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LEZIONE 7

Le società di capitali
Partiamo dall’art 2325 c.c., con cui si apre il Capo V dedicato alle società per azioni. La società
per azioni è il prototipo normativo per le società di capitale, al pari della società semplice per le
società di persone. Per questo motivo, gli articoli dedicati alla società per azioni sono maggiori
rispetto alle altre tipologie di società di capitali. È l’ente collettivo più importante predisposto per le
imprese che richiedono, rispetto alle società di persone, un apporto di capitale più ingente per il
raggiungimento degli obiettivi. Contestualmente, i rischi a cui è esposta sono maggiori rispetto alle
società di persone avendo dato maggior apporto di capitale.

Le peculiarità della società per azioni sono 3:


1. È una società dotata di personalità giuridica (art 2331 ‘effetti dell’iscrizione’), a differenza
delle società di persone che, pur essendo dotate di una certa autonomia giuridica non sono
persone giuridiche e, pertanto, hanno una autonomia patrimoniale imperfetta, le società di
capitale, iscrivendo presso il registro delle imprese l’atto costitutivo, acquisiscono anche la
qualifica di persona giuridica: si tratta di un ente collettivo autonomo e distinto rispetto alle
persone che compongono la compagine sociale. Nella società di persone il contratto istitutivo è
intuitu personae, quindi la qualità delle persone che formano la compagine sociale è l’elemento
preponderante, qui invece (nelle società di capitali) l’elemento preponderante è il capitale che
è conferito per raggiungere lo scopo sociale. Si tratta di un ente collettivo unitario e autonomo
che fruisce di capacità giuridica e di agire, quindi dotato di autonomia patrimoniale perfetta, e
caratterizzato da distinzione netta tra patrimonio della società e dei singoli soci.
2. Altra peculiarità è data dal fatto che i soci della s.p.a., salvo casi eccezionali, rispondono
limitatamente alle quote di capitale conferito e, pertanto, essendo che il capitale viene
conferito alla società, solo quest’ultima risponderà in modo esclusivo con il suo patrimonio (a
differenza dei soci della società di persone che, ad eccezione dei soci dotati di protezione che
limita la responsabilità e dei soci accomandanti nelle società in accomandati semplice, sono
illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali). I soci della s.p.a, quindi,
non assumono in nessun modo la responsabilità personale, neppure in via sussidiaria come
avviene, invece, per le società di persone. L’obbligo principale di un socio di società di capitali
è di conferimento, ovvero di versare quanto promesso nel contratto istitutivo della società.
3. Le quote di partecipazione che rappresentano il capitale sociale sono azioni, a differenza delle
quote delle società di perone. L’art. 2346, al primo comma, dice che lo statuto può escludere
l’emissione dei relativi titoli o prevedere l’utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e
circolazione. La divisione del capitale sociale è la caratteristica principale per la società per
azioni e per la società in accomandita per azioni (non per la s.r.l. perché c’è divieto esplicito di
legge: il capitale sociale è rappresentato da quote e non da azioni). Quanto al capitale sociale:
altra differenza rispetto alle società di persone è data dal fatto che qui il legislatore pretende un
capitale minimo di 100 mila euro, che è stato successivamente ridotto a 50 mila euro.

Particolarità che riguarda la società per azioni è che devono essere rispettate determinate condizioni
necessarie per la costituzione della società per azioni, atteso che essa viene costituita in modo
progressivo. È una fattispecie a formazione progressiva che deve necessariamente articolarsi in
due momenti.
- Innanzitutto la stipulazione dell’atto costitutivo, che avviene con la sottoscrizione dell’intero
capitale sociale (sottoscrizione che non significa versamento ma impegnarsi al versamento: la
qualifica di socio si acquista solo con l’impegno di versare). Dunque, il primo momento è quello
della stipulazione dell’atto costitutivo con la sottoscrizione del capitale sociale: il 100% deve
essere distribuito a tutti i partecipanti della compagine sociale, tutti devono aver dichiarato di
voler sottoscrivere il capitale poi verrà stabilito il valore delle azioni.
- Secondo passaggio è l’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese: la mancata
iscrizione nelle società di capitali (a differenza che nelle società di persone, la cui mancata
iscrizione comporta l’irregolarità), ne comporta la nullità: la società non esiste. Pertanto, a
differenza di quanto avviene in materia di società di persone la costituzione della società è
subordinata all’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese.

Secondo quanto imposto dall’art. 2379 per la regolare costituzione di una società per azioni è
necessaria la presenza di 3 condizioni:
1. La sottoscrizione per intero del capitale sociale: essa consiste nella semplice promessa
assunta da ciascun socio di conferire in società il valore delle azioni che ha sottoscritto. La
disciplina sui conferimenti è molto più dettagliata rispetto a quella per le società di persone, in
cui i conferimenti possono essere di qualunque tipo (si può conferire qualsiasi entità suscettibile
di valutazione economica); nelle società di capitale questa libertà è ristretta di molto. Il
conferimento se non è in denaro deve subire una valutazione rigorosa e solo in determinati casi
è possibile evitare la regola della valutazione ovvero solo quando si tratta di azioni o lingotti
d’oro (l’oro è soggetto a una quotazione internazionale dunque non ha bisogno di essere
valutato come conferimento perché c’è un valore di cambio e lo stesso dicasi di azioni quotate
in borsa). Se non è specificato diversamente i conferimenti devono essere fatti in denaro.
2. Al momento della sottoscrizione per le società per azioni pluripersonali deve essere versato
presso una banca almeno il 25% del conferimento in denaro. L’art. 2238, fin dal 1993 da la
possibilità alla s.r.l. di essere unipersonali, e dal 2003 anche alla società per azioni (per
l’accomandita per azioni non è possibile perché esistono due categorie di soci dunque non può
non esserci la pluralità). Il socio unico deve versare il 100%, perché se vuole mantenere una
responsabilità per le obbligazioni sociali limitata alle proprie quote di partecipazioni deve
rispettare due condizioni: il versamento del 100% del proprio conferimento e poi deve fornire
pubblicità nel registro delle imprese del fatto che si tratta di societ à con un unico socio.
Rispettate queste due condizioni anche la società unipersonale rimane una società dotata di
personalità giuridica che distingue tra patrimonio della società e del singolo socio.
3. Devono sussistere, nel caso in cui la società svolga attività sottoposta a autorizzazioni
governative, le autorizzazioni necessarie per l’esercizio di quella attività (es. attività
assicurativa e bancaria).
 
L’atto costitutivo della s.p.a. è tendenzialmente composto da due documenti: l’atto costitutivo in
senso stretto, in cui si manifesta la volontà delle parti a dare vita a un rapporto sociale e il
secondo è lo statuto, ossia le regole che i soci si sono dati per il funzionamento della societ à e
costituisce parte integrante dell’atto costitutivo. Può accadere che le regole che i soci si danno con
lo statuto creino una dissonanza con quanto stabilito nell’atto costitutivo: nel caso di contrasto
prevalgono sempre le norme dello statuto.

Per quanto riguarda la formazione dell’atto costitutivo, può avvenire secondo due modalità:
- La prima è la regola (l’atto costitutivo avviene in modo simultaneo, ossia viene stipulato
immediatamente dai soggetti che assumono l’iniziativa per la nascita della società e questo
accade solitamente davanti a un notaio con la contemporanea redazione dell’atto pubblico). Il
notaio e gli amministratori saranno obbligati a procedere alla registrazione dell’atto costitutivo
nel registro delle imprese entro 15, e se questo non avviene avranno facoltà di registrarlo
successivamente anche i singoli soci del nuovo ente collettivo.
- L’altra modalità di costituzione della società è quella, molto meno diffusa,  che conduce alla
costituzione della s.p.a. mediante pubblica sottoscrizione disciplinata in tre articoli dal 2333 al
2336.
Il ruolo fondamentale è svolto da dei soggetti che prendono il nome di promotori, i quali redigono
un programma che costituisce l’attività che la società si propone di svolgere e invitano alla
sottoscrizione del relativo programma, che viene reso pubblico, i potenziali soci.
Sulla base dei valori sottoscritti dalle persone sollecitate, e quindi dal numero variabile delle azioni
emesse si stabilisce quale è il capitale sociale dell’ente, per cui valgono le regole delle s.p.a. viste
prima. Successivamente i promotori dovranno convocare l’assemblea dei sottoscrittori, in cui si
verificherà il rispetto delle condizioni per la costituzione e, successivamente, deliberare sul
contenuto dell’atto costitutivo e dello statuto nominando i relativi organi. La società di capitali
infatti a differenza delle società di persone, si compone di veri e propri organi societari che hanno
determinati compiti. Gli intervenuti all’assemblea convocata dai promotori, a rappresentanza anche
dei sottoscrittori assenti, sottoscriveranno l’atto costitutivo e si procederà alla registrazione
dell’atto costitutivo.

