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L’azienda
Nel codice civile, l’articolo 2555 (libro 5), definisce dal punto di vista giuridico
l’azienda: questa definizione è molto diversa da quella precedente.
L’azienda viene definita come un complesso di beni organizzati dall’imprenditore
per l’esercizio dell’impresa. Inoltre questo articolo non parla propriamente di
azienda, ma si riferisce piuttosto all’imprenditore. In realtà, in economia aziendale,
l’impresa è una cosa diversa rispetto all’azienda: l’impresa per l’economia
aziendale è infatti un’azienda a rischio di mercato, cioè un’impresa che rischia di
fallire e per questo di uscire dal mercato.
Non tutte le aziende sono imprese, perché non tutte le aziende possono fallire: lo
Stato ad esempio non può fallire (Grecia).
Il codice civile definisce l’imprenditore in due articoli:
• - art. 2082: in base a questo articolo, l’imprenditore è colui che esercita
professionalmente un’attività economica organizzata, al fine della
produzione e dello scambio de beni e di servizi;
• - art. 2195: questo articolo parla invece di imprenditore commerciale, cioè
imprenditore che si occupa di determinate attività come, l’attività
industriale diretta alla produzione di beni e servizi. L’unico imprenditore non
commerciale è l’agricoltore che lavora con lavoro proprio e della propria
famiglia, senza chiaramente eccedere nelle dimensioni, altrimenti
diventerebbe anch’egli un imprenditore commerciale.
b) Le varie classi di aziende: esistono 4 classi di istituti in cui l’attività economica è
particolarmente rilevante, e questi sono:
c) Le finalità economiche delle imprese: Le 4 classi sono accumunate dal fine
generale del soddisfacimento dei bisogni umani e dal mezzo comune dell’attività
economica. Sono però differenti i particolati fini immediati.
• Nell’azienda familiare di consumo e gestione patrimoniale il fine è
l’appagamento dei bisogni dei membri della famiglia mediante il reddito
derivante dal lavoro e dalla gestione patrimoniale.
• Nell’azienda di produzione il fine è la produzione di remunerazioni monetarie e
di altra specie per soddisfare i bisogni di coloro che gravitano attorno a questa
economia (prestatori di lavoro e conferenti di capitale di rischio).
• Per l’azienda composta pubblica, il fine è l’appagamento dei bisogni pubblici
delle persone mediante la produzione di beni pubblici e il loro consumo e la
remunerazione dei prestatori di lavoro.
• Per l’azienda non profit, il fine è l’appagamento dei bisogni di associati e altre
categorie di persone e la remunerazione dei prestatori di lavoro.
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2. L’assetto proprietario delle imprese:
Le scelte di assetto proprietario sono scelte complesse poiché esse: devono tener
conto di numerose circostanze ed esigenze; possono dar luogo a soluzioni
differenti (per scegliere bisogna considerare: i costi di marketing contracting e i
costi di ownership; i tipi e i volumi dei benefici privati; le qualità, i volumi e la
criticità relativa degli input necessari per lo svolgimento delle combinazioni
economiche di impresa).
Con riguardo alla concentrazione del capitale di rischio, si considerano tre casi
emblematici:
a) l'impresa con un solo proprietario, spesso l’imprenditore fondatore; in genere è
un’impresa di piccole dimensioni in cui i diritti di proprietà sono tutti concentrati in
un’unica persona;
b) l'impresa in forma di società per azioni, quotata in borsa, con numerosissimi
azionisti minori e un azionista di controllo;
c) l'impresa in forma di società per azioni, quotata in borsa e senza azionisti di
controllo, ossia con numerosi azionisti che non possono partecipare direttamente
alla nomina degli amministratori e al governo dell’impresa; è il caso delle public
company.
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In tutti e tre i casi i diritti di proprietà fanno capo all'insieme dei conferenti di
capitale di rischio, ma si tratta di assetti completamente diversi.
In alcuni casi, una parte dei diritti di proprietà è attribuita ai conferenti di capitali di
prestito quali le banche.
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3. La break even analysis:
I costi fissi sono tutti i costi che non risultano direttamente e strettamente correlati
al volume di produzione e di vendita; sono quei costi che non variano al variare
della quantità prodotta e venduta. Rientrano in questa categoria costi quali la
manodopera indiretta e diretta (se non facilmente aumentabile, riducibile o
riallocabile), gli affitti, la pubblicità, le manutenzioni, le quote di ammortamenti, le
consulenze legali e amministrative. L’analisi costi-volumi-risultati assume l’ipotesi
semplificatrice che i costi fissi rimangano invariati, qualsiasi sia il volume
realizzato.
