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Diritto delle societa gianfranco campobasso vol 2

Diritto Commerciale (Università degli Studi di Pavia)

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CAPITOLO 1 – LE SOCIETA’

1. IL SISTEMA LEGISLATIVO

Le società sono organizzazioni di persone e di mezzi create dall’autonomia privata per l’esercizio in co-
mune di un’attività produttiva. Sono le strutture tipiche previste dall’ordinamento per l’esercizio in forma
associativa dell’attività di impresa (impresa collettiva). Il legislatore prevede vari tipi di società fra le
quali le parti posso scegliere il tipo societario più rispondente alle loro specifiche esigenze operative. I
tipi previsti sono:

- Società di persone:
o società semplice;
o società in nome collettivo;
o società in accomandita semplice;
- Società di capitali:
o società per azioni;
o società in accomandita per azioni;
o società a responsabilità limitata;
- Società cooperativa;
- Mutue assicuratrici.
!
Il diritto comunitario prevede: società europea; società cooperativa europea.
!
A. LA NOZIONE DI SOCIETA’
!
2. IL CONTRATTO DI SOCIETA’
Anche se il legislatore prevede vari tipi di società,ma un’unica nozione di CONTRATTO DI SOCIETÀ, previ-
sto dall’art. 2247: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per
l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. L’art. 2247 ha il com-
pito di fissare i caratteri minimi comuni del fenomeno societario, cioè i caratteri che un ente associativo
di diritto privato deve necessariamente presentare per poter essere qualificato come società e che per-
ciò devono essere presenti in tutti i tipi di società. Le società
sono, in base all’art. 2247, degli enti associativi a base contrattuale, in quanto nascono dall’accordo di
due o più parti per costituire e regolare fra loro un rapporto giuridico a contenuto patrimoniale,
art. 1321.

Sotto il profilo contrattuale, le società possono essere inquadrate nella categoria dei contratti associa-
tivi o con comunione di scopo. Questi contratti si caratterizzano e si differenziano rispetto ai contratti
di scambio, in quanto, nei contratti associativi l’avvenimento che soddisfa l’interesse di tutti i contraenti
è unico, cioè l’esercizio in comune dell’attività economica che forma oggetto del contratto mentre, nei
contratti di scambio l’avvenimento che soddisfa l’interesse di una delle parti è diverso dall’avvenimento
che soddisfa l’interesse dell’altra parte.

Da ciò derivano alcuni caratteri strutturali dei contratti associativi e del contratto di società:

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a. Nei contratti associativi, le prestazioni di ciascuna parte (i conferimenti) possono anche essere di
diversa natura e di diverso ammontare; infatti essi non devono rispondere a un rapporto di corri-
spettività con un’altra controprestazione. Tutte le prestazioni hanno uno scopo comune, l’esercizio
dell’attività, e tutte trovano il loro corrispettivo nella partecipazione ai risultati dell’attività co-
mune.
b. Il contratto associativo è un contratto potenzialmente plurilaterale ed aperto, cioè può essere
stipulato da più parti e da un numero illimitato di parti.
c. Il contratto associativo è un contratto di organizzazione di una futura attività. Ne consegue che il
contratto di società non esaurisce la sua funzione con l’esecuzione delle prestazioni (i conferimen-
ti) in quanto fissa le basi organizzative della futura attività comune e predetermina le modalità di
partecipazione individuale all’attività del gruppo ed ai risultati della stessa.
Speciale disciplina prevista per i contratti associativi:la nullità, l’annullabilità, la risoluzione che colpisco-
no il vincolo di una delle parti non comportano la nullità, l’annullabilità o la risoluzione dell’intero contrat-
to, salvo che la partecipazione venuta meno debba considerarsi essenziale.

3. I CONFERIMENTI
Le società sono enti associativi che si caratterizzano per la contemporanea presenza di tre elementi:

a. i conferimenti dei soci;


b. l’esercizio in comune di un’attività economica, scopo-mezzo;
c. lo scopo di divisione degli utili, scopo-fine.
La contemporanea presenza di tali elementi consente di distinguere le società dagli altri fenomeni asso-
ciativi (associazione in partecipazione, comunione, consorzi).

I conferimenti sono le prestazioni cui le parti del contratto di società si obbligano. Essi costituisco-
no i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società, detto capitale di rischio, per
lo svolgimento dell’attività di impresa. Col conferimento ogni socio destina stabilmente (per tutta la du-
rata della società) parte della propria ricchezza personale all’attività comune e si espone al rischio di im-
presa, cioè a rischiare di non ricevere nessuna enumerazione se non ci sono utili, o di perdere, in tutto o
in parte, quanto apportato se la società subisce perdite. Diversi, da socio a socio, possono essere sia
l’oggetto sia l’ammontare del conferimento. In riguardo all’oggetto dei conferimenti,
l’art. 2247 stabilisce genericamente che essi possono essere costituiti da beni e da servizi: denaro, beni
in natura trasmessi in proprietà o in godimento, prestazioni di attività lavorativa, ecc. Cioè, può costitui-
re oggetto di conferimento ogni entità suscettibile di valutazione economica che le parti ritengono utile o
necessaria per lo svolgimento della comune attività di impresa. In realtà, questo principio va coordinato
con la disciplina dei singoli tipi societari. Trova riscontro solo nelle società di persone e, dopo la riforma
del 2003, nella srl. Ma, per le società per azioni e nelle società cooperative per azioni, l’art. 2342, 5°
comma, stabilisce espressamente che non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni d’ope-
ra o di servizi.

4. PATRIMONIO SOCIALE E CAPITALE SOCIALE

Il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla società.
Esso, inizialmente, è costituito dai conferimenti eseguiti o promessi dai soci, successivamente subisce
continue variazioni qualitative o quantitative in relazione alle vicende economiche della società. La consi-
stenza del patrimonio sociale è accertata periodicamente attraverso la redazione del bilancio di eserci-

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zio. La differenza fra attività e passività è detta patrimonio netto.


Il patrimonio sociale costituisce la garanzia generica principale od esclusiva dei creditori della società:

- sarà garanzia principale, se per le obbligazioni sociali rispondono anche i soci con il proprio patri-
monio.
- sarà garanzia esclusiva, se per le obbligazioni sociali risponde solo la società col proprio patrimo-
nio.
!
Il capitale sociale nominale è, invece, la cifra che esprime il valore in danaro dei conferimenti quale
risulta dalla valutazione compiuta nell’atto costitutivo della società. Indica, quindi, il valore delle attività
patrimoniali che i soci si sono impegnati a non distrarre dall’attività di impresa e che perciò non possono
liberamente ripartirsi per tutta la durata della società. I soci potranno ripartirsi solo la parte di patri-
monio netto che supera l’ammontare del capitale sociale. Il capitale sociale nominale rimane immutato nel
corso della vita della società fin quando, con modifica dell’atto costitutivo, non se ne decide l’aumento o
la riduzione. È quindi un valore storico. Il capitale sociale è una quota del pa-
trimonio netto non distribuibile fra i soci e perciò assoggettata ad un vincolo di stabile destinazione al-
l’attività sociale, funzione vincolistica. Infatti, il valore del capitale sociale è iscritto in bilancio insieme
alle passività.
La funzione vincolistica del capitale sociale si risolve per i creditori in una garanzia patrimoniale sup-
plementare, in quanto potranno soddisfare i loro crediti su un attivo patrimoniale eccedente le passività
(passività che devono corrispondere almeno al valore del capitale sociale).

Il capitale sociale nominale ha poi una funzione organizzativa, cioè è un termine di riferimento per ac-
certare periodicamente se la società ha conseguito utili o ha subito perdite. Questo ruolo organizzativo è
più accentuato nelle società di capitali, in quanto in esse, il capitale sociale funge da base di misurazione
di alcune fondamentali situazioni soggettive dei soci, sia di carattere amministrativo (diritto di voto), sia
di carattere patrimoniale (diritto agli utili ed alla quota di liquidazione). Infatti, tali diritti spettano a
ciascun socio in misura proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritto.
In conclusione : il capitale sociale è sì
una cifra numerica, ma è anche un termine di riferimento per un ordinato e corretto svolgimento della
vita sociale.

5. L’ESERCIZIO IN COMUNE DI ATTIVITA’ ECONOMICA


Il secondo elemento delle società è l’esercizio in comune di un’attività economica, detto scopo-mezzo del
contratto di società.
Con il termine Oggetto sociale si definisce la specifica attività economica che i soci si propongono
di svolgere. Tale attività deve essere predeterminata nell’atto costitutivo della società ed è modificabile
nel corso della vita della stessa solo con l’osservanza delle norme che regolano le modificazioni dell’atto
costitutivo.

In tutte le società l’oggetto sociale deve consistere nello svolgimento di un’attività (cioè una serie coor-
dinata di atti) e di un’attività economica, o meglio di un’attività produttiva, cioè un’attività a contenuto
patrimoniale, condotta con metodo economico e finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servi-
zi. Essenziale per aversi società è che l’attività produttiva sia esercitata in comune. Perché un’attività
economica possa definirsi comune a più soggetti è necessario che essa sia preordinata alla realizzazione

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di un risultato unitario e comune. Cioè di un risultato giuridicamente imputabile al gruppo in quanto tale,
in modo che tutti i soci sia partecipi del risultato positivo o negativo della stessa attività. Inoltre, è ne-
cessario che i singoli atti di impresa siano prodotti secondo modalità che ne consentano l’imputazione al
gruppo unitariamente considerato. È necessario che chi agisce nei rapporti esterni sia abilitato ad agire
per conto del gruppo ed agisca in nome dello stesso, rendendo così palese tale sua posizione.

Il carattere comune dell’attività consente una distinzione fra società e associazione in partecipazione.
Contratto quest’ultimo con il quale “l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della
sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto”, art. 2549. Nell’asso-
ciazione in partecipazione l’attività in impresa resta propria ed esclusiva dell’associante; i singoli atti di
impresa possono e debbono essere posti in essere solo in suo nome e a lui sono giuridicamente imputabili,
anche se compiuti dall’associato.

6. SOCIETA’ E IMPRESA. LE SOCIETA’ OCCASIONALI


L’attività delle società presenta di regola tutti i caratteri propri dell’attività di impresa, art. 2082, cioè
un’attività produttiva esercitata in modo professionale ed organizzato. Quindi, alle società è applicabile
la disciplina dell’attività di impresa, perciò se l’attività esercitata è un’attività commerciale, la società
è esposta al fallimento. Ma, la società può essere utilizzata anche per l’esercizio di attività produttiva a
carattere non imprenditoriale. Esempi ne sono le società occasionali e le società fra professionisti.

SOCIETÀ OCCASIONALI: L’art. 2247 richiede che l’attività delle società abbia carattere produttivo, ma
non fa cenno al requisito della professionalità richiesto dall’art. 2082 per l’acquisto della qualità di im-
prenditore. Perciò, è legittimo ritenere che l’esercizio in comune di un’attività non professionale, occa-
sionale, è sufficiente per dar vita ad una società, ma nel contempo non da vita ad un’impresa per difetto
del requisito della professionalità.

Alle società occasionali è applicabile la disciplina del tipo di società prescelto, ma non la disciplina
dell’impresa. In particolare, se l’attività è commerciale, la società occasionale è sottratta al falli-
mento.

Non si ha né società né impresa quando due persone realizzano insieme un affare che si risolve nel com-
pimento di un solo atto economico o anche più atti non coordinati da un disegno unitario. In tal caso di-
fetta il requisito fondamentale dell’attività, serie di atti coordinati, essenziale per aversi sia società, sia
impresa.

Sia ha sia società sia impresa quando due persone decidono di compiere insieme un singolo affare com-
plesso, cioè un affare che implica il compimento di operazioni numerose e l’utilizzo di un apparato produt-
tivo idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti economici.
L’ammissibilità di società senza impresa resta circoscritta alle ipotesi in cui si sia in presenza di esercizio
in comune di attività oggettivamente non duratura, cioè di un’ attività che si esaurisce nel compimento di
pochi atti elementari coordinati, che non richiedono la predisposizione di alcun apparato produttivo og-
gettivamente apprezzabile.

7. LE SOCIETA’ FRA PROFESSIONISTI


L’attività dei professionisti intellettuali è attività economica, cioè un’attività produttiva di servizi intel-
lettuali. Una società fra professionisti per l’esercizio in comune della loro attività da-
rebbe perciò vita ad un’ulteriore ipotesi di società senza impresa. Anche se la nozione di società, art.

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2247, parla di attività economica e non di attività di impresa. Dalle norme del codice civile emerge con
chiarezza il carattere rigorosamente personale dell’attività del professionista intellettuale. L’art. 2232
gli impone di eseguire personalmente l’incarico assunto e, se si avvale di sostituti e ausiliari, quest’ultimi
devono operare sotto la direzione e responsabilità del professionista.

La legge n. 1815 del 23/11/1939, all’art. 1, stabilisce che “i professionisti che si associano per l’eserci-
zio della professione debbono usare nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti con i terzi, esclu-
sivamente la dizione di “studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario”, se-
guito dal nome e cognome, coi titoli professionali, dei singoli associati”.

L’evoluzione delle professioni intellettuali e le soluzioni permissive attuate nel resto d’Europa, ha solleci-
tato anche in Italia un intervento legislativo, volto a delineare una specifica disciplina delle società fra
professionisti idonea a garantire il rispetto dei principi cardine fissati dal codice per le professioni in-
tellettuali. Dopo diversi progetti, nel 1997 si ebbe un intervento parziale ma non risolutivo. L’art. 24 della
legge n. 266/1997 ha abrogato l’art. 2 ella legge 1815/1939 ed ha conferito al Ministero della giustizia
il potere di fissare con proprio decreto i requisiti per l’esercizio in forma societaria delle attività intel-
lettuali dell’art. 11. Ma, nel maggio 1998, a seguito dei forti contrasti, il governo ha rinunciato ad emanare
il regolamento sulle società fra professionisti ed ha affidato la definizione della relativa disciplina ad una
legge delega. Con la sola eccezione della società fra avvocati introdotta dal d.lgs. n. 96/2001.

La società fra professionisti non va confusa col fenomeno dell’assunzione congiunta di un incarico da
parte di più professionisti. In tal caso non si ha società in quanto ogni professionista si impegna, nei
confronti del cliente, ad eseguire personalmente una propria prestazione intellettuale, sia pure coordina-
ta con quella di un collega. Si hanno quindi, distinte attività professionali coordinate e non un’unica attivi-
tà esercitata in comune.

La società fra professionisti va distinta anche dalla cosiddetta società di mezzi fra professionisti, cioè
quella società costituita da professionisti per l’acquisto e la gestione in comune di beni strumentali all’e-
sercizio individuale delle rispettive professioni. Le società di mezzi sono perfettamente lecite e sono
certamente titolari di un’ impresa commerciale in quanto svolgono attività di impresa (produzione di ser-
vizi) e non attività intellettuale.

Poi, vi sono le società di servizi che offrono sul mercato un prodotto complessivo, per la cui realizzazio-
ne sono necessarie anche prestazioni professionali dei soci o dei terzi. Prestazioni che hanno carattere
strumentale e servente rispetto al servizio offerto dalla società. Esempio di tali società è costituito dal-
le società di ingegneria (società di progettazione industriale) o società di engineering, la cui attività non
si esaurisce nella semplice progettazione di opere di ingegneria, ma comprende anche altre prestazioni,
quali le relative ricerche di fattibilità ed il reperimento di fondi (consulting engineering), fino alla realiz-
zazione e la vendita degli impianti e delle attrezzature industriali progettate (commercial engineering).

Queste società hanno spesso alle loro dipendenze decine di professionisti e hanno dimensioni gigante-
sche. Fra le società di servizi imprenditoriali rientrano anche le società di elaborazione elettronica dei

1 Art. 1. Le persone che, munite dei necessari titoli di studio di abilitazione professionale, ovvero autorizzate all'esercizio di specifiche attività in forza di particolari
disposizioni di legge, si associano per l'esercizio delle professioni o delle altre attività per cui sono abilitate o autorizzate, debbono usare, nella denominazione del loro
ufficio e nei rapporti coi terzi, esclusivamente la dizione di <<studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario>>, seguita dal nome e cogno-
me, coi titoli professionali dei singoli associati.
L'esercizio associato delle professioni o delle altre attività, ai sensi del comma precedente, deve essere notificato all'organizzazione sindacale da cui sono rappresentati
i singoli associati.

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dati contabili e le società di revisione contabile.


Le vere e proprie società fra professionisti possono essere considerate le società fra professionisti in-
tellettuali che hanno come oggetto unico ed esclusivo l’esercizio in comune dell’attività professionale agli
stessi riservata per legge. Gli incarichi professionali sono assunti dalla società ed è la società che giuri-
dicamente si obbliga ad eseguire le relative prestazioni professionali, sia pure attraverso i propri soci a
loro volta obbligati verso la comune società a prestare la propria attività intellettuale.

Si ammette che per le professioni non protette la forma societaria può essere utilizzata senza limita-
zioni e quindi che possano essere utilizzate anche le società di capitali. Chi svolge una professione non
protetta potrà operare con i propri clienti secondo modelli giuridici diversi da quelli inderogabilmente
fissati per le professioni protette. La loro prestazione non è giuridicamente qualificabile come presta-
zione d’opera intellettuale, quindi non sarà un professionista intellettuale ma un produttore di servizi e,
di conseguenza, acquisterà la qualità di imprenditore commerciale. Quindi, chi esercita una professione
non protetta potrà scegliere qualsiasi forma societaria, non essendo vincolato al rispetto dell’art. 2232.
Ma così facendo, vengono posti fuori dalla categoria dei professionisti intellettuali e l’attività da loro
svolta non sarà qualificata come esercizio di una professione intellettuale. Si avrà una comune società
per l’esercizio di attività imprenditoriale, che è una società commerciale. In conclusione, nelle professioni
non protette si avrà una società senza impresa.

Per le professioni protette (per il loro esercizio serve l’iscrizione in appositi albi professionali) quando
non si esclude la possibilità del loro esercizio in forma societaria, si tende per lo più ad ammettere solo
l’utilizzo delle società di persone, in rispetto alle condizioni fissate dall’art. 1 della legge 1815/1939, visto
che tale strutture societarie non compromettono la personalità della prestazione professionale.
La giurisprudenza invece nega la liceità di tali società, qualunque sia il tipo societario scelto, in quanto è
in contrasto sia con la legge 1815/1939, sia con il codice civile, sempre al fine di tutelare il carattere
personale delle prestazioni professionali, il cui rispetto resta precluso dall’esercizio in comune di tali at-
tività. Il Campobasso è d’accordo con il negare l’ammissibilità
della forma societaria per le professioni intellettuali, in quanto l’esercizio in comune di un’attività sper-
sonalizza la prestazione professionale e impedisce che le stesse possano essere giuridicamente riferite
ai soci professionisti che le hanno eseguite effettivamente ed altera il regime della responsabilità pro-
fessionale. L’unica deroga al divieto di costituzione di società fra professionisti è la società tra av-
vocati.

7.1 LA SOCIETA’ TRA AVVOCATI


La società tra avvocati è stata introdotta dal d.lgs. n. 96 del 02/02/2001, con cui è stata data attuazione
alla direttiva Ce n. 98/5, volta a facilitare il libero esercizio della professione di avvocato nell’ambito
dell’Unione Europea. La società fra avvocati ha per oggetto esclusivo l’esercizio in comune dell’attività
professionale dei propri soci, art. 17, cioè l’attività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio. La
società può anche acquistare beni e diritti strumentali all’esercizio della professione e compiere qualsiasi
attività diretta allo scopo. La società fra av-
vocati è regolata dalle norme della società in nome collettivo, ove non diversamente previsto dalla rela-
tiva disciplina speciale, art. 16.In particolare, si prevede che tutti i soci devono essere in possesso del
titolo di avvocato e che non sia consentita la partecipazione ad altra società tra avvocati, art. 21.
Il socio che è stato cancellato o radiato dall’albo è escluso di diritto dalla società, mentre è causa di
esclusione facoltativa la sospensione dall’albo, art. 21, 4° comma. La società tra avvocati agisce sotto una

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ragione sociale costituita dal nome e dal titolo professionale di tutti i soci ovvero di uno o più soci, segui-
to dalla locuzione “ed altri”; deve contenere l’indicazione in forma abbreviata di società tra professioni-
sti, s.t.p. , art. 18. Inoltre, nella ragione sociale è conservato il nome dell’ex socio, art. 18, 2° comma. Per
la costituzione della società fra avvocati vale la stessa disciplina dettata per la snc, ma la società fra
professionisti è iscritta in una sezione speciale del registro delle imprese relativa alle società fra pro-
fessionisti e l’iscrizione ha solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, art. 16, 2°
comma. Inoltre, ad essa si applicano le norme professionali e deontologiche che disciplinano la professio-
ne di avvocato, art. 16, 4° comma.

!
Le cause di invalidità della stp sono quelle previste dalla disciplina generale dei contratti, mentre per gli
effetti è dettata una disciplina speciale, che è più vicina alla disciplina delle spa. Infatti:

a) La dichiarazione di nullità o la pronuncia di annullamento non pregiudica l’efficacia degli atti com-
piuti in nome della società.
b) Resta ferma la responsabilità personale dei soci per le obbligazioni anteriori.
c) La sentenza di nullità o di annullamento nomina uno o più liquidatori, dando avvio al procedimento di
liquidazione della società che porterà all’estinzione della società dopo aver soddisfatto i creditori
sociali e ripartito fra i soci l’eventuale residuo attivo di liquidazione.
d) L’invalidità non può essere pronunciata se la causa di essa è stata eliminata per effetto di una mo-
difica dell’atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese.
!
La società fra avvocati non è soggetta a fallimento in quanto non svolge attività di impresa.

La società fra avvocati è assoggettata ad una peculiare disciplina volta a conciliare l’esercizio in forma
societaria della professione forense con il rispetto del principio della personalità della prestazione e di
quello della diretta responsabilità del professionista nei confronti del cliente. Infatti, l’amministrazione
della società non può essere affidata a terzi, art. 23, e l’incarico professionale conferito alla società può
essere eseguito solo da uno o più soci in possesso degli specifici requisiti prescritti per l’esercizio della
professione richiesta, art. 24.Inoltre, è riconosciuto e tutelato il diritto del cliente di scegliere il proprio
difensore. In difetto di scelta, la società deve comunicare per iscritto al cliente il nome del socio o di
soci incaricati, prima dell’inizio dell’esecuzione del mandato. Per le obbligazio-
ni sociali non derivanti dall’attività professionale si applica la disciplina della snc. Delle obbligazioni deri-
vanti dall’attività professionale svolta da uno o più soci sono responsabili illimitatamente e solidalmente
tutti i soci qualora la società ometta di comunicare il nome dell’avvocato incaricato, prima dell’esecuzione
del mandato. Mentre è dettata una disciplina specifica per la responsabilità professionale, art. 26. Infat-
ti, solo il socio o i soci incaricati, e non tutti i soci, sono personalmente e illimitatamente responsabili per
l’attività professionale svolta in esecuzione dell’ incarico. Con essi risponde la società con il suo patrimo-
nio.

8. LO SCOPO-FINE DELLE SOCIETA’


L’ultimo elemento caratterizzante le società è costituito dallo scopo perseguito dalle parti, cd scopo-fine
del contratto di società. In base allo scopo perseguibile le società possono essere distinte in tre catego-
rie:

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- Società lucrative;
- Società mutualistiche;
- Società consortili.
L’art. 2247 enuncia solo uno di questi fini, che è lo scopo di divisione degli utili. Infatti, una società può
essere costituita per svolgere attività di impresa con terzi allo scopo di conseguire utili, lucro oggettivo,
destinati ad essere successivamente divisi fra i soci, lucro soggettivo. Tale scopo è detto scopo di lucro
o di profitto, ed è lo scopo tipico delle società di persone e di capitali, che sono definite società lucrati-
ve.

Le società cooperative, art. 2511, invece sono società che per legge hanno uno scopo mutualistico, cioè
hanno lo scopo di fornire direttamente ai soci beni, servizi od occasioni di lavoro a condizioni più vantag-
giose di quelle che i soci stessi otterrebbero sul mercato e non la divisione di utili.
La società cooperativa deve operare con metodo economico e per la realiz-
zazione di uno scopo economico dei soci (che è un vantaggio patrimoniale diretto, che può consistere o un
risparmio di spesa o una maggiore renumerazione del lavoro prestato dai soci nella cooperativa). Non è
perciò una società istituzionalmente preordinata per la realizzazione di uno scopo di lucro in senso pro-
prio.

Altro scopo delle società può essere la realizzazione di uno scopo consortile.

Una società consortile, art. 2615-ter, è tenuta ad operare con metodo economico e per la realizzazione
di uno scopo economico dei soci, consistente in un particolare vantaggio patrimoniale degli imprenditori
consorziati, come la sopportazione di minori costi o la realizzazione di maggiori guadagni nelle rispettive
imprese. Le società consortile non devono necessariamente perseguire uno scopo di lucro. Salve le ecce-
zioni previste da leggi speciali, le società sono enti associativi che operano con metodo economico e per
la realizzazione di un risultato economico a favore esclusivo dei soci. La società si caratterizza per l’ist-
ituzionale destinazione ai suoi membri, autodestinazione, dei variabili benefici patrimoniali conseguibili
attraverso l’esercizio della comune attività di impresa.

9. SOCIETA’ ED ASSOCIAZIONI. L’IMPRESA SOCIALE


Le differenza fra società ed associazioni risiedono nella natura dell’attività esercitatile e nello scopo-
fine perseguibile. Infatti:

a) diversamente che per le associazioni, l’attività delle società è un’attività produttiva condotta con
metodo lucrativo o quanto meno economico;
b) lo scopo-fine della società è uno scopo economico (lucrativo, consortile, mutualistico), e i benefici
sono destinati ai propri membri e non a terzi. Mentre le associazioni sono enti con scopo ideale o
altruistico.
Ne consegue che un gruppo associativo è da qualificare come associazione e non come società quando
svolge attività produttiva con metodo economico, cioè quando produce beni o servizi che vengono erogati
gratuitamente o a prezzo politico, oppure quando l’attività produttiva è condotta con metodo economico
ma gli utili conseguiti sono istituzionalmente destinati a scopi di beneficenza o altruistici.

In conclusione: la linea di confine fra società ed associazioni risiede nell’auto/destinazione ai membri del
gruppo per le società, o nell’etero/destinazione dei risultati economici dell’attività nelle associazioni. Nel-

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le associazioni è incompatibile lo scopo lucrativo in senso soggettivo, non lo svolgimento di attività di im-
presa né la realizzazione di utili, lucro oggettivo, attraverso tale attività.

Oggi, è forte la tendenza dei gruppi associativi con scopo ideale a servirsi del più comodo ed agibile
strumento della società per azioni, ricorrendo all’espediente di dichiarare nell’atto costitutivo un’attività
economica ed uno scopo lucrativo che poi in fatto non vengono perseguiti. Queste forme di utilizzazione
anomala dell’istituto societario non possono essere considerate legittime se non nei casi espressamente
previsti dalla legge. Una parte della dottrina sostiene che le
società di capitali sarebbero diventate delle strutture organizzative casualmente neutre e quindi legit-
timamente utilizzabili dall’ autonomia privata per la realizzazione di un qualsiasi scopo lecito: lucrativo,
economico ed ideale. Ma tale tesi non è condivisibile. Infatti, il sistema del codice civile non offre dati
che consentono di affermare la derogabilità statutaria dello scopo di lucro o economico, per le società di
capitali. Non decisiva è la circostanza che l’art. 2332 non elenca fra le cause di nullità della società per
azioni la mancanza dello scopo di lucro. Inoltre, l’espresso riconoscimento legislativo delle società consor-
tile se dimostra che le società di capitali possono essere utilizzate anche per uno scopo economico non
lucrativo, non dimostra che si possono usare tale società per scopi non economici, ideali. Nella legislazione
speciale si rinvengono numerosi casi di società istituzionalmente senza scopo di lucro oggettivo e/o
soggettivo. In passato infatti vi erano molte spa, a partecipazione pubblica, che per legge dovevano per-
seguire scopi esclusivamente pubblici e incompatibili con la causa lucrativa o economica. Anche se oggi
tale fenomeno si è ridimensionato nella legislazione speciale non mancano casi di società per azioni che
per legge non devono perseguire o possono non perseguire uno scopo di lucro. Esempi ne sono le spa per la
gestione dei fondi mutualistici per la promozione o lo sviluppo della cooperazione, spa per la gestione di
mercati regolamentati di strumenti finanziari. È in-
dubbio se fra le società di diritto speciale senza scopo di lucro possono ricomprendervi anche le società
sportive professionistiche regolate dalla legge n. 91 del 23/03/1981. Tale legge imponeva e impone ai
gruppi associativi che operano nel settore dello sport professionistico di adottare la forma della spa o
della srl. Al fine di incentivare la raccolta di capitale di rischio fra il pub-
blico è stata abrogata la norma che vietava la distribuzione di utili fra i soci, anche se l’attuale disciplina
si limita a stabilire che l’atto costitutivo deve prevedere che una quota parte degli utili, non inferiore al
10%, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnica-sportiva, art. 10.3.

!
Una vistosa deroga al principio di “lucratività” delle società è prevista dalla nuova disciplina sull’impresa
sociale, emanata in attuazione della legge delega n.118/2005.Si definiscono imprese sociali, tutte le
organizzazioni private che esercitano senza scopo di lucro e in via stabile e principale attività di
impresa al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale. Tali sono i beni o
servizi che ricadono in alcuni settori tassativamente fissati dalla legge: assistenza sociale, sanitaria e
socio-sanitaria, educazione, istruzione e formazione, anche extra-scolastica, tutela dell’ambiente e turi-
smo sociale, ricerca e cultura, ecc.

Le finalità di interesse generale realizzate dalle imprese sociali vengono favorite dal legislatore da due
privilegi sul piano civilistico:

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- quello di potersi organizzare non solo in forma di associazione, bensì di poter usufruire di qualsiasi
forma di organizzazione privata. Può essere usato qualsiasi tipo societario, ma se viene usato il
tipo societario è fatto divieto di distribuire utili;
- quello di limitare a certe condizioni la responsabilità patrimoniale dei soci anche quando il tipo so-
cietario prescelto dovesse prevedere la responsabilità personale ed illimitata di costoro per i de-
biti sociali, come nella snc.
Le imprese sociali sono soggette alla vigilanza del Ministero del Lavoro, che può revocare la qualifica di
impresa sociale se vengono meno le condizioni per il riconoscimento o se vi sono violazioni della relativa
disciplina. Ne consegue la cancellazione dell’impresa dal registro e l’obbligo di devolvere il patrimonio ad
enti non lucrativi determinati nello statuto. Il che rende manifesto il carattere eccezionale della discipli-
na dell’impresa sociale. Comunque, resta vero che non sono poche le società di diritto sociale senza scopo
di lucro, ma esse non avvalorano l’idea del tramonto dello scopo lucrativo. Le relative previsioni legislative
devono essere considerate come norme eccezionali ed in quanto tali da esse non è consentito desumere
che sia legittima la costituzione di società di capitali dichiaratamente senza scopo di lucro, al di fuori dei
casi previsti per legge.

In conclusione : le società, perciò, sono e restano strutture associative fruibili solo per il perseguimento
di uno scopo di lucro o quanto meno economico, ma non per il perseguimento di scopi ideali.

10. SOCIETA’ E COMUNIONE


Dopo aver enunciato la nozione di società, l’art. 2248 stabilisce che: “la comunione costituita o mantenuta
al solo scopo di godimento di una o più cose è regolata dalle norme del titolo VII del libro III, cioè dalle
norme in tema di comunione non da quelle sulle società”.

La società è un contratto che ha per oggetto l’esercizio in comune di un’attività economica, produttiva.

La comunione, invece, è una situazione giuridica che sorge quando la proprietà o altro diritto reale spetta
in comunione a più persone, art. 1100. Ed è una situazione giuridica che, anche se ha origine contrattuale,
ha per oggetto il semplice godimento della cosa comune, secondo la sua normale e naturale destinazione
economica, art. 1102.1 art. 2248.
Nei due istituti sono diversi sia il rapporto beni-attività sia i poteri di cui l’ organizzazione di gruppo è
investita. Nella società i beni comuni, cioè il patrimonio sociale, hanno funzione servente rispetto all’atti-
vità di impresa, in quanto sono un mezzo per lo svolgimento dell’attività.
Nella comunione, invece, il rapporto beni-attività si inverte, in quanto è l’attività che svolge funzione ser-
vente rispetto ai beni. L’attività è un mezzo per assicurare la conservazione della cosa comune e consen-
tirne il migliore godimento individuale da parte dei comproprietari. Ed entro tali limiti sono rigorosamen-
te circoscritti i poteri dell’organizzazione dei comproprietari. Il diverso rapporto beni-attività ha come
conseguenza un diverso regime patrimoniale dei beni in società rispetto a quello dei beni in comunione. I
beni facenti parte di un patrimonio sociale sono affetti da un vincolo di stabile destinazione, per la dura-
ta della società, allo svolgimento dell’attività di impresa; vincolo che opera sia nei rapporti fra i soci che
nei confronti dei terzi. Tale vincolo nella comunione è assente.

Per realizzare tale vincolo di destinazione il legislatore ha usato diverse tecniche nelle società di persone
e nelle società di capitali, ma vi sono dei principi comuni:

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a) il singolo socio non può liberamente servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini
estranei allo svolgimento dell’attività di impresa programmata, ex art. 2256;
b) il singolo socio non può provocare a sua discrezione lo scioglimento anticipato della società e la
conseguente divisione del patrimonio sociale, ex art. 2272 e 2484;
c) i creditori personali dei soci non possono soddisfarsi direttamente sul patrimonio della società,
art. 2270; esso è aggredibile solo dai creditori sociali, cioè la società gode di autonomia patrimo-
niale.
Nella comunione, invece:

a) ciascun comproprietario può liberamente servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la natu-
rale destinazione e non impedisca agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro
diritto, art. 1102;
b) ciascun comproprietario può in ogni momento chiedere lo scioglimento della comunione, art. 1111,
ponendo fine alla comunione;
c) i creditori personali dei singoli comproprietari possono liberamente aggredire anche la cosa comu-
ne per soddisfare il proprio credito, art. 599, 1° comma e art. 600, 1° comma, c.p.c.
Quindi, nella comunione manca un vincolo di destinazione sia nei rapporti interni che nei rapporti esterni.
La comunione non gode di autonomia patrimoniale. L’esigenza di assicurare stabilità e solidità patrimoniale
all’attività di impresa esercitata in forma societaria legittima la profonda alterazione del regime patri-
moniale della comunione che si riscontra nelle società.

Stabilendo che la comunione costituita o mantenuta al solo scopo di godimento è regolata dalle norme
della comunione e non da quelle delle società, il legislatore ha voluto fissare il principio che il regime pa-
trimoniale delle società è applicabile solo quando i beni sono destinati allo svolgimento di un’attività di
impresa. Solo tale destinazione legittima la formazione di un patrimonio
comune, indivisibile su iniziativa unilaterale (vincolo di destinazione) ed insensibile alle pretese dei ri-
spettivi creditori personali (autonomia patrimoniale). Quando invece, lo scopo perseguito è solo quello di
godere i beni messi in comune, la disciplina applicabile è quella della comunione.
In base a questa distin-
zione, l’art. 2248 deve essere letto nel senso che sono vietate le società di mero godimento. Esse sono
un abuso dell’istituto societario ed un abuso a danno dei creditori personali dei comproprietari.

11. SOCIETA’ E COMUNIONE DI IMPRESA


Perché una comunione si trasformi in società è necessario e sufficiente che i comproprietari si servano
dei beni per l’esercizio di una comune attività di impresa. Ma, per dar vita ad una società l’art. 2247 ri-
chiede un accordo delle parti anche in merito ai conferimenti e, tale accordo, non c’è qualora i compro-
prietari si limitino ad utilizzare l’azienda comune in una comune attività di impresa. Tale obiezione porte-
rebbe ad ammettere che è possibile l’esercizio di un’impresa collettiva, fermo restando l’applicazione del
regime patrimoniale della comunione per i beni utilizzati, cioè è ammissibile una impresa collettiva priva di
autonomia patrimoniale. Tale fenomeno è detto comunione di impresa. E di comunione di impresa e non di
società bisogna parlare ogni volta che un’azienda in comunione venga utilizzata dai comproprietari per
l’esercizio in comune di attività di impresa, senza precisi accordi in merito al conferimento in società dei
relativi beni.

Ma tale obiezione sono prive di fondamento, perché una società può essere conclusa anche con fatti con-
cludenti, detta società di fatto, e per fatti concludenti può avvenire anche il conferimento, quando un

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atto scritto non sia richiesto dalla natura dei beni conferiti. Non vi è dubbio che l’effettivo esercizio di
attività di impresa da parte dei comproprietari di un’azienda è oggettivamente apprezzabile come non
equivoco atto di destinazione societaria dei relativi beni. Quindi, i comproprietari hanno voluto, per fatti
concludenti, modificare la condizione giuridica dei beni comuni passando dalla comunione (mancanza di au-
tonomia patrimoniale) alla società di fatto (formazione di un patrimonio autonomo).

!
12. L’IMPRESA CONIUGALE
Una figura speciale di comunione di impresa, cioè un’impresa collettiva senza autonomia patrimoniale, è
stata per legge introdotta dalla riforma di famiglia del 1975. In base all’art. 177, lett. d), formano ogget-
to della comunione legale fra coniugi anche le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il
matrimonio, detta azienda o impresa coniugale. L’impresa coniugale è un’impresa collettiva e nulla vieta
ai coniugi di costituire una società per il relativo esercizio. Nel silenzio è applicabile il regime della comu-
nione familiare, sia per quanto riguarda la gestione dell’impresa comune, sia per quanto riguarda il regime
patrimoniale. L’applicazione della disciplina
della comunione familiare comporta che i creditori di impresa potranno soddisfarsi su tutti i beni della
comunione, ma alla pari con gli altri creditori della comunione e senza avere alcun diritto di preferenza
rispetto ai creditori della comunione sui beni aziendali, art. 186. Inoltre, i creditori d’impresa possono
aggredire il patrimonio personale di ciascun coniuge, ma solo se i beni della comunione non sono sufficien-
ti a soddisfare i debiti gravanti sulla stessa, art. 190.
I creditori personali del singolo coniuge possono soddisfarsi direttamente anche sui beni della comunio-
ne legale e, quindi, anche sui beni aziendali. Tale diritto è però loro riconosciuto solo fino al valore corri-
spondente alla quota del coniuge loro debitore e purché i beni personali di questo non siano sufficienti a
soddisfarli, art. 189, 2° comma. Infine, è prevista una disciplina speciale per lo scioglimento della comu-
nione aziendale, art. 191, diversa da quella della società. Nel caso di impresa coniugale si è in presenza
di un’impresa collettiva il cui esercizio non dà vita alla formazione di un patrimonio autonomo e il cui
regime non è quello né della comunione, né quello della società di fatto.

B. TIPI DI SOCIETA’

13. NOZIONE. CLASSIFICAZIONI


L’attività delle società, come l’attività di ogni gruppo associativo, solleva dei problemi di disciplina riguar-
do:

- All’ordinamento interno della società,


- Ai rapporti tra società e terzi.
Il legislatore ha risolto questi problemi prevedendo vari tipi di società, che possono essere tuttavia ag-
gregati in categorie omogenee sulla base di alcuni criteri.

Una prima distinzione è quella basata sullo scopo istituzionale perseguibile, che divide le società in:

- Società cooperative e Società mutualistiche,


- Società lucrative.
Una seconda distinzione, nell’ambito delle società lucrative, è quella basata sulla natura dell’attività
esercitatile:

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- la società semplice, art. 2249, che può esercitare solo attività non commerciale; per esse solo di
recente all’ iscrizione nel registro delle imprese è stata attribuita funzione di pubblicità legale,
art. 2 dlgs. 228/2001;
- le altre società possono svolgere sia attività commerciale che attività non commerciale e indipen-
dentemente dall’attività svolta, sono soggette all’iscrizione nel registro delle imprese con effetti
di pubblicità legale. Esse sono dette società commerciali.
Altra distinzione è quella fra:

- società con personalità giuridica, sono le società di capitali e le società cooperative;


- società senza personalità giuridica, sono le società di persone.
!
Nelle società di capitali, che ha personalità giuridica:

a) è prevista, ed è inderogabile, un’organizzazione di tipo corporativo, cioè un’organizzazione basata


sulla necessaria presenza di una pluralità di organi, assemblea, organo di gestione e organo di con-
trollo), ciascuno con proprie funzioni e competenze;
b) il funzionamento degli organi sociali è dominato dal principio maggioritario. In particolare, l’asse-
mblea delibera a maggioranza anche le modifiche dell’atto costitutivo e le maggioranze assem-
bleari sono calcolate in base alla partecipazione al capitale sociale e non per teste;
c) il singolo socio in quanto tale non ha alcun potere diretto di amministrazione e di controllo; ha solo
il diritto di voto, proporzionato alla quota di capitale sociale sottoscritto. Ciò dà rilievo ai mezzi
apportati e non alle persone, perciò la partecipazione sociale è di regola liberamente trasferibile.
!
Nelle società di persone, che non hanno personalità giuridica:

a) non è prevista un’organizzazione di tipo corporativo basata sulla presenza di una pluralità di orga-
ni;
b) l’attività della società si fonda su un modello organizzativo che riconosce ad ogni socio a respon-
sabilità illimitata il potere di amministrare la società, art. 2257, e richiede il consenso di tutti i
soci per le modificazioni dell’atto costitutivo, art. 2252;
c) il singolo socio a responsabilità illimitata è investito del potere di amministrazione e di rappresen-
tanza della società e ciò indipendentemente dall’ammontare del capitale conferito e dalla consi-
stenza del suo patrimonio personale. Ne consegue che la partecipazione sociale è di regola trasfe-
ribile solo col consenso degli altri soci.
Ultimo criterio di distinzione è quello basato sul regime di responsabilità per le obbligazioni sociali.
Sotto tale profilo, vi sono:

- società in cui per le obbligazioni sociali rispondono sia il patrimonio sociale sia i singoli soci perso-
nalmente ed illimitatamente, in modo inderogabile per le snc, o con possibilità di deroga pattizia
per i soli soci non amministratori per la ss;
- società nelle quali coesistono istituzionalmente soci a responsabilità illimitata e soci a responsabi-
lità limitata, come nelle sas e sapa;
- società nelle quali per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio, spa, srl,
società cooperative.

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!
14. PERSONALITA’ GIURIDICA ED AUTONOMIA PATRIMONIALE DELLE SOCIETA’
Personalità giuridica ed autonomia patrimoniale sono due diverse tecniche legislative per creare le condi-
zioni di diritto privato più propizie per la diffusione e lo sviluppo delle imprese societarie. Condizioni che
risiedono nella previsione di:

- un’adeguata tutela dei creditori delle imprese societarie, che prevedono un trattamento prefe-
renziale rispetto ai creditori personali dei soci,
- e incentivi giuridici che facciano scegliere il modello societario, in quanto vi è una separazione fra
patrimonio personale dei soci e patrimonio della società.
Questi due obiettivi sono conseguiti nelle società di capitali e nelle società cooperative in modo diretto e
lineare con il riconoscimento della personalità giuridica, in quanto queste società sono per legge formal-
mente distinti dalle persone dei soci e gode di una perfetta autonomia patrimoniale. Ne consegue che i
creditori personali dei soci non potranno soddisfarsi sul patrimonio sociale in quanto questo appartiene a
un soggetto diverso dai soci. Anche se vi sono dei limiti alla personalità giuridica:
sono responsabili personalmente l’unico azionista e l’unico quotista della srl, i soci accomandatari della
sapa.

15. LA SOGGETTIVITA’ DELLE SOCIETA’ DI PERSONE


Alle società di persone, il legislatore ha negato la personalità giuridica, ma ha soddisfatto le esigenze di
tutela dei creditori sociali e di incentivazione dei soci con specifiche disposizioni che rendono il patrimo-
nio delle società autonomo rispetto a quello dei soci. Infatti, nelle società di persone:

a) i creditori personali dei soci non possono aggredire il patrimonio della società per soddisfarsi. Fin-
ché dura la società, possono far valere i loro crediti solo sugli utili spettanti al loro socio debitore
e compiere atti conservativi sulla quota che spetta al socio in sede di liquidazione della società,
art. 2270;
b) i creditori della società non possono aggredire direttamente il patrimonio personale dei soci illimi-
tatamente responsabili. Prima è necessario che tentino di soddisfarsi sul patrimonio sociale e solo
dopo aver infruttuosamente escusso (beneficio di escussione) il patrimonio sociale potranno agire
nei confronti dei soci.
Poiché alle società di persone non è stata riconosciuta la personalità giuridica si sostiene che nelle stesse
i beni sociali devono essere considerati beni in comproprietà, sia pure speciale e modificata, dei soci.
Inoltre si ritiene che, le obbligazioni sociali devono essere qualificate come obbligazioni proprie dei soci
e che la responsabilità personale ed illimitata degli stessi si atteggia come responsabilità per debito pro-
prio. Infine, i soci sono dei coimprenditori in quanto ad essi è direttamente impu-
tabile l’attività di impresa, e quindi sono esposti al fallimento personale in caso di fallimento della socie-
tà, art. 147 legge fallimentare.

Sul piano sostanziale è così, dato che tutte le società e non solo quelle di persone si risolvono sostanzial-
mente nelle persone dei soci.

Sul piano giuridico-formale numerosi dati legislativi testimoniano che un fenomeno di unificazione sog-
gettiva è presente anche nelle società di persone.

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Infatti, l’art. 2266 stabilisce che la società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che
ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi. Quindi, è la società che diventa
titolare dei diritti e delle obbligazioni relative, al pari di qualsiasi altro soggetto di diritto.

A rafforzare questa tesi vi è l’art. 2659 che stabilisce che la trascrizione degli acquisti immobiliari è ef-
fettuata, anche per le società di persone, al nome della società. Lo stesso vale per l’iscrizione di ipoteca.

Quindi:

a) anche nelle società di persone i beni sociali non sono beni in comproprietà speciale fra i soci, ma in
proprietà della società;
b) le obbligazioni sociali non sono obbligazioni personali dei soci ma obbligazioni della società, cui si
aggiunge a titolo di garanzia la responsabilità di tutti o di alcuni di essi;
c) la responsabilità personale dei soci non è qualificabile come responsabilità per debito proprio;
d) imprenditore è la società non il gruppo di soci, coimprenditori, anche se il fallimento della società
determina automaticamente il fallimento dei soci illimitatamente responsabili.
!
16. TIPI DI SOCIETA’ ED AUTONOMIA PRIVATA
I soggetti che costituiscono una società possono liberamente scegliere:

- fra tutti i tipi di società previsti se l’attività da esercitare non è commerciale;


- fra tutti i tipi di società, tranne la società semplice se l’attività è commerciale.
Altre leggi speciali prevedono altri limiti nella scelta del tipo di società per particolari categorie di im-
prese commerciali. La scelta di un determinato tipo non è tuttavia condizione essenziale per la valida co-
stituzione di una società. Infatti, l’art. 2249, 2° comma, stabilisce che nel caso di attività non commer-
ciale, si applica la disciplina della ss, a meno che i soci abbiano voluto costituire la società secondo un al-
tro tipo. Quindi, se l’attività non è commerciale la scelta del tipo è necessaria solo se i soci vogliono sce-
gliere un tipo di società diverso dalla società semplice. Anche quando l’attività è commerciale non è ne-
cessaria un’esplicita scelta del tipo. Infatti, il silenzio delle parti si interpreta, per esclusione, come im-
plicita opzione per il regime della snc. Infatti, accertato che
sussiste l’accordo delle parti sui requisiti fissati dall’art. 2247, il contratto di società è perfetto.

E se l’attività è commerciale, la disciplina applicabile non può essere che quella della snc, in quanto solo
per tale tipo di società commerciale non sono richieste ulteriori specificazioni contrattuali, come richie-
sto per la sas e per le società di capitali. La ss si esclude visto che l’attività è commerciale.
La ss e la snc sono i regimi residuali dell’attività commerciale, rispettivamente per l’attività non commer-
ciale e l’attività commerciale, se i soci non hanno manifestato una diversa scelta.
Una volta scelto il tipo di società, le parti con apposite clausole contrattuali, possono disegnare un asset-
to organizzativo della loro società parzialmente diverso da quello risultante dalla disciplina legale del tipo
prescelto. Infatti, i modelli organizzativi fissati dal legislatore per i singoli tipi di società non sono rigidi
e consentono un parziale adattamento alle esigenze del caso concreto. Ma, è necessario che le clausole a
tal fine introdotte nell’atto costitutivo, dette clausole atipiche, non siano incompatibili con la disciplina
del tipo di società prescelto, cioè non contengano pattuizioni che violino aspetti della disciplina legale in-
derogabili. I limiti che l’autonomia privata

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incontra nell’inserimento di clausole atipiche non sono sempre agevoli da definire. In via generale, non
sono derogabili i regimi di responsabilità per le obbligazioni sociali, visto che coinvolgono terzi soggetti.
Più spazio è riconosciuto nelle società di persone per quanto riguarda l’ordinamento interno della società,
mentre è rigido il regime delle spa.
Se una clausola è incompatibile col tipo societario prescelto, la sanzione sarà di regola la nullità della
clausola stessa, in applicazione dell’art. 1419, e non la nullità dell’intero contratto di società (nullità par-
ziaria). La nullità della clausola atipica comporterà l’automatica applicazione della
corrispondente disciplina legale derogata. È inammissibile la creazione di un tipo societario del tutto in-
consueto e stravagante, che non corrisponde a uno dei modelli legislativamente previsti, dette società
atipiche. Tale principio si desume dall’art. 2249, 1°
comma, e trova giustificazione nel fatto che il contratto di società è destinato a produrre effetti non
solo fra le parti ma anche nei confronti dei terzi. La sanzione per chi contravviene sarà la nullità della
società atipica e la sua eliminazione dal mercato. Dalle clausole atipiche si distinguono i patti parasociali,
cioè quegli accordi fra i soci, stipulati al di fuori dell’atto costitutivo destinati a regolare il loro compor-
tamento nella società o verso la società. A differenza delle clausole dell’atto costitutivo, che vincolano
tutti i soci presenti e futuri, i patti parasociali hanno di regola efficacia meramente obbligatoria, cioè
vincolano solo gli attuali soci contraenti e non anche i soci futuri, a meno che questi vi aderiscano espres-
samente. Inoltre, la loro eventuale invalidità non incide sulla validità della società e degli atti societari
su cui si riflettono. Infine, la loro violazione espone solo all’obbligo del risarcimento del danno nei con-
fronti degli altri soci e non coinvolge anche la posizione nella società degli inadempienti.

17. CONTRATTO DI SOCIETA’ ED ORGANIZZAZIONE


La società è un contratto, ma è anche una forma di organizzazione giuridica di una futura attività eco-
nomica. Da un atto di autonomia privata che dà vita ad una società (società - contratto) nasce un’organiz-
zazione di persone e di mezzi (società – organizzazione) destinata a dare attuazione al contratto di so-
cietà, attraverso la produzione di una serie indefinita di nuovi atti giuridici in cui si concretizza l’eserci-
zio della comune attività. Il contratto di società dà
luogo a situazioni di carattere strumentale, in quanto finalizzate all’esercizio della comune attività pro-
grammata ed alla partecipazione ai risultati economici della stessa. Con la stipula del contratto di socie-
tà le parti contraenti diventano membri della struttura organizzativa creata, acquistano la qualità di soci
e diventano titolari di una serie di situazioni soggettive attive e passive, di diversa natura, distinguibili in
due categorie:

a) situazioni di natura amministrativa, aventi ad oggetto la partecipazione individuale all’attività co-


mune (diritto di voto, potere di amministrazione);
b) situazioni di natura patrimoniale, aventi ad oggetto la partecipazione individuale ai risultati del-
l’attività comune, durante la vita della società ed al momento dello scioglimento della stessa (dirit-
to agli utili e alla quota di liquidazione, partecipazione alle perdite).
I diritti di cui ciascun socio gode, detti diritti sociali, vanno inseriti e valutati nell’ambito dell’organizza-
zione creata con il contratto di società. L’inserimento del singolo in un gruppo organizzato giustifica la
subordinazione degli interessi individuali al comune interesse di gruppo, nei punti in cui l’ordinamento ri-
mette alla maggioranza dei soci la definizione delle scelte relative all’attuazione del contratto sociale.
Ma, la subordinazione del singolo alle decisioni del gruppo non è senza limiti, in quanto l’organizzazione
societaria è pur sempre un’organizzazione strumentale per la migliore attuazione del contratto di socie-
tà, in cui si fissano le basi della partecipazione di ciascun socio all’attività comune ed ai risultati della

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stessa. Ne consegue che il sacrificio delle posizioni individuali deve sempre trovare fondamento e giusti-
ficazione nell’esigenza di una migliore realizzazione del risultato finale di comune interesse. In ogni caso,
il potere della maggioranza non può legittimamente alterare le reciproche posizioni individuali dei soci
fissate nel contratto stesso. È legittimo i sacrificio del singolo socio per l’interesse di tutti. L’espressa
qualificazione legislativa della società come contratto giustifica ed impone l’applicazione di alcuni principi
come argine ai possibili comportamenti abusivi della maggioranza in tutte le società: a) principio dell’ese-
cuzione del contratto secondo correttezza e buona fede; b) principio parità trattamento fra i soci.

CAPITOLO 2 - LA SOCIETA’ SEMPLICE. LA SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO

1. LE SOCIETA’ DI PERSONE

Sono società di persone:

- la società semplice, che può esercitare solo attività non commerciale. È il regime residuale dell’attivi-
tà societaria non commerciale, destinato a trovare applicazione ove non risulti che le parti hanno volu-
to costituire la società secondo uno degli altri tipi previsti;
- la società in nome collettivo, che può esercitare sia attività commerciale che attività non commercia-
le. Nella snc tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali e non è
ammesso patto contrario. La snc è il regime residuale dell’attività societaria commerciale; una speci-
fica opzione per questo tipo di società è necessaria solo se l’attività da esercitare non è commerciale;
- la società in accomandita semplice, si caratterizza per la presenza di due categorie di soci:
o i soci accomandatari che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali;
o i soci accomandanti che rispondono limitatamente alla quota conferita.
È un tipo di società che deve essere scelto specificatamente dalle parti.

La società semplice ha un particolare rilievo normativo, in quanto la sua disciplina si applica anche alla snc
e alla sas per i rinvii del legislatore, art. 2293,art. 2315. Il codice circoscrive l’utilizzabilità della ss al
settore delle attività non commerciali e ciò ha comportato che essa poteva essere legittimamente impie-
gata solo per le imprese agricole. Ma, in pratica, le attività agricole preferiscono dar vita a società diver-
se dalla ss.

A. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’

2. L’ATTO COSTITUTIVO. FORMA E CONTENUTO


Secondo l’art. 2251, nella società semplice: “il contratto non é soggetto a forme speciali, salvo quelle ri-
chieste dalla natura dei beni conferiti”. Inoltre, non sono dettate disposizioni specifiche per quanto ri-
guarda il contenuto dell’atto costitutivo.

In base al codice del 1942 la ss non era assoggettata alla iscrizione nel registro delle imprese, ma con la
riforma del 1993 è stata introdotta anche per le ss, art. 8, 4° comma legge 580/1993 (oggi art. 2 dpr
558/1999). L’iscrizione avviene nella sezione speciale ed in origine aveva solo funzione di certificazione
anagrafica e di pubblicità notizia, mentre oggi l’art. 2 d.lgs 228/2001 ha attribuito all’iscrizione delle at-
tività agricole, funzione di pubblicità legale con efficacia dichiarativa ex art. 2193. Quindi, tutte le ss
sono soggette all’iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale. La costituzione del-
la ss resta improntata alla massima semplicità formale e sostanziale, anche perché la registrazione non
incide né sull’esistenza né sulla disciplina della società. Il con-

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tratto di ss può essere concluso anche verbalmente o può risultare da comportamenti concludenti (socie-
tà di fatto). Invece, per l’atto costitutivo della snc sono dettate regole di forma, art. 2296 e regole di
contenuto, art. 2295. Entrambe sono prescritte solo ai fini dell’iscrizione della società nel registro delle
imprese, iscrizione che è condizione di regolarità della società, ma non è condizione di esistenza della
stessa. Infatti, l’omessa iscrizione incide solo sulla disciplina della snc. Ciò comporta che i rapporti tra
società e terzi sotto alcuni aspetti sono regolati dalla disciplina della ss, art. 2297.

Da qui la distinzione fra snc regolare e snc irregolare. È regolare la snc che è iscritta nel registro delle
imprese ed è integralmente disciplinata dalle norme della snc. È irregolare la snc non iscritta nel registro
delle imprese, perché le parti non hanno provveduto a redigere l’atto costitutivo (società di fatto) o per-
ché, pur avendolo redatto, non hanno provveduto alla registrazione dello stesso. In entrambi i casi la di-
sciplina applicabile è quella della collettiva irregolare. Perciò, solo ai fini della registrazione e della rego-
larità della società, l’atto costitutivo della snc deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura pri-
vata autenticata.

Inoltre, deve contenere:

1) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio, la cittadinanza dei soci;

2) la ragione sociale, costituita dal nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale, art.
2292.1;

3) i soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della società;

4) la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

5) l'oggetto sociale;

6) i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione;

7) le prestazioni a cui sono obbligati i soci di opera;

8) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle
perdite;

9) la durata della società.

La libertà di forma per la costituzione della società di persone incontra un limite quando sono richieste
forme speciali dalla natura dei beni conferiti, art. 2251.
Quando il conferimento ha per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari è
richiesta la forma scritta a pena di nullità, art. 1350. È tuttavia opinione diffusa che la forma scritta è
richiesta solo per la validità del conferimento immobiliare e non per la validità del contratto di società.
In mancanza, perciò, sarà nullo solo il vincolo del socio conferente e nullità della società si avrà solo se la
partecipazione di quel socio è essenziale, art. 1420.

