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LEZIONE DEL 16.09.

2022

CHE COS'E' L'ECONOMIA POLITICA? Non è una scienza, ha ben poco di scientifico. E lo ha dimostrato il fatto che fin
ora gli economisti non sono stati in grado di prevedere né la crisi finanziaria del 2007/2008 né di prevedere gli effetti
di una serie di catastrofi che si sono prodotte nel tempo… per cui evidentemente non ha una basa scientifica. Usa degli
strumenti scientifici… della “matematica”. Usa equazioni, logaritmi… ma non è una materia scientifica. Tant'è che
l'economia ha fatto parte fino alla metà del 700 poco più, fine 700 della FILOSOFIA. Dunque era una scienza che
riguardava le modalità di vita, come vivere. Poi è diventata con la ricchezza delle nazioni di Adam Smith una
scienza/materia autonoma… che si interessa di cosa? Di fatto l'economia è quella "scienza", una volta chiarito che non
ha una base scientifica… che cerca di comprendere come si distribuiscono le risorse scarse tra più usi alternativi.

Quindi, se noi abbiamo un bene disponibile in maniera "abbondantissima", tipo l'area… che è un bene molto prezioso
però per fortuna è molto abbondante ed è disponibile per tutti, non è una risorsa scarsa e non ci poniamo il problema
di come distribuire questa risorsa nei vari usi (dove può essere usata)… dalle bombole del sub piuttosto che in altri usi.
Mentre se abbiamo una risorsa scarsa, per esempio l'acqua… allora dobbiamo porci il problema su come distribuirla
tra più usi alternativi… se dovessimo arrivare all’estremo (speriamo di no) e se ognuno di noi avesse/ dovesse avere
un tot di acqua per tutti gli usi possibili e immaginabili al giorno, noi dovremmo effettuare quella che è l'attività
economica essenziale per rendere tutti operatori economici della scelta. Cioè nel momento in cui noi scegliamo anche
inconsapevolmente, stiamo compiendo un vero e proprio atto economico. Perché scegliere significa distribuire una
risorsa che evidentemente non si trova a disposizione nella quantità tale da non porci il problema. E quindi bisogna
distribuire questa risorsa scarsa tra più usi alternativi. Secondo voi in che modo la distribuirò? Secondo quale criterio?

Se io ho a disposizione un bidoncino di acqua al giorno, quale uso andrò a privilegiare rispetto agli altri? Qual è l'utilizzo
primo… BERE. Ma sostanzialmente in base a quelle che sono le necessità. In base a quello che in economia chiamiamo
BISOGNI. Dunque normalmente un bene scarso viene distribuito tra più usi alternativi e il criterio di distribuzione: è
l’urgenza del bisogno collegato a ciascun uso. Cioè se io questo bidoncino d’acqua, ora… a quest’ora, di questo giorno…
ho una gran sete allora per me, il bisogno più urgente, quello di indice/ di intensità maggiore sarà quello di bere…
quindi destinerò la prima brocchetta d’acqua, supponendo di averle in brocchette e di averle tutte con la stessa
quantità d’acqua… al soddisfare il bisogno di bere. Questo bisogno riuscirò ad azzerarlo con questa prima dose d’acqua
ed emergerà un altro bisogno... che sarà quello di lavare i denti (e sarà quello probabilmente), emergerà un terzo che
sarà quello di lavare le stoviglie e così via. Dunque, il criterio che guida la distribuzione di un bene scarso tra usi
alternativi è il bisogno che quel soggetto ha… nel momento in cui quel bene viene reputato utile da me (è molto
soggettivo questo) a soddisfare un bisogno. Dico soggettivo perché sull’acqua possiamo essere tutti d’accordo che
soddisfa il bisogno della sete… ma se il bisogno fosse quello di mangiare ciascuno è orientato a soddisfare questo
bisogno in maniera diversa… a seconda di quelli che sono i suoi gusti personali. C’è chi preferirà il pane, chi la pasta,
chi la carne e così via. Quindi l’ipotesi è che noi in economia andiamo a verificare come il soggetto distribuisce un bene
scarso tra più usi alternativi basandosi su quelli che sono i bisogni che avverte in quel momento… perché poi l’ipotesi
è che ciascun bisogno si saturi (si soddisfi completamente), scompaia, si azzeri per un determinato periodo di tempo
salvo riemergere dopo qualche ora. Ora mi sono dissetato ma è probabile che tra uno/due ore ho di nuovo sete e
dunque riemergerà il bisogno. L’ipotesi è che ciascuno di noi sia in grado di riconoscere l’intensità dei diversi bisogni,
cioè che ora ho più bisogno di bere che di lavarmi le mani… e che distribuisca questo bene in base all’intensità del
bisogno.

La branca dell’economia che si interessa soprattutto di questo, applicandola ai vari casi che vedremo, è la
MICROECONOMIA (faremo nel primo semestre). La microeconomia è quella che studia il comportamento del singolo
soggetto visto nelle sue vesti o di consumatore o di produttore… là dove ci riferiamo a un’impresa intesa come
“individuale” no grande impresa per azioni. (Dunque il soggetto singolo, quello ci interessa capire come si muove… in
riferimento all’attività di scelta che abbiamo presupposto essere l’attività principe nello studio dell’analisi economica).
La MACROECONOMIA (faremo nel secondo semestre) si interessa di fenomeni collettivi… quindi quelli che sentiamo
in questo momento: inflazione, disoccupazione, sviluppo o la crescita (che sono le alternative a seconda delle
condizioni di partenza di uno stato), la bilancia dei pagamenti e così via. Quindi i fenomeni che interessano l’intera
collettività.

Noi procederemo di solito per semplificazioni, astrazioni o per forzature perché poi ogni teoria si basa evidentemente
su forme estreme di semplificazioni per poi arrivare ad “interagire” (?) con la realtà. L’ipotesi è che i soggetti i cui
comportamento noi andiamo a studiare, sono soggetti razionali e sono soggetti che hanno un comportamento
massimizzante… ovvero hanno come obiettivo quello di massimizzare quella che definiamo UTILITA’ (cioè la
soddisfazione dei propri bisogni). Il consumatore cerca di distribuire il bene scarso tra i vari bisogni così da ottenere la
massima soddisfazione possibile. Questo significa che va a soddisfare i bisogni che avverte con grado più urgente, con
intensità maggiore. Se io ho tanta sete ma preferisco annaffiare la piantina, è chiaro che il bisogno di annaffiare la
piantina per me ha un’intensità molto minore del bisogno di bere. Quindi avrò si soddisfatto un mio bisogno ma resterò
con un bisogno insoddisfatto di indice molto più alto. Se sono un soggetto razionale andrò a distribuire quel bene in
modo tale da massimizzare l’utilità, la soddisfazione che ottengo nel momento in cui vado ad azzerare del tutto o in
parte i vari bisogni. Diciamo quindi in maniera più compiuta che il consumatore viene reputato dalla teoria
economica un soggetto razionale che ha un comportamento ottimizzante nella misura in cui riesce a massimizzare
l’utilità che ottiene dal consumo di un bene agendo sotto vincolo. Adesso, spieghiamo cosa sono i vincoli.

Noi abbiamo parlato di acqua (perché l’acqua è disponibile non dico gratuitamente, ma per il momento non ci poniamo
ancora il problema del costo dell’acqua) ma se cambiamo fronte e supponiamo che il bisogno da soddisfare è quello
di mangiare… a meno che non siamo contadini (anche se ci saranno comunque costi inerenti al mantenimento
dell’orto)… supponiamo di essere consumatori standard che vanno ad acquistare i beni necessari al proprio
nutrimento, quindi alla soddisfazione del bisogno “MANGIARE”.. lì allora incidono sulla scelta del bene con il quale io
vado a soddisfare questo bisogno sia i miei gusti (preferisco il pane, piuttosto che la pizza, la focaccia, ecc. – tutto ciò
è soggettivo) ma ci sono poi altri elementi che mi spingeranno a consumare un bene piuttosto che un altro o che
incideranno soprattutto sulla quantità del bene che vado ad acquistare… che sono dati dal fatto che quei beni sul
mercato hanno un prezzo, come tutti i beni scarsi… solo i beni disponibili in quantità illimitata non hanno un prezzo
ma i beni scarsi hanno un prezzo che corrisponde all’indice di scarsità di questi beni sul mercato e che prescinde certe
volte dall’utilità. Pensate ai diamanti - sono utili a qualche cosa? Forse a tagliare il vetro ma non hanno nessuna utilità.
Non credo che esista il bisogno di diamanti da parte di qualcuno… eppure hanno un prezzo altissimo perché sono beni
scarsi. Più è scarso un bene maggiore è il suo prezzo. Normalmente i beni che non sono disponibili in quantità
illimitata hanno un prezzo sul mercato e quel prezzo rappresenta il primo vincolo per il consumatore… in quanto nel
momento in cui vado ad acquistare un bene devo valutare il prezzo che ha quel bene per decidere la quantità che
posso acquistare. Questo vincolo non è sufficiente… in quanto il prezzo è sì un limite, ma se io sono il figlio di Agnelli,
o di chiunque sia “molto ricco”… il prezzo del bene per me è un vincolo abbastanza relativo… mentre se sono una
persona X, c’è un altro elemento che emerge, oltre al prezzo, ed è il REDDITO… cioè la capacità che io ho, la moneta
che ho a disposizione da poter usare per l’acquisto di quel bene.
Quindi, il consumatore è un soggetto che fa delle scelte circa la distribuzione tra più usi di un bene scarso… e viene
guidato nella scelta della tipologia di bene dall’utilità che lui attribuisce a quel bene… là dove è destinato all’utilità la
capacità o l’idoneità del bene a soddisfare un bisogno… quindi io reputo che per soddisfare il mio bisogno di bere
l’acqua sarà il bene migliore, per altri sarà la Coca-Cola, per altri sarà la limonata e così via. Questo dipende dall’utilità.
La quantità però del bene che andrò ad acquistare, quindi i vincoli sotto cui il soggetto agisce sono dati dal prezzo
del bene e dal reddito del soggetto. Dunque punta a massimizzare l’utilità agendo sotto vincoli. I vincoli invece sono
dati dal prezzo e dal reddito. Parallelamente il produttore che noi esamineremo sempre (la sua condotta) nella
microeconomia è un soggetto razionale – dunque che ha una condotta massimizzante (uomo coerente). Cosa mira a
massimizzare il produttore? Nel momento in cui noi studiamo un’economia che definiamo capitalistica, ovvero
caratterizzata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione possiamo ipotizzare che il produttore tende a
massimizzare il profitto (il guadagno, la remunerazione del rischio di impresa?). In maniera semplice, il guadagno
dell’imprenditore operando anche egli sotto vincoli? Quali sono questi vincoli? Costi di produzione che deve affrontare
quando avvia o prosegue un’attività produttiva, dall’attività esistente e vedremo man mano che affronteremo il
discorso dell’impresa quali altri vincoli il produttore può incontrare.

