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L’istituto
Abbiamo visto che le persone tendono ad unirsi in gruppi organizzati per soddisfare bisogni materiali e
immateriali. La partecipazione a questi gruppi porta a due fini:
1) Il soddisfacimento dei bisogni definiti di “socialità”, cioè di intese e positive relazioni interpersonali
2) La realizzazione dei fini non attuabili con le risorse individuali
Ogni istituto tende a perseguire il bene comune dei suoi membri e questi istituti sono regolati da regole e
comportamenti stabili. Ogni istituto ha i propri caratteristiche e scopi, però i membri di ogni istituto
possono anche essere membri di altri istituti (ad esempio il membro di una famiglia che va a lavorare in
una società). Quindi se vogliamo utilizzare un metodo schematico per descrivere un istituto, i seguenti
punti sono gli elementi discriminanti di un istituto:
2)le imprese: in questo caso l’istituto nasce grazie all’imprenditore però,in questo caso,se lui muore
fisicamente l’azienda va comunque avanti
L’AZIENDA
Adesso è importante sapere che la struttura denominata “azienda” si occupa dei momenti economici di un
istituto, variando ovviamente in base al tipo di istituto di cui si occupa.
L’azienda possiamo definirla come l’ordine prettamente economico di ogni istituto, ossia l’insieme degli
accadimenti economici disposti ad unità secondo proprie leggi. L’azienda è lo strumento che l’uomo
dasempre utilizza nel suo operare nell’ambito economico e le aziende sono tutte realtà tra le più diverse.
In correlazione ai tre tipi di istituti possiamo classificare le tre corrispettive classi di aziende:
1) L’azienda famigliare, che riguarda i momenti economici dell’istituto famiglia e che ha come scopo il
soddisfacimento dei bisogni della propria famiglia
2) L’azienda di produzione, che riguarda i momenti economici dell’istituto di produzione e che ha come
scopo la remunerazione dei prestatori di lavoro e dei conferenti il capitale.
3) Le aziende pubbliche, che riguardano i momenti economici degli istituti pubblici, hanno come scopo
la produzione e il consumo di beni pubblici, oltre che la remunerazione dei prestatori di lavoro;
le aziende non profit (associazioni e fondazioni), invece hanno come scopo la produzione e il
consumo di beni socialmente utili oltre alla remunerazione dei fattori produttivi secondo criteri di
non mercato.
Quindi, per quanto riguarda le aziende pubbliche, esse possono essere divise in aziende di consumo o di
produzione.
● Le aziende di consumo, dove accade quello che succede anche nelle famiglie, sono particolari
aziende in cui l’intera produzione viene consumata all’interno dell’azienda stessa dai produttori
● l’azienda di produzione, invece, è un’azienda la cui produzione di beni e servizi è interamente
presentata e scambiata sul mercato al fine di ottenere una remunerazione economica.
● Azienda composta pubblica; esiste poi il caso in cui troviamo un tipo di azienda che ha
contemporaneamente sia uno scopo di consumo sia uno scopo di produzione e la quale, proprio per
questa sua caratteristica, si chiama “composta pubblica”, cioè formata da elementi di consumo e da
elementi di produzione.
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Per comprendere al meglio che cosa sia un’azienda andiamo ad elencare i caratteri discriminanti che
identificano appunto un’azienda:
EFFICACIA : A proposito dell’efficacia invece, un’azienda è efficace quando riesce a raggiungere i suoi
obiettivi, a fidelizzare il cliente, garantendo contemporaneamente un ritorno economico e una buona
riuscita del prodotto. Essa è data dal rapporto tra il risultato ottenuto e l’obiettivo previsto (risultato
ottenuto/obiettivo previsto)
In generale un’azienda tende ad essere efficiente, allo scopo di ricorrere a bassi costi per la
produzione(diminuzione dell’input) e di ottenere un maggior numero di ricavi causando però poi un
abbassamento della qualità e quindi dell’efficacia.
Al contrario, invece, alcune aziende decidono di aumentare i costi di produzione, migliorando
l’efficacia, (e quindi abbiamo un aumento dell’input) e di conseguenza avremo un aumento della
qualità ma non per forza anche un aumento dei ricavi rischiando di arrivare quindi all’inefficienza.
4) I rapporti che regolano le relazioni dei singoli individui con l’unità economica, i quali sono fondati sul
criterio dello scambio
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I FINI DI UN’AZIENDA
1) L’azienda deve garantire le condizioni economiche in modo che l’istituto sia nella condizione di
raggiungere i propri fini.
2) L’azienda ha come finalità se stessa, cioè l’aziende vede come finalità il produrre ricchezza per
durare nel tempo
3) La finalità è di tipo economico e consiste nella creazione di ricchezza cioè nel perseguimento
dell’economicità la quale varia in base al tipo di azienda.(dopo spiega bene cos’è l’economicità)
Quando il valore degli output è maggiore del valore degli input; e questa ricchezza che si viene a formare
deve essere presente nelle differenti componenti dell’azienda, nel breve e nel lungo tempo (quindi deve
durare nel tempo), e deve essere presente anche in una chiave retrospettiva ( cioè capire se ho creato
ricchezza in passato) e in chiave prospettica ( cioè fare in modo di creare ricchezza in futuro).Per determinare
la creazione di ricchezza in un arco temporale è necessario considerare:
-la correlazione tra utilizzo dei fattori produttivi e realizzazione/cessione dei prodotti
L’economicità è un equilibrio che si deve mantenere nel tempo tra le risorse che impiego e i risultati che
ottengo, ovvero tra l’efficienza e l’efficacia, fronteggiando le condizione di incertezza, di dinamica e di
contesto. Essa è una condizione da rispettare e non è invece un fine da perseguire, in quanto l’economicità è
il mezzo con cui arrivo ad ottenere i miei fini, ma non i fini stessi.
A) L’equilibrio economico è dinamico nel tempo, cioè ci saranno momenti di facile e difficile
gestione.
Per quanto riguarda l’equilibrio economico, in esso si parla di costi e di ricavi.
Più precisamente, un equilibrio economico si raggiunge quando i costi sono uguali ai ricavi.
Questo concetto di equilibrio economico vale solo per le aziende pubbliche, in quanto
l’obiettivo nelle aziende pubbliche è quello di creare un valore sociale e non economico.
Infatti nelle aziende profit il ricavo deve essere maggiore del costo. Quindi lo scopo del
raggiungimento dell’equilibrio economico è che il volume di ricavi da ottenere sia adeguato
per fronteggiare i costi per i fattori produttivi usati e che consenta di assegnare agli stessi
fattori una remunerazione congrua in relazione agli andamenti ed alle situazioni similari di
mercato. In altre parole l’equilibrio economico deve remunerare sicuramente i fattori
produttivi della produzione, il lavoro dipendente e i portatori di capitale.
B) Il secondo equilibrio trattato è quello monetario. Quand’è che raggiungo l’equilibrio
monetario? Quando la mia azienda è in grado di soddisfare i bisogni monetari in qualsiasi
momento, ovvero nel momento in cui se ne presenta la necessità e nell’ambito di un
ordinato ed economico svolgimento dell’attività gestionale. Quindi la capacità di un’azienda
di realizzare un’equilibrata situazione monetaria deve potersi sulla sua stabilizzata attitudine
ad armonizzare i flussi monetari in entrata ed in uscita. Nel momento in cui parlo di flussi
monetari in entrata ed uscita parlo di capitale circolante netto, il quale è generato dalla
produzione dell’esercizio,e che si ottiene sommando la produzione venduta, quindi i miei
ricavi di vendita, e le rimanenze e ottengo così la produzione realizzata, alla quale vado a
sottrarre i costi che hanno comportato variazioni nel circolante(consumi materie prime,
retribuzione al personale) arrivando così al capitale circolante netto. Particolare attenzione
deve essere posta all’afflusso di mezzi monetari generati dall’attività gestionale in senso
stretto,ossia quella collegata alla produzione di beni e dei servizio destinati alla vendita e
quindi il cash flow(flusso di cassa) generato dalla gestione reddituale. Il cash flow generato
dalla gestione reddituale si ottiene sommando e sottraendo le seguenti cose: ho entrate
monetarie per ricavi di esercizio (+), ho uscite monetarie per costi di esercizio(-), ho anticipi
monetari dai miei clienti (+), ho fatto anticipi a fornitori per fattori d’esercizio(-), ho ricevuto
incassi di crediti di esercizio iniziali(+), ho pagato dei debiti di esercizio iniziali(-) e tutte
queste cose permettono di trovare il cash flow(flusso di cassa) generato dalla gestione
reddituale. In esso si parla di entrate ed uscite di denaro, di moneta. Al posto delle prime, le
entrate monetarie, posso anche parlare di ricavi di cessione di prodotti, cessione di fattori
strumentali e di incassi di crediti di regolamento. Mentre al posto delle seconde, ovvero delle
uscite monetarie, posso parlare di costi d’acquisto di fattori d’esercizio, di costi d’acquisto di
fattori strumentali e di pagamenti di debiti di regolamento. In questi casi parlo di flussi
monetari-gestionali, cioè legati alla gestione. Potrei però parlare anche di crediti e debiti
anziché di entrate ed uscite, quindi parlerei di flussi monetari-finanziari. Per quanto riguarda
i primi posso parlare di assunzione di debiti di finanziamento, di apporto di capitale proprio e
di rimborso di crediti di finanziamento. Per quanto riguarda i secondi potrei parlare di
concessione di crediti di finanziamento,di rimborso di capitale proprio e di rimborso di debiti
di finanziamento.L’equilibrio monetario, come quello economico, è dinamico nel tempo, cioè
ci saranno momenti di facile e difficile gestione. Quando parliamo di equilibrio monetario
possiamo distinguere due momenti fondamentali:
-nella fase iniziale c’è la necessità di anticipare determinati costi per l’acquisto dei fattori
necessari per allestire la struttura produttiva
-nella fase di esercizio sono necessari per l’azienda tutti quei mezzi monetari che le
permettano di essere in grado di far fronte ai pagamenti generati dalle operazioni gestionali,
cioè durante la fase del mio esercizio dovrò essere in grado di andare a pagare ad esempio gli
stipendi.
È necessario che i fabbisogni durevoli vengano tendenzialmente fronteggiati con fonti aventi
pari disponibilità, cioè capitale proprio e capitale di terzi rimborsabile a lungo periodo ed è
necessario anche realizzare una giusta relazione tra indebitamento e capitale proprio e
quest’ultimo si chiama effetto leva finanziaria.
A proposito di leva finanziaria posso avere una leva positiva, quando il costo dei finanziamenti è
inferiore alla redditività degli investimenti effettuati, e una leva negativa, quando il costo dei
finanziamenti è superiore alla redditività degli investimenti effettuati.
Per verificare che ci sia un corretto rapporto nell’ambito delle fonti di finanziamento si ricorre
allora al calcolo della leva finanziaria secondo la seguente formula:
leva= capitale proprio+capitale di terzi fratto capitale proprio= totale attività(impieghi) fratto
capitale proprio.
-Se la leva ha assunto valore pari ad 1 significa che l’azienda non ha fatto ricorso a capitale di
terzi (non ha debiti)
-se la leva finanziaria assume valori compresi tra 1 e 2 significa che il capitale proprio è maggiore
del capitale di terzi
-se la leva finanziaria assume valori superiori a 2 significa che il capitale di terzi è maggiore del
capitale proprio
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Le operazioni
Per capire meglio spieghiamo come avviene il circuito del capitale di rischio/capitale
proprio.
Immaginiamo che una persona entri in una società, diventando quindi socio e mettendo
a diposizione della società un capitale (si ha quindi un entrata di denaro per l’azienda).
Tutto il capitale raccolto viene utilizzato in un’operazione, che sarà positiva se l’azienda
darà una percentuale del guadagno totale ad ogni socio oltre a restituirgli il capitale
investito,(uscita di denaro), oppure negativa se la restituzione non avverrà.
Spesso le aziende devono recuperare risorse seguendo altre vie perché la disponibilità
dei soci non corrisponde ai fabbisogni dell’azienda
Analizziamo ora l’altro tipo di capitale, ovvero il capitale di prestito o di terzi.