3. SOCIETA’ DI FATTO. SOCIETA’ OCCULTA


Per la costituzione di una società di persone non è necessario l’atto scritto, infatti il contratto di società
può perfezionarsi anche con fatti concludenti. In tal caso si parla di società di fatto. Essa è regolata
dalle norme della ss se l’attività esercitata è non commerciale, o dalle norme della snc irregolare se l’atti-

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vità è commerciale, con la conseguenza che tutti i soci risponderanno personalmente ed illimitatamente
delle obbligazioni sociali. Una società di fatto che esercita attività commerciale è esposta al fallimento
come ogni altro imprenditore. Di conseguenza falliranno anche tutti i soci, palesi ed occulti, art 147 legge
fallimentare, non essendo necessaria l’esteriorizzazione della qualità di socio ai terzi.
Dalla società di fatto
va distinta la società occulta, cioè la società costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non
rilevarne l’esistenza all’esterno. Essa può essere una società di fatto, ma può risultare anche da un atto
scritto tenuto segreto dai soci. Ciò che la caratterizza è il dato che, per comune accordo, l’attività di im-
presa deve essere svolta ed è svolta per conto della società, ma senza spenderne il nome. La società esi-
ste nei rapporti interni fra i soci, ma non viene esteriorizzata. Nei rapporti esterni l’impresa si presenta
come impresa individuale di uno dei soci o di un terzo, che operano spendendo il proprio nome.Lo scopo
per cui non viene esteriorizzata la società è quello di limitare la responsabilità nei confronti dei terzi al
patrimonio del solo gestore, evitando che ne rispondano anche la società e gli altri soci. Tramite la socie-
tà occulta i soci mirano a conseguire tali benefici segretamente e pertanto al di fuori di ogni regola e
controllo.

La giurisprudenza prima e la riforma del diritto fallimentare del 2005, d.lgs 5/2006, ha disposto che
qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l'impresa è riferibile
ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, si applica agli altri soci illimitatamente
responsabili la regola del fallimento del socio occulto.

In breve, la legge tratta allo stesso modo il socio occulto di società palese e la società occulta. In en-
trambi i casi ritiene non necessaria l’esteriorizzazione e sufficiente la prova dell’esistenza del contratto
di società nei rapporti interni. Ma socio occulto di società palese e società occulta sono fattispecie fra
loro diverse: Nella fattispecie socio occulto di società palese l’attività di impresa è svolta in nome della
società e ad essa è imputabile in tutti i suoi effetti. La responsabilità di impresa della società è fuori
contestazione e la partecipazione alla società è titolo sufficiente a fondare la responsabilità ed il falli-
mento sia dei soci palesi sia di quelli occulti. Nella fattispecie società occulta, invece, l’attività di impre-
sa non è svolta in nome della società, e quindi gli atti di impresa non sono ad essa formalmente imputabili.
Chi opera con i terzi agisce in nome proprio, sia pur negli interessi e per conto di una società di cui è so-
cio, quindi agisce come mandatario senza rappresentanza della società occulta. Quindi gli atti sono a lui
imputabili, art. 1705.

4. LA SOCIETA’ APPARENTE
Secondo la giurisprudenza, una società, ancorché non esistente nei rapporti tra i presunti soci, deve con-
siderarsi esistente all’esterno quando due o più persone operino in modo da ingenerare nei terzi la ragio-
nevole opinione che essi agiscono come soci e quindi da determinare in essi l’incolpevole affidamento circa
l’esistenza effettiva della società. Questa società è detta società apparente. Quindi i soci apparenti non
possono eccepire l’inesistenza della società e la società apparente è assoggettata a fallimento come una
società di fatto realmente esistente. Ma questa forma di società ha suscitato vivaci reazioni critiche in
dottrina. Il principio dell’apparenza può determinare la responsabilità dell’apparente socio nei confronti
dei terzi di buona fede che hanno fatto ragionevole affidamento sui suoi comportamenti esterni. Non mai
il fallimento della società apparente, dato che al fallimento partecipano tutti i creditori, anche quelli che
con il presunto socio non hanno trattato e che perciò non possono aver fatto affidamento alcuno sulla sua
responsabilità.

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5. LA PARTECIPAZIONE DEGLI INCAPACI


La partecipazione ad una società di persone richiede la capacità di agire ed è atto eccedente l’ordinaria
amministrazione. La partecipazione degli incapaci ad una snc è equiparata all’esercizio individuale di
un’impresa commerciale. Infatti, in base all’art. 2294, la partecipazione di un incapace alla società in
nome collettivo è subordinata in ogni caso all'osservanza delle disposizioni degli artt. 320, 371, 397, 424
e 425. Perciò:

- il minore, l’interdetto e l’inabilitato non possono partecipare ex novo ad una snc, con l’autorizzazione
del tribunale possono solo conservare la partecipazione che ad essi provenga per donazione o succes-
sione. In caso di interdizione o di inabilitazione sopravvenuta, il tribunale può solo autorizzare la con-
tinuazione della partecipazione, sempreché gli altri soci non deliberi l’esclusione del socio interdetto o
inabilitato, art. 2286;
- il minore emancipato può anche partecipare alla costituzione di una snc o aderirvi successivamente,
con l’autorizzazione del tribunale;
- il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può partecipare alla costituzione di una snc o aderirvi
successivamente senza autorizzazione, salvo che sia disposto diversamente nel decreto di nomina
dell’amministratore di sostegno o con successivo decreto del giudice tutelare.
Tale disciplina trova applicazione anche per la snc che non esercita attività commerciale. Ma non si appli-
ca per analogia alla partecipazione di incapaci alla ss dato che le norme in tema di imprenditore individua-
le richiamate sono riferite solo agli imprenditori commerciali.

6. PARTECIPAZIONE DI SOCIETA’ IN SOCIETA’ DI PERSONE


Una società di capitali può partecipare alla costituzione di una società di persone o diventarne socio, ma
con alcune cautele, stabilite dall’art. 2361:

a) l’assunzione di partecipazioni comportanti responsabilità illimitata deve essere deliberata dall’as-


semblea;
b) gli amministratori devono dare specifiche informazioni nella nota integrativa del bilancio su tali
partecipazioni;
c) se tutti i soci illimitatamente responsabili di una snc oppure di una sas sono società di capitali, il
bilancio della società di persone deve essere redatto secondo le norme della società per azioni e,
secondo tali presupposti deve redigersi anche il bilancio consolidato.
Inoltre, la nuova disciplina ammette anche che una società di capitali sia amministratore di una società di
persone. Una società di persone può partecipare alla costituzione di una società di persone o diventarne
socio sia a responsabilità illimitata, sia come socio a responsabilità limitata (nella sas).

7. L’INVALIDITA’ DELLA SOCIETA’


Il codice non detta alcuna disposizione specifica per quanto riguarda l’invalidità del contratto costitutivo
di una società di persone. Perciò, valgono le cause di nullità, e le cause di annullabilità, previste dalla di-
sciplina generale dei contratti. Quindi, si avrà nullità, art. 1418 , quando il contratto è:

- contrario a norme imperative,


- quando l’oggetto è impossibile o illecito,
- quando è illecito il motivo comune determinante.
Si avrà annullabilità, art. 1425, in caso di incapacità delle parti o di consenso viziato per errore, violenza
o dolo. Bisogna distinguere fra:

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- cause di invalidità che colpiscono direttamente solo la singola partecipazione. L’invalidità della singola
partecipazione determinerà invalidità dell’intero contratto di società solo quando la partecipazione
viziata è essenziale per il conseguimento dell’oggetto sociale. In caso contrario, il contratto resta va-
lido e produttivo di effetti per gli altri soci;
- cause di invalidità che colpiscono originariamente ed immediatamente l’intero contratto di società.
La dichiarazione di nullità o di annullamento non solleva problemi particolari se l’attività della società non
è ancora iniziata, basterà solo definire i rapporti fra le parti contraenti. In particolare, la sentenza che
accerta la nullità produrrà effetto ex tunc: le parti sono liberate dall’obbligo di eseguire i conferimenti
promessi ed hanno diritto alla restituzione di quelli eventualmente eseguiti. Per le società di capitali, art.
2332, la dichiarazione di nullità di una spa non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della so-
cietà dopo l’iscrizione nel registro delle imprese. Inoltre, non libera i soci dall’obbligo di eseguire i confe-
rimenti ancora dovuti. Ma, la nullità non può essere più dichiarata se la causa di essa è stata eliminata
per effetto di una modificazione dell’atto costitutivo. È opinione diffusa
che tale disciplina però non si applica alle società di persone, visto che l’art. 2332 trova fondamento nel-
la personalità giuridica delle società di capitali e nell’effetto costitutivo dell’iscrizione nel registro delle
imprese. Ma, l’art. 2332 è una norma eccezionale rispetto alla disciplina della nullità dei contratti. Ciò non
toglie che tuttavia esso possa essere considerato espressione di un principio contrapposto e cioè, le cau-
se di invalidità di una società che ha iniziato la propria attività, legittimano l’eliminazione della stessa per
il futuro, ma non rendono improduttiva di effetti, fra le parti e per i terzi, l’attività in fatto svolta prima
dell’accertamento giudiziale dell’invalidità. Tale principio vale per tutti i gruppi associativi con attività
esterna.

In breve, la retroattività della nullità del contratto cede il posto ad altro principio generale quando dal
contratto nasce una struttura organizzativa destinata ad operare con i terzi e che ha in effetti operato
con i terzi. Quindi, l’art. 2332 è applicabile anche alle società di persone.
Fermo restando che le cause di invalidità delle società di persone sono quelle previste dalla disciplina ge-
nerale dei contratti, la sentenza di nullità intervenuta dopo l’inizio dell’attività opererà come semplice
causa di scioglimento della società. Perciò:

- restano in vita tutti gli atti precedentemente posti in essere in nome della società;
- i soci non sono liberati dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi;
- resta ferma l’autonomia patrimoniale della società e la responsabilità personale dei soci per le obbli-
gazioni sociali;
- con la sentenza di nullità si apre il procedimento di liquidazione della società, che porterà all’estinzio-
ne della stessa dopo aver soddisfatto i creditori sociali e ripartito fra i soci l’eventuale residuo attivo
di liquidazione.
Infine, l’art. 2332.5 prevede la sanatoria della nullità, attraverso l’eliminazione della causa di nullità con
una modificazione dell’atto costitutivo. La relativa deliberazione dovrà essere adottata col consenso di
tutti i soci.

!
B. L’ORDINAMENTO PATRIMONIALE

8. I CONFERIMENTI
L’obbligo di conferimento, che è essenziale per l’acquisto della qualità di socio, oltre ad

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essere fissato dalla nozione generale di società, è ribadito per la società di persone dall’art. 2253, 1°
comma che stabilisce che il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale.
La determinazione del conferimento dovuto da ciascun socio non è condizione essenziale per la valida
costituzione delle società di persone.
Nel caso in cui l’atto costitutivo non prevede nulla, supplisce la legge. Infatti:

- nel silenzio del contratto si presume che tutti i conferimenti devono essere eseguiti in danaro,
art. 2342;
- se i conferimenti non sono determinati si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti
uguali tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale, art. 2253.
Nelle società di persone può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione
economica ed utile per il conseguimento dell’oggetto sociale. Quindi, ogni prestazione di dare, fare e non
fare. Il conferimento può consistere, oltre a singoli beni, anche dal tra-
sferimento in proprietà o in godimento di un’azienda, dalla prestazione di garanzie a favore della socie-
tà.Il conferimento non può consistere nella semplice responsabilità personale ed illimitata per le obbliga-
zioni sociali, in quanto la responsabilità personale è effetto legale dell’acquisto della qualità di socio, ac-
quisto che presuppone un conferimento.

9. LA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI


Il codice detta una specifica disciplina per alcuni tipi di conferimenti diversi dal danaro:

- per il conferimento di beni in proprietà, l’art. 2254 prevede che la garanzia dovuta dal socio e il
passaggio dei rischi sono regolati dalle norme sulla vendita; quindi, il socio è tenuto alla garanzia
per eviazione e per vizi. Su di esso grava il rischio del perimento per caso fortuito della cosa con-
ferita fin quando la proprietà non sia passata alla società, è cioè fino alla stipulazione del contrat-
to di società; l’eventuale perimento della cosa, prima del passaggio di proprietà alla società, può
essere causa di esclusione del socio;
- per il conferimento di beni in godimento, il rischio resta a carico del socio che le ha conferite.
Questi, potrà essere escluso dalla società qualora la cosa perisca o il godimento diventi impossibile
per causa non imputabile agli amministratori. Il rischio del caso fortuito incombe sul conferente.
La garanzia per il godimento è poi regolata con rinvio alle norme sulla locazione. Il bene conferito
in godimento resta di proprietà del socio e la società potrà goderne ma non disporne. Il socio avrà
diritto alla restituzione del bene al termine della società nello stato in cui si trova. Tuttavia, se il
bene è perito o è stato deteriorato per causa non imputabile alla società, il socio ha diritto al ri-
sarcimento dei danni a carico del patrimonio sociale, salva l’azione contro gli amministratori;

- per il conferimento di crediti, l’art. 2255 dispone che il socio che ha conferito un credito rispon-
de della insolvenza del debitore, nei limiti indicati dall'art. 1267 per il caso di assunzione
convenzionale della garanzia. Perciò, in caso di insolvenza del debitore ceduto, il socio risponderà
ex lege nei confronti della società nei limiti del valore assegnato al suo conferimento e dovrà rim-
borsare le spese e gli interessi. In caso contrario, potrà essere escluso dalla società.
!
10. IL SOCIO D’OPERA
Nelle società di persone il conferimento può essere costituito anche dall’obbligo del socio di prestare la
propria attività lavorativa a favore della società. Esso è chiamato socio d’opera o di industria.

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Il socio d’opera non è un lavoratore subordinato e non ha diritto al trattamento salariale e previdenziale
come i lavoratori subordinati. Il compenso per il suo lavoro è rappresentato dalla partecipazione ai gua-
dagni della società. Il socio d’opera corre il rischio di lavorare invano se l’esercizio dell’attività si chiude
senza utili, così come il socio che ha apportato capitale rischia di non ricevere utili per l’uso sociale del
suo denaro.

In sede di liquidazione il socio d’opera parteciperà solo alla ripartizione dell’eventuale attivo che residua
dopo il rimborso del valore nominale del conferimento ai soci che hanno apportato capitali. Non ha diritto,
però, salvo diversa pattuizione, al rimborso del valore del suo apporto.
Nulla vieta che anche ai soci d’opera sia riconosciuto in modo pattizzio il diritto alla restituzione del valo-
re dell’apporto. In mancanza di pattuizioni, la parte spettante al socio che ha conferito la propria opera,
e fissata dal giudice secondo equità, art. 2263.

11. PATRIMONIO SOCIALE E CAPITALE SOCIALE


I conferimenti dei soci formano il patrimonio iniziale della società, di cui la società ne diventa proprieta-
ria. Secondo l’art. 2256, i soci non possono servirsi delle cose appartenenti al patrimonio so-
ciale per fini estranei a quello della società. La violazione di tale divieto espone il socio al risarcimento
del danno ed all’esclusione della società. Il divieto è derogabile col consenso di tutti gli altri soci.

La nozione di capitale sociale è del tutto assente nella disciplina della ss. Ciò si spiega col fatto che la ss,
in quanto destinata a esercitare un’attività non commerciale, non è obbligata alla tenuta delle scritture
contabili ed alla redazione annuale del bilancio.
Mentre nella snc vi è una disciplina in merito al patrimonio sociale. L’art. 2295, n.6, prescrive che l’atto
costitutivo indichi non solo i conferimenti dei soci, ma anche il valore ad essi attribuito e il modo di valu-
tazione. Ciò consente di determinare l’ammontare globale del capitale sociale nominale.
Diversamente da quanto previsto per le società di capitali, non è dettata alcuna disciplina per la valuta-
zione dei conferimenti diversi dal danaro; valutazione che perciò è rimessa alla libertà delle parti.

In dottrina è dibattuta la questione se sia obbligatorio sottoporre a valutazione ed imputare a capitale


tutti i conferimenti, oppure se tale esigenza sussista solo per i conferimenti che attribuiscono al socio il
diritto al loro rimborso allo scioglimento della società, detti conferimenti di capitale, e non per i confe-
rimenti che tale diritto non attribuiscono, detti conferimenti di patrimonio (conferimento d’opera, beni in
godimento). Un’indicazione in quest’ultimo senso emerge almeno per i conferimenti d’opera, dal fatto che
l’art. 2295 n. 7, ne prevede una separata indicazione nell’atto costitutivo e non prescrive la loro valuta-
zione.

L’art. 2303 vieta la ripartizione fra i soci di utili non realmente conseguiti, cioè di utili fittizi. Inoltre,
se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo alla ripartizione di utili fino a che il ca-
pitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nell’adeguare la cifra del capitale sociale nominale
alla consistenza attuale del patrimonio netto ed è sempre facoltativa nella snc.

L’art. 2306 vieta agli amministratori di rimborsare ai soci i conferimenti eseguiti o di liberarli dall’ob-
bligo di ulteriori versamenti in assenza di una specifica deliberazione di riduzione del capitale sociale,
adottata secondo quanto previsto nell’atto costitutivo e iscritto nel registro delle imprese.
Ma la riduzione del capitale sociale può pregiudicare i diritti dei creditori sociali. Ad essi è riconosciuto il

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diritto di opporsi alla riduzione del capitale. Infatti, è stabilito che la delibera di riduzione può essere
eseguita solo dopo che siano decorsi 3 mesi dall’iscrizione nel registro delle imprese e a condizione che
entro tale periodo nessuno dei creditori sociali, anteriori all’iscrizione, abbia fatto opposizione. Nono-
stante l’opposizione, il tribunale può disporre che la riduzione abbia ugualmente luogo, previa prestazione
da parte della società di un’idonea garanzia a favore dei creditori opponenti.

12. LA PARTECIPAZIONE DEI SOCI AGLI UTILI E ALLE PERDITE


Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della gestione sociale. Essi
godono tuttavia della massima libertà nella determinazione della parte spettante a ciascuno, e non è ne-
cessario che la ripartizione sia proporzionata ai conferimenti. Unico limite posto all’autonomia privata è
rappresentato dal divieto di patto leonino. L’art. 2265 stabilisce che “è nullo il patto con il quale uno o
più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. Inoltre, sono nulli i criteri di riparti-
zione congegnati in modo tale da determinare la sostanziale esclusione di uno o più soci dalla partecipa-
zione agli utili o alle perdite.

Sono nulli anche i patti parasociali, cioè quei patti fra i soci che non risultano dall’atto costitutivo e che
violano l’art. 2265. Per annullare tali patti è necessario che essi siano privi di una propria giustificazione
causale fra le parti stipulanti e quindi sono un negozio in frode alla legge.

In merito alla ripartizione degli utili l’art. 2263 stabilisce che:

1. se il contratto nulla dispone, le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono
proporzionali ai conferimenti;
2. se il valore dei conferimenti non è stato determinato, le parti si presumono uguali;
3. se è determinata soltanto la parte di ciascuno nei guadagni, si presume che esso partecipi alle
perdite nella stessa misura, e viceversa;
4. se la parte spettante al socio d’opera non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice se-
condo equità, art. 2263.
La determinazione della parte di ciascun socio negli utili e nelle perdite può essere anche demandata ad
un terzo, che opererà come arbitratore, art. 2264.

Nella ss il diritto del socio di percepire la sua parte di utili nasce con l’approvazione del rendiconto, art.
2262. Nella snc tale norma va coordinata con l’obbligo di tenere le scritture contabili,
art. 2302. Quindi, il documento destinato all’accertamento degli utili e delle perdite è il bilancio d’eserci-
zio redatto con l’osservanza dei criteri stabiliti per la spa.
Il bilancio deve essere predisposto dai soci amministratori
e deve essere approvato da tutti i soci, compresi i soci amministratori che l’hanno predisposto.
Nella società di persone, in mancanza di
specifica clausola abilitante dell’atto costitutivo, la maggioranza dei soci non può legittimamente delibe-
rare la non distribuzione degli utili accertati ed il conseguente reinvestimento nella società. A tal fine
sarà necessario il consenso di tutti i soci.
Le perdite incidono direttamente sul valore della singola partecipazione sociale riducendolo proporzio-
nalmente, con la conseguenza che, in sede di liquidazione della società, il socio si vedrà rimborsare una
somma inferiore al valore originario del capitale conferito. D’altro canto, solo all’atto di scioglimento del-
la società i liquidatori possono richiedere ai soci illimitatamente responsabili le somme necessarie per il
pagamento dei debiti sociali, in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite, art. 2280.

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Prima dello scioglimento della società, le perdite accertate hanno un rilevo solo indiretto. Cioè, impedi-
scono la distribuzione degli utili successivamente conseguiti, fin quando il capitale non sia stato reinte-
grato o ridotto in misura corrispondente. Inoltre, possono condurre allo scioglimento della società per
sopravvenuta impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, art. 2272, n.2.

13. LA RESPONSABILITA’ DEI SOCI PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI.


Nella ss e nella snc, delle obbligazioni sociali risponde, innanzitutto, la società col suo patrimonio, art.
2267.

Nella ss, la responsabilità personale di tutti i soci è parzialmente derogabile. L’art. 2267 dispone infatti
che, nella ss, per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno
agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci. Quindi, per i soci senza
rappresentanza, la responsabilità personale può essere limitata o esclusa da un apposito patto sociale.
Patto che è opponibile ai terzi solo se portato a loro conoscenza con mezzi idonei. In mancanza, la limita-
zione della responsabilità o l’esclusione della solidarietà sono opponibili solo a coloro che ne hanno avuto
effettiva conoscenza. In nessun caso comunque può essere esclusa la responsabilità di tutti i soci.

Nella snc, la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è inderogabile. L’eventuale patto contrario
non ha effetto nei confronti dei terzi, art. 2291.

In entrambe le società la responsabilità per le obbligazioni sociali precedentemente contratte è estesa


anche ai nuovi soci. Infatti, secondo l’art. 2269, chi entra a far parte di una società già costituita rispon-
de con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio.

Inoltre, lo scioglimento parziale del rapporto sociale per morte, recesso o esclusione, nonché per cessio-
ne della quota non fa venir meno la responsabilità personale per le obbligazioni sociali anteriori al verifi-
carsi di tali eventi. Infatti, l’ex socio o gli eredi del socio defunto, sono responsabili verso i terzi per le
obbligazioni sociali sorte fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento, art. 2290. Il socio uscente non
sarà responsabile per le obbligazioni sorte successivamente allo scioglimento del rapporto sociale.
Nella ss e nella snc irregolare, sarà però necessario che lo stesso sia stato portato a conoscenza dei
terzi con mezzi idonei, altrimenti lo scioglimento del rapporto non è opponibile ai terzi che lo hanno senza
colpa ignorato. Quindi, verso i terzi che hanno fatto affidamento incolpevole sulla persistente qualità di
socio, l’ex socio risponderà anche per le obbligazioni sorte dopo lo scioglimento del rapporto sociale.

Nella snc regolare, l’opponibilità ai terzi delle cause di scioglimento del rapporto sociale resta soggetta al
regime di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto costitutivo, art. 2300. Perciò, intervenuta l’isc-
rizione nel registro delle imprese dello scioglimento del rapporto, la cessazione della responsabilità per-
sonale per le obbligazioni successive sarà opponibile anche ai terzi che l’abbiano in fatto ignorato.
Inoltre, dalla data di iscrizione decorre il termine annuale entro cui l’ex socio può essere dichiarato falli-
to a seguito del fallimento della società, art. 147, 2° comma, legge fallimentare.

14. RESPONSABILITA’ DELLA SOCIETA’ E RESPONSABILITA’ DEI SOCI


Nella ss e nella snc, i creditori sociali possono soddisfarsi su più
patrimoni: il patrimonio sociale ed il patrimonio dei singoli soci illimitatamente responsabili. Ma, i soci
sono responsabili in via sussidiaria rispetto alla società in quanto godono del beneficio di preventiva
escussione del patrimonio sociale, art. 2268 e art. 2304. I creditori sociali sono tenuti a tentare di sod-

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disfarsi sul patrimonio della società prima di poter aggredire il patrimonio personale dei soci. Ma, il be-
neficio di preventiva escussione opera in modo diverso nella ss e nella snc.

Nella ss, il creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile e
sarà questi a dover invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando, i beni sui quali il
creditore possa agevolmente soddisfarsi, art. 2268. Il beneficio di escussione opera quindi in via di ec-
cezione ed il socio sarà tenuto a pagare ove non provi che nel patrimonio sociale esistono beni non solo
sufficienti, ma prontamente ed agevolmente aggredibili dal creditore istante. Questa disciplina è ispirata
dal fatto che nella ss non esiste un bilancio da cui i creditori possano attingere informazioni sul patrimo-
nio sociale. Ciò spiega perché essa si applica anche alla snc irregolare.

Nella snc regolare, il beneficio di escussione opera automaticamente, anche se la società è in liquidazio-
ne, art. 2304.

Ricorrendo le condizioni di poter agire nei confronti dei soci, il creditore sociale potrà chiedere a ciascu-
no di essi il pagamento integrale del proprio credito, dato che i soci sono obbligati in solido fra loro. Il
socio che ha pagato, potrà a sua volta esercitare azione di regresso verso gli altri soci, secondo la misu-
ra di partecipazione di ciascuno nelle perdite. Ma, prima dovrà agire nei confronti della società stessa
per l’intero debito. Quindi, il fatto che i soci sono responsabili in via sussidiaria rispetto alla società con-
ferma che sul piano formale debitore principale è la società, mentre i soci sono giuridicamente trattati
come garanti delle obbligazioni sociali. Nella pratica, i creditori so-
ciali più forti si fanno rilasciare dai soci specifiche garanzie personali, per sottrarsi alle lungaggini della
preventiva escussione del patrimonio sociale in caso di inadempimento.

15. I CREDITORI PERSONALI DEL SOCIO


Il patrimonio della società è insensibile alle obbligazioni personali dei soci ed intangibile da
parte dei creditori di quest’ultimi. Il creditore personale del socio non può aggredire direttamente il pa-
trimonio sociale per soddisfarsi. Inoltre, se esso è nel contempo debitore della società non potrà com-
pensare questo suo debito con il credito che vanta a titolo personale verso il socio, art. 2271.
Il creditore sociale per soddisfare il proprio credito, sia nella ss che nella snc, potrà:

- far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
- compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella liquidazione della società, art. 2270.
Nella ss e nella snc irregolare, il creditore particolare del socio può chiedere anche la liquidazione della
quota del suo debitore, ma dovrà provare che gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, art. 2270 e art. 2297. La richiesta opera come causa di esclusione di diritto del socio, art.
2288. La quota dovrà essere liquidata entro 3 mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimen-
to anticipato della società. In tal caso, il creditore istante dovrà attendere il compimento della liquida-
zione della società per soddisfarsi sulla quota di liquidazione spettante al suo debitore.

Nella snc regolare, secondo l’art. 2305, il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può
chiedere la liquidazione della quota del socio debitore, neppure se prova che gli altri beni dello stesso
siano insufficienti a soddisfarlo.

Tale regola vale fino alla scadenza della società fissata nell’atto costitutivo. I soci possono prorogare la
durata della società con una specifica decisione o continuando di fatto l’attività sociale, ma tale decisione
non può pregiudicare i creditori particolari dei soci. L’art. 2307 distingue due ipotesi:

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1. se la proroga è espressa ed è iscritta nel registro delle imprese, il creditore particolare può op-
porsi giudizialmente alla proroga entro 3 mesi dall’iscrizione della delibera. Se l’opposizione è accolta,
la società deve liquidare a suo favore la quota del socio debitore, entro 3 mesi dalla notifica della
sentenza di accoglimento dell’opposizione;
2. se la proroga è tacita, si applica la disciplina determinata dall’art. 2270 per la ss: il creditore perso-
nale potrà chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota dimostrando l’insufficienza degli altri
beni del socio suo debitore.
!
C. L’ATTIVITA’ SOCIALE

16. MODELLO LEGALE E MODELLI STATUTARI


La disciplina dell’attività sociale nella ss e nella snc si caratterizza per l’ampio spazio lasciato all’autono-
mia negoziale. Il legislatore prevede un modello di organizzazione, modello legale, fondato sulla distinzio-
ne amministrazione-modificazioni dell’atto costitutivo e basato su dei principi:

- ogni socio illimitatamente responsabile è investito del potere di amministrazione, art. 2257, e di
rappresentanza, art. 2266, della società;
- per contro, è necessario il consenso di tutti i soci per le modificazioni del contratto sociale, art.
2252.
Tali principi hanno carattere dispositivo e trovano applicazione solo se i soci non hanno pattuito diversa-
mente nell’atto costitutivo. Infatti, i soci sono liberi di modellare il funzionamento della società nel modo
che ritengono più opportuno, modelli statutari.

17. L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA’


L’amministrazione della società è l’attività di gestione dell’impresa sociale.

Il potere di amministrare è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.

Secondo il modello legale ogni socio illimitatamente responsabile (quindi, nella snc ogni socio) è ammini-
stratore della società, art. 2257. Tuttavia, l’atto costitutivo può prevedere che l’amministrazione sia ri-
servata solo ad alcuni soci, distinguendo fra soci amministratori e soci non amministratori. Quando
l’amministrazione della società spetta a più soci ed il contratto sociale nulla dispone in merito, trova ap-
plicazione il modello legale dell’art. 2257, amministrazione disgiunta. Ciascun socio amministratore è in-
vestito del potere di intraprendere da solo tutte le operazioni che rientrano nell’oggetto sociale, senza
essere tenuto a richiedere il consenso o il parere degli altri soci amministratori, né ad informarli preven-
tivamente delle operazioni progettate. tuttavia, il potere di iniziativa individuale è temperato dal diritto
di opposizione riconosciuto a ciascuno degli altri soci amministratori. L’opposizione deve essere eserci-
tata prima che l’operazione sia stata compiuta e, paralizza il potere decisorio del singolo amministratore
in ordine all’operazione contestata. La soluzione del conflitto fra i soci amministratori in merito all’ope-
razione contestata è rimessa alla collettività dei soci, amministratori e non.
Sulla fondatezza dell’opposizione decide la maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita
a ciascun socio negli utili. Quindi, è una maggioranza per quote di interesse e non per teste.
In alternativa, l’atto costitutivo può stabilire che la decisione sul contrasto tra gli amministratori venga
deferita ad uno o più terzi, in qualità di arbitratori, art. 3 d.lgs. 5/2003. In tal caso, l’atto costitutivo
può prevedere che l’arbitratore possa dare indicazioni vincolanti e che le decisioni rese siano reclamabili

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davanti ad un collegio, determinandone termini e modalità. In mancanza, la decisione dell’arbitratore è


comunque impugnabile nelle forme previste per l’arbitraggio secondo l’art. 1349, 2° comma, cioè solo in
caso di mala fede dell’arbitratore. L’amministrazione disgiunta offre sia dei vantaggi, come la rapidità
delle decisioni, che degli svantaggi, operazioni non proficue. Perciò, il legislatore prevede un modello al-
ternativo di amministrazione che privilegia l’esigenza di maggiore ponderazione nelle decisioni, l’amminist-
razione congiuntiva, art. 2258.

L’amministrazione congiuntiva, deve essere espressamente convenuta dai soci nell’atto costitutivo o con
modificazione dello stesso, dato che nel silenzio delle parti la regola è l’amministrazione disgiunta.
Con l’amministrazione congiuntiva è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento
delle operazioni sociali. L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che per l’amministrazione o per deter-
minati atti sia necessario il consenso della maggioranza dei soci amministratori. L’amministrazione con-
giuntiva può atteggiarsi sia come amministrazione all’unanimità sia come amministrazione a maggioranza,
ovvero all’unanimità per determinati atti e a maggioranza per altri. Tuttavia se i soci non specificano nul-
la, la regola è quella dell’unanimità. La rigidità dell’amministrazione congiuntiva è temperata dal ricono-
scimento ai singoli amministratori del potere di agire individualmente quando vi sia urgenza di evitare un
danno alla società, art. 2258.3. L’amministrazione disgiuntiva e ammini-
strazione congiuntiva possono essere fra loro combinate.

18. AMMINISTRAZIONE E RAPPRESENTANZA


Fra le funzioni degli amministratori vi è anche quella di rappresentanza della società, detta potere di
firma.

Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società, dando luogo
all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa, art. 2266. Il potere di rappre-
sentanza riguarda l’attività amministrativa esterna, la fase di attuazione con i terzi delle operazioni so-
ciali.

Dal potere di rappresentanza, si distingue il potere di gestione, che è il potere di decidere il compimen-
to degli atti sociali. Esso riguarda l’attività amministrativa interna, la fase decisoria delle operazioni so-
ciali.

Secondo il modello legale, vi è coincidenza fra potere gestorio e potere di rappresentanza. In mancanza
di diversa disposizione dell’atto costitutivo, la rappresentanza della società spetta a ciascun socio ammi-
nistratore, disgiuntamente o congiuntivamente a seconda che in un modo o nell’altro sia stata conformata
l’amministrazione.

Nel caso di amministrazione disgiunta, ogni amministratore può decidere da solo e può stipulare da solo
atti in nome della società, firma disgiunta.
Nel caso di amministrazione congiuntiva, invece, fermo restando che le decisio-
ni possono essere adottate all’unanimità o a maggioranza, tutti i soci amministratori devono partecipare
alla stipulazione dell’atto, firma congiunta.
Inoltre, secondo il modello legale, sia il potere di gestione che
il potere di rappresentanza si estendono a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, senza distin-
zione alcuna fra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione.
La rappresentanza inoltre non è solo sostanziale, ma anche processuale, art. 2266: la società può agire

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(rappresentanza processuale attiva) e può essere convenuta in giudizio (rappresentanza processuale pas-
siva) in persona dei soci amministratori che ne hanno la rappresentanza.
L’atto costitutivo può prevedere una diversa regolamentazione del potere di gestione e del potere di rap-
presentanza, modello statutario.

Ad esempio, può riservare la rappresentanza legale della società solo ad alcuni soci amministratori, dando
luogo ad una dissociazione soggettiva fra potere di gestione e potere di rappresentanza. Può stabilire per
la rappresentanza modalità di esercizio diverse da quelle valevoli per il potere di gestione.

Infine, l’atto costitutivo può prevedere limitazioni al potere di rappresentanza del singolo amministra-
tore. Può prevedere la firma congiunta per alcuni atti e la firma disgiunta per altri atti.
Le limitazioni al potere di rappresentanza degli amministratori non sono opponibili ai terzi se non sono
iscritte nel registro delle imprese o se non si provi che i terzi ne hanno avuto effettiva conoscenza, art.
2298. Nella snc irregolare l’omessa registrazione fa sì che i patti modi-
ficativi del potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi, a meno che non si provi che questi ne
erano a conoscenza. Per le ss, la situazione è più
complessa. Non essendo previsto un regime di pubblicità legale l’art. 2266.3 , rinvia alla disciplina di di-
ritto comune, art. 1396.

Bisogna distinguere fra:

- limitazioni originarie, sono sempre opponibili ai terzi, sicché sono i terzi che devono accertare se il
socio che agisce in nome della società ha effettivamente il potere di rappresentanza;
- limitazioni successive, e estinzione del potere di rappresentanza, devono essere portate a cono-
scenza dei terzi con mezzi idonei ed in mancanza sono loro opponibili solo se la società prova che
le conoscevano.
!
19. I SOCI AMMINISTRATORI
L’atto costitutivo può riservare l’amministrazione solo ad alcuni soci, dando luogo alla distinzione fra soci
amministratori e soci non amministratori. In tal caso, i soci investiti dell’amministrazione possono essere
nominati direttamente nell’atto costitutivo, oppure, nell’atto costitutivo, si può rinviare la nomina degli
amministratori con atto separato. La distinzione fra amministratori nominati nell’atto costitutivo e ammi-
nistratori nominati con atto separato acquista rilievo ai fini della revoca della facoltà di amministrare,
art. 2259. La revoca dell’ammi-
nistratore nominato nel contratto sociale comporta una modifica dello stesso. Perciò, deve essere decisa
dagli altri soci all’unanimità, se non convenuto diversamente, art. 2252.
Inoltre, se l’amministratore è nominato nell’atto, la revoca non ha effetto se non ricorre una giusta cau-
sa. Invece, se è nominato con atto separato, l’amministratore è revocabile secondo le norme del mandato.
Quindi, è revocabile anche senza giusta causa, salvo il diritto al risarcimento dei danni, art. 1725. La re-
voca potrà essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.

Il rapporto di amministrazione costituisce rapporto autonomo e distinto dal rapporto sociale, come
emerge dal fatto che si può essere soci senza essere amministratori e si può cessare di essere ammini-
stratori pur conservando la qualità di socio. Per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli amministrato-
ri, l’art. 2260 stabilisce che essi sono regolati dalle norme sul mandato. Ma, il rapporto di amministrazio-

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ne non è un rapporto di mandato, perciò agli amministratori non è applicabile direttamente tutta la disci-
plina del mandato, non essendo l’amministratore un imprenditore. Dai poteri degli amministratori, cioè
poter compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, restano esclusi solo gli atti che comporta-
no modificazione del contratto sociale. Numerosi ed articolati
sono poi i doveri specifici degli amministratori.

Nella snc, essi devono:

- tenere le scritture contabili e redigere il bilancio di esercizio, art. 2302;


- provvedere agli adempimenti pubblicitari connessi all’iscrizione nel registro delle imprese.
Infine, sono previste delle sanzioni penali, anche in caso di fallimento della società.
I numerosi obblighi sono sintetizzabili nel dovere generale di amministrare la società con la diligenza del
mandatario. Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società, con conseguente obbligo di
risarcire i danni arrecati alla stessa. Tuttavia, la responsabilità non si estende a quegli amministratori
che dimostrino di essere esenti da colpa, art. 2260.
Nel contempo, l’amministratore incorre in responsabilità anche nei confronti dei singoli soci, per i danni
arrecati agli stessi in via diretta ed immediata. Quindi, il rapporto di amministrazione non è risolvibile nel
rapporto di mandato. I soci amministratori avranno diritto ad un compenso per il loro ufficio, sia se nomi-
nati nell’atto costitutivo, sia se nominati con atto separato.

20. I SOCI NON AMMINISTRATORI


Quando l’amministrazione della società è riservata soltanto ad alcuni soci, il legislatore riconosce ai soci
esclusi dall’amministrazione ampi poteri di informazione e di controllo, art. 2261.

Ogni socio non amministratore ha:

1. il diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari sociali;
2. il diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione;
3. il diritto di ottenere il rendiconto degli affari sociali quando gli affari per cui fu costituita la so-
cietà sono stati compiuti, ovvero, se la società dura più di un anno, al termine di ogni anno, salvo
che il contratto stabilisca un termine diverso.
!
È questione controversa se i soci non amministratori possono impartire direttive vincolanti ai soci ammi-
nistratori in merito alla condotta degli affari sociali.
Secondo l’art. 2257.2, i soci non amministratori non possono opporsi alle iniziative dei soci amministra-
tori, quindi essi non potranno nemmeno impartire direttive vincolanti, tranne nel caso vi sia un unico socio
amministratore nominato con atto separato (e quindi revocabile senza giusta causa).

21. IL PROBLEMA DELL’AMMINISTRATORE ESTRANEO


Per la sas non è possibile che amministratore della società sia un terzo non socio, art. 2318, 2° comma.
La figura dell’amministratore estraneo si ammette per la snc, con eccezione per la società fra avvocati.
Infatti, nella snc tutti i soci (amministratori e non) sono sempre e comunque illimitatamente e personal-
mente responsabili nei confronti dei creditori sociali, quindi la posizione dei terzi creditori della società
non è compromessa dalla clausola statutaria che riservi l’amministrazione ad un terzo estraneo. Il terzo
amministratore gestisce pur sempre l’impresa sociale nell’interesse esclusivo dei soci, quindi è revocabile
anche se designato nell’atto costitutivo ed è tenuto a rispettare le direttive che provengono dai soci. La

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posizione del terzo amministratore può essere assimilata a quella di un mandatario generale o di un insti-
tore, sia pure con poteri estesi al compimento di tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. La nomi-
na di un amministratore terzo non priva i soci del potere di direzione, che deve ritenersi legittimo in
quanto non altera il principio della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.

22. IL DIVIETO DI CONCORRENZA


L’art. 2301 stabilisce a carico dei soci di una snc, ma non per la ss, l’obbligo di non esercitare per conto
proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società, ed inoltre di non partecipare come socio
illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. Il divieto non impedisce però al socio di parte-
cipare come socio limitatamente responsabile in altra società concorrente. Né gli impedisce lo svolgimen-
to di altra attività di impresa, o della stessa attività della società, quando debba escludersi l’esistenza di
un rapporto concorrenziale. La violazione del divieto espone il
socio al risarcimento del danno nei confronti della società e legittima gli altri soci a deciderne l’esclusi-
one. Il divieto può essere rimosso dagli altri soci ed il consenso si presume se la situazione concorrenzia-
le preesisteva al contratto sociale e gli altri soci ne erano a conoscenza.

23. LE MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO


Nella ss e nella snc il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se
non convenuto diversamente, art. 2252. Fra le modificazioni del contratto sociale rientrano anche i mu-
tamenti nella composizione dei soci. Per il rapporto fiduciario, intuitu personae, che intercorre fra i soci,
il consenso di tutti gli altri soci è necessario per il trasferimento della quota sociale sia fra vivi che a
causa di morte. In mancanza, il trasferimento per atto fra vivi ed la costituzione di diritti reali sulla quo-
ta sono improduttivi di effetti per la società e gli altri soci. Il consenso al trasferimento della quota può
essere dato anche preventivamente, attraverso una clausola nell’atto costitutivo che stabilisce la libera
trasferibilità fra vivi della quota e/o la continuazione della società con gli eredi del socio defunto. Oppu-
re, può risultare anche da comportamenti concludenti.

!
Nella snc le modificazioni dell’atto costitutivo sono soggette a pubblicità legale e finché non sono state
iscritte nel registro delle imprese non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a
conoscenza. Ma, la modificazione è perfetta e produttiva di effetti indipendentemente dall’iscrizione.

Nella snc irregolare, le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere invece portate a conoscenza dei
terzi con mezzi idonei e non sono opponibili a coloro che le abbiano senza colpa ignorate.

Per la ss vale lo stesso regime, anche se con la recente previsione dell’iscrizione nel registro delle impre-
se con efficacia di pubblicità legale, art. 2 d.lgs. 228/2001, porta a ritenere che per la ss vale il regime
della snc.

Se la regola per le modifiche dell’atto costitutivo è l’unanimità, l’art. 2252 consente che possa essere
convenuto diversamente. Infatti, è frequente la modificabilità a maggioranza dell’atto costitutivo.

In dottrina, si esclude però che la maggioranza possa modificare le basi essenziali della società. Inoltre,
le modificazioni dell’atto costitutivo rimesse alla maggioranza debbano essere specificamente determi-
nate, perciò sono invalide le clausole dell’atto costitutivo che rimette alla maggioranza tali modificazioni.
Fine di tale previsione è quello di impedire possibili abusi della maggioranza, anche se non sono condivisi-

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bili, visto che è pur sempre la volontà di tutti i soci che determina l’assoggettamento del singolo alle de-
cisioni della maggioranza. Tale rilievo è rafforzato dalla riforma delle società del 2003, con la quale è
disposto che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le decisioni riguardanti la trasformazione, la
fusione e la scissione sono approvate nelle società di persone a maggioranza, calcolata secondo le quote di
partecipazione degli utili, salvo il diritto di recesso del socio dissenziente. I poteri modificativi della
maggioranza trovano però dei limiti nell’obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede ed il ri-
spetto della parità di trattamento fra i soci.

24. METODO COLLEGIALE E PRINCIPIO MAGGIORITARIO


Il consenso di tutti i soci è espressamente richiesto dal legislatore per le modifiche dell’atto costitutivo,
art. 2252.

Il principio maggioritario è invece enunciato per la soluzione dei conflitti fra soci amministratori in regi-
me di amministrazione disgiunta: sull’opposizione decide la maggioranza dei soci calcolata per quote di
interesse, art. 2257.1. Mentre, l’esclusione di un socio è calcolata per teste, art. 2287. Ma vi sono molte
norme che prevedono una decisone dei soci, ma non specificano se la stessa debba essere adottata a
maggioranza o all’unanimità. L’art. 2252 esprime il principio che il consenso di tutti i
soci è necessario quando la decisione tocca le basi organizzative della società. Perciò l’unanimità sarà ne-
cessaria:

- per la revoca del socio amministratore nominato nell’atto costitutivo (art. 2259),
- per il consenso al singolo socio di usare i beni sociali per fini extrasociali (art. 2256),
- per l’esonero dall’obbligo di non concorrenza (art. 2301),
- per il cambio del metodo di amministrazione,
- per la trasformazione, tranne il caso previsto dall’art. 2500-ter.
!
Mentre, la maggioranza troverà applicazione quando si tratta di decisioni che attengono alla gestione del-
l’impresa comune: nomina e revoca degli amministratori per atto separato, approvazione del bilancio, ecc.
La disciplina della società di persone pone un altro problema: se le deliberazioni sociali debbano essere
adottate osservando il metodo collegiale o assembleare, ovvero possano essere adottate nella più assolu-
ta libertà di forme ove l’atto nulla preveda al riguardo. Il legislatore non dispone nulla in merito. La dot-
trina e la giurisprudenza sono dell’ opinione che il metodo assembleare sia superfluo nelle società di per-
sone. Per le decisioni all’unanimità basterebbe l’accordo di tutti i soci comunque raggiunto. Per quelle a
maggioranza non sarebbe necessario neppure consultare tutti i soci, sicché le decisioni potrebbero esse-
re prese dalla maggioranza anche all’insaputa dei soci di minoranza, visto che le società di persone non
hanno personalità giuridica e al fine di agevolare la rapidità delle decisioni. Ma vi è una parte della dot-
trina che è contraria a tale opinione, contestando che nel nostro ordinamento il metodo collegiale è pre-
sente in tutti i gruppi associativi di diritto privato, con o senza personalità giuridica.

Inoltre è un metodo che consente decisioni più ponderate attraverso il confronto delle diverse opinioni.

In base all’attuale disciplina del 2003, art. 2479.3, l’atto costitutivo può escludere l’impiego del metodo
collegiale, tranne che per alcune decisioni di particolare rilievo.

Infatti, la disciplina della srl ribadisce che:

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- in mancanza di diversa disposizione dell’atto costitutivo le deliberazioni dei soci vanno adottate
con metodo collegiale;
- ciascun socio ha diritto di partecipare anche alle decisioni assunte con metodo collegiale, sicché
non è consentito alla maggioranza prendere decisioni all’insaputa della minoranza.
Perciò, tutti i soci hanno diritto di essere preventivamente informati delle decisioni da adottare.
Anche nelle società di persone i soci sono tenuti a rispettare un metodo assembleare, almeno per le deci-
sioni di maggior rilievo, ovvero per le modificazioni dell’atto costitutivo o con il compimento di operazioni
che modificano l’oggetto sociale.

D. SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO SOCIALLE

25. SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO E SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’


Il singolo socio può cessare di far parte della società per morte, recesso o esclusione. Il venir meno di
uno o più soci non determina in alcun caso lo scioglimento della società, ma solo la necessità di definire i
rapporti patrimoniali fra i soci rimasti ed il socio uscente o i suoi eredi, attraverso la liquidazione della
quota sociale. Poi, sta ai soci superstiti decidere se porre fine alla società o continuarla.
Questa disciplina si ispira al principio di conservazione della società. Tale principio opera anche quando
rimane un solo socio. Infatti, la società si scioglie solo se la pluralità dei soci non si ricostituisce entro 6
mesi, art. 2272, n.4.

26. LA MORTE DEL SOCIO


La morte del socio produce come effetto ex lege lo scioglimento del rapporto fra tale socio e la società,
con il conseguente obbligo per i soci superstiti di liquidare la quota del socio defunto ai suoi eredi entro 6
mesi, artt. 2284 e 2289. Quindi, i soci superstiti non sono tenuti a subire il subingresso in società degli
eredi del defunto. L’art. 2284 concede ai soci superstiti altre due possibilità:

- essi possono decidere lo scioglimento anticipato della società. In tal caso gli eredi del socio defun-
to non hanno più diritto alla liquidazione della quota entro i 6 mesi, ma devono attendere la liqui-
dazione della società per partecipare alla divisione dell’attivo che residua dopo l’estinzione dei de-
biti sociali;
- essi possono decidere di continuare la società con gli eredi del defunto, ma in tal caso è necessa-
rio il consenso unanime di tutti i soci superstiti e degli eredi.
Tale decisioni devono essere prese entro 6 mesi dai soci superstiti e gli eredi non hanno alcuno strumen-
to giuridico per rimuovere lo stato di incertezza e costringere i soci ad una decisione anticipata.

L’art. 2284 fa salve le diverse disposizioni del contratto sociale, lasciando ai soci ampia libertà. Le clau-
sole più diffuse nella pratica sono:

- la clausola si consolidazione, con la quale si stabilisce che la quota del socio defunto resterà ac-
quisita agli altri soci, mentre agli eredi sarà liquidato solo il suo valore;
- la clausola di continuazione con gli eredi, con la quale i soci manifestano in via preventiva il con-
senso al trasferimento della quota mortis causa; tale clausola si distingue in tre gruppi:
o la clausola vincola solo i soci superstiti, mentre gli eredi sono liberi di scegliere se aderire
alla società o richiedere la liquidazione della quota, detta clausola di continuazione facolta-
tiva;

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o la clausola prevede anche l’obbligo degli eredi di entrare in società, con la conseguenza che
essi saranno tenuti a risarcire i danni ai soci superstiti ove non prestino il loro consenso; è
detta clausola di continuazione obbligatoria;
o la clausola prevede l’automatico subingresso degli eredi in società; è detta clausola di suc-
cessione.
Queste due ultime clausole limitano la libertà di decisione degli eredi.

!
27. IL RECESSO
Il recesso è lo scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio, art. 2285.
Se la società è a tempo indeterminato o è contratta per tutta la vita di uno dei soci, ogni socio può rece-
dere liberamente. Il recesso dovrà essere comunicato a tutti gli altri soci con un preavviso di almeno tre
mesi, art. 2285.3 ed ha effetto decorso tale termine. Nella snc, in caso di proroga tacita della società, il
socio ha diritto di recesso, art. 2307. Se la società è a tempo determinato, il recesso è ammesso per leg-
ge solo se sussiste giusta causa, art. 2285.1 comma, cioè se il recesso è una reazione ad un illegittimo
comportamento degli altri soci tale da incrinare la reciproca fiducia. Anche la vo-
lontà di recedere per giusta causa deve essere portata a conoscenza degli altri soci, ma in tal caso il re-
cesso ha effetto immediato. Il contratto sociale può prevedere altre ipotesi di recesso oltre quelle sta-
bilite per legge, specificandone le modalità di esercizio, detto recesso convenzionale.

28. L’ESCLUSIONE
L’ultima delle cause di scioglimento parziale del rapporto sociale è costituita dall’ esclusione del socio
della società. Essa può aver luogo di diritto oppure è facoltativa, cioè è rimessa alla decisione degli altri
soci. È escluso di diritto, art. 2288:

a) il socio che sia dichiarato fallito; l’esclusione opera dal giorno stesso della dichiarazione di falli-
mento;
b) il socio il cui creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota, nei casi consentiti
per legge; l’esclusione opera solo quando la liquidazione sia avvenuta effettivamente.
L’esclusione facoltativa, art. 2286, può avvenire per:

a) gravi inadempienze degli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale, come il mancato
conferimento di quanto promesso o il comportamento ostruzionistico del socio;
b) interdizione, inabilitazione del socio;
c) sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile agli ammini-
stratori.
!
L’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci calcolata per teste, art. 2287. La deliberazione, mo-
tivata, deve essere comunicata al socio escluso ed ha effetto decorsi 30 giorni dalla data di comunicazio-
ne. Entro tale termine il socio può fare opposizione davanti al tribunale, il quale può sospendere l’esecu-
zione della delibera. Se la società è formata da soli due soci, l’esclusione di
uno di essi è pronunciata direttamente dal tribunale su domanda dell’altro, art. 2287, 3° comma, e diven-
ta operante quando la sentenza sia passata in giudicato.

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29. LA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA


In tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi hanno
diritto alla liquidazione della quota sociale. O meglio, hanno diritto soltanto ad una somma di danaro che
rappresenti il valore della quota, art. 2289. Ciò significa che il socio non ha diritto alla restituzione dei
beni conferiti in proprietà o in godimento finché dura la società.
Il valore della quota è determi-
nato in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento del rap-
porto, tenendo conto delle operazioni in corso. La situazione patrimoniale della società va determinata
attribuendo ai beni il loro valore effettivo, nonché tenendo conto del valore di avviamento dell’azienda
sociale, degli utili e delle perdite delle operazioni in corso.
Il pagamento della quota spettante al socio deve essere effettuato entro 6 mesi dal giorno in cui si è ve-
rificato lo scioglimento del rapporto, art. 2289, e se richiesto dal creditore particolare deve essere
fatto entro tre mesi dalla richiesta, art. 2270.
Il socio uscente o gli eredi del socio defunto sono responsabili delle obbligazioni sociali contratte prima
dello scioglimento del rapporto.

D. SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’

30. LE CAUSE DI SCIOGLIMENTO

Le cause di scioglimento della ss, valide anche per la snc, sono fissate dall’art. 2272 e sono:

a) per il decorso del termine fissato nell’atto costitutivo; è tuttavia prevista una proroga della durata
della società, sia espressa, sia tacita. Secondo l’art. 2273, la società è tacitamente prorogata a tempo
indeterminato quando, decorso il tempo per cui fu contratta, i soci continuano a compiere le operazio-
ni sociali;
b) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; fra le
cause che rendono impossibile il conseguimento dell’oggetto sociale la giurisprudenza ricomprende an-
che gli ostacoli al funzionamento della società determinati dall’insanabile discordia fra i soci;
c) per la volontà di tutti i soci; salvo che l’atto preveda che lo scioglimento possa essere deliberato a
maggioranza;
d) quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita;
e) per le altre cause previste dal contratto sociale. Nella snc sono cause specifiche il fallimento della
società e la liquidazione coatta amministrativa, art. 2308.
Tutte le cause di scioglimento operano automaticamente, di diritto, per il solo fatto che si sono verifica-
te. Ogni socio può agire giudizialmente per il loro accertamento e gli effetti dello
scioglimento decorrono in ogni caso da quando la causa si è verificata, non da quando è accertata.

31. LA SOCIETA’ IN STATO DI LIQUIDAZIONE


Quando si verifica una causa di scioglimento la società entra automaticamente in stato di liquidazione e
nella snc tale situazione deve essere espressamente indicata negli atti e nella corrispondenza, art.
2250.3. La società però non si estingue immediatamente. Infatti,
prima si deve provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali ed alla distribuzione fra i soci dell’even-
tuale residuo attivo. Tuttavia, si producono alcuni effetti preliminari. L’ulteriore attività della società
deve tendere solo alla definizione dei rapporti in corso, perciò i poteri degli amministratori sono limitati
al compimento degli affari urgenti, art. 2274 e i liquidatori che subentrano non possono intraprendere

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nuove operazioni e rispondono personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi in violazione ditale
divieto, art. 2279. Tuttavia, i soci possono ratificare o autorizzare gli atti non urgenti compiuti dai soci
amministratori o le nuove operazione intraprese dai liquidatori, rimuovendo i limiti legali posti ai loro po-
teri. Per i soci, sorge il diritto alla nomina dei liquidatori, art. 2275 ed il diritto alla liquidazione della
quota, una volta estinti i debiti sociali, art. 2282. Resta fermo l’obbligo dei soci ad eseguire i conferimen-
ti ancora dovuti, sia pure nei limiti in cui i fondi disponibili risultino insufficienti per il pagamento dei de-
biti sociali, art. 2280. I creditori sociali non possono
più ottenere la liquidazione della quota del socio loro debitore, ma dovranno attendere la liquidazione per
rivalersi sulla quota di liquidazione del loro debitore.
Lo stato di liquidazione può essere revocato dai soci con il conseguente ritorno della società alla normale
attività di gestione. Con la revoca della liquidazione si avrà continuazione della stessa società e non la
costituzione di una nuova società. La decisione di revoca deve essere adottata all’unanimità.

32. IL PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE


Ferma restando la necessità del procedimento di liquidazione, le modalità dello stesso, oltre a essere
previste dal codice civile, possono essere liberamente determinate dai soci nel contratto sociale o al mo-
mento dello scioglimento, art. 2275. Il procedimento di liquidazione inizia con la nomina di uno o più li-
quidatori, e richiede il consenso di tutti i soci, se non pattuito diversamente nell’atto costitutivo. In caso
di disaccordo fra i soci, i liquidatori sono nominati dal presidente del tribunale.
La revoca dei liquidatori può discendere dalla volontà di tutti i soci ed in ogni caso dal tribunale per giu-
sta causa, su domanda di uno o più soci, art. 2275.
Nella snc, e oggi anche nella ss, sia la nomina che la revoca dei liquidatori devono essere iscritte nel regi-
stro delle imprese, art. 2309. Nella snc irregolare, la nomina e la revoca devono essere portate a cono-
scenza dei terzi con mezzi idonei.
Con l’accettazione della nomina, i liquidatori prendono il posto degli amministratori. Quest’ultimi devono
consegnare ai liquidatori i beni e i documenti sociali e presentare loro il resoconto della gestione del pe-
riodo successivo all’ultimo bilancio. Gli amministratori e i liquidatori devono redigere insieme l’inventario,
detto bilancio di apertura della liquidazione, dal quale risulta l’attivo e il passivo del patrimonio sociale.

I compiti dei liquidatori sono quelli di convertire in danaro i beni sociali, pagare i creditori, ripartire fra
i soci l’eventuale residuo attivo. Quindi, sono investiti del potere di compiere tutti gli atti necessari per
la liquidazione. Ad essi inoltre compete la rappresentanza legale della società, anche in giudizio, art.
2278.

Sui liquidatori incombono due divieti:

1. non possono intraprendere nuove operazioni, cioè operazioni che non sono in rapporto con l’attività di
liquidazione. Se violano tale divieto, essi rispondono personalmente e solidalmente per gli affari intra-
presi, art. 2279, nei confronti dei terzi;
2. non possono ripartire fra i soci, neppure parzialmente, i beni sociali finché i creditori sociali non siano
pagati o non siano state accantonate le somme necessarie per pagarli, art. 2280. La violazione di que-
sto divieto espone i liquidatori a responsabilità civile nei confronti dei creditori sociali ed è anche
sanzionata penalmente.
Per il resto gli obblighi e le responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle norme stabilite per gli ammi-
nistratori, art. 2276.
Estinti tutti i debiti sociali la liquidazione si avvia alla fine con la definizione dei rapporti fra i soci. I li-

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quidatori devono restituire ai soci i beni conferiti in godimento nello stato in cui si trovano. E se tali beni
sono deteriorati o periti per causa imputabile agli amministratori, i soci hanno diritto al risarcimento dei
danni a carico del patrimonio sociale, salva l’azione di responsabilità contro gli amministratori. Il saldo
attivo di liquidazione è destinato innanzitutto al rimborso del valore nominale dei conferimenti, determi-
nato secondo la valutazione fattane in contratto o secondo il valore che essi avevano al momento in cui
furono eseguiti. L’eventuale eccedenza è poi ripartita fra tutti i soci in proporzione della partecipazione
di ciascuno nei guadagni, art. 2282.