Cominciamo ad affrontare, quindi, le scelte del consumatore… andando a vedere come varia quella che abbiamo
definito l’utilità di un bene che il consumatore ha a disposizione man mano che il consumatore procede nell’utilizzo/
nel consumo di questo bene. L’ipotesi che noi dobbiamo fare a questo proposito per entrare nell’ambito di quelle che
definiamo LEGGI ECONOMICHE (attenzione! Per quanto leggi non hanno niente a che vedere con le leggi giuridiche).
Le leggi economiche sono sostanzialmente delle leggi deduttive. Si è visto che, ogni qual volta si presenti una
determinata situazione, i soggetti si comportano/ continuano a comportarsi sempre nello stesso modo – nello
specifico, a fare sempre le stesse tipologie di scelte – da lì si deduce una legge di comportamento.
Allora ci sono due leggi relative a quello che abbiamo definito un’utilità… cioè a come cambia l’utilità nel momento in
cui va avanti il consumo di un bene da parte del soggetto/consumatore. Le ipotesi che dobbiamo fare per illustrare
questa legge sono che: il bene che abbiamo a disposizione sia disponibile in tante unità (economia dice in tante dosi)
uguali tra loro. L’acqua è disponibile in tanti bicchieri d’acqua che contengono tutti la stessa quantità di acqua, il pane
è disponibile in tante fette tutte con lo stesso peso e così via…. È una banalizzazione, una semplificazione! Dunque
supponiamo che un bene sia disponibile in tante unità/dosi tutte uguali tra loro e distinguiamo vari tipi di utilità.
Vi ho detto che l’utilità è capacità o idoneità di un bene a soddisfare un bisogno a carattere strettamente soggettivo e
noi se disponiamo di tante unità del bene possiamo distinguere un’utilità iniziale (ovvero l’utilità che io ottengo
consumando la prima unità di bene… il primo bicchiere d’acqua, la prima fetta di pane); un utilità dosale che è l’utilità
che corrisponde a ciascuna dose, a ciascuna fetta di pane, a ciascun bicchiere d’acqua; un’utilità totale che deriva dal
consumo totale del bene che ho fatto. Se io ho consumato 4 fette di pane, l’utilità totale è quella corrispondente
all’utilità della prima, della seconda, della terza e della quarta che però non sono uguali… ognuna ha un’utilità diversa.
L’ultima viene chiamata utilità marginale che è l’utilità che corrisponde all’ultima unità del bene disponibile. Se io ho
4 fette di pane, l’utilità marginale è quella della quarta fetta di pane.
Utilità iniziale: utilità della prima dose/unità del bene Utilità totale: utilità di tutte le cose consumate del bene
Utilità dosale: utilità di ciascuna dose del bene Utilità marginale: utilità dell’ultima dose disponibile del bene

Vi ho detto che le utilità dosali del bene sono diverse… l’utilità cambia da dose a dose. Perché? Se io definisco l’utilità
come la capacità del bene di soddisfare un bisogno e io sono molto assetata, il primo bicchiere d’acqua mi darà una
grandissima soddisfazione… se sono ancora assetata una volta che ho finito di bere il primo bicchiere d’acqua e passo
al secondo, il bisogno che io avverto di bere… sarà più intenso o meno intenso? Sarà meno intenso… perché in parte
l’ho già soddisfatto. Dunque, il secondo bicchiere d’acqua mi darà una soddisfazione minore rispetto al primo per cui
l’utilità iniziale, normalmente, è quella più elevata! Perché è il bisogno più urgente e va a soddisfare immediatamente
quel bisogno. Dopo di che, io posso sempre avvertire quel bisogno, ma in misura minore/ meno intensa… e dunque la
seconda unità del bene, mi darà una utilità minore rispetto alla prima, la terza anche e così via. Cosa sicura è che, noi
non avvertiamo soprattutto quando mangiamo, non avvertiamo immediatamente il senso di sazietà. Quindi, certe
volte, noi continuiamo a mangiare anche quando ormai noi siamo già sazi, ovvero il nostro bisogno di mangiare è
completamente soddisfatto. Non ce ne rendiamo conto e, certe volte per inerzia, continuiamo a mangiare.
Nel momento in cui il bisogno è soddisfatto, in termini tecnici è SATURATO, dunque, l’intensità di quel bisogno si è
azzerata… ma noi non lo percepiamo e continuiamo a consumare quel bene, le dosi successive di quel bene che noi
andiamo a consumare avranno per noi una utilità nulla. Ovvero, non andranno ad aggiungere altro all’utilità… perché
ormai hanno soddisfatto completamente il bisogno. Può anche darsi che noi ormai ci siamo saziati, continuiamo a
mangiare per inerzia… ma la fetta di pane in più/ulteriore addirittura, ci dia pesantezza/fastidio!! A quel punto non
siamo più nel campo dell’utilità ma della disutilità. Ovvero quella fetta di pane oltre alla saturazione del bisogno ci sta
creando utilità negativa… sta riducendo il nostro livello di soddisfazione. Questo, è il panorama che ci introduce allo
studio delle leggi (intese come abbiamo detto prima: regolarità di comportamento, riscontrata da parte di tutti i
soggetti sui mercati) relative all’utilità. Sono due: LEGGE DELLA VARIAZIONE DELL’UTILITÀ TOTALE e (quella
corrispondente) LEGGE DELLA VARIAZIONE DELL’UTILITÀ MARGINALE.

L’UTILITA’ TOTALE la scriviamo con Ut… e l’ipotesi è che sia funzione, cioè dipenda dalla quantità del bene. Supponiamo
che il bene sia un bene che chiamiamo x. Dunque Ut= f(x). Ossia che l’utilità totale che noi ricaviamo dal consumo di
quel bene dipende dalla quantità di quel bene.
• Questa relazione è una relazione di tipo diretto… cioè al crescere della quantità di un bene l’ipotesi è che
cresca l’utilità totale. Per convenzione, anche se non è esattissimo, noi tutte le funzioni di rette le
qualificheremo come maggiori di 0… (è un nostro linguaggio convenzionale per comprenderci). Che significa?
Se cresce x allora cresce anche Ut. Se x diminuisce allora anche Ut.
• La variabile che mettiamo tra parentesi è la variabile indipendente ed è quella che determina quelli che sono
i livelli dell'altra variabile (dipendente) – cioè i cui livelli dipendono, diciamo, da x.
Andiamo a tracciare questa funzione Ut= f(x) in un diagramma cartesiano. Poniamo normalmente (in seguito ci
saranno delle eccezioni) la variabile indipendente sull’asse delle ascisse e la variabile dipendente sull’asse delle
ordinate. Questo è il primo consiglio che vi dò: nel momento in cui tracciate il diagramma di qualsiasi tipo ricordatevi
di battezzare gli assi – ovvero di dire cosa misurate sia sull’asse delle ascisse che sull’asse delle ordinate. La relazione
è una relazione di tipo diretto… al crescere di una cresce anche l’altra.
Nello spazio cartesiano noi possiamo rappresentarla con una curva positiva e crescente… che parte dall’origine degli
assi. Perché? Perché, quando la quantità consumata è 0, è 0 anche l’utilità – ovvero, la soddisfazione di quel bisogno.
Dopo di che, cresce fino a che a un certo punto il bisogno si satura (normalmente questo punto viene indicato con z)
e se proseguendo nel consumo la dose di unità ulteriore del bene ci è indifferente… nel senso che non ci dà maggiore
utilità ma non ci crea neanche disagio, dunque disutilità, la curva diventa parallela all’asse delle ascisse. Se andiamo
avanti nel consumo e la dose successiva finisce per appesantirci/per darci fastidio allora la curva diventa decrescente.

