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ECONOMIA AGRARIA
BENI, BISOGNI, UTILITA’ E MERCATO
Tutti noi ogni giorno facciamo scelte economiche perché decidiamo come impiegare il
nostro tempo, le nostre risorse, ma queste scelte derivano dalle nostre esigenze che in
gergo economico si chiamano BISOGNI, questi bisogni non sono percepiti da tutti allo
stesso modo poiché ognuno li può percepire in maniera più o meno intensa.
Per esempio nel momento in cui percepisco la sensazione della sete nasce in me il bisogno
di bere, se nasce in me il bisogno di bere devo necessariamente disporre dell’acqua, questa
esigenza porta a una voglia di disporre di un BENE.
Il bene è disponibile per tutti? No, perché non sempre la disponibilità di un bene può
soddisfare l’esigenza di tutti quanti ne richiedono una parte quindi il bene diventa un bene
economico nel senso che non essendo disponibile in quantità sufficienti per soddisfare le
esigenze di tutti bisogna che per averne una porzione ognuno di noi sia disponibile a fare un
sacrificio, il sacrificio può essere: l’acquisto con disponibilità di moneta o lo scambio.
Il mercato di una volta era basato sullo scambio ma successivamente quando lo scambio
tramontò entrò un elemento indifferenziato che è il DENARO, il denaro è una Capitale
Indifferenziato ( se ho 10 buoi questi sono un Capitale Differenziato perché posso
scambiarli ma devo trovare qualcuno a cui interessano)
L’UTILITÀ è il grado di soddisfazione che ognuno di noi ricava dall’utilizzo di determinati
beni.
RISORSE: Nel processo produttivo per produrre un bene si utilizzano altri beni
intermedi, altre risorse, anche queste scarse, per cui sorge il problema dell’impiego
alternativo. Es: se voglio produrre farina devo rinunciare al grano
Per ottenere un bene in via definitiva devo avere la MATERIA PRIMA, il LAVORO e il
CAPITALE INDIFFERENZIATO ( che serve per poter sostenere tutte le varie spese)
Non tutti i beni sono riproducibili ma alcuni beni possono essere migliorati per aumentare
la produttività, impiegando più fertilizzanti con riferimento alla terra; oppure con
l’istruzione per migliorare il lavoro.
Possiamo distinguere 3 tipi di produzione: produzione del breve, medio e lungo periodo.
Per la PRODUZIONE DEL BREVE PERIODO gli interventi che si possono fare non sono così
tanti, se io per esempio ho deciso di seminare un campo di 10 ettari di grano dopo la
semina non potrò apportare ulteriori correzioni, l’ apporto di correzioni mira ad
incrementare la produttività (aumentando le unità di fertilizzanti, aumentando il numero di
lavoratori ma non all’ infinito)
Quando avrò raggiunto il punto massimo la produzione non aumenterà più ma tenderà a
decrescere e quindi è inutile che continuo ad aumentare fertilizzanti (per esempio: è inutile
che continuo a dare azoto alla pianta perché non migliorerà ma subirà danni e non avrò un
aumento di produzione)
3
La MICROECONOMIA studia:
IL comportamento economico dei singoli operatori, imprese, famiglie, mercati; lo
studio degli elementi ci permette di arrivare al concetto di prezzo e valore.
Il livello dei prezzi e delle produzioni di beni e servizi tramite la Teoria Dell’equilibrio
Economico Generale che tiene conto del comportamento dei consumatori, delle
imprese e dei mercati.
Il variare del sistema dei prezzi induce a cambiare le nostre scelte, infatti ci sono dei prezzi
che incidono sulle scelte in maniera più o meno proporzionale (es: il variare del prezzo del
carburante si scarica su tutti ovvero sul trasportatore)
La domanda può essere:
ELASTICA: quando al variare del prezzo dei beni varia in misura più o meno
proporzionale anche la quantità richiesta dai consumatori, per esempio se il prezzo
dei diamanti si dimezzasse la domanda crescerebbe notevolmente
ANELASTICA: quando al variare del prezzo corrispondono variazioni di intensità
minore di domanda, quindi il prezzo di un bene non incide sulla domanda.
A ELASTICITÀ UNITARIA: quando il prezzo di un determinato bene incide sulla
richiesta della domanda che risponde in maniera direttamente proporzionale e
quindi varia nella stessa misura e direzione.
La MACROECONOMIA studia:
- I fenomeni aggregati relativi al sistema economico, il livello generale dei prezzi, il
tasso di disoccupazione.
- I rapporti reciproci tra i mercati e si occupa dei problemi degli aggregati economici:
reddito nazionale, consumi, risparmi, investimenti.
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_Il METODO DEDUTTIVO muove da ipotesi generali e attraverso deduzioni logiche giunge
alla spiegazione di un fenomeno economico tramite l'osservazione della realtà (si parte dal
generale per arrivare al particolare). Nella fase di deduzione si parte dunque da un numero
di ipotesi facilmente verificabili con dei limiti che sono stati messi a punto e sulla base di
queste ipotesi si cerca di costruire un modello economico di analisi per spiegare la realtà
(questi modelli sono tanti e fondamentalmente si basano sull’analisi empirica, del materiale
grezzo...).
I BISOGNI
Per bisogno si intende il desiderio di disporre di un mezzo ritenuto idoneo a far cessare una
sensazione dolorosa od a prevenirla, oppure a conservare una sensazione piacevole
oppure a provocarla.
Il concetto economico di bisogno è uno stato d'animo del soggetto.
Affinché il desiderio divenga bisogno, in senso economico, occorre che l'individuo pensi che
esista qualcosa idonea a soddisfarla, ma non necessariamente la cosa deve essere capace,
è sufficiente che l'individuo reputi che quella sia adatta (cioè è una nostra sensazione).
Lo Stato soddisfa i BISOGNI DEGLI INDIVIDUI con le Imposte e le Tasse. Differenza tra
imposte e tasse:
- IMPOSTA: è un tributo che ciascuno di noi deve versare per determinate ragioni
(ad es. avere una casa, percepire un reddito, svolgere un’attività commerciale…)
- TASSA: il cittadino la versa la tassa allo stato solo quando gli chiede un servizio (es.
tassa universitaria, tassa della licenza alla caccia…) anche questa è un tributo.
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I BENI ECONOMICI
È un BENE un qualsiasi mezzo idoneo, o ritenuto idoneo, a soddisfare un bisogno.
L'uso contemporaneo della quantità A e B, può fornire un'utilità globale UA,B tale che
possono esserci tre relazioni:
1) UA,B = UA + UB nel caso in cui i beni siano indipendenti (es. ho le scarpe e l’acqua,
ognuno soddisferà una diversa esigenza).
L’utilità fornita dall’uso di un bene economico erogato in dosi uguali e successive può
essere distinta in iniziale, marginale e totale.
-L’UTILITÀ INIZIALE consiste nella prima dose (esempio: se bevo, il primo sorso equivale alla
prima dose)
-L’UTILITÀ MARGINALE è quella che ritengo di percepire realmente dall’ uso dell’ultima
dose.
-La somma tra quella iniziale e quella marginale dà L’UTILITÀ TOTALE.
Nella Fig. 2 che segue sono evidenziate l'utilità iniziale, marginale, totale e differenziale o
rendita del consumatore costituita dall' utilità totale meno il prodotto tra le quantità x e la
sua utilità marginale.
L'utilità differenziale così come ottenuta non è altro che l'eccedenza dell'utilità totale di
fronte all'utilità totale che avrebbe la quantità x se la sua utilità fosse sempre uguale a
quella marginale.
B BX = Utilità marginale
C
O
1 2 3 4 5 6 X 7 8 dosi
9
Dosi uguali del bene acquistato a prezzo costante
Spiegazione: es.1
Per comprendere meglio i concetti esposti si può pensare all'atteggiamento che l'individuo
potrebbe avere di fronte ad una crostata di fragole. Il primo pezzo di torta sarebbe molto
gradito. L'incremento di utilità che genererebbe un secondo pezzo di crostata, sebbene
consistente, sarebbe sicuramente minore del primo. L'incremento del terzo ancora minore
e così via. Nel caso della crostata di fragole è poi anche verosimile immaginare che vi sarà un
punto in cui il nostro consumatore sarà "sazio".
Una volta raggiunto il punto di sazietà eventuali altri incrementi del consumo del bene (il
mangiare altri pezzi di torta) probabilmente apporteranno una disutilità, diminuiranno cioè
il livello di soddisfazione individuale.
In corrispondenza del punto di sazietà l'utilità marginale è nulla (il consumatore è
indifferente se mangiare il pezzo di crostata oppure no) ed il suo livello di utilità è massimo.
13
Es.2
Ipotizziamo di consumare dosi
successive di uno stesso bene
(lattine). Queste dosi successive in
via tecnica dovrebbero dare la stessa
soddisfazione; in verità l’utilità della
prima lattina è maggiore della
seconda che a sua volta è maggiore della terza. Posto che le lattine contengono la stessa
quantità di coca cola, l’utilità è differente, perché il consumatore non ha gli stessi bisogni
per tutte le dosi (il bisogno di dissetarsi è massimo alla prima dose).
L’utilità totale sarà fornita dall’area ABDO. Se a questa sottraiamo l’utilità marginale ( BDO)
otteniamo l’utilità differenziale ABC, ovvero la rendita del consumatore.
CB rappresenta invece il prezzo unitario costante dalla prima all’ultima dose.
Affermiamo, quindi, che l’utilità del bene descresce dal primo sorso e cosi via.
Finché il rapporto tra utilità marginale e prezzo sarà favorevole al consumatore converrà
acquistare; non gli converrà acquistare ulteriori dosi del bene quando il rapporto diventerà
sfavorevole.
Una curva di indifferenza indica tutte le possibili combinazioni di consumo dei prodotti X1 e
X2 che assicurano al consumatore la stessa utilità o soddisfazione.
E’ l'insieme dei beni che garantiscono al consumatore lo stesso livello di utilità.
La curva di indifferenza si costruisce per punti, ciascuno dei quali individua la quantità di un
bene a cui il consumatore deve rinunciare per ottenere una dose aggiuntiva dell’altro bene.
Il grafico ha la convessità rivolta verso il basso. Per ottenerlo incrociamo i punti delle
ascisse e delle ordinate.
Esattamente una curva d’indifferenza assume la forma riportata nel grafico
La tabella e il grafico sottostanti evidenziano
un’ipotetica combinazione con pari soddisfazione
ricavabile dai beni x1 e x2. Tutte le combinazioni
offrono al consumatore la stessa utilità totale.
I valori riportati in tabella stanno a indicare una
variazione infinitesimale dei beni x2 che indicano
il vestiario e x1 gli alimenti.
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Questo perché ogni consumatore ha un reddito con cui deve soddisfare le esigenze e
quando si trova davanti delle scelte deve trovare la posizione ottimale, posto che il suo
vincolo è la LINEA DI BILANCIO. Oltre non può andare.
Cerchiamo di costruire i grafici tramite dei numeri reali come si vede la tabella.
