noi assimiliamo sono anche esse difficili da esprimere e
codificare, esse si riferiscono ai valori delle singole persone, ai loro bisogni, alle informazioni relative alla
configurazione delle relazioni interpersonali, e il tutto deve essere documentato nel passato, aggiornato nel
presente e proiettato nel futuro. Per tutti questi motivi ci sono stati tanti modelli economici, dove si cerca di
trovare la soluzione più adatta ma appunto perché ci sono stati tanti modelli economici man mano si adottano
sempre di più soluzioni sovra- semplificate e a causa di ciò si diffonde il senso di iniquità e svanisce la
motivazione del lavoro e tutti sappiamo quanto la concentrazione del potere nelle mani di una sola persona
possa portare a comportamenti non adatti.

I vari istituti esterni alle famiglie si differenziano in macroclassi quale le imprese, istituti pubblici e nonprofit,
questo è dovuto principalmente al formarsi di istituti differenti dalle famiglie grazie all’opportunità di
sfruttare l’efficienza e l’innovatività tipiche delle imprese che operano dei mercati, alla necessità di interventi
dello stato quando l’azione solo privata produrrebbe inefficienze ed iniquità e all’opportunità di dare spazio
ad attività organizzate ispirate anche da motivazioni altruistiche (quali solidarietà e proselitismo) nelle quali
si combinano interessi di insiemi specifici di persone.

All’interno di ciascuna macroclasse si trovano realtà differenti tra di loro a causa della presenza di una
pluralità di fattori concomitanti: ci sono fattori che spingono verso l’adozione di forme differenti:
1. Differenti caratteristiche di prodotti e di mercati
2. Ricerca di vantaggi competitivi da parte di ciascuna impresa
3. L’innovazione
4. Le differenze di competenze e di propensioni di singole persone e di gruppi di persone
Ci sono invece fattori che promuovono l’uniformità:
1. Imitazione delle forme distintive o innovative adottate da imprese di successo
2. L’adattamento a modelli di impresa giudicati normali (quindi affidabili e corretti)
3. L’uniformità e l’omogeneizzazione nel tempo e nello spazio delle regole formali
4. L’integrazione tecnica dei mercati mediante lo sviluppo delle fonti di energia, dei sistemi di comunicazione
e di trasporto

LA SPECIALIZZAZIONE ECONOMICA
Molte caratteristiche dei sistemi economici moderni sono frutto della specializzazione economica.
Un fenomeno pervasivo che si manifesta in tutte le attività umane a vari livelli:
- Specializzazione delle macroclassi di istituti → nelle imprese si svolgono i processi di produzione privati,
nelle famiglie si attuano i consumi, gli istituti della pubblica amministrazione si dedicano alla produzione e
al consumo di particolari categorie di beni e gli istituti nonprofit si collocano all’intersezione delle prime tre
macroclassi.
- Specializzazione tra gli istituti di ciascuna macroclasse → le famiglie svolgono insiemi di attività economiche
relativamente uniformi, le imprese presentano con forti gradi di specializzazione nella produzione di
particolari categorie di beni destinati a specifiche categorie di clienti e nello svolgimento di particolari classi
di negoziazioni.
- Specializzazione all’interno di ciascun istituto → le varie unità organizzative e le singole persone svolgono
compiti particolari, utilizzando speciali competenze e risorse.
LE ECONOMIE DI SPECIALIZZAZIONE
La specializzazione produce vantaggi (denominati economie di specializzazione) esprimibili in termini di:
- Riduzione dei tempi, degli sforzi e dei costi richiesti per lo svolgimento dell’attività economica → Si sviluppa la
destrezza fisica e l’invenzione di modalità più efficienti o efficaci per lo svolgimento dell’attività.
- I limiti e le non uniformi distribuzioni delle competenze individuali → nel momento in cui vengono richieste
specifiche doti per produrre un determinato bene, differenti assegnazioni produrranno differenti risultati.
- La differenziazione degli orientamenti tecnici e manageriali → a compiti specializzati corrispondono persone
con orientamenti tecnici e manageriali particolarmente focalizzati
- I costi di apprestamento e di passaggio tra le fasi → i setting, cioè i costi di apprestamento, devono essere
ben gestiti perché sono presenti sia nel momento in cui un soggetto passa da una fase all’altra, sia nel
momento il cui il soggetto si specializza in una determinata fase particolarmente complessa.
- Le differenti performance tecniche degli impianti e delle attrezzature → spesso le scelte di specializzazione
degli impianti trascinano le scelte di specializzazione del lavoro delle persone.
- L’identificazione e la motivazione del lavoro → una forte specializzazione produce effetti positivi sulla
motivazione individuale: una persona fortemente specializzata tende ad identificarsi nella sua attività e
fruisce di un senso di padronanza della situazione.
Le economie di specializzazione hanno varie origini, denominate fonti delle economie di specializzazione.

GLI SVANTAGGI DELLA SPECIALIZZAZIONE


La specializzazione può indurre anche svantaggi → diseconomie di specializzazione.
- Maggiori costi di coordinamento → tanto maggiore è la specializzazione tanto più numero diventano le
interfacce da gestire tra i vari soggetti che svolgono l’attività economica. Tra soggetti differenti che hanno
differenti interessi possono sorgere tensioni e conflitti
- Rigidità degli investimenti specifici/specializzati → le persone e gli impianti fortemente specializzati sono
tipicamente rigidi e quando occorre modificare l’attività da svolgere; i tempi e i costi di cambiamento
possono essere particolarmente alti.
- Demotivazione da parcellizzazione → quando la specializzazione porta ad attribuire alle singole persone
compiti molto isolati, semplici e ripetitivi (ossia compiti che non consentono il soddisfacimento di bisogni di
socialità, di stima e di realizzazione) produce effetti negativi quali la demotivazione.

SPECIALIZZAZIONE E DIMENSIONI CONVENIENTI


Il fenomeno delle economie di specializzazione ha effetti fortissimi sui volumi convenienti di produzione dei
beni e sulle dimensioni convenienti degli istituti che producono beni: quanto più grandi sono le unità
produttive (stabilimenti, laboratori, punti di vendita) tanto maggiori sono le possibilità di specializzare
l’attività, il lavoro o gli impianti.

Gli istituti (in particolare le imprese) tendono a crescere dimensionalmente per poter realizzare grandi
economie di specializzazione (che sono un sottoinsieme delle economie di scala).
Questo fenomeno è rilevante per tutte le competenze e per tutte le risorse aziendali, incluse quelle
particolarmente sofisticate, complesse ed estese.
Le economie di specializzazione fanno si che la dimensione conveniente per la produzione di molti beni sia
molto superiore alla dimensione corrispondente ai consumi della singola famiglia.

COSTO MEDIO E COSTO MARGINALE


Il Costo Medio ci dice qual è il costo dell'unità di prodotto se si ripartisce il costo
su tutta la produzione. Il Costo marginale ci dice come aumenta il costo totale in
seguito ad un incremento della produzione. CM è l'incremento del costo totale
indotto da un aumento unitario della quantità prodotta.

L’AMPIEZZA DEI MERCATI E DELLE CONOSCENZE


Lo sviluppo economico è strettamente collegato ai gradi di specializzazione economica e all’accumulo di
conoscenza → la specializzazione può crescere tanto più quanto i mercati sono ampi e si espandono (ossia
quanto maggiori sono i volumi di produzione e di consumo dei vari beni.

La crescita dimensionale delle singole aziende può essere frenata dalle problematiche organizzative, oltre
certe dimensioni può diventare molto problematica l’integrazione delle varie parti specializzate e l’impresa
può diventare ingovernabile. Al contrario, l’invenzione di nuovi strumenti di integrazione apre la possibilità di
passare a dimensioni più ampie e di realizzare ulteriori economie di specializzazione.

Quanto maggiori sono previste le dimensioni del mercato e le potenziali economie di specializzazione, tanto
maggiori sono la disponibilità di risorse e gli incentivi per gli investimenti in ricerca e sviluppo. A loro volta,
gli investimenti in ricerca e sviluppo, producendo un’ampia conoscenza, permettono nuove forme di
specializzazione rendendo più convenienti maggiori dimensioni delle imprese e dei mercati.
TAYLORISMO
Il taylorismo è una teoria riguardante il management esposta da Frederick Winslow Taylor.
Il taylorismo prevede una rigida separazione tra la pianificazione della produzione e la fase operativa così
come un sistema di salari differenziati in base alla standardizzazione delle singole operazioni lavorative. Esso
costituisce un fondamento importante delle moderne scienze del lavoro (Management).

LA LEGGE DEI RENDIMENTI DECRESCENTI


La legge dei rendimenti decrescenti è stata formulata per la prima volta
dall'economista classico David Ricardo. Detta anche "legge delle proporzioni
variabili", presuppone un rapporto tecnico fra input e output. In pratica, in un
sistema produttivo generico, ad ogni apporto di un fattore qualsiasi, cioè terra,
lavoro, capitale, macchine, ecc. non corrisponde un incremento di produzione
proporzionalmente crescente.
Normalmente si ipotizza che la legge non entri sempre in funzione ma solo
quando l'input variabile supera una determinata soglia. Ad esempio, l'aumento
dei lavoratori a una catena di montaggio consente certamente un aumento
proporzionale della produzione, ma solo fino a quando l'intero sistema non
incomincia a soffrire di disfunzioni dovute alla logistica o all'organizzazione del lavoro, proprio a causa del
suo ingrandirsi.

PRODUTTIVITÀ MARGINALE E PRODUTTIVITÀ MEDIA


La produttività marginale è la variazione del prodotto totale che si
verifica aumentando di un'unità il fattore produttivo considerato. La
produttività media è il rapporto tra il prodotto totale è la quantità di
fattore utilizzato.
Le combinazioni economiche di istituto
IL SISTEMA DEGLI ACCADIMENTI
L’economia aziendale si occupa in generale, delle azioni e dei fenomeni che si manifestano nell’azienda e nel
suo ambiente (le attività interne di produzione e di vendita, i comportamenti dei clienti e dei fornitori e le
variazioni della normativa economica).
Sono azioni e fenomeni (economici e non economici) avvinti al sistema da relazioni molteplici → si usa
l’espressione “sistema degli accadimenti”.

LE COMBINAZIONI ECONOMICHE GENERALI


Nell’ambito del sistema degli accadimenti di ciascun istituto una posizione centrale è occupata dalle
combinazioni economiche generali. Esse sono date dall’insieme complessivo delle operazioni economiche svolte
dalle persone all’interno dell’istituto.
Per poter capire l’economia degli istituti (come si formano costi e ricavi, perché e come si hanno utili o perdite
e perché ci si deve indebitare oppure no) è essenziale saper analizzare l’articolazione (ossia la struttura) delle
combinazioni economiche che in essi si svolgono.

LE CATEGORIE DI ANALISI DELLE COMBINAZIONI ECONOMICHE


Per analizzare l’articolazione delle combinazioni economiche si ricorre ad alcuni concetti chiave:
- Le coordinazioni economiche parziali (anche chiamate funzioni)
Sono un insieme di processi caratterizzati da una funzione e da un insieme di competenze specialistiche
applicate allo svolgimento della stessa (es ricerca e sviluppo)
- Le combinazioni economiche parziali ed elementari (anche dette aree di affari)
Sono riconducibili alle seguenti classi e sottoclassi:
1. configurazione dell’assetto istituzionale
2. gestione (che comprende quella caratteristica, finanziaria, patrimoniale, tributaria, assicurativa),
3. organizzazione
4. rilevazione.
- Negoziazioni: attività esterne di primaria importanza

LA CONFIGURAZIONE DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE


Sono le operazioni che determinano la nascita, il disegno di base, le trasformazioni e la cessazione dell’istituto
→ qui si decidono i fini dell’impresa, i suoi campi di attività e le strutture di governo.
Esso comprende: la costituzione dell’istituto, la compagnia iniziale dei soci e le successive trasformazioni, la
prima scelta e le trasformazioni di forma giuridica, la configurazione degli organi di governo, le acquisizioni
(vi è la possibilità che una società ne acquisti un’altra = integrazione a monte o a valle → permettono una
serie di vantaggi strategici), fusioni (unione tra due aziende → vantaggi economici) e scissioni (separazione di
due aziende), la stipulazione delle alleanze (accordi che possono riguardare fornitori, clienti o il mercato →
non deve diventare una collusione) → l’antitrust si assicura che gli accordi tra le aziende non vadano a ledere
la concorrenza e la liquidazione dell’istituto.

LA GESTIONE
La gestione è il vasto insieme di operazioni attraverso le quali l’impresa attua direttamente la produzione
economica (progetta, acquista, trasforma e vende)
- Caratteristica → legata a ciò che produce l’azienda in generale, il suo core business (varia in base alla
tipologia d’azienda)
È l’insieme delle operazioni che identificano la funzione economico – tecnica tipica di ciascuna impresa. Essa
suscita la gran parte dei costi e dei ricavi.
Essa è una gestione attiva e, quando ben condotta, produce un risultato reddituale positivo: il reddito
operativo della gestione caratteristica.
Nelle imprese manifatturiere essa si articola in : ricerca e sviluppo, acquisto delle merci e dei servizi destinati
alla produzione, fabbricazione, commercializzazione o logistica.
- Finanziaria → insieme delle operazioni volte a coprire il fabbisogno finanziario, ossia il fabbisogno di
mezzi monetari necessari per avviare l’impresa e per sostenere lo sviluppo (è comune in tutte le realtà).
Il fabbisogno finanziario nasce perché di regola, nelle imprese gli incassi derivanti dalle vendite si
manifestano successivamente ai pagamenti derivanti dagli acquisti (si copre ricorrendo al capitale proprio/
rischio → equity (dei soci/share holders/azionisti) o di prestito → debt). Essa è una gestione passiva,
comporta quindi interessi passivi sul capitale di terzi e remunerazioni del capitale proprio.
Il denaro e il suo valore nel tempo: il valore futuro del capitale è il valore presente del capitale per uno più
l’interesse elevati per il tempo VF = VP(1+i)^n → i soldi posseduti è sempre consigliabile investirli per
aumentare il loro valore.
- Patrimoniale → essa consiste nell’investimento di capitali che risultano eccedenti rispetto a quelli richiesti
dalla gestione caratteristica, al fine di trarne un reddito.
Questo investimento può consistere nell’acquisto di titoli di stato o di azioni di altre imprese. Essa è una
gestione attiva, ma talvolta può provocare perdite.
Si attua attraverso diversi tipi di negoziazione: negoziazione di capitale di prestito (investire in titoli di stato o
in obbligazioni), negoziazioni di capitale di rischio (acquisto di azioni) e negoziazioni di beni privati (acquisto
di beni da reddito o da rivalutazione).
- Tributaria → consiste nella liquidazione e nel pagamento della vasta gamma di tributi che le imprese
devono corrispondere allo stato a fronte dei beni pubblici ricevuti.
Gli oneri tributari sono suscitati sia dalla gestione caratteristica sia dalle gestioni patrimoniale e finanziaria.
Differenti scelte d’impresa determinano differenti combinazioni di livelli di tributi da corrispondere.
Essa è tipicamente passiva comportando solo oneri tributari
- Assicurativa → consiste nella copertura dei rischi particolari mediante la sottoscrizione di contratti di
assicurazione.
I rischi coperti possono derivare dalla gestione caratteristica e dalle gestioni patrimoniale e finanziario. Essa è
una gestione tipicamente passiva, che comporta il costo dei premi assicurativi e di indennizzi solo a fronte di
equivalenti danni.

Tutte le gestioni, con i loro costi e ricavi concorrono a determinare il risultato dell’impresa. Le due gestioni
attive, e le tre gestioni passive possono pesare variamente nel determinare l’utile o la perdita.
Analogamente, tutte le gestioni, con i loro pagamenti e riscossioni, concorrono a determinare i flussi monetari
complessivi dell’impresa e la sua solvibilità.
Il profilo reddituale e il profilo monetario sono strettamente connessi ma non coincidono.

L’ORGANIZZAZIONE
Si sostanzia nel disegnare la struttura organizzativa dell’impresa, nell’assegnare i compiti e le responsabilità
alle persone che vi lavorano e nel gestire i sistemi di ricompensa e di sviluppo delle persone stesse → è la base
della motivazione delle persone e dell’efficienza aziendale.
Si compone di due grandi classi di attività:
1- Progettazione dell’assetto organizzativo: progettazione della struttura organizzativa (chi deve fare cosa e
chi dipende da chi) e la progettazione dei sistemi operativi (sistemi di pianificazione e di programmazione
attraverso i quali si definiscono le strategie da perseguire e i sistemi di gestione del personale che definiscono
le regole in merito alle modalità di ingresso delle persone e la loro retribuzione).
2- Gestione dei prestatori di lavoro o la gestione del personale (messa in atto dei sistemi di ricerca e
selezione) → questi sitemi sono progettati in modo tale che l’azienda disponga sempre di un organismo
personale che per dimensione e per competenze sia adatto a svolgere le combinazioni economiche pianificate
e che le persone siano ricompensate secondo equità e siano poste in condizioni di crescere personalmente e
professionalmente.
Le operazioni di negoziazione suscitano negoziazioni di lavoro

LA RILEVAZIONE
Le operazioni di rilevazione sono attività di raccolta, elaborazione, conservazione, diffusione dei dati e delle
informazioni e servono per supportare le scelte dei decisori sia interni sia esterni dell’azienda → sono
destinate a due insiemi di utilizzatori: le persone che operano all’interno dell’impresa e che devono prendere
decisioni e le persone e gli istituti che portano interessi nei confronti dell’impresa e che quindi necessitano di
informazioni per decidere come attivare e sviluppare i rapporti con l’impresa.
Si compone di parti dominate: contabilità generale, contabilità analitica e sistemi informativi direzionali.

LE COMBINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI


Molte imprese attuano più combinazioni economiche e parziali (operano in più aree d’affari). Una
combinazione economica parziale è definita da una certa gamma di prodotti destinata a un certo mercato
(combinazione prodotto mercato) → la combinazione economica parziale è una combinazione prodotto-
mercato con propri caratteri distinti rispetto alle altre combinazioni prodotto-mercato attuate nella stessa
impresa. Esse sono strettamente legate da condizioni di complementarità e di comunanza
Per quanto distinte, le combinazioni economiche parziali di una stessa impresa sono sempre strettamente
interconnesse → suscitano costi e ricavi in larga misura specifici e per le quali è possibile calcolare un risultato
economico parziale.
Le imprese che attuano contemporaneamente più combinazioni economiche parziali sono dette imprese
diversificate
Le combinazioni economiche sono riconducibili a operazioni che servono per acquisire gli input necessari per
la produzione, a operazioni che servono per trasformare gli input in output cedibili a clienti, a operazioni che
servono per cedere ai clienti i beni offerti dall’impresa ed a operazioni di impostazione e di governo della
complessiva attività aziendale.

LE NEGOZIAZIONI
Tutte le classi di attività (progettazione degli assetti, gestione, organizzazioni e rilevazione) comportano lo
svolgimento di attività interne e di attività esterne (ossia di relazioni con altri istituti). Tra le attività esterne
sono di primaria importanza le negoziazioni che servono per acquisire le condizioni di produzione e per
cedere i prodotti e le condizioni di produzione. Le grandi classi di negoziazione svolte dalle imprese sono:
negoziazioni di beni privati e pubblici, di lavoro, di capitale di rischio e di prestito, di rischi particolari.
Le negoziazioni reali non si svolgono mai nelle condizioni di perfetta trasparenza, conoscenza, lealtà e di
equilibrio di potere delle parti, in altri termini, non si svolgono in condizioni di razionalità assoluta e di
mercati perfetti.
I concetti essenziali utili per una visione non troppo ingenua delle negoziazioni sono: i costi di transazione,
l’asimmetria informativa, gli investimenti specifici e la forza contrattuale → le due parti coinvolte in una
negoziazione si trovano sempre in una situazione di asimmetria informativa: gli insiemi di informazioni
detenute sono differenti e ciascuna delle parti tende a tenere nascoste le informazioni che potrebbero
danneggiarlo. L’alta asimmetria informativa stimola comportamenti opportunistici, talvolta è tanto alta da
bloccare lo svolgimento della negoziazione perché una delle due parti percepisce un rischio troppo elevato di
comportamento opportunistico da parte dell’altra.
Le due parti coinvolte in una negoziazione possono presentarsi con forza contrattuale, ossia con la capacità di
influenza nei confronti dell’altra parte.

IL PROFILO REDDITUALE E MONETARIO DELLE GESTIONI


Si può chiarire il significato economico delle gestioni analizzando il profilo reddituale e monetario.
Analizzare la gestione secondo il profilo reddituale significa indagare il formarsi dei costi e dei ricavi →
indagare sulla contribuzione al formarsi del risultato reddituale (da questo punto di vista la gestione
caratteristica e la gestione patrimoniale sono gestioni attive → ci si attendono risultati reddituali positivi,
mentre le gestioni finanziaria, assicurativa e tributaria sono passive → comportano solo costi in forma di
interessi passivi e di tributi).
Per ottenere un risultato reddituale positivo è necessario che il reddito delle gestioni attive sia superiore a
quello ddi quelle passive.
Analizzare la gestione secondo il profilo monetario significa studiare i flussi di entrate e uscite (riscossioni e
pagamenti suscitati dalle varie classi di negoziazioni) → serve per capire se e come l’impresa è in grado di far
fronte con le entrate ai propri impegni di uscite = giudicare se l’impresa è solvibile.
I due profili sono interconnessi ma non coincidono → le entrate e le uscite non corrispondo ai costi e ai ricavi,
molti costi devono essere sostenuti in anticipo rispetto ai ricavi e molti pagamenti e riscossioni non avvengono
in contanti, dunque è necessario compiere due analisi distinte.

IL RUOLO DELLO STATO NELLA PRODUZIONE DI BENI ECONOMICI


Lo stato svolge un ruolo essenziale nei sistemi economici intervenendo secondo più modalità → producendo
direttamente o indirettamente alcuni beni (pubblici o privati), regolando la produzione e il consumo di altri
beni, imponendo tributi e distribuendo la ricchezza.
Tutti gli stati moderni producono un’ampia gamma di beni destinati alla collettività intera o a sezioni rilevanti
della stessa → tutti gli stati si presentano con un’ampia gamma di combinazioni economiche parziali definibili
sia in termini di classi di prodotti sia in termini di clienti, ossia di insiemi di cittadini ai quali prodotti sono
destinati.
Lo stato interviene nei processi di produzione e di consumo di beni economici quando:
1. Il bene economico è giudicato politicamente critico → beni che a parere dei governanti devono essere
accessibili a certe categorie di cittadini con un certo contenuto qualitativo garantito.
2. Lo stato giudica che lasciando la produzione di quel bene a imprese private operanti secondo le regole del
mercato si otterrebbero esiti non positivi dal punto di vista politico.

Le ragioni di tipo economico che motivano l’intervento dello stato sono:


1. L’esistenza dei beni pubblici puri → beni che presentano il carattere di non rivalità del consumo e della
non escludibilità.
2. Il formarsi di mercati non concorrenziali e di monopoli naturali
3. Il diffuso fenomeno delle economie esterne → esternalità = un soggetto compie un’azione che ha effetti su
un altro soggetto senza che quest’ultimo paghi per tale effetto (se positivo) o riceva un indennizzo (se
negativo)
4. L’esistenza dei mercati incompleti → i mercati privati non offrono un bene o un servizio
5. Le asimmetrie informative → carenza di informazioni
6. Ridistribuzione del reddito → lo stato giudica non politicamente valida la distribuzione dei redditi che
produce un determinato mercato
7. Imporre il consumo di beni di merito → beni giudicati politicamente importanti ma che i singoli
potrebbero decidere di non consumare in base alle loro preferenze individuali e in base al principio della
massimizzazione del benessere individuale
8. Per supplire i fallimenti del mercato → lo stato deve definire con precisione i diritti di proprietà e nel
garantire l’esecuzione dei contratti
Le aree entro le quali gli stati intervengono sono: la difesa nazionale, la giustizia, la sicurezza pubblica, le
relazioni istituzionali, l’istruzione e la cultura, l’assistenza e la previdenza, la sanità e l’igiene, i trasporti e le
comunicazioni e lo sviluppo economico → interviene offrendo una pluralità di prodotti destinati a varie
categorie di cittadini in relazione alla loro età, salute e posizione lavorative.
L’INTERVENTO DELLO STATO NELLE GESTIONI
Lo stato può intervenire in relazione al tipo di fallimento del mercato da correggere, ai livelli di servizio
ottenibili nelle varie ipotesi considerate e alla convenienza economica comparata delle differenti alternative.
Le modalità sono: produzione (diretta o indiretta → diretta, bene prodotto direttamente dallo stato e indiretta,
bene prodotto da un’impresa posseduta dallo stato) di beni, emanazione di leggi o regolamenti e trasferimenti
di mezzi monetari in varie forme.
Una parte rilevante della spesa pubblica si attua tramite trasferimenti di mezzi monetari → assegnare una
parte dei mezzi monetari raccolti dallo stato ad istituti che non fanno parte della pubblica amministrazione.
Questi trasferimenti possono essere direttamente volti ad attuare ridistribuzioni di ricchezza (destinatari:
famiglie → sussidi di vario tipo) o a finanziare attività/adottare comportamenti giudicati di interesse pubblico
(destinatari: imprese o istituti privati che svolgono attività culturali e di ricerca scientifica).

Lo stato ha la caratteristica unica di svolgere due funzioni tributarie: gestione tributaria passiva (nella quale lo
stato paga varie categorie di tributi) e la gestione tributaria attiva (mediante la quale lo stato raccoglie i
tributi → complesso di processi di determinazione,accertamento e riscossione dei tributi che dà luogo alla
raccolta di mezzi monetari tipica delle aziende composte pubbliche) → la gestione tributaria attiva può essere
intesa come gestione caratteristica delle aziende composte pubbliche.
* i tributi si classificano i base alla loro collocazione rispetto agli estremi del prezzo (il bene pubblico viene
ceduto contro importi monetari) e delle imposte.

Anche per lo stato la gestione patrimoniale si compone di operazioni di investimento e disinvestimento in beni
da reddito e da rivalutazione (beni non impiegati nella gestione caratteristica) → presuppone il risparmio o
comunque una disponibilità di risorse eccedenti (condizione che si manifesta raramente).
La gestione finanziaria ha grandissimo rilievo nelle combinazioni delle aziende composte pubbliche per via
della tendenza sistematica a posizioni di deficit di gestione.
La gestione assicurativa dello stato si svolge secondo modalità analoghe a quelle delle imprese dovendosi
coprire numerose classi di rischi particolari connessi alle varie coordinazioni e combinazioni parziali.

L’assetto istituzionale dello stato evolve e si modifica in base a quali aree deve intervenire (a favore di quali
categorie di cittadini e con quali strumenti):
- a quali forme dirette e indirette utilizzare per realizzare la produzione e l’erogazione dei beni pubblici,
- a quanto interagire (e in quali forme) con le altre pubbliche amministrazioni di pari livello,
- a come impostare il sistema fiscale in modo tale che sia equo, efficiente e corretto,
- a quali tipi di rapporti instaurare con i conferenti di capitale di prestito (scegliendo tra le forme tecniche del
prestito bancario),
- a quali rapporti configurare con i prestatori di lavoro e con le loro rappresentanze sindacali,
- a come strutturare le relazioni con i cittadini (attraverso i meccanismi di del voto e della rappresentanza
negli organi istituzionali)

Per quanto riguarda le operazioni di organizzazione e di gestione del personale, lo stato ha due grandi
differenze rispetto alle imprese: il rapporto molto speciale che si viene ad instaurare tra gli organi politici e gli
organi amministrativi e il prevalere del principio della legalità rispetto al principio di imprenditorialità.

Le operazioni di rilevazione e di informazione dello stato hanno logiche e configurazioni analoghe a quelle
delle imprese con una peculiarità: i sistemi di rilevazione e di informazione devono rappresentare anche le
dimensioni politiche e sociali degli obiettivi e dei risultati delle pubbliche amministrazioni → devono
supportare i processi decisionali misurando esplicitamente anche tali aspetti.

LE COMBINAZIONI ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE


La famiglia è l’istituto nel quale si compie gran parte dell’attività economica di consumo ed è anche l’istituto
nell’ambito del quale si svolgono alcune parti essenziali della produzione economica → rimangono
internalizzate le attività dal punto di vista morale ed etico (educazione, assistenza) e quelle dal punto di vista
tecnico.
La gestione caratteristica è composta da attività di produzione di redditi mediante lavoro esterno, attività di
lavoro interno alla famiglia e attività di consumo.
La gestione patrimoniale → impiego del risparmio in investimenti destinati a produrre redditi addizionali a
quelli derivati dal lavoro, può essere considerata parte della gestione caratteristica (è nella natura della
famiglia produrre risparmio e investirlo) → questo reddito ha peso variabile, ma nella maggior parte dei casi,
è quasi nullo o irrilevante.
Essa si attua come combinazione di operazioni di investimento, di impiego e amministrazione di investimenti,
di operazioni contro furti e incendi, di operazioni di fruizione di servizi pubblici e di riscossione e di
pagamento → queste operazioni comportano lavoro interno.

La fonte primaria di redditi è rappresentata dal lavoro esterno → lavoro prestato dai membri della famiglia in
aziende di produzione (anche il lavoro interno ha rilievo all’interno dell’azienda familiare).
L‘attività di consumo è l’insieme di operazioni di produzione cui si applicano notevoli volumi di lavoro
interno. Le principali operazioni sono le negoziazioni di acquisto di beni di consumo, le operazioni di
trasformazione tecnica dei beni di consumo, le negoziazioni di beni pubblici e le operazioni di pagamento.

La famiglia può essere intesa come una fabbrica di di beni complessi che sono prodotti e consumati dalla
famiglia stessa → per il bene complesso alimentazione si combinano: il tempo dedicato agli
approvvigionamenti e i beni acquistati.
I fenomeni economici e non economici tipici di una famiglia sono intimamente interconnessi → la
componente economica influenza anche le scelte di tipo non economico.

