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Microeconomia L-Z riassunto libro microeconomia

Microeconomia (Università degli Studi di Pavia)

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MICROECONOMIA
L’economia è una disciplinata che studia le azioni degli individui (persone fisiche ma anche
aziende) e si occupa del modo in cui questi affrontano il problema della scarsità.

Cos’è il problema della scarsità? È che tutte le cose delle economie sono scarse, quindi ogni
cosa è limitata. Abbiamo tre tipi di risorse scarse:

• Risorse naturali: petrolio, alberi, acqua;

• Risorse umane: lavoro;

• Risorse di capitale: fabbriche, macchinari.

L’importante conseguenza di questa condizione di scarsità è che l’individuo e la società si


trovano di fronte ad una scelta limitata. La scelta in quantità maggiore di un bene porta
necessariamente alla rinuncia di un altro bene.

La scarsità di queste risorse porta però a delle conseguenze e sono tre:

1. Che cosa produrre

2. Come produrre

3. Per chi produrre

• 1. Che cosa produrre? Es. tavola da snowboard.

Se vogliamo produrre una maggiore quantità del bene X devo ridurre la produzione della
quantità del bene Y (es. pane e pizza) Se voglio aumentare la produzione di pizza devo ridurre
la produzione di pane, in questo modo l’impasto che usavo per produrre pane lo comincio ad
usare per produrre pizza, questo concetto è molto importante e in economia viene chiamato
COSTO OPPORTUNITÀ’.

Questo costo opportunità si riferisce proprio al fatto che, quando io ho due beni, mi trovo
davanti ad una scelta, sia che io sia un produttore sia che io sia un acquirente. Infatti,
riferendoci all’esempio di prima io devo decidere a quanto impasto voglio rinunciare per
produrre più pizza che pane (quanto pane sto rinunciando a produrre?) questo è il costo
opportunità, di cui più in generale diciamo che è il valore della migliore scelta alternativa a cui
rinuncio per avere X. È un costo che viene inteso come mancato guadagno (e lo chiamiamo
così perché quando faccio la scelta devo capire quanto vado a perdere se scelgo l’uno o scelgo
l’altro).

• 2. Come produrre? Es. pane e pizza

Come produrre la pizza? Forno a legna o elettrico? Se una pizzeria utilizza un forno elettrico
devo necessariamente utilizzare energia deve andare in contro a varie spese per poter rendere
ambiente il locale; se invece la pizzeria utilizza un forno a legna ovviamente la pizza la si cuoce
con la legna. Da questo possiamo capire che l’economia bisogna fare sempre l’analisi di
bilancio tra costi e benefici.

• 3. Per chi produrre?

La scelta del tipo di produzione è importante perché decide la allocazione delle risorse che è il
modo in cui le risorse che la società ha disposizione vengono impiegate nei vari beni e servizi,
dalle aziende che producono quei beni e quei servizi, e ripartite tra individui che compongono
quella comunità.

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Ogni comunità ha suoi sistemi di decisione, e vi sono varie differenze di modalità. Nella
maggior parte delle comunità queste decisioni vengono prese analizzando il sistema di
mercato. Nel sistema di mercato le scelte di allocare le risorse, vengono decise dalle decisioni
autonome dei consumatori e produttori, con minimo coordinamento dello Stato.

Come funziona il sistema di mercato? Il sistema di mercato è un insieme di acquirenti e


venditori che interagiscono per definire il prezzo di un bene e a quel prezzo si scambiano la
quantità di quel bene (il prezzo è quello che ci fa decidere se comprare quel determinato
bene).

Parlando di analisi marginale introduciamo i concetti di costo marginale che è il costo


dell’ultima quantità considerata, e tende ad aumentare con la quantità; il beneficio marginale è
il beneficio dell’ultima quantità considerata e tende a diminuire con l’abbondanza della
disponibilità. Se il costo marginale è superiore al beneficio marginale significa che vi è un
eccesso di azione X. L’unico omento in cui si annulla l’eccesso o il difetto è quella in cui il costo
e il beneficio sono uguali.

Il mercato è l’insieme di tutti gli acquirenti e di tutti i venditori che sono in grado di interagire
fra di loro per definire il prezzo di un determinato prodotto e che a quel prezzo si scambiano
una quantità di quel prodotto. Nel mercato vi sono acquirenti che hanno i loro buoni motivi per
acquistare e i venditori che hanno i loro buoni motivi per vendere, e quando quote due fazioni
si incontrano danno luogo alle contrattazioni e a risultati finali.

Il modello base è:

Quello del • flusso circolare: che descrive il legame che intercorre tra famiglie (consumatore)
e imprese (produttori). Quindi, nell’anello blu (flusso dei beni) abbiamo le famiglie che
domandano tale bene e successivamente alla domanda (beni e servizi domandati), il bene
dev’essere prodotto quindi le famiglie offrono il loro lavoro produrre il bene (input offerti),
successivamente l’azienda compra questo lavoro dalle famiglie (mercato dei fattori) e lo
manda all’impresa (input domandati) che produce il bene che verrà offerto ai mercati dei
prodotti. • Nell’anello nero (flusso monetario: i redditi monetari permettono alle famiglie di
poter spendere per i consumi; la spesa per consumi delle famiglie genera ricavi che servono
per ricoprire i costi degli input produttivi): le famiglie spendono denaro per acquistare beni e
servizi, e in questo modo procurano entrate alle imprese; tali entrate tornano poi alle famiglie
come compenso per le risorse produttive fornite alle imprese.

• Flusso fisico di beni, servizi e risorse produttive: il lavoro e le altre risorse produttive
permettono di produrre beni e servizi che vengono acquistati dalle famiglie che per sostenere
le lo loro spese offrono lavoro alle imprese.

MODELLO DOMANDA E OFFERTA risponde a due domande:

• Quanti prodotti devono produrre le imprese?

• Quanto lavoro devono offrire le famiglie all’impresa?

Come si raggiunge la situazione che a tutti sta bene quello che c’è? Il coordinamento si
raggiunge mediante i prezzi.

Es. Supponiamo che il prezzo del pane sia 1.25 euro al kilo e che i fornai producano più pane di
quanto ne domandino i consumatori (vi è un eccesso di offerta). I fornai, vedendo accumularsi
pane nel negozio, abbassano il prezzo a 1.10. Questo genera due effetti: • poiché il pane costa
meno, i consumatori comprano più pane rispetto a prima; • poiché guadagnano meno al kilo, i
fornai producono meno pane. Entrambi gli effetti fanno ridurre le eccedenze di pane. Il prezzo
continua a scendere fino quando la quantità di pane che i consumatori desiderano acquistare

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coincide con la quantità di pane che i fornai sono disposti a ridurre


( equilibrio di mercato: domanda = offerta)

• Domanda:

Domanda = consumatori. Cosa influenza la domanda: quali fattori influenzano la quantità


domandata di pane?

• Prezzo del pane: se il prezzo del pane aumenta compro meno; il concetto che prezzo e qualità
domandata sono legati da una relazione inversa è noto come legge della domanda;

• Reddito (dei consumatori): le variazioni del reddito influiscono sui consumi delle famiglie. Per
questo abbiamo due casi ovvero: se i redditi aumentano i consumatori potrebbero decidere di
sfruttare parte del loro reddito per comprare più pane; dall’altro in seguito all’aumento dei
redditi le famiglie consumino meno pane e magari preferiscono compare biscotti. In seguito a
un incremento di reddito la domanda aumento e si è di fronte a un bene normale: è quando
in seguito a un incremento di reddito la domanda aumenta; o bene inferiore quando la
domanda diminuisce;

• Prezzo dei bene collegati: beni sostituti o beni complementari;

• Gusti dei consumatori: anche le preferenze dei consumatori per un certo bene influiscono
sulla quantità che ne viene domandata.

Per osservare come cambia la domanda di pane rispetto all’offerta mantengo costanti il reddito
e il prezzo dei beni collegati, invece vario il prezzo del pane. Il cambiamento della domanda
genera una curva (o scheda) di domanda. La scheda di domanda è la relazione tra il prezzo di
mercato di un bene e la quantità che ne viene domandata durante un certo periodo di tempo, a
parità di altre condizioni.

Questa domanda esprime la relazione tra il prezzo di mercato di un bene e la quantità che ne
viene domandata durante un certo periodo di tempo, a parità di altre condizioni. La curva D ha
una pendenza negativa in quanto, quando il prezzo è maggiore la quantità domandata è
minore e viceversa. La curva indica la quantità che i consumatori desiderano (disposti)
acquistare.

Con la stabilità di queste condizioni abbiamo un equilibrio, ma se dovesse variare una di queste
variabili avviene lo spostamento della curva di domanda. Questo avviene perché il
cambiamento della variabile provoca una variazione della domanda, a parità di tutte le altre
condizioni. Questo spostamento varia da destra a sinistra: verso destra se il cambiamento di
una variabile provoca un aumento, verso sinistra provoca una riduzione. La variazione del
prezzo del bene genere invece lo spostamento lungo la curva di domanda e quindi provoca una
variazione della quantità di domanda.

• L’OFFERTA

Quali fattori influenzano l’offerta del pane?

• Prezzo del pane: se il prezzo del pane sale i fornai sono disposti ad offrire più pane, perché a
prezzi maggiori è più conveniente (profittevole) accrescere la produzione; quindi in generale
possiamo dire che se i prezzi aumentano, è conveniente per le imprese accrescerne la
produzione.

• Prezzo degli input: è un componente per i fornai. Esso è importante perché permette di
produrre ad un costo più basso; quindi diciamo che se il prezzo degli input aumenta allora è

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necessario che in corrispondenza di ogni prezzo sarà più conveniente produrre una quantità
minore di pane.

• Sistema produttivo: la tecnologia utilizzata per produrre il pane. Se viene introdotta una
nuova tecnologia, l’offerta di pane aumenta.

Se vogliamo costruire una curva d’offerta dubbiamo mantenere costanti il prezzo degli input, il
sistema produttivo (ceteris paribus) e facciamo soltanto variare il prezzo del pane per vedere
come cambia l’offerta del pane rispetto al suo prezzo. Quindi la curva (o scheda) di offerta
esprime la relazione tra il prezzo di mercato di un bene e la quantità che i produttori sono
disposti ad offrire durante un certo periodo di tempo, ceteris paribus.

La curva S indica la quantità di pane che i produttori sono disposti ad offrire in corrispondenza
di ciascun prezzo, ceteris paribus. La pendenza della curva è positiva perché più alto è il
prezzo di mercato, maggiore è la quantità di offerta.

Nella curva di offerta può lo stesso avvenire uno spostamento, sempre al variare di una delle
variabili tra quelle considerate ceteris paribus nella curva di offerta. Questo sempre perché il
cambiamento della variabile provoca una variazione dell’offerta, a parità delle altre condizioni.
Lo spostamento avviene verso destra se il cambiamento della variabile provoca un aumento,
verso sinistra se provoca una riduzione dell’offerta.

Sovrapponendo la curva D con la curva S cercheremo di capire dove abbiamo una situazione di
equilibrio di mercato lo si ha quando prese singolarmente D e S ci dicono dato un prezzo
qual è la quantità corrispondente che i consumatori desiderano acquistare (D) e che i
produttori sono disposti a offrire (S). ==> DOMANDA = OFFERTA.

Supponendo che cambi qualche cosa, ad esempio aumenti il prezzo della farina, la curva di
domanda si sposta verso sinistra da S a S1, a questo punto si determina un nuovo punto di
equilibrio.

2° SCELTE DEL CONSUMATORE

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In questo capitolo vogliamo studiare il comportamento dei consumatori, quanto vorrebbero


consumare data la loro disponibilità e come un individuo fa fronte alla scarsità.

• Le preferenze —> Per soddisfarsi, ogni individuo, è portato a consumare beni, ma la realtà
lo mette davanti ad una varietà di beni e per questo deve scegliere. In economia il bene è
una qualsiasi cosa che quando viene consumata aumenta il livello di soddisfazione (utilità)
dell’individuo. Prendiamo come esempio: hamburger e panini.

La teoria economica delle scelte presuppone che le preferenze dei consumatori rispondano a
tre assiomi (verità comparate):

• Assioma di completezza: di fronte a due cestelli il consumatore è sempre in grado di dire


quali dei due preferisco, oppure se è indifferente. Questo assumo permette di escludere a
priori un certo tipo di incongruenze.

• Assioma di transitività: le preferenze del consumatore sono tali che, se il paniere x è


preferibile al paniere y, allora il paniere y è preferitile al paniere z, allora x è preferibile a z. La
transitività garantisce la coerenza del consumatore.

• Assioma di non sazietà: un consumatore non è mai sazio. Preferirà sempre il paniere con più
panini. Questo assieme significa che “il più è meglio”. Questo assioma non è fondamentale
perché il consumatore razionale a un certo punto può ritenersi “sazio” di un bene e non
volerne più.

Per capire se tra tutti il paniere d è quello preferito, bisogna introdurre la curva di indifferenza:
la curva di indifferenza definisce tutte quelle combinazioni di panieri per cui il consumatore
è indifferente. Ogni punto che si trova al di sopra della curva di indifferenza assicura al
consumatore un livello di soddisfazione (utilità) superiore; se invece ogni punto si trova al di
sotto della curva di indifferenza dà un livello di soddisfazione (utilità) al consumatore inferiore.

Uno degli aspetti più importanti della curva di indifferenza è la pendenza. La pendenza di ogni
curva di indifferenza è data dal rapporto tra la variazione della grandezza misurata sull’asse
verticale e la corrispondente variazione della grandezza misurata sull’asse orizzontale. La
pendenza di U1 è negativa perché ogni volta che il numero di Hamburger aumenta il numero di
panini diminuisce. Non è casuale che la curva di indifferenza sia decrescente: deve esserlo se
vale l’assioma di non sazietà (altrimenti non starei sulla stessa curva di indifferenza) e si
calcola pendenza = deltaY / deltaX. La pendenza della curva di indifferenza esprime il
rapporto a cui il consumatore è disposto a scambiare un bene con un altro, restando
indifferente, questo rapporto si chiama Saggio Marginale di Contribuzione (MRS) esso è il
rapporto a cui il consumatore è disposto a scambiare (sostituire) un bene con l’altro (il valore

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assoluto della pendenza della curva di indifferenza). Nella figura MRS in m < MRS in r, cioè il
saggio marginale di sostituzione è decrescente (questo è il quarto assioma), poiché MRS indica
quanti panini il consumatore è disposto a scambiare per un hamburger: nel punto r il
consumatore ha un numero elevato di panini e basso di hamburger: i panini valgono poco per
lui, mentre gli hamburger valgono tanto e quindi è disposto a cedere tanti panini per ricevere
un hamburger (MRS è grande). Nel punto m il consumatore ha un numero basso di panini e alto
di hamburger: i panini valgono molto di più rispetto alla situazione in r, mentre gli hamburger
valgono meno. Per tali ragioni il consumatore è ora disposto a cedere pochi panini (addirittura
mezzo) per avere 1 Hamburger (MRS è piccolo).

Partendo da un qualsiasi punto del quadrante è possibile tracciare una curva di indifferenza. Un
insieme di curve di indifferenza prende il nome di mappa d’indifferenza: essa contiene tutte
le informazioni che servono sulle preferenze del consumatore. Le curve di indifferenza non
possono intersecarsi, perché? Ogni volta che due curve di indifferenza si intersecano emerge il
problema che a non può essere contemporaneamente peggiore di b ed equivalente a b.
Quando due curve di indifferenza di un consumatore non possono intersecarsi, possiamo
concludere che devono necessariamente essere parallele.

Vi sono dei casi in cui le curve di indifferenza assumono delle forme particolare. vi è il caso di
una curva di indifferenza con una pendenza costante che è una linea retta; quindi in questo
caso la mappa di indifferenza è formata da un fascio di rette con pendenza pari a -2. I beni
intercambiabili tra loro in un rapporto fisso vengono definiti perfetti sostituti, essi sono beni
che possono essere sostituti l’uno all’altro in un rapporto fisso e quindi caratterizzati da un
saggio marginale di sostituzione costante. I perfetti sostituti sono caratterizzati da un saggio
marginale di sostituzione costante, per questo le curve di indifferenza relative a essi sono linee
rette.

I beni perfettamente complementari vengono consumati insieme, in proporzioni fisse. Le


curve d’indifferenza relative ad una coppia di beni perfettamente complementari sono ad
angolo retto. La retta passante per l’origine che congiunge tutti i vertici ha una pendenza pari
alla proporzione in cui i due beni vengono consumati.

Capita di consumare, oltre che beni, anche “mali”. Nel caso delle preferenze dei “mali”, non
valgono l’assioma del saggio marginale di sostituzione decrescente. A parità di altre condizioni,
una maggiore quantità di inquinamento non è mai preferibile. Quindi, diversamente dalle curve
d’indifferenza tra due beni, le curve d’indifferenza tra un bene e un male sono crescenti.

Può essere opportuno riuscire ad assegnare valori numerici alle varie combinazioni di beni. Il
valore numerico associato a ciascun paniere di beni si definisce la sua utilità totale che è la
soddisfazione totale, talvolta indicata da un valore numerico, che si ricava dal consumo di un
particolare paniere di beni. Una funzione di utilità è una formula che indica l’utilità totale
derivante da ciascuna combinazione. Algebricamente, supponiamo che una persona consumi n
beni nelle quantità x1, x2, x3, …, xn; la funzione di utilità U (x1, x2, x3, …, xn) consente di
calcolare l’utilità totale al variare della quantità dei diversi beni. Ci sono funzioni di utilità che
permettono di ricavare curve di indifferenza definite: funzione di utilità ordinale, essa è una
funzione di utilità che consente di ordinare le varie combinazioni di beni in base alla loro utilità
totale, ma non di misurare con esattezza la soddisfazione che ognuna di esse procura. Abbiamo
anche la funzione di utilità cardinale che è una funzione di utilità che permette di stabilire
esattamente in che misura certi panieri di beni sono preferibili rispetto ad altri.

Parliamo ora del caso in cui il consumatore non fa il prezzo (è price taker); egli non ha alcun
controllo sui prezzi di mercato, nel senso che il prezzo unitario dei beni non dipende dal

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numero di unità che il consumatore acquista. La retta del grafico rappresenta il vincolo di
bilancio perché indica come il reddito del consumatore e i prezzi a cui si trova di fronte
vincolano le sue scelte. Qualunque paniere appartenente alla retta, o al di sotto di tale retta,
può essere acquistato perché comporta una spesa inferiore o uguale al reddito del
consumatore. Il gruppo di combinazioni che è possibile acquistare prende il nome di insieme
dei panieri ammissibili. Qualsiasi punto al di sopra della retta non è acquistabile in quanto
comporta una spesa superiore al reddito. Ora sottolineeremo due aspetti del vincolo di bilancio:

• Primo: l’intercetta verticale e quella orizzontale rappresentano panieri in cui è possibile uno
solo dei due beni.