● esso corrisponde ad una disponibilità temporanea di denaro, acquisito da soggetti
terzi, che dovrà essere restituito secondo modalità stabilite contrattualmente
● l’azienda sostiene degli oneri per la disponibilità temporanea del denaro(che non èdi
sua proprietà)
● nel caso in cui non vengano restituiti ai finanziatori, questi ultimi possono anche
richiedere il fallimento dell’azienda
In generale i mezzi monetari recuperati tramite il capitale proprio e di terzi vengono usati
per dotare l’azienda delle risorse necessarie per tradurre in realtà l’idea imprenditoriale.
I fattori produttivi
Una risorsa è definibile fattore produttivo quando possiede, anche disgiuntamente, uno
dei seguenti tre requisiti:
identificabilità, utilità ed equità
Inoltre ricordiamo che ogni fattore produttivo deve essere correlato alla realizzazione del
prodotto/prodotti per i quali ha contribuito a realizzare. Questo è detto principio di
correlazione.
Il reperimento delle risorse monetarie, ovvero del capitale, fa sì che i mezzi monetari
siano quindi impiegati nell’insieme di azioni finalizzate a trasformare i fattori produttivi i
prodotti grazie all’attività di produzione.
Per capire meglio come avviene il processo di produzione analizziamo adesso il circuito
della produzione.
Un’azienda ha dei mezzi monetari che utilizza per acquistare fattori produttivi
compiendo un’azione di esterna gestione (uscita di denaro). Una volta acquistati i fattori
produttivi, l’azienda ricorre ad azioni di interna gestione, ovvero processi al fine di
trasformare i fattori produttivi in prodotti, e poi ad azioni di esterna gestione, ovvero la
vendita di questi prodotti(entrata di denaro).
● Dai mezzi monetari che entrano a fronte della cessione dei prodotti.
LEZIONE DEL 29 SETTEMBRE 2020
Nel primo caso, ovvero nel caso in cui mi rivolgevo a terze economie per avere un
sostegno economico per durare nel tempo, si parla di finanziamenti richiesti.
Nel secondo caso, invece, si parla di finanziamenti concessi. Ad esempio immaginiamo
che un’azienda abbia risorse monetarie in eccedenza, questa azienda decide di mettere
sul mercato questa eccedenza. Quindi ho un’uscita di denaro che vuol dire concedere un
finanziamento a terzi. Ciò comporta, per chi riceve il prestito, degli oneri e, per chi lo fa,
dei proventi. Quando poi l’azienda a cui è stato imprestato il denaro restituisce i
finanziamenti ci sarà un’entrata di denaro ovviamente con gli interessi attivi.
LA FORMAZIONE DEI VALORI
Parliamo dei valori che sorgono nel momento in cui avviene uno scambio. Nel momento in
cui avviene uno scambio, che però non deve essere diretto (do il prodotto e ricevo moneta),
quindi uno scambio in cui non c’è passaggio di moneta, vi è la creazione di debiti e di crediti
di funzionamento.
● Essi sorgono, come già detto, nel momento in cui avviene lo scambio
● sostituiscono pro tempore le entrate e le uscite di denaro
● rappresentano dilazioni nel regolamento monetario di qualsiasi tipo di operazione
● sono valori assimilati
● sono valori momentaneamente sostitutivi di entrate ed uscite e quindi costituiscono valori
assimilabili al denaro
● rappresentano un’entrata e un’uscita di denaro futura; infatti le entrate e le uscite di denaro
(che sono variazioni monetarie), si manifestano alle scadenze definite con l’incasso dei crediti
ed il pagamento dei debiti
Essi nascono quando l’oggetto della negoziazione è proprio il denaro. Quindi i finanziamenti che vengono
concessi o ottenuti vengono esclusi dall’aspetto economico della gestione. L’unica cosa che ha un impatto
nell’aspetto economico della gestione è la differenza tra il concesso e il restituito, la quale infatti entra nella
formazione della ricchezza aziendale.
● gli oneri finanziari, derivanti dalla disponibilità pro tempore del denaro non di proprietà
● i proventi finanziari, derivanti dalla cessione pro tempore del denaro di proprietà
● A proposito delle entrate di denaro, esse si hanno quando entra denaro (+ denaro), quando entrano
dei crediti,i quali sono un esempio di valori assimilabili(+ crediti) e quando vengono annullati dei
debiti(-debiti).
Il denaro è liquidità mentre gli altri due sono trasformabili in liquidità più o meno a breve.
L’uscita di denaro più intuitiva è quando prelevo del denaro dalla cassa (-denaro), ma è uscita di denaro
anche quando si annullano dei crediti (-crediti) e quando vado ad aumentare i debiti (+ debiti).
La dimensione numeraria delle operazioni è definita come l’aspetto originario che misura il derivato aspetto
economico. L’aspetto originario è quello delle uscite e delle entrate di denaro e misura il derivato aspetto
economico.
A proposito dell’aspetto originario e dell’aspetto economico e ricordando anche che in passato abbiamo visto
i crediti e i debiti di funzionamento e di finanziamento,per comprendere meglio, presentiamo ora il circuito
della produzione, nel quale ritroviamo quelli di funzionamento, e il circuito dei finanziamenti, nel quale
troviamo quelli di finanziamento.
Immaginiamo che un’azienda acquisisca fattori produttivi(costi), in questo caso abbiamo delle uscite di
denaro e aumento di debiti di funzionamento. In seguito ci sarà il processo produttivo che porterà alla
vendita di prodotti(ricavi) e quindi ad entrate di denaro e aumento di crediti di funzionamento. Per
ricollegarci al titolo iniziale, nel parlare di costi e ricavi ci affacciamo sul settore economico(siamo nel derivato
aspetto economico), mentre quando parliamo di entrate ed uscite di denaro sfociamo nel settore
numerario,monetario e assimilato(quest’ultimo perché, come abbiamo visto in passato, ci sono i crediti e
debiti di funzionamento), e quindi siamo in questo caso nell’aspetto originario.
Anche qui abbiamo l’aspetto originario, il quale fa parte del settore finanziario/monetario e abbiamo il
derivato aspetto economico, il quale fa parte del settore economico.
Spiegando il circuito:
● abbiamo entrate di denaro grazie all’ottenimento di finanziamenti e ciò aumenta i debiti verso terzi
● si verifica quindi un aumento del capitale di proprietà
● arriverà poi un momento in cui dovrò restituire il capitale di proprietà
● questa restituzione porterà ad una riduzione dei debiti verso terzi e quindi ci saranno delle uscite
La gestione dell’azienda si sviluppa con la partecipazione di molteplici categorie di soggetti. Tra i soggetti
aziendali assumono particolare rilievo il soggetto giuridico e il soggetto economico.
1) Il primo è una persona o un gruppo di persone a cui sono riconducibili i diritti e le obbligazioni
connessi con l’attività dell’azienda. Il soggetto giuridico può essere di due tipi:
-soggetto giuridico di rappresentanza: è colui che fisicamente firma un contratto
-soggetto giuridico di responsabilità: è l’azienda stessa
Adesso vediamo qual è il rapporto tra soggetto giuridico di rappresentanza e le loro differenze
Soprattutto nelle società di capitali vediamo come c’è una profonda distinzione tra soci e società. È
quest’ultima(ovvero il soggetto giuridico di responsabilità) a rispondere per le obbligazioni sociali,
mentre i soci(soggetto giuridico di rappresentanza) godono di un responsabilità limitata per le
obbligazioni assunte dalla società
2) Il secondo è una persona o un gruppo di persone nel cui prevalente interesse l’azienda è
amministrata. Il soggetto economico controlla, domina l’azienda ed è in grado di reggerla e
indirizzarla verso il fine immediato. Quindi indirizzando l’azienda verso i propri fini, il soggetto
economico beneficia dell’attività dell’azienda. Non sempre però il gruppo che controlla l’azienda
coincide con il gruppo che beneficia dell’attività dell’azienda.
Ad esempio se siamo in un istituto famiglia i due gruppi coincidono. Se ,invece, ad esempio, una
persona va in banca e compra azioni di una determinata società, questa persona può solo sperare di
beneficiare dall’attività dell’azienda senza però occuparsi del controllo dell’azienda.
● Ricordiamo inoltre che a volte il soggetto economico può essere anche un organo occulto o
non noto all’esterno,e, a volte, all’interno dell’azienda.
Un esempio di quando il soggetto economico non è noto all’esterno dell’azienda si ha con le imprese
con capitale di maggioranza detenuto tramite società fiduciarie, ovvero società a cui do i miei capitali
e che entrano in capitali di altre società senza che il mio nome figuri.
Un esempio, invece, di quando il soggetto economico non è noto all’interno dell’azienda si ha nei
gruppi aziendali. Infatti ipotizziamo che una società alfa (capogruppo), la quale possiede al 100% la
società beta(cioè ha il totale del capitale della società beta e possiede il 70% della società gamma.
Nel frattempo la società beta possiede il 60% della società delta, la quale viene diretta e governata
dalla società beta, che a sua volta viene governata dal capogruppo.
● Inoltre il soggetto economico è unitario e unico. Infatti una decisione va presa nella sua
unitarietà e unicità. Legato all’unitarietà e all’unicità del soggetto economico diciamo che ad
esso fanno capo le prerogative massime di iniziativa:
● formazione dell’azienda(se sono tre persone a costituire il soggetto economico tutte e tre
devono essere d’accordo nel formare l’azienda, stessa cosa vale per gli altri tre punti)
● governo economico dell’azienda funzionante
● variazione della struttura aziendale
● estinzione dell’azienda
Il soggetto economico sono le persone che hanno il potere di prendere le decisioni di maggior portata
all’interno di un’azienda, quindi il soggetto economico ha tra i suoi obiettivi la massimizzazione della
soddisfazione degli interessi del soggetto economico stesso compatibilmente con un adeguato grado di
soddisfazione degli altri stakeholders (dipendenti, clienti e fornitori).
● il soggetto economico nell’azienda famigliare è costituito dai membri della famiglia, che sono in
grado di valutare le decisioni da prendere
● Inoltre la possibilità di esprimere il capitale di comando non necessariamente deriva dal possesso
della maggioranza assoluta del capitale. In altre parole si può essere soggetto economico senza per
forza avere la maggioranza assoluta del capitale, ma basta la maggioranza relativa.
● nell’azienda privata noi vediamo nel soggetto economico l’imprenditore e i prestatori di lavoro
● nell’azienda pubblica, invece, oltre a trovare anche qui i prestatori di lavoro, troviamo tutta un’altra
serie di soggetti economici che vanno identificati; infatti c’è l’utenza, il potenziale( che è il resto della
collettività che non è utenza ma che potrebbe essere utenza), ci sono i livelli di governo, quindi lo
stato, e c’è anche la governance.Inoltre la possibilità di esprimere il capitale di comando, in
un’azienda pubblica ovviamente, non necessariamente deriva dal possesso della maggioranza
assoluta del capitale. In altre parole si può essere soggetto economico senza per forza avere la
maggioranza assoluta del capitale, ma basta la maggioranza relativa.
LA GOVERNANCE
Quando si parla della governance della società si parla del soggetto economico, quando invece si parla di
corporate governance si tende ad allargare la definizione anche con le regole e i meccanismi che consentono
al soggetto economico di operare e di raggiungere i propri fini.
MODELLI DI GOVERNANCE
I modelli di governance sono differenti e la loro diversità è data dalla diversità di alcune variabili.
Nella realtà possiamo rilevare differenti modelli di governance in base a due variabili chiave:
● la composizione della compagine societaria, ovvero molti soci non stabili all’interno della compagine
societaria
● la stabilità della compagine stessa, ovvero pochi soci stabili
Dall’incrocio di queste due variabili chiave abbiamo due principali modelli di governance
● uno a proprietà chiusa, definito anche a proprietà concentrata: abbiamo un imprenditore che è
soggetto economico e giuridico della sua impresa, il capitale di proprietà è messo solo da questo
imprenditore e la proprietà quindi è concentrata nelle mani di questo imprenditore
● uno a proprietà aperta, definito anche a proprietà manageriale: in questo abbiamo più imprenditori
tanto che andiamo a dividere l’impresa manageriali in due sottoclassificazioni
● quella detta public company, detta anche proprietà diffusa
● impresa consociativa, detta anche proprietà ristretta
Ha degli elementi caratteristici. È concentrata nelle mani di un solo imprenditore ed è solitamente stabile.