La gestione finanziaria delle famiglie è data dalle operazioni di negoziazione di credito di prestito con
formazione di debiti di finanziamento e dai connessi pagamenti e riscossioni per rimborsi e interessi → può
essere anche intesa come un insieme di operazioni che indistintamente vanno a coprire i fabbisogni monetari
non coperti per altra via.
La gestione tributaria invece si compone delle operazioni di accertamento, di liquidazione, di pagamento dei
tributi nelle loro differenti forme → si manifesta in connessione a tutte le operazioni di gestione esterna
dell’azienda familiare.
Anche nelle famiglie si svolgono significative attività di gestione assicurativa → polizze assicurative contro
furti incendi, infortuni e malattie e assicurazioni sulla vita.

In quanto istituto naturale e sociale primario, la famiglia non comporta fondamentali scelte di configurazione
dell’assetto istituzionale. In linea generale, i fini naturali, sociali e morali sono dati così come è data la
composizione dei membri che fanno parte della famiglia.
La natura della famiglia e il numero relativamente piccolo di suoi componenti non fanno mai sorgere
significativi problemi di progettazione organizzativa.

LA RILEVANZA DEGLI ISTITUTI NONPROFIT


Nei sistemi evoluti, una parte rilevante dell’attività economica si svolge negli istituti nonprofit → istituti
privati nei quali è vietata la distribuzione dei risultati reddituali e del patrimonio a favore dei soggetti che li
controllano.
La nascita degli istituti nonprofit è dovuta dal fatto che al fatto che alcuni insiemi di persone giudichino utile
e doveroso che certi insiemi di persone dispongano di beni che istituti esistenti non offrono nei modi ritenuti
opportuni. Essi agiscono come produttori privati di beni pubblici per soddisfare la domanda non coperta dallo
stato.

La gestione caratteristica è assimilabile a quella di un’impresa → ossia la gestione caratteristica di un istituto


di produzione. In alcuni casi gli istituti nonprofit sono istituti di produzione e di consumo, altri di gestione di
pura erogazione.
Gli elementi in comune della gestione caratteristica sono: la raccolta dei contributi, delle donazioni e delle
agevolazioni necessari per coprire il disequilibrio tra i costi sostenuti e i ricavi realizzati a fronte di singole
operazioni → le principali fonti di copertura sono: i contributi degli associati, le donazioni dei benefattori
privati, le condizioni favorevoli nel ricorso al capitale di prestito, i contributi statali e le agevolazioni fiscali e
amministrative.
Le gestione tributaria è strettamente connessa a quella caratteristica perché molti istituti nonprofit godono dei
contributi dello stato e posseggono un’attività che si ritiene produca vantaggi significativi anche per la
collettività.

Per gran parte degli istituti nonprofit la gestione patrimoniale è del tutto trascurabile perché non i forma
risparmio e, di conseguenza, non si hanno mezzi da investire per ottenere redditi addizionali rispetto a quelli
prodotti dalla gestione caratteristica → in alcuni casi però diventa centrale(quando viene fondato un istituto
nonprofit).
Anche la gestione finanziaria assume caratteri speciali → sono significativi due caratteri: la capacità di
ricorrere a capitale di prestito è piuttosto limitata perché è limitata la capacità di garantire puntuali rimborsi e
qualora tale capacità si realizzi, gli istituti nonprofit possono godere di condizioni particolarmente
vantaggiose da parte di finanziatori che effettuano donazioni.
La gestione assicurativa si svolge in modalità analoghe a quelle adottate dalle imprese → l’incidenza
economica di questa gestione può essere particolarmente forte quando l’istituto è proprietario di grandi
patrimoni immobiliari e artistici e quando svolge la propria attività nel campo medico e ospedaliero.

Le due finalità essenziali per chi progetta gli assetti istituzionali degli istituti nonprofit sono costruire e
proteggere l’immagine di affidabilità dell’istituto e garantire alti livelli di autonomia per l’azione dello stesso.
Le operazioni relative all’organizzazione e alla gestione del personale devono essere condotte in modo tale da
realizzare buoi risultati di efficienza → le due esigenze importanti sono: tenere alta la tensione rispetto
all’efficienza e garantire nella forma e nella sostanza la massima correttezza nei comportamenti.
Le operazioni di rilevazione e di informazione devono concorrere a rafforzare l’affidabilità e l’accountability
dell’istituto.
LE RELAZIONI ECONOMICHE TRA LE VARIE CLASSI DI ISTITUTI
Le aziende sono legate tra loro da molteplici relazioni di varia natura.
L’ambiente economico in cui un’azienda opera è definito dall’insieme delle aziende con cui essa interagisce e
delle relazioni che tra le stesse si instaurano. Tra tutte le classi di aziende si dà una generale relazione di
complementarità per il comune concorso all’attuazione dei complessi processi economici di produzione e di
consumo. Le relazioni tra le aziende sono determinate anche dalla partecipazione contemporanea di ciascuna
persona alle aziende di più istituti → ciascuna persona è inclusa solo parzialmente in un singolo istituto.

Le relazioni interaziendali si manifestano sopratutto in forma di:


- Prestazioni di lavoro di membri di famiglie presso aziende
- Corrispondenti flussi di remunerazioni di lavoro dalle aziende
- Apporti di capitale risparmio di aziende familiari verso le aziende di produzione
- Corrispondenti flussi di rimunerazioni e di rimborsi
- Concessioni di beni privati dalle aziende di produzione e nonprofit verso le aziende familiari e composte
pubbliche
- Corrispondenti flussi monetari di pagamento e di riscossione determinati dai prezzi unitari e dai volumi di
merci o servizi scambiati
- Flussi di capitale di prestito da aziende di produzione verso aziende familiari, composte pubbliche e
nonprofit
- Corrispondenti flussi di rimunerazione e di rimborso
- Trasferimenti di rischi parziali da tutti i tipi di aziende verso aziende del settore dell’assicurazione e
rimborsi a fronte di sinistri
- Corrispondenti flussi di premi
- Pagamenti di tributi delle aziende a favore delle aziende composte pubbliche
- Erogazione di beni pubblici dalle aziende composte pubbliche verso le aziende familiari
Mediante lo scambio si attuano trasferimenti di beni privati a titolo oneroso e si originano le relazioni di
credito di prestito e di assicurazione. Le relazioni interaziendali e di trasferimento di condizioni di produzione
e di lavoro comprendono i trasferimenti di capitale di rischio, di lavoro e di beni pubblici, di beni privati a
titolo oneroso e dei trasferimenti impliciti.

Lo scambio caratterizza le economie di mercato fondate sulla specializzazione economica e sulla proprietà
privata e pubblica → scambio monetario = un corrispettivo dello scambio è moneta o credito monetario
* quando il corrispettivo è rappresentato da merci o servizi si parla di scambio non monetario o baratto.
Gli scambi si attuano tra aziende e la convenienza è riferita agli interessi e agli obiettivi dell’azienda.
Solitamente essi sono elementi di mercato → vasti insiemi di negoziazioni omogenee.
Per valutare il significato di ciascuno scambio occorre fare riferimento ai contesti aziendali ed ai contesti di
mercato in cui lo scambio si origina.

Nello scambio monetario l’azienda venditrice cede all’azienda compratrice marci o servizi in cambio di
moneta o credito monetario. La quantità di moneta ceduta è definita prezzo → valore monetario attribuito
alle condizioni di produzione e di consumo acquistate. Il prezzo unitario è il valore unitario di scambio
attribuito alle varie condizioni → prezzo-costo per l’azienda compratrice e prezzo-ricavo per l’azienda
venditrice.
La teoria dello scambio è strettamente connessa alla teoria della moneta.

Le operazioni di scambio originano varie forme di credito → avviene quando le prestazioni fondamentali delle
due aziende non sono eseguite contestualmente. Se la prestazione differita è rappresentata dal pagamento
della quantità di moneta corrispondente al prezzo complessivo si ha un credito monetario, se la prestazione
differita ha per oggetto un bene si ha un credito in natura.
Gli assetti istituzionali
IL MODELLO GENERALE PER L’ANALISI DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE
Secondo uno schema di analisi generale ogni istituto è visto come un insieme di soggetti, che offrono
contributi e che per tale motivo ricevono ricompense o traggono benefici. Nel loro insieme, tali soggetti,
configurano i portatori di interessi.
L’analisi dell’assetto istituzionale è importante per valutare la capacità di un istituto di perdurare nel tempo.
Per la vita duratura di un istituto è essenziale che si abbia Un governo unitario. Il governo d’istituto dev’essere
unitario in due aspetti:
1. I contributi di tutti i soggetti devono essere combinati secondo un disegno unitario.
2. La responsabilità delle decisioni ultime dev’essere attribuita a uno e un solo organo, secondo il principio di
unità di comando
Per la vita duratura di un istituto è essenziale un governo unitario. Il governo deve essere unitario in due
aspetti: i contributi di tutti i soggetti devono essere combinati ed organizzati secondo un disegno unitario e,
ad uno e un solo organo deve essere attribuita la responsabilità delle decisioni più ultime → si tratta di
realizzare il principio dell’unità di comando.
Ogni istituto deve essere guidato in modo tale che tutti i portatori di interessi, i loro contributi e le relative
ricompense si pongano in un sistema unitario che perduri nel tempo.

Per realizzare un efficace governo di un istituto occorre operare tre insiemi di scelte contestuali:
1. Occorre decidere a quali insiemi di soggetti assegnare il diritto e il dovere di governare
2. Occorre esplicitare a quali finalità e obiettivi debba ispirarsi l’azione del soggetto d’istituto → fini
istituzionali
3. Occorre configurare gli organi e i meccanismi di governo che consentano un’efficace azione dei soggetti
deputati a governare → struttura di governo

Combinando gli elementi descritti si può configurare la nozione di assetto istituzionale → configurazione dei
portatori di interessi nei confronti dell’istituto, dei contributi che tali soggetti
forniscono all’azienda, delle ricompense e dei benefici che ne ottengono,
del soggetto d’istituto, dei fini istituzionali e delle strutture di governo che
regolano le correlazioni tra i portatori di interessi, i contributi e le
ricompense combinandoli in un equilibrio dinamico i lungo periodo.
L’assetto istituzionale identifica i soggetti primari e le regole del gioco
fondamentali dell’istituto e dell’azienda → l’assetto istituzionale è
l’elemento sovraordinario della struttura dell’azienda. Le scelte in materia
di soggetto di istituto e di strutture di governo sono determinanti per attivare rapporti costruttivi con tutti i
portatori di interessi.

LO SCHEMA GENERALE
Il punto di partenza di ogni analisi degli assetti istituzionali consiste nell’individuazione dei portatori di
interessi e nella rappresentazione dei rapporti che ciascuna categoria di portatori di interessi instaura con
l’istituto.
Occorre: (1) identificare con cura tutti gli insiemi rilevanti di soggetti e imparare a distinguere i sottoinsiemi
che hanno relazioni sostanzialmente differenti con l’istituto, (2) evidenziare i contributi e le ricompense
ricordando che di regola ciascun soggetto fornisce una pluralità di contributi e si aspetta una pluralità di
ricompense e (3) chiarire quali tipi di contratti regolano il rapporto tra l’istituto e ciascuna categoria di
portatori di interessi.

I SISTEMI DI INTERESSI CONVERGENTI NEGLI ISTITUTI


Attorno a ciascun istituto si configura sempre una vasta gamma di interessi di varia natura: interessi
economici, sociali e morali. I vari insiemi di interessi sono parzialmente in competizione tra loro.
I contributi provenienti dai vari soggetti sono complementari, ma si possono manifestare anche parziali
fungibilità.
Le condizioni di scambio non sono sempre simmetriche, in alcuni casi si ha una strutturale simmetrica tra ciò
che il soggetto dà e ciò che il soggetto riceve.
Le varie relazioni sono caratterizzate dai rapporti di forza contrattuale che dipendono dal grado di
concentrazione della domanda e dell’offerta, dagli investimenti specifici eventualmente in atto,
dall’asimmetria informativa tra le parti. Molte delle attese dei vari soggetti in gioco sono implicite e non
dichiarate, ma sottintese ai valori e alle consuetudini in essere.

IL SISTEMA DEGLI INTERESSI CONVERGENTI NELL’IMPRESA


Le principali classi di soggetti che offrono contributi alle imprese e che ne ottengono ricompense sono: i
prestatori di lavoro, i conferenti di capitale di rischio, i conferenti di capitale di prestito, le aziende di
assicurazione, la collettività locale, gli alleati istituzionali, i concorrenti, i clienti, lo stato e i fornitori.
I prestatori di lavoro conferiscono il loro tavolo qualificabile in termini di tempo dedicato all’impresa,
competenze possedute, imprenditorialità e creatività. Si aspettano dall’impresa una remunerazione periodica
e differita coerente con le rimunerazioni offerte da altre imprese per mansioni, competenze e risultati
analoghi, condizioni fisiche e sociali di lavoro positive, relativa stabilità del rapporto di lavoro con chiare
condizioni di dimissione e di licenziamento, la possibilità di svolgere mansioni ricche di contenuto e di
occasioni di apprendimento.
L’impresa nutre nei confronti dei prestatori di lavoro attese di lealtà, obbedienza nell’ambito di quanto previsto
dal contratto di lavoro, elevato impegno, disponibilità al cambiamento, autoinvestimento nello sviluppo di
competenze, orientamento sia agli obiettivi della posizione sia a quelli generali aziendali, rispetto delle leggi e
delle norme interne, apertura alla socializzazione tra tutti i prestatori di lavoro, contributo alla sviluppo di
competenze aziendali.
Nei paesi ad economia liberista il prestatore di lavoro gode di diritti ampi e ben tutelati, la retribuzione è
prevalentemente legata al contenuto della mansione, il prestatore di lavoro riconosce all’impresa il diritto di
assegnargli compiti ed obiettivi variabili entro certi campi. I rapporti di lavoro possono presentare varianti
notevoli in relazione a fattori quali: il rapporto tra la domanda e l’offerta di lavoro, gli investimenti specifici
effettuati dal prestatore di lavoro e l’osservabilità e la misurabilità delle competenze.
I rapporti di lavoro sono regolati da vari insiemi di norme di legge → tali contratti regolano numerosi aspetti
del contratto di lavoro definendo gli standard minimi di riferimento e le integrazioni particolari. Sono
particolarmente problematici i rapporti di lavoro nei quali le competenze, i comportamenti e i risultati sono
scarsamente osservabili; la mansione si compone di una pluralità di compiti tra di loro in concorrenza e
quando il lavoro si svolge in contesti altamente dinamici o poco noti.

I conferenti di capitale di rischio conferiscono mezzi monetari a titolo di capitale proprio soggetto al rischio
generale di impresa. I conferenti hanno diritto agli utili via via prodotti dall’impresa e possono cedere
liberamente i loro diritti vendendo le proprie quote di capitale di rischio, in caso di cessazione dell’attività
dell’azienda e di liquidazione della stessa, ciascun conferente di capitale di rischio ha diritto ad una quota del
patrimonio.
I conferenti di capitale di rischio si aspettano una rimunerazione composta da due parti: la liquidazione
periodica degli utili e un guadagno in conto capitale rappresentato dalla differenza tra quanto conferito e
quanto realizzato al momento della cessione delle proprie quote → la rimunerazione del capitale di rischio è
incerta e può configurarsi anche in forma di perdita.
Le attese tipiche dei conferenti di capitale di rischio sono: una rimunerazione del capitale di rischio
soddisfacente, un adeguato livello di liquidità di investimento, la possibilità di influenzare e di controllare
efficacemente i comportamenti delle persone che esercitano il governo dell’impresa.
Esistono differenti fattispecie di conferenti di capitale di rischio perché i relativi insiemi di attese possono
assumere configurazioni differenti:
- Negoziabilità delle quote di capitale di rischio in mercati regolamentati
- Numerosità dei conferenti di capitale di rischio
- Natura giuridica dei conferenti di capitale di rischio
- Partecipazione diretta o indiretta dei conferenti di capitale di rischio agli organi di governo economico
dell’impresa
- Il grado di concentrazione del rischio del soggetto che ha investito gran parte del proprio patrimonio
- Appartenenza dell’impresa ad un gruppo di imprese e la sua posizione di controllante o di controllata

I fornitori apportano all’impresa condizioni di produzione di varia natura secondo una pluralità di condizioni
di scambio. Talvolta il rapporto si esaurisce in un singolo scambio o in pochi scambi ripetuti raramente nel
tempo; più spesso tra cliente e fornitore si svolgono scambi ripetuti e frequenti nel tempo e si instaurano
relazioni stabili complesse che includono forme di collaborazione nello sviluppo di know-how tecnologico e
commerciale. Le relazioni stabili tengono a produrre alti livelli di conoscenza reciproca e di fiducia tra le parti.
Le attese dell’impresa cliente sono: qualità del bene corrispondente alle proprie esigenze e stabile, prezzo
contenuto e tempi di pagamento non troppo brevi, consegna pronta e tempestiva, garanzie ampie e durature.
Le attese generali dell’impresa fornitrice sono: conoscenza anticipata e bassa variabilità della qualità, dei
tempi e dei volumi die beni richiesti dal cliente, continuità del rapporto di fornitura, prezzi e altre condizioni
sufficientemente rimunerativi.
Le relazioni tra clienti e fornitori assumono caratteri particolari quando: uno dei due soggetti è l’unico o
principale produttore/compratore del bene in oggetto; quando una delle due parti ha effettuato investimenti
specifici per attivare la relazione di fornitura e quando tra le parti esiste una forte asimmetria informativa.

I conferenti di capitale di prestito apportano mezzi monetari che sono messi a disposizione dell’impresa per
un dato periodo di tempo a fronte dell’impegno di rimborso del capitale e di pagamento di interessi nella
misura e negli impegni stabiliti.
Le attese dell’impresa che ricorre al capitale di prestito sono: condizioni generali favorevoli e allineate alle
condizioni di mercato, varietà e flessibilità delle modalità di finanziamento in relazione alle proprie esigenze
specifiche, supporto tecnico per la scelta delle forme di finanziamento più convenienti, disponibilità da parte
dei finanziatori ad una relazione duratura e di sostegno sia nelle fasi di rapida crescita che nelle eventuali fasi
di difficoltà.
Le differenti categorie di conferimenti di capitale di prestito hanno attese differenti ma, in generale, sono
interessate alla trasparenza dell’impresa finanziata, alla solidità patrimoniale, alla sua redditività e alla
capacità di produrre flussi di cassa sufficienti per rimborsare puntualmente il capitale e pagare gli interessi.
Il rapporto tra l’impresa e il conferente di capitale di prestito assume caratteri speciali in due circostanze:
quando il finanziatore ha investito una quota molto rilevante delle proprie disponibilità nell’impresa di
riferimento e quest’ultima si trova in tensione reddituale e quando la forma tecnica del finanziamento prevede
la possibilità che il prestito si trasformi in capitale di rischio.

Le imprese di assicurazione coprono rischi particolari delle imprese clienti a fronte di premi. Il contenuti del
rapporto varia in relazione al grado di prevedibilità dei possibili sinistri → da un lato possiamo avere rischi
standard, dall’altro possiamo avere rischi speciali per i quali è particolarmente difficile sia prevedere ex ante
la possibilità del verificarsi del sinistro, sia valutare ex post l’entità economica dello stesso.
In queste situazioni di alta incertezza si manifestano con particolare evidenza due forme di comportamento
opportunistico: selezione avversa → ex ante, tendono ad assicurarsi i soggetti che sanno di essere ad alto
rischio e che confidando di poter tenere nascosta questa loro condizione, puntano a pagare premi standard e
l’azzardo morale → ex post, in caso di sinistro l’assicurato, approfittando della difficoltà di accertamenti
oggettivi, tende ad esagerare la valutazione del danno per ottenere un rimborso particolarmente elevato.

I clienti acquistano i beni prodotti dall’impresa e gestiscono il loro rapporto secondo le molteplici condizioni
dello scambio. Le relazioni che perdurano nel tempo, la cooperazione nello sviluppo del know how tecnico e
commerciale, le asimmetrie di potere contrattuale.
La numerosità, l’intensità e la stabilità dei rapporti con i clienti → patrimonio commerciale, rappresenta una
parte fondamentale del patrimonio di tutte le imprese perché molte imprese compiono grandi investimenti in
attività specificamente destinate a consolidare e a sviluppare l’insieme di tali rapporti.

Gli alleati istituzionali sono le imprese partner in aggregati quali i gruppi di imprese, i consorzi, le joint
ventures, i cartelli e le reti di franchising.
Moltissime imprese fanno parte di molteplici alleanze e, di conseguenza, devono gestire una molteplicità di
relazioni con alleati istituzionali → queste relazioni spesso hanno un peso determinante nelle scelte
strategiche delle imprese.

I concorrenti attuali sono le imprese che offrono prodotti analoghi a quelli della nostra impresa in mercati nei
quali essa opera. Ciascuna impresa deve gestire attentamente le relazioni con le imprese concorrenti tenendo
presente che in linea di principio è interesse di tutti i concorrenti che la competizione si leale: che non sono
rari i casi in cui ai concorrenti conviene allearsi per realizzare specifici obiettivi quali l’emanazione di una
certa normativa o la realizzazione di progetti comuni e che in particolari settori è opportuno che la
concorrenza sia temperata per salvaguardare i clienti e la collettività da possibili effetti indesiderati della pura
concorrenza.

Lo stato è sempre legato alle imprese da una molteplicità di rapporti che danno luogo a differenti insiemi di
contributi, di ricompense e di attese.
Un primo rapporto generale è quello che vede lo stato come produttore ed erogatore di beni pubblici come
precettore di tributi; le impese si attendono beni pubblici di alta qualità apparati statali efficienti e quindi
livello impositivo non troppo elevato, equità e correttezza del sistema fiscale. Lo stato si aspetta che le
imprese non adottino pratiche di evasione e di elusione fiscale. Un secondo rapporto è quello che deriva dal
ruolo dello stato quale regolatore del comportamento delle imprese mediante l’emanazione di norme e la
gestione delle autorizzazioni, le imprese ricercano ampi gradi di libertà in un contesto di norme chiare ed
applicate uniformemente; lo stato si attende il rispetto formale e sostanziale delle norme. Un terzo rapporto
tra stato e imprese si manifesta quando lo stato funge da dispensatore di incentivi finanziari e fiscali; lo stato
offre tali incentivi per realizzare particolari manovre di politica economica e si attende che siano utilizzati in
tale direzione; le imprese si aspettano che le discromie affrontate per realizzare i fini dello stato siano coperte
dallo stesso secondo equità. Infine per moltissime imprese lo stato è un cliente di grande rilevanza ; un cliente
speciale che opera secondo logiche differenti rispetto a quelle dei clienti-imprese; si tratta di rapporti molto
delicati che dovrebbero essere gestiti con i massimi gradi di trasparenza e correttezza.

Le collettività locali instaurano relazioni particolarmente significative con le imprese che hanno un ruolo
economico molto rilevante. La collettività si attende benessere mentre l’impresa si attende livelli
particolarmente elevati di impegno e di fedeltà delle persone che vi lavorano, contesti sociali, politici e
infrastrutturali favorevoli alla propria azione.

IL SISTEMA DEGLI INTERESSI CONVERGENTI NELLE FAMIGLIE


Le principali classi di soggetti che offrono contributi alle famiglie e che ne ottengono ricompense sono i
membri della famiglia, i conferenti di capitale di prestito, le aziende di assicurazione, la collettività locale e le
associazioni di varia natura, gli istituti ai quali la famiglia ha conferito capitale di rischio e capitale di prestito,
eventuali imprese familiari, altre famiglie legate da rapporti di parentela, gli istituti presso i quali prestano
lavoro i membri della famiglia, lo stato fornitore di beni pubblici e percettore di tributi e i fornitori.
I primari portatori di interessi di una famiglia sono i membri della famiglia stessa → nutrono attese complesse
e di varia natura.
Le attese economiche consistono nell’attuazione di consumi di beni privati e pubblici secondo intensità, tempi
e modalità giudicati soddisfacenti dai membri della famiglia → i bisogni e le attese sono manifestazioni
condizionate dalle esperienze personali e dai confronti tra istituti e persone.
Il fine immediato dei consumi è direttamente connesso a quello dei conseguimento di redditi di lavoro e di
gestione patrimoniale atti a coprire i consumi e i tributi dell’esercizio e tali da consentire un risparmio da
destinare alla conservazione e all’incremento del patrimonio da reddito e da rivalutazione.

La formazione di risparmio (e la gestione patrimoniale) sono indicatori di adeguato soddisfacimento dei


bisogni economici dei membri della famiglia.
* la possibilità e le attese di risparmio variano a seconda che la famiglia sia stata costituita recentemente o da
molti anni e a seconda delle dimensioni del patrimonio disponibile al momento della sua formazione o
acquisto.

L’assetto istituzionale può essere significativamente qualificato da forme di relazioni interaziendali → sono più
rilevanti le relazioni derivanti da rapporti di parentela.
Importanti sono le relazioni tra le famiglie e le imprese (o altri istituti) presso i quali i membri della famiglia
prestano lavoro. Importanti sono i rapporti anche cono lo stato e con le imprese alle quali la famiglia si rivolge
per ottenere beni privati e capitale di prestito.
Molte famiglie ricorrono anche alla collaborazione di prestatori di lavoro per lo svolgimento di lavori
domestici, per attività di assistenza e di educazione dei membri della famiglia e per il supporto della gestione
patrimoniale.

IL SISTEMA DEGLI INTERESSI CONVERGENTI NELLO STATO


Le principali classi di soggetti che offrono contributi allo stato e che ne ottengono ricompense sono i cittadini
contribuenti, fruitori di beni pubblici e destinatari di sussidi, conferenti di capitale di prestito, fornitori di beni
privati, amministrazioni pubbliche locali, sottoinsiemi dello stato, le imprese di proprietà pubblica, gli altri
stati e le organizzazioni internazionali, le aziende di assicurazione e i cittadini dello stato.
I portatori primari di attese sono i cittadini che si aspettano di poter disporre di beni pubblici atti a soddisfare
i loro bisogni.
La gestione da parte dello stato di queste attese è problematica perché differenti categorie di cittadini hanno
differenti attese non sempre compatibili tra loro, i vari servizi pubblici sono in competizione tra loro per le
risorse da investire e perché la propensione dei cittadini all’elusione e all’evasione fiscale è molto diffusa.

Le amministrazioni statali fanno ricorso al debito pubblico per coprire i propri deficit e le quote di risparmi
dei cittadini sono investite in forma di conferimenti allo stato di capitale di prestito.
Un sistema di attese speciale e critico è quello che lega lo stato alle entità parziali e locali nelle quali si
articola e alle organizzazioni politiche internazionali → queste relazioni sono critiche perchè si muovo ingenti
flussi di mezzi monetari e perchè tutti gli interventi pubblici si possono realizzare solo con il consenso e il
contributo di numerosi soggetti pubblici.

IL SISTEMA DI INTERESSI CONVERGENTI NEGLI ISTITUTI NONPROFIT


(Si prende in considerazione un istituto nonprofit impiegato nella valorizzazione del patrimonio ambientale e
artistico).
Le principali classi di soggetti che offrono contributi ad un istituto nonprofit di questo tipo e ne ottengono
ricompense sono: i soci fondatori e i principali finanziatori, i prestatori di lavoro volontari e regolari, i
conferenti di capitale di prestito, i fornitori di beni privati, altri istituti nonprofit alleati e concorrenti, i
finanziatori privati minori, lo stato fornitore di beni pubblici, percettore di tributi, legislatore e finanziatore e
la collettività in generale che fruisce del patrimonio ambientale e artistico.

I soci fondatori e i principali finanziatori hanno particolare interesse a tutelare certe parti del patrimonio
artistico e ambientale → per soddisfare tale bisogno sono disposti a conferire mezzi monetari e energie
personali.
La collettività valuta positivamente gli interventi realizzati e programmati da questo istituto e lo stato si fa
interprete di tale apprezzamento fornendo contributi in varie forme → la collettività e lo stato si aspettano
che le risorse fornite siano utilizzate esclusivamente per le finalità dichiarate con la massima efficienza e
trasparenza.
Tutti i soggetti condividono un’attesa di fondo derivante dalla natura stessa dell’istituto = che nessuno possa
appropriarsi dei risultati reddituali dell’istituto o disporre a proprio vantaggio del suo patrimonio.

I concorrenti degli istituti nonprofit sono tutti gli istituti che svolgono attività analoghe per finalità e che
competono per le stesse risorse.
Il sistema di interessi convergenti
L’INTEGRAZIONE DINAMICA DEI CONTRIBUTI COME CONDIZIONE DI ECONOMICITÀ
L’integrazione tra i diversi portatori di interessi è condizione necessaria per garantire agli istituti una vita
economica duratura → Condizione di economicità. L’integrazione dinamica dei contributi dei vari soggetti è
caratterizzata per:
Vantaggi ottenibili dall’integrazione → consideriamo un’impresa ideale nella quale tra i soggetti sono
instaurate relazioni di fiducia e di cooperazione:
- Bassi costi di transazione con i soggetti esterni
- Bassi costi di coordinamento interno
- Bassi prezzi - costo degli input
- Migliore qualità, personalizzazione e flessibilità degli input
- Elevato impegno di tutti i soggetti
- Maggiore soddisfazione dei bisogni di socialità
- Processi di apprendimento collettivo

Per realizzare un buon livello di integrazione occorre superare vari ostacoli:


- Fenomeno della specializzazione economica → gli istituti operano con il contributo di una pluralità di
soggetti, ciascuno dei quali apporta risorse, competenze ed attività. I soggetti però hanno obiettivi differenti
e quindi differenti ipotesi in merito alla combinazione ottimale dei vari elementi. Occorre quindi un disegno
complessivo che ne assicuri la coerenza e occorre che i vari soggetti diano la loro adesione al disegno
complessivo.
- I soggetti sono in competizione per ottenere le remunerazioni → in quanto le risorse a disposizione sono
limitate
- L’adesione dei soggetti al disegno complessivo è subordinata alle condizioni di informazione incompleta e
incertezza → il disegno complessivo ex ante è il frutto della miglior previsione possibile di chi governa
l’istituto, non sempre i contributi, le ricompense e i risultati sono facilmente misurabili oggettivamente, in
considerazione dell’incertezza, le persone possono prendersi delle cautele e prepararsi a comportamenti
opportunistici, la realtà ex post sarà sempre parzialmente differente rispetto a quanto previsto nel disegno
complessivo.
- Gran parte dei risultati ottenuti da un istituto ha la natura di risultati congiunti derivanti dal lavoro di
squadra → nn è possibile determinare univocamente il valore dei contributi dei singoli soggetti
- La natura di lavoro di gruppo e l’incertezza producono inevitabilmente risultati residuali, è sempre
problematico decidere quali soggetti e in quali forme debbano godere o patire tali risultati
- I soggetti che partecipano alla vita dell’istituto hanno differenti propensioni al rischio e, in funzione al loro
ruolo. Sopportano differenti tipi e livelli di rischio.