I costi fissi di gestione caratteristica a loro volta possono essere:
• costi fissi di struttura: si tratta di costi fissi strettamente connessi alla capacità
produttiva dell’azienda in un certo momento.
• costi fissi di sviluppo: si tratta di costi che sono fissi in quanto non variano
direttamente al variare della quantità di produzione o di vendita; sono però dei
costi che non dipendono direttamente dalla capacità produttiva dell’azienda,
ma sono destinati a sostenere l’attività corrente e a porre le condizioni per lo
sviluppo futuro dell’azienda.
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b) L’esemplificazione grafica e matematica: I passaggi matematici che
consentono di determinare questo punto di pareggio sono molto semplici.
Il punto di pareggio operativo espresso in quantità (QP) è rappresentato dal
volume di produzione per il quale i ricavi totali (R) sono pari ai costi totali (CT) di
gestione caratteristica, ovvero:
R = CT
I costi totali sono dati dalla somma tra costi fissi e costi variabili, quindi:
R = CF + CV
Sia i ricavi che i costi variabili totali dipendono dalla quantità prodotta (QP);
quindi:
Ru X QP = CVu X QP + CF
QP (Ru – Cvu) = CF
QP = CF / (Ru – Cvu)
La differenza fra ricavi unitari e costi variabili unitari (Ru – Cvu) viene detta margine
di contribuzione unitario (MDCu) per cui possiamo scrivere:
Q = CF / MDCu
Il punto di pareggio è il punto nel quale la retta dei ricavi totali incrocia la retta dei
costi totali; a sinistra del punto di pareggio il reddito operativo è negativo
(essendo i costi più alti dei ricavi), a destra del punto di pareggio il reddito
operativo è positivo. La distanza fra la retta dei ricavi e quella dei costi di gestione
caratteristica totali rappresenta il reddito operativo.
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Significato del punto di pareggio:
• Soluzione contabile: corrisponde a un reddito nullo
• Soluzione economica: corrisponde a un reddito pari alla rimunerazione dei fattori
di produzione non onerosi
• Soluzione finanziaria: è un punto finanziario, indica il volume delle vendite
necessario ad assicurare la reintegrazione finanziaria o monetaria nel breve
periodo dei costi.
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4. L’espansione internazionale:
-imprese internazionali: sono tipiche della realtà economica dei primi decenni del
secondo dopoguerra.
Nacquero dall’esigenza di trasferire conoscenze agli ambienti stranieri meno
progrediti tecnologicamente e commercialmente.
Sono caratterizzate da federazione coordinata. Le consociate locali erano portate
ad adottare prodotti e/o strategie della casa madre con la conseguenza, rispetto
alle imprese multinazionali, di una maggiore dipendenza della consociata estera
rispetto alla sede centrale. In tema di controllo amministrativo i legami sono molto
più stretti e formalizzati tramite complessi e raffinati sistemi di pianificazione e di
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gestione, tale da permettere all’alta dirigenza della casa madre non solo un
accurato controllo sulle consociate, ma anche un punto di riferimento per
indirizzarne lo sviluppo. Naturale conseguenza di questo stretto rapporto di
conseguenza appare la mentalità dei dirigenti della casa madre nei confronti del
management locale, basata su un rapporto di superiorità nei confronti di
quest’ultimo. In definitiva, si tratta di una mentalità di tipo coloniale non solo a
livello di management, ma anche nell’ottica dello sfruttamento delle risorse.
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5. La gestione finanziaria delle imprese:
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interessi passivi, che sono proporzionati ad esempio alla quantità di denaro
ricevuta, o al livello di rischio che il conferente di capitale di rischio attribuisce alla
negoziazione.
Il tasso di interesse può essere fisso oppure variabile, cioè collegato a determinati
indicatori come il tasso di inflazione.
