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Lezione 21 settembre

L’istituto

Abbiamo visto che le persone tendono ad unirsi in gruppi organizzati per soddisfare bisogni materiali e
immateriali. La partecipazione a questi gruppi porta a due fini:

1) Il soddisfacimento dei bisogni definiti di “socialità”, cioè di intese e positive relazioni interpersonali
2) La realizzazione dei fini non attuabili con le risorse individuali

Questi gruppi prendono il nome di istituti.

L’istituto è un complesso di elementi e di fattori, di energie, di risorse personali e materiali, duraturo e


ordinato secondo proprie leggi e che si muove secondo unità allo scopo di raggiungere un fine comune

Ogni istituto tende a perseguire il bene comune dei suoi membri e questi istituti sono regolati da regole e
comportamenti stabili. Ogni istituto ha i propri caratteristiche e scopi, però i membri di ogni istituto
possono anche essere membri di altri istituti (ad esempio il membro di una famiglia che va a lavorare in
una società). Quindi se vogliamo utilizzare un metodo schematico per descrivere un istituto, i seguenti
punti sono gli elementi discriminanti di un istituto:

1) È un complesso di elementi e di fattori, di energie, di risorse personali e materiali


2) È duraturo e dinamico
3) È ordinato secondo proprie leggi
4) È un’unità per i rapporti che lo costituiscono e che si manifestano per essere rivolti ad un insieme di
fini comuni
5) È autonomo

Adesso, mantenendoci nell’ambito economico e aziendale, presentiamo le tre classi di istituti:

1)l’istituto famigliare: per la formazione e la sopravvivenza dell’istituto famigliare è necessario che


nascano dei figli i quali, però, quando muoiono fisicamente senza aver procreato a loro volta, causano la
morte anche dell’istituto

2)le imprese: in questo caso l’istituto nasce grazie all’imprenditore però,in questo caso,se lui muore
fisicamente l’azienda va comunque avanti

3)istituti pubblici territoriali, associazioni e fondazioni.

L’AZIENDA

Adesso è importante sapere che la struttura denominata “azienda” si occupa dei momenti economici di un
istituto, variando ovviamente in base al tipo di istituto di cui si occupa.

L’azienda possiamo definirla come l’ordine prettamente economico di ogni istituto, ossia l’insieme degli
accadimenti economici disposti ad unità secondo proprie leggi. L’azienda è lo strumento che l’uomo
dasempre utilizza nel suo operare nell’ambito economico e le aziende sono tutte realtà tra le più diverse.

In correlazione ai tre tipi di istituti possiamo classificare le tre corrispettive classi di aziende:
1) L’azienda famigliare, che riguarda i momenti economici dell’istituto famiglia e che ha come scopo il
soddisfacimento dei bisogni della propria famiglia
2) L’azienda di produzione, che riguarda i momenti economici dell’istituto di produzione e che ha come
scopo la remunerazione dei prestatori di lavoro e dei conferenti il capitale.

3) Le aziende pubbliche, che riguardano i momenti economici degli istituti pubblici, hanno come scopo
la produzione e il consumo di beni pubblici, oltre che la remunerazione dei prestatori di lavoro;
le aziende non profit (associazioni e fondazioni), invece hanno come scopo la produzione e il
consumo di beni socialmente utili oltre alla remunerazione dei fattori produttivi secondo criteri di
non mercato.

COME SI DIVIDONO LE AZIENDE PUBBLICHE

Quindi, per quanto riguarda le aziende pubbliche, esse possono essere divise in aziende di consumo o di
produzione.

● Le aziende di consumo, dove accade quello che succede anche nelle famiglie, sono particolari
aziende in cui l’intera produzione viene consumata all’interno dell’azienda stessa dai produttori
● l’azienda di produzione, invece, è un’azienda la cui produzione di beni e servizi è interamente
presentata e scambiata sul mercato al fine di ottenere una remunerazione economica.
● Azienda composta pubblica; esiste poi il caso in cui troviamo un tipo di azienda che ha
contemporaneamente sia uno scopo di consumo sia uno scopo di produzione e la quale, proprio per
questa sua caratteristica, si chiama “composta pubblica”, cioè formata da elementi di consumo e da
elementi di produzione.

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Lezione 22 settembre 2020

CARATTERI DISCRIMINANTI DI UN’AZIENDA

Per comprendere al meglio che cosa sia un’azienda andiamo ad elencare i caratteri discriminanti che
identificano appunto un’azienda:

1) Un’attesa di rigore gestionale,amministrativo e organizzativo

2) Criteri di efficienza ed efficacia che devono ispirare il funzionamento di un istituto.


EFFICIENZA: Per quanto riguarda l’efficienza, un’azienda è efficiente quando a parità di input(il quale
comprende le risorse che immettiamo nell’azienda allo scopo di produrre l’output, comead esempio
le materie prime, le immobilizzazioni, le risorse umane) ottengo un maggiore output(il quale è il
prodotto finito, realizzato) oppure quando, con un minore input, ottengo lo stesso output.Essa è data
dal rapporto tra la produzione allestita e il fattore impiegato (produzione allestita/fattore
impiegato).Questo concetto spiegato più semplicemente sta ad indicare che l’efficienza interfaccia
l’abilità di raggiungere l’obiettivo prefissato impiegando le risorse minime.
Ricordiamo che nell’operare secondo economicità il livello di efficienza perseguibile non sempre
coincide con quello massimo possibile per un dato fattore. Inoltre il livello di efficienza perseguibile
deve rapportarsi armonicamente agli equilibri da mantenere nell’utilizzo dei diversi fattori produttivi
e deve considerare la peculiarità e il razionale impiego di ogni fattore. Infine ricordiamo che
l’efficiente utilizzo dei fattori può non risultare una condizione decisiva per consentire all’impresa di
sopravvivere autonomamente sul mercato.
Esistono due tipi di efficienza:
● l’efficienza interna;sono efficiente internamente quando mi rapporto con i miei fattori
produttivi
● l’efficienza esterna;sono efficiente esternamente quando agisco in modo competitivo nei
mercati di riferimento
Questi due tipi di efficienza, sia interna che esterna, li raggiungo
● perfezionando e razionalizzando la mia capacità produttiva
● creando innovazione,quindi nuovi prodotti
● mantenere un adeguata elasticità, cioè essere sempre adeguato all’ambiente mutevole con
cui io mi devo confrontare

EFFICACIA : A proposito dell’efficacia invece, un’azienda è efficace quando riesce a raggiungere i suoi
obiettivi, a fidelizzare il cliente, garantendo contemporaneamente un ritorno economico e una buona
riuscita del prodotto. Essa è data dal rapporto tra il risultato ottenuto e l’obiettivo previsto (risultato
ottenuto/obiettivo previsto)

In generale un’azienda tende ad essere efficiente, allo scopo di ricorrere a bassi costi per la
produzione(diminuzione dell’input) e di ottenere un maggior numero di ricavi causando però poi un
abbassamento della qualità e quindi dell’efficacia.
Al contrario, invece, alcune aziende decidono di aumentare i costi di produzione, migliorando
l’efficacia, (e quindi abbiamo un aumento dell’input) e di conseguenza avremo un aumento della
qualità ma non per forza anche un aumento dei ricavi rischiando di arrivare quindi all’inefficienza.

3) Le unità economiche,le quali sono formate da aggregati di individui.

4) I rapporti che regolano le relazioni dei singoli individui con l’unità economica, i quali sono fondati sul
criterio dello scambio

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LEZIONE DEL 23 SETTEMBRE 2020

RAPPORTO TRA ISTITUTO E AZIENDA


Dopo aver visto le caratteristiche sia dell’istituto che dell’azienda, adesso analizziamo il rapporto tra i
due.
Innanzitutto ricordiamo che l’istituto non è un’azienda, ma può essere anche azienda e ciò accade
nel momento in cui nell’istituto ci sono accadimenti economici.
Non esiste invece il contrario di quanto appena affermato, poiché l’azienda è autonoma rispetto
all’istituto. Infatti ci sono delle leggi che assicurano il buon funzionamento di un’azienda,
indipendentemente dall’istituzione alla quale appartengono.
Ricordiamo, inoltre, che ogni azienda, in ogni istituzione, presenta caratteri propri e quindi le leggi
che guidano il funzionamento delle aziende dipendono dalla specifica istituzione e non valgono per
tutte le istituzioni.

I FINI DI UN’AZIENDA

1) L’azienda deve garantire le condizioni economiche in modo che l’istituto sia nella condizione di
raggiungere i propri fini.

2) L’azienda ha come finalità se stessa, cioè l’aziende vede come finalità il produrre ricchezza per
durare nel tempo

3) La finalità è di tipo economico e consiste nella creazione di ricchezza cioè nel perseguimento
dell’economicità la quale varia in base al tipo di azienda.(dopo spiega bene cos’è l’economicità)

COME SI FA A CREARE RICCHEZZA?

Quando il valore degli output è maggiore del valore degli input; e questa ricchezza che si viene a formare
deve essere presente nelle differenti componenti dell’azienda, nel breve e nel lungo tempo (quindi deve
durare nel tempo), e deve essere presente anche in una chiave retrospettiva ( cioè capire se ho creato
ricchezza in passato) e in chiave prospettica ( cioè fare in modo di creare ricchezza in futuro).Per determinare
la creazione di ricchezza in un arco temporale è necessario considerare:

-la relazione tra acquisizione, pagamento e utilizzo dei fattori produttivi

-la correlazione tra utilizzo dei fattori produttivi e realizzazione/cessione dei prodotti

COME SI FA A RAGGIUNGERE L’ECONOMICITÁ ?

L’economicità è un equilibrio che si deve mantenere nel tempo tra le risorse che impiego e i risultati che
ottengo, ovvero tra l’efficienza e l’efficacia, fronteggiando le condizione di incertezza, di dinamica e di
contesto. Essa è una condizione da rispettare e non è invece un fine da perseguire, in quanto l’economicità è
il mezzo con cui arrivo ad ottenere i miei fini, ma non i fini stessi.

I PRINCIPI GUIDA DELL’ECONOMICITA’

L’economicità deve essere raccordata con un sistema di principi guida:

1) Durabilità, quindi deve estendersi nel tempo

2) Autonomia finanziaria, quindi un’attitudine a vivere senza interventi di sostegno e di copertura


3)Equilibri,ovvero è necessaria la presenza simultanea dei vari tipi di equilibrio
(economico,monetario,finanziario), perché non è detto che se ce n’è uno allora
automaticamente ci siano anche gli altri. Infatti l’operare secondo economicità comporta in
primo luogo l’ottenimento di condizioni di equilibrio nei flussi dei valori economici e monetari
che caratterizzano l’interscambio con l’ambiente. E nel caso in cui non ci sia una simultanea
presenza dei tre equilibri allora rischio che ci sia uno sfasamento di incassi e pagamenti e la
conseguente necessità quindi di ricorrere a capitale di terzi.

Analizziamo i tre tipi di equilibrio:

A) L’equilibrio economico è dinamico nel tempo, cioè ci saranno momenti di facile e difficile
gestione.
Per quanto riguarda l’equilibrio economico, in esso si parla di costi e di ricavi.
Più precisamente, un equilibrio economico si raggiunge quando i costi sono uguali ai ricavi.
Questo concetto di equilibrio economico vale solo per le aziende pubbliche, in quanto
l’obiettivo nelle aziende pubbliche è quello di creare un valore sociale e non economico.
Infatti nelle aziende profit il ricavo deve essere maggiore del costo. Quindi lo scopo del
raggiungimento dell’equilibrio economico è che il volume di ricavi da ottenere sia adeguato
per fronteggiare i costi per i fattori produttivi usati e che consenta di assegnare agli stessi
fattori una remunerazione congrua in relazione agli andamenti ed alle situazioni similari di
mercato. In altre parole l’equilibrio economico deve remunerare sicuramente i fattori
produttivi della produzione, il lavoro dipendente e i portatori di capitale.
B) Il secondo equilibrio trattato è quello monetario. Quand’è che raggiungo l’equilibrio
monetario? Quando la mia azienda è in grado di soddisfare i bisogni monetari in qualsiasi
momento, ovvero nel momento in cui se ne presenta la necessità e nell’ambito di un
ordinato ed economico svolgimento dell’attività gestionale. Quindi la capacità di un’azienda
di realizzare un’equilibrata situazione monetaria deve potersi sulla sua stabilizzata attitudine
ad armonizzare i flussi monetari in entrata ed in uscita. Nel momento in cui parlo di flussi
monetari in entrata ed uscita parlo di capitale circolante netto, il quale è generato dalla
produzione dell’esercizio,e che si ottiene sommando la produzione venduta, quindi i miei
ricavi di vendita, e le rimanenze e ottengo così la produzione realizzata, alla quale vado a
sottrarre i costi che hanno comportato variazioni nel circolante(consumi materie prime,
retribuzione al personale) arrivando così al capitale circolante netto. Particolare attenzione
deve essere posta all’afflusso di mezzi monetari generati dall’attività gestionale in senso
stretto,ossia quella collegata alla produzione di beni e dei servizio destinati alla vendita e
quindi il cash flow(flusso di cassa) generato dalla gestione reddituale. Il cash flow generato
dalla gestione reddituale si ottiene sommando e sottraendo le seguenti cose: ho entrate
monetarie per ricavi di esercizio (+), ho uscite monetarie per costi di esercizio(-), ho anticipi
monetari dai miei clienti (+), ho fatto anticipi a fornitori per fattori d’esercizio(-), ho ricevuto
incassi di crediti di esercizio iniziali(+), ho pagato dei debiti di esercizio iniziali(-) e tutte
queste cose permettono di trovare il cash flow(flusso di cassa) generato dalla gestione
reddituale. In esso si parla di entrate ed uscite di denaro, di moneta. Al posto delle prime, le
entrate monetarie, posso anche parlare di ricavi di cessione di prodotti, cessione di fattori
strumentali e di incassi di crediti di regolamento. Mentre al posto delle seconde, ovvero delle
uscite monetarie, posso parlare di costi d’acquisto di fattori d’esercizio, di costi d’acquisto di
fattori strumentali e di pagamenti di debiti di regolamento. In questi casi parlo di flussi
monetari-gestionali, cioè legati alla gestione. Potrei però parlare anche di crediti e debiti
anziché di entrate ed uscite, quindi parlerei di flussi monetari-finanziari. Per quanto riguarda
i primi posso parlare di assunzione di debiti di finanziamento, di apporto di capitale proprio e
di rimborso di crediti di finanziamento. Per quanto riguarda i secondi potrei parlare di
concessione di crediti di finanziamento,di rimborso di capitale proprio e di rimborso di debiti
di finanziamento.L’equilibrio monetario, come quello economico, è dinamico nel tempo, cioè
ci saranno momenti di facile e difficile gestione. Quando parliamo di equilibrio monetario
possiamo distinguere due momenti fondamentali:

-nella fase iniziale c’è la necessità di anticipare determinati costi per l’acquisto dei fattori
necessari per allestire la struttura produttiva

-nella fase di esercizio sono necessari per l’azienda tutti quei mezzi monetari che le
permettano di essere in grado di far fronte ai pagamenti generati dalle operazioni gestionali,
cioè durante la fase del mio esercizio dovrò essere in grado di andare a pagare ad esempio gli
stipendi.

C) Il terzo tipo di equilibrio è quello finanziario; a proposito di questo equilibrio si parla di


impieghi e fonti, infatti l’equilibrio finanziario è la definizione di fonte e di impiego. La fonte è la
fonte finanziaria e l’impiego della mia fonte è l’investimento. Ad esempio, ipotizziamo che
l’impiego sia lo stipendio dei dipendenti; in questo caso la fonte corretta per pagare gli stipendi
sono i ricavi di produzione.

EFFETTO LEVA FINANZIARIA

È necessario che i fabbisogni durevoli vengano tendenzialmente fronteggiati con fonti aventi
pari disponibilità, cioè capitale proprio e capitale di terzi rimborsabile a lungo periodo ed è
necessario anche realizzare una giusta relazione tra indebitamento e capitale proprio e
quest’ultimo si chiama effetto leva finanziaria.
A proposito di leva finanziaria posso avere una leva positiva, quando il costo dei finanziamenti è
inferiore alla redditività degli investimenti effettuati, e una leva negativa, quando il costo dei
finanziamenti è superiore alla redditività degli investimenti effettuati.

Per verificare che ci sia un corretto rapporto nell’ambito delle fonti di finanziamento si ricorre
allora al calcolo della leva finanziaria secondo la seguente formula:
leva= capitale proprio+capitale di terzi fratto capitale proprio= totale attività(impieghi) fratto
capitale proprio.
-Se la leva ha assunto valore pari ad 1 significa che l’azienda non ha fatto ricorso a capitale di
terzi (non ha debiti)
-se la leva finanziaria assume valori compresi tra 1 e 2 significa che il capitale proprio è maggiore
del capitale di terzi
-se la leva finanziaria assume valori superiori a 2 significa che il capitale di terzi è maggiore del
capitale proprio

4)L’efficienza(stesso concetto visto in precedenza), che rappresenta il rapporto tra produzione


allestita e fattore impiegato (produzione allestita/valore impiegato). Guardare spiegazione del
termine “efficienza qualche pagina prima”

5)L’efficacia(stesso concetto visto in precedenza), che rappresenta il rapporto tra il risultato


ottenuto e l’obiettivo previsto(risultato ottenuto/obiettivo previsto). Guardare spiegazione del
termine “efficacia” alcune pagine prima

Rischi economici generali dell’impresa

Parlando di economicità, di efficienza e di efficacia andiamo ad introdurre quali sono i rischi


nella gestione di impresa, detti rischi economici generali dell’impresa, cioè rischi collegati con il
dinamico svilupparsi dell’attività di gestione, ma anche rischi che si presentano in relazione al
vario esito delle diverse operazioni in essere, per effetto di comportamenti aziendali e di
circostanze ambientali. Ad esempio:
● l’incertezza costituisce una condizione nell’operare aziendale;l’azienda infatti opera in
condizioni di incertezza dovute ad un quadro informativo di riferimento imperfetto, che
determina una limitata capacità di prevedere l’esito delle operazioni
● andamenti sfavorevoli di accadimenti futuri
● rischio di inesigibilità dei crediti, cioè il fatto che i miei clienti non mi paghino tutti i prodotti
che ho consegnato
● rischio di cambio, quando vendo prodotti a stati esteri e loro mi pagano con la loro moneta
che cambierò nella mia con il rischio però che questo cambio sia sfavorevole
● il rischio di fornitura, cioè quando attendo che il mio fornitore mi dia le materie prime per la
produzione e queste materie prime tardano ad arrivare io, a mia volta, rischio di non stare
nelle tempistiche di produzione
● rischio di garanzia, cioè offro un prodotto con una garanzia e ciò vuol dire che nel periodo di
garanzia c’è il rischio che io produttore debba sostenere dei costi se il cliente necessita di un
aggiustamento del prodotto comprato
● rischio di magazzino, che a sua volta può avere il rischio di giacenza(merci che giacciono in
quel magazzino per troppo tempo), il rischio di disponibilità(non ho la disponibilità di
determinati prodotti) e il rischio di consegna e di collaudo( rischio di consegnare in ritardo il
prodotto e quindi rischio che la consegna e il collaudo non vadano a buon fine)
● rischio sulle immobilizzazioni tecniche, che a sua volta può avere il rischio di obsolescenza, il
rischio di esubero(ho troppe macchine per la mia reale produzione) e il rischio per oneri di
manutenzione
● rischio su titoli e/o su partecipazione, cioè se la mia azienda ha acquisito azioni di altre
società per fare un investimento io sto correndo un rischio su titoli e/o su partecipazioni
● rischio di interesse, cioè se io punto ad avere un interesse attivo dall’investimento ad
esempio su titoli e/o partecipazioni di altre aziende è un rischio perché rischio il mio capitale
proprio facendolo diventare capitale proprio di altre aziende senza che sia certo che questo
mi porti un interesse da me desiderato

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IL FUNZIONAMENTO DELLE AZIENDE

Le operazioni

Le operazioni sono finalizzate ad:


● acquisire i fattori produttivi
● trasformare i fattori produttivi in prodotti e/o servizi destinati alla vendita
● vendere i prodotti e i servizi ottenuti

Caratteristiche delle operazioni

● Nelle aziende le operazioni avvengono in modo simultaneo e congiunto.