• Secondo: la pendenza della retta che rappresentano il vincolo di bilancio ha un signorino


economico, ovvero che il valore assoluto della pendenza del vincolo di bilancio indica il tasso
al quale il mercato consente al consumatore di sostituire un bene con un altro. In altre parole,
la pendenza del vincolo di bilancio indica il costo-opportunità di un bene nei termini dell’altro
bene, cioè la quantità a cui il consumatore deve rinunciare per consumare un’ulteriore unità
dell’altro. Supponiamo che il prezzo unitario di x sia px, il prezzo unitario di y sia py e il
reddito del consumatore sia I. L’equazione del vincolo di bilancio è: Px x X + Py x Y = I.
(vedere pagina 41 per altre formule)

Parliamo ora di variazione di reddito, infatti diciamo che: quando il reddito del consumatore
varia, ma il rapporto tra i prezzi dei due beni rimane costante, il vincolo di bilancio si sposta
verso l’origine; se invece il reddito aumenta, il vincolo di bilancio si allontana dall’origine.
Quando invece a variare è il prezzo di uno dei due prodotti e gli altri elementi rimangono
costanti, l’intercetta del vincolo di bilancio sull’asse corrispondente al prodotto il cui prezzo è
cambiato si sposta; se il prezzo aumenta, l’intercetta si avvicina all’origine, se invece il prezzo
diminuisce, l’intercetta si allontana dall’origine.

Consumatori diversi, equilibri diversi: anche a parità di prezzi e reddito, consumatori diversi
possono preferire panieri diversi, ad es. Paolo pur avendo lo stesso reddito di Rossana, quindi è
soggetto allo stesso vincolo di bilancio, può avere preferenze diverse rispetto a Rossana.
Quando si parla di equilibrio, vale sempre sempre il MRS = pendenza del vincolo di bilancio, ma
il paniere di equilibrio può essere diverso. Questo ci dice che consumatori diversi ci daranno
mappe di indifferenze diverse e questo fa si che il punto di equilibrio è diverso tra i consumatori
diversi (dato un certo vincolo di bilancio). Quando Rossana consuma il paniere e si dice che è in
equilibrio, vale a dire in una situazione che perdurerà, perché la consumatrice non ha alcun
motivo di modificare il suo comportamento. Si noti che il paniere e contiene entrambi i beni e
per questo si trova all’interno del quadrante. Un punto di equilibrio con queste caratteristiche
prende il nome di soluzione interna. Il caso in cui un determinato paniere di beni assicura al
consumatore la massima utilità possibile è quando soddisfa l’equazione MRSxy = Px / Py. Se
invece il saggio marginale di sostituzione non coincide con il rapporto tra i prezzi dei due beni,
vuol dire che il consumatore più accrescere il suo grande di soddisfazione spostando parte del
suo reddito da un bene all’altro. Possiamo dire in sintesi che il saggio marginale di sostituzione
indica il rapporto che il consumatore è disposto a scambiare un bene con un altro, mentre la
pendenza del vincolo di bilancio indica in che rapporto il consumatore può scambiare un bene
con un altro (dati i prezzi di mercato). Affinché vi sia equilibrio, questi due valori devono
coincidere.

Soluzione ad angolo: è una soluzione in cui non vale che il saggio marginale di sostituzione è
diverso dal rapporto tra i prezzi. Questo perché dipende dal fatto che ci sono delle curve di
inferenza troppo pendenti o troppo piatte. Si verifica che tutto il reddito è esteso in un bene
soltanto (paniere). Qui abbiamo che la soluzione sta in un angolo del quadrante, e abbiamo che

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Maddalena prevede che tutto il suo acquisto è speso per un bene, in questo caso in panini.
Perché?

Per capirlo, immaginare di prolungare le curve di indifferenza oltre l’intersezione degli assi. Il
punto di tangenza tra il vincolo di bilancio e la curva di indifferenza è in e1, ma questa
soluzione è economicamente impossibile in quanto non ci può essere una quantità di
hamburger negativa. Per cui la prima soluzione possibile dal punto di vista economico è in e2.

Analisi dell’equilibrio del consumatore che ci permette di affermare che l’obiettivo del
consumatore è quello di massimizzare il valore della propria funzione di utilità, dato il proprio
vincolo di bilancio. In base al concetto di utilità possiamo anche riformulare la condizione
necessaria affinché il consumatore raggiunga la massima soddisfazione possibile. Definiamo
utilità marginale, di un panino, MUy, la variazione dell’utilità totale conseguente al consumo
di un’ulteriore unità di panini. Spostandoci verso il basso lungo la curva di indifferenza,
aumenta la quantità di hamburger (delta > 0) e diminuisce quella di panini (delta < 0).
L’aumento di hamburger aumenta l’utilità totale (MUx ° deltax), la diminuzione di panini riduce
l’unità totale (MUy ° deltay). A questo punto ricordiamo che tutti i punti di una curva
d’indifferenza sono associati a un identico livello di utilità. Pertanto, la diminuzione di utilità
associata a deltay panini deve essere pari all’aumento di utilità derivante da deltax
Hamburger. Ma questo confronto fra diminuzione di utilità data da una diminuzione di y e
aumento di utilità dato dall’aumento di x deve riflettere un concetto già noto: il saggio
marginale di sostituzione al quale il consumatore è disposto a scambiare unità dei due beni
all’interno di un paniere, senza modificare il livello di soddisfazione. Equazione: MUx x deltaX +
MUy x deltay = 0

• MU —> utilità marginale di un bene x

• DeltaX —> variazione della quantità del bene x

• MUx ° deltax —> variazione dell’utilità totale conseguente al consumo di delta unità del bene
x

Poichè siamo sulla stessa curva di indifferenza, la diminuzione di utilità associata a deltay
panini deve essere pari all’aumento di utilità deviate da deltax hamburger.

MUx ° deltax + MUy ° deltay = 0 riarrangiando i termini

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Quindi dividendo l’utilità marginale di un bene per il suo prezzo, si ottiene l’utilità marginale di
ogni euro speso per l’acquisto di quel bene.

LE CURVE DI DOMANDA 3°

STATICA COMPARATA: è una statica in cui si prende un punto iniziale e successivamente un


altro punto e infine si mettono a confronto le due situazioni di equilibrio. È utile perché
consente di fare previsioni verificabili su come gli individui si comporteranno al variare di
alcune condizioni. Supponiamo che cambi il prezzo degli hamburger da 6 a 4$, ceteris paribus
(gusti, reddito, prezzo altri bene). Il nuovo vincolo di bilancio B2 si trova più a destra del
vecchio vincolo B, il nuovo equilibrio (in qui la curva di indifferenza è tangente al nuovo vincolo
di bilancio) è dato dal paniere e2. una variazione del prezzo di uno dei beni determina uno
spostamento del vincolo di bilancio. Tale spostamento fa si che cambia l’insieme dei panieri di
consumo ammissibili, per cui il consumatore deve scegliere una nuova combinazione ottimale.
In ogni caso sappiamo che il nuovo paniere di equilibrio, se è una soluzione interne,
corrisponderà al punto di tangenza tra il nuovo vincolo di bilancio e una curva d’indifferenza. In
altre parole, sarà caratterizzato dalla coincidenza tra il saggio marginale di sostituzione dei due
beni e il nuovo rapporto tra i loro prezzi. Quando i prezzi e/o il reddito variano, il paniere che
assicura la massima utilità cambia, ma le preferenze del consumatore (la sua funzione utilità)
rimangono le stesse.

La curva prezzo - consumo: è la curva che unisce tutti i prezzi consumo. Queste combinazioni
rappresentano come la quantità di Hamburger domandata varia al variare del loro prezzo,
ceteris paribus. Una curva di domanda individuale indica come cambia il comportamento di un
consumatore (che non fa il prezzo) al variare del prezzo di un bene, ceteris paribus.

Ora proviamo a cambiare i prezzi degli altri beni, e facciamo variare il prezzo del bene Y, e
otterremo un effetto incrociato di prezzo: effetto che la variazione di prezzo di un bene ha
sulla quantità di domanda di un altro bene. La statica comparata può essere utilizzata anche
per studiare l’effetto incrociato di prezzo, in questo caso si prende in considerazione il consumo
di un bene diverso rispetto a quello che subisce la variazione di prezzo. In base alla direzione
dell’effetto incrociato capiamo se i due beni sono: • beni sostituti, • complementari, • non
correlati.

• I beni sostituti: beni che soddisfano bisogni simili, ci dicono che l’aumento di prezzo di un
bene, ceteris paribus, determina un incremento della quantità di un suo sostituto; nel caso dei
perfetti sostituti se il prezzo di uno dei beni diminuisce, può darsi che il consumatore smetta
completamente di consumare l’altro bene.

• Beni complementari: beni che vengono consumati insieme, ci dicono che l’aumento di
prezzo di uno dei beni, cereria paribus, provoca una diminuzione della quantità domandata del
bene complementare.

• Beni non correlati: beni che non soddisfano lo stesso bisogno e che non vengono consumati
insieme. L’aumento di prezzo di un bene non ha alcun effetto sulla quantità domandata
dall’altro, ceteris paribus.

Come cambia la curva di domanda di un bene quando varia il prezzo dell’altro bene?

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Poiché il fertilizzante e il diserbante sono beni complementari, un aumento del prezzo del
fertilizzante provoca uno spostamento verso sinistra della curva di domanda di diserbante. Si
arriva a concludere che, nel caso di beni sostituti come l’eroina e il metadone, se il prezzo del
metadone aumenta, la curva di domanda dell’eroina si sposta verso destra.

Quanto detto sulla variazione dei prezzi aiuterà a capire la differenza tra variazione della
scheda di domanda e variazione della quantità domandata.

• variazione della scheda domandata: è uno spostamento dell’intera curva di domanda

• Variazione della quantità domandata: è uno spostamento lungo una determinata curva di
domanda.

Ora facciamo variare il reddito: bene normale: bene il cui consumo cresce con l’aumentare del
reddito, ceteris paribus; bene inferiore: bene il cui consumo diminuisce con l’aumento del
Reddito, ceteris paribus.

Per studiare gli effetti della variazione del reddito utilizziamo il metodo della statica comparata.
Dobbiamo quindi: tracciare il vincolo di bilancio corrispondente al valore più elevato del
reddito; individuare il nuovo paniere di equilibrio; confrontarlo con il paniere di equilibrio
iniziale. La variazione del reddito determina:

• Uno spostamento parallelo del vincolo di bilancio;

• Fa crescere il consumo sia di libri sia di uova;

• Quindi sia libri che uova sono beni normali.

Curva di reddito - consumo: Data una serie di prezzi, possiamo determinare l’insieme dei
panieri di equilibrio individuati al variare del reddito, ceteris paribus. In patria questo significa
congiungere i panieri di equilibrio corrispondenti a una serie di vincoli di bilancio paralleli tra
loro. L’insieme dei panieri di equilibrio individuati al variare del reddito del consumatore,
ceteris paribus, prende il nome di curva di reddito-consumo. Possiamo servirci di questa curva
per trovare la relazione tra la quantità domandata e il reddito. Tale relazione prende il nome di
curva di Engel.

Curve di domanda e variazione di reddito: Anche una variazione del reddito determina
uno spostamento della curva di domanda. Se il bene è normale e aumenta il reddito, la curva di
domanda si sposterà verso destra e il consumatore sarà disposto ad acquistarne una quantità
maggiore in corrispondenza di ciascun prezzo.

La curva di domanda di mercato indica la quantità domandata da tutti gli acquirenti


presenti nel mercato in corrispondenza di ciascun prezzo, ceteris paribus. Come ricavare
questa curva? Quando si hanno due curve in due grafici diversi di due soggetti diversi, per

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ottenere la curva di domanda di mercato esse vengono sommate in un solo grafico. Quindi, per
ogni prezzo, determiniamo la quantità domandata da ciascuna consumatrice a quel prezzo e
poi sommiamo le singole quantità. Per determinare la quantità totale domandata in
corrispondente di qualunque prezzo, è sufficiente sommare le distanze orizzontali di ciascuna
curva di domanda individuale e lasse verticale a un dato prezzo. Il procedimento di
aggregazione, che consiste nel mettere insieme le curve di domanda individuali per ricavare la
curva di domanda di mercato, prende il nome di somma orizzontale delle curve di domanda
individuali.

Elasticità della domanda al prezzo: sensibilità della quantità domandata alle variazioni di
prezzo del bene. Il valore assoluto del rapporto tra la variazione percentuale della quantità
domandata e la variazione percentuale del prezzo. Se indichiamo l’elasticità della domanda al
prezzo con epsilon, avremo:
−% ∆ X
ε=
%∆p

Variazione in percentuale di x:

x t −xt −1
% ∆ X=
x t−1
L’elasticità può essere calcolata in diversi modi: es. dati un prezzo p e la corrispondente
−∆ X ∆ p
quantità domandata X, l’elasticità può essere espressa come: ε= ÷ Questa è la
X p
formula dell’elasticità perché esprime il rapporto fra le variazioni percentuali della quantità
domandata e del prezzo.

Ogni rapporto percentuale è privo dell’unità di misura (in questo modo, non devo preoccuparmi
dell’unità di misura). Poiché la domanda è decrescente l’elasticità ha sempre valore negativo.
Un ulteriore vantaggio delle variazioni in percentuale è che, poiché la loro misura è in termini
relativi, facilitano il confronto tra beni diversi.

Nel caso di piccole variazioni di prezzo, vi è una formula dell’elasticità più comoda, ovvero:

∆X p
ε= ×
∆p X

Quando i nostri due punti a e b tendono a coincidere si parla di elasticità puntuale della
domanda e si calcola:

1 p
¿− × In genere, man mano che ci si sposta lungo una curva di domanda, il valore della
s X
pendenza cambia, così come cambia il rapporto tra p e X.

La variazione percentuale della quantità domandata si determina dividendo la differenza tra le


due quantità per la loro media. L’elasticità calcolata mediante questo procedimento viene
∆X ∆p
definita elasticità di arco della domanda ¿− ÷
X p

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Conoscendo l’elasticità della domanda al prezzo, possiamo prevedere di quanto varierà la


somma spesa per l’acquisto di un certo bene, al variare del suo prezzo. Quindi definiamo
spesa totale la somma complessiva di denaro impiegata dai consumatori per l’acquisto di un
certo bene. Per definizione, la spesa totale si calcola moltiplicando il numero di unità acquistate
(X) per il prezzo unitario (p), vale a dire: ST = p x X

• Una curva di domanda per la quale  < 1, in prossimità di un certo prezzo, viene definita
anelastica a quel prezzo. Ciò significa che, se il prezzo aumenta di una certa percentuale, la
quantità domandata diminuisce di una percentuale minore. Intuitivamente, quando la domanda
di un determinato bene è anelastica, la quantità domandata non risente molte delle variazioni
di prezzo. Dal momento che la quantità domandata diminuisce di poco quando il prezzo
aumenta, i consumatori complessivamente finiscono per spendere di più per l’acquisto di quel
bene.

• Consideriamo ora un bene per il quale l’elasticità della domanda al prezzo è maggiore di uno
 >. si dirà che la curva di domanda di tale bene è elastica in prossimità del prezzo
considerato. In questo caso il calo percentuale della quantità domandata è maggiore
dell’aumento percentuale del prezzo, per cui la spesa totale diminuirà.

• Caso in cui  = 1. Quando l’incremento percentuale del prezzo è esattamente uguale alla
diminuzione percentuale della quantità domandata, si parla di elasticità unitaria della
domanda al prezzo. Poiché l’aumento percentuale di una variabile compensa esattamente il
calo percentuale dell’altra, il loro prodotto non cambia. Quando il prezzo di un bene aumenta e
l’elasticità della domanda unitaria.

L’Elasticità rispetto al prezzo di una curva di domanda di mercato è influenzata da:

• Presenza di validi sostituti del bene considerato: maggiori sono i sostituti, più elastica è la
domanda;

• Incidenza del bene sul reddito del consumatore: minore è la quota di reddito destinata ad un
certo bene, meno elastica è la sua domanda;

• Intervallo di tempo considerato: poiché ci vuole del tempo prima che i consumatori si
adeguino alla variazione di prezzo, l’elasticità di lungo periodo è maggiore dell’elasticità di
breve periodo.

Casi particolari:

— domanda perfettamente anelastica: quando una curva di domanda è verticale, la


quantità domandata non risente delle variazioni di prezzo. L’elasticità della domanda al prezzo
è pari a zero.

—domanda infinitamente elastica (o perfettamente elastica): quando la curva di


domanda è orizzontale, i consumatori sono disposti ad acquistare la massima quantità possibile
del bene al prezzo corrente. Tuttavia, se il prezzo aumenta anche di poco, quantità domandata
scende a zero. In questo caso l’elasticità della domanda al prezzo è pari a infinito. Essendo i
beni fondamentalmente uguali, tendo a prendere quello che comunque fa il prezzo più basso.

— Domanda con elasticità unitaria in ogni punto: quando l’elasticità della domanda è
uguale ad 1 in corrispondenza di qualunque prezzo, la spesa totale rimane costante al variare
del prezzo. In questo caso è rappresentata da una iperbole equilatera.

— Domanda lineare:

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• Minore di 1 al di sotto del punto medio m;

• Maggiore di 1 al di sopra del punto medio m;

• Uguale a 1 nel punto medio m.

Elasticità incrociata della domanda: Le variazioni di prezzo di un bene possono influire sulla
quantità domandata di un altro bene. L’elasticità incrociata della domanda del bene X
rispetto al prezzo del bene Y, ε xy ,viene definita come il rapporto tra la variazione
percentuale della quantità domandata di X e la variazione del prezzo di Y che l’ha provocata in
%∆ X
termini algebrici: ε xy = . Può essere sia positiva sia negativa ed è molto importante fare
% ∆ py
attenzione al suo segno, perché esso ci forma se X e Y siano beni sostituti, complementari
oppure non correlati. Se X e Y. Sono sostituti, quando il prezzo di Y aumenta il consumo di X
cresce, quindi ε xy assume invece un valore negativo. Infine, se i due beni non sono correlati, un
aumento del prezzo di Y non ha alcun effetto sulla quantità domandata di X; di conseguenza
%X è 0 e anche ε xy è pari a zero. Il segno è importante per identificare se x e y sono:

- beni sostituti,ε xy > 0 (al fronte di aumento del bene y, la quantità x aumenta)

- beni complementari, ε xy <0 (a fronte di un aumento del bene y, la domanda x


diminuisce)

- beni non correlati, ε xy = 0 (è nulla, il prezzo di un bene non influenza l’altro


bene)

Elasticità della domanda al reddito: rapporto tra la variazione percentuale delle quantità
%∆X
domandata e la variazione percentuale del reddito da cui ha avuto origine. η I= .
%∆I
L’elasticità della domanda al reddito può essere sia positiva sia negativa. Se il bene
η I sarà negativo; se invece si tratta di un bene normale, η I
considerato è inferiore, il valore di
assumerà un valore positivo. Quando η I > 1, il consumo del bene considerato risente in modo
notevole delle variazioni del reddito, in quanto un determinato incremento percentuale del
reddito provoca un aumento percentuale ancora più consistente della quantità consumata. I
beni la cui domanda ha queste caratteristiche vengono talvolta definiti beni di lusso.