-prestito o credito
-proprio o di rischio
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6. La struttura organizzativa di base:
Gli output formali del processo di progettazione della struttura organizzativa sono:
• Un elenco di unità organizzative rappresentato negli organigrammi;
• Un corrispondente elenco di insiemi di compiti e responsabilità assegnati a
ciascuna unità rappresentato in mansionari;
• Un insieme di relazioni gerarchiche che collega le varie unità organizzative;
rappresentato negli organigrammi.
f) si parli della struttura matriciale: nella realtà delle imprese, raramente accade
che le combinazioni economiche siano perfettamente omogenee (struttura
funzionale pura) o assolutamente disomogenee (struttura divisionale pura); in molti
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casi di presentano situazioni intermedie nelle quali si dovranno adottare strutture
matriciali o strutture miste.
È la struttura più flessibile perché riduce i livelli dirigenziali.
È l’insieme della struttura divisionale e funzionale.
Ciascuna persona è soggetta alle due direzioni.
Ogni organo operativo è soggetto al doppio comando, sia delle direzioni delle
singole funzioni, sia della direzione del singolo progetto o prodotto.
PREGI: costi minori, elevata efficienza e flessibilità, facilità di discussione.
DIFETTI: rallentamento dei processi decisionali, maggior numero di conflitti tra i
responsabili, senso di insicurezza nelle unità operative.
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7. L’integrazione verticale:
b) vantaggi:
1. riduzione dei costi di transazione, specie per le integrazioni a monte in cui si
ha una riduzione dei costi di approvvigionamento;
2. aumento del valore aggiunto: produce benefici in termini d rischi
d’azienda;
3. maggior controllo e riduzione dei costi di produzione;
4. continuità e sicurezza negli approvvigionamenti, in quanto sono gestiti
dall’impresa stessa;
5. riduzione dei rischi di vendita: questo è un vantaggio dell’integrazione a
valle che permette all’impresa di ampliare il proprio mercato,
influenzandone più attivamente la domanda e riducendo i rischi connessi
alla fase di vendita;
6. vantaggi competitivi e concorrenziali.
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c) misurabilità: Il grado di integrazione verticale può essere oggetto di misurazioni
dirette e indirette.
Le misurazioni dirette prendono in esame le modalità di impiego di fattori nei
processi produttivi e le cause che limitano il loro miglioramento; sono quindi dei
veri e propri esami sul campo che richiedono conoscenze del processo produttivo
conoscibili solo da un insider dell’impresa. Si finisce pertanto con l’elaborare
coefficienti empirici di misurazione dell’integrazione verticale secondo modalità
indirette.
Un esempio di misurazione è quello proposto da Adelman, che si riferisce al
rapporto tra valore aggiunto e fatturato:
Iv = VA / F
Alcuni autori sottolineano che sarebbe più corretto misurare il rapporto tra valore
aggiunto e valore della produzione.
L’indice di integrazione verticale può essere poi calcolato per la singola azienda o
per l’intero settore. Nell’ultimo caso, si dovranno sommare i valori aggiunti e i
fatturati di tutte le imprese operanti in quel comparto.
Sono state però fatte delle obiezioni a questo indice: ambiguità, influenzabilità da
parte dell’inflazione e efficienza e grado di integrazione.
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8. L’economicità:
2. efficienza e flessibilità:
l’efficienza è espressa in termini di rendimento fisico-tecnico dei processi
produttivi, cioè quei rapporti che esprimono risultati non monetari dello
svolgimento di operazioni, processi e combinazioni.
Si persegue l’efficienza: applicando metodi di lavoro che consentono di
svolgere le operazioni senza sprechi di risorse e di tempi oppure ricercando
l’innovazione dei processi.
La flessibilità o elasticità in un mondo sempre più dinamico e mutevole. Essa
riguarda la predisposizione di strutture e di combinazioni efficienti in grado di
adeguarsi prontamente all’ambiente.
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3. congruità delle remunerazioni: deve essere valutata in base alle condizioni di
ambiente che caratterizzano i diversi mercati in cui le imprese operano.
4. capacità di risparmio
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9. La contabilità analitica:
➢ Finanziaria:
a) gestione del capitale di rischio
b) dei debiti di prestito
➢ Patrimoniale
➢Tributaria
➢ Assicurativa
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(tributaria e assicurativa sono trasversali alle prime tre)
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✓operazioni di fabbricazione: queste operazioni sono tutte quelle di lavorazione e
di assemblaggio delle materie prime e dei componenti acquistati; inoltre fanno
parte di queste operazioni anche le attività di programmazione e di controllo della
produzione, di installazione e di manutenzione dei fabbricati.