L’atto costitutivo, di cui all’art. 2328, può essere un contratto o un atto unilaterale. Deve essere
redatto per atto pubblico (a differenza delle società di persone, per le quali è prevista la possibilità
di costituire una società anche verbalmente o per fatti concludenti) e la forma è richiesta ab
substantia, per cui la mancanza della stipulazione per atto pubblico è causa di nullità della società.
Il medesimo articolo, poi, indica una serie di elementi che l’atto costitutivo della s.p.a. deve
contenere tra cui: dati anagrafici dei soci, domicilio, le azioni riconosciute, denominazione
sociale (sono previsti meno limiti rispetto che nelle società di persone, infatti può trattarsi anche di
un nome di fantasia purché contenga l’indicazione del tipo sociale. L’unico limite viene dato per la
società in accomandita per azioni: non possono essere indicati soci accomandanti perché si
violerebbe il divieto di immissione), comune della sede legale, oggetto sociale (ovvero
l’indicazione dell’attività svolta), ammontare del capitale sociale (non previsto per la società di
persone), numero ed eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e la
modalità di circolazione, valore dei crediti e dei beni conferiti in natura (deve risultare da una
relazione di un esperto designato da un tribunale, trattandosi di entità la cui valutazione non è
immediata come nel caso dei conferimenti in denaro. Deve essere fatta una stima che segue
determinate regole e deve essere fatta da un esperto nominato da un tribunale con l’unica eccezione
dei beni il cui valore può essere altrimenti desunto in maniera certa), criteri per la ripartizione
degli utili (in mancanza della loro indicazione si applica il 2350, ovvero quello della ripartizione
proporzionale degli utili), benefici eventualmente accordati ai soci, il sistema di
amministrazione adottato per la società per azioni, numero degli amministratori e loro poteri
indicando quali tra gli amministratori hanno anche il potere di rappresentanza, numero dei
componenti del collegio sindacale (controllore dei conti interni), nomina dei primi
amministratori e sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza se previsto, poi spese
approssimative per la costituzione, e ultimo elemento è la durata della società, ovvero, se è a
tempo indeterminato, il periodo di tempo non superiore a un anno entro il quale il socio può
recedere (l'indicazione è importante per la possibilità data al creditore di aggredire la quota del
proprio debitore e per la possibilità del socio di recedere).
Accanto a queste indicazioni l’atto costitutivo può contenere altre indicazioni facoltative riguardanti
il conferimento di beni diversi dal denaro, particolari competenze dell’assemblea, etc., basta che
queste disposizioni non siano contrarie alla disciplina legale della società per azioni.

[STUDIO AUTONOMO SUL MANUALE: vari tipi di azioni, riforma del 2003]
 
L’art. 2331 - ‘effetti della iscrizione’ afferma che la redazione dell’atto costitutivo produce
immediatamente una serie di effetti preliminari: il notaio che ha ricevuto l’atto, e in via sussidiaria
i soci e gli amministratori, devono depositare l’atto presso l’ufficio del registro delle imprese entro
10 giorni dalla sua stipulazione. L’ufficio del registro non attua una valutazione nel merito: si limita
a svolgere un’accertamento di tipo formale della regolarit à della documentazione depositata e,
pertanto, non c’è un controllo sulla legalit à sostanziale dell’atto (controllo meramente formale).
La fattispecie costitutiva della s.p.a. quindi ha efficacia costitutiva, in quanto si perfeziona con
l’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese (v. art 2331: con l’iscrizione la società
acquista personalità giuridica).
L’ultimo comma dell’art. 2331 è degno di nota perché vieta l’emissione di azioni sotto forma di
offerta al pubblico di prodotti finanziari prima che la società sia costituita.

Quali sono le responsabilità di coloro i quali promuovo la costituzione della società?


La società prende vita quando viene registrato l’atto costitutivo, ma essa risponde anche degli atti
che sono stati sottoscritti da coloro che si sono attivati per costituirla (quindi quando la società
ancora non esisteva).
La società, una volta costituita, ratificherà l’atto posto in essere dal promotore o dal socio fondatore
liberandolo dall’obbligazione. Anteriormente all’iscrizione la società non esiste, neanche come
società irregolare: quindi, nei casi in cui debbano essere svolti atti nell’interesse esclusivo della
società, se questi vengono poi ratificati dalla stessa una volta costituita, si libera dall’obbligazione
colui che ha agito. Quindi per le operazioni compiute prima dell’iscrizione saranno sempre
responsabili verso i terzi coloro che hanno agito ma anche quei soci che nell ’atto costitutivo hanno
poi ratificato tale comportamento. Una volta che la società è stata costituita, invece, chi agisce per
conto della società non viene liberato, ma la società sarà la prima a rispondere delle obbligazioni.
 
I conferimenti - dall’art 2342 al 2345 (sezione IV)
La funzione dei conferimenti già la sappiamo: dotare la società del capitale di rischio necessario per
lo svolgimento dell’attività di impresa. La qualità di azionista si acquista conferendo i mezzi
necessari per consentire alla società di svolgere l’attività economica prescelta. Di seguito sono
elencati i principi generali:
1. Se non diversante disposto dall’atto costitutivo i conferimenti devono essere fatti in denaro;
2. L’atto costitutivo può consentire il conferimento di altri beni (crediti o beni in natura) quindi è
possibile conferire beni immobili, mobili, materiali o immateriali (vedi disciplina della società
di persone, con la specificazione della obbligatoria stima del valore del conferimento redatta da
un esperto nominato dal tribunale. La stima può essere corretta dagli amministratori: artt. 2343
e ss. —> approfondimento autonomo).
3. L’atto costitutivo può stabilire l’obbligo in capo a tutti o alcuni soci di eseguire prestazioni
accessorie diverse dal denaro (art 2345 ‘prestazioni accessorie’).
 
Per quanto riguarda i conferimenti in denaro, a carico dei soci sussistono due obblighi: versare il
25% di denaro in banca e impegnarsi a conferire l’ulteriore 75%, che potrà essere richiesto
all’occorrenza dagli amministratori nel corso della vita della societ à (salvo che si tratti di unico
socio il quale, se vuole mantenere la responsabilità limitata per le obbligazioni sociali deve versare
il 100% del capitale sociale).
 
Relativamente al conferimento di beni in natura, l’art.2342 afferma che si osservano le
disposizioni di cui agli artt. 2254 e 2255 visti per le societ à di persone. Le azioni corrispondenti
devono essere liberate al momento della sottoscrizione. Se viene meno la pluralità, i versamenti
ancora dovuti devo essere effettuati entro 90 giorni; infine è previsto un divieto espresso per le
prestazioni d’opera o servizi.

Il procedimento di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro è disciplinato dagli artt. 2343
e ss. (accertamento dell’effettivo valore reale dei beni conferiti - studio autonomo), mentre per i
conferimenti in denaro non ci sono problematiche per l’accertamento. Il socio che effettua
conferimenti diversi dal denaro deve presentare una relazione di un esperto contenente la
descrizione dei beni o crediti conferiti: essa deve contenere un’attestazione del valore del
conferimento che deve essere almeno pari a quello attribuito dal socio ai fini della determinazione
del capitale sociale, e i criteri devono essere specificati. L’esperto deve avvallare la stima effettuata
dal socio. La valutazione dell’esperto ha carattere solo provvisorio: entro 180 giorni dal deposito
della relazione giurata gli amministratori hanno l’obbligo di sottoporre la stima a un ulteriore
controllo. Saranno gli amministratori che dovranno eventualmente revisionare la stima.
In pendenza di questo accertamento le azioni corrispondenti a tale conferimento sono incedibili( per
evitare che circolino sulla base di valori non corretti: per questo motivo devono restare depositate
presso la società. Se si accerta che il valore era inferiore è necessario ridurre il capitale sociale
annullando le azioni che restano scoperte: l’annullamento può essere evitato integrando il
conferimento per ristabilire il giusto valore. Per aggirare il vincolo della valutazione, prima della
riforma del 2003, si versavano beni in natura dopo la costituzione della società, eludendo l’obbligo
della rivalutazione entro i 180 da parte degli amministratori. Il 2343 bis afferma che l’acquisto di
beni da parte della società deve esser autorizzato dall’assemblea ordinaria.
 