LA VARIAZIONE DI PREZZO E IL BENESSERE DEL CONSUMATORE 4°

Cosa succede all’aumentare del prezzo di un bene? Quando il prezzo di un bene aumenta,
ceteris paribus, la quantità domandata diminuisce; in altre parole, le curve di domanda sono
decrescenti. Questo principio è noto come legge della domanda. Il consumatore si sente
automaticamente più povero perché adesso non può più permetterselo, e spende meno anche
per tutti gli altri beni. Quindi il consumatore si sente povero anche se il suo reddito rimane
invariato. Il reddito in termini reali è il reddito che ci permette di poter acquistare un bene (si
parla di potere d’acquisto). Es. il consumatore Simone ha un reddito I, il prezzo dello zucchero
è p1 e il prezzo degli altri beni è 1$, il vincolo di bilancio B1, pendenza p1/1=p1. Se il prezzo
dello zucchero sale a p1, ceteris paribus, il vincolo di bilancio diventa B2 con pendenza p2.
GRAFICO SLIDE 4

L’aumento del prezzo ha due conseguenze:

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• Lo zucchero è ora più costoso rispetto gli altri beni, e vi è un maggior costo opportunità dello
zucchero rispetto agli altri beni;

• B2 è più pendente di B1

Conseguenza 2:

• per ogni unità di zucchero acquistata, rimane meno reddito da spendere per gli altri, Simone
ha meno potere d’acquisto quindi il reddito reale scende, l’insieme dei panieri assimilabili si
riduce.

Abbiamo due effetti:

• Effetto sostituzione: effetto di una variazione di prezzo sulla quantità domanda di un bene,
dovuto esclusivamente al fatto che il suo prezzo relativo è cambiato;

• Effetto reddito: effetto di una variazione di prezzo sulla quantità domandata di un bene,
dovuto esclusivamente al fatto che il reddito reale del consumatore è cambiato.

Quando il prezzo di un bene aumenta da p1 a p2, si verifica una diminuzione della quantità
domandata da x1 a x2. Nello spostamento da x1 a x2, per isolare l’effetto sostituzione,
dobbiamo esaminare le conseguenze della variazione di prezzo mantenendo costante il reddito
reale. Cosa significa quando il reddito reale costante? Il livello del reddito che garantisce al
consumatore le stesse opportunità di scelta. Ciò significa trovare quel livello ipotetico di reddito
che consente al consumatore di mantenere invariato il livello di soddisfazione.

L’effetto sostituzione si ottiene facendo variare il prezzo e poi compensando questo


cambiamento con una variazione del reddito. Si ottiene così la cosiddetta reazione
compensata: variazione della quantità domandata che si resista quando si fa variare il prezzo
del bene e, contemporaneamente si compensa mantenendo invariato il reddito reale del
consumatore. Invece la reazione non compensata è la variazione della quantità domandata
che effettivamente si registra quando il prezzo del bene varia.

Parlando di beni, abbiamo un particolare tipo di bene chiamato Giffen, un caso particolare di
beni inferiori in cui l’effetto reddito è superiore all’effetto sostituzione, quindi se il prezzo di un
bene aumenta, l’effetto complessivo è che il consumatore consuma una quantità maggiore del
bene. La curva di domanda è crescente (è una violazione della legge di domanda, più prezzo
più quantità). Nel grafico notiamo che l’effetto sostituzione dovuto all’aumento dei prezzi fa
diminuire la quantità domandata, tuttavia questa riduzione è inferiore all’aumento dovuto
all’effetto reddito che fa salire la quantità domandata.

Proviamo a vedere come tracciare la curva di domanda, in particolare come varia il prezzo il
prezzo se il consumatore è indennizzato, quindi traccia o la curva di domanda compensata:
è una funzione che indica come varia la quantità domandata al variare del prezzo nell’ipotesi
che il consumatore sia compensato con una quantità di reddito sufficiente a farlo rimanere
sulla curva di indifferenza iniziale. Mostra solo l’effetto sostituzione di una variazione di prezzo
perché l’effetto reddito è eliminato definitivamente. Si noti la differenza tra la curva di
domanda compensata e la curva di domanda usuale. La curva di domanda usuale
rappresenta la relazione tra prezzo e quantità, nell’ipotesi in cui il reddito monetario rimanga
costante. La curva di domanda compensata, invece, rappresenta la relazione tra prezzo e
quantità domandata, nell’ipotesi in cui il livello di utilità rimanga invariato, essa mostra solo
l’effetto sostituzione di una variazione di prezzo poiché l’effetto reddito è eliminato per
definizione.

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Benessere del consumatore: per vedere le variazioni del benessere del consumatore i
utilizza la curva di domanda, perché esprime a quanto voglio comprare quella quantità che
voglio. Se la quantità è Q0 io sono disposto a pagarla 0. Deve essere chiaro a quanto noi siamo
disposti a pagare quel determinato bene.

Valore marginale: il valore che una persona assegna al consumo di un’ulteriore unità di un
determinato bene è semplicemente il prezzo corrispondente a quella unità lungo la sua curva
di domanda. Per valore marginale, in quanto, per ogni unità del bene consumata, indica il
valore che l’individuo attribuisce a quella ulteriore unità (unità marginale). Il valore attribuito al
consumo di un certo numero di unità di un bene si ottiene sommando il valore marginale di
ogni singola unità ed è rappresentato graficamente dalla superficie al di sotto della curva di
domanda, compresa tra la prima e l’ultima delle unità considerate. Vedi figura slide 24

Surplus del consumatore è la differenza tra quanto il consumatore è disposto a pagare per
un bene e quanto effettivamente deve pagare per il bene (graficamente è dato dalla differenza
tra la curva di domanda (quanto il consumatore è disposto a pagare) e il prezzo di mercato
(quanto effettivamente deve pagare). Se facessimo variare il prezzo del surplus, calo del
surplus del consumatore conseguente all’aumento del prezzo. Il surplus del consumatore che si
ottiene se si riescono ad acquistare tutte le unità del bene desiderate al prezzo corrente è
rappresentato dalla superficie al di sotto della curva di domanda e l di sopra del prezzo
corrente. La tariffa a due parti è un sistema di pagamento in base al quale il consumatore
deve prima versare una somma fissa per aver diritto ad acquistare un certo bene, poi pagare
un determinato prezzo per ogni unità del bene effettivamente acquistata.

Il caso del contingentamento del consumatore: limitazione della quantità di un


determinato bene che può essere importata in un Paese (limitazione dell’offerta del bene).

• contingentamento: 2,5 milioni di auto giapponesi. Al prezzo senza contingentamento 9000


(prezzo efficiente), si venderebbero 2,5 milioni di auto.

• Alla quantità contingentata (1,9 milioni di auto), prezzo 9500.

• Continuare con l’esempio slide ultima

L’IMPRESA E LA PRODUZIONE 6°

Il comportamento dell’impresa: l’impresa è un’organizzazione che acquista e vende beni e


servizi. Fare impresa significa prendere le seguenti decisioni: cosa produrre, come produrre,
quanto produrre, a che prezzo venderlo e, come pubblicizzare il prodotto da vendere.

Il profitto economico: è dato dalla differenza tra le entrate dell’impresa e le sue spese, ricavo
tot - costo economico tot. L’imprese riceve denaro nei mercati dei prodotti quando i
consumatori acquistano i beni che essa ha prodotto. La somma complessiva che un’impresa
incassa grazie alla vendita dei suoi prodotti prende il nome di ricavo totale. Naturalmente
l’impresa deve anche spendere per acquistare gli input che utilizza per la produzione, questi
input vengono acquistati nei mercati dei fattori. La spesa complessiva dell’impresa per
l’acquisto degli input impiegati nella produzione, misurata in termini di costi opportunità, è il
costo economico. I costi economici non sempre coincidono con i costi contabili che sono
quelli che abbiamo in economia aziendale nella partita doppia. I costi imputati sono costi che
vanno imputati ai costi economici dell’impresa: costo-opportunità che il proprietario di un
fattore produttivo sostiene se impiega il fattore in modo diverso da quello che sarebbe il suo
migliore uso alternativo.

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Costi o spese irrecuperabili (costi affondati o punk cost): è che una volta sostenuta la
spesa non possono più essere recuperati in altro modo. È importante che il costo irrecuperabile
non è un costo economico perché l’impresa deve sostenerlo in ogni caso.

Il ricavo totale: rappresenta la somma complessiva che questa ottiene grazie alla vendita del
suo prodotto, o output. Nel caso di un’imprese che vende tutte le unità prodotte allo stesso
prezzo, il ricavo totale sarà pari al prezzo unitario per il numero di unità vendute. Vi sono i casi
della dipendenza diretta dal volume di produzione che è dovuta al fatto che maggiore è il
numero di unità prodotte vendute dall’impresa a un certo prezzo maggiore è il suo ricavo; caso
in cui, invece, vi è una dipendenza indiretta che è dovuta all’effetto che esercita la quantità sul
prezzo; infatti il prezzo massimo al quale l’impresa può vendere i suoi prodotti dipende anche
dalla quantità che vuole vendere. La relazione fra il prezzo al quale l’impresa può vendere i
suoi prodotti e il numero di unità vendute si definisce curva di domanda dell’impresa, cioè
una scheda che indica la quantità domandata del bene, prodotto da una particolare impresa, in
corrispondenza di ciascun prezzo. Abbiamo la curva dei ricavi che è una scheda che indica la
relazione tra il volume di produzione di un’impresa e i ricavi corrispondenti.

Il costo totale è la spesa minima che l’impresa sostiene per produrre un certo numero di
unità di prodotto. Per tracciare la curva dei costi dobbiamo imporre che alcuni elementi siano
costanti, ovvero: prezzo degli input, tecnologia e caratteristiche dell’output. La curva di costo
totale è la scheda indicante la relazione tra il volume di produzione di un’impresa e il costo
totale corrispondente. Per osservare l’andamento del costo totale in funzione della quantità
prodotta, dobbiamo ipotizzare che diversi elementi rimangano costanti: il prezzo dei fattori
produttivi, che, data una certa combinazione di input, se il prezzo di uno o più di uno tra essi
varia, cambierà la spesa necessaria per l’acquisto dei fattori, l’impresa più comunque reagire
alla variazione di prezzo di un fattore, modificando la combinazione di input che utilizza; la
tecnologia, il costo di un determinato volume di produzione dipende dalla quantità dei diversi
input necessari all’impresa. Quindi il legame tecnologico esistente tra input e output è uno dei
principali fattori che determinano l’andamento della curva di costo totale; le caratteristiche del
prodotto, gli input necessari per produrre una determinata quantità dipendono anche dal tipo
di prodotto.

Il profitto è pari alla differenza tra i ricavi e i costi. L’impresa vuole massimizzare il suo
profitto e per massimizzare l’impresa deve espandere la produzione fino a quando la distanza
tra la curva di ricavo totale e costo totale è massima. Nei grafici abbiamo la curva denominata
funzione di profitto che rappresenta la relazione tra il profitto economico dell’impresa e il so
livello di produzione.

Per calcolare il profitto massimo si applica la regola del profitto marginale: la variazione del
profitto sarà pari alla variazione del ricavo totale meno la variazione del costo totale. La
variazione del ricavo conseguente alla vendita di un’unità di prodotto in più prende il nome di
ricavo marginale che è la variazione del ricavo totale conseguente alla vendita di un’unità
aggiuntiva di output (incremento che ha il ricavo per l’aumento di una unità di quel bene).
Passando ai costi, la variazione del costo totale conseguente alla produzione di un’unità in più
prende il nome di costo marginale. Il profitto è massimo quando il MR = MC (se MR>MC
l’incremento che subiscono i ricavi per un’unità in più è superiore all’incremento che subiscono
i costi per un’unità in più; MR<MC avrei profitto negativo). L’impresa deve espandere la sua
produzione fino a quando il ricavo marginale coincide con il costo marginale; in quel punto il
profitto marginale è nullo.

Decisione di chiudere un’attività: l’imprese chiude quando fondamentalmente il profitto è più


basso dei costi. L’impresa deve confrontare il profitto ottenibile con quello che guadagnerebbe
o perderebbe se decidesse di chiudere. Se l’impresa chiude, il ricavo totale è pari a zero e tutti

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i fattori della produzione verranno destinati al loro migliore uso alternativo. Quando l’impresa
smette di produrre, sia il ricavo sia il costo economico totale sono pari a zero, per cui anche il
suo profitto economico è nullo. Ne deriva che la chiusura è preferibile quando la continuazione
dell’attività genera un profitto minore di zero. Si noti che l’impresa che ottiene un profitto
economico esattamente pari a zero sceglierà di continuare a produrre, perché comunque non
potrebbe ricavare di più degli input che utilizza, quindi è indifferente produrre con un profitto
nullo o non produrre. Il fatto che un’impresa con un profitto economico pari a zero continui a
produrre significa che la regola della cessazione dell’attività non fa riferimento al profitto
contabile. Se l’impresa chiudesse, non dovrebbe pagare i suoi dipendenti; quindi la spesa per le
retribuzioni è un costo economico.

• Ricavo medio = Ricavo totale diviso il numero delle unità prodotte;

• Costo medio = costo totale diviso il numero delle unità prodotte;

• Profitto medio = profitto totale diviso il numero delle unità prodotte.

La regola della cessazione dell’attività affermerà che un’impresa non dovrebbe continuare a
produrre se il suo ricavo medio è inferiore al costo medio di produzione. La regola della
cessazione dell’attività dice che: se in corrispondenza di qualunque volume di produzione,
il ricavo medio dell’impresa è inferiore al suo costo medio, questa dovrebbe cessare l’attività.
Nel caso di un’impresa che vende la sua intera produzione allo stesso prezzo questa
regola diventa: se l’impresa fa pagare il prezzo p per unità venduta, allora p è il ricavo medio
per unità. Quindi possiamo dire che, se in corrispondenza di qualunque volume di produzione
il prezzo ottenuto dall’impresa è inferiore al suo costo medio, allora l’impresa trova ottimale
cessare l’attività.

La relazione tra la produzione totale di un’impresa e gli input di cui ha bisogno dipendono
dalla tecnologia utilizzata nel processo produttivo. La funzione produzione è una scheda
indicante il massimo volume di produzione che un’impresa può produrre con una determinata
combinazione di fattori produttivi. La produzione totale massima che l’impresa può ottenere,
data una certa quantità di input, viene anche definita prodotto totale di L e K.

Isoquanto è quella curva, tutte quelle combinazioni di due input che consentono di ottenere lo
stesso volume di produzione. Un insieme di isoquanti corrisponde a una determinata funzione
di produzione. L’isoquanto di un produttore indica le diverse combinazione di due input con le
quali si può ottenere un determinato volume di produzione. Si noti l’analogia con la curva
d’indifferenza di un consumatore che indica le varie combinazioni di due beni che consentono
di raggiungere lo stesso livello di utilità. L’insieme di tutti gli isoquanti corrispondenti a una
certa funzione di produzione prende il nome di mappa degli isoquanti.

La funzione di produzione descrive una certa combinazione di input, con la quale è possibile
ottenere un determinato quantitativo di output. Naturalmente l’impresa deve valutare se è in
grado di variare la quantità impiegata di un certo input oppure no. Quindi, un input la cui
quantità può essere cambiata è definito fattore variabile; un input la cui quantità non può
essere cambiata viene definito fattore fisso. Un certo fattore può essere fisso o variabile a
seconda dell’orizzonte temporale che viene considerato dall’azienda. Definiamo periodo
breve l’arco di tempo entro il quale solo uno dei fattori utilizzati dall’impresa è variabile,
mentre tutti gli altri sono fattori fissi, cioè la disponibilità di tutti gli altri input non può essere
modificata. Invece il lungo periodo è un arco di tempo sufficiente affinché tutti i fattori della
produzione siano variabile e nessuno sia fisso. Si noti che la durata del breve periodo dipende
dalla tecnologia utilizzata dall’impresa e dai mercati in cui essa acquista gli input. (Le decisioni
che fanno le imprese e gli orizzonti di decisione: economista divide il tempo in due macro aeree
in breve e lungo periodo. Resta attaccato alla teoria dell’impresa in cui deve decidere quale

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orizzonte temporale utilizzare. Abbiamo le scelte di breve periodo quando abbiamo gli input
variabile. Fattore produttivo di cui è possibile modificarne la quantità, entro l’orizzonte di
pianificazione considerato. Mentre i fattori fissi non si possono cambiare in breve periodo e
appunto fanno parte del lungo periodo. Quindi:

• Breve periodo: intervallo di tempo in cui solo dei fattori utilizzati dall’impresa è variabile,
mentre tutti gli altri sono fattori fissi. solitamente, L è un input variabile e K è fisso

• Lungo periodo: intervallo di tempo sufficiente affinché tutti i fattori della produzione siano
variabili e nessuno sia fisso. Sia L che K non sono fissi.

• Prodotto marginale: la quantità addizionale di output, che l’impresa può produrre utilizzando
un’unità aggiuntiva di un fattore, mantenendo invariata la quantità degli altri fattori
produttivi. Se parlo di prodotto marginale del lavoro è la variazione (aumento) della quantità
prodotta, deltaQ, se utilizziamo deltaL unità di lavoro. MPl = deltaQ/ deltaL

Rendimenti marginali: la produttività marginale di un input può crescere, rimanere costante o


diminuire al crescere della quantità dell’input stesso impiegato dall’impresa. In base al tipo di
tecnologia utilizzata dall’impresa si verificano: rendimenti marginali crescenti: se il prodotto
marginale di un fattore aumenta al crescere della quantità utilizzata di tale fattore; marginali
costanti se il prodotto marginale di un fattore rimane costante al crescere della quantità
utilizzata di tale fattore: la curva totale del prodotto è una retta ( pendenza costante), la curva
del prodotto marginale è costante ( è la pendenza della curva del prodotto totale ottenuta
facendo variare la quantità di lavoro e mantenendo costante la quantità di capitale), marginali
decrescenti: la curva del prodotto totale cresce meno che proporzionalmente rispetto alle unità
di lavoro impiegate, invece la curva del prodotto marginale del lavoro è decrescente. La forma
di una curva del prodotto marginale riflette le conseguenze della variazione della quantità
marginale impiegata di un unico fattore produttivo (rimanendo costanti tutti gli altri), mentre il
livello dei rendimenti di scala indica gli effetti di una variazione simultanea di tutti gli input
nella stessa proporzione.

I COSTI DELL’IMPRESA 7°

L’impresa individua la combinazione di fattori ottimale e il relativo costo. Considerando la


decisione di breve periodo dell’impresa riguardo alla combinazione di fattori da utilizzare, il
costo corrispondente prende il nome di costo economico totale di breve periodo
necessario per produrre x e viene indicato come C SR (la spesa totale misurata, misurate in
termini di costi opportunità, necessaria a produrre una certa quantità di beni nel breve
periodo). Ora illustreremo il procedimento per il calcolo del costo totale di breve periodo:

• Tracciamo l’isoquanto corrispondente al volume di produzione di cui voglio calcolare il costo


totale di breve periodo

• Indichiamo sull’asse verticale la quantità fissa di capitale di cui l’impresa dispone nel breve
periodo, in quanto caso Kf

• Individuiamo il punto dell’isoquanto x 0 corrispondente alla quantità di capitale K f

• Moltiplichiamo la quantità di lavoro corrispondente al punto a, La, per il salario, e in questo


modo otteniamo il costo totale di breve periodo C SR ( x 0 ¿

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Possiamo dire che costo variabile di breve periodo (costo che l’impresa deve sostenere per
l’acquisto dei fattori variabili nel breve periodo) è identico a quello di costo economico totale di
breve periodo, questo perché se un’impresa non può variare la spesa per un fattore, questa è
una spesa irrecuperabile e non un costo economico. Relativamente ai costi fissi di breve
periodo, le spese per l’acquisto dei fattori fissi non rappresentano costi economici perché i
fattori fissi non hanno un costo-opportunità nel breve periodo. Di conseguenza i costi fissi non
dovrebbero influire sulle decisioni dell’impresa. Costo totale di breve periodo è la somma
dei costi variabili e fissi di breve periodo. Se questo si trova al di sotto o al di sopra del ricavo
medio, l’impresa può valutare se le decisioni assunte in precedenza rimangono valide. Quale
aspetto avrà la curva del costo totale di breve periodo dell’impresa? La curva di costo totale di
breve periodo è crescente, perché, per produrre una quantità maggiore, l’impresa deve
utilizzare una maggiore quantità di input. Un’altra proprietà della curva del costo totale di
breve periodo è che la sua posizione dipende dalla quantità di capitale che rimane fissa nel
breve periodo. La relazione tra la quantità fissa di capitale e il costo totale di breve periodo
vale per qualsiasi volume di produzione. Se dispone di uno stock di capitale maggiore,
l’impresa utilizzerà meno lavoro per produrre qualunque quantità di beni; di conseguenza, un
aumento della quantità di capitale determina uno spostamento verso il basso della curva del
costo totale di breve periodo. Poiché il capitale è un fattore fisso nel breve periodo, il suo costo-
opportunità è pari a 0.