Nella ss, non è prevista nessuna regola per la chiusura del procedimento di liquidazione

Nella snc, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione ed il piano di riparto.

Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, ed il piano di riparto vanno comunicati ai soci tramite raccoman-
data e si intendono approvati se non sono impugnati dai soci entro 2 mesi dalla comunicazione.
In caso di impugnazione giudiziale i liquidatori possono chiedere che la liquidazione sia esaminata separa-
tamente dalla divisione, art. 2311. Con l’approvazione del bilancio, i liquidatori sono liberati di fronte ai
soci.

33. L’ESTINZIONE DELLA SOCIETA’


Nella snc irregolare, la chiusura del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della società,
sempreché la relativa disciplina sia stata rispettata e i creditori sociali siano soddisfatti. In mancanza, la
società è ancora esistente.

Nella snc regolare, e nella ss, secondo l’art. 2312, approvato il bilancio finale di liquidazione i liquidatori
devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.

Inoltre, i liquidatori devono depositare le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli
soci presso la persona designata dalla maggioranza, per essere conservati 10 anni.
La cancellazione può anche essere disposta d’ufficio, quando l’ufficio rilevi delle circostanze sintomatiche
dell’assenza di attività sociale, come l’irreperibilità presso la sede legale, il mancato compimento di atti di
gestione per tre anni consecutivi, mancanza del codice fiscale, mancata ricostituzione della pluralità dei
soci entro 6 mesi, art. 3 dpr 247/2004.L’atto della cancellazione dal registro delle imprese è condizione
necessaria per l’estinzione della società. I creditori non soddisfatti, secondo l’art. 2312, possono far va-
lere i loro crediti nei confronti dei soci e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, an-
che nei confronti di questi.

34. IL FALLIMENTO DELLA SOCIETA’


La versione originaria dell’art. 10 legge fallimentare disponeva che l’imprenditore poteva essere dichiara-
to fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa. Il termine annuale decorreva dall’effettiva cessa-
zione dell’attività d’impresa, principio di effettività, e non dalla cancellazione dal registro.

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale art. 10 legge fallimentare, nella parte in cui
non prevedeva che il termine di un anno per la dichiarazione di fallimento della società decorresse dalla
cancellazione della società stessa dal registro delle imprese. L’attuale d.lgs. n. 5/2006 ha adeguato il di-
ritto fallimentare alle indicazioni della Corte Costituzionale. Infatti, il nuovo art. 10 dispone che gli im-
prenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal re-
gistro delle imprese, se l'insolvenza si e' manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno suc-

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cessivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, e' fatta
salva la facoltà di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine
del primo comma. Il nuovo art. 147.2, estende la regola dell’art. 10 anche al fallimento in estensione dei
soci illimitatamente responsabili. La norma stabilisce infatti che il fallimento della società non produce
anche il fallimento del socio, decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione
della responsabilità illimitata, anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osser-
vate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. Le nuove regole chiariscono che le società irre-
golari possono essere dichiarati fallite senza limiti di tempo dopo la cessazione dell’attività di impresa.

CAPITOLO 3 - LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE

1. NOZIONE E CARATTERI DISTINTIVI


La sas è una società di persone che si differenzia dalla snc per la presenza di due categorie di soci:

- i soci accomandatari, che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali; ad


essi compete l’amministrazione della società;
- i soci accomandanti, che rispondo limitatamente alla quota conferita e sono esclusi dall’ammini-
strazione della società. Essi sono obbligati solo nei confronti della società ad eseguire i conferi-
menti promessi, mentre i creditori sociali non hanno azione diretta nei loro confronti, neppure nei
limiti del conferimento.
La disciplina della sas è modellata su quella della snc, sia pure con gli adattamenti imposti dalla presenza
di due categorie di soci con diversi poteri e con diverse responsabilità per le obbligazioni sociali.
Nell’ambito delle società di persone, la sas risponde alla specifica funzione economica di consentire
l’aggregazione di soggetti che intendono gestire personalmente gli affari sociali assumendo responsabili-
tà illimitata e di soggetti che intendono finanziare l’attività dei primi con rischio e con poteri limitati, pur
assumendo la veste di socio. Quindi, dando vita a un patrimonio comune e ad un impresa collettiva da
esercitarsi in comune, anche se non in parità. La sas è l’unico tipo di società di persone che consente
l’esercizio in comune di un’impresa commerciale con limitazione del rischio e non esposizione a fallimento
personale dei soci accomandanti. Quindi, la sas potrebbe essere usata, dai soci accomandanti per cumula-
re vantaggi delle società di persone (esercizio diretto e personale dell’impresa) e delle società di capitali
(beneficio della responsabilità limitata), servendosi di un socio accomandante compiacente e nullatenente.
La disciplina della sas deve perciò cercare un punto di equilibrio fra due esigenze:

- l’esigenza dominante di evitare un uso anomalo e distorto di tale tipo di società, con la previsione
di alcuni divieti a carico dei soci accomandanti e alcune sanzioni patrimoniali per la loro violazione;
- l’esigenza di non estraniare del tutto i soci accomandanti dall’attività della società, sia pure nei
limiti imposti dalla riserva dell’amministrazione agli accomandatari.
!
2. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’. LA RAGIONE SOCIALE
Per la costituzione della sas valgono le stesse regole della snc. L’atto costitutivo dovrà indicare distinta-
mente quali sono i soci accomandatari e quali sono i soci accomandanti, art. 2316.
L’atto costitutivo della sas è soggetto ad iscrizione nel registro delle imprese, ma l’omessa registrazione
comporta solo l’irregolarità della società.
A differenza della snc, la ragione sociale, art. 2314, della sas deve essere formata col nome di almeno
uno dei soci accomandatari e con l’indicazione del tipo sociale. Non può essere inserito il nome di uno dei

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soci accomandanti, al fine di evitare che i terzi facciano affidamento sulla responsabilità personale di
tali soci.

L’accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, risponde nei con-
fronti dei terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali.
Cioè, il socio accomandante perde il beneficio della responsabilità limitata per tutte le obbligazioni sociali
e nei confronti di qualsiasi creditore sociale. Non diventa però un socio accomandatario e quindi non ac-
quista il diritto di partecipare all’amministrazione della società. La partecipazione di incapaci in veste di
accomandatari è soggetta alla disciplina dettata dall’art. 2294 per la snc. Ma tale disciplina non si applica
se l’incapace partecipa in veste di socio accomandante.
Nessuna disposizione specifica è dettata per i conferimenti dei soci, quindi si applica la stessa disciplina
delle altre società di persone.

3. I SOCI ACCOMANDANTI E L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA’


In base all’art. 2315, alle sas si applica la disciplina della snc, anche se vi sono delle differenze per quan-
to riguarda l’amministrazione della società. L’art. 2318 pone il principio che i soci accomandatari hanno
gli stessi diritti e gli stessi obblighi dei soci della collettiva e che l’amministrazione della società può es-
sere conferita soltanto ai soci accomandatari. Dall’amministrazione sono esclusi i soci accomandanti, an-
che se ad essi sono riconosciuti per legge, o per contratto, alcuni diritti e poteri di carattere ammini-
strativo. I soci accomandanti hanno il diritto di concorrere con gli accomandatari alla nomina e alla revo-
ca degli amministratori , quando l’atto costitutivo prevede la designazione degli stessi con atto separato.
Infatti, per la nomina e la revoca dell’amministratore è necessario il consenso di tutti i soci accomanda-
tari e l’approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sot-
toscritto, art. 2319. Inoltre, anche il socio accomandante potrà richiedere giudizialmente la revoca per
giusta causa degli amministratori, secondo quanto previsto dall’art. 2259.2. Questa
sarà l’unico modo nel caso in cui vi sia un solo socio accomandatario e perciò un solo amministratore.

4. IL DIVIETO DI IMMISTIONE
Il contenuto del divieto
di immistione degli accomandanti nella gestione della società e le sanzioni per la violazione dello stesso
sono fissati dall’art. 2320, 1° comma: i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione,
né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affa-
ri. Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso
i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'art. 2286, cioè con decisione a
maggioranza degli altri soci. Quindi, all’accomandante è preclusa sia la partecipazione all’amministrazione
interna della società, sia la possibilità di agire per la società nei rapporti esterni.
Per quanto riguarda la partecipazione all’attività interna dell’im-
presa comune, il divieto di ingerenza nell’amministrazione è temperato dall’art. 2320:

a) possono prestare la loro opera, manuale o intellettuale, all’interno della società sotto la direzione
degli amministratori;
b) possono, se l’atto costitutivo lo prevede, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazio-
ni, nonché compiere atti di ispezioni e di controllo, nei limiti imposti dal generale divieto di inge-
renza nell’amministrazione.
Per quanto riguarda i poteri di controllo, gli accomandanti hanno diritto di avere comunicazione
annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l'esattezza, consul-

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tando i libri e gli altri documenti della società. Inoltre, hanno diritto di concorrere all’approvazio-
ne del bilancio.

Per quanto riguarda la partecipazione all’attività esterna dei soci accomandanti, essi possono trattare o
concludere affari in nome della società, sia pure in forza di una procura speciale per singoli affari e
quindi in modo tale da restare sempre assoggettati alle direttive degli amministratori.
L’accomandante che viola il divieto di immistione si espone ad una sanzione patrimoniale particolarmente
grave e non proporzionata all’infrazione commessa. Egli infatti risponde di fronte ai terzi illimitatamente
e solidalmente per tutte le obbligazioni sociali, presente, passate e future, che a qualsiasi titolo siano
imputabili alla società. Quindi, in caso di fallimento della società, anche il socio accomandante sarà auto-
maticamente dichiarato fallito al pari degli accomandatari.

L’accomandante che viola il divieto di immistione perde il beneficio della responsabilità limitata solo nei
confronti dei terzi. Se ne deduce che per le somme pagate ai creditori sociali, egli avrà azione di re-
gresso per l’intero non solo verso la società ma anche verso gli accomandatari. Viceversa, gli accomanda-
tari non hanno azione di regresso verso l’accomandante che ha violato il divieto di immistione, salva l’azi-
one di risarcimento dei danni arrecati alla società.
Rispetto alle obbligazioni nate dall’atto di immistione di un accomandante, la società resta obbligata solo
se l’accomandante ha agito in base a regolare procura o se il suo operato è stato successivamente ratifi-
cato dagli amministratori. In caso contrario, responsabile verso il terzo sarà l’accomandante che ha com-
piuto l’atto, così come previsto per il rappresentante senza poteri, art. 1398. Ovviamente, l’accomandante
non avrà azione di rivalsa né verso al società né verso gli accomandatari. L’accomandante che ha violato il
divieto di immistione è esposto anche all’ulteriore sanzione dell’esclusione della società, tranne se l’atto
di ingerenza sia stato autorizzato o ratificato dagli amministratori.

5. IL TRASFERIMENTO DELLA PARTECIPAZIONE SOCIALE


Il trasferimento della partecipazione sociale varia a seconda che si tratti di soci accomandanti o di soci
accomandatari. Per i soci accomandatari vale la stessa disciplina prevista per la snc. Se l’atto costitutivo
non dispone diversamente, il trasferimento per atto fra vivi della quota degli accomandatari può avvenire
solo col consenso di tutti gli altri soci. Per il trasferimento mortis causa è necessario anche il consenso
degli eredi.

Per i soci accomandanti il trasferimento mortis causa della quota è libera, mentre per il trasferimento
per atti fra vivi è necessario il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale,
salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo.

6. LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’


La duplice categoria di soci che caratterizza la sas deve permanere per tutta la vita della società. Infat-
ti, tale società si scioglie, oltre per le cause previste per la snc, anche quando rimangono solo soci acco-
mandanti o solo soci accomandatari, sempreché nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio
che è venuto meno, art. 2323. Durante i sei mesi, l’attività continua normalmente se sono venuti meno i
soci accomandanti. Se invece, sono mancati i soci accomandatari, gli accomandanti devono nominare un
amministratore provvisorio, che può essere anche un socio accomandante, i cui poteri sono per legge li-
mitati al compimento degli atti di ordinaria amministrazione. L’amministratore provvisorio non assume la
qualità di accomandatario e non risponderà illimitatamente per le obbligazioni sociali salvo che non siano
atti di straordinaria amministrazione. Passati i sei mesi, senza che siano integrati i

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soci venuti meno e senza che si dia inizio al procedimento di liquidazione, la sas si trasforma in una socie-
tà collettiva irregolare , sempreché restino almeno due soci. Per il procedi-
mento di liquidazione e per l’estinzione della società valgono le stesse regole della snc.
Tuttavia, cancellata la società dal registro delle imprese, i creditori insoddisfatti potranno far valere i
loro crediti nei confronti dei soci accomandanti solo nei limiti della loro quota di liquidazione, dato che
essi non erano illimitatamente responsabili, art. 2324.

7. LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA IRREGOLARE


È irregolare la sas il cui atto costitutivo non è stato iscritto nel registro delle imprese. Come per la snc,
l’omessa registrazione non impedisce la nascita della società. Nell’accomandita irregolare i soci accoman-
danti rispondono limitatamente alla loro quota, salvo che abbiano partecipato alle operazioni sociali, art.
2317.2. Per quanto riguarda il divieto di immistione nella
accomandita irregolare ha carattere assoluto, infatti nemmeno una procura speciale per singoli affari
esonera l’accomandante da responsabilità illimitata verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali. Per il
resto vale la stessa disciplina della snc irregolare:

a) i creditori sociali possono agire direttamente nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e,
come per la ss, su di essi incombe l’onere di chiedere la preventiva escussione del patrimonio so-
ciale indicando i beni sui quali i creditori possono agevolmente soddisfarsi, art. 2268. Cioè viene
meno il beneficio di escussione, art. 2304;
b) i creditori particolari del socio possono chiedere in tempo la liquidazione della quota del loro debi-
tore, provando che gli altri beni di questi siano insufficienti a soddisfarli, art. 2270. Questa pos-
sibilità è preclusa quando la società è regolare, art. 2307;
c) ciascun socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale anche in giudizio, art. 2297,
2° comma.
!
CAPITOLO 4 - LA SOCIETA’ PER AZIONI
La società per azioni forma con la società in accomandita per azioni e con la società a responsabilità limi-
tata la categoria della società di capitali. Ed è una società di capitali nella quale:

A) per l'obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio ( art. 2325, 1 comma), auto-
nomia patrimoniale;
B) la partecipazione sociale è rappresentata da azioni ( art. 2346, 1 comma, nuovo testo).

Il primo dato differenzia la società per azioni dalla società in accomandita per azioni, nella quale vi è una
categoria di soci responsabili solidamente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, anche se le quote
di partecipazione sociale sono rappresentate da azioni.
Il secondo dato differenza la società per azioni dalla società a respon-
sabilità limitata, in cui le quote di partecipazione non sono rappresentate da azioni.
La società per azioni è la società più importante per la sua ampia diffusione, e perché è la forma prescel-
ta dalle imprese di media e grande dimensione a capitale sia privato sia pubblico.

I suoi caratteri essenziali sono:

➢ PERSONALITÀ GIURIDICA. La società per azioni, in quanto società dotata di personalità giuridica, è do-

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tata di piena e perfetta autonomia patrimoniale.


➢ RESPONSABILITÀ LIMITATA DEI SOCI. I soci e tutti i soci non assumono alcuna responsabilità persona-
le per le obbligazioni sociali; di queste risponde soltanto la società col suo patrimonio (art. 2325, 1
comma). I creditori della società per azioni possono quindi fare affidamento solo sul patrimonio socia-
le per soddisfarsi. Tuttavia il legislatore predispone alcune forme di tutela: un capitale sociale minimo
per la costituzione della società e una disciplina specifica per la riduzione del capitale sociale.
➢ ORGANIZZAZIONE CORPORATIVA. La responsabilità illimitata dei soci trova contrappeso nell'organizza-
zione di tipo corporativo della società per azioni: cioè in un’organizzazione basata sulla necessaria
presenza di tre distinti organi: assemblea, amministratori e collegio sindacale. Il singolo socio in quan-
to tale non ha alcun potere diretto di amministrazione e di controllo; ha solo il diritto di voto. Il fun-
zionamento dell'assemblea è poi dominato dal principio maggioritario e il peso di ogni socio in assem-
blea è proporzionato alla quota di capitale sottoscritto ed al numero di azioni possedute.
➢ QUOTE DI PARTECIPAZIONE RAPPRESENTATE DA AZIONI. Dato caratterizzante è che le quote di parte-
cipazione dei soci sono rappresentate da partecipazioni- tipo omogenee e standardizzate. Infatti, le
azioni sono partecipazioni sociali di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti, (art.
2348, 1° comma).
!
2.S OCIETA’ PER AZIONI E TIPOLOGIA DELLA REALTA’
La società per azioni è il tipo di società elettivo della grande
impresa, in quanto vi è una limitazione del rischio individuale dei soci e la possibilità di pronta mobilita-
zione dell’investimento.
Vi è la compartecipazione di un ristretto numero di soci, che assumono l'iniziativa economica e sono ani-
mati da spirito imprenditoriale (c.d. azionisti imprenditori), con una grande massa di piccoli azionisti ani-
mati dal solo intento di investire fruttuosamente il proprio risparmio (c.d. azionisti risparmiatori) e ras-
sicurati dalla possibilità di pronto disinvestimento. Tuttavia, nella realtà la spa è scelta anche da società
con pochi soci o di dimensioni modeste. L’utilizzo della spa per esigenze economiche diverse determina
un diverso atteggiarsi degli interessi in gioco e finisce col sollevare problemi di disciplina diversi.

Nella società a ristretta base azionaria e che non fanno appello al mercato per finanziarsi, i problemi ri-
guardano la tutela dei soci di minoranza e dei creditori, di fronte ad abusi dei soci che detengono la mag-
gioranza del capitale e degli amministratori.
L'omogeneità della compagine azionaria e la partecipazione attiva dei soci alle assemblee assicurano
l'effettiva operatività del principio cardine su cui si fonda il corretto funzionamento della società per
azioni: chi ha più conferito e più rischia ha più potere, ma proprio perché più rischia è pensabile che il po-
tere sia esercitato in modo oculato.

3.L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA


La disciplina della società per azioni ha subito dal 1942 numerosi interventi legislativi sotto la spinta di
una duplice esigenza:

a) quella di dare risposta ai problemi che il codice del 1942 non aveva saputo, voluto o potuto risolvere;

b) quella di dare attuazione alle numerose direttive emanate dalla comunità economiche europea per
l'armonizzazione della disciplina azionaria delle società di capitali.

Il movimento di riforma è iniziato nel 1974 e poi è proseguito fino a sfociare nel 1998 e successivamente

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nel 2003 nella riforma della disciplina delle società di capitali non quotate e nel 2005 nella legge sulla tu-
tela del risparmio.

Le novità sono:

A) è stato posto un freno al proliferare di minisocietà per azioni con capitale del tutto irrisorio. Fenome-
no questo determinato dal fatto che il codice del 1942 fissava in un milione di lire il capitale sociale mi-
nimo richiesto per la costituzione e l'inflazione monetaria aveva reso del tutto irrisoria tale somma. Il
capitale sociale minimo per la costruzione della società per azioni è stato portato a 200 milioni di lire nel
1977 ed elevato oggi a 120 mila euro. ( Diecimila euro per le srl).

B) si è preso atto che la disciplina dettata dal codice del 1942 è inidonea ad assicurare il corretto fun-
zionamento delle società per azioni che fanno appello sistematico al pubblico risparmio. E con una serie di
interventi legislativi si è dettata una specifica disciplina per le società con azioni quotate in borsa.

Un primo intervento si è avuto nel 1974: vi è stata la possibilità di emettere una particolare categoria di
azioni ( le azioni di risparmio) prive del diritto di voto e privilegiate sotto il profilo patrimoniale; certifi-
cazione dei bilanci da parte di un'autonoma società di revisione; e istituzione di un organo pubblico di
controllo diretto a garantire la completezza e la veridicità dell'informazione societaria, la Consob.

Un secondo intervento riformatore si è poi avuto nel 1998: l'obiettivo di incentivare l'afflusso del ri-
sparmio gestito verso le società quotate, nonché di valorizzare il ruolo attivo degli investitori istituziona-
li come correttivo del prepotere dei gruppi di comando minoritaria, costituisce il motivo ispiratore di
fondo della riforma culminata nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria
(Tuf) emanato con il d.lgs. 24-2-1998, n. 58, che ha mandato in pensione la previgente normativa in mate-
ria.

C) l'esigenza di modernizzare la disciplina delle società per azioni non quotate e delle altre società di ca-
pitali ha portato da ultimo ad una riforma organica del disciplina generale delle società di capitali (d.lgs.
17-1-2003, n.6).

Obiettivo di fondo della riforma è quello di semplificare la disciplina delle società di capitali e di ampliare
lo spazio riconosciuto l'autonomia statuaria al fine di favorire la crescita e la competitività delle imprese
italiane anche su mercati internazionali dei capitali.

4. Società per azioni e modelli societari


La disciplina delle società per azioni si compone di:

a)regole valide per tutte le spa

b)disposizioni riferite alle sole società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischi (società
chiuse)

c) norme applicabili alle sole le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, le quali per-
tanto si applicano sia alle società non quotate con azionariato diffuso, sia alle società quotate.

Tre modelli di spa: società chiuse, società che fa appello al mercato del capitale di rischio, società quota-

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ta

A. LA COSTITUZIONE

5.IL PROCEDIMENTO
La costituzione della società per azioni si articola attualmente in due fasi essenziali:

a) stipulazione dell'atto costitutivo per atto pubblico;

b) iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese. Solo con l'iscrizione nel registro delle im-
prese la società per azioni acquista la personalità giuridica ( art. 2331, 1 comma) e viene ad esistenza.
È stata soppressa la fase intermediaria dell’omologazione dell’atto costitutivo da parte dell’autorità giu-
diziaria, controlli oggi svolti dal notaio che redige l’atto costitutivo.

6.LA STIPULAZIONE DELL’ATTO COSTITUTIVO


La stipulazione dell'atto costitutivo può a sua volta avvenire secondo due diversi procedimenti:

A) stipulazione ( o costituzione) simultanea, dove l'atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro


che assumono l’iniziativa per la costituzione della società ( soci fondatori). E tali soci sottoscrivono inte-
gralmente il capitale sociale iniziale.

B) stipulazione ( o costituzione) per pubblica sottoscrizione (artt.2333-2336), dove si arriva alla stipu-
lazione dell'atto costitutivo al termine di una complesso procedimento che consente la raccolta fra il
pubblico del capitale iniziale sulla base di un programma predisposto da coloro che assumono l'iniziativa
( promotori).

La costituzione per pubblica costituzione si articola in quattro fasi:

1. i promotori predispongono un programma della costituenda società, il quale deve indicare l’oggetto
e il capitale, le principali disposizioni dell’atto costitutivo, l’eventuale partecipazione dei promotori
agli utili e il termine in cui l’atto costitutivo deve essere stipulato. Il programma, con le firme au-
tenticate dei promotori, deve essere depositato presso un notaio prima di essere reso pubblico;
2. si apre la fase delle adesioni al programma con le sottoscrizioni delle azioni, che deve risultare da
atto pubblico o da scrittura privata autenticata. Una volta sottoscritto integralmente il capitale
sociale, i promotori assegnano un termine ai sottoscrittori, non superiore ai 30 giorni, per il ver-
samento del 25% del capitale sottoscritto.
3. completato il versamento del 25 % del capitale sottoscritto, i promotori convocano l’assemblea
dei sottoscrittori che:
a. accerta l’esistenza delle condizioni richieste per la costituzione della società;
b. delibera sul contenuto dell’atto costitutivo e dello statuto, che non sia già stato fissato nel
programma;
c. delibera sulla riserva agli utili fatta a favore dei promotori, che non deve superare il 10% e
per un periodo non superiore ai 5 anni;
d. nomina i primi amministratori e i primi sindaci.
L’assemblea è validamente costituita con la presenza di metà dei sottoscrittori e ciascun sottoscrittore
ha diritto ad un solo voto quale che sia l’ammontare del capitale sottoscritto. Le delibere sono valide se
votate dalla maggioranza dei presenti e per modificare le condizioni stabilite dal programma, è necessa-
rio il consenso di tutti i sottoscrittori.

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4. infine, si arriva alla stipulazione dell’atto costitutivo, a cui provvedono i partecipanti all’assemblea,
anche in rappresentanza degli assenti.

I promotori sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte per la costituzione
della società. Obbligazioni che essi potranno riversare sulla società solo se sono state necessarie per la
costituzione o siano state approvate dall’assemblea. Sui promotori incombe il rischi dell’insuccesso dell’o-
perazione. Sia i promotori sia coloro per conto dei quali essi hanno eventualmen-
te agito, sono responsabili verso la società e verso i terzi: 1) per l’integrale sottoscrizione del capitale
sociale e per i versamenti richiesti per la costituzione della società; 2) per l’esistenza dei conferimenti in
natura; 3) per la veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico per la costituzione della società.
Infine è consentito ai promotori
di riservarsi una partecipazione agli utili della società, indipendentemente dalla loro qualità di soci.

7. L’ATTO COSTITUTIVO. FORMA E CONTENUTO


La società per azioni può essere costituita per contratto o per atto unilaterale ( art. 2328), nel caso in
cui si abbia un solo socio fondatore. L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico a pena di
nullità della società.

L'atto costitutivo deve indicare (art. 2328):

a) le generalità dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a ciascuno di
essi; b) la denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi
secondarie. La sede sociale è luogo dove risiedono l'organo amministrativo degli uffici direttivi della so-
cietà; c) l'oggetto sociale, vale a dire il tipo di attività
economica che la società si propone di svolgere. d) l'ammontare del capitale
sottoscritto e versato; e) il numero e l'eve-
ntuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di emissione e circolazione;
f)
il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura, sempre che vi siano conferimenti di tale tipo;
g) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti;
h) i benefici eventualmente accordati ai promotori o soci fondatori. Per i pro-
motori l'unico beneficio può essere costituito da una partecipazione agli utili che non può superare com-
plessivamente il 10% degli utili netti risultanti dal bilancio e non può avere una durata superiore a cinque
anni (art. 2340). I soci fondatori possono invece riservarsi anche altri benefici (art. 2341);
i) il sistema di amministrazione adottato,
il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della socie-
tà; l) il numero dei componenti del col-
legio sindacale; m) la
nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto che dovrà esercitare il con-
trollo contabile;
n) l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società.
Ad esempio: spese notarili;
o) la durata della società. Si può stabilire che la società sia a tempo indeterminato; in tal caso, se le
azioni non sono quotate, i soci possono recedere decorso un periodo di tempo, massimo un anno, e con un

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preavviso di 180 giorni.


L'omissione di una o più di tali indicazioni legittima il rifiuto del notaio
di stipulare l'atto costitutivo.

Di solito si procede alla redazione di due documenti: l’atto costitutivo e lo statuto. L’atto costitutivo
contiene la manifestazione di volontà di costituire la società ed i dati fondamentali della struttura orga-
nizzativa. Lo statuto, contiene le norme legali e convenzionali di funzionamento della società.
Anche se forma oggetto di atto separato, lo statuto si considera parte integrante dell'atto costitutivo
(art. 2328, 3 comma). Ne consegue che anche lo statuto deve essere redatto per atto pubblico a pena di
nullità.

I dati richiesti dall’art. 2328, possono essere indicati indistintamente nell’uno o nell’altro.

8.LE CONDIZIONI PER LA COSTITUZIONE


A partire dal primo gennaio 2004 la società per azioni deve costituirsi con capitale non inferiore a 120
mila euro ( art. 2327 ), salvo i casi in cui leggi speciali impongono un capitale minimo più elevato. Ad esem-
pio: società bancarie e finanziarie.
Per procedere alla costituzione della società per azioni è poi ne-
cessario ( art. 2329 ):

1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;

2) che siano rispettate le disposizioni relative ai conferimenti; ed in particolare che sia versato presso la
banca il 25% dei conferimenti in denaro o, nel caso di costituzione per atto unilaterale, il loro intero am-
montare;

3) che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste delle leggi speciali per la costituzione
della società.

I conferimenti in denaro devono essere versati prima della stipula dell'atto costitutivo. Tutte le condi-
zioni per la costituzione devono preesistere alla redazione dell’atto costitutivo da parte del notaio. Fanno
eccezione alcune autorizzazioni che per legge devono essere rilasciate successivamente alla stipula del-
l’atto costitutivo.

9. GLI EFFETTI DELLA STIPULAZIONE DELL’ATTO COSTITUTIVO


La stipulazione dell’atto costitutivo non è di per sé sufficiente
per la costituzione della società per azioni. Produce tuttavia una serie di effetti immediati e preliminari.
I contraenti restano vincolati dalla dichiarazione di costituire la società e non possono ritirare il loro
consenso, se validamente espresso, fin quando non risulti che alla costituzione della società non si può
addivenire per fatti estranei alla loro volontà. I sottoscrit-
tori hanno diritto di rientrare in possesso delle somme versate se la società non è iscritta nel registro
delle imprese, entro 90 giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo o dal successivo rilascio delle pre-
scritte autorizzazioni. Decorso tale termine l’atto costitutivo perde la sua efficacia.
Con la stipulazione dell’atto sorge l’obbligo per il notaio che l’ha ricevuto di depo-
sitarlo presso l’ufficio del registro delle imprese.

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10. L'ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE


Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo, entro 20 giorni,
presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società, alle-
gando all'atto costitutivo i documenti che comprovano l'osservanza delle condizioni richieste per la co-
stituzione. Se non provvede, l'obbligo incombe sugli amministratori nominati nell'atto costitutivo. Nell'i-
nerzia di entrambi, punita con sanzione amministrativa pecuniaria ( art. 2330, nuovo testo), ogni socio può
provvedervi a spese della società ( art. 2330 ). In passato, la seconda fase del procedimento di costitu-
zione è : il giudizio di omologazione da parte del tribunale competente, che doveva verificare l'adempi-
mento delle condizioni stabilite dalla legge per la costituzione della società. In
base l'attuale disciplina spetta al notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo di verificare l'adempimento
delle condizioni stabilite dalla legge per la costituzione ( art. 2436, 1 comma).Il notaio dovrà svolgere un
controllo di legalità, volto ad accertare la conformità alla legge della costituenda società. Potrà e dovrà
rifiutare di chiedere l'iscrizione nel registro delle imprese se l'atto costitutivo e lo statuto contengono
clausole contrastanti con l'ordine pubblico o col buon costume. Se tale controllo ha invece esito positivo,
il notaio riceve l'atto costitutivo e richiede l'iscrizione della società nel registro delle imprese. L'ufficio
del registro delle imprese prima di procedere l'iscrizione può e deve verificare solo la regolarità formale
della documentazione ricevuta ( art. 2330, 3° comma). Con l'iscrizione nel registro delle imprese la so-
cietà acquista la personalità giuridica e viene ad esistenza ( art. 2331, 1 comma).L'accollo da parte della
società non fa venir meno la responsabilità verso i terzi dei soggetti agenti (art. 2331, 3 comma).

11. LE OPERAZIONI COMPIUTE PRIMA DELL’ISCRIZIONE


Può verificarsi che tra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’isc-
rizione nel registro delle imprese vengano compiute operazioni in nome della costituenda società, perché
necessarie per lo stesso procedimento di costituzione.

La riforma del 2003 ha stabilito che per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione
sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito, art. 2331. Sono
altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore, e in caso di pluralità di soci
fondatori, coloro che hanno autorizzato o consentito il compimento dell’operazione. Prima dell'iscrizione
nel registro delle imprese è vietata l'emissione delle azioni ed essi non possono formare oggetto di solle-
citazione all'investimento. La società resta automaticamente vincolata solo se le
operazioni compiute in suo nome erano necessarie per la costituzione, e purché l’atto costitutivo abbia
previsto che tale spese siano a carico della società. La società è libera di accollarsi o
meno spese non necessarie per la costituzione. Ma è necessario che la società, dopo l’iscrizione, approvi
l’operazione . Nel caso in cui la costituzione della società non vada a buon fine, l’art. 2338, stabilisce che i
promotori non hanno alcuna rivalsa verso i sottoscrittori delle azioni per le spese sostenute per la costi-
tuzione.

12.LA NULLITA’ DELLA SOCIETA’ PER AZIONI


Il procedimento di costituzione della società per azioni ed in particolare l'atto costitutivo possono pre-
sentare vizi e anomalie. Prima della registrazione vi è solo contratto di società; un atto di autonomia pri-
vata che per il momento è destinato a produrre effetti solo fra le parti contraenti. Tale contratto può
essere dichiarato nullo o annullato nei casi e con gli effetti previsti dalla disciplina generale dei contratti

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(art. 1418 ss. c.c.). La situa-


zione muta invece radicalmente dopo l'iscrizione della società nel registro delle imprese. Se prima esi-
steva solo contratto invalido o procedimento viziato, dopo esiste invece una società, sia pure invalidamen-
te riconosciuta.

Cause di nullità: intervenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la società per azioni può essere di-
chiarata nulla solo in tre casi tassativamente elencati:

1) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico;

2) illiceità dell'oggetto sociale, in base all’attività specificata nell’atto costitutivo e non sull’attività
realmente svolta dalla società;

3) mancanza dell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i con-
ferimenti, l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.

Non costituiscono più cause di nullità della società: la mancanza dell'atto costitutivo; l'incapacità di tutti
i soggetti fondatori; la mancanza della pluralità dei fondatori; il mancato versamento iniziale dei confe-
rimenti in danaro. La dichiarazione di nullità di un contratto ha effetto retroattivo e travolge
in linea di principio tutti gli effetti prodotti. Invece, la dichiarazione di nullità della società per azioni
"non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle
imprese" ( art. 2332, 2 comma). La dichiarazione di nullità non tocca minimamente l'attività svolta. Opera
solo per il futuro ed opera come semplice causa di scioglimento della società, che si differenzia dalle
caso di scioglimento della società valida solo perché i liquidatori sono nominati direttamente dal tribunale
con la sentenza che dichiara la nullità ( art. 2332, 4 comma) ed il cui dispositivo deve essere iscritto nel
registro delle imprese. Per il resto trova applicazione il normale procedimento di liquidazione della socie-
tà per azioni. Mentre la nullità di un contratto è insanabile (art. 1423), la nullità della società iscritta
"non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data
pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese" (art. 2332, 5 comma), prima che sia intervenuta la
sentenza dichiarativa della nullità. Quindi, la nullità della società è sanabile con una semplice modifica
dell’atto costitutivo deliberata a maggioranza dall’assemblea straordinaria per sanare l’illiceità dell’og-
getto sociale. L'azione di nullità è imprescrittibile ( art. 1422). La nullità può essere fatta valere da
chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice (art. 1421).

B. SOCIETA’ PER AZIONI UNIPERSONALE. PATRIMONI DESTINATI.

13.LA SOCIETA’ PER AZIONI UNIPERSONALE

Il codice del 1942 vietava la costituzione di una società per azioni da parte di una singola persona e san-
civa la nullità della società in mancanza di pluralità di soci fondatori. Stabiliva inoltre la responsabilità
illimitata del socio nelle cui mani si concentravano tutte le azioni nel corso della vita della società, in caso
di insolvenza di quest'ultima ( art. 2362 ). Identici principi erano dettati anche per le società a respon-
sabilità limitata (s.r.l.). La riforma del 2003 ha provveduto a
ridefinire anche la disciplina della s r l unipersonale. Infatti, in base all'attuale disciplina:

a) è consentita la costituzione della società per azioni con atto unilaterale di un unico socio fondatore

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( art. 2328, 1 comma);

b) anche nella società per azioni unipersonale per l'obbligazioni sociali di regola risponde solo la società
col proprio patrimonio, salvo altri casi eccezionali.

L'unico socio fondatore risponde in solido con coloro che hanno agito, per le operazioni compiute in nome
della società prima dell'iscrizione nel registro delle imprese ( art. 2331, 2 comma).
Sia in sede di costituzione della società, sia in sede di aumento del capitale sociale, l'unico socio è tenuto
infatti a versare integralmente, al momento della sottoscrizione, i conferimenti in danaro. Se viene
meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro 90 giorni ( art.
2342, 2 e 4 comma). Per consentire ai terzi di conoscere agevolmente se la
società è unipersonale, negli atti e nella corrispondenza della società deve essere indicato se questa ha
unico socio. Per consentire l'agevole identificazione dell'unico socio, i dati anagrafici dello stesso, devono
essere iscritti nel registro delle imprese a cura degli amministratori ( art. 2362 ). L’omissione di tale
pubblicità impedisce che operi per l’unico socio il beneficio della responsabilità limitata.
Una particolare disciplina è stata introdotta per assicurare maggiore trasparenza ai rapporti che inter-
corrono fra società ed unico socio. Si stabilisce infatti che i contratti fra società ed unico socio e opera-
zioni a favore dello stesso sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle adu-
nanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore
al pignoramento (art. 2362, 5 comma). Per quanto riguarda il regime di responsabilità per le obbligazioni
sociali, oggi per la società per azioni unipersonale vale la regola opposta rispetto a quella dettata dal co-
dice del 1942: l'unico socio non incorre in responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. Sono
tuttavia previste due eccezioni ( art. 2325, 2 comma ) che comportano, in caso di insolvenza della socie-
tà, la responsabilità illimitata dell'unico socio per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui tutte le
azioni sono allo stesso appartenute:

A) l'unico socio risponde illimitatamente quando non sia osservata la disciplina dell'integrale liberazione
dei conferimenti;

B) l'unico socio risponde inoltre fino a quando non sia stata attuata la specifica pubblicità dettata per la
Spa unipersonale dall'art. 2362.

In entrambi i casi la responsabilità illimitata dell’unico azionista ha carattere sussidiario, in quanto può
essere fatta valere dai creditori solo in caso di insolvenza della società.
La responsabilità illimitata viene meno per le obbligazioni sociali sorte dopo che i conferimenti sono stati
eseguiti o dopo che la pubblicità è stata effettuata. Con la riforma del 2003 sono stati soppressi gli altri
due casi di perdita del beneficio della responsabilità limitata previsti dalla disciplina del 1993: unico socio
che sia una persona giuridica ed unico socio che sia socio unico di altra società di capitali.

14. I PATRIMONI DESTINATI


La creazione di società unipersonali consente di limitare il rischio di impresa attraverso la moltiplicazione
formale dei soggetti cui i relativi diritti e le relative obbligazioni sono imputabili. La riforma del 2003
offre alle società per azioni una nuova tecnica per limitare il rischio di impresa: quella dei patrimoni de-
stinati ad uno specifico affare ( art. 2447 -bis-2447-decies).

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Una tecnica che consente di evitare la moltiplicazione formale delle società e relativi costi; e permette
di raggiungere risultati sostanzialmente identici operando direttamente sul patrimonio dell'impresa so-
cietaria.

L'attuale disciplina offre due modelli di patrimoni destinati:

a) la società per azioni può costituire uno più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno
specifico affare, sia pure entro i limiti del 10% del proprio patrimonio netto e purché non si tratti di af-
fari attinenti ad attività riservate in base leggi speciali, detti patrimoni destinati operativi;

b) la società può inoltre stipulare con terzi un contratto di finanziamento di uno specifico affare, pat-
tuendo che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati i provenienti dell'affare stes-
so o parte di essi, finanziamento destinato.

15. PATRIMONI DESTINATI OPERATIVI


La costituzione di un patrimonio destinato avviene con apposita deliberazione adottata dal consiglio di
amministrazione della società maggioranza assoluta dei componenti. La delibera costitutiva deve conte-
nere una serie di dati volti a consentire l'identificazione dell'affare, dei beni ed i rapporti giuridici com-
presi nel patrimonio destinato. La deliberazione deve essere verbalizzata da un notaio ed è soggetta ad
iscrizione nel registro delle imprese ( art. 2447 -quater). Diventa però produttiva di effetti solo dopo
che siano decorsi due mesi dall'iscrizione. Decorso tale termine si producono gli effetti della separazione
patrimoniale ( art. 2447-quinquies). Perché la separazione patrimoniale operi è necessario
che gli atti compiuti in relazione allo specifico affare rechino espressa menzione del vincolo di destina-
zione. In mancanza ne risponde la società con il suo patrimonio generale. Il vincolo di destinazione ri-
guardante beni immobili o mobili registrati deve essere trascritto nei rispettivi registri. Per i patrimoni
destinati devono essere tenuti libri e scritture contabili separati e, nel bilancio della società dovranno
essere distintamente indicati beni e rapporti di ciascun patrimonio.
Realizzato l’affare gli amministratori redigono un rendiconto finale che deve essere depositato presso
ufficio del registro delle imprese. Se permangono creditori insoddisfatti questi possono chiedere la li-
quidazione del patrimonio destinato. Se, invece, non vi sono creditori che chiedono la liquidazione, cessa il
vincolo di destinazione e i beni e i rapporti del patrimonio destinato confluiscono in quello generale.

16. I FINANZIAMENTI DESTINATI


Il contratto di finanziamento di uno specifico affare deve indicare gli elementi essen-
ziali dell'operazione, che consentono di individuarne lo specifico oggetto, le modalità ed i tempi di realiz-
zazione, nonché i costi e i ricavi previsti. Inoltre, deve specificare i beni strumentali necessari per la
realizzazione e il relativo piano finanziario indicando la parte coperta dal finanziamento e quella a carico
della società. Dovrà indicare anche le eventuali garanzie che quest'ultima offre per il rimborso, però solo
di una parte, del finanziamento. È necessario tuttavia che copia del contratto sia stata iscritta nel regi-
stro delle imprese.Il finanziamento viene rimborsato dai proventi generati dall’affare nel tempo massimo
indicato dal contratto. Decorso tale periodo, nulla più è dovuto al finanziatore. Il patrimonio separato è
formato dai proventi dell’affare, dai relativi frutti e dagli investimenti. Adempiuti i requisiti pubblicitari
e contabili, i creditori della società non possono più esercitare azioni sui beni oggetto di separazione pa-
trimoniale. Quindi, possono solo esercitare sugli stessi azioni conservative sino al rimborso del finanzia-

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mento o alla scadenza del termine massimo fissato in contratto.

C. I CONFERIMENTI

17. CONFERIMENTI E CAPITALE SOCIALE

I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della socie-
tà; la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo
svolgimento dell'attività di impresa (c.d. funzione produttiva dei conferimenti). Il valore in danaro
del complesso dei conferimenti promossi dai soci costituisce il capitale sociale nominale da società.

La disciplina è ispirata da una duplice finalità:

a) quella di garantire che i conferimenti promossi dei soci vengano effettivamente acquisiti dalla società;

b) quella ulteriore di garantire che il valore assegnato dei soci conferimenti sia veritiero.

Ne consegue che ai soci debba essere assegnato un numero di azioni proporzionale alla quota del capitale
sottoscritto e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Ciò che è necessario e suffi-
ciente è che il valore globale delle azioni non sia inferiore al capitale sottoscritto, ma non è necessario
che la ripartizione delle azioni tra i soci sia proporzionale al conferimento di ciascuno.

18.I CONFERIMENTI IN DANARO


Nella società per azioni i conferimenti devono essere effettuati in danaro se nell'atto costitutivo non è
stabilito diversamente ( art. 2342, 1 comma). E' disposto l'obbligo di versamento immediato presso una
banca di almeno il 25% dei conferimenti in denaro o dell'intero ammontare se si tratta di società uniper-
sonale ( art. 2342, 2 comma). Costituita la società, gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni mo-
mento ai soci i versamenti ancora dovuti. Né sono tenuti a rispettare eventuali termini stabiliti nell'atto
costitutivo. Le azioni non interamente liberate sono trasferibili, ma devono essere necessariamente no-
minative e dal titolo deve risultare i versamenti ancora dovuti. In caso di trasferimento delle azioni
l’obbligo di versamento dei conferimenti residui grava sia sul socio attuale che sul socio alienante. La re-
sponsabilità dell'alienante è però limitata nel tempo ed ha carattere sussidiario. Permane infatti solo per
il periodo di tre anni dall'iscrizione del trasferimento del libro dei soci.Il socio in mora nei versamenti
non può esercitare il diritto di voto. La società può avvalersi di una procedura di vendita coattiva delle
azioni del socio moroso, previa pubblicazione di una diffida sulla Gazzetta Ufficiale. Se la vendita coatti-
va non ha esito, gli amministratori possono escludere il socio della società, trattenendo i conferimenti già
versati e salvo il risarcimento dei maggiori danni. Le azioni del socio escluso entrano a far parte del pa-
trimonio della società e questa può ancora tentare di rimetterle in circolazione entro l'esercizio. se an-
che questa possibilità è vana, la società deve annullare le azioni rimaste invendute e ridurre il capitale
sociale.

19.I CONFERIMENTI DIVERSI DAL DANARO


Non ogni entità economica diversa dal denaro può essere conferita in società per azioni o può formare
oggetto di conferimento imputabile al capitale sociale. È espressamente stabilito "che non possono for-
mare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi" ( art. 2342, 5 comma), in quanto è dif-
ficile dare una valutazione oggettiva ed attendibile di tali prestazioni. Perciò, le prestazioni d’opera pos-

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sono formare oggetto solo di prestazioni accessorie distinte dai conferimenti. Limitazioni sono poi state
introdotte anche per quanto riguarda i conferimenti dei beni in natura e dei crediti, ai quali si applicano
comunque principi già esposti per le società di persone quanto alla garanzia cui è tenuto il socio conferen-
te ed al passaggio dei rischi. Il terzo comma dell'attuale art. 2342 dispone che " le azioni corrispondenti
a tali conferimenti devono essere interamente liberate al momento della sottoscrizione ". Il socio deve
porre in essere tutti gli atti necessari affinché la società acquisti la titolarità e la piena disponibilità del
bene conferito, una volta che sia venuta ad esistenza con il completamento del procedimento di costitu-
zione. È invece da ritenersi ammissibile il conferimento di diritti di godimento, dato che la società acqui-
sta col consenso del conferente l'effettiva disponibilità del bene ed è in grado di trarne tutte le utilità.
Funzione primaria dei conferimenti è quella di dotare la società dei mezzi utili per lo svolgimento dell'at-
tività produttiva, non invece anche quella di formare un patrimonio aggredibile dai creditori (c.d. funzione
di garanzia).

20. LA VALUTAZIONE
I conferimenti diversi dal denaro devono formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione
regolato dall'art. 2343 ( parzialmente modificato della riforma del 2003), per garantire una valutazione
oggettiva e veritiera di tali conferimenti e per evitare che agli stessi venga attribuito un valore nominale
superiore a quella reale.

Il procedimento di valutazione si articola in più fasi.

Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare una relazione giurata di stima di un esperto de-
signato dal tribunale. La stima deve contenere una serie di indicazioni e in particolare deve attestare che
" il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e
dell'eventuale sovrapprezzo". La relazione deve essere legata all'atto costitutivo e depositata presso
l'ufficio del registro delle imprese. Il valore assegnato in base alla relazione di stima ha carattere prov-
visorio. Entro sei mesi dalla costruzione della società, gli amministratori devono controllare le valutazioni
contenute nella relazione di stima e devono, eventualmente, procedere alla revisione della stima. Nel
frattempo le azioni corrispondenti sono inalienabili. Se dalla revisione risulta che il valore dei beni o dei
crediti conferiti è inferiore di oltre un quinto rispetto a quello per cui avvenne il conferimento, la società
deve ridurre proporzionalmente il capitale sociale e annullare le azioni scoperte. Il socio, per non vedere
ridurre la propria partecipazione, potrà versare la differenza in danaro oppure potrà recedere dalla so-
cietà. In caso di recesso, il socio avrà diritto alla restituzione del bene in natura, qualora sia possibile. I
risultati della revisione devono essere comunicati al socio .

21. GLI ACQUISTI POTENZIALMENTE PERICOLOSI


L'obbligo di assoggettare a stima i conferimenti in natura poteva essere in passato eluso attraverso un
semplice espediente. Chi intendeva conferire un bene in natura figura nell'atto costitutivo con un socio
che si era obbligato a conferire denaro; appena costituita la società vendeva alla stessa il bene, per un
importo corrispondente alla somma dovuta a titolo di conferimento, con la conseguenza che il suo debito
di apporto si estingueva per compensazione. Questo pericolo è però oggi neutralizzato dall'art. 2343 -
bis. In base a tale disposizione, l'acquisto da parte della società di beni o crediti dai promotori, dai fon-
datori, dei soci attuali o dagli amministratori necessitano della preventiva autorizzazione dell'assemblea
ordinaria e l'alienante deve presentare una relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribu-

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nale quando:

a) il corrispettivo pattuito è pari o superiore al decimo del capitale sociale;

b) l'acquisto è compiuto nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese.

Sono tuttavia esenti da tale disciplina " gli acquisti che siano effettuati in condizioni normali nell'ambito
delle operazioni correnti della società".

22.LE PRESTAZIONI ACCESSORIE


Oltre all'obbligo di conferimenti, l'atto costitutivo può prevedere l'obbligo dei soci di eseguire
prestazioni accessorie non consistenti in denaro, determinandone anche contenuto, durata, modalità e
compenso ( art. 2345 ). Le prestazioni accessorie costituiscono un utile strumento per vincolare stabil-
mente soci ad effettuare a favore della società prestazioni che non possono formare oggetto di conferi-
mento. Le azioni con prestazioni accessorie devono essere nominate e non sono trasferibili senza il con-
senso degli amministratori, dato che il trasferimento delle azioni comporta anche il trasferimento in te-
sta all'acquirente dell'obbligo di esecuzione delle prestazioni accessorie. Salvo diversa clausola statua-
rie, tali obblighi possono essere modificati con il consenso di tutti soci.

CAPITOLO 5 - LE AZIONI
Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella società per azioni. Sono quote di partecipazione
omogenee e standardizzate, liberamente trasferibili e di regola rappresentate da documenti (titoli azio-
nari) che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito. Nella società per azioni il capitale sociale
sottoscritto è diviso in un numero predeterminato di parti di identico ammontare, ciascuna delle quali co-
stituisce un’azione ed attribuisce identici diritti nella società e verso la società. La singola azione rappre-
senta l'unità minima di partecipazione al capitale sociale e l'unità di misura dei diritti sociali. È perciò
indivisibile. Se più soggetti diventano titolari di un’unica azione devono nominare un rappresentante co-
mune per l'esercizio dei diritti verso la società ( art. 2347 ). Uguaglianza di valore e di diritti, indivisibi-
lità, autonomia e circolazione in forma cartolare sono i caratteri tipizzati le azioni.

A. AZIONI E CAPITALE SOCIALE

2. IL VALORE DELLE AZIONI


Le azioni devono essere tutte di eguale valore ( art. 2348, 1 comma); devono cioè tutte rappresentare
una identica frazione del capitale sociale nominale. E si definisce valore nominale delle azioni la parte del
capitale sociale da ciascuna rappresentata espressa in cifra monetaria. Non è consentito emettere con-
temporaneamente azioni con e senza valore nominale ( art. 2346, 2 comma). Nelle azioni senza valore
nominale lo statuto deve indicare non solo il capitale sottoscritto ma anche il valore nominale di ogni
azione e il numero complessivo delle azioni emesse, fermo restando che anche azioni senza valore nomina-
le sono frazioni uguali del capitale sociale. In tal caso la partecipazione al capitale del singolo azionista
sarà espressa in una percentuale del numero complessivo delle azioni emesse. Per tutte le azioni ( con e
senza valore nominale) vale la regola che in nessun caso il valore complessivo dei conferimenti può essere

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inferiore all'ammontare globale del capitale sociale ( art. 2346, 5 comma). Le azioni possono essere
emesse per somma superiore al valore nominale (emissione con sovrapprezzo). L'emissione con sovrap-
prezzo è obbligatoria quando venga escluso o limitato il diritto di opzione degli azionisti sulle azioni di
nuova emissione ( art. 2441, 6 comma) e il valore reale delle azioni sia superiore a quello nominale. Il
valore di emissione delle azioni va infatti tenuto distinto dal valore reale delle stesse, che si ottiene di-
videndo il patrimonio netto della società per il numero di azioni. (c.d. valore di bilancio).
Diverso ancora è il valore di mercato delle azioni, che risulta giornalmente dei listini ufficiali quando le
azioni sono ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato ( borsa valori). Esso indica il prezzo di
scambio delle azioni in quel determinato giorno. L'andamento delle quotazioni di borsa esprime il valore
effettivo delle azioni meglio del valore di bilancio.

3. L’INDIVISIBILITA’ DELLE AZIONI


L’azione è l’unità minima di partecipazione e ad essa corrisponde un complesso
unitario e non frazionabile di diritti e poteri sociali. Le azioni sono perciò indivisibili (art. 2347).
Se più soggetti diventano
titolari di un’unica azione si instaura fra gli stessi una situazione di comproprietà indivisa. L’art. 2347
stabilisce che i diritti dei comproprietari verso la società devono essere esercitati da un rappresentante
comune nominato in base agli artt. 1105 e 1106. Se il rappresentante non è stato nominato, le comunica-
zioni e le dichiarazioni fatte dalla società a uno dei comproprietari sono efficaci nei confronti di tutti.
L’esercizio dei diritti sociali è precluso ove non si provveda alla nomina del rappresentante. In ogni caso, i
comproprietari rispondono solidalmente verso la società delle obbligazioni da essa derivanti e quindi per
il versamento dei conferimenti ancora dovuti.

4. FRAZIONAMENTO E RAGGRUPPAMENTO DI AZIONI


Nelle azioni con indicazione del valore nominale l’indivisibilità delle azioni non impedisce che la società,
con delibera di modifica dell’atto costitutivo, possa frazionare le azioni, riducendone il valore nominale
(ad esempio si può deliberare di sostituire ogni azione da dieci euro con dieci azioni da un euro).
È possibile anche l’operazione inversa, ossia il raggruppamento delle azioni attraverso l’aumento del
loro valore nominale. Il raggruppamento con resti è legittimo quando è conseguenza di altra operazione
necessaria (ad esempio riduzione del capitale sociale per perdite con discesa del valore nominale a cifra
frazionaria) o che sarebbe impedita o gravemente ostacolata qualora non si desse luogo alla formazione
di resti (es. fusione). Invalidità della delibera si avrà pertanto solo quando il raggruppamento risulta pre-
disposto al solo fine di pregiudicare i singoli azionisti. Non si pongono questi problemi se la società ha
emesso azioni senza indicazione del valore nominale.

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B. LA PARTECIPAZIONE AZIONARIA

5.L’UGUAGLIANZA DEI DIRITTI

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Ogni azione costituisce una partecipazione sociale ed attribuisce al suo titolare un complesso unitario di
diritti e poteri di natura amministrativa (esempio diritto di voto ed intervento nelle assemblee), di natu-
ra patrimoniale (diritto agli utili), ed anche a contenuto complesso amministrativo e patrimoniale (diritto
d’opzione,recesso).

Due peculiari caratteristiche del rapporto di partecipazione sono: eguaglianza dei diritti e autonomia
delle azioni.

Le azioni, infatti, " conferiscono ai loro possessori uguali diritti" ( art. 2348.1). Si tratta di uguaglianza
relativa e non assoluta e inoltre di eguaglianza oggettiva e non soggettiva. L' uguaglianza è relativa in
quanto è possibile creare " categorie di azioni fornite di diritti diversi" ( art. 2348.2), ma l’uguaglianza
deve essere rispettata nell’ambito della stessa categoria. L' uguaglianza è poi oggettiva e non soggettiva.
Uguali sono i diritti che ogni azione attribuisce, non i diritti di cui ciascun azionista globalmente dispone,
dovendosi al riguardo tener conto anche del numero delle azioni di cui ciascuno è titolare.
Dalla posizione soggettiva del-
l’azione, i diritti sociali possono essere distinti in tre categorie diverse:

1. diritti indipendenti dal numero di azioni possedute (es. diritto di denuncia al collegio sindacale);
2. diritti che competono solo se si possiede una determinata percentuale di capitale sociale (diritto
a chiedere l’assemblea; il diritto di ottenere che il collegio sindacali indaghi sui fatti denunciati);
3. diritti che spettano ad ogni azionista in proporzione del numero delle azioni possedute (diritto di
voto; diritto agli utili ed alla quota di liquidazione).
Ed è proprio con riferimento a questi diritti che si coglie la situazione di disuguaglianza soggettiva degli
azionisti. Disuguaglianze soggettive perfettamente legittime e giuste, perché su di esse si fonda l'ordi-
nato funzionamento di un organismo economico a base capitalistica. In esse si esprime infatti l'essenza
del principio cardine delle società di capitali: chi ha una maggiore partecipazione al capitale e più rischia,
ha più potere e può imporre, nel rispetto della legalità, la propria volontà alla minoranza.
Quando entrano in gioco interessi pubblici di
particolare rilevanza, il legislatore introduce (o consente l’introduzione statutaria di) deroghe al principio
capitalistico, con il riconoscimento allo Stato o ad enti pubblici di poteri societari svincolanti dall’ammon-
tare della partecipazione azionaria o addirittura dalla qualità stessa di azionista.

6. UNITA’ ED AUTONOMIA DELLE PARTECIPAZIONI AZIONARIE


L’azionista può sottoscrivere od acquistare più azioni ed in tal caso diventa titolare di una pluralità di
partecipazioni azionarie. E’ questo il principio dell’autonomia delle azioni. L’azionista può,così, disporre in
modo autonomo e separato delle azioni possedute (anche all’interno della società). L’azionista potrà
esercitare il voto per alcune azioni e non per altre,oppure potrà votare con alcune personalmente e con
altre tramite rappresentanti. Voto divergente: voto espresso con alcune azioni a
favore ed altre contro la stessa delibera.

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Un esercizio necessariamente unitario è invece inevitabile per quei diritti che spettano all’azionista in
quanto tale, indipendentemente dal numero di azioni possedute. E’ da escludersi che il socio possa inter-
venire in assemblea solo per una parte delle azioni da lui posseduto.

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7.LE CATEGORIE SPECIALI DI AZIONI
Sono categorie speciali di azioni quelle fornite di diritti diversi da quelli tipici
previsti dalla disciplina legale. Le azioni speciali si contrappongono perciò alle
azioni ordinarie. Esse possono essere create con lo statuto o con la successiva modificazione dello stesso.
Se esistono diverse categorie di azioni, le deliberazioni dell'assemblea che pregiudicano i diritti di una di
esse devono essere approvate anche dall'assemblea speciale della categoria interessata. Alle assemblee
speciali si applica la disciplina delle assemblee straordinarie (art. 2376 ). Se, invece, le azioni speciali
sono quotate si applica la disciplina dell’organizzazione degli azionisti di risparmio.
La previsione normativa tutela gli azionisti di categoria come gruppo e non individualmente. I diritti spe-
ciali di categoria si atteggiano come diritti di gruppo e non come diritti individuali. La valutazione dell'in-
teresse di tutti gli azionisti è quella degli interessi di categoria prevalgono perciò sulla volontà individua-
le e rendono legittimo, nell'interesse comune, il sacrificio dei diritti speciali originariamente attribuiti ad
una determinata categoria di soci. La delibera dell’assemblea di categoria è poi necessaria solo se ven-
gono pregiudicati i diritti di una determinata categoria di azioni, non quanto con delibera assembleare
vengono pregiudicati i diritti di tutti gli azionisti.