I casi di nullità della società (art 2332)
Il contratto sociale, per tutto il tempo antecedente all’iscrizione nel registro delle imprese,
produce effetti solo nei confronti delle parti contraenti ed è soggetto alla generale disciplina dei
contratti per cui, in presenza di vizi o irregolarità dell’atto costitutivo, non può che trovare
applicazione la normativa predisposta per le ipotesi di patologia del negozio, con le conseguenze
della nullità e annullabilità dell’intera fattispecie contrattuale.
A seguito dell’iscrizione nel registro delle imprese si produce un sostanziale cambiamento: la
nullità della società può essere pronunciata esclusivamente e tassativamente nei casi indicati
dall’art. 2332; quindi si tratta di casi tassativi e una volta dichiarata la nullità, essa non produce i
normali effetti dati dalla disciplina generale dei contratti, anche se permangono alcuni tratti tipici
della nullità, tipo l’imprescrittibilità della nullità.

Le cause di nullità indicate dall’art. 2332 hanno carattere tassativo e sono 4:


1. Mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma di atto pubblico;
2. Illiceità dell’oggetto sociale;
3. Mancanza di ogni indicazione riguardante la denominazione, i conferimenti o l’ammontare del
capitale sociale o l’oggetto sociale. La dichiarazione di nullità non pregiudica gli atti compiuti
in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese;
4. Mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società
ovvero se non viene specificato il nome dell’impresa in modo corretto.
La dichiarazione di nullità non pregiudica gli atti compiuti in nome della societ à dopo l’iscrizione
nel registro delle imprese. Ogni altra possibile anomalia dell’atto costituivo o del procedimento di
costituzione, anche se consistente nella violazione di norme imperative di legge, è definitivamente
sanata con l’iscrizione della società nel registro delle imprese. L’accertamento della causa di
nullità è rimessa all’autorità giudiziaria con sentenza, il cui dispositivo deve anche contenere la
nomina dei liquidatori perché la società, per la sua estinzione, deve essere cancellata dal registro
delle imprese e quindi deve prima essere liquidata attraverso il pagamento dei debiti e la
restituzione ai soci.
 
Una anomalia rispetto alle condizioni generali del contratto di cui agli artt. 1421 e 1422 è data dalla
sanabilità di alcune nullità: la nullità nel diritto commerciale è ex nunc, per cui rimangono validi
gli atti fatti sulla base di un atto nullo (per il principio dell’affidamento dei terzi che non potevano
sapere che l’atto costitutivo fosse nullo).

Gli effetti della dichiarazione di nullità derogano alle regole generali in tema di contratti:
- La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di questa
eliminazione sia stata data pubblicità nel registro delle imprese;
- La dichiarazione di nullità ha efficacia ex nunc per cui non pregiudica l’efficacia degli atti
compiuti in nome della società dopo l’iscrizione registro delle imprese;
- I soci non sono liberati dall’obbligo dei conferimenti finché non sono soddisfatti i creditori
sociali;
- La dichiarazione di nullità opera come causa di scioglimento della società per cui la sentenza che
dichiara la nullità deve provvedere alla nomina dei liquidatori.

LEZIONE 8

Focus su s.p.a. unipersonale


L’art. 2328 c.c., nel testo introdotto dal D.lgs. n.6/2003, dispone che la società per azioni può
essere costituita per contratto o per atto unilaterale. Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni
in materia societaria, non solo viene ribadita l’ammissibilità di s.p.a. con unico azionista
sopravvenuta, ovvero nel caso in cui nel corso del contratto sociale la società si ritrovi ad avere un
unico socio, ma si prevede espressamente la possibilità di costituzione di s.p.a. unipersonali. In tal
caso la norma prevede che:
- alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato presso una Banca l’intero ammontare
dei conferimenti in denaro (art. 2342 c. 2 c.c.). Nel caso in cui la s.p.a. divenga unipersonale
successivamente alla costituzione, per i conferimenti non ancora liberati, sorge l’obbligo del
versamento per l’intero delle relative somme di denaro entro 90 giorni dall’evento che ha
determinato la concentrazione delle azioni nelle mani dell’unico socio;
- Il socio unico fondatore è illimitatamente responsabile verso i terzi per le operazioni compiute in
nome della società prima dell’iscrizione;
- In caso di aumento di capitale di s.p.a. con unico socio dovrà essere effettuato immediatamente il
versamento dell’intero ammontare dell’aumento.

A norma dell’art. 2325 c.c., anche in caso di costituzione unilaterale, la responsabilità dell’unico
socio non cambia: delle obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. La
responsabilità illimitata dell’unico azionista opera esclusivamente nelle ipotesi in cui:
a) non sia stato versato l’intero ammontare dei conferimenti in denaro;
b) Gli amministratori (o lo stesso socio unico) non abbiano depositato la dichiarazione di
pubblicità presso il Registro delle imprese contenente l’indicazione del cognome e nome o della
denominazione, della data e del luogo di nascita o dello Stato di costituzione, del domicilio o
della sede e cittadinanza del socio unico.

I patti parasociali
I patti parasociali sono quegli accordi che solitamente si accompagnano alla stipulazione dell’atto
costitutivo, rimanendo separati ed autonomi rispetto ad esso, con i quali i soci dispongono dei
propri diritti sociali vincolandosi reciprocamente a esercitarli in un modo predeterminato, al fine di
perseguire scelte imprenditoriali comuni (volontà interna: non sono opponibili ai terzi). I patti
parasociali hanno natura di contratti plurilaterali e sono collegati al contratto sociale: il
collegamento è di tipo unilaterale, in quanto le vicende del contratto sociale incidono
necessariamente sull’accordo, mentre il contratto sociale resta indifferente rispetto a quanto può
accadere al patto parasociale. Caratteristica dei patti parasociali è il loro rilievo obbligatorio: essi
vincolano, cioè, solo i sottoscrittori dell’accordo e la validità è solo interna, con la conseguente
inopponibilità ai terzi. La conseguenza è che la violazione degli stessi comporta solo l’obbligo di
risarcimento del danno nei confronti degli altri contraenti per in inadempimento contrattuale.

Le categorie di patti parasociali sono individuate e disciplinate dall’art. 2341 bis c.c. e sono tre:
1. I patti aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che
le controllano (cd. Sindacati di voto);
2. I patti che pongono limiti al trasferimento delle azioni delle società per azioni o delle
partecipazioni in società che le controllano (cd. Sindacati di blocco) —> serve a mantenere lo
stesso assetto proprietario della società ed evitare che possano entrarvi terzi estranei (es. un
concorrente di uno dei soci);
3. I patti aventi ad oggetto l’esercizio anche congiunto di una influenza dominante su tali società
(cd. Sindacati di controllo).

I patti parasociali possono essere stipulati a tempo determinato o indeterminato. Se sono stipulati a
tempo determinato, non possono avere durata superiore a cinque anni (durata nelle s.p.a. chiuse e
s.p.a. con azionariato diffuso; 3 anni nelle s.p.a. quotate) e si intendono conclusi per questa durata
anche se le parti hanno previsto un termine maggiore. Qualora, invece, il patto non preveda un
termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di 180 giorni. I patti in
questione sono, in ogni caso, rinnovabili alla scadenza, nei casi in cui essa è prevista.

Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il legislatore ha predisposto una
particolare pubblicità per i patti parasociali: essi devono essere comunicati alla società e
dichiarati in apertura di ogni assemblea, ai sensi dell’art. 2341 c.c. La dichiarazione deve essere
trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso l’ufficio delle imprese. In caso di
mancanza della suddetta dichiarazione, i possessori delle azioni cui si riferisce il patto
parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate con il
loro voto determinante sono impugnabili a norma dell’art. 2377 c.c.

Nelle società quotate i patti devono essere, entro 5 giorni dalla stipulazione:
- comunicati alla CONSOB;
- Pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana;
- Depositati presso il registro delle imprese, ove la società ha la sua sede legale;
- Comunicati alle società con azioni quotate;
L’inosservanza degli oneri pubblicitari determina la nullità dei patti. Nelle società chiuse,
invece, non è previsto alcun sistema di pubblicità.

I tre modelli organizzativi post riforma del 2003


A seguito della riforma del 2003, le s.p.a. possono essere strutturate secondo tre modelli
organizzativi:
- sistema tradizionale: assemblea; consiglio di amministrazione; collegio sindacale;
- Sistema monistico: assemblea; consiglio di amministrazione; comitato di controllo;
- Sistema dualistico: assemblea (con funzione decisionale); consiglio di gestione (funzione
gestoria); consiglio di sorveglianza (funzione di verifica e controllo sulla gestione = sull’attività
degli amministratori).
La società può optare liberamente per i tre modelli organizzativi, indicando nell’atto costitutivo il
modello prescelto. È consentita in qualunque momento la variazione del sistema di amministrazione
e controllo durante la vita della società. Tale variazione deve essere differita all’approvazione del
bilancio dell’esercizio successivo.

Gli organi sociali nelle s.p.a.


