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Le società per azioni, a differenza di quelle a responsabilità limitata, offrono l’opportunità di vendere le proprie azioni

mediante cessione di quote a soggetti predeterminati o rivolgendosi direttamente al pubblico. Infatti solo le SpA
possono essere quotate in borsa a differenza delle Srl che possono rivolgersi al pubblico esclusivamente vendendo
titoli di credito. Sotto un profilo giuridico può definirsi la persona giuridica che esercita attività economica, e le cui
quote sono rappresentate da azioni. Si parla di autonomia
patrimoniale perfetta in quanto a norma dell’art 2325
«nella società per azioni, per le obbligazioni sociali,
risponde soltanto la società con il suo patrimonio», con
conseguente limitazione della responsabilità dei soci alla
somma o al bene conferito. Il capitale sociale, ai sensi
dell’art. 2327, non può essere inferiore a cinquantamila
euro. Le società per azioni si dividono in quotate e chiuse.
- Una Spa è aperta quando non vi è un numero
ristretto di soci, ma è una società strutturata in
maniera tale che le azioni sono trasferibili e
quindi il numero di soci può variare. Possono
essere ricercati nel mercato le persone che
possono conferire determinate risorse
economiche. Per scopo di investimento vi è la
possibilità di acquistare azioni di determinate
società. Una volta che la società diviene aperta le
regole alla base cambiano.
o La prima ipotesi è quella di una società
per azioni diffuse in maniera rilevante
nel pubblico ai sensi di un regolamento
stabilito dalla Consob. Per essere ritenute
tali devono essere società che hanno almeno 200 (500?) azionisti che non siano soci di controllo, e
che gli stessi detengono almeno il 5% del capitale sociale; altra caratteristica è che è assente
possibilità di redigere bilancio in forma abbreviata. Le azioni sono oggetto di sollecitazione, o
collocamento, o negoziate su sistemi di scambi organizzati, o emesse da banche e acquistate presso
loro sedi. A tali società si applicano le norme del codice civile in tema di società e, in via sussidiaria, le
norme del codice civile per le società che fanno ricorso al capitale di rischio. Se queste norme non
possono essere applicate, si rinvia agli artt. 114 e 115 del T.U.F. e alla Consob. Ovviamente
l’emissione viene regolamentata dalla Consob ed è necessario attenersi a tali norme prima di
procedere. Ciò in quanto il pubblico può essere formato dai risparmiatori (ad esempio le banche che
offrono titoli azionari a favore dei loro clienti), oppure da specifici soggetti (altre imprese, grandi
investitori, investitori stranieri, ecc…) diventando quindi una SpA a ristretta base azionaria.
o La seconda ipotesi è quella di una società quotata in uno specifico mercato regolamentato, i cui
titoli sono scambiati, negoziati o venduti in borsa. Le quotate partecipano al mercato regolamentare
ed emettono azioni che vengono vendute ad un pubblico più o meno determinato. La differenza è
che qui le società quotate hanno un numero di azionisti ancora più basso. Le società non quotate non
si rivolgono ai mercati regolamentati, ma possono far ricorso al mercato di rischio ad esempio
reperendo il capitale presso il pubblico senza necessariamente tentare la via della borsa.
- Le società chiuse non intendono accedere al mercato di rischio, per differenti ragioni. Spicca ad esempio la
necessità di mantenere inalterata la compagine sociale evitando che soci estranei possano influenzare le
decisioni assembleari, oppure perché preferiscono reperire i capitali altrove preferendo altre forme di
finanziamento. Per il numero di soci contenuto prende il nome di Spa chiusa. I rapporti sociali sono simili a
quelli di una società di persone. Quindi in sintesi: non sono quotate; e consentono a chi le possiede di puntare
sul mercato un capitale di rischio pari a zero. Si auto-finanziano e quindi non necessitano di investire capitali
molto grandi, solo il necessario per portare avanti la società. Una società capitale chiusa quindi si autofinanzia
senza quotarsi in borsa, essa richiede prestiti alla banca o si basa sulle forze dirette e indirette dei soci
presenti all'interno della società. Infatti le operazioni per ampliare l’attività e finanziarla sono dovute per la
maggior parte ai soci, mediante mezzi propri e risparmi del capitale sociale messi da parte nel corso degli
anni. Si sottolinea il fatto che le società di capitali chiuse siano meno rischiose delle società di capitali quotate.
Costituzione delle Spa. La costituzione si articola in due fasi:
1. stipulazione dell’atto costitutivo. La stipulazione dell’atto costitutivo per atto pubblico (la forma è sanzionata
a pena di nullità in base all’art.2328 cc), la forma richiesta è quella solenne e l’atto costitutivo viene integrato
dallo statuto.
2. iscrizione della società nel Registro delle imprese. La successiva iscrizione dell’atto costitutivo nel registro
delle imprese risulta essere elemento costitutivo. Se la società non viene iscritta, la società non viene a
costituirsi, quanto conferito dovrà essere ripetuto. Non può esistere Spa irregolare. Vi è l’ipotesi di una società
non iscritta ma i cui soci di fatto svolgono attività d’impresa, si costituisce una Snc di fatto ma non Spa di fatto
o Spa irregolare.
Questa è la procedura di costituzione simultanea, quando gli aspiranti soci sottoscrivono simultaneamente e
contestualmente l’atto pubblico davanti al notaio. L’art 2333 cc prevede una seconda procedura di costituzione
chiamata procedura per pubblica sottoscrizione. Per pubblica sottoscrizione si intende che le azioni sono collocate
presso il pubblico sulla base di un programma. È una procedura che richiede un elevato numero minimo di soci. le fasi
della procedura sono:
1- Redazione e deposito del programma. Un programma che indica l'oggetto e il capitale sociale. Il programma
deve contenere le principali disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto, l'eventuale partecipazione che i
promotori si riservano agli utili e il termine entro il quale deve essere stipulato l'atto costitutivo. Il programma
con le firme autenticate dei promotori, prima di essere reso pubblico, deve essere depositato presso un
notaio. L'atto deve indicare il cognome e il nome o la denominazione, il domicilio o la sede del sottoscrittore,
il numero delle azioni sottoscritte e la data della sottoscrizione.;
2- Adesione dei sottoscrittori. Tale programma, con le firme autenticate dei promotori, dopo essere stato
depositato presso un notaio, viene reso pubblico, in modo tale da raccogliere le adesioni (co. 2 art 2333 cc), le
quali devono necessariamente risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata (co. 3 art 2333 cc).;
3- Versamento del 25% dei conferimenti in denaro. Avvenuta l’integrale sottoscrizione del capitale, i promotori
devono assegnare ai sottoscrittori un termine non superiore a trenta giorni per versare il venticinque
percento dei conferimenti in denaro (art. 2334 co. 1). Trascorso inutilmente questo termine, i promotori
possono agire contro i soci morosi, costringendoli al versamento oppure sciogliendoli dall’obbligazione
assunta (art 2334, 2 cc). I promotori, comunque, una volta avvenuto il versamento, devono convocare
l’assemblea dei sottoscrittori, assemblea costituente, ai sensi dell’art 2334, 3 cc;
4- Assemblea dei sottoscrittori. L’assemblea dei sottoscrittori è tenuta a, ai sensi dell’art. 2335, 1 cc:
a. Accertare la conformità della procedura e del contenuto del programma;
b. Deliberare sul contenuto dell’atto costitutivo e dello statuto;
c. Deliberare sulla partecipazione agli utili che i promotori si sono riservati come compenso;
d. Nominare gli amministratori ed i sindaci.
Il quorum deliberativo e costitutivo varia.
o Per le deliberazioni che non modificano il programma:
 Quorum costitutivo: 50% dei sottoscrittori;
 Quorum deliberativo: maggioranza dei presenti.
o Per le deliberazioni che modificano il programma occorre il consenso di tutti i sottoscrittori, il quale,
tuttavia, non deve necessariamente essere espresso in assemblea, ai sensi dell’art 2335,4 cc.
5- Stipulazione dell’atto costitutivo. gli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza anche dei sottoscrittori
assenti, procedono alla stipulazione dell’atto costitutivo, che deve poi essere depositato per l’iscrizione nel
registro delle imprese.
Le obbligazioni prese dai promotori varia:
a. se la società si costituisce, i promotori sono liberati dalle obbligazioni assunte e rimborsati delle
spese sostenute;
b. se la società non si costituisce, le obbligazioni assunte e le spese sostenute restano definitivamente a
carico dei promotori, i quali non possono rivalersene verso i sottoscrittori.
I promotori, inoltre, sono solidalmente responsabili verso la società e verso i terzi (art. 2339):
c. per l’integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti;
d. per l’esistenza dei conferimenti in natura;
e. per la veridicità delle comunicazioni fatte al pubblico per la costituzione della società.
Dalla dottrina questa è ritenuta una costituzione con fattispecie a formazione progressiva. La procedura richiede per i
promotori che hanno predisposto un programma di effettuare una raccolta tra il pubblico del capitale sociale iniziale. I
promotori sono responsabili solidalmente verso i terzi per le obbligazioni sociali assunte per la costituzione della
S.p.a., obbligazioni che potranno essere rivolte sulla società solo se sono state necessarie per la costituzione o siano
state approvate dall’assemblea.
Il contratto è formato con l'integrale sottoscrizione del capitale sociale. Per sottoscrizione si intende l’atto col quale il
soggetto s’impegna a prestare conferimenti tali da concedergli un tot di azioni. Le sottoscrizioni delle azioni devono
risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, come espressamente si evince dall’art 2333 cc, e deve
contenere le generalità del sottoscrittore, il numero delle azioni sottoscritte e la data di della stessa.
Condizioni per la costituzione della S.p.a.. L’art. 2329 richiede tre condizioni nella fattispecie costitutiva della S.p.a.:
1. Intera sottoscrizione del capitale sociale. La sottoscrizione integrale del capitale garantisce che all'ammontare
dichiarato faccia riscontro un corrispondente impegno a conferire dei soci. Per la sottoscrizione del capitale
attraverso conferimenti in denaro, è necessario il versamento del 25% dello stesso. Se i conferimenti sono
costituiti da beni in natura o crediti, la parte di capitale corrispondente deve essere interamente liberata ed è
necessario depositare una relazione di stima redatta da un esperto designato dal tribunale.
2. Che vengano rispettate le previsioni degli articoli 2342 cc (nell'ipotesi di costituzione per atto unilaterale, il
socio unico deve effettuare l'intero conferimento) e 2343 cc (nell'ipotesi di conferimento di beni in natura o
crediti, deve essere presentata relazione di stima) e 2343 ter cc (nel caso di conferimento di beni in natura o
crediti senza relazione di stima) relative ai conferimenti;
3. Esistenza delle autorizzazioni governative e delle altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la
costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto.
Ad esempio, in caso di costituzione di S.p.a. con capitale minimo pari ad euro 50.000 (oggi cifra minima consentita
dalla legge), ai fini del conferimento in danaro, i versamenti da effettuare in tale sede (pari ad almeno il 25% del
capitale minimo) sono pari ad euro 12.500. Per la S.p.a. unipersonale resta fermo il versamento integrale di euro
50.000.
La riforma del 2003 prevede che il versamento iniziale del 25% dei conferimenti in denaro possa essere sostituito, per
un importo almeno corrispondente, dalla stipula di una polizza assicurativa o di una fideiussione bancaria. Al socio è
consentito sciogliere detta stipula in qualsiasi momento versando il corrispondente importo in denaro.
Atto costitutivo. Ad oggi, l’atto costitutivo di una società può presentarsi in una duplice forma:
1- quella tradizionale del contratto sociale (cioè il contratto plurilaterale con comunione di scopo con cui i soci
esprimono la loro volontà in merito alla costituzione);
2- quella con la forma dell’atto giuridico unilaterale.
L’atto costitutivo deve obbligatoriamente contenere:
1) cognome, nome, luogo e data di nascita, domicilio e cittadinanza dei soci;
2) la ragione sociale o la denominazione sociale ossia l’indicazione della forma giuridica prescelta (e non può
essere identica a quella di altra società esercitante la stessa attività economica);
3) i soci che hanno l’amministrazione la rappresentanza della società;
4) la sede della società ed eventuali sedi secondarie;
5) l’oggetto sociale;
6) i conferimenti di ciascun socio, i valori ad essi attribuito e il modo di valutazione. Se non è specificato il
conferimento è in denaro, alla sottoscrizione dell’atto costitutivo i soci devono versare almeno il 25% di
quanto si sono obbligati a conferire. L’ammontare minimo del capitale sociale viene elevato a 120.000 Euro,
successivamente divenuto 50.000 per invogliare la costituzione.;
7) la prestazione a cui sono obbligati i soci d’opera;
8) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite;
9) la durata della società. Riguardo la durata della società prima della riforma non poteva avere una durata
indeterminata ma doveva essere espressa, ora può essere prevista una durata indeterminata alla quale si
aggiunge il diritto di recesso del socio.
La mancanza di una di queste indicazioni ai sensi dell’art 2328 cc consente il rifiuto del notaio di stipulare l’atto
costitutivo. Infatti il notaio dovrà svolgere un controllo di legalità, diretto a verificare la conformità alla legge della
S.p.a. nascente. Solitamente si ha la redazione di due documenti, ossia l’atto costitutivo e lo statuto. L’atto costitutivo
esprime la volontà di costituire tale società e contiene i dati fondamentali della struttura organizzativa. Lo statuto
contiene le norme legali e convenzionali che disciplinano il funzionamento della S.p.a.. Anche lo statuto deve essere
redatto per atto pubblico a pena di nullità.
Il termine per effettuare l’iscrizione è ridotto a 90 gg entro cui deve avere luogo l’iscrizione nel registro delle imprese
(dalla stipula dell’atto costitutivo o dal rilascio delle autorizzazioni). Il notaio è tenuto a depositare l’atto costituivo
entro 20 giorni dalla ricezione, presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della
società. In mancanza, l’obbligo incombe sugli amministratori nominati nell’atto costitutivo, nell’inerzia di entrambi,
punita con sanzione amministrativa pecuniaria, ogni socio può provvedervi a spese della società stessa. Con l’iscrizione
nel registro la S.p.a. acquista la personalità giuridica e viene ad esistenza. Precedentemente alla iscrizione, la società
non esiste, neppure come società irregolare o di fatto.
Effetti dell’iscrizione. L’istituto degli effetti della registrazione nel RI è disciplinato dal legislatore nell’art 2331 cc.
Comma 1. Con l’iscrizione nel registro la società acquista la personalità giuridica.
Il legislatore afferma l’efficacia costituiva, dell’iscrizione nel registro. Nel periodo che intercorre fra la stipulazione
dell'atto costitutivo e l'iscrizione, l'atto costitutivo si presenta come un contratto plurilaterale sottoposto alla
condizione sospensiva che l'iscrizione della società avvenga entro il termine stabilito dal 4° comma della norma, 90
giorni dalla stipula dell'atto costitutivo. L’iscrizione ha efficacia ex nunc e non ex tunc come una normale condizione
sospensiva.
Comma 2. Per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione sono illimitatamente e
solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili
il socio unico fondatore e quelli tra i soci che nell’atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato o
consentito il compimento dell’operazione.
Prima dell’iscrizione nel registro delle imprese è vietato sia il compimento di operazioni in nome della società sia
l’emissione delle azioni ma non la vendita delle stesse. Per le prime sono illimitatamente e solidalmente responsabili
verso i terzi coloro che hanno agito e i soci che nell’atto costitutivo o con atto separato abbiano eventualmente deciso,
autorizzato o consentito il compimento dell’operazione. La novità della riforma sta nell’affermazione della
responsabilità non solo di chi ha agito formalmente, ma anche di chi ha assunto la decisione di agire ed avviare
l’attività sociale prima della conclusione del procedimento costitutivo. Quindi coloro che hanno agito, coloro che hanno
autorizzato o socio unico e la società se ha approvato l’operazione dopo l’iscrizione (nel caso di emissioni non
necessarie).
Comma 3. Qualora successivamente all’iscrizione la società abbia approvato un’operazione prevista dal
precedente comma, è responsabile anche la società ed essa è tenuta a rilevare coloro che hanno agito.
La responsabilità della società sorge solo successivamente all'iscrizione e non automaticamente, solo qualora ratifichi
gli atti compiuti, atti che come successivamente spiegato si differenziano. Se la società ratifica tali atti, non viene meno
la responsabilità del soggetto che ha agito o ha concorso, ma si aggiunge a quella della società. Di conseguenza società
ed autore dell'atto divengono responsabili in solido. Debitore principale è, però, la società. L'approvazione ha
giuridicamente natura di ratifica. Prima della riforma si riteneva che l'organo competente a ratificare gli atti fosse
l'assemblea ordinaria. A seguito della riforma si ritiene che competente alla ratifica sia l'organo amministrativo. Una
volta che la società sia iscritta, bisogna distinguere a seconda che le obbligazioni fossero o no necessarie per la
costituzione della società:
- per le obbligazioni necessarie alla costituzione la S.p.a. risponde automaticamente;
- per le obbligazioni non necessarie la S.p.a. risponde solo se (l’assemblea) approvi l’operazione. L’art. 2331
stabilisce che per le operazioni compiute prima dell’iscrizione la società - una volta costituita - risponderà
dell’operazione qualora:
 abbia approvato le stesse;
 le operazioni fossero necessarie per la costituzione (in siffatta ipotesi purchè l’atto costitutivo abbia
espressamente previsto che le relative spese fossero a carico della società quantificandone anche il
relativo importo);
 tutte le volte che si accolli (in via cumulativa) le eventuali spese.
In entrambi i casi resta ferma la responsabilità verso i terzi di coloro che hanno agito e dei loro coobbligati rispondono
coloro che hanno agito nonché i soci che hanno deciso, autorizzato, consentito il compimento dell’operazione.
Disciplina applicabile in via analogica anche ad operazioni compiute prima della stipula dell’atto costitutivo
(orientamento giurisprudenziale).
Comma 4. Le somme depositate a norma del secondo comma dell’articolo 2342 non possono essere
consegnate agli amministratori se non provano l’avvenuta iscrizione della società nel registro. Se entro novanta giorni
dalla stipulazione dell’atto costitutivo o dal rilascio delle autorizzazioni previste dal numero 3) dell’articolo 2329
l’iscrizione non ha avuto luogo, esse sono restituite ai sottoscrittori e l’atto costitutivo perde efficacia.
Art 2342 cc  Se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro. // Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato
presso una banca almeno il venticinque per cento dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. // Per i conferimenti
di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255. Le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al
momento della sottoscrizione. // Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni. // Non possono formare
oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi.
Durante la fase intercorrente fra la stipulazione e l'iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese, le somme
versate dai soci a titolo di conferimento non possono essere consegnate agli amministratori. La mancata iscrizione nel
termine di 90 giorni dalla stipulazione dell'atto costitutivo determina la caducazione del contratto sociale, infatti si
ritiene che l’iscrizione sia una condizione risolutiva il cui mancato verificarsi implica la risoluzione dell’atto costitutivo
ex tunc (con effetto retroattivo). Nell'ipotesi di iscrizione tardiva si ritiene che l'ufficio non possa rifiutare l'iscrizione.
Restituzione da parte della banca dei decimi versati:
- agli amministratori che dimostrino l’avvenuta iscrizione (mediante certificato camerale), oppure
- ai sottoscrittori che dimostrino la non iscrizione dopo la scadenza del termine di 90 gg. dalla stipula dell’atto
costitutivo o dal successivo rilascio delle necessarie autorizzazioni.
(non ammessa, invece, restituzione nel caso di risoluzione consensuale del contratto da parte di tutti i soci,
essendo le somme depositate indisponibili anche a garanzia dei terzi per le spese di costituzione).
Comma 5. Prima dell’iscrizione nel registro è vietata l’emissione delle azioni ed esse, salvo l’offerta pubblica di
sottoscrizione ai sensi dell’articolo 2333, non possono costituire oggetto di una offerta al pubblico di prodotti finanziari.
Il divieto riguarda l’emissione e non il trasferimento delle azioni. Non si limita la possibilità di trasferire la posizione di
parte del contratto individuata nell’azione ma si assicura la tutela dei terzi facendo in modo che l’eventuale
trasferimento dell’azione avvenga tramite lo strumento della cessione del contratto.
Società per Azioni unipersonale, e socio unico.
L’art. 2328 I° comma c.c., ammette la costituzione di una società per azioni con atto unilaterale di un unico socio
fondatore. Inoltre può nascere qualora i soci recedano e rimane un solo socio. Per le obbligazioni sociali risponde la
sola società, per cui il socio è limitatamente responsabile. Il socio risulta essere responsabile in due specifiche
situazioni:
1- nell’ipotesi di insolvenza della società sorge una responsabilità illimitata e sussidiaria dell’unico socio per le
obbligazioni sorte nel periodo in cui tutte le azioni erano allo stesso appartenute;
2- nell’ipotesi di:
a. inosservanza delle specifiche forme pubblicitarie previste dall’art. 2362 c.c. (articolo che prevede
l’obbligo per gli amministratori di depositare presso il registro delle imprese una dichiarazione
contenente le generalità dell’unico azionista),
b. e nel caso di inosservanza delle norme previste per la liberazione dei conferimenti dell’unico azionista
in cui si prevede l’obbligo del versamento integrale dei conferimenti.
Nell’ambito dei contratti i contratti della società con l’unico socio o le operazioni a suo favore sono opponibili ai
creditori solo se risultano dal libro delle adunanze del cda o da atto scritto con data certa anteriore al pignoramento
(art. 2362, u.c.).
Prima dell’iscrizione il contratto che tutte le volte è contrario a norme di legge viene dichiarato nullo, e precisamente in
questo caso l’atto costitutivo può risultare non conforme alla legge se non indica ciò che la legge impone di indicare
(art 2328 cc). Il legislatore nell'art 2332 ha disciplinato esplicitamente tutte le cause che portano alla nullità della spa
chiarendo la loro valenza ex nunc e la loro eventuale sanabilità. La nullità delle spa viene disciplinata da una
legislazione speciale rispetto a quella dei contratti con il fine di poter assicurare la certezza del diritto nei rapporti tra la
società ed un terzo o tra i soci stessi. Prima dell'iscrizione della società nel registro delle imprese non esiste una società
in senso tecnico perciò si applica la disciplina normale prevista per i contratti; con l'iscrizione della società nel registro
delle imprese si ha la nascita di un nuovo soggetto giuridico in grado di instaurare autonomi rapporti giuridici con terzi.
Perciò il legislatore si prefigge di tutelare il terzo che entra in contatto con la società assicurando certezza ai rapporti
tra società e terzi. Le cause esplicitamente espresse dall’art 2332 cc sono:
1) mancanza di atto pubblico;
2) illiceità dell’oggetto sociale ossia il tipo di attività che la società dichiara di eseguire è contraria alla legge;
3) mancanza di indicazioni su denominazione, conferimenti, ammontare del capitale, oggetto sociale;
Negli effetti della nullità si riscontrano notevoli differenze che intercorrono tra la disciplina normale prevista per i
contratti e quella speciale prevista per le S.p.a.. Di regola la nullità ha effetto retroattivi, cioè ex tunc (come se il
contratto non fosse mai venuto ad esistenza), ai sensi dell'art 2332 invece gli atti compiuti in nome della società dopo
la sua iscrizione nel registro delle imprese non vengono tutti travolti dalla dichiarazione di nullità in quanto ha
un'efficacia ex nunc. Questo per evitare che i terzi che hanno fatto affidamento sull'esistenza della società in
conseguenza alla sua iscrizione nel registro delle imprese vedano travolti gli atti posti in essere con la società a causa
della dichiarazione di nullità della stessa. Una volta intervenuta la dichiarazione di nullità si applicano alla società le
norme inerenti alla liquidazione con la differenza che i liquidatori non sono nominati dall'assemblea bensì dal
tribunale che pronuncia la nullità. L'iscrizione della sentenza dichiarativa di nullità presso il registro delle imprese ha la
funzione di portare a conoscenza di terzi tale evento. Sempre a protezione del terzo che fa affidamento sulla società il
legislatore ha stabilito che i soci non sono liberati dall'obbligo di conferimento fino a quando non sono stati
soddisfatti i creditori sociali. L'art 2332 comma 5 prevede una possibilità di sanatoria: la nullità non può essere
dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data pubblicità con l'iscrizione nel
registro delle imprese. Qualora non sia possibile provvedere ad una modifica dell'atto costituivo la sanatoria della
nullità può avvenire mediante la ripetizione dell'atto da parte dei soci. Per la sanatoria di tali atti però non è prevista la
maggioranza assoluta dell'assemblea straordinaria bensì l'unanimità.
Peraltro, la disposizione contenuta nel 4° comma del 2332, per cui “la sentenza che dichiara la nullità nomina i
liquidatori”, si pone, in una valutazione normativa volta alla conservazione dell’organismo produttivo e dell’attività da
questo svolta sino alla dichiarazione di nullità che prevalgono rispetto all’interesse di quanti, soci o terzi, possano
aspirare alla soppressione dello stesso. Alla sentenza giudiziale con cui si accerta la nullità della S.p.a. va ascritta natura
costitutiva, non meramente dichiarativa come per la sentenza di nullità di un contratto di diritto comune, ciò risulta
confermato dal 6° comma dell’art. 2332 c.c., laddove si prevede l’iscrizione del dispositivo giudiziale nel registro delle
imprese. Infine, se, di regola, la sanatoria del negozio nullo non è consentita, fissando l’art. 1423 c.c. il principio
dell’inammissibilità della convalida, viceversa, dall’art. 2332, 5° c.c., per la nullità della società per azioni, si prevede
che le cause di nullità possano essere eliminate e che dell’eliminazione sia data pubblicità mediante iscrizione nel
registro delle imprese. Ricordando che tutto è preordinato alla conservazione dell’ente e degli effetti delle operazioni
antecedentemente poste in essere dallo stesso, al fine di garantire adeguata tutela a chi sia entrato in contatto con la
società ex post dichiarata nulla.
Patti parasociali. I patti parasociali sono atti collegati al contratto di società (dipendente, trova la ragione d’essere in
un contratto principale) volti a regolare i rapporti tra i soci. Identificati in accordi che disciplinano i rapporti sociali. Le
finalità sono quelle di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società. Non tutti i patti sono validi. Essi sono
ritenuti inammissibili quando il fine è antisociale o gli stessi violino norme inderogabili.
I patti parasociali sono contratti plurilaterali e sono collegati unilateralmente al contratto sociale in maniera tale che
le vicende del contratto sociale e della vita della società influiscano sui patti parasociali ma non viceversa. I patti
parasociali possono essere stipulati in qualunque forma, anche verbale. Hanno efficacia obbligatoria, nel senso che
vincolano solo gli attuali soci e non anche i soci futuri. Dall'efficacia obbligatoria ne deriva che la loro violazione
comporta l'obbligo del risarcimento danni nei confronti degli altri soci aderenti al patto. Oggetto dei patti parasociali
sono:
i. sindacati di voto: patti parasociali che regolamentano le modalità di voto durante l'assemblea. Con questi
accordi i partecipanti si impegnano a votare in assemblea secondo le indicazioni del sindacato. L'uniformità
del comportamento è dettata dal perseguimento di un obiettivo comune. Questi patti possono stabilire che si
debba votare in un certo modo sempre o in occasioni determinate, che si debba votare in un certo modo in
tutte o solo in relazione ad alcune delibere, che il voto debba essere unanime o a maggioranza e infine che il
voto sia espresso in modo diretto o tramite rappresentante. Il voto espresso in maniera difforme rispetto al
patto non comporta l'inefficacia della delibera (ma il dissenziente deve risarcire gli altri) a meno che non
sussista un conflitto di interesse tra alcuni membri del sindacato e la società;
ii. sindacati di blocco: con questi patti parasociali i partecipanti si impegnano, in caso di cessione inter vivos
delle azioni, ad ottenere il gradimento degli altri soci o permetterne la prelazione, a non vendere i propri titoli
prima che sia passato un certo periodo di tempo o a vietare del tutto la vendita delle azioni. Quest'ultimo
patto tuttavia per essere valido deve rispettare i limiti previsti dall'art. 1369 c.c. che così dispone: "Il divieto di
alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti, e non è valido se non è contenuto entro convenienti
limiti di tempo e se non risponde a un apprezzabile interesse di una delle parti". L'obiettivo di questi patti è
piuttosto evidente, ossia porre dei limiti all'ingresso nella compagine societaria per evitare di alterare gli
equilibri interni;
iii. patti di consultazione: servono a per garantire lo scambio di informazioni prima delle votazioni;
iv. patti di acquisto: sono quelli finalizzati a imporre l'acquisizione di azioni o strumenti finanziari attributivi della
facoltà di acquisto e sottoscrizione di azioni;
v. patti d'influenza dominante: sono previsti per esercitare un'influenza dominante sulle società quotate o sulle
società che le controllano.
Si è discusso sulla validità di questi accordi, ma si ritengono validi con il limite dell’obbligo di trasparenza (solo per
società aperte si individua in un obbligo di comunicazione, dei patti parasociali presi, in apertura di assemblea, pena la
impugnabilità della delibera), e il limite temporale della durata. Per quanto riguarda la durata dei patti, essa è diversa a
seconda che vengano stipulati nell'ambito di una S.p.a. non quotata o di una S.p.a. quotata in borsa. Nelle S.p .a. non
quotate i patti parasociali non possono eccedere i cinque anni e se stipulati per una durata maggiore si intendono
sempre stipulati per la durata massima di 5 anni. Alla scadenza però possono essere rinnovati. Nelle S.p.a. quotate in
borsa invece i patti hanno una durata di tre anni, anche in questo caso se stipulati per un tempo più lungo, devono
comunque ritenersi stipulati per la durata massima di tre anni. Una volta scaduti anch'essi sono rinnovabili. Per le due
tipologie societarie infine, se il patto è stato stipulato a tempo indeterminato, ossia senza una scadenza prestabilita,
ogni contraente ha il diritto di recedere dal patto con un preavviso di 180 giorni. Il preavviso non è tuttavia richiesto se
gli azionisti intendono aderire a un'offerta pubblica di acquisto o di scambio promossa ai sensi degli articoli 106 o 107,
anche se il recesso non ha effetto fino a quando il trasferimento delle azioni non si è perfezionato.
I conferimenti. I conferimenti sono le prestazioni a cui i soci si obbligano con il contratto di società. In generale, può
costituire oggetto di conferimento da parte dei soci qualsiasi bene che abbia un valore economico: denaro, beni in
natura, beni mobili, beni immobili, beni materiali o immateriali (come i marchi, ad esempio) ma anche crediti, rami di
aziende o aziende intere, nonché prestazioni di attività lavorativa, sia manuale sia intellettuale. I beni possono essere
trasferiti alla società in proprietà oppure anche solo concessi in godimento (affitto, locazione). I conferimenti
costituiscono, quindi, i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società per lo svolgimento
dell’attività di impresa. Per le società per azioni è prevista una specifica disciplina dei conferimenti, ispirata ad una
duplice finalità: quella di garantire che i conferimenti promessi dai soci vengano effettivamente acquisiti dalla società e
quella ulteriore di garantire che il valore assegnato dai soci ai conferimenti sia veritiero.
Differenza capitale e patrimonio.
Il patrimonio sociale è l’insieme dei rapporti giuridici, attivi e passivi, che fanno capo alla società. Si intende
un valore dinamico, che subisce le fluttuazioni del mercato, nasce dalla differenza tra attività e passività. Il patrimonio
sociale iniziale della S.p.a. e è costituito dall’insieme dei conferimenti eseguiti o promessi dai soci. Il patrimonio sociale
subisce continue variazioni in relazione alle vicende economiche della società. La sua consistenza (attività e passività)
viene accertata periodicamente attraverso la redazione annuale del bilancio di esercizio. La differenza tra attività e
passività viene definita “patrimonio netto”. Il patrimonio della società svolge una funzione di garanzia generale per i
creditori: quando la società risulta inadempiente, i creditori possono agire in giudizio per il soddisfacimento sul suo
patrimonio.
Il capitale sociale esprime il valore in denaro dei conferimenti, come risulta dalla valutazione compiuta
nell’atto costitutivo della società. Capitale sociale 100 vuol dire che i soci si sono obbligati a conferire (capitale
sottoscritto) e/o hanno conferito (capitale versato) denaro o altre entità che, al momento della stipulazione del
contratto di società, avevano valore monetario pari a 100. Il capitale sociale rimane immutato nel corso della vita della
società fino a quando, con modifica dell’atto costitutivo, fin quando, con modifica dell’atto costitutivo, non se ne decide
l’aumento (per nuovi conferimenti) o la diminuzione (per perdite), il patrimonio sociale, invece varia continuamente.
Infatti per capitale sociale si intende un valore storico e tendenzialmente non modificabile, la sua modifica comporta
modifica dell’atto costitutivo. Il capitale sociale è suddiviso in azioni rappresentate da titoli di credito, e la quota
corrisponde al numero di azioni che il socio possiede. È possibile frazionare la propria partecipazione sociale, per
essere negoziata o diffuse in mercati, acquistando anche la qualità di socio. In un primo momento capitale e
patrimonio hanno stesso importo. Si ritiene che il capitale sociale abbia diverse funzioni, innanzitutto una funzione
vincolistica allorquando si pensa che una parte di esse non è distribuibile fra i soci in quanto destinata ad un vincolo
sociale, destinata stabilmente all’attività sociale, una funzione organizzativa quando si pensa che il capitale sociale
nominale è il valore che determina la vita economica della società accertato periodicamente dal bilancio, ed una
funzione di misurazione in quando parte del capitale sociale misura e validifica l’importanza sociale del socio dato che
accerta le situazioni giuridiche soggettive in capo al singolo socio, sia di carattere amministrativo (diritto di voto) sia di
carattere patrimoniale (diritto agli utili ed alla quota di liquidazione). Tali diritti spettano a ciascun socio in misura
proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritto.
Conferimenti in danaro. L’art 2343 stabilisce che se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento
deve farsi in danaro. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il
venticinque per cento dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero
ammontare. Il denaro ha valore intrinseco, nei casi di società unipersonale il conferimento deve essere in sede di
costituzione versato integralmente. Costituita la società, gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni momento ai
soci i versamenti ancora dovuti. Le prestazioni d’opera o di servizi non possono costituire oggetto di conferimento nelle
società per azioni, ma solo oggetto di prestazioni accessorie.
Conferimenti di beni in natura e crediti. Se previsto nell’atto costitutivo, possono costituire oggetto di conferimento i
beni in natura e crediti. In tal caso, però, le azioni emesse a fronte di conferimenti in natura o di crediti devono essere
integralmente liberate al momento della sottoscrizione (ai sensi dell’art. 2342, 3 cc). I beni conferibili sono quelli
espropriabili, d’altro canto quelli non conferibili sono tutti quelli che, per loro natura, non possono essere
immediatamente e definitivamente trasferiti alla società conferitaria, tra i quali vengono annoverati i beni generici (non
specificamente individuati o individuabili al momento della sottoscrizione), i beni futuri o i beni oggetto di prestazioni
continue o periodiche. Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi. Non è
conferibile la responsabilità illimitata, o i beni altrui. In caso di conferimento di beni in natura e crediti è prevista una
particolare disciplina, che prevede che il socio che effettua dei conferimenti diversi dal denaro deve presentare una
relazione giurata di un esperto designato dal tribunale contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti. Ciò
che viene conferito deve essere in linea con la libertà di integrazione (a differenza della precedente obbligazione del
conferimento del 25%). I conferimenti di beni possono essere:
- Diritto di proprietà;
- Crediti, quando viene conferito un credito si ha cessione pro solvendo. Nella cessione del credito pro
solvendo, perché in questo caso il cedente deve garantire che il debitore eseguirà la prestazione dovuta. In
caso di inadempimento, il cessionario potrà rivolgersi al cedente, che a sua volta è tenuto a pagare la somma
dovuta dal debitore. In questa seconda ipotesi il rischio dell’inadempimento è a carico del cedente, che non
deve garantire solo che il credito esiste, ma anche che verrà ripagato. In caso contrario sarà proprio il cedente
a mettere mano al portafogli e pagare;
- Diritti reali e personali di godimento;
- Garanzie reali e personali, essendo la funzione dei conferimenti anche produttivo oltre che di garanzia, in
quanto non vi è ancora un patrimonio;
- Contratti, la cessione del contratto corrisponde alla cessione di una posizione all’interno di un contratto
purchè sia suscettibile a valutazione economica;
- Beni immateriali, quali brevetti o marchi, più problematiche affermare che in questa categoria appartiene
anche le capacità e conoscenze non brevettate ma ha un valore economico, se non si traduce in una
trasformazione materiale, in senso lato inteso in una attività anche materiale non è conferibile in quanto ci
troveremmo di fronte ad un conferimento di opere e servizi;
- Aziende, l’oggetto del conferimento non è un singolo elemento patrimoniale o una mera pluralità di beni
bensì un’azienda ossia un organico complesso di beni materiali e immateriali e rapporti obbligatori.
Apparentemente potrebbe sembrare un’operazione molto simile alla fusione. Tuttavia si ritiene che tali
operazioni producano conseguenze molto diverse. Infatti mentre nel conferimento di azienda le azioni o
quote vengono assegnate alla società e non ai soci, nella fusione sono proprio i soci a ricevere delle nuove
partecipazioni sociali;
- Partecipazioni sociali;
- Compensazione, forma di estinzione di un’obbligazione e di entrambe le posizioni per i valori corrispondenti.
In sede di costituzione non è possibile la forma di conferimento della compensazione in quanto la società non
può nascere per debiti. In sede di conferimento e di aumento del capitale si ritiene possibile quanto il socio è
sia creditore nei confronti della società e sia, sottoscrivendo il conferimento, debitore, e in questo caso più
funzione di garanzia ha funzione produttiva.
Relazione di stima. La relazione di stima è introdotta dall’art 2343 cc in cui il legislatore obbliga chi conferisce beni in
natura o crediti a presentare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la
società, (a differenza delle Srl in cui viene nominato dai soci) contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti,
l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale
sociale e dell'eventuale soprapprezzo e i criteri di valutazione seguiti. Non deve obbligatoriamente attestare il valore
effettivo di quanto conferito. La relazione deve essere allegata all'atto costitutivo. La data della relazione di stima
redatta ai fini del conferimento deve essere la più aggiornata possibile e non anteriore ai 120 giorni rispetto all'atto
costitutivo. In mancanza di presentazione della relazione di stima, non vi è nullità né della società né del singolo
conferimento, ma c'è violazione dell'art. 2329 n. 2 del codice civile. In tal caso gli amministratori devono sollecitare il
socio conferente alla presentazione della stessa. Il sovrapprezzo può essere determinato anche in sede di costituzione
della società, in quanto i soci possono avere interesse a non imputare tutto il conferimento al capitale sociale, ma una
parte imputato al patrimonio.
Revisione della stima. L’art 2343 prevede un obbligo nei confronti degli amministratori nel termine di 180 gg di
controllare le valutazioni della relazione e se sussistano fondati motivi devono procedere alla revisione della stima.
Fino a quando le valutazioni non sono state controllate, le azioni corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e
devono restare depositate presso la società. Si tratta di limite legale alla circolazione delle azioni. Gli amministratori
devono controllare le valutazioni della relazione di stima entro 180 giorni dall'iscrizione della società. È discusso se
entro tale termine debba essere fatto solo il controllo oppure anche la revisione della stima. Se dalla revisione risulta
che il valore dei beni conferiti sia inferiore a un quinto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve
proporzionalmente ridurre il capitale sociale, annullando le azioni che risultano scoperte. Tuttavia il socio conferente
può versare la differenza in danaro o recedere dalla società; il socio recedente ha diritto alla restituzione del
conferimento, qualora sia possibile in tutto o in parte in natura. Se non opta ne per il versamento della differenza ne
per recedere dalla società, la società deve ridurre il capitale sociale annullando le azioni scoperte. L'atto costitutivo può
prevedere che per effetto dell'annullamento delle azioni si determini una loro diversa ripartizione tra i soci. Ciò che si
ritiene la fonte della eventuale riduzione è il principio di proporzionalità, ossia la proporzionalità tra il valore di quanto
conferito e numero di azioni assegnate al socio. Questo può essere derogato modificando lo statuto, anche se il valore
dei conferimenti non può essere in nessun caso inferiore all’ammontare globale del capitale sociale.
Nel caso di riduzione del conferimento si ha riduzione nominale. La riduzione può essere nominale quando il
patrimonio viene ridotto ma non il capitale, reale quando si riduce sia il capitale che il patrimonio.
La riduzione del capitale per perdite (o nominale). Consiste in un’operazione di carattere puramente
contabile, volta ad adeguare la cifra del capitale sociale nominale all’ effettivo minor valore del capitale reale. La