● Ogni operazione è l’unità elementare della complessa attività operativa o gestione
d’impresa
● Le operazioni sono caratterizzate da livelli diversi di complessità e classificabili in
modo differente
● compongono i processi di trasformazione
● devono essere interpretate non singolarmente ma collocate all’interno del sistema
operativo

Le operazioni che l’azienda effettua si possono classificare in due categorie:


● operazioni di interna gestione ( la trasformazione di fattori produttivi)
● operazioni di esterna gestione (operazioni di scambio) con lo scopo di reperire i
fattori produttivi (specifici e generici) e di collocare i prodotti ottenuti

Sempre nell’ambito aziendale e del funzionamento di un azienda, vediamo come nasce


un’azienda
- Ha origine da un’idea imprenditoriale (in un soggetto o in un gruppo di soggetti) che
deriva dall’individuazione di un bisogno da soddisfare
- Vengono valutate le condizioni di contesto favorevoli allo svolgimento dell’attività
- Viene decisa la scelta dell’investimento iniziale

L’azienda nasce quindi per soddisfare un bisogno che richiede la combinazione di un


insieme di risorse generiche e specifiche organizzate nell’attività aziendale (denaro,
attrezzature). I soggetti che hanno avuto l’idea imprenditoriale sono, solitamente, i primi
che destinano o si attivano per recuperare le risorse necessarie per far partire l’attività.
Nel caso di aziende costituite sotto forma di società, queste risorse messe a disposizione
dei soci costituiscono il capitale di proprietà(capitale proprio o anche detto di rischio).
Tale capitale può giungere anche successivamente al momento della costituzione e
rappresenta il conferimento che i soci hanno dato all’attività della quale condivideranno i
rischi futuri.

Che cos’è il capitale proprio?

● è un capitale conferito all’azienda senza alcun obbligo di restituzione. Inoltre può


essere conferito sotto forma di mezzi monetari oppure secondo beni utilizzabili
dall’azienda(in quest’ultimo caso è difficile determinare il contributo)

● può essere conferito in momenti differenti, quando si manifestano le necessità


dell’azienda

● il capitale proprio o di rischio si configura come un investimento nella prospettiva di


una remunerazione futura

Per capire meglio spieghiamo come avviene il circuito del capitale di rischio/capitale
proprio.
Immaginiamo che una persona entri in una società, diventando quindi socio e mettendo
a diposizione della società un capitale (si ha quindi un entrata di denaro per l’azienda).
Tutto il capitale raccolto viene utilizzato in un’operazione, che sarà positiva se l’azienda
darà una percentuale del guadagno totale ad ogni socio oltre a restituirgli il capitale
investito,(uscita di denaro), oppure negativa se la restituzione non avverrà.

Spesso le aziende devono recuperare risorse seguendo altre vie perché la disponibilità
dei soci non corrisponde ai fabbisogni dell’azienda
Analizziamo ora l’altro tipo di capitale, ovvero il capitale di prestito o di terzi.
● esso corrisponde ad una disponibilità temporanea di denaro, acquisito da soggetti
terzi, che dovrà essere restituito secondo modalità stabilite contrattualmente
● l’azienda sostiene degli oneri per la disponibilità temporanea del denaro(che non èdi
sua proprietà)

● nel caso in cui non vengano restituiti ai finanziatori, questi ultimi possono anche
richiedere il fallimento dell’azienda
In generale i mezzi monetari recuperati tramite il capitale proprio e di terzi vengono usati
per dotare l’azienda delle risorse necessarie per tradurre in realtà l’idea imprenditoriale.

I fattori produttivi

Una risorsa è definibile fattore produttivo quando possiede, anche disgiuntamente, uno
dei seguenti tre requisiti:
identificabilità, utilità ed equità

Dato che l’argomento generale trattato è il funzionamento di un’azienda, è necessario


parlare anche dei diversi fattori produttivi (input).
Un fattore produttivo è un elemento disponibile per le produzione con la caratteristica di
essere valorizzabile utilizzando un metro monetario:
● deve essere vincolabile all’azienda per un periodo temporale
● deve contribuire in modo da poter remunerare gli oneri che sono stati sostenuti per
la sua acquisizione
● il valore viene attribuito in modo oggettivo nel caso di acquisizione tramite uno
scambio oppure stimato nel caso di produzione o di conferimento.

I fattori produttivi possono essere classificati in due categorie:


● I fattori produttivi a fecondità semplice, i quali sono fattori utilizzati solamente per
un ciclo produttivo e dopo la loro utilizzazione non sono più disponibili
● fattori produttivi a fecondità ripetuta, i quali vengono utilizzati per più cicli produttivi
e dopo un ciclo produttivo si consuma solo parte della loro utilità
economica.Scendendo nei due casi di fattori produttivi, il fattore produttivo a
fecondità semplice contribuisce solamente alla realizzazione di un prodotto mentre il
fattore produttivo a fecondità ripetuta contribuisce alla realizzazione di più prodotti.

Inoltre ricordiamo che ogni fattore produttivo deve essere correlato alla realizzazione del
prodotto/prodotti per i quali ha contribuito a realizzare. Questo è detto principio di
correlazione.

I principali fattori produttivi (input) sono:


● lavoro (dipendenti)
● capitale, il quale
1) può essere visto o come fattore produttivo generico, quindi i mezzi monetari possono
essere trasformati in qualsiasi elemento utile allo svolgimento dei processi aziendali
2) oppure come fattore produttivo specifico, quindi in questo caso abbiamo
l’investimento dei mezzi monetari in impianti,macchinari, merci, materie prime,
attrezzature ecc., vincolati all’attività dell’azienda alla quale contribuiscono mediante
servizi.

Il reperimento delle risorse monetarie, ovvero del capitale, fa sì che i mezzi monetari
siano quindi impiegati nell’insieme di azioni finalizzate a trasformare i fattori produttivi i
prodotti grazie all’attività di produzione.

Per capire meglio presentiamo come avviene il circuito del capitale

LA TRASFORMAZIONE DEI FATTORI PRODUTTIVI(output)

I mezzi monetari recuperati vengono impiegati per effettuare quell’insieme di operazioni


necessarie allo svolgimento delle attività di produzione.
Questa attività di produzione si compone di diverse fasi:
● acquisizione di fattori produttivi
● svolgimento dell’attività tecnica di trasformazione
● vendita dei prodotti ottenuti
Ricordiamo che durante la sua attività di produzione l’azienda entra in contatto con due
mercati differenti:
● il mercato dei fattori produttivi
● il mercato di vendita

IL CIRCUITO DELLA PRODUZIONE

Per capire meglio come avviene il processo di produzione analizziamo adesso il circuito
della produzione.

Un’azienda ha dei mezzi monetari che utilizza per acquistare fattori produttivi
compiendo un’azione di esterna gestione (uscita di denaro). Una volta acquistati i fattori
produttivi, l’azienda ricorre ad azioni di interna gestione, ovvero processi al fine di
trasformare i fattori produttivi in prodotti, e poi ad azioni di esterna gestione, ovvero la
vendita di questi prodotti(entrata di denaro).

Lo scopo del circuito di produzione è la creazione di ricchezza (l’azienda acquista fattori


produttivi, realizza e cede).
La creazione di ricchezza avviene confrontando il valore dei beni realizzati o dei servizi
erogati con il valore dei fattori produttivi utilizzabili.
● Essa è determinata dai mezzi monetari che escono a fronte dell’acquisizione dei
fattori produttivi.

● Dai mezzi monetari che entrano a fronte della cessione dei prodotti.
LEZIONE DEL 29 SETTEMBRE 2020

Sempre mantenendoci nell’argomento del funzionamento delle aziende, parlando di


esso è necessario ricordare che ci possono essere
● momenti in cui in un’azienda si genera ricchezza, e ciò si ha nel caso in cui i mezzi
monetari che derivano dalla vendita di prodotti sono superiori a quelli impiegati per
acquisire nuovi fattori produttivi ( quindi il ricavo è maggiore del costo)
● momenti, invece, in cui si distrugge ricchezza, e ciò si ha nel caso in cui i mezzi
monetari che derivano dalla vendita di prodotti siano inferiori a quelli impiegati per
acquisire nuovi fattori produttivi (quindi il costo è maggiore del ricavo)

CHE COS’È IL REDDITO?

È la differenza tra ricavi e costi di competenza del periodo e rappresenta il risultato


dell’attività produttiva dell’impresa. Il reddito è, in altre parole, l’incremento o il
decremento che la ricchezza disponibile all’inizio ha subito in un periodo per effetto
dell’attività in quel periodo. Dato che il reddito è la differenza tra ricavi e costi di
competenza in questo caso si parla di contabilità per competenza. Esistono però anche la
contabilità finanziaria, dove un ricavo è riconosciuto solo quando incassato e un costo
solo quando pagato, e la contabilità fiscale, dove il legislatore tributario persegue un fine
diverso da quello del legislatore civilistico

COSA ACCADE QUANDO L’IMPRESA HA UN ECCESSO DEI MEZZI MONETARI?

Abbiamo parlato del funzionamento di un’azienda, abbiamo parlato del finanziamento


inteso come capitali di terzi che io richiedo per avere un equilibrio monetario e quindi
abbiamo parlato del fatto che io sono autonomo quando sono autonomo
finanziariamente, cioè quando non vado ad essere patologicamente dipendente da terza
economia. Potremmo però essere anche in condizioni esattamente opposte, ovvero
un’azienda potrebbe avere a disposizione (in modo sistematico o casuale) mezzi
monetari in eccedenza che non sa come impiegare.
Allora ci sono aziende che decidono di impiegare queste risorse aggiuntive non per
acquisire nuovi fattori produttivi ma per finanziare altre attività.

Nel primo caso, ovvero nel caso in cui mi rivolgevo a terze economie per avere un
sostegno economico per durare nel tempo, si parla di finanziamenti richiesti.
Nel secondo caso, invece, si parla di finanziamenti concessi. Ad esempio immaginiamo
che un’azienda abbia risorse monetarie in eccedenza, questa azienda decide di mettere
sul mercato questa eccedenza. Quindi ho un’uscita di denaro che vuol dire concedere un
finanziamento a terzi. Ciò comporta, per chi riceve il prestito, degli oneri e, per chi lo fa,
dei proventi. Quando poi l’azienda a cui è stato imprestato il denaro restituisce i
finanziamenti ci sarà un’entrata di denaro ovviamente con gli interessi attivi.
LA FORMAZIONE DEI VALORI

Parliamo dei valori che sorgono nel momento in cui avviene uno scambio. Nel momento in
cui avviene uno scambio, che però non deve essere diretto (do il prodotto e ricevo moneta),
quindi uno scambio in cui non c’è passaggio di moneta, vi è la creazione di debiti e di crediti
di funzionamento.

● Essi sorgono, come già detto, nel momento in cui avviene lo scambio
● sostituiscono pro tempore le entrate e le uscite di denaro
● rappresentano dilazioni nel regolamento monetario di qualsiasi tipo di operazione
● sono valori assimilati
● sono valori momentaneamente sostitutivi di entrate ed uscite e quindi costituiscono valori
assimilabili al denaro
● rappresentano un’entrata e un’uscita di denaro futura; infatti le entrate e le uscite di denaro
(che sono variazioni monetarie), si manifestano alle scadenze definite con l’incasso dei crediti
ed il pagamento dei debiti

DEBITI E CREDITI DI FINANZIAMENTO

Qui l’oggetto della negoziazione è il denaro in sé.

Essi nascono quando l’oggetto della negoziazione è proprio il denaro. Quindi i finanziamenti che vengono
concessi o ottenuti vengono esclusi dall’aspetto economico della gestione. L’unica cosa che ha un impatto
nell’aspetto economico della gestione è la differenza tra il concesso e il restituito, la quale infatti entra nella
formazione della ricchezza aziendale.

Sempre a proposito di debiti e crediti di finanziamento, entrano nella parte economica

● gli oneri finanziari, derivanti dalla disponibilità pro tempore del denaro non di proprietà
● i proventi finanziari, derivanti dalla cessione pro tempore del denaro di proprietà

DENARO E VALORI ASSIMILATI

● A proposito delle entrate di denaro, esse si hanno quando entra denaro (+ denaro), quando entrano
dei crediti,i quali sono un esempio di valori assimilabili(+ crediti) e quando vengono annullati dei
debiti(-debiti).

Il denaro è liquidità mentre gli altri due sono trasformabili in liquidità più o meno a breve.

● Specularmente abbiamo le uscite di denaro.

L’uscita di denaro più intuitiva è quando prelevo del denaro dalla cassa (-denaro), ma è uscita di denaro
anche quando si annullano dei crediti (-crediti) e quando vado ad aumentare i debiti (+ debiti).

LEZIONE DEL 30 SETTEMBRE 2020

ASPETTO NUMERARIO ED ASPETTO ECONOMICO


Le entrate e le uscite di denaro sono dette numerarie e misurano:

● Costi di acquisto dei fattori produttivi (uscita)


● Ricavi per la vendita di prodotti (entrata)
● Aumenti(entrata) o diminuzioni(uscita) di capitale di proprietà
● Aumenti o diminuzioni di crediti e debiti di finanziamenti (quando c’è un aumento di crediti c’è
un’uscita e viceversa)

La dimensione numeraria delle operazioni è definita come l’aspetto originario che misura il derivato aspetto
economico. L’aspetto originario è quello delle uscite e delle entrate di denaro e misura il derivato aspetto
economico.

A proposito dell’aspetto originario e dell’aspetto economico e ricordando anche che in passato abbiamo visto
i crediti e i debiti di funzionamento e di finanziamento,per comprendere meglio, presentiamo ora il circuito
della produzione, nel quale ritroviamo quelli di funzionamento, e il circuito dei finanziamenti, nel quale
troviamo quelli di finanziamento.

CIRCUITO DELLA PRODUZIONE

Immaginiamo che un’azienda acquisisca fattori produttivi(costi), in questo caso abbiamo delle uscite di
denaro e aumento di debiti di funzionamento. In seguito ci sarà il processo produttivo che porterà alla
vendita di prodotti(ricavi) e quindi ad entrate di denaro e aumento di crediti di funzionamento. Per
ricollegarci al titolo iniziale, nel parlare di costi e ricavi ci affacciamo sul settore economico(siamo nel derivato
aspetto economico), mentre quando parliamo di entrate ed uscite di denaro sfociamo nel settore
numerario,monetario e assimilato(quest’ultimo perché, come abbiamo visto in passato, ci sono i crediti e
debiti di funzionamento), e quindi siamo in questo caso nell’aspetto originario.

CIRCUITO DEI FINANZIAMENTI

Anche qui abbiamo l’aspetto originario, il quale fa parte del settore finanziario/monetario e abbiamo il
derivato aspetto economico, il quale fa parte del settore economico.

Spiegando il circuito:

● abbiamo entrate di denaro grazie all’ottenimento di finanziamenti e ciò aumenta i debiti verso terzi
● si verifica quindi un aumento del capitale di proprietà
● arriverà poi un momento in cui dovrò restituire il capitale di proprietà
● questa restituzione porterà ad una riduzione dei debiti verso terzi e quindi ci saranno delle uscite

andare poi a pagina 60 del libro

FINE BLOCCO RIGUARDANTE L’AZIENDA


LEZIONE DEL 5 OTTOBRE 2020

SOGGETTO ECONOMICO E SOGGETTO GIURIDICO

La gestione dell’azienda si sviluppa con la partecipazione di molteplici categorie di soggetti. Tra i soggetti
aziendali assumono particolare rilievo il soggetto giuridico e il soggetto economico.

1) Il primo è una persona o un gruppo di persone a cui sono riconducibili i diritti e le obbligazioni
connessi con l’attività dell’azienda. Il soggetto giuridico può essere di due tipi:
-soggetto giuridico di rappresentanza: è colui che fisicamente firma un contratto
-soggetto giuridico di responsabilità: è l’azienda stessa

Adesso vediamo qual è il rapporto tra soggetto giuridico di rappresentanza e le loro differenze

Soprattutto nelle società di capitali vediamo come c’è una profonda distinzione tra soci e società. È
quest’ultima(ovvero il soggetto giuridico di responsabilità) a rispondere per le obbligazioni sociali,
mentre i soci(soggetto giuridico di rappresentanza) godono di un responsabilità limitata per le
obbligazioni assunte dalla società

2) Il secondo è una persona o un gruppo di persone nel cui prevalente interesse l’azienda è
amministrata. Il soggetto economico controlla, domina l’azienda ed è in grado di reggerla e
indirizzarla verso il fine immediato. Quindi indirizzando l’azienda verso i propri fini, il soggetto
economico beneficia dell’attività dell’azienda. Non sempre però il gruppo che controlla l’azienda
coincide con il gruppo che beneficia dell’attività dell’azienda.
Ad esempio se siamo in un istituto famiglia i due gruppi coincidono. Se ,invece, ad esempio, una
persona va in banca e compra azioni di una determinata società, questa persona può solo sperare di
beneficiare dall’attività dell’azienda senza però occuparsi del controllo dell’azienda.

