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NON PROFIT, IMPRESE SOCIALI, SOCIETÀ BENEFIT

Nel 2016 in Italia, è iniziata la riforma del Terzo Settore che ha interessato soprattutto le imprese sociali
ossia enti che perseguono scopi di interesse e utilità sociale mediante lo svolgimento di una attività di
impresa. Si tratta di organizzazioni di volontariato

L’impresa sociale si caratterizza per il perseguimento in modo volontario di un fine


sociale che è principale rispetto all’attività imprenditoriale svolta. Si tende alla giusta remunerazione
di almeno una parte dei fattori produttivi, non essendo prevista la distribuzione degli utili e le possibili
ricadute a vantaggio di coloro che utilizzano i beni e i servizi.
Le imprese sociali possono coinvolgere nella proprietà e nella gestione più tipologie di stakeholder, dai
volontari ai finanziatori. Ne deriva una governance multi-stakeholder.

Le risorse possono provenire da varie fonti quali la pubblica amministrazione, ledonazioni in denaro o in
lavoro, ma anche dal mercato e dalla sfera privata.
u Gli enti non profit svolgono un’attività che non è di impresa.
u Gli enti for profit (le imprese) sono invece orientati alla distribuzione di utili ai soci.
u Le società cooperative ordinarie sono imprese che svolgono attività a scopo mutualistico.

Nel 2016 è stata introdotta la Società Benefit che svolge attività di impatto sociale e ambientale. Si tratta
di una certificazione di impegno orientato alla sostenibilità. In genere operano in settore quali l’editoria,
l’edilizia, l’energia e la sanità. Accanto alla responsabilità economica si affianca una responsabilità
sociale verso le persone, i fornitori, il personale, la comunità locale

La responsabilità sociale d’impresa si base fondamentalmente su 5 principi:


1. Sostenibilità, cioè un uso consapevole delle risorse ambientali
2. Volontarietà d’azione, cioè ogni azione intrapresa non è dettata dalla legge;
3. Trasparenza con gli interessati all’impresa;
4. Qualità di ogni prodotto e processo produttivo offerto;
5. Integrazione di ogni attività tra direzione e reparto
DISTRETTI, CONSORZI E RETI DI IMPRESA
Quando si parla di distretto industriale si fa riferimento a una realtà socioeconomica
costituita da un insieme di imprese, facenti parte di uno stesso settore produttivo, localizzato in
un’area circoscritta, tra le quali vi è collaborazione, ma anche concorrenza

Un carattere distintivo di un distretto industriale è la base produttiva

La società consortile o consorzio è una società che può essere di qualunque forma ad eccezione delle
società semplici, che svolge la propria attività perseguendo fini consortili. L’organizzazione è tra
imprenditori che operano nello stesso ramo di attività per lo svolgimento di alcune fasi dei processi
produttivi delle rispettive imprese Il consorzio è una aggregazione volontaria e legalmente riconosciuta
che regola iniziative comuni per lo svolgimento di determinate attività. A differenza dell’associazione, non
pone in essere un rapporto strutturale tra i consorziati. Nel settore dei lavori pubblici sono consorzi
stabili quelli formati da più di tre consorziati che decidono di operare nel settore dei contratti pubblici di
lavori, forniture, servizi, per un periodo di tempo superiore ai 5 anni.

Le reti di imprese sono una organizzazione che definisce un sistema di relazioni tra attori che partecipano
alla rete. La rete è un modello stabile di relazioni cooperative per costituire un solo soggetto economico.
Il contratto di rete è una forma di accordi con il quale più imprenditori si impegnano a collaborare per
accrescere sia individualmente (la propria impresa) che collettivamente (le imprese che fanno parte
della rete), la propria capacità innovativa e la propria competitività. Con il contratto di rete le imprese si
obbligano, in base a un programma comune, a collaborare in forme e ambiti predeterminati attinenti
all’esercizio delle proprie attività, Il contratto può prevedere anche l’istituzione di un fondo patrimoniale
e la nomina di un organo comune di governo incaricato di gestire l’esecuzione del contratto Il contratto
può prevedere anche l’istituzione di un fondo patrimoniale e la nomina di un organo comune di governo
incaricato di gestire l’esecuzione del contratto

GLI ORGANI DI GOVERNO


1)Il modello tradizionale si applica in via ordinaria se non diversamente previsto dallo Statuto della società.
Prevede:
u Il consiglio di amministrazione che ha il potere di gestire l’impresa, Può delegare a uno o più soci
alcune attività, a eccezione di: redazione del bilancio, riduzione del capitale per perdite o sotto il limite
legale,
u Il collegio sindacale ha il dovere di vigilare sull’osservanza della legge e dello Statuto, al rispetto dei
principi di corretta amministrazione, ha il potere di convocare l’assemblea per gravi fatti o in caso di
urgente necessità, ha l’obbligo di sostituirsi agli amministratori nell’esercizio dei doveri a loro imposti.
u Il controllo contabile è affidato al revisore contabile, persona fisica o società di revisione. u Nelle
società che non fanno ricorso al capitale di rischio il controllo contabile può essere affidato al collegio
sindacale composto di revisori contabili.