Per cercare di realizzare l’obiettivo dell’integrazione si agisce su vari insiemi di leve che sono comuni a tutti gli
istituti:
1. Assegnazione del diritto-dovere di governo dell’istituto ad un insieme di soggetti che esercitano tale ruolo
→ si formano gli organi massimi di di governo degli istituti che fissano linee guida, prendono decisioni e
guidano il comportamento delle persone coinvolte
2. Assegnazione ad un insieme di soggetti del diritto-dovere di percepire i risultati residuali dell’istituto
positivi o negativi che siano
3. La progettazione e l’attuazione dell’assetto organizzativo per guidare il comportamento delle persone
interne all’istituto. In particolare si tratta di:
- Definizione degli organi massimi di governo
- Favorire la socializzazione delle persone che lavorano nell’istituto
- Definizione dei soggetti cui attribuire i risultati residuali
- Progettazione attenta dell’assetto organizzativo
4. La scelta e la messa in atto dei meccanismi di integrazione con i soggetti esterni all’istituto, si tratta di:
- Contratti definiti in forma chiara e compiuta
- Sistemi di comunicazione esterna destinati a rendere noto e trasparente l’istituto
- Sistemi di controllo da parte dell’istituto nei confronti dei soggetti esterni
- Stipulazione di alleanze
- Formazione di meccanismi e di strutture attraverso i quali i soggetti esterni possono influenzare e
controllare il comportamento degli organi massimi di governo dell’istituto.
Tutto quanto presuppone un’attenta analisi dei potenziali contributi e delle attese di tutti quanti i soggetti
messi a confronto con le alternative strategiche dell’istituto e la formulazione delle strategie integrate che
configurano le soluzioni più sinergiche di soggetti contributi e ricompense.

IL SOGGETTO D’ISTITUTO E IL DIRITTO DI GOVERNO


In linea di principio, tutti i portatori di interessi dovrebbero partecipare al governo dell’istituto. Tuttavia ciò
determinerebbe elevati costi di governo e complessità organizzativa, qualità e tempi delle decisioni inadeguati
alla vita dell’istituto e un mancato riconoscimento della maggiore criticità di alcuni contributi.
Per tale motivo, una o poche categorie di portatori di interessi partecipano direttamente al governo dell’
istituto (→ soggetto d’istituto), mentre le altre categorie partecipano attraverso meccanismi indiretti di
rappresentanza/controllo.

Al soggetto d’istituto fanno capo due sistemi fondamentali di diritti e doveri:


1. Il diritto - dovere di governare, ossia di guidare l’istituto e di prendere le decisioni ultime
2. Il diritto di godere dei risultati residuali positivi e di farsi carico degli eventuali risultati negativi
Il soggetto d’istituto è il soggetto che decide e che si assume il rischio generale connesso all’attività dell’istituto.
Questo soggetto deve essere scelto in modo tale da massimizzare la probabilità che l’istituto perduri nel tempo
in condizioni di autonomia.
La scelta del soggetto d’istituto è più o meno problematica a seconda della natura dell’istituto e della
complessità dello stesso. In generale è opportuno procedere combinando gli esiti derivanti dalle seguenti
indicazioni.
È opportuno assegnare i diritti di proprietà di un certo istituto:
- Alle persone il cui benessere dipende massimamente dall’esistenza e dallo sviluppo dell’istituto
- Alle persone che hanno effettuato rilevanti investimenti specifici nell’istituto
- Alle persone disposte ad assumersi una quota consistente del rischio generale d’istituto
- Alle persone che solo governando direttamente si sentirebbero sufficientemente protette nei loro interessi
- Ad un insieme di persone che per numero di persone e per omogeneità di interessi può governare l’impresa
senza sostenere altri costi di governo
- Alle persone i cui contributi sono molto critici per l’istituto ma scarsamente definibili ex ante e scarsamente
controllabili ex post

IL SOGGETTO D’ISTITUTO E IL SOGGETTO ECONOMICO


Le prime due scelte che definiscono l’assetto di governo sono l’identificazione del soggetto d’istituto e la
definizione dei fini istituzionali.
Negli istituti complessi si procede nel seguente ordine → una sola categoria di portatori di interessi nomina i
membri dell’organo massimo di governo dell’istituto e successivamente tutte le categorie di portatori di
interessi utilizzano o attivano speciali strutture di influenza e di controllo della condotta di governo.

I fini istituzionali coincidono con le attese primarie delle persone che compongono il soggetto d’istituto, essi si
denominano anche interessi istituzionali (gli interessi degli altri sono considerati interessi non istituzionali).
In tutti gli istituti convergono interessi sia economici sia non economici.
Si configurano pertanto quattro classi di interessi convergenti negli istituti:
- Interessi istituzionali economici
- Interessi istituzionali non economici
- Interessi non istituzionali economici
- Interessi non istituzionali non economici

L’insieme dei portatori di interessi istituzionali (economici e non) forma il soggetto d’istituto, mentre, l’insieme
dei portatori di interessi istituzionali economici forma il soggetto economico. I due insiemi coincidono quando
tutti i membri dell’istituto portano sia interessi economici sia interessi non economici istituzionali.
Si possono configurare anche i casi in cui il soggetto economico è un sottoinsieme distinto del soggetto
d’istituto; alcuni membri dell’istituto portano interessi di tipo non economico, altri anche rilevanti interessi di
tipo economico.
Ciascun istituto nella sua essenza è identificato da un bene comune e da una società di persone costituita per
il suo raggiungimento → il fine immediato dell’azienda è il soddisfacimento degli interessi economici
istituzionali che nel continuo svolgimento dell’azienda si manifestano come bene comune. Gli interessi
istituzionali sono fine immediato dell’azienda mentre gli interessi non istituzionali sono condizioni di
svolgimento dell’azienda. Al soggetto economico spettano i diritti di governo economico.

In genere, per la famiglia, il soggetto d’istituto è sempre l’insieme di tutti i membri della famiglia stessa; per lo
Stato, il soggetto d’istituto è sempre l’insieme di tutti i cittadini dello stesso cui si aggiungono i prestatori di
lavoro; per le imprese, si possono dare differenti soluzioni, di solito sono i conferenti di capitale di rischio e i
prestatori di lavoro; per l’istituti nonprofit, si danno varie soluzioni speciali tutte caratterizzate dal fatto che il
soggetto d’istituto gode del diritto-dovere di governare l’istituto ma non del diritto di appropriarsi dei risultati
residuali o di disporre del patrimonio di istituto.

LE PREROGATIVE E I PRINCIPI DI GOVERNO ECONOMICO


Il soggetto economico (che di regola coincide con il soggetto d’istituto) esercita le prerogative di governo
economico → esse consistono nel diritto - dovere di:
- Fissare gli obiettivi, le strategie e le politiche dell’istituto
- Scegliere i soggetti che contribuiranno alla vita economica dell’istituto (e stipulare con questi patti e
contratti)
- Progettare e mettere in atto le strutture di governo e di controllo
- Sorvegliare il funzionamento dell’istituto
Il governo economico deve ispirarsi ad alcuni principi generali:
1. Economicità (o vita duratura economica) → capacità dell’istituto di svolgersi in autonomia economica,
senza il ricorso sistematico a coperture di perdite da parte di altre economie
2. Contemperamento degli interessi → adozione di strutture, processi, atteggiamenti e comportamenti, ispirati
alla logica della partecipazione e del confronto

LE STRUTTURE DI GOVERNO ECONOMICO


Quanto il soggetto di istituto e il soggetto economico sono formati da molte persone, si rende necessario
configurare strutture e meccanismi che rappresentino adeguatamente tutti gli interessi e diano luogo a
processi decisionali efficienti.
Nell’ipotesi che il soggetto economico coincida con una sola categoria di portatori di interessi si avrà una
struttura di governo economico basata essenzialmente su tre organi:
A. Assemblea dei membri del soggetto economico, quale organo supremo di indirizzo generale e di nomina
dei membri e dell’organo decisionale di governo economico e dell’organo di controllo
B. Organo decisionale di governo, composto da una o poche persone con specifiche competenze tecniche e
manageriali che configura e indirizza l’attività della struttura organizzativa
C. Organo di controllo, che verifica l’operato dell’organo decisionale

Nel caso dello Stato e delle sue articolazioni, di regola i cittadini nominano, attraverso meccanismi elettivi, i
loro rappresentanti che formano gli organi assembleari rappresentativi e questi nominano gli organi
decisionali e di controllo. Nel caso delle imprese e degli istituti nonprofit il cui soggetto economico è
composto da due o più categorie di portatori di interessi occorre configurare due o più assemblee, una per
ciascuna categoria di portatori di interessi, che nominano i membri di un organo intermedio rappresentativo
delle due categorie che, a sua volta nomina gli organi di direzione e di controllo.

L’ASSETTO DI GOVERNO DELLE FAMIGLIE


Sono membri del soggetto d’istituto (come anche del soggetto economico) della famiglia tutte le persone che
la compongono.

Gli interessi economici di persone di altre famiglie (con rapporti di parentela) devono considerarsi non
istituzionali, a meno che non si configuri un gruppo economico di aziende famigliari.
Il governo economico dell’azienda famigliare comporta un articolato insieme di decisioni complesse, poichè
implicano significati non solo economici (ripartizione del lavoro tra soggetti, lavoro interno/esterno, livelli di
consumo e di risparmio, modalità di impiego del risparmio, eredità e donazioni). Si tratta di complesse scelte
in merito al volume complessivo di lavoro da svolgere in vari forme da parte dei membri della famiglia,
all’organizzazione del lavoro interno e alla specializzazione economica.

Le prerogative di governo economico spettano a tutte le persone della famiglia in funzione di età, esperienza e
competenza → spesso il governo economico è delegato al “capofamiglia”, anche se molte decisioni avvengono
in forma collegiale. Non sempre il contemperamento degli interessi risulta agevole.
Il soggetto economico dell’azienda familiare è unico ed unitario, tali caratteri del soggetto economico sono
particolarmente forti a causa della natura propria dell’istituto famiglia, del piccolo numero dei suoi membri e
della notevole omogeneità degli interessi economici degli stessi.

L’ASSETTO DI GOVERNO DELLE IMPRESE


Differenti imprese richiedono differenti assetti di governo → differenti assetti di governo attribuiscono
rilevanza e differenti categorie di portatori di interessi.
Nell’ipotesi da prendere in considerazione, vi è un’impresa , nella quale il soggetto d’istituto e il soggetto
economico sono formati dall’insieme dei conferenti di capitale di rischio e dei prestatori di lavoro.

Nel mondo occidentale la grande maggioranza delle imprese è configurata secondo il modello capitalistico,
anche se: la forma e la sostanza non sempre coincidono, alcuni ordinamenti (es Germania) prevedono
esplicitamente la partecipazione dei prestatori di lavoro nel governo dell’impresa → la disciplina della “società
europea” prevede modalità di partecipazione dei prestatori di lavoro in alcune scelte di governo delle imprese.

Quando si adotta uno schema a due classi di portatori di interessi, si manifestano due problemi: il primo è
quello della formazione degli organi decisionali di governo → la soluzione consiste nel prevedere due
assemblee che nominano i loro rappresentanti in un organo rappresentativo unitario il quale, a sua volta,
nomina i membri dell’organo decisionale di governo.
Il secondo problema è quello della determinazione e della ripartizione del risultato reddituale residuale tra le
due categorie di portatori di interessi che compongono il soggetto economico, si tratta di determinare il
risultato reddituale complessivo e di assegnare una parte dello stesso ai conferenti di capitale di rischio
assicurando loro una remunerazione adeguata.
Qualunque sia la scelta sulla struttura di governo, alcuni temi hanno svolgimento uniforme in tutte le
imprese:
- Il fine immediato delle imprese è rappresentato dalla produzione di rimunerazioni e di altre connesse
condizioni per i membri del soggetto economico
- Le prerogative di governo economico nelle imprese riguardano: scelte di assetto istituzionale (organi di
governo e loro struttura, scelte di fusioni, scorpori, concentrazioni, accordi e relazioni internazionali),
scelte di configurazione delle combinazioni produttive (oggetto sociale, dimensione, diversificazione,
integrazione e internazionalizzazione) e scelte di assetto tecnico, organizzativo e di organismo personale
- Il soggetto economico è unico e unitario
- Il principio generale di governo è quello di contemperamento degli interessi

Classificazione dell’impresa:
1. Microimprese (meno di 10 dipendenti e bilancio inferiore a 2 milioni l’anno)
2. Piccole imprese (meno di 50 dipendenti e bilancio interiore a 10 milioni l’anno)
3. Medie imprese (meno di 250 dipendenti e bilancio inferiore a 43 milioni l’anno)

Settori: primario (imprese agricole, ittiche, estrattive e zootecniche), secondario (industria, energia e
costruzioni), terziario (servizi, bancario, assicurativo e trasporti) e quaternario (informatica e telematica).

IL SOGGETTO ECONOMICO IMPROPRIO


Nella realtà accade spesso che l’insieme delle persone che dovrebbero esercitare il governo economico (il
soggetto economico) non coincide con l’insieme di persone che di fatto esercitano il governo economico.
I casi più frequenti nelle imprese sono:
- il governo è esercitato da insiemi di persone che non rappresentano l’interno soggetto economico ma solo
una perte di esso (es azionisti di controllo)
- Il governo è esercitato da insiemi di persone che non fanno più parte del soggetto economico (es esponenti
politici che vogliono infierire nelle strategie d’impresa)
In questi casi, si parla quindi di soggetto economico improprio → si tratta di una situazione potenzialmente
pericolosa per l’impresa e certamente iniqua.

L’ASSETTO DI GOVERNO DELLO STATO


Lo stato si articola in complesse strutture di istituti pubblici, tra cui hanno particolare rilievo le articolazioni
territoriali; stato, regioni, province e comuni → l’ordine economico di tali istituti è definito azienda composta
pubblica.
Sono membri dell’istituto e portatori di interessi istituzionali tutti i cittadini membri dello stato.
Sono membri del soggetto economico tutti i membri della collettività e coloro che prestano lavoro nelle
aziende composte pubbliche.
I fini economici istituzionali delle aziende composte pubbliche sono il soddisfacimento dei bisogni pubblici di
tutti i membri della collettività e la remunerazione del lavoro dei prestatori di lavoro.
Il governo economico si esercita in via indiretta per mezzo di organi collegiali i cui membri sono scelti tramite
elezione (ruolo politico).
La distinzione e l’integrazione di ruoli politici e ruoli economici si attua a livello di struttura complessiva
dell’amministrazione pubblica e a livello di singoli istituti dell’amministrazione pubblica.
* Si formano soggetti economici impropri e si trascurano i principi di economicità quando l’azienda composta
pubblica diventa strumento delle organizzazioni politiche o di particolari categorie di utenti e dei prestatori
di lavoro anziché strumento di realizzazione del bene comune della collettività.

Le prerogative di governo economico si esercitano di regola in via indiretta per mezzo di organi collegiali i cui
membri sono scelti mediante elezioni. Si tratta di organi che svolgono prioritariamente compiti di tipo
politico. La distinzione e l’integrazione dei ruoli politici e dei ruoli economici si attuano a due livelli: il livello
della struttura complessiva dell’amministrazione pubblica, dove si configurano istituti con vario peso relativo
delle finalità economiche delle finalità politiche, e il secondo livello dove si attua una sorta di distinzione tra
organi politici e organi della struttura amministrativa, gli organi politici sono composti dalle persone elette
dai membri della collettività che esprimono le proprie preferenze in funzione delle caratteristiche personali
dei candidati e ad essi si richiede la capacità di interpretare le attese di ogni tipo, della collettività e di
ricondurle a un bene comune, gli organi della struttura amministrativa sono prestatori di lavoro di tipo
tecnico economico.

L’ASSETTO DI GOVERNO DEGLI ISTITUTI NONPROFIT


Negli istituti nonprofit, gli interessi istituzionali possono far capo a tre categorie di soggetti: gli associati delle
associazioni chiuse ed aperte, i donatori privati e pubblici e i prestatori di lavoro.
Sono interessi istituzionali economici le attese di soddisfacimento dei bisogni comuni degli associati e le attese
di rimunerazione dei prestatori di lavoro non volontario.
Sono interessi istituzionali non economici quelli dei donatori.
In definitiva, negli istituti nonprofit l’insieme delle persone che compone il soggetto d’istituto può essere
notevolmente diverso (molto più ampio) rispetto a quello che compone il soggetto economico.
L’economicità
EQUILIBRIO ISTITUZIONALE
Si ha equilibrio istituzionale quando tutti i membri del soggetto d’istituto condividono i valori e gli obiettivi
che ispirano la vita dell’istituto, le sue strutture e modalità di governo, le logiche organizzative e ricevono
ricompense e benefici giudicati equi rispetto ai contributi forniti.
L’equilibrio istituzionale è di lungo periodo ed è caratterizzato da: durabilità (le persone che partecipano alla
vita degli istituti si attendono che l’istituto perduri nel tempo; gli istituti nel tempo accumulano patrimoni di
relazioni e di competenze che sono relativamente indipendenti dalle persone) e autonomia (libertà di
scegliere i propri fini e le proprie modalità di governo).
L’equilibrio istituzionale è un equilibrio di lungo periodo, le persone che partecipano alla vita degli istituti di
regola si attendono che istituto perduri nel tempo e i fondatori e i membri di un istituto spesso si attendono
che l’istituto perduri a tempo indeterminato. Gli istituti nel tempo accumulano un patrimonio di relazioni e di
competenze che sono relativamente indipendenti dalle persone e che hanno un valore nel tempo.

EQUILIBRIO ISTITUZIONALE ED EQUILIBRIO ECONOMICO


Si ha equilibrio economico (= economicità) quando l’istituto nel suo insieme è in grado di attrarre risorse
sufficienti per remunerare tutte le condizioni di produzione e di consumo utilizzate per svolgere le proprie
combinazioni economiche → L’economicità è la capacità dell’istituto di operare senza accumulare perdite.
Equilibrio istituzionale ed equilibrio economico sono interconnessi ma non sincroni. Quando però le perdite si
accumulano per importi e per tempi troppo estesi, l’equilibrio istituzionale viene compromesso e ciò si può
manifestare in tre forme: l’istituto cessa di vivere, un altro istituto acquisisce e ingloba l’istituto in
disequilibrio economico o uno o più soggetti si rendono disponibili a ripianare sistematicamente le perdite
future.
→ L’economicità è una condizione necessaria per la vita duratura di un istituto, se e quando rilevanti perdite si
accumulano per periodi non brevi, l’istituto cessa o subisce trasformazioni radicali. Essa è una condizione di
vita degli istituti di ogni ordine, sia degli istituti prevalentemente economici quali le imprese, sia degli istituti
che hanno prevalenti fini economici, quali le famiglie, lo Stato e molti istituti nonprofit. L’economicità è
contemporaneamente un principio un obiettivo fondamentale di un buon governo degli istituti.

DURABILITÀ E AUTONOMIA
I caratteri di durabilità e di autonomia degli istituti si riflettono sul concetto di azienda e sull’economicità.
Durabilità → l’azienda, ordine economico di istituto, deve svolgersi secondo condizioni di vita e di
funzionamento tali da consentire di durare nel tempo in un ambiente mutevole. La continuità e lo sviluppo di
un istituto hanno un valore per i suoi membri attuali, per i suoi membri futuri e per la collettività generale.
Autonomia → occorre che nell’azienda non si verifichi un sistematico ricorso a interventi di sostegno o di
copertura delle perdite da parte degli istituti → è un carattere che si accompagna con la durabilità e che serve
a qualificarla. Nell’accertare l’autonomia di un’azienda vanno considerati anche le coperture di perdite e gli
interventi di sostegno realizzati per via indiretta (alcune forme di esenzione fiscale e le protezioni godute
dalle imprese), queste soluzioni hanno un carattere comune: la precarietà e la provvisorietà.

FORME DELL’ECONOMICITÀ
Il principio di economicità si declina in due forme complementari:
1. Perseguimento di fini economici istituzionali
- Imprese: rimunerazioni monetarie e di altra specie per i presentatori di lavoro e per i conferenti di capitale
di rischio
- Famiglie: appagamento dei bisogni delle persone che le compongono
- Stato: appagamento dei bisogni di beni pubblici dei cittadini e remunerazione dei prestatori di lavoro
- Istituti nonprofit: appagamento dei bisogni di varie categorie di associati e fruitori e remunerazione dei
prestatori di lavoro.

2. Rispetto simultaneo di un insieme di condizioni di svolgimento dell’attività economica


Nelle imprese tale principio si declina in quattro condizioni fondamentali da rispettare:
- Equilibrio reddituale
- Efficienza e flessibilità
- Congruità delle remunerazioni
- Equilibrio monetario

Nel primo caso si concentra l’attenzione sui fini economici, che in certi istituti rappresentano la parte
preminente dei fini dell’istituto; nel secondo caso l’accento è posto sull’azienda come astrazione e anche come
strumento di istituto e sulle regole che devono presiedere al suo corretto funzionamento.
EQUILIBRIO REDDITUALE
L’equilibrio reddituale (equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito) ha come prima fondamentale
condizione da rispettare (senza la quale l’azienda non può dirsi vitale = capace di vivere nel tempo in modo
autonomo senza interventi di terze economie) l’attitudine della gestione di remunerare, con i componenti
positivi di reddito, alle condizioni di mercato, tutti i fattori produttivi compresi il capitale di prestito e il
capitale di rischio.
Una seconda qualificazione riguarda il tempo di riferimento (di breve o lungo periodo) e l’oggetto di
riferimento (azienda → equilibrio aziendale, gruppo aziendale → equilibrio superaziendale).
L’equilibrio reddituale di un gruppo può essere inteso in due significati: il primo è quello per cui l’azienda si
dice economica in funzione del gruppo, perché solo entro il gruppo riesce ad essere autosufficiente mentre nel
secondo significato, l’azienda si dice economica in funzione del gruppo quando, pur non conseguendo
l’equilibrio reddituale, viene mantenuta in vita perché offre opportunità o vantaggi alle altre aziende del
gruppo senza che questi si manifestino in comportamenti positivi di reddito per l’azienda che li fornisce.

EFFICIENZA E FLESSIBILITÀ
Non si ha economicità senza il mantenimento di un livello accettabile di efficienza, espressa in termini di
rendimento fisico - tecnico dei processi produttivi → L’azienda, autosufficiente dal punto di vista reddituale,
può non rispettare pienamente il principio di economicità, se le sue operazioni i suoi processi si svolgono con
gravi inefficienze o con palesi errori gestionali o organizzativi.
Solo in condizioni particolari e temporanee, le insufficienze possono essere trasferite all’esterno, senza
danneggiare l’equilibrio reddituale dell’azienda (es monopolio), ma penalizzando altre aziende.
In generale, per efficienza s’intende la relazione che intercorre tra risultati conseguiti e mezzi impiegati e
viene riferito a sfere operative diverse. Una particolare espressione dell’efficienza sono i rendimenti tecnico -
fisici.
L’azienda in economicità è quella che ricerca anche flessibilità, ossia la predisposizione di strutture e di
combinazioni produttive efficienti in grado di adeguarsi prontamente all’ambiente.

Si persegue anche l’efficienza applicando metodi di lavoro che consentono di svolgere le operazioni senza
sprechi di risorse e di tempo, ma soprattutto ricercando l’innovazione dei processi perché è solo attraverso
questa strada che le aziende possono rimanere nel mercato in una posizione di sufficiente stabilità →
l’azienda senza un adeguato livello di efficienza, tenendo conto dell’attuale tasso di evoluzione tecnologica e
dei metodi di gestione, e destinata a vita incerta limitata, anche se chiude l’esercizio con risultato reddituale
positivo

CONGRUITÀ DELLE REMUNERAZIONI


Non si ha economicità senza congruità dei prezzi-costi sostenuti e dei prezzi-ricavi conseguiti e, in particolare,
congruità delle rimunerazioni del capitale-risparmio e del lavoro. In aziende in tale congruità non viene
rispettata, l’economicità aziendale viene perseguita grazie al concorso, e a scapito, di altre aziende familiari o
di altre aziende di produzione.
Il giudizio di adeguatezza o di congruità dei prezzi-costo e dei prezzi-ricavo comporta un esame delle
condizioni di ambiente che caratterizzano i diversi mercati in cui le imprese operano. Si tratta di valutare se le
redistribuzioni corrisposte al personale di tutti i livelli e delle varie funzioni risultino coerenti con le
retribuzioni negoziate nell’ambiente.
Le stesse considerazioni valgono per l’accertamento della congruità della remunerazione del capitale di rischio
conferito → rischio che si manifesta in tre specie fondamentali: il rischio di non ottenere adeguate
remunerazioni di capitale, il rischio di non poter smobilizzare tempestivamente ed economicamente il capitale
investito nell’azienda e il rischio di perdita parziale o totale del capitale conferito a seguito di risultati negativi
della gestione. Occorre valutare il costo-opportunità, cioè il costo figurativo che esprime il mancato
rendimento che il conferente capitale di rischio sopporta per aver investito nell’azienda. Tale costo-
opportunità si configura aggiungendo al rendimento degli investimenti patrimoniali a grado di rischio nullo
un compenso per il rischio di impresa.

EQUILIBRIO MONETARIO
L’economicità è strettamente correlata al conseguimento dell’equilibrio monetario, ossia l’azienda deve operare
secondo equilibrio tra i componenti positivi e negativi di reddito, ma deve contemporaneamente essere in grado
di far fronte agli impegni di pagamento. La diversa manifestazione temporale di costi e ricavi e dei relativi
flussi monetari si traduce in fabbisogno finanziario. Compito della gestione finanziaria è ricercare la copertura
di tale fabbisogno → è il fluire del tempo l’elemento cruciale che determina e giustifica la necessità di
considerare attentamente il rispetto dell’equilibrio monetario. Tale vincolo può spingere l’azienda a ricorrere
in misura eccessiva all’indebitamento pregiudicando il suo equilibrio reddituale e la sua stessa sopravvivenza.
I giudizi di economicità sono complessi non solo per le numerose condizioni che simultaneamente devono
essere rispettate ma anche perché essi sono incerti e rischiosi dal momento che investono il futuro svolgersi
dell’operazioni.
La gestione finanziaria gioca così da cuscinetto tra la dinamica reddituale e la dinamica monetaria,
compensando i periodi in cui si determinano squilibri monetari con quelli in cui si manifestano eccedenze di
cassa.
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Il principio di economicità non si identifica con il criterio della massimizzazione del profitto (limitato e
rivolto esclusivamente ad una classe di soggetti, quelli conferenti di capitale proprio) né con un criterio
massimizzante, limitato e rivolto esclusivamente a una classe di soggetti, quali i conferenti di capitale proprio.
Esso si traduce nel rispetto simultaneo delle condizioni favorevoli al mantenimento e allo sviluppo
dell’azienda, intesa come mezzo per conseguire i complessi fini di istituto → È uno schema semplificato della
condotta delle imprese che una disciplina come l’economia aziendale ancorata alla realtà e volta a produrre
proposizioni aventi valore normativo anche se non assoluto, non può pienamente accogliere. Esso può essere
solo una prima approssimazione, un punto di partenza.

ECONOMICITÀ DELLE FAMIGLIE


Nell’azienda familiare l’economicità viene conseguita se la produzione di redditi da lavoro e da gestione
patrimoniale (al netto dei tributi fa corrispondere allo stato) consente i consumi in misura adeguata alla
posizione sociale e al progresso del tenore della famiglia.
Questa produzione di redditi dovrebbe anche generare un risparmio in grado di alimentare un conveniente
patrimonio. L’equilibrio monetario può giocare un ruolo importante, anche se si risolve molto spesso con la
creazione di un fondo di mezzi liquidi sufficiente a fronteggiare le uscite monetarie concentrate in dati periodi
dell’anno.

ECONOMICITÀ DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE


Si ha economicità dello stato e degli istituti della pubblicazione amministrazione (PA) se si realizzano i fini e
si rispettano le seguenti condizioni:
- La produzione e il consumo di beni pubblici soddisfacenti per il funzionamento e lo sviluppo sociale ed
economico di una collettività.
- La corresponsione di rimunerazioni adeguate ai collaboratori e ai finanziatori
- L’elevata efficienza delle combinazioni economiche realizzata mediante l’adozione di tecniche progredite di
gestione, di organizzazione e di rivelazione
- L’imposizione di tributi che siano ripartiti secondo criteri di equità condivisi dalla collettività
- L’attuazione di una gestione patrimoniale che produca redditi convenienti
- La realizzazione di un risultato sintetico di risparmio o di disavanzo

ECONOMICITÀ DEGLI ISTITUTI NONPROFIT


In molte classi di istituti nonprofit solo una parte limitata dei costi è coperta da ricavi provenienti da cessione
di beni a terzi, l’equilibrio reddituale si realizza facendo conto su elargizioni volontarie, donazioni e lasciti,
provenienti prevalentemente da soggetti privati ma anche da enti pubblici. Lo snodo critico in maniera è
rappresentato dalla stabilità nel tempo di tali flussi di contributi.
Il difficile equilibrio reddituale rende fragile anche l’equilibrio monetario e l’insieme di queste condizioni
mette a repentaglio la vota dell’istituto o la sua autonomia. In particolare, ogni crisi reddituale o monetaria
può diventare l’occasione per formarsi di soggetti economici impropri o per l’alterarsi della natura privatistica
dell’istituto nonprofit.

