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L’attività economica si manifesta prioritariamente nel lavoro ed è svolta dalle persone e per le persone,
persone che si uniscono in società umane.
Ogni teoria economica è fortemente influenzata dalle ipotesi circa la natura delle persone e dei gruppi di
persone → le persone sono spinte da motivazioni non solo economiche e non solo egoistiche e sono membri di
società umane. Sul piano concettuale ciò significa elaborare una teoria economica aziendale intrinsecamente
multidisciplinare, una teoria che ingloba contributi di psicologia, sociologia e etica; sul piano pratico significa
tentare di produrre una teoria che aiuti concretamente a comprendere e a guidare l’attività economica in
armonia con i valori delle persone e delle società umane.
Le persone inoltre sono membri di istituti: le famiglie (prestano del denaro alle imprese e lavorano per loro in
cambio di una retribuzione che permette loro di acquistare beni e servizi. Inoltre prestano del denaro allo
stato ma, allo stesso tempo pagano tasse, imposte e prestiti), le imprese (producono beni e servizi grazie al
lavoro delle famiglie, ottengono prestiti dallo stato e pagano imposte, tasse e prestiti), lo stato (presta denaro,
produce dei servizi di pubblica utilità e amministra le tasse, imposte e i prestiti) e gli istituti no profit.
I BISOGNI
Il bisogno è un’esigenza di un bene necessario agli scopi della vita, si
manifesta come un desiderio e rappresenta un senso di mancanza →
ogni teoria economica si fonda su una teoria di bisogni: la teoria
economica trae da altre discipline le conoscenze sui bisogni delle
persone e ne elabora gli aspetti rilevanti per l’attività economica di
produzione e di consumo.
Essi si dividono in: naturali e sociali, e in essenziali (primari) e
voluttuari (secondari).
I bisogni naturali sono suscitati dalla componente biologica delle
persone (alimentazione, riposo), sono universali mentre i bisogni
sociali indicano i bisogni sociali, etici, estetici e religiosi, sono quindi
bisogni suscitati dalla sfera spirituale delle persone.
I bisogni essenziali rappresentano i bisogni primari mentre quelli voluttuari sono influenzati dalle mode e dal
formarsi di gruppi.
Si pongono in gerarchia (in relazione ai redditi disponibili, ai gusti e alle preferenze → l’ordine è abbastanza
rigido per i bisogni e per i redditi più bassi), sono dinamici (in quanto variano nel tempo).
* nelle imprese le scelte di volumi e di qualità dei beni da produrre sono basate sulle ipotesi riguardanti i
bisogni dei clienti intermedi e finali.
I BENI
I beni economici sono le merci e i servizi utili per il soddisfacimento dei bisogni delle persone e sono scarsi
rispetto alle esigenze delle persone.
I beni non economici o liberi non sono scarsi, sono liberamente disponibili in quantità e in qualità sufficienti
rispetto alle esigenze di tutte le persone che ne sentono il bisogno.
L’ATTIVITÀ ECONOMICA
L’attività economica (produzione e consumo di beni economici) si svolge mediante varie classi di operazioni:
1. Operazioni di trasformazione tecnica (fisica, spaziale, logica) delle materie prime, degli impianti, dei dati
e delle conoscenze → imprese manifatturiere: apprestamento di impianti; imprese commerciali trasporto;
imprese assicurative: posizioni di debito/credito; famiglie: conservazione e produzione di bei alimentari.
2. Operazioni di negoziazione di beni privati (alimenti) e pubblici (erogati dallo stato), lavoro (prestato dalle
persone), capitali (di prestito e di rischio) e coperture di rischi (contratti di assicurazione).
3. Operazioni di configurazione e di governo degli istituti: configurazione dell’assetto istituzionale,
organizzazione, rilevazione e informazione
La produzione economica (produzioni di merci e servizi, svolgimenti di classi di negoziazioni) non è il fine
dell’impresa ma la funzione caratteristica che svolge nelle economie di mercato → il fine è la produzione di
remunerazioni del lavoro e del capitale di rischio. Esso è perseguito dalle due categorie di persone che hanno
il massimo rilievo per la formazione e per il governo dell’impresa = prestatori di lavoro e conferenti di
capitale proprio.
LE CONDIZIONI DI PRODUZIONE
L’attività economica si svolge con l’impiego di condizioni di produzione (fattori di produzione → elemento o
circostanza che contribuisce a rendere possibile la produzione economica dell’impresa) quali, materie prime,
componenti e servizi forniti da terzi; immobili, impianti, macchinari e attrezzi; lavoro, terra, bei pubblici e
liberi.
Le due condizioni di produzione qualificabili come primarie sono il lavoro e il capitale di risparmio → si
tratta di condizioni di produzione fondamentali per ogni impresa e sono condizioni la cui natura e le cui
modalità d apporto all’impresa sono tali da suscitare elle persone che le conferiscono interessi economici
primari nei confronti dell’impresa.
* soggetto economico = insieme delle persone che hanno interessi economici primari nell’impresa e che
hanno il diritto-dovere di governare l’impresa stessa.
I BIAS
Comportamenti non razionali attuati da soggetti per prendere decisioni.
1. Della conferma: è una scorciatoia mentale errata nella quale si dà più rilevanza alle sole informazioni in
grado di confermare la nostre tesi iniziale (spesso quindi il confronto è sopravvalutato)
2. Euristica della disponibilità: consiste nel sovrastimare le informazioni a nostra disposizione
3. Effetto struzzo: spinge a dare maggior importanza alle sole informazioni a sostegno della propria tesi,
porta quindi a non osservare dati in contrasto con le proprie convinzioni
4. Della negatività: consiste nel dare maggior peso agli aspetti negativi rispetto a quelli positivi
5. Ancoraggio: consiste nel fare troppo affidamento sulle prime informazioni che vengono fornite
Il formarsi e il deteriorarsi di relazioni di fiducia si realizzano secondo un meccanismo tipico di profezie auto
verificanti:
Teoria X → una parte della teoria e della pratica organizzativa si fonda sull’ipotesi che i prestatori di lavoro
tendano ad applicare pratiche restrittive rispetto alle attese di comportamento espresse dall’azienda. Secondo
tale impostazione le persone attribuirebbero al lavoro un carattere puramente strumentale rispetto
all’ottenimento della retribuzione; non solo le persone minimizzerebbero lo sforzo per ottenere una data
retribuzione ma ricercherebbero coscientemente i difetti dell’assetto organizzativo che consentono
comportamenti opportunistici nel rispetto formale delle regole esplicite.
Teoria Y → si ipotizza che le persone tendano spontaneamente ad assumere responsabilità, abbiano per
natura un atteggiamento di lealtà e di impegno, si identifichino con l’azienda, con gli obiettivi e con la
professione; di conseguenza si adotta un assetto organizzativo inteso come guida al comportamento e
caratterizzato da forte delega su gli obiettivi.
L’ECONOMIA AZIENDALE
Le scienze economiche si articolano in due rami: l’economia politica, che osserva i fenomeni economici propri
dei grandi aggregati regionali, nazionali e internazionali e l’economia aziendale che osserva i fenomeni
economici nelle manifestazioni delle aziende singole, delle classi e degli aggregati particolari di aziende.
Le scienze economiche sono orientate anche all’individuazione delle alternative modalità di svolgimento
dell’attività economica e alla selezione delle modalità più convenienti nei vari contesti.
L’economia deve tendere anche a spiegare le relazioni di casualità tra le alternative soluzioni strutturali e
tecniche ed i risultati economici.
La ricerca di nuove e migliori modalità di svolgimento delle attività economiche si ispira ad una visione
dinamica dei processi economici, ossia ad una visione dei possibili continui progressi di efficienza e di
efficacia dell’attività economica.
Il concetto di innovazione delle modalità di svolgimento dei processi economici include sia le innovazioni
tecnologiche sia quelle economiche.
Il processo dinamico di innovazione delle modalità di svolgimento dell’attività economica si attiva e si svolge a
due livelli distinti: al livello delle aziende → dove si esprimono le spinte e le capacità innovative delle singole
persone, e a livello degli organi di governo dei sistemi economici regionali, nazionali ed internazionali.
L’azione coordinata in istituti che operano in contesti dinamici produce due fenomeni di grande rilevanza: la
rendita organizzativa → è il frutto della cooperazione intelligente di più persone volte allo stesso fine: il
vantaggio economico ottenuto con l’azione organizzata rispetto all’azione isolata e opportunistica. In linea di
principio, la rendita organizzativa, frutto della cooperazione, deve essere ripartita tra tutti coloro che hanno
cooperato e il risultato residuale → è il frutto della cooperazione e dell’incertezza, è quanto residua ex-post
dopo aver remunerato tutti sulla base dei patti ex-ante. Il risultato residuale può spettare a diversi soggetti in
base alla struttura di governo dell’istituto.
ISTITUTI E AZIENDE
L’economia aziendale si occupa delle quattro classi di istituti nei quali si svolge l’attività economica: famiglie,
imprese, stato e istituti pubblici, istituti no profit.
In particolare, studia l’ordine strettamente economico degli istituti, ossia l’insieme degli accadimenti
economici disposti ad unità secondo le proprie leggi.
Alle quattro classi sopra elencate corrispondo quattro classi di aziende: azienda di consumo e di gestione
patrimoniale famigliare (per astrazione distinta dalla famiglia), azienda di produzione (propria dell’istituto
economico-sociale impresa), azienda composta pubblica (per astrazione distinta dall’istituto pubblico) e
azienda nonprofit (orine economico degli istituti nonprofit).
Le quattro aziende sono accomunate dal fine generale del soddisfacimento dei bisogni umani e dal mezzo
costituito dall’attività economica → sono differenti i fini immediati (e quindi le loro strutture caratterizzate in
termini di assetto istituzionale, di combinazioni produttive, di organismo personale, di assetto tecnico e
organizzativo e di patrimonio). Per l’azienda familiare è il soddisfacimento dei bisogni dei membri della
famiglia, per l’azienda di produzione è la remunerazione per i prestatori di lavoro e per i conferenti di capitale
di rischio, per l’azienda pubblica composta è è la produzione e il consumo di beni pubblici e per le aziende
nonprofit è la produzione di rimunerazioni e la produzione e il consumo di beni.
L’economia aziendale ha per oggetto caratteristico anche gli aggregati di aziende = insiemi di aziende avvinte
da forti relazioni istituzionali che sono soggette ad un indirizzo strategico unitario di regola esplicito ma
talvolta tacito (es franchising, consorzi e distretti industriali).
LE IMPRESE
L’impresa è un istituto economico-sociale con dominanti caratteri e finalità di tipo economico → è l’istituto
fondamentale per la produzione di beni economici privati, occupa una parte rilevante nella società umana
generale e partecipa al raggiungimento del bene comune della stessa.
Il fine economico immediato dell’impresa è la produzione di remunerazioni monetarie e di altra specie.
Gli interessi economici istituzionali fanno capo di regola ai prestatori di lavoro e ai conferenti di capitale di
risparmio sotto forma di capitale di rischio → ad essi sono destinate le remunerazioni prodotti dall’impresa →
tali remunerazioni alimentano i redditi e i patrimoni delle aziende familiari.
Alle imprese fanno anche capo gli interessi economici non istituzionali → interessi dei fornitori, clienti,
finanziatori a titolo di prestito, redditi e capitali.
Le singole persone specializzate nello svolgimento di piccole sezioni di attività economica, tendono ad
aggregarsi in istituti anziché operare indipendentemente scambiandosi input e output secondo le pergole del
mercato perché, non sempre, l’integrazione attraverso il mercato comporta costi di transazioni
particolarmente elevati quando:
A. La razionalità limitata delle persone deve confrontarsi con elevati gradi di incertezza e di complessità.
B. Le minacce di comportamenti opportunistici sono particolarmente elevate ed è difficile trovare partner
alternativi per realizzare lo scambio.
In questi casi conviene passare ad una differente forma di integrazione tra le parti → le parti concordano di
aggregarsi sotto una stessa autorità entrando a far parte di uno stesso istituto i cui costi di integrazione sono
più bassi rispetto a quelli del mercato.
L’intera attività economica non si svolge nell’ambito di una sola grande organizzazione che suddivide, pianifica
e coordina l’attività di tutti i soggetti assicurando l’integrazione ottimale dei contributi perché le persone
dovrebbero essere capaci di raccogliere e integrare la grande massa di informazioni necessarie ma quello che
noi riusciamo a percepire è decisamente inferiore a quello che servirebbe per svolgere un buon lavoro.
Bisogna ricordare inoltre che tutte le informazioni che noi assimiliamo sono anche esse difficili da esprimere e
codificare, esse si riferiscono ai valori delle singole persone, ai loro bisogni, alle informazioni relative alla
configurazione delle relazioni interpersonali, e il tutto deve essere documentato nel passato, aggiornato nel
presente e proiettato nel futuro. Per tutti questi motivi ci sono stati tanti modelli economici, dove si cerca di
trovare la soluzione più adatta ma appunto perché ci sono stati tanti modelli economici man mano si adottano
sempre di più soluzioni sovra- semplificate e a causa di ciò si diffonde il senso di iniquità e svanisce la
motivazione del lavoro e tutti sappiamo quanto la concentrazione del potere nelle mani di una sola persona
possa portare a comportamenti non adatti.
I vari istituti esterni alle famiglie si differenziano in macroclassi quale le imprese, istituti pubblici e nonprofit,
questo è dovuto principalmente al formarsi di istituti differenti dalle famiglie grazie all’opportunità di
sfruttare l’efficienza e l’innovatività tipiche delle imprese che operano dei mercati, alla necessità di interventi
dello stato quando l’azione solo privata produrrebbe inefficienze ed iniquità e all’opportunità di dare spazio
ad attività organizzate ispirate anche da motivazioni altruistiche (quali solidarietà e proselitismo) nelle quali
si combinano interessi di insiemi specifici di persone.
All’interno di ciascuna macroclasse si trovano realtà differenti tra di loro a causa della presenza di una
pluralità di fattori concomitanti: ci sono fattori che spingono verso l’adozione di forme differenti:
1. Differenti caratteristiche di prodotti e di mercati
2. Ricerca di vantaggi competitivi da parte di ciascuna impresa
3. L’innovazione
4. Le differenze di competenze e di propensioni di singole persone e di gruppi di persone
Ci sono invece fattori che promuovono l’uniformità:
1. Imitazione delle forme distintive o innovative adottate da imprese di successo
2. L’adattamento a modelli di impresa giudicati normali (quindi affidabili e corretti)
3. L’uniformità e l’omogeneizzazione nel tempo e nello spazio delle regole formali
4. L’integrazione tecnica dei mercati mediante lo sviluppo delle fonti di energia, dei sistemi di comunicazione
e di trasporto
LA SPECIALIZZAZIONE ECONOMICA
Molte caratteristiche dei sistemi economici moderni sono frutto della specializzazione economica.
Un fenomeno pervasivo che si manifesta in tutte le attività umane a vari livelli:
- Specializzazione delle macroclassi di istituti → nelle imprese si svolgono i processi di produzione privati,
nelle famiglie si attuano i consumi, gli istituti della pubblica amministrazione si dedicano alla produzione e
al consumo di particolari categorie di beni e gli istituti nonprofit si collocano all’intersezione delle prime tre
macroclassi.
- Specializzazione tra gli istituti di ciascuna macroclasse → le famiglie svolgono insiemi di attività economiche
relativamente uniformi, le imprese presentano con forti gradi di specializzazione nella produzione di
particolari categorie di beni destinati a specifiche categorie di clienti e nello svolgimento di particolari classi
di negoziazioni.
- Specializzazione all’interno di ciascun istituto → le varie unità organizzative e le singole persone svolgono
compiti particolari, utilizzando speciali competenze e risorse.
LE ECONOMIE DI SPECIALIZZAZIONE
La specializzazione produce vantaggi (denominati economie di specializzazione) esprimibili in termini di:
- Riduzione dei tempi, degli sforzi e dei costi richiesti per lo svolgimento dell’attività economica → Si sviluppa la
destrezza fisica e l’invenzione di modalità più efficienti o efficaci per lo svolgimento dell’attività.
- I limiti e le non uniformi distribuzioni delle competenze individuali → nel momento in cui vengono richieste
specifiche doti per produrre un determinato bene, differenti assegnazioni produrranno differenti risultati.
- La differenziazione degli orientamenti tecnici e manageriali → a compiti specializzati corrispondono persone
con orientamenti tecnici e manageriali particolarmente focalizzati
- I costi di apprestamento e di passaggio tra le fasi → i setting, cioè i costi di apprestamento, devono essere
ben gestiti perché sono presenti sia nel momento in cui un soggetto passa da una fase all’altra, sia nel
momento il cui il soggetto si specializza in una determinata fase particolarmente complessa.
- Le differenti performance tecniche degli impianti e delle attrezzature → spesso le scelte di specializzazione
degli impianti trascinano le scelte di specializzazione del lavoro delle persone.
- L’identificazione e la motivazione del lavoro → una forte specializzazione produce effetti positivi sulla
motivazione individuale: una persona fortemente specializzata tende ad identificarsi nella sua attività e
fruisce di un senso di padronanza della situazione.