ES. 1 sola di hamburger e 10 bibite. Alla fine ciò che ne viene fuori è questa curva.
Nel caso esaminato il consumatore deve rinunciare a 4 dosi del bene x2 per avere una dose in più
del bene x1. Quindi i beni stanno in un rapporto di 4 : 1.
Ne segue che ∆x2 / ∆x1= 4
Il sms in valore è il rapporto inverso tra le utilità marginali dei due beni, quindi sarà il rapporto
inverso (∆x2/∆x1=Um1/Um2)
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Al variare del reddito le curve si modificano: allontanandosi dall’ origine del grafico, il
reddito aumenta e con esso le quantità dei beni acquistabili, in questo caso cresce anche il
livello di utilità o soddisfazione del consumatore. Si verificherà il contrario se il reddito
diminuisce.
Il VINCOLO DI BILANCIO del consumatore è la combinazione ottimale dei beni e servizi che questi
può acquistare, a parità di reddito.
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I valori ottenuti sono quelli che ci dobbiamo aspettare. Il tasso di scambio tra pasti film è 1:2. Quindi
un aumento di un pasto comporta la rinuncia di due spettacoli
.
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LINEA DI BILANCIO
Per spiegare il concetto di linea di bilancio o della possibilità di consumo
richiamiamo due principi
1. Il consumatore ha un REDDITO FISSO y
2. Siano p1 e p2 i prezzi dei due beni (alimenti e vestiario,).
• Ciascun bene ha un prezzo che il singolo individuo non può modificare (perché il
libero mercato è governato dall’accordo tra la domanda e l’offerta, la modifica del
prezzo di un bene può essere fatta solo dal monopolista).
UTILITÀ PONDERATA
(ponderare vuol dire pesare, vedere effettivamente rispetto al prezzo quanto incide)
• Sia Q la quantità necessaria del bene A per saturare il bisogno individuale.
• Il bene A abbia un prezzo pa (un bene se non ha un prezzo non è un bene economico)
Quando un bene ha un prezzo è un bene che si può ponderare.
Se ipotizziamo il rapporto 1/pa (1 è l’unità di moneta (euro, dollaro…), pa il prezzo del
bene a) si può arrivare alla conclusione che se noi suddividiamo la quantità di un bene in
dosi uguali abbiamo sempre una dose ponderata 1/pa acquistabile con 1 unità di
moneta (una dose ponderata è quindi una dose rapportata col proprio prezzo -> 1/pa).
Dunque il rapporto 1/pa indica la quantità di A acquistabile con 1 unità di
moneta.
Si suddivida la quantità Q in dosi uguali a 1/pa cioè in dosi acquistabili con 1 moneta.
Si ottengono n dosi di cui la n (ennesima, cioè l’ultima dose) satura il bisogno e la n+1 ha
utilità nulla (perché quando si arriva alla sazietà non si ha bisogno di ulteriori dosi). Se
rapportiamo la quantità di utilità al prezzo del bene si ottiene l'utilità ponderata.
Quindi abbiamo visto la suddivisione del bene in dosi, il consumo di queste dosi da
Utilità, se rapportiamo l’utilità al prezzo del bene abbiamo l’UTILITÀ PONDERATA.
Così, per es., la terza moneta ci darà un'utilità ponderata pari a U3/Pa (U3 è la terza moneta)
essa è un'utilità dosale risultante dal prodotto tra l'utilità marginale ed una quantità del
bene. L’ultima dose (marginale) è quella che soddisfa a pieno le esigenze del consumatore,
oltre quest’ultima non è necessario andare perché il consumatore non la gradisce, quindi
l’utilità dell’ennesima dose più una diventa nulla.
È noto che dosi successive di uno stesso bene hanno utilità marginale decrescente,
pertanto le utilità ponderate decrescono all’aumentare del numero di dosi del bene
consumato (il principio dell’utilità decrescente vale anche per le utilità ponderate), giacché
diminuisce il numeratore si avrà:
U1 U 2 U 3
> > > ......
pa p a p a
L'UTILITÀ MARGINALE PONDERATA è data dal rapporto dall'UTILITÀ MARGINALE dx (dx è
una infinitesima parte di un bene, dunque una quantità indefinita) di un bene e il PREZZO
DEL BENE STESSO:
U dx
pa
Con l’aumento delle dosi del bene l’utilità ponderata tende a diminuire fino a
diventare infinitamente piccola, infatti si può rappresentare sull’asse delle ascisse solo con
un puntino.
Finché il consumatore riterrà il rapporto tra l’utilità marginale e prezzo favorevole,
continuerà ad acquistare ulteriori dosi del bene e smetterà di acquistarne quando il
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rapporto diventerà sfavorevole oppure quando riterrà che l’ultima dose di utilità
ponderata è inferiore alla prima dose di un altro bene (es. ultima dose del bene pasta è
inferiore alla prima dose del bene vino).
Es. compriamo dei panini, il primo dimostra di avere una maggiore utilità, il secondo meno
del primo e cosi via; ad un certo punto il consumatore troverà più utile comprare dell’acqua
piuttosto che un altro panino.
Per questo motivo nessun individuo ha utilità marginale nulla, cioè avrà sempre un
desiderio. Quindi nessuno è completamente soddisfatto a causa del reddito limitato di
fronte ai bisogni illimitati.
Su questo aspetto poggia la funzione del MARKETING. Infatti il consumatore è sollecitato da
operazioni di marketing come promozioni che ci spingono a comprare un prodotto anche se
non ne abbiamo bisogno. La promozione è sia una sollecitazione per l’acquisto ma anche un
aiuto per il consumatore.
Se il reddito varia, il consumatore adegua il suo comportamento; la crisi ha portato
l’individuo a spendere meno.
26
500
Dose di
P2 saturazione
250
0 Q1 Q2 Q
Quantità
I prezzi del secondo gruppo sono tutti inferiori di un’ unità rispetto a quelli del primo
gruppo, quindi la VARIAZIONE ASSOLUTA Ap= 1 è uguale per tutti.
Di contro le VARIAZIONI RELATIVE, date dal rapporto tra la Variazione Assoluta e i
Corrispondenti Valori, sono tutte diverse:
1/100= 1 %
1/50=2%
1/20=5%
Quindi quando noi diciamo che c’è stata una variazione di un centesimo, significa che c’è
stata una variazione dell’1 %.
1
dx
x dx y
E= = ⋅
dy dy x
y
[Possiamo pensare a dx come 100 g di mortadella a fronte dei 5 kg totali di mortadella (x)]
P dQ
Ep= ⋅
Q dP
L’ Elasticità della curva della domanda, in un punto, rispetto al prezzo è la variazione
percentuale della quantità domandata divisa la variazione percentuale del prezzo in quel
punto.
CONSIDERAZIONI SULL’ ELASTICITÀ DELLA DOMANDA RISPETTO AL PREZZO
In riferimento ad una curva di domanda si deve osservare che le variazioni relative del
prezzo è quelle delle quantità hanno andamento opposto.
Andando dell’ alto verso il basso della curva (retta ),la variazione relativa al prezzo aumenta
mentre quella della quantità diminuisce.
2
Una curva di
domanda rettilinea ha
pendenza costante,
l’elasticità della
domanda varia da
infinito, nel punto in
cui la curva tocca l’
asse del prezzo (asse
y), a zero nel punto in
cui la stessa curva
tocca l’ asse della
quantità (asse x)
Nella parte intermedia vi è Ep=1, significa che tanto varia il prezzo, tanto varia la quantità. Se ci
muoviamo verso l’alto, Ep>1 ; verso il basso sarà Ep<1.
Tutti i punti della terra che rappresenta la curva di domanda hanno la stessa pendenza, ma al di
sopra del punto intermedio M, la domanda è elastica (Ep>1}, mentre al di sotto é Anelastica o rigida
(ep<1);
Nel punto intermedio M la domanda è ad elasticità unitaria.
Come si vede anche se la pendenza della curva di domanda è costante , l’elasticità non lo è. Questo
perché la PENDENZA é il rapporto tra due variabili, mentre l’ ELASTICITÀ è il rapporto tra le
variazioni percentuali delle due variabili.
3
In questa tabella è riportato il calcolo dell’elasticità rispetto al prezzo di una curva di domanda
lineare utilizzando il METODO DEL PUNTO MEDIO.
Nella figura si osserva che nei tratti in cui il prezzo è basso la quantità domandata è maggiore e la
curva di domanda è rigida ( Ep < 1 ), dove il prezzo è elevato, la quantità domandata è bassa e la
curva è elastica (Ep >1 ).
Nella prima colonna ci sono le quantità Q di un determinato bene in dosi successive, il ∆ Q varia di
dosi di 10 in 10, il prezzo P è dato dalla quantità del prezzo imposto, il ∆ P è dato dalla sottrazione di
2 valori successivi e quindi ( 6-4 =2) ; (4-2=2); (2-0=2)
Il Valore Medio Del Prezzo si calcola applicando questa formula P1+P2/ 2 e quindi sarà:
(*) Samuelson P.A., Nordhaus W.D., Bollino C.A. (2009) -Economia (XIX Ed.). Pag.58
IL MERCATO
È quel meccanismo messo in moto dall’agire e dall’interagire di compratori e venditori, che
determina il prezzo e la quantità di beni e servizi da scambiare.
Esistono diversi tipi di mercati tra cui il MERCATO REALE per quanto riguarda la transazione
( è quello in cui noi andiamo, facciamo le nostre scelte e compriamo ciò che vogliamo) e il
MERCATO VIRTUALE ( dove non è necessario che offerente e acquirente si incontrino e
quindi si possono avere scambi commerciali senza che i due soggetti si incontrino) ; inoltre
tra le varie forme abbiamo:
FORME DI MERCATO
a) CONCORRENZA PERFETTA: domanda e offerta tendono a raggiungere un equilibrio in un
punto comune chiamato Punto Di Equilibrio
Se è concorrenza perfetta vuol dire che il prezzo si determina
lasciando oscillare domanda e offerta perché se c’è un eccesso di
offerta rispetto alla domanda parte della merce rimarrà invenduta
e saranno i venditori a rimanere delusi perché non avranno
venduto tutta la loro merce; se c’è un offerta inferiore alla
domanda (domanda superiore al bene venduto ) a rimanere delusi
saranno i potenziali compratori perché non vi sarà più merce
disponibile.
b) MONOPOLIO: si ha quando un detentore di un certo bene ha la facoltà di stabilire a suo
piacimento il prezzo di un determinato bene per cui immette sul mercato un determinato
bene e ne stabilisce il prezzo, se non c’è libertà di concorrenza i compratori sono costretti a
comprare a quel determinato prezzo ( per es. il monopolio delle sigarette poiché lo Stato
ne detiene il monopolio e per cui anche se aumentassero i prezzi i fumatori
continuerebbero a fumare.
c) OLIGOPOLIO
d) CONCORRENZA IMPERFETTA
CONCORRENZA PERFETTA
E’ una forma di mercato ideale. E’ il modello ipotizzato dalla Teoria Neoclassica (liberalismo
economico) e si basa sul principio del laisser faire ( lasciate fare).