Quando si conosce la funzione di costo totale di breve periodo, si possono facilmente ricavare
altri tipi di costi. Il costo marginale di breve periodo MC SR è la variazione del costo totale di
breve periodo conseguente alla produzione di un’unità aggiuntiva. Il costo marginale si ricava
dal costo totale e il costo totale a sua volta è determinato dalla funzione di produzione. Ne
consegue che il costo marginale dipende dalle caratteristiche della tecnologia utilizzata, come
risulta dalla funzione di produzione. Esiste una relazione tra costo marginale e prodotto
marginale: se l’impresa vuole accrescere la propria produzione nel breve periodo, deve
acquistare una quantità maggiore del fattore variabile. Quindi, nel breve periodo, il costo
marginale di produzione è uguale alla quantità aggiuntiva del fattore variabile che l’impresa
deve impiegare per accrescere la produzione, moltiplicata per quanto l’impresa deve spendere
al fine di ottenere un’unità in più al fattore variabile. L’ammontare aggiuntivo che l’impresa
deve pagare per ottenere un’ulteriore unità del fattore variabile prende il nome di costo
marginale del fattore (MCF).

Costo marginale di breve periodo = (quantità aggiuntiva del fattore variabile necessaria per
produrre un’unità in più) x (costo marginale del fattore variabile)

Quando il prezzo di un certo input è esogeno, il costo marginale del fattore è uguale al prezzo
w
di mercato di quel fattore. MC SR= da questa formula risulta che, a parità di altre
MP L
condizioni, maggiore è il prodotto marginale del lavoro, più basso è il costo marginale di
produzione. Questa equazione può essere utilizzata per osservare come l’andamento della
curva del costo marginale di breve periodo dipende dall’andamento della curva del prodotto
marginale del lavoro. Da questa equazione capiamo che quando la funzione di produzione è
tale che la produttività marginale del lavoro sia decrescente, la curva del costo marginale di
breve periodo è crescente. Intuitivamente, se i rendimenti marginali sono decrescenti, man
mano che la produzione totale aumenta, sarà necessaria una quantità aggiuntiva di lavoro
sempre maggiore per produrre un’ulteriore unità e quindi anche la spesa aggiuntiva per il
lavoro diventerà sempre maggiore. Quando i rendimenti marginali cominciano a essere
decrescenti, il costo marginale di breve periodo aumenta.

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Il costo medio di breve periodo è pari al costo economico totale di breve periodo diviso per
il numero di unità prodotte. Quando si producono x unità vale l’uguaglianza AC SR =C SR /x .
Anche il costo totale di breve periodo può essere messo in relazione con la tecnologia utilizzata
dall’impresa, quando questa percepisce il prezzo dei fattori come dato. Intuitivamente, dal
momento che il prodotto marginale del lavoro è crescente, man mano che l’impresa espande la
produzione ha bisogno di una quantità sempre minore di lavoro per ogni unità aggiuntiva di
prodotto. Poiché ogni successiva unità di prodotto richiede meno lavoro rispetto alle unità
precedenti, la quantità media di lavoro per unità prodotta diminuisce man mano che aumenta
la produzione totale. Costo medio totale di breve periodo definito come costo totale di
breve periodo diviso per il numero di unità prodotte. Il costo medio totale e il costo medio di
breve periodo convergono con l’aumentare del livello di. output. La differenza tra i due
equivale al costo medio fisso di breve periodo definito come costo fisso di breve periodo
diviso per il numero di unità di prodotto. Poiché il costo fisso di breve periodo è costante, il
costo medio fisso di breve periodo decresce con l’aumentare dell’output. Ogni volto che il costo
marginale è inferiore al costo medio, quest’ultimo diminuisce; ogni volta che il costo marginale
è superiore al costo medio, quest’ultimo aumenta; questi comportamenti valgono per
qualunque coppia di curve del costo marginale e del costo medio derivanti dalla stessa curva
del costo totale. Tornando all’impresa possiamo dire che, quando il costo dell’ultima unità,
l’unità marginale, è inferiore al costo medio delle unità precedenti, esso fa diminuire la media
(la curva del costo medio decresce). Viceversa, se il costo dell’unità marginale è maggiore del
costo medio delle unità precedenti, la sua inclusione nel calcolo della media fa aumentare il
costo medio di produzione (la curva del costo medio cresce).

Quando un’impresa prende decisioni che riguardano periodi futuri, in cui tutti i fattori produttori
saranno variabili, si dice che prende decisioni di lungo periodo. Ecco le due importanti
conseguenze del fatto che durante il lungo periodo i fattori siano variabili:

• tutte le spese per gli input sono costi economici;

• poiché l’impresa può variare la quantità utilizzata di tutti i fattori, e non di uno solo, essa può
anche sostituire un input con un altro.

Al fine di massimizzare il suo profitto, un’impresa deve scegliere la combinazione di fattori


meno costosa tra quelle che le permettono di ottenere il volume di produzione desiderato. In
altri termini, l’impresa deve scegliere una combinazione di input economicamente efficiente
(viene così definita la combinazione di fattori che ha il costo-opportunità più basso, tra tutte
quelle che possono essere utilizzate per ottenere il volume di produzione desiderato.

Isocosto: È una linea che rappresenta tutte le combinazioni di input aventi lo stesso costo per
l’impresa. Il valore assoluto della pendenza dell’isocosto è pari al rapporto dei prezzi dei due
fattori produttivi. La mappa degli isocosti è un insieme di isocosti, tutti corrispondenti a una
coppia di prezzi dei due fattori produttivi. Maggiore è la distanza all’origine di una linea di
isocosto, più elevata è la spesa che questo rappresenta. Se l’impresa è price-taker sul mercato
dei fattori produttivi, gli isocosti hanno la stessa pendenza (pari al valore assoluto del rapporto
tra i prezzi degli input). Qual è la combinazione ottimale degli input? Tracciando sullo stesso
grafico la mappa degli isocosti e l’isoquanto, è possibile individuare la combinazione ottimale di
input nel lungo periodo, cioè quella che consente di minimizzare i costi dato un certo livello di
output (e quindi massimizzare il profitto dato un certo livello di output). La condizione per la
massimizzazione dei costi è: un’impresa che non fa il prezzo dovrebbe scegliere la
combinazione di input da utilizzare in modo tale che, al margine, i prodotti marginali degli input
siano proporzionali ai loro prezzi. Impresa sceglie la combinazione di input da utilizzare in modo
tale che al margine il rapporto dei prodotti marginali degli input siano uguale al rapporto tra i
loro prezzi.

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Statica comparata: questa teoria consente di individuare la combinazione di fattori che


minimizza i costi dell’impresa, nell’ipotesi che quattro elementi rimangano costanti: i prezzi dei
fattori produttivi, la tecnologia utilizzata, le caratteristiche del prodotto, il volume di
produzione. Parlando dei prezzi dei fattori di produzione diciamo che, l’isoquanto dipende
esclusivamente dalla tecnologia utilizzata dall’impresa e dal volume di produzione, di
conseguenza l’isoquanto non subisce alcuna variazione quando il prezzo del lavoro cambia. La
mappa degli isocosti, invece, risente della variazione di prezzo di un fattore produttivo.
Ciascuna linea di isocosto ruota intorno alla sua intersezione con l’asse sul quale è misurato il
fattore il cui prezzo è rimasto costante, e la sua nuova pendenza è data dal rapporto tra il
nuovo prezzo del lavoro e il prezzo (invariato) del capitale. Se il salario cresce, il valore di
questo rapporto aumenta e le linee di isocosto diventano più ripide. Il costo totale di lungo
periodo deve necessariamente aumentare, in seguito all’incremento di prezzo di uno dei fattori
che l’impresa utilizza nella produzione. Parlando di tecnologia: questa innovazione tecnologia
non influisce sui prezzi dei fattori produttivi e quindi la mappa degli isocosti non subisce
variazioni; l’isoquanto invece si sposta. Il miglioramento della tecnologia determina uno
spostamento verso il basso dell’isoquanto. Caratteristiche del prodotto: oltre a cambiare il
modo in cui un determinato prodotto viene fabbricato, l’impresa può decidere di modificare
alcune caratteristiche del prodotto stesso. Volume di produzione: la nostra scelta dei volumi di
produzione è stata del tutto arbitraria, e potremmo applicare lo stesso metodo per individuare
la combinazione di input ottimale a qualunque altro livello di produzione. Per far questo è
sufficiente tracciare una serie di isoquanti, corrispondenti a diverse quantità prodotte, e poi
trovare i punti di tangenza con le linee di isocosto. Si può quindi disegnare una curva che
unisca tutti questi punti di equilibrio: essa indicherà come cambia la combinazione di fattori di
minimo costo al variare del volume di produzione, ceteris paribus. Tale curva prende il nome di
sentiero di espansione dell’impresa.

Costo totale di lungo periodo: la spesa totale (misurata in termini costi-opportunità)


necessaria per ottenere un determinato volume di produzione nel lungo periodo.

Se l’impresa si trova a decidere quanto produrre nel lungo periodo, deve fare riferimento al
costo marginale di lungo periodo che è la variazione del costo totale di lungo periodo
conseguente alla produzione di un’unità più. Il costo medio di produzione ha un’importanza
fondamentale per l’impresa, quando questa si trova a decidere se cessare o meno l’attività. Se
la decisione riguarda il lungo periodo, l’impresa deve considerare il costo medio di lungo
periodo (il rapporto tra il costo totale di lungo periodo e le unità prodotte).

Economia di scala: Costo medio di lungo periodo diminuisce con l’aumentare del volume di
produzione; in questo caso per accrescere il volume di produzione bissona aumentare meno
che proporzionalmente la quantità di input impiegata; per cui la spesa (costo) per gli input
aumenta di meno rispetto all’aumento della produzione; ergo il costo medio è crescente.

Diseconomia di scala: costo medio di lungo periodo cresce con l’aumentare del volume di
produzione; in questo caso per accrescere il volume bissona aumentare più che
proporzionalmente la quantità di input impiegata; per cui la spesa (costo) per gli input aumenta
più che proporzionalmente rispetto alla produzione; ergo il costo medio è crescente.

Economia di scala costanti: costo medio di lungo periodo rimane costante all’aumentare del
volume di produzione; in questo caso per accrescere il volume bissona aumentare equi
proporzionalmente la quantità di input impiegata; per cui la spesa (costo) per gli input aumenta
in rapporto costante all’amento di produzione; ergo il costo medio è costante.

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Economie di scopo: i costi presentano economie di scopo quando è più conveniente produrre
due prodotti insieme all’interno di un’impresa anziché separatamente in due imprese
specializzate.

Nel costo di breve periodo non si può variare la quantità utilizzata per i fattori fissi e la spesa
per i fattori fissi è irrecuperabile. Mentre nei costi di lungo periodo non esistono spese
irrecuperabili e l’impresa può tranquillamente sostituire un fattore produttivo con un altro. La
maggiore flessibilità nella sostituzione tra gli input, fa si che i costi di lungo periodo siano
solitamente più bassi dei costi di breve periodo.

L’IMPRESA IN CONCORRENZA 8°

Impresa in concorrenza significa “impresa che non fa il prezzo”. Poiché un’impresa opera sia
sul mercato dei fattori che su quello dei prodotti, questa definizione comprende due aspetti: da
un lato, quale fornitrice di prodotti, l’impresa sa di poter vendere la quantità che desidera al
prezzo di mercato; dall’altro, quale acquirente dei fattori, l’impresa sa di poter ottenere
qualsiasi quantità di input ai prezzi correnti. Quindi possiamo dire che un’impresa che non fa
il prezzo prende le sue decisioni con la consapevolezza di non poter influire in alcun modo sui
prezzi dei prodotti che vende o dei fattori che acquista. La curva di offerta dell’impresa,
ovvero la quantità di prodotto che un’impresa che non fa il prezzo è disposta a offrire in
corrispondenza di ciascun prezzo di mercato. per un’impresa che non fa il prezzo, la curva del
ricavo marginale, la curva del ricavo medio e la curva di domanda coincidono.

Le regole per la scelta del livello di produzione ottimale nel caso particolare di
un’impresa che non fa il prezzo sono:

- la prima regola (profitto marginale per un’impresa in concorrenza): nel punto di


equilibrio, il ricavo marginale dell’impresa deve essere uguale al costo marginale. Nel
caso di un’impresa che non fa il prezzo la regola deve essere riadattata, in quanto il
ricavo marginale coincide con il prezzo di mercato del prodotto, quindi è: se un’impresa
non può influire sul prezzo del suo prodotto, essa- a meno che non decida di cessare
l’attività- deve espandere la produzione fino a quando tale prezzo non risulti uguale al
costo marginale.
- La seconda regola (cessazione dell’attività): se l’impresa non può influire sul
prezzo di mercato del suo prezzo e tale prezzo è inferiore al costo medio, qualunque sia
il volume di produzione, allora essa deve cessare l’attività.

La decisione dell’impresa riguardo il volume di produzione dipende dall’andamento del


costo marginale e del costo medio e questi costi, a loro volta, dipendono dall’orizzonte
temporale considerato. Il breve periodo è un intervallo di tempo entro il quale solo un fattore
produttivo è variabile. Nel lungo periodo l’imprenditore può variare la quantità utilizzata di
tutti i fattori produttivi. In questo caso egli terrà conto delle curve del costo medio e costo
marginale di lungo periodo.

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Per costruire la curva di offerta di breve periodo di un’impresa in concorrenza dobbiamo


applicare le due regole per la massimizzazione del profitto. Se il profitto economico di
un’impresa è pari a zero significa che non esiste un utilizzo alternativo migliore per gli input
che essa utilizza; quindi tanto vale che continui con la sua attività. Se il prezzo di mercato è
inferiore al valore minimo del costo medio di breve periodo, la quantità offerta dall’impresa è
pari a zero. Quindi, la curva dell’offerta di breve periodo di un’impresa in concorrenza coincide
con l’asse verticale per tutti i prezzi inferiori al costo medio minimo di breve periodo, mentre
coincide con la curva del costo marginale di breve periodo per tutto il tratto al di sopra della
curva del costo medio.

L’impresa può decidere di produrre anche se, così facendo, subirà perdite contabili nel breve
periodo. In altre parole, è possibile che l’impresa rimanga in attività anche se i suoi ricavi sono
inferiori alla sua spesa totale dei fattori, che comprende sia la spesa per i fattori fissi sia la
spesa per i fattori variabili. Facendo riferimento alle grandezze medie, ciò equivale a dire che
l’impresa può continuare a produrre, anche se il prezzo di mercato del suo prodotto è inferiore
alla spesa totale media nei fattori, che è ovviamente rappresentato dal costo medio di breve
periodo ATC SR. Se il prezzo di mercato è superiore alla spesa media per il fattore variabile (il
costo medio di breve periodo), ciò implica che l’impresa subirebbe una perdita contabile ancora
maggiore se smettesse di produrre. Le decisioni più sensate sono quelle che tengono conto
esclusivamente dei costi economici.

Per costruire la curva di offerta di lungo periodo non dobbiamo fare altro che applicare le
due regole per la scelta del volume di produzione ottimale. L’unica differenza è che ora
utilizzeremo le curve del costo marginale le curve del costo marginale e del costo medio di
lungo periodo. Inoltre, la regola di cessazione dell’attività suggerisce che l’impresa non deve
uscire dal mercato, poiché il prezzo corrente è superiore al costo medio di produzione, per cui
permane un profitto economico. La curva di offerta di lungo periodo di un’impresa in
concorrenza coincide con l’asse verticale in corrispondenza di qualunque prezzo inferiore al
costo medio minimo di lungo periodo, mentre coincide con la curva del costo marginale di
lungo periodo per tutto il tratto al di sopra della curva del costo medio di lungo periodo.
L’andamento delle curve di offerta di un’impresa è determinato dell’andamento delle sue curve
del costo marginale e del costo medio.

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- Nel breve periodo alcuni fattori produttivi sono fissi e le spese per l’acquisto di questi
fattori non rientrano tra i costi economici; nel lungo periodo tutti i fattori sono
variabili, cosicché tutte le spese per gli input risultano essere costi economici.
- Nel lungo periodo un’impresa può sostituire un fattore produttivo con un altro, mentre
nel breve periodo non ha questa possibilità.

Ad un certo punto l’impresa deve decidere quanto produrre: (aggiungere da pagina 214)
 se valuta la costruzione di un nuovo stabilimento: decisione di lungo periodo: si fa riferimento
ai costi di lungo periodo per individuare il volume di produzione ottimale e capire se
l’investimento nel nuovo stabilimento possa essere remunerativo;

 se lo stabilimento è già stato costruito: scelta di breve periodo: la decisione sulla quantità da
produrre è presa considerando i costi di breve periodo.

La domanda di input dipende, o deriva, dalla domanda del bene finale che consente di produrre.
Per questo motivo la domanda di un fattore viene definita domanda derivata.

Nel breve periodo sappiamo che la quantità di lavoro, L, è variabile mentre il capitale è fisso, Kf.
Per questo motivo l’unica decisone che può prendere l’impresa riguardo agli input è quanto
lavoro impiegare. L’impresa però non sa ancora quanto produrrà e deve scegliere la
combinazione di input e il volume di produzione contemporaneamente. Per questo utilizza il
metodo marginalista. All’inizio l’impresa deve calcolare il costo e il beneficio marginale
derivanti dall’impiego di un’unità in più del fattore; poi deve metterli a confronto. Se il beneficio
marginale è superiore al costo marginale, all’impresa conviene utilizzare una quantità maggiore
del fattore; infatti, poiché i benefici crescono più rapidamente dei costi, anche il profitto cresce.
L’impresa deve utilizzare tutte le unità del fattore per le quali il beneficio marginale è maggiore
del costo marginale. Che cosa succede se l’impresa accresce ulteriormente la quantità impiegata
del fattore, fino a un punto in cui il beneficio marginale sia inferiore al costo marginale? In questo
caso l’utilizzo di ogni ulteriore unità del fattore farebbe diminuire il profitto dell’impresa poiché i
benefici aumenterebbero in misura minore dei costi. Quindi l’impresa deve utilizzare la quantità
di un fattore in corrispondenza della quale il beneficio marginale del fattore coincide con il suo
costo marginale.