Il bilancio consolidato è un documento consuntivo di esercizio che rappresenta la situazione economica,


patrimoniale e finanziaria di un gruppo di imprese, elaborato dalla società posta al vertice (capogruppo). È
un documento pubblico che non ha forza legale.

2. Nel modello dualistico, il governo dell’impresa è affidato a:


u Il consiglio di gestione formato dagli amministratori della società
u Il consiglio di sorveglianza, eletto dall’assemblea dei soci, nomina e revoca i membri del consiglio di
gestione e vigila sul loro operato, approva il bilancio di esercizio o l’eventuale bilancio consolidato, può
denunciare al tribunale gravi irregolarità dei consiglieri di gestione, , esercita il controllo contabile.
3. Il sistema monistico prevede un organismo monocratico che ha i poteri di gestione e di controllo della
società ed è formato da:
u Il consiglio di amministrazione al cui interno è istituito un comitato per il controllo sulla gestione
composto da amministratori non esecutivi con il compito di provvedere al controllo della gestione sociale.
u Il comitato di controllo costituito all’interno del consiglio stesso. La legge prevede che i componenti del
comitato devono operare in condizioni di indipendenza rispetto agli amministratori. Al comitato è
affidato anche il controllo contabile esercitato altrimenti da un revisore esterno.
GLI ORGANI DI CONTROLLO
Il controllo degli azionisti. Si configura quando la proprietà è molto concentrata e permette di controllare
l’operato dei manager
La proprietà concentrata può assumere 3 forme:
1. Controllo assoluto, un solo azionista controlla il 50% più uno dei voti;
2. Controllo di minoranza, un singolo azionista pur detenendo meno del 50% dei voti, a causa della
frammentazione proprietaria, domina le assemblee e ha comportamenti opportunistici
3. Patto di sindacato, un gruppo di azionisti che possiedono quote insufficienti per il controllo
dell’assemblea se presi individualmente, si allea e costituisce un blocco azionario di controllo. accordo
(max 3 anni rinnovabili o indeterminati )
In Italia, la maggior parte delle grandi società sono rette da solide maggioranze mentre il controllo assoluto
spesso di tipo familiare, domina le imprese più piccole. Molte legislazioni ritengono che le decisioni
critiche devono essere prese con maggioranze qualificate. In Italia è l’assemblea straordinaria a
decidere sugli aumenti di Capitale Sociale, sulle fusioni, sul cambiamento dell’oggetto sociale. Gli azionisti
di controllo, se abbastanza forti, possono scegliere il consiglio di amministrazione.
In società grandi i lavoratori e gli azionisti si dividono a metà i posti del consiglio. In paesi a mercati
finanziari efficienti, il management soffre meno il controllo degli azionisti nel caso in cui questi
possiedano quote significative di una società.
Una efficace concentrazione proprietaria elimina il problema d’agenzia tra proprietà e controllo, in
quanto capace di sottrarre al management la sua indipendenza. La gestione è nelle mani degli azionisti di
controllo. Tuttavia, non è detto che chi detiene il capitale abbia anche doti manageriali
La gestione diretta a opera degli azionisti di maggioranza comporta la possibilità che questi cerchino
benefici privati ai danni degli azionisti di minoranza.
Gli azionisti di maggioranza possono esercitare un controllo sugli azionisti di minoranza, per mezzo di una
piramide definita catena di società. In una piramide, X è una società operativa controllata al 25% da C,
società holding. C è a sua volta controllata dalla holding B con il 51%del capitale, controllata dalla holding
A, 32%, la quale è a sua volta controllata da un gruppo di azionisti che detiene l’80% della holding A