Nel mercato in concorrenza perfetta in ogni momento vige un unico prezzo, valido per
venditori e acquirenti (Legge di Jevons o di indifferenza dei prezzi)
In questa forma di mercato l’impresa non ha la possibilità di fissare o influire sui prezzi
(price-taker = senza potere contrattuale) cioè subisce il prezzo.
Caratteri della concorrenza perfetta
POLVERIZZAZIONE DELLA DOMANDA : se esistono molte aziende che producono
beni esiste una quantità elevata di compratori
POLVERIZZAZIONE DELL’OFFERTA
OMOGENEITÀ DEL PRODOTTO: se il prodotto non è omogeneo allora vi sarà una
discriminazione della qualità del prodotto per cui non vi sarà più concorrenza
perfetta
TRASPARENZA DEL MERCATO: deriva dal fatto che il prezzo è dovuto all’accordo o
alla fissazione tra quantità offerta e acquistata
LIBERTÀ DI ENTRARE E USCIRE DAL MERCATO: tutti possono entrare o uscire dal
mercato riferendoci non solo al mercato rionale ma anche del mercato ideale
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Da questo punto di vista però il mercato spesso non è trasparente perché si può camuffare
anche il vero prezzo con un prezzo superiore così che il vicino è scoraggiato ad acquistare a
quel prezzo. Ma non sempre è così semplice perché alcune volte si può anche impugnare il
contratto di compravendita poiché se nel preliminare di acquisto era stato fissato un certo
prezzo tra venditore e compratore per sfuggire al diritto di prelazione, se quel prezzo non
viene rispettato nell’atto si può impugnare il contratto.
MONOPOLIO
È una forma di mercato, dove un unico venditore offre un prodotto o un servizio per il
quale non esistono sostituti (monopolio naturale) oppure opera in ambito protetto. Il
monopolio ha il vantaggio del monopolista che fissa il prezzo di un determinato bene, però
non è detto che il bene venga venduto a quel prezzo poiché questo è fatto dalla domanda e
dall’offerta, quindi se non è un prodotto necessario per problemi di vita o di morte il
prodotto può rimanere invenduto se il monopolista fissa un prezzo troppo alto (perché
non ci saranno acquirenti disposti a comprare il prodotto).
Caratteri del monopolio:
o CONCENTRAZIONE DELL’OFFERTA (colui il quale detiene il prodotto in mano)
o POLVERIZZAZIONE DELLA DOMANDA (sono in tanti a chiedere l’acquisto di un
determinato bene)
o BARRIERE ALL’ENTRATA (il monopolio viene protetto dallo sbarramento all’ingresso
in un certo territorio es. negli anni 50 potevano entrare in Italia solo macchine a
diesel Peugeot e Mercedes)
o CONTROLLO SUL PREZZO (si tratta di un monopolio)
o MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO (chi è monopolista tende a massimizzare il
profitto)
prodotti dei paesi extra-comunitari potevano entrare nei paesi europei a determinate
condizioni: contingentate dal punto di vista della quantità e obbligate nel pagare l’ingresso
nei diversi poli dell’unione europea.
Piccolo excursus:
Prima della liberalizzazione dei mercati l’unione gestiva la commercializzazione dei prodotti e l’esportazione
con la fissazione dei prezzi. In rapporto alla tipologia del prodotto il prezzo assumeva una definizione:
o PER I PRODOTTI AGRICOLI (ad es. per lo zucchero) vi era il Prezzo Di Orientamento, cioè quel prezzo
al quale l’imprenditore doveva tendere per ottenere un equo reddito (un reddito tale da consentire di
coprire le spese sostenute);
o PREZZO DI RESTITUZIONE ALLE ESPORTAZIONI: quando c’era un eccesso di produzione nei paesi
europei quel prodotto in eccesso poteva essere esportato anche a prezzi inferiori di quelli che
vigevano in Europa. Era dato dalla differenza tra i prezzi che vigevano in Europa e i prezzi di
esportazione;
o PREZZO DI ENTRATA O DI SOMMA: se un importatore europeo importava un determinato prodotto
da paesi stranieri ad un prezzo nettamente inferiore al prezzo che vigeva in Europa, la differenza tra
il prezzo di importazione e il prezzo vigente in Europa doveva essere sborsata dall’importatore.
Questo era un modo per tutelare il mercato dei paesi europei. Con la globalizzazione i prezzi sono stati
liberalizzati, quindi ognuno può importare a proprio piacimento a un determinato prezzo perché i prezzi dei
prodotti europei sono crollati. Però l’unione europea mette a disposizione per i diversi produttori che hanno i
titoli il pagamento unico aziendale: se supponiamo ad es. che c’è un allevatore di pecore che percepiva il
premio per gli ovini, scendendo il prezzo del latte, della lana ecc. deve essere tutelato e aiutato a mantenere
lo stesso livello di rendita che aveva prima dell’abbattimento delle barriere. Fine excurus.
In un primo momento il costo è più che proporzionale, in un secondo momento diventa meno
proporzionale (infatti scende e interseca la curva del ricavo), poi tende a risalire e interseca di
nuovo la curva del ricavo totale.
Per trovare il PUNTO DI MASSIMO PROFITTO tracciamo una parallela (T T’) alla curva del ricavo
totale e tangente alla curva dei costi, dopo di ché traccio una perpendicolare all’asse delle x che
parte dalla curva di ricavo e passa per il punto di tangenza (H’) della curva dei costi con la parallela
alla curva di ricavo -> la distanza H H’ rappresenta il massimo profitto.
FORME DI MONOPOLIO
DI FATTO:
Disponibilità esclusiva di una risorsa scarsa, si viene a creare per ragioni storiche,
politiche o fisiche; per esempio basti pensare ai fratricidi soprattutto nel Paesi
dell’ovest quando c’era una quantità di risorse scarse.
Prodotti o tecnologie protetti da brevetti, quando si crea qualcosa di esclusivo si va
a brevettare quello che è stato il risultato ottenuto attraverso determinati
procedimenti; c’è un periodo entro quale nessuno può usare quel determinato
brevetto senza l’autorizzazione dell’autore. Per esempio i produttori di farmaci
depositano quello che è un determinato prodotto con certe caratteristiche,
specificità e per circa 10 anni sono esclusivisti e il prezzo sarà alto, solo quando
scade il periodo di brevetto altre case farmaceutiche possono appropriare del modo
di fare quel determinato prodotto e quindi lo possono immettere come mercato
parallelo o farmaci generici.
Impresa che ha eliminato o acquistato le imprese rivali (concorrenti) per esempio
nell’ambito del calcio venivano acquistati da grandi società dei calciatori molto forti
di altre società in modo che non potevano essere presi da squadre che magari le
avrebbero portati a risultati maggiori.
Nel caso della Coca cola si ha una rendita per posizione perché ormai il brand è molto
consolidato e questo deriva non solo dalla qualità, dalle caratteristiche, ma grazie anche alla
misteriosità della formula.
In realtà il valore del prodotto rispetto al valore del brand della coca cola è una solo illusoria
perché grazie a diversi studi si è visto come la coca cola cresce molto meno della pepsi coca;
la coca cola ha un capitale così differenziato infatti l’apporto della vendita della coca cola
rispetto al volume di affari è solo l’1-2% e tutto il resto deriva da tutt’altra cosa proprio
perché hanno differenziato il proprio capitale con società che operano in più parti.
Per esempio nel caso del Mulino bianco, il brand della Mulino bianco è la Barilla e il mulino
bianco è una filiera della Barilla.
13
Il prezzo come aspetto di realizzazione di profitto è sicuramento un prezzo che dia una
notevole differenza positiva……
Alcune volte il pubblico potere (Stato) ha la possibilità di stabilire un prezzo politico che è
inferiore al costo di produzione, può offrire un servizio, un prodotto ad un prezzo inferiore
al costo di produzione; ovviamente quando lo Stato fa una scelta del genere lo fa poiché
magari quel servizio, prodotto a prezzi inferiori rispetto al costo evita………..
Per esempio nel caso del vaccino anti-influenzare distribuito gratis dallo Stato, nel
momento che in cui distribuisce i vaccini la popolazione andrà incontro ad un numero
inferiore di persone che si ammaleranno, quindi lo Stato preferisce pagare pochi euro per
distribuire i vaccini perché altrimenti la popolazione ammalandosi e andando in ospedale
farebbe spendere molti più soldi per le cure.
OLIGOPOLIO:
- Polverizzazione della domanda
- Offerta concentrata nelle mani di pochi offerenti
- Prodotto più o meno omogeneo
- Interdipendenza tra coloro che hanno il prodotto
- Differenziazione del prezzo ma devono tener conto della reazione di altri
produttori rispetto alla scelta stabilita da un certo produttore
- Barriere all’entrata (noi queste barriere le avevano a livello europeo e quindi
certi prodotti non poteva entrare e se entravano potevano farlo solo in
determinati periodi pagando un dazio
Mercato in cui l’offerta è concentrata nelle mani di poche grandi imprese la cui caratteristica
determinante è la contraddizione tra cooperazione e interesse personale.
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I monopolisti non cooperano tra di loro, poiché ciascun monopolista mira esclusivamente al
proprio profitto, e per questo è portato ad agire in totale autonomia, facendogli venire
meno il potere monopolistico.
IL DUOPOLIO
È la forma semplice di mercato oligopolistico.
Nel duopolio c’è la tendenza da parte delle imprese ad accordarsi sulla quantità di beni da
produrre e sul prezzo di vendita, in questi casi si parla di due tipologie di accordo:
COLLUSIONE: accordo tra imprese che operano nel medesimo mercato allo scopo di
determinare le quantità da produrre o il prezzo da applicare. Le imprese
oligopolistiche si accordano tra loro (cooperazione) per adottare una strategia
finalizzata alla massimizzazione della somma del profitto.
CARTELLO: gruppo di imprese che agisce in maniera coordinata, tale da apparire
come monopolio. Le imprese massimizzano il profitto congiunto e si spartiscono il
profitto monopolistico. In questi casi interviene l’antitrust, in altri casi gli oligopolisti
si trovano in disaccordo per l’ accaparramento dei mercati.
In questo caso, i duopolisti tentano di raggiungere una sorta di equilibrio non cooperativo,
detto di Nash (rappresenta la situazione nella quale un gruppo si viene a trovare se ogni
componente del gruppo fa ciò che è meglio per se, cioè mira a massimizzare il proprio
profitto a prescindere dalle scelte degli avversari.)
Interdipendenza:
Quando un’impresa prende una decisione deve tenere conto della reazione delle altre, in
quanto influenza le scelte delle altre imprese e ne è a sua volta influenzata.
produttori, quindi il prezzo deve variare al costo. In altri casi il discorso cambia, si varia il
prezzo per variare il profitto, ma si deve tenere conto:
Della reattività della domanda e dell’ elasticità della curva.
Della reattività della concorrenza: tendenza ad applicare riduzioni di prezzo per
evitare fughe della domanda.