In molti istituti nonprofit si presentano problematiche complesse con riguardo alla valutazione dell’efficienza
e alla valutazione del grado di soddisfazione degli utenti.
Gli istituti nonprofit mostrano una notevole inerzia nel rispondere alla crescente domanda di beni da loro
offerti; ciò si spiega, oltre che per la mancanza di incentivi connessi al profitto, per le difficoltà strutturali
nella raccolta delle risorse finanziarie.
La ricerca di nuove donazioni da parte degli istituti nonprofit equivale a una campagna di produzione del
proprio prodotto.
Modelli di rappresentazione dell’economicità
CONOSCERE PER DECIDERE
I soggetti coinvolti nella vita dell’azienda hanno il diritto e il dovere di conoscere le condizioni del suo
svolgimento, in termini di risultati conseguiti e di prospettive di economicità, anche al fine di assumere
decisioni.
In un’azienda forniscono contributi i prestatori di lavoro, conferenti di capitale, fornitori, clienti e stato,
mentre esercitano il governo economico gli amministratori, il direttore generale, il direttore commerciale
(decide a quali prezzi offrire i prodotti), il direttore di produzione e degli acquisti (stimano la capacità
produttiva disponibile) e il direttore amministrativo (analizza gli acquisti e le vendite dell’impresa e i mercati
dei cambi).

MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE DELL’ECONOMICITÀ


Sistemi informativi → strutture e procedure che raccolgono, conservano, elaborano e distribuiscono i dati e le
informazioni aziendali. I sistemi informativi forniscono i dati e le informazioni per valutare l’economicità
dell’impresa.

L’economicità può essere rappresentata ricorrendo a più modelli:


- dell’equilibrio reddituale, indica la capacità di coprire i costi con i ricavi
- dell’equilibrio monetario, indica la capacità di rispettare tutti gli impegni di pagamento
- dell’equilibrio istituzionale, indica il livello di soddisfazione e di consenso nei confronti dell’azienda da
parte di tutti i soggetti interessati
- della competitività, indica la capacità dell’impresa di soddisfare le attese dei clienti proponendo sistemi di
prodotto che presentano vantaggi rispetto a quelli offerti dalle imprese concorrenti
- delle competenze e delle risorse, indica la ricchezza del patrimonio dell’impresa in termini di gamma e di
qualità delle condizioni produttive
- del valore del patrimonio, indica il valore attuale dei flussi di reddito prospettici
- del bilancio di esercizio →(strumento universale)

MODELLO DEL BILANCIO DI ESERCIZIO.


Il modello del bilancio di esercizio fornisce risposta a due esigenze conoscitive fondamentali:
1. L’attività economica svolta dall’impresa sta producendo gli utili attesi, o sta producendo perdite? Si
possono remunerare adeguatamente tutti i fattori produttivi? Queste sono le domande che riguardano il
reddito.
2. In questo momento di quali beni dispone l’impresa, quali diritti vanta? Quali sono i crediti da riscuotere?
Quali sono invece le obbligazioni, i debiti e gli impieghi nei confronti di terzi? Queste sono le domande
che riguardano il capitale.

Il bilancio di esercizio si compone di due sezioni complementari: la sezione del reddito di esercizio e la
sezione del capitale di funzionamento. Ciascuna delle due sezioni è un sistema di valori → i due sistemi di
valori sono comunemente rappresentati mediante due tavole denominate rispettivamente tavola del reddito
di esercizio (o conto economico) e capitale di funzionamento (o stato patrimoniale).

La tavola del reddito di esercizio presenta da un lato i valori degli input inseriti nella produzione e dall’altro i
valori degli output della produzione. Per differenza si ottiene il risultato reddituale, ossia l’utile o la perdita di
esercizio che è la remunerazione dell’input capitale di rischio.
La tavola del capitale di funzionamento, da un lato presenta i valori dell’attività dell’impresa, ossia dei suoi
beni e diritti e, dall’altro lato, i valori delle passività, ossia le sue obbligazioni. La differenza, denominata
capitale netto, esprime quanto è di pertinenza dei conferimenti di capitale di rischio.

CONCETTI ALLA BASE DEL BILANCIO DI ESERCIZIO


I concetti cardine sui quali si fonda la costruzione del bilancio d’esercizio sono:

1. Esercizio generale, esercizi particolari e esercizio annuale


L’esercizio generale dell’impresa, ossia l’immagine delle operazioni messe in atto dall’impresa lungo tutta la
sua vita, viene scomposto a fini conoscitivi in esercizi parziali riferiti a determinati intervalli temporali, i
periodi amministrativi (tipicamente della durata di un anno). L’esigenza pratica di rilevare il reddito di un
esercizio annuale si scontra con la sostanziale continuità dei processi economici aziendali; rilevare il reddito
di esercizio significa spezzare artificiosamente il fluire continuo della vita aziendale. Le operazioni di impresa
si svolgono secondo cicli temporali di breve, medio e lungo periodo. Due manifestazioni particolarmente
evidenti di questi fenomeni sono le condizioni produttive pluriennali e le rimanenze di esercizio.
2. Principio di competenza
Nella tavola del reddito relativa a un certo esercizio devono essere rappresentati tutti e soltanto i valori degli
output prodotti nell’esercizio e tutti e soltanto i valori degli input utilizzati e assorbiti per produrre tali output.
Le attenzioni nella costruzione della tavola del reddito di esercizio concernono essenzialmente il
frazionamento di valori comuni a più esercizi e l’attribuzione dei valori risultanti all’uno o all’altro esercizio.
Tali problemi si risolvono applicando con cura il principio di competenza che è un semplice principio di
coerenza logica tra tutti i valori che compongono la tavola di reddito. Esso richiede che nella tavola di reddito
di un certo esercizio siano rappresentati i valori di tutti e soltanto gli output prodotti dall’esercizio e tutti e
soltanto i valori degli input utilizzati e assorbiti per produrre tali risultati.

3. Costi, ricavi e componenti positivi e negativi di reddito


La tavola del reddito è la tavola dei componenti positivi e negativi di reddito e non dei costi e dei ricavi. I
componenti positivi e negativi di reddito nascono essenzialmente per il fatto che, per rappresentare il reddito
di un esercizio rispettando il principio di competenza, occorre ripartire i costi ricavi comuni a due o più
esercizi.

4. Reddito di esercizio e risultato reddituale


Il reddito d’esercizio è l’insieme di tutti i valori della tavola di reddito mentre il risultato reddituale è la
differenza tra i componenti positivi e i componenti negativi di reddito. È un valore residuale e rappresenta la
remunerazione di una condizione di produzione (il capitale di rischio).
Il reddito di esercizio è l’insieme di tutti i valori della tavola del reddito, mentre il risultato reddituale è uno di
tali valori, e quel valore che, a seconda del suo segno, si denomina come utile o perdita di esercizio. Il
risultato reddituale è la remunerazione di una condizione di produzione e, in quanto tale, appartiene alla
stessa classe di tutti i componenti negativi di reddito.

5. Capitale di funzionamento
Il capitale di funzionamento è l’insieme dei valori delle attività, delle passività e del capitale netto determinato
al termine di ciascun periodo in ipotesi di continuità del funzionamento dell’impresa. Si distingue dal capitale
di liquidazione e dal capitale economico.

6. Unitarietà del sistema dei calori di bilancio


Il bilancio è un insieme unitario di valori
CNfin - CNiniz = risultato reddituale dell’esercizio
CNP - CNR = risultato reddituale dell’esercizio
* CN = capitale netto, CPR = componenti positivi di reddito, CNR = componenti negativi di reddito

ACCADIMENTI, OPERAZIONI E QUANTITÀ ECONOMICHE


Il sistema degli accadimenti è l’insieme di azioni e di fenomeni che si manifestano nell’azienda e nel suo
ambiente.
Il sistema delle operazioni (combinazioni economiche è formato dalle attività di produzione economica svolte
dalle persone che compongono l’organismo personale dell’azienda.
Il sistema delle quantità economiche è l’espressione quantitativa del sistema delle operazioni, ed è costituito
da grandezze certe (es prezzi - costo, prezzi - ricavo).
Le stime di quantità economiche sono determinazioni approssimate di quantità economiche che non si
conoscono ancora in modo definito (es stima delle giacenze in magazzino).
Le congetture fondate su quantità economiche sono valori immaginati, frutto di calcoli fondati su ipotesi-
finzione (es quote di ammortamento), utili a scopi di investigazione economica.

IL SISTEMA DEI VALORI DI AZIENDA


Il sistema dei valori di azienda è un sotto insieme del sistema delle quantità economiche e delle connesse
quantità stimate e congetturate, che offre le basi per impostare modelli di valutazione e di rappresentazione
dell’economicità.
Il sistema dei valori di azienda accoglie la moneta come espressione del valore e trova la sua origine nelle
interrelate operazioni di scambio che l’impresa intrattiene con i terzi.

LE QUANTITÀ DI FLUSSO E LE QUANTITÀ DI FONDO


Il divenire economico dell’impresa si manifesta con: valori riferiti ad un istante (quantità-fondo) → es crediti
verso clienti al 31/12 e valori riferiti a un lasso di tempo (quantità-flusso) → es ricavi di vendita realizzati
durante il corso dell’anno.
La tavola del reddito di esercizio si compone di quantità-flusso e la tavola del capitale di funzionamento si
compone di quantità-fondo.
Quantità-flusso e quantità-fondo sono due aspetti dello stesso fenomeno e sono tra loro strettamente
collegate: le operazioni che via via vengono svolte risentono delle condizioni preesistenti e a loro volta
condizionano quelle successive.
I VALORI NUMERARI E NON NUMERARI
Nell’ambito del sistema delle quantità economiche d’azienda si possono individuare i vari sottoinsiemi dei
quali uno in particolare offre le basi per impostare modelli di valutazione di rappresentazione
dell’economicità. Si tratta del sistema dei valori dell’azienda, che accoglie la moneta come espressione del
valore e che trova essenzialmente la sua origine nelle in terre late operazioni di scambio che l’impresa
intrattiene con i terzi.
I valori numerari sono tutti quelli che esprimono strumenti di regolamento degli scambi (tipicamente cassa,
banche c/c, crediti e debiti di regolamento) → variazioni numerarie: sono variazioni di valori numerari (es
aumento dei debiti verso fornitori e la diminuzione di cassa).
I valori non numerari sono tutti gli altri valori → variazioni non numerarie: sono variazioni di valori non
numerari (es acquisti di materie prime e rimborso di debiti di prestito).

IL TEMPO E IL METODO DI RILEVAZIONE DEI VALORI


Quanto al tempo in cui determinare i valori, si adotta il momento in cui si manifesta la variazione numeraria,
che viene a identificarsi in pratica nel momento in cui si mette o si riceve la fattura. I motivi che spingono alla
scelta del momento numerario come momento di determinazione dei valori sono: l’esigenza di ottenere valori
con un certo grado di certezza e la possibilità di effettuare un riscontro in tempi brevi.
La rilevazione si effettua attraverso il metodo della partita doppia, in base al quale ogni valore sorto per
effetto delle operazioni di azienda si rivela due volte, con segno opposto e in appositi conti.

GLI INPUT
La tavola del reddito di esercizio è uno schema costruito per mettere a confronto, da un lato, il valore degli
input assorbiti dall’attività economica e, dall’altro lato, il valore degli output ottenuti dalla stessa attività
economica.

La struttura è piuttosto semplice, si tratta di disporre in buon ordine: l’elenco delle condizioni di produzione
ricevute da vari soggetti e il valore delle stesse attribuite all’esercizio e l’elenco degli output ottenuti
dall’attività economica e il valore delle stesse attribuibile all’esercizio.
I tipici input sono: le materie prime i servizi, gli immobili, gli impianti, le macchine, le attrezzature, le
immobilizzazioni di proprietà di terzi, il lavoro fornito dai prestatori di lavoro, i beni pubblici messi a
disposizione da parte dello Stato, i mezzi monetari apportati a titolo di capitale di prestito, la copertura di
rischi particolari, le rimanenze iniziali e il capitale di rischio.
I tipici output sono: i prodotti finiti e venduti, le produzioni in corso, gli interessi attivi della gestione
patrimoniale, i dividendi e le plusvalenze, i fitti attivi della gestione patrimoniale e i dividendi le preferenze
delle partecipazioni.

- Le rimanenze iniziali → sono i risultati della gestione caratteristica dell’esercizio n-1 riemersi nell’esercizio
n. Esse possono essere materie prime e semilavorati.
- Il costo di acquisto dei beni privati ad uso immediato → si tratta di beni che entrano nelle combinazioni
economiche e che esauriscono la loro utilità al loro primo utilizzo o che il linea di principio, esauriscono la
loro utilità nell’arco di un esercizio annuale.
- Le quote di ammortamento del costo dei beni privati pluriennali di proprietà → si tratta di condizioni di
produzione caratterizzate dalla lunga durata e dal fatto di fornire la loro utilità a più esercizi annuali,
Cedono progressivamente la loro utilità partecipando alla produzione di grandi volumi di prodotti. Sono
denominati immobilizzazioni tecniche materiali e immateriali.
- I canoni di locazione dei beni privati pluriennali di proprietà di terzi → il caso ricorrente è quello di
immobili di proprietà di terzi la cui disponibilità comporta componenti negativi di reddito denominati
canone di locazione o fitti passivi.
- Le remunerazioni del lavoro → il costo del lavoro è formato dagli stipendi liquidati periodicamente, dagli
oneri previdenziali e assistenziali e dal trattato di fine rapporto che matura progressivamente.
- I premi assicurativi per la copertura di rischi particolari → le imprese acquistano anche coperture di rischi
particolari pagando premi assicurativi.
- I tributi a fronte dei beni pubblici → a fronte dei beni pubblici si pagano varie forme di tributi che sono più
o meno direttamente correlati all’intensità di fruizione degli stessi da parte della singola impresa.
- Gli interessi passivi per la disponibilità di capitale di prestito → la disponibilità di capitale di prestito
comporta un costo sotto forma di interessi passivi.
- I componenti negativi di reddito non di competenza dell’esercizio → molti valori dei bilanci di esercizio
sono valori stimati o congetturati, così si verifica regolarmente che durante il periodo n si scopre che alcuni
valori inseriti nei bilanci degli esercizi precedenti erano sbagliati, le stime e congetture erano state
formulate al meglio ma la realtà ha mostrato andamenti differenti rispetto a quelli previsti. La correzione
posteriore dei bilanci produrrebbe vari inconvenienti se non altro in termini di trasparenza delle
informazioni nei confronti delle varie categorie di portatori di interessi. Gli scostamenti scoperti durante il
periodo n devono essere inseriti nel bilancio di esercizio n pur essendo di competenza di esercizi
precedenti, la loro peculiarità deve essere segnalata ponendo tali valori in speciali sezioni del bilancio.
- La remunerazione del capitale di rischio → è rappresentata dall’utile o della perdita di esercizio, il suo
importo non è determinato da una specifica operazione di negoziazione bensì in via residuale come
differenza tra il valore dei componenti positivi e di reddito il totale dei componenti negativi di reddito.

GLI OUTPUT
- I risultati della gestione caratteristica: ricavi di vendita, rimanenze finali, utili e perdite da partecipazioni →
i risultati della gestione caratteristica sono essenzialmente due: i prodotti venduti, cui corrispondono i
ricavi di vendita e le rimanenze finali di esercizio nelle varie forme di materie prime, semilavorati e
prodotti finiti. I ricavi di vendita devono essere intesi al netto delle perdite su crediti.
- I risultati della gestione patrimoniale: interessi attivi e fitti attivi → le imprese per periodi più o meno
lunghi, possono trovarsi a disporre di risorse in eccesso rispetto a quelle richieste per lo svolgimento della
gestione caratteristica. In quel caso, esse investono le risorse necessarie in varie forme in modo tale da
ottenere componenti positivi di reddito addizionali a quelli provenienti dalla gestione caratteristica. Questa
attività è denominata gestione patrimoniale. Vi sono tre forme elementari di gestione patrimoniale: i
depositi bancari, le concessioni di capitale di prestito e i conferimenti di capitale di rischio.
- I componenti positivi di reddito non di competenza → in questo caso si scopre ex post che agli esercizi
precedenti sono state attribuite quote di ammortamento eccessive, gli eccessi di componenti negativi di
reddito caricati sui precedenti servizi diventano un componente positivo di reddito che per ragioni per
pratiche viene regalato l’esercizio in corso ma che, sul piano logico, dovrebbe essere riconosciuto gli esercizi
passati andando a correggerne bilanci.

IL CAPITALE DI FUNZIONAMENTO
La tavola del capitale di funzionamento è uno schema costruito per ordinare: l’insieme delle condizioni di
produzione è uno schema costruito per ordinare l’insieme delle condizioni di produzione di proprietà
dell’impresa in un certo momento (le attività) e l’insieme delle obbligazioni e degli impegni nei confronti dei
vari soggetti che hanno fornito contributi (le passività).
Gli obblighi nei confronti dei conferenti di capitale di rischio sono denominati “capitale netto”. Il valore totale
delle attività è sempre pari al valore totale della passività e del patrimonio netto.

Le tipiche attività sono: le disponibilità monetarie in cassa o sotto forma di conto corrente attivo, i crediti di
regolamento verso clienti, le rimanenze finali, le immobilizzazioni materiali, le immobilizzazioni materiali, i
crediti di prestito, le quote di capitale di rischio di altre imprese acquistate per la gestione patrimoniale e le
partecipazioni (quote di capitale di rischio detenute a fini di controllo).

Le tipiche passività sono: i debiti di regolamento verso fornitori, i debiti di finanziamento, gli obblighi nei
confronti dei prestatori di lavoro per retribuzioni differite e debiti nei confronti dello Stato.

I tipici componenti di netto (ossia di quanto pertiene ai conferenti di capitale di rischio) sono: il capitale
sociale, rappresentato dai conferimenti dei soci al momento della costruzione e gli utili maturati e non
distribuiti (le riserve).

UNO SCHEMA GENERALE


Le condizioni produttive attive di pertinenza dell’impresa (le attività) sono distinte in due grandi classi: le
attività dedicate alla gestione caratteristica e le attività dedicate alla gestione patrimoniale.
Le attività dedicate alla gestione caratteristica sono di natura molto varia, ne fanno parte le immobilizzazioni
materiali immateriali, le rimanenze, i crediti verso clienti e le partecipazioni.
- I crediti verso clienti → nascono dallo scambio monetario con regolamento differito, sono diritti vantati
dall’impresa nei confronti dei clienti, rappresentano un diritto a riscuotere una certa quantità di moneta, a
una data scadenza e secondo certe modalità tecniche di pagamento.
- Le immobilizzazioni materiali → sono attività la cui vita economica utile dura per tempi relativamente
lunghi così che essi partecipano a esercizi annuali.
- Le immobilizzazioni immateriali → sono rappresentate normalmente da brevetti e da marchi che l’impresa
acquista programmando di fruirne per un certo numero di anni.
- Le rimanenze finali di esercizio → sono produzioni in corso che non hanno terminato il loro ciclo
economico con la generazione di ricavo di vendita.
- Le partecipazioni → sono le quote di capitale di rischio detenute in altre imprese con l’obiettivo di
esercitare qualche forma di controllo sul governo delle stesse e di realizzare per tale via vantaggi per la
propria impresa, si tratta di iniziative tipicamente di lungo periodo. Le ragioni sottostanti di partecipazione
sono: aiutare la nascita o lo sviluppo di imprese, partecipare al finanziamento di progetti e costruire una
joint-venture.
- I risconti attivi della gestione caratteristica → alcune condizioni produttive danno luogo a costi e ricavi
determinati sulla base temporale, i casi più rilevanti sono quelli delle immobilizzazioni in locazione, del
capitale di prestito e della copertura dei rischi particolari che danno luogo a vizi attivi e passivi, interessi
attivi e passivi, premi assicurativi. Accade spesso che i relativi contratti si pongono a cavallo di due esercizi,
di conseguenza, per rispettare il principio di competenza, occorre scindere il costo o ricavo complessivo
nelle quote di pertinenza di ciascuno dei due esercizi, si formano quindi i risconti attivi e passivi.
- Le attività dedicate alla gestione patrimoniale → sono le risorse non assorbite dalla gestione caratteristica
che l’impresa decide di utilizzare per realizzare risultati reddituali addizionali a quelli provenienti dalla
gestione caratteristica.
- La cassa e i conti correnti attivi → sono le liquidità immediate di cui l’azienda dispone.
- Le obbligazioni e le azioni → sono le due forme più semplici di gestione patrimoniale.
- I ratei attivi della gestione patrimoniale → quando la gestione patrimoniale si attua mediante investimenti
in obbligazioni e titoli di Stato facilmente si producono ratei attivi, tale tipo di investimento, di regola
produce interessi attivi da riscuotere in via posticipata.

Gli impegni sono delle obbligazioni nei confronti di varie categorie di soggetti.
- Gli impegni verso i fornitori di beni privati → si configurano come debiti verso fornitori, o debiti
commerciali, che appartengono alla categoria dei debiti di regolamento.
* La gestione finanziaria nelle forme elementari dà luogo a debiti sotto forma di conti correnti passivi e di
mutui bancari passivi, si tratta di debiti di prestito.
- I ratei passivi della gestione finanziaria → nascono in corrispondenza degli interessi passivi maturati e non
ancora liquidati.
- Gli impegni verso lo Stato → le imprese accumulano debiti anche nei confronti dell’amministrazione
finanziaria dello Stato e di altri soggetti pubblici, nel linguaggio comune si usa l’espressione debiti verso
l’erario.
- Gli impegni verso i prestatori di lavoro → nei confronti dei prestatori di lavoro si configura l’obbligo di
liquidare una parte della retribuzione in forma differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
- Gli impegni nei confronti dei conferenti di capitale di rischio → alla fine di un certo esercizio sono composti
da: capitale sociale (l’importo conferito dai soci a titolo di capitale di rischio al momento della costituzione
dell’impresa), le riserve da utili di esercizi precedenti non distribuiti (le parte di utili maturati sino
all’esercizio n-1 non ancora distribuite) e dall’utile.

LE RILEVAZIONI ECONOMICHE E LA REDAZIONE DEL BILANCIO DI ESERCIZIO


La concreta applicazione del modello del bilancio di esercizio viene effettuata nel seguente percorso:
- considerare la prima l’operazione istituzionale con la quale i soci di una società le conferiscono capitale-
risparmio in forma liquida,
- comporre lo stato patrimoniale iniziale con la misura del patrimonio iniziale,
- individuare le operazioni di gestione esterna che si manifestano durante il periodo, distinguendo le
variazioni che da esse scaturiscono,
- costruire l’esercizio generale inserendo stime e congetture per le operazioni ancora in corso alla fine
dell’anno,
- comporre le sintesi di bilancio: il conto economico e lo stato patrimoniale finale.

L’equazione di bilancio è: A + (c-r) = P + CNin


= Attivo + (costi - ricavi) = Passività + capitale netto iniziale

Sotto la voce attivo si collocano tutti i valori numerari attivi e tutti i valori non numerari attivi che non hanno
immediato significato di componenti di reddito. Sotto la voce passivo si collocano tutti i valori numerari
passivi ed i valori non numerari passivi che non hanno significato immediato di componenti di reddito. Sotto
la voce costi stanno valori che hanno contemporaneamente il significato di incremento di condizioni di
produzione e di componenti negativi di reddito. I ricavi rappresentano contemporaneamente diminuzioni di
condizioni di produzione e componenti positivi di reddito.

Le espressioni + e -, dare e avere, con le connesse espressioni addebitare ed accreditare hanno un valore
convenzionale → dare significa sezione sinistra del conto e addebitare significa iscrivere un valore in tale
sezione, viceversa per avere e accreditare.
La sintesi di bilancio e gli equilibri delle aziende di produzione
Le sintesi di bilancio permettono di esprimere giudizi sulla capacità dell’azienda di rispettare il principio di
economicità e sulle condizioni che potranno favorire l’economicità futura.
Per rendere più efficace la lettura e l’analisi di bilancio vengono utilizzate due tecniche: la riclassificazione e
la costruzione di indici o quozienti sintetici.
Il codice civile impone agli amministratori della società la redazione del bilancio composto da: stato
patrimoniale, conto economico e nota integrativa.
Il conto economico è a forma scalare e presenta una struttura in cui si rafforzano il valore della produzione
ottenuta nel periodo con i costi sostenuti per realizzarla. Lo stato patrimoniale finale adotta una forma a
sezioni divise contrapposte e applica come criterio di classificazione per le poste attive quello della
destinazione aziendale.

LA RICLASSIFICAZIONE
Consiste nell’esporre le voci e i valori in esse contenute in un ordine diverso, con l’obbiettivo di ottenere
informazioni ulteriori rispetto a quelle offerte dagli schemi di bilancio originari.
I criteri utilizzati per riclassificare le voci sono diversi: per il conto economico viene utilizzato il criterio a
ricavi e costo del venduto; per lo stato patrimoniale, invece, si utilizza il criterio finanziario.

I RICAVI DEL VENDUTO


È volta a mettere in luce il contributo delle singole gestioni alla formazione del risultato reddituale finale
(reddito netto).

Gestione caratteristica + gestione patrimoniale + gestione finanziaria + eventi straordinari + gestione


tributaria = risultato reddituale netto

a) Il risultato operativo della gestione caratteristica: insieme delle operazioni di gestione che identificano la
funzione economico-tecnica in senso stretto dell’azienda;
b) Il reddito operativo: assomma il risultato operativo ai proventi netti derivanti dalla gestione patrimoniale,
la quale si configura come una combinazione economica parziale finalizzata alla produzione di redditi
addizionali rispetto a quelli della gestione caratteristica;
c) Il risultato lordo di competenza: tiene conto del reddito operativo e degli oneri finanziari;
d) Il reddito prima delle imposte: considera oltre al risultato lordo, anche le sopravvenienze e le insussistenze
intese come parte del reddito che non sono di competenza dell’esercizio al quale il bilancio fa riferimento;
e) Il reddito netto: considera il reddito e le imposte dell’esercizio.

Se il reddito netto d’esercizio proviene fondamentalmente della gestione caratteristica si può dire che
l’azienda ha basi solide tanto da considerare il reddito prodotto un valore che almeno nel breve periodo possa
permanere; se invece il reddito deriva dalle sopravvenienze, dal reddito operativo o da una evasione fiscale,
in tal caso la situazione sarebbe contraria e non si potrebbe dire che l’azienda analizzata è solida.

Tale riclassificazione consente di:


- Capire i fenomeni che hanno determinato la formazione del risultato reddituale: in particolare i contributi
delle singole gestioni;
- Avere informazioni utili per l’accertamento della capacità di reddito tendenziale;
- Esprimere giudizi sull’equilibrio reddituale e quindi sull’economicità dell’azienda in funzionamento.
CRITERIO FINANZIARIO
Tale riclassifica è volta a mettere in luce la solvibilità a breve e a lungo dell’impresa.
Tale riclassifica permette di capire come gli investimenti rappresentati dalle voci e dell’attivo sono stati
finanziati dalle varie forme di finanziamento rappresentate dalle voci del passivo e del netto.
In particolare le voci dell’attivo esprimono investimenti dai quali in futuro i attendono flussi di entrate
monetarie.
Le voci del passivo, invece, possono essere interpretati come le forme o le fonti di finanziamento utilizzate per
coprire gli investimenti.

Per classificare le voci dello stato patrimoniale si


utilizza:
- Il criterio della liquidità per le voci dell’attivo
(l’attitudine a trasformare le voci contenute
nell’attivo in elementi monetari senza
danneggiare la gestione operativa);
- Il criterio della scadenza per le voci del passivo e
del capitale netto (termine entro il quale occorre
far fronte agli impegni).

La differenza tra l’attivo corrente e il passivo


corrente evidenzia il capitale circolante netto, ossia
un indicatore di equilibrio monetario in quanto
mette in correlazione investimenti e fonti che
esercitano un influsso della dinamica monetaria
dell’anno successivo, i primi generando entrate nel
breve periodo (un anno), i secondi determinando uscite sempre a breve periodo di mezzi monetari.

Da uno stato patrimoniale riclassificato possono trarsi tre fondamentali tipi di giudizio relativi a:
1) La composizione e la struttura degli impieghi
Si può accertare il peso delle varie poste in termini della loro trasformabilità in mezzi monetari e quindi
valutare l’elasticità strutturale dell’azienda (immobilizzazioni su attivo corrente), nonché l’efficienza
nell’impiego delle risorse investite (vendite su attivo).
2) La composizione e la struttura delle fonti di finanziamento
Permette di apprezzare il rischio finanziario che è determinato non soltanto dal peso dei debiti rispetto ai
mezzi propri, ma anche dalla tipologia di debiti utilizzati. Ricorrere al debito a breve termine, significa
esporre l’azienda alla dinamica del mercato finanziario sia in termini di richiesta di rientro da parte del
finanziatore, sia in termini di rischio che i tassi di interesse di modifichino sfavorevolmente per l’azienda.
3) L’equilibrio strutturale tra natura e variabilità delle fonti e natura e variabilità degli investimenti
Il capitale circolante netto permette di esprimere a valori tale equilibrio.
Un capitale circolante netto rilevante esprime un margine di garanzia sulla solvibilità a breve dell’azienda
poiché gli impieghi immediati sono ampiamente coperti dalle prospettive di entrata di cassa nel breve
periodo.