riduzione manifesta una già avvenuta ed effettiva diminuzione dell’entità del patrimonio sociale, che si è già prodotta
per effetto di perdite. La perdita si ha quando il valore del patrimonio netto della società è inferiore alla cifra del
capitale sociale. La riduzione del capitale per perdite è una modifica nominale del capitale sociale che consiste
nell'adeguare la cifra del capitale nominale al minore valore reale del capitale stesso. Si utilizza l’aggettivo nominale
perché non comporta alcuna riduzione del patrimonio sociale che si è già ridotto per effetto delle perdite. La riduzione
nominale non danneggia i creditori sociali, infatti il legislatore non prevede facoltà di opposizione. In caso della
presenza delle perdite la società non può ripartire gli utili finchè il capitale non sarà ridotto in misura corrispondente e
la società non può aumentare il capitale se non prima procede alla riduzione dello stesso. In base all'entità delle
perdite, la riduzione del capitale può essere facoltativa od obbligatoria:
1) riduzione nominale facoltativa. La perdita è inferiore al terzo del capitale, tale riduzione è nominale
perché il capitale è già diminuito per effetto delle perdite;
2) riduzione nominale obbligatoria. La perdita è superiore al terzo del capitale, gli amministratori devono
convocare l'assemblea straordinaria per gli opportuni provvedimenti. L’assemblea ha il compito di
redigere bilancio straordinario, comprensivo, quindi, dello stato patrimoniale, del conto economico e
della nota integrativa. La giurisprudenza ritiene che tale documento contabile debba essere aggiornato a
non oltre 120 giorni.
Gli opportuni provvedimenti sono i seguenti: o riduzione facoltativa del capitale in proporzione alle perdite accertate;
o "rinvio a nuovo", facendo decorrere un anno, se le perdite non sono state ripianate la riduzione del capitale diverrà
obbligatoria. Trascorso, dunque, un anno, se le perdite non si sono ridotte, l'assemblea ordinaria dovrà procedere alla
riduzione del capitale. La competenza dell'assemblea ordinaria è un'ipotesi eccezionale perché per le modifiche dello
statuto è competente l'assemblea straordinaria.
La riduzione reale del capitale. La riduzione del capitale sociale è reale quando la riduzione nominale dell’entità
del capitale è accompagnata da una contestuale riduzione del patrimonio sociale. Affinché vi possa essere riduzione
reale del capitale sociale devono essere rispettati diversi presupposti:
- l'operazione non deve ridurre il capitale sociale al di sotto del minimo legale.
- devono essere rispettati i limiti all'emissione delle obbligazioni di cui all'art. 2412.
- Vi deve essere assenza di perdite.
La riduzione reale del capitale può essere attuata nei modi seguenti:
3) liberazione dei versamenti dovuti da parte di tutti i soci;
4) rimborso del capitale ai soci: viene rimborsato il capitale e non i singoli conferimenti, quindi o una certa
somma di denaro per ciascuna azione oppure un'intera azione per ogni certo numero di azioni possedute;
5) riscatto e annullamento delle azioni;
6) passaggio a riserva di parte del capitale.
Il legislatore in espressione dell’art 2343 ter cc consente la possibilità di procedere a conferimenti senza alcuna
relazione che ne stimi il valore di quanto conferito differenziando diverse ipotesi.
Prima ipotesi di conferimenti senza relazione. Non è richiesta relazione di stima nel caso che il conferimento
possegga un valore “oggettivo” generalmente riconosciuto e che, di conseguenza, renda non necessaria la valutazione
del conferimento e la redazione della relazione di stima. È il caso, ad esempio, degli apporti di titoli mobiliari e
strumenti del mercato monetario, qualora il valore ad essi attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e
dell’eventuale soprapprezzo, non ecceda il prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati
regolamentati nei sei mesi precedenti.
Seconda ipotesi di conferimenti senza relazione. Il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e
dell'eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura o crediti conferiti sia pari o inferiore:
1. al fair value iscritto nel bilancio dell'esercizio precedente quello nel quale è effettuato il conferimento a
condizione che il bilancio sia sottoposto a revisione legale e la relazione del revisore non esprima rilievi in
ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero;
2. al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre sei mesi il
conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni
oggetto del conferimento, a condizione che essa provenga da un esperto indipendente da chi effettua il
conferimento, dalla società e dai soci che esercitano individualmente o congiuntamente il controllo sul
soggetto conferente o sulla società medesima, dotato di adeguata e comprovata professionalità. Si
valutano oltre che i criteri, il valore dei beni e ciò che ha agito sulla loro valutazione.
Chi conferisce beni o crediti senza relazione di stima ai sensi del primo e secondo comma dell’art 2343 cc presenta una
documentazione, nella quale risulta il valore attribuito ai conferimenti e la sussistenza delle condizioni espressamente
previste per il conferimento senza relazione di stima in seconda ipotesi. La documentazione è allegata all'atto
costitutivo. Gli amministratori verificano, nel termine di trenta giorni dalla iscrizione della società, se, nel periodo
successivo a quello di cui all'articolo 2343-ter, primo comma, sono intervenuti fatti eccezionali che hanno inciso sul
prezzo dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario conferiti in modo tale da modificare sensibilmente
il valore di tali beni alla data di iscrizione della società nel registro delle imprese, comprese le situazioni in cui il
mercato dei valori o strumenti non è più liquido.
Fair value. Il Fair Value è il prezzo che si riceverebbe per vendere un'attività, o che si pagherebbe per trasferire una passività, in una
transazione ordinata tra operatori di mercato al momento della misurazione. Va distinto dalla quotazione di mercato, che
rappresenta il valore effettivo di un titolo. Il Fair Value ne costituisce il valore teorico, cioè un valore “giusto” (altra traduzione di
“fair”) che neutralizzi i fattori non economici (come l'emotività e gli altri che condizionano il valore effettivo) per restituire un prezzo
il più possibile oggettivo. Per calcolare il Fair Value non c'è una formula precisa ma diversi approcci, basati su mercato, reddito e
costi. Nel cosiddetto “approccio di mercato”, si osservano i prezzi delle transazioni di mercato per attività e passività simili a quella
oggetto di calcolo. Perché sia applicabile, l'approccio di mercato ha bisogno che i beni siano il più possibile omogenei e trasparenti:
è infatti necessario che ci siano prezzi pubblici, oltre che acquirenti e venditori disponibili. L'approccio di reddito include diversi
metodi di calcolo, con in comune un fattore: la definizione del Fair Value si basa sui flussi di cassa stimati, corretti con uno sconto
che include i possibili rischi futuri. L'approccio di costo si basa sulla stima dei costi richiesti a una società per sostituire un'attività,
corretti con la tendenza a deteriorarsi nel tempo.
Socio moroso. Per socio moroso si intende colui che non ha conferito integralmente ciò che si era obbligato a
conferire o non ha risposto a farlo, a differenza dei conferimenti in danaro in cui si è obbligati a conferire almeno il
25%, a differenza del socio unico che, anche se in danaro, è tenuto a conferire integralmente quanto dovuto. Prima di
poter dichiarare decaduto il socio moroso, vi sono delle fasi preliminari.
1- Il socio in mora è tenuto a eseguire i pagamenti dovuti entro 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida ad
adempiere sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica;
2- Se il socio in mora non adempie, gli amministratori offrono le azioni ai soci in proporzione alle loro
partecipazioni sociali ed in modo che il corrispettivo non sia inferiore ai conferimenti ancora dovuti;
3- In mancanza di offerte, gli amministratori possono far vendere le azioni a rischio e per conto della società;
4- Qualora la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare
decaduto il socio trattenendo le somme riscosse e cioè il 25% versato in sede di sottoscrizione.
5- Se le azioni non possono essere messe in circolazione entro l’esercizio in cui è stata pronunciata la decadenza
del socio, occorre procedere alla riduzione del capitale sociale. In primo luogo è opportuno sottolineare che la
riduzione in esame è di competenza dell’assemblea straordinaria in quanto si tratta di una delibera
modificativa dello statuto sociale.
Quanto alla natura della riduzione:
 Parte della dottrina la ritiene una riduzione nominale in quanto i conferimenti non versati sarebbero
assimilabili ad una perdita; il 25% dei conferimenti in denaro vengono trattenuti dalla società come
riserva penale, si riduce il capitale per un importo pari all’intera partecipazione del socio moroso. Non vi
è possibilità di opposizione per i creditori in quanto siamo dinnanzi una riduzione nominale e
obbligatoria;
 Altri ritengono una riduzione reale per i conferimenti in quanto già entrati nel patrimonio sociale e
nominale per la parte non versata;
 Altra dottrina ritiene che si tratti di una riduzione reale in quanto costituiscono capitale/patrimonio sia i
conferimenti promessi sia quelli versati.
Acquisti pericolosi. L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale
sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione
della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria.
Prestazione accessorie. Sono le prestazioni, non consistenti in una somma di danaro, che l’atto costitutivo di una
società di capitali o di una società cooperativa può imporre ai soci, o ad alcuni di essi, ulteriori rispetto al
conferimento del socio. Il codice civile stabilisce che la clausola statutaria che prevede tali prestazioni deve
determinare il contenuto di questi, la durata, le modalità e il compenso, e´ le sanzioni per il caso di inadempimento.
L’obbligazione di prestazioni accessorie non ha carattere personale, ma è inerente alle azioni sottoscritte del socio:
essa deve essere menzionata nelle azioni alle quali è connessa; tali azioni sono nominative e non sono trasferibili
senza il consenso degli amministratori. Si discute se le prestazioni accessorie siano:
- oggetto di un indipendente contratto di scambio separato dal contratto di società, o;
- oggetto di clausole appartenenti allo stesso contratto di società. La maggioranza della dottrina e della
giurisprudenza ritiene valida questa soluzione in quanto:
a) per le modificazioni delle prestazioni accessorie è richiesto il consenso di tutti i soci, anche diversi da
quelli tenuti alle prestazioni accessorie;
b) le prestazioni accessorie ineriscono alle azioni e non sono trasferibili indipendentemente da esse.
Per trasferimento si intendono le ipotesi di passaggio di un diritto da un soggetto ad un altro, alienazione è la vendita
del diritto. Non essendo trasferibile la prestazione accessoria cade alla morte del socio. Un socio che non può conferire
un conferimento del tipo d’opera e
prestazione questa può essere identificata in
una prestazione accessoria imputata ad uno
o più soci.
Azioni come strumento finanziario nelle
Spa. In una SPA il capitale è suddiviso in
azioni mentre nelle SRL in quote di partecipazione che non possono costituire oggetto di investimento e che
rappresenta una frazione di capitale sociale in misura che può essere diversa da socio a socio. La sostanziale differenza
sta nel fatto che il socio di una SPA detiene più azioni, mentre in una SRL possiede una singola quota che potrà
aumentare o diminuire di valore a seguito di operazioni di acquisto o cessione tra soci. Nelle Spa il capitale sociale è
diviso in quote, e la quota di un socio è l’insieme delle azioni possedute dal socio. Il capitale sociale di una S.p.a.,
infatti, viene suddiviso in un determinato numero di azioni, ciascuna delle quali ne rappresenta una frazione identica e
autonoma rispetto a tutte le altre, e quindi insiemi di queste di diversa entità formano la quota sociale di ogni singolo
socio. In tutti gli altri tipi di società, la quota è misurata per la sua dimensione globale di investimento nel capitale,
mentre nella S.p.a. si procede all’inverso, prima si procede alla suddivisione del capitale sociale nominale in frazioni
uguali ciascuna delle quali rappresenta un’azione.
La quota di partecipazione di ciascun socio nella S.p.A., è intesa come posizione contrattuale complessiva del soggetto
nei confronti della società e degli altri soci. La quota è una frazione minima ed indivisibile, ciascuna uguale all’altra, in
cui il capitale sociale è suddiviso. Le quote in via generale devono essere di eguale valore, le azioni conferiscono ai loro
possessori uguali diritti. Si possono, tuttavia, creare, con lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie
di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto concerne l’incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei limiti
imposti dalla legge, può determinare liberamente il contenuto delle azioni delle varie categorie. Tutte le azioni
appartenenti ad una medesima categoria, comunque, devono conferire uguali diritti. Ogni azione aldilà del numero
posseduto è l’insieme dei diritti e doveri che sorgono dalla partecipazione sociale, solitamente proporzionati alle
azioni possedute (il diritto di voto è proporzionato alle azioni possedute). L'azionista, cioè chi detiene azioni, è un socio
e non un creditore. Questa distinzione significa che l'azionista partecipa sapendo di poter ricevere benefici ma anche
di accusare perdite. In sostanza, quindi, l'azionista è un soggetto che si prende in carico i rischi del proprio
investimento.
In via generale la società è obbligata a emettere azioni e, se non diversamente stabilito, saranno titoli azionari cartacei.
Lo statuto può prevedere che non vi sia emissione di titoli azionari (libro soci). Lo statuto può prevedere diversi mezzi
rappresentativi di azioni, se esse debbano essere rappresentate in via cartacea o elettronica/dematerializzata, per le
società quotate è obbligatoria la dematerializzazione.
Generalmente a ogni socio si assegna un numero di azioni di valore proporzionale al conferimento. Si può però
prevedere che tale proporzionalità non ci sia o che ci sia ma disciplinata diversamente (ad esempio, il socio conferisce
un decimo del capitale sociale e riceve azioni pari a un ventesimo dello stesso). Le azioni possono essere emesse e
assegnate ad un socio non conferente o conferente ma in valore minore a quanto conferito se con lo scopo di
remunerare delle particolari competenze, capacità o qualità del socio che hanno un valore economico, come ad
esempio la fama, il nome. In nessun caso però i conferimenti nella sua totalità potranno essere inferiori al capitale, nel
caso fosse cosi un altro socio compenserà la quota mancante. Le azioni non possono essere emesse per somma
inferiore al loro valore nominale. In nessun caso il valore dei conferimenti può essere inferiore all'ammontare globale
del capitale sociale, perché se no avremmo un capitale fittizio, erroneo. Le azioni possono essere emesse per somma
superiore al valore nominale (emissione con sovrapprezzo).
L’azione è rappresentata da un documento, ossia da un titolo di credito, che presenta determinate caratteristiche:
- È un titolo di massa in quanto si rivolge ad un numero elevato di soggetti;
- È un titolo rilasciato in serie in quanto emesse dalla società in relazione alla sua costituzione;
- È un titolo causale, in quanto è evidente la causa della sua emissione cioè acquisire la qualità di socio;
- È un titolo nominativo, in cui è necessaria per la sua validità una doppia intestazione sull’azione e nel registro
dell’emittente, libro posseduto dalla società in cui sono annoverate le azioni possedute dal socio. Con una
procedura chiamata transfer è possibile cambiare il nominativo del socio. Le azioni di risparmio possono
essere al portatore quando circolano di mano in mano.
Le azioni, in quanto titoli rappresentativi della partecipazione sociale, assolvono ad una duplice funzione: una funzione
di legittimazione, in quanto chi le possiede può esercitare i diritti di socio; una funzione di trasferimento, poiché con
la trasmissione del documento si trasferisce la qualità di socio. Lo status di socio cessa per volontà della società (in caso
di trasferimento coattivo delle azioni del socio moroso), per volontà del socio (nel caso di esercizio di diritto di recesso
e di trasferimento delle azioni), per volontà di terzi (in casi di espropriazione mobiliare su istanza dei creditori
particolari del socio).
Il certificato azionario è un documento cartaceo o elettronico che attesta la proprietà di una o più azioni da parte del
socio azionista. Il certificato azionario aziendale rivela il numero di azioni che l’investitore possiede e questo numero
può essere utilizzato per determinare quale percentuale della società possiede ciascun azionista. All’interno degli stessi
vi sono informazioni di identificazione sulla società e sui proprietari, e i termini di proprietà. Le società private, o le
società chiuse, non possono utilizzare i certificati azionari aziendali, necessari invece nelle società aperte. Le azioni
vengono vendute in luoghi speciali in cui le azioni vengono negoziate in mercati regolamentati, ossia i mercati
borsistici. Luogo in cui i titoli vengono venduti. Fino agli anni ’90 erano luoghi fisici. Oggi avvengono in via telematica,
per le società quotate non è più necessaria la materialità, sostituite da annotazioni o registrazioni elettroniche,
prendendo così il nome di titoli dematerializzate.
La circolazione delle azioni. I titoli azionari costituiscono il mezzo necessario per il trasferimento della partecipazione
sociale.
- Per le azioni incorporate in titoli di credito al portatore è sufficiente la consegna del documento. Il possessore
del titolo potrà esercitare i relativi diritti mediante presentazione dello stesso alla società.
- Per le azioni incorporate in titoli di credito nominativi, invece, vige una doppia disciplina: transfert o girata.
o Se la circolazione avviene con il metodo del cd. trasfert, avviene cambiando l’intestazione sullo
stesso titolo che viene ceduto oppure anche attraverso l’emissione di un nuovo titolo. La procedura
del trasfert richiede la cooperazione della società; in quanto richiede una doppia annotazione del
nome dell’acquirente e deve essere effettuata sia sul titolo sia nel registro dell’emittente (libro soci).
Sia l’alienante che l’acquirente possono fare richiesta del mutamento del titolo: se è l’alienante a
presentare richiesta dovrà identificarsi formalmente con un certificato emesso dal notaio o da una
banca. Se, invece, è l’acquirente a presentare richiesta, dovrà dimostrare la propria qualità (di
acquirente) con l’esibizione dell’atto autentico di acquisto. Solo successivamente la società dovrà,
poi, a sua volta procedere ai controlli formali e alle relative annotazioni con il termine di un mese
dalla richiesta, medio tempore, l’acquirente, solo in via provvisoria, riceverà dalla società un
certificato che ne attesta il diritto.
o Se la circolazione avviene con il metodo della girata, che normativamente trova disciplina nell’art.
2023 c.c. si prevede “salvo diverse disposizioni della legge, il titolo nominativo può essere trasferito
anche mediante girata autenticata da un notaio o da un agente di cambio . La girata deve essere
datata e sottoscritta dal girante e contenere l’indicazione del giratario”. La modifica dell’intestazione
avviene con iscrizione sul titolo da parte dello stesso cedente in favore dell’acquirente con la firma
autentica del notaio o dell’agente di cambio, poi contenere la data e la sottoscrizione del girante-
cedente, le generalità e la nazionalità del giratario ed eventuale sottoscrizione del giratario-
cessionario se ancora non interamente liberata. Si prevede che il giratario, possessore in base a una
serie continua di girate, è legittimato ad esercitare i diritti sociali, a prescindere dall’annotazione
nel libro dei soci che potrà (e dovrà) avvenire anche in seguito. Il giratario che intende esercitare un
diritto sociale, anche se non iscritto nel libro soci, potrà farlo con l’obbligo per la società di aggiornare
il libro dei soci. In tal caso, la duplice annotazione è eseguita da soggetti diversi ed in momenti
diversi:
 dalle parti, all’atto del trasferimento del titolo;
 dalla società, successivamente.
A seguito del trasferimento mediante girata, il giratario che si dimostra possessore in base ad una
serie continua di girate, oltre a poter ottenere l’annotazione del trasferimento sul libro dei soci, è
legittimato ad esercitare tutti i diritti sociali.
Questa speciale legittimazione proveniente dal codice civile, all’art. 2355 c.3, è prevista solo in tema di società per azioni e non
vale per le società a responsabilità limitata e solo per la girata (non nelle ipotesi di trasfert in cui l’annotazione sul titolo e sul
libro dei soci avviene a cura della società contestualmente), rappresenta pertanto una sorta di eccezione a quanto previsto
nell’art. 2021c.c. (legittimazione del possessore: “ il possessore di un titolo nominativo è legittimato all’esercizio del diritto in
esso menzionato per effetto dell’intestazione in suo favore contenuta nel titolo e nel registro dell’emittente”)
Valore delle azioni. Il fatto che le azioni siano quotate influisce sul valore, sono valutate secondo tre valori.
- Valore nominale. È la parte del capitale sociale che ciascuna azione rappresenta espressa in numerario. Se
previsto da statuto, si deve indicare il valore nominale di ciascuna azione e il loro numero complessivo; nelle
azioni senza valore nominale, lo statuto e i titoli devono indicare solo il capitale sottoscritto e il numero delle
azioni emesse. E’ insensibile alle vicende patrimoniali della società. Le azioni normalmente hanno un valore
nominale se non lo dovessero avere si considera il valore reale/patrimoniale;
- Valore patrimoniale o di bilancio. Il patrimonio è l’insieme dei rapporti patrimoniale che la società possiede.
Valore reale: si ottiene dividendo il patrimonio netto della società per il numero di azioni. Varia nel tempo in
funzione delle vicende economiche della società e può essere accertato contabilmente attraverso il bilancio
d'esercizio. È il valore che indica il valore effettivo in quel momento dell’azione, che può essere minore o
superiore al suo valore nominale. Influiscono sul valore di bilancio fattori interni o esterni
- Valore di mercato (o valore corrente). Risulta giornalmente dai listini ufficiali quando le azioni sono ammesse
alla quotazione in un mercato regolamentato (borsa valori). In borsa ogni giorno viene effettuato un listino sul
valore delle azioni nel determinato giorno, influisce su di esso l’andamento della domanda e offerta. Sono
influenzati dalle attese sull’andamento della società. Il valore di bilancio e mercato normalmente non
coincide, ma se il mercato funziona dovrebbe sempre più coincidere. La richiesta del titolo dipende
dall’andamento della società e da come l’opinione, il mercato ecce cc pensano sul suo andamento o futuro.
Tendenzialmente il mercato dovrebbe dare indicazioni sul valore effettivo del titolo.
- Valore di emissione. Si intende il valore numerario del conferimento da parte del socio al momento
dell’emissione di nuove azioni. O altresì si intende il prezzo che l’azionista deve versare alla società emittente
per acquistare l’azione all’atto della sua emissione. Vige un divieto di emissione sotto la pari o per importi
inferiori al valore nominale. Le azioni possono invece essere emesse per valori superiori al valore nominale.
La c,d, emissione con sovraprezzo è obbligatoria quando viene escluso o limitato il diritto di opzione degli
azionisti ed il valore reale sia superiore al valore nominale.
Contenuto delle azioni. Denominazione e sede della società. Data dell’atto costitutivo e della sua iscrizione. Ufficio del
registro delle imprese di iscrizione. Valore nominale o, se senza, numero complessivo di azioni emesse, nonché
ammontare del capitale sociale. Ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate. Diritti e
obblighi particolari ad essi inerenti. Sottoscrizione degli amministratori.
Diritti del socio. Le azioni concede diritti di socio anche con una sola azione, i diritti del socio si differenziano in diritti
amministrativi, patrimoniali e di natura mista.
- I diritti amministrativi sono i diritti del socio che gli consentono di modificare la vita della società. Tra questi si
annoverano i diritti di:
o deposito dell’atto costitutivo e dello statuto presso il competente ufficio del Registro delle Imprese,
se non vi provvedono il notaio rogante o gli amministratori;
o chiedere la convocazione dell’assemblea o il rinvio della stessa;
o intervento e di partecipazione alle assemblee;
o prendere la parola nelle assemblee;
o voto;
o impugnazione delle delibere assembleari, non conformi alla legge e/o allo statuto;
o esercizio dell’azione di responsabilità verso gli amministratori;
o denuncia all’organo di controllo dei fatti censurabili;
o consultazione dei libri sociali, dei bilanci e degli altri documenti sociali.
Sono direttamente proporzionali al numero di azioni societarie possedute i diritti di voto, di impugnare le
delibere assembleari o il diritto di convocare l’assemblea o quello di denunciare gravi irregolarità di
amministratori e sindaci. Sono indipendenti dal numero di azioni possedute il diritto di partecipare
all’assemblea o il diritto di intervenire in assemblea, o il diritto di ispezionare i libri sociali.
- I diritti patrimoniali sono tre.
o diritto di partecipare agli utili, se nelle società di persone qualunque sia l’utile questo deve essere
ripartito tra i soci, questo non avviene nelle società per capitali. Nelle società di capitali, quindi nelle
Spa, Srl e Sapa, il diritto a ricevere e quindi ad incassare gli utili è necessariamente subordinato e
preceduto dall’approvazione del bilancio di esercizio. A seguito dell’approvazione del bilancio, ma,
normalmente nell’ambito della stessa assemblea, va espressamente prevista e deliberata la
distribuzione degli utili in favore dei soci. Tuttavia esiste la possibilità che le vicende sociali portino la
società ad utilizzarli per altri scopi, invece di distribuirli. Nelle società di capitali solo una parte degli
utili viene ripartita, la parte che viene ripartita prende il nome di dividendo, la restante parte
utilizzata per le spese legali, per arricchire il capitale, ecc ecc. Nelle Spa decide l’assemblea se
distribuirlo (e se tutto o in parte);
o diritti correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore, nel caso di società che
svolge diversi tipi di attività;
o diritto alla quota di liquidazione, diritto che il socio vanta sul risultato positivo che risulta al termine
della fase di liquidazione e che viene ripartito tra i soci. Si tratta di un diritto che non viene esercitato
finché la società svolge la propria attività economica ma solo al termine dell’ultima fase di vita della
società. Questo diritto infatti sorge con l’approvazione del bilancio finale di liquidazione ed è
subordinato all’integrale soddisfazione dei creditori e alla mancata proposizione di reclami contro il
bilancio di liquidazione.
- I diritti di natura mista sono due:
o Diritto di recesso individuato nella possibilità per il socio di vedersi rimborsato anticipatamente il
capitale conferito nella società;
o Diritto di opzione e assegnazione nelle operazioni di aumento di capitale a pagamento e gratuite.
Viene inteso come una sorta di prelazione. È individuato nel diritto ad essere i primi scelti rispetto ad
altri nel caso di un aumento del capitale sociale. L’aumento di capitale è solitamente accompagnato
dall’emissione di nuove azioni sul mercato. Il suo oggetto sono obbligazioni convertibili in azioni e
azioni di nuova emissione. All’emissione di nuove azioni ci saranno soggetti pronti ad acquistarle. Il
diritto di opzione consente agli azionisti la possibilità di sottoscrivere queste nuove azioni prima di
qualsiasi altro soggetto, sentendosi privilegiati. Il diritto di opzione consente una prelazione in
situazioni di aumento del capitale sociale ed emissione di nuove azioni. Il diritto di opzione
solitamente spetta in via proporzionale delle azioni societarie che i titolari dello stesso posseggono.
Alla categoria in esame appartiene anche il diritto alla restituzione dei conferimenti, cioè il diritto a ottenere
la restituzione di quanto versato alla società alla sottoscrizione della propria quota. Questo diritto di distingue
dai diritti agli utili e alla liquidazione in quanto ciò che viene restituito al socio non è frutto del risultato
economico della società ma è la restituzione di quanto messo a disposizione della società per lo svolgimento
della propria attività.
Caratteristiche delle azioni.
- Uguaglianza e omogeneità. Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali
diritti. Tutte le azioni appartenenti a una medesima categoria conferiscono uguali diritti.
o Uguaglianza formale e non sostanziale, in quanto chi possiede una partecipazione di controllo non
solo ha un potere proporzionalmente maggiore ma ha il controllo della società (quindi con propri
poteri, obblighi e divieti).
o Uguaglianza relativa e non assoluta, in quanto è possibile creare categorie di azioni fornite di diritti
diversi;
o Uguaglianza oggettiva e non soggettiva, in quanto se è vero che ogni azione singolarmente
considerata attribuisce uguali diritti, in realtà ciascun azionista dispone di diritti in proporzione al
numero complessivo di azioni;
Le eccezioni al principio di uguaglianza delle azioni si hanno dinnanzi a:
 diritti che non dipendono dal numero di azioni possedute (d. di intervento, di esame o di
denuncia al coll. Sindacale).
 diritti che spettano solo a chi sia titolare di una certa partecipazione minima (d. chiedere
convocazione o denuncia al tribunale). In quanto la facoltà di incidere sulle decisioni e sulla
vita della società e/o di partecipare ai vantaggi economici conseguiti, è direttamente
proporzionale al grado di rischio assunto, espressione del principio della proporzionalità tra
rischio e potere.
- Autonomia. Ogni singola azione rappresenta una partecipazione unitaria e compiuta alla società. Vi sono
tuttavia diritti che, per ragioni logiche e strutturali non possono essere esercitati in modo autonomo e
differente, quali il diritto di intervento o di denuncia, questo è il caso di voto divergente. E’ la possibilità che in
assemblea il socio esprima, per una parte delle azioni possedute, un voto favorevole e, per altra parte, un
voto contrario rispetto alla stessa deliberazione. Esprimerebbe una volontà contraddittoria e creerebbe gravi
problemi ai fini della impugnazione dal momento che, pur approvando la delibera, basterebbe esprimere con
parte delle proprie azioni un voto contrario per riservarsi sempre un potere di impugnazione. Attenta dottrina
ammette però entro alcuni limiti: è ammesso voto divergente se corrisponda ad esigenze ed interessi del
socio meritevoli di tutela e sia esercitato coerentemente al principio di correttezza.
- Indivisibilità. L’azione rappresenta l’entità unitaria minima di partecipazione alla società; non può essere
frazionata e, qualora appartenga a più soggetti, si ha una comproprietà indivisa. Non è possibile creare
proprietà separate per parti di azione, ma è possibile che siano assegnate in comproprietà a più soci. Nel caso
di comproprietà di un’azione, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante
comune. In ogni caso, i comproprietari dell’azione rispondono solidalmente delle obbligazioni da essa
derivanti.
- Frazionamento e raggruppamento di azioni. Trattandosi di modifiche dell’atto costitutivo devono essere
deliberati dall’assemblea straordinaria.
o Per frazionamento si intende quando si suddivide il valore nominale di un’azione, aumentandosi il
numero delle azioni circolanti e trasformandole in azioni di taglio minore. Necessario quando alcune
azioni raggiungono una quotazione elevata da rendere impossibile l’acquisizione da parte di piccoli
risparmiatori. In questo caso occorre delibera di modifica dell’atto costitutivo mediante il quale la
società potrà procedere al frazionamento delle singole azioni.
o Per raggruppamento si intende quando più azioni si riuniscono: azioni di piccolo taglio in altre di
grosso taglio. In pratica si sostituiscono i titoli con altri di valore nominale superiore allo scopo di
ridurne il numero.
Vi è conguaglio qualora nelle operazioni ci fossero dei resti.
- Inscindibilità. E’ il divieto (implicito) sia per la società, sia per il socio, di attribuire a soggetti diversi la titolarità
dei singoli diritti sociali, salvo che non si tratti di diritti di credito già maturati verso la società. Il socio non può
cedere a terzi diritti / facoltà connessi alla partecipazione societaria, che costituisce un rapporto unitario e
non la somma di più rapporti, garantendo una corrispondenza tra diritti patrimoniali e diritti amministrativi.
Questo discorso non può tuttavia essere fatto per quei diritti, generalmente di natura patrimoniale, che in
seguito ad una delibera societaria assurgono a ruolo di autonomi diritti soggettivi e sono quindi
autonomamente gestibili (d. alla distribuzione degli utili o d. di opzione). Inoltre ciò ha rilevanza non tanto
sulla validità ed efficacia del negozio traslativo che opera la separazione quanto nei confronti della società. Al
riguardo infatti lo stesso legislatore mostra un atteggiamento di grande flessibilità disciplinando ipotesi più o
meno intense di separazione (pegno, usufrutto, sequestro di azioni).
- Libera circolazione e limiti. La circolazione delle azioni è libera ma la società può limitare con clausole di
gradimento e di prelazione la loro libera circolazione. Clausole che da parte della dottrina sono ritenute
contrastanti la libera circolazione.
o Le clausole di gradimento sono clausole che stabiliscono che i soci non posso vendere a terzi le azioni
se non vi è l’approvazione dell’organo sociale del consiglio di amministrazione, ha lo scopo di
impedire l’ingresso in società a soggetti non graditi. Le clausole di gradimento sono suddivise in:
 clausole di non mero gradimento. All’interno della clausola sono inseriti criteri che l’organo
indicato dovrà seguire per decidere se consentire o meno tramite il gradimento, quindi il
gradimento ad esempio è subordinato al criterio della concorrenza, e quindi l’organo
preposto alla decisione dovrà individuare se la decisione consenziente sia di concorrenza
per l’attività societaria.
 clausole di mero gradimento, nel caso ci si basi solo sul gradimento, quest’ultimo da molti
criticata in quanto lascerebbe al libero arbitrio l’organo preposto. È consentito l’utilizzo della
clausola di mero gradimento se corollario di un correttivo: la clausola di mero gradimento
(totalmente discrezionale) è valida se la società si impegna in un obbligo di acquisto delle
azioni del socio o impegnandosi a fargliele ricevere.
o La clausola di prelazione si ha quando il socio che intende vendere le proprie azioni debba offrirle
preventivamente e allo stesso prezzo agli altri soci alla quota di ciascuno. In caso non si rispetti
dottrina e giurisprudenza ritengono valido il trasferimento ma non ha effetto la legittimazione e
quindi il socio acquirente non potrà far valere i dritti e doveri provenienti dalla qualità di socio.
Ci sono casi in cui è lo statuto a limitare il trasferimento delle azioni a particolari condizioni o, per un periodo
non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto,
vietarne il trasferimento.
Per legge, prima dell’iscrizione al registro delle imprese, l’emissione delle azioni è vietata, così come non è
possibile la circolazione delle azioni - pur se emesse - prima che gli amministratori abbiano proceduto alla
stima fatta dall’esperto previsto dal tribunale.
Categorie di azioni. Si intendono raggruppamenti di azioni a cui lo statuto riconosce diritti differenti, per cui un’azione
concede una serie di diritti uguali se appartenente alla stessa categoria. I diritti sono attribuiti all’azione e non alla
persona. Le categorie sono molteplici, in quanto la riforma da la possibilità di crearne sempre delle nuove.
- Le azioni ordinarie devono essere pari al 50% delle azioni del capitale sociale. Rappresentano il tipo base e
attribuiscono uguali diritto ai loro titolari.
- Le azioni senza diritto di voto, spesso compensate da maggiori diritti economici come dividendi più alti o
dividendi riconosciuti in ogni caso. In quanto vi possono essere soggetti risparmiatori interessati al
rendimento e non al voto. Il valore non può superare la metà del capitale sociale. Lo statuto può prevedere la
creazione di azioni senza diritto di voto o con diritto di voto limitato a particolari argomenti o subordinato al
verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Fattispecie di queste sono le azioni con diritto
di voto limitato.
- Le azioni a voto plurimo, concedendo più voti ad azione posseduta. Solo per le società quotate e se previsto
dallo statuto. Può limitarsi anche a particolari argomenti o essere subordinato al verificarsi di particolari
condizioni non meramente potestative. In caso lo Statuto ammetta azioni a voto plurimo, non posso essere
assegnati più di tre voti a ciascuna azione a voto plurimo.
- Le azioni di risparmio, previste solo per le società quotate sono azioni che offrono al possessore il diritto a
percepire un dividendo maggiore pregiudicando però tutti i diritti decisionali convenzionali legati a chi
possiede quote azionarie all’interno di una Società. Sono prive di diritto di voto ma con rendimenti più alti,
uniche azioni individuate in titoli al portatore. Il titolare di azioni risparmio non ha diritto di voto sia in
assemblea ordinaria che straordinaria. Il titolare ha diritto ad un dividendo maggiorato rispetto all’azionista
ordinario.
- Le azioni di godimento, sono azioni attribuite al possessore di azioni ordinarie, in sostituzione di esse, quando
in seguito alla riduzione del capitale sociale ne sia stato rimborsato il valore nominale. Le azioni di godimento
assicurano determinati diritti patrimoniali (partecipazione agli utili), ma sono caratterizzate anche da alcune
limitazioni; esse sono prive del diritto di voto, a meno che lo statuto non stabilisca diversamente, ma hanno
diritti agli utili solo per la parte in eccesso. Le azioni di godimento vengono emesse quando la società delibera
la riduzione del capitale sociale. Quindi il rimborso avviene in riferimento al valore nominale; se il valore reale
risulta superiore al valore nominale, la società per un principio di parità nei confronti di coloro che non sono
stati rimborsati, può offrire loro delle azioni di godimento che attribuiscono ai titolari l'attribuzione di diritti
residuali, partecipano quindi all'utile che residua dopo aver attribuito ai possessori delle altre azioni un utile
pari all'interesse legale (5%).
- Le azioni con prestazioni accessorie: pur non potendosi conferire attività lavorative, alcuni soci possono
impegnarsi a eseguire prestazioni accessorie (come attività lavorative, ma non denaro): in tal caso a questi
azionisti spetterà un compenso per l'attività. Sono azioni nominative e non trasferibili senza il consenso degli
amministratori. Devono essere previste nell’atto costitutivo, il quale solitamente prevede un compenso per le
attività prestate. Un’altra caratteristica è che la modifica dei relativi diritti è prevista solo in caso di una
delibera all’unanimità.
- Le azioni riscattabili, consistono in azioni che attribuiscono alla società il diritto potestativo di riscattarle dal
socio. Nelle azioni riscattabili il riscatto si configura come una opzione di acquisto.
- Le azioni postergate nelle perdite, azioni che si caratterizzano per la diversa incidenza nei confronti delle
perdite. Si può stabilire, infatti, che le perdite incideranno su questo tipo di azioni solo dopo che abbiano
inciso sulle altre categorie di azioni.
- Le azioni correlate all’attività sociale le quali forniscono diritti correlati ai risultati dell'attività sociale in un
determinato settore. Nello statuto si stabiliscono i criteri di individuazione di costi e ricavi imputabili al
settore, oltre ai diritti da attribuire a tali azioni e le eventuali condizioni e modalità per la conversione di
queste azioni in altre di una diversa categoria. Non si possono pagare dividendi ai possessori di tali azioni se
non nei limiti del degli utili risultanti dal bilancio.
- Le azioni ai prestatori di lavoro, consentono l’assegnazione straordinaria di utili ai dipendenti delle società o
di società controllate da attuarsi mediante un articolato procedimento: gli utili sono imputati a capitale e la
società emette speciali categorie di azioni che vengono assegnate gratuitamente ai prestatori di lavoro. Per
tali azioni la società può stabilire norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento e ai diritti
spettanti agli azionisti. Il legislatore introducendo questa categoria intende favorire l’interessamento dei
lavoratori alla gestione e risultati della società.
Responsabilità per azioni non liberate. Istituto previsto dall’art 2356 cc. Per azione non liberata si intende un’azione
per la quale non è stato effettuato il versamento dell’integrale conferimento. In caso di trasferimento della stessa la
responsabilità dell’alienante è limitata nel tempo/periodo di tre anni e sussidiaria in quanto la società può chiedere il
pagamento delle somme dovute all’alienante solo se non sia riuscita ad ottenere il versamento dal soggetto
acquirente/possessore dell’azione.
Acquisto di azioni proprie. Le azioni proprie sono titoli di credito che rappresentano una quota del capitale sociale
della stessa azienda che li acquista. Questo vuol dire che un’impresa che acquista azioni proprie sta investendo parte
della sua liquidità in titoli che lei stessa ha emesso; sta insomma investendo su sé stessa. Quando parliamo di azioni
proprie, in realtà, stiamo parlando di azioni sotto tutti i punti di vista. Le ragioni dietro l’acquisto di azioni proprie sono
molteplici. Alla base di un’operazione di buy-back, però, c’è sempre una strategia precisa. Acquistare azioni proprie dà
il via a particolari dinamiche che possono rivelarsi utili per l’azienda in questione, soprattutto allo scopo di tutelarla o
accrescerne il valore. Per esempio, comprando azioni proprie, si può aumentare l’influenza dei soci originari con una
finalità difensiva rispetto a una scalata da parte di terzi, o dei soggetti che hanno intenzione di investire sul capitale
sociale dell’azienda, acquistando il pacchetto azionario di controllo. Oppure le azioni acquistate hanno lo scopo di
aiutare l’andamento borsistico del mercato, favorendo il rapporto tra domanda e offerta. Ma sicuramente è
un’operazione non esente da rischi; possono rivelarsi un’arma a doppio taglio per le imprese. Il rischio più grande
riguarda la riduzione dei fondi propri. L’acquisto di azioni proprie comporta l’uso dei mezzi finanziari dell’azienda. In
altre parole, l’operazione di buy-back si esegue a partire dalla liquidità propria dell’azienda, che viene investita
nell’acquisto delle azioni. Si tratta però di un’operazione che non determina una crescita del patrimonio netto, bensì
una riduzione del capitale. È per questo motivo che il Codice Civile impone diversi limiti:
1. La società può procedere all’acquisto «nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti
dall'ultimo bilancio», e quindi utilizzando la riserva per azioni proprie che è imputabile al patrimonio netto
dell’azienda.
2. L’art. 2357 del Codice Civile stabilisce inoltre che il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere
in alcun modo dalla quinta parte del capitale sociale.