Le economie di specializzazione hanno varie origini, denominate fonti delle economie di specializzazione.
Gli istituti (in particolare le imprese) tendono a crescere dimensionalmente per poter realizzare grandi
economie di specializzazione (che sono un sottoinsieme delle economie di scala).
Questo fenomeno è rilevante per tutte le competenze e per tutte le risorse aziendali, incluse quelle
particolarmente sofisticate, complesse ed estese.
Le economie di specializzazione fanno si che la dimensione conveniente per la produzione di molti beni sia
molto superiore alla dimensione corrispondente ai consumi della singola famiglia.
La crescita dimensionale delle singole aziende può essere frenata dalle problematiche organizzative, oltre
certe dimensioni può diventare molto problematica l’integrazione delle varie parti specializzate e l’impresa
può diventare ingovernabile. Al contrario, l’invenzione di nuovi strumenti di integrazione apre la possibilità di
passare a dimensioni più ampie e di realizzare ulteriori economie di specializzazione.
Quanto maggiori sono previste le dimensioni del mercato e le potenziali economie di specializzazione, tanto
maggiori sono la disponibilità di risorse e gli incentivi per gli investimenti in ricerca e sviluppo. A loro volta,
gli investimenti in ricerca e sviluppo, producendo un’ampia conoscenza, permettono nuove forme di
specializzazione rendendo più convenienti maggiori dimensioni delle imprese e dei mercati.
TAYLORISMO
Il taylorismo è una teoria riguardante il management esposta da Frederick Winslow Taylor.
Il taylorismo prevede una rigida separazione tra la pianificazione della produzione e la fase operativa così
come un sistema di salari differenziati in base alla standardizzazione delle singole operazioni lavorative. Esso
costituisce un fondamento importante delle moderne scienze del lavoro (Management).
LA GESTIONE
La gestione è il vasto insieme di operazioni attraverso le quali l’impresa attua direttamente la produzione
economica (progetta, acquista, trasforma e vende)
- Caratteristica → legata a ciò che produce l’azienda in generale, il suo core business (varia in base alla
tipologia d’azienda)
È l’insieme delle operazioni che identificano la funzione economico – tecnica tipica di ciascuna impresa. Essa
suscita la gran parte dei costi e dei ricavi.
Essa è una gestione attiva e, quando ben condotta, produce un risultato reddituale positivo: il reddito
operativo della gestione caratteristica.
Nelle imprese manifatturiere essa si articola in : ricerca e sviluppo, acquisto delle merci e dei servizi destinati
alla produzione, fabbricazione, commercializzazione o logistica.
- Finanziaria → insieme delle operazioni volte a coprire il fabbisogno finanziario, ossia il fabbisogno di
mezzi monetari necessari per avviare l’impresa e per sostenere lo sviluppo (è comune in tutte le realtà).
Il fabbisogno finanziario nasce perché di regola, nelle imprese gli incassi derivanti dalle vendite si
manifestano successivamente ai pagamenti derivanti dagli acquisti (si copre ricorrendo al capitale proprio/
rischio → equity (dei soci/share holders/azionisti) o di prestito → debt). Essa è una gestione passiva,
comporta quindi interessi passivi sul capitale di terzi e remunerazioni del capitale proprio.
Il denaro e il suo valore nel tempo: il valore futuro del capitale è il valore presente del capitale per uno più
l’interesse elevati per il tempo VF = VP(1+i)^n → i soldi posseduti è sempre consigliabile investirli per
aumentare il loro valore.
- Patrimoniale → essa consiste nell’investimento di capitali che risultano eccedenti rispetto a quelli richiesti
dalla gestione caratteristica, al fine di trarne un reddito.
Questo investimento può consistere nell’acquisto di titoli di stato o di azioni di altre imprese. Essa è una
gestione attiva, ma talvolta può provocare perdite.
Si attua attraverso diversi tipi di negoziazione: negoziazione di capitale di prestito (investire in titoli di stato o
in obbligazioni), negoziazioni di capitale di rischio (acquisto di azioni) e negoziazioni di beni privati (acquisto
di beni da reddito o da rivalutazione).
- Tributaria → consiste nella liquidazione e nel pagamento della vasta gamma di tributi che le imprese
devono corrispondere allo stato a fronte dei beni pubblici ricevuti.
Gli oneri tributari sono suscitati sia dalla gestione caratteristica sia dalle gestioni patrimoniale e finanziaria.
Differenti scelte d’impresa determinano differenti combinazioni di livelli di tributi da corrispondere.
Essa è tipicamente passiva comportando solo oneri tributari
- Assicurativa → consiste nella copertura dei rischi particolari mediante la sottoscrizione di contratti di
assicurazione.
I rischi coperti possono derivare dalla gestione caratteristica e dalle gestioni patrimoniale e finanziario. Essa è
una gestione tipicamente passiva, che comporta il costo dei premi assicurativi e di indennizzi solo a fronte di
equivalenti danni.
Tutte le gestioni, con i loro costi e ricavi concorrono a determinare il risultato dell’impresa. Le due gestioni
attive, e le tre gestioni passive possono pesare variamente nel determinare l’utile o la perdita.
Analogamente, tutte le gestioni, con i loro pagamenti e riscossioni, concorrono a determinare i flussi monetari
complessivi dell’impresa e la sua solvibilità.
Il profilo reddituale e il profilo monetario sono strettamente connessi ma non coincidono.
L’ORGANIZZAZIONE
Si sostanzia nel disegnare la struttura organizzativa dell’impresa, nell’assegnare i compiti e le responsabilità
alle persone che vi lavorano e nel gestire i sistemi di ricompensa e di sviluppo delle persone stesse → è la base
della motivazione delle persone e dell’efficienza aziendale.
Si compone di due grandi classi di attività:
1- Progettazione dell’assetto organizzativo: progettazione della struttura organizzativa (chi deve fare cosa e
chi dipende da chi) e la progettazione dei sistemi operativi (sistemi di pianificazione e di programmazione
attraverso i quali si definiscono le strategie da perseguire e i sistemi di gestione del personale che definiscono
le regole in merito alle modalità di ingresso delle persone e la loro retribuzione).
2- Gestione dei prestatori di lavoro o la gestione del personale (messa in atto dei sistemi di ricerca e
selezione) → questi sitemi sono progettati in modo tale che l’azienda disponga sempre di un organismo
personale che per dimensione e per competenze sia adatto a svolgere le combinazioni economiche pianificate
e che le persone siano ricompensate secondo equità e siano poste in condizioni di crescere personalmente e
professionalmente.
Le operazioni di negoziazione suscitano negoziazioni di lavoro
LA RILEVAZIONE
Le operazioni di rilevazione sono attività di raccolta, elaborazione, conservazione, diffusione dei dati e delle
informazioni e servono per supportare le scelte dei decisori sia interni sia esterni dell’azienda → sono
destinate a due insiemi di utilizzatori: le persone che operano all’interno dell’impresa e che devono prendere
decisioni e le persone e gli istituti che portano interessi nei confronti dell’impresa e che quindi necessitano di
informazioni per decidere come attivare e sviluppare i rapporti con l’impresa.
Si compone di parti dominate: contabilità generale, contabilità analitica e sistemi informativi direzionali.
LE NEGOZIAZIONI
Tutte le classi di attività (progettazione degli assetti, gestione, organizzazioni e rilevazione) comportano lo
svolgimento di attività interne e di attività esterne (ossia di relazioni con altri istituti). Tra le attività esterne
sono di primaria importanza le negoziazioni che servono per acquisire le condizioni di produzione e per
cedere i prodotti e le condizioni di produzione. Le grandi classi di negoziazione svolte dalle imprese sono:
negoziazioni di beni privati e pubblici, di lavoro, di capitale di rischio e di prestito, di rischi particolari.
Le negoziazioni reali non si svolgono mai nelle condizioni di perfetta trasparenza, conoscenza, lealtà e di
equilibrio di potere delle parti, in altri termini, non si svolgono in condizioni di razionalità assoluta e di
mercati perfetti.
I concetti essenziali utili per una visione non troppo ingenua delle negoziazioni sono: i costi di transazione,
l’asimmetria informativa, gli investimenti specifici e la forza contrattuale → le due parti coinvolte in una
negoziazione si trovano sempre in una situazione di asimmetria informativa: gli insiemi di informazioni
detenute sono differenti e ciascuna delle parti tende a tenere nascoste le informazioni che potrebbero
danneggiarlo. L’alta asimmetria informativa stimola comportamenti opportunistici, talvolta è tanto alta da
bloccare lo svolgimento della negoziazione perché una delle due parti percepisce un rischio troppo elevato di
comportamento opportunistico da parte dell’altra.
Le due parti coinvolte in una negoziazione possono presentarsi con forza contrattuale, ossia con la capacità di
influenza nei confronti dell’altra parte.
Lo stato ha la caratteristica unica di svolgere due funzioni tributarie: gestione tributaria passiva (nella quale lo
stato paga varie categorie di tributi) e la gestione tributaria attiva (mediante la quale lo stato raccoglie i
tributi → complesso di processi di determinazione,accertamento e riscossione dei tributi che dà luogo alla
raccolta di mezzi monetari tipica delle aziende composte pubbliche) → la gestione tributaria attiva può essere
intesa come gestione caratteristica delle aziende composte pubbliche.
* i tributi si classificano i base alla loro collocazione rispetto agli estremi del prezzo (il bene pubblico viene
ceduto contro importi monetari) e delle imposte.
Anche per lo stato la gestione patrimoniale si compone di operazioni di investimento e disinvestimento in beni
da reddito e da rivalutazione (beni non impiegati nella gestione caratteristica) → presuppone il risparmio o
comunque una disponibilità di risorse eccedenti (condizione che si manifesta raramente).
La gestione finanziaria ha grandissimo rilievo nelle combinazioni delle aziende composte pubbliche per via
della tendenza sistematica a posizioni di deficit di gestione.
La gestione assicurativa dello stato si svolge secondo modalità analoghe a quelle delle imprese dovendosi
coprire numerose classi di rischi particolari connessi alle varie coordinazioni e combinazioni parziali.
L’assetto istituzionale dello stato evolve e si modifica in base a quali aree deve intervenire (a favore di quali
categorie di cittadini e con quali strumenti):
- a quali forme dirette e indirette utilizzare per realizzare la produzione e l’erogazione dei beni pubblici,
- a quanto interagire (e in quali forme) con le altre pubbliche amministrazioni di pari livello,
- a come impostare il sistema fiscale in modo tale che sia equo, efficiente e corretto,
- a quali tipi di rapporti instaurare con i conferenti di capitale di prestito (scegliendo tra le forme tecniche del
prestito bancario),
- a quali rapporti configurare con i prestatori di lavoro e con le loro rappresentanze sindacali,
- a come strutturare le relazioni con i cittadini (attraverso i meccanismi di del voto e della rappresentanza
negli organi istituzionali)
Per quanto riguarda le operazioni di organizzazione e di gestione del personale, lo stato ha due grandi
differenze rispetto alle imprese: il rapporto molto speciale che si viene ad instaurare tra gli organi politici e gli
organi amministrativi e il prevalere del principio della legalità rispetto al principio di imprenditorialità.
Le operazioni di rilevazione e di informazione dello stato hanno logiche e configurazioni analoghe a quelle
delle imprese con una peculiarità: i sistemi di rilevazione e di informazione devono rappresentare anche le
dimensioni politiche e sociali degli obiettivi e dei risultati delle pubbliche amministrazioni → devono
supportare i processi decisionali misurando esplicitamente anche tali aspetti.
La fonte primaria di redditi è rappresentata dal lavoro esterno → lavoro prestato dai membri della famiglia in
aziende di produzione (anche il lavoro interno ha rilievo all’interno dell’azienda familiare).
L‘attività di consumo è l’insieme di operazioni di produzione cui si applicano notevoli volumi di lavoro
interno. Le principali operazioni sono le negoziazioni di acquisto di beni di consumo, le operazioni di
trasformazione tecnica dei beni di consumo, le negoziazioni di beni pubblici e le operazioni di pagamento.
La famiglia può essere intesa come una fabbrica di di beni complessi che sono prodotti e consumati dalla
famiglia stessa → per il bene complesso alimentazione si combinano: il tempo dedicato agli
approvvigionamenti e i beni acquistati.
I fenomeni economici e non economici tipici di una famiglia sono intimamente interconnessi → la
componente economica influenza anche le scelte di tipo non economico.
La gestione finanziaria delle famiglie è data dalle operazioni di negoziazione di credito di prestito con
formazione di debiti di finanziamento e dai connessi pagamenti e riscossioni per rimborsi e interessi → può
essere anche intesa come un insieme di operazioni che indistintamente vanno a coprire i fabbisogni monetari
non coperti per altra via.
La gestione tributaria invece si compone delle operazioni di accertamento, di liquidazione, di pagamento dei
tributi nelle loro differenti forme → si manifesta in connessione a tutte le operazioni di gestione esterna
dell’azienda familiare.
Anche nelle famiglie si svolgono significative attività di gestione assicurativa → polizze assicurative contro
furti incendi, infortuni e malattie e assicurazioni sulla vita.
In quanto istituto naturale e sociale primario, la famiglia non comporta fondamentali scelte di configurazione
dell’assetto istituzionale. In linea generale, i fini naturali, sociali e morali sono dati così come è data la
composizione dei membri che fanno parte della famiglia.
La natura della famiglia e il numero relativamente piccolo di suoi componenti non fanno mai sorgere
significativi problemi di progettazione organizzativa.
Per gran parte degli istituti nonprofit la gestione patrimoniale è del tutto trascurabile perché non i forma
risparmio e, di conseguenza, non si hanno mezzi da investire per ottenere redditi addizionali rispetto a quelli
prodotti dalla gestione caratteristica → in alcuni casi però diventa centrale(quando viene fondato un istituto
nonprofit).
Anche la gestione finanziaria assume caratteri speciali → sono significativi due caratteri: la capacità di
ricorrere a capitale di prestito è piuttosto limitata perché è limitata la capacità di garantire puntuali rimborsi e
qualora tale capacità si realizzi, gli istituti nonprofit possono godere di condizioni particolarmente
vantaggiose da parte di finanziatori che effettuano donazioni.
La gestione assicurativa si svolge in modalità analoghe a quelle adottate dalle imprese → l’incidenza
economica di questa gestione può essere particolarmente forte quando l’istituto è proprietario di grandi
patrimoni immobiliari e artistici e quando svolge la propria attività nel campo medico e ospedaliero.
Le due finalità essenziali per chi progetta gli assetti istituzionali degli istituti nonprofit sono costruire e
proteggere l’immagine di affidabilità dell’istituto e garantire alti livelli di autonomia per l’azione dello stesso.
Le operazioni relative all’organizzazione e alla gestione del personale devono essere condotte in modo tale da
realizzare buoi risultati di efficienza → le due esigenze importanti sono: tenere alta la tensione rispetto
all’efficienza e garantire nella forma e nella sostanza la massima correttezza nei comportamenti.
Le operazioni di rilevazione e di informazione devono concorrere a rafforzare l’affidabilità e l’accountability
dell’istituto.
LE RELAZIONI ECONOMICHE TRA LE VARIE CLASSI DI ISTITUTI
Le aziende sono legate tra loro da molteplici relazioni di varia natura.
L’ambiente economico in cui un’azienda opera è definito dall’insieme delle aziende con cui essa interagisce e
delle relazioni che tra le stesse si instaurano. Tra tutte le classi di aziende si dà una generale relazione di
complementarità per il comune concorso all’attuazione dei complessi processi economici di produzione e di
consumo. Le relazioni tra le aziende sono determinate anche dalla partecipazione contemporanea di ciascuna
persona alle aziende di più istituti → ciascuna persona è inclusa solo parzialmente in un singolo istituto.
Lo scambio caratterizza le economie di mercato fondate sulla specializzazione economica e sulla proprietà
privata e pubblica → scambio monetario = un corrispettivo dello scambio è moneta o credito monetario
* quando il corrispettivo è rappresentato da merci o servizi si parla di scambio non monetario o baratto.
Gli scambi si attuano tra aziende e la convenienza è riferita agli interessi e agli obiettivi dell’azienda.
Solitamente essi sono elementi di mercato → vasti insiemi di negoziazioni omogenee.
Per valutare il significato di ciascuno scambio occorre fare riferimento ai contesti aziendali ed ai contesti di
mercato in cui lo scambio si origina.
Nello scambio monetario l’azienda venditrice cede all’azienda compratrice marci o servizi in cambio di
moneta o credito monetario. La quantità di moneta ceduta è definita prezzo → valore monetario attribuito
alle condizioni di produzione e di consumo acquistate. Il prezzo unitario è il valore unitario di scambio
attribuito alle varie condizioni → prezzo-costo per l’azienda compratrice e prezzo-ricavo per l’azienda
venditrice.
La teoria dello scambio è strettamente connessa alla teoria della moneta.
Le operazioni di scambio originano varie forme di credito → avviene quando le prestazioni fondamentali delle
due aziende non sono eseguite contestualmente. Se la prestazione differita è rappresentata dal pagamento
della quantità di moneta corrispondente al prezzo complessivo si ha un credito monetario, se la prestazione
differita ha per oggetto un bene si ha un credito in natura.