L’ipotesi iniziale che avevamo fatto è che questo bene sia suscettibile di essere diviso in dosi tutte uguali tra loro.
Questo, ci aiuta a capire… se chiamiamo questi punti A, B, C che OA = AB = BC cioè che questi segmenti che abbiamo
individuato sull’asse delle ascisse sono tutti uguali tra di loro. Questo ci aiuta a capire come varia l’utilità totale al
variare del bene… perché io so che cresce al crescere della quantità del bene… man mano che vado avanti nel consumo
del bene, l’utilità che io ricavo da questo consumo sarà sempre maggiore.
Ma, l’ipotesi alla base di questa legge è che man mano che vado avanti nel consumo di questo bene, l’utilità totale
cresce sì, ma cresce ogni volta meno rispetto alla volta precedente. In termini più garbati, diremmo che cresce ad un
tasso di variazione via via minore… ad un ritmo via via minore… e questo lo possiamo sperimentare anche
graficamente.
• Se io comincio consumando la quantità OA vado a verificare qual è l’utilità corrispondente a OA, ricordandomi
la proiezione sulla curva e poi sull’asse delle ordinate… e ha un’utilità pari a OX.
• Vado a consumare la seconda dose del bene che sarà quantitativamente uguale alla prima e corrisponderà a
una utilità OH. L’utilità totale è cresciuta… perché è passata da OY a OH… ma l’utilità che mi ha dato la seconda
dose (YH) è minore dell’utilità della prima dose (OY). Perché? Per il discorso che abbiamo fatto prima: un primo
bicchiere d’acqua ha soddisfatto tantissimo la mia sete… ho ancora sete… ma il secondo bicchiere d’acqua mi
dà una soddisfazione minore perché in parte il bisogno è stato soddisfatto.
• In questa ipotesi che noi abbiamo fatto il bisogno viene completamente saturato con la terza dose (es. con il
terzo bicchiere d’acqua) che darà luogo a un incremento ulteriore dell’utilità totale che passa da OH a OK…
però l’utilità associata a questa terza dose, dunque l’incremento di utilità è ancora minore… perché HK è
minore di YH. Cresce l’utilità man mano che vado avanti nel consumo del bene. Ma ogni unità successiva del
bene mi arreca un’utilità minore rispetto a quella precedente.
L’UTILITA’ cresce con un tasso di variazione via via minore, finché quando abbiamo saturato completamente il bisogno,
a volte ci riusciamo a volte no… in quanto non è detto che il bene sia disponibile in quantità pari a riuscire a saturare
il bisogno… però, quando abbiamo saturato il bisogno, la successiva unità, in questo caso mi dà un’utilità pari a 0…
perché l’utilità rimane pari a OK… dunque l’utilità totale non cresce e non si riduce… Se dovessi andare ulteriormente
avanti assisto a una disutilità. Cioè quel bicchiere d’acqua mi sta dando fastidio/ mi sta dando nausea quel bicchiere
d’acqua in più e quindi io sto avendo una utilità minore rispetto a quella precedente.

Che cosa dice la legge della variazione d’utilità totale? La legge di variazione
dell’utilità totale dice che all’aumentare della quantità disponibile del bene aumenta
anche l’utilità totale associata al consumo di quel bene… ma aumenta a tassi
decrescenti, ovvero via via minori. Il che significa graficamente…. La funzione è
maggiore di 0, diretta, la curva sarà positiva e crescente. Se cresce con tassi di
variazione decrescente, cioè ogni volta meno rispetto alla precedente, la concavità
della curva sarà rivolta verso il basso (come questa che abbiamo tracciato). Qualora
dovesse crescere a tassi di variazione crescenti, cioè per ogni unità in più (non
accade), l’utilità cresce in misura più che proporzionale noi avremo una curva con la
concavità rivolta verso l’alto.

LEGGE DI VARIAZIONE DELL’UTILITA’ MARGINALE


L’utilità marginale l’abbiamo definita come l’utilità dell’ultima unità disponibile del bene. Se abbiamo a disposizione,
come nell’esempio fatto, 4 bicchieri d’acqua… allora sarà il quarto bicchiere d’acqua… e così via. La definizione
completa di utilità marginale:
Delta= variazione relativa
∆𝑼𝒕
U’= ovvero variazione dell’utilità totale sulla variazione della quantità. d= variazione assoluta.
∆𝒙

Normalmente noi supponiamo che al denominatore ci sia il numero 1… cioè noi supponiamo di andare a vedere come
varia l’utilità unità per unità. Quindi, un’unità per volta. Quindi mi dice di quanto varia l’utilità quando io vado ad
incrementare la quantità del bene di un’unità per volta. Riferita in questo caso all’ultima unità disponibile.
• L’ipotesi è che anche l’utilità marginale sia funzione di x (della quantità del bene). In questo caso però, non è
una funzione diretta ma è una funzione inversa. Ovvero, la qualifichiamo come minore di 0. U’=f(x)<0
• Il che significa, che maggiore è la quantità disponibile del bene, minore è l’utilità marginale – l’utilità dell’ultima
dose del bene e viceversa. Minore è la quantità disponibile del bene maggiore sarà l’utilità marginale – l’utilità
che io attribuisco all’ultima dose disponibile del bene.
• Questo, però, ci riporta al discorso della scarsità… perché minore è la quantità del bene, significa che meno
quantità del bene io ho a disposizione, quindi più è scarso un bene più importante è per me l’ultima unità del
bene. L’esempio che la prof fa sempre è quello dei soldi. Supponete che i soldi disponibili siano tutti in
banconote da 10€… se io ho 10 banconote da 10€ ovvero 100€… alla decima attribuirò un utilità/importanza
molto minore rispetto a sé avessi solo 4 banconote da 10€… perché in quel caso la quarta, essendo più scarsa
la quantità di moneta totale che ho a disposizione, mi pone dei problemi su come spenderla o no, mi devo fare
dei problemi. La decima, fin quando arrivo alla decima ne ho ancora 9 davanti da spendere. X U’ x U’
Dunque più scarsa è la quantità del bene, maggiore è l’utilità che per me avrà l’ultima unità di quel bene. Proprio
perché io temo di fatto che la quantità di quel bene sia per me insufficiente per soddisfare tutti i bisogni che vorrei
soddisfare con quel bene… la moneta è il bene standard con il quale soddisfiamo tutti o quasi tutti i bisogni che noi
abbiamo. Ragion per cui, più scarso è il bene a disposizione… più emerge il problema di una distribuzione corretta di
quel bene per poter massimizzare l’utilità… dunque per potermi comportare in maniera razionale e avere dunque un
comportamento massimizzante.

Sono rappresentate le stesse dosi, medesimo bene/soggetto ma da una parte vediamo Ut dall’altra U’.
Abbiamo detto che la relazione tra utilità marginale e quantità del bene è una relazione inversa… quindi al crescere
della quantità del bene, l’utilità marginale decresce… significa che la curva che lo rappresenta non potrà più essere
positiva e crescente… ma sarà (speculare) negativa e decrescente. Quindi decresce man mano che andiamo avanti nel
consumo del bene… perché la prima unità mi dà utilità maggiore, la seconda minore, ecc. Laddove si satura il consumo
del bene in corrispondenza di C… dove l’Utilità totale è massima, l’utilità marginale è pari a 0… è nulla. QUANDO IL
VALORE TOTALE È MASSIMO IL CORRISPONDENTE VALORE MARGINALE È NULLO. Lo incontreremo dappertutto, dove
il prodotto totale è massimo il prodotto marginale è nullo, quando il costo totale è massimo il costo marginale è nullo.
Dunque, quando la grandezza totale è al suo livello massimo, la corrispondente grandezza marginale ha valore pari a
0. Dunque è nullo!
• Andando oltre. Se l’ipotesi è quella che abbiamo fatto prima, cioè l’ulteriore unità del bene è indifferente al
soggetto cioè non comporta né un incremento né un decremento di utilità e la curva dell’utilità totale è
parallela con l’asse delle ascisse, la curva dell’utilità marginale si sovrappone all’asse delle ascisse.
• Se andando oltre D, il consumo ulteriore del bene mi crea fastidio, quindi va a decrescere la mia utilità, allora
l’utilità marginale sconfina nel quadrante negativo… dunque diventa negativa… ciò determina la DISUTILITA’…
cioè la minore utilità, il disagio che io ricevo dal consumo di quel bene.