3. Possono essere acquistate solo azioni interamente liberate, in caso contrario la società diventerebbe
debitrice di se stessa.
4. Poi limiti per gli amministratori: l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea. Un altro limite è che gli
amministratori non possono disporre delle azioni proprie acquistate, il diritto agli utili e il diritto di opzione
sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni, il diritto di voto è sospeso in quanto potrebbe
l’amministratore proprietario delle azioni acquistate sfruttare il voto solo per interessi personali e non per la
società in quanto voterebbe a favore delle sole proprie azioni.
Un vincolo legislativo che mira a contenere la riduzione del patrimonio aziendale. Disposizioni e limitazioni simili si
applicano nei casi di acquisto e sottoscrizione di azioni di una società controllante da parte delle società controllate ,
la società acquisterebbe azioni di una società da lei controllata. L’impresa che effettua un buy-back violando le
disposizioni esplicite del Codice Civile è tenuta ad annullare le sue azioni proprie, secondo un iter preciso. Le azioni
acquistate in violazione di questi limiti devono essere alienate entro un anno, in mancanza di vendita si procede
all’annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale.
Inapplicabilità dei limiti. L’acquisto di azioni proprie, invece, non è soggetto al regime contenitivo se ricorrono i
seguenti presupposti:
1) Delibera assembleare di riduzione del capitale, in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea di
riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni;
2) Acquisto a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate;
3) Acquisto per successione universale o di fusione o scissione;
4) Acquisto per esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che si tratti di
azioni interamente liberate.
La società può entro determinati limiti acquistare azioni proprie ma mai sottoscriverle, cioè fare un aumento di
capitale il quale aumento è sottoscritto dalla stessa società. È un divieto assoluto, che la sua violazione comporterebbe
che le azioni sottoscritte si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori o, in caso
di aumento del capitale sociale, dagli amministratori e chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della
società, azioni di quest'ultima è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle
azioni rispondono solidalmente, a meno che dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori, i soci fondatori e, nel
caso di aumento del capitale sociale, gli amministratori. La società non può accordare direttamente o indirettamente
prestiti per favorire l’acquisto delle azioni proprie a meno che non sia deliberato dall’assemblea speciale indicandone le
ragioni e rischi. La società non può, neppure per tramite di società fiduciaria, o per interposta persona, accettare azioni
proprie in garanzia.
Società controllate e collegate. Rapporti che si instaurano tra le società sono rapporti di controllo e collegamento.
Normalmente le grandi imprese non sono isolate ma vivono in gruppi societari dove sono legate tra loro secondo
questi rapporti, determinati dal possesso di azioni di una da parte dell’altra. Rapporti di controllo. Quando una società
esercita un’influenza dominate su una seconda società, la quale non è indipendente ma è legata dalla prima in quanto
dipendente da essa. Il controllo può essere indiretto quando vi è una catena di controlli tra una società A, B e C. in un
rapporto diretto la società A controlla l’operatività di B in tre modi:
1- Controllo di diritto. Quando la controllante ha la maggioranza dei voti (in quanto nelle Spa il diritto di voto è
proporzionale al numero di azioni possedute) nell’assemblea ordinaria della società, che permette di
nominarne gli amministratori e il consiglio della seconda.
2- Controllo di fatto. Sono ancora determinanti i voti in assemblea ma non vi è maggioranza assoluta, vi è una
maggioranza relativa. In virtù dell’assenteismo assembleare, dato che la maggioranza è data sui presenti si
raggiunge una maggioranza relativa non assoluta ma determinante.
3- Controllo su base contrattuale. Secondo un contratto di dominio in Germania la società B si sottopone alla
prima.
Rapporti di collegamento. In virtù di un possesso azionario di un quinto per una società non quotata o un decimo per
le quotate la società A in questo caso ha un’influenza non dominante ma notevole.
Spa con socio unico. Può essere iniziale (costituzione con atto unilaterale) o sopravvenuta; gli amministratori o l’unico
socio devono dare pubblicità (registro delle imprese) di inizio e fine della situazione. In caso di insolvenza della società,
per le obbligazioni sorte nel periodo in cui vi era un unico azionista, questa risponde illimitatamente se non è stato
dato corso alla pubblicità o se non sono stati effettuati i conferimenti nei termini previsti. I contratti della società con
l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro
delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore al
pignoramento.
Azioni provenienti da pegno usufrutto e sequestro. Le azioni posso essere sottoposte al regime dei diritti di pegno,
usufrutto e sequestro.
- Il diritto di voto:
o Nel caso di pegno spetta a creditore pignoratizio o usufruttuario;
o Nel caso di usufrutto spetta a creditore pignoratizio o usufruttuario;
o Nel caso di sequestro spetta al custode.
- Il diritto di opzione: spetta al socio.
- L’aumento di capitale: pegno, usufrutto e sequestro si estendono alle nuove azioni.
- Altri diritti amministrativi:
o per pegno e usufrutto spettano sia al socio sia al creditore pignoratizio o usufruttuario;
o per il sequestro sono esercitati dal custode.
Sottoscrizione reciproca. E’ vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante sottoscrizione
reciproca di azioni, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona. Si verifica quando una società
sottoscrive o acquista azioni appartenenti ad altra società la quale è contemporaneamente socia della prima società. In
caso di sottoscrizione reciproca la stessa somma, nella misura della reciprocità, formerebbe il capitale di più società cui
non corrisponde un patrimonio effettivo. La violazione dell’art. 2360 comporta la nullità delle sottoscrizioni reciproche,
ex art. 1418, in quanto si provi che esse siano state preordinate al compimento di un’operazione vietata.
Aumento di capitale: variazione del capitale in aumento da attuarsi mediante modificazione dell’atto costitutivo con deliberazione
dell’assemblea straordinaria. L’(—) può realizzarsi in due modi: mediante il conferimento di nuove attività da parte dei soci o di terzi (cd.
aumento reale o a pagamento) oppure mediante il trasferimento in conto capitale della parte disponibile delle riserve e dei fondi speciali
(cd. aumento nominale o gratuito).
Assunzione di partecipazioni in altre imprese. Una società può acquistare partecipazioni in altre società, ma non è
consentita l’assunzione di partecipazioni in altre imprese se per la misura e per l'oggetto della partecipazione ne risulta
sostanzialmente modificato l'oggetto sociale stabilito dallo Statuto. In generale l’assunzione di partecipazioni di altre
imprese che ne comporta una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere deliberata
dall’assemblea.
Il punto cruciale della controversia riguardante le partecipazioni societarie va individuato nella tesi secondo cui una società di capitali non può
partecipare ad una società di persone, stante la responsabilità illimitata che viene assunta dai soci di questo tipo di società (data la limitazione di
responsabilità tipica delle società di capitali). Per la dottrina, le partecipazioni societarie di società di persone ad altre società di persone, sia in veste
di socio a responsabilità illimitata (come nella s.n.c.) che di associato a responsabilità limitata (come accomandante di una s.a.s.) sembra del tutto
ammissibile. In queste ipotesi, infatti, non si produce la violazione (nemmeno in modo indiretto) dei principi sanciti in materia di responsabilità. Il
fenomeno può dar vita alle seguenti figure: partecipazioni societarie reciproche, società collegate, società controllate e gruppi di società. In
particolar modo, le partecipazioni reciproche possono determinare dei pregiudizi di natura simile a quelli prodotti dalla sottoscrizione e dall’acquisto
di azioni proprie.
Le obbligazioni. Le obbligazioni costituiscono un mezzo di finanziamento delle società, in quanto consistono in titoli
emessi dalla società ed offerti in sottoscrizione ai risparmiatori per reperire capitale. Sono titoli di credito di massa ma
non rappresentano la qualità di socio, sono espressione di un prestito fatto a favore della società, rappresentano
frazioni di uguale valore nominale di un’unitaria operazione di finanziamento. La sottoscrizione di obbligazioni emesse
da società per azioni comporta, in genere, un margine di rischio minore rispetto alla sottoscrizione di azioni. Chi
sottoscrive un’obbligazione (obbligazionista), infatti, diventa creditore nei confronti della società, in quanto ha diritto di
ricevere gli interessi stabiliti indipendentemente dall’andamento positivo o negativo dell’attività sociale. L’ammontare
del suo investimento e il suo ritorno sono certi. Chi partecipa alla società sottoscrivendo un certo numero di azioni,
invece, acquista la qualità di socio e non sa con certezza quanto guadagnerà nel tempo, in quanto il suo diritto ad una
parte degli utili dipende, in concreto, dall’andamento dell’attività sociale. Vi sono varie tipologie:
- Obbligazioni subordinate. Le obbligazioni subordinate sono una speciale categoria di obbligazioni emesse da
banche e aziende il cui rimborso, nel caso di problemi finanziari per l’emittente, avviene successivamente a
quello dei creditori ordinari e prima degli azionisti. Presentano dunque un livello di rischio maggiore,
naturalmente incorporato nel rendimento. L’emittente deve rimborsare prima i titolari delle obbligazioni
ordinarie e dopo i titolari di obbligazioni subordinate e poi gli azionisti.
o Se dopo aver rimborsato gli obbligazionisti ordinari non rimane più nulla, gli obbligazionisti
subordinati non ottengono alcun rimborso.
o Se l’azienda non fallisce, e quindi se dopo aver rimborsato i creditori ordinari rimane un capitale , i
soldi vengono restituiti alla scadenza pattuita, con un tasso di interesse più alto rispetto alle
obbligazioni ordinarie.
- Obbligazioni in valuta estera. Se si decide di investire anche sul mercato della valuta, rischiando e investendo
sull’andamento della valuta.
- Obbligazioni convertibili in azioni. Vedi intra obbligazioni convertibili.
- Obbligazioni indicizzate. Il cui tasso è variabile, tutelando i casi di inflazione. Tali obbligazioni possono
assumere caratteristiche varie, ma sono tutte caratterizzate dall’adeguamento ad un determinato indice di
mercato. In altre parole tale indicizzazione tende a salvaguardare l’interesse creditorio da eventuali
deprezzamenti della moneta, soprattutto per quanto riguarda le obbligazioni di lungo termine più soggette
alle variazioni del mercato.
- Obbligazioni a premio. Obbligazionisti sono soggetti a premio, se sorteggiati si da la possibilità di divenire
creditori di un maggior numero di danaro.
- Obbligazioni partecipanti. La cui remunerazione è commisurata agli utili.
I diritti degli obbligazionisti sono:
- il diritto allo stacco della cedola, con il quale chi ha sottoscritto un titolo obbligazionario avrà il diritto alla
riscossione della cedola (quindi ad incassare gli interessi). Con lo stacco dei dividendi, invece, il proprietario di
un titolo azionario avrà il diritto a percepire una quota di utile societario;
- il diritto alla restituzione del capitale e agli interessi può essere in tutto o in parte subordinato alla
soddisfazione dei diritti di altri creditori della società. I tempi e l’entità del pagamento degli interessi possono
variare in dipendenza di parametri oggettivi anche relativi all’andamento economico della società.
Procedura di emissione delle obbligazioni. Vi è una procedura per l’emissione delle obbligazioni. L’emissione è
deliberata dall’organo amministrativo, il verbale deve essere redatto da notaio e depositato e iscritto nel registro
delle imprese.
Limiti all’emissione. Il limite quantitativo è definito nel divieto di emissione di obbligazioni la cui somma eccede il
doppio del capitale sociale, della riserva legale (minimo che la legge impone di conservare) e delle riserve disponibili
risultanti dall’ultimo bilancio (utili non distribuiti ai soci). Limite quantitativo in rapporto con il capitale sociale, non
sono quindi ammesse obbligazioni che farebbero sbilanciare il rapporto debito-capitale.
È possibile superare il valore del doppio se le obbligazioni eccedenti sono destinate a investitori professionali
(che garantiscono la sicurezza) o garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società (garanzia
patrimoniale e reale) o destinate a essere quotate sui mercati, valutando se sia un’operazione qualitativamente
opportuna secondo il mercato in cui la società è quotata.
La società che ha emesso obbligazioni non può ridurre volontariamente il capitale sociale se l’ammontare delle
obbligazioni ancora in circolazione superi il limite legale del doppio. In caso di riduzione obbligatoria del capitale
sociale o di diminuzione delle riserve per effetto di perdite, la società che ha emesso obbligazioni non può procedere
alla distribuzione di utili fino a quando l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili
non eguagli la metà dell’ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione.
Le obbligazioni devono contenere la denominazione, oggetto e sede della società, il capitale sociale e riserve esistenti
al momento dell’emissione, la data della delibera di emissione e della sua iscrizione, l’ammontare complessivo
dell'emissione, valore nominale del titolo, diritti attribuiti, rendimento, modo di pagamento e rimborso, eventuale
subordinazione ed eventuali garanzie da cui sono assistiti, ed infine la data di rimborso del prestito ed estremi
dell'eventuale prospetto informativo.
Organizzazione degli obbligazionisti. Nel caso in cui una società abbia posto in essere una pluralità di emissioni
obbligazionarie, aventi caratteristiche diverse, non vi è alcun interesse comune che leghi tra loro i sottoscrittori dei
singoli prestiti, ciascuno dei quali è dotato di un proprio specifico regolamento negoziale, al quale risultano estranei i
sottoscrittori degli altri prestiti. Ciò determina la necessità di dar vita ad altrettante organizzazioni degli obbligazionisti,
con distinte assemblee (ed eventualmente distinti rappresentanti comuni), ciascuna delle quali è chiamata a deliberare
su materie di interesse comune dei sottoscrittori del prestito al quale afferisce l'organizzazione. Gli obbligazionisti non
sono soci ma possiedono organi a cui fare riferimento. I possessori di obbligazioni sono tutelati da due organi sociali
appositamente costituiti:
- L’assemblea degli obbligazionisti. Raduna gli stessi e delibera in argomenti di loro interesse. E’ convocata da
CdA, consiglio di gestione o rappresentante degli obbligazionisti, se necessario, o se ne è fatta richiesta da un
ventesimo degli obbligazionisti. Delibera sulla costituzione di un fondo per la tutela degli interessi comuni.
Nomina un rappresentante comune, il quale ha il compito di tutelare gli interessi degli obbligazionisti nei
confronti della società. Gli argomenti fondamentali in cui delibera sono:
o Proposta di amministrazione controllata e di concordato;
o Modifica delle condizioni del prestito. Se la società si trova in difficoltà e decide di ridurre i tassi di
interesse o posticipare l’emissione degli interessi, essendo obbligata contrattualmente se di norma
serve la delibera di ogni obbligazionista, la legge ritiene che sia necessaria la delibera dell’assemblea
degli obbligazionisti;
- Il rappresentante comune. Il rappresentante comune è scelto al di fuori degli obbligazionisti, non può essere
un amministratore, sindaco o dipendente della società. Se non scelto viene nominato con decreto dal
tribunale. Dura in carica per un periodo non superiore a tre esercizi sociali e può essere rieletto. Provvede
all'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea. Tutela gli interessi comuni degli obbligazionisti. Assiste alle
operazioni di sorteggio delle obbligazioni. Ha diritto di assistere all'assemblea dei soci.
Obbligazioni convertibili. Le obbligazioni convertibili in azioni sono figure intermedie fra le obbligazioni e le azioni, in
quanto svolgono la funzione di raccogliere danaro presso quanti non si sentirebbero allettati da un puro e semplice
investimento obbligazionario e che, tuttavia, temono i rischi di un investimento azionario. Il titolo ottenibile dalla
conversione delle obbligazioni convertibili è generalmente rappresentato da azioni ordinarie, più raramente di
risparmio, della stessa società che ha emesso l’obbligazione convertibile. È questo il caso della conversione diretta. La
conversione indiretta, invece, la si ha se l’azione di compendio è emessa da un’altra società. L’emissione di obbligazioni
convertibili è deliberata dall’assemblea straordinaria, ma lo statuto può delegare l’emissione agli amministratori, fino
ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dall’iscrizione della società nel Registro delle
imprese. Gli elementi che caratterizzano le obbligazioni convertibili sono:
- la natura del titolo, ottenibile dalla conversione (detto titolo di compendio);
- il rapporto di conversione. Con “rapporto di conversione” si intende il numero di azioni attribuite per ciascuna
obbligazione che viene convertita. Molto spesso il rapporto di conversione è fissato pari a 1: un’azione per
ogni obbligazione convertita. Il rapporto di conversione è comunque fisso: prescinde cioè dal valore di
mercato dell’uno e dell’altro titolo al momento della conversione;
- il periodo di conversione. Il periodo di conversione è rappresentato da quegli intervalli temporali in cui
l’obbligazionista ha la facoltà di convertire le obbligazioni. Nel mercato italiano, la più frequente è la
conversione a intervalli, possibile cioè per alcuni mesi ogni anno, ma non in altri momenti, per l’intera durata
del titolo obbligazionario.
Per l’emissione di obbligazioni convertibili in azioni i requisiti sono:
- Delibera straordinaria dell’assemblea, in quanto si delibera sull’aumento del capitale per un ammontare
corrispondente alle azioni da attribuire in conversione (c.d. aumento di capitale a servizio) che sarà effettivo
solo alla conversione di uno o di tutti gli obbligazionisti e si delibera negli obbligazionisti.
- Indicazione del rapporto di cambio e le modalità di conversione.
- Integrale liberazione delle azioni esistenti (la deliberazione non può essere adottata se il capitale sociale non
sia stato interamente versato).
Se vi sono obbligazioni convertibili pendenti del termine di conversione:
- Se l’aumento di capitale è a pagamento, il diritto di opzione spetta anche agli obbligazionisti in quanto soci
potenziali.
- Se vi è aumento di capitale gratuito e riduzione di capitale per perdite avremmo un rapporto di cambio
adeguato.
- Se vi è riduzione del capitale volontaria ,si
Differenze tra azioni e obbligazioni.
- Le azioni concedono la qualità di socio, le obbligazioni la qualità di creditore.
- La remunerazione a favore degli azionisti è legata ai risultati e alla decisione dell’assemblea dei soci di
distribuire gli utili. La remunerazione a favore degli obbligazionisti è periodica (eccetto gli zero coupon) fissa o
variabile.
- Le azioni non hanno scadenza prefissata, in generale hanno scadenza nello scioglimento della società. Le
obbligazioni hanno una scadenza in quanto debito o prestito.
- Le azioni non possono essere emesse per una somma inferiore al valore nominale. Le obbligazioni sono
emesse anche a prezzi inferiori del valore nominale.
- Le azioni conferiscono al socio diritti amministrativi. Le obbligazioni non conferiscono diritti amministrativi, in
quanto l’organo dell’assemblea degli obbligazionisti è terza alla società.
Altri strumenti finanziari partecipativi. Categoria prevista dalla Riforma del 2003, è quella di altri strumenti finanziari
partecipativi. Concedono diritti patrimoniale, diritti amministrativi ma non sempre. Sono ammesse a seguito
dell’apporto di soci e terzi. L’associazione a partecipazione è un contratto con il quale un soggetto fornisce un
contributo in danaro o altre utilità a favore di un secondo imprenditore affiche questo lo faccia partecipare agli utili
della sua impresa non divenendo però soci. Sono strumenti che si individuano in titoli che legano il soggetto secondo
un rapporto di associazione-partecipazione. Strumenti emessi sia da società quotate sia da società non quotate,
secondo i quali le spa si può finanziare in modo differente rispetto alle azioni e obbligazioni. La loro disciplina è
lasciata all’autonomia societaria, sono le società a disciplinare le modalità e caratteristiche di questi strumenti
partecipativi, infatti possono essere trasferibili. Possono essere dotati del diritto al voto (ma solo su argomenti
specificamente indicati). Se sono dotati di diritti amministrativi occorre costituire un’assemblea speciale. L’oggetto
dell’apporto può essere anche una prestazione d’opera o servizi, conferimento vietato per le azioni. Sono strumenti
ibridi che risulterebbero essere più vicine alle azioni o alla disciplina delle obbligazioni.
Lo statuto disciplina modalità di emissione, diritti che conferiscono, sanzioni per l’inadempimento delle prestazioni e
circolazione (se ammessa). A differenza delle azioni, non realizzano un conferimento e possono prevedere opere e
servizi; a differenza delle obbligazioni, non si deve seguire la relativa procedura per l’emissione.
Organizzazione della S.p.a. e modelli organizzativi. Nell’organizzazione delle S.p.a. sono individuabili i seguenti organi:
1) Un organo amministrativo;
2) Un organo decisionale;
3) Un organo di controllo.
L’organizzazione a sua volta può essere realizzata secondo tre diversi modelli:
1) Sistema tradizionale, comporto da tre organi:
a. assemblea dei soci, che ha funzioni deliberative;
b. l’organo amministrativo, ha funzioni gestorie e che può assumere le vesti di un amministratore unico, o
del consiglio di amministrazione;
c. il collegio sindacale, che ha funzioni di controllo sull’amministrazione
2) Sistema dualistico, composto da un consiglio di gestione (titolare delle funzioni gestorie) e un consiglio di
sorveglianza;
3) Sistema monistico: composto da un consiglio di amministrazione e da un comitato di controllo.
La società sceglie il sistema organizzativo liberamente, indicando la propria opzione nell’atto costitutivo. Se nulla è
stabilito, si presume che la società abbia scelto il modello tradizionale.
Assemblea dei soci.
L’assemblea è l’organo sovrano della società. Costituisce la riunione di tutti i soci con l’intento di manifestare la
volontà della società. L’assemblea è un organo con funzioni esclusivamente deliberative, le cui competenze sono
strettamente connesse alle decisioni più rilevanti per la compagine societaria. L’assemblea, inoltre, è l’organo titolare
della funzione decisionale nel modello tradizionale e nel modello monistico. Nelle spa è stata generalizzata la
possibilità di un vuoto per corrispondenza e consentito infatti l’intervento in assemblea mediante mezzi di
telecomunicazione. L’art. 2370 comma 4 prevede infatti la possibilità del voto espresso in via elettronica.
La convocazione dell’assemblea deve avvenire nel medesimo comune nel quale ha sede la società e deve essere
convocata almeno una volta all’anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni
dalla chiusura dell’esercizio sociale. Per quanto riguarda la convocazione dell’assemblea, si distingue tra una disciplina
generale e una speciale, per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
- La disciplina generale prevede che:
o nel sistema di amministrazione e controllo tradizionale e/o monistico, il potere di convocare
l’assemblea spetta all’amministratore unico o al CdA (titolare delle funzioni gestorie).
o nel sistema dualistico, il potere di convocare l’assemblea spetta al consiglio di gestione (titolare delle
funzioni gestorie).
L’ordine di convocazione va pubblicato nella gazzetta ufficiale o in un quotidiano indicato nello statuto almeno 15
giorni prima. La convocazione avviene mediante avviso, deve contenere:
- l’indicazione del giorno, del luogo e dell’ora della riunione
- l’ordine del giorno, ossia l’elenco sintetico ma chiaro e preciso delle materie da trattare.
L’assemblea può deliberare anche su argomenti non indicati nell’ordine del giorno, quando prende decisioni su
materie consequenziali o accessorie rispetto a quelle comprese nell’ordine stesso. Vi sono poi delle ipotesi in cui è
espressamente ammessa l’adozione di delibere non indicate nell’ordine del giorno. L’assemblea, infatti, può
sempre deliberare:
o sulla responsabilità degli amministratori o dei sindaci quando si discute il bilancio
o sulla nomina dei nuovi amministratori, se all’ordine del giorno c’è la revoca di quelli precedenti.
- La disciplina speciale prevista per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è espressa
dal legislatore nell’art 2366 cc al terzo comma in cui si ritiene che lo statuto può consentire la convocazione
mediante mezzi diversi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento della convocazione almeno 8
giorni prima dell’assemblea.
La richiesta di convocazione dell’assemblea può provenire anche dai soci. L’art. 2367 c.c. ammette alla compagine
sociale il diritto di domandare la convocazione, la quale deve essere convocata senza ritardo dagli amministratori o dal
consiglio di gestione, quando i soci richiedenti rappresentano:
- almeno il ventesimo del capitale sociale nelle società quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio;
- almeno il decimo del capitale sociale nelle altre o la minore percentuale prevista nello statuto.
La domanda deve indicare gli argomenti da trattare. La formalità della convocazione è di regola rimessa
all’apprezzamento discrezionale dell’organo amministrativo. La convocazione su richiesta di soci non è ammessa per
argomenti sui quali l'assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un
progetto o di una relazione da essi predisposta.
Obbligo di convocazione dell’assemblea per gli amministratori, CdA e consiglio di gestione. Tuttavia, in alcuni
casi, convocare l’assemblea è un obbligo per gli amministratori o consiglio di gestione per:
- approvare il bilancio di esercizio;
- sostituire gli amministratori mancanti quando ne è venuta meno la maggioranza nel corso dell’esercizio
sociale;
- integrare il collegio sindacale;
- deliberare sulla diminuzione del capitale di oltre 1/3 con la conseguenza di perdite;
- deliberare relativamente alla liquidazione quando si verifica un fatto che determina lo scioglimento della
società;
- procedere all’annullamento o all’alienazione di azioni proprie illegittimamente acquistate o mantenute;
- se ne è stata fatta richiesta da una parte significativa di soci di minoranza.
Obbligo di convocazione dell’assemblea per il collegio sindacale. In alcuni ipotesi particolari l’obbligo di
convocare l’assemblea incombe sul collegio sindacale:
- per omissione o ritardo senza giusta causa della convocazione da parte degli amministratori in una delle
circostanze obbligatorie;
- per disporre la sostituzione degli amministratori quando siano venuti tutti a mancare,
- per fondata denuncia di fatti censurabili di rilevante gravità, essendoci necessità di provvedere, presentata
da una minoranza significativa dei soci;
- per fatti censurabili di rilevante gravità, essendoci urgente necessità di provvedere, ravvisati
nell’espletamento dell’incarico proprio dell’organo di controllo.
Obbligo di convocazione dell’assemblea per il tribunale. Il legislatore infine attribuisce il potere di indire la riunione
anche al tribunale.
- nell’ipotesi in cui gli amministratori o il consiglio di gestione o il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza
o il comitato per il controllo sulla gestione, non provvedono alla convocazione dell’assemblea senza alcun
giustificato motivo anche se ne è fatta domanda da un ventesimo o decimo del capitale sociale, il tribunale,
sentiti i componenti degli organi amministrativi e di controllo, ordina con decreto la convocazione
dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla;
- nell’ipotesi di denuncia ad opera di una percentuale significativa di soci di minoranza di gravi irregolarità
compiute da amministratori e sindaci in violazione dei loro doveri.
L’assemblea è convocata nel comune dove ha sede la società se lo statuto non dispone diversamente. L’assemblea
deve obbligatoriamente riunirsi almeno una volta all’anno.
Assemblea ordinaria e assemblea straordinaria.
A seconda delle materie oggetto delle deliberazioni, l’assemblea si riunisce in sede ordinaria o straordinaria. La
competenza attribuita a ciascuna delle due assemblee è inderogabile, pertanto, né lo statuto e né una decisione dei
soci possono modificarla. La distinzione tra le due specie di assemblee concerne fondamentalmente:
- i quorum;
- i soggetti legittimati a partecipare;
- le formalità procedimentali sulla cui base, in considerazione della materia da trattare, l’organo assembleare
può deliberare.
Assemblea ordinaria. L’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta all’anno entro il termine stabilito
dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un
maggior termine, comunque, non superiore a 180 giorni nel caso di società tenute alla redazione del bilancio
consolidato e quando lo richiedono particolari esigenze relative all’oggetto e alla struttura della società.
Assemblea ordinaria prive del consiglio di sorveglianza (art 2364 cc). In questi casi gli amministratori segnalano
nella loro relazione le ragioni della dilazione. Quanto all’assemblea ordinaria prive del consiglio di sorveglianza, nelle
società che optano per il sistema di amministrazione tradizionale, o per quello monistico, essa delibera in via generale
su tutti gli argomenti che non siano riservati alla competenza dell’assemblea straordinaria. Specificamente, ai sensi
dell’art. 2364 c.c., nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l’assemblea ordinaria:
- approva il bilancio,
- nomina e revoca gli amministratori
- nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e quando previsto il soggetto incaricato di effettuare la
revisione legale dei conti,
- determina il compenso degli amministratori e sindaci se non è stabilito dallo statuto,
- delibera sulla responsabilità degli amministratori e sindaci,
- delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea,
- delibera sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto, per il compimento di atti degli
amministratori (ferma, in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti)
- approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari.
Assemblea ordinaria L’art. 2364-bis c.c. disciplina invece le competenze dell’assemblea ordinaria nel caso di
amministrazione dualistica. Per questo modello l’assemblea è in gran parte svuotata delle proprie tradizionali
attribuzioni che passano in capo al consiglio di sorveglianza, organo interposto tra l’assemblea e gli amministratori.
Nelle società ove è previsto il consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:
- nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza;
- determina il compenso ad essi spettante, se non è stabilito nello statuto;
- delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;
- delibera sulla distribuzione degli utili;
- nomina il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti.
Si applica poi il secondo comma dell'articolo 2364 cc che esprime quanto detto inizialmente nei riguardi dell’assemblea
ordinaria in via generale.
Assemblea straordinaria. L’assemblea riunita in sede straordinaria a ha una competenza speciale limitata alle
materie tassativamente indicate dall’art. 2365 c.c. o dalle leggi speciali. In particolare, essa delibera su
- sulle modificazioni dello statuto,
- sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori,
- su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza.
Se non sono osservate le formalità di convocazione dell’assemblea, questa si considera regolarmente costituita
quando ricorrono 2 condizioni:
- in assemblea deve essere rappresentato l’intero capitale sociale,
- presenza della maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo.
L’assemblea è detta assemblea totalitaria, quando in essa sono intervenuti tutti coloro che ne avevano diritto. Se
l’assemblea totalitaria è validamente costituita ha una competenza generale e può deliberare su qualsiasi materia sia
essa di competenza dell’assemblea ordinaria o di quella straordinaria. L’assemblea totalitaria può validamente
deliberare su tutti gli argomenti inseriti nell’ordine del giorno, può altresì deliberare su argomenti che non sono stati
inseriti, a condizione che la deliberazione avvenga con la partecipazione degli amministratori e se gli intervenuti
all’assemblea non si oppongono alla discussione degli argomenti sui quali non si ritengono sufficientemente informati.
Partecipazione all’assemblea. Ai sensi dell’art. 2370 c.c., invece, coloro che possono partecipare all’assemblea
sono tutti coloro a cui spetta il diritto di voto, ai quali si aggiungono il rappresentante comune degli obbligazionisti,
nonché il rappresentante comune degli azionisti di risparmio e dei possessori dei titoli finanziari di partecipazione
all’affare al quale sia destinato il patrimonio separato. A questi si aggiungono gli amministratori e i sindaci (per questi
ultimi, anzi, è espressamente previsto l’obbligo di intervento, sotto sanzione della decadenza dall’ufficio prevista
dall’art. 2405 c.c.. Il 1 co. dell’art. 2370 dispone che può intervenire all’assemblea il soggetto (azionista o non azionista)
che sia comunque titolare del diritto di voto, con la conseguenza che non può intervenire in assemblea chi non abbia la
titolarità del voto. Se le azioni sono in comproprietà, all’assemblea interviene (e vota) solo il rappresentante comune
(art. 2347, 1o co.) e quindi i comproprietari delle azioni non possono accedere all’adunanza. Nel caso di pegno o
usufrutto sulle azioni il diritto di voto (e quindi il diritto di intervento all’assemblea) spetta, salvo convenzione
contraria, al creditore pignoratizio o all’usufruttuario; nel caso di sequestro delle azioni il diritto di intervento e di voto
sono esercitati dal custode. Pertanto il soggetto che ha dato le azioni in pegno o in usufrutto e il sequestrato non
hanno diritto di intervenire all’assemblea.
Diritto di voto assente. Non hanno diritto di intervento i titolari di azioni, obbligazioni o partecipazioni societarie
caratterizzati dall’assenza del diritto di voto, o con voto limitato solo a particolari argomenti o con voto subordinato a
particolari condizioni. Le azioni istituzionalmente prive del diritto di voto non hanno diritto di intervento in assemblea.
Tali azioni non sono computate né ai fini del quorum deliberativo né di quello costitutivo.
Diritto di voto sospeso. Quanto alle azioni per le quali il diritto di voto sia occasionalmente sospeso, vi è il diritto di
intervento in assemblea del loro titolare secondo cui le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto
sono computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea, con la conseguenza che dette azioni rilevano solo
per il calcolo del quorum costitutivo ma non per il calcolo del quorum deliberativo. Si tratta di:
- le azioni proprie;
- le azioni della società controllante acquistate dalla società controllata;
- le azioni per il cui acquisto vi sia mora nei versamenti (quindi non per tutto il pacchetto del socio moroso,
comprensivo di azioni liberate per intero, le quali hanno diritto di voto, ma per le azioni non liberate);
- le azioni di titolarità degli amministratori nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità.
Ai sensi dell’art. 2370 c.c. l’intervento in assemblea non è correlato al preventivo deposito dei titoli, salvo che tale
prescrizione venga “reintrodotta” mediante una apposita clausola statutaria. La previsione statutaria della necessità
del preventivo deposito consente di snellire in modo notevole le operazioni preliminari da compiere in sede di
assemblea per accertare l’identità e la legittimazione di coloro che si presentano per parteciparvi, in quanto i controlli
da effettuare possono in tal modo essere anticipati. Lo statuto può richiedere il preventivo deposito delle azioni
presso la sede sociale o presso le banche indicate nell’avviso di convocazione, fissando il termine entro il quale
debbono essere depositate ed eventualmente prevedendo che non possano essere ritirate prima che l’assemblea
abbia avuto luogo. Qualora le azioni emesse dalle società indicate al primo periodo siano diffuse fra il pubblico in
misura rilevante il termine non può essere superiore a due giorni non festivi.
Delibere assembleari. Per la regolare costituzione dell’assemblea e della validità delle relative deliberazioni, sono
necessari determinati quorum, che variano a seconda che l’assemblea sia in prima o in seconda convocazione e se sia
ordinaria oppure straordinaria.
Quorum costitutivo: quota di capitale sociale che deve essere presente in assemblea perché questa possa
iniziare i lavori regolarmente. [Il quorum costitutivo comprende anche le azioni il cui diritto di voto sia
occasionalmente sospeso, ma non quelle senza diritto di voto]
Quorum deliberativo: quota di capitale sociale che deve esprimersi in senso favorevole per l’approvazione di
una delibera
Inoltre, per le società che fanno riscorso al mercato di capitale del rischio esistono altri quorum specifici. In fase
costitutiva dell’assemblea, sono dunque rilevanti, i differenti quorum costitutivi e deliberativi. La determinazione dei
quorum costitutivo e deliberativo è diversa a seconda che si tratti di assemblea ordinaria o straordinaria e allo stesso
tempo, a seconda che si tratti di prima o seconda convocazione.
PRIMA CONVOCAZIONE Assemblea ordinaria:
1) Quorum costitutivo: metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive di diritto di voto
nell’assemblea medesima.
2) Quorum deliberativo: maggioranza assoluta, salvo che lo statuto prevede una maggioranza più elevata. Lo
statuto può prevedere un quorum deliberativo più elevato, ma non ridotto.
PRIMA CONVOCAZIONE Assemblea straordinaria:
1) Quorum costitutivo:
o nelle società chiuse non è previsto, si desume da qual quorum costitutivo
o nelle società aperte è di almeno la metà del capitale sociale o di più se previsto nello statuto.
2) Quorum deliberativo
o nelle società chiuse è più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una percentuale
più elevata
o nelle società aperte è almeno 2/3 del capitale rappresentato in assemblea.
SECONDA CONVOCAZIONE Assemblea ordinaria:
1) Quorum costitutivo: non è previsto, l’assemblea è regolarmente costituita qualsiasi sia l’ammontare di
capitale rappresentato
2) Quorum deliberativo: maggioranza degli intervenuti, ossia di coloro che hanno preso parte alla votazione.
Tale quorum può essere elevato in base a disposizione statutaria.
SECONDA CONVOCAZIONE Assemblea straordinaria:
1) Quorum costitutivo: sia per società aperte sia chiuse più di 1/3 del capitale sociale
2) Quorum deliberativo: sia per società aperte sia chiuse almeno 2/3 del capitale rappresentato in assemblea.
In caso di seconda convocazione nell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere fissato il giorno per la seconda
convocazione. Questa non può aver luogo nello stesso giorno fissato per la prima. Se il giorno per la seconda
convocazione non è indicato nell'avviso, l'assemblea deve essere riconvocata entro trenta giorni dalla data della
prima, e il termine stabilito per la pubblicazione dell’avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o in almeno un
quotidiano indicato nello statuto è ridotto ad otto giorni. Il mancato raggiungimento del quorum costitutivo ha come
effetto quello di rendere la deliberazione annullabile.
Nelle società chiuse è necessario anche in seconda convocazione il voto favorevole di più di 1/3 del capitale sociale
per le delibere concernenti il cambiamento dell’oggetto sociale, la trasformazione della società, lo scioglimento
anticipato, la proroga della società, la revoca dello stato di liquidazione, il trasferimento della sede sociale all’estero e
l’emissione di azioni. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio lo statuto può prevedere una
convocazione unica. In tal caso non sussiste la possibilità nell’obbligo di procedere alla seconda convocazione.
Solo per le società quotate in borsa in caso di ulteriori convocazioni dell’assemblea straordinaria essa si ritiene
costituita con la presenza di almeno un quinto del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due
terzi del capitale rappresentato in assemblea.
Rinvio dell’assemblea (art 2374 cc). I soci intervenuti che riuniscono un terzo del capitale rappresentato
nell'assemblea, se dichiarano di non essere sufficientemente informati sugli oggetti posti in deliberazione, possono
chiedere che l'assemblea sia rinviata. Questo diritto non può esercitarsi che una sola volta per lo stesso oggetto. In
questo caso tale rinvio può essere posteriore a non oltre 5 giorni dalla prima convocazione. I richiedenti possono
indicare un termine più breve ed essendo a loro favore, non può essere ridotto dal presidente o dall'assemblea.Vige
libertà di forma per la domanda di rinvio, deve essere motivata in quanto il diritto non può essere esercitato per fini
ostruzionistici. La nuova riunione si ritiene che sia una prosecuzione della precedente e non richiede la pubblicazione
di un nuovo avviso di convocazione.
CONTINUA Intervento in assemblea. Lo statuto della spa può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di
telecomunicazione, o l’espressione del diritto di voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per
corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all’assemblea. L’art 2370 cc consente la partecipazione
virtuale mediante mezzi di telecomunicazione, purché questa non sia prevista come modalità esclusiva di intervento,
ma deve essere sempre convocata una riunione in un luogo determinato. Il voto per corrispondenza è possibile solo se
consentito dallo statuto. Questa forma di partecipazione rappresenta una deroga al metodo collegiale. Non potendo
sostituire del tutto tale metodo, deve essere in ogni caso convocata e prevista la riunione dei soci. Il voto per
corrispondenza è una modalità di voto in cui le schede elettorali vengono distribuite (o inviate) agli elettori aventi
diritto, i quali le rispediscono per posta dopo aver votato a casa. L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello
statuto o, in mancanza, da quella eletta con il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un
segretario designato allo stesso modo. Il presidente dell’assemblea:
- verifica la regolarità della costituzione,
- accerta l’identità e la legittimazione dei presenti,
- regola il suo svolgimento e accerta i risultati delle votazioni.
Degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale. Le deliberazioni devono constare da verbale
sottoscritto da presidente e segretario o da un notaio, deve essere redatto da notaio se si tratti di assemblea
straordinaria. Il verbale, redatto senza ritardo nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di
deposito o di pubblicazione, deve rendere espressi
- la data dell’assemblea,
- l’identità dei partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno,
- le modalità e il risultato delle votazioni
- consentire l’identificazione dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti.