Se il produttore non può agire sul prezzo può agire sulla diversificazione del prodotto. Può
variare anche il modo con cui viene proposto. Ma, per fare questo, viene a cadere la
fidelizzazione del consumatore. Quindi non si ha più un punto di riferimento.
TECNOLOGICHE -> impianti di grandi dimensioni tali che, a parità di input, si riesce
a produrre nell’unità di tempo, molti più output. La tecnologia contribuisce alla
differenziazione. ( es. le trebbie di un tempo permettevano di produrre molto meno
rispetto a quelle moderne).
COMMERCIALI-> ingenti spese pubblicitarie. Nei paesi del nord c’è una pubblicità
maggiore rispetto a quelli meridionali; questo perché nel sud si ha un prodotto di
nicchia. Se io ho poco prodotto non ha senso fare grandi campagne pubblicitarie.
Ecco perché a volte vengono immessi prodotti non originali (es. il “parmisan")
OLIGOPOLIO:
può essere:
COMPETITIVO: Le imprese si fanno concorrenza e si confrontano sul mercato.
COLLUSIVO: Le imprese concludono accordi che trasformano il mercato in un
monopolio di fatto: fissano quote di produzione, prezzi minimi, aree di vendita. (es.
ci sono tante aziende di tabacco, che finiscono per accordarsi, non per volere loro,
ma perché lo stato impone le stesse regole a tutti, quindi sono praticamente
costrette).
1
Caratteri:
Polverizzazione della domanda
Polverizzazione dell’offerta
Differenziazione del prodotto
Differenziazione dei prezzi
Libertà di entrata e di uscita nei mercati: ci sono dei momenti opportuni per entrare
nel mercato.
Mobilità dei fattori produttivi: i fattori produttivi possono essere trasferiti da un
posto all’altro.
REALI: Qualità, gusto, prestazioni, proprietà terapeutiche…. Es. Noi sappiamo che il
latte può essere scremato, parzialmente scremato, ma la qualità dipende
dall’alimentazione dell’animale. Quindi anche se acquistiamo un prodotto di una
categoria potremmo sentire un gusto diverso. Il latte non proviene infatti sempre
dallo stesso posto.
IMMAGINARIE: Packaging (modo di confezionare e presentare), marchi, promozione
e comunicazione, pubblicità, mode ….
2
Gli input sono le risorse che le imprese impiegano per produrre output ( prodotto
finito o trasformato) . Es. se vogliamo il pane (output) dobbiamo usare farina e
acqua (input).
Prodotti o output sono I beni e i servizi realizzati dalle imprese.
Il processo produttivo consiste nel trasformare un insieme di input in output,
creando utilità presente o futura.
In economia si crea Utilità quando un bene viene sottratto alla commercializzazione
attuale, quando un bene viene trasferito da un posto all’altro, quando un bene cambia
forma o per soddisfare il mercato finito o per costituire un bene intermedio.
Ogni passaggio della forma nello spazio e nel tempo, comporta dei costi.
Ognuno per la lavorazione dei beni si spetta un ragionevole introito (non si utilizza la parola
guadagno in quanto non è un termine corretto).
3
Per le coltivazioni erbacee è facile prevenire l’andamento sul mercato, per quelle arboree no.
Nel momento in cui l’imprenditore si accorge che il mercato di un determinato prodotto (olio, pesche, uva…) è
portato a scegliere quello che il mercato richiede per aver un profitto; ma la domanda del mercato è a priori
rispetto all’offerta, quindi, l’imprenditore che decide di trasformare il proprio campo di grano in un vigneto o
frutteto lo fa, tenendo conto delle perdite( visto che per 4-5 anni con la messa a dimora delle piante non può
produrre grano o altro) e del costo che deve essere sostenuto in quei cinque anni, cosicché le piante
raggiungano la maturità tale da poter dare la quantità di prodotto che compensi i costi che sta avendo( è la
fase di equilibrio). Dopodiché la pianta raggiunge lo stadio di maturità e alla fine di tal periodo vi sarà una
decrescenza della produzione, in cui l’imprenditore accuserà delle perdite tra costi e ricavi. Nel caso
dell’estimo, quell’età è detta del massimo tornaconto.
4
PROFITTO
Il PROFITTO, o TORNACONTO, è la differenza tra costi sostenuti e ricavi ottenuti. Può
essere positivo (+) o negativo (-). Può essere anche nullo.
Se il profitto è negativo, l’imprenditore continua a produrre, accontentandosi del profitto
ottenuto.
EQUAZIONE DEL TORNACONTO
(+ -) T = PLV – (Q+Sv+Imp) + (Sa+St+I+Bf)
(+-) T= TORNACONTO
PLV = PRODUZIONE LORDA VENDIBILE. La produzione può essere tutta venduta, ma
può essere anche accantonata, così come può essere utilizzata per i salari. Nella Plv
viene conteggiato anche l'autoconsumo e il reimpiego. E’ il ricavo della produzione
al lordo degli autoconsumi e al netto de reimpiego.
COSTI OGGETTIVI
1. Q= QUOTE (quote di ammortamento, manutenzione e assicurazione dei capitali
fissi). Le quote rappresentano il costo annuo necessario per mantenere costante
l’entità e l’efficienza dei capitali a logorio parziale (capitali fissi dell’azienda).
Ammortamento: È la stima della misura in cui il capitale perde di
valore durante un periodo, a causa di:
o Usura per l’uso
o Usura dovuta al tempo
o Obsolescenza
La Quota Di Manutenzione rappresenta la spesa relativa agli
interventi effettuati sugli elementi di capitale a logorio parziale
affinché gli stessi conservino le migliori condizioni di funzionamento
ed efficienza.
La Quota Di Assicurazione infine rappresenta la spesa sostenuta per
assicurare i vari elementi del capitale dall’eventuale rischio di
danneggiamento per cause accidentali.
2. Sv= SPESE VARIE: con il termine spese varie si è soliti indicare tutti gli acquisti di
beni impiegati nel processo produttivo.
3. Imp = IMPOSTE: soldi che si pagano allo stato.
COSTI DI RETRIBUZIONE
1. Sa= SALARIO: rappresenta il compenso del lavoro manuale ovvero quello
impiegato nell’esecuzione delle attività aziendali;
2. St= STIPENDIO, corrisponde invece al compenso del lavoro intellettuale che
comprende le attività di amministrazione, direzione e sorveglianza.
3. I= INTERESSI
4. Bf = BENEFICIO FONDIARIO. Con la locuzione beneficio fondiario l’economia
agraria è solita indicare la remunerazione spettante alla figura economica che
concede all’attività aziendale l’uso del capitale fondiario di sua proprietà.
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FUNZIONE DI PRODUZIONE
Processo di trasformazione dei fattori produttivi (imput) in
beni o servizi aventi utilità presente o futura.
In agricoltura, tra gli input più importanti vanno inclusi il
Lavoro, il Capitale, la Terra, ma anche la conoscenza, la
tecnologia, l’energia e l’organizzazione.
In realtà l’unione europea, non pensa che sia necessaria la
terra.
Ci sono altri vincoli che incidono sulla produzione, oltre la combinazione di determinati
fattori, come quelli di mercato o i prezzi dei fattori produttivi (es. qualche anno fa i prezzi
dei carburanti subirono delle impennate).
Allora la FUNZIONE DI PRODUZIONE può essere rappresentata con una tabella, un grafico,
un’equazione che mostrano la Produzione Massima (Q) che può essere ottenuta, a parità di
tecnologia e tempo, combinando i fattori della produzione disponibili (es. capitale K - si
intendono i costi-, e lavoro L, T è la terra).
Q= f (K;L; T)
Consideriamo variabile un solo input: il lavoro, mentre gli altri fattori (capitale e terra)
rimangono invariati
All’aumentare del numero delle unità lavorative il prodotto totale aumenta in modo meno
che proporzionale. Questo in forza della Legge Dei Rendimenti Decrescenti, in base alla
quale l'aggiunta di un input, produce una quantità addizionale di output sempre minore,
tale che la curva assume la forma riportata nella figura seguente
L’impresa che mira ad ottenere la massima produzione possibile, in rapporto agli input impiegati, opera in
modo tecnicamente efficiente.
La Tecnologia determina la quantità di output che è possibile ottenere da un insieme di input. Ogni anno essa
è in continuo aggiornamento che sicuramente è a vantaggio della produzione. Ad esempio, alcuni anni fa
l’estrazione dell’olio veniva fatta per pressione: le olive venivano messe in una “molazza”, in cui all’interno vi
erano delle due ruote parallele che giravano, producendo una pasta, che si stratificava e si pressava. Oggi,
invece, avviene l’olio viene prodotto per estrazione continua: le olive passano direttamente dalla vasca di
lavaggio ad una vite senza fine che ne crea la pasta e da lì alla fine l’estrazione dell’olio. In quest’ultimo caso le
rese sono maggiori rispetto alla precedente tecnica.
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Non esiste un intervallo di tempo specifico che separi il breve dal lungo periodo.
L’arco temporale di riferimento varia a seconda del settore produttivo considerato.
Es. le piante erbacee hanno un periodo di tempo più breve rispetto alle arboree. Quando si
fanno ricerche sulla stima delle produzioni, per le piante erbacee si tiene in considerazione
un periodo di tempo uguale ad un biennio, con le arboree la media deve essere almeno di
quattro, perché facendolo di tre anni si potrebbero avere due anni di carica e uno di scarico
o viceversa, quindi, il valore effettivo non rappresenterebbe effettivamente la Q.
La Comunità Europea, invece, la considera quinquennale; è un po’ sbagliato perché è come il
caso dei tre anni perché possono esserci due anni di carica e due di scarico, con un anno poi
incerto se di carico o scarico della produzione, anche se giustifica questa scelta dal maggior
numero di anni presi in considerazione. I ricercatori italiani hanno un modo di procedere
diverso.
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misura meno che proporzionale, quando si supera la pena ed efficiente utilizzazione dei
fattori fissi disponibili il prorotto totale (Q) tende a diminuire.
ISOQUANTI
Produzione con un solo fattore produttivo variabile (lavoro):
Parliamo di ISOQUANTI quando il Prodotto Totale, Medio E Marginale varia soltanto di un
fattore produttivo che può essere di pari entità con diverse combinazioni dei diversi fattori
che teniamo in considerazione nella produzione (ovvero Q, K ed L).
Nel nostro caso la tabella indica la variazione del prodotto totale, medio e marginale a
capitale K costante, al variare delle unità lavorative. Se utilizzo i dati dell’intera giornata i
grafici non verranno arrotondati nella cuspide perchè si varia da una unità a unità, mentre
se usiamo l’ora lavorativa saranno più precisi, ma gli andamenti sono sempre uguali.
La tabella presenta la quantità di lavoro che va da 0 a 10, la quantità di capitale totale che
lasciamo costante a 10, ed il prodotto totale che varia al variare delle unità lavorative, così
come per prodotto medio e marginale.
Non è che aggiungendo le unità di lavoro la produzione aumenta in modo proporzionale,
anzi arriva a una certa quota e poi ma decresce.
Calcoli che sono stati fatti per la tabella.