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11. La dimensione di impresa:
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Risulta quindi chiaro che i soli elementi quantitativi non possono essere usati per
determinare le dimensioni dell’azienda, ma che ogni parametro preso
singolarmente può solamente fornire delle “indicazioni” che devono essere
attentamente vagliate congiuntamente ad altri parametri.
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12. I sistemi di pianificazione, programmazione e controllo:
I sistemi di autoregolazione costituiscono un modello di comportamento
gestionale. L’anticipazione degli accadimenti interni ed esterni aziendali, la
definizione di obiettivi di breve e lungo termine collegati con il reperimento e
l’assegnazione di adeguate risorse, il continuo confronto tra obiettivi e risultati,
sono i principi su cui impostare l’azione manageriale in qualsiasi azienda.
(si valutano a posteriori i risultati)
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13. Si definiscano i concetti e si fornisca un’esemplificazione per:
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e) settore: in economia aziendale, è l’insieme omogeneo di aziende con
combinazioni economiche simili ed operanti negli stessi mercati e nelle stesse
strutture di domanda ed offerta.
In ogni settore, oltre alle imprese appartenenti al settore stesso ci sono anche i
clienti, i fornitori, i potenziali entranti e i produttori di beni sostitutivi.
(ES. settore energia, dei trasporti…)
o I potenziali entranti: le imprese che potrebbero entrare nel settore perché già
svolgono combinazioni analoghe ma operano in mercati differenti o perché
svolgono attività economiche diverse, ma correlate, o perché intendono
diversificarsi;
o I produttori di beni sostitutivi: le imprese che offrono beni simili a quelli proposti
dall’impresa di riferimento.
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14. I cartelli di imprese:
Tanto maggiore è il numero delle imprese che il cartello coagula, tanto più
efficace sarà la politica perseguita dallo stesso creando barriere ai potenziali
entranti e scoraggiando l’utilizzo di prodotti sostitutivi.
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15. Le economie di scala, scopo e transazione + esemplificazioni:
a) Economie di scala: riduzioni del costo unitario nella produzione e nella vendita
di un bene ottenute passando da un’entità produttiva minore ad una di maggiori
proporzioni.
Le economie di scala possono presentarsi su diversi piani:
✓piano tecnologico: sul piano tecnologico, le economie di scala sono legate alla
diminuzione dei costi di produzione conseguenti alla crescita delle dimensioni
degli impianti;
✓piano finanziario: sul piano finanziario, le economie di scala sono connesse alla
riduzione dei costi di acquisizione dei capitali; questo permette alle imprese di
maggiori dimensioni di ottenere credito bancario a condizioni più favorevoli;
✓piano della ricerca: sul piano della ricerca, possiamo affermare che le grandi
società possono più facilmente sostenere ricerche di una certa portata, e possono
possedere laboratori di ricerca, impiegando tecnici e scienziati specializzati e
costosi impianti.
✓piano del management: dal punto di vista del management, le grandi imprese
hanno maggiore possibilità di darsi una struttura organizzativa che consenta di
utilizzare competenze specializzate a livello di personale tecnico-direttivo o il
vantaggio di poter assumere, selezionare o promuovere un management più
capace; possiamo quindi dire che le imprese di grandi dimensioni sono in grado di
attirare più facilmente elementi dotati di elevate qualità manageriali e specialisti
nei vari settori di gestione.
Si è osservato che esistono dei limiti alla crescita dimensionale. Sussiste un limite
oggettivo, rappresentato dalla progressiva perdita di controllo delle informazioni
nel passaggio da un livello gerarchico all’altro e dai confini interni che diventano
sempre maggiori con l’aumentare delle dimensioni dell’impresa, provocando
costi di produzione più alti e, quindi, diseconomie di scala.
Secondo alcuni economisti classici (come Marshall), i vantaggi delle economie di
scala possono essere perseguiti non soltanto da imprese di notevoli dimensioni, ma
anche raggruppando un gran numero di produttori più piccoli all’interno di un
distretto.
Vi è quindi la possibilità dell’alternativa fra crescita delle dimensioni di un’unica
impresa e la creazione di un distretto industriale, inteso come un complesso di
piccoli produttori per i quali l’intero processo produttivo è suddiviso in diverse fasi,
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ciascuna delle quali viene svolta in differenti stabilimenti mantenendo costi ed
economie proprie della grande dimensione.
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16. I costi:
b) classificazione:
A seconda dei dati in base ai quali si calcolano i costi:
• Costi effettivi: determinati in base a immediate deduzioni della realtà.