Delega del socio. Il socio quando non intende partecipare personalmente all’assemblea può farsi rappresentare
da un altro socio o da un terzo di sua fiducia, salvo che lo statuto disponga diversamente. L’art. 2372 c.c. richiede per la
delega la forma scritta ab substantiam (la forma scritta ad substantiam risulta essere obbligatoria affinché sia valida ed
efficace). Non è invece necessaria l’autenticazione della firma del socio delegante. Il socio delegante deve indicare
chiaramente il nome del rappresentante; è infatti vietato rilasciare deleghe in bianco.
Nelle società quotate è ammessa la delega per via elettronica. Ancora nelle società aperte la rappresentanza può
essere conferita solo per singole assemblee con effetto anche per le successive convocazioni. Ancora nelle società
aperte non vige divieto per deleghe conferite ai membri degli organi di amministrazioni e di controllo, ai dipendenti
della società, delle società da esse controllate, ai membri degli organi di amministrazione e controllo e dipendenti di
queste.
Nelle società chiuse la rappresentanza può essere conferita anche per una pluralità di assemblee. Nelle società
chiuse la rappresentanza inoltre non può essere conferita ai membri degli organi di amministrazioni e di controllo, ai
dipendenti della società, né alle società da esse controllate, né ai membri degli organi di amministrazione e controllo e
dipendenti di queste. La procura è sempre revocabile. La violazione delle disposizioni riguardanti la rappresentanza
determina la nullità della procura e quindi la nullità del voto espresso in forza della stessa.
Conflitto di interessi. Il conflitto di interessi rappresenta un’ipotesi significativa di abuso del diritto di voto ed è
disciplinato all’art. 2373 c.c.: è in conflitto di interessi il socio che abbia per conto suo o di terzi, un interesse
istituzionalmente contrapposto a quello della società. La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro
che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a meno che
(l’impugnazione) non arrechi danno alla società. Quindi, il socio in conflitto di interessi, che risulti titolare di un doppio
interesse, personale e societario, può sempre intervenire in assemblea e può legittimamente esercitare il proprio
diritto di voto. Affinchè si possa impugnare la delibera nella quale è risultato un voto in conflitto di interesse deve aver
esito positivo la prova di resistenza, ossia la prova
- che il voto del socio in posizione conflittuale sia stato determinante agli effetti del calcolo della maggioranza,
e che quindi in mancanza dello stesso voto la delibera non sarebbe stata presa;
- che si riscontri un danno potenziale a carico della società.
Il legislatore all’art 2373 cc esprime un divieto di voto, impugnabile ai sensi dell’art 2377 cc: 1) per gli amministratori
nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità; 2) per i componenti del consiglio di gestione nelle deliberazioni
riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.
Invalidità delle delibere assembleari. Nullità e annullabilità.
Nella spa l’invalidità delle delibere assembleari ha una specifica regolamentazione e distinzione. Le invalidità delle
delibere vengono distinte pertanto in:
- cause di annullabilità,
- cause di nullità.
Gli art. 2377 e ss. disciplinano le ipotesi tassative di annullabilità e nullità in modo autonomo rispetto all’invalidità
propria della disciplina dei contratti. Non vi sono dunque ipotesi di invalidità atipiche in relazione alle delibere
assembleari. Le delibere assembleari sono negozi giuridici e come tali sono assoggettate al regime di nullità e
annullabilità. La disciplina della nullità e dell’annullabilità in tema di delibere assembleari limita tali ipotesi di invalidità,
rispetto a quanto previsto in materia di contratti. Questa scelta ha come ratio quella di favorire la circolazione degli
affari e la certezza dei traffici.
Annullabilità. Il legislatore all’art. 2377 cc ritiene che, se prese in conformità della legge e dell’atto costitutivo,
le deliberazioni sono vincolanti per tutti i soci, anche per quelli non intervenuti o dissenzienti. L’annullabilità delle
delibere assembleari si verifica quando la deliberazione non è presa in conformità della legge, dello statuto o dell’atto
costitutivo. In questo caso la delibera non è nulla, ma annullabile. L’annullabilità riguarda anche le delibere assunte con
il voto decisivo del socio in conflitto di interessi, se vi è pericolo di danno per la società. Come per la nullità le ipotesi
di annullabilità sono tassative; non vi sono ipotesi atipiche. Le ipotesi sono:
- partecipazione di soggetti non legittimati: può falsare il raggiungimento del quorum costitutivo;
- errore nel conteggio dei voti e invalidità dei singoli voti, se falsano il quorum deliberativo;
- voto annullato di un socio, qualora sia stato determinante per l'approvazione di una delibera;
- verbale incompleto o inesatto che ne precluda l'accertamento del contenuto;
- illegittima esclusione del socio dalla riunione.