L’utilità è il primo elemento, assolutamente soggettivo, in base al quale il soggetto sceglie il bene per lui più idoneo a
soddisfare un suo bisogno…. Perché è il bene che gli piace di più rispetto ad altre alternative. Anche perché, soprattutto
per alcuni bisogni, noi potremmo usufruire di una marea di beni… tutti destinati allo stesso uso – beni tutti sostituibili
tra loro. Dunque la scelta del bene è frutto sicuramente delle preferenze del consumatore… dunque un aspetto
assolutamente soggettivo… però siccome noi supponiamo di essere di fronte a un soggetto razionale… il che non
significa un soggetto che opera secondo la legge… perché l’utilità a cui io mi sto riferendo può anche essere la capacità
di soddisfare un suo bisogno che il tossicomane attribuisce alle sostanze o che la persona che fa uso di alcolici
attribuisce a un alcolico. L’economia sotto questo punto di vista è una scienza senza morale… ovvero va oltre i giudizi
morali. Va solo a considerare il comportamento a prescindere che la condotta in questione sia legittima, deprecabile
o no. Quindi, l’elemento soggettivo mi guida alla scelta del bene con cui soddisfare il mio bisogno. Io sono un soggetto
razionale quindi punto a massimizzare l’utilità che ricevo dalla soddisfazione di quel bisogno… però opero sotto
vincolo. I vincoli sono dati… ho citato il prezzo, il reddito del soggetto… ma nel momento in cui io vado a scegliere il
bene, che va a soddisfare quel bisogno… e soprattutto la quantità da acquistare di quel bene, vengono in
considerazione da parte del soggetto normalmente, anche se a volte non consapevolmente una serie di altri elementi…
tutti questi elementi, tutte queste variabili, tutte queste condizioni noi le ritroviamo nel momento in cui andiamo ad
esplicitare a indicare per esteso quella che si chiama la LEGGE DELLA DOMANDA. (la seconda legge economica che
oggi andiamo a fare).
• L’ipotesi che noi facciamo è che la domanda di un bene x qualsiasi sia funzione, sicuramente dell’utilità
(elemento soggettivo) che il soggetto attribuisce a quel bene… e questo varia da soggetto a soggetto, non è
un dato oggettivo!
• Ma poi, la quantità di quel bene che io sono in grado di acquistare dipenderà dal prezzo che quel bene ha sul
mercato… perché se non avesse un prezzo sul mercato io non mi porrei proprio il problema… perché sarebbe
disponibile in quantità illimitata.
• Abbiamo detto dal Reddito che il consumatore ha a disposizione…
• Gli altri elementi che vengono presi in considerazione, alcuni non tutti… quelli suscettibili di essere
parametrizzabili (ovvero tradotti in numero), sono rappresentati da un aggregato che noi chiamiamo PY che
rappresenta i prezzi degli altri beni che il soggetto normalmente acquista… cioè l’ipotesi che io abbia un
paniere, per così dire, un insieme di beni che acquisto normalmente per i consumi destinati al bisogno di
mangiare mio e della mia famiglia. Quindi oltre ad acquistare il pane, acquisto la pasta, il sugo, ecc. Allora, nel
momento in cui devo andare ad acquistare il pane (il tipo di pane che a me piace)… supponiamo che l’utilità
riguardi i vari tipi di pane: pane integrale, pane alle noci, ecc. io dovrò tener presente il prezzo del pane, il
reddito… dunque la moneta che ho a disposizione… e il prezzo degli altri beni che normalmente acquisto.
Perché? Perché se l’olio di girasole per la guerra in Ucraina è aumentato e non ci sono più esportazioni… o la
pasta, ecc. io dovrò rendermi conto che dovrò spendere un po' di più per continuare ad acquistare la pasta e
quindi questo potrà avere riflessi anche sul consumo del pane… anche se il prezzo del pane e il mio reddito
non sono cambiati/mutati. Dunque i prezzi degli altri beni che normalmente acquisto incidono sulla quantità
che vado a domandare di ciascun bene… perché io dovrò far inquadrare il bilancio di fatto… Se voglio
acquistare un bene il cui prezzo è aumentato dovrò diminuire l’acquisto degli altri beni che normalmente
acquisto.
• Altri elementi che incidono sulla domanda del bene sono i prezzi dei beni succedanei/ sostitutivi. Se i cracker
costano meno del pane… mi pongo il problema se acquistare i cracker anziché il pane e viceversa. Dunque i
beni che possono sostituire il bene in questione sempre per soddisfare il medesimo bisogno.
• E i prezzi dei beni complementari, che sono i beni che vengono usati necessariamente insieme a questo bene.
Se io il pane asciutto non lo mangio perché mi fa schifo, devo avere almeno un filo d’olio sul pane. Il prezzo
dell’olio, perché io senza olio il pane non lo mangio, diventa un elemento in base al quale pianificare anche la
quantità acquistata del pane. Semplificando in maniera estrema.
Se noi andiamo a impostare questa: dx= f (Ut, px, R, py, ps, pc) – noi non possiamo rappresentarla su un diagramma
cartesiano, in quanto abbiamo due assi, dunque possiamo rappresentare solo due variabili, esaminare. La
esemplificazione che noi facciamo è che tutti gli elementi diversi dal prezzo…in questo momento li consideriamo dati
esogeni/ costanti. Per cui ne ricaviamo, isoliamo la relazione tra quantità domandata del bene e il prezzo di quel bene.
Andiamo a verificare con la legge della domanda come varia (non quanto…. Le parole certe volte hanno un loro
peso)… come varia/ in che direzione varia la quantità acquistata di un bene in risposta al variare del prezzo… per
merestando tutti gli altri elementi che possono incidere sulla quantità acquistata di quel bene. La relazione di questo
tipo, la quantità domandata di un bene diventa data questa ipotesi funzione del prezzo di un bene. Secondo voi il
prezzo è la variabile indipendente, cioè al variare del prezzo cambia anche la quantità che il soggetto decide di
acquistare di quel bene… secondo voi la relazione è diretta o inversa? Cioè se il prezzo aumenta, la quantità domandata
aumenta o si riduce? Si riduce… dunque la relazione è una relazione inversa. dx= f(Px) < 0
Se la relazione è una relazione inversa cioè all’aumentare di px, dx si riduce e viceversa… quindi al ridursi di px, dx
aumenta… può essere rappresentata nel diagramma cartesiano con che tipo di curva? Una curva negativa e
decrescente… perché abbiamo invece detto che le relazioni dirette sono rappresentate da una curva positiva e
crescente. Cominciamo ad avere confidenza.
Normalmente, per quello che vi ho detto un quarto d’ora fa, noi dovremmo collocare il prezzo (variabile indipendente)
sull’asse delle ascisse e la quantità della variabile dipendente sull’asse delle ordinate. Qua, già assistiamo alla prima
eccezione… perché poi vedremo che per poter comparare prezzi e costi quando saremo nell’impresa (nella teoria
dell’impresa) ci abituiamo già da ora a collocare il prezzo sulle ordinate e la quantità domandata sulle ascisse… e
tracciamo comunque una curva che è negativa e decrescente perché la relazione rimane comunque una relazione
inversa. – chiamata curva di domanda inversa.