8.IL CONTENUTO DELLA PARTECIPAZIONE AZIONARIA


Alcune categorie di azioni speciali sono espressamente previste e regolate
dal legislatore. La società gode tuttavia di ampia autonomia nel modellare il contenuto della partecipazio-
ne azionaria, anche se con alcuni limiti. Fra i li-
miti espressi permane, dopo la riforma del 2003, il divieto di emettere azioni a voto plurimo ( art.
2351.4) azioni cioè che attribuiscono ciascuna più di un voto. Con la riforma del 2003 tutte le società
possono emettere azioni senza diritto di voto, in passato consentite solo per le società quotate ( azioni di
risparmio) a partire dal 1974. Nel contempo sono scomparse le azioni privilegiate a voto limitato e si con-
sente a tutte le società:

a) la creazione di azioni " con diritto di voto limitato a particolari argomenti" (approvazione del bilancio);

b) di azioni " con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente pote-
stative ” (azioni senza voto).

L'azione senza voto, a voto limitato e a voto condizionato non possono tuttavia superare complessiva-
mente la metà del capitale sociale, in modo da evitare una eccessiva concentrazione di potere nelle mani
degli azionisti a voto pieno.

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Alle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è inoltre consentita anche di preve-
dere che :

A) il diritto di voto sia limitato ad una misura massima (ad esempio: fino al 10% del capitale posseduto
ogni azione attribuisce un voto, mentre per l’eccedenza non è riconosciuto diritto di voto);

B) si è introdotto il c.d. voto scalare ( fino al 10% del capitale posseduto ogni azione attribuisce un voto,
dal 10 al 20 un voto ogni due azioni ecc).

Con l'attuale disciplina è caduto per le società non quotate il principio che il voto può essere escluso o
limitato solo se le relative azioni sono assistite da privilegi patrimoniali. Resta invece fermo il principio
che possono essere emesse azioni privilegiate anche senza limitazione dei diritti amministrativi (art.
2350 ). Le azioni privilegiate sono azioni che attribuiscono ai
loro titolari un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel rimborso del capitale al mo-
mento dello scioglimento della società. Col solo limite del divieto di patto leonino ( art. 2265 ), la società
è perciò libera di articolare come preferisce il contenuto patrimoniale di tali azioni.

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È altresì consentita l'emissione di azioni fornite diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività so-
ciale di un determinato settore, anche quando non si danno vita a patrimoni separati destinati solo ad uno
specifico affare. Lo statuto deve tuttavia stabilire " i criteri di individuazione dei costi e ricavi imputa-
bili al settore, le modalità di rendicontazione, i diritti attribuiti a tali azioni, nonché le eventuali condi-
zioni e modalità di conversione in azioni di altra categoria" ( art. 2350, 2 comma). In ogni caso, ai posses-
sori di azioni correlate non possono essere corrisposti dividendi in misura superiore agli utili risultanti
dal bilancio generale della società.

9. LE AZIONI DI RISPARMIO
Le azioni di risparmio costituiscono, insieme alle azioni privilegiate a voto limitato previste dalla discipli-
na previgente, la risposta ad un'esigenza unitaria: quella di incentivare l'investimento in azioni offrendo
ai risparmiatori titoli meglio rispondenti ai loro specifici interessi. Titoli cioè che tengano conto del
disinteresse degli stessi per l'esercizio dei diritti amministrativi e del preminente rilievo attribuito inve-
ce al contenuto patrimoniale e alla redditività dei titoli azionari. Nelle azioni di risparmio i diritti ammini-
strativi sono drasticamente ridimensionati, ossia sono prive del diritto di voto. Quindi, devono essere
privilegiate sotto l’aspetto patrimoniale. A differenza delle altre azioni possono essere emesse al porta-
tore, quindi essere anonime. Le azioni di risparmio possono essere emesse solo da società le cui azioni or-
dinarie sono quotati in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'unione europea. Le azioni ri-
sparmio sono prive del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie. Di esse perciò non si tie-
ne conto per il calcolo dei relativi quorum costitutivi o deliberativi.
È da escludersi oggi che agli azionisti di risparmio possa essere riconosciuto il diritto di intervento in as-

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semblea e il diritto di impugnare le delibere assembleari invalide. Le azioni di risparmio erano azioni pri-
vilegiate sotto il profilo patrimoniale, ma con la riforma del 1998 è infatti stato cancellato la rigida disci-
plina legislativa dei privilegi patrimoniali. L'attuale disciplina si limita infatti a stabilire che le azioni di
risparmio sono " dotate di particolari privilegi di natura patrimoniale" e che l'atto costitutivo " determina
il contenuto del privilegio, le condizioni, i limiti, le modalità e i termini per il suo esercizio" (art. 145, 2
comma). La disciplina delle azioni di risparmio è poi completata dalla previsione di un’organizzazione di
gruppo per la tutela degli interessi comuni. Diritto d’opzione: in
caso di aumento del capitale sociale a pagamento, i possessori di azioni di risparmio hanno diritto di rice-
vere azioni di risparmio della stessa categoria ovvero, in mancanza o per la differenza, nell’ordine, azioni
di risparmio di altra categoria, azioni privilegiate o azioni ordinarie.
L'organizzazione si articola nell'assemblea speciale e nel rappresentante comune.
L'assemblea delibera sugli oggetti di interesse comune e in particolare sull'approvazione delle delibere
dell'assemblea della società che pregiudicano i diritti degli azionisti di risparmio e sulla transazione delle
controversie con la società. Delibera, inoltre, sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune e
sull’azione di responsabilità nei suoi confronti e infine, sulla costituzione di un fondo per le spese neces-
sarie alla tutela dei comuni interessi e sul relativo rendiconto.
Il rappresentante comune provvede all’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea e tutela gli interessi
comuni degli azionisti di risparmio nei confronti della società. Gli è riconosciuto il diritto di visionare il
libro soci, il libro delle adunanze dell’assemblea generale, il diritto di assistere alle assemblea della so-
cietà e di impugnare le delibere. In ogni caso, il rappresentante comune deve essere informato sulle ope-
razioni societarie che possono influenzare l’andamento delle quotazioni delle azioni di risparmio.

10. LE AZIONI A FAVORE DEI PRESTATORI DI LAVORO


L’interessamento dei lavoratori alla gestione e risultati della società è favorito sotto più profili dal legi-
slatore. L'art. 2349 consente l'assegnazione straordinaria di utili ai dipendenti
delle società o di società controllate da attuarsi mediante un articolato procedimento:
gli utili sono imputati a capitale e la società emette speciali categorie di azioni che vengono assegnate
gratuitamente ai prestatori di lavoro. Per tali azioni la società può stabilire " norme particolari riguardo
alla forma, al modo di trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti.
La società può poi escludere o limitare il diritto di opzioni degli azionisti sulle azioni a pagamento di nuova
emissione, per offrire le stesse in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società controllate o
controllanti.
La società può infine assegnare, con delibera dell’assemblea straordinaria, ai propri dipendenti o ai di-
pendenti di società controllate strumenti finanziari partecipativi diversi dalle azioni.
Nelle società ad azionariato diffuso si stanno affermando i piani di compensi basati su azioni o stru-
menti finanziari a favore di amministratori e altri dirigenti. Le nuove norme impongono che tali piani di
compensi siano approvati dall’assemblea straordinaria. I contenuti del piano devono essere resi pubblici
almeno 15 giorni prima della loro esecuzione e comunicati alla Consob e alle società di gestione del merca-

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to.

11. LE AZIONI DI GODIMENTO


Le azioni di godimento (2353) costituiscono una categoria di
azioni speciali la cui funzione è quella di assicurare la parità di trattamento degli azionisti in occasione
della riduzione reale del capitale sociale (2445) attuata mediante sorteggio ed annullamento di un certo
numero di azioni dietro rimborso del solo valore nominale delle azioni stesse. Poiché il valore reale delle
azioni può essere notevolmente superiore a quello nominale, agli azionisti rimborsati vengono rilasciati
speciali titoli detti azioni di godimento. I titolari di tali azioni partecipano alla ripartizione degli utili
solo dopo che sia stato corrisposto alle altre azioni un dividendo pari all’interesse legale sul valore nomi-
nale. Inoltre, partecipano alla liquidazione dell’attivo solo dopo che le altre azioni siano state rimborsate
nel loro valore nominale. Le azioni di godimento non danno diritto di voto, diritto di intervento nell’assem-
blea e di impugnare le delibere assembleari invalide.

12. AZIONI E STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI


L'emissione degli strumenti finanziari partecipativi è stata prevista dalla riforma del 2003, anche al fine
di consentire l'acquisizione da parte di soci o di terzi di apporti patrimoniali che non possono formare
oggetto di conferimento e che perciò non sono imputabili al capitale sociale, quali le prestazione di opera
o di servizi ( art. 2346, 6 comma), nonché come alternativa alle azioni a favore dei prestatori di lavoro
( art. 2349, 2 comma). A differenza delle azioni, gli strumenti finanziari partecipativi non sono parti del
capitale sociale. Gli strumenti finanziari partecipativi non attribuiscono perciò la qualità di azionista e
presentano ampia elasticità per quanto riguarda i diritti propri delle azioni che possono essere loro rico-
nosciuti. Essi possono essere forniti solo di diritti patrimoniali o dei diritti amministrativi, con esclusione
però del diritto di voto nell'assemblea generale degli azionisti. Lo statuto disciplina " modalità e condi-
zioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se
ammessa, la legge di circolazione".

C. LA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI

13. I TITOLI AZIONARI


I titoli azionari sono i documenti che rappresentano le quote di partecipazione nelle società per azioni
non quotate, né diffuse fra il pubblico, e ne consentono il trasferimento secondo le regole proprie dei
titoli di credito. La loro emissione nelle società non quotate non è es-
senziale, infatti lo statuto può escludere l'emissione dei titoli azionari (art. 2346, 1 c). In tal caso, la
qualità di socio è provata dall'iscrizione nel libro dei soci, e il trasferimento delle azioni resta assogget-
tato alla disciplina della cessione del contratto in quanto applicabile ed ha effetto nei confronti delle so-
cietà dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci ( art. 2355, 1 comma).

Qualora emessi, i certificati azionari devono indicare:

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1. la denominazione e la sede della società;


2. la data dell’atto costitutivo e della sua iscrizione, l’ufficio del registro in cui è depositato;
3. il loro valore nominale, il numero complessivo delle azioni emesse, l’ammontare del capitale sociale;
4. l’ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate;
5. i diritti e gli obblighi ad esse inerenti.
Le azioni devono essere sottoscritte da uno degli amministratori. Le stesse regole seguono gli eventuali
certificati provvisori rilasciati ai soci in attesa dell’emissione dei titoli definitivi. I certificati provvisori
devono essere ritirati dalla società al momento del rilascio dei titoli definitivi.
Ai titoli azionari è collegato un foglio cedole, costituito da un certo numero di tagliandi contrassegnati
dalla denominazione della società e numerati progressivamente. Le cedole consentono di esercitare i di-
ritti che maturano durante la vita della società, senza necessità di esibire il titolo azionario. È sufficien-
te distaccare e consegnare alla società la cedola. Le cedole sono di regola al portatore e possono forma-
re oggetto di autonoma circolazione una volta distaccate dal titolo principale, acquisendo così la natura di
titoli di credito.

14. AZIONI E TITOLI DI CREDITO


Ai titoli azionari deve essere riconosciuta la natura di titoli di credito. Le azioni rientrano nella categoria
dei titoli di credito causali. Sono cioè titoli di credito che possono essere emessi solo in base ad un de-
terminato rapporto causale e che si caratterizzano per la parziale sensibilità del rapporto documentato
dal titolo alle eccezioni desumibili da disciplina legale del rapporto societario. Le azioni sono trattate
come titoli di credito circa la circolazione e le modalità di esercizio dei diritti sociali. I titoli azionari
sono un veicolo necessario per il trasferimento della partecipazione sociale e pertanto è applicabile il
principio dell’autonomia in sede di circolazione dei titoli di credito, art. 1994 : chi acquista in buona fede
il possesso del titolo azionario non è soggetto a rivendicazione, cioè diventa proprietario del titolo.
Il possessore del titolo azionario, che si legittima nelle
forme prescritte dalla legge, può esercitare i diritti sociali senza essere tenuto a provare la proprietà
del titolo e la qualità di socio.

15. AZIONI NOMINATIVE E AZIONI AL PORTARE


Le azioni possono essere nominative o al portatore a scelta dell'azionista (art. 2354, 1 comma). Ciò signi-
fica concedere il beneficio dell'anonimato all'investimento azionario, rendere quest'ultimo fiscalmente
competitivo rispetto ad altre forme di investimento. Il sistema vigente è perciò il seguente: tutte le
azioni devono essere nominative, salvo le azioni di risparmio e quelle emesse dalle sicav che, purché inte-
ramente liberate, possono essere nominative o al portatore a scelta dell'azionista.

16. LA LEGGE DI CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI


Le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna del titolo ( art. 2355, 2 comma). Il possessore del
titolo è legittimato all’esercizio dei relativi diritti in base alla semplice presentazione del titolo alla so-
cietà. Per le azioni nominative è invece dettata una specifica disciplina,

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che in larga parte riprende e sviluppa la disciplina generale dei titoli di credito nominativi dettata dal co-
dice (artt. 2021-2027).Le azioni nominative devono essere intestate al nome di una persona fisica o giu-
ridica e l’intestazione deve risultare anche dal libro dei soci.

Per il trasferimento dei titoli azionari è perciò necessario il mutamento della doppia intestazione sul tito-
lo e sul libro dei soci e quindi la necessaria cooperazione della società emittente.

La doppia annotazione può avvenire secondo due tipi di procedure:

- il transfer,richiesto sia dall’alienante ( il quale deve esibire il titolo e provare la propria identità nonché
la propria capacità di disporre) sia dall’acquirente (il quale deve esibire il titolo e dimostrare il suo dirit-
to, mediante atto con firma autenticata o atto pubblico), cioè il cambiamento contestuale delle due inte-
stazioni, sul titolo e sul libro soci, a cura della società emittente; questa risulta essere più onerosa.

- il trasferimento mediante girata, sul titolo a cura dell’alienante e sul libro soci a cura della società.

La girata deve contenere la data, il nome del giratario; deve essere sottoscritta dal girante e dal girata-
rio se si tratta di azioni non liberate. La girata deve essere autenticata da un notaio, da un agente di
cambio, da una banca a ciò autorizzata, o da una sim. La preventiva annotazione nel libro dei soci non è più
necessaria in quanto, Il giratario che si dimostra possessore in base ad una serie continua di girate è le-
gittimato ad esercitare tutti i diritti sociali. Resta tuttavia l’obbligo della società di aggiornare il libro
soci. Nel trasferimento tramite gi-
rata, l’iscrizione nel libro dei soci non ha più efficacia legittimante, ma solo informativa. Nel contempo la
società è obbligata a comunicare annualmente all’Agenzia delle entrate i nominativi degli azionisti che
hanno riscosso dividendi o partecipato alle assemblee.
Molto più semplice è la circolazione delle azioni al portatore, esse non sono intestate ad alcuna persona
(titoli a legittimazione reale); il trasferimento avviene mediante semplice consegna del titolo all’acquiren-
te). Il possessore del titolo è legittimato all’esercizio dei relativi diritti in base alla semplice presenta-
zione del titolo alla società

17. LE AZIONI DEMATERIALIZZATE


La circolazione delle azioni si fonda sul trasferimento materiale dei titoli e comporta, per le azioni nomi-
native, il compimento delle complesse formalità connesse alla duplice annotazione. Da qui l’esigenza di
semplificare il mercato dei titoli quotati in borsa attraverso l’adozione di meccanismi di circolazione
svincolati dal trasferimento materiale del documento e basati su semplici registrazioni contabili. A tale
finalità risponde nel nostro ordinamento il sistema di gestione accentrata di strumenti finanziari, che ha
le seguenti caratteristiche essenziali:

- il sistema è gestito da apposite spa a statuto speciale che operano sotto il controllo della Consob e
della Banca d’Italia;
- le categorie di soggetti e gli strumenti finanziari ammessi alla gestione accentrata sono determi-

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nati dalla Consob con proprio regolamento;


- le modalità di funzionamento del sistema di gestione accentrata varia a seconda che gli strumenti
finanziari siano o meno rappresentati da titoli, in base alla dematerializzazione introdotta dal
d.lgs. 213/1998.
Infatti, in base a tale decreto dal 5 ottobre 1998 non possono più essere rappresentati da titoli e sono
immessi nel sistema in regime di dematerializzazione due tipi di strumenti (DEMATERIALIZZAZIONE OBBLI-
GATORIA):

- quelli negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani;


- quelli diffusi fra il pubblico in misura rilevante, secondo i criteri della Consob.
Gli altri strumenti che non hanno tali caratteristiche sono liberi di dematerializzare o meno, specifican-
dolo nello statuto (DEMATERIALIZZAZIONE VOLONTARIA). Quindi, nel sistema di gestione accentrata coesi-
stono due sistemi: dematerializzata e non dematerializzata.
Il sistema di gestione accentrata non de-
materializzata si fonda sul deposito dei titoli azionari presso la società di gestione (Monte Titoli s.p.a.), e
l’adesione è facoltativa per ogni azionista. Questi può depositare i propri titoli presso un intermediario
autorizzato con un contratto di deposito titoli in amministrazione, che autorizza l’intermediario a subde-
positarli presso la società di gestione accentrata. Si determinano due tipi di rapporto di deposito fra
loro collegati.
Il deposito in gestione accentrata consente di sostituire la circolazione documentale dei titoli depositati
con una circolazione fondata su semplice scritture contabili, che producono l’effetto proprio del trasfe-
rimento secondo la disciplina legislativa dei titoli di credito.
L’esercizio dei relativi diritti è svincolato dall’esibizione dei titoli custoditi dalla società di gestione ac-
centrata. Questa è infatti legittimata a compiere tutte le operazioni inerenti alla gestione dei titoli, se-
condo le regole fissate dalla Consob, quali i diritti patrimoniali. Sono invece riservati ai titolari delle
azioni i diritti amministrativi, sulla base di una certificazione non trasferibile rilasciata dall’intermediario
sulla base delle proprie scritture contabili e contenenti l’indicazione del diritto sociale esercitabile. Le
certificazioni hanno la sola funzione di legittimare all’esercizio dei diritti amministrativi in esse menzio-
nati e sono nulli gli atti di disposizione delle stesse. La gestione accentrata di
strumenti finanziari rappresentati da titoli, consente di sostituire la tradizionale circolazione documen-
tale delle azioni con una circolazione fondata su registrazioni contabili (dematerializzazione della circo-
lazione), ma non comporta la soppressione materiale dei titoli (dematerializzazione totale).
Una vera e propria dematerializzazione con conseguente soppressione del documento cartaceo è stata
introdotta del d.lgs 213/1998 . Oggi le azioni negoziate nei mercati regolamentati italiani o diffuse fra il
pubblico in modo rilevante non possono più essere rappresentate dai titoli (dematerializzazione obbliga-
toria). L’emissione ed il trasferimento delle azione de materializzate avviene
esclusivamente attraverso il sistema di gestione accentrata, con registrazioni contabili poste in essere
secondo modalità analoghe a quelle sopra esposte. Per le nuove emissioni de materializzate l’emittente si

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limita a comunicare alla società di gestione accentrata prescelta l’ammontare globale dell’emissione, il suo
frazionamento e gli intermediari ai quali accreditare le azioni emesse. La società di gestione accentrata
apre un conto per ogni emittente. Il trasfe-
rimento delle azioni de materializzate può essere fatto dai soli titolari solo tramite gli intermediari au-
torizzati. Una volta concluso il trasferimento con la registrazione da parte della società di gestione, gli
intermediari dovranno a loro volta registrare lo stesso nel conto del proprio cliente. “Colui che ha ottenu-
to la registrazione in suo favore, in base a titolo idoneo e in buona fede, non è soggetto a pretese o azio-
ni da parte dei precedenti titolari”; ed ha inoltre la legittimazione piena ed esclusiva ad esercitare i rela-
tivi diritti. L’intermediario esercita in nome e per conto del titolare del conto i diritti
patrimoniali relativi alle azioni de materializzate. I diritti amministrativi sono esercitati dal titolare del
conto.

18. I VINCOLI SULLE AZIONI


Le azioni possono essere costituite in usufrutto o impegno e possono inoltre formare oggetto di misure
cautelari ed esecutive. La costituzione in usufrutto o in pegno delle azioni nominative avviene mediante
annotazione del relativo vincolo sul titolo e nel libro soci, a cura della società emittente. Salvo convenzio-
ne contraria, il diritto di voto compete al creditore pignoratizio o all'usufruttuario. Essi dovranno comun-
que esercitarlo in modo da non ledere gli interessi del socio, esponendo si altrimenti al risarcimento dei
danni nei suoi confronti. Nel caso di sequestro delle azioni il voto è esercitato dal custode. Gli altri di-
ritti amministrativi spettano invece disgiuntamente sia al socio sia al creditore pignoratizio o all'usufrut-
tuario. In caso di sequestro sono invece esercitati dal custode, salvo che dal provvedimento del giudice
non risulti diversamente ( art. 2352, 6 comma). Il diritto di opzione spetta invece al socio è l'attuale di-
sciplina stabilisce che solo ad esso sono attribuite le nuove azioni sottoscritte. Il socio deve tuttavia
provvedere almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio
del diritto di opzione. In mancanza, gli altri soci possono offrire di acquistarlo. In caso di aumento gra-
tuito del capitale, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono alle azioni di nuova emissione.

In caso di versamento delle somme dovute sulle azioni non liberate si ha : in caso di pegno, è il socio che
deve provvedere al versamento; in caso di usufrutto è invece l'usufruttuario che deve provvedere al ver-
samento, salvo il suo diritto alla restituzione di tale somma al termine dell'usufrutto.

19. I LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI


Le azioni sono in via di principio liberamente trasferibili. La libera trasferibilità tuttavia è esclusa o limi-
tata per legge in determinate ipotesi:

a) le azioni liberate con conferimenti diversi dal denaro non possono essere alienate prima del controllo
della valutazione ( art. 2343, 3 comma);

b) le azioni con prestazioni accessorie non sono trasferibili senza il consenso del consiglio di amministra-
zione ( art. 2345, 2 comma).

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Oltre ai limiti legali, vi sono i limiti convenzionali, cioè quei limiti determinati da accordi fra i soci. Que-
sti, poi vanno distinti a seconda che risultino dall’atto costitutivo (limiti statutari) o da accordi distinti
(patti parasociali). I limiti alla circolazione delle azioni risultanti da patti paraso-
ciali vengono definiti sindacati di blocco ed hanno lo scopo di evitare l'ingresso in società di terzi non
graditi. I sindacati di blocco vincolano solo le parti contraenti. Le clausole statutarie fina-
lizzate a limitare la circolazione delle azioni possono assumere le formulazioni più varie: le più diffuse
sono tuttavia:

1) la clausola di prelazione, è la clausola che impone al socio, che intende vendere azioni, di offrirle pre-
ventivamente agli altri soci e di preferirli ai terzi a parità di condizioni. La clausola quindi consente di
impedire l'ingresso in società di soci non graditi;

2) le clausole di gradimento, esse possono essere a loro volta distinte in due sottocategorie:

a) clausole che richiedono il possesso di determinati requisiti da parte dell'acquirente (ad es. citta-
dinanza italiana, appartenenza a delle categorie professionali);
b) clausole che subordinano il trasferimento delle azioni a consenso di un organo sociale, quasi sem-
pre costituito dal consiglio di amministrazione.
3) le clausole di riscatto: l'introduzione di clausole statutarie che prevedono potere di riscatto delle
azioni da parte della società o dei soci al verificarsi di determinati eventi (art. 2437 sexies). Ad esempio:
in caso di morte dell'azionista al fine di evitare che subentrino gli eredi, di mancata esecuzione delle
prestazioni accessorie cui il socio si è obbligato.

Le clausole statutarie limitative della circolazione possono essere introdotte o rimosse nel corso della
vita della società con delibera dell'assemblea straordinaria. Se lo statuto non dispone diversamente, è
riconosciuto diritto di recesso ai soci che non hanno concorso all'approvazione della delibera(art. 2437, 2
comma, lett.b).

D. LE OPERAZIONI DELLA SOCIETÀ SULLE PROPRIE AZIONI

Le operazioni della società per azioni sulle proprie azioni e in particolare la loro sottoscrizione e compra-
vendita sono operazioni particolarmente pericolose sotto più profili. Pericolose per l'integrità del capita-
le sociale, per il corretto funzionamento dell'organizzazione societaria, per il mercato dei titoli. Per tutti
questi motivi le operazioni della società sulle proprie azioni sono considerate con estremo sfavore dal le-
gislatore e sono in linea di principio vietate: è questa la linea fissata dal codice del 1942 e ribadita dalla
riforma del 2003.

Due sono le situazioni attualmente regolate:

a) LA SOTTOSCRIZIONE: In nessun caso la società può sottoscrivere proprie azioni. Il divieto ha ca-
rattere assoluto e soffre una sola a parziale deroga, per l’esercizio del diritto di opzione sulle azioni pro-

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prie detenute dalla società. Il divieto opera sia in sede di costituzione della società sia in sede di aumen-
to del capitale sociale. Colpisce inoltre tanto la sottoscrizione diretta, compiuta cioè in nome della socie-
tà, quanto la sottoscrizione indiretta, compiuta cioè da terzi in nome proprio ma per conto della società.
La sanzione per la violazione del divieto di auto-sottoscrizione non è la nullità della sottoscrizione, ma le
azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che materialmente hanno violato il
divieto. In caso di sottoscrizione diretta, le azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai
promotori e dei soci fondatori. Nel caso di sottoscrizione indiretta, invece è il terzo che ha sottoscritto
le azioni ed è lui obbligato ad eseguire i conferimenti, senza possibilità di rivalsa sulla società.

b) ACQUISTO DELLE PROPRIE AZIONI : Operazione questa che può dar luogo ad una riduzione del
capitale reale senza l'osservanza della relativa disciplina(art. 2245). Tuttavia l’acquisto di azione proprie
può costituire una proficua forma di investimento delle eccedenze patrimoniali disponibili della società,
inoltre se la società è quotata in borsa, l’acquisto e la vendita di azioni proprie è un mezzo per stabilizza-
re le quotazioni. Eccezion fatta
per le Sicav l’acquisto di azioni proprie è consentito dietro il rispetto di quattro condizioni:

1. le somme impiegate nell’acquisto non possono eccedere l’ammontare degli utili distribuibili e le ri-
serve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. In caso contrario, si viola il vincolo di in-
disponibilità del patrimonio netto;
2. le azioni da acquistare devono essere interamente liberate;
3. l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria;
4. il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere un decimo del capitale sociale, tenuto
conto delle azioni possedute dalle società controllate.
Gli acquisti compiuti senza l’osservanza di tali condizioni restano validi, ma gli amministratori sono esposti
a sanzioni penali e le azioni devono essere vendute entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, la socie-
tà deve annullarle con corrispondente riduzione del capitale sociale.
Sono previsti alcuni casi speciali di acquisto, ossia:

- quando l’acquisto avviene in esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale so-
ciale, da attuarsi mediante riscatto ed annullamento delle azioni;
- quando l’acquisto è finalizzato al rimborso di un socio recedente e non è stato possibile collocare
le azioni presso gli altri soci o sul mercato;
- quando l’acquisto avviene a titolo gratuito (se sono azioni interamente liberate), per effetto di
successione universale, fusione o scissione, in caso di esecuzione forzata per il soddisfacimento
di un credito della società.
I diritti sociali relativi alle azioni proprie sono sterilizzati. Il diritto di voto e gli altri diritti amministra-
tivi sono sospesi. Il diritto agli utili e il diritto di opzione spettano proporzionalmente alle altre azioni.
Con la riforma del 2003 tale divieto è stato parzialmente temperato. Infatti, l’assemblea può autorizzare
l’esercizio totale o parziale del diritto di opzione, a condizione che le azioni sottoscritte siano subito ed

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interamente liberate. Opportune disposizioni assicurano la corretta rilevazione in bilancio delle azioni
proprie possedute ed un’adeguata informazione sulle relative operazioni compiute dalla società.

22. ALTRE OPERAZIONI


Alla società è vietato concedere prestiti o fornire garanzie di qualsiasi tipo a favore di soci o di terzi per
la sottoscrizione o l’acquisto di azioni proprie. Inoltre, la società non può accettare azioni proprie in ga-
ranzia. Non è specificata la sanzione in caso di violazione dei divieti posti dall’art. 2358, quindi trovano
applicazione i principi di diritto comune: i relativi contratti saranno nulli.

CAPITOLO 6 - LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI. I GRUPPI DI SOCIETA’

A. LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI

1. L'INFORMAZIONE SULLE PARTECIPAZIONI RILEVANTI


Nel libro dei soci le azioni sono iscritte al nome dell'intestatario formale, sicché i relativi dati non per-
mettono di conoscere anche i possessi azionari indiretti degli azionisti. Inoltre, l'iscrizione nel libro dei
soci è necessaria solo in occasione dell'esercizio dei diritti sociali, perciò pare libero non riflettere la
reale composizione della compagine azionaria. L'attuale disciplina prevede l’obbligo di comunicazione alla
società partecipata e alla Consob per:

A) tutti coloro che partecipano in una società con azioni quotate in misura superiore al 2% del capitale di
questa;

B) le sole società per azioni quotate che partecipano, direttamente o indirettamente, in società con azio-
ni non quotate o in società a responsabilità limitata in misura superiore al 10% del capitale di queste.

Sono invece determinate dalla Consob con proprio regolamento le variazioni delle partecipazioni rilevanti
che comportano l’obbligo di successive comunicazioni. L’attuale normativa regolamentare differenzia a
seconda che si tratti di partecipazioni in società quotate o partecipazioni detenute da società quotate.
Le comunicazioni servono anche per reprimere il fenomeno delle partecipazioni incrociate, ma la funzione
principale è quella di rendere note le reali posizioni di potere dei maggiori azionisti. Per il calcolo delle
percentuali si tiene conto solo del capitale rappresentato da azioni o quote con diritto di voto e solo delle
azioni o quote che direttamente o indirettamente attribuiscono il diritto di voto. Quindi, non si tiene
conto delle azioni di risparmio possedute. La Consob determina contenuto, modalità e termini per l'inoltro
delle comunicazioni, nonché per l'informazione del pubblico, con regole che oggi sono sensibilmente diver-
se per le partecipazioni in società quotate e per quelle in società non quotate. Diverse sono anche le san-
zioni previste per la violazione degli obblighi di comunicazione. Sono stabilite sanzioni pecuniarie ( art.
193 Tuf), mentre è mantenuta ferma per le sole partecipazioni in società quotate l'ulteriore sanzione
della sospensione del voto inerente alle azioni per le quali sia stata omessa la comunicazione ( art. 120, 5
comma). Esonerato dalle comunicazioni prescritte il Ministero dell’economia per le partecipazioni detenu-
te tramite società controllate. La Consob può esentare, su richiesta, le società italiane con azioni quotato

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solo in mercati regolamentati di altri paesi dell’UE.


Qualora la società ammetta ugualmente il socio a votare, la relativa deliberazione assembleare è impu-
gnabile a norma dell'art. 2377 c.c., qualora il voto di quel socio sia stato determinante per la formazione
della maggioranza. Una disciplina che ricalca quella dettata per le partecipazioni in società quotate è pre-
vista attualmente per le partecipazioni rilevanti da chiunque possedute in:

a) società bancarie;

b) società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio e società di investimento a ca-
pitale variabile;

c) società di assicurazione.

In questi casi, oltre alla società partecipata, le partecipazioni vanno comunicate alla Banca d’Italia e alla
Consob. Per le società non quotate vi è l’obbligo di pubblicare annualmente, mediante iscrizione nel regi-
stro delle imprese, l’elenco di tutti i soci alla data di approvazione del bilancio, con l’indicazione delle
azioni possedute, dei soggetti diversi dai soci titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni, nonché
delle annotazioni fatte nel libro soci a partire dalla data di approvazione del bilancio dell’esercizio prece-
dente.

2. L'ACQUISTO DI PARTECIPAZIONI RILEVANTI SOCIETÀ QUOTATE


Chiunque intenda acquistare una partecipazione di controllo in una società con azioni quotate deve osser-
vare specifiche regole di comportamento. L'idea ispiratrice della legge del 1992 è che il passaggio di
proprietà di pacchetti azionari di controllo di società quotate deve avvenire con la massima trasparenza e
con modalità che consentano a tutti gli azionisti di partecipare al premio di maggioranza che l'operazione
può comportare. Per realizzare tali obiettivi sono stati introdotti due principi:

1) il lancio di una offerta pubblica di acquisto (opa) è obbligatorio quando è trasferito il pacchetto di
controllo di una società quotata;

2) l'opa, sia essa obbligatoria o volontaria, deve svolgersi nel rispetto di determinate regole di compor-
tamento volte a tutelare i destinatari dell'offerta e il regolare funzionamento del mercato.

La riforma del 1998 ha radicalmente modificato la disciplina dell’opa obbligatoria. L’opa è obbligatoria in
due casi: l’opa successiva totalitaria e l’opa residuale.
L'opa successiva totalitaria consente agli azionisti di minoranza di uscire dalla
società quotata a seguito del mutamento dell'azionista di controllo. È infatti tenuto a promuovere un'of-
ferta pubblica di acquisto sulla totalità delle azioni ordinarie ancora in circolazione chiunque, in seguito
ad acquisti a titolo oneroso, venga a detenere, direttamente o indirettamente, una partecipazione supe-
riore al 30% delle azioni ordinarie di una società con azioni quotate che attribuiscono diritto di voto nelle
deliberazioni assembleari riguardanti nomina o revoca o responsabilità degli amministratori o del consi-

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glio di sorveglianza. È fissato per legge anche il prezzo minimo che deve essere offerto (media aritmeti-
ca fra il prezzo medio ponderato di mercato degli ultimi dodici mesi e quello più elevato pattuito nello
stesso periodo dall’offerente per acquisti fuori borsa di azioni della medesima categoria): il prezzo da
pagare agli azionisti di minoranza che aderiscono all'opa è quindi più basso di quello corrisposto per
l'acquisto della partecipazione di controllo. Una partecipazione che non supera il 30% può essere oggi ac-
quistata liberamente, sul mercato o a trattativa privata, senza esporre l’obbligo di lancia l’opa, anche se
idonea ad assicurare il controllo fatto. Inoltre, l’obbligo di lanciare l’opa per contro sussiste anche quan-
do la percentuale del 30% è superata sommando gli acquisti effettuati da più soggetti fra loro legati da
determinati rapporti, che lasciano presumere un’azione concertata. Superata la soglia del 30% questi
soggetti sono obbligati solidalmente a lanciare l’opa totalitaria anche se gli acquisti a titolo oneroso sono
stati effettuati da uno solo di essi. L'opa preventiva può stavolta essere
totale o parziale (art.170Tuf; deve avere per oggetto almeno il 60% delle azioni ordinarie. L'esonero dal-
l'opa successiva totalitaria essere autorizzato dalla Consob) .
L'opa preventiva diretta a conseguire tutte le azioni ordinarie non è soggetta a condizioni e l'offerente
può fissare liberamente prezzo di acquisto. In questo caso la Consob ha il compito di definire con proprio
regolamento quando sussiste l’obbligo di lanciare l’opa successiva in alcuni casi particolari:

1. acquisto indiretto di una partecipazione superiore al 30% in una società quotata;


2. acquisti effettuati da chi deteneva già più del 30%, senza però disporre della maggioranza dei
voti nell’assemblea ordinaria.
Chi intende acquisire il controllo di una società quotata può sottrarsi dall’obbligo di promuovere l’opa suc-
cessiva totalitaria, lanciando una opa preventiva che lo porti a detenere una partecipazione superiore al
30%. L’opa preventiva può essere totale o parziale. L’opa preventiva diretta ad acquisire tutte le azioni
quotate che attribuiscono diritto di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti nomina, revoca o re-
sponsabilità degli amministratori o del consiglio di sorveglianza non è soggetta a condizioni e l’offerente
può liberamente determinare il prezzo di acquisto. L’opa preventiva parziale, che deve avere ad oggetto
almeno il 60% delle stesse azioni, ha una disciplina più articolata.

L’esonero dall’opa successiva deve essere autorizzata dalla Consob e richiede che:

- l’offerente non deve aver acquistato nell’anno precedente partecipazioni nella società bersaglio
superiori all’ 1%;
- l’offerta deve essere approvata dagli azionisti di minoranza della società bersaglio, secondo moda-
lità stabilite dalla Consob.
Comunque l’offerente sarà obbligato a promuovere l’opa successiva se nell’anno successivo alla chiusura
dell’opa preventiva acquisti altre azioni della società bersaglio superiori all’ 1%, o nel caso di fusione o
scissione. Sarà la Consob a disciplinare eventuali altri casi.
Un altro caso di opa obbligatoria è l'opa residuale ( art. 108 ): la sua funzione è quella di consentire agli
azionisti di minoranza l’uscita dalla società ad un prezzo equo quando la stessa è ormai saldamente in pu-

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gno di un predeterminato gruppo di controllo, sicché il regolare andamento delle negoziazioni è pregiudi-
cato dalla mancanza di un adeguato flottante (azioni diffuse tra il pubblico). È perciò previsto che chiun-
que venga a detenere più del 90% delle azioni ordinarie è tenuto a lanciare un'opa sulla totalità delle
azioni con diritto di voto ancora in circolazione, al prezzo fissato dalla Consob, se non ripristina entro
120 giorni un flottante sufficiente ad assicurare un regolare andamento delle negoziazioni.
Chi viene a detenere in seguito al lancio di
un'opa totalitaria più del 98% delle azioni con diritto di voto ha diritto di acquistare coattivamente le
azioni residue, entro 4 mesi, ad un prezzo fissato da un esperto nominato dal presidente del tribunale
( art. 111 ). È così tutelato chi ha conseguito con un'opa il controllo quasi totalitario. La vio-
lazione dell'obbligo di promuovere un'opa è colpita con sanzioni particolarmente dissuasive ( art. 110 ):

a) il diritto di voto inerente all'intera partecipazione detenuta non può essere esercitato;

b) le azioni eccedenti le percentuali del 30 e del 90% devono essere alienate entro 12 mesi.

Sono previste anche sanzioni pecuniarie ( art. 192 ).

3.LE OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO E SCAMBIO


È disciplinato anche lo svolgimento delle offerte pubbliche di acquisto e di scambio, al fine
di garantire la massima trasparenza dell'operazione e la parità di trattamento dei destinatari dell'offer-
ta. L'opa, anche volontaria, è utilizzata quasi esclusivamente per l'acquisto di azioni quotate. L'offerta
pubblica di acquisto o di scambio è una proposta irrevocabile rivolta a parità di condizioni a tutti i titolari
di prodotti finanziari che ne formano oggetto. Ogni clausola contraria è nulla ( art. 103, 1 comma). L'of-
ferta può essere aumentata o modificata durante la pendenza dell'operazione; l'offerta si svolge sotto il
costante controllo della Consob. La Consob può inoltre sospendere o dichiarare decaduta l'offerta in caso
di violazione della relativa disciplina legislativa e regolamentare in tema di opa. L’offerta pubblica si arti-
cola in tre fasi:
La fase preparatoria. I soggetti che intendono lanciare un'offerta pubblica, volontaria o obbligatoria,
devono darne preventiva comunicazione alla Consob allegando la scheda di adesione e il documento di of-
ferta destinato alla pubblicazione. Tale documento deve contenere le informazioni necessarie per con-
sentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull'offerta. Dopo 15 giorni tale documento di
offerta è reso pubblico ed è trasmesso alla società bersaglio. Quest’ultima è obbligata a diffondere un
comunicato contenente ogni dato utile per l’apprezzamento dell’offerta ed una valutazione motivata degli
amministratori sull’offerta stessa. Il comunicato è preventivamente trasmesso alla Consob.
Si
apre così la fase delle adesioni all'offerta . Le adesioni sono irrevocabili e possono essere raccolte,
tramite sottoscrizione di un’apposita scheda, dell’offerente, dagli intermediari indicati nel documento di
offerta. Alla scadenza del termine, l'offerta diventa irrevocabile se è
stato raggiunto il quantitativo minimo specificato nel documento di offerta. L’attuale disciplina fissa il

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principio secondo cui le operazioni devono svolgersi con correttezza e trasparenza. Gli amministratori
della società bersaglio devono astenersi dal compiere atti od operazioni che possono contrastare con gli
obiettivi dell’offerta (passività rule).

Fra le tecniche di difesa consentita vi è il lancio di un’opa concorrente da parte di eventuali alleati della
società bersaglio. La disciplina dell’opa concorrente e dei rialzi è demandata alla Consob, anche se la leg-
ge stabilisce che il numero dei rialzi non può essere limitato. Dopo la pubblicazione di un’opa concorrente
o di un rilancio, le adesioni alle altre offerte sono revocabili.
L’attuale disciplina non prevede nulla per il caso in cui alla scadenza del ter-
mine le adesioni siano inferiori o superiori al quantitativo di titoli richiesto, sicché ogni determinazione è
rimesso al documento di offerta pubblicato dall’offerente.

4. LIMITI ALL’ASSUNZIONE DI PARTECIPAZIONI RILEVANTI


L’assunzione di partecipazioni rilevanti in una spa o da parte di una spa è in
via di principio libera, anche se vi sono delle limitazioni. Alcune riguardano l’assunzione di partecipazioni
in società che operano in particolari settori da chiunque detenute. Altre riguardano l’assunzione di parte-
cipazioni rilevanti da parte di una società di capitali e le partecipazioni incrociate.
L’acquisizione di azioni o quote di società bancarie o assicurative, da chiunque effettuato deve essere
preventivamente autorizzato dalla Banca d’Italia e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato,
quando comporta una partecipazione superiore al 5% del capitale con diritto di voto o, comunque, il con-
trollo della banca stessa. E’ fatto divieto ai soggetti che svolgono in misura rilevante attività d’impresa in
settori diversi da quello bancario e finanziario, di possedere partecipazioni superiori al 15% del capitale
della banca o che,comunque,comportano il controllo della banca stessa. La violazione di tale disposizione
espone a sanzioni penali e comporta la sospensione dal diritto di voto. In caso di inosservanza, le delibe-
razioni assembleari sono impugnabili.
L’acquisizione a qualsiasi titolo di azioni da chiunque effettuato
deve essere preventivamente autorizzato dall’Isvap quando comporta una partecipazione, superiore al 5%
del capitale con diritto di voto o ,comunque, il controllo di una società di assicurazione.
Fra i limiti all’assunzione di partecipazioni rilevanti rientrano le clausole statutarie che fissano limiti
massimi agli azionisti, vietando che essi detengano un numero di azioni superiore ad una determinata per-
centuale del capitale sociale.
La possibilità di introdurre a maggioranza clausole statutarie che fissano un
tetto massimo al possesso azionario dei soci è comunque espressamente prevista per la società controlla-
te dallo Stato. Il superamento del massimo statutario, 5% del capitale per le società operanti nel settore
dei servizi pubblici, comporta il divieto di esercitare il diritto di voto.

5.LE PARTECIPAZIONI MODIFICATIVE DELL’OGGETTO SOCIALE. LE PARTECIPAZIONI A RE-


SPONSABILITA’ LIMITATA Un limite di carattere generale all’assunzione di partecipazioni
da parte sella spa e delle società di capitali è posto dall’art. 2361: “l’assunzione di partecipazioni in altre

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imprese, anche se prevista genericamente nello statuto, non è consentita, se per la misura o per l’oggetto
della partecipazione ne risulta sostanzialmente modificato l’oggetto sociale determinato nell’atto costi-
tutivo”. Il divieto riguarda l’assunzione di partecipazioni di qualsiasi tipo e risponde alla finalità di impedi-
re che l’oggetto sociale fissato nell’atto costitutivo sia modificato dagli amministratori della società (ov-
vero modificato senza l’osservanza delle procedure previste) e precludendo l’esercizio del diritto di re-
cesso dalla società in tal caso riconosciuto ai soci assenti o dissenzienti.
Tale divieto non è operante quando l’attività principale o esclusiva della società consiste proprio nell’as-
sunzione di partecipazioni in altre imprese.
Per le altre società (società operative) non vi è
un divieto assoluto. E’ consentito l’acquisto di partecipazioni che per la misura e oggetto non comportino
una modifica sostanziale del tipo di attività stabilito nell’atto costitutivo.
L’assunzione di partecipazioni in altre imprese deve essere deliberato dall’assemblea quando comporta la
responsabilità illimitata per le obbligazioni della partecipata. Gli amministratori che violano il disposto
dell’art. 2361 sono esposti ad azioni di responsabilità è l’atto di assunzione della partecipazione risulta
inefficace.

6.LE PARTECIPAZIONI RECIPROCHE


Le partecipazioni reciproche fra società di capitali danno luogo a pericoli di carattere patrimoniale o e
amministrativo non diversi da quelli visti per la sottoscrizione e l'acquisto di azioni proprie. Pericoli che
diventano particolarmente accentuati quando fra le due società intercorre un rapporto di controllo. Que-
sti pericoli sono di tutta evidenza nel caso di sottoscrizione reciproca del capitale. Se due società si co-
stituiscono o aumentano capitale sociale sottoscrivendo l'una capitale dell'altra, si ha infatti una molti-
plicazione illusoria di ricchezza. Aumenta cioè il capitale sociale nominale delle due società, senza che si
incrementi di una sola lira il rispettivo capitale reale. In nessun caso la società controllata può sottoscri-
vere un aumento di capitale deliberato dalla controllante, sia direttamente, sia avvalendosi di terzi.
Identiche sono inoltre le sanzioni. Le azioni sono imputate agli amministratori della società controllata
che non dimostrino di essere esenti da colpa, ovvero al terzo che ha sottoscritto le azioni in nome pro-
prio, ma per conto della controllata.

L'attuale disciplina può essere così sintetizzata:

a) l'acquisto reciproco di azioni è possibile senza alcun limite quando fra le due società intercorre un
rapporto di controllo e nessuna delle due è quotata in borsa;

b) se l'incrocio è realizzato fra società controllante e sue controllate, l'acquisto da parte della società
controllata, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, è considerato come effettuato dalla
controllante stessa. È perciò assoggettato alle seguenti limitazioni:

1) le somme impiegate nell'acquisto non possono eccedere l'ammontare degli utili distribuibili e
delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato o della società controllata;

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2) possono essere acquistate solo azioni interamente liberate;

3) l'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria della controllata e deve contenere
le stesse specificazioni richieste per l'acquisto di proprie azioni;

4) il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere il 10% del capitale della società con-
trollante;

5) la società controllata non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee della controllante.

Le azioni o quote acquistate in violazione di tali condizioni devono essere alienate entro un anno dal loro
acquisto ( art. 2359-ter, 1 comma). La società controllante deve procedere senza indugio al loro annulla-
mento e alla corrispondente riduzione del capitale sociale. La società controllata ha diritto però al rim-
borso del valore delle azioni annullate, determinato secondo i criteri stabiliti nella disciplina del diritto di
recesso.

c) diversa da quella fin qui esposta invece la disciplina degli incroci azionari che trova applicazione quando
una o entrambe le società protagoniste dell'incrocio abbiano azioni quotate in borsa, ma fra le stesse non
intercorre rapporto di controllo. In tal caso sono previsti solo limiti quantitativi agli incroci azionari; li-
miti che coincidono con le percentuali che fanno scattare l'obbligo di comunicazione delle partecipazioni
rilevanti alla società partecipata e alla Consob; perciò:

A) se entrambe le società sono quotate, l'incrocio non può superare il tetto del 2% del capitale con dirit-
to di voto;

B) se una sola delle società è quotata, la società quotata può arrivare fino al 10% del capitale della socie-
tà non quotata, fermo restando il tetto del 2% per quest'ultima.

Qualora la partecipazione incrociata ecceda da entrambi i lati, le percentuali massime consentite, la so-
cietà che ha superato il limite successivamente:
- non può esercitare il diritto di voto per le azioni o quote possedute in eccedenza
rispetto alla percentuale consentita;
- deve alienare l'eccedenza entro 12 mesi;
- in caso di mancata alienazione, la sospensione del diritto di voto si estende all'intera partecipazione e
quindi anche alla parte che può essere legittimamente posseduta.

Qualora il voto venga ugualmente esercitato, la delibera adottata con voto determinante di tali azioni
sono annullabili e l'impugnazione può essere proposta anche dalla Consob. In sostanza, questa disciplina si
preoccupa essenzialmente di frenare gli abusi di carattere amministrativo degli incroci azionari.

B. I GRUPPI DI SOCIETA’

7.IL FENOMENO DI GRUPPO. I PROBLEMI

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Le società per azioni sono libere di sottoscrivere o acquistare azioni o quote di altre società di
capitali. E l'assunzione di partecipazioni è lo strumento principale attraverso il quale si realizza il feno-
meno del gruppo di società. Il gruppo di società è una aggregazione di imprese societarie formalmente
autonome e indipendenti l'una dall'altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria. Tutte sono in-
fatti sotto l'influenza dominante di un'unica società. Nei gruppi ad un'unica impresa sotto il profilo eco-
nomico corrispondono più imprese sotto il profilo giuridico. Il gruppo di società è l'assetto organizzativo
tipico assunto dalle imprese di grande e grandissima dimensione per comminare i vantaggi dell'unità eco-
nomica con quelli offerti dall'articolazione in più strutture formalmente distinte e autonome. Tali gruppi
si distinguono in:

A) gruppi a catena: la società A ( capogruppo) controlla e dirige la società B, che a sua volta controlla di-
rige la società C e così via.

B) gruppi stellari o a raggiera: la capogruppo A controlla e dirige contestualmente tutte le altre società.

La presenza di aggregazioni societarie sollecita una specifica disciplina diretta a soddisfare un triplice
ordine di esigenze:

a) assicurare una adeguata informazione sui collegamenti di gruppo, sui rapporti finanziari e commerciali
fra le società del gruppo;

b) evitare che eventuali intrecci di partecipazioni alterino l'integrità patrimoniale delle società coinvolte
ed il corretto funzionamento degli organi decisionali della capogruppo;

c) evitare che le scelte operative delle singole società del gruppo pregiudichino le aspettative di quanti
fanno affidamento esclusivamente sulla consistenza patrimoniale e sui risultati economici di quella de-
terminata società.

8. SOCIETA’ CONTROLLATE E DIREZIONE UNITARIA


È società controllata la società che si trova sotto l'influenza dominante di altra socie-
tà, che perciò è in grado di indirizzarne l'attività nel senso da essa voluto(art. 2359 c.c.). l controllo so-
cietario può assumere diverse forme:

a) è controllata la società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'as-
semblea ordinaria: cioè, dispone di più della metà delle azioni con diritto di voto nelle assemblee ordina-
rie;

b) è società controllata inoltre la società in cui una società dispone dei voti sufficienti per esercitare
un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

c) si considerano controllate, le società che sono sotto l'influenza dominante di una società in virtù di
particolari vincoli contrattuali con essa.

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Ai fini del solo controllo azionario si computano poi anche " i voti spettanti a società controllate, a socie-
tà fiduciarie e a persona interposta", con esclusione però " dei voti spettanti per conto di terzi", quali i
voti per delega ( art. 2359, 2 comma). Il controllo azionario può quindi essere non solo diretto ma anche
indiretto: ad esempio, se A controlla B che a sua volta controlla C, quest'ultima società si considera con-
trollata indirettamente da A. Dalle società controllate vanno potuto distinte le società collegate. Si con-
siderano infatti collegate " le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole", ma non
dominante.

9.LA DISCIPLINA DEI GRUPPI


In presenza di un gruppo di controllo societario si rendono applicabili al fenomeno di gruppo sia le norme,
introdotte prima della riforma del 2003, che regolano i rapporti fra società controllante e società con-
trollate, sia le ulteriori disposizioni introdotte della riforma del 2003 dedicate alle società o enti che
esercitano attività di direzione e di coordinamento di altre società. In base all'attuale disciplina è infatti
istituita un'apposita sezione del registro delle imprese nella quale sono iscritti i soggetti che esercitano
attività di direzione e coordinamento e le società alla stessa sottoposte. Queste ultime sono inoltre te-
nute ad indicare negli atti e nella corrispondenza la soggezione all'altrui attività di controllo e coordina-
mento. In sede di redazione del bilancio di esercizio scattano specifici obblighi di informazione contabile
sia a carico della società controllante che della società controllata, volti ad evidenziare i reciproci rap-
porti di partecipazione e gli effetti dell’attività di direzione e coordinamento sulla società controllata. La
società controllante dovrà allegare al suo bilancio copia del bilancio delle società controllate e delle so-
cietà collegate. È stato poi inserito il Bilancio consolidato di gruppo (artt.25-43 d.lgs 127/1991): consen-
te di conoscere la situazione patrimoniale, finanziaria e economica del gruppo considerato unitariamente,
attraverso l'eliminazione delle operazioni intercorse fra le società del gruppo. Sistema informativo mi-
gliorato e arricchito con la riforma del 1998, quando la controllante è una società quotata.

10.LA TUTELA DEI SOCI E DEI CREDITORI DELLE SOCIETA’ CONTROLLATE


Passi avanti sono stati compiuti con la riforma del 2003 anche per
quanto riguarda la tutela degli azionisti esterni e dei creditori delle società controllate contro possibili
abusi della controllante, che induca le prime al compimento di atti vantaggiosi per il gruppo unitariamente
considerato, ma pregiudizievoli per il proprio patrimonio. Il gruppo di società non dà vita ad un’attività di
impresa giuridicamente unitaria, imputabile alla società capogruppo o congiuntamente a tutte le società
facenti parte del gruppo. L’indipendenza formale esclude che la capogruppo sia responsabile per le obbli-
gazioni assunte dalle controllate in attuazione della politica di gruppo. Con la disciplina della Spa e della
Srl unipersonale introdotto dalla riforma del 2003, la responsabilità diretta della capogruppo per le ob-
bligazioni assunte dalle società figlia resta esclusa anche quando la prima è unico socio delle seconde.
L'indipendenza formale comporta però che la capogruppo non può legittimamente imporre alle società fi-
glie il compimento di atti che contrastino con gli interessi delle stesse separatamente considerate. L'art.
2497-ter stabilisce infatti che " le decisioni delle società soggette all'attività di direzione e coordina-

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mento, quando da questa influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indica-
zione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione". Una specifica disciplina
poi è dettata per i finanziamenti concessi alle società controllate dalla capogruppo o da altri soggetti alla
stessa sottoposti ( art. 2497-quinquies), al fine di evitare che un eccessivo indebitamento danneggi gli
altri territori sociali. Se la società finanziata fallisce entro un anno dal rimborso, la somma riscossa deve
essere restituita. La società capogruppo è tenuta a indennizzare direttamente azionisti e creditori delle
società controllate per i danni dagli stessi subiti per il fatto che la propria società si è attenuta alle di-
rettive di gruppo lesive del proprio patrimonio. Le società o gli enti che violano i principi di corretta ge-
stione societaria e imprenditoriale delle società soggette alla loro attività di direzione e coordinamento "
sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività
e al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata
all'integrità del patrimonio sociale" ( art. 2497, 1 comma). L'azione esercitata dai soci e dei creditori so-
ciali è azione diretta e non surrogatoria di quelle che eventualmente spetta alla società controllata, sic-
ché il risarcimento dei danni spetta direttamente ai primi e non alla seconda. Poiché il danno subito dai
soci o dei creditori della società controllata è pur sempre un riflesso del danno subito da quest'ultima,
l'azione di risarcimento danni nei confronti della capogruppo è esperibile solo se essi non sono stati sod-
disfatti dalla società controllata ( art. 2497, 3 comma). Il danno va valutato considerando il risultato
complessivo dell'attività di direzione e di coordinamento e quindi i vantaggi compensativi che possono de-
rivare dall'appartenenza ad un gruppo. Ulteriore significativa novità della riforma del 2003 è il ricono-
scimento del diritto di recesso ai soci di una società soggetta ad attività di direzione e di coordinamento
in presenza di eventi riguardanti la società capogruppo. Il diritto di recesso è infatti riconosciuto ai soci
di una società non quotata che entra a far parte di gruppo o ne esce, se " ne deriva una alterazione delle
condizioni di rischio dell'investimento e non venga promossa un'offerta pubblica di acquisto" che consen-
ta al socio di alienare la propria partecipazione.

11. IL GRUPPO INSOLVENTE.


L’attuale disciplina dell’amministrazione straordinaria prevede che, dichiarata insolvente e sottoposta ad
amministrazione straordinaria una società facente parte di un gruppo, alla stessa procedura siano sotto-
poste tutte le imprese facenti parte dello stesso gruppo che si trovino in stato di insolvenza. Ciò anche
se per quest’ultime non ricorrano i requisiti richiesti per l’ammissione all’amministrazione straordinaria,
purché le stesse presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico o risulti opportuna
la gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo. L’omogeneità delle procedure non incide però
sulla reciproca autonomia patrimoniale delle società del gruppo, anche se ricorre lo stato di insolvenza. È
sempre necessario un distinto accertamento dello stato di insolvenza delle singole società del gruppo.

Inoltre, l’uniformità delle procedure non comporta confusione dei patrimoni; ciascuna società insolvente
risponde solo delle proprie obbligazioni e non vi è responsabilità della capogruppo nei confronti dei credi-
tori delle società figlie. Sono però previste delle norme specifiche volte ad assicurare la reintegrazione

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del patrimonio delle società figlie ed a consentire il ristoro degli eventuali danni dalle stesse subite per
effetto della politica unitaria di gruppo. In tale direzione è fissato l’allungamento dei termini per l’ese-
rcizio delle azioni revocatorie fallimentari nei confronti degli atti posti in essere con altre imprese del
gruppo, anche se non insolventi. Il termine di un anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza è portato
a cinque anni e quello di sei mesi è portato a tre anni. Inoltre, il commissario giudiziale, il commissario
straordinario e il curatore di un’impresa del gruppo dichiarata insolvente possono proporre la denuncia al
tribunale per gravi irregolarità nei confronti degli amministratori e sindaci di altre società del gruppo
non assoggettate alla procedura.Inoltre, in caso di direzione unitaria del gruppo "gli amministratori delle
società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società di-
chiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa (art. 90 d.lgs. 270/1999, e già l'art.
3, 10 comma, legge 95/1979). Gli amministratori delle società dominanti sono perciò coinvolti nella re-
sponsabilità degli amministratori delle società dominate, per i danni da questi ultimi cagionati alla prova
società per il fatto di aver stupidamente dato attuazione alle direttive di gruppo.