Il prodotto totale è dato dalla quantità di K e di L es. 1+2 L=3 x 10 Q = 30 quindi si somma il
numero delle fila in considerazione più quello della fila precedente. ( questo ragionamento
viene fatto solo inizialmente, poi la Q comincerà a decrescere)
Quindi, vediamo come aumentando le unità lavorative il prodotto totale non aumenta in
maniera proporzionale, anzi poi arriva ad un certo punto e poi decresc
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3. Il PRODOTTO MARGINALE DEL LAVORO ( PMrl) ottenuto con l’aggiunta di una unità
lavorativa, inizialmente aumenta, raggiunge un massimo, dopo diminuisce e infine diviene
negativo ed è dato dal rapporto ∆ quantità prodotta e ∆quantità di lavoro.
La pendenza 0B indica il prodotto medio dato dal rapporto Q/L; invece, nel punto C abbiamo la
coincidenza del prodotto medio con il prodotto totale, e quindi sarà quel punto in cui risulteranno
essere uguali.
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Dal primo punto di flesso A tracciamo la verticale che deve passare esattamente per la
cuspide del valore massimo del prodotto marginale quindi per A A’, dal secondo punto di
flesso B tracciamo la verticale che passa nel punto di incrocio tra il prodotto medio e
marginale ovvero il punto E, dal terzo punto C quando andiamo a tracciare la verticale per la
cuspide della produzione, incroceremo il punto della p. media sul valore maggiore, ma
anche su quello minore del marginale.
Quindi c’è una corrispondenza tra il grafico della produzione totale e il grafico della
produzione media e marginale.
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avere più capitali disponibili e rendo la mia attività agricola più meccanizzata, cioè gli
impiego più risorse economiche, o, viceversa, posso anche avere forza lavoro in abbondanza
e non mi conviene spendere soldi per la meccanizzazione.
Questi valori corrispondono a delle
CURVE DEGLI ISOQUANTI: hanno la
stessa forma delle curve di
indifferenza, però si riferiscono
alla produzione (e non al costo).
Come si può vedere se andiamo a
incrociare i valori si ottengono i
punti di questo grafico.
Perché isoquanti? Perché noi
dobbiamo tenere conto della
massima efficienza della
produzione, a noi interessa
ottenere una produzione con i
minimi costi, tutto questo dipende
dalla nostra disponibilità di
capitale.
quello di avere una produzione elevata con i minor costi possibili, infatti il primo problema
è rendere efficiente questa combinazione. I costi sono di tre
tipologie:
- Un COSTO TOTALE, che racchiude tutto
- Un COSTO FISSO, che guarda quei costi che comunque si sostengono
indipendentemente dalla produzione
- COSTI PROPORZIONALI: che si distinguono in Direttamente Proporzionali e Non
Direttamente Proporzionali. Noi facciamo riferimento a quelli direttamente
proporzionali.
A noi interessa sapere come si sviluppano queste curve.
Se vediamo nel costo totale la curva ha un andamento che richiama quello della
produzione, la differenza è che la curva di produzione è distribuita in 3 tratti (il primo tratto
è una produzione crescente a rendimenti crescenti), quando la produzione rappresenta
rendimenti crescenti i costi vanno all’opposto, cioè c’è un Costo A Rendimenti Decrescenti.
Quando poi la situazione si inverte e nel secondo tratto i rendimenti sono decrescenti il
costo aumenta, quindi il costo è Più Che Proporzionale rispetto al primo tratto. Nel terzo
tratto i costi possono aumentare, sebbene le curve sono sfuggenti verso l’alto (i costi
aumenterebbero sempre di più, senza aumentare la produzione). La produzione alla fine
aveva un andamento decrescente, la curva dei costi in questo caso che è più che
proporzionale alla produzione tende a sfuggire verso l’alto quindi i costi aumenterebbero.
Questi costi, soprattutto la sommatoria dei costi totali (dati dai costi proporzionali e i costi
fissi) possono essere anche costruiti in forma tabellare (come vediamo nella tabella in
figura).
(il breve periodo dipende dall’indirizzo produttivo, es. nelle colture erbacee è 1 anno, in
quelle arboree 4 anni…)
PRODUZIONE E COSTI
I costi risentono della teoria della produzione e l’andamento
della funzione di produzione si riflette sull’andamento delle
curve di costo. Nella fase dei rendimenti decrescenti i costi
variabili crescono in modo più che proporzionale.
A basse quantità di produzione l’impresa beneficia di
rendimenti crescenti dei fattori produttivi (nella fase
iniziale la produzione è più che proporzionale)
Da un certo volume di produzione in poi entra in vigore
la legge dei Rendimenti Marginali Decrescenti (la
produzione tende a diminuire)
Qui sono messe a confronto due curve: la curva della
produzione che raggiunge un massimo nel punto più alto
mentre i costi in corrispondenza di questa verticale non
raggiungono il massimo perché tendono ad aumentare: il costo totale e
proporzionale aumentano mentre i costi fissi sono sempre uguali. Il punto 0’ L’ è
quando inizia la produzione.
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Detto questo, per tradurre in equazione quello che è stato visto prima con i grafici noi
abbiamo che la somma del costo totale è la somma di tutte le spese sostenute per una
attività produttiva. Il costo totale è suddiviso in due gruppi: i COSTI OGGETTIVI (gruppo 1) e
COSTI REDDITO (gruppo 2).
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__Il PRIMO GRUPPO di questa equazione è uguale alle spese varie le imposte e le quote,
questo vuol dire che a prescindere dal tipo i imprenditore, tipo di indirizzo produttivo, ….
sono costi che si devono sostenere.
-Le QUOTE (Q) servono per la reintegrazione dei capitali parziali (mezzi, caseggiati,
stalle, ecc.)
-Le SPESE VARIE (Sv) si riferiscono a quei input che esauriscono la loro utilità in un
solo utilizzo (sementi, concimi, acqua, ecc. )
Quindi nelle Sv il consumo è totale, nelle quote il consumo è parziale poiché esaurisco una
quota parte (della trattrice, del caseggiato, ecc.).
__Il SECONDO GRUPPO è rappresentato dai costi reddito, sono una spesa per l’imprenditore
(quindi vanno calcolati esattamente come sono), ma possono diventare per lo stesso
imprenditore un reddito. Ai fini del calcolo della produzione lorda vendibile si deve tenere
conto di tutte le voci di spese che deve fare l’imprenditore (una voce di spesa è il SALARIO).
Se l’imprenditore non ha operai esterni all’azienda ma egli stesso è imprenditore e
operatore manuale, il salario da un lato lo deve calcolare alla fine del calcolo dei costi e
dall’altro lato diventa un reddito perché questo salario non corrisponde a persone esterne
all’azienda ma corrisponde a se stesso che è l’imprenditore completo (es. se l’imprenditore
si avvale di un ragioniere deve pagarlo, se invece si fa da se la contabilità questa voce di
STIPENDIO non la deve corrispondere ad una figura esterna all’azienda ma se la incassa lui
stesso, però questo non vuol dire che non bisogna calcolarla perché deve essere sempre
calcolata perché è una voce).
L’INTERESSE è il prezzo d'uso del capitale.
Il BENEFICIO FONDIARIO è il prezzo d’uso del capitale fondiario (quindi dell’azienda nel suo
complesso, perché l’azienda è costituita anche dai capitali stabilmente investiti quindi ad es.
un fabbricato, un pozzo, una strada, una stalla… che se l’azienda non la coltivasse ella stessa
la potrebbe dare in affitto ad un altro soggetto e questo corrisponderebbe ad un beneficio
fondiario).
Ci sono due grandezze che nell’ambito del calcolo del bilancio dell’azienda devono essere
tenute in considerazione: il PRODOTTO NETTO AZIENDALE e il PRODOTTO NETTO SOCIALE.
_Il PRODOTTO NETTO AZIENDALE è la nuova ricchezza ottenuta nell’ambito di un arco
temporale normalmente di un anno nell’ambito dell’azienda: se noi andiamo a prendere le
tre voci Salario, Interessi e Beneficio Fondiario e li consideriamo Costi Reddito, otteniamo il
Prodotto Netto Aziendale. Se io nell’equazione del costo totale prelevo le 4 voci di salario,
stipendio, interessi e beneficio fondiario, queste 4 voci (che sono i Costi Di Retribuzione)
sommate vanno a costituire il Prodotto Netto Aziendale. Al di là della destinazione di queste
4 voci vengono sempre chiamate costi reddito (che poi se li incassa tutti l’imprenditore o no
non importa), che sommate danno il prodotto netto aziendale.
_Le Imposte sono una spesa per l’imprenditore quindi sono Costi Oggettivi, ma se io faccio
un ragionamento di natura diversa perché quell’imposta diventa un reddito per lo stato
quindi un “Costi Reddito”, se io vado a sommare salario, stipendio, interessi, beneficio
fondiario e imposte ottengo il PRODOTTO NETTO SOCIALE. Perché prodotto netto sociale?
Perché se quei 4 elementi sono il prodotto netto aziendale e se gli sommiamo le imposte
abbiamo il prodotto netto sociale perché lo stato è un nostro socio nei costi di produzione,
questi soldi che incassa l’imprenditore li rimette in circolo sotto forma di servizi. Quando lo
stato paga i servizi (mutua, vigili urbani, ecc. ) da un servizio alla popolazione.
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RIEPILOGANDO:
Nella TEORIA DELL’IMPRESA è fondamentale la definizione di Volume Di Produzione
e dei Costi Da Sostenere.
Il COSTO TOTALE è (KT) la somma di tutte le spese sostenute fino alla vendita della
produzione.
Il KT può essere suddiviso in due gruppi:
a) Il primo gruppo (COSTI OGGETTIVI) è costituito dal valore dei beni
totalmente o parzialmente consumati nel processo produttivo (Capitali Fissi
E Circolanti);
b) Il secondo gruppo (COSTI REDDITO) è composto dai compensi spettanti a
coloro che conferiscono i fattori produttivi:
c) KT = (Q+ Sv + Imp) + (Sa+ St + Bf) .
(questi costi sono delle spese per l’imprenditore, ma possono rappresentare
anche un reddito)
Il KT non varia in modo proporzionale al variare della quantità prodotta, poiché non tutti i
singoli costi variano in egual misura rispetto al prodotto realizzato.
Alla formazione del KT concorrono due gruppi di costi:
1) I COSTI FISSI O COSTANTI che non dipendono dalla quantità prodotta e
pertanto nel breve periodo non cambiano (canoni di affitto, assicurazione
delle macchine).
2) I COSTI VARIABILI, dei quali alcuni aumentano proporzionalmente al variare
della produzione (costi di raccolta, carburanti, arature) ed altri, invece,
variano in base alla legge della produttività decrescente (costi di
manutenzione, concimazioni).
punto B a C la convessità è rivolta verso il basso in cui i costi sono più che
proporzionali.
A partire da 0 tracciare la semiretta tangente alla curva KT.