Le società di capitali hanno una struttura corporativa, cioè caratterizzata dalla presenza di organi.
Essi, nella formula tradizionale, sono:
- Assemblea: ha poteri deliberativi nelle materie indicate dalla legge;
- Amministrazione: ha il potere di gestione della società, cioè ha il potere di compiere tutti gli atti
che rientrano nell’oggetto sociale;
- Collegio sindacale: svolge, nel sistema tradizionale, funzioni di controllo sull’attività degli
amministratori. Nel caso in cui la società opti per un sistema alternativo, il controllo sulla
gestione è esercitato, nel sistema dualistico, dal Consiglio di sorveglianza, e, nel sistema
monistico, dal Comitato per il controllo sulla gestione, che rappresenta un’articolazione interna
dello stesso Consiglio di amministrazione.

Il legislatore del 2003 ha scisso il controllo in:


- controllo di gestione, cioè controllo sull’attività degli amministratori, attribuito ad un organo
interno alla società, il Collegio sindacale;
- Controllo contabile (o dei conti), cioè controllo sulla regolare tenuta delle scritture contabili,
affidato ad un organo esterno, detto revisore legale dei conti. Solo nel caso di cui all’art. 2409 bis
c.c. (società che non sono tenute alla redazione del bilancio), anche il controllo contabile può
spettare al Collegio sindacale. In caso di adozione di sistemi alternativi, il controllo contabile
deve necessariamente essere attribuito al revisore legale dei conti.

L’assemblea dei soci


L’assemblea è l’organo al quale partecipano tutti i soci. La sua funzione è quella di formare la
volontà della società nelle materie riservate alla sua competenza. A seconda dell’oggetto (c.d.
ordine del giorno) su cui l’assemblea è chiamata a deliberare, si distingue tra:
- assemblea ordinaria;
- Assemblea straordinaria.
L’assemblea ordinaria approva il bilancio; nomina e revoca amministratori, i sindaci e chi esercita
la revisione legale dei conti; determina il compenso degli amministratori e dei sindaci; delibera sulla
responsabilità di essi nonché sugli altri argomenti attribuiti dalla legge alla sua competenza e sulle
autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento degli atti degli
amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti; approva
l’eventuale regolamento dei lavori assembleari. L’assemblea ordinaria deve essere convocata
almeno una volta l’anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a
centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine,
comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio
consolidato e quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della
società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall’art. 2428 c.c. le
ragioni della dilazione.
L’assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto; sulla nomina, sulla
sostituzione e sulla revoca dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge
alla sua competenza.

Fermo quanto disposto dagli artt. 2420 ter (obbligazioni convertibili) e 2443 (aumento delegato)
c.c., lo statuto può attribuire alla competenza dell’organo amministrativo o del Consiglio di
sorveglianza o del Consiglio di gestione le deliberazioni concernenti la fusione, nei casi previsti
dagli artt. 2505 e 2505 bis c.c., l’istruzione o la soppressione di sedi secondarie, la indicazione di
quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del capitale in caso di
recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento della sede
sociale nel territorio nazionale. Si applica in ogni caso l’art. 2436 c.c. per le formalità inerenti alla
deliberazione.

L’assemblea è in primo luogo un procedimento nel senso che, affinché la deliberazione finale
sia valida, è necessario che vengano compiuti una serie di atti. Nel caso in cui, in uno dei
suddetti momenti, intervenga un vizio, questo si trasferirà sulla delibera finale, che sarà
pertanto invalida.

Convocazione
Stando a quanto previsto dall’art. 2366 c.c., la convocazione è effettuata da:
- organo amministrativo;
- Amministratore unico;
- Consiglio di amministrazione;
- Consiglio di gestione (nel sistema dualistico).
In alcuni casi, l’amministrazione non ha la facoltà di convocare l’assemblea, bensì un vero e proprio
obbligo.

Convocazione obbligatoria da parte degli amministratori


Le ipotesi di convocazione obbligatoria sono numerose:
- approvazione annuale del bilancio, e delibera su eventuale distribuzione degli utili, almeno una
volta all’anno;
- Sostituzione degli amministratori mancanti, qualora venga meno la maggioranza, o
nell’ipotesi in cui lo statuto della società preveda che la cessione di alcuni amministratori faccia
cadere l’intero consiglio (art. 2386 c.c.);
- Integrazione del collegio sindacale (art. 2401 c.c.);
- Diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo per opportuni provvedimenti (art. 2446 c.c.);
- Attivo patrimoniale sotto il minimo legale consentito, al fine di deliberare la reintegrazione o
la trasformazione della società (art. 2447 c.c.);
- Conseguimento oggetto sociale, o impossibilità a conseguirlo, se l’assemblea non delibera in
tal proposito, al fine di procedere allo scioglimento societario (art. 2484 c.c.);
- Accertamento di una delle cause di scioglimento della società, per nominare i liquidatori e le
ulteriori decisioni in tema di liquidazione salvo che sia diversamente previsto dallo statuto (art.
2487 c.c.),
- Nei casi in cui nel procedimento di liquidazione delle azioni del socio che ha receduto, la società
non possa acquistare le stesse per mancanza di utili e di riserve disponibili. In questo caso
l’assemblea dovrà deliberare la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società;
- Caso in cui la convocazione sia richiesta da una percentuale significativa di soci di minoranza
nell’ottica della tutela delle minoranze —> richiesta di tanti soci che rappresentino almeno il
5% del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il 10%
del capitale sociale nelle altre società, o la minor percentuale prevista dallo statuto.

Nel caso in cui né l’organo amministrativo, né l’organo di controllo provvedano a tale


convocazione, questa sarà ordinata dal tribunale.

Convocazione obbligatoria da parte dei sindaci


La legge prevede poi alcune ipotesi particolari in cui la convocazione obbligatoria non è effettuata
dall’amministrazione, bensì dai sindaci o dai consiglieri di sorveglianza (a seconda del modello di
governance attuato dalla società). Le ipotesi sono:
- omissione o ingiustificato ritardo nella convocazione obbligatoria da parte degli amministratori o
da parte del consiglio di gestione (art. 2406 c.c.);
- Irregolarità gravi da parte degli amministratori che comportano urgente necessità di provvedere
(art. 2406 c.c.);
- Mancanza di tutti gli amministratori, al fine di procedere alla loro sostituzione (art. 2386 c.c.).
Convocazione obbligatoria da parte del tribunale
Vi è infine l’ipotesi di convocazione obbligatoria da parte del tribunale, disciplinata dall’art.
2367 c.c. e dall’art. 2487 c.c. In particolare, se tanti soci che rappresentano almeno il 5% del
capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, e il 10% del
capitale sociale nelle altre società abbiano domandato la convocazione, e nessuno vi abbia
provveduto (né l’organo amministrativo, né l’organo di controllo), gli stessi possono ben rivolgersi
al tribunale (art. 2367).

L’altra ipotesi è quella di omessa convocazione da parte degli amministratori per la nomina dei
liquidatori e per le altre delibere sulla liquidazione, su istanza dei soci o degli amministratori, o dei
sindaci (art. 2487 c.c.).

Perché la delibera sia valida è dunque necessario che il procedimento si svolga nel rispetto delle
norme di legge. Il procedimento si articola in varie fasi, e precisamente:
- la convocazione;
- L’adunanza (in cui viene espresso il voto);
- La deliberazione.
La deliberazione, una volta avvenuta, viene poi iscritta nel Registro delle imprese.

La convocazione
La convocazione (art. 2366 c.c.) si realizza mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica o in un quotidiano indicato nello statuto almeno quindici giorni prima di quello
riddato per l’assemblea. Se i quotidiani previsti cessano la pubblicazione, l’avviso deve essere
pubblicato nella G.U.
L’avviso deve contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza, nonché
l’elenco delle materie da trattare (c.d. ordine del giorno). L’ordine del giorno svolge un ruolo
fondamentale in quanto limita la competenza dell’assemblea. L’assemblea può infatti deliberare
solo sulle materie indicate nell’ordine del giorno. Questo perché il socio gode del diritto soggettivo
di intervenire all’assemblea sufficientemente informato sugli argomenti che si tratteranno.
Una deroga a tale principio è data dall’assemblea totalitaria. In questa, infatti, possono
validamente trattarsi anche argomenti estranei all’ordine del giorno. Essa si configura ove siano
intervenuti tutti i soci, nonché la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di
controllo (art. 2366, c.4 c.c.). In tale sede, tuttavia, ciascuno dei partecipanti può opporsi alla
discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato. L’assemblea viene
convocata dall’organo amministrativo.
L’art. 2367 c.c. prevede, tuttavia, la possibilità che la convocazione derivi dall’iniziativa dei soci di
minoranza. Occorre, infatti, procedere senza ritardo alla convocazione dell’assemblea quando ne è
fatta domanda da tanti soci che rappresentano almeno un decimo del capitale sociale (o un
ventesimo nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) o la minore percentuale
prevista dallo statuto. Nel caso in cui né l’organo amministrativo né quello di controllo provvedono
a tale convocazione, questa sarà ordinata dal tribunale. L’assemblea è, infine, convocata nel comune
dove si trova la sede della società, salva diversa disposizione statutaria (art. 2363 c.c.).