10.LE LETTERE DI PATRONAGE


L’autonomia patrimoniale delle società di gruppo comporta che una società capogruppo non può essere
chiamata a rispondere dei debiti contratti dalle controllate. Se non ricorrono gli estremi dell’abuso di
attività di direzione e coordinamento, i creditori delle società controllate potranno agire nei confronti
della capogruppo solo se dispongono di uno specifico titolo giuridico. Ad es. delle garanzie da parte della
capogruppo. Fra le possibili fonti di responsabilità della capogruppo vanno ricomprese le c.d. lettere di
patronage, che sono delle dichiarazioni della capogruppo, normalmente rilasciate a banche, per favorire il
finanziamento delle società controllate. Il contenuto di tale lettere non è omogeneo, e il valore giuridico
di tale lettere varierà in base a quello che c’è scritto. Lettere deboli: formulazione di
dichiarazioni generiche in merito alla solvibilità del gruppo. Lettere
forti: contenuto più impegnativo; ad esempio la capogruppo afferma che eserciterà tutta la sua influenza
affinché la controllata faccia onore alle proprie obbligazioni ed eventualmente si impegna anche a fornire
alla stessa i mezzi finanziari necessari.

CAPITOLO 7 - L'ASSEMBLEA

1. GLI ORGANI DELLA S.P.A


La società per azioni si caratterizza per la presenza di tre distinti organi:

1) l'assemblea dei soci, organo con funzioni esclusivamente deliberative le cui competenze sono per leg-
ge (artt. 2364 - 2365 ) circoscritte alle decisioni di maggior rilievo della vita sociale;

2) l'organo amministrativo, cui è devoluta la gestione dell'impresa sociale e che nello svolgimento di tale
funzione ha per legge ampi poteri decisionali. Gli amministratori hanno inoltre la rappresentanza legale
della società e ad essi spetta il compito di dare attuazione alle deliberazioni dell'assemblea;

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3) l'organo di controllo interno, con funzioni di controllo sull'amministrazione della società.

Per quanto riguarda l'amministrazione e il controllo, il codice civile del 1942 prevedeva un unico sistema
basato sulla presenza di due organi:

a) l'organo amministrativo; b) il collegio sindacale, che inizialmente svolgeva anche funzioni di controllo
contabile.

La riforma del 2003 ha tuttavia affiancato al sistema tradizionale di amministrazione e di controllo, altri
due sistemi alternativi:

A) il sistema dualistico, di ispirazione tedesca. Con tale sistema amministrazione e controllo sono eserci-
tati da un consiglio di sorveglianza, di nomina assembleare, e da un consiglio di gestione, nominato diret-
tamente dal consiglio di sorveglianza.

B) il sistema monistico, di ispirazione anglosassone. Con tale sistema l'amministrazione e il controllo sono
esercitate rispettivamente dal consiglio di amministrazione, nominato dall'assemblea, ed un comitato per
il controllo sulla gestione costituito al suo interno ed i cui componenti devono essere dotati di particolari
requisiti di indipendenza e professionalità.
Anche per le società che adottano il sistema dualistico o monistico è previsto il controllo contabile
esterno.

2. NOZIONI E DISTINZIONI
L'assemblea è l'organo composto dai soci; la sua funzione è quella di formare la volontà della società nelle
materie riservate alla sua competenza dalla legge o dall'atto costitutivo. È un organo collegiale che deci-
de secondo il principio maggioritario. La volontà espressa dai soci riuniti in assemblea vincola tutti i soci,
anche assenti i dissenzienti. A seconda dell'oggetto delle deliberazioni, l'assemblea si distingue in ordi-
naria e straordinaria. In seguito alla riforma del 2003, le competenze dell'assemblea or-
dinaria varia a seconda del sistema di amministrazione di controllo adottato.
Nelle società che adottano il sistema tradizionale o moni-
stico, l'assemblea in sede ordinaria:

1) approva il bilancio;

2) nomina e revoca gli amministratori, i sindaci e il presidente del collegio sindacale;

3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci;

4) delibere sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;

5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea;

6) approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.

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Con l'attuale disciplina sembra invece essere venuta meno la possibilità degli amministratori di sottopor-
re, di propria iniziativa, all'assemblea operazioni attinenti alla gestione sociale.
Più ristrette sono le competenze dell'assemblea ordinaria delle società che
optano per il sistema dualistico, dato che in tal caso è il consiglio di sorveglianza che nomina e revoca i
componenti del consiglio di gestione, promuove l'azione di responsabilità nei loro confronti e approva il
bilancio di esercizio. L'assemblea ordinaria invece:

a) nomina e revoca i consiglieri sorveglianza;

b) determina il compenso ad essi spettante;

c) delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;

d) delibera sulla distribuzione degli utili;

e) nomina il revisore.

!
L'assemblea in sede straordinaria a sua volta delibera:

A) sulle modifiche dello statuto;

B) sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori;

C) su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza ( art. 2365, 1 comma).

L'assemblea è unica e generale se la società ha emesso solo azioni ordinarie. E quando invece sono state
emesse diverse categorie di azioni, o strumenti finanziari, all'assemblea generale si affiancano l'asse-
mblea speciale di categoria.

3.IL PROCEDIMENTO ASSEMBLEARE


La convocazione dell'assemblea è di regola decisa dall'organo amministrativo, i quali possono disporre la
stessa ogni qual volta lo ritengano opportuno. È tuttavia obbligatoria in una serie di casi:

A) devono convocare l'assemblea ordinaria almeno una volta all'anno, entro il termine stabilito dallo sta-
tuto, e che comunque non può essere superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio.

B) devono convocare senza ritardo l'assemblea quando ne sia stata fatta richiesta da tanti soci che rap-
presentano almeno il 10% del capitale sociale o la minor percentuale prevista dallo statuto e nella doman-
da siano indicati gli argomenti da trattare. Se gli amministratori oppure in loro vece i sindaci non provve-
dono, la convocazione dell'assemblea è ordinata con decreto dal tribunale.

Tale disciplina ricalca quella del 1998 per le società quotate al fine di rafforzare la posizione degli azio-
nisti di minoranza attivi. La convocazione dell'assemblea deve poi essere disposta dal collegio sindacale

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ogni qualvolta sia obbligatoria e gli amministratori non vi abbiano provveduto e quando vengono a mancare
tutti gli amministratori o l’amministratore unico. L'assemblea è convocata nel comune dove ha sede la
società, se lo statuto non dispone diversamente ( art. 2363). La convocazione è disposta mediante avviso
da pubblicare nella gazzetta ufficiale della repubblica, almeno 15 giorni prima di quello fissato per l'adu-
nanza. Tale modalità può essere sostituita dalla pubblicazione su almeno un quotidiano indicato dallo sta-
tuto. Lo statuto di una società non quotata può consentire la convocazione mediante avviso comunicato ai
soci almeno otto giorni prima, con mezzi idonei a comprovare l’avvenuto ricevimento (fax, raccomandata
a.r., e-mail). L’avviso deve contenere l’indicazione del giorno, ora e luogo dell’adunanza, nonché l’elenco
delle materie da trattare, detto ordine del giorno. Nello stesso avviso può essere stabilito il giorno della
seconda convocazione, che deve essere diverso dal giorno stabilito per la prima convocazione. In mancan-
za, la seconda convocazione deve avvenire entro 30 giorni dalla prima. L’o.d.g. delimita la
competenza dell’assemblea e impedisce che si possa deliberare su argomenti ulteriori e diversi. Sono tut-
tavia consentite le delibere strettamente consequenziali ed accessorie rispetto a quelle indicate nel-
l’o.d.g. La convocazione preventiva serve per rendere noto a tutti i legittimati ad intervenire e permette
di conoscere gli argomenti che saranno trattati. Pur in assenza di convocazione, l’assemblea è regolar-
mente costituita quando è rappresentato l'intero capitale sociale e partecipa all'assemblea la maggio-
ranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo. Agli assenti deve tuttavia essere data
tempestiva comunicazione delle deliberazioni assunte: questa la c.d. assemblea totalitaria. Essa può deli-
berare su qualsiasi argomento, ma la sua competenza è instabile e precaria. Infatti, ciascuno degli inter-
venuti può opporsi alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato,
impedendo così che si arrivi a deliberare su quel punto.

!
4. COSTITUTZIONE DELL’ASSEMBLEA. VALIDITA’ DELLE DELIBERAZIONI
Si definisce quorum costitutivo la parte del capitale sociale che deve essere rap-
presentato in assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori.
Si definisce invece quorum deliberativo la parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di
una determinata deliberazione perché questa sia approvata.

L'attuale disciplina ( art. 2368, 3 comma) stabilisce che nel computo del quorum costitutivo non si tiene
conto delle azioni istituzionalmente senza diritto di voto, mentre si tiene conto delle azioni per le quali il
voto sia occasionalmente sospeso.
La disciplina del quorum costitutivo e deliberativo è comunque diversa per l'assemblea ordinaria e
straordinaria:

➢ l'assemblea ordinaria in prima convocazione è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci
che rappresentino almeno la metà del capitale sociale con diritto di voto. Essa delibera col voto
favorevole della metà più una (maggioranza assoluta) delle azioni che hanno preso parte alla vota-

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zione per quella determinata delibera.


Nessun quorum costitutivo è richiesto per l'assemblea ordinaria di seconda convocazione, che può
perciò validamente deliberare qualunque sia la parte del capitale rappresentata in assemblea.

➢ La disciplina delle assemblee straordinarie è diversa a seconda che la società faccia o meno ricor-
so al mercato del capitale di rischio.
o Per l'assemblea straordinaria delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio la disciplina previgente è rimasta immutata per quanto riguarda la prima convoca-
zione. Non è infatti espressamente previsto un quorum costitutivo. In prima convocazione
l'assemblea straordinaria delibera con voto favorevole di tanti soci che rappresentano più
della metà del capitale. Per la seconda convocazione, la riforma del 2003 ha introdotto una
differenziazione fra quorum costitutivo e quorum deliberativo. L'assemblea straordinaria
di seconda convocazione è infatti regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un
terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale
rappresentato in assemblea (art. 2369, 3 comma).
o Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la disciplina dell'assem-
blea straordinaria invece è stata più volte modificata a partire dal 1974 e prevede, a parti-
re dal 1998, una differenziazione fra quorum costitutivo e quorum deliberativo, volta a
contemperare la facilità deliberativa del gruppo di comando con la tutela delle minoranze.
In base all'attuale disciplina, il quorum costitutivo minimo è almeno la metà del capitale so-
ciale in prima convocazione e più di un terzo in seconda convocazione.

Per quanto riguarda i quorum deliberativi invece è stabilito che l'assemblea straordinaria
delibera sia in prima che in seconda convocazione, con il voto favorevole di almeno i due
terzi del capitale rappresentato in assemblea.

Seconda novità è la soppressione a partire dal 1998 di tutte le maggioranze rafforzate in precedenza e
richieste per delibere di particolare importanza, con la sola eccezione dell'esclusione del diritto di op-
zione. Lo statuto può modificare solo in aumento le maggioranze previ-
ste per l'assemblea ordinaria di prima convocazione e quelle dell'assemblea straordinaria, nonché stabili-
re norme speciali per la nomina alle cariche sociali. È consentito che lo statuto preveda convocazioni ulte-
riori sia dell'assemblea ordinaria che di quella straordinaria; convocazione ai quali si applicano le disposi-
zioni della seconda convocazione. (Schema pag. 321)

5. SVOLGIMENTO DELL’ASSEMBLEA. VERBALIZZAZIONE


L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza da quella eletta con il voto
della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un segretario, designato allo stesso modo.
Tuttavia la presenza del segretario non è necessaria se il verbale è redatto da un notaio. La funzione del
presidente è quella di dirigere i lavori dell’assemblea, assicurando che la stessa si svolga in modo ordinato

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e nel rispetto delle norme che ne regolano l’attività. Il presidente ha ampi poteri ordinatori e decisori
sullo svolgimento dei lavori assembleari. Egli dichiara aperta e chiusa l’assemblea, pone in discussione gli
argomenti dell’o.d.g., regola gli interventi e modera il dibattito, mette in votazione le diverse proposte e
proclama i risultati. L’assemblea non potrà sovrapporsi al presidente, ma potrà revocarlo per giusta cau-
sa qualora egli eserciti le proprie funzioni in modo arbitrario e in conflitto di interessi. Gli amministrato-
ri sono tenuti a fornire informazioni ulteriori rispetto a quelle dovute per legge all’assemblea, solo nei
limiti in cui ciò sia necessario per consentire agli azionisti l’esercizio consapevole del voto. Non essendo
stabilito nulla a proposito, il modo di procedere alla votazione è liberamente stabilito di volta in volta. Le
delibere assembleari devono constare da verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal nota-
io. I verbali devono essere trascritti nell’apposito registro delle adunanze e delle deliberazione dell’as-
semblea, tenuto a cura degli amministratori. Il verbale deve indicare la data dell’assemblea, l’identità dei
partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno; deve indicare le modalità e il risultato delle votazio-
ni e deve consentire, in allegato, l’identificazione dei soci favorevoli e di quelli contrari o astenuti. La
Consob inoltre prevede ulteriori requisiti in caso di verbali di società quotate. Il verbale deve essere
redatto senza ritardo dall’assemblea, anche se non contestuale.

6. IL DIRITTO DI INTERVENTO. IL DIRITTO DI VOTO


Possono intervenire in assemblea gli azionisti con diritto di voto (art.2370, 1
comma), nonché i soggetti che pur non essendo soci hanno diritto di voto, come l'usufruttuario o il credi-
tore pignoratizio( art. 2352 ). In base all'attuale disciplina il diritto di in-
tervento non compete invece agli azionisti senza diritto di voto, eccezion fatta per il socio che ha dato le
proprie azioni in pegno o in usufrutto. È stata anche semplificata la disciplina dell'intervento in assem-
blea (art.2370): non è più necessario il preventivo deposito delle azioni presso la sede della società o
presso le banche indicate nell'avviso di convocazione ed è venuto meno il divieto di ritiro dei titoli prima
che l'assemblea abbia avuto luogo. Preventivo deposito e divieto di ritiro anticipato possono essere però
previsti dallo statuto, che ne fissa anche il termine entro il quale il deposito deve avvenire; termine che
per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non può superare i due giorni non festi-
vi. Lo statuto può inoltre consentire l'intervento l'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o
l'espressione del voto per corrispondenza. E chi esprime il voto per corrispondenza si considera interve-
nuto all'assemblea (art.2370, 4 comma); tale tipo di voto viene regolato dallo statuto.

7. LA RAPPRESENTANZA IN ASSEMBLEA
Gli azionisti possono partecipare all'assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentante. La par-
tecipazione a mezzo rappresentante è oggi regolata da due diverse discipline: una applicabile a tutte le
società per azioni (art. 2372 c.c.); l'altra, introdotto nel 1998, applicabile in alternativa alla prima solo
alle società con azioni quotate. L'istituto della rappresentanza in assemblea consente la partecipazione
indiretta dei piccoli azionisti alla vita della società e agevola il raggiungimento delle maggioranze assem-
bleari nelle società con diffuso assenteismo dei soci. E' però istituto che può prestarsi ad abusi: attra-

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verso il rastrellamento delle deleghe il gruppo minoritario di comando della società e/o gli amministratori
possono rafforzare le proprie posizioni di potere a spese dei piccoli azionisti in occasione di assemblee
che si preannunciano particolarmente combattute. Proprio per evitare ciò il legislatore interviene una
prima volta nel 1974, scegliendo la via di introdurre una serie di limitazioni volte ad ostacolare la raccolta
delle deleghe: la delega deve essere conferita per iscritto e deve contenere il nome del rappresentante
che può farsi sostituire solo da altra persona indicata nella delega stessa. Le società o di enti possono
delegare solo un proprio dipendente o collaboratore. La delega è sempre revocabile.
Con la riforma del 2003 è stata invece circoscritta alle sole società che fanno ricorso al mercato del ca-
pitale di rischio la regola secondo cui la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee.
Con la riforma del 1998 è stato invece soppresso il divieto di rappresentanza per le banche ( introdotto
nel 1974). Con la riforma del 1974 sono stati infine introdotte limitazioni, tuttora vigenti, anche per
quanto riguarda il numero dei soci: non più di 20, o se si tratta di società che fanno ricorso al mercato
del capitale di rischio non più di 50, 100 o 200 soci, a seconda che il capitale della società non superi 5
milioni di euro, non superi i 25 milioni o infine superi quest'ultima cifra.

La riforma del 1998 ha introdotto per le sole società con azioni quotate gli istituti della " sollecitazione"
e della " raccolta delle deleghe": istituti per i quali non operano le limitazioni soggettive e quantitative.
La sollecitazione è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta a tutti gli azionisti da parte di
uno o più soggetti (committente), che richiedono l’adesione a specifiche proposte di voto. Il committente
deve già possedere almeno l' 1% delle azioni con diritto di voto da almeno sei mesi. Inoltre per effettua-
re la sollecitazione deve necessariamente rivolgersi ad un intermediario professionale ( banche, imprese
di investimento), che effettuerà la sollecitazione per suo conto, mediante la fusione di un prospetto e di
un modulo di delega. Diversa dalla sollecita-
zione è la raccolta di deleghe, che risponde allo scopo di agevolare l'esercizio indiretto del voto da parte
di piccoli azionisti già organizzati in associazione per la difesa dei comuni interessi. La raccolta di dele-
ghe è infatti la richiesta di conferimento di deleghe effettuata da associazione di azionisti esclusiva-
mente nei confronti dei propri associati. L’associazione deve essere formata da almeno 50 persone fisi-
che, ciascuna delle quali deve possedere una quantità di azioni non superiore allo 0,1% del capitale sociale
rappresentato da azioni con diritto di voto. L’associazione esercita la raccolta mediante il solo modulo di
delega fra gli associati e non è tenuta a chiedere l’adesione a specifiche proposte di voto. In ogni caso le
informazioni contenute nel prospetto o nel modulo di delega devono essere idonee a consentire all’azioni-
sta di assumere una decisione consapevole. La delega può essere conferita solo
per singole assemblee già convocate e non può essere rilasciata in bianco ma deve indicare il nome del de-
legato e la data e la sottoscrizione del delegatario. Le deleghe di voto rilasciate a seguito di sollecita-
zione o raccolta devono contenere le istruzioni di voto e sono revocabili, mediante dichiarazione espressa
portata a conoscenza dell’intermediario o dell’associazione, fino al giorno precedente l’assemblea.
La violazione della disciplina in tema di sollecitazione e di raccolta delle deleghe espone a sanzioni ammi-

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nistrative pecuniarie. Nella sollecitazione, il voto per delega è esercitato dal commettente o dall’inter-
mediario che ha effettuato la sollecitazione. Nella raccolta, la delega è rilasciata ai legali rappresentanti
dell’associazioni i quali dovranno attenersi alle indicazioni espresse da ciascun associato nel modulo di de-
lega.

8. LIMITI ALL’ESERCIZIO DEL VOTO. IL CONFLITTO DI INTERESSI.


Con l'esercizio del diritto di voto il socio concorre alla formazione della
volontà sociale in proporzione del numero di azioni possedute e la maggioranza esplica il potere di operare
le scelte discrezionali, necessarie o utili per l'attuazione del contratto sociale. L'esercizio del diritto di
voto è in via di principio rimesso all'apprezzamento discrezionale del socio, il quale deve però esercitarlo
in modo da non arrecare un danno al patrimonio della società. Le deliberazioni assembleari regolarmente
adottate sono annullabili solo se la maggioranza si sia ispirata esclusivamente ad interessi extra sociali,
con danno per la società. Versa in
un conflitto di interessi l'azionista che in una determinata delibera ha un interesse personale contra-
stante con l'interesse della società. Ad esempio, l'assemblea è chiamata a deliberare sull'acquisto di un
immobile di proprietà del socio, o sul compenso al socio amministratore, o ancora sulla concessione di fi-
deiussione a favore di altra società composta dagli stessi soci. In base a tale situazione il socio, art.
2373 , è libero di votare o di astenersi, ma se vota la delibera approvata con il suo voto determinante è
impugnabile a norma dell'art. 2377 qualora possa recare danno alla società. La delibera adottata col voto
del socio in conflitto di interessi è annullabile se ricorrano due condizioni:

a) che il suo voto sia stato determinante ( prova di resistenza);

b) che la delibera possa danneggiare la società ( danno potenziale).

Due ipotesi tipiche di conflitto di interessi sono previste dall'articolo 2373.2:

A) vieta ai soci amministratori di votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità;

B) vieta, nel sistema dualistico, ai soci componenti del consiglio di gestione di votare nelle deliberazioni
riguardanti la nomina, la revoca, o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.

La disciplina del conflitto di interessi consente di reprimere gli abusi della maggioranza a danno del pa-
trimonio sociale. Si può verificare il caso in cui una delibera sia adottata dalla maggioranza per danneg-
giare non la società, ma i soci di minoranza. In questo caso l’art. 2373 non è invocabile, dato che la socie-
tà non subisce alcun danno patrimoniale ne attuale ne potenziale. Ma, la dottrina e la giurisprudenza ten-
de ad applicare in materia il principio della correttezza e buona fede nell’attuazione del contratto, art.
1375. Si perviene così ad affermare l’annullabilità della delibera quando la stessa sia ispirata dal solo
scopo di danneggiare singoli soci. Identici principi saranno validi per i casi in cui sia la minoranza ad abu-
sare del diritto di voto o altri diritti. In tali casi, però, oltre all’annullamento della delibera, la società
potrà chiedere anche il risarcimento del danno.

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9.I SINDACATI DI VOTO


I sindacati di voto sono accordi ( patti parasociali) con i quali alcuni soci si impe-
gnano a concordare preventivamente il modo in cui votare in assemblea. I sindacati di voto possono avere
carattere occasionale o permanente. In questo secondo caso, possono essere a tempo determinato o a
tempo indeterminato, nonché riguardare tutte le delibere assembleari o soltanto quella di determinato
tipo. Si può stabilire che il modo come votare sarà deciso all'unanimità o a maggioranza dei soci sindacati.
I vantaggi dei sindacati di voto sono evidenti: essi danno un indirizzo unitario all'azione dei soci sindacati
se questi vengono a costituire il gruppo di comando, il patto di sindacato consente di dare stabilità di in-
dirizzo alla condotta della società. L'accordo di sindacato consente una migliore difesa dei comuni inte-
ressi quando è stipulato fra soci di minoranza. I pericoli dei sindacati di voto sono altrettanto evidenti: i
sindacati di comando cristallizzano il gruppo di controllo, soprattutto se stipulati a lungo termine o a
tempo determinato e combinati con un sindacato di blocco delle azioni. Con i sindacati di comando il pro-
cedimento assembleare finisce con l'essere rispettato solo formalmente, dato che in fatto le decisioni
vengono prese prima e fuori dall'assemblea. Se il sindacato decide a maggioranza, anche il principio mag-
gioritario finisce col ricevere ossequio solo formale. Con i sindacati di voto formalmente nulla cambia nel
funzionamento dell'assemblea; sostanzialmente invece il procedimento assembleare può essere più o
meno gravemente alterato a seconda di come il sindacato è strutturato. Il sindacato di voto, come patto
parasociale, è produttivo di effetti solo fra le parti e non nei confronti della società. Perciò il voto del-
l'assemblea resta valido anche se espresso in violazione degli accordi di sindacato. La presenza di un sin-
dacato di voto può riflettersi sulla validità delle delibere solo quando uno o più sindacati versino in con-
flitto di interesse con la società.

La presenza di sindacati di voto a maggioranza non altera le regole procedimentali e perciò strettamente
formali di formazione della volontà sociale. È pur sempre l’assemblea che assume le delibere secondo la
legge. Altro è il profilo su cui incidono i sindacati di voto ( a maggioranza o all'u-
nanimità): è quello dell'esatta individuazione dei reali centri di potere delle società che si concorrono a
determinare, attraverso la concentrazione e l'indirizzo unitario dei voti.
Nelle società non quotate non solo i sindacati di voto, ma anche gli altri patti stipulati al fine di stabiliz-
zare gli assetti proprietari o il governo della società (ad es. sindacali di blocco), non possono avere durata
superiore a cinque anni, ma sono rinnovabili alla scadenza. Inoltre, possono essere stipulate anche a tem-
po determinato, ma in tal caso ciascun contraente può recedere con un preavviso di sei mesi (art.2341-
bis). Per la società non quotate i limiti di durata non si applicano ai patti
strumentali ad accordi di collaborazione della produzione e dello scambio di beni e servizi a quelli relativi
a società interamente possedute dai partecipanti all'accordo ( art. 2341-bis, 3 comma).
I patti parasociali sono inoltre soggetti ad un particolare regime di pubblicità.
Nelle società non quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono
essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di assemblea. La dichiarazione deve essere tra-
scritta nel verbale di assemblea che deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese.

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L'omessa dichiarazione è sanzionata con la sospensione del diritto di voto delle azioni cui si riferisce il
patto parasociale.
Nelle società quotate, invece, i sindacati di voto e gli altri patti parasociali previsti dall'art. 122 Tuf, de-
vono essere comunicati alla Consob, pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana e depositati presso il
registro delle imprese del luogo dove la società ha sede legale entro i brevi termini fissati per legge. La
violazione di tali obblighi comporta la nullità dei patti e la sospensione del diritto di voto relativo alle
azioni sindacate.

Nessuna forma di pubblicità è invece prevista per i patti parasociali riguardanti società non quotate che
non fanno appello al mercato del capitale di rischio.

10. LE DELIBERAZIONI ASSEMBLEARI INVALIDE


L'invalidità delle delibere assembleari può essere determinata dalla violazione delle norme che regolano il
procedimento assembleare o dei vizi che riguardano il contenuto della delibera. Anche per le deliberazio-
ni assembleari opera la distinzione fra nullità e annullabilità proprie della disciplina dei contratti. Il codi-
ce del 1942 privilegia la stabilità delle delibere assembleari. La nullità si presentava infatti come sanzio-
ne eccezionale prevista solo per le delibere aventi oggetto impossibile o illecito. I vizi di procedimento
davano vita sempre e soltanto alla annullabilità della delibera e non ha alla più grave sanzione della nullità.
Decorso il termine di tre mesi concesso per l'impugnativa la delibera non era più contestabile per vizi
procedimentali anche gravi. Questo però era il diritto descritto dal codice del 1942, ben altro è invece il
diritto vivente: non potendosi contestare le cause di nullità prevista dall'art. 2379, si era girato l'ost-
acolo introducendo accanto alle delibere nulle e annullabili una terza categoria del tutto ignorata dal co-
dice del 1942: quella delle delibere inesistenti. Tali erano considerate le delibere che presentavano vizi
di procedimento talmente gravi da precludere la possibilità stessa di qualificare l'atto come delibera as-
sembleare. In tal caso si deve parlare di delibera inesistente per mancanza dei requisiti minimi essenziali
di una delibera assembleare. E per una delibera inesistente la sanzione non poteva essere che la nullità
radicale. Si arrivava così ad estendere la sanzione della nullità anche alle delibere che presentavano solo
vizi di procedimento. La riforma del 2003 introduce una disciplina, il cui obiettivo di fondo è quello di
porre fine alla categoria giurisprudenziale delle delibere inesistenti riconducendo le categorie della nulli-
tà o dell'annullabilità a tutti i possibili vizi delle delibere assembleari (c.d. principio di tassatività delle
cause di invalidità).

Delibere annullabili (artt.2377-2378): l'attuale disciplina ribadisce il principio che l'annullabilità costi-
tuisce la regola per le delibere assembleari invalide. Infatti sono semplicemente annullabili tutte " le de-
liberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto " (art.2377, 2 co), mentre la più
grave sanzione della nullità scatterà solo nei tre casi tassativamente indicati nell'art. 2379 c.c.

Possono dar vita solo ad annullabilità della delibera:

a)la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate, ma solo se tale partecipazione sia stata de-

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terminante per la regolare costituzione dell'assemblea (c.d. prova di resistenza);

b) l'invalidità dei singoli voti o il loro errato conteggio, ma solo se determinanti per il raggiungimento del-
la maggioranza;

c) l'incompletezza o inesattezza del verbale, ma solo quando impediscono l'accertamento del contenuto,
degli effetti, e della validità della delibera (art.2377, 4 comma).

Per le delibere annullabili è dettata poi una disciplina specifica profondamente diversa da quella prevista
per le delibere nulle. L'impugnativa può essere infatti proposta solo dai soci espressamente previsti da
legge., e cioè: soci assenti, dissenzienti o astenuti, amministratori, consiglio di sorveglianza, consiglio sin-
dacale. Legittimato all'impugnativa è anche il rappresentante comune degli azionisti di risparmio. La le-
gittimazione di impugnativa non compete quindi i soci che abbiano votato a favore della delibera, né ai
terzi qualificati come creditori sociali. L'impugnativa o l'adozione di risarcimento danni devono essere
proposte entro un breve termine di decadenza: 90 giorni dalla data della deliberazione o, se questa è
soggetta ad iscrizione o al solo deposito nel registro delle imprese, tre mesi dall'iscrizione dal deposito.
L'azione di annullamento è proposta davanti al tribunale del luogo dove la società ha la sede. Non è più
necessario il deposito nella cancelleria del tribunale di almeno un'azione, ma i soci impugnati devono di-
mostrare di essere possessori del prescritto numero di azioni. Quindi, l’impugnativa è preclusa all’azioni-
sta che pur avendo votato contro la delibera, nel frattempo non è più in possesso delle proprie azioni.
Sono inoltre predisposti accorgimenti al fine di evitare che impugnative pretestuose possano danneggiare
la società. Il tribunale può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per
l'eventuale risarcimento danni. Inoltre, la proposizione dell'azione non sospende di per sé l'esecuzione
della delibera. La sospensione può esser tuttavia disposta su richiesta dell'impugnante, previa compara-
zione fra danno alla società e danno del ricorrente, e dopo aver sentito amministratori e sindaci. L'annul-
lamento ha effetto per tutti i soci e obbliga gli amministratori a prendere provvedimenti conseguenti
sotto la propria responsabilità. Restano però in ogni caso salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi
in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera. Infine, l'annullamento non può aver luogo se la deli-
bera è sostituita con altra presa in conformità alla legge o dell'atto costitutivo o è stata revocata dal-
l'assemblea. Restano salvi i diritti acquistati dai terzi sulla base della deliberazione sostituita ( art.
2377, 8 comma).

11. LE DELIBERAZIONI NULLE


I casi di nullità delle delibere assembleari sono state cresciuti rispetto alla disciplina previgente, al fine
di esorcizzare la categoria giurisprudenziale delle delibere inesistenti quindi con l'obiettivo ultimo di cir-
coscrivere l'ambito di operatività delle sanzioni rispetto al previgente diritto vivente. La delibera è nulla
solo nei tre casi tassativamente indicati nell'art. 2379. Sono nulle le delibere il cui oggetto è impossibile
o illecito; vale a dire contrario a norme imperative, all'ordine pubblico al buon costume. Ad esempio, si
delibera di non redigere il bilancio di esercizio o di sopprimere il collegio sindacale.

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Nullità si ha tuttavia anche quando la delibera ha oggetto lecito ma contenuto illecito. Per l'attuale disci-
plina la delibera assembleare è altresì nulla nei casi di:

a) mancata convocazione dell'assemblea. Si precisa però che:

1) la convocazione non si considera mancante e non si ha nullità della delibera "nel caso di irregola-
rità dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo amministrativo o di controllo
della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere tempe-
stivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea" ( art. 2379, 3 comma).

2) l'azione di nullità non può essere esercitata da chi, anche successivamente, abbia dichiarato il
suo assenso allo svolgimento dell'assemblea (art.2379-bis, 1 comma).

b) mancanza del verbale. Si precisa che:

1) il verbale non si considera mancante " se contiene la data della deliberazione e il suo oggetto è
sottoscritto dal presidente dell'assemblea o dal presidente del consiglio d'amministrazione o del
consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio" ( art. 2379, 3 comma);

2) la nullità per mancanza del verbale sanata con effetto retroattivo mediante verbalizzazione
eseguita prima dell'assemblea successiva.

Resta fermo il principio che la nullità delle delibere assembleari può essere fatta valere da chiunque vi
abbia interesse e può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice. A differenza dell'azione di nullità di
diritto comune, non soggetta a prescrizione o a termini di decadenza, possono invece essere impugnate
senza limiti di tempo solo le delibere che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o im-
possibili. In tutti gli altri casi è introdotto un termine di decadenza di tre anni. Per i casi di nullità delle
delibere riguardanti l’aumento o riduzione del capitale sociale, emissione di obbligazione, l’azione di nulli-
tà è soggetta al termine di decadenza di 180 giorni. In mancanza di convocazione, il termine è di 90 giorni
dall’approvazione del bilancio nel corso del quale la delibera è stata eseguita. Specificamente disciplinata
è poi l'invalidità delle delibere di approvazione del bilancio, non più impugnabile dopo l'approvazione del
bilancio successivo e della delibera di trasformazione.

CAPITOLO 8 – L’AMMINISTRAZIONE

1. I SISTEMI DI AMMINISTRAZIONE E DI CONTROLLO

La riforma del 2003 ha previsto tre sistemi di amministrazione e controllo:

a) il sistema tradizionale, basato sulla presenza di due organi entrambi di nomina assembleare: l'organo
amministrativo e il collegio sindacale;

b) il sistema dualistico, prevede la presenza di un consiglio di sorveglianza di nomina assembleare e di un

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consiglio di gestione, nominato dal consiglio di sorveglianza;

c) il sistema monistico, nel quale l'amministrazione ed il controllo sono esercitate rispettivamente dal
consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo sulla gestione costituito al suo interno.

Anche per le società che adottano il sistema dualistico o monistico è poi previsto il controllo contabile
esterno.

2. STRUTTURA E FUNZIONI DELL’ORGANO AMMINISTRATIVO


Nel sistema tradizionale, la società per azioni può avere sia un amministratore uni-
co sia una pluralità di amministratori, che formano il consiglio di amministrazione. Inoltre, il consiglio di
amministrazione può essere articolato al suo interno con la creazione di uno o più organi delegati che
danno luogo alle figure del comitato esecutivo e degli amministratori delegati ( art. 2381 ). Gli ammini-
stratori sono l'organo cui è affidata in via esclusiva la gestione dell'impresa sociale e ad essi spetta
compiere tutte le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale ( art. 2380-bis). Le loro
funzioni sono:

a) gli amministratori deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non siano
riservati dalla legge all'assemblea. È questo il c.d. potere gestorio degli amministratori;

b) gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società. Hanno cioè il potere di manifestare
all'esterno la volontà sociale ponendo in essere i singoli atti giuridici in cui si concretizza l'attività socia-
le (potere di rappresentanza);

c) gli amministratori danno impulso all'attività dell'assemblea: la convocano e ne fissano l'ordine del gior-
no. Danno altresì attuazione alle delibere della stessa ed hanno il potere-dovere di impugnare quelle che
violino la legge o l’atto costitutivo.

d) gli amministratori devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società, in partico-
lare devono redigere il progetto di bilancio da sottoporre ad approvazione dell’assemblea e una volta ap-
provato lo devono iscrivere nel registro delle imprese;

e) gli amministratori devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società, o quanto meno
eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.

Di tutte queste funzioni gli amministratori sono investiti per legge e non per mandato dei soci. E si tratta
di funzioni che essi esercitano in posizione di formale autonomia rispetto all'assemblea. Infine, tali fun-
zioni sono inderogabili da parte dell’autonomia privata.

3. IL RAPPORTO ASSEMBLEA – AMMINISTRATORI


Nel sistema tradizionale, la ripartizione di competenze fra assemblea e amministratori in merito alla ge-
stione dell’impresa sociale risulta dal coordinamento di due disposizioni:

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- l’art. 2364, n.5 che dispone : l'assemblea ordinaria delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla
competenza dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il com-
pimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;

- l’art. 2380-bis che dispone : 2380-bis. (Amministrazione della società). La gestione dell'impresa spet-
ta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'og-
getto sociale.

La competenza gestoria dell’assemblea ha perciò carattere delimitato e specifico: sussiste solo per gli
atti espressamente previsti dalla legge (nomina e revoca amministratori e sindaci, approvazione bilancio,
distribuzione dividendi, ecc.). La competenza gestoria degli amministratori ha invece carattere generale:
sussiste per tutti gli atti di impresa che non siano riservati all’assemblea e si pongono come mezzo per il
conseguimento dell’oggetto sociale. Gli amministratori sono quindi investiti, una volta nominati, di ampi
poteri decisionali: poteri propri e non derivati dall’assemblea, esercitabili in piena autonomia rispetto al-
l’assemblea stessa. Essi e solo essi sono responsabili
civilmente, verso la società e i creditori sociali, dei danni arrecati al patrimonio sociale in violazione dei
doveri di legge.

La posizione degli amministratori, inoltre, non è assimilabile a quella dei mandatari, perciò essi non sono
tenuti a conformarsi alle istruzioni del mandante (assemblea). Perciò né l’assemblea non può impartire
direttive vincolanti agli amministratori circa il compimento di atti di esercizio dell’impresa sociale, né gli
amministratori devono sottoporre alla preventiva approvazione dell’assemblea le loro iniziative. Lo statu-
to può prevedere solo che l’assemblea sia chiamata ad autorizzare atti di gestione di competenza degli
amministratori . L’autorizzazione dell’assemblea non esonera gli amministratori da responsabilità penale e
civile verso i creditori e verso la società stessa.

4. NOMINA. CESSAZIONE DELLA CARICA.


I primi amministratori sono nominati nell'atto costitutivo. Successivamente la loro nomina compete al-
l'assemblea ordinaria. La legge o lo statuto possono tuttavia riservare la nomina di uno o più amministra-
tori allo stato o ad enti pubblici. Il numero degli amministratori è fissato nello statuto. Gli amministrato-
ri possono essere soci o non soci ( art. 2380 ). Gli amministratori di società quotate devono possedere,
tutti, a pena di decadenza, i requisiti di onorabilità fissati per i sindaci con regolamento del Ministero
per la Giustizia. Non possono essere nominati amministratori l'interdetto, l'inabilitato, il fallito o chi è
stato condannato ad una pena che comporta l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'inca-
pacità ad esercitare uffici direttivi(art. 2382). Le cause di
incompatibilità comportano solo che l'interessato è tenuto ad optare fra l'uno e l'altro ufficio; non ren-
dono perciò invalida la delibera di nomina. La nomina degli amministratori non può essere fatta per un pe-
riodo superiore a tre esercizi. Sono cause di cessazione dall'ufficio prima della scadenza del termine:

a) la revoca da parte dell'assemblea, che può essere deliberata liberamente in ogni tempo, salvo il diritto

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degli amministratori al risarcimento dei danni se non sussiste una giusta causa;

b) la rinuncia ( dimissioni) da parte degli amministratori;

c) la decadenza dall'ufficio, ove sopravvenga una delle cause di ineleggibilità;

d) la morte.

La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto solo dal momento in cui l'organo
amministrativo è stato ricostituito. Gli amministratori scaduti perciò rimangono in carica fino all'accet-
tazione della nomina da parte dei nuovi amministratori (prorogatio).
Le dimissioni dell'amministratore hanno effetto immediato se rimane in carica la maggioranza degli am-
ministratori. In caso contrario, le dimissioni hanno effetto solo dal momento in cui la maggioranza del
consiglio si è ricostituita in seguito all'accettazione dei nuovi amministratori.

Nel caso della sostituzione degli amministratori mancanti ( art. 2386), sono previste tre ipotesi:

A) se rimane in carica più della metà degli amministratori nominati dall'assemblea, i superstiti provvedo-
no a sostituire provvisoriamente quelli venuti meno, con delibera consiliare approvata dal collegio sindaca-
le (c.d. cooptazione);

B) se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall'assemblea non si dà luogo alla
cooptazione. I superstiti devono convocare l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti ed
i nuovi amministratori così nominati scadono con quelli in carica all'atto della nomina;

C) si è infine vengono a cessare tutti gli amministratori o l'amministratore unico, il collegio sindacale
deve convocare con urgenza l'assemblea per la ricostituzione dell'organo amministrativo.

L'attuale disciplina riconosce la validità delle clausole statutarie che prevedono una cessazione di tutti
gli amministratori e la conseguente ricostruzione dell'intero collegio da parte dell'assemblea a seguito
della cessazione di alcuni amministratori ( clausole simul stabunt simul cadent).
La nomina e la cessazione della carica degli amministratori è soggetta ad iscrizione nel registro delle im-
prese. All’iscrizione della nomina devono provvedere i nuovi amministratori entra 30 giorni dalla notizia
della loro nomina. All’iscrizione della cessazione deve provvedere il consiglio sindacale sempre entro 30
giorni.

5. COMPENSO. DIVIETI
Gli amministratori hanno diritto ad un compenso per la loro attività ( art. 2389 ). Questo può consistere
anche in una partecipazione agli utili della società o all'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo
predeterminato azioni di futura emissione (c.d. stock options).
Modalità e misura del compenso sono determinati dall'atto costitutivo o dall'assemblea
all'atto della nomina. Per gli amministratori investiti di particolari cariche, la remunerazione è invece

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stabilita dallo stesso consiglio d'amministrazione. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può fissare un
importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolare
carica.
Per evitare situazioni di antagonismo con la società e di potenziale conflitto di interessi, gli amministra-
tori di società per azioni non possono assumere la qualità di soci a responsabilità illimitata in società con-
correnti, né essere amministratori e direttori generali in società concorrenti, salva l'autorizzazione del-
l'assemblea ( art. 2390 ). L'inosservanza del divieto espone l'amministratore alla revoca dall'ufficio per
giusta causa e al risarcimento degli eventuali danni arrecati alla società. Specifici obblighi di informazio-
ne sui possessi azionari degli amministratori sono stabiliti per le società con azioni quotate in borsa. Agli
stessi è fatto divieto di acquistare, vendere e compiere altre operazioni su strumenti finanziari della so-
cietà, anche per interposta persona, sfruttando informazioni privilegiate ottenute in ragione del loro uf-
ficio. La violazione di tale divieto espone a sanzioni penali.

6. IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
La società per azioni può avere sia l'amministratore unico, sia una pluralità di amministratori.
L'amministratore unico riunisce in sé ed esercita individualmente tutte le funzioni proprie dell’organo
amministrativo. Quando invece l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il con-
siglio di amministrazione, retto da un presidente scelto dallo stesso consiglio fra i suoi membri, qualora
non sia già stato nominato dall'assemblea ( art. 2380-bis, 5 comma). In tal caso l'attività deliberativa è
esercitata collegialmente e le relative decisioni devono essere adottate in apposite riunioni alle quali de-
vono assistere i sindaci ( art. 2405). La rappresentanza della società è funzione
individuale degli amministratori designati dall’atto costitutivo o dall’assemblea all’atto della nomina. Se ci
sono più amministratori con rappresentanza il relativo potere è esercitato disgiuntamente o congiunta-
mente e non collegialmente.
La funzione di vigilanza spetta al consiglio collegialmente e al singolo amministratore. Cioè ogni ammini-
stratore può esaminare e controllare i documenti sociali, può compiere atti di ispezione, ecc. Gli ammini-
stratori però, che rivelino irregolarità, non possono adottare individualmente gli eventuali provvedimenti
che si rendano necessari, dato che si richiede una delibera collegiale. L'attuale disciplina stabilisce che,
se lo statuto non prevede diversamente, il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente dello
stesso, il quale fissa anche l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché tutti gli ammini-
stratori siano adeguatamente informati sulle materie iscritte all'ordine del giorno ( art. 2381, 1 comma).

Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione è necessaria la presenza della maggio-
ranza degli amministratori in carica; le deliberazioni sono approvate se riportano il voto favorevole della
maggioranza assoluta dei presenti ( voto per teste), sempre che lo statuto non richieda diversamente.
Non è ammesso il voto per rappresentanza. Nulla è previsto per la verbalizzazione delle delibere consilia-
ri. È solo stabilito che il verbale sia redatto per atto pubblico nei casi di delibere su materie di compe-
tenza assembleare. È previsto la tenuta di un apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni del c.d.a.

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La riforma del 2003 ha modificato la disciplina dell'invalidità della deliberazione del consiglio di ammini-
strazione, la cui impugnazione in passato era consentita in un solo caso: delibera adottata con voto de-
terminante di un amministratore in conflitto di interessi ( ex art. 2391 ). L'attuale disciplina ha optato
per ampliare la categoria delle delibere consiliari annullabili, mentre non sono previste cause di nullità
delle stesse. L'art. 2388.4 , prevede che possono essere impugnate tutte
le delibere del consiglio di amministrazione che non sono prese in conformità della legge o dello statuto.
L'impugnativa può essere proposta dagli amministratori assenti o dissenzienti e dal consiglio sindacale
entro 90 giorni dalla data della deliberazione. Quando la delibera consiliare leda direttamente un diritto
soggettivo del socio questi avrà diritto di agire giudizialmente per far annullare la delibera. L'annulla-
mento delle delibere consiliari non pregiudica i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti
compiuti in esecuzione delle stesse.
Il conflitto di interessi degli amministratori è disciplinato all'art. 2391 : “l'amministratore che in una de-
terminata operazione ha un interesse non necessariamente in conflitto con quello della società”:

a) deve darne notizia agli amministratori e al collegio sindacale precisandone " la natura, i termini, l'origi-
ne e la portata;

b) se si tratta di amministratore delegato, deve inoltre astenersi dal compiere l'operazione investendo
della stessa l'organo collegiale competente;

c) in entrambi i casi il consiglio d'amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni della conve-
nienza per la società dell'operazione.

L’impugnazione può essere proposta entro 90 giorni dalla data della delibera, dal collegio sindacale, dagli
amministratori assenti o dissenzienti nonché dagli stessi amministratori che hanno votato a favore. I
contratti conclusi dall’amministratore unico in conflitto di interessi sono annullabili su richiesta della so-
cietà in base alla disciplina generale della rappresentanza, salva la buona fede del terzo contraente. La
società può agire contro l’amministratore per il risarcimento del danno derivante dalla sua azione o omis-
sione. L’amministratore risponde anche dei danni derivanti alla società dall’utilizzazione a vantaggio pro-
prio o di terzi di dati, notizie o opportunità d’affari appresi nell’esercizio del suo incarico. Quindi, l’ammi-
nistratore non può approfittare della propria posizione per conseguire vantaggi a danno della società.
Maggiore cautele sono previste per le società quotate.

7. COMITATO ESECUTIVO. AMMINISTRATORI DELEGATI


Nelle società per azioni di maggiore dimensione è fre-
quente un'articolazione interna del consiglio di amministrazione per rendere più razionale ed efficiente
la gestione corrente dell'impresa sociale. Se l'atto costitutivo o l'assemblea lo consentono, il consiglio
d'amministrazione può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo ovvero ad uno o più am-
ministratori delegati ( art. 2381 ).

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Il comitato esecutivo è un organo collegiale; le sue decisioni sono adottate in riunioni alle quali devono
assistere i sindaci ( art. 2405). Le relative delibere devono risultare da un apposito libro delle adunanze.

Gli amministratori delegati sono invece organi unipersonali. Se vi sono più amministratori delegati, essi
agiscono disgiuntamente o congiuntamente, a seconda di quanto stabilito dallo statuto o dall'atto di nomi-
na. Agli amministratori delegati è di regola affidata la rappresentanza della società. È poi possibile la
coesistenza di un comitato esecutivo e di uno o più amministratori delegati con competenze ripartite. I
membri del comitato esecutivo e gli amministratori delegati sono designati dallo stesso consiglio di ammi-
nistrazione, che determina l'ambito della delega. In base all'attuale disciplina non possono esser tuttavia
delegati:

a) la redazione del bilancio di esercizio;

b) la facoltà di aumentare il capitale sociale e di emettere obbligazioni convertibili per delega;

c) gli adempimenti posti a carico degli amministratori in caso di riduzione obbligatoria del capitale sociale
per perdite;

d) la redazione del progetto di fusione o di scissione.

Con la concessione della delega gran parte della gestione della società è svolta dagli organi delegati, nelle
cui mani si concentra il potere decisionale. E ciò determina una modifica del regime di responsabilità de-
gli amministratori. La delega determina una competenza concorrente del consiglio e degli organi delegati.
Infatti, il consiglio può avocare a sé operazioni rientranti nella delega e resta in posizione sovraordinata
rispetto al comitato esecutivo ed agli amministratori delegati. L'attuale disciplina puntualizza le funzioni
proprie degli organi delegati e definisce i rapporti tra gli stessi e gli altri componenti del consiglio di
amministrazione, al fine di favorire la circolazione delle informazioni sulla gestione fra i diversi compo-
nenti del consiglio e la partecipazione attiva alla gestione anche degli amministratori privi di delega.

Si stabilisce infatti che gli organi delegati:

A) curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e
alle dimensioni dell'impresa;

B) riferiscono periodicamente al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale sul generale anda-


mento della gestione e sulla prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggiore rilievo.
Per consentire un'effettiva partecipazione di tutti i consiglieri alla gestione della società si dispone che
tutti gli amministratori devono agire informati e che ciascuno può chiedere agli organi delegati che siano
fornite in consiglio informazioni relative alla gestione della società ( art. 2385, 6 comma).
L'attuale disciplina attribuisce al consiglio di amministrazione il potere-dovere di:

- valutare, sulla base delle informazioni ricevute, l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministra-

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tivo e contabile della società;

- esaminare i piani strategici, industriali e finanziari della società;

- valutare, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.

8. LA RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETA’


Fra le funzioni di cui gli amministratori sono per legge investiti vi
è quella di rappresentanza della società. In presenza di un consiglio di amministrazione, gli amministra-
tori investiti del potere di rappresentanza devono essere indicati nello statuto o nell’atto di nomina.

Se più sono gli amministratori con rappresentanza, deve essere specificato se essi hanno il potere di agi-
re disgiuntamente a o congiuntamente. Di regola, la rappresentanza della società è attribuita, disgiunta-
mente o congiuntamente, al presidente del consiglio di amministrazione e/o ad uno o più amministratori
delegati. In base all’attuale disciplina il potere di rappresentanza degli amministratori è generale e non
più circoscritto agli atti che rientrano nell'oggetto sociale. Essi hanno inoltre la rappresentanza proces-
suale, attiva e passiva, della società. Il potere di rappresentanza, che è il potere di agire
nei confronti dei terzi in nome della gestione, va tenuto distinto dal potere di gestione, che riguarda in-
vece la fase dell’attività amministrativa interna alla società. La società può avva-
lersi, oltre che degli amministratori, anche di altri rappresentanti, nominati dall’assemblea o dagli stessi
amministratori. Come ad esempio, i direttori generali (che fanno parte dell’organizzazione interna della
società), sia di procuratori esterni generali o per singoli affari. In questi casi avremo delle forme di rap-
presentanza negoziale, rette dai principi di diritto comune o dalle norme speciali in tema di rappresen-
tanza commerciale. La rappresentanza organica degli amministratori di spa è retta da
due principi cardine:

- è inopponibile ai terzi di buona fede la mancanza di potere rappresentativo dovuta ad invalidità


dell’atto di nomina; infatti, una volta intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di
nomina, le cause di nullità e di annullabilità della nomina degli amministratori con rappresentanza
non sono opponibili ai terzi, salvo che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza. In man-
canza, la società resta vincolata dagli atti compiuti dagli amministratori invalidamente nominati;
- la società inoltre resta vincolata verso i terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali
limitazioni volontarie poste ai loro poteri di rappresentanza.
Le limitazioni al potere che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti, non sono
opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano agito intenzionalmente a
danno della società (art. 2384, 2 comma). Con l'attuale disciplina non è stata riprodotta la disposizione
che precludeva alla società di opporre ai terzi di buona fede l'estraneità all'oggetto sociale degli atti
compiuti dagli amministratori in nome della società; degli atti cioè che non rientravano nell'attività di im-
presa determinata dallo statuto (c.d. atti ultra vires). Restano invece opponibili ai terzi i limiti legali del
potere di rappresentanza degli amministratori. Ad esempio nel caso in cui l’amministratore stipuli un

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contratto in conflitto di interessi con la società. Il contratto sarà annullabile su richiesta della società,
se il conflitto di interessi era conosciuto o riconoscibile dai terzi (art. 1394).

9. LA RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI VERSO LA SOCIETA’


Gli amministratori sono responsabili civilmente
del loro operato in tre direzioni:

1) verso la società (artt. 2392-2393 );

2) verso i creditori sociali ( art. 2394 );

3) verso i singoli soci o terzi ( art. 2395 ).

In base all'attuale disciplina, gli amministratori incorrono in responsabilità verso la società e sono tenuti
al risarcimento dei danni dalla stessa subiti quando non adempiono ai doveri ad essi imposti dalla legge o
dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
Gli amministratori non sono invece responsabili per i risultati negativi della gestione che non siano impu-
tabile a difetto di normale diligenza della condotta degli affari sociali o nell' adempimento degli specifici
obblighi posti a loro carico. Se gli amministratori sono più, essi sono responsabili solidalmente. Ciascuno
può essere quindi costretto dalla società a risarcirle l'intero danno subito.

La responsabilità degli amministratori è comunque responsabilità per colpa e non responsabilità oggettiva.
Infatti, la responsabilità per gli atti e le omissione degli amministratori non si estende a quello tra essi
che sia immune da colpa, purché:

a) abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del
consiglio di amministrazione;

b) del suo dissenso dia immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.

L'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli amministratori deve essere deliberato dall'assemblea
ordinaria, anche se la società è in liquidazione, ovvero dal collegio sindacale a maggioranza di due terzi
dei suoi componenti. La deliberazione dell'azione di responsabilità comporta la revoca automatica dall'uf-
ficio degli amministratori contro cui è proposta solo se la delibera è approvata con voto favorevole di al-
meno un quinto del capitale sociale. Se non si raggiunge tale percentuale del capitale sociale sarà invece
necessario una distinta ed espressa delibera di revoca.
Che l’azione sociale di responsabilità debba essere deliberata dall’assemblea tutela poco le minoranze
azionarie, visto che la relativa decisione è in sostanza nelle mani del gruppo di comando che ha nominato
gli amministratori e che perciò deciderà di agire in giudizio contro gli stessi solo ove si rompa il relativo
rapporto fiduciario. Nel caso la società cada in dissesto ed è dichiarata fallita o as-
soggettata a liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione straordinaria, la legittimazione a
promuovere l'azione sociale di responsabilità compete al curatore fallimentare, al commissario liquidato-

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re, al commissario straordinario ( art. 2394-bis). Una tutela limitata e


indiretta delle minoranze è però prevista anche quando la società è in bonis. La società infatti può rinun-
ziare all'esercizio dell'azione di responsabilità o pervenire ad una transazione con gli amministratori. È
necessario che entrambe le decisioni siano deliberate dall’assemblea e non vi sia il voto contrario di una
minoranza qualificata. Una tutela più energica delle minoranze è stata introdotta dalla riforma del 1998
per le sole società con azioni quotate (art. 129 Tuf) e poi estesa a tutte le spa dalla riforma del 2003.
In base all'art. 2393-bis, l'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa
anche dagli azionisti di minoranza.
L'azione promossa dalla minoranza, tramite un rappresentante comune, è diretta a reintegrare il patri-
monio sociale, e non a risarcire il danno eventualmente subito dai soggetti agenti. Perciò la società deve
essere chiamata in giudizio.

10. LA RESPONSABILITA’ VERSO I CREDITORI SOCIALI

Oltre che nei confronti della società, gli amministratori sono responsabili anche verso i creditori sociali
( art. 2394 ):

a) gli amministratori sono responsabili verso i creditori sociali solo "per l'inosservanza degli obblighi ine-
renti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale";

b) l'azione può essere proposta dai creditori solo quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al sod-
disfacimento dei loro crediti.

Quanto corrisposto dagli amministratori a titolo di risarcimento danni non spetterà alla società, ma di-
rettamente ai creditori fino alla concorrenza del loro credito.

Fra l'azione sociale di responsabilità e quella concessa ai creditori vi sono comunque indubbie differenze:
infatti, il danno subito dai creditori non è che un effetto riflesso del danno che gli amministratori hanno
arrecato al patrimonio sociale rendendolo insufficiente a soddisfare i primi. Consegue che se l'azione ri-
sarcitoria è stata esperita dalla società e il relativo patrimonio è stato reintegrato, i creditori non po-
tranno più esercitare l'azione di loro spettanza dato che gli amministratori sono ovviamente tenuti a ri-
sarcire una sola volta il danno. Anche la transazione intervenuta con la società para-
lizza l'azione dei creditori sociali; invece, la rinuncia all'azione da parte della società non impedisce
l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. L’azione dei creditori si prescrive in 5 anni, al pari
dell’azione sociale. E’ preferibile
la tesi dell’azione diretta ed autonoma, poiché: a) diversamente da quanto previsto per l’azione surroga-
toria, i creditori sociali che agiscono contro gli amministratori non sono tenuti a citare in giudizio anche
la società; b) la sospensione della prescrizione dell’azione sociale, finché gli amministratori restano in ca-
rica, non opera per l’azione dei creditori sociali.

11. LA RESPONSABILITA’ VERSO SINGOLI SOCI O TERZI

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L’azione di responsabilità della società ed i creditori sociali " non pregiudicano il diritto al risarcimento
del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o
colposi degli amministratori " (art. 2395 ). Perché il singolo socio o il terzo possano chiedere agli ammini-
stratori il risarcimento dei danni devono ricorre due presupposti:

a) il compimento da parte degli amministratori di un atto illecito nell'esercizio del loro ufficio;

b) la produzione di un danno diretto al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo; di un danno cioè
che non sia semplice riflesso del danno eventualmente subito dal patrimonio sociale.

Caso classico di danno diretto è quello degli amministratori che con un falso bilancio inducono i soci o
terzi a sottoscrivere l'aumento di capitale a prezzo eccessivo.
Il socio o il terzo che agiscono in responsabilità contro gli amministratori devono provare che esiste un
nesso causale diretto fra il danno subito e l’illecito degli amministratori, vale a dire che solo la condotta
illecita di quest’ultimi li ha indotti a compiere l’atto da cui è loro derivato un danno. Spetterà al socio o al
terzo provare anche il dolo o la colpa degli amministratori.
L’azione può essere esercitata entro 5 anni dal compimento dell’atto che ha pregiudicato il socio o il ter-
zo.