gli azionisti in cima alla piramide nonostante non possiedano neanche un’azione di X, riescono di fatto
a controllare a cascata le assemblee di tutte le società sottostanti. Il vantaggio della piramide è che
consente di esercitare un controllo assoluto per mezzo di un investimento modesto. Il reale impegno
finanziario degli azionisti di controllo è misurato dalla % di X detenuta indirettamente dagli stessi. Questa %
è definita come possesso integrato ed è espressione del prodotto delle percentuali di controllo ai vari livelli
della piramide.
Possesso integrato: 80% x 32% x 50% x 25% = 3,2%.
La leva azionaria è data dal rapporto tra la quota percentuale di capitale detenuta da una società
capogruppo in X e il possesso integrato.
Questo indice che fornisce il capitale controllato per unità di capitale investito, misura quante volte si
moltiplica il possesso integrato della capogruppo all’interno della catena delle partecipazioni
azionarie. Leva azionaria: 25%/3,2% = 7,81% Il fenomeno delle piramidi è molto diffuso in Italia a
causa della scarsa liquidità nei mercati dei capitali che rende difficoltosa la raccolta di risorse necessarie per
un controllo diretto
Gli azionisti saranno disincentivati a investire nelle società operative, al contrario saranno molto
incentivati a usare il proprio controllo per fini diversi. Attraverso opportune operazioni fra la società
operativa e le holding potrebbero per esempio, spostare le ricchezze ai livelli più alti della catena.
I fattori principali che tendono a reprimere i prezzi delle azioni sono: u Possibili takeover realizzati, in
genere non sulla società operativa, ma su una holding in alto nella catena. Ciò a scapito degli azionisti di
minoranza che non percepirebbero il premio che l’acquirente paga per l’operazione. u Le holding possono
non essere quotate. Sottraendosi quindi agli obblighi informativi di borsa, gli azionisti di minoranza della
società operativa possono non essere a conoscenza di avvenimenti importanti che accadono ai livelli
superiori della catena. Un effetto della concentrazione proprietaria è che essa tende a generare una
scarsa liquidità dei titoli. Gli azionisti di controllo hanno interesse a contenere le dimensioni del flottante
(cioè il numero di titoli in circolazione) per evitare rastrellamenti da parte di investitori ostili. Questo
meccanismo di governance può risultare deleterio per lo sviluppo dei mercati dei capitali. Scoraggiando
l’investimento da parte di chi non partecipa al controllo della società si disincentiva l’intero sistema
economico, a finanziare le attività di impresa.
IL CONTROLLO INTERNO Il controllo interno serve a tenere alta l’attenzione sui rischi legati
all’esercizio del business con l’obiettivo di garantire l’equilibrio tra gli obiettivi economici e quelli di
conformità alle leggi e ai regolamenti in vigore. Al fine di abolire le azioni illecite che possono deteriorare il
patrimonio dell’impresa a danno degli azionisti e dei stakeholder, il controllo interno si divide in: u
Controllo di legittimità o compliance, con cui si accerta la conformità alle norme di legge e ai
regolamenti in vigore delle attività dell’organizzazione prevedendo soluzioni tecniche e organizzative. u
Controllo procedurale, per la verifica del rispetto delle procedure stabilite dall’impresa, allo scopo di
evitare frodi interne, collusioni con terze parti e prevenire qualsiasi danneggiamento degli interessi degli
stakeholder interni. u Controllo contabile per appurare che i costi e i bilanci siano veritieri. Ogni impresa
che supera un certa dimensione ha un internal audit che svolge il controllo contabile o anche le altre attività
previste dal controllo interno. Per le società quotate esiste l’obbligo di intervento di una società di
revisione per il controllo contabile. Tale società deve attestare con cadenza annuale la corretta rilevazione
contabile delle operazioni di impresa, la verifica del bilancio e l’adozione di adeguati criteri di valutazione.
Al termine della procedura, la società di revisione produce la relazione di certificazione che convalida la
conformità del bilancio o può richiedere modifiche e integrazioni. Il Consiglio di Amministrazione può
avvalersi dell’attività istruttoria del controllo interno. Nei paesi anglosassoni, tale responsabilità investe
gli amministratori indipendenti. In Italia esiste il Collegio Sindacale, al vertice del sistema di vigilanza,
che è un organo distinto previsto dalla legge e che dovrebbe assolvere al ruolo di sorveglianza e intervenire
come supplente nel caso in cui gli amministratori vengano meno ai propri doveri legali. L’azione del
Collegio Sindacale è volta a vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo e dei principi di corretta
amministrazione. Il Codice di Autodisciplina delle società quotate consiglia l’istituzione di un sistema
che comprenda: u un soggetto preposto al controllo interno che può coincidere con il responsabile alla
funzione di internal audit, deve essere indipendente e rispondere solo al consiglio di amministrazione o
ad altri organi sociali. u un comitato per il controllo interno formato da consiglieri non esecutivi e per la
maggioranza indipendenti, ha il potere di ricevere informazioni dal preposto, valutare le attività del
controllo interno e vigilare i rapporti con la società di revisione. Ai lavori del comitato possono
partecipare il presidente del collegio sindacale o altri sindaci. Disporre di un buon sistema di controllo è
l’ambizione di ogni impresa che mira al successo tuttavia vi è incertezza che gli amministratori indipendenti,
siano essi organizzati o meno in comitati, abbiano il potere e l’autonomia di adempiere al loro ruolo.
L’internal audit pur essendo efficace può sempre subire l’influenza del management in quanto costituito da
dirigenti e collaboratori.

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