Gli assetti istituzionali
IL MODELLO GENERALE PER L’ANALISI DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE
Secondo uno schema di analisi generale ogni istituto è visto come un insieme di soggetti, che offrono
contributi e che per tale motivo ricevono ricompense o traggono benefici. Nel loro insieme, tali soggetti,
configurano i portatori di interessi.
L’analisi dell’assetto istituzionale è importante per valutare la capacità di un istituto di perdurare nel tempo.
Per la vita duratura di un istituto è essenziale che si abbia Un governo unitario. Il governo d’istituto dev’essere
unitario in due aspetti:
1. I contributi di tutti i soggetti devono essere combinati secondo un disegno unitario.
2. La responsabilità delle decisioni ultime dev’essere attribuita a uno e un solo organo, secondo il principio di
unità di comando
Per la vita duratura di un istituto è essenziale un governo unitario. Il governo deve essere unitario in due
aspetti: i contributi di tutti i soggetti devono essere combinati ed organizzati secondo un disegno unitario e,
ad uno e un solo organo deve essere attribuita la responsabilità delle decisioni più ultime → si tratta di
realizzare il principio dell’unità di comando.
Ogni istituto deve essere guidato in modo tale che tutti i portatori di interessi, i loro contributi e le relative
ricompense si pongano in un sistema unitario che perduri nel tempo.
Per realizzare un efficace governo di un istituto occorre operare tre insiemi di scelte contestuali:
1. Occorre decidere a quali insiemi di soggetti assegnare il diritto e il dovere di governare
2. Occorre esplicitare a quali finalità e obiettivi debba ispirarsi l’azione del soggetto d’istituto → fini
istituzionali
3. Occorre configurare gli organi e i meccanismi di governo che consentano un’efficace azione dei soggetti
deputati a governare → struttura di governo
Combinando gli elementi descritti si può configurare la nozione di assetto istituzionale → configurazione dei
portatori di interessi nei confronti dell’istituto, dei contributi che tali soggetti
forniscono all’azienda, delle ricompense e dei benefici che ne ottengono,
del soggetto d’istituto, dei fini istituzionali e delle strutture di governo che
regolano le correlazioni tra i portatori di interessi, i contributi e le
ricompense combinandoli in un equilibrio dinamico i lungo periodo.
L’assetto istituzionale identifica i soggetti primari e le regole del gioco
fondamentali dell’istituto e dell’azienda → l’assetto istituzionale è
l’elemento sovraordinario della struttura dell’azienda. Le scelte in materia
di soggetto di istituto e di strutture di governo sono determinanti per attivare rapporti costruttivi con tutti i
portatori di interessi.
LO SCHEMA GENERALE
Il punto di partenza di ogni analisi degli assetti istituzionali consiste nell’individuazione dei portatori di
interessi e nella rappresentazione dei rapporti che ciascuna categoria di portatori di interessi instaura con
l’istituto.
Occorre: (1) identificare con cura tutti gli insiemi rilevanti di soggetti e imparare a distinguere i sottoinsiemi
che hanno relazioni sostanzialmente differenti con l’istituto, (2) evidenziare i contributi e le ricompense
ricordando che di regola ciascun soggetto fornisce una pluralità di contributi e si aspetta una pluralità di
ricompense e (3) chiarire quali tipi di contratti regolano il rapporto tra l’istituto e ciascuna categoria di
portatori di interessi.
I conferenti di capitale di rischio conferiscono mezzi monetari a titolo di capitale proprio soggetto al rischio
generale di impresa. I conferenti hanno diritto agli utili via via prodotti dall’impresa e possono cedere
liberamente i loro diritti vendendo le proprie quote di capitale di rischio, in caso di cessazione dell’attività
dell’azienda e di liquidazione della stessa, ciascun conferente di capitale di rischio ha diritto ad una quota del
patrimonio.
I conferenti di capitale di rischio si aspettano una rimunerazione composta da due parti: la liquidazione
periodica degli utili e un guadagno in conto capitale rappresentato dalla differenza tra quanto conferito e
quanto realizzato al momento della cessione delle proprie quote → la rimunerazione del capitale di rischio è
incerta e può configurarsi anche in forma di perdita.
Le attese tipiche dei conferenti di capitale di rischio sono: una rimunerazione del capitale di rischio
soddisfacente, un adeguato livello di liquidità di investimento, la possibilità di influenzare e di controllare
efficacemente i comportamenti delle persone che esercitano il governo dell’impresa.
Esistono differenti fattispecie di conferenti di capitale di rischio perché i relativi insiemi di attese possono
assumere configurazioni differenti:
- Negoziabilità delle quote di capitale di rischio in mercati regolamentati
- Numerosità dei conferenti di capitale di rischio
- Natura giuridica dei conferenti di capitale di rischio
- Partecipazione diretta o indiretta dei conferenti di capitale di rischio agli organi di governo economico
dell’impresa
- Il grado di concentrazione del rischio del soggetto che ha investito gran parte del proprio patrimonio
- Appartenenza dell’impresa ad un gruppo di imprese e la sua posizione di controllante o di controllata
I fornitori apportano all’impresa condizioni di produzione di varia natura secondo una pluralità di condizioni
di scambio. Talvolta il rapporto si esaurisce in un singolo scambio o in pochi scambi ripetuti raramente nel
tempo; più spesso tra cliente e fornitore si svolgono scambi ripetuti e frequenti nel tempo e si instaurano
relazioni stabili complesse che includono forme di collaborazione nello sviluppo di know-how tecnologico e
commerciale. Le relazioni stabili tengono a produrre alti livelli di conoscenza reciproca e di fiducia tra le parti.
Le attese dell’impresa cliente sono: qualità del bene corrispondente alle proprie esigenze e stabile, prezzo
contenuto e tempi di pagamento non troppo brevi, consegna pronta e tempestiva, garanzie ampie e durature.
Le attese generali dell’impresa fornitrice sono: conoscenza anticipata e bassa variabilità della qualità, dei
tempi e dei volumi die beni richiesti dal cliente, continuità del rapporto di fornitura, prezzi e altre condizioni
sufficientemente rimunerativi.
Le relazioni tra clienti e fornitori assumono caratteri particolari quando: uno dei due soggetti è l’unico o
principale produttore/compratore del bene in oggetto; quando una delle due parti ha effettuato investimenti
specifici per attivare la relazione di fornitura e quando tra le parti esiste una forte asimmetria informativa.
I conferenti di capitale di prestito apportano mezzi monetari che sono messi a disposizione dell’impresa per
un dato periodo di tempo a fronte dell’impegno di rimborso del capitale e di pagamento di interessi nella
misura e negli impegni stabiliti.
Le attese dell’impresa che ricorre al capitale di prestito sono: condizioni generali favorevoli e allineate alle
condizioni di mercato, varietà e flessibilità delle modalità di finanziamento in relazione alle proprie esigenze
specifiche, supporto tecnico per la scelta delle forme di finanziamento più convenienti, disponibilità da parte
dei finanziatori ad una relazione duratura e di sostegno sia nelle fasi di rapida crescita che nelle eventuali fasi
di difficoltà.
Le differenti categorie di conferimenti di capitale di prestito hanno attese differenti ma, in generale, sono
interessate alla trasparenza dell’impresa finanziata, alla solidità patrimoniale, alla sua redditività e alla
capacità di produrre flussi di cassa sufficienti per rimborsare puntualmente il capitale e pagare gli interessi.
Il rapporto tra l’impresa e il conferente di capitale di prestito assume caratteri speciali in due circostanze:
quando il finanziatore ha investito una quota molto rilevante delle proprie disponibilità nell’impresa di
riferimento e quest’ultima si trova in tensione reddituale e quando la forma tecnica del finanziamento prevede
la possibilità che il prestito si trasformi in capitale di rischio.
Le imprese di assicurazione coprono rischi particolari delle imprese clienti a fronte di premi. Il contenuti del
rapporto varia in relazione al grado di prevedibilità dei possibili sinistri → da un lato possiamo avere rischi
standard, dall’altro possiamo avere rischi speciali per i quali è particolarmente difficile sia prevedere ex ante
la possibilità del verificarsi del sinistro, sia valutare ex post l’entità economica dello stesso.
In queste situazioni di alta incertezza si manifestano con particolare evidenza due forme di comportamento
opportunistico: selezione avversa → ex ante, tendono ad assicurarsi i soggetti che sanno di essere ad alto
rischio e che confidando di poter tenere nascosta questa loro condizione, puntano a pagare premi standard e
l’azzardo morale → ex post, in caso di sinistro l’assicurato, approfittando della difficoltà di accertamenti
oggettivi, tende ad esagerare la valutazione del danno per ottenere un rimborso particolarmente elevato.
I clienti acquistano i beni prodotti dall’impresa e gestiscono il loro rapporto secondo le molteplici condizioni
dello scambio. Le relazioni che perdurano nel tempo, la cooperazione nello sviluppo del know how tecnico e
commerciale, le asimmetrie di potere contrattuale.
La numerosità, l’intensità e la stabilità dei rapporti con i clienti → patrimonio commerciale, rappresenta una
parte fondamentale del patrimonio di tutte le imprese perché molte imprese compiono grandi investimenti in
attività specificamente destinate a consolidare e a sviluppare l’insieme di tali rapporti.
Gli alleati istituzionali sono le imprese partner in aggregati quali i gruppi di imprese, i consorzi, le joint
ventures, i cartelli e le reti di franchising.
Moltissime imprese fanno parte di molteplici alleanze e, di conseguenza, devono gestire una molteplicità di
relazioni con alleati istituzionali → queste relazioni spesso hanno un peso determinante nelle scelte
strategiche delle imprese.
I concorrenti attuali sono le imprese che offrono prodotti analoghi a quelli della nostra impresa in mercati nei
quali essa opera. Ciascuna impresa deve gestire attentamente le relazioni con le imprese concorrenti tenendo
presente che in linea di principio è interesse di tutti i concorrenti che la competizione si leale: che non sono
rari i casi in cui ai concorrenti conviene allearsi per realizzare specifici obiettivi quali l’emanazione di una
certa normativa o la realizzazione di progetti comuni e che in particolari settori è opportuno che la
concorrenza sia temperata per salvaguardare i clienti e la collettività da possibili effetti indesiderati della pura
concorrenza.
Lo stato è sempre legato alle imprese da una molteplicità di rapporti che danno luogo a differenti insiemi di
contributi, di ricompense e di attese.
Un primo rapporto generale è quello che vede lo stato come produttore ed erogatore di beni pubblici come
precettore di tributi; le impese si attendono beni pubblici di alta qualità apparati statali efficienti e quindi
livello impositivo non troppo elevato, equità e correttezza del sistema fiscale. Lo stato si aspetta che le
imprese non adottino pratiche di evasione e di elusione fiscale. Un secondo rapporto è quello che deriva dal
ruolo dello stato quale regolatore del comportamento delle imprese mediante l’emanazione di norme e la
gestione delle autorizzazioni, le imprese ricercano ampi gradi di libertà in un contesto di norme chiare ed
applicate uniformemente; lo stato si attende il rispetto formale e sostanziale delle norme. Un terzo rapporto
tra stato e imprese si manifesta quando lo stato funge da dispensatore di incentivi finanziari e fiscali; lo stato
offre tali incentivi per realizzare particolari manovre di politica economica e si attende che siano utilizzati in
tale direzione; le imprese si aspettano che le discromie affrontate per realizzare i fini dello stato siano coperte
dallo stesso secondo equità. Infine per moltissime imprese lo stato è un cliente di grande rilevanza ; un cliente
speciale che opera secondo logiche differenti rispetto a quelle dei clienti-imprese; si tratta di rapporti molto
delicati che dovrebbero essere gestiti con i massimi gradi di trasparenza e correttezza.
Le collettività locali instaurano relazioni particolarmente significative con le imprese che hanno un ruolo
economico molto rilevante. La collettività si attende benessere mentre l’impresa si attende livelli
particolarmente elevati di impegno e di fedeltà delle persone che vi lavorano, contesti sociali, politici e
infrastrutturali favorevoli alla propria azione.
L’assetto istituzionale può essere significativamente qualificato da forme di relazioni interaziendali → sono più
rilevanti le relazioni derivanti da rapporti di parentela.
Importanti sono le relazioni tra le famiglie e le imprese (o altri istituti) presso i quali i membri della famiglia
prestano lavoro. Importanti sono i rapporti anche cono lo stato e con le imprese alle quali la famiglia si rivolge
per ottenere beni privati e capitale di prestito.
Molte famiglie ricorrono anche alla collaborazione di prestatori di lavoro per lo svolgimento di lavori
domestici, per attività di assistenza e di educazione dei membri della famiglia e per il supporto della gestione
patrimoniale.
Le amministrazioni statali fanno ricorso al debito pubblico per coprire i propri deficit e le quote di risparmi
dei cittadini sono investite in forma di conferimenti allo stato di capitale di prestito.
Un sistema di attese speciale e critico è quello che lega lo stato alle entità parziali e locali nelle quali si
articola e alle organizzazioni politiche internazionali → queste relazioni sono critiche perchè si muovo ingenti
flussi di mezzi monetari e perchè tutti gli interventi pubblici si possono realizzare solo con il consenso e il
contributo di numerosi soggetti pubblici.
I soci fondatori e i principali finanziatori hanno particolare interesse a tutelare certe parti del patrimonio
artistico e ambientale → per soddisfare tale bisogno sono disposti a conferire mezzi monetari e energie
personali.
La collettività valuta positivamente gli interventi realizzati e programmati da questo istituto e lo stato si fa
interprete di tale apprezzamento fornendo contributi in varie forme → la collettività e lo stato si aspettano
che le risorse fornite siano utilizzate esclusivamente per le finalità dichiarate con la massima efficienza e
trasparenza.
Tutti i soggetti condividono un’attesa di fondo derivante dalla natura stessa dell’istituto = che nessuno possa
appropriarsi dei risultati reddituali dell’istituto o disporre a proprio vantaggio del suo patrimonio.
I concorrenti degli istituti nonprofit sono tutti gli istituti che svolgono attività analoghe per finalità e che
competono per le stesse risorse.
Il sistema di interessi convergenti
L’INTEGRAZIONE DINAMICA DEI CONTRIBUTI COME CONDIZIONE DI ECONOMICITÀ
L’integrazione tra i diversi portatori di interessi è condizione necessaria per garantire agli istituti una vita
economica duratura → Condizione di economicità. L’integrazione dinamica dei contributi dei vari soggetti è
caratterizzata per:
Vantaggi ottenibili dall’integrazione → consideriamo un’impresa ideale nella quale tra i soggetti sono
instaurate relazioni di fiducia e di cooperazione:
- Bassi costi di transazione con i soggetti esterni
- Bassi costi di coordinamento interno
- Bassi prezzi - costo degli input
- Migliore qualità, personalizzazione e flessibilità degli input
- Elevato impegno di tutti i soggetti
- Maggiore soddisfazione dei bisogni di socialità
- Processi di apprendimento collettivo
Per cercare di realizzare l’obiettivo dell’integrazione si agisce su vari insiemi di leve che sono comuni a tutti gli
istituti:
1. Assegnazione del diritto-dovere di governo dell’istituto ad un insieme di soggetti che esercitano tale ruolo
→ si formano gli organi massimi di di governo degli istituti che fissano linee guida, prendono decisioni e
guidano il comportamento delle persone coinvolte
2. Assegnazione ad un insieme di soggetti del diritto-dovere di percepire i risultati residuali dell’istituto
positivi o negativi che siano
3. La progettazione e l’attuazione dell’assetto organizzativo per guidare il comportamento delle persone
interne all’istituto. In particolare si tratta di:
- Definizione degli organi massimi di governo
- Favorire la socializzazione delle persone che lavorano nell’istituto
- Definizione dei soggetti cui attribuire i risultati residuali
- Progettazione attenta dell’assetto organizzativo
4. La scelta e la messa in atto dei meccanismi di integrazione con i soggetti esterni all’istituto, si tratta di:
- Contratti definiti in forma chiara e compiuta
- Sistemi di comunicazione esterna destinati a rendere noto e trasparente l’istituto
- Sistemi di controllo da parte dell’istituto nei confronti dei soggetti esterni
- Stipulazione di alleanze
- Formazione di meccanismi e di strutture attraverso i quali i soggetti esterni possono influenzare e
controllare il comportamento degli organi massimi di governo dell’istituto.
Tutto quanto presuppone un’attenta analisi dei potenziali contributi e delle attese di tutti quanti i soggetti
messi a confronto con le alternative strategiche dell’istituto e la formulazione delle strategie integrate che
configurano le soluzioni più sinergiche di soggetti contributi e ricompense.
I fini istituzionali coincidono con le attese primarie delle persone che compongono il soggetto d’istituto, essi si
denominano anche interessi istituzionali (gli interessi degli altri sono considerati interessi non istituzionali).
In tutti gli istituti convergono interessi sia economici sia non economici.