Il suo obiettivo è la massimizzazione del profitto dell’imprenditore. L’obiettivo del massimo profitto vale
nell’ambito di condizioni che lo vincolano e lo limitano.
Elementi caratteristici:
● dissociazione dei ruoli tra il portatore del capitale di rischio(azionisti) e quello direzionale(manager).
Entrambi sono il soggetto economico dell’impresa manageriale e a volte azionisti e manager hanno
interessi che confliggono tra loro. Basti pensare che lo scopo degli azionisti è quello di raggiungere il
profitto in breve termine mentre lo scopo dei manager è quello di seguire un percorso di crescita
aziendale che prevede lunghi periodi(profitto vs crescita)
● di solito il capitale che investono, che è il capitale di rischio, coincide con le risorse finanziarie
● il loro obiettivo è quello di massimizzare il loro profitto
Il manager invece:
Nella impresa manageriale si possono avere due modelli diversi di corporate governance:
Mentre l’impresa a proprietà chiusa vede come suo limite il limite finanziario(ovvero un grado di potenziale
accesso al capitale di terzi assolutamente limitato), perché se voglio ricapitalizzare in un’impresa a proprietà
chiusa devo andare dall’imprenditore che deve andare in banca accendendo un prestito, ovvero mettendo il
proprio capitale di rischio, in modo che mi aumenti il proprio patrimonio netto e il proprio capitale
sociale(arrivando però poi al momento in cui il singolo imprenditore finisce il proprio capitale di rischio), la
public company, al contrario, vede l’importanza del mercato di borsa come un accesso al prestito
potenzialmente illimitato, cioè io immetto sul mercato nuove azioni e se potenzialmente tutti acquisteranno
le mie nuove azioni io avrò nuovo capitale di rischio che ovviamente dovrò restituire.
● il profilo finanziario:io immetto nuove azioni sul mercato di borsa e ho nuovo capitale di rischio a mia
disposizioni (spiegato prima)
● si affida l’azienda ad un profilo manageriale capace
● lungimiranza
● la stabilità dell’azionariato
● flessibilità finanziaria e possibilità di accedere al capitale a basso costo
● gli azionisti sono interessati ad un controllo più puntuale dell’operato del management
● elevati gradi di mediazione richiesti al management e ciò porta a lentezze decisionali, difficoltà nei
riorientamenti aziendali(cioè ad esempio le difficoltà che si hanno se sposto la produzione dall’Italia
ad uno stato estero,quando in realtà l’azienda nasce in Italia) e inoltre a volte a tollerare delle
inefficienze per non turbare il consenso
● eccessi di conservatorismo e di prudenza nelle scelte strategiche(scarsa propensione ad investimenti
a rischio privato) e quindi limiti al cambiamento
● al contrario del precedente,esasperazione dell’orientamento alla crescita
LEZIONE 13 OTTOBRE
LE RISORSE
Un’azienda, nello svolgimento della propria attività, può realizzare una combinazione tra risorse, anche in
considerazione del contesto ambientale, creando così un sistema di risorse, il quale è funzionale alla
realizzazione dei prodotti e dei servizi.
I prodotti e i servizi sono solo la punta dell’iceberg dei risultati dell’attività aziendale, il cui svolgimento
determina inevitabilmente anche la trasformazione del sistema di risorse stesso. Parlando di trasformazione,
posso andare a parlare di trasformazione consapevole e di trasformazione inconsapevole. La prima, ad
esempio, è un processo dove consapevolmente io vado ad acquistare un nuovo macchinario perché mi sono
reso conto dell’obsolescenza del vecchio macchinario. Per quanto riguarda la seconda invece, significa che
negli anni tutti coloro che lavorano all’interno dell’azienda hanno cambiato inconsapevolmente il loro modo
di lavorare.
Inoltre il sistema di risorse è visto come input e come prodotto congiunto dell’attività aziendale, che va ad
aggiungersi al più evidente output. Però possiamo anche parlare non solo di processo lineare (input e
output), bensì anche di processo circolare, ovvero il sistema di risorse non può solo consumarsi o essersi
impoverito, ma anche auto alimentarsi ed essere quindi arricchito.
1)risorse finanziarie, cioè quando parliamo di denaro. Esse sono rappresentate da un fattore produttivo
generico, il denaro, attualmente disponibile, e anche dai mezzi monetari che diverranno disponibili in futuro,
ovvero i crediti funzionamento e di finanziamento.
Il denaro di cui un’azienda dispone, in quantità e forma variabili nell’arco della propria vita, può avere origine
endogena, cioè quando mi autofinanzio, ovvero quando creo ricchezza all’interno della mia azienda, oppure
esogena, significa che mi sto rivolgendo all’esterno della mia azienda, cioè mi sto rivolgendo ad un capitale di
prestito e ad un capitale di rischio.
Per un’azienda la capacità di reperire risorse finanziarie è fondamentale per garantirne la sopravvivenza e
legato a ciò è fondamentale l’autofinanziamento che mi permette di non dipendere da terzi.
2)risorse materiali, ad esempio una materia prima o un macchinario per trasformare quella materia prima.
Esse sono beni tangibili, ossia fattori produttivi specifici, caratteristici dell’attività che un’azienda svolge.
Una volta che la risorsa materiale entra nella produzione, la risorsa materiale cede la propria utilità per uno o
più processi produttivi e, in assenza di eventi straordinari, progressivamente si consuma, riducendo, fino ad
annullarla, la propria utilità residua.
3)risorse immateriali, ad esempio i brevetti, un software. Esse comprendono una vasta gamma di elementi e,
più in generale, condizioni produttive accomunati dalla caratteristica di avere natura intangibile.
Adesso vediamo che ci sono risorse immateriali che si vanno a classificare in 3 macrogruppi:
● quando parlo di capitale umano(primo macrogruppo), parlo delle persone, e quindi parlo del fatto
che abbiano delle proprie conoscenze, abilità, esperienza, creatività(queste sono le risorse
immateriali),
● quando parlo del capitale organizzativo(secondo macrogruppo), parlo di cultura aziendale, dei
database, delle procedure organizzative, dei brevetti (risorse immateriali)
● quando parlo del capitale relazionale(terzo macrogruppo), parlo di relazioni con finanziatori, di
immagine(ad esempio un marchio), partnerships
Come per le altre due tipologie di risorse, anche le risorse immateriali possono avere un’origine esogena,
cioè quando mi rivolgo all’esterno e acquisto partnerships o quando ho iniziative specifiche esterne, o
un’origine endogena, cioè riguardo iniziative interne e funzionamento aziendale(ad esempio io accumulo
delle risorse e mi creo internamente un marchio).
Ricordiamo che l’investimento in risorse immateriali è un investimento ad alto rischio, in quanto comporta
tempi lunghi e una bassa controllabilità della risorsa e dei benefici associati, ma potenzialmente sono anche
ad alto rendimento, in quanto io posso usare, ad esempio, il marchio in una molteplicità di usi diversi e posso
creare circoli virtuosi con le partnerships, il marchio che mi portano ad aumentare la mia vendita in modo
esponenziale.
Quindi io utilizzo una risorsa per avere una combinazione di risorse, ognuna delle quali ha un valore d’uso, e
alla fine avrò un valore di scambio.
Quali sono le risorse che mi conviene utilizzare per ottenere risultati economici?
1)l’impresa individuale.
● È quella che è priva di autonomia giuridica, cioè abbiamo una persona(l’imprenditore)che ha avuto
l’idea dell’impresa, che ha messo il proprio capitale di rischio e che assume illimitatamente i rischi
derivanti dall’impresa, cioè risponde con il proprio patrimonioe, in caso di insolvenza, può subire il
fallimento.
● L’imprenditore, quindi, è sia soggetto economico che soggetto giuridico di fatto perché assume il
pieno controllo della gestione e accentra la direzione nelle sue mani.
● L’organizzazione dell’impresa individuale è poco formalizzata e molto flessibile, vi è un contatto
diretto tra l’imprenditore e i lavoratori, tipico delle imprese di piccole dimensioni e la comunicazione
interna non presenta difficoltà e il coordinamento è facilitato dalla quasi totale assenza di gerarchie.
2)L’impresa collettiva
● Due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo
scopo di dividerne gli utili(o le eventuali perdite).dal contratto di società, che è il contratto che unisce
due o più persone nel formare l’impresa, nasce appunto l’impresa collettiva.
● nelle imprese collettive si hanno più proprietari disposti ad accollarsi i rischi e i vantaggi derivanti
dallo svolgimento dell’attività commerciale
● unendo i loro apporti l’impresa viene dotata di mezzi propri che possono essere più o meno ingenti a
seconda del tipo di società prescelto
● anche la raccolta del capitale di debito è generalmente facilitata dalle maggiori garanzie offerte
dall’impresa di più grandi dimensioni
● le motivazioni alla base di un’impresa collettiva sono la possibilità di reperire un maggior volume di
capitali e il frazionamento dei rischi imprenditoriali tra più persone
Sotto le imprese collettive troviamo le società commerciali, sotto le quali abbiamo tre tipologie fondamentli
di società:
● società di persone
1. sono prive di personalità giuridica. Il soggetto giuridico è costituito dagli stessi soci che rispondono in
via sussidiaria dei debiti contratti dalla società anche con il proprio patrimonio personale
2. essi governano l’impresa della quale sono il soggetto economico, assumendosene i rischi
3. pur essendo prive di personalità giuridica, le società di persone hanno un patrimonio autonomo ,
distinto da quello personale dei soci
4. tale autonomia è però imperfetta poiché, qualora il patrimonio sia insufficiente ad estinguere i debiti
della società, i creditori possono rivalersi sul patrimonio personale dei singoli soci
5. si costituiscono con atto pubblico o scrittura privata autenticata
● società in nome collettivo (SNC). Sono formate da una pluralità di soci che rispondono solidalmente e
illimitatamente delle obbligazioni sociali. Perciò ogni socio può rispondere dei debiti sociali per intero
o con il proprio patrimonio personale
● società in accomandita semplice (SAS). Sono caratterizzate dalla coesistenza di due diverse categorie
di soci con diversa responsabilità:
1. soci accomandatari, che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali
2. soci accomandanti, che rispondono limitatamente alla quota conferita
In generale, tutti i tipi di società di persone agiscono sotto un nome che è detto ragione sociale e deve
contenere il nome di uno o più soci
● società di capitali
● sono dotate di personalità giuridica: delle obbligazioni sociali risponde la società stessa con il proprio
patrimonio
● hanno pertanto autonomia patrimoniale perfetta perché il patrimonio sociale è separato da quello
personale dei soci
● i soci, quindi, sono separati solo per le quote conferite
● il nome sotto il quale agiscono è detto denominazione sociale
● il capitale sociale deve avere un importo minimo, diverso a seconda del tipo di società
● si costituiscono solo con atto pubblico
1. società per azioni (SPA). Sono un modello societario a compagine sociale potenzialmente illimitata,
dove assumono rilevanza centrale la circolazione della partecipazione sociale e la possibilità di
ricorso al mercato del capitale di rischio realizzato attraverso l’emissione di azioni e di titoli
rappresentativi delle quote dei soci.
2. società a responsabilità limitata. Sono un modello societario in cui è vietata l’emissione di azioni e
che risponde alle esigenze proprie delle imprese a ristretta compagine sociale. Le azioni sono
sostituite da quote.
3. società in accomandita per azioni. Modello societario intermedio, caratterizzato, come nelle società
in accomandita semplice, dalla presenza sia di soci accomandanti, sia di soci accomandatari. A
differenza di questa, però, le quote dei soci sono rappresentate da azioni
4. società unipersonale. Si costituisce con un atto unilaterale ed è circoscritta solo alla forma di srl e
spa. Sono a socio unico e quindi vi è una limitazione della responsabilità al capitale conferito e le
quote di capitale sono interamente detenute da un unico proprietario
● società cooperative,
● Sono società dotate di personalità giuridica che perseguono finalità mutualistiche, ossia rivolte
soprattutto a soddisfare i bisogni degli stessi soci.