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Quando un’impresa accresce la quantità impiegata di un certo input, il suo volume di produzione
aumenta. Il prodotto marginale si misura in unità di prodotto per unità di input. L’impresa
produce beni e o servizi con l’obiettivo di ricavare denaro dalla loro vendita; quindi ciò che
realmente interessa all’impresa è la variazione del suo ricavo quando utilizza un’unità in più di
un fattore produttivo. Quindi la variazione marginale del prodotto è la variazione del ricavo
conseguente alla vendita del prodotto aggiuntivo ottenuto impiegando un’unità in più di un
fattore. Il ricavo marginale del prodotto di un fattore si calcola moltiplicando il suo prodotto

marginale per il ricavo marginale di un’unità di prodotto.

Nel caso in cui l’impresa non fa il prezzo nel mercato di un fattore produttivo, il costo marginale
del fattore è pari al suo prezzo di mercato.

Regola per l’utilizzo dei fattori. L’impresa deve scegliere la quantità in corrispondenza della
quale il beneficio marginale coincide con il costo marginale un’impresa che punti a massimizzare
il profitto deve aumentare la quantità di utilizzata di ciascun fattore produttivo finché il suo
ricavo marginale del prodotto non risulti uguale al costo marginale del fattore.

1) La regola per l’utilizzo dei fattori nel caso di un’impresa in concorrenza: per
un’impresa in concorrenza, il ricavo marginale del prodotto è pari al prodotto marginale del
fattore considerato per il prezzo di mercato del prodotto (p|) e il costo marginale del fattore è
uguale al prezzo del fattore (w|).
2) Regola per l’utilizzo dei fattori nel caso di un’impresa in concorrenza: un’impresa
che non fa il prezzo, né il mercato dei fattori né quello del prodotto, ottiene il massimo
profitto utilizzando la quantità di ciascun fattore in corrispondenza della quale il prodotto
marginale del fattore moltiplicato per il prezzo del prodotto risulta uguale al prezzo del
fattore.
La curva che rappresenta la curva di domanda derivata di breve periodo di un’impresa che non
fa il prezzo nel mercato del fattore variabile coincide con la curva del ricavo marginale del
prodotto di quel fattore relativo alla stessa impresa. Se il prezzo di un fattore variabile aumenta,
aumenta anche il costo marginale di breve periodo. La curva della domanda derivata di breve
periodo di un fattore è decrescente per questo effetto di scala: un aumento di prezzo del
fattore fa diminuire il volume di produzione dell’impresa che, di conseguenza, domanda una
quantità minore del fattore.

Nel lungo periodo un’impresa può variare la quantità utilizzata sia di lavoro sia di capitale.
Stando così le cose, un aumento del prezzo del lavoro produce due effetti sulla quantità di lavoro
domandata nel lungo periodo: il primo è l’effetto scala, se il lavoro diventa più costoso, è
probabile che il costo marginale di produzione aumenti e quindi il volume di produzione ottimale
diminuisca; s così accade, l’utilizzo complessivo di input da parte dell’impresa si riduce. Quando
il volume di produzione diminuisce, la quantità utilizzata di almeno un fattore deve diminuire; il
secondo effetto si verifica nel lungo periodo, dato che l’impresa può sostituire il fattore divenuto
più costoso con un altro; nel nostro caso, in seguito all’aumento del salario l’impresa sostituirà
parte del lavoro con capitale. Quando consideriamo la domanda di lungo periodo di un fattore,
dobbiamo tener conto di questo effetto sostituzione tre fattori: quando il prezzo di un input
aumenta rispetto al prezzo dell’altro, l’impresa tende a sostituire l’input diventato più costoso
con l’input il cui prezzo relativo è diminuito. Si noti che l’effetto sostituzione tra fattori provocato
da un aumento di prezzo è sempre negativo; quindi tale effetto è uno dei motivi per cui le curve
della domanda derivata di lungo periodo sono decrescenti.

L’effetto scala deve necessariamente essere negativo se un solo fattore è variabile. Tutta via
nel lungo periodo, quando sia il lavoro sia il capitale sono variabili, è possibile che, pur riducendo
il suo volume di produzione, l’impresa domandi una quantità maggiore di lavoro. Vi saranno
anche casi in cui l’impresa accresce sia la quantità di capitale sia il numero di lavoratori utilizzati,

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quando espande il suo volume di produzione. Dobbiamo quindi concludere che l’effetto scala ne
lungo periodo può essere sia negativo sia positivo. Ultima osservazione è che se il prodotto
totale diminuisce, deve diminuire anche la quantità impiegata di almeno un fattore produttivo.
Somma tra effetto di scala ed effetto sostituzione tra fattori: quando il prezzo di un
fattore aumenta, la quantità che ne viene domandata diminuisce: in altre parole, la somma
dell’effetto di scala e dell’effetto sostituzione tra fattori è sempre negativa. Ciò significa che le
curve che rappresentano la domanda derivata sono sempre decrescenti. Se il prezzo del capitale
aumenta, impiegare una quantità maggiore di capitale sarà ancora meno conveniente di quanto
non fosse in precedenza. Quindi un’impresa che punti a massimizzare il suo profitto non reagirà
mai all’aumento del prezzo di un fattore acquistandone una quantità maggiore.

L’EQUILIBRIO NEI MERCATI CONCORRENZIALI 9°


Il modello della concorrenza perfetta si basa su quattro ipotesi fondamentali. Le prime tre
ipotesi riguardano il lato dell’offerta, mentre la quarta riguarda il lato della domanda:
1. I venditori non fanno il prezzo: questa prima ipotesi riguarda il fatto che i venditori non
facciano il prezzo. In un mercato concorrenziale ciascun venditore si comporta si comporta
come se potesse offrire qualunque quantità del suo prodotto senza, con questo, influire sul
prezzo di mercato. quest’ipotesi ha due effetti. Il primo è che ciascun venditore è
consapevole che la sua scelta della quantità da offrire non ha praticamente alcun effetto sul
prezzo del mercato; in secondo luogo, ciascun venditore sa che le sue decisioni non
influiscono sul comportamento degli altri venditori.
2. I venditori non adottano comportamenti strategici: dire che un venditore non adotta
comportamenti strategici significa che egli non cerca di prevedere eventuali reazioni da parte
dei concorrenti, quando decide come comportarsi.
3. Non esistono ostacoli all’ingresso di nuovi venditori nel mercato: la terza ipotesi ha a
che vedere con i costi che un nuovo produttore deve affrontare per avviare un’attività.
Quando un nuovo venditore può entrare in un mercato senza dover sostenere costi
particolare, si dice che quel mercato è caratterizzato da libertà d’entrata. Per “costi
particolari” intendiamo spese d’ingresso a cui devono far fronte coloro che desiderano
entrare nel mercato come venditori. Naturalmente tutti i venditori dovranno sostenere costi
di produzione; libertà d’entrata significa che l’ingresso di mercato non è soggetto a
restrizioni. All’estremo opposto si parla di entrata bloccata quando per le nuove imprese è
impossibile entrare nel mercato a un costo ragionevole. Al massimo l’ingresso può essere
impedito da barriere legali.
4. Gli acquirenti non fanno il prezzo: ipotizziamo che gli acquirenti considerino dato il
prezzo di mercato. in un mercato concorrenziale, ciascun acquirente sa di poter comprare la
quantità che desidera al prezzo corrente, senza che la sua scelta influisca su tale prezzo.

Da cosa si capisce se un certo mercato è concorrenziale? Dalle condizioni in cui operano


acquirenti e venditori. Queste condizioni prendono il nome di struttura di mercato.

1. Le dimensioni e il numero dei compratori: è importante perché da esso dipende la


possibilità o meno, da parte degli acquirenti, d’influire sui prezzi. Quando in un mercato vi
sono pochi compratori e ciascuno di essi acquista quantità enormi, è probabile che questi
compratori riescano a influire sul prezzo di mercato variando la quantità del bene acquistata.

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Quindi l’ipotesi che i compratori non facciano il prezzo è la più verosimile, quando il loro
numero è elevato.
2. Dimensioni e numero dei venditori: da essi dipende che i venditori facciano o meno il
prezzo e che adottino oppure no comportamenti strategici. Se in un mercato operano molti
venditori, vi sono maggiori probabilità che questi non facciano il prezzo e non adottino
comportamenti strategici. Se in un mercato operano molti venditori, vi sono maggiori
possibilità che questi non facciano il prezzo e non adottino comportamenti strategici.
3. Il grado di sostituibilità tra i prodotti dei diversi venditori: due prodotti vengono
definiti beni omogenei se i consumatori li considerano identici (cioè se il saggio marginale
di costituzione tra di essi è costantemente pari a 1). Se tutti i venditori offrono beni
omogenei, chiunque tenti di applicare un prezzo superiore a quello prevalente nel mercato
non riuscirà a vendere i suoi beni. Il modello della concorrenza perfetta prevede che i
venditori non facciano il prezzo; quindi, affinché la struttura di mercato sia compatibile con
tale modello, è necessario che i prodotti offerti dai diversi venditori siano omogenei.
4. Il livello d’informazione dei compratori sui prezzi e sulle diverse possibilità a
disposizione: il ragionamento del precedente punto presuppone che i compratori siano a
conoscenza di tutte le possibilità che hanno a disposizione nel mercato. viceversa, la
domanda del singolo venditore sarà molto meno sensibile al prezzo se gli acquirenti non sono
ben informati. Se un produttore volesse aumentare le sue vendite riducendo il prezzo, non
può ottenere questo risultato se nessuno sa che lo abbassa. Una delle ipotesi fondamentali
su cui basa il modello della concorrenza perfetta è che i venditori non facciano il prezzo;
perché un mercato sia perfettamente concorrenziale non dev’esserci alcuna barriera
all’entrata.
5. Facilità d’entrata nel mercato: perché un mercato sia perfettamente concorrenziale non
dev’esserci nessuna barriera all’entrata.
Per individuare la situazione di equilibrio di breve equilibrio in un mercato concorrenziale,
dobbiamo innanzitutto ricavare la curva di offerta di mercato delle curve di offerta delle singole
imprese.

Curva di offerta di mercato nel breve periodo: Per calcolare quale quantità complessiva di
prodotto le imprese operanti nel mercato siano disposte a offrire, in corrispondenza di un certo
prezzo; poiché la quantità si misura sull’asse orizzontale, per rispondere a questa domanda
sommiamo orizzontalmente le curve individuali. Quando si tratta di costruire una curva di offerta
di mercato, una volta che viene individuato il primo punto sapete come ricavare tutti gli altri. In
corrispondenza di qualsiasi prezzo si sommano in orizzontale le quantità offerte dalle singole
imprese per determinare la quantità offerta complessivamente nel mercato. nei mercati
concorrenziali i venditori sono numerosi. Quando vi sono più imprese che operano in un mercato,
bisogna semplicemente sommare più quantità offerte dai singoli per trovare l’offerta totale di
mercato in corrispondenza di ciascun prezzo. Nel breve periodo possono far parte dell’industria
solo le imprese che possiedono una quantità di fattori fissi sufficiente a produrre.

La domanda di mercato: quando il bene venduto è un fattore, gli acquirenti sono imprese e le
loro curve di domanda derivata si ricavano con la tecnica spiegata nel precedente capitolo. Per
ottenere la quantità domandata di mercato si sommano orizzontalmente le curve di domanda dei

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singoli compratori. Ripetendo l’operazione per ogni livello di prezzo, si costruisce la curva di
domanda di breve periodo.

Equilibrio di breve periodo: avendo la curva di domanda e la curva di offerta di mercato,


possiamo vedere come il prezzo di mercato stabilisce l’equilibrio tra queste due forze. Un
mercato concorrenziale è in equilibrio quando:
1. I compratori acquistano la quantità di prodotto che ritengono ottimale, dato il prezzo
corrente;
2. I venditori producono la quantità per loro ottimale, dato il prezzo corrente;
3. I venditori sono disposti a produrre la quantità che i compratori desiderano acquistare e i
compratori sono disposti ad acquistare la quantità che i venditori decidono di produrre.

Il prezzo di equilibrio è quello in corrispondenza del quale la curva di offerta e la curva di


domanda si intersecano.

Le forze di mercato garantiscono che i programmi di produzione dei venditori concordino con
i programmi di consumo degli acquirenti.

Il prezzo: Un compratore, nel momento in cui deve decidere che quantità acquistare, non ha
bisogno di essere informato sulla tecnologia di produzione, sui prezzi degli input o sul numero
di venditori presenti nel mercato; è sufficiente che conosca il prezzo del bene. Dal punto di
vista di ogni singolo acquirente o venditore, il prezzo è in grado di sintetizzare l’intera
situazione di mercato.

L’offerta di mercato nel lungo periodo: con la libertà d’entrata, il numero di produttori
(curva di offerta di mercato) dipende dalle decisioni dei produttori stessi, tenendo conto del
prezzo di mercato. nel lungo periodo un’impresa ha la possibilità di procurarsi tutti gli input
necessari per entrare in un’industria. Analogamente le imprese che subiscono perdite possono
cessare definitivamente l’attività e uscire dal mercato. per calcolare la quantità

Analizzando una singola impresa, al prezzo p1:


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- Il profitto economico è positivo
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complessivamente offerta sul mercato in corrispondenza di un dato prezzo, dobbiamo


conoscere sia il numero d’imprese che decidono di operare nel mercato a quel prezzo sia la
quantità offerta da ogni singola impresa.

Ad ogni prezzo < p*, ad esempio p2:


- Il prezzo è inferiore al costo medio
- Alle imprese presenti sul mercato conviene uscire e alle
imprese che non sono sul mercato restare fuori dal mercato
(NB siamo nel lungo periodo)
- L’offerta di ogni singola impresa è pari a zero
- L’offerta di mercato è pari a zero.

La curva di offerta di mercato di lungo periodo è una retta parallela all’asse orizzontale, avente
come intercetta verticale il prezzo corrispondente al valore minimo del costo medio di lungo
periodo.

Industria a costi costanti: un’industria il cui costo medio di lungo periodo rimane invariato
man mano che aumenta il volume di produzione complessivo. La quantità di fattori domandata
complessivamente dall’industria non influisce sul prezzo dei fattori. La curva del costo medio di
lungo periodo rimane invariata al variare del volume di produzione complessivo.

La domanda di mercato: quando il prodotto offerto sul mercato viene acquistato dalle
famiglie, l’unica differenza tra breve e lungo periodo risiede nel fatto che nel lungo periodo gli
acquirenti hanno maggiore possibilità di sostituire un bene con un altro. Poiché la domanda di
un fattore dipende dalla domanda di un bene prodotto dall’impresa che lo acquista, dobbiamo
tenere conto anche degli effetti del tempo sulla domanda di questo bene. È prevedibile che la
domanda del bene prodotto dall’impresa sia più elastica nel lungo periodo e ciò contribuisce a
far si che anche la domanda del fattore sia tanto più elastica quanto più a lungo è l’intervallo di
tempo considerato.

L’equilibrio di mercato: come nel breve periodo, anche nel lungo periodo il prezzo di
equilibrio è quello corrispondente all’intersezione tra la curva di offerta e la curva di domanda
di mercato.

Al prezzo p* ogni singolo produttore produce x*. Poiché (assunzione) produttori sono identici
(hanno stessa funzione di costo e quindi di offerta individuale), x* N LR × x ¿ =x LR, dove N LR è il
numero di imprese operanti sul mercato. un equilibrio di lungo periodo è anche un equilibrio di
breve periodo: ciascuna impresa produce la quantità in corrispondenza della quale il prezzo è

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uguale al costo marginale e nessuna impresa otterrebbe un profitto superiore se cessasse


l’attività. Ricordiamo però che un equilibrio di breve periodo non è necessariamente un
equilibrio di lungo periodo.

In un mercato perfettamente concorrenziale sono collettivamente i produttori a determinare il


prezzo; anche se la decisione di ogni singola impresa riguardo alla quantità del fattore da
acquistare non influisce in misura percettibile sul suo prezzo, è possibile che un aumento della
quantità del fattore domandata complessivamente dall’industria ne faccia salire il prezzo.
All’aumentare del volume di produzione, aumenta la quantità di input utilizzati. Se il prezzo
degli input:

- Rimane invariato  la curva del costo medio di lungo periodo rimane invariata: industria
a costi costanti;
- Aumenta  la curva del costo medio di lungo periodo è più alta: industria a costi
crescenti;
- Scende  la curva del costo medio di lungo periodo è più bassa: industria a costi
decrescenti.

Industria a costi crescenti: un’industria il costo medio di lungo periodo cresce all’aumentare
del volume di produzione complessivo. L’aumento della produzione da x j a x k fa aumentare la
quantità di input domandata. Se questo aumento della quantità di input fa salire il prezzo degli
input, le curve di costo delle singole imprese si spostano verso l’alto. Per indurre le imprese ad
aumentare il volume di produzione il prezzo di mercato del loro prodotto dovrà aumentare 
SSR è crescente.

Industria a costi decrescenti: un’industria il cui costo medio di lungo periodo diminuisce
all’aumentare del volume di produzione complessivo. Se i prezzi degli input diminuiscono
all’aumentare del volume di produzione e quindi dalla quantità di input utilizzati, le curve di
costo della singola impresa si spostano verso il basso  SSR è decrescente.

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Le imposte sul valore aggiunto in genere vengono calcolate sotto forma di percentuale.
Attualmente in Italia l’imposta è del 20%, un’imposta di questo tipo viene definita imposta ad
valorem, in quanto il suo ammontare dipende dal valore delle merci scambiate. In altri casi,
invece, le imposte sono riscosse come somma fissa su ogni unità del bene. Le imposte definite
accisa sono imposte calcolate come somma fissa per un’unità del bene su cui grava. Chi
stabilisce chi deve pagare le imposte? Le leggi tributarie forniscono una risposta: l’incidenza
di diritto di un’imposta stabilisce chi è legalmente tenuta a pagarla. L’incidenza di diritto
non è molto significativa, se si vuole sapere su chi effettivamente gravi un’imposta. Per capire
chi realmente la paghi, bisogna determinare la sua incidenza di fatto, cioè la variazione nella
distribuzione del reddito conseguente all’introduzione dell’imposta. Per ciascun volume di
produzione, vediamo che l’introduzione di un’accisa a carico dei venditori fa si che, per i
consumatori, la curva di offerta di mercato si sposti verso l’alto in misura pari all’ammontare
dell’imposta. (leggere meglio le slide che si aggirano a slide 38). Una volta che si è stabilito
qual è l’andamento della curva di offerta di mercato dopo l’introduzione dell’imposta, possiamo
determinare la quantità del bene di equilibrio, quando questo bene è gravato dall’accisa. Il
passo successivo è la determinazione del prezzo di equilibrio. È importante notare che in
presenza di un’imposta i prezzi corrispondenti al punto di equilibrio sono due: quello che
pagano gli acquirenti e quello che ricevono i venditori. La prima conclusione a proposito degli
effetti delle imposte: l’incidenza di fatto di un’imposta può essere molto diversa dall’incidenza
di diritto. Il secondo risultato della seconda analisi è: in un mercato concorrenziale l’incidenza
di fatto di un’accisa è la stessa, indipendentemente dalla sua incidenza di diritto. La quantità di
equilibrio post imposta nel caso in cui l’incidenza di diritto ricada sui consumatori è la stessa
del caso in cui l’incidenza di diritto gravi sui produttori, cioè x 2=x 3. In un mercato
concorrenziale l’incidenza di fatto di un’imposta è la stessa indipendentemente dall’incidenza
di diritto.