I soggetti legittimati a richiedere l’annullamento della delibera sono:


- I soci assenti, dissenzienti o astenuti. Sono previsti quorum (derogabili) per l’annullabilità (0,1% società
aperte, 5% per le altre), ma non per ottenere il risarcimento del danno. I soggetti che hanno quote di
partecipazione inferiori possono impugnare le delibera ma solo per ottenere solo risarcimento del danno,
non possono annullare le delibere;
- Gli amministratori;
- Il consiglio di sorveglianza;
- Il collegio sindacale.
L’azione di impugnazione delle delibere assembleari è promossa con atto di citazione dinnanzi al tribunale del luogo
dove si trova la sede legale della Spa, indicata nell’atto costitutivo. Il termine di decadenza per l’impugnazione è di 90
giorni dalla delibera o dall’iscrizione o deposito nel registro delle imprese. La delibera continua a produrre effetti
(come per i contratti) fin quando il giudice proclama l’annullabilità della stessa. Infatti, la sentenza che proclama
l’annullabilità di una delibera è definita costitutiva: è la sentenza stessa che toglie di mezzo un atto viziato che
comunque è esistente ed efficace. [La sentenza che dichiara nullità, invece, è dichiarativa, tale atto non ha mai
prodotto effetti]. Per questo motivo è importante che in fase cautelare, se vi è necessità e urgenze di agire venga
richiesta la sospensione dell’esecuzione.
L’annullamento ha effetto per tutti i soci ex tunc e obbliga gli amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di
gestione a prendere conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità.
Si richiede una quota qualificata di capitale sociale: il socio opponente deve dimostrarsi possessore, al momento
dell’impugnazione del numero di azioni necessarie, e qualora questo numero, nel corso del processo, venga meno, il
giudice non può pronunciare annullamento della delibera, ma provvederà al risarcimento del danno.
Vengono, tuttavia, fatti salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede, in esecuzione della delibera invalida. Non è
possibile annullare una delibera che sia stata sostituita con un’altra presa in conformità della legge e dello statuto.
Il giudice designato in ogni caso:
- sente amministratori e sindaci;
- provvede valutando comparativamente il danno possibile per l’una e per l’altra parte (ponendosi la domanda
se sia maggiore il danno prodotto dalla sospensione della verifica o meno?;
- può disporre una garanzia del risarcimento del danno a carico dei soci ricorrenti;
- può tentare la conciliazione anche suggerendo le modifiche da apportare alla delibera impugnata rinviando
l’udienza.
Anche nel giudizio di merito può, su richiesta di una delle parti, assegnare un termine inferiore a 6 mesi perché i soci
adottino una nuova decisione non viziata. È possibile richiedere la sospensione della deliberazione mediante ricorso
depositato contestualmente alla citazione, all’atto con cui si inizia la causa. Il presidente del tribunale, in caso di
eccezionale e motivata urgenza, può decidere senza contraddittorio con decreto motivato. Nel decreto viene
designato il giudice per merito e viene fissata l’udienza (entro 15 giorni) davanti a lui per la conferma, modifica o
revoca del provvedimento. Il giudice di merito, sentiti amministratori e sindaci, provvede valutando comparativamente
il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dall’esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione
dell’esecuzione della deliberazione, e può predisporre in ogni momento che i soci opponenti prestino garanzia per
l’eventuale risarcimento dei danni. All’udienza il giudice, ove lo ritenga utile, esperisce il tentativo di conciliazione
eventualmente suggerendo le modificazioni da apportare alla deliberazione impugnata. Gli amministratori hanno
l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese dei dispositivi del provvedimento di sospensione e della sentenza che
decide sull'impugnazione.
Nullità. Anche per quanto riguarda la nullità delle delibere assembleari, i casi sono tassativi in caso di
delibere, rispetto a quanto previsto nei contratti. La nullità delle delibere ha carattere residuale rispetto all’annullabilità
ed è limitata ai casi previsti dalla legge, le ipotesi di nullità sono tassativamente previste dalla legge.
Vi sono due tipi di nullità, che si distinguono in base alla durata per cui è impugnabile la delibera viziata.
- Nullità assoluta: la delibera è impugnabile senza limiti di tempo. Vi è un’unica causa di nullità assoluta, ossia
se vi sono modifiche dell’oggetto sociale che introducano attività illecite o impossibili.
- Nullità relativa: le cause di nullità possono essere fatte valere solo entro tre anni dalla delibera o
dall’iscrizione. Le cause di nullità relativa sono:
o mancata convocazione dell’assemblea. La convocazione non si considera mancante nel caso
d'irregolarità dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo di amministrazione o di
controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere
preventivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea;
o mancanza verbale. Il verbale non si considera mancante se contiene la data della deliberazione e il
suo oggetto ed è sottoscritto dal presidente dell'assemblea, o dal presidente del consiglio
d'amministrazione o del consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio.
In entrambi i casi si ricorda la possibilità che operi sanatoria mediante successiva verbalizzazione
eseguita prima dell’assemblea successiva;
o impossibilità (comprende sia l’ipotesi materiale che giuridica) o illiceità (contrarietà a norme
imperative o all’ordine pubblico o al buon costume) dell’oggetto.

Nell’ipotesi di nullità, l’azione può essere esperita da chiunque ne abbia interesse e l’invalidità può essere rilevata
d’ufficio dal giudice. Per far valere il vizio della nullità è previsto un termine di prescrizione triennale che decorre
dall’iscrizione o dal deposito della deliberazione nel registro, oppure, per le deliberazioni che non ne sono soggette,
alla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea.

Disciplina speciale. Al fine di garantire la stabilità delle delibere particolarmente rilevanti per la società, evitando
che rimangano troppo a lungo esposti ai rischi di impugnativa, il legislatore ha previsto particolari discipline.
L’impugnativa per nullità della decisione di aumento del capitale o di riduzione (per perdite) del capitale o di
emissione di obbligazioni non può essere proposta dopo che siano trascorsi 180 giorni dall’iscrizione della delibera.
Se la società è quotata non può essere impugnata se la delibera è stata anche in parte attuata. Resta salvo il diritto al
risarcimento del danno eventualmente spettante ai terzi e ai soci.
L’impugnativa per nullità della decisione prese in mancanza di verbale o di convocazione può essere fatta da
chiunque vi abbia interesse entro 3 mesi (90 giorni) dalla trascrizione nel libro delle decisioni (in cui sono inseriti i
verbali).
L’impugnativa per nullità della decisione che modifica l’oggetto sociale con attività impossibili o illecite, non ha
limiti di tempo.
Infine, un caso particolare riguarda l’invalidità della deliberazione di approvazione del bilancio, la quale non può
essere impugnata dopo che sia stato approvato il bilancio dell’esercizio successivo. Se si impugna la delibera di
approvazione di bilancio, secondo il principio di continuità del bilancio, tale impugnazione travolgeva tutti i bilanci fino
all’ultimo.

Sanatoria della nullità. Per quanto riguarda la disciplina contrattuale, la nullità non è sanabile, ma per quanto
riguarda le delibere assembleari, vi sono casi di sanatoria della nullità. Chi “anche successivamente” ha dichiarato il suo
assenso allo svolgimento dell’assemblea non può impugnare la delibera invalida per mancata convocazione.
L’invalidità della delibera per mancanza del verbale può essere sanata da un verbale redatto successivamente, prima
dell’assemblea successiva. La delibera ha effetto dalla data in cui è stata assunta, ma sono salvi i diritti dei terzi di
buonafede. Non è prevista la possibilità di sanatoria qualora la deliberazione sia nulla per impossibilità o illiceità
dell'oggetto.
Inesistenza. La figura dell’inesistenza ricorre tutte le volte in cui la decisione assunta dalla società, seppur
astrattamente qualificabile come delibera assembleare, afferisca ad un fatto storico che non solo si pone in contrasto
con le disposizioni di legge e dello statuto, tale da determinarne l’annullabilità o la nullità, ma non si compone
nemmeno degli elementi o delle fasi essenziali di cui una deliberazione deve essere dotata. L’inesistenza delle
deliberazioni è un’ipotesi che comprende tutti quei vizi radicali del procedimento di formazione delle delibere. Tali vizi
sono talmente macroscopici da non potersi neppure individuare i requisiti minimi della delibera. In questi casi la
funzione ipotizzata è stata quella della nullità radicale e non della semplice annullabilità. Situazioni in cui il legislatore
è intervenuto per chiarire dei casi dubbi. Viene precisato che “il giudice provvede sulle spese di lite e sul risarcimento
dell’eventuale danno”.

Consiglio di amministrazione.
Gli amministratori costituiscono l’organo a cui compete la gestione dell’ente e la direzione dell’attività imprenditoriale.
Gli amministratori hanno competenza esclusiva sugli atti di gestione della società. Infatti, la gestione dell’impresa
sociale spetta in via esclusiva all’organo amministrativo, a cui compete il potere di compiere le operazioni necessarie
per l’attuazione dell’oggetto sociale, nonché, una rappresentanza generale per tutti gli atti compiuti in nome della
società. Lo statuto o l'atto di nomina o di delega possono limitare i poteri di gestione o di rappresentanza, o entrambi,
anche prevedendo una dissociazione tra rappresentanza generale (ad esempio attribuita al presidente) e poteri di
gestione (ad esempio attribuiti al consiglio, al comitato esecutivo o ad amministratori delegati).
Le funzioni amministrative consistono nella:
- gestione della società nell'ambito dell'oggetto sociale;
- esecuzione delle delibere assembleari;
- attività propositiva nei confronti dell'assemblea;
- attività sostitutiva dell'assemblea (come quella prevista dal 2° comma dell'art. 2446);
- rappresentanza della società verso i terzi per gli amministratori investiti della rappresentanza legale;
- tenuta di libri e di scritture contabili;
- potere di emettere obbligazioni;
- potere di deliberare la costituzione di patrimoni separati;
- potere di deliberare la fusione con società interamente controllate o partecipate al 90%;
- istituzione o la soppressione di sedi secondarie;
- indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della società;
- riduzione del capitale in caso di recesso del socio;
- trasferimento della sede nel territorio nazionale;
- l'aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione;
- la riduzione del capitale per perdite oltre il terzo.
Lo statuto può attribuire agli amministratori altri poteri, purché non contrastino con il modello legale di
amministrazione, normativamente previsto.
Come già illustrato, la spa ha la possibilità di scegliere tra tre diverse forme di amministrazione:
- il modello classico o tradizionale: basato su un organo amministrativo controllato da un collegio sindacale o da un revisore esterno;
- il sistema dualistico: basato su un consiglio di gestione controllato da un consiglio di sorveglianza;
- il sistema monistico: basato su un consiglio di amministrazione che al suo interno provvede a nominare un comitato di controllo.