● Ricordiamo inoltre che a volte il soggetto economico può essere anche un organo occulto o
non noto all’esterno,e, a volte, all’interno dell’azienda.
Un esempio di quando il soggetto economico non è noto all’esterno dell’azienda si ha con le imprese
con capitale di maggioranza detenuto tramite società fiduciarie, ovvero società a cui do i miei capitali
e che entrano in capitali di altre società senza che il mio nome figuri.
Un esempio, invece, di quando il soggetto economico non è noto all’interno dell’azienda si ha nei
gruppi aziendali. Infatti ipotizziamo che una società alfa (capogruppo), la quale possiede al 100% la
società beta(cioè ha il totale del capitale della società beta e possiede il 70% della società gamma.
Nel frattempo la società beta possiede il 60% della società delta, la quale viene diretta e governata
dalla società beta, che a sua volta viene governata dal capogruppo.

● Inoltre il soggetto economico è unitario e unico. Infatti una decisione va presa nella sua
unitarietà e unicità. Legato all’unitarietà e all’unicità del soggetto economico diciamo che ad
esso fanno capo le prerogative massime di iniziativa:
● formazione dell’azienda(se sono tre persone a costituire il soggetto economico tutte e tre
devono essere d’accordo nel formare l’azienda, stessa cosa vale per gli altri tre punti)
● governo economico dell’azienda funzionante
● variazione della struttura aziendale
● estinzione dell’azienda

IN CASO DI UN SOGGETTO ECONOMICO FORMATO DA TANTE PERSONE


Molte volte il soggetto economico è formato da tantissime persone che non possono tutte
partecipare all’esercizio del governo economico. Per questo motivo esistono delle forme di
rappresentanza negli organi decisionali e la scelta di chi è che può andare a rappresentare la propria
azienda nell’organo decisionale dipende da che percentuale ogni membro dell’azienda possiede di
essa oppure anche in base alla percentuale di azioni che riesco a raccogliere con la delega(mi faccio
delegare da una serie di soci in minoranza e a quel punto ottengo una percentuale che mi permette
di andare a parlare nell’organo decisionale)

OBIETTIVI DEL SOGGETTO ECONOMICO

Il soggetto economico sono le persone che hanno il potere di prendere le decisioni di maggior portata
all’interno di un’azienda, quindi il soggetto economico ha tra i suoi obiettivi la massimizzazione della
soddisfazione degli interessi del soggetto economico stesso compatibilmente con un adeguato grado di
soddisfazione degli altri stakeholders (dipendenti, clienti e fornitori).

Vediamo ora i possibili tipi di soggetto economico:

● il soggetto economico nell’azienda famigliare è costituito dai membri della famiglia, che sono in
grado di valutare le decisioni da prendere

● Inoltre la possibilità di esprimere il capitale di comando non necessariamente deriva dal possesso
della maggioranza assoluta del capitale. In altre parole si può essere soggetto economico senza per
forza avere la maggioranza assoluta del capitale, ma basta la maggioranza relativa.
● nell’azienda privata noi vediamo nel soggetto economico l’imprenditore e i prestatori di lavoro
● nell’azienda pubblica, invece, oltre a trovare anche qui i prestatori di lavoro, troviamo tutta un’altra
serie di soggetti economici che vanno identificati; infatti c’è l’utenza, il potenziale( che è il resto della
collettività che non è utenza ma che potrebbe essere utenza), ci sono i livelli di governo, quindi lo
stato, e c’è anche la governance.Inoltre la possibilità di esprimere il capitale di comando, in
un’azienda pubblica ovviamente, non necessariamente deriva dal possesso della maggioranza
assoluta del capitale. In altre parole si può essere soggetto economico senza per forza avere la
maggioranza assoluta del capitale, ma basta la maggioranza relativa.

LA GOVERNANCE

Quando si parla della governance della società si parla del soggetto economico, quando invece si parla di
corporate governance si tende ad allargare la definizione anche con le regole e i meccanismi che consentono
al soggetto economico di operare e di raggiungere i propri fini.
MODELLI DI GOVERNANCE

I modelli di governance sono differenti e la loro diversità è data dalla diversità di alcune variabili.

Nella realtà possiamo rilevare differenti modelli di governance in base a due variabili chiave:

● la composizione della compagine societaria, ovvero molti soci non stabili all’interno della compagine
societaria
● la stabilità della compagine stessa, ovvero pochi soci stabili

Dall’incrocio di queste due variabili chiave abbiamo due principali modelli di governance

● uno a proprietà chiusa, definito anche a proprietà concentrata: abbiamo un imprenditore che è
soggetto economico e giuridico della sua impresa, il capitale di proprietà è messo solo da questo
imprenditore e la proprietà quindi è concentrata nelle mani di questo imprenditore
● uno a proprietà aperta, definito anche a proprietà manageriale: in questo abbiamo più imprenditori
tanto che andiamo a dividere l’impresa manageriali in due sottoclassificazioni
● quella detta public company, detta anche proprietà diffusa
● impresa consociativa, detta anche proprietà ristretta

L’IMPRESA A PROPRIETA’ CHIUSA

Ha degli elementi caratteristici. È concentrata nelle mani di un solo imprenditore ed è solitamente stabile.

Il suo obiettivo è la massimizzazione del profitto dell’imprenditore. L’obiettivo del massimo profitto vale
nell’ambito di condizioni che lo vincolano e lo limitano.

I vincoli e le limitazioni dell’obiettivo sono:

1) Interessi e valori extraeconomici (potere, prestigio, benessere collettivo, crescita culturale)


2) Orizzonte temporale (essendo limitato l’orizzonte temporale l’imprenditore cercherà di ottenere un
profitto in breve periodo)
3) Propensione al rischio
4) debolezza finanziaria (raggiunto un elevato livello di indebitamento difficilmente le banche
concederanno ulteriore finanziamento all’imprenditore)
5) debolezza manageriale(l’imprenditore ad un certo punto avrà bisogno di aiuti esterni perché se
continua a rimanere solo difficilmente potrà fare un salto di qualità su determinate scelte)
6) accentramento del potere e delle competenze in una sola persona(se quella persona ha problemi
questi potrebbero portare problemi nell’operatività dell’azienda)

I vantaggi dell’impresa a proprietà chiusa:


● unità di intenti e dedizione
● agilità nel prendere determinate decisioni
LEZIONE DEL 6 OTTOBRE

L’IMPRESA MANAGERIALE (PROPRIETA’ APERTA)

Elementi caratteristici:

● dissociazione dei ruoli tra il portatore del capitale di rischio(azionisti) e quello direzionale(manager).
Entrambi sono il soggetto economico dell’impresa manageriale e a volte azionisti e manager hanno
interessi che confliggono tra loro. Basti pensare che lo scopo degli azionisti è quello di raggiungere il
profitto in breve termine mentre lo scopo dei manager è quello di seguire un percorso di crescita
aziendale che prevede lunghi periodi(profitto vs crescita)

Partendo dagli azionisti:

● di solito il capitale che investono, che è il capitale di rischio, coincide con le risorse finanziarie
● il loro obiettivo è quello di massimizzare il loro profitto

Il manager invece:

● il capitale investito è la capacità professionale


● il manager vuole massimizzare la propria remunerazione e massimizzare la valorizzazione delle
proprie capacità

Nella impresa manageriale si possono avere due modelli diversi di corporate governance:

1) public company(proprietà diffusa), ovvero un’azienda quotata in borsa dove l’azionariato è


particolarmente parcellizzato e quindi non si riesce quasi ad identificare un socio di maggioranza
seppur relativa. Tra gli elementi caratteristici abbiamo una polverizzazione del capitale tra una
moltitudine di azionisti (ciò vuol dire che un’azienda è quotata in borsa e ogni giorno sul mercato di
borsa vengono comprate o vendute talmente tante azioni che non è quasi identificabile un’azionista
di riferimento.

Mentre l’impresa a proprietà chiusa vede come suo limite il limite finanziario(ovvero un grado di potenziale
accesso al capitale di terzi assolutamente limitato), perché se voglio ricapitalizzare in un’impresa a proprietà
chiusa devo andare dall’imprenditore che deve andare in banca accendendo un prestito, ovvero mettendo il
proprio capitale di rischio, in modo che mi aumenti il proprio patrimonio netto e il proprio capitale
sociale(arrivando però poi al momento in cui il singolo imprenditore finisce il proprio capitale di rischio), la
public company, al contrario, vede l’importanza del mercato di borsa come un accesso al prestito
potenzialmente illimitato, cioè io immetto sul mercato nuove azioni e se potenzialmente tutti acquisteranno
le mie nuove azioni io avrò nuovo capitale di rischio che ovviamente dovrò restituire.

Vantaggi della public company:

● il profilo finanziario:io immetto nuove azioni sul mercato di borsa e ho nuovo capitale di rischio a mia
disposizioni (spiegato prima)
● si affida l’azienda ad un profilo manageriale capace

Limiti della public company:


● Manager-padrone: siccome l’azienda è così parcellizzata e polverizzata in termini di azionisti, ad un
certo punto non si riesce nemmeno ad identificare l’azionista di maggioranza. Quindi il rischio è che
d'impresa di tutti diventi impresa di nessuno. Alla fine quindi il rischio è che il manager si trovi a
gestire questa azienda come se fosse la propria, ovvero il rischio è che il manager trasponga su
questa azienda gli obiettivi personali con una scarsa attenzioni a quelli che potrebbero essere gli
obiettivi dei soci. Ovviamente ci sono una serie di meccanismi di controllo(ad esempio l’assemblea di
azionisti, che verificano gli obiettivi raggiunti e che quindi valutano l’operato del manager
controllando che non diventi manager-padrone) che permettono di evitare che il manager vada oltre
i suoi compiti.

2) impresa consociativa(proprietà ristretta), detta anche modello renano. È un’impresa quotata in


borsa che, pur essendo un’impresa manageriale, ha pacchetti azionari ben definiti e molto stabili nel
tempo.

Gli elementi caratteristici dell’impresa consociativa:

● la compagine azionaria è numerosa ed articolata(come nella public company)


● ha un cosiddetto nocciolo duro nella sua compagine societaria(a differenza della public company):
quindi nessun singolo azionista ha il controllo(questo simile alla public company), ma una quota
significativa è detenuta da operatori finanziari con prospettive di lungo periodo(questa è la differenza
con la public company). Inoltre un’altra quota altrettanto stabile è detenuta da persone con forti
interessi nei confronti dell’impresa (es.famiglia originariamente proprietaria, ma anche enti pubblici,
fornitori ecc.)
● la continuità dell’impresa nel tempo come motivo unificante
● tutte le persone che lavorano per questo tipo di impresa hanno un atteggiamento vigile nei confronti
del management

I vantaggi dell’impresa consociativa:

● lungimiranza
● la stabilità dell’azionariato
● flessibilità finanziaria e possibilità di accedere al capitale a basso costo
● gli azionisti sono interessati ad un controllo più puntuale dell’operato del management

Limiti dell’impresa consociativa:

● elevati gradi di mediazione richiesti al management e ciò porta a lentezze decisionali, difficoltà nei
riorientamenti aziendali(cioè ad esempio le difficoltà che si hanno se sposto la produzione dall’Italia
ad uno stato estero,quando in realtà l’azienda nasce in Italia) e inoltre a volte a tollerare delle
inefficienze per non turbare il consenso
● eccessi di conservatorismo e di prudenza nelle scelte strategiche(scarsa propensione ad investimenti
a rischio privato) e quindi limiti al cambiamento
● al contrario del precedente,esasperazione dell’orientamento alla crescita
LEZIONE 13 OTTOBRE

LE RISORSE

Le risorse rappresentano il DNA, le basi e le combinazioni delle aziende.

Un’azienda, nello svolgimento della propria attività, può realizzare una combinazione tra risorse, anche in
considerazione del contesto ambientale, creando così un sistema di risorse, il quale è funzionale alla
realizzazione dei prodotti e dei servizi.

I prodotti e i servizi sono solo la punta dell’iceberg dei risultati dell’attività aziendale, il cui svolgimento
determina inevitabilmente anche la trasformazione del sistema di risorse stesso. Parlando di trasformazione,
posso andare a parlare di trasformazione consapevole e di trasformazione inconsapevole. La prima, ad
esempio, è un processo dove consapevolmente io vado ad acquistare un nuovo macchinario perché mi sono
reso conto dell’obsolescenza del vecchio macchinario. Per quanto riguarda la seconda invece, significa che
negli anni tutti coloro che lavorano all’interno dell’azienda hanno cambiato inconsapevolmente il loro modo
di lavorare.

Inoltre il sistema di risorse è visto come input e come prodotto congiunto dell’attività aziendale, che va ad
aggiungersi al più evidente output. Però possiamo anche parlare non solo di processo lineare (input e
output), bensì anche di processo circolare, ovvero il sistema di risorse non può solo consumarsi o essersi
impoverito, ma anche auto alimentarsi ed essere quindi arricchito.

Ogni sistema di risorse ha tre principali tipologie di risorse:

1)risorse finanziarie, cioè quando parliamo di denaro. Esse sono rappresentate da un fattore produttivo
generico, il denaro, attualmente disponibile, e anche dai mezzi monetari che diverranno disponibili in futuro,
ovvero i crediti funzionamento e di finanziamento.

Il denaro di cui un’azienda dispone, in quantità e forma variabili nell’arco della propria vita, può avere origine
endogena, cioè quando mi autofinanzio, ovvero quando creo ricchezza all’interno della mia azienda, oppure
esogena, significa che mi sto rivolgendo all’esterno della mia azienda, cioè mi sto rivolgendo ad un capitale di
prestito e ad un capitale di rischio.

Per un’azienda la capacità di reperire risorse finanziarie è fondamentale per garantirne la sopravvivenza e
legato a ciò è fondamentale l’autofinanziamento che mi permette di non dipendere da terzi.

2)risorse materiali, ad esempio una materia prima o un macchinario per trasformare quella materia prima.
Esse sono beni tangibili, ossia fattori produttivi specifici, caratteristici dell’attività che un’azienda svolge.

Questi fattori produttivi possono essere di tre tipi:

● fattori produttivi a fecondità semplice, ovvero beni che partecipano ad un processo


produttivi(incorporati nel prodotto finito o consumati per erogare un servizio)
● fattori produttivi a fecondità ripetuta, ovvero beni che partecipano a più processi produttivi o di
erogazione
● fattori produttivi pluriennali, ovvero beni che, oltre a partecipare a più processi produttivi , sono
destinati a rimanere vincolati all’attività aziendale per più anni. Anche le risorse finanziarie possono
avere un’origine esogena, cioè mi rivolgo all’esterno e quindi vado ad acquistare materiali, o
endogena, cioè mi rivolgo al mio interno e vuol dire che faccio le cosiddette costruzioni in economia
(ad esempio la costruzione di un macchinario all’interno dell’azienda dato che esso non è sul
mercato e il cui valore può essere sia maggiore sia minore rispetto al mercato)

Una volta che la risorsa materiale entra nella produzione, la risorsa materiale cede la propria utilità per uno o
più processi produttivi e, in assenza di eventi straordinari, progressivamente si consuma, riducendo, fino ad
annullarla, la propria utilità residua.

3)risorse immateriali, ad esempio i brevetti, un software. Esse comprendono una vasta gamma di elementi e,
più in generale, condizioni produttive accomunati dalla caratteristica di avere natura intangibile.

Adesso vediamo che ci sono risorse immateriali che si vanno a classificare in 3 macrogruppi:

● quando parlo di capitale umano(primo macrogruppo), parlo delle persone, e quindi parlo del fatto
che abbiano delle proprie conoscenze, abilità, esperienza, creatività(queste sono le risorse
immateriali),
● quando parlo del capitale organizzativo(secondo macrogruppo), parlo di cultura aziendale, dei
database, delle procedure organizzative, dei brevetti (risorse immateriali)
● quando parlo del capitale relazionale(terzo macrogruppo), parlo di relazioni con finanziatori, di
immagine(ad esempio un marchio), partnerships

Come per le altre due tipologie di risorse, anche le risorse immateriali possono avere un’origine esogena,
cioè quando mi rivolgo all’esterno e acquisto partnerships o quando ho iniziative specifiche esterne, o
un’origine endogena, cioè riguardo iniziative interne e funzionamento aziendale(ad esempio io accumulo
delle risorse e mi creo internamente un marchio).

Ricordiamo che l’investimento in risorse immateriali è un investimento ad alto rischio, in quanto comporta
tempi lunghi e una bassa controllabilità della risorsa e dei benefici associati, ma potenzialmente sono anche
ad alto rendimento, in quanto io posso usare, ad esempio, il marchio in una molteplicità di usi diversi e posso
creare circoli virtuosi con le partnerships, il marchio che mi portano ad aumentare la mia vendita in modo
esponenziale.

QUALI SONO I VALORI DELLE RISORSE PER UN AZIENDA?

1)Il valore dello scambio

2)il valore d’uso

Quindi io utilizzo una risorsa per avere una combinazione di risorse, ognuna delle quali ha un valore d’uso, e
alla fine avrò un valore di scambio.

Quali sono le risorse che mi conviene utilizzare per ottenere risultati economici?

Le risorse individuali(macchinari, tecnologie,marchi,brevetti)

competenze(qualità/potenzialità del sistema che riducono gli ostacoli all’accumulazione di risorse

● Le risorse scarse, rare


● quelle dotate di imperfetta imitabilità
● quelle dotate di imperfetta sostituibilità
● quelle dotabili di imperfetta mobilità(il fatto che non lo riesco a fare arrivare in tutto il mondo è una
caratteristica di questo bene)
● le risorse devono avere a che fare con l’ambiente di riferimento

LEZIONE DEL 14 OTTOBRE

LA FORMA GIURIDICA DELLE IMPRESE

In termini giuridici abbiamo diverse forme giuridiche di imprese.

1)l’impresa individuale.

● È quella che è priva di autonomia giuridica, cioè abbiamo una persona(l’imprenditore)che ha avuto
l’idea dell’impresa, che ha messo il proprio capitale di rischio e che assume illimitatamente i rischi
derivanti dall’impresa, cioè risponde con il proprio patrimonioe, in caso di insolvenza, può subire il
fallimento.
● L’imprenditore, quindi, è sia soggetto economico che soggetto giuridico di fatto perché assume il
pieno controllo della gestione e accentra la direzione nelle sue mani.
● L’organizzazione dell’impresa individuale è poco formalizzata e molto flessibile, vi è un contatto
diretto tra l’imprenditore e i lavoratori, tipico delle imprese di piccole dimensioni e la comunicazione
interna non presenta difficoltà e il coordinamento è facilitato dalla quasi totale assenza di gerarchie.