Si configurano pertanto quattro classi di interessi convergenti negli istituti:
- Interessi istituzionali economici
- Interessi istituzionali non economici
- Interessi non istituzionali economici
- Interessi non istituzionali non economici
L’insieme dei portatori di interessi istituzionali (economici e non) forma il soggetto d’istituto, mentre, l’insieme
dei portatori di interessi istituzionali economici forma il soggetto economico. I due insiemi coincidono quando
tutti i membri dell’istituto portano sia interessi economici sia interessi non economici istituzionali.
Si possono configurare anche i casi in cui il soggetto economico è un sottoinsieme distinto del soggetto
d’istituto; alcuni membri dell’istituto portano interessi di tipo non economico, altri anche rilevanti interessi di
tipo economico.
Ciascun istituto nella sua essenza è identificato da un bene comune e da una società di persone costituita per
il suo raggiungimento → il fine immediato dell’azienda è il soddisfacimento degli interessi economici
istituzionali che nel continuo svolgimento dell’azienda si manifestano come bene comune. Gli interessi
istituzionali sono fine immediato dell’azienda mentre gli interessi non istituzionali sono condizioni di
svolgimento dell’azienda. Al soggetto economico spettano i diritti di governo economico.
In genere, per la famiglia, il soggetto d’istituto è sempre l’insieme di tutti i membri della famiglia stessa; per lo
Stato, il soggetto d’istituto è sempre l’insieme di tutti i cittadini dello stesso cui si aggiungono i prestatori di
lavoro; per le imprese, si possono dare differenti soluzioni, di solito sono i conferenti di capitale di rischio e i
prestatori di lavoro; per l’istituti nonprofit, si danno varie soluzioni speciali tutte caratterizzate dal fatto che il
soggetto d’istituto gode del diritto-dovere di governare l’istituto ma non del diritto di appropriarsi dei risultati
residuali o di disporre del patrimonio di istituto.
Nel caso dello Stato e delle sue articolazioni, di regola i cittadini nominano, attraverso meccanismi elettivi, i
loro rappresentanti che formano gli organi assembleari rappresentativi e questi nominano gli organi
decisionali e di controllo. Nel caso delle imprese e degli istituti nonprofit il cui soggetto economico è
composto da due o più categorie di portatori di interessi occorre configurare due o più assemblee, una per
ciascuna categoria di portatori di interessi, che nominano i membri di un organo intermedio rappresentativo
delle due categorie che, a sua volta nomina gli organi di direzione e di controllo.
Gli interessi economici di persone di altre famiglie (con rapporti di parentela) devono considerarsi non
istituzionali, a meno che non si configuri un gruppo economico di aziende famigliari.
Il governo economico dell’azienda famigliare comporta un articolato insieme di decisioni complesse, poichè
implicano significati non solo economici (ripartizione del lavoro tra soggetti, lavoro interno/esterno, livelli di
consumo e di risparmio, modalità di impiego del risparmio, eredità e donazioni). Si tratta di complesse scelte
in merito al volume complessivo di lavoro da svolgere in vari forme da parte dei membri della famiglia,
all’organizzazione del lavoro interno e alla specializzazione economica.
Le prerogative di governo economico spettano a tutte le persone della famiglia in funzione di età, esperienza e
competenza → spesso il governo economico è delegato al “capofamiglia”, anche se molte decisioni avvengono
in forma collegiale. Non sempre il contemperamento degli interessi risulta agevole.
Il soggetto economico dell’azienda familiare è unico ed unitario, tali caratteri del soggetto economico sono
particolarmente forti a causa della natura propria dell’istituto famiglia, del piccolo numero dei suoi membri e
della notevole omogeneità degli interessi economici degli stessi.
Nel mondo occidentale la grande maggioranza delle imprese è configurata secondo il modello capitalistico,
anche se: la forma e la sostanza non sempre coincidono, alcuni ordinamenti (es Germania) prevedono
esplicitamente la partecipazione dei prestatori di lavoro nel governo dell’impresa → la disciplina della “società
europea” prevede modalità di partecipazione dei prestatori di lavoro in alcune scelte di governo delle imprese.
Quando si adotta uno schema a due classi di portatori di interessi, si manifestano due problemi: il primo è
quello della formazione degli organi decisionali di governo → la soluzione consiste nel prevedere due
assemblee che nominano i loro rappresentanti in un organo rappresentativo unitario il quale, a sua volta,
nomina i membri dell’organo decisionale di governo.
Il secondo problema è quello della determinazione e della ripartizione del risultato reddituale residuale tra le
due categorie di portatori di interessi che compongono il soggetto economico, si tratta di determinare il
risultato reddituale complessivo e di assegnare una parte dello stesso ai conferenti di capitale di rischio
assicurando loro una remunerazione adeguata.
Qualunque sia la scelta sulla struttura di governo, alcuni temi hanno svolgimento uniforme in tutte le
imprese:
- Il fine immediato delle imprese è rappresentato dalla produzione di rimunerazioni e di altre connesse
condizioni per i membri del soggetto economico
- Le prerogative di governo economico nelle imprese riguardano: scelte di assetto istituzionale (organi di
governo e loro struttura, scelte di fusioni, scorpori, concentrazioni, accordi e relazioni internazionali),
scelte di configurazione delle combinazioni produttive (oggetto sociale, dimensione, diversificazione,
integrazione e internazionalizzazione) e scelte di assetto tecnico, organizzativo e di organismo personale
- Il soggetto economico è unico e unitario
- Il principio generale di governo è quello di contemperamento degli interessi
Classificazione dell’impresa:
1. Microimprese (meno di 10 dipendenti e bilancio inferiore a 2 milioni l’anno)
2. Piccole imprese (meno di 50 dipendenti e bilancio interiore a 10 milioni l’anno)
3. Medie imprese (meno di 250 dipendenti e bilancio inferiore a 43 milioni l’anno)
Settori: primario (imprese agricole, ittiche, estrattive e zootecniche), secondario (industria, energia e
costruzioni), terziario (servizi, bancario, assicurativo e trasporti) e quaternario (informatica e telematica).
Le prerogative di governo economico si esercitano di regola in via indiretta per mezzo di organi collegiali i cui
membri sono scelti mediante elezioni. Si tratta di organi che svolgono prioritariamente compiti di tipo
politico. La distinzione e l’integrazione dei ruoli politici e dei ruoli economici si attuano a due livelli: il livello
della struttura complessiva dell’amministrazione pubblica, dove si configurano istituti con vario peso relativo
delle finalità economiche delle finalità politiche, e il secondo livello dove si attua una sorta di distinzione tra
organi politici e organi della struttura amministrativa, gli organi politici sono composti dalle persone elette
dai membri della collettività che esprimono le proprie preferenze in funzione delle caratteristiche personali
dei candidati e ad essi si richiede la capacità di interpretare le attese di ogni tipo, della collettività e di
ricondurle a un bene comune, gli organi della struttura amministrativa sono prestatori di lavoro di tipo
tecnico economico.
DURABILITÀ E AUTONOMIA
I caratteri di durabilità e di autonomia degli istituti si riflettono sul concetto di azienda e sull’economicità.
Durabilità → l’azienda, ordine economico di istituto, deve svolgersi secondo condizioni di vita e di
funzionamento tali da consentire di durare nel tempo in un ambiente mutevole. La continuità e lo sviluppo di
un istituto hanno un valore per i suoi membri attuali, per i suoi membri futuri e per la collettività generale.
Autonomia → occorre che nell’azienda non si verifichi un sistematico ricorso a interventi di sostegno o di
copertura delle perdite da parte degli istituti → è un carattere che si accompagna con la durabilità e che serve
a qualificarla. Nell’accertare l’autonomia di un’azienda vanno considerati anche le coperture di perdite e gli
interventi di sostegno realizzati per via indiretta (alcune forme di esenzione fiscale e le protezioni godute
dalle imprese), queste soluzioni hanno un carattere comune: la precarietà e la provvisorietà.
FORME DELL’ECONOMICITÀ
Il principio di economicità si declina in due forme complementari:
1. Perseguimento di fini economici istituzionali
- Imprese: rimunerazioni monetarie e di altra specie per i presentatori di lavoro e per i conferenti di capitale
di rischio
- Famiglie: appagamento dei bisogni delle persone che le compongono
- Stato: appagamento dei bisogni di beni pubblici dei cittadini e remunerazione dei prestatori di lavoro
- Istituti nonprofit: appagamento dei bisogni di varie categorie di associati e fruitori e remunerazione dei
prestatori di lavoro.
Nel primo caso si concentra l’attenzione sui fini economici, che in certi istituti rappresentano la parte
preminente dei fini dell’istituto; nel secondo caso l’accento è posto sull’azienda come astrazione e anche come
strumento di istituto e sulle regole che devono presiedere al suo corretto funzionamento.
EQUILIBRIO REDDITUALE
L’equilibrio reddituale (equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito) ha come prima fondamentale
condizione da rispettare (senza la quale l’azienda non può dirsi vitale = capace di vivere nel tempo in modo
autonomo senza interventi di terze economie) l’attitudine della gestione di remunerare, con i componenti
positivi di reddito, alle condizioni di mercato, tutti i fattori produttivi compresi il capitale di prestito e il
capitale di rischio.
Una seconda qualificazione riguarda il tempo di riferimento (di breve o lungo periodo) e l’oggetto di
riferimento (azienda → equilibrio aziendale, gruppo aziendale → equilibrio superaziendale).
L’equilibrio reddituale di un gruppo può essere inteso in due significati: il primo è quello per cui l’azienda si
dice economica in funzione del gruppo, perché solo entro il gruppo riesce ad essere autosufficiente mentre nel
secondo significato, l’azienda si dice economica in funzione del gruppo quando, pur non conseguendo
l’equilibrio reddituale, viene mantenuta in vita perché offre opportunità o vantaggi alle altre aziende del
gruppo senza che questi si manifestino in comportamenti positivi di reddito per l’azienda che li fornisce.
EFFICIENZA E FLESSIBILITÀ
Non si ha economicità senza il mantenimento di un livello accettabile di efficienza, espressa in termini di
rendimento fisico - tecnico dei processi produttivi → L’azienda, autosufficiente dal punto di vista reddituale,
può non rispettare pienamente il principio di economicità, se le sue operazioni i suoi processi si svolgono con
gravi inefficienze o con palesi errori gestionali o organizzativi.
Solo in condizioni particolari e temporanee, le insufficienze possono essere trasferite all’esterno, senza
danneggiare l’equilibrio reddituale dell’azienda (es monopolio), ma penalizzando altre aziende.
In generale, per efficienza s’intende la relazione che intercorre tra risultati conseguiti e mezzi impiegati e
viene riferito a sfere operative diverse. Una particolare espressione dell’efficienza sono i rendimenti tecnico -
fisici.
L’azienda in economicità è quella che ricerca anche flessibilità, ossia la predisposizione di strutture e di
combinazioni produttive efficienti in grado di adeguarsi prontamente all’ambiente.
Si persegue anche l’efficienza applicando metodi di lavoro che consentono di svolgere le operazioni senza
sprechi di risorse e di tempo, ma soprattutto ricercando l’innovazione dei processi perché è solo attraverso
questa strada che le aziende possono rimanere nel mercato in una posizione di sufficiente stabilità →
l’azienda senza un adeguato livello di efficienza, tenendo conto dell’attuale tasso di evoluzione tecnologica e
dei metodi di gestione, e destinata a vita incerta limitata, anche se chiude l’esercizio con risultato reddituale
positivo
EQUILIBRIO MONETARIO
L’economicità è strettamente correlata al conseguimento dell’equilibrio monetario, ossia l’azienda deve operare
secondo equilibrio tra i componenti positivi e negativi di reddito, ma deve contemporaneamente essere in grado
di far fronte agli impegni di pagamento. La diversa manifestazione temporale di costi e ricavi e dei relativi
flussi monetari si traduce in fabbisogno finanziario. Compito della gestione finanziaria è ricercare la copertura
di tale fabbisogno → è il fluire del tempo l’elemento cruciale che determina e giustifica la necessità di
considerare attentamente il rispetto dell’equilibrio monetario. Tale vincolo può spingere l’azienda a ricorrere
in misura eccessiva all’indebitamento pregiudicando il suo equilibrio reddituale e la sua stessa sopravvivenza.
I giudizi di economicità sono complessi non solo per le numerose condizioni che simultaneamente devono
essere rispettate ma anche perché essi sono incerti e rischiosi dal momento che investono il futuro svolgersi
dell’operazioni.
La gestione finanziaria gioca così da cuscinetto tra la dinamica reddituale e la dinamica monetaria,
compensando i periodi in cui si determinano squilibri monetari con quelli in cui si manifestano eccedenze di
cassa.
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Il principio di economicità non si identifica con il criterio della massimizzazione del profitto (limitato e
rivolto esclusivamente ad una classe di soggetti, quelli conferenti di capitale proprio) né con un criterio
massimizzante, limitato e rivolto esclusivamente a una classe di soggetti, quali i conferenti di capitale proprio.
Esso si traduce nel rispetto simultaneo delle condizioni favorevoli al mantenimento e allo sviluppo
dell’azienda, intesa come mezzo per conseguire i complessi fini di istituto → È uno schema semplificato della
condotta delle imprese che una disciplina come l’economia aziendale ancorata alla realtà e volta a produrre
proposizioni aventi valore normativo anche se non assoluto, non può pienamente accogliere. Esso può essere
solo una prima approssimazione, un punto di partenza.
In molti istituti nonprofit si presentano problematiche complesse con riguardo alla valutazione dell’efficienza
e alla valutazione del grado di soddisfazione degli utenti.
Gli istituti nonprofit mostrano una notevole inerzia nel rispondere alla crescente domanda di beni da loro
offerti; ciò si spiega, oltre che per la mancanza di incentivi connessi al profitto, per le difficoltà strutturali
nella raccolta delle risorse finanziarie.
La ricerca di nuove donazioni da parte degli istituti nonprofit equivale a una campagna di produzione del
proprio prodotto.
Modelli di rappresentazione dell’economicità
CONOSCERE PER DECIDERE
I soggetti coinvolti nella vita dell’azienda hanno il diritto e il dovere di conoscere le condizioni del suo
svolgimento, in termini di risultati conseguiti e di prospettive di economicità, anche al fine di assumere
decisioni.
In un’azienda forniscono contributi i prestatori di lavoro, conferenti di capitale, fornitori, clienti e stato,
mentre esercitano il governo economico gli amministratori, il direttore generale, il direttore commerciale
(decide a quali prezzi offrire i prodotti), il direttore di produzione e degli acquisti (stimano la capacità
produttiva disponibile) e il direttore amministrativo (analizza gli acquisti e le vendite dell’impresa e i mercati
dei cambi).
Il bilancio di esercizio si compone di due sezioni complementari: la sezione del reddito di esercizio e la
sezione del capitale di funzionamento. Ciascuna delle due sezioni è un sistema di valori → i due sistemi di
valori sono comunemente rappresentati mediante due tavole denominate rispettivamente tavola del reddito
di esercizio (o conto economico) e capitale di funzionamento (o stato patrimoniale).
La tavola del reddito di esercizio presenta da un lato i valori degli input inseriti nella produzione e dall’altro i
valori degli output della produzione. Per differenza si ottiene il risultato reddituale, ossia l’utile o la perdita di
esercizio che è la remunerazione dell’input capitale di rischio.
La tavola del capitale di funzionamento, da un lato presenta i valori dell’attività dell’impresa, ossia dei suoi
beni e diritti e, dall’altro lato, i valori delle passività, ossia le sue obbligazioni. La differenza, denominata
capitale netto, esprime quanto è di pertinenza dei conferimenti di capitale di rischio.
5. Capitale di funzionamento
Il capitale di funzionamento è l’insieme dei valori delle attività, delle passività e del capitale netto determinato
al termine di ciascun periodo in ipotesi di continuità del funzionamento dell’impresa. Si distingue dal capitale
di liquidazione e dal capitale economico.
GLI INPUT
La tavola del reddito di esercizio è uno schema costruito per mettere a confronto, da un lato, il valore degli
input assorbiti dall’attività economica e, dall’altro lato, il valore degli output ottenuti dalla stessa attività
economica.
La struttura è piuttosto semplice, si tratta di disporre in buon ordine: l’elenco delle condizioni di produzione
ricevute da vari soggetti e il valore delle stesse attribuite all’esercizio e l’elenco degli output ottenuti
dall’attività economica e il valore delle stesse attribuibile all’esercizio.
I tipici input sono: le materie prime i servizi, gli immobili, gli impianti, le macchine, le attrezzature, le
immobilizzazioni di proprietà di terzi, il lavoro fornito dai prestatori di lavoro, i beni pubblici messi a
disposizione da parte dello Stato, i mezzi monetari apportati a titolo di capitale di prestito, la copertura di
rischi particolari, le rimanenze iniziali e il capitale di rischio.
I tipici output sono: i prodotti finiti e venduti, le produzioni in corso, gli interessi attivi della gestione
patrimoniale, i dividendi e le plusvalenze, i fitti attivi della gestione patrimoniale e i dividendi le preferenze
delle partecipazioni.
- Le rimanenze iniziali → sono i risultati della gestione caratteristica dell’esercizio n-1 riemersi nell’esercizio
n. Esse possono essere materie prime e semilavorati.