Elemento comune ai tre sistemi è l’esigenza che gli amministratori operino in modo collegiale. In assenza di diversa
disposizione statutaria, la disciplina legale che si applica è quella del sistema amministrativo tradizionale. È consentita
la variazione di un sistema all’altro ma l’efficacia di questa è differita all’approvazione del bilancio relativa all’esercizio
successivo. Il modello classico o tradizionale prevede che l’assemblea nomini l’organo amministrativo, il collegio
sindacale e, con il parere del collegio sindacale, conferisca l’incarico all’organo di controllo contabile. Infatti, nel
sistema tradizionale, il collegio sindacale ha funzioni limitate al controllo sugli amministratori, mentre la revisione
legale dei conti è affidata ad un revisore legale o ad una società di revisione.
Il numero degli amministratori della spa deve essere indicato nell’atto costitutivo. Se non viene indicato il numero
degli amministratori, ma solamente il numero massimo e minimo, la determinazione spetta all’assemblea. Il
compendio degli amministratori deve essere determinato dall’assembla, con una delibera che segue quella di nomina.
L’organo amministrativo può essere configurato come amministratore unico (forma utilizzata nelle società
piccole) o come consiglio di amministrazione. È lo statuto che prevede una o l’altra ipotesi. Quando l’amministrazione
è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione, ossia un organo collegiale che deve
prendere delibere nell’interesse della società. Eventualmente è possibile che vengano previsti diversi amministratori,
ciascuno con potere di amministrazione disgiuntiva. Il consiglio di amministrazione ha un numero di componenti
previsti nello statuto, che può prevedere anche solo un minimo e un massimo di componenti.
Il CdA è retto da un presidente nominato dall’assemblea o, in mancanza, scelto dal consiglio stesso tra i suoi
componenti (durante la prima delibera). Il consiglio di amministrazione delibera collegialmente, salvo diversa
disposizione dell’atto costitutivo. Per la validità delle deliberazioni del CdA, è prescritta:
- la presenza della maggioranza degli amministratori in carica;
- il voto favorevole della maggioranza assoluta degli amministratori presenti.

Gli amministratori assenti o dissenzienti entro 90 giorni possono impugnare le deliberazioni consiliari che non sono
prese in conformità della legge o dello statuto. Anche i soci possono impugnare le deliberazioni del consiglio di
amministrazione, ma solo quando queste siano lesive dei loro diritti. L’annullamento della delibera consiliare fa salvi i
diritti acquistati in buonafede dai terzi, in base ad atti compiuti in esecuzione delle deliberazioni.
Salvo diversa previsione dello statuto, è previsto che il presidente del consiglio di amministrazione ha il compito di:
- convocare il consiglio;
- fissare l’ordine del giorno;
- dirigere i lavori;
- prevedere all’informazione dei consiglieri;
- assicurare che ai consiglieri siano inviati i documenti necessari per deliberare.
Tra l’altro alcuni componenti del consiglio sono esperti esterni all’azienda. Vi è un rapporto di para-subordinazione tra
amministratore e società. L’amministratore, rispetto alla società, è legato da un rapporto organico. Esso diventa un
organo della società, nel momento in cui accetta l’incarico; egli non è un lavoratore dipendente, ma si incardina
all’interno della società diventando organo della società stessa. Allo stesso tempo il rapporto tra somministratore e
società non è un rapporto di lavoratore dipendente né di consulenza esterna, ma è un rapporto di para-
subordinazione, ossia di collaborazione costante e continua con la società.

Comitato esecutivo. Se previsto nello statuto o dall’assemblea, il CdA può nominare e delegare proprie
attribuzioni a:
- un comitato esecutivo composto da alcuni dei componenti del consiglio, che agiscono collegialmente;
- amministratori delegati, che agiscono individualmente.
Questi soggetti hanno il compito di portare avanti l’attività gestoria giorno per giorno. Il consiglio di amministrazione
determina le linee guida, i compiti, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega, la quale può essere sempre
revocata. I poteri del comitato esecutivo sono previsti dal C.d.A., non può essere attribuito:
- la redazione del bilancio;
- la facoltà di aumentare il capitale sociale;
- il potere di convocare l’assemblea in caso di perdite oltre il terzo del capitale sociale;
- la facoltà di emettere obbligazioni convertibili;
- la redazione del progetto di fusione o di scissione.
Il consiglio di amministrazione, sulla base delle informazioni ricevute deve valutare l’adeguatezza dell’aspetto
organizzativo, amministrativo e contabile della struttura. Il consiglio elabora un piano triennale in cui ci si immagina il
funzionamento della società nei prossimi anni. Gli organi delegati provvedono ad organizzare la struttura operativa,
contabile e amministrativa, che verrà poi valutata dal consiglio di amministrazione. Gli amministratori devono agire in
modo informato e ciascun amministratore può chiedere ulteriori informazioni. Gli altri amministratori rispondono in
via solidale per colpa. C’è colpa se non si è vigilato con sufficiente diligenza sull’operato dei consiglieri delegati.

Nomina degli amministratori. Gli amministratori sono nominati dall’assemblea ordinaria, fatta eccezione per
i primi amministratori, che vengono nominati nell’atto costitutivo. La loro nomina non può essere superiore a 3 esercizi
(anni) e l’esercizio scade alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio
della loro carica. Il nome degli amministratori deve risultare dal registro delle imprese. Vi deve essere iscrizione dei
nominativi degli amministratori nel registro delle imprese entro 15 giorni dalla nomina. È necessario prevedere anche
chi ha potere di rappresentanza (spesso dato agli amministratori delegati o i membri del comitato esecutivo o il
presidente). Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto. Vi sono dei limiti per le
società quotate e le società bancarie-assicurative per cui non si possono superare i tre mandati.
Requisiti di nomina. Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio,
l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi. L’art 2382 cc individua casi di incapacità
speciale assoluta, ipotesi tassative e inderogabili in quanto espressione di principi di ordine pubblico. La nomina di chi
non può amministrare è nulla, ma non coinvolge gli altri membri del consiglio di amministrazione. È causa di
ineleggibilità implicita nei principi del codice la minore età. Può essere eletto il minore emancipato che abbia ottenuto
l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa commerciale ai sensi dell'art. 397 cc. Ai sensi del 2387 cc lo statuto può
subordinare l'assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità
ed indipendenza, e/o requisiti previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di
gestione di mercati regolamentati. I requisiti della norma in commento si aggiungono a quelli dell'art. 2382.
La mancanza di uno dei requisiti comporta la nullità della nomina. Il notaio ha il compito di valutare l’assenza delle
ipotesi dette. La sussistenza di un solo requisito comporta la decadenza dall’ufficio.
- Per requisiti di onorabilità si intende l'insussistenza di precedenti penali o procedimenti penali in corso per reati
non colposi: assenza di una sentenza di condanna.
- Per requisiti di professionalità si intende l'iscrizione a particolari albi; l'assunzione di una certa carica; il possesso
di determinati titoli di studio o accademici; qualificazioni professionali connesse con l'oggetto sociale.
- Per requisiti di indipendenza si intende che l’amministratore deve essere indipendente dal coniuge, il parente o
l'affine di amministratore della società o di altre società del gruppo; per il socio, il sindaco, il lavoratore o il
consulente.

Potere di rappresentanza. Gli amministratori hanno il potere di rappresentare la società nei rapporti con i terzi
ed in giudizio. In presenza di un consiglio di amministrazione, tale facoltà resta agli amministratori indicati nell’atto
costitutivo.
Qualora poi, i consiglieri investiti del potere di rappresentanza, siano più di uno, va specificato se essi hanno il potere
di agire in via congiunta o disgiunta, se il potere di amministrazione è attribuito in via disgiunta, ciascun socio
amministratore avrà con la medesima modalità il potere di rappresentare la società. Gli amministratori, a loro volta,
possono conferire mediante procura, poteri rappresentativi ai direttori generali, ai dipendenti della società o ad altri
mandatari per categorie di atti o per singoli affari.
Il legislatore al primo comma dell’art 2384 dispone che il potere di rappresentanza, attribuito agli
amministratori dallo statuto o dalla deliberazione di nomina, è generale: qualunque atto posto in essere dagli
amministratori dotati di potere di rappresentanza, tranne che sia estraneo all’oggetto sociale, nei confronti dei terzi si
configura come atto della società. Il potere di rappresentanza è il potere di firma, ossia di firmare contratti per la
società. Gli amministratori che sono dotati del potere di rappresentanza possono compiere tutti gli atti rientranti
nell’oggetto sociale. La norma è inderogabile, a garanzia dei terzi che contrattano con gli amministratori muniti di
rappresentanza della società. I poteri di rappresentanza non vanno di pari passo con i poteri di gestione. Potere viene
previsto nello statuto o gli viene conferito successivamente. Essi trovano un limite soltanto nell’oggetto sociale. Limite
di natura legislativa che violandolo si trovano a compiere i cosiddetti atti ultra vires, irregolarità che può giustificare la
revoca per giusta causa e la richiesta di risarcimento dei danni da parte della società. Accanto a questo limite di
derivazione legale, lo statuto può porre ulteriori limiti particolari al potere di gestione. (Atti ultra vires: atti che l’amministratore
compie al di fuori del suo potere, non rientrano nell’oggetto sociale. L’estraneità degli atti amministratori all’oggetto sociale non è opponibile ai terzi
di buonafede.) Questo vale solo per gli amministratori cui sia attribuito un potere di rappresentanza: qualora
l’amministratore che non detiene potere di rappresentanza compia un atto in nome e per conto della società egli sarà
suscettibile ad azione di responsabilità sociale nei suoi confronti.
Al secondo comma l’art 2384 dispone che le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo
statuto o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi
che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società. Non basta, quindi, che i terzi, attraverso la
pubblicazione nel registro delle imprese, siano posti in grado di conoscere i limiti posti ai poteri conferiti, e non basta
neppure dimostrare che effettivamente li conoscevano, ma occorre dimostrare che vi sia stata condotta dannosa. I
limiti possono essere soglie di valore (es. un milione di euro) o categorie di atti (es. vendita di immobili). Essi potranno
esser configurati come divieti assoluti o richiedere il rispetto di determinate procedure per il compimento dell’atto. I
limiti al conferimento dei poteri gestori o rappresentativi ricevono quindi lo stesso trattamento, sia che vengano iscritti
nel registro delle imprese, sia che venga fatta pubblicità la quale a questo punto diviene irrilevante agli effetti della
norma. Quello che rileva in realtà è l’atteggiamento del terzo se egli tratti in buona fede o mala fede. I limiti possono
essere opposti non importa se pubblicizzati secondo legge o no.
Autorizzazioni. In generale si attribuisce potere di gestione agli amministratori. Siamo di fronte ad una delega
della funzione gestoria, dei soci nei confronti degli amministratori. Per determinati affari però gli amministratori
debbano chiedere l’autorizzazione dell’assemblea. Se l’autorizzazione non è concessa il contratto resta valido e efficace
e gli amministratori risponderanno nei confronti della società per non aver richiesto o non aver ottenuto
l’autorizzazione. L’autorizzazione esonera gli amministratori dalla responsabilità degli eventuali danni provocati dalla
decisione, decisione autorizzata dai soci che libera dalla responsabilità i soci.
Cessazione degli amministratori. La disciplina dell’art 2385 cc può essere applicata anche ai liquidatori. Il
legislatore sancisce il principio della continuità dell'organo gestorio e ritiene che la funzione amministrativa venga
prorogata per il periodo compreso tra il termine naturale del mandato e l'accettazione dell'incarico da parte degli
amministratori nuovi. Gli amministratori scaduti conservano i poteri anteriori alla scadenza. La cessazione degli
amministratori si può avere:
1) Per scadenza del termine. Se l’amministratore cessa per scadenza del termine, subentra un regime di
prorogatio: fintanto che non entrano in carica nuovi amministratori (nomina e accettazione) continuano a
rimanere in carica gli amministratori precedenti;
2) Per revoca da parte dell’assemblea, che può essere deliberata in ogni tempo salvo il diritto
dell’amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza gusta causa. Gli amministratori
possono sempre essere revocati dall’assemblea, che potrebbe perdere la fiducia per gli amministratori, o si
cambino gli azionisti di maggioranza che nominano amministratori di loro fiducia. Se non c’è giusta causa
l’amministratore revocato va risarcito. Le ragioni che integrano la giusta causa di revoca dell’amministratore
devono essere enunciate nella delibera assembleare. Nelle S.P.A. l’assemblea può revocare l’amministratore in
qualsiasi momento (o meglio ha la facoltà di revocare), potere che però trova un limite nella sussistenza della
‘giusta causa’, la cui carenza comporta la liquidazione di un risarcimento a favore dell’organo amministrativo
revocato. La giusta causa da molti è ricollegata ad un significativo inadempimento degli obblighi derivanti
dall'incarico e dell'affidamento riposto al momento della nomina sulle attitudini e capacità
dell'amministratore. Non un inadempimento alle direttive del socio di maggioranza. Per giusta causa di
intende l’inadempienza ai doveri di buona amministrazione, indipendentemente dall’esistenza di un danno in
capo alla società e quindi, ad esempio, la violazione del divieto di concorrenza o il voto in conflitto di interessi.
Il risarcimento dovuto all’amministratore per una revoca senza giusta causa è pari al mancato compenso (tre
esercizi);
3) Per dimissioni dell’amministratore, ossia per rinuncia all’incarico. Se rimane in carica la maggioranza degli
amministratori, l’effetto della rinuncia è immediato, ma se viene meno la maggior parte degli amministratori
questa rinuncia ha effetto solo nel momento in cui viene ricostituita la maggioranza del consiglio. Le
dimissioni ("dichiarazione di rinuncia") degli amministratori richiedono la forma scritta. Tale dichiarazione ha
natura unilaterale recettizia. Destinatario delle dimissioni è il presidente del C.d.A. In mancanza del
presidente, la rinuncia deve essere indirizzata a ciascun amministratore. Non vige obbligo di motivazione e/o
obbligo di indennizzo a favore della società. Sono consentite le dimissioni in bianco, cioè quelle che talvolta
accompagnano l'accettazione della carica di amministratore. Tale prassi non contravviene alle norme di ordine
pubblico e risulta lecita.
Altre cause di cessazione sono:
- la morte dell'amministratore, che rimane soggetta alla disciplina pubblicitaria prevista per le altre cause
e non consente la successione nel rapporto gestorio degli eredi;
- l'estinzione della società;
- particolari clausole previste dallo statuto, come la clausola simul stabunt simul cadent;
- la liquidazione.
Non è causa di cessazione degli amministratori il fallimento della società, che anzi richiede il compimento di atti
proprio da parte degli amministratori. La cessazione dalla carica degli amministratori è soggetta a iscrizione nel
Registro delle imprese con effetto dichiarativo. A far iscrivere la cessazione è tenuto il collegio sindacale, non i singoli
amministratori. La cessazione deve essere iscritta nel registro delle imprese entro 30 giorni.
La sostituzione degli amministratori. Se durante l’incarico, ossia nel corso dell’esercizio, vengono mancare
uno o più amministratori, per uno dei precedenti motivi di cessazione d’incarico, gli altri provvedono a sostituirli con
deliberazione approvata dal collegio sindacale.
- Se viene a mancare una minoranza di amministratori, ma rimane la maggioranza, gli altri nominano
quelli mancanti per cooptazione, con delibera approvata dal collegio sindacale. La maggioranza del CdA
rimanente deve essere sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea. Questi restano in
carica fino alla prossima assemblea.
- Se viene meno la maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea, quelli rimasti in carica
devono convocare l’assemblea per provvedere alla sostituzione e nomina degli amministratori mancanti. I
nuovi amministratori scadono con i vecchi.
- Se viene a mancare l’amministratore unico o tutti gli amministratori, l’assemblea per la nomina
dell’amministratore o dell’intero consiglio, deve essere convocata d’urgenza dal collegio sindacale, il quale
può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione (applicazione dei poteri di controllo
sostituivo del collegio sindacale).
È possibile inserire nello statuto una clausola che prevede che in caso di dimissioni o di decadenza di una parte degli
amministratori, cessino dalla carica anche gli amministratori superstiti e l’intero consiglio sia rieletto dall’assemblea.
Delibere del consiglio amministrativo. Per quanto riguarda le delibere del consiglio, vi sono norme che
indicano la validità di esse. Sono previsti quorum costitutivi, ossia la maggioranza dei membri del consiglio. Lo statuto
può prevedere che la partecipazione possa essere anche da remoto. Le delibere sono prese a maggioranza assoluta
dei presenti, a meno che lo statuto non preveda diversamente (1 voto a testa). Non è previsto il voto per
rappresentanza. Le delibere del consiglio che non sono conformi alla legge o all’atto costitutivo possono essere
impugnate da parte del collegio sindacale e dagli amministratori assenti e dissenzienti (non di chi ha votato a favore).
L’impugnabilità ha il termine di 90 giorni dalla delibera. Se la delibera degli amministratori è stata lesiva di diritti dei
singoli soci, questi possono direttamente impugnare la delibera essi stessi. Eventuali invalidità delle delibere del
consiglio sono opponibili rispetto a terzi.
Retribuzione. Il compenso è determinato dall’assemblea. Gli amministratori non hanno un compenso fisso,
ma che esso sia proporzionale agli utili, oppure che vi sia una partecipazione alla società come ricompensa. Questo
dipende dall’andamento della società, anche per spronare gli amministratori. Gli amministratori possono comprare
azioni a un prezzo di convenienza per un certo periodo di tempo, in modo da spronare loro ad aumentare il valore di
queste azioni.
Questa modalità è stata molto discussa, vi può essere una volontà speculativa, che comporta una mancanza di garanzia
circa la sostenibilità dell’attività a lungo termine. È possibile che alcuni compensi vengono accorpati quando gli
amministratori lavorano per diverse società (controllate e controllante), quando vi sono gruppi societari.
Conflitto di interessi. Gli amministratori non possono far concorrenza alla società, non vi può essere un
conflitto di interesse, non possono essere amministratori o soci illimitatamente responsabili di società concorrenti, a
meno che non vi sia autorizzazione dell’assemblea. Eventualmente l’amministratore viene revocato e risponde dei
danni. Nel caso in cui un amministratore, in una determinata operazione, abbia un interesse di utilità di natura
patrimoniale o meno estraneo alla società, su egli grava un obbligo di comunicazione. L'amministratore ha l'obbligo
di comunicare i termini e la natura dell'interesse estraneo alla società senza indugio e, in ogni caso, prima che si
deliberi l'operazione, agli altri amministratori e al collegio sindacale. L'obbligo di comunicazione grava anche
sull'amministratore delegato, che deve astenersi dal compiere l'operazione in conflitto, investendo della stessa
l'organo collegiale. In caso di amministratore unico la sussistenza di un interesse deve essere comunicata al collegio
sindacale. L’art 2391 cc non è derogabile dallo statuto. Se risulta inadempimento dell’art 2391 cc la delibera è
impugnabile. Gli amministratori o il collegio sindacale possono impugnare la delibera se:
- Arreca danno alla società;
- Sono violati gli obblighi di comunicazione o di motivazione;
- Il voto dell’amministratore in conflitto di interesse risulta determinante.
Termine di 90 giorni per l’impugnazione della delibera. L’impugnazione, invece, non può essere proposta da chi ha
consentito, con il proprio voto, alla deliberazione, se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti. In ogni
caso sono salvi i diritti acquistati in buonafede dai terzi, in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione.
L'amministratore è responsabile dei danni arrecati con la sua azione od omissione alla società e su di esso grava
l'obbligo del risarcimento danni. L’amministratore è tenuto a risarcire integralmente la società dei danni ad essa
derivato dalla sua azione o omissione. L’amministratore dovrà risarcire la società anche per i danni cagionati per il
tramite della utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell’esercizio
dell’incarico.
Le operazioni con parti collegate sono operazioni che si fanno con soggetti che sono società controllate o collegate,
con le quali bisogna avere particolare cautela. Vi sono regole particolari dotate dall’organo di vigilanza che disciplinano
come queste operazioni devono esse comunicate e portate avanti dal consiglio, affinché non vadano a danno della
società.

Responsabilità degli amministratori. Gli amministratori rispondono del loro operato nei confronti della società verso i
creditori sociali, verso i soci ed i terzi. Per quanto attiene la responsabilità verso la società, la legge prevede che gli
amministratori debbano adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla
natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Secondo i principi generali, alla diligenza si associano:
- la prudenza: comporta il dovere di non compiere operazioni arrischiate, che nessun avveduto imprenditore
porrebbe in essere;
- la perizia: chiama in causa la capacità di gestire un’impresa, tenuto conto delle dimensioni dello specifico
oggetto di questa, ed il possesso delle relative cognizioni tecniche necessarie per decidere senza errori le
operazioni sociali.

Gli amministratori sono tutti solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali
doveri. La responsabilità investe ciascun amministratore se ha personalmente partecipato all’atto che ha causato il
danno o, se non vi ha partecipato, ha attribuito compiti/attività al comitato esecutivo o al consigliere delegato o in
concreto assegnate a uno o più amministratori senza aver impedito il compimento o per eliminarne o attenuarne le
conseguenze dannose. Per liberarsi dalla personale responsabilità per gli atti o le omissioni degli altri, il singolo
amministratore potrà fare annotare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e deliberazioni del consiglio, dandone
immediata notizia scritta al presidente del collegio sindacale. Ciò però lo libera solo se è immune da colpa, ossia se non
abbia omesso quanto poteva per impedire il compimento dell’atto dannoso o per eliminarne o attenuarne le
conseguenze dannose.

L’azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a deliberazione dell’assemblea anche se la
società è in liquidazione. Inoltre, la deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori può essere presa
in occasione della discussione del bilancio, anche se non è indicata nell’elenco delle materie da trattare, quando si
tratta di fatti di competenza dell’esercizio cui si riferisce il bilancio.

L’azione di responsabilità può anche essere promossa a seguito di deliberazione del collegio sindacale assunta con la
maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti. L’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori può essere
esercitata entro 5 anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica. La deliberazione dell’azione di responsabilità
porta la revoca dall’ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno
1/5 del capitale sociale. Il questo caso l’assemblea stessa provvede alla sostituzione degli amministratori. La società
può rinunciare all’esercizio dell’azione di responsabilità. La rinuncia all’azione sociale di responsabilità e le transazioni
devono essere approvate con espressa delibera assembleare; pertanto, l’assenza di un’espressa delibera assembleare
determina la nullità della transazione e della rinuncia.

La responsabilità verso i creditori sociali. Oltre che nei riguardi dell’ente, gli amministratori rispondono anche verso i
creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
La responsabilità nasce solo se le perdite non si sarebbero verificate qualora gli amministratori avessero rettamente
adempiuto ai loro doveri. L’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori può essere proposta dai
creditori, quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinuncia all’azione da
parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere
impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria, quando ne ricorrono gli estremi. Per quanto riguarda
invece la responsabilità degli amministratori verso singoli soci terzi, c’è da dire che gli amministratori sino responsabili
anche nei confronti dei soci e di qualsiasi terzo per i danni che direttamente arrechino a costoro con colpa o dolo
nell’esercizio delle loro funzioni. In tal caso, oggetto di tutela non è il patrimonio sociale, ma il patrimonio personale
del socio o del terzo. La legge stabilisce che le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si
applicano ai direttori generali nominati dall’assemblea o per disposizione dello statuto in relazione ai compiti loro
affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società. Il direttore generale rappresenta il vertice
della priamide organizzativa dell’azienda e di regola è un lavoratore dipendente, gerarchicamente subordinato solo agli
amministratori di cui esegue gli ordini.

L’organo amministrativo nel sistema dualistico


Nelle società che optano per il sistema amministrativo dualistico, la funzione amministrativa è svolta dal consiglio di
gestione, affiancato, nelle funzioni di controllo, da un consiglio di sorveglianza. La gestione dell’impresa spetta
esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale. Le
attribuzioni proprie del consiglio possono essere delegate ad uno o più dei suoi componenti. Il consiglio di gestione è
costituito da almeno due componenti, anche non soci, nominati per un periodo non superiore ai tre esercizi dal
consiglio di sorveglianza, e non quindi dall’assemblea dei soci come avviene nel sistema tradizionale.
La revoca può avvenire anche senza giusta causa, salvo in quetso caso il diritto al risarcimento dei danni.
Al consiglio di gestione di applicano, in quanto compatibili, gran parte delle norme stabilite nel modello tradizionale
per il consiglio di amministrazione.

L’organo amministrativo nel sistema monistico


L’organo amministrativo nel sistema monistico, invece, prevede un modello di amministrazione sostanzialmente uguale
a quello tradizionale, salvo l’impossibilità di affidare l’amministrazione ad un amministratore unico.
Non è presente il collegio sindacale che viene sostituito dal comitato per il controllo sulla gestione, nominato da
consiglio di amministrazione al suo interno.
Almeno 1/3 dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza
previsti per i sindaci, oltre a quelli eventualmente previsti da codici di comportamento redatti dalle associazioni di
categoria o da società di gestione di mercati regolamentati cui lo statuto faccia riferimento. I soggetti nominati alla
carica di amministratori, prima dell’accettazione devono rendere noti all’assemblea eventuali incarichi di
amministrazione e controllo ricoperti in altre società. Al consiglio di amministrazione nel sistema monistico, si
applicano, nei limiti della compatibilità, le norme dettate per gli amministratori nel sistema tradizionale.
Organo di controllo e revisione legale nel sistema tradizionale di amministrazione.
L’amministrazione nel sistema tradizionale è costituita dalla presenza di un organo di gestione, rappresentato da un
amministratore unico o da un consiglio di amministrazione, e da un organo di controllo (il collegio sindacale): si tratta
di due organi con funzioni definite e competenze ben separate. Nel modello tradizionale, l'assemblea dei soci nomina
(ed eventualmente revoca) sia gli amministratori sia i componenti del collegio sindacale. Ad ogni modo, ad esso è
sottratta, generalmente, la funzione di controllo contabile, che è affidata dall'assemblea ad un organo esterno di
revisione legale dei conti (a meno che si tratti di società non quotata in borsa e non tenuta alla redazione del bilancio
consolidato in questo caso la contabilità può spettare al collegio sindacale, se composto da soggetti iscritti all'albo dei
revisori). Il modello tradizionale si adotta in maniera automatica, se lo statuto non dispone diversamente. Dato che il
potere di controllo generale è suddiviso in un controllo di gestione e in un potere di revisione legale/contabile,
vengono distinti due casi:
- Primo caso. Al collegio sindacale è affidato sia un controllo sulla gestione sia controllo di revisione legale.
- Secondo caso. Al collegio sindacale è affidato un controllo sulla gestione e la revisione legale viene affidata un
revisore legale o ad una società di revisione.
Composizione del collegio. Il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci. Devono
inoltre essere nominati due sindaci supplenti. Almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra
i revisori legali iscritti nell'apposito registro dei revisori contabili. I restanti membri, se non iscritti in tale registro,
devono essere scelti fra gli iscritti negli albi professionali individuati con decreto del Ministro della giustizia, o fra i
professori universitari di ruolo, in materie economiche o giuridiche. Due differenze col consiglio di
amministrazione: la prima la presenza di due membri supplementari, la seconda la qualifica professionale che risulta
essere fondamentale. Il presidente del collegio sindacale è nominato dall'assemblea. Vi sono cause di
incompatibilità o ineleggibilità, non possono essere eletti come sindaci:
- coloro che si trovano nelle condizioni dell'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una
pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici
direttivi;
- il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società;
- gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società
controllate o delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo;
- coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a
quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza
o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano
l'indipendenza.
La cancellazione o la sospensione dal registro dei revisori legali e delle società di revisione legale e la perdita dei
requisiti previsti sono causa di decadenza dall'ufficio di sindaco. Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o
decadenza, nonché cause di incompatibilità e limiti e criteri per il cumulo degli incarichi.
Nomina e cessazione dall'ufficio. I sindaci sono nominati per la prima volta nell'atto costitutivo e
successivamente dall'assemblea. Quindi i sindaci sono di regola nominati dallo stesso organo che nomina gli
amministratori: questo è un ulteriore motivo di scarsa funzionalità del collegio sindacale, dato che controllanti e
controllati sono espressione dello stesso gruppo di comando. La situazione per le sole società quotate è mutata dal
1998: l'atto costitutivo di tali società deve prevedere che almeno un membro effettivo sia eletto dalla minoranza.
Esistono dal 2003 requisiti di professionalità: almeno un sindaco deve essere scelto fra gli iscritti nel registro dei
revisori contabili (possono iscriversi persone fisiche in possesso di specifici requisiti di professionalità ed onorabilità,
che abbiano superato un apposito esame di ammissione). Essi restano in carica per tre esercizi, e scadono alla data
dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica. La cessazione dei
sindaci per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito. I sindaci possono essere
revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal Tribunale, sentito
l'interessato, al fine di verificare la giusta causa. La nomina dei sindaci, con l'indicazione per ciascuno di essi del
cognome e del nome, del luogo e della data di nascita e del domicilio, e la cessazione dall'ufficio devono essere
iscritte, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese nel termine di trenta giorni. Al momento della nomina
dei sindaci e prima dell'accettazione dell'incarico, sono resi noti all'assemblea gli incarichi di amministrazione e di
controllo da essi ricoperti presso altre società.
Sostituzione. In caso di morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco, subentrano i supplenti in ordine di
età, nel rispetto dell'articolo 2397, secondo comma. I nuovi sindaci restano in carica fino alla prossima assemblea, la
quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l'integrazione del collegio. I nuovi
nominati scadono insieme con quelli in carica. In caso di sostituzione del presidente, la presidenza è assunta fino alla
prossima assemblea dal sindaco più anziano. Se con i sindaci supplenti non si completa il collegio sindacale, deve
essere convocata l'assemblea perché provveda all'integrazione del collegio medesimo. (art. 2401 cc).
Retribuzione. La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere predeterminata,
dalla assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio. (art. 2402 cc)
Doveri del collegio sindacale. Il controllo viene chiamato controllo di legalità sostanziale, oltre a vigilare in
maniera formale sull’adempimento alla legge, vigilano quindi anche sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione, principi professionali. Non va confuso col controllo di merito, gli amministratori sono e rimangono
sovrani sulle loro decisioni amministrative. Il collegio sindacale vigila:
- sull'osservanza della legge e dello statuto;
- sul rispetto dei principi di corretta amministrazione;
- sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo
concreto funzionamento.
Esercita inoltre il controllo contabile, in altri casi attribuito al revisore contabile. Poteri del collegio sindacale. I sindaci
possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo. Il collegio
sindacale agli amministratori può:
- chiedere notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su
determinati affari.
- scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di
amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale.
Gli accertamenti eseguiti devono risultare dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale ovvero
del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione (nel caso di sistema organizzativo dualistico o
monistico). Nell'espletamento di specifiche operazioni di ispezione e di controllo i sindaci sotto la propria
responsabilità ed a proprie spese possono avvalersi di propri dipendenti ed ausiliari che rispettano i requisiti preposti
per i sindaci evitando cause di ineleggibilità e/o decadenza. L’organo amministrativo può rifiutare agli ausiliari e
dipendenti dei sindaci l’accesso a informazioni riservate. Inoltre il collegio sindacale ha obblighi di:
- Riunirsi almeno ogni novanta giorni. La riunione può svolgersi, se lo statuto lo consente indicandone le
modalità, anche con mezzi di telecomunicazione. Il sindaco che, senza giustificato motivo, non partecipa
durante un esercizio sociale a due riunioni del collegio decade dall'ufficio.
- Redigere verbale delle riunioni del collegio, che viene trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni
del collegio sindacale ovvero del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione (nel
caso di sistema organizzativo dualistico o monistico) e sottoscritto dagli intervenuti. In quanto organo
collegiale il collegio sindacale è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e
delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Il sindaco dissenziente ha diritto di fare iscrivere a verbale i
motivi del proprio dissenso.
- Assistere alle adunanze del consiglio di amministrazione, alle assemblee e alle riunioni del comitato
esecutivo. I sindaci, che non assistono senza giustificato motivo alle assemblee o, durante un esercizio sociale,
a due adunanze consecutive del consiglio d'amministrazione o del comitato esecutivo, decadono dall'ufficio.