Elasticità e incidenza: quanto maggiore è l’elasticità della domanda, tanto minore sarà
l’onere fiscale che ricade sugli acquirenti, ceteris paribus. L’incidenza di fatto di un’imposta
dipende anche dall’elasticità dell’offerta, che è data dal rapporto tra la variazione
percentuale della quantità offerta e la variazione percentuale del prezzo. Introduzione accisa a
carico dei consumatori. Post imposta: i consumatori continuano a consumare x ae pagano pa ai
produttori + l’accisa t allo Stato. I produttori continuano a percepire lo stesso prezzo ante
imposta, vendendo la stessa quantità ante imposta. L’incidenza di fatto dell’imposta grava
totalmente sui consumatori.

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Se la curva di offerta di mercato è perfettamente elastica e la domanda di mercato no, l’intero


onere dell’imposta ricade sui consumatori. Per i venditori il prezzo del bene rimane invariato.

Surplus totale: il surplus totale può essere concepito come: (A) beneficio totale dal consumo
del bene: superficie al di sotto della curva di domanda (disponibilità a pagare); (B) costo totale
di produzione del bene: superficie al di sotto della curva di domanda (costo marginale); (C)
surplus totale: differenza tra beneficio totale e costo totale.

Se il surplus totale è massimo, il mercato produce risultati efficienti. Se la quantità scambiata


in un mercato concorrenziale è maggiore o minore rispetto alla quantità di equilibrio, il surplus
totale è inferiore rispetto a quello che si otterrebbe quando il mercato è in equilibrio. In un
mercato concorrenziale il surplus totale raggiunge il valore massimo in corrispondenza del
valore di produzione di equilibrio. Il mercato concorrenziale produce risultati efficienti.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE 10°

Analisi di equilibrio generale: lo studio dell’equilibrio in tutti i mercati


contemporaneamente.

Analisi di equilibrio parziale: lo studio dell’equilibrio in un singolo mercato, considerato


isolatamente.

Spieghiamo attraverso un esempio: birra e vino sono beni sostituti. L’equilibrio iniziale è di
birra venduta a 4$ e vino a 6$. Se anche tutti gli altri mercati sono in equilibrio, allora questa è
una situazione di combinazione di prezzi di equilibrio generale (i prezzi del vino e della
birra sono compatibili con tutti i mercati del sistema economico). Se introducessimo un’imposta
sulla birra a carico dei venditori: la curva di offerta della birra i sposta verso l’alto; nuovo
equilibrio al prezzo 4.10$ (ma questa è solo un’analisi di equilibrio parziale). Tenendo conto dei
legami esistenti tra i due mercati:

- ↑ p birra → ↑ D vino →↑ p vino=6.15 $


- ↑ p vino→ aumento domanda di birra (bene sostituto) → curva domanda birra si sposta
verso l’alto → ↑ p birra = 4.12$
- ↑ p birra → ↑ D vino →↑ p vino→ ↑ Dbirra → ↑ p birra →…
- In ogni fase di aggiustamento, questo effetto a carena si smorza, fino a ottenere un
nuovo equilibrio sul mercato della birra e sul mercato del vino
- Questa è un’analisi di equilibrio generale
- Equilibrio iniziale S B=DB : p birra 4$, p vino 6$

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1
- Introduzione imposta sulla birra, S B si sposta verso l’alto, S B =DB , p birra 4.10$ →
- Dw si sposta verso l’alto Sw = Dw : p vino = 6.15$ →
''
- DB si sposta verso l’alto DB →…
- … fino a che il sistema economico raggiunge un nuovo equilibrio generale.

- L’analisi di equilibrio generale appena eseguita non ha considerato, per semplicità, altri
possibili effetti a catena su altri mercati;
- Ad esempio,
↑ p vino→ ↑ D uva →↑ D braccianti agricoli→ ↑immigrazione di manodopera …
- Tuttavia, il ragionamento espresso dal nostro modello a due mercati ben illustra le
dinamiche di aggiustamento (che possono essere estese a n mercati) di una analisi di
equilibrio generale
- Le connessioni tra mercati sono forti (e quindi gli effetti di interazione tra mercati sono
importanti) se i beni sono sostituti o complementari, oppure uno dei beni è un input per
la produzione dell’altro.
- Se non si tiene conto degli effetti di interazione tra i mercati (cioè si fa solo un’analisi di
equilibrio parziale) si possono previsioni sbagliate (ad esempio nel nostro caso l’analisi
parziale suggeriva che il prezzo di equilibrio della birra aumenta di 0.10$; in realtà,
mediante l’analisi di equilibrio generale, troviamo che l’aumento complessivo è
superiore a 0.10$).
- Per decidere se affrontare un determinato problema mediante un’analisi di equilibrio
parziale o generale è importante valutare la magnitudine degli effetti di interazioni.

Economia di puro scambio: un sistema economico in cui tutti i beni sono disponibili in
quantità fissa, per cui l’unico problema è quello di allocare questi beni tra i consumatori.

La scatola di Edgeworth: qualsiasi punto della scatola di Edgeworth corrisponde ad una


determinata allocazione di beni tra due allocazioni. Per esempio, nel punto v, Carlo consuma
Ox filoni di pane e Ou litri di vino; Andrea consuma O ' y filoni pane e O' w litri di vino.

Le curve d’indifferenza all’interno della scatola di Edgeworth: Carlo raggiunge livelli più
alti di utilità man mano che si sposta verso l’alto e verso destra (curve d’indifferenza:

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C 1<C 2 <C3 ); Andrea man mano che si sposta verso il basso e verso sinistra (curve di
indifferenza: A1 < A2 < A3 )

- Situazione iniziale, punto g: Carlo dispone di Oc filoni di pane e di Od litri di vino.


- Prezzo pane p p=1 e prezzo vino pv =2 : Carlo può scambiare due filoni di pane con 1
litro di vino, il suo vincolo di bilancio ha pendenza -1/2
- In g Carlo non è mai pienamente soddisfatto: dato il vincolo di bilancio passante per g,
Carlo potrà avere un’utilità superiore se consumasse il paniere in e c che si trova su una
curva di indifferenza superiore
- Carlo dovrebbe vendere g litri di vino e comprare e c filoni di pane.
- Situazione iniziale, punto g: -> Carlo dispone di Oc filoni di pane e di Od litri di vino; ->
Andrea dispone O ' f filoni di pane e di O ' h litri di vino
- Prezzo pane p p=1 e prezzo vino pv =2 : -> Carlo e Andrea possono scambiare due filoni
di pane con un litro di vino; -> il vincolo di bilancio ha pendenza -1/2

 g dal punto di vista di Carlo:

- in g Carlo non è pienamente soddisfatto


- dato il vincolo di bilancio passante per g, Carlo potrebbe avere un’utilità superiore se
e c che si trova su una curva di indifferenza superiore.
consumasse il paniere in
- Carlo dovrebbe vendere g litri di vino e comprare e c filoni di pane.

 g dal punto di vista di Andrea:

- Anche per Andrea g non è ottimale


- Con lo stesso vincolo di bilancio, potrebbe consumare il paniere in e A che si trova su una
curva di indifferenza superiore
- Andrea dovrebbe vendere e A k litri di vino e comprare e ❑ k filoni di pane.

 g non è un equilibrio:

- Per Carlo il panieree c è preferibile a g


- Per Andrea il paniere e A è preferibile a g
- In un sistema economico non si possono avere contemporaneamente due allocazioni
diverse di risorse -> g non può essere un paniere di equilibrio.

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Eccesso di offerta di vino e eccesso di domanda di pane:

- In g sia Carlo che Andrea vorrebbero vendere vino e comprare pane;


- → ↓ pv
Eccesso di offerta di vino
- Eccesso di domanda di pane → ↑ p p
- Cambia la pendenza del vincolo di bilancio p p∗¿/ pv ∗¿
- ↓ p v e ↑ p p significa che la pendenza aumenta: il nuovo vincolo di bilancio B2 è più ripido
rispetto al precedente, B1

Equilibrio generale in e ¿:
dato il nuovo vincolo di bilancio B2(cioè dato il nuovo rapporto tra i prezzi p p∗¿/ pv ∗¿ ):

- Carlo e Andrea massimizzano la loro utilità in e ¿.


- La quantità offerta coincide con la quantità domandata in entrambi i mercati.
- La combinazione p p∗¿ e pv ∗¿ costituisce i prezzi di equilibrio generale.

Analisi dell’equilibrio e ¿:
- Poiché Carlo e Andrea massimizzano la loro utilità di e ¿, vuol dire che la loro curva di
indifferenza è tangente al vincolo di bilancio MRS vp =¿ p p∗¿/ pv ∗¿ e MRS vp = p p∗¿/
Carlo Andrea

pv ∗¿
Carlo Andrea
- Per cui MRS vp =MRS vp
- Le curve di indifferenza di Carlo e Andrea sono tangenti tra loro.
¿
- L’equilibrio e ottenuto in maniere decentrata.
- Per raggiungere l’equilibrio è sufficiente che ogni individuo conosca i propri gusti, il
paniere iniziale e il prezzo dei beni; non serve sapere cosa fa l’altro individuo, né serve
un’autorità pianificatrice.
- I prezzi (da soli) contengono tutte le informazioni per permettere di raggiungere
l’equilibrio.

Economia del benessere: la branca dell’economia che mira a stabilire in quale misure
situazioni economiche alternative siano desiderabili per la collettività.

Miglioramento paretiano: allocazione iniziale g: è possibile redistribuire pane e vino in modo


da aumentare il benessere di Carlo senza ridurre quello di Andrea?

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Allocazione h è preferibile a g: utilità di Carlo aumenta e quella di Andrea è invariata;


spostandosi in d 1 è ancora meglio per Carlo e Andrea perché è indifferente (miglioramento
paretiano: redistribuzione di risorse che migliora la condizione di almeno una persona, senza
peggiorare quella di nessun’altra persona). Partendo da d 1 si può aumentare il benessere di un
individuo solo riducendo il benessere dell’altro: un’allocazione di questo tipo è definita Pareto
efficiente nel consumo: partendo da una allocazione di beni si può migliorare la condizione di
un individuo solo peggiorando la condizione di uno o più individui. Se un’allocazione non è
efficiente nel consumo, questa comporta uno spreco perché sarebbe possibile aumentare il
benessere di un individuo senza danneggiare nessun altro individuo. Efficiente nel consumo
viene così definita un’allocazione di beni disponibili in quantità fissa, se partendo da essa si può
migliorare la condizione di qualcuno solo peggiorando la condizione di altri. Curva dei
contratti: partendo dal punto g, è possibile individuare una serie di allocazioni efficienti nel
consumo; ciò che le distingue è quanto ciascun individuo guadagna nelle redistribuzioni delle
risorse. La curva dei contratti è l’insieme di tutti i punti di una scatola di Edgeworth
corrispondenti ad allocazioni efficienti nel consumo; graficamente la curva dei contratti è
costituita da tutti i punti in cui le curve di indifferenza dei due consumatori sono tangenti tra
loro.

Poiché in ogni punto delle curve dei contratti le curve di indifferenza di Carlo e Andrea sono
tangenti, il saggio marginale di sostituzione tra due beni deve essere uguale per entrambi i
consumatori, cioè:

MRS Carlo Andrea


vp =MRS vp

Ridefiniamo la curva dei contratti come l’insieme delle allocazioni in corrispondenza delle quali
non è possibile trarre ulteriori vantaggi dagli scambi.

L’analisi dell’efficienze nel consumo su basa sul presupposto che i beni siano disponibili in
quantità fisse; di conseguenza, anche la quantità di input destinata alla produzione di ciascun
bene sarà fissa. Per stabilire se l’allocazione degli input è efficiente, consideriamo le variazioni
della produzione (e conseguentemente le variazioni delle combinazioni di input impiegati).

Frontiera delle possibilità produttive o curva di trasformazione: sono un insieme delle


allocazioni efficienti nella produzione. La frontiera delle possibilità produttive è una linea che

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indica la quantità massima di un bene che può essere prodotta, data la quantità dell’altro bene.
Spieghiamo con un esempio: dati X 1 filoni di pane, si può produrre al massimo Y 1 litri di vino.

Per passare da una situazione X 1 pane e Y 1 vino a X 2 pane e Y 2 vino, si aumenta la produzione
di pane di ( X 2 −X 1), ma bisogna ridurre la produzione di vino di ( Y 1−Y 2 ¿. È necessario
trasformare il vino in pane, cioè sottrarre le risorse destinate alla produzione di vino per
destinarle alla produzione di pane. Il saggio marginale di trasformazione è il tasso al quale
il sistema economico può “trasformare” un bene in un altro, variando l’allocazione degli input;
è pari al valore assoluto della pendenza della frontiera delle possibilità produttive. Il costo da
sostenere per aumentare la produzione di pane da X 1 a X 2 è dato dalla quantità di vino a cui
devo rinunciare (Y 1−Y 2 ¿. Il costo marginale di produzione da X 1 a X 2 è quindi MC p = (Y 1−Y 2 ¿
. Analogamente il costo marginale del vino è MC v = ( X 2 −X 1). Poiché la pendenza della
frontiera delle produzioni possibili è data da (Y 1−Y 2 ¿/ ( X 2 −X 1) e poiché MRT vp = (Y 1−Y 2 ¿/ (
X 2 −X 1), ne segue che MRT vp = MC p / MC V . Lungo la frontiera delle possibilità produttive il
saggio marginale di trasformazione tra due beni è uguale al rapporto dei loro costi marginali.

Pareto-efficiente: viene così definita un’allocazione di bene e di input, raggiunta la quale non
è più possibile aumentare il benessere di un individuo senza ridurre quello di un altro.
Chiaramente, le allocazioni Pareto-efficienti devono essere sia efficienti nel consumo (trovarsi
sulla curva dei contratti) sia efficienti nella produzione (trovarsi sulla curva delle possibilità
produttive). Inoltre, una certa situazione economica, per essere Pareto-efficiente, deve essere
anche efficiente nell’allocazione: viene così definita una ripartizione dei beni disponibili
all’interno di un sistema economico, se il saggio marginale di trasformazione tra due qualunque
di questi beni è uguale al valore del saggio marginale di sostituzione tra questi due beni
comune a tutti i consumatori.

MRT vp =MRSVP

Esempio. Se ad esempio MRT vp =2/3 e per Carlo MRS VP=1/3 vuol dire che:

- Si potrebbero produrre due litri di vino rinunciando a tre filoni di pane ( MRT vp =2/3)
- Carlo è disposto a rinunciare a tre filoni di pane per un litro di vino ( MRS ¿¿ VP=1/3) ¿

Questa situazione non è Pareto efficiente: faccio produrre due litri di vino al posto di tre filoni di
pane, vado da Carlo mi faccio dare tre filoni di pane per una bottiglia di vino e mi bevo la
bottiglia di vino che avanza.

Condizione necessaria di efficienza: la proporzione in cui è possibile trasformare il pane con il


vino ( MRT vp) deve essere uguale alla proporzione in cui i consumatori sono disposti a
scambiare il pane con il vino ( MRS VP). Punto f sulla possibilità produttive: l’economia produce

- MRTvp = pendenza della frontiera delle possibilità


produttive, in f è pari alla pendenza di B1
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- In v: la pendenza delle curve di indifferenza (MRS) è la stessa della retta
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Ot pane e Ou vino. Disegniamo la scatola di Edgeworth per lo scambio e curva dei contratti.
Quale punto sarà Pareto efficiente?

Frontiera delle utilità possibili (frontiera del benessere): è una curva indicante l’utilità
massima che un individuo può ottenere, dato il livello di utilità di un altro individuo; definisce
l’insieme delle combinazioni Pareto-efficienti.

Una redistribuzione di risorse che accresce l’utilità di un individuo senza


ridurre quella di un altro, questo prende il nome di un miglioramento
paretiano. Lo spostamento da q a r rappresenta un miglioramento
paretiano, come pure lo spostamento da r e z. si può ottenere un
miglioramento paretiano solo partendo da locazioni che giacciono
all’interno della frontiera delle utilità possibili.

Primo teorema del benessere: se i produttori e i consumatori non fanno il prezzo e per tutti
i beni esiste un mercato, allora l’allocazione di equilibrio delle risorse è Pareto efficiente. In
altre parole, il sistema economico raggiungerà l’equilibrio in corrispondenza di un punto
appartenente alla frontiera delle utilità possibili. Ciò significa che in un sistema economico
concorrenziale, in cui tutti gli operatori sono price-taker, si ottiene spontaneamente
un’allocazione efficiente delle risorse senza bisogno di un’autorità centrale che coordini le
attività economiche.

I prezzi e l’equità: per un’economista i prezzi sono determinati dal libero funzionamento
(efficiente) dei mercati e quindi non si preoccupa dell’equità. Se gli amministratori pubblici
decidono che per equità è necessario modificare i risultati del libero gioco delle forze di
mercato, l’economia del benessere serve a determinare il costo di queste modifiche in termini
di efficienza.

Teoria del “second best” o “ottimo di seconda istanza”: se è impossibile ottenere


l’allocazione ottimale in termini di efficienza, perché manca qualche condizione, l’alternativa
migliore (“”il second best) può richiedere l’introduzione di ulteriori “cunei” tra il prezzo e il
costo marginale di qualche bene. Questa teroria implica che è necessario studiare ogni
mercato nel sistema economico per valutare le implicazioni sull’efficienza di un divario tra il
prezzo e il costo marginale in ogni mercato.

Secondo teorema dell’economia del benessere: se tutte le curve di indifferenza e tutti gli
isoquanti sono convessi rispetto all’origine, per ogni allocazione di risorse Pareto-efficienti,
esistono un insieme di prezzi, uno per ciascun bene scambiato, e una distribuzione delle

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dotazioni iniziali che consentono di raggiungere tale allocazione come un equilibrio economico
generale concorrenziale.

IL MONOPOLIO 11°

Potere di mercato: un altro modo per indicare la capacità di un’impresa d’influire sul prezzo.

L’impresa che fa il prezzo: un operatore economico consapevole che la sua scelta della
quantità da vendere o da acquistare influisce sul prezzo. Affinché questa ipotesi valga devono
essere soddisfatte tre condizioni: le imprese produttrici devono essere numerose e nessuna di
esse deve detenere una quota significativa di mercato; i prodotti delle diverse imprese devono
essere omogenei; i potenziali acquirenti devono essere bene informati sulle alternative
disponibili e sui prezzi. La funzione di modello è quella di estrarre gli elementi essenziali da una
determinata situazione economica per presentarli, poi, in una forma schematica e semplificata
che si presti a essere analizzata.

1. Venditore fa il prezzo: essendo l’unica impresa a vendere il prodotto, è in grado di


influire sul prezzo modificando il volume di produzione (legge il prezzo sulla curva di
domanda decrescente). Bene venduto non ha validi sostituti
2. Acquirenti non fanno il prezzo: numerosi acquirenti e nessuno è grosso compratore; ben
informati (conoscono le caratteristiche del bene e che non ci sono validi sostituti)
3. Venditore non si comporta in modo strategico: c’è solo lui sul mercato, non si preoccupa
delle altre imprese perché non ci sono.
4. Ci sono barriere all’entrata: ci sono ostacoli legali o reali che impediscono l’accesso sul
mercato di altre imprese.