2)L’impresa collettiva

● Due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo
scopo di dividerne gli utili(o le eventuali perdite).dal contratto di società, che è il contratto che unisce
due o più persone nel formare l’impresa, nasce appunto l’impresa collettiva.
● nelle imprese collettive si hanno più proprietari disposti ad accollarsi i rischi e i vantaggi derivanti
dallo svolgimento dell’attività commerciale
● unendo i loro apporti l’impresa viene dotata di mezzi propri che possono essere più o meno ingenti a
seconda del tipo di società prescelto

● anche la raccolta del capitale di debito è generalmente facilitata dalle maggiori garanzie offerte
dall’impresa di più grandi dimensioni
● le motivazioni alla base di un’impresa collettiva sono la possibilità di reperire un maggior volume di
capitali e il frazionamento dei rischi imprenditoriali tra più persone

Sotto le imprese collettive troviamo le società commerciali, sotto le quali abbiamo tre tipologie fondamentli
di società:

● società di persone
1. sono prive di personalità giuridica. Il soggetto giuridico è costituito dagli stessi soci che rispondono in
via sussidiaria dei debiti contratti dalla società anche con il proprio patrimonio personale
2. essi governano l’impresa della quale sono il soggetto economico, assumendosene i rischi
3. pur essendo prive di personalità giuridica, le società di persone hanno un patrimonio autonomo ,
distinto da quello personale dei soci
4. tale autonomia è però imperfetta poiché, qualora il patrimonio sia insufficiente ad estinguere i debiti
della società, i creditori possono rivalersi sul patrimonio personale dei singoli soci
5. si costituiscono con atto pubblico o scrittura privata autenticata

Le società di persone si dividono a loro volta in due sottoclassi

● società in nome collettivo (SNC). Sono formate da una pluralità di soci che rispondono solidalmente e
illimitatamente delle obbligazioni sociali. Perciò ogni socio può rispondere dei debiti sociali per intero
o con il proprio patrimonio personale
● società in accomandita semplice (SAS). Sono caratterizzate dalla coesistenza di due diverse categorie
di soci con diversa responsabilità:
1. soci accomandatari, che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali
2. soci accomandanti, che rispondono limitatamente alla quota conferita

In generale, tutti i tipi di società di persone agiscono sotto un nome che è detto ragione sociale e deve
contenere il nome di uno o più soci

● società di capitali
● sono dotate di personalità giuridica: delle obbligazioni sociali risponde la società stessa con il proprio
patrimonio
● hanno pertanto autonomia patrimoniale perfetta perché il patrimonio sociale è separato da quello
personale dei soci
● i soci, quindi, sono separati solo per le quote conferite
● il nome sotto il quale agiscono è detto denominazione sociale
● il capitale sociale deve avere un importo minimo, diverso a seconda del tipo di società
● si costituiscono solo con atto pubblico

Le società di capitali si distinguono in:

1. società per azioni (SPA). Sono un modello societario a compagine sociale potenzialmente illimitata,
dove assumono rilevanza centrale la circolazione della partecipazione sociale e la possibilità di
ricorso al mercato del capitale di rischio realizzato attraverso l’emissione di azioni e di titoli
rappresentativi delle quote dei soci.
2. società a responsabilità limitata. Sono un modello societario in cui è vietata l’emissione di azioni e
che risponde alle esigenze proprie delle imprese a ristretta compagine sociale. Le azioni sono
sostituite da quote.
3. società in accomandita per azioni. Modello societario intermedio, caratterizzato, come nelle società
in accomandita semplice, dalla presenza sia di soci accomandanti, sia di soci accomandatari. A
differenza di questa, però, le quote dei soci sono rappresentate da azioni
4. società unipersonale. Si costituisce con un atto unilaterale ed è circoscritta solo alla forma di srl e
spa. Sono a socio unico e quindi vi è una limitazione della responsabilità al capitale conferito e le
quote di capitale sono interamente detenute da un unico proprietario
● società cooperative,
● Sono società dotate di personalità giuridica che perseguono finalità mutualistiche, ossia rivolte
soprattutto a soddisfare i bisogni degli stessi soci.
● Nel rapporto cooperativistico per il socio non deve esserci intento speculativo; tuttavia questo non
significa che nella sua attività esterna la società cooperativa non debba comunque porsi obiettivi di
economicità e di efficienza, indispensabili per poter continuare lo svolgimento della funzione sociale.

Le società cooperative possiamo distinguerle in:

1. La mutualità prevalente. Sono quelle società che nello statuto hanno (lo statuto è un documento
della società diviso in articoli i quali vanno a definire le regole e i componenti di una società) clausole
di non lucratività e rispettano il criterio della mutualità, cioè il criterio del non profit come oggetto
sociale
2. La mutualità non prevalente. Pur svolgendo una funzione sociale non rispettano il criterio della
prevalenza nello scambio mutualistico, quindi si soddisfano maggiormente i bisogni dei soci

FATTORI DETERMINANTI CHE FANNO PROPENDERE PER UNA FORMA GIURIDICA PIUTTOSTO CHE UN’ALTRA

● rischi assunti dai soci: qualora i soci siano orientati a limitare la propria responsabilità, le società di
capitali sono, in genere, da preferire, alle società di persone
● dimensione dell’azienda: la dimensione da dare all’impresa dipende dal settore di attività prescelto
ed è vincolata dal volume di mezzi finanziari necessari per effettuare gli investimenti richiesti. Sotto
questo aspetto sono da preferire le società di capitali in quanto hanno una maggiore facilità nel
reperire finanziamenti
● aspetti organizzativi e gestionali: le società di capitali costituiscono la forma giuridica più adatta alle
grandi imprese. Le società di persone invece, che costituiscono la forma giuridica più adatta alle
piccole imprese, sono più idonee a inserirsi in settori produttivi che si basano sul fattore lavoro come
fattore produttivo principale
● aspetti giuridici e fiscali: sotto l’aspetto giuridico e fiscale, è rilevante anche il modo con cui sono
trasferibili le quote di capitale sottoscritte dai soci.
● Inoltre deve essere preso in considerazione anche l’onere connesso agli adempimenti civilistici, ciò
vuol dire che più la società diventa di grandi dimensioni e diventa una società di capitali, più avrà
degli adempimenti da rispettare
LEZIONE DEL 19 OTTOBRE 2020

CHE COS’È L’ORGANIZZAZIONE?


L’organizzazione è come lo strumento che le persone hanno a disposizione per mettere insieme diversi
elementi,diverse parti, per raggiungere un obiettivo.
Tutte le organizzazioni nascono per soddisfare un bisogno umano e nascono nel momento in cui c’è una
persona o più persone che ritengono di avere le competenze e le risorse necessarie per soddisfare quel
bisogno umano. L’università, ad esempio, non è altro che un’organizzazione, perché ci sono diverse risorse e
persone al suo interno che servono per soddisfare un bisogno umano, ovvero l’alta formazione.

L’organizzazione è importante anche per quanto riguarda gli input e gli output.
Infatti, teniamo conto del fatto che l’organizzazione prende degli input, i quali vengono trasformati
dall’organizzazione in output i quali, questi ultimi, possono avere un impatto positivo sulla soddisfazione del
bisogno in termini di outcome.

In generale possiamo avere organizzazioni che svolgono le stesse attività, che producono gli stessi beni e gli
stessi servizi, però è possibile anche che aziende che producono gli stessi beni e servizi abbiano
organizzazioni differenti, cioè performances diverse.

Ma perché un’azienda che produce gli stessi beni può avere una performance migliore o peggiore rispetto al
proprio concorrente?
Questo dipende proprio dall’organizzazione che ha tale azienda perché, a parità di tipologie di output che
vado a produrre, l’organizzazione può variare in base alle scelte che l’azienda deve fare coerenti con la
propria strategia e con il proprio modo di essere, ma anche con l’ambiente.
LA TEORIA ORGANIZZATIVA
È lo studio di come funzionano le organizzazioni e del modo in cui influenzano e vengono influenzate
dall’ambiente in cui operano.

Per capire in che modo funzionano le organizzazioni è necessario introdurre questi concetti principali:

1) STRUTTURA ORGANIZZATIVA
2) CULTURA ORGANIZZATIVA
3) LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA
4) IL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
5) IL RUOLO ORGANIZZATIVO

1)STRUTTURA ORGANIZZATIVA
E’ il sistema formale di compiti e relazioni di autorità che controllano il modo in cui le persone coordinano le
proprie azioni e utilizzano le risorse per conseguire gli obiettivi dell’organizzazione.
Quindi una struttura organizzativa è la divisione del lavoro, ma indica anche le relazioni che esistono tra le
diverse parti dell’organizzazione. Infatti noi sappiamo che l’organizzazione tende a mettere insieme persone
che condividono le stesse tecniche, le stesse esperienze o che comunque hanno obiettivi comuni, creando
così delle unità organizzative.

Queste unità organizzative non sono tutte uguali ai fini del risultato dell’organizzazione, perche c’è chi ad
esempio è direttamente impegnato nella produzione del prodotto e chi invece deve redigere il bilancio. Il
ruolo svolto dalle persone che si occupano direttamente della produzione del prodotto è un ruolo di linea
mentre il ruolo di queste persone che non si occupano direttamente della produzione dell’oggetto aziendale
ma che danno un supporto ad essa non è di linea ma di staff. La creazione delle unità organizzative risponde
alla necessità di svolgere le attività di lavoro strategicamente importanti per l’organizzazione.

Le principali modalità per la creazione delle unità organizzative sono le conoscenze e le capacità (le attività
sono raggruppate in base alle conoscenze specialistiche delle persone che le svolgono),i processi di
lavoro(persone che svolgono determinate tipologie di attività), le funzioni (sono raggruppate in unità sulla
base della specifica azione aziendale per la quale svolgeranno la loro attività e possono essere di 5 tipi:di
supporto,che facilitano all’organizzazione il controllo delle relazioni con l’ambiente e gli stakeholders, di
produzione, che gestiscono e migliorano l’efficienza dei processi di conversione di un’organizzazione, in
modo da creare più valore, di manutenzione, che consentono ad un’organizzazione di tenere in operatività i
suoi reparti, adattive, che consentono all’organizzazione di adattarsi ai cambiamenti che intervengono nel
suo ambiente, manageriali, che facilitano il controllo e il coordinamento delle attività all’interno dei reparti e
tra i reparti), gli output(sulla base dei prodotti che ottengono o dei servizi che forniscono), la clientela (sulla
base della tipologia di cliente) e la località geografica (in base alle zone nelle quali l’azienda opera)

A proposito della struttura organizzativa ricordiamo che l’organigramma è la rappresentazione grafica della
struttura organizzativa. Esso differenzia verticalmente i ruoli organizzativi in base all’autorità che si
accompagna a ciascuno di essi (gerarchia). Orizzontalmente, invece, esso differenzia le varie responsabilità
operative, creando la divisione del lavoro che consente ai componenti di un’organizzazione di diventare più
specializzati e produttivi.

I VARI TIPI DI STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Esistono vari tipi di struttura organizzativa:

a) struttura semplice o struttura elementare;


quando parliamo di questa struttura non potremmo neanche parlare di un vera e propria struttura
organizzativa in quanto molto spesso non è formalizzata tramite l’organigramma dato che questo tipo di
struttura è scelto dalle organizzazioni molto piccole con poche persone che rappresentano comunque
un’azienda ma non sono abbastanza strutturate da definire in modo formalizzato una struttura gerarchica.
In questo tipo di struttura abbiamo una persona che assume il ruolo di leadership e che deve coordinare
poche persone. se dovessimo elencare le caratteristiche di questa struttura abbiamo:

● specializzazione comune; noi abbiamo detto che le organizzazioni tendono ad assegnare specifici
compiti alle persone in modo che quelle persone si possano specializzare. Questo fatto non avviene
nella struttura semplice in quanto esiste una specializzazione comune e non specifica, nel senso che il
lavoro può essere svolto in maniera intercambiabile tra le diverse persone e quindi tutti possono fare
il lavoro di tutti

contatto diretto, che è il meccanismo di coordinamento più utilizzato. Quindi i soggetti attraverso le
relazioni interpersonali si mettono d’accordo trovando le risoluzioni ai problemi

aggiustamento reciproco, cioè vi è un comportamento basato sul confronto tra le persone e il
trovare soluzioni in maniera condivisa

struttura piatta, in quanto non abbiamo livelli gerarchici

Quali sono i vantaggi che porta una struttura semplice:


● flessibilità
● rapporto diretto con il cliente
● rapporto di fiducia con/tra collaboratori
● bassi costi burocratici, cioè sono bassi i costi legati alla struttura organizzativa:più è semplice la
struttura e più sono bassi, più è complessa la struttura e più sono alti

● Quali sono gli svantaggi di una struttura di questo tipo:


problemi di successione: quando abbiamo il ruolo dell’imprenditore molto forte il quale però ad un
certo punto viene meno la struttura semplice entra in crisi perché non ha creato le basi per poter
continuare anche dopo la vita dell’imprenditore
● il fatto che sia un’organizzazione semplice non aiuta quando ci troviamo di fronte a situazioni più
complesse e difficili da affrontare

Esempi di struttura semplice sono:


● la forma imprenditoriale, dove abbiamo l’imprenditore che forma la sua azienda con un piccolo
gruppo di soci e quindi tutta la vita aziendale è collegata alla vita dell’imprenditore
● la forma artigiana, in cui abbiamo il responsabile che gestisce pochi collaboratori

b) la struttura funzionale
E’ un’organizzazione che raggruppa i dipendenti in base alle competenze che hanno in comune, oppure
perché utilizzano le stesse risorse.

I livelli gerarchici che ha questa struttura funzionale sono tre e le funzioni di staff sono 2.

Le principali caratteristiche:
● la divisione del lavoro e quindi ogni membro si occupa di un’attività in cui è specializzato
● abbiamo un alto livello di complessità e alto livello di livelli gerarchici

Quali sono i vantaggi delle struttura funzionale:

● le economie di scala (un esempio di economia di scala è la riduzione dei costi legati all’aumento dei
volumi di produzione). In questo modo il prodotto finito ha un costo minore rispetto a chi invece non
realizza i prodotti in serie.

● le economie di specializzazione, ossia più ci si specializza in un’attività e più si è bravi a fare


quell’attività in termini di migliore qualità del prodotto finito e di riduzione dei costi legati alla
realizzazione di quel prodotto
● Il commitment delle persone(legame esistente tra un lavoratore e la propria organizzazione), che è
invece legato al fatto di lavorare nella stessa unità organizzativa con persone che hanno una stessa
esperienza e stesse competenze e che quindi porta ad un aumento del commitment stesso

Quali sono gli svantaggi delle struttura funzionale:


Invece, gli svantaggi sono tutti legati alla complessità. Nel momento in cui aumenta la nostra ambizione di
operare in più mercati e quindi il livello di complessità aumenta, la struttura funzionale non è più adeguata.
Perciò avremo:
● problemi di comunicazione

problemi di controllo,nel senso che più aumenta la complessità legata anche al numero di funzioni e
più cresce la complessità nel gestire/controllare tante funzioni

problemi di misurazione, in quanto diventa difficile misurare l’impatto di ogni singola funzione

c) struttura divisionale
Raggruppa le funzioni a seconda delle esigenze specifiche dei prodotti, mercati o dei clienti.
L’obiettivo è creare delle sotto unità più piccole e gestibili all’interno dell’organizzazione

Se aumenta la complessità legata al prodotto, mercato o cliente occorre una struttura divisionale, ovvero
una struttura che:
● favorisca un controllo efficace sule funzioni
● favorisca un controllo sulla gestione complessiva dell’azienda
● che abbia un più alto grado di differenziazione verticale, quindi più livelli gerarchici
● che abbia un più alto grado di differenziazione orizzontale, quindi aumentare il controllo delle varie
funzioni
● che abbia un più alto grado di integrazione

Tipologie di struttura divisionale:


1) struttura per prodotto, se la complessità è dovuta al numero o alla complessità dei prodotti.
Quando parliamo di questa struttura, la prima problematica che bisogna risolvere è dove collocare le funzioni
supporto, cioè le funzioni di staff;
possiamo accentrarle a livello organizzativo in modo che servano da supporto per tutte le divisioni di
prodotto oppure istituire diversi set di funzioni di supporto, una per ogni divisione

2) struttura geografica, se la complessità è dovuta al numero dei luoghi in cui l’organizzazione realizza e vende i
prodotti.
In questa struttura:
● le divisioni sono organizzate sulla base dei requisiti dei luoghi in cui opera l’organizzazione
● essa sviluppa le competenze distintive in base alle necessità dei clienti delle diverse zone
● alcune funzioni sono accentrate nella sede corporate e altre decentrate a livello di zona
3) struttura per segmenti, se il problema è dovuto alla gestione di un gran numero di segmenti di clientela
diversi.
In questa struttura:
● al centro dell’organizzazione c’è il marketing
● le competenze e le abilità professionali sono in linea con le necessità di prodotto dei diversi segmenti
di clienti
● le divisioni sono orientate a soddisfare le necessità dei diversi clienti
● l’organizzazione è in grado di percepire velocemente i cambiamenti del proprio mercato

d) la struttura a matrice
● Ha solo due livelli gerarchici, quindi la struttura è abbastanza piatta
● l’autorità generalmente è molto decentrata
● c’è un meccanismo di integrazione

Quali sono i vantaggi:


● elevata comunicazione e collaborazione tra i dipendenti evita l’orientamento sub-unitario
● l’aggiustamento reciproco rende l’organizzazione molto flessibile
● la comunicazione tra funzioni diverse permette di accrescere l’apprendimento e lo sviluppo delle
competenze
● i dipendenti si possono si possono spostare all’interno della matrice dove c’è più bisogno di loro così
l’organizzazione può sfruttare efficacemente le competenze
● il doppio focus, che permette di avere l’attenzioni sia sui costi che sulla qualità

Quali sono gli svantaggi:


● la gerarchia troppo piatta, quindi c’è poco controllo
● ruoli ambigui, spesso non apprezzati dai lavoratori
● gerarchia del potere no chiaramente definita
● alto grado di incertezza e stress
____________________

e) la struttura a network
E’ un’organizzazione a rete.
Questo avviene ogni volta che abbiamo un’azienda centrale che instaura con altre aziende dei contratti per
avere input o output a seconda delle diverse aziende.

2)la cultura organizzativa l’insieme dei valori e norme condivise che controllano le interazioni dei
membri dell’organizzazione tra di loro e con i fornitori, i clienti e altri soggetti esterni all’organizzazione
3)la progettazione organizzativaè il processo attraverso cui i manager selezionano e gestiscono vari
aspetti della struttura e della cultura organizzativa , in modo tale che l’organizzazione possa controllare le attività
e i processi necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi.

Chi si occupa di definire la progettazione organizzativa?


Se la cultura organizzativa è definita dall’imprenditore, dai soci fondatori ecc. anche la struttura organizzativa
allora viene definita dal vertice strategico.

Quali sono i principali problemi legati alla progettazione organizzativa?