L’adunanza e la deliberazione
Per essere approvate le deliberazioni devono conseguire il voto favorevole della maggioranza dei
soci prevista dalla legge e dallo statuto, e le delibere approvate vincolano tutti i soci, ancorch é
assenzienti o dissenzienti. La disciplina delle maggioranze assembleari ha due obiettivi di fondo:
agevolare la capacità decisionale dell'assemblea e tutelare la minoranza.
Si definisce quorum costitutivo la parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in
assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori ; si definisce invece
quorum deliberativo la parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di una determinata
deliberazione perché questa sia approvata.

L'attuale disciplina (art. 2368) stabilisce che nel computo del quorum costitutivo non si tiene conto
delle azioni istituzionalmente senza diritto di voto, mentre si tiene conto delle azioni per le quali il
voto sia occasionalmente sospeso. Per contro, queste ultime e le azioni di chi, essendo in conflitto di
interessi, abbia dichiarato di astenersi dal voto, non sono computate ai fini del calcolo del quorum
deliberativo. Perciò, dove vi sono azioni a voto sospeso, non varia il numero di azioni necessarie
per raggiungere il quorum costitutivo, mentre si riducono le maggioranze necessarie per
l'approvazione delle delibere. Inoltre, tale articolo prevede che gli astenuti per ragioni diverse al
conflitto di interessi si calcolano nel quorum deliberativo contribuendo ad innalzarlo, così la loro
posizione ostacola l'approvazione della delibera. Infine, quando lo statuto accorda ai soci
maggiorazioni del diritto di voto delle stesse si tiene conto anche ai fini delle determinazioni dei
quorum che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale.

La disciplina del quorum costitutivo e deliberativo è comunque diversa per l'assemblea ordinaria
e straordinaria nelle diverse convocazioni:
- l'assemblea ordinaria di prima convocazione è regolarmente costituita con la presenza di tanti
soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale con diritto di voto. Essa delibera col
voto favorevole della metà più una (maggioranza assoluta) delle azioni che hanno preso parte alla
votazione per quella determinata delibera. Nessun quorum costitutivo è richiesto per l'assemblea
ordinaria di seconda convocazione, che può perciò validamente deliberare qualunque sia la parte
del capitale rappresentata in assemblea; e le delibere sono valide se riportano voto favorevole
della maggioranza delle azioni che hanno preso parte alla votazione;
- la disciplina delle assemblee straordinarie è diversa a seconda che la società faccia o meno
ricorso al mercato del capitale di rischio:
- per l'assemblea straordinaria delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio non è espressamente previsto un quorum costitutivo, anche se questo risulta
indirettamente dal fatto che il quorum deliberativo è rappresentato da aliquote dell'intero capitale
sociale con diritto al voto. Pertanto, in prima convocazione l'assemblea straordinaria delibera con
voto favorevole di tanti soci che rappresentano più della metà del capitale sociale. Per la seconda
convocazione, la riforma del 2003 ha introdotto una differenziazione fra quorum costitutivo e
quorum deliberativo. L'assemblea straordinaria di seconda convocazione è infatti regolarmente
costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto
favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea (art. 2369);
- per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la disciplina dell'assemblea
straordinaria prevede una differenziazione fra quorum costitutivo e quorum deliberativo.

In base all'attuale disciplina, se la società adotta il sistema a pluralità di convocazioni, il quorum


costitutivo minimo è almeno la metà del capitale sociale in prima convocazione e più di un terzo in
seconda convocazione. Per quanto riguarda i quorum deliberativi invece è stabilito che l'assemblea
straordinaria delibera sia in prima che in seconda convocazione, con il voto favorevole di almeno i
due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Nel 1998 sono state soppresse tutte le
maggioranze rafforzate in precedenza e richieste per delibere di particolare importanza. Lo statuto
può modificare solo in aumento le maggioranze previste per l'assemblea ordinaria di prima
convocazione e quelle dell'assemblea straordinaria, nonché stabilire norme speciali per la nomina
alle cariche sociali. È consentito che lo statuto preveda maggioranze più elevate anche per
l'assemblea ordinaria di seconda convocazione, tranne che per l'approvazione del bilancio e per la
nomina e la revoca delle cariche sociali. Non sono valide le clausole statutarie che prevedono il
consenso unanime o maggioranze elevate a tal punto da equivalere all’unanimità. Inoltre, è
consentito che lo statuto preveda convocazioni ulteriori per assemblea ordinaria e straordinaria,
convocazioni alle quali si applicano le disposizioni della seconda convocazione. Tuttavia, nelle
società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il quorum sarà ridotto ad almeno un
quinto del capitale sociale, fermo restando che è necessario il voto favorevole di almeno i due terzi
del capitale rappresentato in assemblea per l'approvazione della delibera. Nell'attuale disciplina le
società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio sono regolate da un sistema a
pluralità di convocazioni; mentre per le assemblee delle società che fanno ricorso al mercato del
capitale del rischio, il sistema a pluralità di convocazione è meramente opzionale, e normalmente si
tengono in convocazione unica (salvo diversamente disposto dallo statuto) alla quale si applicano
direttamente le maggioranze più basse previste dal sistema con più convocazioni: maggioranze
richieste per l'assemblea ordinaria di seconda convocazione e per quella straordinaria nelle
convocazioni successive alla seconda. Restano però salve le previsioni di legge e dello statuto che
richiedono maggioranze più elevate per l'approvazione d talune deliberazioni. Nella legislazione
speciale vi sono disposizioni che derogano alla disciplina generale. SCHEMA
pag.319-320

Svolgimento dell’assemblea: verbalizzazione


L'assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza da quella eletta con il
voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un segretario, designato allo stesso
modo (la presenza del segretario non è necessaria se il verbale è redatto da un notaio).
La funzione del presidente è quella di dirigere i lavori dell'assemblea, assicurando che la stessa si
svolga in modo ordinato e nel rispetto delle norme che ne regolano l'attivit à; inoltre deve verificare
la regolarità della costituzione dell'assemblea, accertare l'identit à e la legittimazione dei presenti,
regolare lo svolgimento e accertare i risultati delle votazioni. Il presidente dell'assemblea ha ampi
poteri ordinatori e decisori sullo svolgimento dei lavori assembleari, attribuitigli dalla legge:
egli dichiara aperta e chiusa l'assemblea, pone in discussione gli argomenti all'o.d.g., regola gli
interventi e modera il dibattito, mette in votazione le diverse proposte e proclama i risultati. Inoltre,
può impedire la partecipazione alla riunione soggetti non legittimati ed escludere dalla votazione
chi non ne ha il diritto. L'assemblea non potrà sovrapporsi al presidente, ma potrà revocarlo per
giusta causa qualora egli eserciti le proprie funzioni in modo arbitrario e in conflitto di interessi. Al
presidente deve essere riconosciuto il potere di assumere decisioni su aspetti dell'attività
dell'assemblea che non sono regolati dalla legge, dallo statuto o dal regolamento assembleare e
perciò rimessi alla discrezionalità dell'assemblea stessa (scelta del sistema di votazione, sospensione
o scioglimento della riunione).
Ogni votante ha diritto di prendere parte alla discussione, ma l'esercizio di questo diritto non può
degenerare in comportamenti ostruzionistici, e se ciò si verifica il presidente dovr à adottare i
provvedimenti necessari (es. stabilire la durata massima degli interventi, o togliere parola al socio
che si dilunga). Ai soci intervenuti, che raggiungono il terzo del capitale sociale rappresentato in
assemblea, è riconosciuto il diritto di chiedere il rinvio dell'adunanza di non oltre 5 giorni,
dichiarando di no essere abbastanza informati sugli argomenti posti in discussione; alla base di tale
diritto vi è l'esigenza di consentire ai soci estranei al gruppo di comando una consapevole
partecipazione al dibattito e il consapevole esercizio al voto: infatti gli amministratori sono tenuti a
fornire informazioni solo nei limiti in cui ciò sia necessario per consentire ciò, e davanti a richiesta
di informazioni non dovute essi potranno eccepire l'opportunità che non vengano diffuse notizie che
potrebbero pregiudicare gli affari sociali. Con il tempo è divenuto obbligatorio per gli
amministratori redigere e depositare preventivamente presso la sede sociale specifici documenti
informativi e relazioni illustrative (ruolo centrale è svolto dalla Consob che ha poteri regolamentari
e di controllo sull'informazione assembleare preventiva), così nelle società quotate gli
amministratori sono tenuti a mettere a disposizione del pubblico, sul sito internet, una relazione
sulle proposte concernenti la materia posta all'o.d.g.; se l'assemblea è convoca su richiesta dea
minoranza, la relazione è disposta dai soci, e ciò anche in caso di integrazione dell'o.d.g. su loro
richiesta fermo restando che gli amministratori potranno accompagnare la relazione con loro
valutazioni.
Non essendo stabilito nulla a proposito, il modo di procedere alla votazione è liberamente stabilito
di volta in volta. In linea di principio non è ammissibile la votazione a scrutinio segreto, poich é la
manifestazione palese del voto è necessaria per identificare i soci in conflitto di interessi, nonch é
quelli dissenzienti ai fini della legittimazione all'impugnativa delle delibere assembleari ed al
recesso.
Le delibere assembleari devono constare da verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario o
dal notaio (se si tratta di assemblea straordinaria). I verbali devono essere trascritti nell'apposito
registro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea , tenuto a cura degli amministratori.
Il verbale deve indicare la data dell'assemblea, l'identità dei partecipanti e il capitale rappresentato
da ciascuno; deve indicare le modalità e il risultato delle votazioni e deve consentire
l'identificazione dei soci favorevoli e di quelli contrari o astenuti. Il verbale deve essere redatto
senza ritardo nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito e
pubblicazione.