Struttura di mercato del monopolio:

a. Dimensioni e numero dei compratori: poiché il modello del monopolio prevede che gli
acquirenti non facciano il prezzo, dobbiamo prendere in considerazione mercati in cui i
compratori siano numerosi e nessuno di essi acquisti una quantità di prodotto
abbastanza rilevante da consentirgli d’influire sul prezzo.
b. Dimensioni e numero dei venditori: se nel mercato ci fossero pochi venditori, sarebbe
logico che essi si comportassero strategicamente; quindi ipotizzeremo che nell’industria
operi un’unica impresa.
c. Grado di sostituibilità tra i prodotti dei diversi venditori: dal grado di sostituibilità tra i
prodotti dei diversi venditori dipende il fatto che questi facciano o non facciano il
prezzo. Si dice un produttore è un monopolista se offre un bene o un servizio per il
quale non esistono validi sostituti. Un modo per capire se i prodotti di due imprese siano
beni sostituti consiste nello stabilire se una variazione del prezzo di un prodotto ha un
effetto evidente sulla domanda dell’altro. Per stabilire definitivamente se un’impresa
opera in condizioni di monopolio, bisogna chiedersi se (1) la curva di domanda
dell’impresa sia decrescente in misura tale che l’impresa ne tenga conto e se (2)
l’impresa non abbia alcun concorrente di cui debba cercare di prevedere le reazioni, nel
momento in cui decida come comportarsi.
d. Grado d’informazione dei compratori sui prezzi e sulle diverse alternative disponibili: i
potenziali acquirenti conoscono il prezzo e le caratteristiche del bene offerto dall’unico
venditore.
e. Facilità d’entrata nel mercato: il modello del monopolio si presta ad analizzare mercati
in cui l’ingresso di nuove imprese è completamente bloccato da barriere di natura
tecnologiche o legale.

Due regole di massimizzazione del profitto per qualsiasi impresa (quindi anche per quella
monopolista):

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- Regola del profitto marginale: se l’impresa non cessa l’attività, allora deve espandere la
produzione fino al punto in cui il ricavo marginale coincida con il costo marginale.
- Regola per la cessazione dell’attività: se, in corrispondenza di qualunque volume di
produzione, il ricavo medio dell’impresa è inferiore al suo costo medio, essa dovrebbe
cessare l’attività.

Per applicare queste due regole bisogna conoscere costi e ricavi del monopolista.

Unità inframarginali: le unità di prodotto che l’impresa avrebbe potuto vendere al vecchio
prezzo e che invece deve vendere al prezzo corrente, più basso, che prevale nel mercato
quando essa aumenta il proprio volume di produzione.

- ↑ MR❑ in misura pari alla quantità prodotta in più per il prezzo a cui
viene venduta, area A.
- ↓ MR❑ in misura pari al calo di prezzo per il numero di unità
inframarginali, area B.
- MR=area A−area B

Relazione tra domanda e MR:

- ↑ MR❑ per una vendita unità marginale (area A): 1 p b= pb


- ↓ MR❑ su unità inframarginali (area B): ( pa −p b) X a =∆ Xp a
- Poiché la pendenza della curva di domanda s: ∆ p /∆ X e poiché ∆ X=¿ ( X a+ 1 )−X a=1,
ne segue che s=∆ p e quindi
- ↓ MR❑ sulle unità inframarginali = ∆ pX a=sX a
- Generalizzando MR= pb +sX a , cioè per qualsiasi p e X: MR= p+ sX
- Poiché s è sempre negativa e poiché p rappresenta la curva di domanda, ne segue che
MR è sempre al di sotto della curva di domanda ad eccezione del caso in cui la
produzione è pari a zero.

La curva del ricavo marginale di un’impresa monopolista giace al di sotto della curva di
domanda, tranne quando il volume di produzione è pari a zero. Quando la quantità prodotta è
pari a zero, le due curve coincidono perché la perdita sulle unità inframarginali è nulla.

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Elasticità della domanda al prezzo e perdita sulle unità inframarginali:

∆X

X −p
- Essendo ε = = ne segue che sX = -p/ε
∆p sX
p
- Poiché in un monopolio c’è una sola impresa, ε merc=ε imp e quindi per semplicità il pedice
può essere omesso
- Poiché MR= pb + sX a= p−p /ϵ da cui MR = p(1-1/ε )
- Utilizziamo la relazione per capire come varia il MR a seconda dell’elasticità della
domanda.

Quanto più la domanda è anelastica, tanto minore è il ricavo


marginale del monopolista; pendenza accentuata della domanda;
↑ ∆ X →↓ ↓↓ ∆ p → ampia perdita inframarginale(areaC)

Domanda molto elastica  perdita unità inframarginali (area F) ridotta


e tanto maggiore è MR
Nel caso estremo di domanda perfettamente elastica
1
ε → infinito ; =0 ; MR=P
ε

L’applicazione delle regole per la massimizzazione del profitto: la prima regola afferma
che il monopolista, se non decide di cessare l’attività, sceglie il volume di produzione in
corrispondenza del quale il ricavo marginale coincide con il costo marginale. Per l’impresa
monopolistica il prezzo che assicura il massimo profitto non coincide con il valore comune che il
ricavo marginale e il costo marginale assumono nel punto c. Per un monopolista il prezzo di
equilibrio è superiore al costo marginale. Per un produttore decisore del prezzo, il prezzo di
vendita del bene è superiore al ricavo marginale; ma un monopolista, come del resto

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qualunque venditore che punti a massimizzare il suo profitto, sceglie la quantità in


corrispondenza della quale il ricavo marginale coincide con il costo marginale. Ne consegue
che, per un decisore del prezzo, il prezzo di equilibrio è superiore anche al valore di equilibrio
del costo marginale.

L’elasticità della domanda al prezzo e la massimizzazione del profitto:

( 1ε )=MC
MR= p 1−

1
- Quando la domanda è perfettamente elastica (1− ) = 1, e l’equazione di prima indica
ε
che l’impresa dovrebbe far coincidere il prezzo con il costo marginale.

- Quando la domanda non è perfettamente elastica,


(1− 1ε )<1 . Quindi il prezzo di

equilibrio deve essere maggiore del costo marginale. (meno elastica è la domanda del
prodotto, maggiore sarà la differenza tra il prezzo di equilibrio e il costo marginale,
ceteris paribus). Dato che il costo marginale è sempre positivo (l’impresa non può
produrre alcunché senza sostenere un costo), ne consegue che anche il ricavo
marginale del monopolista, indicato dal primo membro dell’equazione, deve
necessariamente essere positivo in corrispondenza del volume di produzione ottimale.
In corrispondenza del prezzo e del volume di produzione di equilibrio di un’impresa
monopolistica, la domanda deve essere elastica ( ε > 1). Data la curva di domanda
decrescente e anelastica, se il prezzo aumenta, la quantità domandata diminuisce, ma il
ricavo aumenta; allora, l’impresa produce meno e il costo totale diminuisce. Visto che
l’aumento di prezzo farebbe crescere il ricavo totale e diminuire il costo totale, il profitto
del monopolista aumenterebbe. La domanda non può essere anelastica nel punto di
equilibrio di un’impresa monopolistica.

Il breve e il lungo periodo per il monopolista: nel breve periodo il monopolista tiene conto
delle curve di costo di breve periodo; nel lungo periodo tiene conto dei costi di lungo periodo.
In un mercato concorrenziale nel lungo periodo possono entrare nuove imprese, mentre in un
mercato monopolistico l’entrata è completamente bloccata. Un’impresa che opera in condizioni
di monopolio nel lungo periodo al massimo adeguerà il sistema di produzione. Se esiste libertà
d’entrata fintanto che è possibile ottenere un profitto economico positivo, nuove imprese
vengono attratte verso il mercato; per questo nel lungo periodo il profitto economico si riduce a
zero.se invece l’entrata è bloccata, come nei mercati monopolistici, il profitto di cui gode
l’unico venditore non viene annullato dalla nascita di nuove imprese; infatti anche se altri
produttori volessero accedere al mercato per ottenere un profitto economico, non potrebbero
farlo. Poiché non esiste la minaccia della nascita di concorrenti, un’impresa monopolistica può
ottenere un profitto economico positivo anche nel lungo periodo.

Monopolio vs concorrenza perfetta:

- 10 pozzi identici che possono estrarre giornalmente a costo


zero 1 litro di un’acqua miracolosa (non esistono validi
sostituti).
- MC di una singola impresa è 0 fino a 1 litro e poi diventa
infinito (retta verticale) per quantità maggiori di un litro in
quanto è impossibile produrre più di un litro al giorno.
- La domanda di mercato D merc è X=16− p

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- Se ciascun pozzo ha un proprietario diverso e nessuno fa il


prezzo (condizioni concorrenziali), MC è la curva di offerta di
una singola impresa, Simp
- Aggregando le 10 Simp si ottiene la curva di offerta di mercato,
Smerc
- L’incontro tra Smerc e D merc determina l’equilibrio in
concorrenza perfetta; pconc =6 e X conc =10

- Supponiamo che i 10 pozzi facciano capo a un’unica impresa


(monopolista)
- MC dell’impresa monopolista è 0 fino a 10 litri e diventa
infinito (retta verticale) oltre 10 litri perché complessivamente
non può estrarre più di 10 litri al giorno.
¿
- Ricavo totale ¿ Rtot = p X=¿
dRtot
- MR= =16−2 X
dX
- Condizione massima di profitto MR=MC cioè 16-2X=0
→ X mono =8 e, sostituendo in
Dmerc : X =16− p , si ottiene pmono =8 e X mono =8 vs p conc=6 e X conc =10

Data la stessa curva di domanda di mercato, il monopolista proprietario di diversi pozzi


(stabilimenti) produce una quantità minore di quella che produrrebbero gli stessi stabilimenti
se fossero ognuno di proprietà di imprese diverse e operassero in condizioni di concorrenza
perfetta. Il monopolista, poiché può influire sul prezzo, sa che vendendo unità aggiuntive
diminuirebbe il prezzo anche sulle unità che avrebbe venduto comunque. Le imprese
concorrenziali non possono fare queste considerazioni perché sono price-taker.

Gli effetti delle imposte sul monopolio:

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- Rispetto a e 1, nel punto e 2 l’impresa vende una quantità minore a un prezzo più elevato.
- In e 1 il profitto (in assenza di imposte) è massimo, ne consegue che in e 2 il profitto (al
netto dell’imposta) è minore di quello che il monopolista ottiene in e 1.

Quando un’impresa monopolistica è costretta a versare un’accisa, il suo profitto diminuisce,


anche se l’impresa aumenta il prezzo come reazione all’imposta. L’introduzione di un’imposta a
carico del monopolista riduce il profitto del monopolista e la quantità venduta.

Perché allora gli Stati rilasciano brevetti, creando così ostacoli alla concorrenza? Se esiste la
possibilità di brevettare le invenzioni, l’incentivo per l’impresa a svolgere attività di ricerca e
sviluppo pari al profitto monopolistico che potrebbe ottenere introducendo un’innovazione.

La politica antitrust: la politica antitrust è l’insieme di norme aventi lo scopo d’impedire


alle imprese di sfruttare il loro potere di mercato limitando la produzione e adottando altri
comportamenti non concorrenziali. Le autorità antitrust hanno a disposizione due tipi di
strumenti: gli interventi sulla condotta e gli interventi sulla struttura. Per intervento sulla
condotta si intende un provvedimento dell’amministrazione volto a modificare un
comportamento dell’impresa, allo scopo di rendere il mercato più concorrenziale. Visti i
problemi che comportano gli interventi sulla condotta, le autorità antitrust potrebbero preferire
un intervento sulla struttura, ovvero, un provvedimento dell’amministrazione pubblica che
modifica la struttura di un’industria, allo scopo di renderla più concorrenziale.

Fattori che determinano la struttura di mercato: economia di scala e barriere all’entrata


e differenziazione dei prodotti.

• Economia di scala: può accadere che in un’industria operino poche imprese perché la
domanda di mercato non giustifica l’esistenza di un numero elevato di produttori. Un caso
estremo di economie di scala che plasmano la struttura di mercato si ha quando la loro piena
realizzazione richiede la presenza di un solo produttore nell’industria. Si dice che un’industria
costituisce un monopolio naturale se, per una serie di relativi livelli di produzione, un’unica
impresa è in grado di produrre la quantità domandata complessivamente a un costo medio
inferiore rispetto a quello che dovrebbero sostenere più imprese produttrici. Di conseguenza
quando il costo medio diminuisce per l’intera gamma di livelli di output, il modo meno costoso
di produrre qualunque dato livello di output è di avere un’impresa produttrice di tutto l’output;
l’industria è un monopolio naturale.

• Le barriere all’entrata: può darsi che il numero di imprese operanti in un’industria sia
limitato anche per l’esistenza di barriere all’entrata. Queste barriere possono essere di due tipi:
di natura tecnologica e di natura legale. Si ha una barriera di natura tecnologia quando gli
aspiranti produttori non possono entrare nell’industria perché non posseggono le conoscenze

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tecniche necessarie, oppure non hanno accesso a qualche input. Invece si ha una barriera di
natura legale quando l’accesso a un mercato è limitato per volere delle autorità pubbliche.

• La differenziazione dei prodotti: se i beni prodotti delle imprese di una certa industria
sono differenziati, queste imprese faranno il prezzo anche se il loro numero è elevato. In un
certo senso, la differenziazione dei prodotti amplifica gli effetti delle economie di scala. Quando
i beni prodotti dalle varie imprese sono differenziati, perché vi sia concorrenza non basta fare
in modo che vi siano molte imprese nel mercato: occorrono tanti produttori per ogni variante
del bene. La domanda di mercato non può essere tanto elevata da giustificare l’esistenza di un
numero così grande di venditori. Se le imprese che già operano nell’industria hanno marchi
molto conosciuti e apprezzati, le nuove imprese che vogliono lanciare sul mercato prodotti
concorrenti devono rischiare molto e di conseguenza si riduce la concorrenza.

• Conclusione: dai fattori che determinano la struttura di un mercato emerge che può essere
troppo costoso, o addirittura impossibile, creare una struttura di mercato concorrenziale in
determinate industrie. In questi casi può darsi che le autorità antitrust preferiscano ricorrere a
interventi sulla condotta piuttosto che a interventi sulla struttura

Discriminazione di prezzo: pratica che consiste nell’applicare prezzi diversi a differenti


consumatori per lo stesso bene o servizio.

COMPORTAMENTI MONOPOLISTICI 12°

Cartello: è un accordo tra imprese operanti nella stessa industria, allo scopo di limitare il
volume di produzione complessivo, far salire il prezzo di mercato e conseguentemente lucrare
un profitto monopolistico. Proprio perché i cartelli hanno questo scopo di mantenere il prezzo al
di sopra del livello concorrenziale, sono spesso vietati dalla legge (autorità antitrust). Le
imprese che aderiscono al cartello ottengono il massimo profitto possibile se agiscono
congiuntamente, come se assieme fossero un monopolista, in modo da massimizzare il profitto
dell’intera industria. Esito di cartello pieno: combinazione prezzo-quantità prodotta che
massimizza il profitto complessivo delle imprese che fanno parte di un cartello. Si produce
analogamente a quanto si farebbe nel caso di monopolio:

• si sommano orizzontalmente le curve di MC delle singole imprese per ottenere il MC


dell’industria;

• si uguaglia il MC dell’industria con il MR dell’industria.

- Il volume di produzione dell’industria che assicura l’esito di cartello pieno è Xc e


corrisponde all’intersezione con la curva del ricavo marginale dell’industria e la curva
del costo marginale dell’industria.
- Il prezzo di cartello corrisponde a tale quantità è pc
- Il profitto dell’industria è rappresentato dalla superficie azzurra.

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L’esito di cartello pieno non è scontato per vie di forze concorrenziali che spingono verso
l’instabilità del cartello: poiché con il cartello p>MC:

- La singola impresa ha l’incentivo ad aumentare la produzione (per lucrare ulteriore


profitto);
- Nuove imprese sono attratte a entrare nell’industria (perché è caratterizzata da profitti
economici positivi).

Affinché un cartello sia stabile è necessario:

- Impedire che i membri del cartello violino gli accordi producendo una quantità maggiore
di quella loro assegnata;
- Limitare l’ingresso di nuove imprese nell’industria.

Violazione degli accordi di cartello: poiché MR imp > MC imp la singola impresa è incentivata a
violare gli accordi di cartello producendo una quantità maggiore di quella assegnata.

Le sanzioni di cartello sono.

- Estromissione del campionato di calcio per la squadra he vende automaticamente i


diritti televisivi;
- Conseguenze peggiori se si viola il cartello dei narcos è la morte.

L’ingresso di nuove imprese come ostacolo per il successo di un cartello: perché un


cartello abbia successo non basta riuscire a contrastare le violazioni degli accordi da parte dei
suoi membri, ma bisogna anche limitare l’ingresso di nuove imprese nell’industria. Se ogni
impresa agisse autonomamente da venditore che non fa il prezzo, la stessa farebbe coincidere
il prezzo del suo servizio con costo marginale di produzione e nel lungo periodo la libertà
d’accesso al mercato ridurrebbe a zero eventuali profitti economici, cioè farebbe scendere il
prezzo unitario a livello del costo medio.
L’equilibrio quando gli agenti immobiliari operano in condizioni di
concorrenza perfetta: se le agenzie immobiliari operassero in condizioni
di concorrenza perfetta, nella situazione di equilibrio ciascuna fornirebbe
X 1 unità di servizi immobiliari a un prezzo pari a pconc per unità.

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L’equilibrio concorrenziale e l’esito di cartello pieno: il punto di


equilibrio in condizioni di concorrenza è quello corrispondente
all’intersezione tra la curva del costo marginale dell’industria e la curva
di domanda dell’industria, vale a dire il punto e. il profitto complessivo
raggiunge il valore massimo quando viene prodotta la quantità in
corrispondenza della quale il ricavo marginale dell’industria coincide con
il costo marginale dell’industria, cioè X cartello. Il prezzo corrispondente a
questa quantità è pcartello

L’ingresso di nuove imprese annulla i profitti di cartello: nel lungo


periodo nuove imprese continueranno a entrare nell’industria, finché il
costo medio di produzione non raggiungerà il prezzo fissato dal cartello.

La concorrenza monopolistica: esistono molti mercati in cui i venditori fanno il prezzo anche
se sono molto numerosi e agiscono autonomamente in concorrenza tra loro. In questi casi la
possibilità di determinare il prezzo è dovuta al fatto che i beni prodotti dalle diverse imprese
non sono perfetti sostituti. Tuttavia, è chiaro che non siamo in preferenza di un mercato
monopolistico: i venditori sono numerosi ed esiste libertà di entrata. Quindi, per quanto
riguarda il numero dei venditori e le condizioni d’accesso, questo mercato ha una struttura
simile a quella perfettamente concorrenziale. Molti altri mercati sono caratterizzati dalla
possibilità di fare il prezzo da parte dei venditori (caratteristica del monopolio) e, allo stesso
tempo, da un numero elevato di venditori e da libertà di entrata (elementi tipici della
concorrenza perfetta); si pensi, per esempio, ai negozi di abbigliamento, a quelli di dischi o a
qualsiasi altro tipo di attività commerciale al dettaglio. Dal momento che questo tipo di
mercato riunisce aspetti del monopolio e aspetti la concorrenza, si dice che è caratterizzato da
concorrenza monopolistica. Il modello della concorrenza monopolistica si aiuta a
stabilire se il sistema di mercato fa sì che sia prodotto il “giusto” assortimento di beni e servizi.