La curva è negativa e decrescente ed esplicita, indica proprio una relazione inversa tra prezzo del bene e quantità
domandata del bene. Trattandosi, essendo comunque il prezzo la variabile indipendente, quando noi vogliamo capire
come funziona la curva, dobbiamo sempre partire dai livelli di prezzo. Fate attenzione! Dovete cominciare a ipotizzare
un valore della variabile indipendente per prima e vedere quale livello della variabile dipendente si associa a quello…
ossia se noi supponiamo che il prezzo sul mercato sia uguale a OP, la quantità domandata del bene sarà pari a OX. Se
supponiamo che il prezzo aumenti, a nostra discrezione, ad OP’, vediamo che questa curva di domanda la quantità
domandata del bene si riduce a OA. Se invece il prezzo dovesse ridursi a ogni secondo vediamo che la quantità
domandata aumenta a OC. Non partite dalla domanda… perché la domanda dipende dal prezzo… e varia se prima varia
il prezzo. Quindi, muovendoci lungo la curva di domanda che noi abbiamo tracciato, vediamo che man mano che il
prezzo si riduce, la quantità domandata aumenta… se ci muoviamo dall’alto verso il basso, da sinistra verso destra…
qualora facessimo il percorso opposto… ovvero ci muovessimo dal basso verso l’alto o da destra verso sinistra…
vediamo che all’aumento del prezzo corrisponde una quantità via via minore. Quindi la relazione… è una relazione di
tipo inverso. Se vedo che il prezzo del pane integrale aumenta, acquisterò una quantità minore di pane integrale… se
voglio continuare ad acquistare quello o altrimenti spostarmi su un’altra tipologia di bene… e viceversa.
Dunque variazioni del prezzo del bene comportano movimenti lungo la curva di domanda. In basso a destra se il
prezzo si riduce. In alto a sinistra se il prezzo aumenta. Però su questa curva noi non possiamo individuare che cosa
accade qualora si modifichi uno degli altri parametri… in base al quale il soggetto decide la quantità finale del bene
da acquistare. Supponiamo:
Supponiamo che noi abbiamo di fronte questa
situazione… prezzo e quantità , supponiamo che il
prezzo in quel momento sia pari a P e la quantità
acquistata sia pari a OX. Supponiamo che a partire da
questa situazione, fermo restando il prezzo del
bene… quindi è un prezzo che in questo momento
non si muove, varia uno degli altri elementi che
incidono sulla quantità domandata del bene.
• Supponiamo che vari il Reddito del soggetto a
parità degli altri… li facciamo variare uno alla volta.
Aumenta il Reddito a mia disposizione… tutti gli altri
elementi (prezzo del bene, i miei gusti, il prezzo degli
altri beni che acquisto… dei beni succedanei,
complementari) rimangono fissi ad aumentare è solo
il reddito. Quindi significa che pur merestando i miei
gusti… aumentando il reddito sono intenzionato/
sono orientato ad acquistare una quantità maggiore
di quel bene. (+XA… posso acquistare OA)… non
posso rappresentare questo, su questa curva di
domanda… perché se andate a proiettare il prezzo di
A sulla curva di domanda, il prezzo corrispondente sarà minore… e abbiamo detto/ ipotizzato che il prezzo
rimanga costante. Allora, al prezzo OP io acquisto la quantità OA… nello spazio cartesiano, metto questo punto
T che appartiene a un’altra curva di domanda… più spostata a destra rispetto alla precedente. Quindi,
variazioni del prezzo… noi andiamo a rappresentarle muovendoci lungo la curva di domanda… se varia una
qualsiasi delle altre variabili, noi non ci muoviamo più lungo la curva della domanda… ma si sposta, si dice più
esattamente TRASLA l’intera curva di domanda… trasla a destra… se a parità di prezzo noi possiamo acquistare
una quantità maggiore del bene; traslerà a sinistra se a parità di prezzo quello che si è mosso nelle altre
variabili, ci costringe/ obbliga ad acquistare una quantità minore di quel bene. Banalmente se il reddito si fosse
ridotto la quantità acquistata non sarebbe più OX ma sarebbe OB e a parità di prezzo mi porta su una curva di
domanda traslata/ spostata a sinistra. Quindi io metterò le quantità maggiori o minori che posso acquistare
grazie alla variazione di un’altra delle altre variabili, sempre allo stesso prezzo (in quanto costante) e ricavo la
posizione nello spazio cartesiano della nuova curva di domanda su cui vige il nuovo reddito. Abbiamo visto
quindi che un aumento del reddito va a traslare la curva di domanda verso destra… mentre una contrazione
del reddito la fa traslare verso sinistra.
• Vediamo cosa accadrebbe se variasse uno degli altri elementi che incidono sulla domanda. I gusti del
consumatore… ho sempre acquistato pane integrale per soddisfare il mio bisogno di fame, in questo momento
il pane integrale mi piace particolarmente, ne voglio mangiare più di quello che faccio abitualmente… quindi
la mia preferenza per questo bene sta crescendo… se aumenta l’utilità a parità di prezzo… questo mi porta ad
acquistare una maggiore o una minore quantità del bene? Quantità maggiore dunque trasla a destra. Se invece
continua ad essere un po' ripetitivo il pane integrale e ne voglio acquistare di meno per comprare altre
tipologie di beni, significa che la curva trasla a sinistra. [SEMPRE A PARITA’ DI PREZZO]. Qui però ci poniamo
un problema… il prezzo è rimasto costante, il reddito, il prezzo degli altri beni, beni succedanei e
complementari sono rimasti costanti… quelle che variavano in questa ipotesi è soltanto la mia preferenza su
quel bene. Io preferisco mangiare di più e quindi ne acquisto una quantità maggiore… ma attenzione il mio
reddito è rimasto invariato. Come faccio ad acquistare una quantità maggiore, se non ho un reddito maggiore?
Che cosa devo fare? Ridurre il consumo di altri beni, cioè devo rivedere, fare una scelta rispetta all’altra risorsa
scarsa che ho… ovvero il reddito. Quindi il mio reddito lo devo redistribuire… in modo tale che riducendo la
quantità di un altro bene che acquisto normalmente, io possa incrementare del bene il cui bisogno
rappresentato dall’utilità in questo momento è maggiore. Quindi, attenzione se noi assistiamo a una
traslazione a destra della curva di domanda senza che sia aumentato il prezzo del bene significa però che il
consumatore sta acquistando una quantità maggiore di quel bene, a parità di prezzo… come ha fatto a
finanziare questo aumento di consumo, il consumatore se il reddito è rimasto costante… ridistribuendo questo
reddito (risorsa sazia per eccellenza) tra i vari beni, così da ridurre la quantità di un altro bene da acquistare
e aumentare quello di cui ho bisogno. Queste sono situazioni che possono succedere.
• Altra variabile che avevamo considerato è il prezzo degli altri beni che normalmente acquisto, py. Allora io
compro il pane e il prezzo del pane rimane sempre costante… però compro ogni giorno anche i pelati, la pasta,
ecc. supponiamo che il prezzo dei pelati aumenta. Per cui, io mi trovo a parità di reddito, in quanto gli altri
elementi rimangono costanti, a dover affrontare l’aumento del prezzo di un bene che normalmente acquisto
insieme al pane. Significa ancora una volta che ridistribuirò il mio reddito per i vari beni… e per poter acquistare
(continuare ad acquistare) più o meno la stessa quantità di pelati… perché quello è il fabbisogno della mia
famiglia per condire la pasta, dovrò ridurre il consumo degli altri… ma se riduco anche il consumo di pane io
assisterò a una contrazione del consumo del bene x, per merestando il prezzo del bene x, y, il reddito… perché
è aumentato il prezzo degli altri beni. Quindi, quando sul mercato assistiamo alla riduzione del consumo del
bene, il cui prezzo non è aumentato senza che ci sia stato l’impoverimento, una riduzione del reddito significa
che da qualche parte nel mercato si è verificato l’aumento del prezzo di altri beni, che rientrano normalmente
nel piano di consumo dei consumatori… che gli ha costretto a rivedere la loro distribuzione di reddito e a
sacrificare in parte il pane. Quindi in questo caso la curva traslerebbe verso sinistra… qual ora invece il prezzo
dei beni che normalmente acquisto dovesse ridursi è chiaro che io mi ritrovo… se io continuo a comprare
sempre la stessa quantità di bene, ma il prezzo di quel bene si riduce, io mi ritrovo ‘’più ricca’’ nel senso che
mi trovo con un margine di moneta in più che è quella che ho risparmiato, acquistando sempre la stessa
quantità di bene, quando il prezzo si è ridotto. Se invece decido di utilizzare questa moneta aggiuntiva di cui
dispongo nell’acquisto di pane… in questo caso assisteremo di un aumento, di una traslazione a destra della
curva.
• Prezzi di beni succedanei e complementari… i beni succedanei sono quelli destinati allo stesso uso… io
acquisto pane integrale, mi piace… però a un certo punto vedo che succede sul mercato che i beni succedanei,
supponiamo che ci siano due sole scelte, pane integrale e pane bianco… in modo che ci semplifichiamo la vita…
ed io sto consumando il pane integrale. Il prezzo del bene succedaneo all’integrale, il pane bianco aumenta…
teoricamente non mi dovrebbe interessare… perché io compro pane integrale e di fatto non compro pane
bianco. Però… questo aumento del prezzo del bene succedaneo mi porta a incrementare parzialmente
l’acquisto del pane integrale proprio perché di fatto se io ho un calo dei prezzi dei beni nella mia mente… il
pane integrale è diventato relativamente più conveniente rispetto al pane bianco… e siccome lo percepisco
come più conveniente nella mia testa tendo ad acquistare il bene che per me è più conveniente. Quindi,
l’aumento dei beni succedanei determinerà normalmente, anche se non sempre, una traslazione a destra della
curva di domanda. Più semplice è l’ipotesi di un prezzo di un bene succedaneo che si riduca. Io compro il pane
integrale, si riduce il prezzo del pane bianco… io ritengo più conveniente comprare il pane bianco, anche se mi
piace un po' di meno… perché comunque avrò a disposizione più moneta per comprare eventualmente altri
beni… dunque la curva trasla verso destra… a parità di prezzo, io acquisto una quantità maggiore di quel bene.
• I prezzi dei beni complementari… cioè quelli che vengono usati necessariamente insieme al bene che io
acquisto. L’esempio banale che avevamo fatto era quello dell’olio e del pane, altrimenti il pane asciutto io non
lo mangio. Se il prezzo dell’olio aumenta io sarò costretta a comprare meno olio… me lo dice la mia curva di
domanda dell’olio… ma se io l’olio lo uso esclusivamente con il pane… se compro meno olio devo comprare
necessariamente meno pane… perché non mi basterà l’olio per condire tutto il pane che ho… e quindi
comprerò una quantità minore di pane. Più l’aumento del prezzo di un bene complementare si avrà la
riduzione anche del consumo di questo bene sul prezzo rimasto
costante… dunque la curva trasla a sinistra. Se invece il prezzo dei
beni complementari si riduce allora diventa più conveniente
l’olio, acquisto più olio per poter utilizzare quell’olio in più che ho
acquistato dovrò comprare più pane e quindi il consumo di pane
aumenta anche se il prezzo del pane non è aumentato… la curva
trasla a destra. L’ipotesi è che ci sia una correlazione diciamo non
soltanto tra prezzo del bene in questione e quantità consumata
del bene ma che questa vada a dipendere anche da una serie di
altri elementi soggettivi di utilità, oggettivi (il prezzo e il reddito).
Allora, la legge della domanda, abbiamo visto che identifica la relazione che sussiste tra quantità domandata di un
bene e prezzo di quel bene per merestando tutti gli altri elementi che possono incidere sulla domanda di quel
bene stesso… che sono rappresentati dai gusti del consumatore (identificati nell'utilità), dal reddito del
consumatore, dai prezzi degli altri beni, dai prezzi dei beni succedanei e dai prezzi dei beni complementari…. Per lo
meno per quella che è stata l'impostazione che abbiamo dato noi. La relazione esclusiva tra quantità domandata di
un bene e il prezzo del bene è una relazione indiretta… quindi rappresentata da una curva negativa e decrescente…
variazione del prezzo ci fanno muovere lungo la curva di domanda…. Quindi quando il prezzo si riduce, la quantità
domandata aumenta e viceversa. Variazioni di uno qualsiasi degli altri elementi che incidono sulla domanda invece
determinano spostamenti, o meglio dire TRASLAZIONI, dell'intera curva di domanda … pur merestando il prezzo. La
curva di domanda traslerà a destra rispetto a sé stessa ogni qual volta a parità di prezzo il consumo del bene
aumenta a seguito della variazione di uno degli altri elementi; la curva di domanda traslerà a sinistra rispetto a se
stessa ogni qual volta a parità di prezzo il consumo del bene diminuisce a causa della variazione di uno degli altri
elementi.

Quindi l'informazione che ci dà la legge della domanda, cosa che vi ho premesso quando ve l'ho impostata, ci dice
come varia la quantità domandata al variare del prezzo del bene… cioè in che direzione, se aumenta o se si riduce
la quantità domandata di un bene al variare di un suo prezzo. Però a volte abbiamo bisogno di una informazione
ulteriore e più specifica. Oltre a sapere come varia (cioè in che direzione varia) noi vogliamo sapere/abbiamo bisogno
di sapere in certi casi di quanto varia… quindi abbiamo bisogno di un informazione non di tipo qualitativo (come
varia) ma quantitativo (di quanto varia)… e questo serve soprattutto al produttore cioè a colui che vende il bene
perché è interessato a capire se lui ha in mente di fare quella che chiameremo "strategia di prezzo" - semplicemente
di ridurre il prezzo del bene per cercare di far aumentare la domanda e… vi ho detto che l'obiettivo dell'imprenditore
è massimizzare il profitto e incassare di più…. Allora uno dei mezzi con/ attraverso di cui io posso aumentare in
questo momento i miei ricavi, ovvero le entrate… i profitti poi saranno dati dai ricavi meno i costi… ma adesso
limitiamoci ai ricavi. Voglio aumentare i mei ricavi… Uno dei mezzi con cui potrei farlo è ridurre il prezzo… perché io
so che alla legge della domanda, se riduco il prezzo la quantità aumenta… ma diventa importante per me, per
valutare la convenienza di questa manovra capire di quanto varia la quantità domandata rispetto al prezzo.
• Perché se io riduco il prezzo dell'1% e la quantità domandata varia dello 0,002% quella è una manovra cha a
me non conviene… perché si è aumentata la quantità domandata… ma è aumentata talmente poco da non
riuscire a compensarmi quella diminuzione di prezzo. Quindi i miei ricavi invece che aumentare si ridurranno.
• Quindi, mentre… se riduco il prezzo dell'1% la quantità aumenta ( e questo me lo dice già la legge della
domanda) ma aumenta del 1,4% allora SI che la manovra mi conviene… perché la quantità è aumentata in
misura più che proporzionale rispetto alla riduzione del prezzo e dunque io riesco a compensare con quella
quantità in più venduta la riduzione del prezzo. Quindi l'elasticità è un coefficiente di reattività che ci dice di
quanto varia la quantità domandata di un bene al variare del prezzo.