A)divisione del lavoro detta anche differenziazione
E’ il processo mediante il quale un’organizzazione alloca persone e risorse ai diversi compiti e definisce le relazioni
operative e di autorità che consentono di raggiungere i suoi obiettivi. La differenziazione può essere di basso
livello(in questo caso abbiamo organizzazioni semplici, dove la divisione del lavoro è bassa, ossia tutti fanno un
po’ di tutto, quindi non c’è il problema di stabilire chi fa che cosa, per chi, e quando) o di alto livello(in questo caso
si ha la crescita della complessità organizzativa e dove quindi si ha una differenziazione più alta

B)stabilire un livello di integrazione adeguato al livello di differenziazione dell’azienda, quindi trovare un


equilibrio tra differenziazione e integrazione.
Esistono 5 meccanismi di integrazione:

1) il più semplice è la gerarchia, la quale stabilisce chi riporta a chi e quindi coordina i diversi ruoli organizzativi

2) contatto diretto, che prevede uno sviluppo di relazioni interpersonali per superare i problemi che insorgono

3) ruoli di collegamento, dove uno o più membri di ciascun sotto-unità si assumono la responsabilità di
collaborare al coordinamento delle attività sub-unitarie

4) Team o task force; entrambi costituiscono gruppi di integrazione che forniscono soluzioni per il coordinamento
coinvolgendo più livelli. I primi hanno una natura permanente, quindi una volta creata la squadra di soggetti
derivanti da diverse funzioni restano sempre in questo team anche dopo aver risolto il problema, i secondi invece
prevedono lo scioglimento della squadra dopo aver risolto il problema

5) ruoli o reparti di integrazione; un ruolo di integrazione è quello svolto da un nuovo manager che si occupa a
tempo pieno di facilitare e migliorare la comunicazione. Quando però questo manager è affiancato da dei
collaboratori si crea un reparto dove la funzione svolta dal manager e dai suoi collaboratori è sempre la stessa,
ovvero occuparsi a tempo pieno di facilitare e migliorare la comunicazione.

C)abbiamo anche il problema legato ai processi decisionali.


Ci possiamo trovare davanti a due tipi di organizzazioni:
1) la prima in cui il potere decisionale è fortemente accentrato e dove abbiamo,quindi, una concentrazione nel
vertice strategico di tutto il potere e di tutta l’autorità. Infatti il potere di prendere decisioni importanti è
appannaggio solo dei soggetti al vertice della gerarchia. Il vantaggio di questo tipo di organizzazione è che
consente di coordinare le attività e di tenere l’azienda concentrata sui suoi obiettivi generali, mentre lo svantaggio
è che c’è meno tempo da dedicare alle decisioni strategiche di lungo periodo

2) la seconda in cui il potere di prendere decisioni importanti sulle risorse dell’organizzazione viene delegato a
manager di tutti i livelli della gerarchia.

Il vantaggio di questo tipo di organizzazione è che c’è una maggior flessibilità e il manager e i dipendenti sono più
motivati,
mentre lo svantaggio è che la pianificazione e il coordinamento diventano difficili

D)coordinamento delle attività

- il primo modo che il nostro manager ha per coordinare i nostri collaboratori è quello dell’adattamento
reciproco, cioè lascia i due soggetti liberi di coordinarsi in maniera autonoma

-il secondo modo è quello della supervisione gerarchica: il nostro manager ha un ruolo più attivo perché dà delle
indicazioni, fa svolgere le attività e il manager controlla che quelle attività siano state svolte correttamente

- il terzo modo è quello della standardizzazione dei processi di lavoro, cioè standardizzare come deve essere
svolto il lavoro

-il quarto modo è la standardizzazione dei risultati, cioè definire un obiettivo e lasciar poi le persone libere di
svolgere quell’attività nel modo in cui lo ritengono più opportuno per raggiungere quel determinato obiettivo

-il quinto modo è standardizzazione delle conoscenze e delle capacità

E)il comportamento da tenere all’interno dell’organizzazione , ovvero perseguire una standardizzazione e


un aggiustamento reciproco:

- STANDARDIZZAZIONE: ogni volta che noi definiamo a priori delle regole da seguire stiamo facendo una
standardizzazione, la quale è legata a comportamenti a loro volta legati a procedure già definite

- AGGIUSTAMENTO RECIPROCO: processo opposto alla standardizzazione, tramite il quale le persone


interagiscono per orientare il processo decisionale e risolvere i problemi anziché impiegare schemi predefiniti

Quindi, se abbiamo un’alta standardizzazione o un alto aggiustamento reciproco noi potremo avere livelli di
formalizzazione alta o bassa, infatti:
- se ci affidiamo ad un’alta standardizzazione avremo un’alta formalizzazione,
- mentre se ci affidiamo ad un alto aggiustamento reciproco avremo una bassa formalizzazione.

Hanno un’alta formalizzazione tutte quelle organizzazioni che


-hanno livelli di standardizzazione molto elevati

- fanno uso di regole e procedure scritte per standardizzare le operazioni


- hanno potere decisionale molto accentrato

Hanno, invece, una bassa formalizzazione tutte quelle organizzazioni in cui:

-tutti i dipendenti non seguono regole scritte

-i comportamenti sono il risultato dell’aggiustamento reciproco tra i componenti delle diverse funzioni

- il potere decisionale è decentrato.

4) il cambiamento organizzativo è il processo con cui le organizzazioni passano dallo stato


corrente ad uno stato futuro desiderato per accrescere la propria efficacia

5) il ruolo organizzativoè l’insieme dei comportamenti connessi ai compiti operativi richiesti ad una
persona dalla posizione che occupa in una organizzazione
LEZIONE 21 OTTOBRE 2020

IL BILANCIO
Il bilancio è uno dei momenti della misurazione, in cui io vado a misurare, a rendicontare.
Il bilancio ha una valenza prevalentemente esterna perché mi serve, ad esempio, per andare a chiedere un
finanziamento in banca.

LE INFORMAZIONI CHE E’ NECESSARIO AVERE RIGUARDO ALL’AZIENDA

Quando parliamo di azienda parliamo di organizzazione ed abbiamo la necessità di avere

1) informazioni sull’attività umana e sulle organizzazioni

2) informazioni analitiche :
●sull’ammontare delle diverse risorse impiegate,

●sulle fonti di finanziamento

●e sull’economicità dell’impiego delle risorse

3) Informazioni sul bilancio e sui rendiconti finanziari che costituiscono il bilancio

4) Informazioni sugli attori interessati, cioè sugli shareholders e suglistakeholders

5) Informazioni sulla legittimazione dell’impresa

Chi sono gli shareholders?


Sono i proprietari di un’impresa.

Chi sono gli stakeholders in un’impresa?


Sono i soggetti economici interessati al bilancio di esercizio destinato a pubblicazione, in particolare sono:
- Gli intermediari finanziari
- Le banche
- Fornitori
- Clienti
- Dipendenti
- Erario
- Concorrenti
- Sindacati
- Lavoratori in cerca di impiego
- Management e organi di governo
- Portatori di interesse della comunità locale e nazionale

E il bilancio si rivolge proprio a questi stakeholders.

UNA CLASSIFICAZIONE DELLE INFORMAZIONI


Le informazioni possono essere classificate in 2 tipologie:

1)informazioni non quantitative: in questo caso significa che mediamente sono qualitative.
Ad esempio noi facciamo un prodotto migliore di un altro.

2)informazioni quantitative, che delle due sono quelle che ci interessano dato che stiamo parlando di
bilancio. Le informazioni quantitative si dividono in due tipi:
-informazioni monetarie che sono quelle che delle due ci interessano maggiormente dato che stiamo
parlando di bilancio
- informazioni non monetarie: esistono una serie di dati all’interno di un’azienda che non si riferiscono alla
parte monetaria

Le informazioni monetarie
Le informazioni monetarie possono essere divise, a loro volta, in 4 diverse tipologie di informazioni:

Informazioni operative, le quali hanno a che fare con il dettaglio delle operazioni e sono
necessarie per svolgere le attività giornaliere
Informazioni di bilancio, le quali sono utilizzate dal management e da parti terze quando
periodicamente trovano sintesi nel bilancio rivolto a pubblicazione. Le informazioni di bilancio,
quindi, costituiscono la contabilità generale e le informazioni di bilancio sono rivolte all’esterno,
quindi hanno utilizzi esterni

a) Informazioni per il management, che sono quelle informazioni impiegate dal management per
pianificare, porre in atto decisioni e controllare. Sono raccolte, analizzate e rendicontate dal Controllo di
Gestione. Le informazioni per il management sono la contabilità direzionale.
La contabilità direzionale
● dal punto di vista contabile, raccoglie, sintetizza e distribuisce all’interno di rendiconti le informazioni
contabili,
● mentre dal punto di vista dell’utilizzatore comprende, analizza e interpreta i report per assumere
decisioni.
Le informazioni per il management finiscono ad essere informazioni per usi interni, cioè rivolte
all’interno.
In particolare esse sono utilizzate a supporto di 3 principali funzioni del management:

1) programmare: decidere quali azioni debbano essere avviate. Programmare richiede l’assunzione di
decisioni come identificare dei problemi, generare alternative, specificare i criteri della scelta tra alternative,
utilizzare informazioni e comparare con i criteri scelti le alternative e selezionare la migliore

2) implementare (porre in atto): significa che devo porre in atto determinate azioni affinchè, attraverso
risorse e persone, si possano conseguire i risultati programmati. Inoltre i manager possono modificare i
programmi quando risulti necessario od opportuno farlo

3) controllare: il controllo è volto ad influenzare le persone ottenendo le azioni e i comportamenti desiderati.


Il controllo organizzativo comprende tutta la strumentazione che il management utilizza per
influenzare/orientare gli attori verso comportamenti e decisioni coerenti con gli obiettivi dell’impresa. Inoltre
il controllo di gestione è il processo che produce informazioni soprattutto quantitative (monetarie e non)
utilizzate dal management per favorire il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione.

Adesso elenchiamo 12 importanti differenze tra bilancio e controllo di gestione:


1) necessità d’uso: mentre il bilancio è obbligatorio, il controllo di gestione non lo è

2) scopo: lo scopo del bilancio è produrre rendiconti per soggetti economici esterni, mentre le informazioni
del controllo di gestione sono un mezzo per raggiungere uno scopo

3) utilizzatori: gli utilizzatori del bilancio sono gruppi di persone relativamente ampi in maggior parte
dall’identità personale ignota al management, mentre gli utilizzatori del controllo di gestione sono gruppi
relativamente ristretti di persone interne e dall’identità nota

4) struttura sottostante: mentre il bilancio è costruito intorno all’equazione


attività= passività e capitale
netto, il controllo di gestione ha tre finalità principali, ciascuna delle quali si caratterizza per un proprio
specifico insieme di concetti, ed esse sono la misurazione dei ricavi, dei costi e delle attività, il controllo e il
supportare il management nella scelta fra alternative

5) fonte dei principi: il bilancio deve essere redatto e mantenuto in conformità al codice civile e alla prassi
contabile, mentre i principi del controllo di gestione variano in funzione della finalità
dell’informazione e non sono vincolati da alcuna autorità esterna

6) La prospettiva temporale: la prospettiva del bilancio è una prospettiva storica,mentre il controllo di


gestione utilizza valori che rappresentano previsioni, stime e programmi per il futuro, non solo la
descrizione di eventi trascorsi

7) il contenuto delle informazioni: il bilancio sintetizza principalmente il risultato di fenomeni che hanno un
effetto esprimibile in termini monetari e raccoglie data, conto e importo, mentre il controllo di gestione
produce molti tipi diversi di informazioni (monetarie e non) utili ai decisori
8) la precisione delle informazioni: le approssimazioni del controllo di gestione sono maggiori di quelle
tipiche del bilancio
9) la frequenza del reporting: il bilancio è obbligatoriamente prodotto con frequenza annuale, mentre le
informazioni del controllo di gestione sono generate con frequenza più alta
10) la tempestività del reporting: il bilancio è pubblicato e distribuito agli azionisti dopo alcuni mesi dalla
chiusura del periodo amministrativo, mentre i reports del controllo di gestione sono distribuiti
tempestivamente, normalmente, qualche giorno dopo la chiusura del periodo di riferimento

11) l ‘oggetto del reporting: il bilancio descrive l’intera organizzazione dell’impresa, mentre il controllo di
gestione focalizza principalmente porzioni d’impresa

12) le responsabilità potenziali: per il bilancio sono teoricamente sempre esistenti, mentre per il
controllo di gestione virtualmente nessuna

d) le Informazioni fiscali, le quali sono necessarie per il pagamento delle imposte.

A proposito delle informazioni monetarie appena viste, dato che stiamo parlando di bilancio a noi
interessano le informazioni di bilancio e le informazioni per il management.
Questi due tipi di informazioni, che sono informazioni contabili, sono utilizzate

● per comunicare, quindi per informare i dipendenti dei programmi dell’azienda,


● per motivare, quindi per incoraggiare le persone ad agire coerentemente con gli obiettivi aziendali,
● per indirizzare l’attenzione, quindi per fornire feedback, cioè per fornire dei segnali nel caso in cui si
presenti un problema,
● e per valutare, quindi fornire informazioni per valutare una prestazione dei manager e delle altre
persone
LEZIONE DEL 26 OTTOBRE

LA CONTABILITÀ
-La contabilità è il processo di raccolta, misurazione, analisi, interpretazione, sintesi e comunicazione di
informazioni economiche e finanziarie che consentano ai decisori di esprimere giudizi e valutazioni
sull’impresa.

-La contabilità è un linguaggio tecnico (infatti ci sono vari tecnicismi) guidato da regole non tutte pienamente
condivise(cioè ci sono delle stime all’interno della contabilità che possono essere soggettive, ovvero il tempo
con cui decideremo di consumare un’attrezzatura è dato in parte dalle regole dei principi contabili, ma in parte
sono io che vado a decidere quanto realmente la consumo e quindi determinati passaggi e regole possono
non essere condivisi totalmente).

- La contabilità si evolve in risposta ai cambiamenti economici e sociali

I PRINCIPIALLA BASE DELLA CONTABILITA’

I principi sono regole generali che guidano la contabilità ed hanno queste caratteristiche:

1) La rilevanza: se la contabilità produce informazioni importanti e utili riguardo ad un’impresa, cioè


informazioni che possono influenzare le decisioni economiche

2) L’oggettività, cioè la verificabilità: se la contabilità produce informazioni non influenzate da chi le fornisce

3) La fattibilità: se il bilancio può essere implementato cosa senza eccessivi costi o complessità

I principi che stanno alla base della contabilità sono definiti dal codice civile, agli articoli 2423 e 2435 bis.
L’art. 2423:gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato
patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa.
In questo articolo possiamo vedere alcuni principi, e cioè che il bilancio deve essere redatto con chiarezza e
deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il
risultato economico dell’esercizio.
Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione
veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.

L’art. 2435 bis: le società, che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, possono
redigere il bilancio in forma abbreviata quando, nel primo esercizioo, successivamente, per due
esercizi consecutivi, non abbiano superato dei limiti.

Inoltre ricordiamo che


- i principi alla base della contabilità hanno un carattere di generalità, cioè non prescrivono
esattamente come si debba registrare un evento, ma vanno ad essere contraddistinti da una generalità e
quindi valgono per tutte le varie voci che possono intervenire durante l’anno all’interno dell’azienda,
- e che questi principi hanno alla base dei criteri che sono quelli visti prima (rilevanza, oggettività e
fattibilità)

Da dove derivano le indicazioni tecniche e le regole specifiche dei nostri principi alla base delle
contabilità?
Per quanto riguarda l’Italia, derivano
- in parte dal codice civile
- e in parte dall’Organismo Italiano di Contabilità con una progressiva adesione dell’Italia alle norme
internazionali

Quali sono i principali vantaggi dell’armonizzazione contabile internazionale?


-il fatto che per gli analisti e gli investitori, anche fuori dal mio paese, il bilancio dell’impresa ha una
maggiore comprensibilità e comparabilità,quindi io ho una maggiore trasparenza nei loro confronti.
Perciò coloro che volessero investire nella mia azienda hanno dei minori costi di analisi del mio bilancio.

-il fatto che i revisori contabili, che sono coloro che vanno a verificare la correttezza del mio bilancio,
debbano avere delle competenze internazionali che favoriscono così la diffusione della conoscenza
contabile

-il fatto che in una società ci siano minori costi di riconciliazione (infatti se io sono, ad es., una società che
ha più sedi, alcune delle quali fuori dall’Italia, applicando i principi contabili internazionali non avrò
bisogno di mettere in campo grosse risorse di riconciliazione) e legato a ciò avrò anche una maggiore
facilità a reperire dei capitali incentivando conseguentemente la globalizzazione.
I PRINCIPALI DOCUMENTI CHE STANNO ALLA BASE DEL BILANCIO

Il bilancio delle società è composto da 4 documenti principali:

1) Stato patrimoniale
2) Conto economico
3) il rendiconto dei flussi di cassa
4) la nota integrativa

1) LO STATO PATRIMONIALE

Lo STATO PATRIMONIALE comprende le attività e le passività.


In particolare esso descrive la posizione patrimoniale e finanziaria, cioè le attività e i diritti vantati sulle attività
in un certo momento.

Lo stato patrimoniale si divide in 2 sezioni: SEZIONE DI SINISTRA e SEZIONE DI DESTRA.

1) sezione di sinistra, dove abbiamo


- tutte quelle che sono le attività, ovvero le risorse (cioè le cose di valore) possedute dall’azienda
- e tutta la parte di liquidità, cioè la cassa.

ATTIVITA’
- deve essere stata acquisita attraverso una transazione,
- deve essere una risorsa economica,
- deve essere controllata dall’azienda e il suo costo ( o il suo fair value) deve essere misurabile in modo
attendibile al momento dell’acquisto.

Quindi, in altre parole, le attività sono risorse economiche controllate da un’azienda il cui costo può
essere misurato in maniera affidabile al momento dell’acquisizione
Noi possiamo dividere le attività in:
- attività correnti o a breve termine, nelle quali posso trovare tutte le attività definite a breve termine,
quindi:
. la liquidità immediata(cassa)
. sia la liquidità che si otterrà a breve termine (ad es un prodotto che aspetto di vendere e quando lo avrò
venduto avrò ottenuto della liquidità)

- attività immobilizzate o a lungo termine, nelle quali troverò ad esempio


. risorse materiali(macchinari),
. risorse immateriali (un marchio)
. e risorse finanziarie (le azioni che sono appunto immobilizzazioni a lungo termine)

2) sezione di destra, dove abbiamo


-tutte quelle che sono le passività(che rappresentano gli obblighi verso terzi)
- e la parte del capitale netto(quest’ultima detta anche parte residuale, cioè è il diritto residuale di quelli che
hanno conferito il proprio capitale di rischio, e quindi la proprietà, il quale però non è stabilito che venga per
forza restituito. Solo una volta rispettati gli obblighi verso terzi si potrà andare a restituire alla proprietà, come
diritto residuale, quel determinato importo).