Le ipotesi fondamentali:
- I venditori fanno il prezzo: se un venditore fa il prezzo, ciò implica che si trova di
fronte a una curva di domanda dell’impresa decrescente. Un’impresa che opera in
condizioni di concorrenza monopolistica sa di poter determinare il prezzo di vendita del
proprio prodotto. Ma secondo il nostro modello, ciascun venditore crede che le proprie
decisioni non influiscano in alcun modo sul prezzo al quale le altre imprese possono
vendere i loro prodotti e quindi non influiscano nemmeno sul comportamento delle
imprese.
- I venditori non adottano comportamenti strategici: questa ipotesi accumuna la
concorrenza monopolistica sia al monopolio sia alla concorrenza perfetta.
- Non esistono ostacoli all’ingresso di nuovi venditori nel mercato: le condizioni
d’accesso al mercato in un’industria caratterizzata da concorrenza monopolistica sono
uguali alla concorrenza perfetta.
- Gli acquirenti non fanno il prezzo: ciascun acquirente sa di non poter influire sul
prezzo di mercato.

Struttura di mercato: (tabella pag. 359)


- Dimensioni e numero dei compratori: dato che in questo mercato gli acquirenti non
fanno il prezzo, il numero dovrà essere elevato e nessuno di essi dovrà acquistare una
quantità tanto rilevante da poter influire sul prezzo.
- Dimensione e numero dei venditori: il modello della concorrenza monopolistica
descrive mercati in cui i venditori sono numerosi come in quelli perfettamente
concorrenziali. Quindi i venditori non fanno il prezzo.
- Grado di sostituibilità tra i prodotti dei diversi venditori: il modello della
concorrenza monopolistica si basa sull’ipotesi che i venditori facciano il prezzo, esso è
compatibile con mercati in cui i prodotti delle diverse imprese sono considerati sostituti

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imperfetti dai consumatori. Dal momento che, agli occhi dei consumatori, i prodotti
offerti sul mercato sono diversi tra loro si parla di prodotti eterogenei o differenti.
Se i loro prodotti sono definiti differenti, perché le imprese che operano in condizioni di
concorrenza monopolistica non vengono trattate semplicemente come una serie di
monopolisti? Le imprese operanti in concorrenza monopolistica offrono versioni diverse
dello stesso prodotto.
- Livello d’informazione dei compratori sui prezzi e sulle diverse opportunità
disponibili: gli acquirenti possono essere bene informati o poco informati sulle
alternative disponibili.
- Facilità d’entrata nel mercato: il modello della concorrenza monopolistica assume
che esista libertà d’accesso al mercato.

L’equilibrio di breve periodo: nel breve periodo non si considerano le interazioni tra
imprese.
- ogni impresa è come se fosse un piccolo monopolista nel suo
mercato di nicchia.
- Ciascuna impresa ha di fronte una sua curva di domanda, e
massimizza il profitto scegliendo la quantità X 1 per cui MR n=MC N
- Il profitto economico corrispondente è dato dall’area azzurra.

Equilibrio di lungo: nel lungo periodo il profitto economico attira nuove imprese.

La decisione di entrata si basa sui costi di lungo periodo, per questo mettiamo
il pedice LR ( long−run ) a MC e AC

Quando il numero di imprese sul mercato aumenta da n a n’, si verificano di


effetti:
- I consumatori hanno più beni da scegliere
- Il numero di clienti per imprese diminuisce
La curva di domanda di un’impresa generica si sposta verso sinistra: in
corrispondenza di qualunque prezzo, l’impresa vende una quantità minore.

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Con n’ l’impresa sceglie la quantità ottima da produrre X 2 sulla base di


Dn ' e MRn ' . Con AR 1= p2 >AC LR → π >0 entrano nuove imprese fino a che
π=0 . Se fosse AR<AC LR → π <0 -> le perdite economiche fanno uscire
alcune imprese dall’industria fino a che π=0 .

Nel lungo periodo le imprese operanti sul mercato devono ottenere un profitto
pari a zero: MR=MC e AR= p= AC

In equilibrio di lungo periodo l’impresa produce la quantità X 3 in


corrispondenza della quale la curva di domanda è tangente alla curva di AC
(condizione AR= AC ). Inoltre, X 3 deve rispettare la regola del profitto
marginale, MR=MC .

La curva π (n) indica il profitto di una singola impresa quando ci sono n imprese
sul mercato. nel lungo periodo si assiste all’ingresso o all’uscita delle singole
imprese finché ciascun produttore otterrà un profitto economico pari a zero.
- Nella figura, il numero di imprese di equilibrio è n3

Teorema della capacità produttiva inutilizzata: dal momento che la curva del costo medio
è decrescente in corrispondenza del volume di produzione di equilibrio di ogni singola impresa,
il costo medio di produzione potrebbe essere più basso per l’intera industria se la stessa
quantità complessiva venisse prodotta da un numero minore d’imprese; cioè se il volume di
produzione di ogni singola impresa fosse maggiore.

Nel monopsonio: vi è un unico compratore ma tanti venditori. Ipotesi fondamentali:


1. I venditori non fanno il prezzo
2. I venditori non adottano comportamenti strategici: i venditori non adottano
comportamenti strategici.
3. L’accesso al mercato da parte di nuovi venditori può essere del tutto libero o
completamente bloccato: l’impresa monopsonista può operare sia in mercati
caratterizzati da libertà d’entrata sia in mercati in cui esistono ostacoli che bloccano
l’ingresso.
4. Gli acquirenti fanno il prezzo: il modello del monopsonio ipotizza che i compratori
facciano il prezzo.
Struttura del mercato:
a. Dimensioni e numero dei compratori: nel monopsonio l’acquirente è uno solo. La
curva di offerta a cui si trova di fronte quest’unico acquirente rappresenta la curva di
offerta di mercato.
b. Dimensione e numero dei venditori: l’ipotesi dei venditori che non fanno il prezzo
sia quella che non assumono comportamenti strategici sono compatibili con mercati in
cui operano molte imprese.
c. Grado di sostituibilità tra i prodotti dei diversi venditori: i venditori non fanno il
prezzo.
d. Livello di informazione dei compratori sui prezzi e sulle diverse alternative
disponibili: è più probabile che l’acquirente faccia il prezzo quando è ben informato
sulle opportunità a disposizione, piuttosto che quando non lo è.
e. Facilità d’entrata nel mercato: possono esserci oppure non possono esserci barriere
d’entrata.

LA TEORIA DEI GIOCHI 13°

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Giochi: una situazione d’interazione strategica nella quale il comportamento strategico è una
parte rilevante del processo decisionale.
Teoria dei giochi non cooperativi: una serie di strumenti che servono ad analizzare i
processi decisionali in situazioni in cui i comportamenti strategici sono rilevanti.

L’OLIGOPOLIO E IL COMPORTAMENTO STRATEGICO 14°


Indipendenza reciproca: esiste quando le scelte di una qualunque imprese operate
nell’industria, riguardo il prezzo e il volume di produzione, influiscono sui profitti di tutte le
altre.
Il modello di oligopolio: le prime tre ipotesi riguardano il lato dell’offerta. L’essenza del
comportamento strategico è costituita dal fatto che i produttori comprendono le azioni di
ciascuno di loro hanno conseguenze per tutti gli altri.
1. I venditori fanno il prezzo: ogni impresa si rende conto di poter determinare il prezzo
del proprio prodotto, ed è anche consapevole che le sue decisioni si ripercuotono sui
prezzi ai quali le imprese concorrenti possono vendere i loro prodotti. Di conseguenza,
ogni impresa sa di poter influire sul comportamento delle altre imprese.
2. I venditori si comportano in modo strategico.
3. L’accesso al mercato può essere del tutto libero o completamente bloccato:
l’acceso al mercato può essere sia libero che bloccato.
4. Gli acquirenti non fanno il prezzo: ciascun compratore sa di non poter influire sul
prezzo di mercato.
La struttura di mercato:
a. Dimensione e numero dei compratori: i compratori sono numerosi e nessuno di essi
ha dimensioni rilevanti rispetto a quelle del mercato.
b. Dimensioni e numero dei venditori: i venditori sono pochi e ognuno detiene una
quota significativa di mercato.
c. Grado di sostituibilità tra i prodotti dei diversi venditori: i prodotti offerti dai vari
venditori possono essere differenziati oppure no.
d. Livello d’informazione dei compratori sui prezzi e sulle diverse possibilità
disponibili: gli acquirenti possono essere ben informati o poco informati sulle
opportunità disponibili.
e. Facilità d’entrata nel mercato: possono esistere barriere all’entrata o no.
Modello basato sull’ipotesi che l’impresa prende decisioni sulla quantità da vendere:
1. Nell’industria ci sono due imprese: un mercato in cui operano solo due imprese viene
definito duopolio.
2. L’accesso all’industria è completamente bloccato: dobbiamo esaminare solo il
comportamento delle imprese che operano nel mercato.
3. I prodotti offerti dalle due imprese sono omogenei: è più analizzare mercati in cui i
prodotti offerti sono omogenei.
4. Il costo marginale di produzione, c, è costante e uguale per le due imprese: questa
ipotesi implica che, se il volume di produzione di un’impresa è x, il suo costo totale è
pari a c × x .
L’equilibrio di mercato: quando le imprese non possono fare affidamento sui giudici o su
qualche altra autorità che assicuri il rispetto dell’accordo collusivo, devono stipulare accordi
che abbiamo definito accordi auto sanzionanti: ciascuna impresa giudica conveniente
rispettarli, a condizione che anche le altre imprese stiano ai patti. Un’altra conseguenza del
fatto che spesso gli accordi collusivi sono illegali è che, in genere, le imprese operanti in una
determinata industria non si accordano esplicitamente sui prezzi e sul volume di produzione.
Viceversa, le imprese raggiungono un accordo tacito (si ha quando le imprese di un’industria
raggiungono un’intesa comune su come devono comportarsi sul mercato, senza discuterne
esplicitamente tra loro).
I concetti di equilibrio e di accordo auto sanzionante si basano entrambi sull’ipotesi che le
imprese agiscono per il proprio interesse. (nel grafico la linea orizzontale indica il volume di
produzione di mercato). Quindi il profitto di ciascuna impresa non dipende solo dal suo volume
di produzione, ma anche dal volume di produzione dell’impresa concorrente; in altre parole, le
due compagnie aeree sono legate da un rapporto d’interdipendenza reciproca. Un mercato
oligopolistica è in equilibrio se ogni singola impresa adotta una strategia che è una risposta
ottima, date le strategie adottate da tutte le altre imprese. In altre parola, il mercato è in
equilibrio se nessuna impresa ha interesse a modificare il proprio comportamento
unilateralmente. Questa situazione di mercato costruisce un equilibrio di Nash.

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Equilibrio di Cournot: un equilibrio di Nash in un mercato in cui la strategia di ciascuna


impresa consiste nella scelta del proprio volume di produzione.
L’equilibrio di Cournot: l’intersezione tra le due imprese del modello di Cournot è
un’intersezione simultanea, perché ciascuna deve formulare una congettura circa il
comportamento dell’altra.
Quando la Beta Airlines vende 200 biglietti al giorno,
650[¿ D ( 115 )−200] è il numero massimo di biglietti che la Air Lion
può vendere il prezzo di 115 euro l’uno. Analogamente, 250
[¿ D ( 115 )−200] è il numero massimo di biglietti che la Air Lion può
vendere al prezzo di 205 euro l’uno. Nel grafico B è rappresentata la
curva di domanda residuale della Air Lion nell’ipotesi in cui la Beta
Airlines venda 200 biglietti al giorno. Per ogni valore diverso di
produzione del concorrente, si ha una curva residuale diversa. Se ad
esempio Beta Airlines passa da trasportare 200 passeggieri a 250
passeggieri, la curva di domanda residuale di Air Lion passa da D(p)-200 e
D(p)-250, cioè si sposta verso sinistra (residuano meno passeggieri per
Air Line). Curva di domanda residuale: la curva di domanda dell’impresa
a cui si trova di fronte un oligopolista, date le decisioni dei suoi
concorrenti riguardo al prezzo o al volume di produzione. La curva di
domanda residuale della Air Lion quando la Beta Airlines vende 100
biglietti al giorno è D(p)-100. Se la Air Lion trasporta 450 passeggeri al
giorno può applicare un prezzo pari a 190 euro al biglietto e quindi
ottenere un ricavo totale = 190 x 450, rappresentato dalla superficie
ombreggiata.

Quando la Beta Airlines trasporta 100 passeggeri al giorno, la curva del ricavo
marginale della Air Lion è mr A e il suo volume di produzione ottimale è 340
passeggeri trasportati al giorno. Il prezzo unitario corrispondente a questo volume
di produzione è 205 euro. Se la quantità prodotta da Beta Airlines, allora cambia il
volume di produzione ottimo per Air Lion.

Se la quantità prodotta da Beta Airlines, allora cambia il volume di produzione


ottimo per Air Lion.
- d A ' : domanda residuale di Air Lion quando la quantità prodotta da Beta
Airlines è poca -> ricavo marginale mr A ' e quantità ottima X Am .
- d A ' ' : domanda residuale di Air Lion quando la quantità prodotta da Beta
Airlines è alta (d A ' ' >d A ' ) -> ricavo marginale mr A ' ' e quantità ottima X An .
Quando la domanda residuale è d A ' il volume di produzione ottimo per Air Lion è
X Am .
Quando la domanda residuale è d A ' ' (Beta Airlines ha aumentato la produzione) il
volume di produzione ottimo per Air Lion è X An .
Curva di risposta ottima (curva di reazione): curva che indica il comportamento
ottimale per un operatore economico a seconda delle scelte compiute dagli altri
operatori. X A∗( X B): curva di risposta ottima di Air Lion indica il volume di
produzione ottimale (che massimizzo il profitto) di Air Lion, per ogni valore di

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Analogamente si determina la curva di reazione di Beta Airlines, X B∗(X A ) che


indica il volume di produzione ottimale di Beta Airlines per ogni volume di
produzione Air Lion.

Curva di reazione e equilibrio di Cournot: l’incrocio delle curve di reazione


determina l’equilibrio di Cournot- Nash, e1. Nessuna delle due imprese ha interessa
a modificare unilateralmente il suo comportamento perché sta producendo una
quantità ottima (che massimizza il suo profitto).

Equilibrio di Stackelberg: il modello di Stackelberg è utile per descrivere situazioni in cui


un’impresa è chiaramente dominante rispetto ad altri concorrenti nel mercato.

Interazione sequenziale.
Air Lion (leader) si muove per prima e Beta Airlines (follower) segue passivamente,
comportandosi come Cournot. Il leader è l’impresa dominante sul mercato (es. Miscrosoft). Il
leader conosce l’intera domanda di mercato: X B non è dato ma dipende da X A . Il leader
‘detta legge’: la curva di domanda dl leader dipende solo da X A , cioè dal comportamento del
leader. Poiché il leader conosce la domanda di mercato, questi conosce anche la modalità di
risposta del follower al proprio comportamento e la sfrutta a proprio vantaggio, inducendo il
follower a comportarsi in modo che il profitto del leader sia massimizzato.
Si considerino j, k, m:
In m Air Lion agisce come monopolistica perché produce la massima quantità domandata dal
mercato (e Beta Airlines produce zero). π j < π k < π l < π m; tuttavia nei punti j, k, l, m Air Lion
Isoprofitto: luogo di punti per ilcui
ottiene il profitto
miglior profittoèpossibile
costante.dati i livelli di produzione di Beta Airlines, rispettivamente
Confronto tra equilibrio X B , X B , X B e X B =0 perché j, k, l, megiacciono
j di koligopolio,
l m monopolio concorrenza perfetta:
sulla curva di reazioneladidifferenza
Air Lion.
è che Cournot è un gioco a mosse simultanee, ovvero i giocatori (in questo caso le imprese)
fanno le loro scelte contemporaneamente; Stackelberg è un gioco a mosse sequenziali, cioè un
giocatore osserva la mossa dell’altro prima di scegliere cosa fare. Questo ovviamente ha
notevoli conseguenze sull’equilibrio del gioco. In particolare in Cournot “standard” (i.e. 2
imprese e stessi costi di produzione) hai in equilibrio che le due imprese producono lo stesso
output, con Stackelberg invece l’impresa che fa la prima mossa produce più dell’altra (sempre
con le assunzioni di prima sempre il doppio). In altre parole, in vantaggio della prima mossa si
traduce in profitti per l’impresa.
Ciascuna impresa è consapevole di poter influire sul prezzo e quindi la sua curva del ricavo
marginale si trova al di sotto della curva del ricavo marginale.
Formule:
• MR= p(1−1 /ε imp ) ricavo marginale espresso in funzione dell’elasticità della domanda
dell’impresa al prezzo.
• ε imp=ε merc /m espressione di prima riscritta in funzione dell’elasticità della domanda di mercato
al prezzo, dove m è la quota di mercato dell’impresa

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• MR= p(1−m/ ε imp ) otteniamo questa espressione sostituendo la formula precedente


all’espressione del ricavo marginale
• c= p( 1−m/ε imp ) data l’espressione precedente del ricavo marginale, la condizione di
equilibrio, in base alla quale il ricavo marginale deve coincidere con il costo marginale e quindi
otterremo quest’ultima espressione. Un pregio di questa formula consiste nell’indicare
chiaramente la relazione che intercorre tra la quota di mercato dell’impresa e il suo potere di
determinazione. Da quest’ultima equazione risulta che quanto minore è la quota di mercato è
la quota di mercato di un’impresa, tanto più questa si comporterà come un produttore
concorrenziale che non fa il prezzo, piuttosto che come un monopolista.
Nella situazione di equilibrio di Cournot-Nash il volume di produzione complessivo è maggiore
rispetto a quello che massimizza il profitto dell’industria, ma minore rispetto a quello di
un’industria concorrenziale. Si noti inoltre che, poiché l’accesso al mercato è bloccato, i
duopolisti ottengono un profitto positivo anche nel lungo periodo, sebbene non riescano a
collaborare a lungo per massimizzare il profitto dell’industria nel suo complesso. Il surplus
del consumatore nel duopolio di Cournot è superiore rispetto a quello del monopolio, ma
inferiore rispetto alla situazione di libera concorrenza. Sappiamo inoltre che il volume di
produzione di un monopolio è inferiore al livello di massimizzazione del surplus complessivo,
mentre il volume di produzione concorrenziale è pari a esso. Di conseguenza, anche nel caso di
un duopolio di Cournot il surplus totale si colloca tra quello di un monopolio e quello della libera
concorrenza.
L’equilibrio di Bertrand: un equilibrio di Nash in un mercato in cui la strategia di ciascuna
impresa consiste nella scelta del prezzo al quale vendere il proprio prodotto.
Cournot vs Bertrand:
• Duopolio di Bertrand -> risultati concorrenziali
• Duopolio di Cournot -> risultati NON concorrenziali
• Violazione dell’accordo:
- Cournot: l’impresa che aumenta la produzione non si aggiunge l’intero mercato.
- Bertrand: l’impresa che abbassa il prezzo vende a tutto il mercato, l’impresa con il
prezzo più alto non vende a nessuno.
LE SCELTA IN CONDIZIONI D’INCERTAZZA 15°

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