● Nel rapporto cooperativistico per il socio non deve esserci intento speculativo; tuttavia questo non
significa che nella sua attività esterna la società cooperativa non debba comunque porsi obiettivi di
economicità e di efficienza, indispensabili per poter continuare lo svolgimento della funzione sociale.
1. La mutualità prevalente. Sono quelle società che nello statuto hanno (lo statuto è un documento
della società diviso in articoli i quali vanno a definire le regole e i componenti di una società) clausole
di non lucratività e rispettano il criterio della mutualità, cioè il criterio del non profit come oggetto
sociale
2. La mutualità non prevalente. Pur svolgendo una funzione sociale non rispettano il criterio della
prevalenza nello scambio mutualistico, quindi si soddisfano maggiormente i bisogni dei soci
FATTORI DETERMINANTI CHE FANNO PROPENDERE PER UNA FORMA GIURIDICA PIUTTOSTO CHE UN’ALTRA
● rischi assunti dai soci: qualora i soci siano orientati a limitare la propria responsabilità, le società di
capitali sono, in genere, da preferire, alle società di persone
● dimensione dell’azienda: la dimensione da dare all’impresa dipende dal settore di attività prescelto
ed è vincolata dal volume di mezzi finanziari necessari per effettuare gli investimenti richiesti. Sotto
questo aspetto sono da preferire le società di capitali in quanto hanno una maggiore facilità nel
reperire finanziamenti
● aspetti organizzativi e gestionali: le società di capitali costituiscono la forma giuridica più adatta alle
grandi imprese. Le società di persone invece, che costituiscono la forma giuridica più adatta alle
piccole imprese, sono più idonee a inserirsi in settori produttivi che si basano sul fattore lavoro come
fattore produttivo principale
● aspetti giuridici e fiscali: sotto l’aspetto giuridico e fiscale, è rilevante anche il modo con cui sono
trasferibili le quote di capitale sottoscritte dai soci.
● Inoltre deve essere preso in considerazione anche l’onere connesso agli adempimenti civilistici, ciò
vuol dire che più la società diventa di grandi dimensioni e diventa una società di capitali, più avrà
degli adempimenti da rispettare
LEZIONE DEL 19 OTTOBRE 2020
L’organizzazione è importante anche per quanto riguarda gli input e gli output.
Infatti, teniamo conto del fatto che l’organizzazione prende degli input, i quali vengono trasformati
dall’organizzazione in output i quali, questi ultimi, possono avere un impatto positivo sulla soddisfazione del
bisogno in termini di outcome.
In generale possiamo avere organizzazioni che svolgono le stesse attività, che producono gli stessi beni e gli
stessi servizi, però è possibile anche che aziende che producono gli stessi beni e servizi abbiano
organizzazioni differenti, cioè performances diverse.
Ma perché un’azienda che produce gli stessi beni può avere una performance migliore o peggiore rispetto al
proprio concorrente?
Questo dipende proprio dall’organizzazione che ha tale azienda perché, a parità di tipologie di output che
vado a produrre, l’organizzazione può variare in base alle scelte che l’azienda deve fare coerenti con la
propria strategia e con il proprio modo di essere, ma anche con l’ambiente.
LA TEORIA ORGANIZZATIVA
È lo studio di come funzionano le organizzazioni e del modo in cui influenzano e vengono influenzate
dall’ambiente in cui operano.
Per capire in che modo funzionano le organizzazioni è necessario introdurre questi concetti principali:
1) STRUTTURA ORGANIZZATIVA
2) CULTURA ORGANIZZATIVA
3) LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA
4) IL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
5) IL RUOLO ORGANIZZATIVO
1)STRUTTURA ORGANIZZATIVA
E’ il sistema formale di compiti e relazioni di autorità che controllano il modo in cui le persone coordinano le
proprie azioni e utilizzano le risorse per conseguire gli obiettivi dell’organizzazione.
Quindi una struttura organizzativa è la divisione del lavoro, ma indica anche le relazioni che esistono tra le
diverse parti dell’organizzazione. Infatti noi sappiamo che l’organizzazione tende a mettere insieme persone
che condividono le stesse tecniche, le stesse esperienze o che comunque hanno obiettivi comuni, creando
così delle unità organizzative.
Queste unità organizzative non sono tutte uguali ai fini del risultato dell’organizzazione, perche c’è chi ad
esempio è direttamente impegnato nella produzione del prodotto e chi invece deve redigere il bilancio. Il
ruolo svolto dalle persone che si occupano direttamente della produzione del prodotto è un ruolo di linea
mentre il ruolo di queste persone che non si occupano direttamente della produzione dell’oggetto aziendale
ma che danno un supporto ad essa non è di linea ma di staff. La creazione delle unità organizzative risponde
alla necessità di svolgere le attività di lavoro strategicamente importanti per l’organizzazione.
Le principali modalità per la creazione delle unità organizzative sono le conoscenze e le capacità (le attività
sono raggruppate in base alle conoscenze specialistiche delle persone che le svolgono),i processi di
lavoro(persone che svolgono determinate tipologie di attività), le funzioni (sono raggruppate in unità sulla
base della specifica azione aziendale per la quale svolgeranno la loro attività e possono essere di 5 tipi:di
supporto,che facilitano all’organizzazione il controllo delle relazioni con l’ambiente e gli stakeholders, di
produzione, che gestiscono e migliorano l’efficienza dei processi di conversione di un’organizzazione, in
modo da creare più valore, di manutenzione, che consentono ad un’organizzazione di tenere in operatività i
suoi reparti, adattive, che consentono all’organizzazione di adattarsi ai cambiamenti che intervengono nel
suo ambiente, manageriali, che facilitano il controllo e il coordinamento delle attività all’interno dei reparti e
tra i reparti), gli output(sulla base dei prodotti che ottengono o dei servizi che forniscono), la clientela (sulla
base della tipologia di cliente) e la località geografica (in base alle zone nelle quali l’azienda opera)
A proposito della struttura organizzativa ricordiamo che l’organigramma è la rappresentazione grafica della
struttura organizzativa. Esso differenzia verticalmente i ruoli organizzativi in base all’autorità che si
accompagna a ciascuno di essi (gerarchia). Orizzontalmente, invece, esso differenzia le varie responsabilità
operative, creando la divisione del lavoro che consente ai componenti di un’organizzazione di diventare più
specializzati e produttivi.
● specializzazione comune; noi abbiamo detto che le organizzazioni tendono ad assegnare specifici
compiti alle persone in modo che quelle persone si possano specializzare. Questo fatto non avviene
nella struttura semplice in quanto esiste una specializzazione comune e non specifica, nel senso che il
lavoro può essere svolto in maniera intercambiabile tra le diverse persone e quindi tutti possono fare
il lavoro di tutti
●
contatto diretto, che è il meccanismo di coordinamento più utilizzato. Quindi i soggetti attraverso le
relazioni interpersonali si mettono d’accordo trovando le risoluzioni ai problemi
●
aggiustamento reciproco, cioè vi è un comportamento basato sul confronto tra le persone e il
trovare soluzioni in maniera condivisa
●
struttura piatta, in quanto non abbiamo livelli gerarchici
b) la struttura funzionale
E’ un’organizzazione che raggruppa i dipendenti in base alle competenze che hanno in comune, oppure
perché utilizzano le stesse risorse.
I livelli gerarchici che ha questa struttura funzionale sono tre e le funzioni di staff sono 2.
Le principali caratteristiche:
● la divisione del lavoro e quindi ogni membro si occupa di un’attività in cui è specializzato
● abbiamo un alto livello di complessità e alto livello di livelli gerarchici
● le economie di scala (un esempio di economia di scala è la riduzione dei costi legati all’aumento dei
volumi di produzione). In questo modo il prodotto finito ha un costo minore rispetto a chi invece non
realizza i prodotti in serie.
c) struttura divisionale
Raggruppa le funzioni a seconda delle esigenze specifiche dei prodotti, mercati o dei clienti.
L’obiettivo è creare delle sotto unità più piccole e gestibili all’interno dell’organizzazione
Se aumenta la complessità legata al prodotto, mercato o cliente occorre una struttura divisionale, ovvero
una struttura che:
● favorisca un controllo efficace sule funzioni
● favorisca un controllo sulla gestione complessiva dell’azienda
● che abbia un più alto grado di differenziazione verticale, quindi più livelli gerarchici
● che abbia un più alto grado di differenziazione orizzontale, quindi aumentare il controllo delle varie
funzioni
● che abbia un più alto grado di integrazione
2) struttura geografica, se la complessità è dovuta al numero dei luoghi in cui l’organizzazione realizza e vende i
prodotti.
In questa struttura:
● le divisioni sono organizzate sulla base dei requisiti dei luoghi in cui opera l’organizzazione
● essa sviluppa le competenze distintive in base alle necessità dei clienti delle diverse zone
● alcune funzioni sono accentrate nella sede corporate e altre decentrate a livello di zona
3) struttura per segmenti, se il problema è dovuto alla gestione di un gran numero di segmenti di clientela
diversi.
In questa struttura:
● al centro dell’organizzazione c’è il marketing
● le competenze e le abilità professionali sono in linea con le necessità di prodotto dei diversi segmenti
di clienti
● le divisioni sono orientate a soddisfare le necessità dei diversi clienti
● l’organizzazione è in grado di percepire velocemente i cambiamenti del proprio mercato
d) la struttura a matrice
● Ha solo due livelli gerarchici, quindi la struttura è abbastanza piatta
● l’autorità generalmente è molto decentrata
● c’è un meccanismo di integrazione
e) la struttura a network
E’ un’organizzazione a rete.
Questo avviene ogni volta che abbiamo un’azienda centrale che instaura con altre aziende dei contratti per
avere input o output a seconda delle diverse aziende.
2)la cultura organizzativa l’insieme dei valori e norme condivise che controllano le interazioni dei
membri dell’organizzazione tra di loro e con i fornitori, i clienti e altri soggetti esterni all’organizzazione
3)la progettazione organizzativaè il processo attraverso cui i manager selezionano e gestiscono vari
aspetti della struttura e della cultura organizzativa , in modo tale che l’organizzazione possa controllare le attività
e i processi necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi.
1) il più semplice è la gerarchia, la quale stabilisce chi riporta a chi e quindi coordina i diversi ruoli organizzativi
2) contatto diretto, che prevede uno sviluppo di relazioni interpersonali per superare i problemi che insorgono
3) ruoli di collegamento, dove uno o più membri di ciascun sotto-unità si assumono la responsabilità di
collaborare al coordinamento delle attività sub-unitarie
4) Team o task force; entrambi costituiscono gruppi di integrazione che forniscono soluzioni per il coordinamento
coinvolgendo più livelli. I primi hanno una natura permanente, quindi una volta creata la squadra di soggetti
derivanti da diverse funzioni restano sempre in questo team anche dopo aver risolto il problema, i secondi invece
prevedono lo scioglimento della squadra dopo aver risolto il problema
5) ruoli o reparti di integrazione; un ruolo di integrazione è quello svolto da un nuovo manager che si occupa a
tempo pieno di facilitare e migliorare la comunicazione. Quando però questo manager è affiancato da dei
collaboratori si crea un reparto dove la funzione svolta dal manager e dai suoi collaboratori è sempre la stessa,
ovvero occuparsi a tempo pieno di facilitare e migliorare la comunicazione.
2) la seconda in cui il potere di prendere decisioni importanti sulle risorse dell’organizzazione viene delegato a
manager di tutti i livelli della gerarchia.