• Costi standard: determinati in base a ipotesi prefissate, in funzione delle
condizioni particolari poste alla base del calcolo.
A seconda delle relazioni esistenti tra livello dei costi e volumi di produzione:
• Costi variabili: variano in relazione alle quantità prodotte;
• Costi fissi: il loro ammontare è commisurato alla struttura tecnico-organizzativa
aziendale, quindi non variano al variare di quantità prodotte;
• Costi semi-variabili;
• Costi parziali: riferiti ai singoli centri operativi;
• Costi totali: somma di tutti i costi sostenuti per la produzione.
A seconda della relazione con l’oggetto per il quale sono stati impiegati i fattori
produttivi:
• Costi speciali o diretti: sono costi relativi a fattori produttivi che partecipano in
modo esclusivo alla coordinazione produttiva oggetto di determinazione del
costo di produzione;
• Costi comuni o indiretti: riguardano i fattori impiegati per ottenere più produzioni
nello spazio e nel tempo.
• Costi generali: sono costi sostenuti per l’azienda nel suo complesso.
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Le rilevazioni elementari e quelle statistiche vengono denominate nel loro insieme
rilevazioni extra- contabili.
L’insieme di questi processi di rilevazione costituisce il complessivo sistema
informativo aziendale.
d) i sistemi di rilevazione:
- la contabilità generale: si riferisce a tutte le operazioni di gestione che l’impresa
compie con terzi. Il suo scopo è la determinazione del bilancio d’esercizio (risultato
economico d’esercizio + capitale di funzionamento) e la documentazione degli
accadimenti.
È un sistema ordinato di scritture che porta alla redazione del bilancio d’esercizio.
La contabilità generale è un sistema informativo che si fonda sul conto, quale
strumento elementare di raccolta dei valori e che ha per obiettivo principale la
misurazione di quantità complesse come il reddito di esercizio e il capitale di
funzionamento.
La contabilità generale si fonda sul conto, cioè una tavola a due sezioni che
accoglie valori di segno opposto e che è un mezzo per verificare l’esattezza della
raccolta e della classificazione dei valori.
La contabilità generale si avvale del metodo della partita doppia: questo metodo
non mette in luce un parallelismo meramente artificiale, ma è il risultato della
realtà di funzionamento dell’azienda in un’economia monetaria dalla quale
scaturisce il sistema dei valori.
Questo metodo stabilisce che occorre registrare ogni quantità due volte,
contemporaneamente in diversi conti e in sezioni opposte, in modo da attuare
sempre l’uguaglianza tra sezione Dare e sezione Avere.
-giornale, libro obbligatorio previsto dal Codice Civile, che accoglie gli
accadimenti e i relativi valori in ordine cronologico;
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- la contabilità analitica: è un sistema configurato a costi consuntivi e costi
standard. Nasce come naturale sviluppo delle rilevazioni extra-contabili dei costi
di produzione. Essa infatti elabora i costi e i ricavi provenienti dalla contabilità
generale, al fine di svolgere analisi spaziali e temporali del risultato reddituale che
servono a risolvere problemi di gestione. Il suo scopo è fornire una serie di
informazione gestionali periodiche indispensabili per gestione stessa.
Può essere inserita nella contabilità generale (sistema unico) o essere svolta in
stretto collegamento con essa (sistema duplice contabile).
In questo secondo caso occorre precisare:
1. il periodo infrannuale al quale riferire le elaborazioni;
2. La trasformazione dei valori contabilizzati in valori di competenza;
3. La definizione della “dimensione” del costo di produzione da utilizzare;
4. La definizione dei centri di costo, cioè centri a cui imputare i costi;
5. La definizione delle combinazioni produttive per le quali si vogliono
determinare i risultati parziali annuali.
Quando nella contabilità analitica vengono inseriti solo i costi standard, si parla di
contabilità analitica a costi standard. Se vengono inseriti anche ricavi standard, si
parla di contabilità analitica a valori standard.
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-disporre di una base di dati che consentano di creare e richiamare archivi di dati.
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17. I consorzi:
c) le varie tipologie:
✓consorzi volontari: organizzazioni la cui costituzione è lasciata alla volontà delle
parti (es. Melinda, Parmigiano Reggiano). Questi consorzi volontari possono
riguardare:
-settore privato: per esempio in campo agricolo (bonifica, irrigazione,
miglioramento fondiario) o in campo industriale.