● PASSIVITÀ
Le passività a loro volta posso dividersi in due sezioni:

-passività correnti o a breve termine, che presentano a loro volta due tipi di passività:
- le passività correnti finanziarie, che comprendono
. debiti a breve verso banche,
. debiti a breve verso società di gruppo
. e quote in scadenza di debiti a lungo termine

- le passività correnti operative(di funzionamento) che comprendono


. debiti verso fornitori,
. debiti tributari,
. debiti verso il personale, costi in sospeso e anticipi da clienti

-le passività immobilizzate o a lungo termine le quali comprendono ad esempio


. i mutui,
. debiti a lungo termine verso società di gruppo,
. debito a lungo termine verso l’erario
. e debiti tributari a lungo termine

Sempre a proposito delle passività, quando parliamo di esse parliamo dei diritti vantati sia da terzi che dalla
stessa proprietà dell’azienda.
● CAPITALE NETTOche può essere diviso in:
-capitale versato,detto anche capitale di conferimento,che è l’ammontare di denaro apportato direttamente
dalla proprietà, quindi il capitale proprio o di rischio.
Questo capitale versato possiamo considerarlo come capitale sociale, che comprende le azioni in circolazione
moltiplicate per il valore nominale dell’azione(io do il valore di un euro all’azione e dico che il valore nominale
dell’azione è 1 euro e, se ho messo 100000 azioni il capitale sociale è di 100000 euro), e come riserva da
sovrapprezzo di azioni, ovvero io ho delle azioni in circolazione che io ho pagato un prezzo ma il cui valore nominale
è più basso ( cioè l’azione vale un euro ma io mi sono fatto dare dai soci che hanno acquistato delle azioni 1,2 euro,
quindi in realtà ho un 120000 euro di capitale e un capitale sociale di 100000)
-riserve di utili,dette anche capitale di risparmio, cioè la ricchezza generata attraverso la gestione e non
distribuita sotto forma di dividendi. Questa ricchezza mostra quanto la proprietà ha investito nell’azienda, cioè in che
misura ha finanziato le attività.

I PRINCIPI CONTABILI ALLA BASE DELLO STATO PATRIMONIALE

Quando parliamo di stato patrimoniale, parliamo dei principi contabili che stanno alla base dello stato
patrimoniale che sono:

● omogeneità: le registrazioni contabili si riferiscono unicamente ad eventi che producono effetti esprimibili
affidabilmente in termini monetari. Quindi bisogna ricondurre tutte le informazioni interne al mio stato
patrimoniale ad informazioni che sono sommabili algebricamente anche se hanno nature completamente
diverse. Ricordiamo però che l’adottare il principio di omogeneità pone severi limiti alle finalità del bilancio, in
quanto il bilancio alla fine sarà una descrizione incompleta perché non riporta tutti i fatti importanti che
riguardano la vita dell’impresa, ma solo i fatti che sono stati ricondotti ad una somma algebrica in denaro.
Infine, affidandosi a questo principio, ricordiamo che i valori sono espressi in termini di potere d’acquisto della
moneta al momento della registrazione.

● entità: in questo caso la contabilità si riferisce ad un’entità, non alle persone che siano in qualche modo
collegate ad essa. Quindi la contabilità si riferisce all’azienda.

● la prospettiva di continuità di funzionamento: le rilevazioni contabili devono assumere in alternativa che


l’azienda sia in una fase di interruzione dell’attività o che l’azienda rimanga in vita per un tempo
indeterminato. E ovviamente il principio di continuità di funzionamento assume che l’azienda continui a
funzionare per un periodo indeterminato

● il costo storico e il fair value: le risorse economiche di un’azienda le possiamo definire attività o asset o
elementi patrimoniali.
Le attività possono essere
- non monetarie, cioè non esiste un’informazione oggettiva e affidabile di quale sia il loro valore di mercato,
- o monetarie, cioè esiste un’informazione oggettiva e affidabile del loro valore.
Per collegarci al punto iniziale, un’attività, qualunque sia, è normalmente rilevata in contabilità al suo prezzo
d’acquisto cioè al suo costo storico.

Vediamo, sempre a proposito di questo ultimo punto, come contabilizzo le due categorie di attività:
-per quanto riguarda le attività non monetarie il costo d’acquisto continua ad essere il riferimento per la
contabilizzazione anche nei periodi successivi all’acquisto sicchè il valore contabile di un’attività non
monetaria non rappresenta con il passare del tempo il suo valore corrente

-per quanto riguarda invece le attività monetarie, la maggior parte di esse sono registrate in periodi successivi
a quello d’acquisto e al loro valore di presunto realizzo.

Il principio del costo storico legato alle attività non monetarie

Il valore di mercato delle attività non monetarie come i terreni, edifici, attrezzature.. si modifica nel tempo per
molti motivi. il costo d’acquisto(il costo storico) rappresenta il valore di mercato di attività non monetarie solo
al momento dell’acquisto, mentre in seguito non ha più un legame con i prezzi di mercato.

Queste differenza, in genere, cresce con il tempo

Perché noi andiamo ad utilizzare il costo storico per le attività non monetarie?

Ci sono 4 ragioni prevalenti:

-il principio del costo storico non rispetta il criterio della rilevanza(cioè l’informazione che mi dà il costo storico
non è rilevante per il mio bilancio), mentre invece rispetta l’oggettività e la fattibilità. Infatti stime personali e
soggettive possono comunque essere fatte da chi legge il bilancio

-il principio del costo storico non significa che il valore di un’attività non monetaria rimanga in bilancio quello
iniziale, ovvero il costo storico di un’attività pluriennale è infatti sistematicamente ridotto nel corso del tempo
attraverso l’ammortamento . tutta sta roba spiegata più semplicemente significa che attraverso
l’ammortamento io vado a rettificare il costo storico, quindi vado ad aggiornare il costo che io ho nelle mie
attività dello stato patrimoniale

Il principio del costo storico legato alle attività monetarie

Le attività monetarie(a pari di quelle non monetarie) sono registrate al costo storico al momento dell’acquisto
o, nel caso delle rimanenze, al costo di produzione al momento della loro formazione.

Inoltre sono adeguate nel tempo al loro valore di mercato o valore di presunto realizzo e questo adeguamento
nel tempo ai valori di mercato dipende dal tipo di attività monetaria.

In conclusione ricordiamo che l’utilizzo dei valori di mercato delle attività monetarie è rilevante, oggettivo e
fattibile

Per ora abbiamo parlato solo costo storico a proposito dell’ultimo punto trattato; adesso parliamo del fair
value.
Il fair value è il problema legato al fatto che il costo storico rischia di diventare rapidamente troppo differente
dal reale costo di mercato e il rischio di avere un’eccessiva oggettività può produrre un’eccessiva
mortificazione della rilevanza.

Quindi il fair value è l’importo netto al quale un’attività potrebbe essere venduta in una normale transazione
di mercato (prezzo di mercato meno costi di vendita= valore corrente)

● l’avviamento
Esso lo trovo solo in quelle aziende che mediamente sono state acquistate, ovvero se un’impresa non paga
niente per una determinata attività questa non compare normalmente nello stato patrimoniale. Quindi fattori
come la notorietà dell’impresa e dei suoi prodotti, il marchio e le competenze non sono dunque contabilizzati.
Allora adesso vediamo quando vado a contabilizzare l’avviamento: se un’impresa ne acquista un’altra
mediamente acquista l’altra ad un prezzo maggiore del valore attuale delle sue attività, quindi di quello che
potrebbe essere il valore di presunto realizzo delle attività, meno il valore di presunta estinzione delle sue
passività.
L’avviamento è un costo che deriva dall’acquisto di un’azienda il cui prezzo è maggiore della differenza tra il
fair value delle attività e il valore di presunta estinzione delle passività. In pratica è il prezzo che un’impresa
paga per mantenere la sua notorietà e la rete che si era creata precedentemente
L’avviamento si trova facendo il prezzo di acquisto di un’azienda meno il fair value del suo patrimonio netto
rettificato(quest’ultimo è dato da tutte le attività meno tutte le passività)

● Il principio del duplice aspetto


le attività nel mio stato patrimoniale sono uguali alla somma tra passività e capitale netto.
Nel caso in cui le attività siano minori, si rischia di non avere la continuità aziendale perché non riesco a
restituire i soldi ai miei portatori di capitale, mentre se sono maggiori riesco a restituire i soldi ai miei portatori
di capitale e ad avere la continuità aziendale.

Per quanto riguarda le attività, le passività e il capitale netto, possiamo dividerli in due sezioni:
1) le attività nella sezione di sinistra
2) le passività e il capitale netto nella sezione di destra.

Inoltre,
1) mentre nelle attività posso inserire le risorse di valore, dette “cose”, che l’azienda possiede(ad esempio le
immobilizzazioni)
2) nelle passività e nel capitale netto posso inserire rispettivamente i diritti vantati dai creditori nei confronti
delle attività aziendali e i diritti vantati dalla proprietà nei confronti delle attività aziendali

● La prospettiva degli impieghi e delle fonti di finanziamento


In questo caso si parla di fonti e di impiego, ovvero delle fonti che impiego per una qualsiasi attività aziendale
Anche qui abbiamo attività,passività e capitale netto e
1) nelle attività, che possiamo inserire nella sezione di sinistra,ho gli impieghi o gli investimenti dell’azienda,
2) mentre nelle passività e nel capitale netto, che possiamo inserirli entrambi nella sezione di destra, troviamo
rispettivamente le fonti dei finanziamenti di terzi(banca, fornitori) e le fonti finanziarie messe a disposizione
dalla proprietà

2) il conto economico

A proposito del conto economico parliamo dei costi e dei ricavi e quindi tutta quella parte di fattori produttivi
che serve a produrre un prodotto e i ricavi che derivano dalla vendita di quel prodotto. Il conto economico
spiega come il reddito(che è dato dalla differenza tra ricavi e costi) è stato generato

Gli elementi del conto economico:


● Ricavi, i quali sono ciò che ottengo dalla vendita dei miei beni o servizi e che si concretizzano in aumenti di
valore di attività (cassa e/o crediti) e delle riserve di utili

● Costi di competenza, i quali sono flussi in uscita che si concretizzano in riduzioni della cassa (e/o aumento
delle passività) e in una riduzione delle riserve utili
Una volta calcolati i ricavi devo calcolare qual è il reddito del mio esercizio, il cosiddetto reddito netto(o
profitto netto, risultato netto,utile netto),il quale si ottiene sottraendo ai ricavi i costi di competenza. Quando
però i costi di competenza sono superiori dei ricavi si ha una perdita(risultato netto negativo)

I criteri per riconoscere i costi di competenza:


-il concetto di correlazione costi-ricavi: infatti noi andiamo a vedere come si è generato un ricavo e vado ad
associare ad esso i costi che hanno contribuito a generare quel ricavo. In questo caso si tratta di costi
direttamente riconducibili e oggettivamente riconducibili ai ricavi. Ci può essere anche il caso in cui i costi sono
associati ad operazioni di gestione del periodo non direttamente riconducibili ai ricavi o addirittura possiamo
trovare anche la situazione in cui i costi non sono associati alle operazioni di gestione e neppure ai ricavi futuri.
Sempre nell’ambito dei costi di competenza adesso analizziamo il rapporto tra costi di competenza e spese.
Una spesa si manifesta quando si acquista un bene o un servizio ed essa può ridurre la cassa o aumentare le
passività. La maggior parte delle spese diventano nel tempo costi di competenza. Però, nell’ambito di un
determinato periodo temporale, spesa e costo di competenza non si manifestano necessariamente nello
stesso periodo
● Il concetto di periodicità della misurazione.Quando parliamo di periodicità della misurazione vuol dire che la
contabilità misura il risultato economico (ovvero il reddito) di un determinato periodo di tempo denominato
periodo amministrativo o esercizio. Il risultato economico(reddito) del periodo non è la differenza tra incassi
ed esborsi che hanno manifestazione nel periodo,ma è la differenza tra ricavi e costi. Per determinare il
reddito è possibile applicare diversi criteri di valutazione, però una volta adottato un criterio questo non può
essere modificato se non giustificando il motivo del cambiamento e indicando in nota integrativa l’effetto del
cambiamento sul reddito. È richiesta un’applicazione costante nel tempo di medesimi criteri perché in tal
modo è possibile confrontare i bilanci di periodi amministrativi diversi. Il concetto di periodicità della
misurazione è importante perché innanzitutto sappiamo che l’azienda non ha normalmente una vita di pochi
mesi, e poi perché la proprietà e i portatori di interesse non sono disposti ad attendere molti anni prima di
avere informazioni sulla performance economica dell’impresa. Pertanto sono utili informazioni ad intervalli
frequenti e periodici nel tempo.

● Il principio di prudenza. Per prudenza intendiamo la sottostima del reddito e delle attività qualora sussista
un’incertezza nella loro misurazione.Come applichiamo questo concetto di prudenza?
Riconoscendo i ricavi( incrementi delle riserve di utili) solo quando sono ragionevolmente certi e riconoscere i
costi (decrementi delle riserve di utili) non appena sono ragionevolmente possibili.
● Il principio di competenza.Un aspetto centrale del principio di competenza è che quando un evento influenza
sia i ricavi sia i costi, allora entrambi gli effetti devono essere riconosciuti nello stesso periodo e i costi correlati
ai ricavi di un certo periodo sono costi di competenza di quel periodo. In generale per applicare il principio di
competenza si riconosce prima l’ammontare dei ricavi e, conseguentemente, si determinano i costi.

Il ricavo può essere riconosciuto:


-prima del periodo dell’incasso, cioè al ricavo corrisponde un aumento dei crediti commerciali ( ad esempio
per le banche sono degli interessi attivi e non ancora pagati)
-contestualmente all’incasso (cioè al ricavo corrisponde un aumento della cassa)
-successivamente al periodo dell’incasso, cioè gli acconti o gli anticipi dei clienti non sono un ricavo ma un
finanziamento

Il principio di prudenza dice quando è possibile riconoscere un ricavo e soprattutto quanto ricavo riconoscere.

3) il rendiconto dei flussi di cassa


(non l’ha spiegato, non so se si è dimenticato o se ne parlerà in futuro)

4) la nota integrativa
(non l’ha spiegato, non so se si è dimenticato o se lo farà in futuro)

__________________
Il capitale netto
Gli elementi costituenti il capitale netto:

1) Il capitale versato, che può essere il capitale sociale, cioè il capitale versato dai soci, quindi il capitale sociale,
che corrisponde ad un ammontare di denaro (o beni) apportato direttamente dalla proprietà
2) Le riserve di utili, ovvero la ricchezza generata attraverso la gestione e non distribuita sotto forma di dividendi.
Questo perché quando ad esempio creo un utile posso decidere di distribuire questo utile sotto forma di
dividendi ai miei soci

Per trovare il capitale netto dovrò sottrarre alle attività le passività,ovvero dovrò sottrarre le passività alla
somma tra capitale versato e riserve di utili( queste ultime che sono date dalla differenza tra utili non
distribuiti e sommatoria dividendi)

Il codice civile e i principi contabili


Il bilancio contiene una comunicazione sulla quale vigilano sia la collettività che i suoi organi istituzionali.
Questo vuol dire che ci sono delle regole che vanno rispettate nel momento della redazione del bilancio e
queste regole sono:

-Il codice civile articolo 2423 e seguenti


-i principi contabili dei commercialisti
-il testo unico delle imposte dirette al fine della fiscalità

Quindi possiamo dire che:

- il bilancio è assolutamente regolato dalla legge

-deve fornire un quadro fedele e rilevante della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’azienda

-comporta per i redattori l’assunzione di precise responsabilità

IL BILANCIO AD USO INTERNO E IL BILANCIO A USO ESTERNO

Adesso andiamo a trattare due tipi di bilancio che si differenziano tra loro in base al tipo di uso che ne si fa:

Il bilancio ad uso interno: quando un’azienda produce con la contabilità generale un bilancio ad uso interno
non deve rispettare precise regole. Inoltre ci sono diversi modi per classificarlo( vedremo che l’azienda
riclassificherà il proprio conto economico e stato patrimoniale in base alle esigenze informative di cui in quel
momento necessita)

Il bilancio ad uso esterno: ha forma e contenuti regolati dal codice civile e dalla prassi contabile in quanto
bisogna dare informazione che vadano a tutelare gli interessi dei creditori, che rendano comprensibile la
lettura a persone esterne alla mia azienda, che rendano comparabili i bilanci nel tempo sia della mia azienda
che di imprese differenti.
Esistono diverse categorie di bilancio esterno a seconda:

-della forma giuridica dell’impresa (società di persone, società di capitali)

-del bene di appartenenza( imprese bancarie, assicurative, società finanziarie, di produzione e di servizio)

-delle modalità di reperimento dei capitali(alle società quotate si applica una normativa specifica)

-della dimensione (per quelle piccole esiste il cosiddetto bilancio abbreviato)

-della circostanza in cui si trova ad operare l’impresa, ovvero in base al fatto che l’impresa sia in continuità o
meno di funzionamento

I 3 TIPI DI BILANCIO IN BASE ALLA LORO FINALITA’

Adesso, invece, trattiamo tre diversi tipi di bilancio che si differenziano in base alle loro finalità:

-bilancio civilistico,che è quello che deriva dal codice civile.


Esso ha come finalità la finalità giuridica, quindi mi deve dare la consistenza del patrimonio, cioè io voglio
dimostrare a terzi, ovvero produco sostanzialmente per i terzi, la consistenza del mio patrimonio che
ovviamente è a garanzia di quei terzi, e mi deve fornire informazioni sull’andamento economico-finanziario
della mia azienda. La reperibilità di questo bilancio è pubblica

-bilancio fiscale, ha una finalità fiscale e serve a determinare il reddito imponibile su cui poi andare a pagare
le imposte e questo bilancio non deriva dal codice civile ma dal testo unico delle imposte dirette. La reperibilità
di questo bilancio è pubblica

-bilancio gestionale, il quale ha una finalità gestionale e quindi lo scopo è la conoscenza dell’andamento
della gestione secondo criteri aziendali ritenuti utili. La reperibilità di questo tipo di bilancio è privata.