- Il costo di acquisto dei beni privati ad uso immediato → si tratta di beni che entrano nelle combinazioni
economiche e che esauriscono la loro utilità al loro primo utilizzo o che il linea di principio, esauriscono la
loro utilità nell’arco di un esercizio annuale.
- Le quote di ammortamento del costo dei beni privati pluriennali di proprietà → si tratta di condizioni di
produzione caratterizzate dalla lunga durata e dal fatto di fornire la loro utilità a più esercizi annuali,
Cedono progressivamente la loro utilità partecipando alla produzione di grandi volumi di prodotti. Sono
denominati immobilizzazioni tecniche materiali e immateriali.
- I canoni di locazione dei beni privati pluriennali di proprietà di terzi → il caso ricorrente è quello di
immobili di proprietà di terzi la cui disponibilità comporta componenti negativi di reddito denominati
canone di locazione o fitti passivi.
- Le remunerazioni del lavoro → il costo del lavoro è formato dagli stipendi liquidati periodicamente, dagli
oneri previdenziali e assistenziali e dal trattato di fine rapporto che matura progressivamente.
- I premi assicurativi per la copertura di rischi particolari → le imprese acquistano anche coperture di rischi
particolari pagando premi assicurativi.
- I tributi a fronte dei beni pubblici → a fronte dei beni pubblici si pagano varie forme di tributi che sono più
o meno direttamente correlati all’intensità di fruizione degli stessi da parte della singola impresa.
- Gli interessi passivi per la disponibilità di capitale di prestito → la disponibilità di capitale di prestito
comporta un costo sotto forma di interessi passivi.
- I componenti negativi di reddito non di competenza dell’esercizio → molti valori dei bilanci di esercizio
sono valori stimati o congetturati, così si verifica regolarmente che durante il periodo n si scopre che alcuni
valori inseriti nei bilanci degli esercizi precedenti erano sbagliati, le stime e congetture erano state
formulate al meglio ma la realtà ha mostrato andamenti differenti rispetto a quelli previsti. La correzione
posteriore dei bilanci produrrebbe vari inconvenienti se non altro in termini di trasparenza delle
informazioni nei confronti delle varie categorie di portatori di interessi. Gli scostamenti scoperti durante il
periodo n devono essere inseriti nel bilancio di esercizio n pur essendo di competenza di esercizi
precedenti, la loro peculiarità deve essere segnalata ponendo tali valori in speciali sezioni del bilancio.
- La remunerazione del capitale di rischio → è rappresentata dall’utile o della perdita di esercizio, il suo
importo non è determinato da una specifica operazione di negoziazione bensì in via residuale come
differenza tra il valore dei componenti positivi e di reddito il totale dei componenti negativi di reddito.
GLI OUTPUT
- I risultati della gestione caratteristica: ricavi di vendita, rimanenze finali, utili e perdite da partecipazioni →
i risultati della gestione caratteristica sono essenzialmente due: i prodotti venduti, cui corrispondono i
ricavi di vendita e le rimanenze finali di esercizio nelle varie forme di materie prime, semilavorati e
prodotti finiti. I ricavi di vendita devono essere intesi al netto delle perdite su crediti.
- I risultati della gestione patrimoniale: interessi attivi e fitti attivi → le imprese per periodi più o meno
lunghi, possono trovarsi a disporre di risorse in eccesso rispetto a quelle richieste per lo svolgimento della
gestione caratteristica. In quel caso, esse investono le risorse necessarie in varie forme in modo tale da
ottenere componenti positivi di reddito addizionali a quelli provenienti dalla gestione caratteristica. Questa
attività è denominata gestione patrimoniale. Vi sono tre forme elementari di gestione patrimoniale: i
depositi bancari, le concessioni di capitale di prestito e i conferimenti di capitale di rischio.
- I componenti positivi di reddito non di competenza → in questo caso si scopre ex post che agli esercizi
precedenti sono state attribuite quote di ammortamento eccessive, gli eccessi di componenti negativi di
reddito caricati sui precedenti servizi diventano un componente positivo di reddito che per ragioni per
pratiche viene regalato l’esercizio in corso ma che, sul piano logico, dovrebbe essere riconosciuto gli esercizi
passati andando a correggerne bilanci.
IL CAPITALE DI FUNZIONAMENTO
La tavola del capitale di funzionamento è uno schema costruito per ordinare: l’insieme delle condizioni di
produzione è uno schema costruito per ordinare l’insieme delle condizioni di produzione di proprietà
dell’impresa in un certo momento (le attività) e l’insieme delle obbligazioni e degli impegni nei confronti dei
vari soggetti che hanno fornito contributi (le passività).
Gli obblighi nei confronti dei conferenti di capitale di rischio sono denominati “capitale netto”. Il valore totale
delle attività è sempre pari al valore totale della passività e del patrimonio netto.
Le tipiche attività sono: le disponibilità monetarie in cassa o sotto forma di conto corrente attivo, i crediti di
regolamento verso clienti, le rimanenze finali, le immobilizzazioni materiali, le immobilizzazioni materiali, i
crediti di prestito, le quote di capitale di rischio di altre imprese acquistate per la gestione patrimoniale e le
partecipazioni (quote di capitale di rischio detenute a fini di controllo).
Le tipiche passività sono: i debiti di regolamento verso fornitori, i debiti di finanziamento, gli obblighi nei
confronti dei prestatori di lavoro per retribuzioni differite e debiti nei confronti dello Stato.
I tipici componenti di netto (ossia di quanto pertiene ai conferenti di capitale di rischio) sono: il capitale
sociale, rappresentato dai conferimenti dei soci al momento della costruzione e gli utili maturati e non
distribuiti (le riserve).
Gli impegni sono delle obbligazioni nei confronti di varie categorie di soggetti.
- Gli impegni verso i fornitori di beni privati → si configurano come debiti verso fornitori, o debiti
commerciali, che appartengono alla categoria dei debiti di regolamento.
* La gestione finanziaria nelle forme elementari dà luogo a debiti sotto forma di conti correnti passivi e di
mutui bancari passivi, si tratta di debiti di prestito.
- I ratei passivi della gestione finanziaria → nascono in corrispondenza degli interessi passivi maturati e non
ancora liquidati.
- Gli impegni verso lo Stato → le imprese accumulano debiti anche nei confronti dell’amministrazione
finanziaria dello Stato e di altri soggetti pubblici, nel linguaggio comune si usa l’espressione debiti verso
l’erario.
- Gli impegni verso i prestatori di lavoro → nei confronti dei prestatori di lavoro si configura l’obbligo di
liquidare una parte della retribuzione in forma differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
- Gli impegni nei confronti dei conferenti di capitale di rischio → alla fine di un certo esercizio sono composti
da: capitale sociale (l’importo conferito dai soci a titolo di capitale di rischio al momento della costituzione
dell’impresa), le riserve da utili di esercizi precedenti non distribuiti (le parte di utili maturati sino
all’esercizio n-1 non ancora distribuite) e dall’utile.
Sotto la voce attivo si collocano tutti i valori numerari attivi e tutti i valori non numerari attivi che non hanno
immediato significato di componenti di reddito. Sotto la voce passivo si collocano tutti i valori numerari
passivi ed i valori non numerari passivi che non hanno significato immediato di componenti di reddito. Sotto
la voce costi stanno valori che hanno contemporaneamente il significato di incremento di condizioni di
produzione e di componenti negativi di reddito. I ricavi rappresentano contemporaneamente diminuzioni di
condizioni di produzione e componenti positivi di reddito.
Le espressioni + e -, dare e avere, con le connesse espressioni addebitare ed accreditare hanno un valore
convenzionale → dare significa sezione sinistra del conto e addebitare significa iscrivere un valore in tale
sezione, viceversa per avere e accreditare.
La sintesi di bilancio e gli equilibri delle aziende di produzione
Le sintesi di bilancio permettono di esprimere giudizi sulla capacità dell’azienda di rispettare il principio di
economicità e sulle condizioni che potranno favorire l’economicità futura.
Per rendere più efficace la lettura e l’analisi di bilancio vengono utilizzate due tecniche: la riclassificazione e
la costruzione di indici o quozienti sintetici.
Il codice civile impone agli amministratori della società la redazione del bilancio composto da: stato
patrimoniale, conto economico e nota integrativa.
Il conto economico è a forma scalare e presenta una struttura in cui si rafforzano il valore della produzione
ottenuta nel periodo con i costi sostenuti per realizzarla. Lo stato patrimoniale finale adotta una forma a
sezioni divise contrapposte e applica come criterio di classificazione per le poste attive quello della
destinazione aziendale.
LA RICLASSIFICAZIONE
Consiste nell’esporre le voci e i valori in esse contenute in un ordine diverso, con l’obbiettivo di ottenere
informazioni ulteriori rispetto a quelle offerte dagli schemi di bilancio originari.
I criteri utilizzati per riclassificare le voci sono diversi: per il conto economico viene utilizzato il criterio a
ricavi e costo del venduto; per lo stato patrimoniale, invece, si utilizza il criterio finanziario.
a) Il risultato operativo della gestione caratteristica: insieme delle operazioni di gestione che identificano la
funzione economico-tecnica in senso stretto dell’azienda;
b) Il reddito operativo: assomma il risultato operativo ai proventi netti derivanti dalla gestione patrimoniale,
la quale si configura come una combinazione economica parziale finalizzata alla produzione di redditi
addizionali rispetto a quelli della gestione caratteristica;
c) Il risultato lordo di competenza: tiene conto del reddito operativo e degli oneri finanziari;
d) Il reddito prima delle imposte: considera oltre al risultato lordo, anche le sopravvenienze e le insussistenze
intese come parte del reddito che non sono di competenza dell’esercizio al quale il bilancio fa riferimento;
e) Il reddito netto: considera il reddito e le imposte dell’esercizio.
Se il reddito netto d’esercizio proviene fondamentalmente della gestione caratteristica si può dire che
l’azienda ha basi solide tanto da considerare il reddito prodotto un valore che almeno nel breve periodo possa
permanere; se invece il reddito deriva dalle sopravvenienze, dal reddito operativo o da una evasione fiscale,
in tal caso la situazione sarebbe contraria e non si potrebbe dire che l’azienda analizzata è solida.
Da uno stato patrimoniale riclassificato possono trarsi tre fondamentali tipi di giudizio relativi a:
1) La composizione e la struttura degli impieghi
Si può accertare il peso delle varie poste in termini della loro trasformabilità in mezzi monetari e quindi
valutare l’elasticità strutturale dell’azienda (immobilizzazioni su attivo corrente), nonché l’efficienza
nell’impiego delle risorse investite (vendite su attivo).
2) La composizione e la struttura delle fonti di finanziamento
Permette di apprezzare il rischio finanziario che è determinato non soltanto dal peso dei debiti rispetto ai
mezzi propri, ma anche dalla tipologia di debiti utilizzati. Ricorrere al debito a breve termine, significa
esporre l’azienda alla dinamica del mercato finanziario sia in termini di richiesta di rientro da parte del
finanziatore, sia in termini di rischio che i tassi di interesse di modifichino sfavorevolmente per l’azienda.
3) L’equilibrio strutturale tra natura e variabilità delle fonti e natura e variabilità degli investimenti
Il capitale circolante netto permette di esprimere a valori tale equilibrio.
Un capitale circolante netto rilevante esprime un margine di garanzia sulla solvibilità a breve dell’azienda
poiché gli impieghi immediati sono ampiamente coperti dalle prospettive di entrata di cassa nel breve
periodo.
I FLUSSI DI CASSA
Il bilancio non esplicita i movimenti monetari manifestatisi
nell’esercizio e per tale motivo viene redatto il rendiconto
delle variazioni dei mezzi monetari.
Tale documento permette di mettere in evidenza la
dinamica monetaria, dunque di esprimere giudizi circa
l’EQUILIBRIO MONETARIO dell’impresa.
REDDITIVITÀ
Misurano la capacità dell’azienda di produrre reddito, e quindi di remunerare adeguatamente tutte le
condizioni di produzione (confronti tra più azienda diverse).
Essa viene intesa come un rapporto tra una configurazione di reddito e un’altra grandezza a questa correlata.
ROE
Misura il rendimento del capitale netto, ovvero l’incremento potenziale del capitale netto del periodo, prima
dell’eventuale decisione di distribuite gli utili.
Esso va confrontato con il costo figurativo del capitale proprio, espressione del sacrificio sopportato dai
portatori di capitale-risparmio per aver investito mezzi finanziari nell’azienda di riferimento piuttosto che in
investimenti patrimoniali alternativi; costo figurativo che deve essere calcolato tenendo conto dei differenti
fraudi di rischio e di liquidità degli investimenti alternativi.
Solo se il ROE risulta ad esso superiore possiamo affermare che si è coniugato nel periodo l’equilibrio
reddituale.
Formula= reddito netto/capitale netto
I fattori determinanti del ROE sono: la redditività operativa, il rapporto di indebitamento e l’incidenza del
reddito netto sul reddito operativo.
ROA
Misura la redditività della gestione operativa, cioè il rendimento degli investimenti effettuati nelle attività
produttrici di reddito.
Formula= reddito operativo/attivo netto
I fattori determinanti del ROA sono: la redditività delle vendite e il tasso di rotazione dell’attivo.
ROS
Esprime il grado di convenienza economica delle vendite effettuate nell’esercizio.
Formula: reddito operativo/vendite
RAPPORTO DI INDEBITAMENTO
Esprime la relazione che intercorre tra il capitale investito e i mezzi propri, e quindi indirettamente esprime il
peso del capitale di terzi.
Formula= attivo netto/capitale netto
TASSO INCIDENZA
Esprime il peso dei componenti di reddito estranei alla gestione operativa, cioè oneri finanziari e imposte, e
dei componenti di reddito non di competenza dell’esercizio. Più elevato è tale peso, più basso e il tasso di
incidenza.
Formula= reddito netto/reddito operativo
LEVA FINANZIARIA
Nel passaggio dal ROA al ROE ha un ruolo fondamentale il cosiddetto effetto leva finanziaria.
L’effetto leva si produce per via della differenza tra il ROA e il costo medio del capitale di terzi (i). Se l’intero
AN rende, in termini percentuali, più di quanto costa il capitale di terzi, l’impresa aumenta là propria
redditività del capitale proprio.
L’effetto leva è tanto più potente: quanto maggiore è la differenza (ROA-i costo medio capitale di terzi);
quanto maggiore è il rapporto Mezzi di terzi/capitale netto (ma/cn = quota di AN finanziata con capitale di
terzi anziché con capitale netto).
La formula generale di passaggio da ROA a ROE è la seguente: ROE=ROA + MT/CN X (ROA-i)
INDICI DI SOLIDITÀ
Gli indici di solidità misurano la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni nel medio e lungo periodo.
I principali indici sono:
- Rapporto di indebitamento (RI);
- Grado di copertura delle immobilizzazioni (CI) (se tale indice è superiore a 1, allora significa che il capitale
a pieno rischio è in grado di far fronte agli investimenti che permangono a lungo nell’impresa).
Il grado di copertura delle immobilizzazioni esprime il rapporto tra il capitale netto e le immobilizzazioni
tecniche nette.
Formula = capitale netto/immobilizzazioni nette
INDICI DI LIQUIDITÀ
Misurano la capacità dell’azienda di far fronte momento per momento, agli impegni di pagamento.
LE NOZIONI DI CAPITALE-VALORE
Esistono tre principali nozioni di capitale:
- Capitale di funzionamento= l’insieme dei valori delle attività, delle passività e del capitale netto
determinato al termine di ciascun periodo costruito in ipotesi di continuità di funzionamento dell’impresa;
- Capitale di liquidazione= valore delle attività, delle passività e del capitale netto determinato in ipotesi di
liquidazione;
- Capitale economico= il valore delle attività, passività e del capitale netto determinato in ipotesi di cessione
in blocco dell’impresa.
La determinazione del capitale si realizza mediante l’attualizzazione dei flussi di reddito attesi futuri, ad un
adeguato tasso per un periodo di tempo illimitato.
Per determinare il capitale economico è necessario formulare alcune ipotesi circa:
- I flussi di reddito futuri (reddito medio normalizzato);
- Il tasso di attualizzazione, che tenga conto del valore del tempo e del rischio connesso allo svolgimento
della gestione futura.
I sistemi di rilevazione e di informazione
I SISTEMI INFORMATIVI
Sono strutture e procedure che raccolgono, conservano, elaborano e distribuiscono i dati e le informazioni
aziendali, basati sulle rilevazioni dei valori.
Le rilevazioni sono, in un’accezione ristretta, le operazioni di raccolta e rappresentazione ordinata di dati che
qualificano determinati fenomeni oggetto di osservazione.
Le rilevazioni possono essere suddivise, in base allo strumento utilizzato per la raccolta dei valori, in:
- Contabili —> elementari (quando riguardano i documenti originari di raccolta ad esempio la fattura, la nota
di accredito, la bolla, la contabile bancaria…)
- Statistiche —> (quando si utilizzano altri strumenti di raccolta diversi dal conto (tabelle, grafici,
diagrammi…).
L’insieme delle rilevazioni contabili e statistiche viene denominato come rilevazioni extra-contabili.