Il diritto di intervento: il diritto di voto


Possono intervenire in assemblea gli azionisti con diritto di voto, nonché i soggetti che pur non
essendo soci hanno diritto di voto, come l'usufruttuario o il creditore pignoratizio. Il diritto di
intervento va riconosciuto anche agli azionisti con il diritto di voto sospeso che potranno con il loro
intervento agevolare la costituzione dell'assemblea qualora siano d'accordo con la maggioranza
votante. In base all'attuale disciplina il diritto di intervento non compete invece agli azionisti senza
diritto di voto, eccezion fatta per il socio che ha dato le proprie azioni in pegno o in usufrutto.
All'assemblea partecipano inoltre i componenti degli organi di amministrazione e di controllo, e i
rappresentanti comuni degli azionisti di risparmio, degli obbligazionisti e dei titolari di strumenti
finanziari di partecipazione ad uno specifico affare.
Le modalità di accertamento del diritto dei soci di intervenire in assemblea è diversa tra società
non quotate e società con azioni negoziate nei mercati di strumenti finanziari.
- Nelle società non quotate la condizione che legittima la titolarità del diritto di voto deve
sussistere nel giorno stesso dell'adunanza, e tale circostanza va dimostrata con l'esibizione del
certificato azionario. Lo statuto può introdurre misure volte ad impedire l'alienazione delle azioni
in prossimità dell'assemblea. Può in particolare imporre il preventivo deposito e divieto di ritiro
prima che l'assemblea abbia luogo.
- Nelle società con azioni negoziate nei mercati di strumenti finanziari, la legittimazione ad
intervenire in assemblea si determina immodificabilmente con riferimento alla situazione
esistente il settimo giorno feriale precedente l'adunanza (c.d. sistema della data di registrazione).
Più precisamente, gli intermediari che tengono i conti devono comunicare alla società chi risulta
titolare del diritto di voto "al termine della giornata contabile del settimo giorno di mercato
aperto precedente la data fissata per l'assemblea" (c.d. data di registrazione o record date). Le
registrazioni in accredito e in addebito compiute sui conti successivamente al termine di
riferimento non rilevano ai fini della legittimazione all'esercizio del diritto di voto.
Lo Statuto può inoltre consentire l'intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o
l'espressione del voto per corrispondenza o via telematica; chi esprime il voto per corrispondenza si
considera intervenuto all'assemblea. Nelle società quotate, le modalità di intervento ed esercizio del
voto a distanza o per corrispondenza sono determinate dallo statuto nel rispetto della normativa
della Consob; regole speciali valgono per le Sicav.

La rappresentanza in assemblea
Gli azionisti possono partecipare all'assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentante. La
partecipazione a mezzo rappresentante è oggi regolata dal Codice civile (art. 2372) e da alcune
norme speciali del tuf introdotte nel 1998 per le sole società quotate. L'istituto della rappresentanza
in assemblea consente la partecipazione indiretta dei piccoli azionisti alla vita della società e
agevola il raggiungimento delle maggioranze assembleari nelle societ à con diffuso assenteismo dei
soci. È però un istituto che può prestarsi ad abusi: attraverso il rastrellamento delle deleghe il
gruppo minoritario di comando della società e/o gli amministratori possono rafforzare le proprie
posizioni di potere a spese dei piccoli azionisti in occasione di assemblee che si preannunciano
particolarmente combattute. Proprio per evitare ciò il legislatore interviene una prima volta nel
1974, introducendo una serie di limitazioni volte ad ostacolare la raccolta delle deleghe. Il codice
prevede che coloro che hanno il diritto di voto possono farsi rappresentare in assemblea e la delega
deve essere conferita per iscritto.
Limitazioni: La delega deve contenere il nome del rappresentante che può farsi sostituire solo se la
delega lo prevede; inoltre, nelle società non quotate la delega deve indicare espressamente anche il
sostituto. Se la rappresentanza è conferita a società o enti, questi possono delegare solo un loro
dipendente o collaboratore. La delega è sempre revocabile.

Vi sono poi limitazioni che valgono soltanto per le società non quotate, per le quali la
rappresentanza non può essere conferita ad una serie di soggetti, espressione del gruppo di comando
della società o sotto l'influenza dello stesso; può essere invece conferita alle banche. Infine, per
queste società, vigono limitazioni anche per quanto riguarda il numero dei soci che la stessa persona
può rappresentare in assemblea: non più di 20 soci nelle società che non fanno ricorso al mercato
del capitale di rischio, in quelle che fanno ricorso, non più di 50, 100 o 200 a seconda che il capitale
sociale non superi i 5 ml, 25 ml, o che superi i 25 ml di euro.

Con la riforma del 2003 è stata invece circoscritta alle sole società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio la regola secondo cui la rappresentanza può essere conferita solo per singole
assemblee. Scoraggiare le deleghe non è servito a molto, più proficuo può essere fare in modo che i
piccoli azionisti rilascino le deleghe in modo consapevole, con informazione preventiva; ed è questa
la via seguita dalla riforma del 1998 e seguita dalla riforma del 2010 per le società con azioni
quotate. Riforma che ha introdotto misure volte ad agevolare l'esercizio per delega del diritto di
voto nelle società quotate:
1. è stato previsto il conferimento della delega anche per via elettronica;
2. salvo diverse disposizioni, la società è tenuta a designare per ciascuna assemblea un soggetto al
quale gli azionisti possono conferire senza spese una delega con istruzioni di voto;
3. sono stati soppressi i limiti quantitativi al cumulo delle deleghe da parte del medesimo
rappresentante e sono caduti i divieti soggettivi per le società non quotate.
Nel contempo, per le società quotate è affermato il principio che il rappresentante deve comunicare
per iscritto al socio le circostanze da cui deriva una sua condizione di conflitto di interessi, e in
questo caso la produzione dovrà contenere specifiche istruzioni di voto da parte del scio per
ciascuna delibera per cui è stata conferita rappresentanza, e il rappresentante non potrà discostarsi
dalle istruzioni ricevute. Perciò nelle società quotate vige il principio di trasparenza delle situazioni
di conflitto di interessi del rappresentante per un conferimento consapevole della delega, non vi
sono i divieti soggettivi di rappresentanza.

Infine, la disciplina delle società quotate contempla due istituti volti ad agevolare la raccolta delle
deleghe: si tratta della "sollecitazione" e della "raccolta delle deleghe”.
- La sollecitazione è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta dai promotori a più di
200 su specifiche proposte di voto o accompagnata da raccomandazioni, dichiarazioni o altre
indicazioni idonee a influenzare il voto. Il promotore effettua la sollecitazione mediante la
diffusione, secondo modalità stabilite dalla Consob, di un prospetto e di un modulo di delega. Il
promotore è responsabile di idoneità e completezza delle informazioni rese. La Consob stabilisce
regole di trasparenza e di correttezza ed è investita di ampi poteri informativi. La delega può
essere conferita solo per singole assemblee già convocate. Non può essere rilasciata in bianco.
Può essere conferita anche solo per alcune materie all’o.d.g. Il promotore deve decidere se
accettare deleghe non conformi alle proprie proposte. Le azioni per le quali è stata conferita una
delega parziale sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea. II voto per
delega è esercitato dal promotore che può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato
nel modulo di delega e nel prospetto di sollecitazione. La violazione della disciplina espone a
sanzioni amministrative pecuniarie;
- La raccolta di deleghe è la richiesta di conferimento di deleghe effettuata da associazione di
azionisti esclusivamente nei confronti dei propri associati. Le associazioni fra azionisti devono
essere formate da almeno 50 persone fisiche, ciascuna delle quali deve possedere una quantità di
azioni non superiore allo 0,1% del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto.
Limiti all’esercizio del voto: il conflitto di interessi
Con l'esercizio del diritto di voto il socio concorre alla formazione della volont à sociale in
proporzione del numero di azioni possedute e la maggioranza esplica il potere di operare le scelte
discrezionali, necessarie o utili per l'attuazione del contratto sociale.
L'esercizio del diritto di voto è in via di principio rimesso all'apprezzamento discrezionale del socio,
il quale deve però esercitato in modo da non arrecare un danno patrimoniale della società; con
l'osservanza di tale limite, il gruppo di comando può liberamente determinare la volontà della
società, ed è perciò precluso ogni sindacato dell'autorità giudiziaria sul merito delle deliberazioni
assembleari. Le deliberazioni assembleari regolarmente adottate sono annullabili solo se la
maggioranza si sia ispirata esclusivamente ad interessi extra sociali con danno per la società.