Dal Punto Di Tangenza, punto K, si abbassi l’ordinata, su di essa si troverà il valore
minimo del Costo Unitario Medio Kme (curva DF, punto E) che è il punto di incrocio
tra la curva del costo medio e del Costo Marginale ed è il momento più conveniente
affinché un’impresa entri nel mercato perché il costo medio è più basso rispetto a
quello di H
Per individuare il valore minimo del KMr, si abbassi la perpendicolare dal punto di
flesso del KT (punto B) fino a raggiungere l’asse delle quantità o dell'ascissa che
interseca il punto più basso del costo marginale (H).
Sull’ordinata tracciata si collocherà il valore minimo del KMr, punto H.
Nel tratto BC della curva, il costo totale è più che proporzionale, condizionato dalla
fase meno che proporzionale della produzione. In questo tratto per ottenere dosi
successive di prodotto occorre affrontare incrementi di spesa sempre crescenti,
come evidenzia il tratto HI del costo marginale (KMr).
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Il costo marginale (KMr) interseca il costo medio (KMe) nel suo punto minimo (E),
negli altri casi le unità di prodotto precedenti, a sinistra di (E), anche se crescente, si
ha il KMr sempre minore del KMe e contribuisce ad abbassarlo; per le unità di
prodotto successive al punto (E) il KMr contribuisce all'aumento del KMe.
Per quanto riguarda l'andamento reciproco del KMr e del KMe, si ricorda che il
primo è formato esclusivamente dai costi variabili, il secondo (KMe) è condizionato
anche dai costi fissi che per un tratto lo mantengono superiore al minimo.
Il segmento 0A rappresenta il valore dei costi costanti o fissi raffigurati dalla curva
AA’
una maggiore quantità di concime sempre con moderazione perché non tutti i concimi
vanno ad aumentare la produzione.
La curva dei KVT cresce al variare della produzione, la curva dei KVT è rivolta verso l’alto e
aumenta ad un tasso crescente. L’impresa impiega una quantità contenuta di fattori variabili
(concimi, sementi, carburanti) combinati con i fattori fissi tale che la legge dei rendimenti
decrescenti non è ancora operante, di conseguenza la curva del KVT è rivolta verso il basso
cioè fino al primo punto di flesso W la convessità è verso l’alto e la curva è rivolta verso il
basso, ovvero aumenta ad un tasso crescente; dalla W in poi
L’imprenditore può agire sugli input variabili per aumentare la produzione ma gli input
variabili si combinano con i costi fissi e quindi anche se noi variamo i fattori variabili la
produzione non cresce in maniera più che proporzionale perché questi fattori variabili che
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COSTI UNITARI
I costi sono importanti per l’imprenditore, in quanto egli considera i COSTI UNITARI come
parametro per stabilire il prezzo di vendita dei prodotti.
Dai costi totali derivano i costi unitari che sono per l’impresa anche più importanti dei costi
totali nell’ analisi.
I costi medi derivano dai corrispondenti costi totali diviso la produzione (output), allora:
- COSTO FISSO MEDIO (KFMe) = KFT/Q -> è dato da dai costi fissi totali diviso la
quantità;
- COSTO VARIABILE MEDIO (KVMe)= KVT/ Q -> è dato dai costi variabili totali diviso la
quantità;
- COSTO TOTALE MEDIO (KTMe)= KT/Q -> è dato dai costi totali diviso la quantità.
Il KTMe può essere anche ottenuto dalla sommatoria del costo fisso medio e del costo
variabile medio, quindi: KFMe + KVMe.
Il COSTO MARGINALE (KMr) corrisponde a quel tot di costi in più utilizzati per avere
maggiore produzione. E’ uguale alla variazione dei costi totali ( KT ) e dei costi variabili (
KVT) dovuta ad una variazione unitaria della produzione (output).
Il costo fisso medio decresce all’aumentare della produzione, perché il costo totale viene
spalmato su una produzione maggiore; con la prima unità di produzione il costo coincide
con il totale. Via via che aumenta la produzione il costo si spalma su una produzione
maggiore.
Il costo marginale è quello che cresce sempre più e per effetto di esso, la curva del costo
variabile e la curva del costo totale medio tendono a seguirne l’andamento. Ciò non
avviene per il costo fisso medio perché si deve spalmare su una quantità sempre maggiore .
IL PROFITTO (o tornaconto)
È la differenza tra la PLV e i costi
totali.
+-T= PLV – KT
Si può scrivere anche:
Nell’ambito dell’economia agraria
si fa riferimento ad un
imprenditore ordinario. Egli è colui
il quale ha capacità imprenditoriali
che sono quelle di un imprenditore
normale: non ha né capacità eccessive per avere un profitto positivo, ne è troppo scarso
per avere un profitto negativo.
Rt è il ricavo totale
curva del RT e del KT, è massimo. Il tratto compreso tra A e A’ è la massima distanza
presente tra queste due curve e corrisponde al profitto massimo. Il profitto massimo si ha
quando i costi sono minimi.
Il massimo profitto è misurato dal segmento (AA’) coincidente con l’ordinata passante per il
punto di tangenza della semiretta parallela al KT.
Tutto ciò che si ha tra X1 e X2 è Profitto Positivo;
quello che si trova al di la di X2 è negativo, è una perdita; lo stesso vale per ciò che si trova
prima di X1
X1 e X2 sono detti Punti Di Parità o Punti Di Indifferenza perché il costo eguaglia il ricavo.
I costi totali partono più in alto in quanto ci sono i costi fissi.
Se io aggiungo variabili, per esempio X3, il profitto diminuisce.
RICERCA DEL LIVELLO OTTIMALE DI PRODUZIONE
TRAMITE IL COSTO UNITARIO E IL RICAVO UNITARIO
È rappresentata come segue:
Invece di Rma mettere R
Quindi se andiamo nel tratto H G avremo che il costo supera il ricavo quindi profitto
negativo proprio per questo ci possiamo spingere fino al massimo che è rappresentato dal
tratto bd precisamente nel punto B.
ECONOMIA AGRARIA
ARTICOLAZIONE TEMATICA DELL’ECONOMIA
AGRARIA
Il rinnovamento teorico e metodologico dell’economia agraria ha condotto a tre discipline:
• ECONOMIA DELL’AZIENDA AGRARIA
• ESTIMO RURALE
• POLITICA AGRARIA
I campi d’indagine possono essere ricondotti a quattro ampi capitoli:
• 1 MICROECONOMIA AGRARIA
• 2 MACROECONOMIA AGRARIA (si occupa dei grandi raggruppamenti)
• 3 POLITICA AGRARIA (che deve dare le indicazioni per gli interventi nel settore agricolo)
• 4 ECONOMIA DELLE RISORSE NATURALI E DELL’AMBIENTE che studia l’ottimo privato e l’ottimo
pubblico (lo studio di queste risorse naturali può essere di interesse pubblico o del privato)
1 MICROECONOMIA AGRARIA
La microeconomia agraria tratta:
• L’ECONOMIA DELLA PRODUZIONE: L’economia della produzione riguarda i criteri e i metodi per
l’analisi della allocazione delle risorse, la gestione aziendale e le modalità di conferimento dei
mezzi produttivi: terra, capitale, lavoro.
• L’ECONOMIA DEI MERCATI, perché accanto allo studio della teoria della produzione c’è anche
l’economia dei mercati. E’ articolata in aree tematiche:
• Analisi della domanda, dell’offerta ed equilibrio di mercato del singolo prodotto (quindi
non si occupa dell’insieme della produzione, ma del singolo)
• Analisi dell’efficienza del mercato (con riferimento alla localizzazione degli impianti di
trasformazione, conservazione e distribuzione dei prodotti: logistica)
• L’analisi della struttura e della performance dei mercati, a livello di singolo paese e in
ambito internazionale, questo è uno studio di macroeconomia per vedere l‘andamento nei
singoli produttori a livello sia nazionale che internazionale (es. quando sentiamo in tv che il
nord è in crescita, il sud in recessione, …)
• Le diverse forme d’integrazione dei mercati e il coordinamento delle decisioni dei
produttori, però noi esamineremo le integrazioni dell’agricoltura con il mercato
(economia agro-alimentare). Un aspetto da guardare sono le decisioni dei produttori:
queste sono state anche richieste da parte dell’unione europea che con un apposito
decreto ha conferito alle associazioni dei produttori quei compiti che un tempo erano
affidati all’egea.
2 MACROECONOMIA AGRARIA
Si occupa dei problemi strutturali e della performance del settore agricolo, le principali aree
d’indagine sono:
• Il ruolo dell’agricoltura nello sviluppo economico poiché essa ha un ruolo determinante non
solo in termici economici
• I problemi di adattamento del settore nel breve e lungo periodo quindi i processi evolutivi
dell’economia; l’agricoltura ha evidenziato dei cambiamenti nel tempo e negli ultimi tempi il
periodo più significativo per l’agricoltura è stata la cosiddetta “economia verde” nel periodo post-
bellico c’è stato un interesse particolare per la modernizzazione dell’agricoltura perché nel
periodo fascista a tutti coloro i quali partecipavano ad azioni belliche era stato promesso una
superficie di terreno proporzionale alle esigenze della famiglia, da quel momento in poi ci fu la
cosiddetta “Riforma Agraria” che non è altro che una normativa che ha visto espropriare ampie
superficie territoriali ai latifondisti per ridisegnarla e distribuirla agli assegnatari. La superficie che
veniva assegnata agli assegnatari era tale che non era sufficiente per poter soddisfare le esigenze
della famiglia sia in termini di produzione che in termini di disponibilità di lavoro.
• L’analisi delle interdipendenze settoriali con particolare riferimento alla struttura del sistema
agroalimentare; l’agricoltura passa da essere un settore per la soddisfazione delle esigenze degli
individui ad essere un settore legato alla vendita dei prodotti.
Quando si parla di agroalimentare si intende la trasformazione dei prodotti agricoli in prodotti
industriali (grano-farina, pomodoro-conserve ecc..) e quindi l’agricoltura è collegata a valle con il
settore di trasformazione e a monte con il settore industriale perché dall’industria provengono i
mezzi produttivi. Con la PAC nel 1985 passa tutto nelle mani dell’Unione Europea essa ogni anno
elabora una politica agricolo comunitaria sulla base delle integrazioni degli stati membri.
• La distribuzione territoriale delle produzioni agricole e i legami d’interdipendenza con le altre
attività produttive quindi sia l’industria di trasformazione dei prodotti agricoli sia l’industria di
produzione dei mezzi meccanici
3 POLITICA AGRARIA
La politica agraria tratta i seguenti temi:
1. Analisi degli obiettivi dell’intervento pubblico in agricoltura
2. I criteri e le istituzioni per la programmazione dell’uso delle risorse agricole, la
programmazione a differenza di prima parte dal basso per giungere a livello decisionale e quindi è
dalla base che devono essere fatte le proposte di revisione relative all’agricoltura e questo dà una
forza maggiore all’agricoltura perché tutto quello che si chiede viene accolto dalla politica
agricola poi trasferita agli stati membri e da lì applicata alle diverse aree.