Decadenza dei sindaci. L’istituto della decadenza dei sindaci membri del collegio sindacale di una S.p.a. si
suddivide al suo interno in due tipologie:
- Decadenza ordinaria. Esse sono previste dall’art 2399 cc secondo cui si ritiene ineleggibile e causa di
decadenza legami alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano, a quelle
sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di
prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano
l'indipendenza. Il rapporto continuativo di consulenza o d’opera retribuita o di prestazione è inteso come
causa di ineleggibilità alla carica di sindaco delle società per azioni, o di decadenza dall'ufficio in ipotesi di
avvenuta elezione; il rapporto di cui si parla è configurabile non soltanto come un rapporto di lavoro
subordinato, ma si intende ogni legame riguardante lo svolgimento di attività professionali, rese anche
nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo, a titolo oneroso e con carattere continuativo, né sporadico né
occasionale.
- Decadenza sanzionatoria. Prevista dagli 2404 e 2405 cc si individua nei casi di mancata partecipazione del
sindaco, senza giustificato motivo: 1) a due riunioni del collegio; 2) alle assemblee; 3) a due adunanze
consecutive del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo.
Le due sottocategorie dell’istituto della decadenza dal collegio sindacale non possono operare automaticamente (ai
sensi di quanto stabilito dalla Corte d'Appello di Catania, Sez. I, con la sentenza n. 2175/2019, depositata l' 8 ottobre
2019.), ma è necessario a tal fine un accertamento della decadenza deliberato dal collegio sindacale o
dall'assemblea, esplicitamente ovvero implicitamente, con la sostituzione del sindaco decaduto.
Viene sottolineato che le ipotesi di decadenza sanzionatoria del sindaco devono essere distinte dalle ipotesi di
decadenza ordinaria. Se da una parte viene affermato che l'operatività della decadenza sanzionatoria non può essere
automatica, in quanto la mancata partecipazione risulta essere ingiustificata, diviene necessario un accertamento della
decadenza che diventa requisito indispensabile per la sua operatività, e per l'attivazione di un procedimento formale
volto alla sostanziale decadenza, in funzione garantista nei riguardi di terzi. Nel caso di decadenza ordinaria si ritiene
nettamente prevalente l'interesse della società alla mancata operatività di un organo di controllo che risulta essere
composto da soggetti che si trovano in una situazione di incompatibilità con l'interesse medesimo tale da poter
inquinarlo. Tuttavia, la Corte di Appello di Catania ha rilevato che l'esigenza di accertare la sussistenza delle cause di
decadenza vale anche per alcune ipotesi di decadenza ordinaria, in particolare per quelle previste dall'art. 2399, lettera
c), Codice civile, che prevede la decadenza del sindaco laddove questi sia legato "alla società o alle società da questa
controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un
rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale
che ne compromettano l'indipendenza. In alcuni casi la valutazione o l’accertamento della causa di decadenza risulta
essere assai discrezionale in quanto si tratta di rilevare, in un caso, la sostanziale e non meramente formale continuità
del rapporto; nell'altro caso, la compromissione dell'indipendenza di giudizio e di azione del sindaco; e in quanto
discrezionale non può comportare l'automatica operatività della decadenza, che deve essere deliberata dal collegio
sindacale o dall'assemblea, esplicitamente o implicitamente, con la sostituzione del sindaco decaduto.
Riguardo ai terzi, l'evento della cessazione della carica va iscritto nel Registro delle imprese a cura degli amministratori,
affinché essi divengano opponibili ai terzi soltanto dopo tale pubblicazione, a meno che la società provi che i terzi ne
erano a conoscenza. Ha efficacia dichiarativa e opera ex tunc.
Omissioni degli amministratori. In talune ipotesi il controllo del collegio sindacale assume carattere
sostitutivo degli amministratori in caso di loro omissione o ritardo ingiustificato (quando questi non provvedono a
convocazioni obbligatorie dell’assemblea oppure a depositi e iscrizioni prescritti dalla legge). A questi compiti si
affianca un’ipotesi di amministrazione (nel caso di cessazione dalla carica di tutti gli amministratori) e alcuni casi di
consulenza agli amministratori (pareri sulla rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche, sulla
capitalizzazione dei costi di impianto e ampliamento nonché dell’avviamento; l’approvazione della delibera consiliare di
cooptazione di nuovi amministratori) e di supplemento di informazione ai soci (in materia di bilancio e sovraprezzo in
caso di aumento di capitale a pagamento con esclusione o limitazione del diritto di opzione). Particolare è la riserva al
collegio sindacale del potere di proporre all’assemblea la nomina e la revoca del soggetto incaricato della revisione
legale dei conti.
Denunzia al collegio sindacale. Il collegio sindacale oltre ad avere il potere di convocare l'assemblea qualora ravvisi
fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere, può altresì raccogliere le denunce per
situazioni irregolari. Infatti viene introdotto l’istituto della denunzia al collegio sindacale. Ogni socio può denunziare i
fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener conto della denunzia nella relazione
all'assemblea. Infatti il bilancio è accompagnato da alcune relazioni tra cui quella del consiglio di amministrazione e
quella del collegio sindacale, che nella sua relazione fa presente quindi le denunzie sollevate dai soci. Se la denunzia è
fatta da tanti soci
- che rappresentino un ventesimo del capitale sociale,
- o un cinquantesimo nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
Il collegio sindacale deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed eventuali
proposte all'assemblea e deve convocare l'assemblea. Lo statuto può prevedere per la denunzia percentuali minori di
partecipazione.
Denunzia al tribunale. Se vi è fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità
nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i soci possono denunziare i
fatti dinnanzi il tribunale. Per attivare il procedimento previsto dall'art. 2409 le gravi irregolarità devono presentare i
seguenti caratteri: a) devono riguardare la sfera societaria; b) devono essere attuali; c) devono violare una disposizione
di legge; d) devono arrecare un danno patrimoniale alla società.
La legittimazione attiva spetta ai soci che rappresentino il decimo del capitale sociale nelle società chiuse e il
ventesimo nelle società aperte. Il controllo giudiziario è ammissibile anche quando attivato dalla maggioranza o dalla
totalità del capitale sociale. Legittimati attivi sono anche il collegio sindacale e, nei sistemi dualistico e monistico,
rispettivamente il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione.
Sono legittimati passivi: a) la società; b) gli amministratori; c) i componenti dell'organo di controllo; d) i liquidatori.
La natura giuridica del procedimento in oggetto è controversa. L'orientamento prevalente lo colloca nell'ambito della
volontaria giurisdizione, in quanto esso miri non a risolvere un conflitto ma ad adottare i provvedimenti necessari a
riportare ordine nella società intervenendo nella sua organizzazione. La procedibilità d'ufficio è esclusa. Il
procedimento si instaura mediante ricorso notificato alla società.
Il tribunale sente amministratori e sindaci, il ricorrente e la società in camera di consiglio. Questa è la prima fase
istruttoria del procedimento diretta a verificare le gravi irregolarità e ad individuare i provvedimenti per eliminarle.
L'ispezione è assimilata alla Consulenza Tecnica d'Ufficio (C.T.U.). il procedimento viene sospeso e l’ispezione non è
ordinata se l'assemblea sostituisce amministratori e sindaci con soggetti dotati di capacità professionali tali da
garantire il superamento delle irregolarità riscontrate. Se è confermata l'esistenza delle irregolarità si apre la seconda
fase del procedimento, caratterizzata dagli opportuni provvedimenti provvisori che il tribunale può assumere per
evitare future irregolarità, convocando l'assemblea per l'adozione delle conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi il
tribunale nomina un amministratore giudiziario previa revoca degli amministratori ed, eventualmente, dei sindaci. Il
decreto di nomina indica i poteri e la durata in carica dell'amministratore giudiziario. Avendo il procedimento funzione
recuperatoria, il tribunale deve conferire all'amministratore giudiziario tutti i poteri utili a ripristinare l'ordine
gestionale. Può promuovere contro amministratori e sindaci l'azione di responsabilità. L'amministratore giudiziario
deve presentare al tribunale che lo ha nominato il rendiconto del suo incarico; convoca e presiede l'assemblea per la
nomina dei nuovi amministratori e sindaci oppure convocare l’assemblea per proporre la messa in liquidazione della
società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale. I provvedimenti previsti da questo articolo possono essere
adottati anche su richiesta del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla
gestione nel caso di sistema dualistico; se siamo di fronte una società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio, la
richiesta può provenire anche dal pubblico ministero. In generale le spese per l'ispezione sono a carico della società.
Riguardo gli interessi si ritiene, secondo un’opinione maggioritaria, che secondo una teoria istituzionalista, data la
società un’istituzione, vi è oltre che un interesse dei soci anche un interesse pubblico. Interesse diviene pubblico
quando la società è quotata per cui la tutela si estende anche al risparmio pubblico, in quanto le situazioni irregolari
potranno influenzare il pubblico.
Revisione legale dei conti. Il controllo di revisione legale viene individuato come un controllo sulla tenuta
delle scritture contabili e sul loro rapporto con il bilancio. la figura del revisore legale è introdotta con la riforma del
diritto societario. La riforma del diritto societario ha modificato in maniera rilevante il ruolo del collegio sindacale
nell’ambito delle società` e l’art. 2409 bis così come modificato dal D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 dispone che la
revisione legale dei conti è esercitata da un revisore legale o da una società di revisione trasformando il ruolo, la
centralità e le funzioni del collegio sindacale, infatti esso da organo principalmente investito del controllo contabile
diviene un organo la cui funzione principale e necessaria consiste nella vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto
e dei principi di corretta amministrazione.
Il revisore legale quindi ha il compito di verificare la contabilità, verificare la conformità e redigere un’apposita
relazione. La correttezza della contabilità è volta a garantire l’interesse creditorio. Il revisore legale non si limita a
controllare minuziosamente la contabilità ma effettua una vera e propria analisi della qualità e coerenza dell’intera
attività di gestione aziendale in tutti i suoi aspetti, motivo per cui si è passati da revisore contabile a revisore legale.
Precedentemente questo compito spettava al collegio sindacale oggi la revisione legale dei conti sulla società è
esercitata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale iscritti nell'apposito registro. Lo statuto
delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione del
bilancio consolidato (riprendi “società aperta e società chiusa”), può prevedere che il controllo contabile sia esercitato
dal collegio sindacale (art. 2409-bis c.c.). In tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti
nell'apposito registro.
Il revisore legale ha il compito di effettuare determinati controlli sulla regolare tenuta della contabilità e dei bilanci e
di formulare, all’esito, un giudizio di conformità o meno alla legge. Stabilire se un significa verificare non solo il
rispetto delle norme per la sua redazione ma anche l’adeguamento a numerosi ed articolati principi contabili nazionali
ed anche internazionali, in modo da stabilire se quel bilancio rispecchia fedelmente la realtà aziendale e descrive in
modo esatto e completo il suo andamento oppure no. Il compito fondamentale del revisore legale è quello di verificare
la correttezza del bilancio d’esercizio della società o dell’ente revisionato. Si tratta di un vero e proprio giudizio, che
viene spiegato in un apposito documento, la relazione di revisione. Essa sarà esaminata e valutata da tutti i soggetti
interessati all’andamento dell’impresa: soci, azionisti, lavoratori dipendenti, fornitori, istituti di credito finanziatori,
comunità territoriale in cui l’azienda o l’ente operano. La relazione di revisione consente di disporre di un’analisi
effettuata da un professionista qualificato ed indipendente che possa garantire la fedeltà e rappresentatività dei conti
aziendali oppure evidenziare le lacune e gli eventuali errori compiuti nella contabilizzazione delle operazioni di
gestione. Il revisore legale deve quindi essere indipendente, cioè non legato da alcun interesse personale verso la
società o l’ente che costituisce l’oggetto della sua attività di analisi e revisione. Solo così il suo giudizio risulterà
attendibile e fedele.
I modelli di amministrazione e controllo. La riforma del diritto societario del 2003 ha introdotto nel nostro
ordinamento due nuovi modelli di gestione e controllo nelle S.p.a. accanto al sistema tradizionale. Nei sistemi
introdotti dalla riforma, il sistema monistico e il sistema dualistico, queste dinamiche mutano e danno vita a modelli
di amministrazione e controllo molto differenti, con riflessi importanti anche sul ruolo dell'assemblea dei soci.
Organo di controllo e revisione legale nel sistema dualistico di amministrazione.
Nel modello dualistico, l'assemblea dei soci nomina il consiglio di sorveglianza (che a sua volta nomina al suo interno
un consiglio di gestione), inoltre l’assemblea nomina un revisore legale. Al consiglio di gestione sono attribuiti poteri di
amministrazione, al consiglio di sorveglianza poteri di controllo. Il consiglio di sorveglianza in un sistema dualistico ha
competenze molto più ampie rispetto al collegio sindacale del modello tradizionale, poiché non detiene soltanto il
potere di controllo sull'azione amministrativa posta in essere dal consiglio di gestione, ma è deputato ad eleggerne i
membri. È questa una sostanziale differenza con il modello tradizionale, poiché viene meno il potere (dell'assemblea
dei soci) di eleggere i componenti dell'organo di amministrazione. Inoltre, al consiglio di sorveglianza è rimesso anche
il compito di approvare il bilancio di esercizio. La scelta per il sistema dualistico deve essere espressamente prevista
nello statuto o adottata, in seguito, dall'assemblea straordinaria dei soci.
Consiglio di gestione. La gestione dell'impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le
operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. E' costituito da almeno due componenti, anche non soci. La
nomina dei primi componenti del consiglio avviene tramite l’atto costitutivo, successivamente la nomina spetta al
consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto. I componenti del
consiglio di gestione non possono essere nominati consiglieri di sorveglianza, così come si prescrive che i membri del
consiglio di gestione, se soci, non possono votare durante un'assemblea ordinaria per la nomina dei membri del
consiglio di gestione. Restano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi, con scadenza alla data della
riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro
carica. I componenti del consiglio di gestione sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto. La loro revoca
può essere disposta in qualunque tempo solo per giusta causa solo dal consiglio di sorveglianza, anche se lo loro
nomina è avvenuta nell'atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni se la revoca ha luogo senza giusta
causa. Il consiglio di sorveglianza non è però competente per la revoca dei consiglieri nominati dallo Stato o ente
pubblico, dato che la loro revoca può essere disposta solo da coloro che hanno provveduto alla loro nomina. Se nel
corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza
provvede senza indugio alla loro sostituzione. Anche per i consiglieri valgono le medesime leggi inerenti agli
amministratori. In primis non può essere nominato e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il
fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o
l'incapacità ad esercitare uffici direttivi. Come per gli amministratori entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina
devono chiederne l'iscrizione nel registro delle imprese indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e
la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società,
precisando se disgiuntamente o congiuntamente. I consiglieri non possono assumere la qualità di soci illimitatamente
responsabili in società concorrenti, né esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere
amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell'assemblea. Per l'inosservanza di tale
divieto l'amministratore può essere revocato dall'ufficio e risponde dei danni.
Consiglio di sorveglianza. Salvo che lo statuto non preveda un maggior numero, il consiglio di sorveglianza si
compone di un numero di componenti, non inferiore a tre. Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati
nell'atto costitutivo, la nomina dei componenti del consiglio di sorveglianza spetta all'assemblea, previa
determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto. I componenti del Consiglio di Sorveglianza potranno
essere anche non soci. Almeno un componente del Consiglio di Sorveglianza deve essere scelto tra gli iscritti nel
registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia. Non possono essere nominati alla carica di
componenti del Consiglio di Sorveglianza e se nominati decadono dall'ufficio:
a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 2382 cc, disciplinante le cause di ineleggibilità e
decadenza;
b) i componenti del Consiglio di gestione;
c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a
quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza
o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano
l'indipendenza.
Rimane la possibilità che lo statuto preveda altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di incompatibilità e
limiti e criteri per il cumulo degli incarichi. Decadono altresì dalla carica i componenti che non possiedano più i requisiti
in forza dei quali sia eventualmente intervenuta la designazione e la successiva nomina. I componenti del consiglio di
sorveglianza restano in carica per tre esercizi e scadono alla data della successiva assemblea. La cessazione per
scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è stato ricostituito. Almeno un
componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro. I
componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto. I componenti sono
revocabili dall'assemblea in qualunque tempo con deliberazione data dal voto favorevole di almeno un quinto del
capitale sociale. In questo caso, l'assemblea stessa provvede alla sostituzione degli amministratori, anche se nominati
nell'atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.
Lo statuto in relazione all'esercizio di particolari attività, può subordinare l'assunzione della carica al possesso di
particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza. Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o
più' componenti del consiglio di sorveglianza, l'assemblea provvede senza indugio alla loro sostituzione. Il presidente
del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea. Lo statuto determina i poteri del presidente del consiglio di
sorveglianza.
Le competenze del consiglio di sorveglianza. Il consiglio di sorveglianza:
- nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione; ne determina il compenso, salvo che la relativa
competenza sia attribuita dallo statuto all'assemblea;
- approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato;
- esercita le funzioni di vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile
adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.;
- promuove l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione;
- presenta la denunzia al tribunale di cui sopra in “denunzia al tribunale”;
- riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e
sui fatti censurabili rilevati; se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni strategiche e ai piani,
industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione, ferma in ogni caso la responsabilità di
questo per gli atti compiuti.
Lo statuto può prevedere che in caso di mancata approvazione del bilancio o qualora lo richieda almeno un terzo dei
componenti del consiglio di gestione o del consiglio di sorveglianza la competenza per l'approvazione del bilancio di
esercizio sia attribuita all'assemblea. I componenti del consiglio di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la
diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. Sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione
per i fatti o le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità degli
obblighi della loro carica. I componenti del consiglio di sorveglianza non sono obbligati ma possono assistere alle
adunanze del consiglio di gestione e devono partecipare alle assemblee.
Revisione legale. La revisione legale dei conti sulla società è esercitata da un revisore legale dei conti o da una società
di revisione legale iscritti nell'apposito registro. Anche in tal caso, la contabilità è affidata ad un organo di revisione dei
conti, che nel caso di società quotate deve essere necessariamente organizzato in forma societaria.
Organo di controllo e revisione legale nel sistema monistico di amministrazione.
Il modello monistico, infine, si caratterizza per il fatto che l'organo di controllo viene nominato dall'organo di gestione,
tra i suoi membri. Infatti, in questo sistema l'assemblea elegge il consiglio di amministrazione (non è prevista la figura
dell'amministratore unico) e quest'ultimo nomina al suo interno un comitato di controllo sulla gestione, composto da
amministratori indipendenti senza compiti di gestione. Si tratta di un sistema particolarmente snello, che rispetto a
quello tradizionale assicura una più rapida interazione tra gli organi di amministrazione e di controllo. Anche in questo
caso, il controllo sulla contabilità spetta necessariamente a un revisore esterno. Le disposizioni dettate dal codice con
riferimento agli amministratori del sistema tradizionale si applicano, per quanto non diversamente disposto, anche agli
organi di amministrazione propri dei modelli monistico e dualistico. La scelta del sistema monistico deve essere
espressamente citata nello statuto che quindi può prevedere che l'amministrazione sia esercitata dal consiglio di
amministrazione e il controllo sia esercitato da un comitato costituito al suo interno.
Consiglio di amministrazione. La gestione dell'impresa spetta esclusivamente al consiglio di amministrazione.
Almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di
indipendenza stabiliti per i sindaci, e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo previsti da codici di
comportamento redatti da associazioni di categoria o da società' di gestione di mercati regolamentati. Al momento
della nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e prima dell'accettazione dell'incarico, sono resi noti
all'assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società.
Comitato per il controllo sulla gestione. Salvo diversa disposizione dello statuto, la determinazione del
numero e la nomina dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione spetta al consiglio di amministrazione.
Nelle società aperte il numero dei componenti del comitato non può essere inferiore a tre. Il comitato è composto da
amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità. Non possono essere nominati alla carica di
componenti del comitato per il controllo sulla gestione e se nominati decadono dall'ufficio:
a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 2382 cc, disciplinante le cause di ineleggibilità e
decadenza;
b) i componenti del consiglio di amministrazione;
c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a
quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di
consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne
compromettano l'indipendenza. E quindi non devono svolgere direttamente o indirettamente (per delega)
funzioni attinenti alla gestione dell'impresa sociale o di società che la controllano o ne sono controllate.
Almeno uno dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione deve essere scelto fra i revisori legali iscritti
nell'apposito registro. In caso di morte, rinunzia revoca o decadenza di un componente del comitato per il controllo
sulla gestione, il consiglio di amministrazione provvede senza indugio a sostituirlo scegliendolo tra gli altri
amministratori in possesso dei requisiti previsti dai commi precedenti; se ciò non e' possibile, provvede senza indugio a
norma dell'articolo 2386 scegliendo persona provvista dei suddetti requisiti.
Il comitato per il controllo sulla gestione:
- elegge al suo interno, a maggioranza assoluta dei suoi membri, il presidente;
- vigila sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema
amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione;
- svolge gli ulteriori compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione con particolare riguardo ai rapporti con il
soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti.
Norme applicabili e revisione legale. Al consiglio di amministrazione si applicano, in quanto compatibili, gli articoli
previsti per gli amministratori del sistema tradizionale. La revisione legale dei conti è svolta ai sensi dell'articolo 2409-
bis, primo comma.
Responsabilità degli amministratori nei confronti della società.
La responsabilità sociale degli amministratori viene distinta in una responsabilità verso la società, responsabilità verso i
creditori e responsabilità verso i singoli soci e terzi, quest’ultima ritenuta unitaria anche se vi siano differenze. Il
rapporto che lega gli amministratori alla Spa è un rapporto contrattuale, anche se da alcuni messa in discussione in
quanto il rapporto non richiede un vero e proprio contratto. Il rapporto che lega gli amministratori alla società si
costituisce a fronte di una delibera assembleare di nomina alla quale segue l’accettazione dell’amministratore,
depositata insieme alla delibera nel registro dell’impresa. La delibera viene generalmente ritenuta una proposta alla
quale segue appunto l’accettazione dell’amministratore. La responsabilità degli amministratori è di tipo contrattuale.
Le obbligazioni sono di mezzi e non risultato, in quanto gli amministratori non possono impegnarsi affinchè gli affari
siano lucrativi o raggiungano un certo risultato lucrativo, ma sono tenuti esclusivamente a impegnarsi per fare il
possibile affinchè ciò avvenga. Ai sensi del più generale art 2392 cc sorge una responsabilità sociale degli
amministratori nei confronti della società. L’art 2392 cc così si esprime:
“Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla
natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni
derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni
in concreto attribuite ad uno o più amministratori.
In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell’articolo 2381, sono solidalmente
responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il
compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune
da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio,
dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.”
Obbligazione caratterizzata da un grado di diligenza particolare perché la diligenza richiesta è più gravosa rispetto a
quella abituale. Gli amministratori devono adempiere con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro
specifiche competenze. Il legislatore dispone inoltre che la diligenza debba essere parametrata rispetto alle loro
specifiche competenze, da amministratori con un certo carico di esperienze si pretende una diligenza superiore
rispetto ad amministratori la cui esperienza è minore. A differenza del passato regime, la legge non richiama più la
generica diligenza del mandatario ma dispone che gli amministratori adempiano i doveri ad essi imposti dalla legge
o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico (a seconda che l’amministratore abbia ricevuto
particolari incarichi, sia amministratore delegato, ecc.) e dalle specifiche competenze (in rapporto all’attività esercitata
dalla società). Riguardo la diligenza dell’amministratore essa è quindi valutata secondo due criteri:
- criterio oggettivo, costituito dalla “diligenza richiesta dalla natura dell’incarico” che ai sensi del generale 1176
cc richiama la nozione di diligenza tipica del buon professionista;
- criterio soggettivo, costituito dalla “diligenza richiesta dalle specifiche competenze”, il quale consente una
maggiore personalizzazione della diligenza richiesta ai singoli amministratori, chiamati ad operare non solo
con la diligenza propria del buon professionista, ma anche con quella esigibile in base alle proprie specifiche
competenze.
In sintesi, la diligenza nella gestione della società deve essere valutata rispetto al fatto concreto, considerando tutte le
circostanze del caso, tenendo in considerazione le specifiche caratteristiche della realtà societaria in cui
l’amministratore si trova ad operare nonché la natura dell’incarico che l’amministratore si trova a svolgere. In presenza
di un organo collegiale la legge prevede la responsabilità solidale di tutti gli amministratori: ciascuno risponde nei
confronti della società per fatto proprio e per fatto altrui, allorché, venuti a conoscenza di fatti pregiudizievoli non
hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
Occorre, quindi, distinguere a seconda che la gestione sia o meno delegata ad un comitato esecutivo o ad
amministratori delegati.
- Nel caso di amministrazione collegiale del consiglio di amministrazione senza deleghe, gli amministratori
rispondono solidalmente per tutti gli atti o omissioni commesse, salvo l’esenzione di responsabilità per gli
amministratori dissenzienti immuni da colpa. La responsabilità solidale degli amministratori produce gli
ordinari effetti previsti dal codice civile e cioè:
o rafforza il diritto dei creditori ed ha differenti conseguenze a seconda che si tratti degli amministratori
o della società beneficiaria;
o la società può agire per i danni anche solo contro alcuni degli amministratori responsabili, salvo
l’azione di regresso di questi ultimi contro gli altri amministratori per la parte loro imputabile;
o la rinunzia alla prescrizione fatta da un solo amministratore non vale per gli altri;
o l’interruzione della prescrizione nei confronti di un solo amministratore vale per tutti;
o la costituzione in mora di uno dei debitori in solido è inefficace riguardo agli altri.
- Se il consiglio di amministrazione ha delegato parte delle sue attribuzioni ad un comitato esecutivo o ad
amministratori delegati, solo questi rispondono per gli illeciti compiuti nell'esercizio dei poteri delegati. Con
la riforma del 2003 l’art 2392 cc ha eliminato il riferimento all’obbligo di vigilanza sul generale andamento
della gestione e lo ha sostituito con una responsabilità solidale degli amministratori, per fatto proprio e per
fatti altrui, allorché, venuti conoscenza di fatti pregiudizievoli, “non hanno fatto quanto potevano per
impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”. Quindi resta la responsabilità
solidale dei soggetti deleganti che hanno l’obbligo di controllare l’operato dei delegati, nell’ambito del
generale dovere di agire informati con il correlato potere di chiedere agli organi delegati di fornire in consiglio
informazioni sulla gestione della società e del dovere di impedire o eliminare o, quanto meno, attenuare le
conseguenze di atti pregiudizievoli. La ratio è diretta ad affermare la responsabilità degli amministratori
deleganti, nel caso di attribuzioni delegate, per non aver fatto nulla per impedire il compimento di atti
dannosi o per eliminarne o attenuarne gli effetti. In concreto la vigilanza si attua con il controllo costante sulla
gestione mediante assunzione di informazioni sull’operato dei delegati e la verifica della corrispondenza della
situazione reale a quella risultante dalle scritture contabili, la partecipazione assidua ai consigli di
amministrazione: l’amministratore assente (anche se giustificato) è sempre obbligato ad informarsi sul
contenuto delle delibere e deve attivarsi per impedire il verificarsi di conseguenze pregiudizievoli per la
società.
Onere probatorio. Se si afferma in via generale che la responsabilità sociale degli amministratori nei confronti
della società abbia natura contrattuale, spetta allora alla società attrice fornire:
 la prova dell’inadempimento di un obbligo generico o specifico previsto dalla legge o dall’atto costitutivo (o
dallo statuto);
 la prova del danno economico subito;
 la prova del nesso causale tra l’inadempimento ed il danno.
L’amministratore, può fornire la prova di fatti (in cui non risulta sua colpa ai sensi dell’art 2392 cc) idonei ad escludere o
attenuare la sua responsabilità.
Nel caso in cui si invochi la responsabilità degli amministratori per violazione di obblighi a contenuto specifico (inerenti
alla carica), la società attrice deve provare solo l’inadempimento senza necessità di provarne la colpa (in questo caso la
responsabilità la si fa derivare dalla legge senza alcun bisogno di ulteriori requisiti oggettivi e soggettivi).
L’amministratore convenuto ha la possibilità con l’onere della prova di menzionare i fatti diretti ad escludere o
attenuare la sua responsabilità. La responsabilità può essere esclusa solo se l’inadempimento sia dipeso da causa che
non poteva essere evitata con la diligenza richiesta, occorre inoltre la prova che (ai sensi del 1218 cc)
“l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile”. Nei riguardi dell’esclusione della responsabilità degli amministratori per l’attività di gestione, cioè
l’esonero dall’obbligazione risarcitoria per fatti dannosi subiti dalla società può derivare sia da veri e propri casi di
esclusione (cioè da mancanza di colpa), che da rinunzie o transazioni all’azione di responsabilità sociale. Se per
mancanza di colpa l’amministratore è escluso da responsabilità se il danno non è a lui imputabile, cioè se prova che il
suo comportamento è esente da colpe con le seguenti precisazioni:
1. l’amministratore unico (o l’amministratore delegato con pieni poteri) deve provare che l’inadempimento è
stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile;
2. il membro del consiglio di amministrazione invece deve provare di essere immune da colpe, cioè di aver fatto
quanto poteva per prevenire l’atto pregiudizievole ed eliminarne le conseguenze dannose. Se l’atto dannoso è
poi il risultato di una delibera consiliare è altresì necessario far risultare il proprio dissenso nel libro delle
adunanze e deliberazioni dandone immediata notizia scritta al presidente del collegio sindacale.
Nel caso in cui si invochi la responsabilità degli amministratori per violazione dell’obbligo a contenuto generico
(stabiliti dall’ordinamento a tutela dei diritti dei terzi) di amministrare con diligenza o di non amministrare in conflitto
di interessi, la società attrice deve provare che il comportamento dell’amministratore, con riguardo a circostanze
concrete, ha costituito inadempimento dei già menzionati obblighi di diligenza. Infatti, la responsabilità non è collegata
alla violazione di un obbligo specifico, ma alla violazione del generico obbligo di diligenza nella gestione.