12. I DIRETTORI GENERALI


I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione del-
l'impresa sociale. Dirigenti cioè che sono al vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell'impresa
ed operano in rapporto diretto con gli amministratori. Essi sono perciò investiti di ampi poteri decisionali
nella gestione dell'impresa. Inoltre, se nominati dall'assemblea o per disposizione dell'atto costitutivo,
agli stessi si applicano le norme che regolano la responsabilità civile degli amministratori, in relazione ai
compiti loro affidati ( art. 2396 ). Inoltre, i direttori generali sono assimilati agli amministratori in nu-
merose norme penali e fallimentari. Il codice si astiene dal definire la figura del direttore generale. La
nomina di direttori generali non spoglia gli amministratori dei relativi poteri di gestione e di rappresen-
tanza ed anzi i direttori sono in posizione subordinata rispetto agli amministratori. Nelle società quota-
te, i direttori generali sono destinatari di specifici obblighi: sono chiamati ad attestare che gli atti e le
comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse al mercato sono conformi al vero. Analoga fun-
zione di certificazione essi svolgono a riguardo ai documenti contabili. I direttori generali sono parifica-
ti agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali. Inoltre, se nominati dall’assemblea o dal-
lo statuto, agli stessi si applicano le norme che regolano la responsabilità degli amministratori.

13.GLI AMMINISTRATORI DI FATTO


Amministratore di fatto è il soggetto, privo della veste formale di amministratore per la mancanza di
nomina assembleare, che in fatto si ingerisce nella direzione dell’impresa sociale. Gli amministratori di
fatto sono equiparati agli amministratori legalmente nominati per l’applicazione delle norme penali in tema
di responsabilità. È invece dubbia l’estensione agli amministratori di fatto della responsabilità civile det-

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tata per gli amministratori. La legge dà conferma con riferimento alla srl, quando ammini-
stratore di fatto è un socio, ma solo in presenza di comportamenti dolosi. (art. 2476, 7 comma). Parte
della dottrina ritiene che si applichi anche nella spa, assimilando la figura dell’amministratore di fatto a
quella dei direttori generali.

CAPITOLO 9 - IL COLLEGIO SINDACALE. CONTROLLO CONTABILE

1. PREMESSA
Il collegio sindacale è l'organo di controllo interno della società per azioni, con funzione di vigilanza sul-
l'amministrazione della società. La disciplina del collegio sindacale ha subito profonde modifiche del 1942
ad oggi: con la riforma del 1974 è stato introdotto per le società quotate un controllo contabile esterno
da parte di una società di revisione, dando però vita ad una sovrapposizione di funzioni col collegio sinda-
cale che si è rilevata scarsamente funzionale. Norme volte a migliorare la professionalità e l'efficienza
del collegio sindacale sono addotte dal d.lgs. 27-1-1992, n. 88, che ha istituito un apposito registro dei
revisori contabili. La riforma del 1998 ha modificato la disciplina del collegio sindacale delle società con
azioni quotate e ha affrancato tale organo dalle funzione di controllo contabile, che perciò sono ora affi-
date in via esclusiva alla società di revisione. Con una riforma del 2003 anche nelle altre società per
azioni il controllo contabile è stato sottratto al collegio sindacale ed è stato attribuito ad un revisore
contabile o ad una società di revisione.

2.COMPOSIZIONE.NOMINA.CESSAZIONE.
Il collegio sindacale delle società con azioni non quotate si com-
pone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci, secondo quanto stabilito nello statuto. Devono inol-
tre essere nominati due membri supplenti ( art. 2397 ). Il collegio sindacale delle società non quotate ha
una struttura semirigida. Fermo restando
il numero minimo di tre sindaci effettivi e di due supplenti, l'atto costitutivo delle società quotate può
oggi determinare liberamente il numero dei sindaci (art. 148 Tuf). I primi sindaci sono nominati nell'atto
costitutivo; successivamente essi sono nominati dall'assemblea ordinaria. I sindaci sono di regola nomina-
ti dallo stesso organo che nomina agli amministratori. La situazione è tuttavia mutata per le sole società
quotate con la riforma del 1998. L'atto costitutivo di tali società deve prevedere che almeno un membro
effettivo sia eletto dalla minoranza. Nelle società con azioni non quotate, in seguito alla riforma del
2003, almeno un sindaco effettivo ed uno supplente devono essere scelti fra gli iscritti nel registro dei
revisori contabili. L’attuale disciplina prevede che tutti i sindaci devono possedere requisiti di professio-
nalità, anche se la legge consente una composizione diversificata del collegio in modo da avere un organo
in cui siano presenti le necessarie competenze tecniche (contabile, giuridica e amministrativa) per l’asso-
lvimento della funzione di controllo. Per le so-
cietà quotate i requisiti di onorabilità e di professionalità sono invece fissati con regolamento del mini-
stro della giustizia, che prevede anche la nomina di sindaci non iscritti nel registro dei revisori contabili.
Nel registro dei revisori possono iscriversi persone fisiche in possesso di specifici requisiti professiona-

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lità e onorabilità, che abbiano superato un apposito esame di ammissione e, società di persone o capitali
che abbiano per oggetto esclusivo la revisione o l’organizzazione contabile di imprese e rispondano a certi
requisiti. Per assicurare l'indipendenza dei sindaci sono previste cause di ineleggibilità ulteriori rispetto
a quelle dettate per gli amministratori; secondo l'art. 2399 non possono esser nominati sindaci:

a) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori, nonché degli amministratori
di società facenti parte dello stesso gruppo;

b) coloro che sono legati alla società o a società facenti parte dello stesso gruppo " da un rapporto di la-
voro o da una rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri
rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza".

Valgono poi per i sindaci le stesse cause di incompatibilità viste per gli amministratori.
Il compenso dei sindaci deve essere predeterminato ed invariabile in corso di carica. La retribuzione an-
nuale dei sindaci, se non stabilita nello statuto, è determinata dall’assemblea o dall’atto della nomina per
l’intero periodo di carica. I sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili. I sindaci scaduti
restano in carica fino alla nomina dei nuovi. Costituiscono causa di cessazione dell’ufficio prima della sca-
denza del termine la morte, la revoca, la rinuncia e la decadenza dall’ufficio. L'assemblea può revocarli
solo se sussiste una giusta causa; la delibera di revoca deve essere approvata dal tribunale ( art. 2400 ),
al fine di verificare se ricorre giusta causa. Costituiscono cause di decadenza dall’ufficio il sopraggiunge-
re di una delle cause di ineleggibilità, nonché la sospensione o cancellazione dal registro dei revisori. De-
cade dall’ufficio il sindaco che, senza giustificato motivo, non assiste o disserta, durante un esercizio so-
ciale, due riunioni del cda, del comitato esecutivo o del collegio sindacale.
In caso di morte, di ri-
nuncia o decadenza di un sindaco, subentrano automaticamente i supplenti in ordine di età. La nomina,
cessazione dei sindaci deve essere iscritta, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese entro
30 giorni.

3.IL CONTROLLO SULL’AMMINISTRAZIONE

Funzione primaria del collegio sindacale è quella di controllo. In base all'attuale disciplina, il controllo del
collegio sindacale ha per oggetto l'amministrazione della società globalmente intesa e si estende a tutte
le attività sociale, al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della legge.Il collegio sin-
dacale vigila " sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo contabile adottato dalla socie-
tà e sul suo concreto funzionamento" ( art. 2403, 1 comma e 149 Tuf). Il collegio sindacale non svolge più
il controllo contabile sulle società, oggi affidato ad un revisore contabile o ad una società di revisione. La
vigilanza del collegio sindacale è esercitata nei confronti degli amministratori quanto organo investito
della gestione della società, ma riguarda anche l’attività dell'assemblea e comunque può estendersi in ogni
direzione. Da qui il potere-dovere dei sindaci di intervenire alle riunioni dell'assemblea, del consiglio di
amministrazione e del comitato esecutivo, nonché di impugnare le relative delibere. Il controllo del colle-

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gio sindacale sull'amministrazione è un controllo di carattere globale e sintetico, le cui modalità di eser-
cizio sono rimesse alla discrezionalità tecnica del collegio. I sindaci hanno il potere-dovere di procedere
in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di controllo, nonché di chiedere agli amministratori notizie,
anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati af-
fari. Il collegio sindacale può inoltre convocare l'assemblea " qualora nell'esple-
tamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provve-
dere " ( art. 2406,2 comma). Il collegio può inoltre promuovere il con-
trollo giudiziario sulla gestione, se ha fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi ir-
regolarità nella gestione.

4. IL CONTROLLO CONTABILE. ALTRE FUNZIONI Il collegio sindacata è oggi tenuto a vigilare


solo sull’adeguatezza ed affidabilità del sistema amministrativo – contabile. Nelle società non quotate, il
suo consenso è però tuttora necessario per l’iscrizione all’attivo di alcune voci di bilancio.

Nelle società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione
del bilancio consolidato, lo statuto può prevedere che anche il controllo contabile sia esercitato dal colle-
gio sindacale (caso in cui l’intero collegio sindacale viene sostituito da revisori contabili iscritti nell’appo-
sito registro). Il collegio sindacale deve esprimere il proprio parere sulla
determinazione da parte del consiglio di amministrazione degli amministratori investiti di particolari ca-
riche. I sindaci sono chiamati a
svolgere funzione amministrativa quando vengono meno tutti gli amministratori.

5. IL FUNZIONAMENTO DEL COLLEGIO SINDACALE


Nelle società non quotate il presidente del collegio sindacale è nominato
dall'assemblea ( art. 2398 ). Nelle società quotate è invece l'atto costitutivo a fissare i criteri di nomina
dello stesso. Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni 90 giorni e l'attuale disciplina prevede che le
riunioni possono svolgersi anche con mezzi telematici, se lo statuto lo consente ( art. 2404, 1 comma). Il
collegio sindacale è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a
maggioranza assoluta dei presenti. Delle riunioni deve essere redatto processo verbale, sottoscritto da
tutti gli intervenuti, che viene trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sinda-
cale. I sindaci possono avvalersi di dipendenti e di ausiliari per lo svolgimento di specifiche operazioni di
ispezione e di controllo. L'attività di controllo del collegio sindacale può poi essere sollecitata dai soci
( art. 2408). Ogni socio può denunziare al collegio sindacale fatti che ritiene censurabili. Il collegio sin-
dacale è però obbligato solo a tenerne conto nella relazione annuale dell'assemblea.
Doveri specifici e più intensi sono invece poste a carico del collegio sindacale quando la denuncia provenga
da tanti soci che rappresentano il 5% del capitale sociale o la minore percentuale prevista dallo statuto.
In tal caso il collegio sindacale " deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati, presentare le sue con-
clusioni ed eventuali proposte all'assemblea", convocando indebitamente la medesima qualora ravvisi fatti
censurabili di rilevante gravità ( art. 2408, 2 comma).

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6. LA RESPONSABILITA’ DEI SINDACI


I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richiesta dalla natura del-
l'incarico( art. 2407 ). I sindaci sono responsabili, anche penalmente, della verità delle loro attestazioni
e devono conservare il segreto sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
L'obbligo di risarcimento dei danni grava esclusivamente sui sindaci e qualora il danno sia imputabile solo
al mancato o negligente adempimento dei loro doveri. Ad esempio, uno più sindaci hanno violato il segreto
d’ufficio. I sindaci sono responsabili in solido con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi ul-
timi, qualora il danno non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero vigilato in conformità degli obblighi
della loro carica. L'azione di responsabilità concessa è disciplinata dalle stesse norme dettate per l'azi-
one di responsabilità contro gli amministratori.

B. IL CONTROLLO CONTABILE

7. IL SISTEMA
Con la riforma del 2003 si è completato il processo di separazione del controllo sull’amministrazione dal
controllo contabile, originariamente entrambi affidati al collegio sindacale. L'affidamento del controllo
contabile ad un revisore esterno è stato avviato nel 1974; a tale disciplina si è affiancata con la riforma
del 2003, quella del controllo contabile applicabile a tutte le altre società per azioni. Oggi coesistono tre
discipline parzialmente diverse:

a) nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il controllo contabile è esercitato
da un revisore contabile che sia persona fisica o da una società di revisione iscritti in un apposito regi-
stro dei revisori contabili;

b) nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, diverse dalle società quotate, il con-
trollo contabile invece può essere esercitato solo da una società di revisione iscritta nel registro dei re-
visori contabili;

c) nelle società con azioni quotate l’attività di revisione contabile è riservata alle società di revisione
iscritte in un apposito albo speciale, tenuto dalla Consob.

8. IL CONTROLLO CONTABILE
Nelle società non quotate, sottoposte a controllo contabile, il soggetto al quale è demandato il relativo
controllo è nominato per la prima volta nell'atto costitutivo. Successivamente l'incarico è conferito dal-
l'assemblea, la quale determina il corrispettivo spettante al revisore o alla società di revisione per l'inte-
ra durata dell'incarico ( art. 2409- quater, 1 comma). Non possono essere incaricati del controllo conta-
bile, e se incaricati decadono dall'ufficio, i sindaci della società o di società facenti parte dello stesso
gruppo. Nelle società quotate, l'incarico è conferito, previo parere del collegio sindacale, dall'assemblea
in occasione dell'approvazione del bilancio.
L'incarico di controllo o di revisione contabile ha durata di tre esercizi e nelle società quotate può esse-

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re rinnovato per non più di due volte. La stabilità dell'incarico e l'indipendenza della società di revisione
sono poi garantite anche dalla disciplina della revoca. Nelle società assoggettate al controllo contabile,
l'incarico può essere revocato dall'assemblea solo per giusta causa e sentito il parere del collegio sinda-
cale. Le delibere di conferimento dell'incarico e di revoca sono soggette ad iscrizione nel registro delle
imprese.

9. LA REVISIONE CONTABILE OBBLIGATORIA


L’attività di revisione contabile obbligatoria è riservata alle società di revisione iscritte nell’albo speciale
tenuto a cura della Consob. Queste società di revisione sono società di persone o di capitali il cui oggetto
sociale deve essere limitato all’organizzazione e revisione contabile di aziende. Esse devono rispondere
ad una serie di requisiti volti a garantire la professionalità della maggioranza dei soci e degli amministra-
tori, nonché l’onorabilità di tutti gli amministratori. L’iscrizione nell’albo speciale delle società di revisio-
ne che rispondono ai requisiti fissati per legge è effettuata dalla Consob, previo accertamento del requi-
sito di idoneità tecnica. La Consob vigila sull’attività di tali società e ne verifica periodicamente l’indipe-
ndenza e l’idoneità tecnica. Inoltre, può raccomandare principi e criteri da adottare per la revisione con-
tabile. Quando accerta gravi irregolarità la Consob può irrogare anche sanzioni amministrative pecunia-
rie ed adottare provvedimenti temporanei. La recente riforma del 2005 sulla tutela del risparmio ha
compiuto significativi progressi per meglio tutelare l’indipendenza e l’oggettività del controllo contabile.
Le nuove norme rafforzano l’attività di vigilanza della Consob. In base all’attuale disciplina è la società
obbligata alla revisione che sceglie la società di revisione, con deliberazione dell’assemblea ordinaria in
occasione dell’approvazione del bilancio, previo parere obbligatorio del collegio sindacale. La deliberazio-
ne deve essere poi trasmessa alla Consob, che entro 20 giorni dal ricevimento può vietarne l’esecuzione.
Si tratta di un vero e proprio controllo di merito, predisposto per evitare che l’incarico di revisione venga
affidato ad una società non idonea a svolgere le funzioni. Il compenso spettante alla società di revisione
è determinato dall’assemblea contestualmente al conferimento dell’incarico.
La legge 266/2005, art. 160,
comma 1-ter, vieta alla società di revisione, e a tutti i soggetti che fanno parte della sua rete, nonché ai
soci, componenti degli organi amministrativi e di controllo, ai dipendenti della società di revisione, di pre-
stare alla società oggetto di revisione una serie di servizi indicati dalla legge o fissati dalla Consob con
regolamento. Insomma, sono vietati tutti i principali servizi non audit conosciuti dalla prassi (tenuta dei
libri contabili, gestione del controllo interno, formazione e gestione del personale, consulenza finanziaria
o giuridica, ecc.).

La revisione contabile non può essere esercitata da coloro che sono stati amministratori, sindaci o diret-
tori generali o dirigenti presso la società che ha conferito l’incarico, se non sono trascorsi almeno 3 anni
dalla cessazione di tali incarichi o rapporti di lavoro. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bi-
lancio di una società, ovvero sono stati soci o hanno ricoperto cariche sociali nella società di revisione,
non possono prestare lavoro autonomo o subordinato, ricoprire cariche sociali presso la società che ha
conferito l’incarico, se non sono trascorsi almeno 3 anni dalla cessazione del rapporto con la società di
revisione. La legge fissa che l’incarico di revisione ha
la durata di sei esercizi, ed è rinnovabile una sola volta. In caso di rinnovo la società di revisione deve

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comunque sostituire il responsabile della revisione. Al termine del secondo mandato deve essere incarica-
ta una nuova società di revisione, non potendo quella vecchia essere nuovamente incaricata prima che sia-
no trascorsi 3 anni (periodo di raffreddamento). L’assemblea ordinaria della
società può revocare l’incarico prima della scadenza del mandato solo se ricorre giusta causa e previo pa-
rere dell’organo di controllo e deve conferire, contestualmente, l’incarico ad un’altra società di revisione.
La revoca deve essere trasmessa alla Consob che può entro 20 giorni vietarne l’esecuzione qualora rilevi
la mancanza di giusta causa. La stessa Consob può disporre la revoca d’ufficio dall’incarico, quando rilevi
l’esistenza di una causa di incompatibilità o gravi irregolarità nello svolgimento del loro incarico. Le deli-
bere di conferimento dell’incarico e di revoca dello stesso, nonché i relativi provvedimenti della Consob,
sono depositati presso il registro delle imprese.

10. FUNZIONI E RESPONSABILITA’ DEI REVISORI DEI CONTI


L’attività di controllo contabile è regolata dal codice civile, dal tuf secondo i principi
comuni. Funzione principale del revisore è quella di controllare la regolare tenuta delle scritture contabili
e di esprimere un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato.
In relazione al giudizio sul bilancio, la società deve esporre analiticamente i motivi della propria decisio-
ne. Il giudizio espresso dalla società di revisione lascia impregiudicato il potere
dell’assemblea di approvare o meno il bilancio, che potrà essere approvato anche se il giudizio è negativo.
Il revisore ha diritto di ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili per la revisione e può pro-
cedere autonomamente ad accertamenti, ispezioni o controlli.
Il revisore contabile documenta l’attività svolta in un apposito libro, tenuto presso al sede della società o
in un luogo diverso stabilito dallo statuto. Il revisore contabile, al pari del collegio sindacale, deve adem-
piere i propri doveri con diligenza professionale; è responsabile della verità delle sue attestazioni e deve
conservare il segreti su fatti e documenti di cui ha conoscenza per ragioni del suo ufficio.
Trova applicazione la disciplina dell’azione di responsabilità dettata per i sindaci.
L’azione si prescrive in 5 anni dalla cessazione dell’incarico.

CAPITOLO 10 - I SISTEMI ALTERNATIVI

1. IL SISTEMA DUALISTICO
Due sono i sistemi alternativi introdotti dalla riforma del 2003: sistemi che trovano applicazione solo se
espressamente adottati in sede di costituzione della società o con modifica dello statuto ( art. 2380, 2
comma). Il sistema dualistico prevede la presenza di un consiglio di gestione e di un con-
siglio di sorveglianza. Il controllo contabile è poi affida-
to ad un revisore contabile o ad una società di revisione.
Il consiglio di gestione svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione del sistema tradiziona-
le. Al consiglio di sorveglianza sono attribuite sia le funzioni di con-
trollo propri del collegio sindacale, sia le funzione di indirizzo della gestione che nel sistema tradizionale
sono proprie dell'assemblea dei soci, come la nomina e la revoca dei componenti del consiglio di gestione.
La presenza del consiglio di sorveglianza riduce le competenze dell’assemblea ordinaria. Infatti, l’asse-
mblea nomina e revoca i componenti del consiglio di sorveglianza, determina il loro compenso e delibera in

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ordine all’azione di responsabilità nei loro confronti e nomina il revisore. Ma, perde la competenza di no-
mina e revoca degli amministratori, la competenza per l’approvazione del bilancio. Il sistema dualistico
determina quindi un più accentuato distacco fra azionisti ed organo gestorio della società.
È un modello adatto per società con azionatario diffuso e privo di uno stabile nucleo di azionisti impren-
ditori. Due sono gli organi in cui si articola tale sistema: il consiglio di sorve-
glianza; il consiglio di gestione.

2.IL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA


I componenti del consiglio di sorveglianza possono essere soci o non soci. Il loro numero, non inferiore a
3, è fissata dallo statuto ( art. 2409-duodecies). I primi componenti sono nominati nell'atto costitutivo.
Successivamente la loro nomina compete all'assemblea ordinaria. La legge prevede requisiti di professio-
nalità, onorabilità e indipendenza dei consiglieri di sorveglianza, estendendo ad essi parte delle regole
previste per i sindaci. Nelle società che non sono quotate:

➢ almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra gli iscritti nel
registro dei revisori contabili;
➢ non possono essere eletti i componenti del consiglio di gestione, né coloro che sono legati alla so-
cietà o a società dello stesso gruppo da un rapporto di lavoro, di consulenza o di prestazione
d’opera retribuita che ne compromettano l’indipendenza;
➢ trovano applicazione le cause di ineleggibilità e decadenza previste dall’art. 2382 per gli ammini-
stratori e sindaci.
Nelle società quotate e in quelle con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, i consiglieri di sorve-
glianza devono ulteriormente rispettare i limiti al cumulo di incarichi determinati con regolamento dalla
Consob.
Nelle sole società quotate i consiglieri di sorveglianza devono essere in possesso dei requisiti di profes-
sionalità ed onorabilità (inoltre applicate cause di ineleggibilità dei sindaci art.148).
I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica tre esercizi e sono rieleggibili, salvo diversa
disposizione dell'atto costitutivo. Il loro compenso è annuale e deve essere predeterminato ed invariabile
in corso di carica, stabilito dall’assemblea. Sono inoltre revocabili dall’assemblea anche se non ricorre una
giusta causa. La nomina e la cessazione dall’ufficio dei consiglieri di sorve-
glianza devono essere iscritte, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese entro 30 giorni.

3. COMPETENZE E FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA


Il consiglio di sorveglianza esercita le funzioni proprie
del collegio sindacale nel sistema tradizionale, con conseguente applicabilità di larga parte della disciplina
per quest'ultimo dettata ( art. 2409-quaterdecies). In particolare presenta la
denunzia al tribunale ex art. 2409; riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'atti-
vità di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati.
Al consiglio di sorveglianza è inoltre attribuita larga parte delle funzioni dell'assemblea ordinaria:

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a) nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione e ne determina il compenso;

b) approva il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato;

c) promuove l’esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione.

Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea e i suoi poteri sono determinati dallo
statuto ( art. 2409-duodecies, 8 e 9 co). I componenti del comitato di sorveglianza devono adempiere i
loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico.

Sono solidalmente responsabili con i componenti del consiglio di gestione per i fatti e le omissioni di que-
sti quando i danni non si sarebbero prodotti se essi avessero vigilato in conformità dei doveri della loro
carica.

4. IL CONSIGLIO DI GESTIONE
Le funzioni del consiglio di gestione coincidono con quella del
consiglio d'amministrazione del sistema tradizionale ( art. 2409-novies). Il consiglio di gestione è costi-
tuito da un numero di componenti non inferiore a 2. I primi componenti sono nominati nell'atto costituti-
vo. Successivamente la loro nomina compete al consiglio di sorveglianza, che ne determina anche il numero
nei limiti stabiliti dallo statuto. I consiglieri di gestione non possono esser nominati consiglieri di sorve-
glianza; essi sono revocabili ad nutum dal consiglio di sorveglianza. Come nel sistema tradizionale, i com-
ponenti del consiglio di gestione restano in carica per non più di tre esercizi, ma sono rieleggibili. Non
trova applicazione il meccanismo della cooptazione. Se dunque, nel corso dell’esercizio vengono a mancare
uno o più componenti del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza provvede senza indugio alla loro
sostituzione. Il consiglio di gestione può delegare proprie attribuzioni ad uno o più dei suoi componenti.
L’azione di responsabilità nei confronti del consiglio di gestione può essere promossa anche dal consiglio
di sorveglianza.

5.IL SISTEMA MONISTICO


Il sistema monistico si caratterizza per la soppressione del collegio sindacale. L'amministrazione e il con-
trollo sono fatti esercitare dal consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo della gestio-
ne, costituite al suo interno che svolge le funzioni del collegio sindacale ( art. 2409-sexiesdecies). Il
controllo contabile è poi affidato ad un revisore contabile o ad una società di revisione. I componenti del
comitato per il controllo sulla gestione sono infatti nominati dallo stesso consiglio di amministrazione, fra
i consiglieri in possesso dei requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità. Si chiede inoltre che
essi non siano membri del comitato esecutivo e che non svolgano funzioni gestorie, neppure in società
controllanti o controllate. Almeno uno dei componenti deve essere scelto fra gli iscritti nel registro dei
revisori contabili. Il consiglio di amministrazione determina anche il numero dei componenti del comitato
per il controllo della gestione. Il comitato elegge al suo interno il presidente ed opera con l'osservanza
delle norme di funzionamento dettate per il collegio sindacale. In particolare, deve riunirsi ogni 90 giorni.

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Il comitato per il controllo sulla gestione svolge le stesse funzioni del collegio sindacale: vigila sull’ade-
guatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema ammi-
nistrativo e contabile, nonché sull’idoneità a rappresentare adeguatamente i fatti di gestione.
I suoi componenti devono assistere alle assemblee, alle adunanze del cda e del comitato esecutivo. Il
comitato per il controllo sulla gestione documenta l’attività svolta in un apposito libro. Il punto debole di
questo sistema consiste nel fatto che i controllori sono direttamente nominati dai controllati, siedono
insieme a questi ultimi e votano nel consiglio di amministrazione. La funzionalità del sistema si gioca tutta
sulla effettiva " indipendenza" dei chiamati alla funzione di controllori.

CAPITOLO 11 - CONTROLLI ESTERNI

1. IL SISTEMA
Accanto al controllo interno del collegio sindacale ed al controllo contabile affidato ad un revisore ester-
no l'ordinamento prevede un articolato sistema di controlli esterni sulle società per azioni. Controlli che
sono diretti a tutelare anche interessi ulteriori e diversi rispetto a quelli tradizionali dei soci di minoran-
za e dei creditori sociali. Comune a tutte le società per azioni è infatti solo il controllo esterno sulla
gestione esercitato dall'autorità giudiziaria in presenza di situazioni patologiche che ne alterano il cor-
retto funzionamento.

Controlli esterni di diversa natura sono introdotti per la società che svolgono particolare attività dalla
relativa legislazione speciale. Per esempio, le società quotate in borsa sono soggette al controllo della
Consob, o società bancarie sono soggette al controllo della Banca d’Italia, ecc.

2. IL CONTROLLO GIUDIZIARIO SULLA GESTIONE


Il controllo giudiziario sulla gestione delle società per azioni
( art. 2409 c.c.) è una forma di intervento dell'autorità giudiziaria nella vita delle società volta a ripristi-
nare la legalità dell'amministrazione delle stesse. La relativa disciplina ha subito significative modifiche
con la riforma del '98 e con quella del 2003: ad iniziare dalla situazione societaria che legittima l'inte-
rvento del tribunale in precedenza individuata nel " fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempi-
mento dei doveri degli amministratori e dei sindaci". In base all'attuale disciplina invece il procedimento
può essere attuato se vi è fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità
nella gestione che possano arrecare danno alla società. Le gravi irregolarità possono essere denunzia-
te:

A) dai soci che rappresentano almeno il decimo del capitale sociale;

B) in tutte società l'iniziativa può essere assunta anche dal collegio sindacale o dal corrispondente organo
di controllo nei sistemi alternativi;

C) nelle sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'iniziativa può essere assunta
anche dal pubblico ministero nonché dalla Consob.

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Il tribunale non può invece procedere di ufficio. I soggetti legittimati sono tenuti a provare l’effettiva
esistenza delle gravi irregolarità. È sufficiente che essi dimostrino l’esistenza di un fondato sospetto.
Condizione necessaria e sufficiente affinché il procedimento inizi è che le irregolarità denunziate sussi-
stano, che siano potenzialmente dannose e non siano rimosse.

3. IL PROCEDIMENTO
Il procedimento attivato con la denunzia si articola in due fasi.
Una prima fase, di carattere istruttorio, è diretta ad accertare l'esistenza delle irregolarità e a indivi-
duare i provvedimenti da adottare per rimuoverle. A tal fine il tribunale deve sentire in camera di consi-
glio gli amministratori e sindaci. Può inoltre fare eseguire l'ispezione dell'amministrazione della società
da parte di un consulente nominato dal Tribunale. Le spese relative sono a carico dei soci richiedenti.
Il gruppo di comando della società può evitare l'ispezione ed ottenere dal tribunale la sospensione del
procedimento per un periodo determinato se l'assemblea sostituisce amministratori e sindaci con sogget-
ti " di adeguata professionalità, che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistano e
per eliminarle". Se questi risultano insufficienti all’eliminazione delle violazioni denunziate
ed accertate dal tribunale, questo può scegliere fra due strade:

- il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti cautelari per evitare il ripetersi di irregolarità e
nel contempo convocare l’assemblea della società per le deliberazioni conseguenti. Deliberazioni che
l’assemblea è libera di adottare o meno;
- nei casi più gravi, il tribunale revoca gli amministratori, a volte anche i sindaci, e nomina un amministra-
tore giudiziario.

I poteri e la durata in carica dell'amministratore giudiziario sono determinati dal tribunale con decreto
di nomina.

L’amministratore giudiziario ha la qualifica di pubblico ufficiale per quanto attiene alle sue funzioni. Il
suo compenso, a carico della società, è determinato dal tribunale. Può essere revocato dal tribunale. Al
termine del suo ufficio deve rendere al tribunale il conto della propria gestione.
L'amministratore giudiziario ha la rappresentanza della società, anche processuale, ma non può compiere
atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza l'autorizzazione del presidente del tribunale.
Prima della scadenza del suo incarico, l’amministratore giudiziario, deve convocare l’assemblea per la no-
mina dei nuovi amministratori e sindaci. Oppure, può proporre all’assemblea la messa in liquidazione della
società o la sua sottoposizione ad una procedura concorsuale. Ma l’assemblea è libera nel decidere in pro-
posito.

4. LA CONSOB
La Consob ( commissione nazionale per le società e la borsa) è un organo pubblico di vigilanza sul mercato
dei capitali; attualmente la Consob è una persona giuridica di diritto pubblico, che gode di piena autono-
mia nei limiti stabiliti dalla legge. Essa ha sede in Roma ed una sede secondaria operativa a Milano.

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La commissione ha autonomi poteri normativi e regolamentari nelle materie ad essa riservati per legge.
Le sue deliberazioni sono adottate collegialmente, salvo i casi di urgenza previsti per legge e, non è am-
messa delega permanente di funzioni ai commissari. Il presidente sovrintende all’attività istruttoria e
cura l’esecuzione delle delibere. La Consob e le altre autorità di vigilanza del mercato finanziario (banca
d’italia, isvap) collaborano fra loro al fine di agevolare le rispettive funzioni e non possono opporsi reci-
procamente il segreto d’ufficio. Allo stesso fine, la Consob collabora anche con le autorità europee e dei
vari stati membri o extracomunitari.
Nata come organo di controllo della borsa e delle società che in borsa collocano i propri titoli, la Consob è
progressivamente divenuto organo di controllo dell'intero mercato mobiliare.
Infatti, la Consob vigila, insieme alla Banca d’Italia, sugli intermediari mobiliari, col fine di garantire la
trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli stessi. Vigila sui mercati regolamentati al fine di
assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. Vigila, in-
fine, su tutti gli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico avendo riguardo alla tutela degli
investitori, nonché alla efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato di
capitali.

5.AMMISSIONI DELLE AZIONI ALLE QUOTAZIONI DI BORSA.


La privatizzazione della borsa valori realizza-
ta nel 1997, in attuazione al d.lgs. 415/1996, ha modificato la disciplina in tema di ammissione delle azioni
alle quotazioni, sospensione e revoca. Le relative competenze, in precedenza attribuite alla Consob, sono
state trasferite alla società di gestione della borsa, Borsa italiana spa, sotto la vigilanza della Consob.

In base all’attuale disciplina le condizioni di ammissione, esclusione e sospensione delle azioni dalle nego-
ziazioni sono determinate dal regolamento di mercato deliberato dall’assemblea ordinaria della società di
gestione della borsa. La Consob, a sua volta, autorizza l’esercizio dei mercati regolamentati previo accer-
tamento che il regolamento assicuri la trasparenza del mercato, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni
e la tutela degli investitori. L’ammissione avviene esclusivamente su domanda della società interessata
previa deliberazione dell’organo competente, cioè dall’assemblea dei soci. La società di gestione delibera
entro due mesi dalla domanda e comunica all’emittente la decisione di ammissione o rigetto della doman-
da. Contestualmente comunica alla Consob la propria decisione.
L’inizio delle negoziazioni deve comunque essere preceduto dalla pubblicazione di un apposito prospetto
di quotazione contenente le informazioni necessarie affinché gli investitori possano formarsi un giudizio
sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’attività dell’emittente, nonché sui prodotti fi-
nanziari e sui relativi diritti.

Contenuto e modalità di pubblicazione del prospetto è determinato dalla Consob con proprio regolamento.
La società di gestione del mercato dispone anche la sospensione o la revoca della quotazione, dandone
immediata comunicazione alla Consob. La Consob può entro 5 giorni vietare l’esecuzione dei provvedimenti

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di esclusione, ovvero ordinare la revoca della sospensione.


La sospensione è disposta qualora non è temporaneamente garantita la regolarità del mercato o se lo ri-
chiede la tutela degli investitori. La sospensione può durare al massimo 18 mesi, dopo di che la società di
gestione della borsa delibera l’esclusione della sospensione se sono venuti meno i motivi della sospensione.
La società può chiedere, con deliberazione dell’assemblea straordinaria, l’esclusione dalla negoziazione se
ottiene l’ammissione in altro mercato regolamentato, purché sia garantita una tutela equivalente degli
investitori.

6.CONSOB E INFORMAZIONE SOCIETARIA


La Consob svolge un ruolo centrale per assicurare una adeguata e veritiera informazione sul mercato mo-
biliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che fanno appello al pubblico risparmio, in
modo da consentire agli investitori scelte più consapevoli.
In base all’attuale disciplina sono assoggettati ad obblighi informativi nei confronti del pubblico:

- tutti gli emittenti strumenti finanziari quotati e i soggetti che li controllano;


- gli emittenti strumenti finanziari non quotati in mercati italiani, ma diffusi fra il pubblico in misu-
ra rilevante.
Due sono i principi cardine dell'attuale disciplina:

a) tutte le società con azioni e obbligazioni diffuse fra il pubblico devono tempestivamente informare il
pubblico, secondo le modalità stabilite dalla Consob, di qualsiasi fatto, riguardante anche l'attività delle
società controllate, la cui conoscenza può influire sensibilmente sul prezzo degli strumenti finanziari
( art. 114 Tuf);

b) la Consob può richiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per l'informazione del
pubblico e provvedervi direttamente.

La Consob ha prescritto specifici obblighi di informazione preventiva del pubblico per una seria operazio-
ne straordinaria: acquisto e cessione di pacchetti azionari, acquisto e vendita di azioni proprie, fusioni,
scissioni. Ha inoltre prescritto che siano messi tempestivamente a disposizione del
pubblico documenti contabili periodici: bilancio di esercizio e relazione semestrale degli amministratori.
La Consob è poi investita di ampi poteri di indagine di intervento al fine di vigilare sulla correttezza del-
l'informazione fornita al pubblico.

CAPITOLO 12 - I LIBRI SOCIALI . IL BILANCIO

1.I LIBRI SOCIALI OBBLIGATORI

Oltre i libri e le scritture contabili previsti per l’imprenditore commerciale, la spa deve tenere anche i
libri sociali indicati nell’art. 2421 e destinati a documentare i profili essenziali dell’organizzazione e della
vita sociale. I libri obbligatori sono:

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1. il libro soci, in questo libro devono essere indicati il numero delle azioni emesse, il cognome ed il
nome dei relativi possessori delle azioni nominative, i trasferimenti ed i vincoli ad essi relative,
nonché i versamenti eseguiti. Sono inoltre annotati gli annullamenti dei titoli azionari, l’ammorta-
mento e il rilascio di duplicati;
2. il libro delle obbligazioni, in esso sono indicati l’ammontare delle obbligazioni emesse e di quelle
estinte, il cognome e nome dei titolari di obbligazioni nominative, nonché i trasferimenti e i vincoli
ad esse relative;
3. il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, nel quale vanno trascritti anche i ver-
bali redatti per atto pubblico;
4. il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione;
5. il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale;
6. il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo;
7. il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti;
8. il libro degli strumenti finanziari di partecipazione ad uno specifico affare.
!
I soci ed il rappresentante comune degli azionisti di risparmio hanno il diritto di esaminare solo il libro
dei soci e quello delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea e possono ottenerne degli estratti. È
invece precluso l’esame degli altri libri sociali e delle scritture contabili della società.
Il rappresentante comune degli obbligazionisti ha diritto di esaminare ed ottenere estratti del libro del-
le obbligazioni e di quello delle adunanze e deliberazioni dell’assemblea dei soci. Identico diritto è ricono-
sciuto ai singoli obbligazionisti per il libro delle adunanze e delle deliberazioni della loro assemblea
(2422.2). Il rappresentante comune dei possessori di strumenti finanziari
partecipativi e i singoli possessori hanno infine diritto di esaminare ed ottenere estratti solo dell’ultimo
libro.

2. IL BILANCIO D’ESERCIZIO
La società per azioni deve redigere an-
nualmente il bilancio di esercizio quest’ultimo è il documento contabile che rappresenta la situazione pa-
trimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio, nonché il risultato economico dell'e-
sercizio stesso ( cioè, gli utili conseguiti o le perdite subite nell'esercizio). Esso è costituito dallo stato
patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa. Deve inoltre essere corredato dalla relazione
sulla gestione degli amministratori, nonché la relazione del collegio sindacale e delle revisore contabile.
Funzione essenziale del bilancio è quindi quella di accertare periodicamente la situazione del patrimonio
( aspetto statico) e la redditività ( aspetto dinamico) della società. Il bilancio di esercizio costituisce per
i soci il solo strumento legale di informazione contabile sull'andamento degli affari sociali; e costituisce
per i creditori sociali il mezzo per conoscere la consistenza del patrimonio della società.
Il bilancio di esercizio delle società di capitali ha inoltre rilievo anche per l'applicazione della normativa

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tributaria in quanto costituisce per il fisco il termine di riferimento per la tassazione periodica del red-
dito della società (Ires). Il Regolamento CE 19-7-2002, n.1606 e il d.lgs 28/2/2005 n.38
hanno disposto che a partire dal 2005 alcune società siano obbligate, ed altre abbiano la facoltà di redi-
gere i propri bilanci in base ai principi contabili internazionali. I principi contabili internazio-
nali divengono giuridicamente vincolanti solo in seguito alla loro adozione da parte della Commissione eu-
ropea. L’impiego di tali principi è obbligatorio per la redazione dei bilanci di esercizio e consolidato delle
società con azioni od altri strumenti finanziari quotati, o diffusi tra il pubblico in misura rilevante. E’ ob-
bligatorio per le società che esercitano particolari attività: banche, società assicurative, società di in-
termediazione finanziari e mobiliare. L’adozione non è invece consentita alle società che possono redigere
il bilancio in forma abbreviata. Per tutte le altre spa l’adozione è facoltativa.

3.PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA DISCIPLINA DEL BILANCIO


I principi cardine che dominano la redazione del bilancio sono quelli della
chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta: "il bilancio deve essere redatto con chiarezza e
deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il
risultato economico dell'esercizio (art. 2423.2). Analogamente, tali principi cardine sono il fondamento
dei libri contabili internazionali. Perciò è obbligatorio fornire le in-
formazioni ulteriori necessarie, se quelle richieste da specifiche disposizioni di legge o dei principi con-
tabili internazionali non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta. Inoltre, le
specifiche disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non devono essere applicate se la
loro applicazione è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta. Gli amministratori sono
tenuti a motivare le deroghe nella nota integrativa e ad indicarne l’influenza sulla rappresentazione della
situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico
Ulteriori principi sono:

A) la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva di conti-
nuazione dell'attività. Si deve altresì tenere conto "della funzione economica dell'elemento dell'attivo o
del passivo considerato" al fine di far prevalere quest'ultima in caso di contrasto con i criteri formali di
iscrizione in bilancio (c.d. principio di prevalenza della sostanza sulla forma).

B) nella redazione del bilancio si deve tener conto delle entrate e delle uscite di competenza dell'eserci-
zio indipendentemente dalla data dell'incasso del pagamento. Il bilancio di esercizio è cioè un bilancio di
competenza e non di cassa.

C) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro, se non in casi ecceziona-
li e con l’obbligo degli amministratori di motivare la deroga nella nota integrativa e di illustrarne l’infl-
uenza (continuità).

4. LA STRUTTURA DEL BILANCIO REDATTOSECONDO LA DISCIPLINA DEL CODICE CIVILE.


Il bilancio di esercizio si articola in tre

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parti: lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa. Deve


essere,inoltre, corredato dalla relazione sulla gestione degli amministratori, nonché da relazioni del col-
legio sindacale e del revisore contabile. In applicazione del principio di chiarezza, sono indicate detta-
gliatamente le voci che devono figurare nello stato patrimoniale e nel conto economico.
Inoltre, sono dettate alcune regole generali che devono essere applicate nella redazione ti tali documen-
ti:

a) le singole voci devono essere inserite nello stato patrimoniale e nel conto economico secondo l'ordine
tassativo fissato per la legge. Gli amministratori non possono perciò scegliere liberamente l'ordine di
esposizione né modificarlo da un esercizio all'altro;

b) le voci sono organizzate in grandi categorie omogenee a loro volta articolate in sottocategorie, in voci
(numeri arabi) ed in alcuni casi anche sottovoci (lettere minuscole);

c) per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo della voce
corrispondente dell'esercizio precedente, al fine di consentire il confronto con i bilanci precedenti;

d) è vietato il compenso di partite ( art. 2423-ter, 6 comma): cioè la somma algebrica di attività e passi-
vità; ovvero di costi e ricavi, che per legge devono essere iscritti distintamente.

Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali. La nota integrativa non può essere
redatta in migliaia di euro. Alle società che non superano determinate dimensioni è consentita la redazio-
ne di un bilancio in forma abbreviata, nel quale è ridotto il numero delle voci dello stato patrimoniale e
del conto economico, nonché delle indicazioni richieste nella nota integrativa. Può essere omessa la reda-
zione della relazione sulla gestione, qualora la nota integrativa contenga le informazioni richieste.

Lo stato patrimoniale rappresenta in modo sintetico la composizione quantitativa e qualitativa del patri-
monio della società e la sua situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell'esercizio. Consente inol-
tre l'immediata conoscenza del patrimonio netto della società. Lo stato patrimoniale deve essere redatto
nella forma a colonne ( art. 2424 ).

Le voci dell'attivo sono aggregate in quattro grandi categorie:

A) crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già chiamata;

B) immobilizzazioni, che comprendono gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmen-
te dalla società e che in base l'attuale disciplina devono contenere separata indicazione di quelle conces-
se in locazione finanziaria;

B-I) immobilizzazioni immateriali ( articolate in sette voci), quali i costi di impianto e di amplia-
mento (B-I-1), i diritti di brevetto industriale (B-I-3) e l'avviamento (B-I-5) .

B-II) immobilizzazioni materiali ( articolate in cinque voci) quali i terreni e i fabbricati (B-II-1), le

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attrezzature industriali e commerciali (B-II-3).

B-III) immobilizzazioni finanziarie, che comprendono partecipazioni azionarie e altri titoli e


le azioni proprie.

C) attivo circolante, a sua volta distinto in:

C-II) rimanenze ( articolate in cinque voci), quali le rimanenze di materie prime, sussidiarie e di
consumo (C-I-1), di prodotti in corso di lavorazione (C-I-2) e di prodotti finiti e merci (C-I-4
ter).

C-III) attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, fra le quali vanno inserite le
partecipazioni, le azioni proprie e gli altri titoli di cui si prevede l'alienazione in tempi brevi.

C-IV) disponibilità liquide ( distinte in tre voci), quali i depositi bancari e il denaro in cassa.

D) ratei e risconti ( attivi), con separata indicazione del disaggio su prestiti. I ratei attivi sono prove-
nienti di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi. I risconti attivi sono invece i costi so-
stenuti nell'esercizio, ma di competenza di esercizi successivi.

Passando al passivo dello stato patrimoniale:

A) patrimonio netto, composto dal capitale sociale nominale (A-I) e dai diversi tipi di riserve, distinte a
seconda della fonte (insieme degli importi del capitale e delle riserve, degli utili portati a nuovo e degli
utili di esercizio risultanti dal conto economico ecc…).

B) fondi per rischi ed oneri. Si tratta di accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti certi e
probabili.

C) trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. L'importo del relativo fondo va calcolato in base
agli anni di servizio maturati ( art. 2120 ) .

D) debiti, distinti oggi in ben 14 voci per consentire una dettagliata informazione quantitativa e qualitati-
va sull'inadempimento della società.

E) ratei e risconti ( passivi), con separata indicazione dell'aggio sui prestiti. I ratei passivi sono costi di
competenza dell'esercizio che saranno effettivamente sopportati negli esercizi successivi. I risconti
passivi sono invece provenienti percepiti nell'esercizio, ma di competenza di esercizi successivi.

In calce allo stato patrimoniale devono infine essere iscritti i conti d'ordine: la loro funzione è quella di
informare sull'esistenza di rischi ed impegni futuri, che non incidono attualmente sulla consistenza del
patrimonio sociale. Mentre lo stato patrimoniale rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria
della società al termine dell'esercizio, il conto economico espone il risultato economico dell'esercizio at-
traverso la rappresentazione dei costi e degli oneri sostenuti, nonché dei ricavi e degli altri provenienti

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conseguiti nell'esercizio. Il conto economico deve essere redatto in forma espositiva scalare ( art.
2425), con esposizione cioè in unica sequenza prefissata dei componenti positivi e negativi di reddito.

Il conto economico è articolato in cinque sezioni scalari:

1) valore della produzione, vanno indicati e sommati i ricavi di competenza dell'esercizio dell'attività
produttiva tipica e le variazioni delle relative rimanenze di magazzino. Dal totale così ottenuto si sot-
traggono

2) i costi della produzione, fra cui sono compresi gli ammortamenti, le svalutazioni e gli accantonamenti.

3) vanno iscritti assommati algebricamente i provenienti e oneri finanziari.

4) vanno iscritte sommate algebricamente le rettifiche di valore di attività finanziarie.

5) manoscritti e sommati algebricamente i provvedimenti ed oneri straordinari.

La somma algebrica dei diversi dotali parziali così ottenuti costituisce il risultato globale di esercizio. Si
tiene così l'utile o la perdita di esercizio che va riportato nello stato patrimoniale.

Oltre lo stato patrimoniale e il conto economico, gli amministratori devono redigere due ulteriori docu-
menti:

1) la nota integrativa ( art. 2427), che costituisce parte integrante del bilancio. Essa illustra e specifica
le voci dello stato patrimoniale e del conto economico; fornisce una serie di informazioni integrative sulla
situazione patrimoniale e finanziaria, sul risultato economico di esercizio, sulle azioni e sugli strumenti
finanziari emessi dalla società e sulle operazioni di locazione finanziaria. Nella nota integrativa vanno
elencate le partecipazioni in società controllate e collegate.

2) la relazione sulla gestione ( art. 2428 ), è un allegato esterno al bilancio; essa deve illustrare la situa-
zione della società e l'andamento della gestione "nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha opera-
to".

5. LA STRUTTURA DEL BILANCIO REDATTO SECONDO I PRINCIPI CONTABILI INTERNA-


ZIONALI Il bilancio di eserci-
zio redatto secondo i principi contabili internazionali ha struttura più articolata rispetto a quanto previ-
sto dal cc poiché, oltre allo stato patrimoniale, al conto economico e alle note di bilancio, esso si compone
di altri due documenti: un prospetto delle variazioni del patrimonio netto ; un rendiconto finanziario.
Viene assegnata una più complessa funzione al bilancio da parte dei principi con-
tabili internazionali: quella di rappresentare non solo la situazione del patrimonio e della redditività della
società, ma anche i flussi di cassa; ovvero viene accertata di quanta liquidità ha potuto disporre la socie-
tà nel corso dell’esercizio, come è stata procurata e come è stata impiegata. I principi contabili interna-
zionali non prescrivono rigidi schemi di bilancio, limitandosi ad elencare le informazioni minime. Per quan-

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to riguarda lo stato patrimoniale, si debbono indicare:

1)immobili, impianti, macchinari 7) rimanenze

2)investimenti immobiliari 8) crediti commerciali e altri crediti

3) attività immateriali 9) disponibilità liquide e mezzi equivalenti

4) attività finanziare che non rientrano in altre voci specifiche - 10) debiti commerciali e altri debiti

5) partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto – 11) accantonamenti

6) attività biologiche – 12) passività finanziare e non rientranti in altre voci specifiche

13) crediti e debiti per imposte – 14) capitale nominale e riserve

Per quanto concerne il conto economico lo IAS prevede:

a) ricavi ; b)oneri finanziari ; c) oneri fiscali ; d) utili o perdite delle attività operative cessate, al netto
delle imposte; e) utile o perdita.

Nel conto economico devono essere di regola rappresentati tutti gli incrementi e le perdite patrimoniali
verificatisi nell’esercizio. Allo scopo di evidenziare le modificazioni totali del patrimonio nell’esercizio, i
principi contabili internazionali impongo perciò la redazione di un ulteriore documento: il prospetto delle
variazioni del patrimonio netto. Il prospetto indica l’utile o le perdite imputati direttamente a singole
voci del patrimonio netto; somma gli importi precedenti, ottenendo gli utili o le perdite totali del periodo.
In esso deve poi essere illustrato in che modo tali utili e perdite abbiano modificato le voci del patrimo-
nio netto nel corso dell’esercizio. Il prospetto indica,infine, per ciascuna voce del patrimonio netto, le
svalutazioni o rivalutazioni conseguenti a cambiamenti dei principi contabili o a correzioni degli errori
contabili rilevati nei bilanci precedenti.

Il rendiconto finanziario espone in modo sintetico gli incassi e i pagamenti (cash flows) effettuati dalla
società durante l’esercizio. Tali flussi di cassa devono essere raggruppati in tre classi:

a) flussi di cassa relativi all’esercizio dell’attività produttiva principale dell’impresa (b) flussi di cassa re-
lativi alla realizzazione o smobilitazione di investimenti .

c)flussi di cassa derivanti dalle operazioni con cui la società si procura nuovo capitale o nuovi finanzia-
menti.

Le note al bilancio assolvono la medesima funzione della nota integrativa prevista dalla disciplina nazio-
nale.

6. I CRITERI DI VALUTAZIONE NEL CODICE CIVILE


La redazione del bilancio di esercizio comporta per molti cespiti patrimoniali il compimento di una serie

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di stime da parte degli amministratori, volte a determinarne il valore da iscrivere in bilancio, sia perché i
valori neri in assoluto spesso non esistono, sia perché il valore di molti cespiti varia nel tempo in relazione
a molteplici fattori. Il legislatore per un verso fissa principi generali da osservare
nella valutazione: quella della prudenza e quello della continuità dei criteri di valutazione. Per altro verso
determina dettagliatamente ( art. 2426 ) i criteri cui gli amministratori devono attenersi nelle valutazio-
ni dei diversi cespiti.
Le immobilizzazioni di ogni tipo sono iscritte in bilancio al costo storico: vale a dire al costo di acquisto o
di produzione nel quale vanno computati anche i costi accessori. Il valore delle immobilizzazioni materiali
e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere inoltre sistematicamente ammortizza-
to in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene.

Se il costo storico è criterio base di valutazione delle immobilizzazioni, regole particolari sono tuttavia
dettate per alcune di esse:

a) le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate e collegate, anziché


al costo, possono essere valutate col metodo del patrimonio netto: cioè iscrivendo in bilancio un importo
pari alla corrispondente quota, opportunamente rettificata, del patrimonio netto della società partecipa-
ta risultante dall'ultimo bilancio della stessa ( art. 2426, n. 4);

b) i costi di impianto e di ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di pubblicità possono essere iscritti nel-
l'attivo, solo se hanno un utilità pluriennale. Inoltre, devono essere ammortizzati in un periodo non supe-
riore ai 5 anni;

c) l'avviamento può essere iscritto nell'attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo per
esso sostenuto.

I crediti devono essere sempre valutati secondo il valore di prudente realizzo. I cespiti dell'attivo cir-
colante diversi dai crediti devono essere iscritti al costo di acquisto o di produzione ovvero, se minori, al
valore realizzato desumibile dall'andamento del mercato. L'attuale disciplina stabilisce anche i criteri di
iscrizione in bilancio delle attività e passività. Al riguardo sono dettati criteri diversi a seconda che si
tratti di attività e passività non costituenti immobilizzazioni ovvero di attività che costituiscono immobi-
lizzazioni. Le prime vanno iscritte al tasso di cambio in vigore alla data di chiusura dell'esercizio e la dif-
ferenza rispetto al cambio del giorno di compimento dell'operazione darà luogo alla formazione di utili o
perdite su cambi da imputare al conto economico. Le immobilizzazioni in valuta
devono invece essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto (cambio storico) o a quello
inferiore alla chiusura dell'esercizio se la riduzione è giudicata durevole.
I criteri di valutazione fin qui esposti sono costantemente ispirati dal principio di prudenza e mirano ad
evitare che gli amministratori sopravvalutino i relativi cespiti patrimoniali.

La rivalutazione monetaria è possibile solo in presenza di leggi speciali, periodicamente emanate, che ne

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fissano criteri e modalità.

[7. I CRITERI DI VALUTAZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI IN TERNAZIONALI (PAGINA


468)]

8. IL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL BILANCIO


Il bilancio di esercizio è un atto della società alla cui redazione cooperano nel sistema tradizionale di
amministrazione e controllo tutti e tre gli organi sociali: amministratori, collegio sindacale e assemblee,
nonché il soggetto incaricato del controllo contabile. Nelle società che adottano il sistema dualistico il
bilancio invece è predisposto dal consiglio di gestione ed è approvato dal consiglio di sorveglianza.
Il procedimento di formazione del bilancio è cadenzato dall'art. 2364, 2 comma. In base a tale norma,
l'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta all'anno, entro il termine stabilito dallo
statuto o comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale. Gli ammini-
stratori redigono progetto di bilancio e tale funzione non è delegabile al comitato esecutivo o agli ammi-
nistratori delegati.
Il progetto di bilancio e relativi allegati deve restare depositato in copia nella sede della società durante
i 15 giorni che precedono l'assemblea e affinché sia approvato. I soci possono prenderne visione.
La legge non specifica quali poteri abbia l'assemblea in merito al bilancio. Essa può certamente approvarlo
o respingerlo. Approvazione del bilancio non implica comunque liberazione degli amministratori, direttori
generali e sindaci ( art. 2434 ). Entro 30 giorni dall’approvazione, la copia del bilancio, corredata dalle
relazioni e dal verbale di approvazione dell’assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere deposi-
tata a cura degli amministratori presso l’ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio
a mezzo raccomandata. Nelle società con azioni quotate in borsa gli
amministratori devono redigere anche una relazione semestrale sull’andamento della gestione

9.INVALIDITA’ DELLA DELIBERA DI APPROVAZIONE


Il bilancio di esercizio può presentare vizi ed irregolarità che riguardano il procedimento di formazione
dello stesso (es. omesso deposito nella sede sociale). In tal caso la relativa delibera assembleare di ap-
provazione è di regola annullabile. E’ nulla in caso di mancanza di convocazione o del verbale. Il bilancio di
esercizio può presentare irregolarità che riguardano il suo contenuto, perché redatto violando i principi
di chiarezza, verità, correttezza. La delibera di approvazione di un bilancio non chia-
ro e non preciso ha oggetto illecito, in quanto adottata in contrasto con norme imperative inderogabili
dettate a tutela di un interesse generale. Non si ha nullità della delibera quando i vizi di chiarezza sono
marginali e non compromettono la precisa rappresentazione della situazione patrimoniale e del risultato
economico di esercizio.
Le azioni di annullabilità e nullità previste dagli articoli 2377 e 2379 non possono essere più esercitate
dopo che è stato approvato il bilancio dell’esercizio successivo. E’ impedita l’impugnazione da parte del
singolo azionista anche per cause di nullità della delibera di approvazione del bilancio.
L’impugnativa per mancata conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione

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può essere infatti proposto in ogni caso anche dalla Consob (Isvap per società assicurative), nel termine
di sei mesi dal deposito del bilancio presso l’ufficio del registro delle imprese.

10.UTILI.RISERVE.DIVIDENDI.
L'assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci. Nel sistema dualistico a
tal fine provvede l'assemblea convocata dal consiglio di sorveglianza ( art. 2433, 1 comma). Non tutti gli
utili sono però distribuibili fra i soci sotto forma di dividendi. E ciò per la presenza di alcuni vincoli di de-
stinazione imposti dalla legge. Se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale socia-
le, non si possono ripartire gli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispon-
dente. Dagli utili netti annuali, non assorbiti da perdite precedenti, deve essere poi dedotta una somma
corrispondente almeno al 5% degli stessi per costituire una riserva ( riserva legale). La riserva legale co-
stituisce un accantonamento contabile di utili imposto per legge a salvaguardia dell'integrità del capitale
sociale; per evitare cioè che eventuali perdite degli esercizi futuri colpisca direttamente il capitale so-
ciale riducendola. Essa si risolve in una forma di autofinanziamento obbligatorio della società. Funzione e
caratteri non diversi dalla riserva legale presenta la riserva statutaria. La differenza consiste nel fatto
che la sua costituzione è imposta dallo statuto, che stabilisce anche la quota parte degli utili di esercizio
da destinare alla stessa.
Sono infine riserve facoltative, quelle discrezionalmente disposte dall'assemblea ordinaria che approva il
bilancio. Gli utili di cui l'assemblea che approva il bilancio può disporre a favore dei soci sono costituiti:

a) dagli utili distribuibili di esercizio;

b) dagli utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti.

Diversamente da quanto visto per le società di persone, nella società per azione l' approvazione del bilan-
cio di esercizio non determina di per sé l'insorgere di un diritto individuale degli azionisti all'immediata
assegnazione della propria parte di utili. Gli azionisti non sono tuttavia obbligati a restituire dividendi
riscossi per utili non realmente esistenti quando:

A) erano in buona fede al momento della riscossione;

B) i dividendi sono stati distribuiti in base ad un bilancio regolarmente approvato;

C) dal bilancio risultano utili netti corrispondenti.