La ragioneria è la disciplina che si occupa delle rilevazioni e determinazioni quantitative, studiando i metodi
che risultano più adeguati per conseguire gli scopi conoscitivi richiesti dall’investigazione scientifica e della
pratica aziendale.
Sono presenti 3 insiemi di informazioni che sono di supporto rispettivamente: all’attività di pianificazione
strategica (trattasi di informazioni prevalentemente esterne di dati previsivi e approssimati che servono ad
orientare l’azienda nelle decisioni sul posizionamento strategico), all’attività direzionale (dati e informazioni
prevalentemente interni che servono per impostare il processo di programmazione e controllo ad esempio il
budget o il reporting) e all’attività operativa ed esecutiva (trattasi di informazioni analitiche necessarie per lo
svolgimento dell’attività corrente: dall’anca grave dei clienti ai caratteri degli ordini di vendita..).
In base all’ambito a cui facciamo riferimento delle attività economiche di un’azienda, abbiamo diversi
sottoinsiemi; ad esempio: il sottoinsieme delle informazioni logistiche, il sottoinsieme delle informazioni
commerciali, di produzione, per la ricerca e sviluppo…
CONTABILITÀ GENERALE
È un sistema informativo che ha come obiettivo la misurazione di quantità complesse come il reddito di
esercizio e il capitale di funzionamento. Tale sistema informativo si fonda sul conto, quale strumento
elementare di raccolta dei valori e che ha per obiettivo principale la misurazione di quantità complesse come
il reddito di esercizio e il capitale di funzionamento.
Il conto è una tavola a due sezioni che accoglie valori di segno opposto, da qui nasce la partita doppia
(metodo utilizzato dagli assiro-babilonesi).
I supporti della contabilità che si avvale del metodo della partita doppia sono: il piano dei conti (strumento di
attuazione della contabilità e consiste in un elenco di conti, ordinati e collegati tra loro in vista degli obiettivi
conoscitivi che si intendono perseguire e tenendo conto delle norme vigenti) e la registrazione dei fenomeni.
La contabilità generale si avvale della prima nota (documento in cui vengono registrati i documenti originati
(fatture, bolle di consegna, note di accredito…) in ordine cronologico), del libro giornale e dei mastrini.
Nella contabilità generale sono ricompresi altri sottoinsiemi contabili come: la contabilità finanziaria
(movimenti monetari e i rapporti di debito e di credito con le banche), la contabilità clienti (rapporti di
credito con clienti) e la contabilità fornitori (rapporti di debito con fornitori).
CONTABILITÀ ANALITICA
Sistema informativo che ha come obiettivo l’elaborazione dei costi e dei ricavi provenienti dalla contabilità
generale, al fine di fornire una serie di informazioni gestionali periodiche indispensabili per condurre la
gestione dell’impresa.
Tra le prime informazioni gestionali, possiamo annoverare la conoscenza del costo di prodotto per valutare le
rimanenze di esercizio da inserire nel bilancio d’esercizio; tra le seconde la possibilità di imporre di una base
dati per effettuare calcoli di convenienza economica e per impostare sistemi di programmazione e controllo.
La contabilità analitica nasce come naturale sviluppo delle rilevazioni extra-contabili dei costi di produzione.
Essa infatti elabora i costi e ricavi provenienti dalla contabilità generale al fine di svolgere analisi spaziali e
temporali del risultato reddituale.
Essa può essere inserita nella contabilità generale (sistema unico) oppure può essere svolta in stretto
collegamento con la contabilità generale (sistema duplice contabile).
L’impostazione di una contabilità secondo il sistema duplice contabile (nel caso in cui si accolga la teoria del
reddito) comporta la precisazione dei seguenti aspetti:
1) La scelta del periodo di tempo infrannuale al quale riferire le elaborazioni;
2) La trasformazione dei valori contabilizzati (rilevati in contabilità generale sulla base di documenti) in
valori di competenza, espressivi dei consumi dei fattori produttivi e delle cessioni di merci e servizi,
avvenuti nel periodo in esame, mettendo così in luce le relative differenze;
3) La definizione della dimensione di costo di produzione da impiegare (costo parziale o completo);
4) La definizione dei centri di costo, espressione della struttura organizzativa dell’azienda, per i quali si
intendono determinare i costi di centro operativo;
5) La definizione delle combinazioni produttive (gestioni), espressione delle relazioni prodotto-mercato che
l’azienda governa, ed le quali si vogliono determinare i risultati reddituali parziali infrannuali.
COSTI DI PRODUZIONE
Il costo di produzione può essere inteso come somma dei valori attribuiti ai fattori produttivi impiegati o
utilizzati in una data attività produttiva.
Può essere distinto a seconda delle coordinazioni produttive di riferimento, in: costi di fabbricazione, costi di
sezione/centro, costi di commessa.
Il costo di produzione è il risultato di una ripartita attribuzione di costi elementari che possono essere
speciali/diretti e comuni/indiretti.
- Contabilità generale;
- Contabilità analitica;
- Sotto sistema di budget e standard (programma di esercizio, costi e ricavi standard);
- Sotto sistema delle variazioni (dallo standard), cioè delle variazioni tra costi e ricavi effettivi e costi e ricavi
standard;
- Sotto sistema della rilevazioni elementari ed extra-contabili volte a misurare dati e informazioni sia di
ambiente competitivo (potenzialità del mercato, comportamenti della concorrenza e dei clienti…) sia
espressivi di fattori critici (qualità del prodotto, livello di servizio offerto…) sia di altra natura, comunque
funzionali alla gestione dell’impresa.
Per non essere sommersi da informazioni con il pericolo di ridurre invece che di sviluppare conoscenze, sono
nate alcune regole: il principio di selettività, collegato con quella di pertinenza, e il bilanciamento tra
tempestività e attendibilità.
Secondo i primi due principi, il responsabile aziendale dve disporre di limitate ma significative informazioni
da seguire costantemente per focalizzare l’attenzione sui fenomeni rilevanti dai quali deriva il successo o
meno dell’azienda. Secondo gli ultimi due principi, invece, si tratta di bilanciare le due caratteristiche dal
momento che per scopi gestionali interessa un dato tempestivo, anche se non sicuramente preciso.
Il sistema di programmazione e controllo è l’insieme dei processi mediante i quali vengono assegnati alle
unità organizzative gli obiettivi da realizzare in un determinato arco temporale e le relative.
Ciascuna impresa, con riguardo ai processi decisionali, si caratterizza per i seguenti elementi:
- tempi e velocità di risposta agli stimoli interni ed esterni;
- Conformismo e novità dei contenuti delle decisioni;
- Rigore delle analisi di convenienza economica comparata;
- Propensione all’innovazione e investimento in condizioni facilitanti la stessa;
- Propensione al rischio;
- Cura delle modalità di svolgimento dei processi decisionali e investimenti per ridurre i limiti di razionalità e
i rischi di ritualizzando e;
- Attenzione alle scelte strategiche in termini di flessibilità e di basi per lo sviluppo.
L’esercizio del governo strategico dell’impresa consente di influire sui componenti del reddito d’esercizio
(performance corrente dell’azienda) e di configurare la struttura dell’azienda (base delle performance future).
La struttura di un’azienda si compone di cinque macrovariabili tra loro interconnesse a sistema e immerse
nell’ambiente. Le cinque macrovariabili sono:
1) L’assetto istituzionale;
2) La configurazione delle combinazioni economiche;
3) Il patrimonio;
4) L’organismo personale;
5) L’assetto organizzativo.
1) L’assetto istituzionale
È la configurazione dei portatori di interessi nei confronti dell’istituto, dei contributi che tali soggetti
forniscono all’azienda, dei benefici che ne ottengono, degli interessi istituzionali, del soggetto di istituto e
delle strutture di governo che regolano le correlazioni tra i portatori di interessi, contributi e i benefici
combinandoli in un equilibrio dinamico di lungo periodo. Progettare l’assetto istituzionale significa dunque
scegliere i vari insiemi di soggetti chiamati a comporre l’istituto e ad interagire sistematicamente con esso.
Occorre decidere:
- Come o figurare i sistemi di prodotto e su quali basi competere (prezzo, prestazioni tecniche, servizi
accessori…), ossia quale strategia competitiva adottare;
- Quali attività svolgere direttamente all’interno dell’azienda e quali invece esternalizzare;
- Come dimensionare le capacità produttive delle attività che si è deciso di svolgere all’interno;
- Quale peso e ruolo assegnare alle gestioni “ausiliarie” della gestione caratteristica, ossia alle gestioni
patrimoniali, finanziaria e tributaria.
3) Il patrimonio
È formato dalle varie classi di condizioni produttive materiali e immateriali utilizzate dall’istituto per svolgere
la proprio attività economica. Sono risorse di natura molto varia (terrei e fabbricati, impianti, brevetti,
licenze, marchi, cultura aziendale, identità, immagine commerciale…). Tutte queste condizioni produttive si
formato e evolvono progressivamente come conseguenza delle scelte che hanno per oggetto l’assetto
istituzionale, le combinazioni economiche, l’assetto organizzativo e l’organismo personale. Si vuole richiamare
l’attenzione sul fatto che le condizioni produttive materiali e immateriali devono essere oggetto anche di
specifiche decisioni, o di indirizzi strategici, perché altrimenti diventa grande il rischio che il patrimonio di
risorse si inaridisca e non alimenti più gli sviluppi futuri.
4) L’organismo personale
È l’insieme delle persone che prestano il loro lavoro nell’istituto. Queste persone, con le loro competenze e
con il loro lavoro, sono il completamento necessario alle risorse materiali e immateriali. Nel caso delle
imprese occorre decidere:
- Quali profili personali e personali privilegiare in occasione dell’assunzione di nuove persone;
- Come dimensionare l’organismo personale in relazione ai carichi di lavoro generali e particolari;
- Come aggiornare e sviluppare i profili professionali delle persone presenti in azienda;
- Quali condizioni attivare per sviluppare e mantenere un positivo clima di rispetto e di cooperazione tra tutti
i prestatori di lavoro.
5) L’assetto organizzativo
È la macrovariabile che definisce la struttura interna e le modalità di svolgimento dei processi aziendali; esso
risulta dalla configurazione di tre variabili congiunte ciascuna delle quali è frutto di complesse decisioni
aziendali. Progettare la struttura organizzativa significa ripartire l’insieme complessivo delle attività aziendali
in compiti da assegnare alle single persone e mettere in atto le condizioni necessarie affinché le attività così
suddivise si svolgano in modo integrato. Occorre definire i criteri di suddivisione del lavoro, come
raggruppare le varie attività in sottoinsiemi omogenei corrisponde di ai vari organi aziendali, come ordinari i
vari organi in una gerarchia formalizzata in un organigramma.
Sono nominati sistemi operativi: i sistemi di pianificazione e di programmazione e controllo mediante i quali
si assegnano alle varie unità aziendali gli obiettivi e le risorse e si tengono sotto controllo i risultati; i sistemi
di gestione del personale attraverso i quali si governa la dinamica dell’organismo personale e si valutano e
rimunerarono i contributi dei prestatori di lavoro. Anche la progettazione dei sistemi operativi comporta
numerose scelte critiche poiché ciascuno di essi può assumere differenti forme producendo differenti effetti
sui comportamenti delle persone e sulle performance aziendali.
COERENZA ESTERNA E INTERNA
Le cinque macrovariabili che compongono il modello sono tra loro collegate da relazioni di interdipendenza e
complementarietà =coerenza interna.
Le cinque macrovariabili sono fortemente influenzate dall’ambiente nel quale l’azienda opera = coerenza
esterna.
L’OSF è l’insieme di idee-guida, di valori e di atteggiamenti profondi, nascosti e invisibili, che definiscono
l’identità, effettiva o ricercata, dell’impresa: che cosa l’impresa fa o vuole fare, come e perché fare impresa.
Gli indirizzi strategici, invece, sono rappresentati da scelte strategiche che definiscono in quali arene
competitive l’azienda intende operare e in che modo intende affrontare la concorrenza, come intende gestire
gli attori istituzionali, quali strategie prenderà a livello finanziario, tecnologico, di marketing e così via.
L’ambiente economico è l’ordine economico dell’ambiente e si compone di: mercati (insiemi omogenei di
negoziazioni di beni privati, di rischi particolari e di credito di prestito), strutture di domanda e di offerta di
lavoro, di capitale proprio, di beni pubblici, settori, insieme di aziende con combinazioni economiche simili e
operanti negli stessi mercati e nelle stesse strutture di domanda e di offerta e politiche economiche, monetarie e
finanziarie.
L’ambiente non economico rilevante per la struttura e la dinamica delle aziende è composto da fenomeni e
condizioni quali: sistemi dei valori e cultura caratterizzanti la collettività sociale di riferimento, normativa
giuridica nazionale e internazionale, stato e dinamica delle scienze, tecnologie e tecniche, infrastrutture e
configurazione finisco e climatica del territorio.
In generale il concetto dell’ambiente in economia aziendale si intende riferito ad una singola azienda; in molti
casi è necessario fare riferimento anche all’ambiente di insiemi di aziende quali i gruppi economici e gli
aggregati interaziendali. In molti casi si manifesta anche l’esigenza opposta, ossia l’esigenza di definire ed
analizzare ambienti riferiti ad una parte di un’azienda, e ciò equivale a dire che può manifestarsi soprattutto
per le aziende di produzione e per le aziende composte pubbliche che presentano combinazioni produttive
fortemente articolate in combinazioni parziali disomogenee.
I MERCATI
Un mercato è un complesso dinamico di negoziazioni che hanno per oggetto una certa classe di beni e che si
manifestano con continuità, con caratteri omogenei e con elevata interazione reciproca.
Si ha un mercato quando molte negoziazioni con oggetto simile sono attuate continuamente e con elevata
frequenza da un certo insieme di aziende.
I mercati sono complessi dinamici; variano nel tempo i loro caratteri distintivi (le qualità dei beni negoziati; i
prezzi; le condizioni di pagamento…). Variano i loro confini (per l’Inter si fidarsi delle relazioni di
interdipendenza). Variano anche le condizioni stesse di esistenza dei mercati.
Laddove queste condizioni non sono simultaneamente verificate si è in presenza di negoziazioni fuori
mercato.
Uno stesso bene può essere negoziato in mercati distinti, ad es. mercati localizzati in diverse aree geografiche.
I mercati sono complessi dinamici ovvero variano nel tempo i loro caratteri distintivi e i loro confini.
In ogni mercato è possibile identificare domanda e offerta che sono funzioni di insiemi articolati di variabili.
I SETTORI
Un settore è inteso come un insieme omogeneo di aziende legate da relazioni di interdipendenza (di
concorrenza o di altro tipo)
B. Dell’economia industriale: settore definito come insieme di aziende di produzione concorrenti in uno steso
mercato e l’attenzione si concentra sul comportamento competitivo delle aziende del. Settore. Ci si
domanda quali stimoli e quali vincoli derivanti dalla struttura del settore condizionino il comportamento
delle aziende e, di conseguenza, quai risultati si possano conseguire. Ci si pone sul piano delle olistiche e
delle strategie aziendali. L’ipotesi di base, più o meno rigida in differenti impostazioni, è che la struttura
del settore sia la variabile ambientale dominante; variabile indipendente dalla quale discendono con
relazione di causalità diretta i comportamenti delle aziende; la struttura del settore determina i
comportamenti delle aziende e questi determinano i risultato; in definitiva la redditività delle aziende di
un dato settore dipende essenzialmente dalla struttura del settore stesso.
Nell’ambito degli studi del contesto competitivo, particolare importanza ha il modello “struttura-
comportamento-risultati” (esempi di struttura: concorrenza perfetta, oligopolio non differenziato, oligopolio
differenziato).
I settori di aziende concorrenti sono insiemi di aziende di produzione che producono beni equivalenti con
riguardo alla loro funzione d’uso e che indirizzano la loro offerta a comuni insiemi di aziende clienti e
potenziali clienti. Si analizza la struttura del settore secondo tre variabili parzialmente correlate:
- Il grado di concentrazione del settore: elevato se un piccolo numero di aziende copra una quota molto
elevata dell’offerta complessiva; basso se il settore è composto da numerose aziende ciascuna una piccola
uova dell’offerta;
- La struttura dei costi delle aziende in due aspetti: la curva dei costi unitari di produzione in funzione dei
volumi di produzione, l’andamento nel tempo dei costi unitari di produzione in funzione dei processi di
apprendimento; si intende cioè valutare se e come al crescere dei volumi di produzione, e al protrarsi delle
produzioni nel tempo, i costi unitari diminuiscono;
- Il livello delle “barrire all’entrata”, ossia il livello degli ostacoli di vario ordine che dovrebbero essere
superati da un’azienda esterna al settore per entrare nello stesso. Il livello delle barriere all’entrata è
indicatore del grado di protezione del settore, e, dunque, dei livello di discrezionalità decisionale di cui
gode l’insieme delle aziende facenti parte del settore in un dato momento.