∆𝑞
𝑞
La formula è questa. Normalmente si indica con (epsilon d. ci riferiamo alla domanda) ed è data da 𝜀 = ∆𝑝
𝑝

(delta q/ q…cioè quanto varia la quantità rispetto a una quantità di partenza tutto fratto delta p/p… ovvero quanto è
variato il prezzo rispetto al prezzo di partenza). Quando noi esaminiamo le variazioni rispetto a una base di
partenza… è come se facessimo una variazione percentuale. Utilizziamo questo tipo di misurazione per eliminare
sostanzialmente le incongruenze che potrebbero derivare dal fatto che quantità e prezzo vengono calcolati in unità
di misura diverse… quindi noi è come se facessimo un calcolo percentuale. Quindi l'elasticità della domanda è un
coefficiente di reattività e ci indica di quanto varia la quantità domandata al variare del prezzo… ed è data dal
rapporto tra variazione relativa della quantità su variazione relativa del prezzo.

In questo caso… traduciamo questo in lettere. Prezzo e quantità significa che nello spazio cartesiano ho la mia curva
di domanda. Supponiamo di partire da un prezzo pari a OP a cui corrisponde una quantità OA e supponiamo che il
prezzo si riduca a P' a cui corrisponde una quantità OB.

Traduciamo questi simboli in lettere. Di quanto è variata la quantità nel momento in cui si è mosso il prezzo? La
quantità è aumentata… di quanto? È aumentata di AB (+ …. In quanto è aumentata AB)… rispetto a quale quantità
inziale? OA. Tutto fratto.
Di quanto è variato il prezzo? - PP' rispetto al prezzo iniziale… pari ad OP. Questo è quello che stiamo facendo.
Siccome il numeratore ha segno positivo e il denominatore ha segno negativo inevitabilmente… perché la legge della
domanda è espressione di una relazione inversa, normalmente anche se noi lo prenderemo in valore assoluto… però
per completezza di analisi il coefficiente di elasticità ha sempre segno negativo (perché dividiamo numero positivo
per numero negativo). Però questa è un "preziosismo"… cioè lo dobbiamo dire… ma non abbiamo nessun problema
a prendere un valore assoluto.

Allora l'ipotesi è che data questa formula noi possiamo avere tre casi…
• O la variazione relativa della quantità è maggiore o più che proporzionale (se vogliamo dire) rispetto alla
variazione relativa del prezzo… cioè significa che il numeratore di questa frazione è più grande del
denominatore… significa che sto dividendo un numero più grande per un numero più piccolo.
La variazione relativa della quantità cioè il numeratore di questa frazione sia maggiore della variazione relativa
del prezzo, cioè si riduce il prezzo e la quantità varia in misura più che proporzionale rispetto al prezzo.
∆𝒒 ∆𝒑
Significa se 𝒒 > 𝒑 che il numeratore di questa frazione è maggiore del denominatore… cioè sto dividendo
un numero più grande per un numero più piccolo. Il quoziente di questa frazione come sarà? Sarà maggiore di
1… cioè sarà positivo! Se divido 5:3 il risultato sarà positivo. Quindi l'elasticità sarà maggiore di 1… il che
significa che a ogni riduzione del prezzo corrisponderà un aumento della quantità… e il fatto che l'𝜀 sia
maggiore di 1, mi dice che questo aumento della quantità sarà più che proporzionale rispetto alla riduzione del
prezzo. Quindi per ogni 1% di riduzione del prezzo, la quantità aumenterà del 1, qualcosina%… cioè aumenterà
di più rispetto a quanto si è ridotto il prezzo. Conviene in questo caso ridurre il prezzo all'imprenditore? SI,
perché riesce a recuperare con quell'aumento di quantità venduta la riduzione del prezzo. In questo caso
pertanto, la spesa dei consumatori che indichiamo con S e che reputiamo in questa prima battuta uguale al
Ricavo ( Rt), così da non confonderlo con il Reddito, dei produttori aumenta.
Se io, si riduce il prezzo dell'1% ma io acquisto l'1, 5% in più di prodotto, spendo di più rispetto a quanto
spendevo prima… perché nonostante il prezzo si sia ridotto dell'1% io sto acquistando più dell1% (di prodotto
in più). Questo significa che la spesa dei consumatori aumenta e quando spendono i consumatori tanto/
equivale a quanto incassano i produttori. Quindi, la manovra del produttore in questo caso è stata positiva!
Nel senso che ha avuto l'esito sperato. Cioè di aumentare i ricavi!
NON È QUELLO CHE SUCCEDE DURANTE GLI SCONTI! Gli sconti sono un altro fenomeno. Praticamente è un
modo per vendere normalmente merce che rimane invenduta… che altrimenti rimarrebbe invenduta e quindi
piuttosto rinunciano al margine del profitto iniziale. Se io avevo pensato a un margine di profitto del 10%, mi
acconto di un margine di profitto del 3%... Ma non è che non incamero il profitto. Questa è proprio una
strategia. L'imprenditore certe volte per mettere in difficoltà i propri concorrenti, dipende dal tipo di mercato
in cui opera… per aumentare i suoi ricavi… per sfruttare bene l'impianto vorrebbe vendere e produrre di più…
però deve valutare se conviene questo tipo di manovra… perché per vendere e produrre di più può ricorrere a
varie strategie… lo vedremo! Strategie pubblicitarie, strategie di sconti e così via… noi stiamo supponendo che
in questo momento stia valutando la possibilità di ridurre il prezzo… per far aumentare la domanda e
guadagnare di più. Questa manovra sarà consigliabile/opportuna solo se l'elasticità della domanda è maggiore
di 1. Ossia se a fronte di una riduzione del prezzo la domanda aumenta (e questo lo sappiamo già perché ce lo
dice la legge della domanda) ma la condizione affinché la manovra sia favorevole è che la domanda aumenti in
misura più che proporzionale rispetto alla riduzione del prezzo.
∆𝒒 ∆𝒑
• La seconda ipotesi è che 𝒒
< 𝒑
…il numeratore (∆𝑞/𝑞) è meno che proporzionale rispetto al
denominatore (∆𝑝/𝑝)… cioè il prezzo si riduce sempre dell'1% e la quantità aumenta… ma aumenta dello
0,3%... È una manovra che non conviene perché l'impresa non riesce a recuperare, vendendo lo 0,3% in più,
la riduzione dell'1% del prezzo. Se ∆𝑞/𝑞 è minore di ∆𝑝/𝑝 significa che stiamo dividendo un numero più
piccolo per un numero più grande… se faccio 5:10 il risultato è 0, qualcosa. E significa che l'elasticità è
minore di 1 (se divido un numero più piccolo per uno più grande). Significa in questo caso che la spesa dei
consumatori che supponiamo sia uguale al ricavo totale dei produttori si riduce. DUNQUE È UNA
MANOVRA CHE NON CONVIENE PER NIENTE FARE!

∆𝒒 ∆𝒑
• La terza e ultima ipotesi è che 𝒒
= 𝒑
ovvero che la variazione relativa della quantità sia esattamente
uguale alla variazione relativa del prezzo… cioè del 1% riduco il prezzo, dell'1% aumenta la quantità. Significa
che divido un numero per sé stesso. Qual è il risultato? 5:5 quanto fa? Quindi se divido un numero per sé
stesso il risultato è 1 e dunque l'elasticità è uguale a 1. In quel caso e di fatto la mia situazione come
imprenditore ne peggiora ne migliora! "Io" direi che la manovra è indifferente. Quando è indifferente… cioè
la situazione rimane la medesima, se effettuare o meno una manovra... Normalmente non si fa. Cioè non
vale la pena… anche perché la riduzione di prezzo è una strategia che l'imprenditore può mettere in atto…
ma può essere recepita anche dalle altre imprese concorrenti sul mercato come un segnale di debolezza! Ho
bisogno di vendere di più perché magari sono in difficoltà.
Allora se io, riducendo il prezzo, non mi trovo in una situazione migliore di quella precedente, non la faccio
questa manovra… rimango nella situazione in cui stavo prima…. Perché tanto l'incasso è assolutamente
identico.

Adesso, se questa è la situazione… significa quindi che l'imprenditore che sta meditando l'opportunità di una manovra
di riduzione del prezzo per capire se è conveniente o no…è interessato a conoscere l'elasticità del tratto di curva di
domanda che sta fronteggiando… rispetto al quale lui vuole effettuare questa manovra di riduzione del prezzo.
Noi applicando questa formula possiamo calcolare l’elasticità della domanda punto per punto… infatti si parla di
elasticità puntuale. Quindi, ipotizzando una variazione del prezzo un centesimo alla volta… e abbiamo tutti i valori
dell’elasticità che ci consentono di calcolare la reattività del consumo al variare del prezzo.

Ma, l’imprenditore che è interessato a conoscere l’elasticità della domanda per valutare la convenienza di una
manovra sul prezzo... non è in realtà interessato a conoscere il valore numerico dell’elasticità… è interessato a sapere
se nel tratto di curva di domanda in cui lui sta operando l’elasticità è maggiore di 1 o minore di 1.

Es. se io sto vendendo 100 unità al prezzo pari a 10… se io riduco il prezzo a 9… registrerò un aumento della quantità
tale da compensarmi quel 1€ di riduzione per ogni unità venduta o no… questo mi interessa. A quanto ammonta
esattamente l’elasticità non è un mio problema… non è un’informazione che mi interessa… a me interessa sapere solo
se l’incremento della domanda sarà più che proporzionale o meno che proporzionale rispetto a quella che è la
riduzione di prezzo.