3. L’analisi degli strumenti:
• Gli interventi sul mercato interno e internazionale volti al sostegno e alla stabilità dei
prezzi e dei redditi, dal 2004 in poi cambia il compito della PAC perché i paesi dell’ Est del
Mediterraneo chiedono di entrare nell’ Unione europea e quindi chiedono gli stessi diritti
degli altri paesi; a la popolazione dell’UE prima dell’ingresso degli altri paesi era intorno ai
250 milioni e avevano un reddito medio pro-capite successivamente la popolazione
aumentò a causa dell’ingresso degli altri paesi ma il reddito non aumentò in modo
proporzionale; tutto questo determinò la diminuzione del reddito medio pro-capite e
quindi tutte quelle regione dell’Obbiettivo 1 ( regioni in cui il reddito medio pro-capite era
inferiore al reddito medio europeo ) sono state costrette ad uscire dall’Obbiettivo 1.
• La politica del credito e degli investimenti
• La politica delle strutture e degli investimenti pubblici
• La politica fiscale: è regolatrice dell’andamento dell’economia
• La politica della ricerca e dell’assistenza tecnica
• La politica previdenziale
CARATTERI DELL'AGRICOLTURA
Le condizioni di produzione sono soggette a diversi rischi:
1) Di mercato dei mezzi produttivi e di vendita delle produzioni, con prezzi variabili e risultati
economici incerti imputabili a:
➢ Polverizzazione dell' offerta
➢ Marcata stagionalità delle produzioni: la stagionalità delle produzioni impone al
produttore agricolo di adattarsi alla vendita, ove non diversamente possibile, a prezzi
variabili e talvolta non favorevoli.
➢ Rapida deperibilità delle produzioni: vi sono dei prodotti non conservabili, ma ci sono
anche dei prodotti che lo sono, ad esempio, all’interno di silos in modo da spalmare in un
maggiore arco di tempo la vendita dei prodotti.
➢ Insufficiente informazione e scarsa professionalità: è un aspetto che l’UE ha cercato di
colmare attraverso dei corsi di formazione che devono essere frequentati se ci si vuole
iscrivere al registro degli imprenditori agricoli alla camera di commercio. L’UE ha investito
notevoli somme per la formazione di giovani imprenditori
2) Rischi tecnologici: nuovi procedimenti produttivi e/o comparsa di nuove macchine.
3) Rischi tecnici (specifici dell’agricoltura): esposizione a fenomeni atmosferici e fitopatologici.
4) Rischi politici: intervento pubblico in agricoltura che può cambiare per decisione dei governi.
… ULTERIORI SPECIFICITÀ DELL'AGRICOLTURA
• Durata del ciclo produttivo vincolato dalle caratteristiche biologiche delle produzioni;
• Condizioni ambientali e caratteristiche dei suoli: altimetria, giacitura, fertilità, profondità,
suscettività alla trasformazione irrigua, potenzialità di meccanizzazione; in Sicilia abbiamo molti
terreni argillosi e inclinati.
• Stagionalità delle operazioni colturali e dei flussi di produzione;
• Complessità e diversificazione delle operazioni colturali che ostacolano la specializzazione del
lavoro o che richiedono competenze specifiche;
• Irregolarità della distribuzione dei calendari di lavoro; i calendari di lavoro sono costituiti in base
alle esigenze delle colture dove abbiamo archi colturali dove le imprese hanno necessità di
manodopera altri periodi dove non abbiamo bisogno di manodopera.
• Debole forza contrattuale: sui mercati dei mezzi produttivi, dei prodotti e dei servizi; rigidità
dell’offerta dei prodotti agricoli, dei fattori produzione -terra-, (variazioni dell'offerta del lavoro)
Si stipulano dei contratti tra i produttori che possono creare buone soluzioni. Funziona soprattutto
per le colture ortive.
EVOLUZIONE DELLA FIGURA DI IMPRENDITORE AGRICOLO
• La figura dell'imprenditore agricolo a titolo principale (di seguito chiamato I.A.T.P.) è stata
introdotta dalla DIRETTIVA CEE 159/1972 (=periodo in cui sono state introdotte la maggior parte
delle direttive), successivamente, rimpiazzata da specifici REGOLAMENTI CEE. Con essi la CEE
faceva obbligo agli Stati membri di uniformare la normativa interna (=dalla direttiva al
regolamento).
C’è una differenza tra direttiva e regolamento:
-Il regolamento deve essere applicato immediatamente dopo la pubblicazione sulla gazzetta
ufficiale dell’UE serie L
- La direttiva lascia allo stato membro e ai soggetti interessati un margine di tempo per essere
applicate.
• L' art. 2 della direttiva 159/’72 considera imprenditore agricolo colui che esercita l' attività
agricola a titolo principale, in possesso di sufficiente capacità professionale, si impegna a tenere
una contabilità e a varare un piano di sviluppo dell' impresa agricola. Oggi questo piano di
sviluppo è rappresentato dal business plan (un programma di sviluppo o di riconversione delle
attività produttive)
• L'art. 3 disponeva che gli Stati membri dovevano definire la nozione di imprenditore agricolo a
titolo principale (I.A.T.P) tenendo presente che il reddito da lavoro agricolo fosse pari o superiore
al 50% del reddito complessivo dell' imprenditore e che il tempo di lavoro dedicato alle attività
extra-aziendali fosse inferiore alla metà del tempo di lavoro totale.
Dunque due sono i requisiti essenziali:
a) Che venga dedicata all’attività agricola almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo;
b) Che si ricavi dalle attività svolte almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro.
Per l’imprenditore operante nelle zone svantaggiate i requisiti elencati sono ridotti del 25%.
La rivisitazione della Dir. È stata operata dal Reg.(CE) 1257/’99 e del successivo Reg. (CE) 1750/’99
recante disposizioni di applicazione del regolamento 1257/’99.
Il reg. CE 1257 in Italia venne attuato dal D.Lgs 228 del 2001: riorganizzazione del settore agricolo.
RIORGANIZZAZIONE DEL SETTORE AGRICOLO (D.LGS 228
DEL 2001)
Il decreto Lgs 228, detto “ Legge Di Orientamento E Modernizzazione” del settore agricolo e si
compone di 36 articoli divisi in 5 capi.
Con il D. Lgs n.228/2001 viene migliorata la definizione di agricoltore.
Infatti nel Capo I. Art 1 viene ridefinito il ruolo dell' imprenditore agricolo:
1. “È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo,
selvicoltura, allevamento di animali (non più solo bestiame) e attività connesse.”
2. Con il termine “Connesse” si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo
biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che
utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
3. Sono connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla
manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che
abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del
bosco o dall'allevamento di animali, nonchè le attività dirette alla fornitura di beni o servizi
mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente
impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del
territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite
dalla legge.
Con la nuova definizione di imprenditore agricolo il legislatore ha, dunque, inteso ricomprendere
nell’area dell’impresa agricola ogni attività basata sullo svolgimento di un intero ciclo biologico
ovvero di un fase essenziale del ciclo stesso. Ciò ha portato ad una esplicita estensione della
disciplina dell’impresa agricola a quelle particolari attività (quali l’apicoltura, l’allevamento di
maiali per l’ingrasso e non per la riproduzione) che in passato erano state ricondotte alla
fattispecie dell’impresa agricola solo in via interpretativa. Le attività tradizionali di coltivazione del
fondo, selvicoltura e allevamento di animali possono essere svolte anche senza la connessione
diretta con il terreno, anche se la norma fa riferimento ad un utilizzo potenziale. Così, ad esempio,
le coltivazioni in serra o la funghicoltura hanno comunque carattere agricolo.
L’attività agricola è tale ancorchè abbia per oggetto una sola fase necessaria del ciclo produttivo
di carattere vegetale o animale e non l’intero processo. Così, ad esempio, la coltivazione delle
piante non deve necessariamente aver inizio dal seme, ma può essere ricompreso anche l’acquisto
della piantina già formata a condizione che la successiva fase di produzione comporti una crescita
qualitativa e quantitativa del bene.
E’ considerata agricola anche l’attività di prestazioni di servizi a condizione che sia svolta con le
macchine e attrezzature utilizzate prevalentemente e normalmente in agricoltura. Quindi
l’acquisto di una macchina (ad esempio, per lo sgombero della neve) che non viene utilizzata nel
fondo, produce servizi di carattere commerciale.
Le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione dei prodotti agricoli sono da considerarsi attività connesse quando sono presenti i
seguenti requisiti:
A) REQUISITO SOGGETTIVO: l’imprenditore che svolge tali attività deve essere lo stesso
imprenditore agricolo che esercita la coltivazione del fondo o del bosco o l’allevamento di animali;
B) REQUISITO OGGETTIVO: i prodotti oggetto di tali attività devono provenire prevalentemente
dall’attività di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento esercitata dall’imprenditore
agricolo di cui sopra. La nuova formulazione non richiede più, quindi, che le attività connesse
siano esercitate “nell’esercizio normale dell’agricoltura”, così come prevedeva la disposizione
abrogata
Questa opportunità che l’unione europea ha dato all’imprenditore agricolo ha favorito
l’avvicinamento dell’attività agricola con l’attività artigianale perché molti prodotti sono destinati
all’attività di artigianato (es. trasformazione del pomodoro) in modo da aumentare l’occupazione e
creare reddito aggiuntivo.
Alla pari dei piccoli soggetti, come recita l’art 1 “si considerano imprenditori agricoli le
cooperative di imprenditori agricoli e le società, quando utilizzano, per lo svolgimento delle
attività prevalentemente, prodotti dei soci, ovvero forniscono ai soci beni e servizi diretti alla
cura ed allo sviluppo del ciclo biologico” delle coltivazioni e o degli animali.
Per formare una Società almeno un socio deve possedere la qualifica di imprenditore agricolo
professionale;
Nell’attività agro meccanica contoterzista si possono individuare tre diverse modalità operative:
1. Riguarda il tradizionale scambio di manodopera e servizi tra piccoli imprenditori
agricoli,avente per oggetto prestazioni di rilevanza economica minore e Già Disciplinata dal
l’articolo 2139 del codice civile;
2. Si potrebbe definire contoterzismo misto e individuo imprenditori agricoli che svolgono anche
attività di conto terzismo, mediante l'utilizzo prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda,
normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata. Questa particolare categoria di
contoterzisti viene di fatto individuata dalla riscrittura dell'articolo 2135 codice civile, operato dall'
articolo uno del DLGS.n.228 2001 (legge di orientamento agricolo).
3. Modalità relative al contoterzismo puro esercitata da coloro che possiedono solo macchine che
non sono prevalentemente usata all'interno della propria azienda e svolgono lavorazioni per
conto terzi . Tale figura prima del DLGS.n. 99/2004 svolgeva attività di tipo commerciale e subito
una forma di concorrenza sleale da parte del conduttore si sta misto che gode di tutti i vantaggi
derivanti dalla sua equiparazione con l’imprenditore agricolo. Come l'acquisto di carburante
agricolo. Quindi all' agricoltore vi è data la possibilità di effettuare contoterzismo ma deve
registrare il numero di ore in cui ha lavorato per conto terzi e il reddito che ha ricavato.