Il vantaggio di questo tipo di organizzazione è che c’è una maggior flessibilità e il manager e i dipendenti sono più
motivati,
mentre lo svantaggio è che la pianificazione e il coordinamento diventano difficili
- il primo modo che il nostro manager ha per coordinare i nostri collaboratori è quello dell’adattamento
reciproco, cioè lascia i due soggetti liberi di coordinarsi in maniera autonoma
-il secondo modo è quello della supervisione gerarchica: il nostro manager ha un ruolo più attivo perché dà delle
indicazioni, fa svolgere le attività e il manager controlla che quelle attività siano state svolte correttamente
- il terzo modo è quello della standardizzazione dei processi di lavoro, cioè standardizzare come deve essere
svolto il lavoro
-il quarto modo è la standardizzazione dei risultati, cioè definire un obiettivo e lasciar poi le persone libere di
svolgere quell’attività nel modo in cui lo ritengono più opportuno per raggiungere quel determinato obiettivo
- STANDARDIZZAZIONE: ogni volta che noi definiamo a priori delle regole da seguire stiamo facendo una
standardizzazione, la quale è legata a comportamenti a loro volta legati a procedure già definite
Quindi, se abbiamo un’alta standardizzazione o un alto aggiustamento reciproco noi potremo avere livelli di
formalizzazione alta o bassa, infatti:
- se ci affidiamo ad un’alta standardizzazione avremo un’alta formalizzazione,
- mentre se ci affidiamo ad un alto aggiustamento reciproco avremo una bassa formalizzazione.
-i comportamenti sono il risultato dell’aggiustamento reciproco tra i componenti delle diverse funzioni
5) il ruolo organizzativoè l’insieme dei comportamenti connessi ai compiti operativi richiesti ad una
persona dalla posizione che occupa in una organizzazione
LEZIONE 21 OTTOBRE 2020
IL BILANCIO
Il bilancio è uno dei momenti della misurazione, in cui io vado a misurare, a rendicontare.
Il bilancio ha una valenza prevalentemente esterna perché mi serve, ad esempio, per andare a chiedere un
finanziamento in banca.
2) informazioni analitiche :
●sull’ammontare delle diverse risorse impiegate,
1)informazioni non quantitative: in questo caso significa che mediamente sono qualitative.
Ad esempio noi facciamo un prodotto migliore di un altro.
2)informazioni quantitative, che delle due sono quelle che ci interessano dato che stiamo parlando di
bilancio. Le informazioni quantitative si dividono in due tipi:
-informazioni monetarie che sono quelle che delle due ci interessano maggiormente dato che stiamo
parlando di bilancio
- informazioni non monetarie: esistono una serie di dati all’interno di un’azienda che non si riferiscono alla
parte monetaria
Le informazioni monetarie
Le informazioni monetarie possono essere divise, a loro volta, in 4 diverse tipologie di informazioni:
Informazioni operative, le quali hanno a che fare con il dettaglio delle operazioni e sono
necessarie per svolgere le attività giornaliere
Informazioni di bilancio, le quali sono utilizzate dal management e da parti terze quando
periodicamente trovano sintesi nel bilancio rivolto a pubblicazione. Le informazioni di bilancio,
quindi, costituiscono la contabilità generale e le informazioni di bilancio sono rivolte all’esterno,
quindi hanno utilizzi esterni
a) Informazioni per il management, che sono quelle informazioni impiegate dal management per
pianificare, porre in atto decisioni e controllare. Sono raccolte, analizzate e rendicontate dal Controllo di
Gestione. Le informazioni per il management sono la contabilità direzionale.
La contabilità direzionale
● dal punto di vista contabile, raccoglie, sintetizza e distribuisce all’interno di rendiconti le informazioni
contabili,
● mentre dal punto di vista dell’utilizzatore comprende, analizza e interpreta i report per assumere
decisioni.
Le informazioni per il management finiscono ad essere informazioni per usi interni, cioè rivolte
all’interno.
In particolare esse sono utilizzate a supporto di 3 principali funzioni del management:
1) programmare: decidere quali azioni debbano essere avviate. Programmare richiede l’assunzione di
decisioni come identificare dei problemi, generare alternative, specificare i criteri della scelta tra alternative,
utilizzare informazioni e comparare con i criteri scelti le alternative e selezionare la migliore
2) implementare (porre in atto): significa che devo porre in atto determinate azioni affinchè, attraverso
risorse e persone, si possano conseguire i risultati programmati. Inoltre i manager possono modificare i
programmi quando risulti necessario od opportuno farlo
2) scopo: lo scopo del bilancio è produrre rendiconti per soggetti economici esterni, mentre le informazioni
del controllo di gestione sono un mezzo per raggiungere uno scopo
3) utilizzatori: gli utilizzatori del bilancio sono gruppi di persone relativamente ampi in maggior parte
dall’identità personale ignota al management, mentre gli utilizzatori del controllo di gestione sono gruppi
relativamente ristretti di persone interne e dall’identità nota
5) fonte dei principi: il bilancio deve essere redatto e mantenuto in conformità al codice civile e alla prassi
contabile, mentre i principi del controllo di gestione variano in funzione della finalità
dell’informazione e non sono vincolati da alcuna autorità esterna
7) il contenuto delle informazioni: il bilancio sintetizza principalmente il risultato di fenomeni che hanno un
effetto esprimibile in termini monetari e raccoglie data, conto e importo, mentre il controllo di gestione
produce molti tipi diversi di informazioni (monetarie e non) utili ai decisori
8) la precisione delle informazioni: le approssimazioni del controllo di gestione sono maggiori di quelle
tipiche del bilancio
9) la frequenza del reporting: il bilancio è obbligatoriamente prodotto con frequenza annuale, mentre le
informazioni del controllo di gestione sono generate con frequenza più alta
10) la tempestività del reporting: il bilancio è pubblicato e distribuito agli azionisti dopo alcuni mesi dalla
chiusura del periodo amministrativo, mentre i reports del controllo di gestione sono distribuiti
tempestivamente, normalmente, qualche giorno dopo la chiusura del periodo di riferimento
11) l ‘oggetto del reporting: il bilancio descrive l’intera organizzazione dell’impresa, mentre il controllo di
gestione focalizza principalmente porzioni d’impresa
12) le responsabilità potenziali: per il bilancio sono teoricamente sempre esistenti, mentre per il
controllo di gestione virtualmente nessuna
A proposito delle informazioni monetarie appena viste, dato che stiamo parlando di bilancio a noi
interessano le informazioni di bilancio e le informazioni per il management.
Questi due tipi di informazioni, che sono informazioni contabili, sono utilizzate
LA CONTABILITÀ
-La contabilità è il processo di raccolta, misurazione, analisi, interpretazione, sintesi e comunicazione di
informazioni economiche e finanziarie che consentano ai decisori di esprimere giudizi e valutazioni
sull’impresa.
-La contabilità è un linguaggio tecnico (infatti ci sono vari tecnicismi) guidato da regole non tutte pienamente
condivise(cioè ci sono delle stime all’interno della contabilità che possono essere soggettive, ovvero il tempo
con cui decideremo di consumare un’attrezzatura è dato in parte dalle regole dei principi contabili, ma in parte
sono io che vado a decidere quanto realmente la consumo e quindi determinati passaggi e regole possono
non essere condivisi totalmente).
I principi sono regole generali che guidano la contabilità ed hanno queste caratteristiche:
2) L’oggettività, cioè la verificabilità: se la contabilità produce informazioni non influenzate da chi le fornisce
3) La fattibilità: se il bilancio può essere implementato cosa senza eccessivi costi o complessità
I principi che stanno alla base della contabilità sono definiti dal codice civile, agli articoli 2423 e 2435 bis.
L’art. 2423:gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato
patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa.
In questo articolo possiamo vedere alcuni principi, e cioè che il bilancio deve essere redatto con chiarezza e
deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il
risultato economico dell’esercizio.
Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione
veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.
L’art. 2435 bis: le società, che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, possono
redigere il bilancio in forma abbreviata quando, nel primo esercizioo, successivamente, per due
esercizi consecutivi, non abbiano superato dei limiti.
Da dove derivano le indicazioni tecniche e le regole specifiche dei nostri principi alla base delle
contabilità?
Per quanto riguarda l’Italia, derivano
- in parte dal codice civile
- e in parte dall’Organismo Italiano di Contabilità con una progressiva adesione dell’Italia alle norme
internazionali
-il fatto che i revisori contabili, che sono coloro che vanno a verificare la correttezza del mio bilancio,
debbano avere delle competenze internazionali che favoriscono così la diffusione della conoscenza
contabile
-il fatto che in una società ci siano minori costi di riconciliazione (infatti se io sono, ad es., una società che
ha più sedi, alcune delle quali fuori dall’Italia, applicando i principi contabili internazionali non avrò
bisogno di mettere in campo grosse risorse di riconciliazione) e legato a ciò avrò anche una maggiore
facilità a reperire dei capitali incentivando conseguentemente la globalizzazione.
I PRINCIPALI DOCUMENTI CHE STANNO ALLA BASE DEL BILANCIO
1) Stato patrimoniale
2) Conto economico
3) il rendiconto dei flussi di cassa
4) la nota integrativa
1) LO STATO PATRIMONIALE
ATTIVITA’
- deve essere stata acquisita attraverso una transazione,
- deve essere una risorsa economica,
- deve essere controllata dall’azienda e il suo costo ( o il suo fair value) deve essere misurabile in modo
attendibile al momento dell’acquisto.
Quindi, in altre parole, le attività sono risorse economiche controllate da un’azienda il cui costo può
essere misurato in maniera affidabile al momento dell’acquisizione
Noi possiamo dividere le attività in:
- attività correnti o a breve termine, nelle quali posso trovare tutte le attività definite a breve termine,
quindi:
. la liquidità immediata(cassa)
. sia la liquidità che si otterrà a breve termine (ad es un prodotto che aspetto di vendere e quando lo avrò
venduto avrò ottenuto della liquidità)
● PASSIVITÀ
Le passività a loro volta posso dividersi in due sezioni:
-passività correnti o a breve termine, che presentano a loro volta due tipi di passività:
- le passività correnti finanziarie, che comprendono
. debiti a breve verso banche,
. debiti a breve verso società di gruppo
. e quote in scadenza di debiti a lungo termine
Sempre a proposito delle passività, quando parliamo di esse parliamo dei diritti vantati sia da terzi che dalla
stessa proprietà dell’azienda.
● CAPITALE NETTOche può essere diviso in:
-capitale versato,detto anche capitale di conferimento,che è l’ammontare di denaro apportato direttamente
dalla proprietà, quindi il capitale proprio o di rischio.
Questo capitale versato possiamo considerarlo come capitale sociale, che comprende le azioni in circolazione
moltiplicate per il valore nominale dell’azione(io do il valore di un euro all’azione e dico che il valore nominale
dell’azione è 1 euro e, se ho messo 100000 azioni il capitale sociale è di 100000 euro), e come riserva da
sovrapprezzo di azioni, ovvero io ho delle azioni in circolazione che io ho pagato un prezzo ma il cui valore nominale
è più basso ( cioè l’azione vale un euro ma io mi sono fatto dare dai soci che hanno acquistato delle azioni 1,2 euro,
quindi in realtà ho un 120000 euro di capitale e un capitale sociale di 100000)
-riserve di utili,dette anche capitale di risparmio, cioè la ricchezza generata attraverso la gestione e non
distribuita sotto forma di dividendi. Questa ricchezza mostra quanto la proprietà ha investito nell’azienda, cioè in che
misura ha finanziato le attività.
Quando parliamo di stato patrimoniale, parliamo dei principi contabili che stanno alla base dello stato
patrimoniale che sono:
● omogeneità: le registrazioni contabili si riferiscono unicamente ad eventi che producono effetti esprimibili
affidabilmente in termini monetari. Quindi bisogna ricondurre tutte le informazioni interne al mio stato
patrimoniale ad informazioni che sono sommabili algebricamente anche se hanno nature completamente
diverse. Ricordiamo però che l’adottare il principio di omogeneità pone severi limiti alle finalità del bilancio, in
quanto il bilancio alla fine sarà una descrizione incompleta perché non riporta tutti i fatti importanti che
riguardano la vita dell’impresa, ma solo i fatti che sono stati ricondotti ad una somma algebrica in denaro.
Infine, affidandosi a questo principio, ricordiamo che i valori sono espressi in termini di potere d’acquisto della
moneta al momento della registrazione.
● entità: in questo caso la contabilità si riferisce ad un’entità, non alle persone che siano in qualche modo
collegate ad essa. Quindi la contabilità si riferisce all’azienda.
● il costo storico e il fair value: le risorse economiche di un’azienda le possiamo definire attività o asset o
elementi patrimoniali.