ESERCIZIO

Si rilevino le seguenti operazioni della società laboratorio analisi per il LABFOOD SRL:

1) La società viene costituita in data 1/1 con un capitale sociale di 20000 che viene versato in data 1/1
2) la prima operazione consiste nell’acquisto di 200 siringhe monouso ad un prezzo di 2 euro l’una in data 20/01,
con pagamento a 30 giorni
3) si effettuano 30 analisi al prezzo di 50 euro ciascuna, con l’utilizzo di 30 siringhe monouso, in data 5/02, con
pagamento a 90 giorni
4) si acquistano in data 30/03 100 provette a 5 euro l’una, con pagamento 90 giorni;
5) si procede all’acquisto di un computer in data 05/05 per un totale di 2500 euro con pagamento a rate mensili
di 300 euro l’una ad interessi zero e vita utile stimata a 4 anni;
6) si affitta un appartamento in data 10/01 con canone mensile di 1000 euro e pagamento trimestrale
posticipato;
7) si effettuano 30 analisi in data 15/12 al prezzo di 100 euro l’una che comportano l’utilizzo di 30 provette.
L’incasso avviene a 90 giorni
in data 31/12 si rilevino le rimanenze, la quota di ammortamento e si determini l’eventuale
utile o perdita di esercizio.
adesso facciamo due schemi:
● in cima al primo mettiamo “conto economico”: in questo inseriamo nei costi i 400 euro che servono per
comprare 200 siringhe, mentre nei ricavi 1500 euro derivanti dalle 50 analisi effettuate.
-inoltre inseriamo nei costi 500 euro per le provette
-nei costi inoltre inseriamo quelli legati all’acquisto del pc e in questo caso non inseriamo i 2500 euro scritto
sopra, ma bensì l’ammortamento, ovvero 2500 diviso per 4( che sono gli anni di vita utile stimata) e che fa 625
-per quanto riguarda l’affitto dell’appartamento nei costi inseriamo 12000 euro
-per quanto le analisi in data 15/12 inseriamo nel conto economico i ricavi pari a 3000 euro
-sempre nel conto economico, nella colonna dei ricavi, inserisco le rimanenze; per quanto riguarda le siringhe,
ho 340 euro di rimanenze (170 siringhe), per quanto riguarda le provette ho 350 euro di rimanenze (70
provette)
● in cima al secondo mettiamo “stato patrimoniale”: nello stato patrimoniale inseriamo nella colonna di destra,
cioè nel capitale netto, 20000 euro, mentre nella colonna di sinistra ci metto la cassa e considero un aumento
di 20000
-Dato che i pagamenti di entrambi i due punti precedenti non è immediato, andrò a inserire nello stato
patrimoniale “debito di 400 euro”,che poi si estinguerà dopo 30 giorni e dai 20000 euro di cassa toglieremo
400, e “credito di 1500 euro”, che poi si estinguerà dopo 90 giorni e nella cassa aggiungeremo 1500.
-dato che i 500 euro per le provette non verranno pagati subito, nello stato patrimoniale inserisco un debito
momentaneo di 500 euro che, quando verrà saldato, si estinguerà e ci sarà una diminuzione di 500 euro nella
cassa
-dato che l’acquisto del pc è pari a 2500 euro pagabili a rate, andrò ad inserire nello stato patrimoniale un
debito di 2500 euro e una volta saldato, ci sarà una diminuzione della cassa di 2500 euro
-dato che il pagamento trimestrale è posticipato ogni 3 mesi vado ad inserire nello stato patrimoniale un
debito di 3000. Quindi facendo la somma del debito annuo raggiungiamo 12000 euro che una volta pagati
porteranno una diminuzione di 12000 euro della cassa.
-dato che l’incasso delle 30 analisi in data 15/12 avviene 90 giorni dopo non subito, inseriamo nello stato
patrimoniale 3000 euro di credito e,una volta incassati questi 3000 euro, il credito verrà estinto e ci sarà un
aumento di 3000 euro nella cassa
-le rimanenze le segno anche nello stato patrimoniale, nella colonna delle attività e quindi abbiamo 340 euro
di rimanenze legati alle siringhe e 350 euro di rimanenze legati alle provette
In conclusione, per chiudere il bilancio vediamo che i costi sono stati pari a 13525 euro, i ricavi pari a 5190 e
quindi il primo anno chiude in perdita di 8335 euro. Inoltre nello stato patrimoniale l’attivo è pari a 12065 e il
passivo è uguale, ovvero 12065

I COSTI

Con il termine costo si vuole indicare il valore degli investimenti effettuati per l’acquisto dei fattori produttivi
impiegati per l’ottenimento di un determinato oggetto di costo.
L’analisi dei costi serve a:
-decidere come utilizzare le risorse scarse
-controllare la gestione
-definire obiettivi
-valutare la sostenibilità di un progetto

Inoltre il concetto di costo può essere riferito a varie entità:


-quando parlo del fattore produttivo allora parlo di costo elementare
-quando parlo di attività produttiva allora parlo di costo di processo produttivo
-quando parlo di risultato fisico-tecnico parziale di un’attività allora parlo di costo di prodotto

Definizione di costi speciali e costi comuni( l’ha messa qui a muzzo)


-costi speciali: elementi di costo oggettivamente riconducibili all’oggetto del costo, cioè da esso causati.
-costi comuni: elementi di costo causati congiuntamente da due o più oggetti del costo e dunque non
riconducibili oggettivamente ad alcuno di essi singolarmente

CONTABILITA’ DIREZIONALE, detta anche contabilità dei costi


-dal punto di vista contabile raccoglie, sintetizza e distribuisce all’interno di rendiconti le informazioni contabili
-dal punto di vista dell’utilizzatore comprende, analizza e interpreta i report per assumere decisioni

Dov’è che impiego la contabilità direzionale?


In una serie di attività,di aree e di campi che servono prevalentemente a livello interno per permettere al
manager di prendere delle decisioni. Ad esempio troviamo la contabilità dei costi
-nelle scelte di make or buy, cioè faccio o compro
-nelle decisioni di marketing mix
-nelle decisioni concernenti l’eliminazione o il mantenimento di un ramo aziendale
-nelle scelte di definizione della struttura produttiva (ristrutturazione, ampliamento ed altre modifiche
strutturali) dette anche scelte di investimento

LA CLASSIFICAZIONE DEI COSTI IN FUNZIONE DEL LORO COMPORTAMENTO


● costi variabili, che possono suddividersi a loro volta in proporzionali, progressivi e digressivi
● costi fissi, che possono suddividersi a loro volta in costi impegnati, i quali si riferiscono a risorse che
sono normalmente adeguate al fabbisogno con frequenza relativamente bassa ed essi non possono
essere ridimensionati senza compromettere significativamente la prestazione economica
dell’azienda, e in costi discrezionali, ovvero in costi derivanti da decisioni che il management rinnova
periodicamente e al contrario di quelli impegnati sono relativi a risorse che possono essere adeguate
al fabbisogno all’interno di orizzonti temporali brevi e possono essere significativamente
ridimensionati senza mettere a repentaglio nel breve periodo la sopravvivenza dell’impresa
● costi misti, che possono suddividersi a loro volta in semivariabili( il prefisso semi significa
parzialmente variabile, non variabile l 50%) e a scalini, Per capire tutti sti costi vedere video in cui
spiega i grafici

Nei diagrammi costo-volume, dove andiamo ad analizzare i costi fissi e variabili che siano, ci sono tre punti
importanti:
● l’intervallo di rilevanza: esso è l’intervallo di attività o di volume all’interno del quale si suppone
valida una specifica relazione tra il livello di attività/volume e il costo. L’intervallo di rilevanza si basa
sulle quantità/volumi di produzione. Ad esempio, da 100 a 1000 quantità di produzione, il mio
intervallo di rilevanza conferma che i costi fissi piuttosto che i costi variabili sono costi fissi e costi
variabili. Se io esco dall’intervallo di rilevanza potrei avere delle modifiche del costo fisso e del costo
variabile.
● il periodo temporale di rilevanza: l’ammontare dei costi fissi e dei costi variabili dipende
dall’intervallo temporale al quale si riferisce la valutazione. Ad esempio, se io rimango all’interno di
un arco temporale definito da 1 a 5 anni so che quell’affitto è un costo fisso. Se io esco dal mio
periodo di rilevanza potrei trovarmi un affitto che è variato e quindi non è più quel costo fisso che
avevo nelle mie analisi.
Nel caso in cui il periodo temporale di rilevanza è basso, quasi tutti i costi non sono modficabili, mentre nel
caso in cui il periodo è medio –lungo molti costi sono non modificabili, ma molto flessibili. Infine nel caso in cui
l’intervallo sia lungo, l’ammontare di quasi tutti i costi è flessibile al fabbisogno
● il contesto in cui opera la nostra azienda, ovvero l’ambiente esterno, che ha un impatto tale per cui
noi mettiamo delle semplificazioni alla realtà ma la realtà potrebbe complicarsi anche
indipendentemente dalle nostre scelte e quindi avere un impatto sui nostri costi e farli modificare
indipendentemente da intervalli di rilevanza o periodi temporali di rilevanza

Bisogna quindi avere consapevolezza di questi 3 punti

In generale, quando ci troviamo di fronte a dei costi che hanno un comportamento curvilineo e quindi
variabile, cerchiamo di ricondurli ad una retta che mi posso garantire delle certezze

A partire da questi ultimi punti legati ai costi, è possibili costruire un semplice ma utile modello di previsione
degli andamenti economici dell’azienda, il quale è la cosiddetta break even.
Tale modello si basa sull’assunzione che vi sia un unico driver rilevante dei costi totali: il volume degli output,
che rappresenta sia un limite, ma sottolinea la semplicità di applicazione del modello dell’analisi di break even.
L’obiettivo dell’analisi di break even è quello di determinare il volume degli output necessario a raggiungere
l’uguaglianza tra costi e ricavi e ad ottenere determinati obiettivi di profitto o di pareggio.
Questa analisi permette di quantificare il volume di attività necessario per conseguire l’uguaglianza tra costi
totali( che si ottengono sommando i costi variabili totali, dati a loro volta dal prodotto tra i costi variabili unitari
e la quantità prodotta (v per Q) e i costi fissi totali, che sono dati da una costante k) e ricavi totali( che si
ottengono moltiplicando il prezzo unitario di vendita p per la quantità venduta Q) ovvero il punto di pareggio o
break even point (costi totali=ricavi totali).
Il punto di pareggio può essere individuato anche graficamente dall’intersezione tra la retta dei costi totali e
quella dei ricavi totali

Esercizio (premessa: il prof utilizza i termini quantità di pareggio e punto di pareggio come sinonimi in quanto
vedremo che calcoleremo le quantità per arrivare al pareggio, e quindi trovando quelle quantità è come se
trovassimo il punto di pareggio)
Dobbiamo determinare il punto di pareggio in termini di volumi e di fatturato, cioè determinare le quantità
pareggio, sulla base dei seguenti dati
P=10 euro
Cv=4 euro
CF=90 000 euro
Dobbiamo fare il costo fisso totale diviso il margine di contribuzione unitario, cioè la differenza tra il prezzo
unitario e il costo variabile unitario,quindi 90000 diviso 10 meno 4 = 15 000
Le quantità pareggio sono importanti per trovare i ricavi totali, i quali, infatti si trovano, facendo le quantità
pareggio per prezzo unitario, quindi 15 000 per 10=150 000

Invece la formula dell’utile obiettivo, detto anche risultato operativo, è


U=ricavi totali meno costi totali, cioè ricavi totali meno costi variabili e costi fissi.
Per trovare invece il punto di pareggio utilizzando l’utile obiettivo devo fare la divisione tra la somma dell’utile
obiettivo e i costi fissi e la differenza tra prezzo unitario e prezzo variabile, la quale corrisponde al margine di
contribuzione, che si potrebbe anche trovare ( il margine di contribuzione) facendo ricavi meno costi variabili.
Quindi da quello che abbiamo visto capiamo che il modello della break even analysis può essere utile per
prendere decisioni relative a:
● prezzo
● volume
● entità dei costi fissi
● il costo variabile unitario
È possibile pertanto analizzare la sensibilità del risultato rispetto a quelle variabili e porsi domande del tipo:
● cosa succede se il prezzo aumenta? (aumentano i ricavi e quindi nel grafico la retta dei ricavi
aumenta)
● cosa succede in conseguenza ad una riduzione dei costi variabili? ( la retta dei costi diminuisce )
● cosa succede in conseguenza ad una riduzione dei costi fissi? ( la retta dei costi parte da un punto più
basso)
● cosa succede se aumenta la produzione? (nessuna delle due rette si sposta, proseguono entrambe
nella loro direzione, quindi io sarò in utile)

Esempio
Si calcolino gli effetti sull’utile di una variazione pari al 10% in ciascuna delle fondamentali variabili del modello
di analisi C-V-R, sulla base dei seguenti dati:
costi fissi totali= 50 000
volume di attività prodotte= 1000
prezzo unitario=200
il costo variabile unitario=100
innanzitutto prima faccio l’operazione per trovare il punto di pareggio, quindi 50 000( costi fissi totali) diviso
200 meno 100(questa differenza è il margine di contribuzione)= 500. Ciò vuol dire che se io sono a 500
quantità ho il pareggio, quindi se nei dati il volume delle attività è 1000 allora è ovvio che siamo in utile (dato
che siamo sopra ai 500). Entriamo, invece, in perdita quando saremo a 499.
Adesso faccio l’operazione per trovare il costo totale: costi fissi totali più la moltiplicazione tra il volume e il
prezzo variabile

Per trovare invece il ricavo totale moltiplico il prezzo unitario per mille, quindi 200 per 1000= 200 000
Possiamo quindi dire che l’utile è pari a 50 000 euro.

Per trovare invece il margine di contribuzione devo fare i ricavi della produzione meno i costi variabili della
produzione. Una volta trovato il margine di contribuzione, se ad esso tolgo i costi fissi trovo il risultato
operativo della mia azienda

-cosa succede se il prezzo aumenta? L’utile aumenta


-cosa succede in conseguenza ad una riduzione dei costi variabili? L’utile aumenta
-cosa succede in conseguenza ad una riduzione dei costi fissi? L’utile aumenta
-cosa succede se aumenta la produzione? L’utile aumenta

LIMITI DELL’ANALISI BREAK EVEN


● è un’analisi di breve periodo
● è statica
● questo tipo di analisi dà per scontato che tutto quello che produciamo venga venduto anche se in
realtà tutto ciò accade rarissime volte e qui n di emerge il punto debole dell’analisi, ovvero la
presenza di scorte
● la distinzione tra costi fissi e costi variabili può ingenerare errori di valutazione

CASO 1: analisi costi-volumi-risultati


Ai fini dell’organizzazione di una serata di beneficienza, sono individuate due possibili sedi per un ballo:
-la prima sede (A), che ha un costo per l’affitto di 1000 euro più 40 euro a persona per il catering relativo al
servizio per pasti e bevande
-la seconda (B) che ha un costo di affitto di 3 300 euro ed un costo per il servizio cibi e bevande pari a 30 euro a
persona
Inoltre sono previsti, indipendentemente dalla sede a scelta, 1750 euro di costi amministrativi e di marketing.
La banda costerà la cifra fissa di 1 250 euro, indipendentemente dal numero di partecipanti. Il biglietto costerà
80 euro a persona.
1) Si richiede il calcolo del punto di pareggio per ciascuna sede in termini di biglietti da vendere
Sede A: i costi fissi totali comprendono l’affitto, le spese amministrative, il marketing e il servizio fornito
dalla banda. Tutti questi costi sono sostenuti indipendentemente dal numero di biglietti venduti.
Costi fissi totali: 1000+1750+1250=4000
Poiché p=80 e v=40, si ottiene la quantità di biglietti utili per arrivare al break even, cioè al punto di
pareggio, facendo 4000 diviso 80 meno 40= 100 biglietti
Sede B:
i costi fissi totali: 3 300+ 1 750+ 1 250= 6300
dato che p=80 e v=30, si ottiene la quantità di biglietti utili per arrivare al break even, facendo 6300 diviso
80 meno 30= 126 biglietti
2) Il calcolo del reddito(utile) operativo del ballo se:
-partecipano 150 persone
-partecipano 300 persone
Per quanto riguarda la sede A, la formula è ricavi totali meno costi totali(dai dai costi fissi e di costi
variabili)
Se io considero 150 persone l’utile sarà: (80 x 150) – 4000- ( 40 x 150)= 2000
Se io considero 300 persone l’utile sarà: (80 x 300) – 4000- ( 40 x 300)= 8000
Per quanto riguarda la sede B,
se io considero 150 persone l’utile sarà: (80 x 150) – 6300- ( 30 x 150)= 1200
se io considero 300 persone l’utile sarà:(80 x 300) – 6300- ( 30 x 300)= 8700

FORMULE DA SAPERE

● Per trovare il punto di pareggio, cioè le quantità pareggio, dobbiamo fare il costo fisso totale diviso il
margine di contribuzione unitario, cioè la differenza tra il prezzo unitario e il costo variabile unitario

● Per trovare invece le quantità in euro a pareggio devo fare la divisione tra i costi fissi totali e il
margine di contribuzione percentuale( il quale è dato dal margine di contribuzione unitario fratto il
prezzo unitario

● Invece la formula dell’utile obiettivo, detto anche risultato operativo, è


U=ricavi totali meno costi totali, cioè ricavi totali meno costi variabili e costi fissi.
● Per trovare invece il punto di pareggio utilizzando l’utile obiettivo devo fare la divisione tra la somma
dell’utile obiettivo e i costi fissi e la differenza tra prezzo unitario e prezzo variabile, la quale
corrisponde al margine di contribuzione, che si potrebbe anche trovare ( il margine di contribuzione)
facendo ricavi meno costi variabili.