Non sono esposti a ripetizione gli azionisti che senza colpa ignoravano il carattere fittizio degli utili as-
segnati e riscossi.
La distribuzione di acconti dividendo è consentita solo alle spa il cui bilancio è assoggettato per legge al
controllo da parte di società di revisione iscritte nell’albo speciale. La distribuzione di acconti dividendo
è sottoposta ad una serie di condizioni per evitare che vengano distribuiti utili solo sperati e difficilmen-
te recuperabili dagli azionisti dopo l’approvazione del bilancio di esercizio:

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- deve essere prevista dallo statuto;


- può essere deliberata dagli amministratori solo dopo un giudizio positivo della società di revisione;
- non è consentita quando dall’ultimo bilancio approvato risultano perdite;
- la misura dell’acconto non può superare la minor somma fra l’importo degli utili conseguiti falla
chiusura dell’esercizio precedente e quello delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio
approvato.
La distribuzione deve essere deliberata dagli amministratori sulla base di un prospetto contabile e di una
relazione dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società consente la
distribuzione stessa. Su tali documenti va chiesto il parere del soggetto incaricato del controllo contabi-
le.

Gli acconti dividendo non sono ripetibili se i soci che li hanno riscossi in buona fede, anche se sia succes-
sivamente accertata l'esistenza degli utili di periodo risultanti dal prospetto.

11.GLI ACCONTI DIVIDENDO


Solo con la chiusura dell’esercizio sociale e con l’approvazione del relativo bilancio è possibile sapere se vi
sono utili distribuibili ai soci sotto forma di dividendi.
La distribuzione di acconti dividendo non è consentita a tutte le spa, ma solo a quelle il cui bilancio è as-
soggettato per legge al controllo da parte di società di revisione iscritte nell’albo speciale.
La distribuzione di acconti dividendo da parte di tali società è sottoposta ad una serie di condizioni per
evitare che vengano distribuiti utili solo sperati e difficilmente recuperabili dagli azionisti dopo l’appr-
ovazione del bilancio di esercizio:

1) deve essere prevista dallo statuto

2) può essere deliberata dagli amministratori solo dopo il rilascio da parte delle società di revisione di un
giudizio positivo sul bilancio dell’esercizio precedente e l’approvazione dello stesso

3) non è consentita quando dall’ultimo bilancio approvato risultano perdite.

4) la misura dell’acconto non po’ superare la minor somma fra l’importo degli utili conseguiti dalla chiusura
dell’esercizio precedente e quello delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato.

La distribuzione di tali acconti è deliberata dagli amministratori “sulla base di un prospetto contabile e
di una relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società con-
sente la distribuzione della stessa. Gli acconti dividendo erogati rispettando queste disposizioni non sono
ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede, anche se sia successivamente accertata l’inesistenza
degli utili di periodo risultanti dal prospetto. Sanzioni penali sono previste a carico degli amministratori
che violino la disciplina esposta.

12. IL BILANCIO CONSOLIDATO DI GRUPPO

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Il bilancio consolidato è un bilancio redatto dalla capogruppo in aggiunta al proprio bilancio di esercizio.
In esso è rappresentata la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo considerato nella
sua unità. Il bilancio consolidato costituisce un utile strumento di infor-
mazione sulla situazione globale del gruppo. Non incide invece sulla determinazione dell'utile distribuibile.
L'obbligo di redazione del bilancio consolidato di gruppo è stato introdotto dal d.lgs. 9-4-1991 n. 127
(artt. 25-43 ). Il bilancio consolidato deve essere redatto dalla società di capitali che controlla altre im-
prese e dalle società cooperative che controllano società di capitali ( art. 25 ).
Le imprese da considerare ai fini del consolidamento sono solo quelle controllate tramite il possesso di
partecipazioni. Sono esonerati dall'obbligo di redigere il bilancio consolidato i gruppi di minore dimen-
sione, purché nessuna delle imprese del gruppo sia una società con azioni quotate. Il bilancio consolidato
è redatto dagli amministratori della capogruppo ed ha la stessa struttura del bilancio di esercizio. Si ar-
ticola perciò nello stato patrimoniale, nel conto economico e nella nota integrativa (artt. 38 e 39 ). Deve
inoltre essere corredato da una relazione degli amministratori sulla situazione complessiva delle imprese
comprese nel consolidamento(art. 40). Non sono inserite nel bilancio consolidato:

a) le partecipazioni della controllante in imprese incluse nel consolidamento e la corrispondente frazione


del patrimonio netto (capitale e riserve) di queste.

b) i crediti e debiti fra le imprese incluse nel consolidamento.

c) i provenienti e gli oneri relativi ad operazioni effettuate fra le stesse.

d) gli utili e le perdite conseguenti.

Il bilancio consolidato, a differenza di quello di esercizio, non è assoggettato ad approvazione da parte


dell'assemblea. Esso costituisce perciò, nel sistema tradizionale e monistico, atto degli amministratori.
Nel sistema dualistico invece, il bilancio consolidato è approvato dal consiglio di sorveglianza.
Perciò nei confronti del bilancio consolidato si applica la disciplina rela-
tiva all’invalidità delle delibere del consiglio di amministrazione.

13.L’INFORMAZIONE CONTABILE SULLE SOCIETA’ OFF-SHORE


La legge sulla tutela del risparmio (28-12-05 n.262) ha introdotto nuovi obblighi contabili a carico delle
società italiani quotate o emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, le quali
controllino o siano controllate, o collegate a società aventi sede in Stati che non garantiscano la traspa-
renza societaria (dopo il caso Parmalat per esempio). La società italiana controllante la società estera off
- shore deve allegare al proprio bilancio di esercizio o consolidato il bilancio della controllata, redatto
secondo i principi contabili internazionali o secondo la disciplina italiana. Il bilancio della società estera
deve essere sottoscritto dagli amministratori, dal direttore generale e dal dirigente preposto alla reda-
zione dei documenti contabili della società controllante italiana. Deve inoltre essere sottoposto a revisio-
ne dalla medesima società incaricata dalla revisione delle controllante italiana. Gli amministratori della

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controllante italiana devono allegare una specifica relazione sui rapporti intercorrenti con la controllata
off – shore. Se invece è la società italiana ad essere sottoposta al controllo da una società estera è ri-
chiesto solo che la controllata italiana alleghi al proprio bilancio la relazione degli amministratori.
Se con la società estera sussiste un mero collegamento, la società italiana è tenuta solo ad allegare al bi-
lancio la relazione degli amministratori redatta con forme ed oggetto analogo a quello previsto in caso di
controllata estera.

CAPITOLO 13 - LE MODIFICAZIONI DELLO STATUTO

1.NOZIONE
Costituisce modificazione dello statuto di una società per azioni ogni mutamento del contenuto oggettivo
del contratto sociale; mutamento che può consistere sia nell'inserimento di nuove clausole, sia nella mo-
dificazione o soppressione di clausole preesistenti. Possono esservi delle modificazioni soggettive o og-
gettive (statutarie).

2. IL PROCEDIMENTO
Le modificazioni statutarie rientrano nella competenza dell'assemblea dei soci in sede straordinaria
( art. 2365 ). La delibera è adottata con le maggioranze previste in via generale per l'assemblea straor-
dinaria o nelle società non quotate, con quelle più elevate stabilite per talune modifiche di particolare ri-
lievo: cambiamento dell'oggetto sociale, trasformazione, scioglimento anticipato, emissione di azioni pri-
vilegiate. Per le società quotate sono inoltre previsti speci-
fici obblighi informativi nei confronti della Consob e del pubblico. Le delibere modificative dello statuto
erano originariamente soggette ad omologazione da parte del Tribunale. La soppressione del controllo
giudiziario sullo statuto ed il conseguente affidamento al notaio non hanno fatto venire meno del tutto il
controllo giudiziario ma lo hanno reso facoltativo ed eventuale. Infatti, in base all’attuale disciplina è il
notaio che verifica l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge e, entro 30 giorni, ne richiede
l’iscrizione nel registro delle imprese contestualmente al deposito. La deliberazione non produce effetti
se non dopo l’iscrizione e quindi non può essere eseguita prima della stessa.
Vi sono casi in sui l’efficacia della delibera è condizionata o differita; es. nel caso della delibera che pre-
giudica i diritti speciali riconosciuti a determinate categorie di azioni, la cui efficacia è subordinata al-
l’approvazione dell’assemblea di categoria.
Per rendere più agevole la conoscenza del contenuto dello statuto dopo ogni modificazione dello stesso ne
deve essere depositato nel registro delle imprese il testo integrale, nella sua redazione aggiornata.

3. IL DIRITTO DI RECESSO
L'applicazione del principio maggioritario anche per la modificazione dello statuto fa si che nella società
per azioni la minoranza non può impedire modifiche dell'assetto societario. In presenza di delibere modi-
ficative di particolare gravità, la minoranza è inoltre direttamente tutelata dalla previsione di maggio-
ranze più elevate e dal riconoscimento del diritto di recesso dalla società ( art. 2437 ss. c.c.). Diritto

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quest'ultimo la cui disciplina è stata profondamente modificata con la riforma del 2003: sono stati infat-
ti vistosamente ampliati i casi in cui il diritto di recesso è concesso. Mentre la previgente disciplina pre-
vedeva tre sole clausole di recesso (cambiamento dell'oggetto sociale, trasformazione e trasferimento
della sede sociale all'estero), l'attuale disciplina amplia notevolmente le stesse (art.2437), che possono
essere oggi distinte in cause di recesso inderogabili, derogabili dallo statuto e cause statutarie. A queste
vanno poi aggiunte specifiche cause di recesso previste per le società che fanno parte di un gruppo (le
società non quotate).
Le cause inderogabili di recesso sono indicate dall’art. 2437, 1° comma. Il diritto di recesso può essere
esercitato dai soci che non hanno concorso alle delibere riguardanti:

- la modifica dell'oggetto sociale,


- la trasformazione della società,
- il trasferimento della sede sociale all’estero,
- la revoca dello stato di liquidazione,
- l’eliminazione di una o più cause di recesso derogabili o previste dallo statuto,
- la modificazione dei criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso,
- la modificazione dello statuto concernenti il diritto di voto o di partecipazione (diritti patrimonia-
li).
In tutti questi casi il diritto di recesso non può essere soppresso dallo statuto, ed è nullo ogni patto volto
ad escluderlo o a rendere più gravoso l’esercizio.
Le cause derogabili di recesso sono previste dall’art. 2347, 2° comma. Il diritto di recesso spetta anco-
ra, salvo diversa previsione dello statuto, ai soci che non hanno concorso all’ approvazione delle delibere
riguardanti:

- la proroga del termine di durata della società,


- l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni.
In questo caso il recesso non può essere esercitato solo per parte delle azioni.

Un' ultima causa di recesso riguarda le società a tempo indeterminato che non sono quotate in un mer-
cato regolamentato. Per evitare che i soci restino prigionieri della società, in tal caso tutti soci possono
recedere liberamente con un preavviso di centottanta giorni, allungabile dallo statuto fino ad un anno
( art. 2437, 3 comma). Il diritto di recesso deve essere esercitato dal socio mediante comunicazione con
lettera raccomandata alla società entro breve termine: 15 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese
della delibera che lo legittima; termine portato a 30 giorni dalla conoscenza da parte del socio, se il fatto
che legittima il recesso non è una delibera ( art. 2437-bis, 1 comma).
Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere deposi-
tate presso la sede della società. Quest’ultima può sottrarsi al rimborso delle azioni se entro 90 giorni
successivi al recesso, revoca la delibera che lo legittima o delibera lo scioglimento della società.
L'attuale disciplina modifica radicalmente il criterio di determinazione del valore delle azioni da rimbor-

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sare. È infatti abbandonata per le società non quotate la prudenziale determinazione in proporzione del
patrimonio sociale risultante dal bilancio di quest'ultimo esercizio.
Nelle società non quotate il valore delle azioni da rimborsare è determinato dagli amministratori, sentito
il parere del collegio sindacale e il revisore contabile, tenuto conto della consistenza del patrimonio so-
ciale e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni.
I soci hanno diritto di conoscere la determinazione del valore di rimborso nei 15 giorni precedenti la data
fissata per l'assemblea. In caso di contestazione il valore di liquidazione è determinato entro 90 giorni
dall'esercizio del recesso da un esperto nominato dal tribunale.
Nelle società con azioni quotate il valore di liquidazione delle stesse è invece determinato facendo esclu-
sivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la convocazione
dell'assemblea. L'attuale disciplina detta un'articolata disciplina del procedimento di liquidazione
delle azioni del socio recedente ( art. 2437-quater), al fine di evitare che l'ampliamento delle cause di
recesso e la più equa determinazione del valore di rimborso compromettano l'integrità del capitale socia-
le e la tutela dei creditori sociali. Le azioni del socio che recede devono
essere innanzitutto offerte in opzione agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute. Per
la parte non acquistata dai soci possono essere collocate sul mercato.
In caso di mancato collocamento presso i soci o presso terzi, le azioni vengono rimborsate mediante ac-
quisto da parte della società, rispettando il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili.
In assenza di utili e riserve disponibili deve essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la
riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società.

4. LE MODIFICAZIONI DEL CAPITALE SOCIALE


Una specifica disciplina è dettata per la modificazione dello statuto relativa capitale sociale: aumento e
diminuzione ( artt. 2438-2447 ). L'aumento del capitale sociale può essere reale ( o a pagamento) oppu-
re semplicemente nominale ( o gratuito). Nel primo caso si ha un aumento del capitale sociale nominale e
del patrimonio della società per effetto di nuovi conferimenti. Nel secondo caso si incrementa solo il ca-
pitale nominale, mentre il patrimonio della società resta invariato.

5. L'AUMENTOREALE DEL CAPITALE SOC IALE


Con l'aumento reale del capitale sociale, la società intende procurarsi
nuovi mezzi finanziari a titolo di capitale di rischio: nuovi conferimenti. L'aumento reale da perciò luogo
all'emissione di nuove azioni a pagamento. Competente a deliberare l'aumento di capitali è l'asse-
mblea straordinaria dei soci. Lo statuto o una successiva modifica dello stesso possono però attribuire
agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale sociale. Tuttavia:

a) deve essere predeterminato l'ammontare massimo entro cui gli amministratori possono aumentare il
capitale sociale;

b) la delega può essere concessa per un periodo massimo di cinque anni (art.2443). La delega è però rin-

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novabile.

Con la tecnica dell’aumento per delega, la manifestazione di volontà della società di procedere all’aumento
del capitale è costituita dalla delibera del cda. Perciò, il verbale della delibera del consiglio di ammini-
strazione di aumento del capitale sociale deve essere redatto da un notaio e la delibera è soggetta al
controllo di legalità dello stesso notaio ed eventualmente ad omologazione del tribunale nonché ad iscri-
zione nel registro delle imprese. Per quanto riguarda la sottoscrizione dell'aumento del capitale
sociale, la deliberazione di aumento deve fissare il termine entro il quale le sottoscrizioni devono essere
raccolte, non inferiore a 30 giorni dalla pubblicazione dell’offerta.
Nel caso in cui l’aumento del capitale non sia integralmente sottoscritto, il capitale sarà aumentato di un
importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto se la deliberazione di aumento lo abbia espressamente
previsto. In mancanza di tale previsione l’aumento di capitale è inscindibile e la sottoscrizione non vincola
né i sottoscrittori né la società. I sottoscrittori saranno liberati dall’obbligo di conferimento e hanno
diritto al rimborso di quanto versato. Avvenuta la sottoscrizione delle nuove azioni, entro 30 giorni gli
amministratori devono depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese un’attestazione che l’aume-
nto del capitale è stato eseguito. Per i conferimenti in sede di aumento di
capitale vale la stessa disciplina dei conferimento al momento di costituzione della società. In particola-
re vale la regola che i conferimenti dei sottoscrittori delle nuove azioni non possono essere complessiva-
mente inferiori all’aumento di capitale deliberato. Tuttavia il ver-
samento del 25% dei conferimenti in danaro, deve essere effettuato direttamente alla società. Se le
azioni sono emesse con soprapprezzo, questo deve essere integralmente versato all’atto della sottoscri-
zione. Si verifica talvolta che i soci versino alla società somme a titolo di conferimento, denominate ver-
samenti in conto capitale o a copertura di perdite al fine di sopperire alle esigenze di capitale di ri-
schio e/o di costituire un fondo destinato a ripianare eventuali perdite. Tali apporti incrementano il pa-
trimonio della società senza modificare il capitale sociale restando sottratti alla disciplina dei conferi-
menti. I SOCI NON POSSONO
PRETENDERE LA RESTITUZIONE DI TALI VERSAMENTI

5.IL DIRITTO D’OPZIONE


Il diritto di opzione è il diritto dei soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione dell'au-
mento del capitale sociale a pagamento. Il diritto di opzione consente di mantenere inalterata la propor-
zione in cui ciascun socio partecipa al capitale e al patrimonio sociale. Serve quindi a mantenere inaltera-
ta la proporzione in cui ciascun socio partecipa, a mantenere inalterato il valore reale della partecipazio-
ne azionaria in presenza di riserve accumulate. Il diritto di opzione ha un proprio valore economico, che
l'azionista può monetizzare cedendolo a terzi qualora non voglia o non possa concorrere all'aumento del
capitale sociale. Il diritto di opzione non è tuttavia un diritto intangibile dell'azionista. Esso può essere
sacrificato quando lo specifico interesse della società esige. Attualmente il diritto di opzione ha per og-
getto le azioni di nuova emissione di qualsiasi categoria e le obbligazioni convertibili in azioni emesse da

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società. Esso è attribuito a ciascun azionista in proporzione del numero di azioni già possedute. Gli ammi-
nistratori non sono liberi di collocare a loro piacimento le azioni che siano rimaste inoptate. Infatti:

a) se le azioni non sono quotate in borsa, coloro che hanno esercitato il diritto di opzione hanno diritto di
prelazione nella sottoscrizione delle azioni non optate,

b) se le azioni sono quotate sui mercati regolamentati, i diritti di opzione residui devono essere offerti in
borsa dagli amministratori, per conto della società e il ricavato va a beneficio della società.

Il diritto di opzione degli azionisti è in tutto o in parte sacrificabile in presenza di situazioni soggettive
rispondenti ad un concreto interesse della società:

1) il diritto di opzione è escluso per legge quando le azioni devono essere liberate mediante conferimenti
in natura; l’interesse della società a procurarsi da terzi un bene a titolo di conferimento è per legge va-
lutato prevalente rispetto all’interesse del singolo socio alla sottoscrizione dell’aumento;

2) il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la delibera di aumento del capitale " quando
l'interesse della società lo esige" (art.2441, 5 comma);

3) il diritto di opzione può essere escluso, con delibera dell'assemblea straordinaria, quando le azioni de-
vono essere offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società, anche dipendenti di società controllanti
o controllate.

Nei casi di esclusione del diritto di opzioni di cui ai numeri 1 e 2, è obbligatoria l'emissione delle nuove
azioni con sovrapprezzo. La delibera di aumento del capitale " determina il prezzo di emissione delle azio-
ni in base al valore del patrimonio netto, tenendo conto per le azioni quotate in borsa, anche dell'anda-
mento delle quotazioni nell'ultimo semestre" (art. 2441, 6 co).Il diritto di opzione non si considera però
escluso o limitato quando le azioni di nuova emissione sono sottoscritte da banche o da altri soggetti au-
torizzati al collocamento di strumenti finanziari (ad es. Sim), con obbligo di offrirle successivamente agli
azionisti rispettando la disciplina del diritto di opzione. La società può ricorrere anche all’emissione di
appositi buoni di opzione, detti warrant, che attribuiscono al titolare il diritto di sottoscrivere le azioni
di nuova emissione a condizioni predeterminate; devono essere emessi rispettando la disciplina del diritto
d’opzione.

7. L'AUMENTO NOMINALE DEL CAPITALE SOCIALE


L'aumento nominale ( o gratuito) del capitale sociale è operazione che non da luogo a nuovi conferimenti
e non determina perciò alcun incremento del patrimonio sociale. L'aumento nominale è infatti posta in es-
sere dall'assemblea straordinaria " imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in
quanto disponibili" ( art. 2442, 1 comma). L'aumento è quindi realizzato utilizzando valori già esistenti nel
patrimonio della società, come riserve facoltative, riserve statutarie, riserva da sovrapprezzo azioni,
fondi speciali. L'aumento nominale del capitale sociale può essere attuato o aumentando il valore nomina-

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le delle azioni in circolazione o mediante l'emissione di nuove azioni. L'aumento deve essere attuato in
modo da non alterare le preesistenti posizioni reciproche degli azionisti.

8. LA RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE. LA RIDUZIONE REALE


Anche la riduzione del capitale sociale può essere reale o nominale,
a seconda che la riduzione dia luogo o meno ad un corrispondente rimborso ai soci del valore dei conferi-
menti; sia o meno accompagnata da una contestuale riduzione del patrimonio sociale ( art. 2445 ). È ridu-
zione reale la riduzione del capitale sociale disciplinata dall’art. 2445. È riduzione nominale la riduzione
del capitale sociale per perdite. La riduzione reale del capitale è circondata da una serie di cautele so-
stanziali e procedimentali ( art. 2445 ), in quanto operazione potenzialmente pericolosa per i creditori
sociali e per i soci di minoranza: riduce la consistenza del patrimonio sociale e può pregiudicare lo svolgi-
mento dell'attività di impresa ove la riduzione si riveli infondata. Il capitale sociale non può essere ridot-
to al di sotto del minimo legale di 120 mila euro. Sono poi previste particolari cautele procedimentali.
L' avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, in modo
che i soci siano informati. La delibera, adottata con le normali maggioranze previste per la modifica dello
statuto, può essere eseguita solo dopo 90 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese. Entro tale ter-
mine, i creditori sociali possono fare opposizione alla delibera di riduzione, dato che la riduzione può pre-
giudicare i loro diritti. L’opposizione sospende l’esecuzione della delibera fino all’esito del giudizio stesso.
La riduzione reale può aver luogo mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti,
o mediante rimborso agli stessi del capitale. La società può anche procedere all' acquisto ed al successivo
annullamento di proprie azioni. Le modalità di riduzione prescelte devono comunque assicurare la parità
di trattamento degli azionisti (Ad Esempio: estrazione a sorte ed annullamento di un certo numero di
azioni dietro rimborso del solo valore nominale delle azioni stesse; in questo caso agli azionisti rimborsati
vengono rilasciati speciali titoli denominati azioni di godimento, dato che il valore reale delle azioni può
essere notevolmente superiore a quello nominale

9.LA RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE PER PERDITE


Il patrimonio netto della società ( o capitale reale) può scendere, per effetto di per-
dite, al di sotto del capitale sociale nominale. La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nel-
l'adeguare la cifra del capitale sociale nominale all'attuale minor valore del capitale reale. E' quindi una
riduzione puramente nominale. La società non è obbligata a ridurre il capitale so-
ciale fino a quando la perdita dello stesso non sia superiore ad un terzo. Anche se non obbligata, la socie-
tà può tuttavia ugualmente ridurre il capitale per perdite per poter distribuire gli utili successivamente
conseguiti; distribuzione altrimenti vietata fin quando le perdite non siano state colmate ( art. 2433, 3
comma). La riduzione facoltativa per perdite segue la disciplina generale della modificazione dell'atto
costitutivo. Se la società ha emesso obbligazioni, tale riduzione può essere disposta solo rispettando il
limite legale all'emissione di obbligazioni ( art. 2413, 1 comma). La riduzione del capitale sociale diventa
invece obbligatoria quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite. La disciplina

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è diversa a seconda che il capitale si sia o meno ridotto sotto il minimo legale.
Se il minimo legale non è stato intaccato ( art. 2446 ), gli amministratori o nel caso di loro inerzia il
collegio sindacale, devono convocare senza indugio l'assemblea straordinaria e sottoporle una relazione
sulla situazione patrimoniale aggiornata della società. La situazione patrimoniale e le osservazioni devono
restare depositate nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l'assemblea. L'assem-
blea così convocata prende gli opportuni provvedimenti. Non è quindi tenuta a decidere l'immediata ridu-
zione del capitale sociale e può anche limitarsi ad un semplice rinvio a nuovo delle perdite. Se le azioni
emesse dalla società sono senza valore nominale, lo statuto può prevedere che la riduzione sia deliberata
dal consiglio di amministrazione (art. 2446, 3 comma) .
Se il capitale scende sotto il minimo legale, l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori o
dal collegio sindacale, deve necessariamente deliberare o la riduzione del capitale sociale ed il contempo-
raneo aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale o la trasformazione della società. Se l’asse-
mblea non adotta tali provvedimenti la società si scioglie ed entra in stato di liquidazione.
L’art. 2447 è applicabile anche in caso di perdita integrale del capitale sociale. La maggioranza potrà
evitare la messa in liquidazione della società deliberando la riduzione a zero del capitale sociale e la con-
testuale reintegrazione dello stesso, con il riconoscimento agli azionisti del diritto di opzione.

CAPITOLO 14 - LE OBBLIGAZIONI

1. NOZIONE E TIPOLOGIA
La società per azioni può emettere obbligazioni, che costituiscono il tipico e tradizionale strumento per
la raccolta di capitale di prestito fra il pubblico. Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano
frazioni di uguale valore nominale e con uguali diritti di un'unitaria operazione di finanziamento a titolo di
mutuo. Mentre l'azione attribuisce la qualità di
socio e di compartecipe ai risultati dell'attività di impresa l'obbligazione attribuisce invece la qualità di
creditore della società. L'obbligazionista, diversamente dall'azionista, ha perciò diritto ad una remune-
razione periodica fissa ( interessi); ha inoltre diritto al rimborso del valore nominale del capitale presta-
to alla scadenza pattuita.
L'azionista, per contro, ha diritto al rimborso del suo apporto solo in sede di liquidazione della società. La
quota di liquidazione dell'azionista può essere uguale, superiore o inferiore al valore nominale del confe-
rimento eseguito.

Differenza tra obbligazioni e strumenti finanziari partecipativi; le obbligazioni sono titoli di massa, in
quanto rappresentano frazioni standardizzate di un’unica operazione economica; attribuiscono il diritto al
rimborso di una somma di denaro. Gli strumenti finanziari rappresentano una categoria residuale atta a
ricomprendere tutti gli strumenti finanziari emessi dalla società non altrimenti qualificati e disciplinati
dalla legge. Gli strumenti finanziari possono condizionare il diritto al rimborso del capitale, all’andamento
della gestione, o escluderlo del tutto.

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2. TIPI SPECIALI DI OBBLIGAZIONI


Fra i tipi speciali di obbligazioni possono essere ricordate:

a) le obbligazioni partecipanti, in cui la remunerazione periodica del capitale è commisurata agli utili di
bilancio della società emittente;

b) le obbligazioni indicizzate (o strutturate), la cui emissione da parte della Spa è espressamente con-
sentita dalla riforma del 2003 ( art. 2411 ). Tali obbligazioni mirano a neutralizzare gli effetti della sva-
lutazione monetaria e ad adeguare il rendimento dei titoli all'andamento del mercato finanziario.

c) le obbligazioni convertibili in azioni, che attribuiscono all'obbligazionista la facoltà di trasformare il


proprio credito in una partecipazione azionaria della società emittente o di altra società alla prima colle-
gata;

d) le obbligazioni con warrant ( o con diritto di opzione su azioni), che attribuiscono all'obbligazionista il
diritto di sottoscrivere o acquistare azioni della società emittente o di altra società.

e) le obbligazioni subordinate, nelle quali il diritto degli obbligazionisti al pagamento degli interessi e al
rimborso del capitale è subordinato all'integrale soddisfacimento degli altri creditori.

3. I LIMITI ALL’EMISSIONE DI OBBLIGAZIONI


Il codice civile del 1942 poneva un limite all'emissione di obbligazioni da parte delle società per azioni,
stabilendo che le stesse non potevano essere emesse per somma eccedente il capitale versato ed esi-
stente risultante dall'ultimo bilancio approvato. La riforma del 2003 ha abbandonato definitivamente
l'idea che il limite all'emissione di obbligazioni abbia funzione di garanzia e concepisce lo stesso come una
tecnica volta ad evitare che gli azionisti ricorrono al mercato del capitale di credito in misura eccessiva
rispetto al capitale di rischio apportato. In base all'attuale disciplina la società per azioni può infatti
emettere obbligazioni per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della ri-
serva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il ri-
spetto di tale limite ( art. 2412, 1 comma). La società può emettere ob-
bligazioni per un ammontare superiore al limite fissato in via generale quando :

a) le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate ad essere sottoscritte da investitori istituzionali


soggetti a vigilanza prudenziale;

b) le obbligazioni sono garantiti da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a
due terzi del valore di questi;

c) ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale e la società è autorizzata con prov-
vedimento dell'autorità governativa a superare il limite.

Per le società con azioni negoziate in mercati regolamentati ogni limite è stato soppresso dalla riforma

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del 2003; per le altre società, la legge si preoccupa di garantire che il rapporto fra capitale più riserve
ed obbligazioni, fissato dall'art. 2412, permanga per tutta la durata del prestito obbligazionario ( art.
2413 ). La società che ha emesso obbligazioni non può infatti
ridurre volontariamente il capitale sociale o distribuire riserve se il limite del primo comma dell'art. 2412
non risulta più rispettato per le obbligazioni che restano in circolazione.

4. LE OBBLIGAZIONI EMESSE ALL’ESTERO (PAG. 524 - 525)

5.IL PROCEDIMENTO DI EMISSIONE


Con l'attuale disciplina l'emissione di obbligazioni cessa di essere materia di competenza dell'assemblea
straordinaria; infatti, l'emissione di obbligazioni è deliberata dagli amministratori ( art. 2410 ). La deli-
bera di emissione deve tuttavia risultare dal verbale redatto da un notaio, ed è soggetta a controllo di
legalità; essa può essere eseguita solo dopo l'iscrizione (art. 2410, 2 comma).
Alla sottoscrizione secondo il bando di emissione segue il rilascio dei titoli, che possono essere nominativi
o al portatore e devono contenere le indicazioni stabilite dall’art. 2414. il prezzo di emissione delle obbli-
gazioni può essere anche inferiore al valore nominale, salvo che per le obbligazioni convertibili.
L’ammontare delle obbligazioni emesse deve risultare da un apposito libro delle obbligazioni. In tale libro
devono essere annotate anche l’ammontare delle obbligazioni via via estinte nonché i dati dei titolari di
obbligazioni nominative, i trasferimenti ed i relativi vincoli.

6. LE OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI IN AZIONI


L'art. 2420-bis, regola le obbligazioni convertibili in azioni della stessa società di futura emissione (pro-
cedimento diretto). Sono queste obbligazioni che attribuiscono il diritto di sottoscrivere azioni della
stessa società utilizzando come riferimento le somme già versate al momento dell'acquisto delle obbliga-
zioni. Chi esercita il diritto di conversione cessa perciò di essere obbligazionista e diventa azionista della
società.
Le obbligazioni convertibili devono essere offerte in opzione agli azionisti e ai possessori di obbligazioni
convertibili precedentemente emesse. A tal fine:

- la delibera di emissione delle obbligazioni convertibili non può essere adottata se il capitale sociale pre-
cedentemente sottoscritto non è stato interamente versato;

- le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per somma complessivamente inferiore al loro
valore nominale.

Competente a deliberare l'emissione di obbligazioni convertibili è l'assemblea straordinaria. La legge si


preoccupa di conciliare, durante il periodo concesso per la conversione, la libertà di decisione della socie-
tà con l'esigenza di tutelare i possessori di tali obbligazioni di fronte ad operazioni societarie che posso-
no vistosamente alterare il valore del diritto di conversione; sono tre al riguardo le regole fissate:

1) in caso di aumenti del capitale sociale a pagamento e di nuove emissioni di obbligazioni convertibili, il

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diritto di opzione sugli stessi spetta anche ai possessori di obbligazioni convertibili. Si permette così agli
obbligazionisti di mantenere inalterata la proporzione della loro futura partecipazione azionaria;

2) in caso di aumento gratuito del capitale o di riduzione dello stesso per perdite, il rapporto di cambio è
automaticamente modificato in proporzione alla misura dell'aumento o della riduzione del capitale;

3) la società non può deliberare la riduzione volontaria del capitale sociale, la fusione con altra società, la
scissione o la modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione degli utili, fin
quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione. Il divieto non ha però carattere assoluto.
Infatti, può essere superato concedendo agli obbligazionisti la facoltà di conversione anticipata.

Non è disciplinato invece il procedimento indiretto di emissione, che si ha quando le obbligazioni emesse
da una società sono convertibili con le azioni di altra società.

7. L’ORGANIZZAZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI


I prestiti obbligazionari emessi da una società per azioni si caratterizza-
no rispetto a quelli dello stato e degli enti pubblici per la previsione dell'organizzazione del gruppo degli
obbligazionisti volta a tutelare gli interessi degli stessi verso la società ed è articolata in due organi:
l'assemblea e il rappresentante comune (artt. 2415-2418 ). L'assemblea degli obbligazionisti delibera:

a) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;

b) sulle modificazioni delle condizioni del prestito;

c) sulle proposte di amministrazione controllata e di concordato preventivo e fallimentare;

d) sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e sul relativo
rendiconto;

e) sugli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti( art. 2415 ).

L'assemblea è convocata dagli amministratori della società o dal rappresentante comune degli obbligazio-
nisti. All'assemblea possono assistere amministratori e sindaci. La convocazione è obbligatoria quando ne
è fatta richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentano un ventesimo dei titoli emessi e non estinti.
Per le delibere di modificazione delle condizioni del prestito è necessario il voto favorevole degli obbli-
gazionisti che rappresentano la metà delle obbligazioni emesse e non estinte. Le deliberazione dell’as-
semblea degli obbligazionisti sono iscritte nel registro delle imprese a cura del notaio che ha redatto il
verbale. L'art. 2416 estende
alle delibere dell'assemblea degli obbligazionisti l'intera disciplina dettata per le delibere assembleari
nulle e annullabili.
Il rappresentante comune degli obbligazionisti è nominato dall'assemblea degli obbligazionisti.
Il rappresentante comune dura in carica per un periodo non superiore a tre anni ed è rieleggibile. Egli tu-

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tela gli interessi comuni degli obbligazionisti nei confronti della società e dei terzi ( art. 2418 ).

In particolare:

A) esegue le deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti;

B) assiste alle operazioni per l'estinzione a sorteggio delle obbligazioni;

C) ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti;

D) ha il diritto di assistere alle assemblee dei soci;

E) ha il diritto di esaminare il libro degli obbligazionisti.

L’organizzazione di gruppo non priva il singolo obbligazionista di tutelare i propri diritti nei confronti del-
la società. Sono precluse solo quelle azioni individuali il cui accoglimento potrebbero contrastare con le
azioni promosse dall’organizzazione per la tutela degli interessi comuni di gruppo.

CAPITOLO 15 - LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’ PER AZIONI

1. LE CAUSE DI SCIOGLIMENTO
Lo scioglimento della società per azioni è disciplinato agli artt. 2484-2496 c.c. La società per azioni si
scioglie ed entra in stato di liquidazione col verificarsi di una delle seguenti cause ( art. 2484 ):

1) il decorso del termine di durata fissato nell'atto costitutivo; termine che può essere prorogato prima
della scadenza con delibera dell’assemblea straordinaria. Per le società che non fanno appello al mercato
del capitale di rischi è richiesta la maggioranza rafforzata di più di un terzo del capitale sociale anche in
seconda convocazione.

2) il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, sempre che que-


st'ultima abbia carattere assoluto e definitivo. Tale causa di scioglimento non opera se l'assemblea deli-
bera le opportune modifiche statutarie;

3) l'impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell'assemblea; è necessario che la paralisi


dell’organo assembleare precluda l’adozione di delibere necessarie per il funzionamento della società.

4) la riduzione del capitale ( per perdite) al di sotto del minimo legale, salvo che l'assemblea deliberi la
riduzione e il contemporaneo aumento del capitale ad una cifra superiore al minimo legale, oppure la tra-
sformazione della società;

5) la delibera dell'assemblea straordinaria di scioglimento della società in seguito al recesso di uno o più
soci ( art. 2437 ), ovvero all'impossibilità di provvedere al rimborso delle relative azioni;

6) la deliberazione dell'assemblea ( straordinaria) di scioglimento anticipato, per la quale nelle società


che non fanno appello al mercato del capitale di rischio è richiesta la maggioranza forzata di più di un

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terzo del capitale sociale anche in seconda convocazione ( art. 2369, 5 comma);

7) le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto per le quali lo statuto deve determinare la
competenza a deciderle o accettarle e ad effettuare i prescritti adempimenti pubblicitari;

8) la sentenza che dichiara la nullità della società.

Verificatasi una causa di scioglimento, gli amministratori devono procedere senza indugio al suo accerta-
mento e all’iscrizione presso il registro delle imprese della relativa dichiarazione o deliberazione assem-
bleare che dispone lo scioglimento. In caso di omissione da parte degli amministratori, il tribunale, su
istanza dei soci o dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento con decreto soggetto ad
iscrizione nel registro delle imprese. Alla denominazione della società dovrà essere ag-
giunta l’indicazione che si tratta di società in liquidazione. Con la riforma del 2003 gli
effetti connessi al verificarsi di una causa di scioglimento decorrono dall’iscrizione nel registro della di-
chiarazione di accertamento del cda o della delibera assembleare che dispone lo scioglimento. In caso di
ritardo o di omissione nell’accertamento e nell’iscrizione, gli amministratori sono personalmente e soli-
dalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai creditori sociali e dai terzi.

2.LA SOCIETA’ IN STATO DI LIQUIDAZIONE


Il verificarsi di una causa di scioglimento non determina l'immediata estinzione della società: si deve
prima provvedere, attraverso il procedimento di liquidazione, al pagamento dei creditori sociali e alla ri-
partizione fra i soci dell'eventuale residuo attivo.
Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori ma devono convocare l'assemblea per
le deliberazioni relative alla liquidazione. Sono inoltre responsabili della conservazione dei beni sociali fin
quando li abbiano consegnati ai liquidatori. Infine, vedono limitati i loro poteri. Infatti, per il semplice
verificarsi di una casa di scioglimento gli amministratori conservano il potere di gestire la società " ai soli
fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale" ( art. 2486, 1 comma) in attesa
di farne consegna ai liquidatori. Con la riforma del 2003 è stata infine espressamente disciplinata la re-
voca dello stato di liquidazione; la relativa decisione è circondata da una serie di cautele. La società può
in ogni momento revocare lo stato di liquidazione e tornare ad una fase di normale esercizio, ma nelle so-
cietà che fanno appello al mercato del capitale di rischio è richiesta la maggioranza rafforzata di un ter-
zo del capitale sociale anche in seconda convocazione. Inoltre, ai soci che non hanno concorso alla delibe-
razione è riconosciuto il diritto di recesso. Anche i creditori sociali sono tutelati. La revoca ha effetto
solo dopo 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese, termine entro il quale i creditori sociali an-
teriori all’iscrizione possono proporre opposizione.

3.IL PROCEDIMENTO I LIQUIDAZIONE.


Il procedimento di liquidazione si apre con la nomina di uno più liquidatori. I liquida-
tori sono nominati dall'assemblea straordinaria ( art. 2487 ). Nell'inerzia dell'assemblea, i liquidatori
sono nominati dal tribunale, su istanza dei singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci ( art. 2487, 2

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comma). I liquidatori resta-


no in carica per tutta la durata del procedimento di liquidazione. Essi possono essere revocati dall'as-
semblea con le maggioranze prescritte dall'assemblea straordinaria. Se sussiste giusta causa, sono revo-
cabili anche dal tribunale, su istanza dei soci, dei sindaci o del pubblico ministero.
I provvedimenti di nomina e di revoca dei liquidatori sono soggetti a iscrizione nel registro delle imprese
( art. 2487-bis). Con l'iscrizione della nomina dei liquidatori, gli amministratori cessano dalla carica e de-
vono consegnare ai liquidatori i libri sociali.
Poteri, doveri e responsabilità dei liquidatori sono modellati su quelli degli amministratori ( art. 2489 );
pertanto:

a) i liquidatori devono adempiere ai loro doveri con la diligenza e la professionalità richieste dalla natura
dell'incarico;

b) i liquidatori devono prendere in consegna dagli amministratori i beni e i documenti sociali, nonché redi-
gere con gli stessi l'inventario del patrimonio sociale;

c) i liquidatori possono compiere " tutti gli atti utili per la liquidazione della società" ( art. 2489, 1 com-
ma).

L'attività dei liquidatori deve essere diretta al pagamento dei creditori sociali. Essi non possono perciò
ripartire fra i soci beni della società fin quando non siano pagati tutti i creditori noti o non siano state
accantonate le somme necessarie per pagarli. La disciplina odierna consente tuttavia la distribuzione ai
soci di acconti durante la liquidazione.
Se i fondi disponibili risultano insufficienti, i liquidatori possono chiedere proporzionalmente ai soci i
versamenti ancora dovuti sulle azioni non interamente liberate. Se la liquidazione si protrae oltre l’anno i
liquidatori devono redigere il bilancio e sottoporlo all’approvazione dell’assemblea con le scadenze previ-
ste per il bilancio di esercizio delle società.
Completata la liquidazione del patrimonio sociale con la conver-
sione in danaro dell'attivo, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione ,indicando la
parte spettante a ciascun socio nella divisione dell’attivo (art. 2492 ). Il bilancio finale di
liquidazione deve essere approvato dai singoli soci e non dalla assemblea. Il
bilancio, sottoscritto dai liquidatori ed accompagnato dalla relazione dei sindaci e del soggetto incaricato
della revisione contabile, è depositato presso l’ufficio del registro delle imprese e si intende approvato
se, entro 90 giorni dal deposito, nessun socio abbia proposto reclamo davanti al tribunale in contraddit-
torio con i liquidatori. L’approvazione (espressa o tacita) del bilancio finale di liquidazione
libera i liquidatori di fronti ai soci per l’attività svolta. Le somme non riscosse dai soci, entro 3 mesi dal-
l’iscrizione dell’avvenuto deposito del bilancio sono depositate dai liquidatori presso una banca. Compiuta
la liquidazione, i libri della società sono depositati presso l’ufficio del registro delle imprese.

4. L’ESTINZIONE DELLA SOCIETA’

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Il procedimento di liquidazione si chiude con la cancellazione della società sdal registro delle imprese.
La cancellazione è disposta di ufficio quando per oltre tre anni consecutivi non viene depositato il bilan-
cio annuale di liquidazione.
Intervenuta la cancellazione dal registro, i creditori sociali rimasti insoddisfatti possono far valere i loro
diritti:

- nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da queste riscosse in base al bilancio fi-
nale di liquidazione;
- nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
La cancellazione dal registro delle imprese segna l’estinzione della spa, anche quando vi siano creditori
insoddisfatti. I creditori possono chiedere il fallimento della società entro un anno dalla cancellazione
della stessa dal registro.

CAP. 16 - LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI

1. CARATTERI DISTINTIVI
La società in accomandita per azioni (artt. 2452-2461 ) è un tipo di società che, come l’accomandita sem-
plice, si caratterizza per la presenza di due categorie istituzionale di soci:
a) i soci accomandatari, che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali e sono
per legge amministratori della società;

b) i soci accomandanti, che sono obbligati verso la società nei limiti della quota di capitale sottoscritto.

Questo tipo di società si caratterizza per il fatto che le quote di partecipazione dei soci sono rappresen-
tate da azioni. Alla società in accomandita per azioni sono applicabili le norme relative alla società per
azioni. Essa è una società per azioni modificata dalla presenza di soci a respon-
sabilità illimitata (gli accomandatari) i quali sono di diritto amministratori.

2.L’AZIONISTA ACCOMANDATARIO
L’azionista accomandatario risponde illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali. Non si può
essere soci accomandatari se non si è amministratori e si cessa di essere accomandatari e responsabili se
si cessa di essere amministratori. Infatti, nell’accomandita per azioni:

A) i soci indicati nell'atto costitutivo come accomandatari sono tutti di diritto amministratori della so-
cietà ( art. 2455 );

B) il socio accomandatario che cessa dall'ufficio di amministratore non risponde per le obbligazioni della
società sorte posteriormente all'iscrizione nel registro delle imprese della cessazione dall'ufficio ( art.
2461 );

C) il nuovo amministratore assume la qualità di socio accomandatario dal momento dell'accettazione della
nomina ( art. 2457 ).

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Nel accomandita per azioni, diversamente da quanto avviene nell'accomandita semplice, vi è quindi piena
coincidenza fra accomandatari e amministratori e l'accomandatario-amministratore risponde illimitata-
mente per le sole obbligazioni sorte nel periodo in cui ha rivestito la carica di amministratore.

3. COSTITUZIONE . CONFERIMENTI . AZIONI


L' atto costitutivo deve indicare quali sono i soci
accomandatari. E’ invece superflua la nomina nell’atto costitutivo. La denominazione sociale deve essere
costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l’indicazione di società per accomandita per
azioni. Nessuna disposizione specifica è dettata per le azioni intestate agli accomandatari. Sono azioni
uguali a tutte le altre, senza nessun diritto speciale.
Chi acquista le azioni da una accomandatario diventa socio, ma non amministratore; perciò assume la posi-
zione di semplice azionista accomandante. Le azioni dei soci accomandatari sono liberamente trasferibili
e non è necessario il consenso degli altri accomandatari. L’acquirente non succede alla carica di ammini-
stratore dell’alienante. Anche le azioni dell’accomandita per azioni possono
essere ammesse alle quotazioni di borsa e troverà in tal caso applicazione la specifica disciplina prevista
per le società quotate.

4.GLI ORGANI SOCIALI


Come per le spa l’organizzazione interna della sapa si fonda sulla necessaria presenza di tre organi: as-
semblea, amministratori e collegio sindacale. All’assemblea si applicano le regole di funzionamento detta-
te per la spa. Norme particolari valgono tuttavia per l'adozione di talune delibere assembleari:

a) gli accomandatari non hanno diritto di voto nelle deliberazioni di nomina e revoca dei sindaci;

b) le modificazioni dell'atto costitutivo non solo devono essere deliberate dall'assemblea straordinaria
con le consuete maggioranze, ma devono inoltre essere approvate da tutti soci accomandatari ( art. 2460
);

c) la nomina e la revoca degli amministratori è competenza dell’assemblea straordinaria.

I soci accomandatari, designati nell’atto costitutivo, sono di diritto amministratori ed il loro ufficio ha
carattere permanente, se l’atto costitutivo non dispone diversamente.

Gli accomandatari amministratori non sono tuttavia inamovibili. Essi possono essere revocati anche se non
ricorre giusta causa; la revoca deve essere però deliberata con le maggioranze prescritte per le delibe-
razioni dell'assemblea straordinaria ( art. 2456 ).
Gli amministratori sono soggetti agli stessi obblighi degli amministratori della spa. Essi pertanto,oltre ad
essere personalmente e solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali, sono tenuti al
risarcimento del danno per violazione degli obblighi a loro imposti dalla legge o dall’atto costitutivo, verso
la società, verso i soci e verso i creditori sociali o terzi direttamente danneggiati.
Per il collegio sindacale l'unica deviazione dalla disciplina della società per azioni consiste nel divieto per

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gli accomandatari di votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina e la revoca dei sindaci ( art. 2459 ).
Nell’accomandita per azioni quotate in borsa, il divieto è esteso anche al conferimento ed alla revoca del-
l’incarico alla società di revisione.

5.LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’


Per la società in accomandita per azioni è prevista una causa di scioglimento tipica ed ulteriore rispetto a
quelle dettate per la società per azioni. La società si scioglie in caso di cessazione dalla carica di tutti gli
amministratori, se nel termine di sei mesi non si è provveduto alla loro sostituzione ed i sostituti non
hanno accettato la carica. Per questo periodo il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio, i
cui poteri sono circoscritti agli atti di ordinaria amministrazione. È quindi causa di scioglimento dell'ac-
comandita per azioni il venir meno di tutti gli accomandatari e la conseguente impossibilità di funziona-
mento dell'organo amministrativo protratta per sei mesi. Fra le cause di scioglimento non è invece previ-
sto il venir meno di tutti i soci accomandanti.
Per il resto lo scioglimento della sapa segue la disciplina della spa, salvo alcune peculiarità derivanti dalla
presenza di soci a responsabilità illimitata.
Infatti, se il patrimonio sarà insufficiente al pagamento dei creditori, i liquidatori potranno richiedere
agli accomandatari le somme necessarie, nei limiti della loro responsabilità e della loro partecipazione alle
perdite. Dopo la cancellazione della società, i creditori rimasti insoddisfatti potranno far valere i loro
diritti nei confronti degli accomandatari ed anche dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da
loro. Potranno agire nei confronti degli accomandanti solo nei limiti della quota di liquidazione dagli stessi
riscossa.

CAP. 17 - LA SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA

1.CARATTERI DISTINTIVI
La società a responsabilità limitata ( artt. 2462-2483 ) è una società di capitali nella quale:

a) per l'obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio (art. 2462, 1 comma);

b) le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni e non posso inoltre costituire
oggetto di sollecitazione all'investimento ( art. 2468, 1 comma).

Con la riforma del 2003 è sostanzialmente caduto il divieto per le società a responsabilità limitata di
emettere obbligazioni e quindi di emettere titoli di credito di massa anche per la raccolta di capitale di
credito. L'attuale disciplina consente infatti alle s r l di emettere titoli di credito, ma vieta la collocazio-
ne diretta degli stessi presso il pubblico dei risparmiatori. Nella srl è consentito adottare statutaria-
mente anche soluzioni organizzative proprie delle società di persone. L'obiettivo di fondo è quello di ac-
centuare il distacco della s r l dalla Spa e di farne un modello societario particolarmente elastico, che
consenta di valorizzare profili di carattere personale presenti soprattutto nelle piccole e medie imprese.

2. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIE. LA SRL UNIPERSONALE

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La costituzione della società a responsabili-


tà limitata è richiamata all'art. 2463, 3 comma:

a) non è ammessa la stipulazione per pubblica sottoscrizione;

b)il capitale sociale minimo richiesto per la costituzione è di 10 mila euro;

c) la denominazione sociale può essere liberamente formata come nella società per azioni, ma devo ovvia-
mente contenere l'indicazione di società a responsabilità limitata;

d) anche la società a responsabilità limitata può essere costituita a tempo indeterminato. In tal caso,
ogni socio può recedere dando un preavviso di 180 giorni, che l’atto costitutivo può allungare fino a un
anno.

Il contenuto dell’atto costitutivo è lo stesso di quello della spa, salvo l’indicazione delle singole quote in-
vece delle azioni. Nel 1993 fu introdotta la possibilità per la srl di essere costituita da un singolo socio,
con il mantenimento della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali. Tale disciplina è stata modifi-
cata dalla riforma del 2003 ed ora coincide con la disciplina della spa unipersonale.

3. ICONFERIMENTI. LE ALTRE FORME DI FINANZIAMENTO


L'attuale principio base è quello che anche nella società a responsabilità limitata "
possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica" ( art. 2464, 2
comma). Il versamento presso la banca del 25% dei conferimenti in
danaro e dell'intero sovrapprezzo può essere sostituita dalla stipula di una polizza di assicurazione o di
una fideiussione bancaria ( art. 2464, 4 comma). È consentito il conferimento di
prestazioni d’opera o servizi, vietato nella spa, purché l’intero valore assegnato a tale conferimento sia
garantito da una polizza assicurativa o una fideiussione bancaria. Per i con-
ferimenti in natura non è necessario che l’esperto chiamato a fare la valutazione sia designato dal tribu-
nale, ma è sufficiente che sia un esperto di una società di revisione. Disciplinata è anche la posizione del
socio moroso ( art. 2466 ), con disciplina applicabile anche quando siano scadute o divengano inefficaci la
polizza assicurativa o la fideiussione bancaria rilasciata dal socio; inoltre, il socio moroso non può parte-
cipare alle decisioni dei soci. La società potrà vendere coattivamente le quote del socio moroso, dandola
in opzione prima agli altri soci. Se non si vendono il capitale sarà diminuito in misura corrispondente.
Altra significativa novità della riforma del 2003 è l'introduzione di una specifica disciplina dei finanzia-
menti dei soci volta a porre un freno delle società sottocapitalizzate che operano con ingenti finanzia-
menti a titolo di capitale di prestito da parte dei soci. L'art. 2467 stabilisce che il rimborso dei finan-
ziamenti dei soci alla società è postergato rispetto al soddisfacimento degli altri creditori. Ne consegue
che gli amministratori non possono rimborsare i finanziamenti dei soci quando il rimborso metta a repen-
taglio il soddisfacimento degli altri creditori. Inoltre, la somma rimborsata deve essere restituita alla
società se il rimborso è avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della stessa.

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Identica disciplina è applicabile ai fi-


nanziamenti concessi da società capogruppo alle società controllate.

4.I TITOLI DI DEBITO


Con l'attuale disciplina è infine caduto il divieto per le società a responsabilità limitata di emettere ob-
bligazioni. O meglio l’atto costitutivo può prevedere l’emissione di titoli di debito,peral-
tro sottratti alla disciplina propria delle obbligazioni di spa. L’emissione di titoli di debito è consentita
solo se prevista nell’atto costitutivo. E’ l’atto costitutivo a stabilire se la competenza ad emettere titoli
di debito spetta ai soci o agli amministrato “determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioran-
ze necessarie”.

La decisione di emissione è iscritta nel registro delle imprese. Può anche prevedere che condizioni e mo-
dalità di rimborso possano essere modificate con il consenso della maggioranza dei possessori dei titoli.
Il taglio minimo dei titoli non può tuttavia essere inferiore ai 50'000 euro.
Ampia è la libertà concessa all’autonomia statutaria nella determinazione del
contenuto dei titoli di debito. Tali titoli sono emessi a fronte di un apporto a titolo di pre-
stito. L’atto costitutivo prevede l’emissione come titoli di massa (come frazioni di uguale valore nominale
e con uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento) e la loro circolazione secondo la disciplina
dei titoli di credito. Potrà essere prevista anche l’emissione come titoli individuali e potrà essere esclusa
la destinazione di titoli alla circolazione. I titoli di debito non
possono essere collocati direttamente presso il pubblico dei risparmiatori. Possono essere sottoscritti
solo da “investito tir professionali soggetti a vigilanza prudenziale”; investitori per i quali è prescritto il
rispetto di idonei requisiti di solidità patrimoniale stabiliti dalle competenti autorità di vigilanza.

5. LE QUOTAZIONI SOCIALI
Nella società per azioni il capitale sociale nominale è diviso in parti omogenee e standardizzate che pre-
scindono dalle persone dei soci e dal loro numero. Nella società a responsabilità limitata invece il capitale
è diviso secondo un criterio personale, dato che in tale società le quote di partecipazione dei soci non
possono essere rappresentate da azioni. Il capitale della società responsabilità limitata è perciò diviso in
parti in base al numero dei soci: il numero iniziale delle quote corrispondente al numero dei soci che par-
tecipano alla costituzione della società e ciascun socio diventa titolare di un'unica quota di partecipazio-
ne. Mentre le azioni sono necessariamente di egual valore, le quote possono essere di diverso ammontare
e lo sono inizialmente, se diverso è l'ammontare del capitale sottoscritto da ciascun socio. Mentre le
azioni attribuiscono uguali i diritti, le quote possono essere anche sotto tale profilo le una diversa dalle
altre. Infatti la regola base è che i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipa-
zione da ciascuno posseduta e che le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al
conferimento ( art. 2468, 2 comma). La
quota di società a responsabilità limitata resta unica ed esprime in modo unitario la posizione di quel de-
terminato socio nella società. L’acquisto di altre quote non rende il socio titolare di più quote distinte;

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determina solo un incremento quantitativo dell’originaria ed unica quota. La quota è divisibile (anche se
tale divisione può essere esclusa nell’atto costitutivo). Se la divisione è vietata o non è possibile e la quo-
ta diviene di proprietà comune di più persone, si applica la disciplina generale dell’amministrazione dei
beni in comproprietà. Ulteriore differenza delle quote rispetto alle azioni, è che le prime
non possono essere rappresentate da titoli di credito né possono costituire oggetto di sollecitazione al-
l'investimento. L’eventuale certificato di quota rilascia dalla società costituisce semplice documento pro-
batorio della qualità di socio e della misura della partecipazione sociale. Anche la quota ha un proprio va-
lore patrimoniale oggettivo, determinato dalla frazione del patrimonio sociale rappresentata ( viene as-
similata ai bene immateriali ).

6.LE VICENDE ED IL TRASFERIMENTO DELLE QUOTE SOCIALI


Le quote della società sono per legge liberamente tra-
sferibili, per atto fra vivi e per successione mortis causa. L’atto costitutivo può non solo limitare ma an-
che escludere del tutto il trasferimento delle quote. Può inoltre subordinare il trasferimento al gradi-
mento di organi sociali, di soci o di terzi.
Il trasferimento della quota è valida ed efficace fra le parti per effetto del semplice consenso. È però
produttivo di effetti nei confronti della società solo dal momento in cui è iscritto nel libro dei soci.
Specifiche disposizioni sono poi dettate per assicurare la trasparenza nella cessione delle quote e la co-
noscenza dell'effettiva composizione della compagine societaria al fine di prevenire e reprimere opera-
zioni di riciclaggio di danaro provenienti da reati.

I trasferimenti per atto fra vivi devono risultare da scrittura privata con sottoscrizione autenticata da
un notaio, il quale entro 30 giorni deve depositarla per l'iscrizione nel registro delle imprese nella cui cir-
coscrizione è stabilita la sede della società. Il trasferimento deve essere annotato nel libro dei soci. Con
la successiva iscrizione nel libro dei soci il trasferimento diventa efficace nei confronti della società. E
se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, prevale chi per primo effettua l’iscrizione
nel registro delle imprese purché sia in buona fede. Le stesse regole valgono per i trasferimenti mortis
causa. Se la quota trasfe-
rita non interamente liberata, l’alienante risponde in solido con l’acquirente per i versamenti ancora dovu-
ti, per il periodo di tre anni dal trasferimento.
La quota può essere oggetto di pegno, usufrutto e sequestro. In tal caso, vale la disciplina prevista per le
spa. La quota può inoltre formare oggetto di espropriazione da parte dei creditori personali del
socio, con conseguente vendita forzata o assegnazione della stessa al creditore procedente. Ciò avviene
anche in caso di fallimento del socio. Qualora però la partecipazione non sia liberamente trasferibile, la
vendita è priva di effetto se la società presenta entro 10 giorni un altro acquirente che offra lo stesso
prezzo. Si consente ai soci di impedire l’ingresso di soggetti non graditi nella compagine societaria.
Alla società a responsabilità limitata è
vietato in modo assoluto l’acquisto di proprie quote. In nessun caso la società può accettare in garanzia

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proprie quote.