Inoltre tale riclassificazione permette di valutare l’equilibrio patrimoniale dell’impresa.

I FLUSSI DI CASSA
Il bilancio non esplicita i movimenti monetari manifestatisi
nell’esercizio e per tale motivo viene redatto il rendiconto
delle variazioni dei mezzi monetari.
Tale documento permette di mettere in evidenza la
dinamica monetaria, dunque di esprimere giudizi circa
l’EQUILIBRIO MONETARIO dell’impresa.

La costruzione di tale documento si effettua


partendo dal reddito netto e procedendo a ritroso:

Reddito netto + valori che non hanno determinato


movimenti monetari +/- variazioni di capitale
circolante netto +/- investimenti e variazioni di
capitale proprio e di passività consolidate.
GLI INDICI DI BILANCIO
Gli indici costituiscono il completamento delle riclassificazioni delle sintesi di bilancio per formulare giudizi
sull’economicità della gestione dell’azienda in funzionamento, poiché sono quozienti che hanno la capacità di
sintetizzare e quantificare fenomeni complessi.
I fenomeni analizzati sono: la redditività, la solidità e la liquidità.

REDDITIVITÀ
Misurano la capacità dell’azienda di produrre reddito, e quindi di remunerare adeguatamente tutte le
condizioni di produzione (confronti tra più azienda diverse).
Essa viene intesa come un rapporto tra una configurazione di reddito e un’altra grandezza a questa correlata.

I principali indici sono:


- ROE (return on equity) esprime la redditività del capitale proprio;
- ROA (return on assets) esprime la redditività della gestione operativa;
- ROS (return on sale) esprime il grado di convenienza economica delle vendite effettuate nell’esercizio.

ROE
Misura il rendimento del capitale netto, ovvero l’incremento potenziale del capitale netto del periodo, prima
dell’eventuale decisione di distribuite gli utili.
Esso va confrontato con il costo figurativo del capitale proprio, espressione del sacrificio sopportato dai
portatori di capitale-risparmio per aver investito mezzi finanziari nell’azienda di riferimento piuttosto che in
investimenti patrimoniali alternativi; costo figurativo che deve essere calcolato tenendo conto dei differenti
fraudi di rischio e di liquidità degli investimenti alternativi.
Solo se il ROE risulta ad esso superiore possiamo affermare che si è coniugato nel periodo l’equilibrio
reddituale.
Formula= reddito netto/capitale netto
I fattori determinanti del ROE sono: la redditività operativa, il rapporto di indebitamento e l’incidenza del
reddito netto sul reddito operativo.

ROA
Misura la redditività della gestione operativa, cioè il rendimento degli investimenti effettuati nelle attività
produttrici di reddito.
Formula= reddito operativo/attivo netto
I fattori determinanti del ROA sono: la redditività delle vendite e il tasso di rotazione dell’attivo.

ROS
Esprime il grado di convenienza economica delle vendite effettuate nell’esercizio.
Formula: reddito operativo/vendite

TASSO DI ROTAZIONE ATTIVO


Esprime il numero di volte che l’attivo netto gira in un anno per effetto dei ricavi di vendita. Indicatore di
efficienza della gestione.
Formula= vendite/attivo netto

RAPPORTO DI INDEBITAMENTO
Esprime la relazione che intercorre tra il capitale investito e i mezzi propri, e quindi indirettamente esprime il
peso del capitale di terzi.
Formula= attivo netto/capitale netto

TASSO INCIDENZA
Esprime il peso dei componenti di reddito estranei alla gestione operativa, cioè oneri finanziari e imposte, e
dei componenti di reddito non di competenza dell’esercizio. Più elevato è tale peso, più basso e il tasso di
incidenza.
Formula= reddito netto/reddito operativo

LEVA FINANZIARIA
Nel passaggio dal ROA al ROE ha un ruolo fondamentale il cosiddetto effetto leva finanziaria.
L’effetto leva si produce per via della differenza tra il ROA e il costo medio del capitale di terzi (i). Se l’intero
AN rende, in termini percentuali, più di quanto costa il capitale di terzi, l’impresa aumenta là propria
redditività del capitale proprio.

L’effetto leva è tanto più potente: quanto maggiore è la differenza (ROA-i costo medio capitale di terzi);
quanto maggiore è il rapporto Mezzi di terzi/capitale netto (ma/cn = quota di AN finanziata con capitale di
terzi anziché con capitale netto).
La formula generale di passaggio da ROA a ROE è la seguente: ROE=ROA + MT/CN X (ROA-i)
INDICI DI SOLIDITÀ
Gli indici di solidità misurano la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni nel medio e lungo periodo.
I principali indici sono:
- Rapporto di indebitamento (RI);
- Grado di copertura delle immobilizzazioni (CI) (se tale indice è superiore a 1, allora significa che il capitale
a pieno rischio è in grado di far fronte agli investimenti che permangono a lungo nell’impresa).

Il grado di copertura delle immobilizzazioni esprime il rapporto tra il capitale netto e le immobilizzazioni
tecniche nette.
Formula = capitale netto/immobilizzazioni nette

INDICI DI LIQUIDITÀ
Misurano la capacità dell’azienda di far fronte momento per momento, agli impegni di pagamento.

I principali indici sono:


- Il quoziente di disponibilità (QD); —> attivo corrente /passivo corrente
- Quoziente di liquidità (QL). —> liquidità /passivo corrente

LE NOZIONI DI CAPITALE-VALORE
Esistono tre principali nozioni di capitale:
- Capitale di funzionamento= l’insieme dei valori delle attività, delle passività e del capitale netto
determinato al termine di ciascun periodo costruito in ipotesi di continuità di funzionamento dell’impresa;
- Capitale di liquidazione= valore delle attività, delle passività e del capitale netto determinato in ipotesi di
liquidazione;
- Capitale economico= il valore delle attività, passività e del capitale netto determinato in ipotesi di cessione
in blocco dell’impresa.

DETERMINANTI DEL CAPITALE ECONOMICO


Determinare il capitale economico significa esprimere un apprezzamento circa l’attitudine del patrimonio di
un’impresa a produrre redditi in futuro.

La determinazione del capitale si realizza mediante l’attualizzazione dei flussi di reddito attesi futuri, ad un
adeguato tasso per un periodo di tempo illimitato.
Per determinare il capitale economico è necessario formulare alcune ipotesi circa:
- I flussi di reddito futuri (reddito medio normalizzato);
- Il tasso di attualizzazione, che tenga conto del valore del tempo e del rischio connesso allo svolgimento
della gestione futura.
I sistemi di rilevazione e di informazione
I SISTEMI INFORMATIVI
Sono strutture e procedure che raccolgono, conservano, elaborano e distribuiscono i dati e le informazioni
aziendali, basati sulle rilevazioni dei valori.
Le rilevazioni sono, in un’accezione ristretta, le operazioni di raccolta e rappresentazione ordinata di dati che
qualificano determinati fenomeni oggetto di osservazione.
Le rilevazioni possono essere suddivise, in base allo strumento utilizzato per la raccolta dei valori, in:
- Contabili —> elementari (quando riguardano i documenti originari di raccolta ad esempio la fattura, la nota
di accredito, la bolla, la contabile bancaria…)
- Statistiche —> (quando si utilizzano altri strumenti di raccolta diversi dal conto (tabelle, grafici,
diagrammi…).
L’insieme delle rilevazioni contabili e statistiche viene denominato come rilevazioni extra-contabili.
La ragioneria è la disciplina che si occupa delle rilevazioni e determinazioni quantitative, studiando i metodi
che risultano più adeguati per conseguire gli scopi conoscitivi richiesti dall’investigazione scientifica e della
pratica aziendale.

Sono presenti 3 insiemi di informazioni che sono di supporto rispettivamente: all’attività di pianificazione
strategica (trattasi di informazioni prevalentemente esterne di dati previsivi e approssimati che servono ad
orientare l’azienda nelle decisioni sul posizionamento strategico), all’attività direzionale (dati e informazioni
prevalentemente interni che servono per impostare il processo di programmazione e controllo ad esempio il
budget o il reporting) e all’attività operativa ed esecutiva (trattasi di informazioni analitiche necessarie per lo
svolgimento dell’attività corrente: dall’anca grave dei clienti ai caratteri degli ordini di vendita..).

In base all’ambito a cui facciamo riferimento delle attività economiche di un’azienda, abbiamo diversi
sottoinsiemi; ad esempio: il sottoinsieme delle informazioni logistiche, il sottoinsieme delle informazioni
commerciali, di produzione, per la ricerca e sviluppo…

I processi di rilevazione possono essere distinti in:


- processi di raccolta di valori;
- processi di rielaborazione;
- processi di rappresentazione;
- Processi di diffusione dell’informazione.

Gli oggetti di rilevazione possono essere distieni in base a:


- Livelli decisionali ai quali le rilevazioni danno supporto conoscitivo:
a) attività di pianificazione strategica;
b) attività direzionale;
c) attività operativa.
- Le aree funzionali in cui sorgono le informazioni:
a) info logistiche;
b) info commerciali;
c) info di produzione;
d) indo per R&S.

Le finalità della rilevazione sono di tre tipi:


1) Informative o indicative —> attirano l’attenzione degli operatori aziendali sui fenomeni e sui fatti
aziendali (esempio: se in modo sistematico l’addestramento all’area commerciale segue il dato
dell’andamento giornaliero delle vendite, egli ha la possibilità di accertare come nel corso del tempo si stia
manifestando un fenomeno fondamentale per la sua area di competenza e per l’azienda nel suo insieme.
Nel caso in cui si dovesse registrare un andamento anomalo, attirerebbe l’attenzione dell’operatore e
stimolerebbe riflessioni che produrrebbero in ogni caso un comportamento di risposta più o meno
coerente);
2) Prescrittive o decisorie —> forniscono un supporto informativo utile per poter intraprendere delle scelte
(diversamente dalla prima finalità che si concentra sul richiamare l’attenzione sui problemi, questa è volta
a risolverli trovando gli strumenti più adatti);
3) Valutative o di controllo —> forniscono gli strumenti per controllare l’attività svolta (in tal caso l’azienda
mette a confronto i risultati ottenuti dalla scelta presa per risolvere l’anomalia e il risultato ipotizzato con
le altre soluzioni che potevano essere prese in considerazione).

CONTABILITÀ GENERALE
È un sistema informativo che ha come obiettivo la misurazione di quantità complesse come il reddito di
esercizio e il capitale di funzionamento. Tale sistema informativo si fonda sul conto, quale strumento
elementare di raccolta dei valori e che ha per obiettivo principale la misurazione di quantità complesse come
il reddito di esercizio e il capitale di funzionamento.
Il conto è una tavola a due sezioni che accoglie valori di segno opposto, da qui nasce la partita doppia
(metodo utilizzato dagli assiro-babilonesi).
I supporti della contabilità che si avvale del metodo della partita doppia sono: il piano dei conti (strumento di
attuazione della contabilità e consiste in un elenco di conti, ordinati e collegati tra loro in vista degli obiettivi
conoscitivi che si intendono perseguire e tenendo conto delle norme vigenti) e la registrazione dei fenomeni.

La contabilità generale si avvale della prima nota (documento in cui vengono registrati i documenti originati
(fatture, bolle di consegna, note di accredito…) in ordine cronologico), del libro giornale e dei mastrini.
Nella contabilità generale sono ricompresi altri sottoinsiemi contabili come: la contabilità finanziaria
(movimenti monetari e i rapporti di debito e di credito con le banche), la contabilità clienti (rapporti di
credito con clienti) e la contabilità fornitori (rapporti di debito con fornitori).

Le finalità sono principalmente due:


- Fornire la base informativa per la costruzione delle sintesi del reddito e del capitale di funzionamento che
formano il bilancio di esercizio;
- Documentare gli accadimenti, per costruire una traccia informativa dello svolgimento dell’attività
dell’impresa.

CONTABILITÀ ANALITICA
Sistema informativo che ha come obiettivo l’elaborazione dei costi e dei ricavi provenienti dalla contabilità
generale, al fine di fornire una serie di informazioni gestionali periodiche indispensabili per condurre la
gestione dell’impresa.
Tra le prime informazioni gestionali, possiamo annoverare la conoscenza del costo di prodotto per valutare le
rimanenze di esercizio da inserire nel bilancio d’esercizio; tra le seconde la possibilità di imporre di una base
dati per effettuare calcoli di convenienza economica e per impostare sistemi di programmazione e controllo.
La contabilità analitica nasce come naturale sviluppo delle rilevazioni extra-contabili dei costi di produzione.
Essa infatti elabora i costi e ricavi provenienti dalla contabilità generale al fine di svolgere analisi spaziali e
temporali del risultato reddituale.
Essa può essere inserita nella contabilità generale (sistema unico) oppure può essere svolta in stretto
collegamento con la contabilità generale (sistema duplice contabile).
L’impostazione di una contabilità secondo il sistema duplice contabile (nel caso in cui si accolga la teoria del
reddito) comporta la precisazione dei seguenti aspetti:
1) La scelta del periodo di tempo infrannuale al quale riferire le elaborazioni;
2) La trasformazione dei valori contabilizzati (rilevati in contabilità generale sulla base di documenti) in
valori di competenza, espressivi dei consumi dei fattori produttivi e delle cessioni di merci e servizi,
avvenuti nel periodo in esame, mettendo così in luce le relative differenze;
3) La definizione della dimensione di costo di produzione da impiegare (costo parziale o completo);
4) La definizione dei centri di costo, espressione della struttura organizzativa dell’azienda, per i quali si
intendono determinare i costi di centro operativo;
5) La definizione delle combinazioni produttive (gestioni), espressione delle relazioni prodotto-mercato che
l’azienda governa, ed le quali si vogliono determinare i risultati reddituali parziali infrannuali.

COSTI DI PRODUZIONE
Il costo di produzione può essere inteso come somma dei valori attribuiti ai fattori produttivi impiegati o
utilizzati in una data attività produttiva.
Può essere distinto a seconda delle coordinazioni produttive di riferimento, in: costi di fabbricazione, costi di
sezione/centro, costi di commessa.

Il costo di produzione è il risultato di una ripartita attribuzione di costi elementari che possono essere
speciali/diretti e comuni/indiretti.

I costi speciali o diretti vengono attribuiti in modo diretto all’oggetto di calcolo;


I costi comuni o indiretti vengono attribuiti indirettamente mediante criteri di ripartizione che colgono la
relazione funzionale tra fattore produttivo e oggetto di calcolo.
Vi sono due grandi classi di costi di produzione:
- i costi di processi produttivi che riguardano sia operazioni e processi elementari (costo diretto di fase
produttiva), sia operazioni e processi svolti da un centro operativo (costo di centro operativo), sia infine
coordinazioni di operazioni e processi rivolte alla produzione e talvolta anche alla vendita di merci e servizi
(costo di commessa, costo di lotto di produzione …);
- I costi di prodotti che riguardano risultati parziali di attività produttiva (costo unitario medio di prodotto,
costo di prodotti tecnicamente congiunti).

Un’ulteriore suddivisione dei costi di produzione è:


- costi di produzione parziali (si comprendono i costi dei vari centri operativi, il costo primo o diretto di
prodotto, il costo di fabbricazione comprensivo dei costi diretti e di quote di costi comuni di fabbricazione);
- Costi completi (viene anche incluso il costo economico-tecnico che si ottiene aggiungendo al costo
complessivo elementi figurativi di costo.

CONTABILITÀ ANALITICA A VALORI STANDARD


È un sistema di contabilità basato su costi standard.
I costi standard sono costi ipotetici, che ammettono una certa ipotesi di funzionamento della gestione. Si
tratta di costi-obiettivo utili per valutare alternative di azione e per sviluppare processi di controllo, tesi ad
assicurare che gli obiettivi (i valori standard) vengano realizzati.
Tale contabilità può essere scomposta anche a livello di costo di centro operativo e a livello di risultato
parziale delle combinazioni produttive. Per queste ultime si determinano, in particolare, i margini lordi di
contribuzione a costi standard (differenza tra ricavi effettivi e costi variabili standard) ai quali occorre poi
aggiungere o togliere le varianti di prezzo di acquisto dei fattori produttivi e le varianti di quantità impiegata
di efficienza. Se consideriamo l’area commerciale, si determinano anche i ricavi standard che, una volta
inseriti nella contabilità, la qualificano quale contabilità analitica a valori standard.
Costo consuntivo (effettivo) = costi standard +/- variazioni di prezzo e di quantità.

CONTABILITÀ DIREZIONALE INTEGRATA


È il sistema di informazioni periodiche e non periodiche utilizzando da un’azienda per mantenersi aggiornata
sull’andamento dell’azienda stessa. Esso è formato da:

- Contabilità generale;
- Contabilità analitica;
- Sotto sistema di budget e standard (programma di esercizio, costi e ricavi standard);
- Sotto sistema delle variazioni (dallo standard), cioè delle variazioni tra costi e ricavi effettivi e costi e ricavi
standard;
- Sotto sistema della rilevazioni elementari ed extra-contabili volte a misurare dati e informazioni sia di
ambiente competitivo (potenzialità del mercato, comportamenti della concorrenza e dei clienti…) sia
espressivi di fattori critici (qualità del prodotto, livello di servizio offerto…) sia di altra natura, comunque
funzionali alla gestione dell’impresa.

L’OUTPUT DELLA CONTABILITÀ DIREZIONALE INTEGRATA


La contabilità direzionale integrata produce come output un flusso informativo che consente di soddisfare tre
fabbisogni fondamentali direzionali:

- Stabilire tendenze evolutive del rapporto impresa-ambiente (minacce e opportunità);


- Verificare se si stanno realizzando gli obiettivi reddituali, competitivi e sociali prestabiliti;
- Disporre di una base dati che consenta di creare e richiamare archivi di dati.

Per non essere sommersi da informazioni con il pericolo di ridurre invece che di sviluppare conoscenze, sono
nate alcune regole: il principio di selettività, collegato con quella di pertinenza, e il bilanciamento tra
tempestività e attendibilità.
Secondo i primi due principi, il responsabile aziendale dve disporre di limitate ma significative informazioni
da seguire costantemente per focalizzare l’attenzione sui fenomeni rilevanti dai quali deriva il successo o
meno dell’azienda. Secondo gli ultimi due principi, invece, si tratta di bilanciare le due caratteristiche dal
momento che per scopi gestionali interessa un dato tempestivo, anche se non sicuramente preciso.

I SISTEMI DI PIANIFICAZIONE, DI PROGRAMMAZIONE E DI CONTROLLO


I sistemi di pianificazione e programmazione e controllo sono sistemi di autoregolazione con i quali si
assegnano gli obiettivi e le risorse e si valutano a posteriori i risultati conseguiti.
Sono strettamente legati ai sistemi informativi dai quali traggono gli elementi conoscitivi necessari per la loro
concreta applicazione.
Essi costituiscono modelli di comportamento gestionale.

Sono costituiti da: sistema di pianificazione strategica e sistema di programmazione e controllo.


La pianificazione strategica è il processo mediante il quale vengono definiti gli obiettivi, le politiche e gli
assetti delle combinazioni economiche dell’azienda. Si tratta di capire dove l’impresa intende operare, quali
obiettivi si intendono perseguire, come si vuole operare in un certo contesto e così via.

Le finalità della pianificazione strategica sono:


- Elaborare obiettivi e piani di medio e lungo periodo (esplicitare le
strategie aziendali);
- Decide l’assegnazione delle risorse strategiche alle varie coordinazioni
e combinazioni parziali;
- Produrre le condizioni organizzative che permettano di raggiungere
gli obiettivi di medio e lungo termine.
La missione dell’azienda è un’enunciazione formulata dagli organi di
governo economico e di direzione, a carattere pressoché permanente,
volta a specificare l’ambito competitivo in cui l’impresa intende operare,
a fornire un quadro di riferimento per regolare i rapporti con gli
interlocutori sociali e a stabilire gli obiettivi da perseguire.

Il sistema di programmazione e controllo è l’insieme dei processi mediante i quali vengono assegnati alle
unità organizzative gli obiettivi da realizzare in un determinato arco temporale e le relative.

I sistemi di programmazione e controllo:


- Coprono il breve periodo (tipicamente un anno);
- Sono orientati all’efficienza;
- Sono normalmente intesi come strumenti di controllo organizzativo (guidano i sistemi di ricompensa).
La programmazione è il processo che, sulla base degli indirizzi strategici prestabiliti nel piano, individua le
alternative di azione concrete da attuare in un periodo, di regola annuale, stabilendo le risorse da impiegare e
definendo i compiti dei vari responsabili. Il risultato di questo è la definizione di un programma di esercizio o
budget che contiene l’indicazione dei risultati economici attesi. La
programmazione va nettamente distinta dalla previsione. Previsione
è termine che indica una posizione per così dire passive da parte del
soggetto che la compie. Chi prevede, infatti, effettua ipotesi sul
comportamento futuro di dati fatti; la programmazione, invece,
implica un atteggiamento attivo. Programmare, infatti, significa
pensare al futuro in modo attivo tentando di anticipare i problemi da
risolvere e le attività da svolgere.
Strettamente connesso con la programmazione è il controllo. Esso si
identifica nel processo che, sulla base di un continuo riscontro tra
obiettivi e risultati, è volto ad assicurare la realizzazione degli
obiettivi aziendali. Con il controllo si segnala la presenza di problemi
decisionali spingendo al riesame della congruenza degli indirizzi
seguiti.
La struttura dell’azienda, l’ambiente economico e il sistema competitivo
L’azienda può essere osservata come un sistema decisionale (quali decisioni vengono prese, da chi, quali
tempi e sequenze, quali logiche e procedure).
L’esigenza di decidere è dettata dal continuo dinamismo interno ed esterno all’impresa. Quando le mosse dei
concorrenti e le attese dei clienti mutano velocemente, veloce deve essere anche la risposta dell’impresa;
l’impresa che anticipa le mosse dei concorrenti o le attese dei clienti, può accumulare vantaggio competitivo.
L’impresa può decidere se adottare una posizione imitativa o una posizione di originalità, di ricerca del nuovo
e del differente.

Le decisioni in campo economico:


- Sono soggette al vincolo di scarsità delle risorse;
- Impongono attente e rigorose analisi di convenienza economica comparata, che possono essere svolte
ricorrendo a modelli di analisi economica per le decisioni;
- Sono adottate in condizioni di incertezza e, dunque, comportano rischi;
- Sono internazionalmente razionali, ma soggette a limiti di razionalità (condizioni di razionalità limitata) e
di rischi di ritualizzassi;
- Producono conseguenze più o meno ampie e stabili sulle condizioni di futuro svolgimento dell’impresa.

Ciascuna impresa, con riguardo ai processi decisionali, si caratterizza per i seguenti elementi:
- tempi e velocità di risposta agli stimoli interni ed esterni;
- Conformismo e novità dei contenuti delle decisioni;
- Rigore delle analisi di convenienza economica comparata;
- Propensione all’innovazione e investimento in condizioni facilitanti la stessa;
- Propensione al rischio;
- Cura delle modalità di svolgimento dei processi decisionali e investimenti per ridurre i limiti di razionalità e
i rischi di ritualizzando e;
- Attenzione alle scelte strategiche in termini di flessibilità e di basi per lo sviluppo.

LE GRANDI CLASSI DI SCELTE AZIENDALI


Il sistema di governo strategico delle imprese è articolato in grandi classi di scelte di:
- Configurazione del sistema di prodotto (con il quale presentarsi nei mercati per sollecitare la domanda dei
clienti e per fronteggiare le mosse dei concorrenti);
- Dimensionamento della capacità produttiva e le connesse scelte di standardizzazione dei prodotti e dei
processi;
- Estensione interfunzionale ed estensione verticale (dette anche scelte di integrazione a monte e a valle;
l’azienda decide quali attività svolgere al proprio interno e quali invece fare volgere ad altri soggetti);
- Estensione orizzontale (dette anche scelte di diversificazione o strategie di portafoglio; si tratta di decidere
se attivare una sola combinazione economica parziale, oppure più combinazioni economiche parziali tra
loro più o meno omogenee);
- Gestione patrimoniale, finanziaria e tributaria (per certi versi possono essere considerate gestioni e
decisioni accessorie rispetto a quelle centrali della gestione caratteristica, ma il loro contributo alla
struttura e alla performance dell’azienda può essere decisivo);
- Formazione e sviluppo del patrimonio ( riguardano il patrimonio materiale e immateriale dell’azienda,
nonché la sua configurazione fisica e spaziale e, in particolare, gli investimenti in competenze distintive di
lungo periodo);
- Relative all’assetto organizzativo e all’organismo personale (come suddividere i compiti e come coordinarlo,
come dimensionare l’organismo personale, sviluppare le competenze delle persone e retribuire le loro
prestazioni);
- Assetto istituzionale (quali patti stringere con le grandi classi di portatori; come distribuire i diritti di
proprietà, come configurare gli organi di governo e di controllo con riguardo alle singole aziende e agli
aggregati di aziende).

L’esercizio del governo strategico dell’impresa consente di influire sui componenti del reddito d’esercizio
(performance corrente dell’azienda) e di configurare la struttura dell’azienda (base delle performance future).

La struttura di un’azienda si compone di cinque macrovariabili tra loro interconnesse a sistema e immerse
nell’ambiente. Le cinque macrovariabili sono:
1) L’assetto istituzionale;
2) La configurazione delle combinazioni economiche;
3) Il patrimonio;
4) L’organismo personale;
5) L’assetto organizzativo.
1) L’assetto istituzionale
È la configurazione dei portatori di interessi nei confronti dell’istituto, dei contributi che tali soggetti
forniscono all’azienda, dei benefici che ne ottengono, degli interessi istituzionali, del soggetto di istituto e
delle strutture di governo che regolano le correlazioni tra i portatori di interessi, contributi e i benefici
combinandoli in un equilibrio dinamico di lungo periodo. Progettare l’assetto istituzionale significa dunque
scegliere i vari insiemi di soggetti chiamati a comporre l’istituto e ad interagire sistematicamente con esso.

Il cuore delle scelte di asseto istituzionale consiste nel decidere:


- L’assetto proprietario di base (a quali categorie di persone attribuire i diritti di proprietà e quindi la qualifica
di soggetto di istituto e di soggetto economico)
- La forma giuridica (Srl, Spa, Snc, Sas, Cooperativa, associazione professionale …)
- L’insieme degli organi di governo e di controllo da attivare (assemblea degli azionisti, coda, collegio
sindacale…) la loro composizione e le loro modalità di funzionamento;
- Le modalità di interazione tra l’impresa e i suoi interlocutori più critici;
- La partecipazione ad aggregati interaziendali (gruppi di imprese, consorzi…) e al relativo governo.

2) La configurazione delle combinazioni economiche


È l’assetto complessivo delle attività svolte dall’azienda attraverso i suoi membri o prestatori di lavoro. Nel
caso dell’impresa, progettare la configurazione delle combinazioni economiche significa anzitutto decidere
con quanti e quali sistemi di prodotto proporsi a quali categorie di clienti in quanti mercati.
Queste prime scelte essenziali si possono sempre attuare secondo modalità molto differenti che richiedono
altre decisioni almeno altrettanto importanti.

Occorre decidere:
- Come o figurare i sistemi di prodotto e su quali basi competere (prezzo, prestazioni tecniche, servizi
accessori…), ossia quale strategia competitiva adottare;
- Quali attività svolgere direttamente all’interno dell’azienda e quali invece esternalizzare;
- Come dimensionare le capacità produttive delle attività che si è deciso di svolgere all’interno;
- Quale peso e ruolo assegnare alle gestioni “ausiliarie” della gestione caratteristica, ossia alle gestioni
patrimoniali, finanziaria e tributaria.

3) Il patrimonio
È formato dalle varie classi di condizioni produttive materiali e immateriali utilizzate dall’istituto per svolgere
la proprio attività economica. Sono risorse di natura molto varia (terrei e fabbricati, impianti, brevetti,
licenze, marchi, cultura aziendale, identità, immagine commerciale…). Tutte queste condizioni produttive si
formato e evolvono progressivamente come conseguenza delle scelte che hanno per oggetto l’assetto
istituzionale, le combinazioni economiche, l’assetto organizzativo e l’organismo personale. Si vuole richiamare
l’attenzione sul fatto che le condizioni produttive materiali e immateriali devono essere oggetto anche di
specifiche decisioni, o di indirizzi strategici, perché altrimenti diventa grande il rischio che il patrimonio di
risorse si inaridisca e non alimenti più gli sviluppi futuri.

4) L’organismo personale
È l’insieme delle persone che prestano il loro lavoro nell’istituto. Queste persone, con le loro competenze e
con il loro lavoro, sono il completamento necessario alle risorse materiali e immateriali. Nel caso delle
imprese occorre decidere:
- Quali profili personali e personali privilegiare in occasione dell’assunzione di nuove persone;
- Come dimensionare l’organismo personale in relazione ai carichi di lavoro generali e particolari;
- Come aggiornare e sviluppare i profili professionali delle persone presenti in azienda;
- Quali condizioni attivare per sviluppare e mantenere un positivo clima di rispetto e di cooperazione tra tutti
i prestatori di lavoro.

5) L’assetto organizzativo
È la macrovariabile che definisce la struttura interna e le modalità di svolgimento dei processi aziendali; esso
risulta dalla configurazione di tre variabili congiunte ciascuna delle quali è frutto di complesse decisioni
aziendali. Progettare la struttura organizzativa significa ripartire l’insieme complessivo delle attività aziendali
in compiti da assegnare alle single persone e mettere in atto le condizioni necessarie affinché le attività così
suddivise si svolgano in modo integrato. Occorre definire i criteri di suddivisione del lavoro, come
raggruppare le varie attività in sottoinsiemi omogenei corrisponde di ai vari organi aziendali, come ordinari i
vari organi in una gerarchia formalizzata in un organigramma.