● Per trovare il risultato(detto anche reddito) operativo lordo devo fare il risultato operativo netto
fratto la differenza “1 meno l’aliquota” e per trovare il punto di pareggio utilizzando il risultato
operativo lordo devo fare la divisione tra la somma dei costi fissi più il risultato operativo lordo e il
margine di contribuzione

● Per trovare il margine di sicurezza prima di andare in perdita devo fare la divisione tra la differenza
tra le quantità effettive e le quantità pareggio e le quantità effettive

il grado di leva operativa


Grado di leva operativa: indicatore calcolato, in corrispondenza di ciascun volume di ricavi, come rapporto tra
la variazione percentuale del reddito e la corrispondente variazione percentuale dei ricavi. Più si è prossimi al
pareggio e maggiore sarà il grado di leva operativa.
Quanto è sensibile il reddito al cambiamento dei ricavi?
Costi fissi= 400 euro
Costo variabile unitario = 6 euro
Costo di vendita= 8,5 euro
Per 200 unità, reddito= 100 euro
Per 250 unità, reddito= 225 euro
Dunque se ricavi + 25%, allora reddito più 125%
La variazione % del reddito / la variazione % dei ricavi è = 5

Ricordiamo però anche il che il grado di leva operativa è anche calcolabile facendo margine di contribuzione /
reddito

Esercizio sul break even e leva operativa

Roberto Vecchi ha avviato nel 2012 una pizzeria. A questo scopo ha preso in affitto un immobile per 1292 euro
al mese, ha assunto due persone che lavorano a tempo pieno nel locale, e sei studenti universitari (impegnati
mediamente 20 ore la settimana ciascuno) per la consegna delle pizze.
È inoltre stato reclutato, al costo di circa 9oo euro al mese, un contabile per la tenuta dei libri e la
dichiarazione dei redditi. Le attrezzature della pizzeria e gli scooter per la consegne sono stati acquistati in
contanti. Roberto Vecchi ha inoltre constatato che i costi delle utenze e delle forniture rimangono
sostanzialmente costanti nel tempo. Il volume di attività è cresciuto tra il 2012 e il 2014, sicchè gli utili sono più
o meno raddoppiati rispetto a quelli del 2012.
Roberto Vecchi, non comprende, però, perché il reddito sia cresciuto più rapidamente del volume.
È riportato di seguito un conto economico di previsione, preparato dal contabile, relativo all’esercizio 2015:
Conto economico di previsione 2015 della pizzeria
Ricavi € 308.000
Costi € 241.360
Materie prime (solo ingredienti) € 92.400
Retribuzioni degli addetti al ristorante € 26.650
Retribuzioni degli addetti alle consegne € 54.100
Canone di locazione € 15.500
Servizi di contabilità e fiscali € 10.900
Ammortamento degli scooter € 16.000
Ammortamento delle attrezzature di cucina € 8.000
Utenze varie € 7.165
Materiali di consumo (sapone, cera pavimenti ecc.) € 10.645
Reddito ante imposte € 66.640
Imposte sul reddito (30%) € 19.992
Reddito netto € 46.648
Nota: Una pizza viene venduta a un prezzo medio di e 8,50

Domande
1. Per raggiungere il punto di pareggio economico quante pizze "medie" devono essere vendute?
Assumendo che il costo degli ingredienti (materie prime) sia il solo elemento di costo variabile si ha:
volume di pareggio= costi fissi fratto margine unitario di contribuzione cioè 241 360-92 400/ 8,50-2,55=148
960/5,95= 25 035 pizze… il 2,55 sono i costi variabili per pizza

2. Per raggiungere il punto di pareggio in termini finanziari, quante pizze "medie" devono essere vendute?
Costi fissi finanziari=costi fissi totali- costi fissi non finanziari, costi cioè che non determinano esborsi.
Nel nostro caso si ha: costi fissi finanziari= costi fissi totali- ammortamento = 148 960 – (16 000+ 8000)=
124 960
Il punto di pareggio finanziario è pertanto 124 960 : 5,95= 21 001 pizze

3. Se Roberto Vecchi prelevasse € 14.400 a uso personale, quanta cassa rimarrebbe di quella generata dallo
svolgimento delle attività che hanno prodotto l'utile del 2015?
Il flusso di cassa della gestione corrente è pari al reddito netto più gli ammortamenti e altri costi non
finanziari +/- la variazione del capitale circolante.
In questo caso non ci sono informazioni sui crediti, sulle rimanenze e sul debito verso fornitori e
l’ammortamento è il solo costo non finanziario.
Tale flusso è solo pari a 46 648 euro+ 24 000 euro= 70 648 euro, valore che consente a Roberto un
prelievo di 14 400 euro ad uso personale

4. Roberto Vecchi vorrebbe conseguire un utile netto dopo le imposte di €60.000. Quale volume si deve
raggiungere, in numero di pizze vendute, per ottenere il reddito netto auspicato?
Il modo più semplice per affrontare il problema è considerare l’obiettivo di reddito ante imposte come un
costo fisso. Poiché l’obiettivo di reddito netto è 60 000, allora il reddito ante imposte è 60 000: 70%=
85 713
Aggiungendo questo importo a 148 960 di costi fissi si ha un totale di 234 673
Il volume richiesto di pizze è pertanto 234 673/ 5,95= 39 441 pizze
5. Spiegare brevemente a Roberto Vecchi perché gli utili sono aumentati più rapidamente dei ricavi.
Il grado di leva operativa: margine di contribuzione/ reddito
Costi fissi = 148 960
Costo variabile unitario= 2,55
Prezzo di vendita=8,5
Per 36 235 unità
Margine di contribuzione= 215 598,25= (5,95) x 36 235
Reddito= 66 638, 25= (215 598, 25- 148 960)
Grado di leva operativa= 3,23 margine di contribuzione/ reddito

6. Spiegare brevemente a Roberto Vecchi perché la cassa generata nel 2015 è superiore al reddito.
Il flusso di cassa della gestione corrente eccede di 24 000 euro il reddito poiché l’ammortamento (un costo
di competenza) non è un costo finanziario e non produce pertanto alcun esborso

Altro esercizio
Si supponga che un motel da 400 camere della catena Motel6 abbia dei costi fissi annuali di 3,4 milioni di
dollari, che in media l’affitto di una camera sia di 50 dollari al giorno, e che i costi variabili medi siano di 10
dollari per ogni camera affittata. Il motel è aperto 365 giorni all’anno.
1) Quale sarà il risultato operativo che Motel6 otterrà dalle camere
a)nel caso in cui il motel sia sempre esaurito tutto l’anno
b)nel caso sia pieno a metà

-a) Innanzitutto troviamo il valore di produzione nel primo caso del primo punto: quindi 400 per 50 per
365=7300000 dollari
Costo variabile totale: 400 x 10 x 365= 1460000
Il risultato operativo(ricavi totali meno costi totali) è uguale a 2440000
-b)Troviamo ora il valore della produzione di b dividendo per due il risultato ottenuto prima: 3650000
Costo variabile:divido per due il costo variabile del punto a e ottengo 730000
Il risultato operativo (ricavi totali meno costi totali) è uguale a -480000(perdita)

2) Calcolare il punto di equilibrio(cioè di pareggio) come numero di camere affittate. Quale percentuale di
occupazione di camere è necessaria per raggiungere il punto di equilibrio?

Per trovare il punto di equilibri devo fare la divisione tra i costi fissi totali (3400000) e la differenza tra il
prezzo unitario e il costo variabile unitario ( 50-10) = 85000

85000 sono il totale delle camera che faccio in 365 giorni, quindi per trovare la quantità di camere al giorno
devo fare 85000 diviso 365= 232
Per trovare la percentuale di occupazione di camere devo fare 85000( che sono le camere di break even)
fratto 146 ( il totale di camere che possiamo fare in un anno) = 58,2%

DIFFERENZA TRA CONTO ECONOMICO CLASSIFICATO A COSTO DEL VENDUTO E CONTO ECONOMICO
CLASSIFICATO A MARGINE DI CONTRIBUZIONE

In un conto economico a margine di contribuzione le singole voci di costo si riferiscono a costi variabili
oppure a costi fissi. Il conto economico a margine di contribuzione facilita le analisi economiche che
implicano cambiamenti di volume, favorisce le analisi di redditività delle diverse linee di prodotto e supporta
l’assunzione di decisioni che riguardano i prezzi o le scelte tra produrre all’interno acquistare all’esterno

In un conto economico a costo del venduto,invece, possono confluire all’interno delle singole voci sia costi
variabili sia costi fissi.

Esercizio
Gli ospedali misurano il proprio volume in termini di giorni-pazienti, che si calcolano moltiplicando il
numero di pazienti per il numero di giorni di ospedalizzazione. Si supponga che un ospedale abbia costi
fissi pari a 54 milioni di euro all’anno e costi variabili per 600 euro per giorno-paziente. I ricavi giornalieri
variano tra le diverse categorie di pazienti. Per semplicità si supponga che ci siano due categorie:
-pazienti paganti economicamente autonomi (S) che pagano una media di 1000 euro al giorno
-pazienti non economicamente autonomi (G) che sono a carico delle compagnie di assicurazione e
delle agenzie governative e che pagano una media di 800 euro al giorno. Il 20% dei pazienti
appartengono alla prima categoria.

1) Calcolare il punto equilibrio in giorni-pazienti,supponendo che l’ospedale mantenga il proprio mix


di pazienti programmato
2) Si supponga che l’ospedale raggiunga i 225 000 giorni-pazienti ma che il 25% sia della prima
categoria (invece del 20%). Calcolare il reddito operativo. Calcolare il punto di equilibrio.

Dati:
-costi fissi totali= 54 milioni
-prezzo unitario (1)= 1000 (sarebbe un ricavo unitario medio)
-prezzo unitario (2)= 800 (sarebbe un ricavo unitario medio)
-costo variabile unitario unico= 600
-la categoria di pazienti 1 rappresenta il 20% della produzione
-la categoria dei pazienti 2 rappresenta l’80% della produzione
-il margine di contribuzione unitario dell’1 è 400 (1000-600)
-il margine di contribuzione del 2 è 200 (800-600)

Devo trovare il margine di contribuzione equivalente, il quale è dato dalla somma tra la
percentuale del primo prodotto, cioè 20%, moltiplicata per il suo margine di contribuzione
unitario, cioè 400, e la percentuale del secondo prodotto, cioè 80%, moltiplicata per il suo margine
di contribuzione unitario, cioè 200. La somma dei due fa 240, che è il margine di contribuzione
equivalente.
Il margine di contribuzione equivalente è utile perché i costi fissi, 54 milioni, devo dividerli per
esso, e ottengo 225000 giornate, le quali sono il punto di pareggio del prodotto equivalente.
Come faccio a trovare le giornate di pareggio di a e di b?
Moltiplico 225000 per il 20% e per l’80%, trovando così le giornate di pareggio di a (45000) e le
giornate di pareggio di b (180000)

Le due principali attività di programmazione del controllo direzionale sono:

1)la pianificazione strategica: il processo di pianificazione strategica è costituito da tre parti


principali:
● la revisione dei programmi in corso
● la valutazione delle proposte di nuovi programmi
● il coordinamento dei programmi per mezzo dei sistemi formali di pianificazione strategica

2)il budget: consiste in una programmazione a breve delle attività dei centri di responsabilità, in
coerenza con la pianificazione strategica.
Il budget è un piano manageriale quantitativo che:
● ha ad oggetto l’intera impresa
● accoglie una serie di obiettivi tra loro coordinati
● è articolato per responsabilità organizzative, cioè per centri di responsabilità
● non è il processo attraverso il quale si prendono la maggior parte delle decisioni aziendali
● è probabilmente il più diffuso strumento di programmazione, controllo e coordinamento
Inoltre il budget si riferisce ad un determinato periodo temporale futuro, normalmente un anno.
Questo periodo può essere ulteriormente segmentato(mese, quadrimestre, semestre)
Quali sono le finalità del budget:
● supporto allo sviluppo dei programmi di breve termine e al loro coordinamento
● comunicazione dei programmi ai manager dei centri di responsabilità
● motivazione dei manager a conseguire i propri obiettivi
● riferimento per il controllo delle attività in corso
● una base per la valutazione della performance dei centri di responsabilità e dei loro manager
● mezzo per formare i manager
Gli obiettivi del budget, invece, dovranno essere i cosiddetti smart, che è un acronimo che deriva
da 5 parole che sono le caratteristiche di questi obiettivi: s sta per semplice, m sta per misurabile, a
sta per appettibile, r sta per raggiungibile e ti sta per temporizzabile.
A volte però gli obiettivi del budget sono contrastanti in quanto a volte il desiderio di raggiungere
un grande precisione si scontra con il bisogno dei manager di proteggersi dall’incertezza, oppure la
motivazione dei manager a volte tende a diventare una forma di opportunismo, oppure ancora, un
altro compromesso è quello tra il processo di fissazione degli obiettivi come strumento di
motivazione e l’utilizzo degli scostamenti come riferimento per valutare le prestazioni

Vediamo alcuni modelli di budget:


● budget a base zero: effettuare un budget a base zero di un centro di costo, i quali stanno
sotto ai centri di responsabilità, significa farsi alcune domande fondamentali su ciascuna
singola attività del centro di costo senza condizionamenti e significa anche ogni anno
ripartire da zero e non riproporre i dati dell’anno prima.
Inoltre il budget a base zero è molto preciso perché mette in discussione ogni anno le
programmazioni dei vari centri di responsabilità, anche se però è un processo molto dispendioso e
molto complicato che a volte può avere un processo di formulazione molto lungo.
Infatti il budget a base zero è molto oneroso in termini di tempo e suscita forti reazioni tra gli
indagati ( che son i responsabili dei centri di responsabilità), che si sento messi ogni volta sotto
indagine in quanto, ripartendo da zero ogni volta, essi ogni volta devono giustificare il loro livello
di costi, il loro livello di attività e il loro livello di ricavi.

● rolling budgets :se io ad esempio a dicembre 2020 ipotizzo il mio budget 2021, diviso in 12
mesi, quando sarò arrivato a fine dicembre del 2021, io aggiungerò il gennaio 2022… quando
darò arrivato a febbraio 2021, io aggiungerò febbraio 2022 e così via. Quindi, essendo rolling,
ho sempre una base di riferimento di 12 mesi

● master budget:
le tre parti principali del master budget:

A)il budget operativo, che mostra le attività programmate per il prossimo esercizio, ivi inclusi i
correlati ricavi, costi, livelli delle rimanenze e altre voci dello stato patrimoniale

La preparazione del budget operativo parte dal comitato di budget, all’interno del quale ci sono
tutta una serie di attori che possono essere assolutamente utili al processo, come
l’amministratore delegato e il direttore generale.
1. Per prima cosa si definiscono le linee guida e gli obiettivi generali del budget
2. poi si ricorre alla preparazione del budget delle vendite ( vi sono due modi fondamentali di
effettuare stime del budget delle vendite: effettuare una previsione statistica in funzione
delle condizioni generali del businesses, del mercato ed effettuare stime soggettive
raccogliendo le opinioni dei responsabili commerciali e del personale di vendita anche per
singolo cliente
3. poi si ricorre alla preparazione di massima degli altri budget
4. poi c’è la negoziazione tra superiori e inferiori gerarchici per trovare un accordo definitivo sui
piani

B)il budget di cassa, che mostra la previsione degli incassi e degli esborsi

C)il budget degli investimenti, che mostra i cambiamenti programmati nelle immobilizzazioni
tecniche e no e i relativi flussi di cassa

In generale, pianificazione strategica e budget differiscono tra loro per:


● l’orizzonte temporale (3 anni per la pianificazione strategica e 1 anno per il budget)
● gli oggetti di riferimento(che per la pianificazione strategica sono le linee guida, mentre per il
budget sono gli obiettivi)
Inoltre le principali decisioni di pianificazione sono assunte nell’ambito della pianificazione
strategica, mentre al budget spetta il ruolo di supportare e perfezionare la realizzazione di questi
piani

Analisi costi-benefici

Cambiando leggermente argomento, ma tenendoci sempre nell’ambito della programmazione,


ricordiamo che anche le imprese hanno comunque programmi valutabili solo in base ad un’analisi
costi-benefici, ovvero un’analisi che mi fa valutare se il costo che io sostengo per ottenere
un’informazione ha un beneficio tale per cui vale la pena sostenere quel determinato costo.
Quindi io devo capire se la mia analisi costi-benefici, su tutta una serie di informazioni, mi porta ad
avere dati positivi o negativi.

Analisi SWOT

La sigla swot deriva dell’unione della prima lettera di quattro parole inglesi, che tra l’altro stanno
ad indicare le caratteristiche di questa analisi:
-strengths (punti di forza), come ad esempio l’esperienza dei proponenti, a volte i mercati di
riferimento, aspetti tecnico-produttivi, organizzativi e finanziari (i quali, questi ultimi, possono
anche essere punti di debolezza)
-weaknesses (punti di debolezza),come ad esempio la competenza dei proponenti, a volte i
mercati di riferimento, aspetti tecnico-produttivi, organizzativi e finanziari.
-opportunities (opportunità), come ad esempio nuove tecnologie o possibili alleanze strategiche
-threats (minacce), possibili prodotti obsoleti, aumento della concorrenza

Il costo pieno

Ricordiamo innanzitutto che la manodopera diretta, insieme a quella indiretta, la quale


corrisponde ai costi generali di produzione( che sono in prevalenza costi fissi impegnati e che
tendono dunque a mantenersi costanti nel tempo), possono essere definite costi di
trasformazione, in quanto trasformano i materiali diretti, cioè le materie prime, in prodotti finiti.
In conclusione, i materiali diretti (materie prime), la manodopera diretta e quella indiretta mi
danno nell’insieme il costo pieno di produzione.

I costi di produzione quindi confluiscono in:


-rimanenze di semilavorati
-rimanenze di prodotti finiti

Quando parliamo quindi di costo pieno di produzione,infatti, esso non include i costi commerciali
e di distribuzione, né i costi riconducibili ad attività generali ed amministrative non collegate al
processo produttivo. Infatti i costi commerciali e di distribuzione, i costi riconducibili ad attività
generali ed amministrative non collegate al processo produttivo sono inclusi nei costi di periodo
Parlando invece del costo pieno, in determinate circostanze (per esempio quando si acquista
qualcosa) il costo pieno o full cost, è semplice da valutare.
In altre circostanze potrebbe richiedere un sistema di rilevazione complesso.
Il costo pieno è la somma di costi diretti( cioè quelli direttamente imputabili a un determinato
prodotto, un esempio di costo diretto è la materia prima e anche la manodopera diretta, la quale è
riconducibile ad un oggetto di costo valorizzata al costo orario del lavoro) e di una quota equa di
costi indiretti( cioè quelli indirettamente imputabili a un determinato prodotto, un esempio di
costo indiretto è un macchinario che è utilizzato per la produzione di più prodotti, oppure materiali
di consumo, oppure ancora risorse produttive, che non sono però economicamente riconducibili ai
singoli prodotti).
In altre parole il costo pieno è dato dal costo pieno di produzione ( dato dalla somma di
manodopera diretta, di manodopera indiretta e di materiali diretti) più le quote di costo di
periodo( i costi di periodo sono i costi non di produzione e sono quei costi diversi dai costi
inventariabili, cioè diversi dai materiali diretti e dai costi di trasformazione)

Esercizio
Burtis SpA produce diversi prodotti. Nel 2010, il prezzo di vendita del prodotto A, le cui vendite
sono di 10.000 unità/anno, è stato calcolato come segue:

2010
Materiali diretti € 4.00
Manodopera diretta 7.00
Costi generali di produzione 4.80
Costi generali e di vendita 3.50
Costo pieno 19.30
Reddito (10%) 1.93
Prezzo di vendita €21.23

Nel 2011, l’impresa stima che il costo dei materiali diretti e il costo della manodopera diretta
aumenteranno del 12%. Ritiene, inoltre, che i costi generali di produzione aumenteranno
complessivamente, in relazione al prodotto A, di 6.000 €, mentre i costi commerciali e
amministrativi e il volume delle vendite rimarranno invariati. Qual è il prezzo normale di vendita
per il prodotto A nel 2011?

Calcolo del prezzo normale di vendita assumendo di continuare a utilizzare il costo pieno:
*Incremento del 12% di materiali diretti (0, 12 x €4,00 = €0.48) e manodopera diretta (0,12 x €7.00
= €0,84) + Un incremento di €6.000 rapportato a un aumento di volume di 10.000 unità è un
aumento di 0,60 euro/unità

Altro esercizio

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