-settore pubblico: questi consorzi possono riguardare l’ambito della pubblica
amministrazione, come per opere di pubblica utilità).
✓consorzi obbligatori: essi sono obbligatori per l’alto interesse di tutela della
collettività (es. per il riciclaggio di contenitori o imballaggi per liquidi, degli oli
usati);
✓consorzi coattivi: ormai in disuso, essi sono motivato dai vantaggi che dovrebbe
produrre ad una determinata categoria suddividendo, tra i partecipanti, anche i
relativi oneri (esempio è l’Istituto cotoniero italiano).
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✓i consorzi misti
✓consorzi con attività esterna: svolgono per conto dei consorziati determinate
attività a monte o a valle dell’attività svolta dai singoli partecipanti.
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18. Aggregazioni equity e non equity:
a) definizione e caratteristiche:
equity: prevedono un legame patrimoniale, cioè si richiede un impegno di
capitali. Il soggetto economico è unico. I rapporti di tipo equity sono più stabili, in
quanto il vincolo patrimoniale che si genera costituisce di per se stesso un freno
alla risoluzione del rapporto. Inoltre, vi è un maggior livello di criticità (difficoltà che
causerebbe alle imprese la risoluzione dell’accordo).
non equity: prevedono rapporti che non richiedono un impegno di capitali. Sono
volte al trasferimento di conoscenze, allo sviluppo di aree gestionali o di comuni
progetti, alla limitazione della concorrenza. Il soggetto economico è diversificato,
in quanto le imprese partecipanti a tali accordi mantengono la propria identità. I
rapporti sono meno stabili in quanto non c’è il vincolo patrimoniale. Infine, il livello
di criticità è minore e l’accordo può essere sciolto più facilmente.
b) possibile classificazione:
EQUITY
SU BASE PATRIMONIALE PARZIALE
- Partecipazioni minoritarie o scambi azionari
- Joint venture
NON EQUITY
A CARATTERE INFORMALE
SU BASE PRODUTTIVA
- Reti di subfornitura
- Costellazioni
- Distretti
SU BASE FINANZIARIA
SU BASE PERSONALE
- City community of interests
- Gentlemen’s agreement
A CARATTERE FORMALE
SU BASE CONTRATTUALE
- Cartelli
- Affitto d’azienda
- Associazione in partecipazione
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- Associazioni temporanee tra imprese
- Unioni volontarie e gruppi d’acquisto
- Franchising
- Consorzi
- Geie
Il peso che le varie aziende esercitano all’interno della costellazione dipende dei
loro specifici fattori strategici; il peso è inoltre spesso influenzato dal ruolo
dell’azienda guida.
Il rapporto che si instaura tra le imprese è un rapporto interattivo: infatti non ci sono
rapporti solo tra l’impresa-guida e le imprese medio-piccole, ma anche tra le
imprese medio-piccole.
Anche nelle costellazioni, come nelle reti di subfornitura, l’importanza del singolo
accordo è modesta salvo competenze specifiche.
Tra le varie imprese, gli accordi che vengono stipulati sono di modesta importanza.
Lo studio del fenomeno dei distretti industriali prende avvio dall’osservazione dello
sviluppo industriale nel corso del XIX secolo, quando ci si accorse che da una
parte si stata affermando la produzione di massa, mentre dall’altra parte
permanevano zone in cui sopravvivevano piccole aziende che sviluppavano
nuove tecnologie senza però ingrandirsi.
Fu Marshall a studiare per la prima volta il fenomeno delle piccole e medie
imprese territorialmente concentrate e con capacità competitive e di sviluppo.
Coniò anche il termine distretto industriale, inteso come la concentrazione di
industrie specializzate in particolari località.
Nel distretto si finisce per suddividere la produzione di beni tra differenti piccole
entità specializzate in determinate fasi.
Queste imprese sono tutte di modeste dimensioni senza che esista un’impresa
leader.
Si forma perciò un mercato locale competitivo, ma caratterizzato dalla presenza
di un unico “ambiente sociale” degli imprenditori, quindi mossi dalla reciproca
cooperazione: possiamo quindi dire che il rapporto è sia di cooperazione che di
concorrenza.
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19. Joint venture:
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20. portatori di interessi:
b) un quadro di riferimento:
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6. Clienti: coloro che acquistano i beni prodotti dall’impresa e ne rappresentano il
patrimonio commerciale di tutte le imprese.