Le attività possono essere
- non monetarie, cioè non esiste un’informazione oggettiva e affidabile di quale sia il loro valore di mercato,
- o monetarie, cioè esiste un’informazione oggettiva e affidabile del loro valore.
Per collegarci al punto iniziale, un’attività, qualunque sia, è normalmente rilevata in contabilità al suo prezzo
d’acquisto cioè al suo costo storico.
Vediamo, sempre a proposito di questo ultimo punto, come contabilizzo le due categorie di attività:
-per quanto riguarda le attività non monetarie il costo d’acquisto continua ad essere il riferimento per la
contabilizzazione anche nei periodi successivi all’acquisto sicchè il valore contabile di un’attività non
monetaria non rappresenta con il passare del tempo il suo valore corrente
-per quanto riguarda invece le attività monetarie, la maggior parte di esse sono registrate in periodi successivi
a quello d’acquisto e al loro valore di presunto realizzo.
Il valore di mercato delle attività non monetarie come i terreni, edifici, attrezzature.. si modifica nel tempo per
molti motivi. il costo d’acquisto(il costo storico) rappresenta il valore di mercato di attività non monetarie solo
al momento dell’acquisto, mentre in seguito non ha più un legame con i prezzi di mercato.
Perché noi andiamo ad utilizzare il costo storico per le attività non monetarie?
-il principio del costo storico non rispetta il criterio della rilevanza(cioè l’informazione che mi dà il costo storico
non è rilevante per il mio bilancio), mentre invece rispetta l’oggettività e la fattibilità. Infatti stime personali e
soggettive possono comunque essere fatte da chi legge il bilancio
-il principio del costo storico non significa che il valore di un’attività non monetaria rimanga in bilancio quello
iniziale, ovvero il costo storico di un’attività pluriennale è infatti sistematicamente ridotto nel corso del tempo
attraverso l’ammortamento . tutta sta roba spiegata più semplicemente significa che attraverso
l’ammortamento io vado a rettificare il costo storico, quindi vado ad aggiornare il costo che io ho nelle mie
attività dello stato patrimoniale
Le attività monetarie(a pari di quelle non monetarie) sono registrate al costo storico al momento dell’acquisto
o, nel caso delle rimanenze, al costo di produzione al momento della loro formazione.
Inoltre sono adeguate nel tempo al loro valore di mercato o valore di presunto realizzo e questo adeguamento
nel tempo ai valori di mercato dipende dal tipo di attività monetaria.
In conclusione ricordiamo che l’utilizzo dei valori di mercato delle attività monetarie è rilevante, oggettivo e
fattibile
Per ora abbiamo parlato solo costo storico a proposito dell’ultimo punto trattato; adesso parliamo del fair
value.
Il fair value è il problema legato al fatto che il costo storico rischia di diventare rapidamente troppo differente
dal reale costo di mercato e il rischio di avere un’eccessiva oggettività può produrre un’eccessiva
mortificazione della rilevanza.
Quindi il fair value è l’importo netto al quale un’attività potrebbe essere venduta in una normale transazione
di mercato (prezzo di mercato meno costi di vendita= valore corrente)
● l’avviamento
Esso lo trovo solo in quelle aziende che mediamente sono state acquistate, ovvero se un’impresa non paga
niente per una determinata attività questa non compare normalmente nello stato patrimoniale. Quindi fattori
come la notorietà dell’impresa e dei suoi prodotti, il marchio e le competenze non sono dunque contabilizzati.
Allora adesso vediamo quando vado a contabilizzare l’avviamento: se un’impresa ne acquista un’altra
mediamente acquista l’altra ad un prezzo maggiore del valore attuale delle sue attività, quindi di quello che
potrebbe essere il valore di presunto realizzo delle attività, meno il valore di presunta estinzione delle sue
passività.
L’avviamento è un costo che deriva dall’acquisto di un’azienda il cui prezzo è maggiore della differenza tra il
fair value delle attività e il valore di presunta estinzione delle passività. In pratica è il prezzo che un’impresa
paga per mantenere la sua notorietà e la rete che si era creata precedentemente
L’avviamento si trova facendo il prezzo di acquisto di un’azienda meno il fair value del suo patrimonio netto
rettificato(quest’ultimo è dato da tutte le attività meno tutte le passività)
Per quanto riguarda le attività, le passività e il capitale netto, possiamo dividerli in due sezioni:
1) le attività nella sezione di sinistra
2) le passività e il capitale netto nella sezione di destra.
Inoltre,
1) mentre nelle attività posso inserire le risorse di valore, dette “cose”, che l’azienda possiede(ad esempio le
immobilizzazioni)
2) nelle passività e nel capitale netto posso inserire rispettivamente i diritti vantati dai creditori nei confronti
delle attività aziendali e i diritti vantati dalla proprietà nei confronti delle attività aziendali
2) il conto economico
A proposito del conto economico parliamo dei costi e dei ricavi e quindi tutta quella parte di fattori produttivi
che serve a produrre un prodotto e i ricavi che derivano dalla vendita di quel prodotto. Il conto economico
spiega come il reddito(che è dato dalla differenza tra ricavi e costi) è stato generato
● Costi di competenza, i quali sono flussi in uscita che si concretizzano in riduzioni della cassa (e/o aumento
delle passività) e in una riduzione delle riserve utili
Una volta calcolati i ricavi devo calcolare qual è il reddito del mio esercizio, il cosiddetto reddito netto(o
profitto netto, risultato netto,utile netto),il quale si ottiene sottraendo ai ricavi i costi di competenza. Quando
però i costi di competenza sono superiori dei ricavi si ha una perdita(risultato netto negativo)
● Il principio di prudenza. Per prudenza intendiamo la sottostima del reddito e delle attività qualora sussista
un’incertezza nella loro misurazione.Come applichiamo questo concetto di prudenza?
Riconoscendo i ricavi( incrementi delle riserve di utili) solo quando sono ragionevolmente certi e riconoscere i
costi (decrementi delle riserve di utili) non appena sono ragionevolmente possibili.
● Il principio di competenza.Un aspetto centrale del principio di competenza è che quando un evento influenza
sia i ricavi sia i costi, allora entrambi gli effetti devono essere riconosciuti nello stesso periodo e i costi correlati
ai ricavi di un certo periodo sono costi di competenza di quel periodo. In generale per applicare il principio di
competenza si riconosce prima l’ammontare dei ricavi e, conseguentemente, si determinano i costi.
Il principio di prudenza dice quando è possibile riconoscere un ricavo e soprattutto quanto ricavo riconoscere.
4) la nota integrativa
(non l’ha spiegato, non so se si è dimenticato o se lo farà in futuro)
__________________
Il capitale netto
Gli elementi costituenti il capitale netto:
1) Il capitale versato, che può essere il capitale sociale, cioè il capitale versato dai soci, quindi il capitale sociale,
che corrisponde ad un ammontare di denaro (o beni) apportato direttamente dalla proprietà
2) Le riserve di utili, ovvero la ricchezza generata attraverso la gestione e non distribuita sotto forma di dividendi.
Questo perché quando ad esempio creo un utile posso decidere di distribuire questo utile sotto forma di
dividendi ai miei soci
Per trovare il capitale netto dovrò sottrarre alle attività le passività,ovvero dovrò sottrarre le passività alla
somma tra capitale versato e riserve di utili( queste ultime che sono date dalla differenza tra utili non
distribuiti e sommatoria dividendi)
-deve fornire un quadro fedele e rilevante della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’azienda
Adesso andiamo a trattare due tipi di bilancio che si differenziano tra loro in base al tipo di uso che ne si fa:
Il bilancio ad uso interno: quando un’azienda produce con la contabilità generale un bilancio ad uso interno
non deve rispettare precise regole. Inoltre ci sono diversi modi per classificarlo( vedremo che l’azienda
riclassificherà il proprio conto economico e stato patrimoniale in base alle esigenze informative di cui in quel
momento necessita)
Il bilancio ad uso esterno: ha forma e contenuti regolati dal codice civile e dalla prassi contabile in quanto
bisogna dare informazione che vadano a tutelare gli interessi dei creditori, che rendano comprensibile la
lettura a persone esterne alla mia azienda, che rendano comparabili i bilanci nel tempo sia della mia azienda
che di imprese differenti.
Esistono diverse categorie di bilancio esterno a seconda:
-del bene di appartenenza( imprese bancarie, assicurative, società finanziarie, di produzione e di servizio)
-delle modalità di reperimento dei capitali(alle società quotate si applica una normativa specifica)
-della circostanza in cui si trova ad operare l’impresa, ovvero in base al fatto che l’impresa sia in continuità o
meno di funzionamento
Adesso, invece, trattiamo tre diversi tipi di bilancio che si differenziano in base alle loro finalità:
-bilancio fiscale, ha una finalità fiscale e serve a determinare il reddito imponibile su cui poi andare a pagare
le imposte e questo bilancio non deriva dal codice civile ma dal testo unico delle imposte dirette. La reperibilità
di questo bilancio è pubblica
-bilancio gestionale, il quale ha una finalità gestionale e quindi lo scopo è la conoscenza dell’andamento
della gestione secondo criteri aziendali ritenuti utili. La reperibilità di questo tipo di bilancio è privata.
ESERCIZIO
Si rilevino le seguenti operazioni della società laboratorio analisi per il LABFOOD SRL:
1) La società viene costituita in data 1/1 con un capitale sociale di 20000 che viene versato in data 1/1
2) la prima operazione consiste nell’acquisto di 200 siringhe monouso ad un prezzo di 2 euro l’una in data 20/01,
con pagamento a 30 giorni
3) si effettuano 30 analisi al prezzo di 50 euro ciascuna, con l’utilizzo di 30 siringhe monouso, in data 5/02, con
pagamento a 90 giorni
4) si acquistano in data 30/03 100 provette a 5 euro l’una, con pagamento 90 giorni;
5) si procede all’acquisto di un computer in data 05/05 per un totale di 2500 euro con pagamento a rate mensili
di 300 euro l’una ad interessi zero e vita utile stimata a 4 anni;
6) si affitta un appartamento in data 10/01 con canone mensile di 1000 euro e pagamento trimestrale
posticipato;
7) si effettuano 30 analisi in data 15/12 al prezzo di 100 euro l’una che comportano l’utilizzo di 30 provette.
L’incasso avviene a 90 giorni
in data 31/12 si rilevino le rimanenze, la quota di ammortamento e si determini l’eventuale
utile o perdita di esercizio.
adesso facciamo due schemi:
● in cima al primo mettiamo “conto economico”: in questo inseriamo nei costi i 400 euro che servono per
comprare 200 siringhe, mentre nei ricavi 1500 euro derivanti dalle 50 analisi effettuate.
-inoltre inseriamo nei costi 500 euro per le provette
-nei costi inoltre inseriamo quelli legati all’acquisto del pc e in questo caso non inseriamo i 2500 euro scritto
sopra, ma bensì l’ammortamento, ovvero 2500 diviso per 4( che sono gli anni di vita utile stimata) e che fa 625
-per quanto riguarda l’affitto dell’appartamento nei costi inseriamo 12000 euro
-per quanto le analisi in data 15/12 inseriamo nel conto economico i ricavi pari a 3000 euro
-sempre nel conto economico, nella colonna dei ricavi, inserisco le rimanenze; per quanto riguarda le siringhe,
ho 340 euro di rimanenze (170 siringhe), per quanto riguarda le provette ho 350 euro di rimanenze (70
provette)
● in cima al secondo mettiamo “stato patrimoniale”: nello stato patrimoniale inseriamo nella colonna di destra,
cioè nel capitale netto, 20000 euro, mentre nella colonna di sinistra ci metto la cassa e considero un aumento
di 20000
-Dato che i pagamenti di entrambi i due punti precedenti non è immediato, andrò a inserire nello stato
patrimoniale “debito di 400 euro”,che poi si estinguerà dopo 30 giorni e dai 20000 euro di cassa toglieremo
400, e “credito di 1500 euro”, che poi si estinguerà dopo 90 giorni e nella cassa aggiungeremo 1500.