Esempi tipici di correlazioni struttura-comportamento-risultati sono:
a) struttura di concorrenza perfetta: si presentano bassi livelli di economie di scala, di concentrazione e di
differenziazione dei prodotti; le imprese concentrano la propria attenzione sull’efficienza tecnica; i prezzi-
ricavo sono dati dal mercato;
b) Struttura di oligopolio non differenziato: sono possibili fonti economie di scala; le aziende concorrenti
sono in piccolo numero ed offrono prodotti molto simili (ossia, poco differenziati); le aziende tendono a
concordare politiche di prezzi uniformi; prezzi quanto possibili altri ma limitati ad un livello che scoraggi
l’ingresso di nuovi concorrenti nel settore;
c) Struttura di oligopolio differenziato: si presentano elevati livelli di economie di scala, di concentrazione e
di differenziazione dei prodotti; sono elevate anche le barriere all’entrata e ciò mantiene relativamente
bassa la pressione competitiva nel settore, la concorrenza fa leva sulla pubblicità (per favorire la fedeltà
dei clienti) e sulla ricerca e sviluppo come strumenti per rinnovare la differenziazione dei prodotti. In
generale si intende che la redditività è tanto più elevata quanto maggiori sono le barriere all’entrata, la
concentrazione del settore e la differenziazione dei prodotti.
La versione base del modello struttura-comportamento-risultati presenta alcuni importanti limiti. In
particolare, esso offre scarso spazio alla differenziazione delle aziende nell’ambito del settore e alle
trasformazioni aziendali e settoriali indotte dell’innovazione.
In economia aziendale i settori sono insiemi di aziende i cui comportamenti sono connessi da relazioni
dinamiche intense per via di combinazioni economiche simili e per l’opera re sugli stessi mercati, non solo
nella posizione di venditori tra loro in concorrenza. Il settore è un insieme di aziende che: hanno
combinazioni simili di processi economici caratteristici e operano negli stessi mercati o in mercati
strettamente illegali. Ciascuna azienda partecipa a tanti settori quanti sono i mercati in cui essa opera in
compagnia di un significativo numero di aziende con combinazioni economiche simili.
INTERPRETAZIONI DELL’AMBIENTE
Le tre principali visioni possono essere distinte:
–dell’efficienza economica relativa
–della pressione economica reciproca
–dell’interazione multicentrica
Nella visione centrata sull’efficienza economica relativa l’ambiente è inteso essenzialmente come ambiente
economico composto da aziende. Queste sono osservate nei loro ruoli di clienti, fornitori, prestatori di lavoro,
conferenti e di destinatari di capitale di rischio e di prestito, di concorrenti e così via. L’azienda di riferimento
interagisce con le aziende del suo ambiente attraverso relazioni di scambio, di partecipazione e di
competizione attuate secondo logica di razionalità e di convenienza economica. Si suppone che la logica della
razionalità economica sia adottata da tutte le aziende operanti nell’ambiente; razionalità soggetta a limiti di
conoscenza e di capacità di analisi, ma pur sempre principio ispiratore dell’azione economica sia individuale
sia collettiva.
Per la singola azienda l’ambiente è una variabile complessa e dinamica rispetto alla quale adattare la proprio
configurazione ed il proprio comportamento. I confini con l’ambiente che hanno le aziende, sono segnati in
modo univoco dai confini giuridici e formali.
La competitività dell’azienda nell’ambiente dipende essenzialmente dall’efficienza economica relativa che
l’azienda stessa sa esprimere; l’assetto tecnico, l’assetto organizzativo, il patrimonio e l’organismo personale si
configurano con dimensioni e con caratteri tali da ottimizzare l’efficienza di svolgimento dei processi di
produzione e di consumo, ossia tali da consentire equilibrate e competitive relazioni tra prezzi e qualità dei
beni offerti.
Nella visione delle relazioni tra aziende ed ambiente centrata sulla pressione economica reciproca, l’ambiente si
configura come un campo di forze economiche che premono sulla struttura e sul comportamento dell’azienda.
Tutte le relazioni tra le aziende sono anche relazioni di tipo competitivo; ciò è evidente per le relazioni
concorrenziali tra le aziende che si presentano negli stessi mercati offrendo beni simili.
La visione che propone come centrale il fenomeno dell’interazione multicentrica allarga l’orizzonte di analisi ad
un ambiente non solo economico. L’ambiente è composto da elementi di varia natura (aziende familiari,
pubbliche…), ciascuno con logiche proprie di evoluzione, con propri valori e criteri di azione; tali elementi
interagiscono e continuamente assumono configurazioni proprie e relazioni reciproche nuove. L’ambiente è
ambito di espressione e di esercizio di soggettività e di discrezionalità dei differenti attori.
Le visioni dell’ambiente sono dunque:
– modelli cognitivi che spiegano differenti comportamenti concreti delle aziende
– rappresentazioni schematiche dei valori, degli atteggiamenti e dei comportamenti che caratterizzano
contesti economici, politici e sociali differenti nello spazio e nel tempo
IL SISTEMA COMPETITIVO
Il sistema competitivo è parte dell’ambiente economico ed è rappresentabile in termini di aziende e relazioni
interaziendali (di scambio, di cooperazione e di competizione) e lo spazio economico popolato di clienti, dai
fornitori e dai concorrenti e nel quale l’impresa si presenta con i sistemi prodotto risultato della sua attività
caratteristica.
La scelta del sistema competitivo nel quale operare è una scelta di governo economico
Per l’analisi del sistema competitivo si può utilizzare il modello della concorrenza allargata
Nel modello il termine settore (settore in senso stretto) indica le sole imprese in diretta concorrenza, mentre
concorrenza allargata tutti gli altri attori che lo compongono
d) Le minacce di ingresso
Le minacce di ingresso di nuovi concorrenti costituiscono un freno alla redditività del settore fungendo da
deterrenti, in particolare, ai prezzi praticati dai concorrenti del settore stesso. Esse dipendono dalla solidità
degli ostacoli all’ingresso, ossia delle barriere all’entrata.
Le barriere all’entrata hanno varie determinanti, quali:
- il fabbisogno di capitale;
- Le economie di scala;
- I vantaggi di costo assoluti;
- La differenziazione di prodotto;
- L’accesso ai canali distributivi;
- Le politiche pubbliche;
- I rischi di ritorsioni da parte dei concorrenti del settore.
Da un lato il sistema di prodotto è il complesso oggetto on il quale l’impresa ricerca il consenso dei clienti;
dall’altro lato è l’arma utilizzata per sfidare la concorrenza.
La progettazione del sistema di prodotto è un passaggio cruciale per l’economicità dell’impresa perché da essa
dipendono i componenti positivi e negativi del reddito. A seconda di come è configurato il sistema di
prodotto, il cliente percepisce una utilità del prodotto diversa anche mediante comparazione delle condizioni
proposte da altre imprese.
L’analisi e la descrizione esplicita delle attese dei clienti non è mai un esercizio semplice; spesso ci si ferma ad
espressioni del tipo “un buon prodotto, un buon servizio e un buon prezzo” che, per quanto sostanzialmente
corrette, non aiutano molto nell’indirizzare le scelte che ogni singola azienda deve compiere. Per procedere in
tale direzione occorre:
a) costruire un inventario il più possibile completo e chiaro delle attese dei clienti attuali e potenziali;
b) Individuare, nell’ambito di tale inventario, quali sono le attese più critiche; le attese più critiche sono
denominate “fattori critici di successo”.
Il altri termini, il rischio è che un’impresa punti molto su aspetti del sistema di prodotto che non sono critici o
apprezzati da cliente, trascurando invece i fattori critici.
I potenziali fattori critici di successo sono differenti varie classi di prodotti e per differenti insiemi di clienti;
ciò significa che si devono compiere analisi specifiche per i vari segmenti di mercato.
1) Le caratteristiche materiali
Pur nell’enorme varietà dei beni esistenti, che richiederebbero numerosi approfondimenti specifici, si possono
suddividere in generale in attributi fisici, tecnico-funzionali ed estetici.
Gli attributi fisici sono gli elementi immediatamente percepibili; gli attributi tecnico-funzionali sono le
proprietà, tecnologiche e di lavorazione, che consentono al sistema di prodotto di svolgere determinate
funzioni d’uso; gli attributi estetici possono qualificare variamente gli attributi fisici in termini, ad esempio, di
gamma di colori, di stile o design.
Tali caratteristiche non riguardano quasi mai necessariamente un unico bene, merce o servizio. Spesso le
aziende approntano una gamma, ossia un determinato assortimento tra cui il cliente sceglie a seconda delle
sue esigenze specifiche. La gamma costituisce anche un elemento fondamentale di articolazione del sistema di
prodotto in più “sotto-sistemi” destinati a segmenti di clientela specifici.
3) Le caratteristiche immateriali
Comprendono l’immagine e la reputazione di un sistema di prodotto, che possono essere notevolmente
condizionate sia dalle caratteristiche materiali, estetiche e tecnico-funzionali, sia dal livello qualitativo dei
servizi di corredo.
Immagine e reputazione possono dare origine ad un altro fondamentale elemento immateriale del sistema di
prodotto e dell’impresa, e cioè la marca.
IL VANTAGGIO COMPETITIVO
Esso è l’insieme degli elementi che distinguono il sistema di prodotto di una determinata azienda da quello
dei concorrenti.
I due tipi fondamentali di vantaggio competitivo sono:
- Vantaggi di differenziazione (ovvero l’offerta di un SP diverso o migliore rispetto a quello della
concorrenza); molto spesso la differenziazione viene conseguita attraverso sforzi di innovazione che
incontrano l’interesse di una nuova clientela più numerosa ed articolata.
- Il vantaggio di costo (quando l’SP si caratterizza grazie a costi di produzione bassi che portano l’azienda ad
attribuire al prodotto un prezzo minore rispetto agli altri).
LE COMPETENZE DISTINTIVE
Le competenze distintive sono risorse peculiari di un’azienda, non facilmente imitabili e utili per configurare
SP particolarmente apprezzati dai clienti.
Alcuni esempi sono:
- Speciali capacità di progettazione dei prodotti;
- Strutture produttive efficienti;
- Elevata capacità di accumulo e di diffusione delle conoscenze;
- Qualificate competenze di istruzione pre-post vendita.
- Rapporti di fiducia e cooperazione con i clienti, con le reti distributive, con esperti di varie discipline.
Le quantità vendute non dipendono solo dal prezzo, ma sono influenzate da altri fattori tra cui,
particolarmente importanti:
- Il prezzo dei prodotti simili (fungibili) o complementari;
- Il livello di reddito dei consumatori;
- Gli investimenti effettuati in pubblicità.
Assumendo l’ottica della singola impresa che in un certo momento deve determinare il prezzo di un prodotto,
i possibili scenari sono 4:
A) Concorrenza perfetta: molte imprese offrono ad uno stesso prezzo prodotti perfettamente simili tra di loro
e tutte hanno dimensioni e strutture di costo simili; i prezzi e i costi si sono allineati in modo tale che tutte
le imprese sono al minimo livello di redditività accettabile; anche a nostra impresa ha una struttura di
costi analoga a quella dei concorrenti e in questo caso l’impresa non ha scelta in merito alla fissazione del
prezzo; deve “prendere il prezzo dal mercato”.
B) Concorrenza basata sulla differenziazione: nello stesso mercato operano numerosi concorrenti che offrono
prodotti differenziati a prezzi diversi; in questo caso, l’impresa gode di qualche spazio di manovra ed
agisce contemporaneamente sulla differenziazione tecnica del prodotto e sul livello dei prezzi;
C) Monopolio stabile: la nostra impresa è la sola presente sul mercato e non è prevedibile che altre imprese
possano o vogliano entrarvi; in questo caso l’impresa ha la massima discrezionalità nel fissare il prezzo e o
farà in modo tale da massimizzare la redditività;
D) Monopolio instabile: l’impresa, a seguito di un’innovazione del sistema di prodotto, si trova
temporaneamente in una posizione di monopolio; esistono altre imprese in grado di imitare il nuovo
sistema di prodotto; in questo caso, con riguardo alla determinazione del prezzo, l’impresa si trova in una
posizione ambigua; può fissare un prezzo “alto” da monopolista producendo e vendendo piccoli volumi,
oppure può fissare un prezzo “basso” puntando su grandi volumi; nel primo caso si ottiene una redditività
elevata nel breve, ma si incentiva l’ingresso di potenziali entranti; nel secondo caso si corrono grandi
rischi ma si rende difficile l’ingresso di nuovi concorrenti.
Le scelte di standardizzazione e di dimensione
STANDARDIZZAZIONE, UNIFORMAZIONE E MODULARITÀ
La standardizzazione è uno dei pilastri dell’efficienza delle economie moderne.
I caratteri dell’impresa moderna sono:
- meccanizzazione dei processi;
- Parcellizzazioni del lavoro;
- Standardizzazione dei processi, dei componenti e dei prodotti;
- Produzioni in grandissimi volumi.
La standardizzazione rende possibili e convenienti le produzioni di massa ed è la base per la realizzazione di:
- economie di scala;
- Economie di saturazione della capacità produttiva;
- Economie di apprendimento.
Essa riguarda prodotti, processi e componenti. Quando i componenti assumono un elevato livello di
complessità si chiamiamo moduli, compatibili e integrabili fra di loro.
La progettazione dei moduli può essere compito della singola azienda o di un ente sovraordinato,
responsabile dell’attività di uniformazione (le viti, i fogli e le buste, le prese elettriche…)
LA VELOCITÀ DI APPRENDIMENTO
Perché si possa misurare il solo effetto esperienza occorre che nell’intervallo considerando le altre condizioni
produttive restino invariate.
La velocità di apprendimento si ottiene rapportando i costi relativi a due produzioni che rappresentano un
rapporto di esperienza 2 a 1.
In valori assoluti, i grandi risparmi per effetto dell’esperienza si ottengono sui primi lotti di produzione.
LE STRATEGIE DI REPLICAZIONE
Le strategie di replicazione puntano a sfruttare competenze e routine, presenti nel patrimonio aziendale,
applicandole a più combinazioni parziali uniformi. Sfruttano economie di apprendimento ed economie di
scala.
Alcuni esempi sono il franchising di fast food, catene alberghiere, banche, catene di sale cinematografiche…
LE SCELTE DI STRUTTURA DEI COSTI
Il modello utilizzato per indagare le relazioni tra volumi effettivi, costi e risultato economico è noto come
modello costi-volumi-risultati (modello utile anche per analizzare l’impatto sull’equilibrio reddituale delle
diverse scelte aziendali).
I fattori che determinano il risultato economico conseguito dalle imprese in un determinato periodo possono
essere ricondotti a tre classi fondamentali: gli elementi strutturali, il livello dei prezzi-costi e dei prezzi-ricavi
e i volumi.
Le variazioni dei costi legate s determinati strutturali si accompagnano a modifiche più o meno estese del
patrimonio, nell’assetto tecnico, nel personale, nell’assetto organizzativo e nelle combinazioni economiche
dell’impresa.
A parità di impianti, attrezzature, esperienza e gamma di beni offerti; i ricavi totali, i costi totali e i risultati
reddituali sono legati soprattutto al configurarsi di:
- prezzi-ricavo e prezzi-costo che l’azienda è riuscita a spuntare sui mercati di sbocco e approvvigionamento
- i volumi effettivamente prodotti e venduti nel periodo considerato
A loro volta i costi fissi possono essere ricondotti a due tipi: costi fissi di struttura e costi fissi di sviluppo.
→ I costi fissi di struttura sono costi fissi strettamente connessi alla capacità produttiva in essere dell’azienda
in un certo momento (volumi di produzione e di vendita realizzati nel breve periodo)
→ I costi fissi di sviluppo sono costi che sono fissi in quanto non variano direttamente in relazione al variare
dei volumi di produzione e di vendita. Non dipendono direttamente dalla capacità produttiva dell’azienda ma
sono destinati a sostenere l’attività corrente e a porre le condizioni per lo sviluppo futuro dell’azienda (costi di
ricerca e di sviluppo, formazione del personale, costi di marketing).
IL RISCHIO OPERATIVO
Esso è espresso nella probabilità più o meno elevata di realizzare
risultato reddituali particolarmente negativi o particolarmente positivi in
relazione al fluttuare dei volumi di produzione e vendita.
Il rischio operativo è legato al livello del punto di pareggio e il grado di
elasticità operativa.
Tale reddito deve essere calcolato in modo da coprire i costi extra gestione tipica e da costruire l’utile netto
desiderato.
Le scelte di estensione verticale e orizzontale
LE SCELTE DI ESTENSIONE: UN QUADRO GENERALE
L’estensione complessiva delle combinazioni economiche di un’impresa è determinata da un vasto insieme di
scelte che riguardano:
- La dimensione, la capacità produttiva installata per le varie aree di attività;
- L’estensione interfunzionale: quante e quali funzioni (coordinazioni parziali) si decide di svolgere
internamente;
- L’estensione verticale: il numero e la disomogeneità delle fasi della filiera produttiva svolte internamente;
- L’estensione orizzontale: il numero e la disomogeneità delle aree strategiche d’affari nelle quali si decide di
operare.
L’ESTENSIONE VERTICALE
Si può rappresentare la filiera produttiva come una
lunga catena di fasi e di processi che dalla estrazione
di materie prime giunge alla vendita al consumatore
finale → in mezzo si trovano le fasi di trasporto,
lavorazione, produzione.