ORGANIZZAZIONE DEI PRODUTTORI (Art.26 d-LGS 228/2001 e art 6 d-
LGS 99/2004 e successive modifiche)
Le ORGANIZZAZIONI DEI PRODUTTORI (OP) sono società volute dall'unione europea per la
commercializzazione dei prodotti dei propri aderenti.
Le OP sono gli elementi portanti della OCM dei mercati nel settore dei prodotti ortofrutticoli , della
quale dovrebbe garantire il funzionamento decentrato:
1. Assicurare la programmazione della produzione il suo adeguamento alla domanda dal punto di
vista quantitativo e qualitativo;
2. Promuovere la concentrazione dell'offerta l’immissione sul mercato della produzione dei soci
3. Ridurre i costi di produzione e regolarizzare i prezzi alla produzione
4. Promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione e di gestione dei rifiuti che rispettino
l'ambiente in particolare per tutelare la qualità delle acque, dei soli e del paesaggio e per
preservare e/o favorire la biodiversità integrità fondiaria
Il DLGS 99 del 2004 prevede tra l'altro i seguenti punti:
• Conservazione dell’integrità Fondiaria attraverso il compendio unico.
• Estensione del diritto di prelazione o di riscatto agrario.
• Ricomposizione Fondiaria e quella aziendale e mezzo di contratto di affitto.
• La valorizzazione del patrimonio abitativo rurale e riadattamento di quei fabbricati che
servono a svolgere l’attività agricola. Se ad esempio un terreno vicino in vendita possiamo
acquistare quel terreno a pari prezzo che il proprietario vuole vendere a terze persone.
• Fascicolo aziendale e carta dell'agricoltore e del pescatore.
• Semplificazione degli adempimenti amministrativi.
(*) Compendio unico (già minima unità colturale) indica le estensioni di terreno necessaria
al raggiungimento del livello minimo di redditività (8 12 UDE) determinato dai PSR per la
erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai regolamenti c'è 1257 e 1260/1999 e
successive modificazioni.
TRATTAMENTI PARTICOLARI DELLE IMPRESE AGRICOLE
• Contrattuale, previdenziale ed assicurativo, come se ad esempio abbiamo terreni in zone
svantaggiate paghiamo solo il 50% delle tasse.
• Tributario
• Creditizio: Consente di accedere al sistema creditizio con tassi agevolati
• Contabile ed amministrativo
• Contributivo (accessibilità ai sostegni pubblici
• Fallimentare
REGIME FISCALE
il testo unico imposte sui redditi (T.U.I.R) riguarda:
• IRPEF imposta sul reddito delle persone fisiche articolo 1-71.
• IRES imposta sul reddito della società articolo 70 161.
imposte sul reddito in agricoltura, i redditi dei terreni si dividono in:
• REDDITO DOMINICALE che va imputato al proprietario del terreno cioè il soggetto che possiede
un diritto reale su di essi, quando abbiamo ad esempio affitto o mezzadria o altro ma questo
reddito viene percepito dal proprietario.
• REDDITO AGRARIO che va imputato invece al soggetto che esercita l'impresa agricola ai sensi
dell'articolo 2135. Quindi questo reddito spetta a chi trae reddito da quel terreno.
• Quindi se è sia proprietario e inoltre esercita sul quel terreno gli spettano entrambi i redditi.
IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE IRAP
L’IRAP è un tributo di competenza regionale ed è applicato dal 1 gennaio 1998 DLGS 40
04/06/1997 si applica alle attività produttive esercitate e deve essere pagata solo da chi svolge
attività d'impresa ed è legata al fatturato di aziende and i liberi professionisti.
Imponibile per il calcolo dell'Irap varia a seconda del soggetto interessato all aliquota base e del
3,9% per le altre imprese varie:
• impresa commerciale 4,20%
• imprese e cooperative agricole e pesca 1,90%
• banche e società finanziarie 4,65%
• assicurazione 5,90%
La base imponibile ai fini Irap è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei corrispettivi
(ricavi) e l’ammontare degli acquisti destinati alla produzione.
Entrambi redditi concorrono alla determinazione del calcolo dell ’imponibile ai fini IRPEF. Imposta
che con la legge di bilancio 2016 ha esonerato le imprese agricole dal pagamento per il 2017 2018
2019 mentre la legge di bilancio del 2016 aveva già escluso dal pagamento IMU i terreni agricoli e
la prima casa e dall' IRAP prevista per la società. L’aliquota dell’imponibile varia dal 4% al 7%
dipende dalla ricchezza del comune. L’ IMU viene pagata in due trance una a giugno l'altra a
dicembre.
ABROGAZIONE IRAP
Con la legge di stabilità 2016 i soggetti che esercitano attività agricola sono esenti dal
versamento dell'imposta Irap. Prima della predetta legge tali soggetti erano assoggettati ad
un'aliquota pari al 1,90% nonostante le modifiche apportate dalla legge del 2016 vi sono soggetti
che risultano essere ancora assoggettata all’ IRAP quali:
• attività agriturismo
• attività di allevamento di animali alimentati con mangimi per insufficiente superficie di terreno.
• altre attività agricole come manipolazione e commercializzazione di alcuni prodotti differenti da
quelli previsti dall' articolo 32 comma 2 lettera B del TUIR.
AZIENDA AGRICOLA
• Azienda (articolo 2555): complesso di beni organizzati dall' imprenditore per l'esercizio
dell'impresa.
• Azienda: UNITÀ OGGETTIVA (combinazione elementare di fattori produttivi).
• Impresa (articolo 2082): esercizio di un'attività economica organizzata con l'impiego di uomini
e beni: i primi entrano a far parte dell'impresa contratto di lavoro, i secondi costituiscono
appunto, l'azienda.
• Impresa: UNITÀ SOGGETTIVA (scelte economiche e gestionali fatte dall’imprenditore).
“fra tutti i modi tecnicamente possibile di combinare i mezzi di produzione, chi gestisce l'azienda
ne sceglie una ha preferenze degli altri”.
Caratteristiche aziendali
• FATTORI PRODUTTIVI
• DIMENSIONE
• FORMA GIURIDICA
FATTORI PRODUTTIVI
I fattori della produzione che combinati costituiscono l'azienda agraria sono:
• CAPITALE INDIFFERENZIato (denaro che possiamo fare quello che riteniamo più opportuno)
• CAPITALE FONDIARIO (terra alla base dell’azienda poi si aggiungono i miglioramenti fondiari)
• CAPITALE DI ESERCIZIO O AGRARIO (scorte che possono essere vive come il bestiame, morte
come i prodotti in magazzino o i mezzi meccanici, capitale di anticipazione somma di capitale che
l’imprenditore deve avere prima dell’annata agraria per pagare tutti i costi che servono prima della
raccolta, diritti di produzione)
• LAVORO (manuale e direttivo svolto da un amministratore dell’azienda o dallo stesso
imprenditore)
• RISCHIO D'IMPRESA (che alla fine viene indicato come profitto o tornaconto) non è altro che le
spese nell’annata agraria e i ricavi ottenuti dalla vendita.
l'azienda agraria e l'unità tecnico economica (combinazione elementare di fattori) nella quale
viene organizzata la produzione agricola.
Fra i capitali di scorta abbiamo: strumenti di scorta (macchine attrezzi e bestiame), prodotti di
scorta (concimi, fertilizzanti e combustibili).
GLI ELEMENTI CARATTERIZZANTI IL CAPITALE FONDIARIO
Elementi che incidono sui risultati economici dell’azienda agraria…
• Ubicazione Del Fondo (ambiente fisico se è pianeggiante o in collina, economico-sociale,
pedologia, distanza dai mercati, clima e tanti altri fattori) perché i costi aumentano all’aumentare
della distanza.
• Natura Dei Terreni (grana, struttura, composizione) fertilità o presenza di pietre e tanti altri
fattori che limitano la crescita di determinate colture.
• Numero, Estensione, Configurazione Degli Appezzamenti
• Miglioramenti Fondiari (rappresentano ulteriore valore alla terra nuda come ad esempio
impiantare un frutteto o qualsiasi altro impianto)
• Viabilità Interna
• Sistemazione Della Superficie e impianti irrigui fissi
• Pozzi, Cisterne, invasi raccolta acqua , presenza di recensioni
IL CAPITALE DI ESERCIZIO
DI SCORTA
• Bestiame
• Macchine Ed Attrezzi
• Prodotti Di Scorta
DI CIRCOLAZIONE
• Spese Per L'acquisto Dei Mezzi Tecnici
• Spese Per Noleggi ad esempio il contoterzismo
• Spese Per Imposte, Tasse E Contributi Vari
• Spese Per La Manodopera Aziendale Ed Extra Aziendale
• Spese Per Manutenzione Ed Assicurazione Dei Capitali Fissi
BILANCIO CONGUAGLIATO
Bilancio conguagliato: bilancio i cui valori attivi e passivi vengono determinati mangia con
riferimento a prezzi, produzione e costi di un anno specifico, ma a quelli medi di un certo
numero di anni .
Numero di anni: in relazione all' ordinamento produttivo
Colture poliennali:
• Stazione di impianto
• Stazione di incremento
• Stazione di maturità
• Stazione di decremento
BUSINESS PLAN
L'unione europea ha imposto l'obbligo della redazione del business plan o piano d'impresa per lo
sviluppo dell’attività agricola come condizione di accesso ai finanziamenti, il che evidenzia
l'importanza del BP anche in agricoltura.
Nei PSR le regioni tendono a costruire pacchetti giovani, in cui il premio di insediamento si è
social finanziamento degli investimenti per l'ammodernamento delle aziende agricole per cui il
piano aziendale deve arrivare a coprire l'intero progetto di sviluppo dell'impresa.
Che cosa è e a cosa serve?
Il business plan è un documento volto a rappresentare il progetto di sviluppo imprenditoriale.
E uno strumento da utilizzare per sviluppare adeguatamente le idee progettuali, confrontando le
competenze dell'impresa con le opportunità di mercato;
• Per definire gli investimenti dei loro fondi di finanziamento
• Per permettere una valutazione della redditività delle scelte
• Per fornire all' imprenditore una guida che dia la possibilità di tenere sotto controllo l'evoluzione
del progetto.
in definitiva serve a far chiarezza sui contenuti del progetto e sulla sua fattibilità:
• aiuta a comprendere se l'idea imprenditoriale si è realizzabile, con quali mezzi, con quali tempi
e costi.
• COSA è
➢ Il business plan dello strumento utilizzabile per pianificare e descrivere lo sviluppo di una nuova
iniziativa imprenditoriale, per valutare gli effetti degli investimenti programmati dalle imprese per
ottenere finanziamenti, convincendo eventuali finanziatori della propria iniziativa .
➢ nel medio/lungo periodo, permette all'impresa di programmare progettare il cambiamento
(senza subirlo).
➢ è il progetto che motiva, analizza, valuta e riassume un’attività che si vuole avviare o lo sviluppo
di una già esistente, limitando quanto più possibile il rischio imprenditoriale.