Sono nominati sistemi operativi: i sistemi di pianificazione e di programmazione e controllo mediante i quali
si assegnano alle varie unità aziendali gli obiettivi e le risorse e si tengono sotto controllo i risultati; i sistemi
di gestione del personale attraverso i quali si governa la dinamica dell’organismo personale e si valutano e
rimunerarono i contributi dei prestatori di lavoro. Anche la progettazione dei sistemi operativi comporta
numerose scelte critiche poiché ciascuno di essi può assumere differenti forme producendo differenti effetti
sui comportamenti delle persone e sulle performance aziendali.
COERENZA ESTERNA E INTERNA
Le cinque macrovariabili che compongono il modello sono tra loro collegate da relazioni di interdipendenza e
complementarietà =coerenza interna.

Le cinque macrovariabili sono fortemente influenzate dall’ambiente nel quale l’azienda opera = coerenza
esterna.

L’UNITARIETÀ’ DEGLI ISTITUTI E DEL LORO GOVERNO


Ogni istituto è una realtà unitaria come il suo governo economico = principio della unitarietà del governo
economico.
Tale principio acquisisce evidenza con lo sviluppo del concetto di strategia aziendale a partire dal 1960 circa.
Fino a quel periodo gli studi di management erano stati dominati dall’attenzione alle singole funzioni
aziendali (finanza, produzione, marketing…).
Tale principio è realizzato con la formulazione e la realizzazione di una strategia aziendale che si compone
di due elementi fondamentali: l’orientamento strategico di fondo (OSF) e gli indirizzi strategici in cui
l’OSF si concretizza.

L’OSF è l’insieme di idee-guida, di valori e di atteggiamenti profondi, nascosti e invisibili, che definiscono
l’identità, effettiva o ricercata, dell’impresa: che cosa l’impresa fa o vuole fare, come e perché fare impresa.

Gli indirizzi strategici, invece, sono rappresentati da scelte strategiche che definiscono in quali arene
competitive l’azienda intende operare e in che modo intende affrontare la concorrenza, come intende gestire
gli attori istituzionali, quali strategie prenderà a livello finanziario, tecnologico, di marketing e così via.

L’UNITARIETÀ DELLE COMBINAZIONI ECONOMICHE


I caratteri di unitarietà delle combinazioni economiche sono:
- Complementarietà che si manifesta tra fattori produttivi (il lavoro è complementare all’impiego di
impianti nella attività di trasformazione fisico tecnica) e insiemi di operazioni (attività di vendita che sono
complementari a quelle di trasformazione); tali relazioni di complementarietà devono essere gestite per far
si che gli elementi complementare (fattori produttivi ed operazioni) si presentino nei tempi, nelle quantità
e qualità adeguati.
- Fungibilità che si manifesta tra differenti fattori produttivi (nell’ambito di uno stesso processo di
trasformazione fisico tecnica, lavoro e impianti possono essere tra loro fungibili) e classi di operazioni
(l’investimento della qualità può ridurre l’incidenza di attività di assistenza post-vendita).
- Comunanza: uno stesso fattore di produzione o un insieme di operazioni concorrono a ottenere più
risultati (impianto di produzione può essere comune a più linee produttive)
- Congiunzione: da uno stesso procedo produttivo escono contemporaneamente e necessariamente più
risultati, detti risultati congiunti (processo di distillazione del petrolio)
- Uniformità dei fattori di produzione, dei processi produttivi e dei prodotti, che si manifesta nei fenomeni
di: standardizzazione (prodotto fabbricato uniforme). Uniformazione (non riguarda più una singola
azienda , ma tutte le aziende che adottano standard comuni per svolgere certe attività ad esempio norme
relative a pesi e misure da adottare nelle attività di fabbricazione di certi prodotti come la bulloneria);
Modularità (progettazione di componenti che possono concorre alla produzione di differenti prodotti
complessi ad esempio i pianali delle automobili sono spesso utilizzati per diversi modelli).
- Interdipendenza tra unità che compongono l’azienda (organi e persone). Essa analizza in termini
organizzativi precedenti caratteri di unitarietà delle combinazioni economiche. Tanti più forti sono questi
caratteri, tanto più elevata sarà l’interdipendenza tra unità (esempio: l’esistenza di un impianto comune a
più processi di fabbricazione richiederà una forte interdipendenza tra la unità delle diverse linee produttive
ma anche con quelle che si occupano della vendita dei singoli prodotti).

L’AMBIENTE ECONOMICO E NON ECONOMICO


L’ambiente di un’istituzione è l’insieme di condizioni e di fenomeni esterni allo stesso che ne influenzano la
struttura e la dinamica.

L’ambiente economico è l’ordine economico dell’ambiente e si compone di: mercati (insiemi omogenei di
negoziazioni di beni privati, di rischi particolari e di credito di prestito), strutture di domanda e di offerta di
lavoro, di capitale proprio, di beni pubblici, settori, insieme di aziende con combinazioni economiche simili e
operanti negli stessi mercati e nelle stesse strutture di domanda e di offerta e politiche economiche, monetarie e
finanziarie.

L’ambiente non economico rilevante per la struttura e la dinamica delle aziende è composto da fenomeni e
condizioni quali: sistemi dei valori e cultura caratterizzanti la collettività sociale di riferimento, normativa
giuridica nazionale e internazionale, stato e dinamica delle scienze, tecnologie e tecniche, infrastrutture e
configurazione finisco e climatica del territorio.
In generale il concetto dell’ambiente in economia aziendale si intende riferito ad una singola azienda; in molti
casi è necessario fare riferimento anche all’ambiente di insiemi di aziende quali i gruppi economici e gli
aggregati interaziendali. In molti casi si manifesta anche l’esigenza opposta, ossia l’esigenza di definire ed
analizzare ambienti riferiti ad una parte di un’azienda, e ciò equivale a dire che può manifestarsi soprattutto
per le aziende di produzione e per le aziende composte pubbliche che presentano combinazioni produttive
fortemente articolate in combinazioni parziali disomogenee.

I MERCATI
Un mercato è un complesso dinamico di negoziazioni che hanno per oggetto una certa classe di beni e che si
manifestano con continuità, con caratteri omogenei e con elevata interazione reciproca.
Si ha un mercato quando molte negoziazioni con oggetto simile sono attuate continuamente e con elevata
frequenza da un certo insieme di aziende.
I mercati sono complessi dinamici; variano nel tempo i loro caratteri distintivi (le qualità dei beni negoziati; i
prezzi; le condizioni di pagamento…). Variano i loro confini (per l’Inter si fidarsi delle relazioni di
interdipendenza). Variano anche le condizioni stesse di esistenza dei mercati.
Laddove queste condizioni non sono simultaneamente verificate si è in presenza di negoziazioni fuori
mercato.
Uno stesso bene può essere negoziato in mercati distinti, ad es. mercati localizzati in diverse aree geografiche.
I mercati sono complessi dinamici ovvero variano nel tempo i loro caratteri distintivi e i loro confini.
In ogni mercato è possibile identificare domanda e offerta che sono funzioni di insiemi articolati di variabili.

I SETTORI
Un settore è inteso come un insieme omogeneo di aziende legate da relazioni di interdipendenza (di
concorrenza o di altro tipo)

Esistono diverse prospettive di analisi dei settori:


A. Dell’ economia politica e della politica economica: in tale sede il settore è l’insieme di aziende di
produzione che, in un dato Paese, producono e vendono una certa categoria di beni. L’analisi riguarda
essenzialmente la struttura del settore, in particolare, il grado di concentrazione del settore; si intende
valutare se e in quale misura la struttura del settore produca distorsioni dal punto di vista della
collettività. Una seconda area di utilizzo del concetto di settore all’interno della politica economica e
dell’economia politica, è quella dell’analisi delle interdipendenze settoriali in termini di flussi di condizioni
di produzione e di consumo e di mezzi monetari. Qui i settori sono insiemi di aziende uniformi dal punto
di vista degli input e degli output che la caratterizzano; l’analisi di regola non riguarda solo la produzione,
bensì si estende alla generalità delle aziende, incluse le aziende di consumo familiari e le aziende
composte pubbliche.

B. Dell’economia industriale: settore definito come insieme di aziende di produzione concorrenti in uno steso
mercato e l’attenzione si concentra sul comportamento competitivo delle aziende del. Settore. Ci si
domanda quali stimoli e quali vincoli derivanti dalla struttura del settore condizionino il comportamento
delle aziende e, di conseguenza, quai risultati si possano conseguire. Ci si pone sul piano delle olistiche e
delle strategie aziendali. L’ipotesi di base, più o meno rigida in differenti impostazioni, è che la struttura
del settore sia la variabile ambientale dominante; variabile indipendente dalla quale discendono con
relazione di causalità diretta i comportamenti delle aziende; la struttura del settore determina i
comportamenti delle aziende e questi determinano i risultato; in definitiva la redditività delle aziende di
un dato settore dipende essenzialmente dalla struttura del settore stesso.

Nell’ambito degli studi del contesto competitivo, particolare importanza ha il modello “struttura-
comportamento-risultati” (esempi di struttura: concorrenza perfetta, oligopolio non differenziato, oligopolio
differenziato).

I settori di aziende concorrenti sono insiemi di aziende di produzione che producono beni equivalenti con
riguardo alla loro funzione d’uso e che indirizzano la loro offerta a comuni insiemi di aziende clienti e
potenziali clienti. Si analizza la struttura del settore secondo tre variabili parzialmente correlate:
- Il grado di concentrazione del settore: elevato se un piccolo numero di aziende copra una quota molto
elevata dell’offerta complessiva; basso se il settore è composto da numerose aziende ciascuna una piccola
uova dell’offerta;
- La struttura dei costi delle aziende in due aspetti: la curva dei costi unitari di produzione in funzione dei
volumi di produzione, l’andamento nel tempo dei costi unitari di produzione in funzione dei processi di
apprendimento; si intende cioè valutare se e come al crescere dei volumi di produzione, e al protrarsi delle
produzioni nel tempo, i costi unitari diminuiscono;
- Il livello delle “barrire all’entrata”, ossia il livello degli ostacoli di vario ordine che dovrebbero essere
superati da un’azienda esterna al settore per entrare nello stesso. Il livello delle barriere all’entrata è
indicatore del grado di protezione del settore, e, dunque, dei livello di discrezionalità decisionale di cui
gode l’insieme delle aziende facenti parte del settore in un dato momento.
Esempi tipici di correlazioni struttura-comportamento-risultati sono:
a) struttura di concorrenza perfetta: si presentano bassi livelli di economie di scala, di concentrazione e di
differenziazione dei prodotti; le imprese concentrano la propria attenzione sull’efficienza tecnica; i prezzi-
ricavo sono dati dal mercato;
b) Struttura di oligopolio non differenziato: sono possibili fonti economie di scala; le aziende concorrenti
sono in piccolo numero ed offrono prodotti molto simili (ossia, poco differenziati); le aziende tendono a
concordare politiche di prezzi uniformi; prezzi quanto possibili altri ma limitati ad un livello che scoraggi
l’ingresso di nuovi concorrenti nel settore;
c) Struttura di oligopolio differenziato: si presentano elevati livelli di economie di scala, di concentrazione e
di differenziazione dei prodotti; sono elevate anche le barriere all’entrata e ciò mantiene relativamente
bassa la pressione competitiva nel settore, la concorrenza fa leva sulla pubblicità (per favorire la fedeltà
dei clienti) e sulla ricerca e sviluppo come strumenti per rinnovare la differenziazione dei prodotti. In
generale si intende che la redditività è tanto più elevata quanto maggiori sono le barriere all’entrata, la
concentrazione del settore e la differenziazione dei prodotti.
La versione base del modello struttura-comportamento-risultati presenta alcuni importanti limiti. In
particolare, esso offre scarso spazio alla differenziazione delle aziende nell’ambito del settore e alle
trasformazioni aziendali e settoriali indotte dell’innovazione.

In economia aziendale i settori sono insiemi di aziende i cui comportamenti sono connessi da relazioni
dinamiche intense per via di combinazioni economiche simili e per l’opera re sugli stessi mercati, non solo
nella posizione di venditori tra loro in concorrenza. Il settore è un insieme di aziende che: hanno
combinazioni simili di processi economici caratteristici e operano negli stessi mercati o in mercati
strettamente illegali. Ciascuna azienda partecipa a tanti settori quanti sono i mercati in cui essa opera in
compagnia di un significativo numero di aziende con combinazioni economiche simili.

I SETTORI NELL’ECONOMIA AZIENDALE


In economia aziendale il settore è una categoria di osservazione dell’ambiente delle aziende pertanto: l’analisi
si compie con riferimento a ogni ordine di azienda (azienda di consumo, azienda composta pubblica), non
solo quella di produzione; i settori non sono configurati da sole relazioni di concorrenza, bensì da relazione
complesse, dinamiche e intense come le relazioni di cooperazione; ciascuna azienda partecipa a tanti settori
quanti sono i mercati in cui essa opera.
Ne consegue che a ciascun mercato corrispondono uno o più settori di aziende in posizione di offerta o di
domanda.

INTERPRETAZIONI DELL’AMBIENTE
Le tre principali visioni possono essere distinte:
–dell’efficienza economica relativa
–della pressione economica reciproca
–dell’interazione multicentrica
Nella visione centrata sull’efficienza economica relativa l’ambiente è inteso essenzialmente come ambiente
economico composto da aziende. Queste sono osservate nei loro ruoli di clienti, fornitori, prestatori di lavoro,
conferenti e di destinatari di capitale di rischio e di prestito, di concorrenti e così via. L’azienda di riferimento
interagisce con le aziende del suo ambiente attraverso relazioni di scambio, di partecipazione e di
competizione attuate secondo logica di razionalità e di convenienza economica. Si suppone che la logica della
razionalità economica sia adottata da tutte le aziende operanti nell’ambiente; razionalità soggetta a limiti di
conoscenza e di capacità di analisi, ma pur sempre principio ispiratore dell’azione economica sia individuale
sia collettiva.
Per la singola azienda l’ambiente è una variabile complessa e dinamica rispetto alla quale adattare la proprio
configurazione ed il proprio comportamento. I confini con l’ambiente che hanno le aziende, sono segnati in
modo univoco dai confini giuridici e formali.
La competitività dell’azienda nell’ambiente dipende essenzialmente dall’efficienza economica relativa che
l’azienda stessa sa esprimere; l’assetto tecnico, l’assetto organizzativo, il patrimonio e l’organismo personale si
configurano con dimensioni e con caratteri tali da ottimizzare l’efficienza di svolgimento dei processi di
produzione e di consumo, ossia tali da consentire equilibrate e competitive relazioni tra prezzi e qualità dei
beni offerti.
Nella visione delle relazioni tra aziende ed ambiente centrata sulla pressione economica reciproca, l’ambiente si
configura come un campo di forze economiche che premono sulla struttura e sul comportamento dell’azienda.
Tutte le relazioni tra le aziende sono anche relazioni di tipo competitivo; ciò è evidente per le relazioni
concorrenziali tra le aziende che si presentano negli stessi mercati offrendo beni simili.
La visione che propone come centrale il fenomeno dell’interazione multicentrica allarga l’orizzonte di analisi ad
un ambiente non solo economico. L’ambiente è composto da elementi di varia natura (aziende familiari,
pubbliche…), ciascuno con logiche proprie di evoluzione, con propri valori e criteri di azione; tali elementi
interagiscono e continuamente assumono configurazioni proprie e relazioni reciproche nuove. L’ambiente è
ambito di espressione e di esercizio di soggettività e di discrezionalità dei differenti attori.
Le visioni dell’ambiente sono dunque:
– modelli cognitivi che spiegano differenti comportamenti concreti delle aziende
– rappresentazioni schematiche dei valori, degli atteggiamenti e dei comportamenti che caratterizzano
contesti economici, politici e sociali differenti nello spazio e nel tempo

IL SISTEMA COMPETITIVO
Il sistema competitivo è parte dell’ambiente economico ed è rappresentabile in termini di aziende e relazioni
interaziendali (di scambio, di cooperazione e di competizione) e lo spazio economico popolato di clienti, dai
fornitori e dai concorrenti e nel quale l’impresa si presenta con i sistemi prodotto risultato della sua attività
caratteristica.

La scelta del sistema competitivo nel quale operare è una scelta di governo economico
Per l’analisi del sistema competitivo si può utilizzare il modello della concorrenza allargata
Nel modello il termine settore (settore in senso stretto) indica le sole imprese in diretta concorrenza, mentre
concorrenza allargata tutti gli altri attori che lo compongono

MODELLO DELLA CONCORRENZA ALLARGATA


Il modello della concorrenza allargata è uno dei riferimenti più noti per la rappresentazione della struttura dei
sistemi o pentiti.
Teoria di base:
– In ogni settore la concorrenza non coinvolge solo le imprese appartenenti allo stesso settore (i concorrenti),
ma è allargata ad altre quattro classi di soggetti: clienti, fornitori, potenziali entranti e produttori di beni
sostitutivi.

Il termine concorrenza ha un significato


ampio identificando le forze esercitate sulle
imprese di un settore da ciascuna delle cinque
classi di attori:
- Rivalità tra i concorrenti
- Potere contrattuale dei fornitori
- Potere contrattuale dei clienti
- Minacce di ingresso
- Minacce di sostituzione
La configurazione delle cinque forze
determina la redditività media di un settore
ossia il suo livello di attrattività. Ogni settore
può essere segmentato per raggruppamenti
strategici, ovvero insiemi di imprese
concorrenti caratterizzate da strategie simili.
La teoria di base è la seguente: in ogni settore, la concorrenza non coinvolge solo le imprese appartenenti al
settore stesso, ma è allargata ad altre 4 classi di soggetti, e precisamente:
- i clienti: imprese di distribuzione e/o utilizzatori finali; gli utilizzatori finali possono essere aziende di
produzione o composte pubbliche che, a loro volta, impiegano la merce o servizio nelle proprio
combinazioni economiche o aziende di consumo;
- I fornitori di materie prime, di componenti, di servizi…;
- I potenziali entranti: le imprese che potrebbero entrare nel settore perché già svolgono combinazioni
economiche analoghe ma operano in mercati differenzi, o perché svolgono attività economiche diverse, ma
correlate, o perché intendono diversificarsi, ovvero aumentare la proprio estensione orizzontale;
- I produttori di beni sostitutivi, ovvero le imprese che offrono beni succedanei a quelli proposti dall’impresa
di riferimento.
Occorre notare che, in questo modella, il termine concorrenza ha un significato molto ampio; esso, infatti sta
ad indicare le pressioni, ossia le forze esercitate sulle imprese di un settore da ciascuna delle cinque classi di
attori, e quindi non solo dalle imprese stesse nelle loro relazioni di competizione. Tali forze sono:
a) La rivalità tra i concorrenti;
b) Il potere contrattuale dei fornitori;
c) Il potere contrattuale dei clienti;
d) Le minacce di ingresso;
e) Le minacce di sostituzione.
La configurazione delle 5 forze determina la redditività media conseguibile in un settore e, di conseguenza,
l’attrattività dello stesso.

a) La rivalità tra i concorrenti


La rivalità tra i concorrenti è tanto più accesa quanto più il settore è frammentato; il tasso di crescita della
domanda dei prodotti è basso; i prodotti sono indifferenziati; i costi fissi sono elevati o vi è eccesso di
capacità; è difficile cambiare settore per la specificità degli investimenti effettuati, per i costi di dismissione
delle strutture, per u costi degli accordi sindacali… ad evidenza una rivalità accesa anche solo per alcune
delle ragioni indicate, implica forti pressioni sui risultati reddituali e, in particolare, sui prezzi.

c) Il potere dei clienti


Il potere dei clienti è funzione di due elementi che sono la forza negoziale e la sensibilità al prezzo. La forza
negoziale è tanto maggiore, in particolare, se si tratta di clienti importati, se il loro settore è più concentrato
di un altro; se dispongono di informazioni approfondite sui beni acquistati e se sono potenziali entranti in
quanto mi cacciano di integrarsi a monte. La sensibilità al prezzo dipende dalla differenziazione, e quindi
dalla sostituibilità dei beni da essi acquistati dall’incidenza dei beni stessi sul costo o sulla qualità dei loro
prodotti e dall’intensità della competizione all’interno del loro settore specifico.

b) Il potere dei fornitori


Specularmente ai clienti, i fornitori hanno tendenzialmente un forte potere se il loro settore è più concentrato
di quello della concorrenza; se minacciano di integrarsi a valle e rappresentano, quindi, sei potenziali
entranti; se.i beni da essi offerti sono specifici, ovvero difficilmente o non convenientemente sostituibili, poco
rilevanti in termini di incidenza sui costi dei concorrenti…

d) Le minacce di ingresso
Le minacce di ingresso di nuovi concorrenti costituiscono un freno alla redditività del settore fungendo da
deterrenti, in particolare, ai prezzi praticati dai concorrenti del settore stesso. Esse dipendono dalla solidità
degli ostacoli all’ingresso, ossia delle barriere all’entrata.
Le barriere all’entrata hanno varie determinanti, quali:
- il fabbisogno di capitale;
- Le economie di scala;
- I vantaggi di costo assoluti;
- La differenziazione di prodotto;
- L’accesso ai canali distributivi;
- Le politiche pubbliche;
- I rischi di ritorsioni da parte dei concorrenti del settore.

DINAMICHE DEL SISTEMA COMPETITIVO


I principali cambiamenti che possono intervenire nel tempo in un sistema competitivo (prospettiva di analisi
dinamica) sono:
- Dinamiche congiunturali (mutamenti generalmente reversibili nel breve periodo);
- Dinamiche strutturali interne a un sistema competitivo (mutamenti di natura permanente: ciclo vita settore,
grado di concentrazione e di frammentazione, gradi di internalizzazione e esternalizzazione, grado di
internazionalizzazione e ciclo di sostituzione);
- Dinamiche di ricomposizione di più sistemi competitivi (mutamenti che producono modifiche radicali ai
confini dei sistemi competitivi e la nascita di nuovi.
Le dinamiche strutturali interne ad un sistema competitivo si possono analizzare attraverso le seguenti
variabili:
- Il ciclo di vita che rappresenta l’evoluzione delle vendite di un prodotto o di un settore nel tempo. In tale
evoluzione sono riconoscibili alcune fasi tipiche, caratterizzate ciascuna da differenti comportamenti delle
imprese concorrenti tra loro ed in relazione agli altri soggetti del sistema allargato: introduzione, sviluppo,
maturità e declino;
- Il grado di concentrazione e di frammentazione possono interessare ciascuna delle classi di soggetti
componenti il sistema competitivo. Si parla di processi di concentrazione quanto più imprese concorrenti su
uno stesso mercato si uniscono e, di conseguenza, diminuisce il numero. Ed appuntano le dimensioni dei
concorrenti stessi; i processi di frammentazione rappresentano il fenomeno opposto;
- Il grado di internalizzazione e di esternalizzazione all’interno di un sistema competitivo, le imprese,
attraverso scelte di internalizzazione, possono integrarsi verticalmente a monte o a valle, ossia svolgere al
proprio interno fasi del processo di produzione precedentemente effettuate da fornitori o da clienti.
Fornitori e clienti possono così diventare concorrenti di un dato insieme di imprese. Viceversa le imprese
possono ridurre l’estensione verticale mediante esternalizzazione di attività; in uno stesso sistema
competitivo si osserva spesso l’alternativa delle due dinamiche;
- Il grande di internazionalizzazione aumenta con l’espansione del raggio d’azione geografico delle imprese.
In un sistema competitivo a raggio nazionale possono fare ingresso nuovi concorrenti provenienti da altri
contesti nazionali; il sistema può integrarsi con altri dando origine ad un sistema globale;
- Il ciclo di sostituzione di un bene da parte di un altro può ridurre notevolmente lo spazio operativo dei
concorrenti di un sistema competitivo fino a causare il celino del sistema stesso con necessità di
riconversione che possono coinvolgere sia i concorrenti sia i clienti ed i fornitori.
Le scelte di configurazione del sistema di prodotto e della formula competitiva
IL SISTEMA DI PRODOTTO
Ciascuna impresa si propone ai propri clienti (e sfida i concorrenti) con uno o più sistemi di prodotto (SP).
Il Sistema di Prodotto è un insieme unitario di beni e di condizioni di scambio interdipendenti. La
progettazione dell’SP è un insieme articolato di scelte che richiede una visione ampia.
Il sistema di prodotto impatta direttamente sulla redditività aziendale.
In ciascuna relazione di scambio con i clienti l’impresa offre sempre una molteplicità di elementi quali le
caratteristiche fisiche dei prodotti, l’ampiezza della gamma di prodotti fungibili e complementari proposti,
l’assistenza tecnica, il prezzo… l’insieme unitario di questi elementi si denomina sistema di prodotto.

Da un lato il sistema di prodotto è il complesso oggetto on il quale l’impresa ricerca il consenso dei clienti;
dall’altro lato è l’arma utilizzata per sfidare la concorrenza.
La progettazione del sistema di prodotto è un passaggio cruciale per l’economicità dell’impresa perché da essa
dipendono i componenti positivi e negativi del reddito. A seconda di come è configurato il sistema di
prodotto, il cliente percepisce una utilità del prodotto diversa anche mediante comparazione delle condizioni
proposte da altre imprese.

Il modello della formula competitiva pone in correlazione tre macrovariabili:


- Il sistema di prodotto;
- Il sistema competitivo è inteso come lo spazio abitato dai clienti e dai concorrenti con i quali L
nostra impresa si confronta giorno per giorno;
- La struttura e le risorse aziendali sono intese come l’insieme di condizioni fisiche, patrimoniali,
personali, relazionali e organizzative di cui l’impresa dispone per rispondere alle attese dei clienti
e per fronteggiare le mosse dei concorrenti.
In essenza questo modello afferma che il successo di una strategia competitiva dipende dalla
consonanza tra le 3 macrovariabili; l’impresa che riesce a produrre una formula originale e coerente
ottiene vantaggio rispetto ai concorrenti e conquista il consenso dei clienti.

IL SISTEMA COMPETITIVO E I FATTORI CRITICI DI SUCCESSO (FCS)


Il sistema competitivo comprende in primo luogo i clienti attuali e potenziali e le loro attese, e rappresenta
(dovrebbe rappresentare) il punto di partenza per la progettazione del SP.
Vi sono attese dei clienti che sono particolarmente critiche, queste si definiscono FCS.
I FCS possono essere diversi per differenti insiemi di clienti.
Essi evolvono nel tempo.

L’analisi e la descrizione esplicita delle attese dei clienti non è mai un esercizio semplice; spesso ci si ferma ad
espressioni del tipo “un buon prodotto, un buon servizio e un buon prezzo” che, per quanto sostanzialmente
corrette, non aiutano molto nell’indirizzare le scelte che ogni singola azienda deve compiere. Per procedere in
tale direzione occorre:
a) costruire un inventario il più possibile completo e chiaro delle attese dei clienti attuali e potenziali;
b) Individuare, nell’ambito di tale inventario, quali sono le attese più critiche; le attese più critiche sono
denominate “fattori critici di successo”.

Il altri termini, il rischio è che un’impresa punti molto su aspetti del sistema di prodotto che non sono critici o
apprezzati da cliente, trascurando invece i fattori critici.
I potenziali fattori critici di successo sono differenti varie classi di prodotti e per differenti insiemi di clienti;
ciò significa che si devono compiere analisi specifiche per i vari segmenti di mercato.

Alcuni esempi di FCS sono:


- La funzionalità tecnica continua e duratura (il prodotto deve svolgere la funzione d’uso al livello tecnico
contrattato, senza interruzioni, e per tempi lunghi);
- L’economicità del prezzo di acquisto iniziale e dei successivi costi d’uso (il prodotto deve avere un costo
basso sia direttamente sia indirettamente);
- La flessibilità d’uso (possibilità di utilizzare il prodotto per svariati utilizzi);
- L’integrabilità e la compatibilità con altri beni complementari; le possibilità di personalizzazione;
- Il soddisfacimento di bisogno di prestigio, di status, di ostentazione, di identificazione;
- L’appartamento dei bisogni estetici;
- L’appartamento dei bisogni di solidarietà e di salvaguardia dell’ambiente;
- L’affidabilità del fornitore; una controparte unica
- L’accessibilità, comparabilità e sperimentabilità in fase di acquisto.
La classificazione proposta mostra come i fattori critici di successo possano essere variamente collegati agli
elementi del sistema di prodotto: alle sue caratteristiche materiali e immateriali, ai servizi accessori, alle
condizioni contrattuali.
Le aziende, dunque, hanno a disposizione leve molteplici, in parte complementari e in parte fungibili
(addestramento pre-vendita, livello qualitativo tecnico-funzionale del prodotto fornito, gli interventi di
riparazione o sostituzione post-vendita).

IL SISTEMA DI PRODOTTO (SP)


Il SP si compone di 4 elementi:
1) Le caratteristiche materiali (che si distinguono in attributi fisici, tecnico-funzionali ed estetici) e la gamma
di beni offerti. In casi rari il SP riguarda un unico prodotto e, in caso contrario, se l’azienda approntano
una gamma articolata, allora si possono definire sottoprodotti o SP multipli.
2) I servizi collegati ai beni offerti (pre e post-vendita) differenziati in base ai vari tipi di clienti (intermedi e
finali).
3) Le caratteristiche immateriali (immagine, reputazione e marca).
4) Il prezzi e altre condizioni contrattuali.

1) Le caratteristiche materiali
Pur nell’enorme varietà dei beni esistenti, che richiederebbero numerosi approfondimenti specifici, si possono
suddividere in generale in attributi fisici, tecnico-funzionali ed estetici.
Gli attributi fisici sono gli elementi immediatamente percepibili; gli attributi tecnico-funzionali sono le
proprietà, tecnologiche e di lavorazione, che consentono al sistema di prodotto di svolgere determinate
funzioni d’uso; gli attributi estetici possono qualificare variamente gli attributi fisici in termini, ad esempio, di
gamma di colori, di stile o design.