I COSTI DI TRANSAZIONE
Per le scelte di internazionalizzazione / esternalizzazione è cruciale l’analisi dei costi di transazione che
sempre si sommano ai costi di acquisto e ai costi di produzione interna nel determinare i costi totali.
La transazione si manifesta quando un bene o un servizio è trasferito attraverso un’interfaccia
tecnologicamente separabile.
Problema: decidere quali transazioni tenere all’interno dell’organizzazione e per quali, invece, ricorrere ad
altri operatori.
Nell’internazionalizzazione prevalgono i costi di realizzazione interna (economie di scala, di scopo e di
apprendimento) e i costi di coordinamento interno (direzione e controllo e sprechi ed errori).
Per quanto riguarda l’esternalizzazione prevalgono i costi d’acquisto o di vendita (costi di realizzazione esterni
e potere contratturale degli interlocutori) e i costi di transizione esterna (raccolta delle informazioni,
negoziazione, difesa da comportamenti opportunistici e danni da comportamenti opportunistici).
IL CAPITALE DI FUNZIONAMENTO
Il capitale di funzionamento è il sistema di valori positive e negativi che esprimono i valori delle condizioni
patrimoniali di un’azienda. Esso rappresenta il patrimonio sotto forma di valori economici (ad es. i valori
della cassa, dei crediti, degli impianti, del capitale netto, ecc.). Non tutte le condizioni patrimoniali, tuttavia,
trovano diretta rappresentazione nella tavola del capitale di funzionamento.
Condizioni immateriali: elementi patrimoniali che non operano sotto forma fisica
- marchi e brevetti;
- conoscenze e know how (capitale intellettuale);
- rete di relazioni esterne (capitale sociale);
- reputazione e immagine (capitale reputazionale);
- coesione interna (cultura, identità e identificazione)
Condizioni monetarie:
- elementi patrimoniali che si presentano sotto forma di cassa, debiti, crediti, capitale netto
Condizioni d’ambiente: condizioni patrimoniali in senso allargato (non sono di pertinenza dell’impresa), ma
che possono essere fonti di importanti “economie esterne”
- infrastrutture di comunicazione e trasporto;
- servizi della pubblica amministrazione;
- tessuto di imprese fisicamente e socialmente vicine (distretto);
- cultura locale.
LE COMPETENZE DINAMICHE
Oltre a competenze distintive e centrali, l’impresa deve dotarsi anche di competenze dinamiche (dynamic
capabilities), che consistono nella capacità di arricchire, rinnovare, ricombinare e sostituire le competenze
distintive esistenti
LE VARIABILI ORGANIZZATIVE
Le variabili organizzative sono le strutture e i processi che indirizzano i comportamenti delle persone
Le variabili organizzative sono:
- la struttura organizzativa di base e la struttura organizzativa delle singole unità aziendali
- la distribuzione del potere ;
- i sistemi operativi:
L’ORGANISMO PERSONALE
è l’insieme unitario delle persone, che, con il loro lavoro, contribuiscono alla vita dell’azienda. è un complesso
dinamico, e deve essere flessibile. Si analizza in due aspetti complementari:
- le variabili individuali (caratteristiche singole persone);
- le variabili sociali (l’intensità e la qualità delle relazioni tra le persone).
LE VARIABILI INDIVIDUALI
- le competenze professionali: conoscenze e capacità tecniche (contabilità, elettronica, marketing..) e
conoscenze e capacità razionali (leadership, lavori in gruppo…)
- i valori: le convinzioni e le credenze in generale e anche relative all’attività economica;
- i bisogni e soprattutto i bisogni che si soddisfano mediante il lavoro.
LE VARIABILI SOCIALI
Sono le relazioni positive (cooperazione, coesione = essenziali per il buon funzionamento delle
organizzazioni ed esse dipendono anche dalla condivisione dei valori comuni come la cultura) e negative
(conflitto) che si instaurano tra le persone.
2) la struttura elementare
Nel caso delle aziende particolarmente piccole e semplici, si adotta una struttura elementare, ossia una
struttura nella quale la funzione di governo economico e la funzione di direzione sono svolte da un unico
organo di direzione generale.
5) il modello strategia-struttura
Nel contesto delle grandi imprese (con diversificazione correlata e struttura mista/a matrice), esse vengono
viste come terzo stadio alternativo (stadio di dimensioni molto grandi e forti diversificazioni dei prodotti-
mercati) o come stadio intermedio tra secondo e terzo (tra lo stadio di dimensioni molto grandi e quello di
dimensioni più semplici).
Le tre modalità base di organizzazione del lavoro nelle singole unità organizzative sono:
1. organizzazione sequenziale parcellizzata
2. organizzazione per attività semi-autonome individuali (arricchimento delle mansioni)
3. organizzazione per gruppi semi-autonomi.
LA MOTIVAZIONE AL LAVORO
Con la motivazione si riesce a lavorare con impegno e con spirito cooperativo e costruttivo.
Una persona è motivata a lavorare solo se prevede che il lavoro svolto gli permetterà di soddisfare i propri
bisogni; in caso contrario la persona potrà decidere se svolgere il lavoro con l’impegno minimo per non
perderlo.
LE REGOLE DI ORGANIZZAZIONE DI LAVORO IN SINTESI
Nel mondo d’oggi, i bisogni da soddisfare per motivare le persone al lavoro sono prevalentemente i bisogni di
socialità, di stima e di realizzazione.
Di conseguenza, la forma di organizzazione del lavoro da privilegiare è quella per gruppi semi-autonomi.
Tale forma di organizzazione, infatti:
• consente interazioni intense e positive tra le persone (socialità);
• dà luogo a risultati osservabili e attribuibili alle persone e al gruppo (stima);
• consente l’esercizio di una gamma ampia di competenze (autorealizzazione).
I SISTEMI OPERATIVI
Sono strettamente complementari alla struttura organizzativa (macro e delle singole unità) nella funzione di
indirizzo dei comportamenti delle persone
Ci sono due gruppi di sistemi:
1. Sistemi di pianificazione, programmazione, informazione
2. Sistemi di gestione del personale
IL PRIMO SISTEMA
- Sistema di pianificazione strategica: esplicita i fini, le politiche e le strategie alle quali tutti devono ispirarsi
(“mission”, “vision”).
- Sistema di programmazione e controllo (budgeting, controllo di gestione): indica per ciascuna unità quali
obiettivi realizzare a breve e con quali risorse; le relative performance influenzano la distribuzione dei
premi e delle sanzioni; ripartendo con cura gli obiettivi e le risorse, si realizza il coordinamento.
- Sistema informativo: produce e distribuisce le informazioni; le persone agiscono anche in base alle
informazioni disponibili / non disponibili; l’informazione è potere; un buon sistema informativo è uno
strumento potente di coordinamento.
IL SECONDO SISTEMA
- sistema di dimensionamento degli organici determina il numero / tipo di persone di ciascuna unità
aziendale e i relativi carichi di lavoro. Deve tener conto di molti fattori: orari di lavoro, tecnologie,
integrazione verticale, esperienza, ecc.
- sistema di ricerca e selezione personale, Individua e vaglia le persone da inserire. Varie politiche, tra cui:
solo ingressi dal basso (persone senza precedenti esperienze di lavoro) o anche laterali e persone
specializzate o con base ampia.
- Sistema retributivo, ovvero definisce le politiche retributive e le retribuzioni di ciascuna persona. Tra le basi
fondamentali ci sono il valore della posizione occupata dalla persona, la prestazione realizzata rispetto agli
obiettivi e i livelli retributivi correnti nel mercato del lavoro;
- sistema i carriera, dove si definiscono i percorsi professionali (sentieri di carriera) e i relativi criteri. Alla
base fondamentale c’è la valutazione del potenziale. Varie politiche di questo sistema sono: carriere in linea
(sempre nella stessa funzione)/ carriere cn rotazione (passaggi tra funzioni).
- sistema di addestramento e di formazione, che stimolano lo sviluppo delle competenze individuali e si
assumono svariate modalità tra cui studio, corsi in aula, affiancamento, assegnazioni…
- Livello di complessità 1
è il livello della complessità nulla (nella realtà concreta non esistono aziende di questo tipo). È un’azienda che
si configura come la sequenza di nuclei di attività perfettamente conosciuta e stabile sia nei nuclei che la
compongono sia nelle relazioni che li regolano
- Livello di complessità 2
è il livello di complessità tipico delle piccole imprese di monoprodotto e monomercato operanti in un contesto
relativamente stabile. L’azienda si configura come una sequenza di nuclei di attività nei quali si manifestano
eccezioni che sono molto poco frequenti
- Livello di complessità 3
è il livello della complessità media e alta ed ad esso sono riferibili le aziende che hanno superato la soglia
delle dimensioni piccole e della strategia monoprodotto e monomercato che non si trovano nelle situazioni di
diversificazione marcata combinata ad alta pressione competitiva. Lo schema dell’azienda è una sequenza di
nuclei di attività più articolata e nella quale si manifestano eccezioni frequenti e di varia criticità
- Livello di complessità 4
si definisce come il modella della complessità alta ed altissima. È il livello delle aziende nelle quasi tutte e sei
le variabili che definiscono la complessità si manifestano con gradi elevati o elevatissimi.
Le scelte di aggregazione internazionale
DUE FENOMENI DIFFUSI
- La varia estensione dei confini degli istituti: molti di questi includono nei propri confini combinazioni
economiche che potrebbero essere svolte in altri istituti o viceversa.
- le relazioni istituzionali tra più instituiti: esse non sono solo relazioni di scambio condotte secondo le regole
del mercato, sono anche relazioni nelle quali si condividono scelte di governo economico e risultati
economici.
Quando M e N scelgono di formare un aggregato interaziendale possono percorrere una delle seguenti vie:
LE FORZE AGGREGANTI
1. Forze di aggreganti di tipo economico-tecnico
- le economie di scala;
- le economie di raggio di azione;
- l’integrazione delle competenze distintive;
- le economie di transazione;
- la condivisione dei rischi;
- le rendite monopolistiche;
LE FROZE DISAGGREGANTI
1. Forze disaggreganti di natura economica tecnica
- l’altra complessità organizzativa;
- il fabbisogno di differenziazione degli orientamenti manageriali;
- il rischio di erosione delle conoscenze e delle competenze distintive;
- la separazione dei rischi;
I FATTORI AMBIENTALI
In base a quali sono possono giocare a favore o sfavore:
- sistemi di comunicazione e di trasporto;
- i mercati capitali;
- la normativa economica, in particolare la normativa antitrust e la normativa fiscale;
- la cultura economica e politica prevalenti, più o meno favorevoli alle grandi imprese o ai grandi gruppi.
I TIPI DI AGGREGAZIONE AZIENDALI
Gli aggregati interaziendali sono:
- I gruppi economici composti da: gruppi privati e aziende di produzione, Joint venture, gruppi di gestione
patrimoniale familiari;
- Le associazioni formali di aziende, ovvero i consorzi, cartelli, franchising, licenze, connessioni, accordi
quadro, associazioni di categoria, associazioni di aziende di consumo;
- Le associazioni informali di aziende, ovvero le reti di subfornitura, costellazioni, distretti e intese normative
varie.
Gli aggregati intra-aziendali: sono pluralità di combinazioni economiche, aggregate in una stessa entità
giuridica. Le fattispecie ricorrenti sono: le aziende multiunità (più stabilimenti, filiali, uffici, ecc.,
relativamente autonomi) e le aziende integrate verticalmente – aziende diversificate.
Le scelte di assetto istituzionale
INCERTEZZA, LIBERTÀ EQUITÀ
Le scelte di assetto istituzionale determinano la configurazione fondamentale di un istituto, in quanto portano
a decidere:
– chi ha il diritto e il dovere di governare l’istituto, fissandone gli obiettivi, prendendo le scelte ultime,
decidendone l’eventuale cessazione;
– chi ha il diritto-dovere di ricevere i risultati reddituali dell’istituto e di disporre del patrimonio dello stesso;
– come si configurano gli organi di governo economico e di controllo del governo economico;
– se e con quali altri istituti si instaurano relazioni “istituzionali”.
• I sistemi economici sono molto complessi, dinamici, incerti, ambigui; in molti aspetti sono sistemi poco
trasparenti.
• In tali contesti è impossibile decidere e valutare con precisione quali sono i contributi e quali le ricompense
di ciascun soggetto.
• I vari soggetti si presentano con differenti competenze, valori, energie, propensioni al rischio, patrimoni
economici e relazionali, basi di potere.
• Gli assetti istituzionali devono essere progettati in modo tale che:
a. sia favorita la massima libertà e varietà di espressione delle persone; b. si produca un senso di sostanziale
equità;
c. il costo delle soluzioni adottate sia contenuto
L’impresa nella quale i diritti di proprietà fanno capo ai conferenti di capitale di rischio viene qualificata come
“impresa capitalistica”; essa è la forma dominante, ma non mancano insiemi, talvolta numerosi, di assetti
proprietari differenti.
• La soluzione più efficiente è quella che minimizza il totale dei costi di transazione sostenuti da tutti i patron,
ossia dei costi di ownership sostenuti dai proprietari e dei costi di market contracting sostenuti da tutti i
patron (inclusi i proprietari).
- Nell’ambito del modello generale delle imprese capitalistiche si distinguono importanti fattispecie in
relazione al grado di concentrazione del capitale di rischio, alla natura pubblica o privata dei titolari di
capitale di rischio e alla distribuzione dei diritti di voto e rimunerazione;
- Nelle imprese ad assetto proprietario non capitalistico i diritti di proprietà non sono assegnati ai conferenti
di capitale di rischio, ma ad altre categorie di soggetti;
- Fra le imprese ad assetto proprietario misto, si distinguono quelle imprese nelle quali i diritti di proprietà
sono ripartiti tra i conferenti di capitale di rischio e i prestatori di lavoro;
- Nelle imprese a diritti di proprietà limitati i diritti di governo sono in misura rilevante esercitati da soggetti
esterni all’impresa.
GLI ORGANI DI GOVERNO, DI INDIRIZZO E DI CONTROLLO
• si può scegliere fra varie forme d’impresa in termini di assetto di base dei diritti proprietari (es.: soc. di
capitali, cooperativa, partnership...)
• all’interno di ciascuna macrocategoria si offrono varie opzioni (es.: fra le società di capitali, la società per
azioni o la società a responsabilità limitata)
• per ciascuna forma giuridica la scelta degli organi da attivare è parzialmente libera
• ciascun organo può essere progettato con una certa libertà
• si dispone di ampi gradi di libertà nella realizzazione delle modalità di interazione con le rappresentanze
dei diversi portatori di interessi.
Processo decisionale:
- decidere quale strategia si vuole realizzare
- dedurre quali sono i contributi necessari
- valutare quale tipo di rapporto va instaurato con i fornitori dei vari contributi
- stimare a quali condizioni i soggetti sono disposti a partecipare
- valutare, nell’ambito delle scelte giuridicamente fattibili, quelle più accettabili sul piano culturale e in
termini di legittimazione
- compiere le scelte di assetto proprietario di base, forma giuridica, insieme di organi di governo e controllo,
di composizione di funzionamento degli stessi
DEFINIZIONE DI ASOFF
- L’insieme di obiettivi, scopi o fini e delle principali politiche e piani operativi per raggiungere tali fini,
espressi in modo da definire il business in cui l’impresa opera o dovrà operare.
PROBLEMATICHE DECISIONALI
- In quali mercati e/o settori operare.
- In che modo confrontarsi con la concorrenza.
- Come dare attuazione alle diverse funzioni che compongono il circuito degli investimenti
(approvvigionamento, produzione e vendita).
LE POLITICHE AZIENDALI
Insieme organico di decisioni, di obiettivi e di azioni
che si concretizzano in singole aree funzionali
dell’azienda al fine di attuare obiettivi di ordine
superiore = ogni politica è parte della più ampia
strategia aziendale.
LE STRATEGIE DI CORPORATE
L’azienda è la materializzazione del sistema delle idee. L‘ idea di impresa nei fatti prende forma e si articola
nella formula strategica attuale. Essa costituisce ciò che l’azienda è, nonché lo schema e il modello generale di
funzionamento dei suoi processi gestionali.
Il perno delle strategie a livello aziendale è costituito dalla definizione della formula strategica attuale, della
formula strategica del domani, dei tempi e delle modalità per arrivarci.
2. per poter realizzare la propria proposta competitiva e sociale organizza e combina un insieme di risorse e
compone in processi una serie attività. Queste azioni strategiche vengono analizzate in una prospettiva
economico-finanziaria.
LE STRATEGIE COMPETITIVE
-Leadership di costo: si ottiene quando l’impresa riesce
a organizzarsi e a dare vita a modelli gestionali tali per
cui i suoi costi cumulativi per generare tutte le attività
generatrici di valore sono più bassi di quelli dei suoi
concorrenti. Conferisce all’azienda la capacità di
strutturare processi diversi e meno costosi dei propri
rivali, così che riesce a ottenere margini operativi
complessivi più alti rispetto a quelli del settore;
-Differenziazione: mira a generare una superiorità dei
margini operativi complessivi sfruttando i caratteri di
significativa superiorità dei prodotti offerti ai clienti. In
virtù di questa unicità e superiorità, i clienti sono
disposti a offrire maggiori prezzi.