-dato che i 500 euro per le provette non verranno pagati subito, nello stato patrimoniale inserisco un debito
momentaneo di 500 euro che, quando verrà saldato, si estinguerà e ci sarà una diminuzione di 500 euro nella
cassa
-dato che l’acquisto del pc è pari a 2500 euro pagabili a rate, andrò ad inserire nello stato patrimoniale un
debito di 2500 euro e una volta saldato, ci sarà una diminuzione della cassa di 2500 euro
-dato che il pagamento trimestrale è posticipato ogni 3 mesi vado ad inserire nello stato patrimoniale un
debito di 3000. Quindi facendo la somma del debito annuo raggiungiamo 12000 euro che una volta pagati
porteranno una diminuzione di 12000 euro della cassa.
-dato che l’incasso delle 30 analisi in data 15/12 avviene 90 giorni dopo non subito, inseriamo nello stato
patrimoniale 3000 euro di credito e,una volta incassati questi 3000 euro, il credito verrà estinto e ci sarà un
aumento di 3000 euro nella cassa
-le rimanenze le segno anche nello stato patrimoniale, nella colonna delle attività e quindi abbiamo 340 euro
di rimanenze legati alle siringhe e 350 euro di rimanenze legati alle provette
In conclusione, per chiudere il bilancio vediamo che i costi sono stati pari a 13525 euro, i ricavi pari a 5190 e
quindi il primo anno chiude in perdita di 8335 euro. Inoltre nello stato patrimoniale l’attivo è pari a 12065 e il
passivo è uguale, ovvero 12065
I COSTI
Con il termine costo si vuole indicare il valore degli investimenti effettuati per l’acquisto dei fattori produttivi
impiegati per l’ottenimento di un determinato oggetto di costo.
L’analisi dei costi serve a:
-decidere come utilizzare le risorse scarse
-controllare la gestione
-definire obiettivi
-valutare la sostenibilità di un progetto
Nei diagrammi costo-volume, dove andiamo ad analizzare i costi fissi e variabili che siano, ci sono tre punti
importanti:
● l’intervallo di rilevanza: esso è l’intervallo di attività o di volume all’interno del quale si suppone
valida una specifica relazione tra il livello di attività/volume e il costo. L’intervallo di rilevanza si basa
sulle quantità/volumi di produzione. Ad esempio, da 100 a 1000 quantità di produzione, il mio
intervallo di rilevanza conferma che i costi fissi piuttosto che i costi variabili sono costi fissi e costi
variabili. Se io esco dall’intervallo di rilevanza potrei avere delle modifiche del costo fisso e del costo
variabile.
● il periodo temporale di rilevanza: l’ammontare dei costi fissi e dei costi variabili dipende
dall’intervallo temporale al quale si riferisce la valutazione. Ad esempio, se io rimango all’interno di
un arco temporale definito da 1 a 5 anni so che quell’affitto è un costo fisso. Se io esco dal mio
periodo di rilevanza potrei trovarmi un affitto che è variato e quindi non è più quel costo fisso che
avevo nelle mie analisi.
Nel caso in cui il periodo temporale di rilevanza è basso, quasi tutti i costi non sono modficabili, mentre nel
caso in cui il periodo è medio –lungo molti costi sono non modificabili, ma molto flessibili. Infine nel caso in cui
l’intervallo sia lungo, l’ammontare di quasi tutti i costi è flessibile al fabbisogno
● il contesto in cui opera la nostra azienda, ovvero l’ambiente esterno, che ha un impatto tale per cui
noi mettiamo delle semplificazioni alla realtà ma la realtà potrebbe complicarsi anche
indipendentemente dalle nostre scelte e quindi avere un impatto sui nostri costi e farli modificare
indipendentemente da intervalli di rilevanza o periodi temporali di rilevanza
In generale, quando ci troviamo di fronte a dei costi che hanno un comportamento curvilineo e quindi
variabile, cerchiamo di ricondurli ad una retta che mi posso garantire delle certezze
A partire da questi ultimi punti legati ai costi, è possibili costruire un semplice ma utile modello di previsione
degli andamenti economici dell’azienda, il quale è la cosiddetta break even.
Tale modello si basa sull’assunzione che vi sia un unico driver rilevante dei costi totali: il volume degli output,
che rappresenta sia un limite, ma sottolinea la semplicità di applicazione del modello dell’analisi di break even.
L’obiettivo dell’analisi di break even è quello di determinare il volume degli output necessario a raggiungere
l’uguaglianza tra costi e ricavi e ad ottenere determinati obiettivi di profitto o di pareggio.
Questa analisi permette di quantificare il volume di attività necessario per conseguire l’uguaglianza tra costi
totali( che si ottengono sommando i costi variabili totali, dati a loro volta dal prodotto tra i costi variabili unitari
e la quantità prodotta (v per Q) e i costi fissi totali, che sono dati da una costante k) e ricavi totali( che si
ottengono moltiplicando il prezzo unitario di vendita p per la quantità venduta Q) ovvero il punto di pareggio o
break even point (costi totali=ricavi totali).
Il punto di pareggio può essere individuato anche graficamente dall’intersezione tra la retta dei costi totali e
quella dei ricavi totali
Esercizio (premessa: il prof utilizza i termini quantità di pareggio e punto di pareggio come sinonimi in quanto
vedremo che calcoleremo le quantità per arrivare al pareggio, e quindi trovando quelle quantità è come se
trovassimo il punto di pareggio)
Dobbiamo determinare il punto di pareggio in termini di volumi e di fatturato, cioè determinare le quantità
pareggio, sulla base dei seguenti dati
P=10 euro
Cv=4 euro
CF=90 000 euro
Dobbiamo fare il costo fisso totale diviso il margine di contribuzione unitario, cioè la differenza tra il prezzo
unitario e il costo variabile unitario,quindi 90000 diviso 10 meno 4 = 15 000
Le quantità pareggio sono importanti per trovare i ricavi totali, i quali, infatti si trovano, facendo le quantità
pareggio per prezzo unitario, quindi 15 000 per 10=150 000
Esempio
Si calcolino gli effetti sull’utile di una variazione pari al 10% in ciascuna delle fondamentali variabili del modello
di analisi C-V-R, sulla base dei seguenti dati:
costi fissi totali= 50 000
volume di attività prodotte= 1000
prezzo unitario=200
il costo variabile unitario=100
innanzitutto prima faccio l’operazione per trovare il punto di pareggio, quindi 50 000( costi fissi totali) diviso
200 meno 100(questa differenza è il margine di contribuzione)= 500. Ciò vuol dire che se io sono a 500
quantità ho il pareggio, quindi se nei dati il volume delle attività è 1000 allora è ovvio che siamo in utile (dato
che siamo sopra ai 500). Entriamo, invece, in perdita quando saremo a 499.
Adesso faccio l’operazione per trovare il costo totale: costi fissi totali più la moltiplicazione tra il volume e il
prezzo variabile
Per trovare invece il ricavo totale moltiplico il prezzo unitario per mille, quindi 200 per 1000= 200 000
Possiamo quindi dire che l’utile è pari a 50 000 euro.
Per trovare invece il margine di contribuzione devo fare i ricavi della produzione meno i costi variabili della
produzione. Una volta trovato il margine di contribuzione, se ad esso tolgo i costi fissi trovo il risultato
operativo della mia azienda
FORMULE DA SAPERE
● Per trovare il punto di pareggio, cioè le quantità pareggio, dobbiamo fare il costo fisso totale diviso il
margine di contribuzione unitario, cioè la differenza tra il prezzo unitario e il costo variabile unitario
● Per trovare invece le quantità in euro a pareggio devo fare la divisione tra i costi fissi totali e il
margine di contribuzione percentuale( il quale è dato dal margine di contribuzione unitario fratto il
prezzo unitario
● Per trovare il risultato(detto anche reddito) operativo lordo devo fare il risultato operativo netto
fratto la differenza “1 meno l’aliquota” e per trovare il punto di pareggio utilizzando il risultato
operativo lordo devo fare la divisione tra la somma dei costi fissi più il risultato operativo lordo e il
margine di contribuzione
● Per trovare il margine di sicurezza prima di andare in perdita devo fare la divisione tra la differenza
tra le quantità effettive e le quantità pareggio e le quantità effettive
Ricordiamo però anche il che il grado di leva operativa è anche calcolabile facendo margine di contribuzione /
reddito
Roberto Vecchi ha avviato nel 2012 una pizzeria. A questo scopo ha preso in affitto un immobile per 1292 euro
al mese, ha assunto due persone che lavorano a tempo pieno nel locale, e sei studenti universitari (impegnati
mediamente 20 ore la settimana ciascuno) per la consegna delle pizze.
È inoltre stato reclutato, al costo di circa 9oo euro al mese, un contabile per la tenuta dei libri e la
dichiarazione dei redditi. Le attrezzature della pizzeria e gli scooter per la consegne sono stati acquistati in
contanti. Roberto Vecchi ha inoltre constatato che i costi delle utenze e delle forniture rimangono
sostanzialmente costanti nel tempo. Il volume di attività è cresciuto tra il 2012 e il 2014, sicchè gli utili sono più
o meno raddoppiati rispetto a quelli del 2012.
Roberto Vecchi, non comprende, però, perché il reddito sia cresciuto più rapidamente del volume.
È riportato di seguito un conto economico di previsione, preparato dal contabile, relativo all’esercizio 2015:
Conto economico di previsione 2015 della pizzeria
Ricavi € 308.000
Costi € 241.360
Materie prime (solo ingredienti) € 92.400
Retribuzioni degli addetti al ristorante € 26.650
Retribuzioni degli addetti alle consegne € 54.100
Canone di locazione € 15.500
Servizi di contabilità e fiscali € 10.900
Ammortamento degli scooter € 16.000
Ammortamento delle attrezzature di cucina € 8.000
Utenze varie € 7.165
Materiali di consumo (sapone, cera pavimenti ecc.) € 10.645
Reddito ante imposte € 66.640
Imposte sul reddito (30%) € 19.992
Reddito netto € 46.648
Nota: Una pizza viene venduta a un prezzo medio di e 8,50
Domande
1. Per raggiungere il punto di pareggio economico quante pizze "medie" devono essere vendute?
Assumendo che il costo degli ingredienti (materie prime) sia il solo elemento di costo variabile si ha:
volume di pareggio= costi fissi fratto margine unitario di contribuzione cioè 241 360-92 400/ 8,50-2,55=148
960/5,95= 25 035 pizze… il 2,55 sono i costi variabili per pizza
2. Per raggiungere il punto di pareggio in termini finanziari, quante pizze "medie" devono essere vendute?
Costi fissi finanziari=costi fissi totali- costi fissi non finanziari, costi cioè che non determinano esborsi.
Nel nostro caso si ha: costi fissi finanziari= costi fissi totali- ammortamento = 148 960 – (16 000+ 8000)=
124 960
Il punto di pareggio finanziario è pertanto 124 960 : 5,95= 21 001 pizze
3. Se Roberto Vecchi prelevasse € 14.400 a uso personale, quanta cassa rimarrebbe di quella generata dallo
svolgimento delle attività che hanno prodotto l'utile del 2015?
Il flusso di cassa della gestione corrente è pari al reddito netto più gli ammortamenti e altri costi non
finanziari +/- la variazione del capitale circolante.
In questo caso non ci sono informazioni sui crediti, sulle rimanenze e sul debito verso fornitori e
l’ammortamento è il solo costo non finanziario.
Tale flusso è solo pari a 46 648 euro+ 24 000 euro= 70 648 euro, valore che consente a Roberto un
prelievo di 14 400 euro ad uso personale
4. Roberto Vecchi vorrebbe conseguire un utile netto dopo le imposte di €60.000. Quale volume si deve
raggiungere, in numero di pizze vendute, per ottenere il reddito netto auspicato?