Tali caratteristiche non riguardano quasi mai necessariamente un unico bene, merce o servizio. Spesso le
aziende approntano una gamma, ossia un determinato assortimento tra cui il cliente sceglie a seconda delle
sue esigenze specifiche. La gamma costituisce anche un elemento fondamentale di articolazione del sistema di
prodotto in più “sotto-sistemi” destinati a segmenti di clientela specifici.

2) I servizi collegati ai beni offerti


Come fulcro del sistema di prodotto di distinguono in servizi pre- e post-vendita.
Questi elementi possono assumere notevole rilevanza sia quando il bene-fulcro è una merce, sia quando si
tratta di un servizio.

3) Le caratteristiche immateriali
Comprendono l’immagine e la reputazione di un sistema di prodotto, che possono essere notevolmente
condizionate sia dalle caratteristiche materiali, estetiche e tecnico-funzionali, sia dal livello qualitativo dei
servizi di corredo.
Immagine e reputazione possono dare origine ad un altro fondamentale elemento immateriale del sistema di
prodotto e dell’impresa, e cioè la marca.

4) Il prezzo e le altre condizioni contrattuali


In termini di sconti, modalità e tempi di pagamento, modalità e tempi di consegna, assicurazioni, garanzie,
penali ecc.. Anche con riguardo a questo elemento le aziende devono definire condizioni diverse per i clienti
diretti e i clienti finali.

IL VANTAGGIO COMPETITIVO
Esso è l’insieme degli elementi che distinguono il sistema di prodotto di una determinata azienda da quello
dei concorrenti.
I due tipi fondamentali di vantaggio competitivo sono:
- Vantaggi di differenziazione (ovvero l’offerta di un SP diverso o migliore rispetto a quello della
concorrenza); molto spesso la differenziazione viene conseguita attraverso sforzi di innovazione che
incontrano l’interesse di una nuova clientela più numerosa ed articolata.
- Il vantaggio di costo (quando l’SP si caratterizza grazie a costi di produzione bassi che portano l’azienda ad
attribuire al prodotto un prezzo minore rispetto agli altri).

Riportiamo di seguito alcuni esempi delle LEVE DI DIFFERENZIAZIONE:


- Eccellenza intrinseca dei materiali e delle lavorazioni;
- Efficienza nei consumi degli input;
- Reperibilità e facilità di prova;
- Servizi pre e post vendita;
- Contratti chiavi in mano;
- Alto livello stilistico e artistico;
- Contenuto etico, ecologico, salutistico.
LE STRATEGIE COMPETITIVO DI BASE
Combinando il tipo di vantaggio competitivo e l’ampiezza del mercato di sbocco, si ottengono 4 strategie di
base:
1) Leadership di costo (vantaggio di costo e ambito ampio);
2) Differenziazione (vantaggio di differenziazione e ambito ampio, anche con SP multipli);
3) Focalizzazione orientata ai bassi costi;
4) Focalizzazione orientata alla differenziazione.

LE COMPETENZE DISTINTIVE
Le competenze distintive sono risorse peculiari di un’azienda, non facilmente imitabili e utili per configurare
SP particolarmente apprezzati dai clienti.
Alcuni esempi sono:
- Speciali capacità di progettazione dei prodotti;
- Strutture produttive efficienti;
- Elevata capacità di accumulo e di diffusione delle conoscenze;
- Qualificate competenze di istruzione pre-post vendita.
- Rapporti di fiducia e cooperazione con i clienti, con le reti distributive, con esperti di varie discipline.

LA FORMULA COMPETITIVA (SINTESI)


Nelle azienda o nelle combinazioni parziali di successo, la formula competitiva presenta le seguenti
caratteristiche:
- Un Sistema di Prodotto dotato di un vantaggio concorrenziale di costo o di differenziazione;
- Un mercato, di cui sono stati compresi a fondo i fattori critici di successo;
- Una struttura dotata di competenze distintive;
- Una relazione di coerenza sistematica tra vantaggio competitivo, fattori critici di successo e competenze
distintive, che consente il raggiungimento di buoni e duraturi risultati reddituali e competitivi.

LA TEORIA DELLA DOMANDA E LA FORMAZIONE DEL PREZZO


Il prezzo è un elemento cruciale del sistema di prodotti e, in particolare, delle condizioni di scambio.
Il prezzo influenza fortemente i volumi e i ricavi di vendita; tuttavia i volumi e i ricavi sono determinati anche
da altri fattori: i redditi dei consumatori, i prezzi dei beni fungibili e complementari e gli investimenti in
pubblicità.

Le quantità vendute non dipendono solo dal prezzo, ma sono influenzate da altri fattori tra cui,
particolarmente importanti:
- Il prezzo dei prodotti simili (fungibili) o complementari;
- Il livello di reddito dei consumatori;
- Gli investimenti effettuati in pubblicità.

L’ELASTICITÀ DELLA DOMANDA AL PREZZO


È la sensibilità della quantità domandata alle variazioni di prezzo, calcolata relativamente a un prezzo di
partenza.
Esistono dei beni per i quali una minima variazione del prezzo, può portare a grosse variazioni nella
domanda.
Si indica con ε e si misura rapportando la variazione % della quantità domandata in corrispondenza di una
variazione % di prezzo.
La formula per calcolare ε è: ΔQ % / ΔP % in valore assoluto.
Di regola l’elasticità varia lungo la curva di domanda.
Se l’elasticità è <1, si dice che la domanda è anelastica; se è >1 la domanda è elastica.
LA DOMANDA DELL’IMPRESE A I RICAVI TOTALI
Le curve di domanda rappresentate finora sono relative alla domanda totale del mercato e, seppure molto
utili per la formulazione di alcune decisioni aziendali, sono indicative di una situazione “ideale”, che si fonda
sulle seguenti semplificazioni:
- La domanda totale comprende al suo interno prodotti considerati perfettamente sostituibili fra loro, il che
molto spesso non corrisponde alla realtà date le numerose possibilità di differenziazione che esistono nella
maggior parte dei settori;
- Si parte dall’assunzione che, nel periodo considerato, tutte le imprese vedano il prodotto allo stesso prezzo,
il che non corrisponde alla situazione reale.
È molto importante che le imprese costruiscano la propria curva di domanda, o meglio la curva di domanda
relativa ai propri specifici prodotti.

Assumendo l’ottica della singola impresa che in un certo momento deve determinare il prezzo di un prodotto,
i possibili scenari sono 4:
A) Concorrenza perfetta: molte imprese offrono ad uno stesso prezzo prodotti perfettamente simili tra di loro
e tutte hanno dimensioni e strutture di costo simili; i prezzi e i costi si sono allineati in modo tale che tutte
le imprese sono al minimo livello di redditività accettabile; anche a nostra impresa ha una struttura di
costi analoga a quella dei concorrenti e in questo caso l’impresa non ha scelta in merito alla fissazione del
prezzo; deve “prendere il prezzo dal mercato”.
B) Concorrenza basata sulla differenziazione: nello stesso mercato operano numerosi concorrenti che offrono
prodotti differenziati a prezzi diversi; in questo caso, l’impresa gode di qualche spazio di manovra ed
agisce contemporaneamente sulla differenziazione tecnica del prodotto e sul livello dei prezzi;
C) Monopolio stabile: la nostra impresa è la sola presente sul mercato e non è prevedibile che altre imprese
possano o vogliano entrarvi; in questo caso l’impresa ha la massima discrezionalità nel fissare il prezzo e o
farà in modo tale da massimizzare la redditività;
D) Monopolio instabile: l’impresa, a seguito di un’innovazione del sistema di prodotto, si trova
temporaneamente in una posizione di monopolio; esistono altre imprese in grado di imitare il nuovo
sistema di prodotto; in questo caso, con riguardo alla determinazione del prezzo, l’impresa si trova in una
posizione ambigua; può fissare un prezzo “alto” da monopolista producendo e vendendo piccoli volumi,
oppure può fissare un prezzo “basso” puntando su grandi volumi; nel primo caso si ottiene una redditività
elevata nel breve, ma si incentiva l’ingresso di potenziali entranti; nel secondo caso si corrono grandi
rischi ma si rende difficile l’ingresso di nuovi concorrenti.
Le scelte di standardizzazione e di dimensione
STANDARDIZZAZIONE, UNIFORMAZIONE E MODULARITÀ
La standardizzazione è uno dei pilastri dell’efficienza delle economie moderne.
I caratteri dell’impresa moderna sono:
- meccanizzazione dei processi;
- Parcellizzazioni del lavoro;
- Standardizzazione dei processi, dei componenti e dei prodotti;
- Produzioni in grandissimi volumi.

La standardizzazione rende possibili e convenienti le produzioni di massa ed è la base per la realizzazione di:
- economie di scala;
- Economie di saturazione della capacità produttiva;
- Economie di apprendimento.

Essa riguarda prodotti, processi e componenti. Quando i componenti assumono un elevato livello di
complessità si chiamiamo moduli, compatibili e integrabili fra di loro.
La progettazione dei moduli può essere compito della singola azienda o di un ente sovraordinato,
responsabile dell’attività di uniformazione (le viti, i fogli e le buste, le prese elettriche…)

LA STANDARDIZZAZIONE E LE ESTERNALITÀ DI RETE


I fenomeni di standardizzazioni sono rilevanti anche per la generalità degli utenti che traggono vantaggio dal
fatto che sul mercato siano presenti prodotti standardizzasti e tra loro compatibili.
Una manifestazione i questi vantaggi è data dalle esternalità di rete che derivano, ad esempio, dal fatto che
numerosi utenti utilizzano gli stessi metodi di comunicazione (es. telefoni, fax, internet…); l’utilità per
ciascuna persona cresce al crescere del numero di utenti collegati alla stessa rete.
In presenza di forti esternalità di rete, le imprese competono per l’affermazione del proprio standard. Lo
standard che diventa dominante “costringe” le altre aziende ad adottare lo stesso standard.

LE SCELTE DI DIMENSIONAMENTO DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA


In alcuni settori sono presenti imprese di grandi dimensioni (chimico, farmaceutico, aerospaziale…) mentre,
in altri, convivono impese di grandi e piccole dimensioni (turismo, abbigliamento…).
La dimensione aziendale è analizzata in termini di “capacità produttiva installata”.
La capacità produttiva (CP) è il volume massimo di output ottenibile nell’unità di tempo considerato.
Si fa riferimento alla CP per tutte le attività d’azienda (R&S, vendita, distribuzione…) e non solo per la
produzione.

IL GRADO DI SFRUTTAMENTO DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA


CP nominale: Valore massimo atteso dell’ output senza interruzioni, soste ecc..
CP teorica (o raggiungibile): valore massimo dell’ output ragionevolmente ottenibile = CP
La produzione effettiva è molto peso inferiore alla CP teorica in quanto vi sono alcune situazioni che non
permettono il raggiungimento di tale risultato (es. il mercato non è in grado di assorbire tutta la produzione
realizzabile della azienda).
Grado di utilizzo della CP teorica: produzione effettiva / CP

L’UNITÀ DI MISURA DELLA CP E I COLLI DI BOTTIGLIA


A seconda dell’attività svolta dall’unità aziendale, la CP si misura in modo diverso; la misura della CP e dei
suoi incrementi richiese quindi la definizione dell’unità di misura dell’ output:
- Azienda di produzione di beni = numero di pezzi
- Società di consulenza = giornate / uomo
- Trasporto aereo = passeggeri x miglia
Non basta strutturare la CP “della fabbrica”, ma è necessario bilanciare le CP di tutte le funzioni per evitare
che si formino “colli di bottiglia” (punto in cui il flusso di attività viene compromesso, rallentato o addirittura
si arresto completamente).

LE ECONOMIE DI SCALA (O DI DIMENSIONE)


Le economie di scala (EDS) sono le riduzioni di costi unitari che si ottengono installando (e utilizzando)
capacità produttive maggiori.
Nella maggior parte dei casi le EDS maggiori permettono costi unitari più bassi e sono decisive per poter stare
sul mercato, altre volte, invece, sono poco rilevanti.
Esse si misurano confrontando i costi medi unitari di due diverse CP, ipotizzando per entrambe lo stesso grado
di utilizzo.
Il costo medio unitario si calcola= costi totali di produzione / produzione effettiva.
Alcuni esempi possono essere: l’indivisibilità di alcuni componenti; la maggiore produttività degli input per
effetto della specializzazione; la proprietà geometriche dei contenitori; la maggior efficienza dei motori e
degli impianti di maggiori dimensioni; e i minori costi unitari di acquisto derivanti da una maggiore forza
contrattuale.

LE ECONOMIE DI SATURAZIONE DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA


I costi dell’azienda si dividono in fissi e variabili.
Fissi = non variano al variare dei volumi di produzione per un dato intervallo di produzione;
Variabili = variano al variare dei volumi di produzione.
All’aumentare del grado di sfruttamento della capacità produttiva, il costo fisso è ripartito su un numero
maggiore di output e questo determina una riduzione del costo medio unitario.
Le economie di assorbimento dei costi fissi sono le riduzioni di costo medio unitario derivanti dall’aumento
dello sfruttamento della capacità produttiva (tenendo costante la CP). Esse sono tanto maggiori quanto
maggiore è l’incidenza dei costi fissi.

ECONOMIE DI SCALA VS ECONOMIE DI SATURAZIONE


È errato affermare che le economie di scala sono le riduzioni di costi derivanti da maggiori volumi di
produzione. Occorre distinguere tra riduzioni di costi derivanti da:
- Impianti più grandi —> Economie di scala
- Maggiori volumi dato un certo impianto —> Economie di saturazione

LE ECONOMIE DI APPRENDIMENTO (O DI ESPERIENZA)


Le economie di apprendimento (o di esperienza) sono le riduzioni di costo unitario dell’ output prodotto, che
conseguono all’incremento dei volumi di produzione cumulata;
Con esperienza si intende il numero cumulato di output prodotti fino alla data considerata.

La funzione che rappresenta la curva


di esperienza è: Cq=Cn(q/n)^-b
Cq = costo dell’unità prodotta
Cn = costo dell’unità prodotta al
tempo precedente
q= quantità cumulata ad oggi
n = quantità cumulata alla data
precedente
b = costante che esprime la velocità
di apprendimento di ciascun caso
specifico

L’inclinazione della curva dipende


dalla velocità di apprendimento, che
si calcola rapportando i costi relativi a due produzioni che rappresentano un rapporto di esperienza 2 a 1:
C2x/cx x 100
C2x = costo unitario della produzione dell’unità 2X (doppia rispetto ad X)
Cx = costo unitario di produzione dell’unità X

LA VELOCITÀ DI APPRENDIMENTO
Perché si possa misurare il solo effetto esperienza occorre che nell’intervallo considerando le altre condizioni
produttive restino invariate.
La velocità di apprendimento si ottiene rapportando i costi relativi a due produzioni che rappresentano un
rapporto di esperienza 2 a 1.
In valori assoluti, i grandi risparmi per effetto dell’esperienza si ottengono sui primi lotti di produzione.

LE FONTI DELLE ECONOMIE DI APPRENDIMENTO


- Crescente abilità nello svolgimento delle attività;
- Migliore selezione delle risorse produttive;
- Coordinamento più efficiente fra le risorse produttive;
- Più elevata programmabilità dell’attività;
- Semplificazioni dei prodotti e dei processi.

LE STRATEGIE DI REPLICAZIONE
Le strategie di replicazione puntano a sfruttare competenze e routine, presenti nel patrimonio aziendale,
applicandole a più combinazioni parziali uniformi. Sfruttano economie di apprendimento ed economie di
scala.
Alcuni esempi sono il franchising di fast food, catene alberghiere, banche, catene di sale cinematografiche…
LE SCELTE DI STRUTTURA DEI COSTI
Il modello utilizzato per indagare le relazioni tra volumi effettivi, costi e risultato economico è noto come
modello costi-volumi-risultati (modello utile anche per analizzare l’impatto sull’equilibrio reddituale delle
diverse scelte aziendali).

I fattori che determinano il risultato economico conseguito dalle imprese in un determinato periodo possono
essere ricondotti a tre classi fondamentali: gli elementi strutturali, il livello dei prezzi-costi e dei prezzi-ricavi
e i volumi.

Le variazioni dei costi legate s determinati strutturali si accompagnano a modifiche più o meno estese del
patrimonio, nell’assetto tecnico, nel personale, nell’assetto organizzativo e nelle combinazioni economiche
dell’impresa.

A parità di impianti, attrezzature, esperienza e gamma di beni offerti; i ricavi totali, i costi totali e i risultati
reddituali sono legati soprattutto al configurarsi di:
- prezzi-ricavo e prezzi-costo che l’azienda è riuscita a spuntare sui mercati di sbocco e approvvigionamento
- i volumi effettivamente prodotti e venduti nel periodo considerato

I COSTI FISSI E I COSTI VARIABILI


I costi della gestione caratteristica possono essere classificati in costi variabili e costi fissi.
→ I costi variabili sono i costi direttamente correlati al volume di produzione e di vendita (provvigioni,
consumi di materie prime, lavorazioni esterne)
→ I costi fissi sono tutti i costi che non risultano direttamente e strettamente correlati al volume di
produzione e di vendita (manodopera indiretta, manodopera diretta, affitti, quote di ammortamento,
pubblicità, consulenze legali e amministrative, manutenzioni)

A loro volta i costi fissi possono essere ricondotti a due tipi: costi fissi di struttura e costi fissi di sviluppo.
→ I costi fissi di struttura sono costi fissi strettamente connessi alla capacità produttiva in essere dell’azienda
in un certo momento (volumi di produzione e di vendita realizzati nel breve periodo)
→ I costi fissi di sviluppo sono costi che sono fissi in quanto non variano direttamente in relazione al variare
dei volumi di produzione e di vendita. Non dipendono direttamente dalla capacità produttiva dell’azienda ma
sono destinati a sostenere l’attività corrente e a porre le condizioni per lo sviluppo futuro dell’azienda (costi di
ricerca e di sviluppo, formazione del personale, costi di marketing).

PUNTO DI PAREGGIO ESPRESSO IN FATTURATO


Quantità x prezzo = (Costi fissi / Margine di contribuzione
unitario) X Prezzo
Fatturato = Costi fissi / (margine di contribuzione unitario /
prezzo)
Fatturati = Costi fissi / Margine di contribuzione % —>
Questa versione della formula può essere utilizzata nelle
aziende multi prodotto per le quali il volume di pareggio non
ha significato.

IL RISCHIO OPERATIVO
Esso è espresso nella probabilità più o meno elevata di realizzare
risultato reddituali particolarmente negativi o particolarmente positivi in
relazione al fluttuare dei volumi di produzione e vendita.
Il rischio operativo è legato al livello del punto di pareggio e il grado di
elasticità operativa.

Una misura della elasticità operativa è rappresentata dal rapporto fra


costi variabili totali e costi fissi al punto di pareggio.

IL PUNTO DI EQUILIBRIO REDDITUALE


La formula del punto di pareggio può essere adattata al fine di ottenere il volume di vendite che consente di
coprire sia i costi di gestione caratteristica, sia quelli finanziari e fiscali e, di ottenere un risultato reddituale
netto pari a zero. È possibile anche determinare il volume delle vendite che consente sia si coprire tutti i costi
sia di ottenere un utile netto ritenuto soddisfacente (= ottenere l’equilibrio reddituale).

Tale reddito deve essere calcolato in modo da coprire i costi extra gestione tipica e da costruire l’utile netto
desiderato.
Le scelte di estensione verticale e orizzontale
LE SCELTE DI ESTENSIONE: UN QUADRO GENERALE
L’estensione complessiva delle combinazioni economiche di un’impresa è determinata da un vasto insieme di
scelte che riguardano:
- La dimensione, la capacità produttiva installata per le varie aree di attività;
- L’estensione interfunzionale: quante e quali funzioni (coordinazioni parziali) si decide di svolgere
internamente;
- L’estensione verticale: il numero e la disomogeneità delle fasi della filiera produttiva svolte internamente;
- L’estensione orizzontale: il numero e la disomogeneità delle aree strategiche d’affari nelle quali si decide di
operare.

LE SCELTE DI ESTENSIONE ORIZZONTALE (O DIVERSIFICAZIONE)


Ogni impresa deve decidere in merito alla numerosità e alla disomogeneità delle ASA (aree strategiche di
affari, ossia le combinazioni economiche parziali) nelle quali vuole operare.
In altri termini, l’impresa deve scegliere il proprio grado di estensione orizzontale o di diversificazione e tali
scelte dipendono da numerose valutazioni (flussi di cassa generati e assorbiti, i cicli di vita delle ASA, il know-
how strategico prodotto, ecc..).
Particolarmente importanti per decidere sono le economie di raggio di azione realizzabili con la
diversificazione.

LE ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE (DI SCOPO, SINERGIE)


Le economie di raggio d’azione sono i vantaggi economici che conseguono alla gestione congiunta di due o
più ASA.
La presenza di economie di scopo sotto intende l’esistenza di risorse non completamente utilizzate o di fattori
della produzione con capacità produttiva illimitata (marchi, know how)

LE FONTI DI ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE


Condivisione di elementi materiali della struttura produttiva e di vendita;
Condivisione di risorse immateriali (a capacità produttiva illimitata) quali know-how tecnologico sfruttabile
per più ASA, maschi, immagine commerciale, validi ed
più linee di prodotti e per più categorie di clienti,
prestigio, immagine istituzionale, potere contrattuale.

L’ESTENSIONE VERTICALE
Si può rappresentare la filiera produttiva come una
lunga catena di fasi e di processi che dalla estrazione
di materie prime giunge alla vendita al consumatore
finale → in mezzo si trovano le fasi di trasporto,
lavorazione, produzione.

L’estensione verticale delle combinazioni economiche


di un’impresa esprime il numero e la disomogeneità
delle fasi della filiera produttive svolte al proprio
interno → è scarsamente integrata un’ impresa che
svolge una sola specifica fase ed è fortemente
integrata una che svolge tutte le fasi

I COSTI DI TRANSAZIONE
Per le scelte di internazionalizzazione / esternalizzazione è cruciale l’analisi dei costi di transazione che
sempre si sommano ai costi di acquisto e ai costi di produzione interna nel determinare i costi totali.
La transazione si manifesta quando un bene o un servizio è trasferito attraverso un’interfaccia
tecnologicamente separabile.
Problema: decidere quali transazioni tenere all’interno dell’organizzazione e per quali, invece, ricorrere ad
altri operatori.
Nell’internazionalizzazione prevalgono i costi di realizzazione interna (economie di scala, di scopo e di
apprendimento) e i costi di coordinamento interno (direzione e controllo e sprechi ed errori).
Per quanto riguarda l’esternalizzazione prevalgono i costi d’acquisto o di vendita (costi di realizzazione esterni
e potere contratturale degli interlocutori) e i costi di transizione esterna (raccolta delle informazioni,
negoziazione, difesa da comportamenti opportunistici e danni da comportamenti opportunistici).

LE DETERMINANTI DEI COSTI DI TRANSAZIONE


Le determinanti dei costi di transazione sono: la complessità informativa, la durata e la ripetitività delle
relazioni tra le parti; la specificità degli investimenti effettuati; e la propensione ai comportamenti
opportunistici o inadeguati.
Le scelte di formazione e di sviluppo del patrimonio
IL PATRIMONIO
Il patrimonio di un’azienda è l’insieme delle condizioni di produzione e consumo di pertinenza della stessa in
un dato momento ( ad esempio impianti, fabbricati, marchi, brevetti, debiti, crediti, rimanenze..). Esso è il
complesso risultato di processi di acquisizione , trasformazione e ricombinazione di elementi di varia natura.
In esso s riflette l’intera storia passata dell’impresa e delle circostanze d’ambiente nelle quali ha oprato ed è la
base della vita futura dell’azienda.

LA FORMAZIONE DEL PATRIMONIO DI UN’IMPRESA


Quando si ha il patrimonio nel tempo zero, attraverso il lavoro e le condizioni di produzione acquisite nel
periodo, si arriva ad avere delle combinazioni economiche svolte nel periodo stesso anche con processi di
sperimentazione, apprendimento, e innovazione si riesce ad avere un patrimonio nel tempo uno, ovvero un
utile.

IL CAPITALE DI FUNZIONAMENTO
Il capitale di funzionamento è il sistema di valori positive e negativi che esprimono i valori delle condizioni
patrimoniali di un’azienda. Esso rappresenta il patrimonio sotto forma di valori economici (ad es. i valori
della cassa, dei crediti, degli impianti, del capitale netto, ecc.). Non tutte le condizioni patrimoniali, tuttavia,
trovano diretta rappresentazione nella tavola del capitale di funzionamento.

LE CLASSI DI CONDIZIONI PATRIMONIALI


Condizioni materiali:
- elementi patrimoniali che hanno una manifestazione fisica (ad es. terreni, fabbricati, impianti, macchinari,
arredi, ecc.)

Condizioni immateriali: elementi patrimoniali che non operano sotto forma fisica
- marchi e brevetti;
- conoscenze e know how (capitale intellettuale);
- rete di relazioni esterne (capitale sociale);
- reputazione e immagine (capitale reputazionale);
- coesione interna (cultura, identità e identificazione)

Condizioni monetarie:
- elementi patrimoniali che si presentano sotto forma di cassa, debiti, crediti, capitale netto

Condizioni d’ambiente: condizioni patrimoniali in senso allargato (non sono di pertinenza dell’impresa), ma
che possono essere fonti di importanti “economie esterne”
- infrastrutture di comunicazione e trasporto;
- servizi della pubblica amministrazione;
- tessuto di imprese fisicamente e socialmente vicine (distretto);
- cultura locale.

CONDIZIONI PATRIMONIALI ENDOGENE E ESOGENE


Condizioni patrimoniali esogene:
- condizioni patrimoniali acquisite dall’esterno mediante operazioni di acquisto o di altra specie

- Condizioni patrimoniali endogene: condizioni patrimoniali prodotte all’interno dell’azienda


- Immobilizzazioni tecniche endogene (ad es. macchinari “segreti” prodotti all’interno)
- Immobilizzazioni immateriali endogene (ad es. marchi e brevetti sviluppati sostenendo costi interni di
marketing o di ricerca e sviluppo)

LE CONDIZIONI PATRIMONIALI DISTINTIVE


Si definiscono condizioni patrimoniali distintive (o risorse / competenze distintive), quelle condizioni
patrimoniali che:
- sono specifiche dell’azienda (non sono disponibili sul mercato dei fattori produttivi)
- hanno un alto impatto sul valore attribuito dal cliente agli output dell’azienda
- sono difficilmente replicabili (o trasferibili) e imitabili da altre imprese, in quanto:
- pluridisciplinari
- frutto di apprendimento collettivo
- basate su conoscenza tacita o codificate in linguaggi particolari (implicite)
LE CONDIZIONI PATRIMONIALI CENTRALI (core competences)
Si definiscono condizioni patrimoniali o competenze centrali (core competences) le condizioni patrimoniali
distintive e comuni a tutti i sistemi di prodotto offerti da una stessa impresa. Le condizioni/competenze
centrali sono fonte per l’attivazione e lo sviluppo di nuovi sistemi prodotto e sono alla base delle strategie di
estensione verticale e di diversificazione.

IL PATRIMONIO COME LEVA STRATEGICA


Ciascuna impresa è dotata di un patrimonio di risorse differenti rispetto a quello di ogni altra.
Le Imprese che competono sugli stessi mercati sono tra loro differenti e sono quindi caratterizzate da
differenti potenziali di redditività e di sviluppo

La Redditività e sviluppo delle imprese dipendono da:


– l’intensità delle pressioni competitive, derivanti dalla struttura del settore allargato (elemento comune a
tutte le imprese)
– la configurazione delle condizioni patrimoniali disponibili per ciascuna impresa.

SCELTE STRATEGICHE E PATRIMONIO


La configurazione del patrimonio è frutto di numerose scelte strategiche:
– integrazione verticale ed estensione orizzontale (gamma delle competenze sviluppate e integrabili)
– dimensionamento della capacità produttiva (sovente occasione di innovazione tecnica)
– fusioni, acquisizioni e alleanze (acquisizione di competenze complementari e complessa integrazione di
patrimoni)
– localizzazione (accesso a condizioni ambientali)
– struttura del capitale proprio e di terzi (diversa capacità e propensione a progetti di sviluppo)
– gestione del personale e progettazione dell’assetto organizzativo (creazione di condizioni di sviluppo e
dinamismo)

GLI INDIRIZZI STRATEGICI


Le scelte di configurazione del patrimonio dell’impresa dovrebbero ispirarsi ai seguenti indirizzi strategici:
- basare le scelte di ingresso in nuovi mercati sulle proprie competenze distintive e centrali (diversificazione
correlata)
- scegliere con cura le modalità di sfruttamento delle competenze distintive
- sfruttare a fondo le economie di replicazione
- attuare operazioni di fusione e acquisizione per unire competenze complementari (e non simili o
sovrapposte)
- internalizzare i processi che producono competenze distintive
- puntare su modelli organizzativi originali, da cui possono scaturire processi di apprendimento differenti e
dunque competenze distintive
- impostare strategie esplicitamente orientate allo sviluppo di competenze distintive
- evitare eccessi di cambiamento, che mettano in crisi i processi di apprendimento e sconvolgano le routine
che sottostanno alle competenze.

LA DINAMICA DEL PATRIMONIO


Le risorse e competenze distintive possono diventare fattore di rigidità
- molte condizioni hanno cicli economici e tecnici di lunga durata; le imprese potrebbero cercare di sfruttare
tali risorse il più a lungo possibile, anche quando le condizioni di mercato ne consiglierebbero l’abbandono
- le immobilizzazioni tecniche possono avere una destinazione specifica
- le routine nelle quali si incorpora il know-how aziendale tendono a permanere nel tempo, anche se
obsolete.