Questo tipo di informazione l’imprenditore la può assumere… e quindi possiamo schematizzarla anche noi applicando
un metodo particolare… ovvero il metodo geometrico di Marshall per il calcolo dell’elasticità che ci consente,
vedremo una volta applicato e ricostruito, di capire quasi ad occhio nudo se siamo in un tratto di curva di domanda
caratterizzato da elasticità maggiore o minore di 1.
Facciamolo con calma. Abbiamo una curva di
domanda standard. Supponiamo di partire da un
prezzo OP a cui corrisponde una quantità OA.

Supponiamo che l’imprenditore vuole capire se


riducendo il prezzo questa manovra è favorevole…
se riesce ad aumentare le vendite in maniera più
che proporzionale…e quindi i suoi incassi?

La supposizione che dobbiamo fare è una di quelle


forzature che vi ho detto prima è che la riduzione
del prezzo sia molto ridotta… pressoché
infinitesima (riducendo di poco poco il prezzo)… che
cosa succede a questo imprenditore e alla sua curva
di domanda?

Supponiamo che il prezzo si riduca a P’… a cui corrisponde un incremento della quantità domandata pari ad AB.
Chiamiamo C e D i due punti sulla curva corrispondenti alle due combinazioni prezzo-quantità… chiamiamo F
l’intersezione tra le due proiezioni…

Forzatura: tracciamo a questo punto una retta che risulti tangente alla curva di domanda in entrambi i punti. È una
forzatura in quanto una retta e una curva possono essere tangenti in un solo punto… questa è una costruzione che
ritroveremo anche per altre teorie… ma noi possiamo in qualche modo giustificare questa forzatura in quanto
consideriamo C e D due punti ciascuno successivo all’altro sulla curva (insomma sono vicinissimi tra di loro)… la
variazione del prezzo è così ridotta – infinitesimale per cui la curva non fa in tempo a curvarsi tra C e D. Sono i due
punti immediatamente successivi. Per cui, possiamo un attimo forzare la situazione e ipotizzare che la retta che
andiamo a tracciare sia tangente alla curva in entrambi i punti… e la chiamiamo GH.

Ci serve questo diagramma per poter procedere al calcolo dell’elasticità geometrica con il metodo di Marshall. Adesso
∆𝑞 ∆𝑝
riproponiamo la formula dell’elasticità che vi ho dato all’inizio. ( 𝑞 )/ ( 𝑝 ) che possiamo anche scrivere come il
∆𝑞 𝑝 ∆𝑞 𝑝
numeratore per il reciproco del denominatore… (
𝑞
) ∗ (∆𝑝) …. E possiamo ancora scriverla come (∆𝑝) ∗ (𝑞).

Questa è la formula finale che noi prenderemo quando facciamo il metodo di Marshall per quanto concerne la
definizione analitica dell’elasticità.

∆𝑞
Iniziamo dal primo fattore di questa moltiplicazione… dunque
∆𝑝

Ricominciamo a sostituire a delta q (variazione della quantità)… a cosa corrisponde? AB. Delta p (variazione del prezzo)
è uguale a PP’. Attenzione! Guardate il diagramma… il segmento AB a quale altro segmento parallelo è uguale? A FD…
mentre PP’ a CF. FD e CF sono base e altezza di questo triangolo CFD che ha per ipotenusa praticamente la tangente.
Questo triangolo CFD è simile al triangolo più grande CAH… hanno l’angolo retto e i lati in proporzione (per la teoria
sulle similitudini dei triangoli). Questo significa che il rapporto tra base e altezza del triangolo piccolo sarà uguale al
rapporto tra base e altezza del triangolo simile più grande. Quindi il rapporto FD/CF è uguale al rapporto AH/CA. CA
come segmento a che cosa è uguale? Qual è il segmento parallelo? OP.

Dunque possiamo scrivere AH/OP… e questo è quello che prenderemo al posto di delta q su delta p nella definizione
finale dell’elasticità.
∆𝑞 𝑝
Per quanto riguarda l’elasticità noi adesso la stiamo individuando basandoci sulla formula: (
∆𝑝
) ∗ (𝑞).

Abbiamo visto che delta q su delta p è uguale a AH/OP.

Adesso andiamo a vedere p/q in termini di segmenti a che cosa sono uguali. P= OP Q=OA

Riportandoci tutto ciò nella definizione vedremo che:

Dunque, di fatto io devo dividere AH per OA…

• se il numeratore è maggiore del denominatore -> elasticità maggiore di 1 mi conviene ridurre il prezzo
• se il numeratore è minore del denominatore -> elasticità minore di 1 non mi conviene ridurre il prezzo

Con il metodo geometrico di Marshall noi arriviamo a dimostrare che l’elasticità della domanda in qualsiasi punto della
curva è dato dal rapporto tra due segmenti. Il primo segmento che abbiamo al numeratore è quello identificato dalla
proiezione sull’asse delle ascisse del punto rispetto al quale vogliamo calcolare l’elasticità della domanda ed è
identificato anche dall’incidenza sull’asse delle ascisse sempre dalla retta tangente a quel punto sulla domanda. Al
denominatore abbiamo l’altro segmento che è identificato dall’origine degli assi e sempre dalla proiezione del punto
rispetto al quale vogliamo calcolare l’elasticità della domanda. anziché dire tutto ciò è molto più semplice spiegarlo
come fatto prima!

Secondo te in questo punto com’è l’elasticità? [domanda d’esame]

Possiamo procedere in questo modo. Sostanzialmente, una volta che ho capito… supponiamo che questa sia la
combinazione prezzo-quantità rispetto al quale il nostro imprenditore si sta ponendo il problema… mi conviene oppure
no ridurre il prezzo? Vuole capire se sta operando su un tratto di curva di domanda in cui l’elasticità è maggiore o
minore di 1.

Allora per capirlo SENZA fare il calcolo delle variazioni punto per punto… io traccio la tangente alla curva nel punto T
supponiamo… e la chiamo FG. L’elasticità sarà data per quello che abbiamo dimostrato prima da AG/OA. Qual è il
segmento più grande… quello al numeratore o quello al denominatore? AG è più lungo di OA… dunque l’elasticità è
maggiore di 1… perché sto dividendo un numero più grande per uno più piccolo… e dunque mi conviene ridurre il
prezzo. Questo avviene normalmente ogni qual volta noi stiamo facendo questa analisi sulla parte in alto a sinistra
della curva di domanda… perché se la facessimo per un livello di prezzo inferiore, più piccolo/basso… questo lo
chiamiamo A…. questo lo chiamiamo S e B… in questo caso vedete che il segmento che sta al numeratore è minore di
quello che sta al denominatore… e se SB è minore rispetto a OS… vuol dire che sto dividendo un numero più piccolo
per uno più grande e dunque l’elasticità sarà minore di 1. Questa manovra non converrà.

C’è un solo punto nella curva di domanda in cui i due segmenti si equivarranno… il che significa che l’elasticità è uguale
a 1 (perché sto dividendo un numero per se stesso)… ed è il punto medio della curva di domanda. Come faccio ad
individuarlo? Sapendo le unità a cui corrisponde quella curva di domanda. Se noi stiamo disegnando una curva di
domanda con 1000 unità… noi sappiamo che il punto medio (ovvero la metà esatta) corrisponde di 500 unità
l’elasticità sarà pari a 1.

In questo modo noi siamo in grado di calcolare l’elasticità della domanda senza ricorrere alla variazione prezzo per
prezzo… centesimo per centesimo… ma semplicemente ragionando su rami della curva di domanda (in base a dove
mi trovo).

È chiaro che essendo curvilinea, la curva non avrà mai la stessa elasticità in ogni punto… ma ogni punto avrà una
elasticità diversa. Noi possiamo definire una curva di domanda tendenzialmente elastica o tendenzialmente rigida
basandoci su un indicatore più approssimativo (ma comunque identificativo) che è dato dalla pendenza della curva di
domanda.

Normalmente dato che l’elasticità indica di quanto varia il consumo di un bene al variare del prezzo… e siccome sulla
quantità domandata del bene incide un elemento soggettivo… ovvero l’utilità, la preferenza… i gusti del consumatore…
questo discorso non è assoluto. Normalmente le persone agiscono in un determinato modo… e noi possiamo dire che
una curva è più elastica rispetto a un’altra… ma ci possono essere soggetti che hanno gusti diversi e quindi andranno
in controtendenza rispetto alla maggioranza delle persone.

Noi facciamo un discorso in linea di massima… e in


linea di massima noi possiamo dire che siamo di
fronte a una linea di domanda tendenzialmente
elastica… quando la curva di domanda è piuttosto
orientata verso l’asse delle ascisse. Cioè è una
curva di questo tipo… non è ripida, è abbastanza
morbida come pendenza. Se è elastica o
tendenzialmente elastica significa che ad ogni
variazione del prezzo… corrisponderà una
variazione della quantità più che proporzionale…
sia nel caso di riduzione del prezzo… sia nel caso di
aumenti del prezzo! Cioè se il prezzo si riduce, la
quantità domandata aumenterà in misura
piuttosto consistente se la curva è di questo tipo
(cioè è una curva elastica)… se il prezzo aumenta
la quantità si ridurrà in maniera piuttosto brusca.
L’ipotesi, sempre dall’osservazione del comportamento dei soggetti sul mercato… è che questo tipo di curva di
domanda… sia una curva di domanda per i beni voluttuari (che non sono necessari al sostentamento delle persone,
ma sono quelli che migliorano la qualità della vita). L’esempio standard che si faceva prima che si potessero leggere i
quotidiani sulle piattaforme… era proprio il quotidiano cartaceo…

Ci fu un momento in cui il prezzo dei quotidiani cartacei aumentò e il loro consumo crollò… perché è un bene che non
è strettamente necessario… vivo lo stesso senza leggere il quotidiano. Intanto lo compro perché è accessibile… ma se
aumenta il prezzo (anche di poco) io preferisco non comprarlo più.