Versa in un conflitto di interessi l'azionista che in una determinata delibera ha un interesse


personale contrastante con l'interesse della societ à (es. l'assemblea è chiamata a deliberare
sull'acquisto di un immobile di proprietà del socio). In presenza di tale situazione il socio, ex art.
2373, è libero di votare o di astenersi, ma se vota la delibera approvata con il suo voto determinante
è impugnabile a norma dell'art. 2377 qualora possa recare danno alla società.

La delibera adottata col voto del socio in conflitto di interessi non è annullabile, per esserlo devono
esserci due ulteriori condizioni:
C. che il suo voto sia stato determinante (prova di resistenza);
D. che la delibera possa danneggiare la società (danno potenziale); in particolare se manca questa
condizione, la delibera resta inattaccabile.

Due ipotesi tipiche di conflitto di interessi sono previste dall'art. 2373 c.2:
1. vieta ai soci amministratori di votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità;
2. vieta, nel sistema dualistico, ai soci componenti del consiglio di gestione di votare nelle
deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca, o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.

La disciplina del conflitto di interessi consente di reprimere gli abusi della maggioranza a danno
del patrimonio sociale. Si può tuttavia verificare che una deliberazione sia adottata dalla
maggioranza per danneggiare i soci di minoranza (es. si delibera di aumentare il capitale sociale a
pagamento, riducendo la quota di partecipazione di un socio di minoranza impossibilitato a
sottoscrivere l’aumento). In questo caso, l'art. 2373 non è invocabile, dato che la società non subisce
alcun danno patrimoniale né attuale né potenziale. Dottrina tende ad applicare in materia il principio
della correttezza e buona fede nell'attuazione del contratto. Si perviene così ad affermare
l'annullabilità della delibera quando la stessa sia ispirata dal solo scopo di danneggiare singoli
soci. La giurisprudenza segue ciò, e puntualizza che a) il controllo giudiziario sulla delibera non
può risolversi in un sindacato di merito sulla convenienza e sull'opportunità delle decisioni della
maggioranza; b) la delibera è annullabile solo quando risulti arbitrariamente e fondamentalmente
preordinata dai soci di maggioranza per ledere i diritti degli altri soci. Identici principi saranno
validi per i casi in cui sia la minoranza ad abusare del diritto di voto o altri diritti ad essa
riconosciuti. In questi casi vi sarà l'annullamento nei casi in cui il voto contrario della minoranza sia
in grado di bloccare la decisione della maggioranza, e in ogni caso l'esposizione al risarcimento dei
danni. A maggior ragione se si tratta di azionisti investitori istituzionali.

I sindacati di voto
1 sindacati di voto sono accordi (patti parasociali) con i quali alcuni soci si impegnano a
concordare preventivamente il modo in cui votare in assemblea.

Tipologie: I sindacati di voto possono avere carattere occasionale o permanente. In questo secondo
caso, possono essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, nonché riguardare tutte le
delibere assembleari o soltanto quella di determinato tipo. Si può stabilire che il modo come votare
sarà deciso all'unanimità o a maggioranza dei soci sindacati. Infine, si può stabilire che il voto sarà
esercitato direttamente dai soci sindacati, o che questi rilascino delega ad un comune rappresentante
che voterà secondo quanto preventivamente deciso dal sindacato stesso all'unanimità o a
maggioranza.

Vantaggi dei sindacati di voto: essi danno un indirizzo unitario all'azione dei soci sindacati se
questi vengono a costituire il gruppo di comando, il patto di sindacato consente di dare stabilità di
indirizzo alla condotta della società. L'accordo di sindacato consente una migliore difesa dei comuni
interessi quando è stipulato fra soci di minoranza.

Pericoli dei sindacati di voto: i sindacati di comando cristallizzano il gruppo di controllo,


soprattutto se stipulati a lungo termine o a tempo determinato e combinati con un sindacato di
blocco delle azioni. Con i sindacati di comando il procedimento assembleare finisce con l'essere
rispettato solo formalmente, dato che in fatto le decisioni vengono prese prima e fuori
dall'assemblea; pertanto, anche il principio maggioritario finisce col ricevere ossequio solo formale.
Il sindacato di voto, come patto parasociale, è produttivo di effetti solo fra le parti e non nei
confronti della società; perciò, il voto dell'assemblea resta valido anche se espresso in violazione
degli accordi di sindacato. La presenza di un sindacato di voto può riflettersi sulla validità delle
delibere solo quando uno o più soci sindacati versino in conflitto di interesse con la società, poiché
gli altri soci sindacati sarebbero portatori per conto altrui.

La presenza di sindacati di voto a maggioranza non altera le regole procedimentali e perciò


strettamente formali di formazione della volontà sociale. È pur sempre l'assemblea che assume le
delibere con le maggioranze prescritte per legge. Però, i sindacati di voto (a maggioranza o
all'unanimità) incidono sull'esatta individuazione dei reali centri di potere delle società, quindi si
tratta di un problema di trasparenza delle situazioni di potere che essi concorrono a determinare,
attraverso la concentrazione e l'indirizzo unitario dei voti.
Nelle società non quotate sono regolati i sindacati di voto, e altri patti stipulati al fine di stabilizzare
gli assetti proprietari o il governo della società (es. sindacali di blocco, sindacati di gestione o
controllo).
Questi patti possono essere stipulati in qualsiasi forma, e se sono a tempo determinato non possono
avere durata superiore a cinque anni (tre per la quotate), ma sono rinnovabili alla scadenza.
Inoltre, possono essere stipulate anche a tempo determinato, e ciascun contraente può recedere con
un preavviso di sei mesi. Possono recedere senza preavviso da un patto a tempo determinato gli
azionisti che intendono aderire ad una offerta pubblica di acquisto totalitaria o ad un'offerta
preventiva parziale. I limiti di durata non si applicano ai patti strumentali ad accordi di
collaborazione nella produzione e dello scambio di beni o servizi, e relativi a società non quotate
interamente possedute dai partecipanti all'accordo.
I patti parasociali sono inoltre soggetti ad un particolare regime di pubblicità per le società con
azionariato diffuso:
- Nelle società non quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti
parasociali devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di assemblea . La
dichiarazione deve essere trascritta nel verbale di assemblea che deve essere depositato presso
l'ufficio del registro delle imprese. L'omessa dichiarazione è sanzionata con la sospensione del
diritto di voto delle azioni cui si riferisce il patto parasociale.
- Nelle società quotate, invece, i sindacati di voto e gli altri patti parasociali previsti dall'art. 122
Tuf, entro 5 giorni devono essere comunicati alla Consob e alla societ à quotata, e pubblicati per
estratto sulla stampa quotidiana e depositati presso il registro delle imprese. La violazione di tali
obblighi comporta l'applicazione di sanzioni amministrative, la nullità dei patti e la sospensione
del diritto di voto relativo alle azioni sindacate.
- Non è prevista alcuna forma di pubblicità per i patti parasociali riguardanti società che non
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, purché non controllino altra società quotata
(disciplina società quotate), o che fa riscorso al mercato del capitale di rischio.

Le deliberazioni assembleari invalide


L'invalidità delle delibere assembleari può essere determinata dalla violazione delle norme che
regolano il procedimento assembleare o dai vizi che riguardano il contenuto della delibera. Anche
per le deliberazioni assembleari opera la distinzione fra nullità e annullabilità proprie della
disciplina dei contratti.