7.RECESSO ED ESCLUSIONE
E’ riconosciuta ampia autonomia all’atto costitutivo nello stabilire quando il socio può recedere e le relati-
ve modalità. Il recesso è inderogabilmente riconosciuto per legge in una serie di casi:

a) se la società è a tempo indeterminato ogni socio può recedere con un preavviso di almeno sei mesi;

b) se la società è a tempo determinato possono recedere i soci che non hanno consentito:

- al cambiamento dell'oggetto sociale o del tipo di società,

- alla sua fusione o scissione,

- alla revoca dello stato di liquidazione,

- al trasferimento della sede all’estero,

- all’eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo,

- al compimento di operazioni che comportano una modifica dell’oggetto sociale o

una rilevante modifica dei diritti dei singoli soci,

- il diritto di recesso è riconosciuto al socio contrario all'aumento del capitale

sociale con esclusione del diritto di opzione ( art. 2481-bis).

I soci che recedono hanno diritto alla liquidazione della propria partecipazione in proporzione del patri-
monio sociale. La quota del socio recedente deve essere prima offerta in opzione agli altri soci. Se non vi
sono acquirenti si procede al rimborso attingendo dalle riserve disponibili, o in mancanza riducendo il ca-
pitale sociale. Se la riduzione non è possibile, perché i creditori si oppongono la società si scioglie. Come
nelle società di persone, nella srl l’atto costitutivo può prevedere specifiche cause di esclusione del socio
per giusta casa.

8. GLI ORGANI SOCIALI. LE DECISIONI DEI SOCI


L'assemblea dei soci è degradata da organo essenziale ad organo solo eventuale per una serie di decisio-
ne dei soci. L’art. 2479, 2° comma, stabilisce che sono rimesse inderogabilmente alla decisione dei soci:

1. l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;


2. la nomina degli amministratori, se prevista nell’atto costitutivo;
3. la nomina dei sindaci, presidente collegio sindacale e revisore;
4. modifiche dell’atto costitutivo;
5. decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto socia-
le o una rilevante modifica dei diritti dei singoli soci.

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L'atto costitutivo può tuttavia prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione
scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tal caso le decisioni sono adottate col voto fa-
vorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.
Alcune decisione particolarmente importanti devono comunque essere adottate con il metodo assemblea-
re. Esse sono: le modificazioni dell’atto costitutivo, le decisioni che comportano una sostanziale
modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei soci, nonché la riduzione del capitale
per perdite obbligatoria. La deliberazione assembleare è necessaria quando ne sia fatta richiesta da uno
o più amministratori o dai soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale. Se l’atto costituti-
vo non determina i modi di convocazione, l’assemblea è convocata dagli amministratori con lettera rac-
comandata spedita ai soci almeno 8 giorni prima dell’adunanza. Possono intervenire in assemblea tutti i
soci che risultano iscritti nel libro dei soci, anche se l’iscrizione è avvenuta il giorno stesso dell’adunanza.
Il voto dei soci vale in misura proporzionale alla partecipazione. L’assemblea è costituita con la presenza
di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitala sociale e delibera a maggioranza assoluta del
capitale intervenuto. Per le modificazioni dell’atto costitutivo e per le decisioni che comportano una so-
stanziale modifica dell’oggetto sociale è necessario il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno
la metà del capitale sociale.

9.L’INVALIDITA’ DELLE DECISIONI DEI SOCI


Parzialmente autonoma è anche la disciplina dell’invalidità delle decisioni dei soci (art. 2479 - ter). Vi
sono tre regimi di invalidità: una può essere fatta valere solo da alcuni soggetti, entro breve termine, e
non opponibile ai terzi in buona fede (annullabilità); un’invalidità conseguente da più gravi vizi sostanziali o
procedimentali, che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, ma entro tre anni; una sola
causa di invalidità che può essere fatta valere da chiunque senza limiti di tempo. Regola generale: le de-
cisioni prese non in conformità della legge o dell’atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che
non vi hanno consentito, anche individualmente, nonché da ciascun amministratore del collegio sindacale
entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il procedimento d’impugnazione è
regolato dalla disciplina prevista per le spa. L’annullamento della decisione ha effetto nei confronti di
tutti i soci ed obbliga gli amministratori a prendere i conseguenti provvedimenti. L’annullamento non può
aver luogo se la decisione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dell’atto co-
stitutivo. La sostituzione sana retroattivamente la decisione invalida e fa salvi i diritti acquistati dai ter-
zi. La convalida della decisione è favorita dalla legge anche nel corso del giudizio d’impugnazione. Con ri-
guardo alle decisioni assunte con metodo assembleare vengono richiamate le due specifiche forme di con-
valida per la mancanza di convocazione e di verbale. Perciò: la mancata convocazione non può essere fatta
valere da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea; la
mancanza del verbale può essere sanata mediante verbalizzazione eseguita prima dell’assemblea succes-
siva.

Possono invece essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, ma nel termine di tre anni, le decisione

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aventi oggetto impossibile o illecito e quelle prese “in assenza assoluta d’informazione”.
Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale preve-
dendo attività impossibili o illecite.

10.AMMINISTARAZIONE E CONTROLLI
L'amministrazione è affidata a uno o più soci, nominati con decisione dei soci, che restano in carica a
tempo indeterminato ( art. 2475, 1 comma). Quando l'amministrazione è affidata a più persone queste
costituiscono il collegio di amministrazione. L'atto costitutivo può prevedere che gli amministratori ope-
rino non già collegialmente, bensì disgiuntamente o congiuntamente come nelle società di persone.
Profili di accentuata singolarità rispetto alla società per azioni presenta infine la disciplina della azione
di responsabilità ( art. 2476 ):

a) è affermata la responsabilità degli amministratori verso la società e verso i singoli soci o terzi diret-
tamente danneggiati, non si fa menzione della responsabilità verso i creditori sociali;

b) responsabili solidalmente con gli amministratori sono anche " i soci che hanno eccezionalmente deciso
o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o terzi" ( art. 2476, 7 comma) .

c) l'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa anche dal singolo so-
cio, il quale può altresì chiedere la revoca degli amministratori in caso di gravi irregolarità nella gestione
della società.

d)più elevati sono i quorum necessari per approvare o impedire la rinuncia o la transazione da parte della
società, essendo necessario il consenso della maggioranza dei due terzi del capitale e che non si opponga-
no tanti soci che rappresentano il 10% del capitale.

L’atto costitutivo può prevedere la nomina di un collegio sindacale o di un revisore determinandone com-
petenze e poteri. Nella srl la nomina del collegio sindacale è obbligatoria solo se il capitale sociale non è
inferiore a quello minimo stabilito per la spa (120000 euro) o se non ricorrono le condizioni stabilite per
la redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata; è lo stesso collegio sindacale ad eseguire il
controllo contabile. Ogni socio non amministratore ha diritto di
avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare libri sociali e i do-
cumenti relativi all'amministrazione.

11. BILANCIO. MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO. SCIOGLIMENTO


Il bilancio viene predisposto dall’organo amministrativo, approvato dai
soci, ed infine depositato entro 30 giorni nel registro delle imprese, insieme con l’elenco dei soci e degli
altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali. La decisione dei soci che approva il bilancio, decide an-
che sulla distribuzione degli utili. Le
modificazioni dell’atto costitutivo sono di competenza inderogabile dell’assemblea, la quale deve delibe-
rare con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. Tale modi-

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ficazione diviene efficace solo a seguito dell’iscrizione della stessa nel registro delle imprese.
Sono autonomamente disciplinate le variazioni del capitale sociale (pag. 575 – 577)
Lo scioglimento della società è oggi disciplinato unitariamente per tutte le società di capitali.

CAP. 18 - LE SOCIETA’ COOPERATIVE

1.IL SISTEMA LEGISLATIVO

In base all'attuale disciplina le società cooperative sono società a capitale variabile che si caratterizzano
per lo specifico scopo perseguito nello svolgimento dell'attività di impresa: lo scopo mutualistico ( art.
2511 ). Dispone l'art. 45, 1 comma, della costituzione che " la repubblica riconosce la
funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge
ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il
carattere e le finalità". La disciplina generale delle so-
cietà cooperative dettate dal codice civile del 1942 era infatti integrata e completata in più punti dalla
c.d. legge Basevi.
Numerose erano e restano poi le leggi speciali volte ad incentivare particolari manifestazioni del fenome-
no cooperativo: alcune delineano un particolare statuto per le cooperative che operano in determinati
settori produttivi, e questo, ad esempio, il caso delle cooperative di credito articolate nelle due grandi
categorie delle banche di credito cooperativo e delle banche popolari.
Altre leggi speciali fissano particolari requisiti e riconoscono particolari agevolazioni creditizie e tribu-
tarie per le cooperative che perseguono specifici fini sociali.
La riforma delle cooperative del 2003 introduce la distinzione fra " società cooperative a mutualità pre-
valente"e altre società cooperative dando così luogo ad una bipartizione delle società cooperative.

2.LE SOCIETA’ CON SCOPO MUTUALISTICO


Le società cooperative si distinguono dagli altri tipi società per lo scopo economico perse-
guito: identico allo scopo-mezzo delle società cooperative e delle società lucrative: esercizio in comune di
una determinata attività economica. Diverso è invece lo scopo-fine: nelle società lucrative, la produzione
di utili ( lucro oggettivo) da distribuire fra i soci (lucro soggettivo); nelle società cooperative, lo scopo
mutualistico. Lo scopo prevalente dell'attività di impresa delle so-
cietà cooperative consiste " nel fornire beni o servizi o occasioni di lavoro direttamente a membri del-
l'organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato". Nelle cooperative
di consumo vi è una tendenziale coincidenza fra i soci e i soggetti che usufruiscono dei beni o servizi pro-
dotti dall'impresa sociale. Nelle cooperative di produzione e di lavoro, invece, i fattori produttivi neces-
sari per l'attività di impresa sono tendenzialmente forniti dagli stessi soci. Si pensi alle cooperative di
trasformazione di vendita dei prodotti agricoli.
L'attività di impresa delle società cooperative si caratterizza per la cosiddetta " gestione di servizio" a
favore dei soci. Anche i soci di una cooperativa mirano a realizzare un risultato economico ed un proprio

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vantaggio patrimoniale, attraverso lo svolgimento di attività di impresa.

3.SCOPO MUTUALISTICO E SCOPO LUCRATIVO


Le società cooperative sono caratterizzate da uno scopo prevalentemente ma non esclusivamente mutua-
listico. Esse possono svolgere anche attività con terzi, possono cioè fornire anche a terzi le medesime
prestazioni che formano oggetto della gestione a favore dei soci. E l'attività con i terzi è di regola fina-
lizzata alla produzione di utili, può essere cioè attività oggettivamente lucrativa. Nelle cooperative, lo
scopo mutualistico può coesistere con un'attività con terzi produttiva di utili. Incompatibile con lo scopo
mutualistico è e resta però l'integrale distribuzione ai soci degli utili prodotti dalla cooperativa. I dati
caratterizzanti lo scopo mutualistico ed il profilo causale delle società cooperative sono l'esercizio di
attività di impresa tendenzialmente orientata verso il soddisfacimento di preesistenti bisogni economici
dei soci e con limitata ripartizione fra i soci stessi degli utili eventualmente prodotti.

4.LE COOPERATIVE E MUTUALITA’ PREVALENTE L'attuale disciplina generale delle società coope-
rative si basa sulla distinzione fra società cooperative a mutualità prevalente e altre società cooperative.

Le prime godono di tutte le agevolazioni previste per le società cooperative, le seconde invece non godono
delle agevolazioni di carattere tributario.

Elementi caratterizzanti le cooperative a mutualità prevalente sono:

a) la presenza nello statuto di clausole che limitano la distribuzione di utili e riserve ai soci cooperatori
( art. 2514 );

b) la circostanza che la loro attività deve essere svolta prevalentemente a favore dei soci ( cooperative
di consumo), ovvero deve utilizzare prevalentemente prestazioni lavorative dei soci ( cooperative di lavo-
ro) o beni e servizi dagli stessi apportati ( cooperative di produzione e lavoro).

Perdono la qualifica di cooperative a mutualità prevalente società che per due esercizi non rispettino tali
condizioni ( art. 2545-octies). Le società cooperative a mutualità prevalente sono tenute ad iscriversi
nell’apposito albo delle società cooperative, tenuto a cura del ministero delle attività produttive. L'atto
costitutivo deve stabilire le regole per lo svolgimento dell'attività mutualistica con i soci e dei relativi
rapporti deve essere rispettato il principio di parità di trattamento. L'atto costitutivo deve inoltre sta-
bilire se la società può svolgere la propria attività anche con terzi.

5. I CARATTERI STRUTTURALI
Non poche sono le novità introdotte col codice del 1942 per orientare l'attività sociale verso il persegui-
mento dello scopo mutualistico e per impedire che la stessa sia infatti indirizzata verso finalità prevalen-
temente educative e speculative:

a) è previsto un numero minimo di soci per la costituzione e la sopravvivenza della società. Nel contempo
si ritiene che i soci cooperatori siano in possesso di specifici requisiti soggettivi;

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b) sono fissati limiti massimi alla quota di partecipazione di ciascun socio e alla percentuale di utili agli
stessi distribuibili;

c) le variazioni del numero delle persone dei soci e le conseguenti variazioni del capitale sociale non com-
portano modificazioni dell'atto costitutivo;

d) ogni socio cooperatore persona fisica ha in assemblea un solo voto, qualunque sia il valore della sua
quota o il numero delle sue azioni. È così capovolta la regola di funzionamento propri delle società di capi-
tali ( numero di voti proporzionato al numero delle azioni) ed è introdotto il principio "una testa-un voto".
Principio che sottolinea il rilievo della persona dei soci anche nel funzionamento della società e nell'indi-
rizzo dell'attività comune;

e) le società cooperative sono sottoposte a vigilanza dell'autorità governativa al fine di assicurarne il re-
golare funzionamento amministrativo e contabile.

6. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’


Per procedere alla costituzione di una società cooperativa è necessario che i soci siano al-
meno 9 ( art. 2522, 1 comma). Sono tuttavia sufficienti tre soci persone fisiche se la società vuole adot-
tare norme della società a responsabilità limitata. La società si scioglie e deve essere posta in liquidazio-
ne se il numero dei soci scende al di sotto del minimo e non lo ha reintegrato nel termine massimo di un
anno.
La partecipazione ad una società cooperativa è inoltre subordinata al possesso dei requisiti soggettivi
volti ad assicurare che esso svolga attività coerente e/o non incompatibile con quella che costituisce
l'oggetto sociale della cooperativa. La disciplina attuale fissa come regola generale che non possono in
ogni caso essere soci quanti esercitano in proprio imprese identiche o affini a quella cooperativa ( art.
2527, 2 comma). Tali requisiti però non sono richiesti per i soci sovventori.
Il proce-
dimento di costituzione ricalca quello previsto per la società per azioni.
Le indicazioni dell'atto costitutivo da redigere per atto pubblico, in buona parte coincide con quelle sta-
bilite per la società di azioni. È tuttavia necessario inserire:

a) l'indicazione specifica dell'oggetto sociale, con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci;

b) i requisiti e le condizioni per l'ammissione di nuovi soci e il modo e il tempo in cui devono essere ese-
guiti i conferimenti.

c) le condizioni per l'eventuale recesso e per l'esclusione dei soci;

d) le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei ristorni.

Per accentuare il profilo mutualistico e assicurare la parità di trattamento dei soci, l'attuale disciplina
prevede infine che lo svolgimento dell'attività mutualistica della società e soci può essere disciplinato da

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appositi regolamenti. Tali regolamenti, quando non costituiscono parte integrante dell'atto costitutivo,
sono predisposti dagli amministratori e approvati dall'assemblea straordinaria ( art. 2521.5).
La denominazione sociale della società cooperativa può essere formata liberamente, ma deve contenere
l’indicazione di società cooperativa. Le cooperative a mutualità prevalente devono indicate negli atti e
nella corrispondenza il numero di iscrizione presso l’apposito albo. L’atto costitutivo è sottoposto a con-
trollo di legalità da parte del notaio rogante e, su richiesta dello stesso, è iscritto nel registro delle im-
prese. Con l’iscrizione nel registro delle imprese la società cooperativa acquista personalità giuridica. Le
cooperative che intendono godere dei benefici fiscali e delle altre agevolazioni sono tenute all’iscrizione
nel nuovo Albo delle società cooperative. Le cause di invalidità delle società cooperative sono quelle pre-
viste in via generale dalla disciplina dei contratti.

7. I CONFERIMENTI. LA RESPONSABILITA’ PER I SOCI


Per i conferimenti in danaro non è però richiesto, né
è necessario, il versamento iniziale del 25% presso un istituto di credito. Con la riforma del 2003, nelle
società cooperative per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio (2518). Il so-
cio che non esegue in tutto o in parte i conferimento dovuti può essere escluso dalla società. Inoltre, se
cessa di far parte della società risponde verso la stessa per una anno dal giorno in cui il recesso,l’esclusi-
one o la cessione della quota si è verificata. E se entro un anno dallo scioglimento del rapporto si manife-
sta l’insolvenza della società, il socio uscente è tenuto a restituire alla stessa quanto ricevuto per la li-
quidazione della quota o per il rimborso delle azioni (2536)

8.LE QUOTE. LE AZIONI


Nelle cooperative la partecipazione sociale può essere
rappresentata da quote o da azioni, secondo quanto stabilito dall'atto costitutivo. Nessun socio persona
fisica può avere una quota superiore a 100 mila euro; nelle cooperative con più di 500 soci l'atto costitu-
tivo può tuttavia elevare tale limite fino al 2% del capitale sociale ( art. 2525, 3 comma). Le quote o le
azioni dei soci cooperatori non possono essere cedute, con effetto verso la società, senza l'autorizzazi-
one degli amministratori, il cui provvedimento deve essere comunicata al socio entro 60 giorni dalla ri-
chiesta. Il silenzio vale assenso. Il provvedimento che nega l’autorizzazione deve essere motivato e con-
tro lo stesso il socio può proporre opposizione al tribunale. L'atto costitutivo può anche vietare del tutto
la cessione sia delle quote sia delle azioni salvo in questo caso il diritto del socio di recedere dalla società
con preavviso di tre mesi purché siano decorsi due anni dal suo ingresso in società. L'atto costitutivo può
autorizzare gli amministratori ad acquistare e rimborsare quote o azioni della società con l'osservanza di
un duplice limite. Il rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamento della società deve essere
superiore ad un quarto; l'acquisto o il rimborso deve essere effettuato nei limiti degli utili distribuibili e
delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolamentare approvato.
Nelle società cooperative non opera il
divieto di concedere prestiti o garanzie per la sottoscrizione o l’acquisto di proprie azioni, né quello di

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accettare azioni proprie in garanzia. Le quote e le azioni dei soci cooperatori non pos-
sono essere cedute con effetto verso la società, senza l’autorizzazione degli amministratori, il cui prov-
vedimento deve essere comunicato al socio entro 60 giorni dalla richiesta. Il silenzio vale assenso. L’auto-
rizzazione in ogni caso non potrà essere validamente concessa qualora l’acquirente non possegga i requisi-
ti soggettivi fissati per legge o dall’atto costitutivo.

9.LE NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO


La previsione dei limiti massimi alla partecipazione di ciascun socio e di limiti alla libera circolazione delle
azioni, sommati ai limiti posti per la distribuzione degli utili, frapponevano in passato vistosi ostacoli.
Ostacoli che erano solo in parte superati con il diffuso ricorso a finanziamenti a titolo di prestito dei
soci. Significativa innovazione al riguardo sono state introdotte dalla legge 31-1-1992, n. 59. Sono stati
elevati limiti massimi della partecipazione di ciascun socio; nel contempo sono state consentite nuove e
più incentivanti forme di raccolta del capitale di rischio con la previsione della figura dei soci sovventori
e delle azioni di partecipazione cooperativa.
La figura dei soci sovventori, in passato prevista solo per le mutue assicuratrici, consente la raccolta di
capitale di rischio anche fra soggetti sprovvisti degli specifici requisiti soggettivi richiesti per parteci-
pare all'attività mutualistica.
I conferimenti dei soci sovventori
sono rappresentate da azioni (o quote) nominative liberamente trasferibili. Sono poi in-
trodotte regole volte ad evitare che i soci sovventori prendano il sopravvento nella gestione della socie-
tà.
Le azioni di partecipazione cooperativa costituiscono una particolare categoria di azioni. Possono essere
emesse per un ammontare non superiore al valore delle riserve indivisibili o del patrimonio netto risultan-
te dall'ultimo bilancio certificato. Le azioni di partecipazione cooperativa possono essere emesse al por-
tatore, se interamente liberate. Sono quindi liberamente trasferibili e godono dell'anonimato. Esse sono
privilegiate sotto il profilo patrimoniale in quanto:

a) assicurano ex lege una partecipazione agli utili maggioritaria del 2% rispetto a quella delle quote o del-
le azioni dei soci cooperatori;

b) hanno diritto di prelazione nel rimborso del capitale per l'intero valore nominale, in sede di scioglimen-
to della società,

c) le perdite incidono sulla stessa solo per la parte che eccede il valore nominale complessivo delle altre
azioni o quote.

Alle società cooperative è stata di recente consentita anche l'emissione di obbligazioni per la raccolta di
capitale di prestito. La riforma del 2003 ha consentito a tutte le società cooperative l'emissione di
strumenti finanziari secondo la disciplina prevista per le società per azioni ( art. 2526 ). Le cooperative
che hanno optato per la disciplina della Srl possono offrire strumenti finanziari privi di diritti di ammini-

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strazione " solo ad investitori qualificati".

10. GLI ORGANI SOCIALI. L’ASSEMBLEA


Gli organi delle società cooperative sono disciplinate dalle norme della società per azioni e sono gli stessi
della società per azioni ed identico è il riparto di funzioni. Alcune significative deviazioni sono tuttavia
introdotte nella disciplina dell'assemblea (artt. 2538-2540 ). Innanzitutto, il voto di ciascun socio opera-
tore l'assemblea è del tutto svincolato dall'ammontare della partecipazione sociale. Per i soci persone
fisiche trova rigida applicazione il principio " una testa-un voto": ogni socio persona fisica infatti ha di-
ritto ad un solo voto, qualunque sia il valore della quota e il numero delle azioni possedute. Solo ai soci
persone giuridiche possono esser attribuiti più voti, ma non oltre a 5. Ai soci sovventori possono essere
invece attribuiti più voti, ma essi non devono superare in ogni caso un terzo dei voti spettate a tutti i
soci.

L'attuale disciplina consente poi che nelle cooperative consortili (nelle quali i soci realizzano lo scopo mu-
tualistico attraverso l’integrazione delle rispettive imprese o di taluni fasi di esse) il diritto di voto sia
attribuito in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico.

Valgono inoltre le seguenti regole:

a) hanno diritto di voto solo coloro che risultano iscritti nel libro dei soci da almeno tre mesi;

b) il socio può farsi rappresentante nell’assemblea solo da un altro socio;

c) il modo può essere dato anche per corrispondenza mediante altri mezzi di telecomunicazione, se l'atto
costitutivo consente.

Alcune differenze si hanno anche per il procedimento assembleare: i quorum costitutivi e deliberativi
vanno ovviamente calcolati secondo il numero dei voti spettanti per teste ai soci e non in base all'ammon-
tare della loro partecipazione al capitale. L'innovazione più significativa è però costituito dalla possibilità
di una formazione progressiva della volontà assembleare attraverso il meccanismo delle assemblee sepa-
rate. In base all'attuale disciplina le assemblee separate sono però obbligatorie quando la società ha più
di 3 mila soci e svolge la propria attività in più province. Le assemblee separate deliberano sulle stesse
materie che formeranno oggetto dell'assemblea generale ed eleggono dei soci-delegati che partecipe-
ranno a quest'ultima. L'assemblea generale è costituita dai delegati designati dalle assemblee separate e
delibera definitivamente sulle materie all'ordine del giorno.

11. AMMINISTRAZIONE. CONTROLLI. COLLEGIO DEI PROBIVIRI


Se è adottato il sistema dualistico, i possessori di strumenti finanziari non possono eleg-
gere più di un terzo dei componenti del consiglio di sorveglianza del consiglio di gestione. Se invece è
adottato il sistema monistico, agli amministratori eletti dai possessori di strumenti finanziari e non pos-
sono essere attribuite deleghe operative; negli stessi possono far parte del comitato esecutivo. Quanto

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al sistema tradizionale, con l'attuale disciplina è caduta la regola che tutti gli amministratori debbano
essere soci cooperatori. Oggi è sufficiente che sola maggioranza degli amministratori sia tra soci coope-
ratori ovvero tra le persone designate dai soci cooperatori persone giuridiche ( art. 2542 ). Quanto poi
al collegio sindacale la nomina dello stesso è obbligatoria solo quando la cooperativa ha un capitale non
inferiore a quello minimo della società per azioni, quando sono superati i limiti per la redazione del bilan-
cio in forma abbreviata e quando la società ha emesso strumenti finanziari partecipativi ( art. 2543 ).
Per la nomina del collegio sindacale, lo statuto può attribuire il diritto di voto proporzionalmente alle quo-
te o azioni possedute ovvero in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico.

È prassi consolidata la previsione degli statuti delle cooperative di un ulteriore organo sociale: il collegio
dei probiviri. A tale organo è affidata la risoluzione di eventuali controversie tra soci o fra soci e socie-
tà, riguardanti il rapporto sociale una gestione mutualistica. Si tratta di un organo però che non sempre
da garanzie di imparzialità. Con l'attuale disciplina anche le società cooperative sono assoggettate al con-
trollo giudiziario sulla gestione previsto dall'art. 2409 per le società per azioni.

12.LA VIGILANZA GOVERNATIVA


Le società cooperative sono sottoposte al controllo dell'autorità governativa, al fine di assicurare il rego-
lare funzionamento amministrativo e contabile delle stesse e il rispetto delle condizioni richieste per la
concessione delle agevolazioni tributarie e creditizie. Eccezion fatta per alcune categorie di cooperative,
la vigilanza spetta al ministro del lavoro ed esercita tramite ispezioni ordinarie ed ispezioni straordina-
rie. Nell'attività di vigilanza il ministero si avva-
le anche delle "associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo".
In caso di irregolare funzionamento della società, l'autorità governativa può revocare amministratori e
sindaci ed affidare la gestione della cooperativa ad un commissario governativo. Inoltre
l'autorità governativa può disporre lo scioglimento della cooperativa se non è in grado di raggiungere gli
scopi per cui è stata costituita.

13. BILANCIO. UTILI. RISTORNI


La formazione del bilancio di esercizio della società cooperative è
integralmente assoggettata alla disciplina dettata per la società per azioni. Le cooperative di maggior
dimensione devono sottoporre il bilancio a revisione obbligatoria da parte di una società di revisione. Per
rafforzare la consistenza del patrimonio sociale, la percentuale degli utili netti annuali da destinare a ri-
serva legale è 6 volte più elevata rispetto la società per azioni: il 30%, anziché il 5%. La legge 59/1992
ha poi introdotto l'obbligo di destinare il 3% degli utili netti annuali ad appositi "fondi mutualistici per la
promozione e sviluppo della cooperazione ". Si tratta in sostanza di una forma di auto contribuzione ob-
bligatoria, finalizzata alla promozione e al finanziamento di nuove imprese. Infine sono posti limiti alla
distribuzione fra soci degli utili residui: al riguardo l'attuale disciplina introduce una netta distinzione
fra società cooperativa a mutualità prevalente e altre società cooperative. Per queste ultime è sufficien-
te che l'atto costitutivo fissi la percentuale massima dei dividendi che possono essere ripartiti tra i soci

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sovventori. Disciplina più restrittiva è invece prevista per le società cooperative a


mutualità prevalente (art. 2514 ): in base all'attuale disciplina che sostanzialmente ricalca quella prevista
dalla legge Basevi, gli statuti di tale società devono prevedere:

1) il divieto di distribuire dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni fruttiferi postali ;

2) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura
superiore al 2% rispetto al limite massimo;

3) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

4) l'obbligo di devolvere in caso di scioglimento della società l'intero patrimonio sociale ai fondi mutuali-
stici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

In tutte le società cooperative per rafforzare la consistenza patrimoniale della società possono essere
distribuiti dividendi, solo se il rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamento della società è
superiore ad un quarto.

Dagli utili (in remunerazione del capitale) vanno tenuti distinti i ristorni: questi costituiscono il rimborso
ai soci di parte del prezzo pagato per i beni e servizi acquistati dalla cooperativa (cooperativa di consu-
mo) a prezzo di mercato, ovvero l'integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le
prestazioni del socio (cooperative di produzione e di lavoro). Costituiscono quindi uno degli strumenti
tecnici per attribuire ai soci cooperatori un vantaggio mutualistico derivante da rapporti di scambio in-
trattenuti con la cooperativa. Possono essere distribuiti anche mediante aumento gratuito del capitale
sociale ovvero mediante l'emissione di strumenti finanziari.

14.VARIAZIONE DEI SOCI E DEL CAPITALE SOCIALE

Le società cooperative sono società a capitale variabile. Il capitale sociale non è determinato in un am-
montare prestabilito. La variazione del numero delle persone dei soci non comporta modificazione dell'at-
to costitutivo ( art. 2524). Il che non esclude però che anche nelle cooperative l'ingresso di nuovo soci
possa avvenire attraverso una modifica dell'atto costitutivo. È estremamente semplificato il procedimen-
to per l'ammissione di nuovi soci, non dovendosi di volta procedere ad una modifica dell'atto costitutivo
(c.d. "porta aperta"). L’ammissione è infatti deliberata dagli amministratori e le delibere di ammissione è
annotata dagli stessi amministratori nel libro dei soci. Il nuovo socio deve alzare, oltre l'importo delle
quote o delle azioni sottoscritte, anche un sovrapprezzo determinato dall'assemblea in sede di approva-
zione del bilancio proposto degli amministratori. Nella società cooperative costituiscono cause di riduzio-
ne del numero dei soci e del capitale, il recesso ( art. 2532 ), l'esclusione ( art. 2533 ) e la morte( art.
2534 ) del socio.

Il recesso è ammesso per legge:

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a) quando l'atto costitutivo vieta la cessione delle quote o delle azioni;

b) nei casi previsti per la società per azioni.

La dichiarazione di recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale dalla comunicazione del
provvedimento di accoglimento della domanda. Per quanto riguarda invece i rapporti mutualistici ha ef-
fetto con la chiusura dell'esercizio sociale in corso. Può essere invece disposta dalla società in caso di:
mancato pagamento delle quote o delle azioni, nei casi previsti per la società di persone, per gravi ina-
dempienze del socio. Quando non ha luogo di diritto, l'esclusione deve essere deli-
berata dagli amministratori o dall'assemblea. In caso di morte del socio, il rapporto socia-
le si scioglie, salvo che l'atto costitutivo disponga la continuazione della società con gli eredi.

15.LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’


Valgono per le società cooperative le cause di scioglimento previste per le società di capitali, con la sola
differenza che solo la perdita totale del capitale è causa di scioglimento ( art. 2545-duodecies). Sono poi
cause specifiche di scioglimento:

a) la riduzione dei soci al di sotto del numero minimo di 9 (o 3), se questo non è reintegrato entro un
anno;

b) la liquidazione coatta amministrativa disposta dall'autorità governativa.

Per il procedimento di liquidazione, l'unica peculiarità è costituita dal fatto che, in caso di irregolarità o
di eccessivo ritardo nello svolgimento dell'eliminazione, l'autorità governativa può sostituire liquidatori o
può chiederne la sostituzione al tribunale.

16. I CONSORZI DI COOPERATIVE


Essi sono forme di organizzazione collettiva cui le società cooperative ricorrono per raggiungere un
maggior grado di efficienza e di competitività sul mercato. La legge Bavesi ne prevede diverse categorie:

a) Consorzi di cooperative per l’esercizio in comune di attività economica


b) Consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti.
c) Consorzi fra società cooperative per il coordinamento della produzione e degli scambi.
I primi due tipi di consorzi sono vere e proprie società cooperative composte da cooperative. Il terzo
tipo riguarda consorzi fra imprenditori.

17.IL GRUPPO COOPERATIVO PARITETICO


Anche le società cooperative possono dar vita a organizzazioni di gruppo. È diffuso nella pratica che il
gruppo cooperativo trovi fondamento in un accordo contrattuale, inquadrabile nello schema del consorzio
fra imprenditori (art. 2602 c.c.), volto a dar vita ad una strategia imprenditoriale comune e unitario.
La legge fissa il contenuto minimo del relativo contratto richiedendo che siano indicate: la durata, la coo-
perativa o le cooperative cui è affidata la direzione del gruppo e dei relativi poteri nonché " i criteri di

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compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti da attività comune ".
Ogni cooperativa può recedere dal contratto senza oneri di alcun tipo qualora le condizioni dello scambio
risultino pregiudizievoli per i propri soci. Il contratto deve essere depositata in forma scritta presso
l'albo delle società cooperative.

18. LE MUTUE ASSICURATRICI


Le mutue assicuratrici o società di mutua assicurazione (artt. 2546-2548) sono società cooperative ca-
ratterizzate dalla stretta indipendenza che per legge esiste fra la qualità di socio e le qualità di assicu-
rato: " non si può acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso la società " e viceversa " si
perda la qualità di socio con l'estinguersi dell'assicurazione " ( art. 2546, 3 comma). Questo principio
differenzia nettamente le mutue assicuratrici rispetto alle comuni cooperative di assicurazione. In que-
ste ultime si può essere assicurati senza diventare soci e il socio ha diritto alle prestazioni assicurative
solo se ed in quanto stipula un distinto autonomo contratto di assicurazione con la società. Nelle mutue
assicuratrici, le due posizioni socio e assicurato nascono e restano fra loro strettamente collegate. Per
l'obbligazioni sociali risponde solo la società col proprio patrimonio. I soci assicurati sono obbligati verso
la società al pagamento di " contributi ", che costituiscono al contempo conferimento e premio di assicu-
razione. Il patrimonio sociale, formato con i contributi dei soci assicurati, può essere insufficiente per
l'esercizio dell'attività assicurativa. Per superare questo ostacolo l'atto costitutivo può prevedere la co-
stituzione di fondi di garanzia per il pagamento dell'indennità, mediante speciali conferimenti da parte
dei soci assicurati o di terzi.
Nelle mutue assicuratrici possono coesistere due categorie di soci:

- soci assicurati - soci sovventori: si limitano a conferire il capitale necessario per l'attività della società
senza essere assicurati. Sono nominati amministratori, ma la maggioranza degli amministratori deve es-
sere costituita da soci assicurati.

CAP. 19 TRASFORMAZIONE. FUSIONE E SCISSIONE

A. LA TRASFORMAZIONE

1. NOZIONI E LIMITI

La riforma del 2003 ha profondamente modificato l'ambito di operatività e la disciplina della trasforma-
zione: la trasformazione era nel sistema del codice del 1942 un istituto tipicamente societario. Questa
linea di tendenza è stata recepita dall'attuale disciplina con la distinzione fra trasformazione omogenea (
fra società) e trasformazione eterogenea ( da società di capitali in altri enti o viceversa). La trasforma-
zione omogenea è cambiamento del tipo di società; il passaggio da un tipo ad un altro tipo di società. Ad
esempio, una società in nome collettivo assuma la veste giuridica della società per azioni o viceversa. Con
la trasformazione dell’assetto organizzativo della società non si ha però estinzione della società preesi-
stente e nascita di una nuova società; è la stessa società che continua a vivere in una rinnovata veste giu-

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ridica e che " conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che
ha effettuato la trasformazione" ( art. 2498, 1 comma). Rientrano nella trasformazione omogenea la tra-
sformazione di società di persone in società di capitali e viceversa, in breve, il passaggio dall'uno all'altro
tipo nell'ambito delle società lucrative.
Per quanto riguarda ciò che comporta il mutamento dello scopo economico della società era e resta
espressamente vietata la trasformazione di una società cooperativa a mutualità prevalente in società lu-
crativa, " anche se tale trasformazione sia deliberata all' unanimità ". Con la riforma del 2003 è stata
invece consentita la trasformazione delle altre società cooperative in società lucrative o consorzi, la tra-
sformazione di società di capitali ( ma non di persone) in società cooperative.

2. LA TRASFORMAZIONE OMOGENA: IL PROCEDIMENTO E TRASFORMAZIONE


La trasformazione omogenea deve essere deliberata se-
condo le modalità previste dell'atto costitutivo e con l'osservanza delle relative maggioranze. Al fine di
favorire la trasformazione delle società di persone in società di capitali, l’attuale disciplina non richiede
più il consenso di tutti soci. Se l'atto costitutivo non dispone diversamente, è sufficiente il consenso a
maggioranza dei soci determinata secondo la partecipazione attribuita a ciascuna negli utili. Al socio che
non ha concorso alla decisione è però riconosciuto diritto di recesso. Per le società di capitali è invece
necessaria una delibera dell'assemblea straordinaria da adottare nelle società per azioni non quotate con
la maggioranza forzata. È comunque richiesto il consenso dei soci che con la trasformazione assumono
responsabilità illimitata. I soci che non hanno concorso alla deliberazione hanno diritto di recesso. Nella
trasformazione di società cooperative, diverse da quelle a mutualità prevalente, in società di persone o di
capitali è invece richiesto il voto favorevole di almeno la metà dei soci, elevata due terzi quando i soci
sono meno di 50. La delibera di trasformazione fissa le basi organizzative della società nella nuova veste
giuridica. Deve perciò rispondere ai requisiti di forma e di contenuto previsti per l'atto costitutivo del
tipo di società prescelto. Devono inoltre essere rispettate le ulteriori regole previste dalla costituzione
della società che risulta dalla trasformazione. Alla delibera di trasformazione deve essere allegata una
relazione giurata di stima del patrimonio sociale. La delibera di trasformazione in società di capitali è
soggetta a controllo di legittimità da parte del notaio che ha redatto il verbale e ad iscrizione nel regi-
stro delle imprese. Ogni socio ha diritto all'assegnazione di un numero di azioni o quote proporzionali alla
sua partecipazione, mentre regole specifiche sono dettate per l'assegnazione alle socio d'opera (art.
2500-quater). Per quanto riguarda infine le società cooperative diverse da quella a mutualità prevalente,
l'attuale disciplina ne consente la trasformazione in società lucrative. Impone però di devolvere ai fondi
mutualistici per la promozione e sviluppo della cooperazione il valore effettivo del patrimonio esistente
alla data della trasformazione.

3.LA RESPONSABILITA’ DEI SOCI


La trasformazione può comportare un mutamento del regime di responsabilità dei soci. Se in seguito alla
trasformazione i socio assumono responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, l'attuale disciplina

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dispone che è comunque richiesto il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata.

Per favorire la trasformazione, è però introdotta una disciplina che agevola la liberazione dei soci. È in-
fatti stabilito che:

a) il consenso dei creditori alla trasformazione vale come consenso alla liberazione di tutti soci a respon-
sabilità illimitata;

b) il consenso alla trasformazione si presume, se ai singoli creditori è stata comunicata per raccomandata
la delibera di trasformazione ed essi non hanno negato espressamente la loro adesione, nel termine di 60
giorni dal ricevimento della comunicazione. Il silenzio vale quindi consenso.

4. LA TRASFORMAZIONE ETEROGENEA
L'attuale disciplina regolante la trasformazione eterogenea e più esattamente la trasformazione
eterogenea da parte di una società di capitali o che da vita ad una società di capitali. Non è invece disci-
plinata la trasformazione eterogenea di società di persone o in società di persone. Una società di capita-
li può trasformarsi in " consorzi, società consortili, società cooperative, comunione di azienda, associa-
zioni non riconosciute e fondazioni" ( art. 2500-septies). Più articolata è la disciplina della trasformazio-
ne eterogenea in società di capitali ( art. 2500-octies) prevista per " i consorzi, le società consortili, le
comunioni di aziende, le associazioni riconosciute e fondazioni " (ma non per le associazioni riconosciute e
le cooperative). Nei consorzi la trasformazione deve essere deliberata a maggioranza assoluta dei con-
sorziati. Nelle comunioni di azienda da tutti i partecipanti alla comunione. Nelle società consortili e nelle
associazioni con le maggioranze richieste per lo scioglimento anticipato.

B. LA FUSIONE

5. NOZIONE .DISTINZIONI

La fusione è l'unificazione di due o più società in una sola. Essa può essere realizzata in due diversi modi:

a) con la costituzione di una nuova società, che prende il posto di tutte le società che si fondano ( fusione
in senso stretto);

b) mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società ( fusione per incorpora-
zione).

La disciplina della fusione era stata già radicalmente riformata nel 1991 dando attuazione alla terza e
sesta direttiva Cee in materia societaria, e successivamente nel 2003. La fusione può aver luogo sia fra
società dello stesso tipo ( fusione omogenea), sia fra società di tipo diverso ( fusione eterogenea). La fu-
sione fra società eterogenee comporta anche la trasformazione di una o più delle società che si fondono.
Per le fusioni eterogenee valgono perciò gli stessi limiti esposti per la trasformazione. La partecipazione
alla fusione non è consentita alle società che si trovano in stato di liquidazione, mentre con la riforma del

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2003 è caduto il divieto per le società sottoposte a procedura concorsuale. La fusione è uno strumento di
concentrazione delle imprese societarie che consente di ampliarne la dimensione e la competitività sul
mercato in questa prospettiva è agevolata sotto diversi profili dalla legislazione tributaria. La fusione
inoltre è un istituto che dà luogo ad una concentrazione giuridica e non solo economica. La fusione deter-
mina perciò la riduzione ad unità dei patrimoni delle singole società e la confluenza dei rispettivi soci in
unica struttura organizzativa che continua l’attività di tutte le società preesistenti. La società incorpo-
rante o che risulta dalla fusione " assumono diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione,
proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuale, anteriori alla fusione".

!
6. IL PROGETTO DI FUSIONE
Il procedimento di fusione si articola in tre fasi essenziali: il progetto di
fusione, la delibera di fusione e l'atto di fusione. Il progetto di fusione deve avere identico contenuto
per tutte le società partecipanti alla fusione e dallo stesso devono risultare, fra le altre, le seguenti in-
dicazioni:

a) il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla fusione.

b) l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante.

c) il rapporto di cambio delle azioni o quote; vale a dire il rapporto in base al quale saranno assegnate ai
soci delle società che si estinguono le azioni o quote della società incorporante o della nuova società.

Il progetto di fusione deve essere iscritto nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società
partecipanti alla fusione. La documentazione informativa non si esaurisce però nel progetto di fusione in
quanto è prescritta la redazione preventiva di altri tre documenti:

1) la situazione patrimoniale ( art. 2501-quater);

2) la relazione degli amministratori ( art. 2501-quinquies);

3) la relazione degli esperti ( art. 2501- sexies).

Gli amministratori di ciascuna delle società partecipanti alla fusione devono redigere una situazione pa-
trimoniale aggiornata della propria società, con l'osservanza delle norme sul bilancio di esercizio. Si trat-
ta di un vero e proprio bilancio di esercizio infrannuale (c.d. bilancio di fusione), la cui funzione prevalen-
te è quella di fornire ai creditori sociali informazione aggiornate per il consapevole esercizio del diritto
di opposizione alla fusione. Gli amministratori delle società partecipanti alla fu-
sione devono redigere una relazione la quale illustri e giustifichi il progetto di fusione e in particolare il
rapporto di cambio, in modo da mettere i soci in condizione di verificare i metodi di valutazione utilizzati
dagli amministratori nella determinazione del rapporto di cambio. È inoltre prescrit-

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to che per ciascuna società partecipante alla fusione uno o più esperti devono redigere una relazione sulla
congruità del rapporto di cambio ed esprimere un parere sull'adeguatezza del metodo o dei metodi segui-
ti dagli amministratori. Per le società quotate esperte è scelto fra le società di revisione ( art. 2501-se-
xies). Il progetto di fusione, le relazioni degli amministratori e degli esperti, le situazioni pa-
trimoniali di tutte le società partecipanti alla fusione, i bilanci degli ultimi tre esercizi delle stesse, de-
vono restare depositati in copia nelle sedi di ciascuna delle società partecipanti alla fusione durante i 30
giorni che precedono l'assemblea e finché la fusione sia deliberata.

7. LE FUSIONI SEMPLIFICATE
Nel caso in cui una società deve incorporarne un’al-
tra di cui possiede (anche indirettamente) tutte le quote o azioni, con la recente riforma, la fusione av-
viene in genere senza emissione di nuove quote o azioni. In base all’attuale
disciplina, l’atto costitutivo o lo statuto può prevedere che la fusione sia decisa con deliberazione dei ri-
spettivi organi amministrativi, se non si oppongono i soci della società incorporante che rappresentino al-
meno il 5% del capitale. Vi sono delle regole speciali anche nel caso in cui l’incorporante possiede almeno
il 90% del capitale della società da incorporare. Si consente di omettere la relazione degli esperti qualo-
ra venga concesso agli altri soci della società incorporata il diritto di far acquistare le loro azioni o quote
dalla società incorporante per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il reces-
so.

8. LA FUSIONE A SEGUITO DI ACQUISIZIONE CON INDEBITAMENTO


Si tratta delle fusioni realizzate nell’ambito di un c.d.
leveraged buy-out, particolare tecnica per l’acquisto del controllo di una società, di origine statunitense.
Chi intende acquisire il controllo della società costituisce un’apposita spa con modesto capitale sociale,
che ottiene un cospicuo prestito utilizzato nell’acquisto delle azioni della società bersaglio. Conseguito il
controllo di quest’ultima, viene deliberata la fusione per incorporazione della stessa nella società acqui-
rente ed il finanziamento da questa ottenuto è rimborsato con gli utili futuri della società bersaglio in-
corporata e/o con la vendita di parte delle attività della stessa. Nel leveraged buy – out la restituzione
del prestito concesso alla società acquirente è sostanzialmente garantita dal patrimonio della società
bersaglio.

9. LA DELIBERA DI FUSIONE
La fusione viene decisa da ciascuna delle società che vi partecipano "mediante l'approvazione del relativo
progetto" ( art. 2502). L'attuale disciplina consente tuttavia che la decisione di fusione possa apportare
al progetto le modifiche che non incidono sui diritti dei soci o dei terzi.
Nelle società di capitali la fusione deve essere invece deliberata dall'assemblea straordinaria con le
normali maggioranze. Le delibere di fusione delle singole società devono essere iscritte nel registro delle
imprese, previo controllo di legalità da parte del notaio verbalizzante se la società risultante dalla fusio-
ne è una società di capitali.

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10. LA TUTELA DEI CREDITORI SOCIALI


La fusione può essere attuata solo dopo che siano trascorsi 60 giorni dall'iscrizione nel registro delle im-
prese dell'ultima delibera delle società che vi partecipano. Entro tale termine, a ciascun creditore ante-
riore la pubblicazione del progetto di fusione può proporre opposizione alla fusione. L'opposizione so-
spende l'attuazione della fusione fino all'esito del relativo giudizio. Se alla fusione partecipano società
con soci a responsabilità illimitata e la società risultante dalla fusione è una società di capitali resta fer-
ma la responsabilità personale dei soci delle prime per le obbligazioni anteriori alla fusione.

11. L'ATTO DI FUSIONE


Il procedimento di fusione si conclude con la stipulazione dell'atto di fusione
( art. 2504 ). L'atto di fusione deve essere sempre redatto per atto pubblico, anche se la società incor-
porante o la nuova società risultante dalla fusione è una società di persone. L'atto di fusione deve essere
iscritto nel registro delle imprese dei luoghi ove è posta la sede di tutte le società partecipanti alla fu-
sione e di quello della società risultante dalla fusione. Dall'ultima iscrizione nel registro
delle imprese decorrono gli effetti della fusione. Si produce perciò l'unificazione soggettiva patrimoniale
delle diverse società. La società risultante dalla fusione assume tutti i diritti e gli obblighi di quelle par-
tecipanti, che si estinguono.

12. L’INVALIDITA’ DELLA FUSIONE


Il complesso procedimento che porta alla fusione può
presentare vizi o anomalie più o meno gravi, che possono riguardare una o più delle fasi fin qui esposte
(es: il progetto di fusione non contiene le indicazioni minime prescritte per legge o non è stato pubblica-
to). Questo problema è risolto oggi dall’articolo 2504-quater. Una volta
eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione prescritte per legge ( e prodottisi i relativi effetti), l’invalidità
dell’atto di fusione non può essere più pronunciata ( e ciò senza eccezione alcuna). Resta salvo solo il di-
ritto al risarcimento dei danni eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione, che
potranno perciò a tal fine agire nei confronti degli amministratori delle società partecipanti alla fusione
e/o della società risultante dalla stessa. Anche dopo che la fusione è stata attuata, resta possibile la di-
chiarazione di nullità della società, nei casi e con gli effetti a suo tempo esposti. Il che significa che le
conseguenze saranno in ogni caso la messa in liquidazione della società nulla risultante dalla fusione; non
mai un ritorno alla situazione anteriore

C. LA SCISSIONE

13. NOZIONE. FORME


Con la scissione il patrimonio di una società è scomposta ed assegnato in tutto o in parte ad altre società,
con contestuale assegnazione ai soci della prima di azioni o quote delle società beneficiarie del trasferi-
mento patrimoniale . Con la scissione si ha la suddivisione di un unico patrimonio sociale e di un'unica com-
pagine societaria in più società. Nella scissione infatti le azioni o quote delle società beneficiarie del

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trasferimento patrimoniale sono acquistate direttamente dai soci della società che si scinde. La scissio-
ne non era regolata dal codice del 1942, ma la situazione è però cambiata nel 1991. La scissione può as-
sumere forme diverse. Può essere innanzitutto totale o parziale:

- nella scissione totale, l'intero patrimonio della società che si scinde è trasferita in più società. La prima
società perciò si estingue senza che però si abbia liquidazione della stessa, dato che l'attività continua
tramite le società beneficiarie della scissione che assumono diritti e gli obblighi corrispondenti alla quota
di patrimonio loro trasferita.

- nella scissione parziale, invece, solo parte del patrimonio della società che si scinde viene trasferito ad
una o più altre società. La società scissa resta perciò in vita sia pure con un patrimonio ridotto e continua
l’attività parallelamente alle società beneficiarie, di cui entrano a far parte i soci della prima.

Beneficiarie della scissione possono essere:

A) società di nuova costituzione, che nascono per gemmazione dalla società che si scinde (c.d. scissione in
senso stretto);

B) una o più società preesistenti (c.d. scissione per incorporazione), che vedono nel contempo incrementa-
ti il loro patrimonio e la compagine sociale per l'ingresso dei soci della società scissa.

11. IL PROCEDIMENTO
Il procedimento di scissione ricalca quello dettato per la fusione. Gli amministratori della società parte-
cipante alla scissione devono redigere un unitario progetto di scissione, sottoposto alla stessa pubblicità
prevista per il progetto di fusione. Oltre alle indicazioni stabilite per quest'ultimo, il progetto di scissio-
ne deve contenere:

a) l'esatta descrizione degli elementi patrimoniali;

b) i criteri di distribuzione ai soci delle azioni o quote delle società beneficiarie.

Nella scissione totale, le attività di incerta attribuzione sono ripartite fra la società beneficiarie in pro-
porzione della quota di patrimonio netto trasferita a ciascuna di esse. Delle passività di dubbia imputa-
zione ne rispondono invece in solido tutte le società beneficiarie. Nella scissione parziale, le relative at-
tività restano in testa alla società trasferente. Delle passività ne rispondono in solido sia questa sia le
società beneficiarie. Per la situazione patrimoniale, la relazio-
ne degli amministratori e quella degli esperti, è integralmente richiamata la disciplina della fusione. Rin-
vio alla disciplina della fusione si ha anche per le altre fasi del procedimento di scissione: delibera di
scissione, pubblicità, e opposizione dei creditori e stipula dell'atto di scissione. La scissione diventa effi-
cace a partire dalla data in cui è stata eseguita l'ultima iscrizione dell'atto di scissione nel registro delle
imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie. A partire da tale momento ciascuna delle società be-
neficiarie assume diritti e gli obblighi della società scissa, che le sono state attribuiti nell'atto di scis-

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sione.

"Ciascuna società è solidamente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa
assegnato rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico "( art.
2506-quater, 3 comma). Tutte le altre società coinvolte nella scissione sono garanti in via sussidiaria di
quella cui il debito è stato trasferito, sia pure nei limiti specificati dalla norma.

CAPITOLO 20.LA SOCIETA’ EUROPEA


La società europea è un nuovo tipo societario predisposto dall’Unione Europea, insieme alla società coope-
rativa europea. La disciplina base della s.e. è dettata dal regolamento comunitario 8-10-2001 n. 2157, di-
rettamente applicabile in tutti gli stati membri. Per le materie non dettate dal regolamento comunitario
si fa riferimento alle disposizioni di ciascun stato ed, in mancanza, delle norme in tema di spa. La s.e. con
sede in Italia è disciplinata dalle norme del regolamento comunitario 8-10-2001 n. 2157, dal d.lgs. n.
188/2005 in materia di lavoratori, dalle norme in tema di spa e dallo statuto della società.
Tramite la costituzione di una s.e., società di capitali di paesi diversi possono dare vita ad una impresa di
dimensioni comunitarie. Caratteristica della s.e. è la facilità di trasferimento della sede da uno stato al-
l’altro, senza bisogno di liquidare la società nel paese di costituzione e poi ricostituirla nel nuovo stato.

LA COSTITUZIONE

La s.e. è una spa, dotata di personalità giuridica e autonomia patrimoniale. Il capitale minimo è come per
le spa in Italia di 120.000 euro. La s.e. può essere costituita solo in 5 casi, tassativamente previsti dal
legislatore comunitario:

1. quando si fondano spa soggette alla legge di stati diversi. È consentita sia la fusione per incor-
porazione che la fusione con costituzione di una nuova società. Nella fase preliminare della fusione
ciascuna società partecipante deve osservare la disciplina in materia dello stato di appartenenza;
l’atto di fusione, invece, è stipulato in base alla legge dello stato in cui la s.e. avrà sede. Il regola-
mento, tuttavia, fissa alcune regole comuni: individua il contenuto del progetto di fusione; richie-
de la relazione sulla congruità del rapporto di cambio da parte di un esperto; richiede una certifi-
cazione redatta da un organo giurisdizionale o un notaio che attesti il regolare adempimento in
ciascun stato interessato dagli atti e delle formalità preliminari alla fusione.
2. quando due o più spa o srl promuovono la costituzione di una s.e. holding al fine di sottoporsi
ad una direzione unitaria. È però necessario che almeno due società promotrici appartengono a
stati diversi.
3. quando due o più enti, anche non società, di stati diversi costituiscono una s.e. affiliata,
cioè controllata in comune.
4. quando una s.e. affiliata viene costituita per atto unilaterale da parte di un’altra s.e.
5. quando nasce dalla trasformazione di una spa costituita secondo le leggi di uno stato mem-
bro, purché quest’ultima controlli da almeno due anni una società soggetta alla legge di un altro
ordinamento comunitario.
Il procedimento si conclude con l’iscrizione della società in un registro, che per le s.e. con sede in Italia è
il registro delle imprese. L’iscrizione determina l’acquisto della personalità giuridica da parte della socie-
tà. Per le operazioni compiute prima dell’iscrizione a nome della società ne rispondono solidalmente ed

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illimitatamente coloro che le hanno poste in essere, salvo patto contrario. Il regolamento non prevede
nulla in merito ai conferimenti, quindi sono disciplinati dagli ordinamento comunitari.

L’ASSEMBLEA
La struttura interna della s.e. si caratterizza per la necessaria presenza dell’assemblea dei soci. L’ammi-
nistrazione può essere organizzata secondo il sistema dualistico o il sistema monistico. Il sistema duali-
stico prevede la presenza di un organo di direzione, che esercita le funzioni gestorie e un organo di vigi-
lanza che esercita il controllo. Il sistema monistico prevede solo l’organo di amministrazione.
Competenze, organizzazione, svolgimento e procedure di voto sono regolate dalle norme in tema di spa
dello stato in cui la s.e. ha sede, salvo poche regole previste dal regolamento comunitario. Quest’ultimo
prevede che l’assemblea deve tenersi almeno una volta l’anno entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio.
La legge nazionale stabilisce a chi spetta convocare l’assemblea, ma il regolamento stabilisce che l’organo
di direzione e di vigilanza o il solo organo di amministrazione possono convocarla in qualsiasi momento. Ri-
conosce il diritto di convocare l’assemblea o di integrare l’o.d.g. agli azionisti che rappresentino almeno il
10% del capitale. Le deliberazioni vengono prese a maggioranza sem-
plice, ma per le modificazioni dello statuto è necessaria la maggioranza di almeno i due terzi dei voti.

LA GESTIONE
Il sistema dualistico prevede la presenza di un organo di vigilanza e di un organo
di direzione. I componenti dell’organo di vigilanza sono nominati dall’assemblea generale. Una parte di
essa però può essere nominata dai lavoratori della società, se lo prevedono gli accordi per il coinvolgimen-
to dei lavoratori nella gestione. L’organo di vigilanza esercita
il controllo sulla gestione. A tal fine viene informato almeno ogni tre mesi dall’organo di direzione sull’an-
damento degli affari sociali e sugli avvenimenti che possono avere ripercussioni sulla situazione della s.e.
L’organo di direzione gestisce la società sotto la propria responsabilità. Tuttavia lo statuto può prevede-
re che alcune operazioni debbano essere preventivamente autorizzata dall’organo di vigilanza.
I componenti dell’organo di direzione sono nominati e revocati dall’organo di vigilanza. Tuttavia la legge
dello stato in cui ha sede la s.e. può consentire tale competenza all’assemblea.
Il sistema monistico prevede solo un organo di amministrazione a cui è attribuita la gestione della s.e. I
suoi componenti sono nominati e revocati dall’assemblea. Il regolamento non impone la costituzione di un
comitato per il controllo della gestione in caso di sistema monistico. Ma in Italia sarà necessario costi-
tuirlo. I componenti degli organi restano in carica per il pe-
riodo stabilito dallo statuto della s.e. che non può superare i 6 anni e sono rieleggibili. Non possono esse-
re nominati i soggetti che la legge dello stato della sede considera non eleggibili per il corrispondente
organo di una spa.
La responsabilità dei componenti gli organi è disciplinata dalle corrispondenti disposizioni in tema di spa
dello stato in cui ha sede la s.e.
La disciplina delle spa è richiamata anche in materia di bilanci, per la sua redazione, controllo e pubblici-
tà.

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