Vi ho fatto la premessa della soggettività perché la valutazione di un bene come voluttuario o necessario cambia da
soggetto a soggetto. Ci possono essere soggetti per i quali la lettura del quotidiano è imprescindibile… preferiscono
fare a meno di qualcos’altro… ma comunque leggere il quotidiano.

È altrettanto elastica, quindi sempre di questo tipo, la curva di domanda per i beni che hanno molti sostituti… quindi
se l’olio di oliva… ha avuto una brutta annata… il prezzo dell’olio di oliva va alle stelle… allora il consumo di olio di oliva
si riduce in maniera consistente perché io sono in grado al posto dell’olio di oliva di usare l’olio di semi, ecc.

È un bene che ha molti sostituti, in linea generale. Ci saranno poi i soggetti che non vogliono rinunciare all’olio di oliva…
allora preferiranno acquistare l’olio di oliva e rinunciare su altri beni.

Normalmente la curva di domanda di un bene qualsiasi tende ad essere più elastica fino ad assumere questa forma
nel lungo periodo. Perché? Perché nel lungo periodo si possono trovare più facilmente beni sostituti di quello in
questione… Nel breve periodo è più difficile rimpiazzarlo!

Stiamo avendo un esempio in questi giorni con il gas. In questo momento la curva del gas è una curva rigida (nel breve
periodo)… perché la possibilità di sostituirlo con altre fonti energetiche si potrà avere solo in un periodo medio- lungo.
Siamo vincolati ad acquistarlo qualsiasi sia il suo prezzo. Questo significa che la curva di domanda del gas è una curva
rigida, non elastica!

Qualsiasi sia il suo prezzo… la quantità tende a rimanere


circa la stessa o di variare di poco!

È una curva di domanda tendenzialmente rigida… una curva


che ha una pendenza molto ripida… più o meno di questo
tipo.

Qualsiasi sia il prezzo… se il prezzo dovesse ridursi la


quantità aumenta di pochissimo (perché non si può
stoccare oltre a un certo livello)… se il prezzo aumenta la
quantità si riduce di pochissimo.

“DISCORSO su gas/petrolio guerra in Ucraina – piccolo


accenno alla macroeconomia e al fatto che la
globalizzazione (/rapporti commerciali) sta cambiando”.
C’è l’economia di tutto… ogni fenomeno sociale ha
un’interpretazione economica.

Abbiamo anche una curva con elasticità pari a 1 (in ogni suo punto) che però non applicheremo mai ed è rappresentata
dall’iperbole equilatera.

Due tipi di curve di domanda hanno la medesima elasticità in ogni punto e queste le incontreremo quando inizieremo
a fare i mercati!

La prima è la curva di domanda che definiamo perfettamente elastica… e la ritroveremo in concorrenza perfetta. È
una curva che incide sull’asse delle ordinate ed è poi rappresentata da una retta parallela all’asse delle ascisse. Questa
curva presenta elasticità pari a infinito in ogni suo punto… perché a parità di prezzo la quantità domandata varia da 0
a infinito, sostanzialmente. L’altro tipo di curva (o meglio retta) che presenta lo stesso valore di elasticità in ogni suo
punto è la curva perfettamente rigida… rappresentata da una retta che è però parallela all’asse delle ordinate e incide
sull’asse delle ascisse in corrispondenza di una data quantità. Questo è il caso in cui le imprese non riescono ad
immettere sul mercato oltre la quantità OA… perché è quella che riescono a produrre con tutti gli impianti al massimo
dei livelli di sfruttamento possibili… per cui se la domanda di questo bene è molto consistente (in una situazione di
estrema scarsità) il prezzo di questo bene aumenta sempre in corrispondenza della medesima quantità…. In quanto
scatta quella che possiamo definire la concorrenza tra i consumatori.

L’ultimo argomento che facciamo oggi (così la prossima volta affrontiamo la posizione del produttore, dunque
l’offerta) riguarda una applicazione della legge della domanda… che va sotto il nome di SURPLUS o RENDITA del
consumatore.

Definiamolo. Il surplus del consumatore o la rendita del consumatore è rappresentato dalla differenza in termini
monetari che sussiste tra il prezzo massimo che un soggetto sarebbe disposto a pagare per un bene pur di non privarsi
di quel bene e il prezzo di mercato di quel bene. L’ipotesi è che il prezzo di mercato sia inferiore al prezzo massimo
che il soggetto sarebbe disposto a pagare (in teoria)… e dunque la differenza tra il prezzo di disponibilità personale e
il prezzo di mercato rappresenti il surplus o rendita del consumatore… ovvero il vantaggio che lui ottiene dal fatto che
sul mercato il prezzo è più basso… un vantaggio calcolato in termini monetari ma che non corrisponde a un
arricchimento… perché io non sono mai arrivata a pagare 5€ una bottiglia di acqua… so che sarei disposta io a pagarla
5€ pur di non privarmi dell’acqua… ma se sul mercato la pago 0,50€ di fatto io quei 4,50€ di differenza non gli ho mai
spesi. Mi misura un vantaggio in termini monetari dato dal fatto che quel bene sul mercato è disponibile a un prezzo
inferiore rispetto a quello massimo che io sarei stata disposta a pagare…

Come lo dimostriamo? Tracciamo (così


iniziamo a vedere quella che chiamiamo curva
di domanda stilizzata… in maniera semplificata
- rettilinea) una curva di domanda rettilinea,
rappresentata da una retta negativa e
decrescente. Abbiamo sempre sugli assi
prezzo e quantità. Questa retta intercetta
l’asse delle ordinate in corrispondenza di un
prezzo che chiamo PL (prezzo limite del nostro
consumatore… prezzo troppo alto perché lui si
possa permettere, dati i vincoli - reddito, di
acquistare una qualsiasi quantità di questo
bene). Quando il prezzo è PL la quantità
acquistata è pari a 0.

Supponiamo che il prezzo di mercato di questo bene sia pari a OP. Al prezzo OP il soggetto acquista la quantità OA.
Per capirci meglio vi faccio un esempio. Supponiamo che questo sia un bene destinato a soddisfare il bisogno di
mangiare…. Supponiamo che sia un pacco di cracker alle macchinette (l’unico disponibile) con 4 cracker dentro… e che
io abbia tanta fame. Se fossero disponibili unità per unità, pezzo per pezzo… se io ho molta fame… e questo pacchetto
costa 1€… io per il primo cracker sarei stata disposta a pagare 2€ (perché ho molta fame)… per il secondo cracker sarei
stato disposto a pagare 1,70€ (perché ho già parzialmente soddisfatto il mio bisogno di mangiare, mangiando il primo
cracker… ho ancora tanta fame, ma non quanto prima), per il terzo 1,40€… e infine 1€. Se vi fate i conti… io ho pagato
1€ per 4 cracker… ma sarei stato disposto a pagare 2€+1,70€+1,40€+1€.
La differenza tra quanto sarei stato disposto a pagare e quanto ho pagato è quella che chiamiamo rendita del
consumatore.

Di fatto… è il vantaggio calcolato in termini monetari dovuto al fatto che sul mercato un bene è disponibile ad un
prezzo inferiore a quello massimo che io sarei stata disposta a pagare pur di ottenere quel bene.

Graficamente la rendita è data dall’area di questo triangolo qua (vedere immagine – parte verde). PPLT

Ultimo argomento che riguarda una applicazione dell’elasticità…applicazione relativa a quelli che sono i rapporti tra
beni complementari e beni succedanei con il bene che stiamo acquistando.

Abbiamo visto quando abbiamo fatto le traslazioni della curva di domanda che se varia il prezzo di un bene
complementare/succedaneo la variazione può avere effetti sulla quantità acquistata del bene che io sto considerando.

Chiaramente anche qui io posso valutare di quanto varia la quantità acquistata del bene in questione applicando un
coefficiente di elasticità che si chiama elasticità incrociata della domanda.

La formula è questa… supponiamo che i due beni siano A e B…

Epsilon AB è data dalla variazione relativa della quantità del bene A (che mi dice di quanto varia la quantità acquistata
del bene A) in risposta alla variazione del prezzo del bene B… che è legato al bene A da rapporti o di succedaneità o
complementarietà.

La formula è sempre la stessa… l’unica cosa che cambia è il segno che questo coefficiente ha. In base al segno capiamo
se i due beni sono legati da rapporti di succedaneità o complementarietà.

Supponiamo che i beni siano succedanei (assolvono allo stesso uso)… es. il burro/ olio; olio di semi/olio di oliva

A e B. Supponiamo che il prezzo del bene A (olio di oliva) rimanga costante (il bene che io sto acquistando)… quello
che varia è il prezzo del bene B (olio di semi). Questo cosa significa? Per quanto riguarda la domanda del bene B - olio
di semi la sua domanda aumenta. Ma la considerazione che io faccio (io che acquisto A)… è che B è diventato
relativamente più conveniente rispetto a prima. Molti si fanno tentare, riducono il consumo dell’olio di oliva per
acquistare l’olio di semi che è diventato più conveniente.

Meno per meno fa più… quando i beni sono succedanei questo coefficiente ha segno positivo… che vale anche se
facciamo l’ipotesi opposta.
Cosa succede invece se i beni sono complementari (senza l’uno non si prende l’altro) es. macchina e benzina

La formula è sempre la stessa. Se non c’è la benzina la macchina non la puoi usare, se non hai la macchina non puoi
usare la benzina (strettamente legato a questo caso)

Il coefficiente di elasticità incrociata in questo caso è negativo (+ * - = -)

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