Motivi ispiratori dell'attuale disciplina: II codice del 1942 privilegia le esigenze di certezza e
stabilità delle delibere assembleari: la nullità si presentava come sanzione eccezionale prevista
solo per le delibere aventi oggetto impossibile o illecito, e i vizi di procedimento davano vita
sempre e soltanto alla annullabilità della delibera. Non potendosi contestare che le cause di nullità
erano solo quelle espressamente previste, si era aggirato l'ostacolo introducendo accanto alle
delibere nulle e annullabili, la terza categoria delle delibere inesistenti (delibere che presentavano
vizi di procedimento talmente gravi da precludere la possibilità stessa di qualificare l'atto come
delibera assembleare). In tal caso si doveva parlare di delibera inesistente per mancanza dei requisiti
minimi essenziali di una delibera assembleare, e per una delibera inesistente la sanzione non poteva
essere che la nullità radicale. L'obiettivo della riforma del 2003 è quello di porre fine alla categoria
giurisprudenziale delle delibere inesistenti adducendo nelle categorie della nul lità o
dell'annullabilità a tutti i possibili vizi delle delibere assembleari.

Delibere annullabili (artt.2377-2378): l'annullabilità costituisce la regola per le delibere


assembleari invalide, sono annullabili tutte le deliberazioni che non sono prese in conformit à della
legge o dello statuto. Possono dar vita solo ad annullabilità della delibera:
1. la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate, ma solo se tale partecipazione sia
stata determinante per la regolare costituzione dell'assemblea (c.d. prova di resistenza);
2. l'invalidità dei singoli voti o il loro errato conteggio, ma solo se determinanti per il
raggiungimento della maggioranza;
3. l'incompletezza o inesattezza del verbale, ma solo quando impediscono l'accertamento del
contenuto, degli effetti, e della validità della delibera.

Per le delibere annullabili è dettata poi una disciplina specifica profondamente diversa da quella
prevista per le delibere nulle. L'impugnativa può essere infatti proposta solo dai soci
espressamente previsti da legge: soci assenti, dissenzienti o astenuti, amministratori, consiglio di
sorveglianza, collegio sindacale, e il rappresentante comune degli azionisti di risparmio. In alcuni
casi tassativamente previsti in tema di partecipazioni rilevanti, di sindacati di voto e di blocco e
bilancio di società quotate, l'impugnativa può essere proposta da Consob, B.d.l. o Ivass.

Inoltre, sono legittimati all'impugnativa gli azionisti con diritto di voto che rappresentano anche
congiuntamente l'uno per mille del capitale sociale nelle societ à che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio e il cinque per cento nelle altre; salvo disposto diversamente dallo statuto.
Come correttivo della limitazione del diritto di impugnativa, è riconosciuto ai soci non legittimati a
proporla il diritto di chiedere il risarcimento dei danni cagionati dalla non conformità della delibera
alla legge o all'atto costitutivo (azione soggetta ad neri probatori).

L'impugnativa o l'adozione di risarcimento danni devono essere proposte entro un breve termine
di decadenza: novanta giorni dalla data della deliberazione o, se questa è soggetta ad iscrizione o al
solo deposito nel registro delle imprese, novanta giorni dall'iscrizione dal deposito. Termine
allungato a centottanta giorni per la Consob, B.d.l e Ivass.
L'azione di annullamento è proposta davanti al tribunale del luogo dove la società ha la sede, non
è più necessario il deposito nella cancelleria del tribunale di almeno un'azione, ma i soci impugnati
devono dimostrare di essere possessori del prescritto numero di azioni. Se questo viene meno nel
corso del processo, il giudice e provvede solo sul risarcimento dell'eventuale danno. L'impugnativa
è preclusa all'azionista che pur avendo votato contro la delibera, nel frattempo si è spogliato delle
proprie azioni.

Sono inoltre predisposti accorgimenti al fine di evitare che impugnative pretestuose possano
danneggiare la società. II tribunale può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino
idonea garanzia per l'eventuale risarcimento danni. Inoltre, la proposizione dell'azione non sospende
di per sé l'esecuzione della delibera. La sospensione può esser tuttavia disposta su richiesta
dell'impugnante, previa comparazione fra danno alla società e danno del ricorrente, e dopo aver
sentito amministratori e sindaci. Tutte le impugnative relative alla medesima deliberazione devono
essere istruite congiuntamente e decise con un'unica sentenza. Provvedimento di sospensione e
delibera vanno iscritti nel registro delle imprese (per essere opponibili a terzi) a cura degli
amministratori.

L'annullamento ha effetto per tutti i soci e obbliga gli amministratori a prendere


provvedimenti consequenti sotto la propria responsabilit à. Restano però in ogni caso salvi i
diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera.
Infine, l'annullamento non può aver luogo se la delibera è sostituita con altra presa in conformità
della legge o dello statuto o è stata revocata dall'assemblea. A tal fine, il giudice può tentare di
conciliare le parti in udienza, anche suggerendo egli stesso le modifiche da apportare alla delibera
impugnativa e se la soluzione è realizzabile, rinvia l'udienza; la sostituzione ha effetto sanante
retroattivo. Restano salvi i diritti acquistati dai terzi sulla base della deliberazione sostituita.

Le deliberazioni nulle
I casi di nullità delle delibere assembleari sono stati accresciuti rispetto alla disciplina previgente,
al fine di esorcizzare la categoria giurisprudenziale delle delibere inesistenti quindi con l'obiettivo
ultimo di circoscrivere l'ambito di operatività delle sanzioni rispetto al previgente diritto vivente.
La delibera è nulla solo nei tre casi tassativamente indicati nell'art. 2379. Sono nulle le delibere il
cui oggetto è impossibile o illecito; vale a dire contrario a norme imperative, all'ordine pubblico al
buon costume (es. si delibera di non redigere il bilancio di esercizio o di sopprimere il collegio
sindacale). Nullità si ha tuttavia anche quando la delibera ha oggetto lecito ma contenuto illecito
(es. assemblea approva bilancio falso).

Nel contempo si è operata una distinzione nell'ambito delle delibere il cui contenuto sia illecito per
contrarietà a norme imperative:
- nulle sono solo quelle delibere il cui contenuto sia in contrasto con norme imperative dettate a
tutela di un interesse generale che trascende l'interesse del singolo socio o siano dirette ad
imperite una deviazione dallo scopo economico-pratico del rapporto di società;
- semplicemente annullabili sono le delibere il cui contenuto violi norme cogenti finalizzate
esclusivamente alla tutela di singoli soci o di gruppi di essi.

Per l'attuale disciplina la delibera assembleare è altresì nulla nei casi di:
E. mancata convocazione dell'assemblea. Si precisa però che:
• la convocazione non si considera mancante e non si ha nullità della delibera "nel caso di
irregolarità dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo amministrativo o di
controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere
tempestivamente avvertiti della convocazione e della data dell’assemblea";
• l'azione di nullità non può essere esercitata da chi, anche successivamente, abbia dichiarato il suo
assenso allo svolgimento dell’assemblea.
F. mancanza del verbale. Si precisa però che:
• il verbale non si considera mancante "se contiene la data della deliberazione e il suo oggetto ed è
sottoscritto dal presidente dell'assemblea o dal presidente del consiglio di amministrazione o del
consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio”;
• la nullità per mancanza del verbale sanata con effetto retroattivo mediante verbalizzazione
eseguita prima dell'assemblea successiva, salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano
la deliberazione.

Effetti: Resta fermo il principio che la nullità delle delibere assembleari può essere fatta valere da
chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice; e rimane fermo che la
delibera nulla è inefficace se non viene retroattivamente sanata. Possono essere impugnate senza
limiti di tempo solo le delibere che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o
impossibili, mentre in tutti gli altri casi è introdotto un termine di decadenza di tre anni che decorre
da iscrizione o deposito nel registro delle imprese, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze
dell'assemblea. Inoltre, trovano applicazione in quanto compatibili le salvezze e la sanatoria
previste per le delibere annullabili: 1) la dichiarazione di nullità obbliga gli amministratori a
prendere i conseguenti provvedimenti, inoltre non pregiudica i diritti acquistati in buona fede dai
terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera; 2) la nullità non può inoltre essere
dichiarata se la delibera sostituita con altra presta in conformità della legge.
Per i casi di nullità delle delibere riguardanti l'aumento o riduzione del capitale sociale, e
l'emissione di obbligazioni, l'azione di nullità è soggetta al termine di decadenza di centottanta
giorni, anche in caso di illiceità dell'oggetto. In caso di mancanza di convocazione, il termine è di
novanta giorni dall'approvazione del bilancio nel corso del quale la delibera è stata anche
parzialmente eseguita. Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio: anche se
tali termini non sono trascorsi la nullità della delibera di aumento del capitale sociale non può essere
più pronunciata dopo l'iscrizione dell'attestazione dell’aumento. Specificamente disciplinata è poi
l'invalidità delle delibere di approvazione del bilancio, non più impugnabile dopo l'approvazione del
bilancio successivo e della delibera di trasformazione.

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