Il modo più semplice per affrontare il problema è considerare l’obiettivo di reddito ante imposte come un
costo fisso. Poiché l’obiettivo di reddito netto è 60 000, allora il reddito ante imposte è 60 000: 70%=
85 713
Aggiungendo questo importo a 148 960 di costi fissi si ha un totale di 234 673
Il volume richiesto di pizze è pertanto 234 673/ 5,95= 39 441 pizze
5. Spiegare brevemente a Roberto Vecchi perché gli utili sono aumentati più rapidamente dei ricavi.
Il grado di leva operativa: margine di contribuzione/ reddito
Costi fissi = 148 960
Costo variabile unitario= 2,55
Prezzo di vendita=8,5
Per 36 235 unità
Margine di contribuzione= 215 598,25= (5,95) x 36 235
Reddito= 66 638, 25= (215 598, 25- 148 960)
Grado di leva operativa= 3,23 margine di contribuzione/ reddito
6. Spiegare brevemente a Roberto Vecchi perché la cassa generata nel 2015 è superiore al reddito.
Il flusso di cassa della gestione corrente eccede di 24 000 euro il reddito poiché l’ammortamento (un costo
di competenza) non è un costo finanziario e non produce pertanto alcun esborso
Altro esercizio
Si supponga che un motel da 400 camere della catena Motel6 abbia dei costi fissi annuali di 3,4 milioni di
dollari, che in media l’affitto di una camera sia di 50 dollari al giorno, e che i costi variabili medi siano di 10
dollari per ogni camera affittata. Il motel è aperto 365 giorni all’anno.
1) Quale sarà il risultato operativo che Motel6 otterrà dalle camere
a)nel caso in cui il motel sia sempre esaurito tutto l’anno
b)nel caso sia pieno a metà
-a) Innanzitutto troviamo il valore di produzione nel primo caso del primo punto: quindi 400 per 50 per
365=7300000 dollari
Costo variabile totale: 400 x 10 x 365= 1460000
Il risultato operativo(ricavi totali meno costi totali) è uguale a 2440000
-b)Troviamo ora il valore della produzione di b dividendo per due il risultato ottenuto prima: 3650000
Costo variabile:divido per due il costo variabile del punto a e ottengo 730000
Il risultato operativo (ricavi totali meno costi totali) è uguale a -480000(perdita)
2) Calcolare il punto di equilibrio(cioè di pareggio) come numero di camere affittate. Quale percentuale di
occupazione di camere è necessaria per raggiungere il punto di equilibrio?
Per trovare il punto di equilibri devo fare la divisione tra i costi fissi totali (3400000) e la differenza tra il
prezzo unitario e il costo variabile unitario ( 50-10) = 85000
85000 sono il totale delle camera che faccio in 365 giorni, quindi per trovare la quantità di camere al giorno
devo fare 85000 diviso 365= 232
Per trovare la percentuale di occupazione di camere devo fare 85000( che sono le camere di break even)
fratto 146 ( il totale di camere che possiamo fare in un anno) = 58,2%
DIFFERENZA TRA CONTO ECONOMICO CLASSIFICATO A COSTO DEL VENDUTO E CONTO ECONOMICO
CLASSIFICATO A MARGINE DI CONTRIBUZIONE
In un conto economico a margine di contribuzione le singole voci di costo si riferiscono a costi variabili
oppure a costi fissi. Il conto economico a margine di contribuzione facilita le analisi economiche che
implicano cambiamenti di volume, favorisce le analisi di redditività delle diverse linee di prodotto e supporta
l’assunzione di decisioni che riguardano i prezzi o le scelte tra produrre all’interno acquistare all’esterno
In un conto economico a costo del venduto,invece, possono confluire all’interno delle singole voci sia costi
variabili sia costi fissi.
Esercizio
Gli ospedali misurano il proprio volume in termini di giorni-pazienti, che si calcolano moltiplicando il
numero di pazienti per il numero di giorni di ospedalizzazione. Si supponga che un ospedale abbia costi
fissi pari a 54 milioni di euro all’anno e costi variabili per 600 euro per giorno-paziente. I ricavi giornalieri
variano tra le diverse categorie di pazienti. Per semplicità si supponga che ci siano due categorie:
-pazienti paganti economicamente autonomi (S) che pagano una media di 1000 euro al giorno
-pazienti non economicamente autonomi (G) che sono a carico delle compagnie di assicurazione e
delle agenzie governative e che pagano una media di 800 euro al giorno. Il 20% dei pazienti
appartengono alla prima categoria.
Dati:
-costi fissi totali= 54 milioni
-prezzo unitario (1)= 1000 (sarebbe un ricavo unitario medio)
-prezzo unitario (2)= 800 (sarebbe un ricavo unitario medio)
-costo variabile unitario unico= 600
-la categoria di pazienti 1 rappresenta il 20% della produzione
-la categoria dei pazienti 2 rappresenta l’80% della produzione
-il margine di contribuzione unitario dell’1 è 400 (1000-600)
-il margine di contribuzione del 2 è 200 (800-600)
Devo trovare il margine di contribuzione equivalente, il quale è dato dalla somma tra la
percentuale del primo prodotto, cioè 20%, moltiplicata per il suo margine di contribuzione
unitario, cioè 400, e la percentuale del secondo prodotto, cioè 80%, moltiplicata per il suo margine
di contribuzione unitario, cioè 200. La somma dei due fa 240, che è il margine di contribuzione
equivalente.
Il margine di contribuzione equivalente è utile perché i costi fissi, 54 milioni, devo dividerli per
esso, e ottengo 225000 giornate, le quali sono il punto di pareggio del prodotto equivalente.
Come faccio a trovare le giornate di pareggio di a e di b?
Moltiplico 225000 per il 20% e per l’80%, trovando così le giornate di pareggio di a (45000) e le
giornate di pareggio di b (180000)
2)il budget: consiste in una programmazione a breve delle attività dei centri di responsabilità, in
coerenza con la pianificazione strategica.
Il budget è un piano manageriale quantitativo che:
● ha ad oggetto l’intera impresa
● accoglie una serie di obiettivi tra loro coordinati
● è articolato per responsabilità organizzative, cioè per centri di responsabilità
● non è il processo attraverso il quale si prendono la maggior parte delle decisioni aziendali
● è probabilmente il più diffuso strumento di programmazione, controllo e coordinamento
Inoltre il budget si riferisce ad un determinato periodo temporale futuro, normalmente un anno.
Questo periodo può essere ulteriormente segmentato(mese, quadrimestre, semestre)
Quali sono le finalità del budget:
● supporto allo sviluppo dei programmi di breve termine e al loro coordinamento
● comunicazione dei programmi ai manager dei centri di responsabilità
● motivazione dei manager a conseguire i propri obiettivi
● riferimento per il controllo delle attività in corso
● una base per la valutazione della performance dei centri di responsabilità e dei loro manager
● mezzo per formare i manager
Gli obiettivi del budget, invece, dovranno essere i cosiddetti smart, che è un acronimo che deriva
da 5 parole che sono le caratteristiche di questi obiettivi: s sta per semplice, m sta per misurabile, a
sta per appettibile, r sta per raggiungibile e ti sta per temporizzabile.
A volte però gli obiettivi del budget sono contrastanti in quanto a volte il desiderio di raggiungere
un grande precisione si scontra con il bisogno dei manager di proteggersi dall’incertezza, oppure la
motivazione dei manager a volte tende a diventare una forma di opportunismo, oppure ancora, un
altro compromesso è quello tra il processo di fissazione degli obiettivi come strumento di
motivazione e l’utilizzo degli scostamenti come riferimento per valutare le prestazioni
● rolling budgets :se io ad esempio a dicembre 2020 ipotizzo il mio budget 2021, diviso in 12
mesi, quando sarò arrivato a fine dicembre del 2021, io aggiungerò il gennaio 2022… quando
darò arrivato a febbraio 2021, io aggiungerò febbraio 2022 e così via. Quindi, essendo rolling,
ho sempre una base di riferimento di 12 mesi
● master budget:
le tre parti principali del master budget:
A)il budget operativo, che mostra le attività programmate per il prossimo esercizio, ivi inclusi i
correlati ricavi, costi, livelli delle rimanenze e altre voci dello stato patrimoniale
La preparazione del budget operativo parte dal comitato di budget, all’interno del quale ci sono
tutta una serie di attori che possono essere assolutamente utili al processo, come
l’amministratore delegato e il direttore generale.
1. Per prima cosa si definiscono le linee guida e gli obiettivi generali del budget
2. poi si ricorre alla preparazione del budget delle vendite ( vi sono due modi fondamentali di
effettuare stime del budget delle vendite: effettuare una previsione statistica in funzione
delle condizioni generali del businesses, del mercato ed effettuare stime soggettive
raccogliendo le opinioni dei responsabili commerciali e del personale di vendita anche per
singolo cliente
3. poi si ricorre alla preparazione di massima degli altri budget
4. poi c’è la negoziazione tra superiori e inferiori gerarchici per trovare un accordo definitivo sui
piani
B)il budget di cassa, che mostra la previsione degli incassi e degli esborsi
C)il budget degli investimenti, che mostra i cambiamenti programmati nelle immobilizzazioni
tecniche e no e i relativi flussi di cassa
Analisi costi-benefici
Analisi SWOT
La sigla swot deriva dell’unione della prima lettera di quattro parole inglesi, che tra l’altro stanno
ad indicare le caratteristiche di questa analisi:
-strengths (punti di forza), come ad esempio l’esperienza dei proponenti, a volte i mercati di
riferimento, aspetti tecnico-produttivi, organizzativi e finanziari (i quali, questi ultimi, possono
anche essere punti di debolezza)
-weaknesses (punti di debolezza),come ad esempio la competenza dei proponenti, a volte i
mercati di riferimento, aspetti tecnico-produttivi, organizzativi e finanziari.
-opportunities (opportunità), come ad esempio nuove tecnologie o possibili alleanze strategiche
-threats (minacce), possibili prodotti obsoleti, aumento della concorrenza
Il costo pieno
Quando parliamo quindi di costo pieno di produzione,infatti, esso non include i costi commerciali
e di distribuzione, né i costi riconducibili ad attività generali ed amministrative non collegate al
processo produttivo. Infatti i costi commerciali e di distribuzione, i costi riconducibili ad attività
generali ed amministrative non collegate al processo produttivo sono inclusi nei costi di periodo
Parlando invece del costo pieno, in determinate circostanze (per esempio quando si acquista
qualcosa) il costo pieno o full cost, è semplice da valutare.
In altre circostanze potrebbe richiedere un sistema di rilevazione complesso.
Il costo pieno è la somma di costi diretti( cioè quelli direttamente imputabili a un determinato
prodotto, un esempio di costo diretto è la materia prima e anche la manodopera diretta, la quale è
riconducibile ad un oggetto di costo valorizzata al costo orario del lavoro) e di una quota equa di
costi indiretti( cioè quelli indirettamente imputabili a un determinato prodotto, un esempio di
costo indiretto è un macchinario che è utilizzato per la produzione di più prodotti, oppure materiali
di consumo, oppure ancora risorse produttive, che non sono però economicamente riconducibili ai
singoli prodotti).
In altre parole il costo pieno è dato dal costo pieno di produzione ( dato dalla somma di
manodopera diretta, di manodopera indiretta e di materiali diretti) più le quote di costo di
periodo( i costi di periodo sono i costi non di produzione e sono quei costi diversi dai costi
inventariabili, cioè diversi dai materiali diretti e dai costi di trasformazione)
Esercizio
Burtis SpA produce diversi prodotti. Nel 2010, il prezzo di vendita del prodotto A, le cui vendite
sono di 10.000 unità/anno, è stato calcolato come segue:
2010
Materiali diretti € 4.00
Manodopera diretta 7.00
Costi generali di produzione 4.80
Costi generali e di vendita 3.50
Costo pieno 19.30
Reddito (10%) 1.93
Prezzo di vendita €21.23
Nel 2011, l’impresa stima che il costo dei materiali diretti e il costo della manodopera diretta
aumenteranno del 12%. Ritiene, inoltre, che i costi generali di produzione aumenteranno
complessivamente, in relazione al prodotto A, di 6.000 €, mentre i costi commerciali e
amministrativi e il volume delle vendite rimarranno invariati. Qual è il prezzo normale di vendita
per il prodotto A nel 2011?
Calcolo del prezzo normale di vendita assumendo di continuare a utilizzare il costo pieno:
*Incremento del 12% di materiali diretti (0, 12 x €4,00 = €0.48) e manodopera diretta (0,12 x €7.00
= €0,84) + Un incremento di €6.000 rapportato a un aumento di volume di 10.000 unità è un
aumento di 0,60 euro/unità
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