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21. Costi di produzione:
costi comuni o indiretti: essi sono costi relativi a fattori che concorrono allo
svolgimento di più coordinazioni produttive (=alla produzione di più beni); per i
costi comuni si segue un’attribuzione indiretta mediante criteri di ripartizione che
cercano di cogliere la relazione funzionale che lega il fattore produttivo
all’oggetto di calcolo.
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22. Crescita interna ed esterna:
a) caratteristiche:
crescita interna: si verifica quando l’impresa aumenta le proprie dimensioni
accrescendo gradualmente le proprie strutture produttive, commerciali,
amministrative, di ricerca, senza far ricorso ad alleanze o fusioni. Consente di
programmare e ampliare autonomamente le linee e gli obiettivi della crescita.
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23. Soggetto d’istituto e soggetto economico
c) Definizione di soggetto economico: insieme delle persone a cui fanno capo gli
interessi economici istituzionali e che esercitano di fatto il governo economico
dell’azienda.
Il soggetto economico ha dei diritti-doveri:
1. deve fissare gli obiettivi,
2. scegliere i soggetti che contribuiranno alla vita economica dell’istituto,
3. progettare e mettere in atto le strutture di governo e di controllo dell’istituto,
4. sorvegliare il funzionamento dell’istituto.
Il soggetto economico è unitario e unico.
Esistono casi in cui il governo economico viene esercitato da persone che non
fanno parte del soggetto economico e si forma il soggetto economico improprio,
che può essere deleterio per lo sviluppo dell’impresa poiché non rispetta il
principio del contemperamento degli interesso.
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24. La diversificazione:
b) vantaggi:
1. Ripartizione dei rischi
2. Massimizzazione della crescita
3. Ricerca del potere di mercato
4. Economie di scopo e valorizzazione delle risorse in eccesso
5. Internalizzazione laterale legata all’efficienza transazionale
6. Vantaggi informativi
7. Riduzione del rischio finanziario imprenditoriale
c) aspetti negativi: legati agli errori di valutazione che possono essere fatti al
momento della pianificazione strategica della diversificazione, l’assenza di una
seria pianificazione e motivi psicologici legati al rifiuto dell’operazione da parte dei
dirigenti dell’impresa originaria.
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25. Integrazione orizzontale:
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4. salvaguardia dal calo di domanda: aumentando, diversificando la produzione
e i mercati di sbocco della produzione, l’azienda può limitare il calo della
propria domanda;
5. volontà di acquisire maggior potere monopolistico: spesso l’integrazione
orizzontale ha come fine quello di “togliere” dal mercato alcuni concorrenti o
creare delle barriere all’entrata nei confronti di potenziali concorrenti.
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26. La specializzazione economica
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28. L’attuazione dell’espansione internazionale
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29. I gruppi di imprese:
2. elementi sostanziali
• unità (o unitarietà) del soggetto economico.
b) possibile struttura:
- gruppi verticali: sono quei gruppi in cui la gestione è affidata ad una società
capogruppo o
holding, società che ha la possibilità di esercitare un controllo sulle società del
gruppo in quanto possiede delle partecipazioni nel capitale sociale delle
controllate. È il tipo di legame partecipativo più ricorrente.
- gruppi orizzontali: sono insiemi di imprese legate tra di loro da vincoli di varia
natura; in questi gruppi la direzione viene esercitata congiuntamente dalle
imprese di gruppo che si trovano in una situazione di reciproca uguaglianza.
Per quanto riguarda la holding pura, vengono individuati due particolari gruppi
strutturati in due diversi modi:
- gruppo “a pettine”: questo è un gruppo in cui la holding controlla tutte le
controllate in maniera diretta; così anche se una delle società controllate viene
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persa, la perdita si limita solamente a quella società.
Questo sistema di controllo è quindi sicuro, anche se però è un sistema costoso in
quanto bisogna avere partecipazioni dirette in ogni controllata, si devono
impegnare cioè ingenti mezzi finanziari;
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30) L’impresa multidivisionale:
Esistono però dei prezzi di trasferimento per le transazioni che avvengono tra le
singole divisioni: si possono basare sui prezzi di mercato o sui costi realmente
sostenuti, anche se non esiste un metodo assoluto per stabilire tali prezzi, in quanto
bisogna tener conto delle caratteristiche dei beni oggetto di scambio interno e
delle strutture operative delle singole divisioni.
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