LE COMPETENZE DINAMICHE
Oltre a competenze distintive e centrali, l’impresa deve dotarsi anche di competenze dinamiche (dynamic
capabilities), che consistono nella capacità di arricchire, rinnovare, ricombinare e sostituire le competenze
distintive esistenti

COSA BISOGNA FARE?


- Occorre sviluppare assetti organizzativi che massimizzino la capacità di:
- integrare gli elementi che compongono l’impresa in competenze solide e distintive
- stimolare l’apprendimento attraverso la ripetizione e la sperimentazione
- riconfigurare rapidamente ed efficacemente le strutture e le competenze aziendali in forme innovative
Le scelte di organizzazione
L’ASSETTO ORGANIZZATIVO E IL COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO
Durante l’organizzazione, il centro dell’attenzione è il comportamento delle persone e tutte le scelte di
organizzazione sono volte a guidare il comportamento delle persone e portano a disegnare l’assetto
organizzativo. L’assetto organizzativo di un’impresa è l’insieme delle variabili che configurano l’organismo
personale e che definiscono, indirizzano e coordinano i comportamenti delle persone che compongono
l’organismo personale.

LE VARIABILI ORGANIZZATIVE
Le variabili organizzative sono le strutture e i processi che indirizzano i comportamenti delle persone
Le variabili organizzative sono:
- la struttura organizzativa di base e la struttura organizzativa delle singole unità aziendali
- la distribuzione del potere ;
- i sistemi operativi:

• Sistemi di pianificazione, di programmazione e di informazione


• Sistemi di gestione del personale

I RISULTATI DELLE SCELTE ORGANIZZATIVE


Con l’assetto organizzativo si decide:
- quante persone, e con quali caratteristiche, fare lavorare nell’impresa;
- quali insiemi di compiti di ogni persona deve svolgere;
- con quali obiettivi, modalità e con quali risorse;
- come ogni persona viene retribuita;
- quali percorsi professionali le persone possono o devono compiere, in relazione al variare elle combinazioni
economiche dell’azienda.

L’ORGANISMO PERSONALE
è l’insieme unitario delle persone, che, con il loro lavoro, contribuiscono alla vita dell’azienda. è un complesso
dinamico, e deve essere flessibile. Si analizza in due aspetti complementari:
- le variabili individuali (caratteristiche singole persone);
- le variabili sociali (l’intensità e la qualità delle relazioni tra le persone).

LE VARIABILI INDIVIDUALI
- le competenze professionali: conoscenze e capacità tecniche (contabilità, elettronica, marketing..) e
conoscenze e capacità razionali (leadership, lavori in gruppo…)
- i valori: le convinzioni e le credenze in generale e anche relative all’attività economica;
- i bisogni e soprattutto i bisogni che si soddisfano mediante il lavoro.

LE VARIABILI SOCIALI
Sono le relazioni positive (cooperazione, coesione = essenziali per il buon funzionamento delle
organizzazioni ed esse dipendono anche dalla condivisione dei valori comuni come la cultura) e negative
(conflitto) che si instaurano tra le persone.

LE CONDIZIONI DI COESIONE E DI COLLABORAZIONE


Le condizioni per avere coesione e collaborazione in un gruppo sono tre:
- far si che le persone abbiano valori condivisi o almeno compatibili;
- assicurarsi che in ogni gruppo ci sia un leader forte (solo uno, se no vanno a crearsi contrasti);
- adottare “incentivi” che premino anche i risultati del gruppo.

I PRINCIPI DI PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA


- principio della coerenza dinamica: non esistono assetti organizzativi “ottimi” ed “eterni”; ciascuna impresa
deve ricercare i propri equilibri in ottica evolutiva.
- Principio dell’orientamento alle persone e ai gruppi di persone: l’assetto organizzativo deve motivare le
persone al lavoro e alla collaborazione; la motivazione e l’efficienza sono complementari, non alternative.

LE CONFIGURAZIONI DI BASE DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA


Per le imprese la progettazione della struttura organizzativa consiste essenzialmente nella scelta di una delle
quattro forme di base (più due varianti). Scegliere la struttura organizzativa significa scegliere come dividere
il lavoro (specializzare) tra le varie unità e persone (per funzioni, per prodotti, per aree geografiche, ecc.) e
come coordinare le attività svolte dalle varie unità e persone. Ogni struttura organizzativa ha i suoi vantaggi e
svantaggi in termini di specializzazione e di coordinamento.
Le strutture sono:
1) la struttura funzionale pura
Le coordinazioni parziali di trasformazione tecnica, di commercializzazione e di ricerca e sviluppo danno
luogo ad un solo prodotto destinato ad un solo mercato. Il lavoro appare divisibile secondo un solo criterio:
quello delle coordinazioni parziali → si tratta di una struttura derivante dalla divisione del lavoro secondo il
criterio dell’omogeneità delle tecniche caratteristiche di ciascuna coordinazione parziale.

2) la struttura elementare
Nel caso delle aziende particolarmente piccole e semplici, si adotta una struttura elementare, ossia una
struttura nella quale la funzione di governo economico e la funzione di direzione sono svolte da un unico
organo di direzione generale.

3) la struttura divisionale pura


Si fa riferimento ad un’azienda con combinazioni produttive articolate in tre combinazioni parziali
corrispondenti a linee di prodotto, ciascuna linea è destinata ad uno specifico mercato. In tale situazione sono
utilizzabili due criteri di divisione del lavoro: la divisione del lavoro per funzioni oppure la divisione del
lavoro per prodotti. Applicando il primo criterio si dà luogo ad una struttura funzionale in cui ciascuna,
mentre applicando il secondo criterio si ottiene una struttura divisionale pura. È opportuno adottare il
secondo criterio quando le combinazioni economiche sono molto disomogenee

4) le strutture matriciali e miste


- variabile delle economie di scala ottenibili con funzioni centralizzate
Per ciascuna delle funzioni si valuta quali sarebbero i costi totali in caso di funzione unitaria a livello
aziendale e in caso di ripartizione tra le divisioni. Ripartendo una funzione tra divisioni si hanno aumenti di
costi complessi a causa di parziali duplicazioni di risorse → Le funzioni centralizzate producono economie di
scala, quanto maggiore è la convenienza di una struttura di tipo funzionale
- variabile del grado di specializzazione richiesta nell’ambito delle singole funzioni
Si suppone che in una funzione centralizzata n persone possiedono n qualificazioni professionali distinte
richieste dalle n posizioni occupate, si ipotizza una divisionalizzazione e ciascuna divisione richiede tutte e n
qualificazioni professionali. Ripartendo le n persone tra le divisioni, ciascuna di esse dovrà svolgere più
mansioni → si abbassa il grado di specializzazione. Tale inconveniente è riducibile sopportando diseconomie
di scala (si utilizza un numero di persone maggiore di n).
- variabile delle economie di raggio di azione che si possono realizzare con la gestione centralizzata di
competenze “core”
Economie che si avvalgono di competenze distintive comuni a tutte le combinazioni economiche parziali →
elementi essenziali del patrimonio aziendale che richiedono una forte gestione centralizzata per garantire più
integrità e sviluppo
- variabile delle indipendenze tra le funzioni relative a ciascuna linea di prodotto
Nel momento in cui le funzioni relative a una linea di prodotto sono raggruppate in una divisione, si realizza
una forte integrazione gerarchica → conviene costruire divisioni per linee di prodotto che presentano un’alta
interdipendenza tra le funzioni
- variabile che indica altre circostanze favorevoli alla divisionalizzazione (fabbisogno di differenziazione)
Si tratta dell’esigenza di separare le attività tra linee di prodotto da quelle relative ad altre. Quest’esigenza di
manifesta quando per la conduzione di una linea di prodotto sono richiesti atteggiamenti manageriali e
professionali differenti e quando si è in presenza di un nuovo prodotto che richiede l’assegnazione di risorse e
attenzioni distinte

5) il modello strategia-struttura
Nel contesto delle grandi imprese (con diversificazione correlata e struttura mista/a matrice), esse vengono
viste come terzo stadio alternativo (stadio di dimensioni molto grandi e forti diversificazioni dei prodotti-
mercati) o come stadio intermedio tra secondo e terzo (tra lo stadio di dimensioni molto grandi e quello di
dimensioni più semplici).

LA STRUTTURA DELLE SINGOLE UNITÀ’ ORGANIZZATIVE


Data la macrostruttura, occorre decidere come organizzare il lavoro entro ciascuna delle unità organizzative.
Qui diventano cruciali le teorie dei bisogni e della motivazione al lavoro.

Le tre modalità base di organizzazione del lavoro nelle singole unità organizzative sono:
1. organizzazione sequenziale parcellizzata
2. organizzazione per attività semi-autonome individuali (arricchimento delle mansioni)
3. organizzazione per gruppi semi-autonomi.

LA MOTIVAZIONE AL LAVORO
Con la motivazione si riesce a lavorare con impegno e con spirito cooperativo e costruttivo.
Una persona è motivata a lavorare solo se prevede che il lavoro svolto gli permetterà di soddisfare i propri
bisogni; in caso contrario la persona potrà decidere se svolgere il lavoro con l’impegno minimo per non
perderlo.
LE REGOLE DI ORGANIZZAZIONE DI LAVORO IN SINTESI
Nel mondo d’oggi, i bisogni da soddisfare per motivare le persone al lavoro sono prevalentemente i bisogni di
socialità, di stima e di realizzazione.
Di conseguenza, la forma di organizzazione del lavoro da privilegiare è quella per gruppi semi-autonomi.
Tale forma di organizzazione, infatti:
• consente interazioni intense e positive tra le persone (socialità);
• dà luogo a risultati osservabili e attribuibili alle persone e al gruppo (stima);
• consente l’esercizio di una gamma ampia di competenze (autorealizzazione).

I SISTEMI OPERATIVI
Sono strettamente complementari alla struttura organizzativa (macro e delle singole unità) nella funzione di
indirizzo dei comportamenti delle persone
Ci sono due gruppi di sistemi:
1. Sistemi di pianificazione, programmazione, informazione
2. Sistemi di gestione del personale

IL PRIMO SISTEMA
- Sistema di pianificazione strategica: esplicita i fini, le politiche e le strategie alle quali tutti devono ispirarsi
(“mission”, “vision”).
- Sistema di programmazione e controllo (budgeting, controllo di gestione): indica per ciascuna unità quali
obiettivi realizzare a breve e con quali risorse; le relative performance influenzano la distribuzione dei
premi e delle sanzioni; ripartendo con cura gli obiettivi e le risorse, si realizza il coordinamento.
- Sistema informativo: produce e distribuisce le informazioni; le persone agiscono anche in base alle
informazioni disponibili / non disponibili; l’informazione è potere; un buon sistema informativo è uno
strumento potente di coordinamento.

IL SECONDO SISTEMA
- sistema di dimensionamento degli organici determina il numero / tipo di persone di ciascuna unità
aziendale e i relativi carichi di lavoro. Deve tener conto di molti fattori: orari di lavoro, tecnologie,
integrazione verticale, esperienza, ecc.
- sistema di ricerca e selezione personale, Individua e vaglia le persone da inserire. Varie politiche, tra cui:
solo ingressi dal basso (persone senza precedenti esperienze di lavoro) o anche laterali e persone
specializzate o con base ampia.
- Sistema retributivo, ovvero definisce le politiche retributive e le retribuzioni di ciascuna persona. Tra le basi
fondamentali ci sono il valore della posizione occupata dalla persona, la prestazione realizzata rispetto agli
obiettivi e i livelli retributivi correnti nel mercato del lavoro;
- sistema i carriera, dove si definiscono i percorsi professionali (sentieri di carriera) e i relativi criteri. Alla
base fondamentale c’è la valutazione del potenziale. Varie politiche di questo sistema sono: carriere in linea
(sempre nella stessa funzione)/ carriere cn rotazione (passaggi tra funzioni).
- sistema di addestramento e di formazione, che stimolano lo sviluppo delle competenze individuali e si
assumono svariate modalità tra cui studio, corsi in aula, affiancamento, assegnazioni…

LA GESTIONE DELLA COMPLESSITÀ


Molte scelte di organizzazione sono utilmente osservabili come scelte volte a fronteggiare la complessità
dell’impresa. Essa è definita dal”volume di informazioni da raccogliere e da laborare ossia il volume di
decisioni da prendere durante lo svolgimento di un’attività”

I FATTORI CHE DETERMINANO LA COMPLESSITÀ DI UN’IMPRESA


I fattori che determinano la complessità di un’impresa sono:
- la numerosità degli elementi da governare (le linee di prodotto, i mercati, le tecnologie, le aree, ecc.),
- la disomogeneità degli elementi,
- la variabilità degli elementi,
- l’interdipendenza che lega gli elementi e la pressione sui risultati (il livello dei risultati che si devono /
vogliono raggiungere): Pressione esterna, (derivante dalla concorrenza, dalla capogruppo, dalle leggi, ...),
Pressione interna (derivante dalle scelte del top management).

GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLA COMPLESSITÀ


La complessità può essere gestita secondo logiche e modalità differenti in base al livello di complessità
affrontato:

- Livello di complessità 1
è il livello della complessità nulla (nella realtà concreta non esistono aziende di questo tipo). È un’azienda che
si configura come la sequenza di nuclei di attività perfettamente conosciuta e stabile sia nei nuclei che la
compongono sia nelle relazioni che li regolano
- Livello di complessità 2
è il livello di complessità tipico delle piccole imprese di monoprodotto e monomercato operanti in un contesto
relativamente stabile. L’azienda si configura come una sequenza di nuclei di attività nei quali si manifestano
eccezioni che sono molto poco frequenti

- Livello di complessità 3
è il livello della complessità media e alta ed ad esso sono riferibili le aziende che hanno superato la soglia
delle dimensioni piccole e della strategia monoprodotto e monomercato che non si trovano nelle situazioni di
diversificazione marcata combinata ad alta pressione competitiva. Lo schema dell’azienda è una sequenza di
nuclei di attività più articolata e nella quale si manifestano eccezioni frequenti e di varia criticità

- Livello di complessità 4
si definisce come il modella della complessità alta ed altissima. È il livello delle aziende nelle quasi tutte e sei
le variabili che definiscono la complessità si manifestano con gradi elevati o elevatissimi.
Le scelte di aggregazione internazionale
DUE FENOMENI DIFFUSI
- La varia estensione dei confini degli istituti: molti di questi includono nei propri confini combinazioni
economiche che potrebbero essere svolte in altri istituti o viceversa.
- le relazioni istituzionali tra più instituiti: esse non sono solo relazioni di scambio condotte secondo le regole
del mercato, sono anche relazioni nelle quali si condividono scelte di governo economico e risultati
economici.

LE FORME DI AGGREGAZIONI IN SINTESI


Due (o più) istituti (M, N, ...) possono giudicare vantaggiosa un’integrazione.
A seconda delle circostanze, sceglieranno una delle seguenti opzioni:
1. M e N rimangono due unità giuridicamente indipendenti e interagiscono secondo le regole di mercato (non
si attua l’integrazione)
2. M e N formano un aggregato:
- formano un aggregato monoaziendale fondendosi in una sola unità giuridica
- formano un aggregato interaziendale dove M e N rimangono unità giuridicamente distinte

Quando M e N scelgono di formare un aggregato interaziendale possono percorrere una delle seguenti vie:

A) M e N si uniscono mediante relazioni di capitale di rischio (formazione di un gruppo, scambio di


partecipazioni, joint ventures, ...)
B) M e N si uniscono mediante contratti e strutture comuni che hanno impatto sui diritti di proprietà
(consorzi, reti in franchising, alleanze strategiche, ...)
C) M e N non compiono mosse formali, ma adottano taciti comportamenti di forte integrazione che si
sovrappongono ai meccanismi di mercato.

LE FORME DI AGGREGAZIONE E DI DISAGGREGAZIONE


Gli aggregati aziendali (monoaziendali e interaziendali) possono essere spiegati come frutto dell’agire di:
- forze che spingono le aziende ad aggregarsi;
- forze che ostacolano l’aggregazione o che spingono gli aggregati a disaggregarsi;
- condizioni di contesto che possono fungere da facilitatori o da ostacoli all’aggregazione.

LE FORZE AGGREGANTI
1. Forze di aggreganti di tipo economico-tecnico
- le economie di scala;
- le economie di raggio di azione;
- l’integrazione delle competenze distintive;
- le economie di transazione;
- la condivisione dei rischi;
- le rendite monopolistiche;

2. Forze di aggregazione di altra natura


- le reti di relazioni sociali;
- l orientamento delle persone al dominio;
- le relazioni di solidarietà e di affinità politica.

LE FROZE DISAGGREGANTI
1. Forze disaggreganti di natura economica tecnica
- l’altra complessità organizzativa;
- il fabbisogno di differenziazione degli orientamenti manageriali;
- il rischio di erosione delle conoscenze e delle competenze distintive;
- la separazione dei rischi;

2. Forze disaggreganti di altra natura


- l’orientamento delle persone all’indipendenza e alla competizione;
- le divergenze di valori e interessi.

I FATTORI AMBIENTALI
In base a quali sono possono giocare a favore o sfavore:
- sistemi di comunicazione e di trasporto;
- i mercati capitali;
- la normativa economica, in particolare la normativa antitrust e la normativa fiscale;
- la cultura economica e politica prevalenti, più o meno favorevoli alle grandi imprese o ai grandi gruppi.
I TIPI DI AGGREGAZIONE AZIENDALI
Gli aggregati interaziendali sono:
- I gruppi economici composti da: gruppi privati e aziende di produzione, Joint venture, gruppi di gestione
patrimoniale familiari;
- Le associazioni formali di aziende, ovvero i consorzi, cartelli, franchising, licenze, connessioni, accordi
quadro, associazioni di categoria, associazioni di aziende di consumo;
- Le associazioni informali di aziende, ovvero le reti di subfornitura, costellazioni, distretti e intese normative
varie.

Gli aggregati intra-aziendali: sono pluralità di combinazioni economiche, aggregate in una stessa entità
giuridica. Le fattispecie ricorrenti sono: le aziende multiunità (più stabilimenti, filiali, uffici, ecc.,
relativamente autonomi) e le aziende integrate verticalmente – aziende diversificate.
Le scelte di assetto istituzionale
INCERTEZZA, LIBERTÀ EQUITÀ
Le scelte di assetto istituzionale determinano la configurazione fondamentale di un istituto, in quanto portano
a decidere:
– chi ha il diritto e il dovere di governare l’istituto, fissandone gli obiettivi, prendendo le scelte ultime,
decidendone l’eventuale cessazione;
– chi ha il diritto-dovere di ricevere i risultati reddituali dell’istituto e di disporre del patrimonio dello stesso;
– come si configurano gli organi di governo economico e di controllo del governo economico;
– se e con quali altri istituti si instaurano relazioni “istituzionali”.

• I sistemi economici sono molto complessi, dinamici, incerti, ambigui; in molti aspetti sono sistemi poco
trasparenti.
• In tali contesti è impossibile decidere e valutare con precisione quali sono i contributi e quali le ricompense
di ciascun soggetto.
• I vari soggetti si presentano con differenti competenze, valori, energie, propensioni al rischio, patrimoni
economici e relazionali, basi di potere.
• Gli assetti istituzionali devono essere progettati in modo tale che:
a. sia favorita la massima libertà e varietà di espressione delle persone; b. si produca un senso di sostanziale
equità;
c. il costo delle soluzioni adottate sia contenuto

I DIRITTI DI PROPRIETÀ NELLE IMPRESE


Assegnare i diritti di proprietà in un istituto significa decidere a chi spettano i diritti di:
– governare l’istituto fissandone gli obiettivi e prendendo le decisioni ultime, inclusa l’eventuale decisione di
cessazione della vita dell’istituto;
– ricevere i risultati reddituali dell’istituto e disporne;
– disporre della destinazione del patrimonio dell’istituto nel corso del suo svolgersi e in occasione
dell’eventuale cessazione.

L’impresa nella quale i diritti di proprietà fanno capo ai conferenti di capitale di rischio viene qualificata come
“impresa capitalistica”; essa è la forma dominante, ma non mancano insiemi, talvolta numerosi, di assetti
proprietari differenti.

I COSTI DEL MERCATO E DELLA PROPRIETÀ


- Impostazioni di tipo contingency;
- i diritti di proprietà fanno capo ai patron, cioè a una delle categorie di persone che interagiscono con
l’impresa
- Ciascun patron sostiene costi di market contracting (forza contrattuale, investimenti specifici e asimmetria
informativa) e costi di ownership (costi di monitorino, costo delle decisioni collettive e costi del rischio)
- Costi di market contrattino + Costi di ownership = Costi di transazione

• La soluzione più efficiente è quella che minimizza il totale dei costi di transazione sostenuti da tutti i patron,
ossia dei costi di ownership sostenuti dai proprietari e dei costi di market contracting sostenuti da tutti i
patron (inclusi i proprietari).

ARCHETIPI DI ASSETTI PROPRIETARI


Si identificano le seguenti classi di imprese distinte per assetto proprietario: imprese ad assetto proprietario
capitalistico, imprese ad assetto proprietario non capitalistico, imprese ad assetto proprietario misto e imprese
con diritti proprietari limitati.

- Nell’ambito del modello generale delle imprese capitalistiche si distinguono importanti fattispecie in
relazione al grado di concentrazione del capitale di rischio, alla natura pubblica o privata dei titolari di
capitale di rischio e alla distribuzione dei diritti di voto e rimunerazione;

- Nelle imprese ad assetto proprietario non capitalistico i diritti di proprietà non sono assegnati ai conferenti
di capitale di rischio, ma ad altre categorie di soggetti;

- Fra le imprese ad assetto proprietario misto, si distinguono quelle imprese nelle quali i diritti di proprietà
sono ripartiti tra i conferenti di capitale di rischio e i prestatori di lavoro;

- Nelle imprese a diritti di proprietà limitati i diritti di governo sono in misura rilevante esercitati da soggetti
esterni all’impresa.
GLI ORGANI DI GOVERNO, DI INDIRIZZO E DI CONTROLLO

LE SCELTE DELLE STRUTTURE DI GOVERNO DELLE SINGOLE IMPRESE


- Le scelte in merito alle strutture di governo delle singole imprese sono fortemente vincolate dalla
normativa vigente, ma esistono spazi decisionali a disposizione di ciascuna impresa:

• si può scegliere fra varie forme d’impresa in termini di assetto di base dei diritti proprietari (es.: soc. di
capitali, cooperativa, partnership...)
• all’interno di ciascuna macrocategoria si offrono varie opzioni (es.: fra le società di capitali, la società per
azioni o la società a responsabilità limitata)
• per ciascuna forma giuridica la scelta degli organi da attivare è parzialmente libera
• ciascun organo può essere progettato con una certa libertà
• si dispone di ampi gradi di libertà nella realizzazione delle modalità di interazione con le rappresentanze
dei diversi portatori di interessi.

Processo decisionale:
- decidere quale strategia si vuole realizzare
- dedurre quali sono i contributi necessari
- valutare quale tipo di rapporto va instaurato con i fornitori dei vari contributi
- stimare a quali condizioni i soggetti sono disposti a partecipare
- valutare, nell’ambito delle scelte giuridicamente fattibili, quelle più accettabili sul piano culturale e in
termini di legittimazione
- compiere le scelte di assetto proprietario di base, forma giuridica, insieme di organi di governo e controllo,
di composizione di funzionamento degli stessi

GLI ASSETTI DI GOVERNO DEGLI AGGREGATI INTERNAZIONALI


A livello di aggregati aziendali occorre decidere quali organi e quali meccanismi attivare per governare
unitariamente l’aggregato. Occorre contemperare secondo equità le attese di tutti i soggetti, combinando i
loro contributi in un disegno di sviluppo condiviso ed efficace. Gli strumenti di governo utilizzabili sono di
varia natura (ad es.: impegni espliciti di cooperazione, sistemi centralizzati di pianificazione e di
programmazione, etc.).
La strategia
DEFINIZIONE DI CHANDLER
- La definizione dei fini e degli obiettivi di lungo termine, lo sviluppo delle attività e l’allocazione delle
risorse necessarie per raggiungere tali obiettivi.

DEFINIZIONE DI ASOFF
- L’insieme di obiettivi, scopi o fini e delle principali politiche e piani operativi per raggiungere tali fini,
espressi in modo da definire il business in cui l’impresa opera o dovrà operare.

ELEMENTI COMUNI ALLA DEFINIZIONI DI STRATEGIA


- Definizione di obiettivi di lungo termine;
- Condivisione e pervasività nell’azienda degli obiettivi strategici
- Pianificazione e sviluppo di azioni dirette a orientare la gestione verso gli obiettivi e la creazione del valore
- acquisizione e allocazione delle risorse necessarie.

PROBLEMATICHE DECISIONALI
- In quali mercati e/o settori operare.
- In che modo confrontarsi con la concorrenza.
- Come dare attuazione alle diverse funzioni che compongono il circuito degli investimenti
(approvvigionamento, produzione e vendita).

IL SISTEMA DELLE DECISIONI AZIENDALI


(dall’alto verso il basso)
- Decisioni strategiche: scelte di lungo periodo che per natura hanno
un elevato grado di complessità, richiedono un considerevole
impiego di risorse e non sono facilmente modificabili.
- Decisioni tattiche: scelte che riguardano le modalità di utilizzazione
dei fattori della produzione.
- Decisioni operative: scelte necessarie per procedere alla
concretizzazione della strategia aziendale.

LE POLITICHE AZIENDALI
Insieme organico di decisioni, di obiettivi e di azioni
che si concretizzano in singole aree funzionali
dell’azienda al fine di attuare obiettivi di ordine
superiore = ogni politica è parte della più ampia
strategia aziendale.

DALL’INTENZIONE DELLA STRATEGIA ALLA


STRATEGIA REALIZZATA
-La non controllabilità di tutte le variabili esogene ed
endogene all’azienda porta all’intuizione che la
strategia è spesso la sintesi di risultati non
programmati dall’impresa = viene separato il concetto
di strategia realizzata dall’intenzione strategica.

INTENZIONE STRATEGICA: Assunzione, da parte dell’alta direzione aziendale, di un disegno di sviluppo


dell’impresa fondato su un sistema di obiettivi particolari in grado di orientare le successive decisioni.
STRATEGIA DECISA: Parte, più o meno ampia, dell’intenzione strategica che la valutazione degli aspetti
interni all’impresa e di quelli ambientali mostra conveniente sviluppare, dopo averne abbandonato o rimosso
un’altra parte.
STRATEGIA REALIZZATA: Risultante di quella parte di strategia concepita, e talvolta esplicitata in piani, che
l’impresa riesce a sviluppare e di quella parte della strategia emergente sulla spinta di fattori inattesi,
originatisi all’interno o all’esterno dell’impresa.
MODELLI DI ANALISI DEL SISTEMA DELLE STRATEGIE AZIENDA
- Modello di analisi strategica a livelli gerarchicamente ordinati (modello anglosassone);
- Modello della formula imprenditoriale (modello italiano)

Lo studio delle strategie aziendali individua due principali gruppi decisionali:


- azienda nel suo complesso;
- singole aree strategiche di affari.

- ASA = area Strategica d’Affari = combinazione prodotto-mercato-tecnologia che identifica un sottosistema


aziendale strategicamente rilevante e relativamente autonomo.
- SETTORE =insieme delle aziende che competono negli stessi mercati con prodotti simili.
- RAGGRUPPAMENTO STRATEGICO = gruppi di aziende che seguono strategie simili, caratterizzandosi per
un analogo posizionamento.

LE STRATEGIE DI CORPORATE
L’azienda è la materializzazione del sistema delle idee. L‘ idea di impresa nei fatti prende forma e si articola
nella formula strategica attuale. Essa costituisce ciò che l’azienda è, nonché lo schema e il modello generale di
funzionamento dei suoi processi gestionali.
Il perno delle strategie a livello aziendale è costituito dalla definizione della formula strategica attuale, della
formula strategica del domani, dei tempi e delle modalità per arrivarci.

COME FUNZIONA QUESTA STRATEGIA?


1. L’azienda definisce una proposta:
- COMPETITIVA, rivolta all’ambiente competitivo nel
quale opera o prevede di operare;
- SOCIALE, che interessa gli attori sociali e la
comunità di rifermento.

2. per poter realizzare la propria proposta competitiva e sociale organizza e combina un insieme di risorse e
compone in processi una serie attività. Queste azioni strategiche vengono analizzate in una prospettiva
economico-finanziaria.

SCHEMA LA FORMULA STRATEGICA

Valutazione della formula


strategica
ANALISI SWOT

DALLE STRATEGIE DI CORPORATE A QUELLE DI BUSINESS


Le strategie di portafoglio a livello corporate definiscono in quale o in quali aree di business l’azienda intende
competere e, collegandosi sistematicamente alle altre strategie di corporate, qualificano la distribuzione delle
risorse e le relazioni sinergiche tra le diverse aree strategiche di affari. Le strategie di business hanno
l’obiettivo di definire come competere all’interno del o dei business.

CINQUE FORZE COMPETITIVE

LE STRATEGIE COMPETITIVE
-Leadership di costo: si ottiene quando l’impresa riesce
a organizzarsi e a dare vita a modelli gestionali tali per
cui i suoi costi cumulativi per generare tutte le attività
generatrici di valore sono più bassi di quelli dei suoi
concorrenti. Conferisce all’azienda la capacità di
strutturare processi diversi e meno costosi dei propri
rivali, così che riesce a ottenere margini operativi
complessivi più alti rispetto a quelli del settore;
-Differenziazione: mira a generare una superiorità dei
margini operativi complessivi sfruttando i caratteri di
significativa superiorità dei prodotti offerti ai clienti. In
virtù di questa unicità e superiorità, i clienti sono
disposti a offrire maggiori prezzi.

LA CATENA DEL VALORE


LA MATRICE BCG (matrice Boston Consulting Group)

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