Responsabilità omissiva degli amministratori. Gli amministratori in via omissiva sono responsabili quando:
- il consiglio di amministrazione venuto a conoscenza di decisioni eventuale fonte di danni non ha fatto quanto
possibile per ridurre o impedirne le conseguenze dannose, non si è attivato per porre rimedio;
- è venuto meno il controllo costante nei riguardi dell’organo o degli organi delegati.
Si riprende quanto detto precedentemente. Se il consiglio di amministrazione ha delegato parte delle sue attribuzioni
ad un comitato esecutivo o ad amministratori delegati, solo questi rispondono per gli illeciti compiuti nell'esercizio
dei poteri delegati. Con la riforma del 2003 l’art 2392 cc ha eliminato il riferimento all’obbligo di vigilanza sul generale
andamento della gestione e lo ha sostituito con una responsabilità solidale degli amministratori, per fatto proprio e per
fatti altrui, allorché, venuti conoscenza di fatti pregiudizievoli, “non hanno fatto quanto potevano per impedirne il
compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”. Quindi resta la responsabilità solidale dei soggetti
deleganti che hanno l’obbligo di controllare l’operato dei delegati, nell’ambito del generale dovere di agire informati
con il correlato potere di chiedere agli organi delegati di fornire in consiglio informazioni sulla gestione della società e
del dovere di impedire o eliminare o, quanto meno, attenuare le conseguenze di atti pregiudizievoli. La ratio è diretta
ad affermare la responsabilità degli amministratori deleganti, nel caso di attribuzioni delegate, per non aver fatto nulla
per impedire il compimento di atti dannosi o per eliminarne o attenuarne gli effetti. In concreto la vigilanza si attua con
il controllo costante sulla gestione mediante assunzione di informazioni sull’operato dei delegati e la verifica della
corrispondenza della situazione reale a quella risultante dalle scritture contabili, la partecipazione assidua ai consigli di
amministrazione: l’amministratore assente (anche se giustificato) è sempre obbligato ad informarsi sul contenuto delle
delibere e deve attivarsi per impedire il verificarsi di conseguenze pregiudizievoli per la società.
Ante-riforma del 2003 (successivamente poi eliminato) vigeva l’obbligo generale di vigilanza, assai gravoso, in quanto
sarebbe dovuto essere a conoscenza di tutto ciò che succedeva all’interno della società, ma all’interno di multi
nazionali ad esempio questo era impossibile. Si tramutava in una responsabilità oggettiva, qualsiasi comportamento
dannoso sarebbe divenuto ad egli imputabile. La riforma giuridica viene accompagnata dall’introduzione nella
giurisprudenza italiana della regola giurisprudenziale “business judgment rule” introdotta dalla common law
anglosassone per cui gli amministratori non sono automaticamente responsabili per i danni provocati da una
gestione non soddisfacente. Viene introdotta così la differenza tra obbligazioni di messo e risultato, i giudici non
possono sindacare in merito di una decisione presa dagli amministratori, se questa sia appropriata o conveniente. Si
ritiene che l’area del business è riservata ai soli amministratori, area in cui non sono possibili interferenze della
magistratura. Regola di common law secolare, recepita anche dalla giurisprudenza italiana che si attiene in maniera
costante. Dagli anni ’50 vi sono decisioni in applicazione della regola anglosassone. Con la recente sentenza n. 25056
del 9 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha riaffermato la piena operatività nel nostro ordinamento della regola
“Business Judgment rule”, la quale sancisce il principio di insindacabilità nel merito delle scelte di gestione assunte
dagli amministratori nell’espletamento del loro incarico. Nella sentenza richiamata si legge che:
“All’amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte
inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e
può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di sua revoca, ma non come fonte di responsabilità
contrattuale nei confronti della società: ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore
nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali
scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell’apprezzare
preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, e quindi, l’eventuale omissione di quelle
cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con
quelle modalità”.
L’articolo 2392 del codice civile pone in capo agli amministratori un obbligo generale di diligenza consistente nel dovere
di adempiere ai propri doveri con la “diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze”. Si
tratta di una regola fondamentale, a cui devono conformarsi tutte le azioni e i comportamenti degli amministratori,
indipendentemente dalla circostanza che essi siano specificatamente imposti dalla legge o dallo statuto. Nell’ambito di
tutte queste valutazioni, si inserisce la Business Judgment rule (BJR), che circoscrivere l’ambito di sindacabilità delle
scelte imprenditoriali compiute dagli amministratori, al fine, da un lato, di garantire loro un più ampio margine di
autonomia gestionale, dall’altro, di limitarne la responsabilità in tutti quei casi in cui, pur nel rispetto degli obblighi,
generali e specifici, gravanti sugli amministratori, le scelte gestionali da essi compiute si siano rivelate erronee o
imprudenti e quindi fonte di danni. La Business Judgment rule sancisce il principio dell’insindacabilità nel merito delle
scelte di gestione operate dagli amministratori nell’espletamento del loro incarico. In un’ottica di bilanciamento di
interessi, dunque, la BJR consente il raggiungimento di un equilibrio tra l’interesse dei soci diretto ad ottenere che la
società sia correttamente amministrata, con l’esigenza degli amministratori di poter gestire la società con una certa
discrezionalità imprenditoriale, fintanto che la loro attività si conformi al generale obbligo di diligenza. La legge,
dunque, consente agli amministratori di assumere decisioni rischiose e potenzialmente dannose per la società, purché
esse rientrino nel cosiddetto “rischio d’impresa”. Essi saranno responsabili solo laddove vi sia stato un danno per la
società derivante da una gestione negligente (cosiddetta mala gestio). Nel caso in cui, in conseguenza di un atto
discrezionale di gestione, si sia verificata una perdita o il default della società, gli amministratori non incorrono in via
oggettiva in responsabilità per mala gestio, ma, in virtù della BJR risponderanno del danno cagionato alla società solo
ove esso dipenda dalla violazione degli obblighi di diligenza gravanti su di essi. Anche laddove l’amministratore abbia
compiuto scelte economiche “inopportune”, non incorre in responsabilità qualora l’amministratore, nell’assumere tali
decisioni, abbia comunque utilizzato la diligenza necessaria ad assumerle, senza omettere “quelle cautele, verifiche e
informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle
modalità” e necessarie ad apprezzare “preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere”.
Azione sociale di responsabilità. A differenza del regime ante-riforma, l’azione sociale di responsabilità, oltre che
direttamente dalla società, può essere esercitata anche dai soci in nome proprio, ma nell’interesse sociale ( vedi
“responsabilità degli amministratori nei confronti dei soci”). Se l’azione di responsabilità è infondata, l’amministratore
citato ha diritto al risarcimento del danno subito. L’azione sociale di responsabilità è promossa dalla società, a seguito
di deliberazione dell’assemblea ordinaria, anche se la società è in liquidazione. Se l’azione è promossa a seguito di
delibera dell’assemblea, la società è rappresentata in giudizio dal rappresentante legale o da altro rappresentante
processuale. Nei casi previsti dalla legge l’azione sociale può essere promossa senza delibera assembleare
dall’amministratore giudiziario o dal curatore fallimentare che si costituisce in giudizio per ottenere una sentenza di
condanna al risarcimento del danno contro l’amministratore responsabile. L’azione sociale di responsabilità può essere
deliberata anche dal collegio sindacale a maggioranza dei due terzi dei suoi membri. Va deliberata individualmente (e
non cumulativamente) contro ciascun amministratore mediante distinte valutazioni dei fatti e delle colpe. Anche se
l’azione è deliberata dall’assemblea dei soci essa viene deliberata non cumulativamente ma individualmente, e la
decisione di esercitare l’azione di responsabilità va presa dall’assemblea ordinaria con la stessa maggioranza prevista
per le altre deliberazioni in prima e seconda convocazione.
Se un amministratore è allo stesso tempo socio della società può partecipare all’assemblea, ma, secondo una
presunzione assoluta di conflitto di interessi, la legge vieta di votare nelle delibere riguardanti la propria responsabilità.
Revoca degli amministratori. Se l’azione di responsabilità è decisa con la maggioranza di almeno un quinto del capitale
sociale, gli amministratori contro cui è diretta sono immediatamente ed automaticamente revocati. L’assemblea
provvede alla sostituzione anche se la nomina non è all’ordine del giorno. L’assemblea può provvedere alla
sostituzione ed annessa nomina nella stessa o in altra riunione. La delibera che promuove l’azione di responsabilità e
comportante la revoca gli amministratori può essere sospesa in via d’urgenza a richiesta di tanti soci quanti l’hanno
deliberata, ossia un quinto del capitale sociale. Se la delibera assembleare di responsabilità contro gli amministratori
presenta invalidità può essere impugnata, oltre che dai soci assenti, dissenzienti ed astenuti, anche dagli
amministratori, compresi quelli contro i quali sia stata autorizzata l’azione di responsabilità. Oltre l’impugnativa per
invalidità è possibile chiedere la sospensione in via d’urgenza della delibera che, assunta con il voto favorevole di
almeno un quinto del capitale sociale, sospende la revoca degli amministratori.
Soggetti legittimati attivamente. I soggetti legittimati a proporre l’azione sociale di responsabilità contro gli
amministratori sono individuati a seconda che l’azione sia conseguente o meno ad una delibera assembleare
autorizzatoria.
Primo caso: azione di responsabilità conseguente alla delibera assembleare. In questo caso l’azione sociale di
responsabilità è esercitata dagli amministratori che hanno la rappresentanza legale della società. Occorre ancora
distinguere:
- se l’azione di responsabilità è deliberata con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale, la
delibera comporta automaticamente la revoca degli amministratori nei cui confronti è proposta.
o Se l’azione è diretta contro tutti gli amministratori la società sta in giudizio in persona dei nuovi
amministratori cui è attribuita la rappresentanza sociale;
o se è diretta solo contro alcuni amministratori la società può stare in giudizio in persona degli altri
amministratori titolari del potere di rappresentanza;
- se l’azione di responsabilità è deliberata con il voto favorevole di meno del quinto del capitale sociale, gli
amministratori nei cui confronti è proposta l’azione restano in carica ai sensi del principio costituzionale della
presunzione assoluta di non consapevolezza fino a sentenza contraria definitiva. In tal caso la rappresentanza
sociale viene meno negli amministratori nei cui confronti è diretta l’azione e che, per questo, si trovano in una
situazione di conflitto di intessi. Per cui come precedentemente:
o Se l’azione di responsabilità è diretta contro tutti gli amministratori, la società sta in giudizio in
persona dei nuovi amministratori o in mancanza delle persone nominate dall’assemblea o tramite
un curatore speciale nominato dal Tribunale su istanza dell’assemblea;
o se è diretta solo contro alcuni amministratori la società può stare in giudizio in persona degli altri
amministratori titolari del potere di rappresentanza;
- se l’azione è diretta contro amministratori già cessati dall’incarico, la società sta in giudizio con i nuovi
amministratori.
Secondo caso: azione di responsabilità senza precedente delibera assembleare. Nei casi tassativamente previsti dalla
legge l’azione di responsabilità può essere esercitata senza delibera assembleare dall’amministratore giudiziario o dal
curatore fallimentare se la società è stata dichiarata fallita o sottoposta a liquidazione coatta amministrativa o ad
amministrazione controllata, previa autorizzazione del giudice delegato che si costituisce in giudizio per ottenere una
sentenza di condanna al risarcimento del danno contro l’amministratore responsabile o dal commissario liquidatore,
previa autorizzazione dell’autorità di vigilanza sulla liquidazione oppure dai commissari straordinari.
Minoranza legittimata. La riforma del 2003 ha esteso in tutte le società per azioni la legittimazione attiva per
l’azione di responsabilità alla minoranza. Legittimati a promuovere l’azione sociale di responsabilità sono i soci (o
l’unico socio) di minoranza che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello
statuto, comunque non superiore ad un terzo. Nelle società aperte l’azione sociale può essere promossa dai soci (o
dall’unico socio) che rappresenti almeno un quarantesimo (2,5%) del capitale sociale o la minore misura prevista nello
statuto. In tutti i casi, anche se promossa o deliberata dal quinto del capitale sociale, si tratta di una azione esercitata
dai soci di minoranza in nome proprio ma nell’interesse sociale di cui è fatto valere il diritto al risarcimento dei danni
provocati dagli amministratori. Il socio potrà esperire l’azione sociale di responsabilità nei propri interessi se
l’amministratore risulta essere responsabile socialmente nei confronti del terzo o singolo socio.
La legge quindi fissa una quota minima per l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte della minoranza si discute
se la quota minima per l’esercizio dell’azione debba esistere per tutta la durata del giudizio o solo al momento della
proposizione della domanda. È oggetto quindi di discussione se la quota minima sia:
- una condizione dell’azione, in tale ipotesi deve perdurare per tutta la durata del giudizio. Se durante il
giudizio viene meno, ad esempio per cessione delle azioni o per rinunzia di qualche socio all’azione, deve
essere dichiarata l’intervenuta carenza di legittimazione attiva;
- un presupposto processuale, in tale ipotesi è sufficiente che sussista al momento dell’esercizio dell’azione.
Vale a dire che il processo continua anche se la minoranza scende sotto la quota minima prevista per
l’esercizio dell’azione. In quanto l’interesse tutelato è pur sempre l’interesse della società che non viene meno
se, durante il giudizio, la minoranza scende al di sotto della quota minima.
I soci per l’esercizio dell’azione di responsabilità e per il compimento degli atti conseguenti devono nominare, a
maggioranza del capitale posseduto, uno o più comuni rappresentanti processuale in giudizio. La società deve essere
chiamata in giudizio e l’atto di citazione è ad essa notificato anche in persona del presidente del collegio sindacale.
Spese legali. L’azione, pur se promossa dalla minoranza è esercitata nell’interesse sociale e non dei soci. Se l’azione di
responsabilità risulta essere accolta, il risarcimento del danno provocato dall’amministratore negligente andrebbe a
favore della società, anche se (solo se il procedimento finisce a favore dei soci) la società è tenuta a rimborsare agli
attori le spese del giudizio e quelle sopportate nell’accertamento dei fatti. Da un punto di vista processuale può
sostenere le ragioni dei soci o sostenere le ragioni degli amministratori. Avviare azione di responsabilità sociale contro
gli o l’amministratore in nome proprio ma nell’interesse della società spesso risulta una scelta improbabile nella sua
percorrenza: perché avviare un processo se il risarcimento non li premierebbe? I soci avvierebbero una lite giudiziaria
per arrivare ad una transazione.
Rinunzie e transazioni. I soci che hanno agito possono rinunciare all’azione o transigerla; ogni corrispettivo per la
rinuncia o transazione deve andare a vantaggio della società. La rinunzia o transazione possono essere impedite con il
voto contrario di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura (inferiore o
superiore) prevista nello statuto, comunque non superiore ad un terzo.
(Per transazione si intende un accordo con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già
cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.)
I soci avvierebbero una lite giudiziaria per arrivare ad una transazione. Giungere ad un accordo con gli amministratori
che prevede il pagamento a favore dei soci di una determinata somma, anche se ritenuta non equa dal legislatore.
Possono avviare processo contro amministratori, è possibile che si concluda con transazione e in caso di questa un
qualsiasi pagamento degli amministratori deve andare a vantaggio della società. Il diritto dei soci sta nell’avere il
rimborso delle spese della società se finisce in loro favore. Questa possibilità di avviare iniziativa giudiziale è utilizzata
di rado. Procedura che darebbe anche avvio ad un processo lungo nei termini.
Responsabilità nei confronti dei creditori sociali. Ai sensi dell’art 2394 cc. gli amministratori rispondono verso i
creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.
L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro
crediti. La fattispecie di responsabilità presuppone l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti
in quanto causalmente connessa all'inosservanza, da parte degli amministratori, degli obblighi inerenti la
conservazione del patrimonio sociale. Quindi i presupposti che consentono la possibilità di esperire un’azione di
responsabilità contro gli amministratori sono:
 pregiudizio patrimoniale per i creditori;
 condotta illegittima degli amministratori;
 rapporto di causalità tra pregiudizio e condotta.
Il patrimonio sociale è ritenuto garanzia creditoria. L'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti,
può risultare dal bilancio sociale che costituisce il documento informativo principale sulla situazione della società
non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere. L’azione dei creditori è avviata quando il
patrimonio è insufficiente alla soddisfazione dei loro crediti. Prima di poter esperire l’azione di responsabilità, i ceditori
devono aver tentato di soddisfarsi, in quanto presupposto per l’esperibilità non è tanto e solo la condotta illegittima
degli amministratori che fanno sorgere una fondata e seria preoccupazione per l’integrità del patrimonio sociale, ma
occorre l’insufficienza patrimoniale, occorre quindi che da un lato i creditori abbiano tentato di soddisfarsi col
patrimonio sociale. Tentativo che deve avere esito negativo e infruttuoso affinchè si possa esperire l’azione di
responsabilità contro gli amministratori. La fattispecie è quella della responsabilità commissiva o omissiva nella quale,
come già visto per la responsabilità nei confronti della società, gli amministratori si sottraggono o svolgono attività che
risultano non essere inerenti alle loro funzioni e obblighi di amministrazione tra i quali vi è l’obbligo di conservazione
dell’integrità del patrimonio sociale. Quindi è possibile che già la società si avvii. E se così fosse gli amministratori non
posso rispondere per due volte, ai creditori e alla società. Una eventuale azione dei creditori è ritenuta da alcuni
un’azione surrogatoria. La natura dell’azione sociale dei creditori è oggetto di discussione in dottrina e giurisprudenza,
quindi se l’azione di responsabilità dei creditori abbia natura di azione autonoma rispetto all’azione sociale oppure
abbia natura di un’azione sociale esercitata in via surrogatoria dai creditori sociali. Se si riconosce l’azione natura
surrogatoria si avranno i seguenti effetti:
- quanto percepito dagli amministratori a titolo di risarcimento andrà a diretto vantaggio della società ed i
creditori ne avranno solo un beneficio indiretto, in quanto viene incrementato il patrimonio sociale;
- gli amministratori potranno opporre ai creditori tutte le eccezioni opponibili alla società;
- la società dovrà partecipare necessariamente al giudizio.
Da alcuni pare preferibile la tesi dell’autonomia dell’azione, anche per la considerazione che l’ordinamento prevede
una pluralità di azioni di responsabilità fondate su diversi presupposti e con diversa causa pretendi. Unica differenza è
che i creditori non posso sottrarsi dalla società.
Onere probatorio. L’onere probatorio in capo ai creditori e amministratori risulta essere differente per la tipologia e/o
categoria della responsabilità sociale degli amministratori nei confronti dei creditori sociali. Infatti oggetto di
discussione è anche la tipologia di responsabilità. Sul piano processuale ovviamente varia. L’onere probatorio in sede di
contrattuale è più lieve rispetto al provare una responsabilità extracontrattuale. Sia in dottrina che giurisprudenza ci si
divide. Forse una responsabilità contrattuale. Se si ritiene che sia una:
- contrattuale, è ovvio far sorgere responsabilità dall’inadempimento di una obbligazione, sia pure posta dalla
legge. In questo caso il creditore oltre a provare l’insufficienza patrimoniale e il nesso di causalità atto-danno,
deve provare l’inadempimento (senza dover provare l’animus dell’amministratore) e l’amministratore
provare l’assenza di colpa;
- extracontrattuale, il creditore oltre a provare l’insufficienza patrimoniale e il nesso di causalità atto-danno,
deve provare sia l’inadempimento che l’esistenza del dolo e della colpa.
In entrambi i casi come già detto causa della responsabilità non è solo la violazione di una precisa regola o obbligo di
comportamento, ma anche una colpevole cattiva gestione che comporta l’insufficienza del patrimonio sociale a
soddisfare i creditori.
Prescrizione. Il termine quinquennale dell'azione non decorre dal momento della commissione dei fatti integrativi
della responsabilità, ma da quello successivo del verificarsi dell'insufficienza del patrimonio sociale al
soddisfacimento dei debiti, in quanto conoscibile ai creditori. La rinuncia non produce normalmente alcun effetto
benefico per il patrimonio sociale, sicché non risulta idonea a precludere l'azione di responsabilità dei creditori. La
transazione comporta il dovere di risarcimento del pregiudizio arrecato.
Responsabilità nei confronti dei soci o terzi. Il legislatore all’art 2395 cc prevede anche una responsabilità
dell’amministratore “cattivo gestore” nei confronti dei singoli soci e dei terzi. Causa di questa responsabilità ritenuta di
natura extracontrattuale è un atto illecito, doloso o colposo, che viene compiuto in violazione dei doveri funzionali e
lede direttamente il patrimonio personale del singolo socio o terzo danneggiati. Il comportamento degli
amministratori è illecito, per colpa o per dolo, se viola i doveri specifici relativi alla loro carica o quelli generali stabiliti
dalla legge a tutela dei terzi. L’amministratore non è responsabile nei casi seguenti:
- se il danno è provocato dall’inopportunità delle scelte gestionali e della loro incidenza negativa sul
patrimonio del socio o del terzo. In questo caso non è presente il fatto illecito, cioè un comportamento che
caratterizzato dalla violazione degli obblighi specifici, inerenti alla carica, o generali, stabiliti dall’ordinamento
a tutela dei diritti dei terzi. Ricordando che l’amministratore è legato alla società secondo sia un rapporto
lavorativo contrattuale sia un’obbligazione di mezzi, secondo la quale svolge una serie di attività
nell’espletamento delle sue funzioni a prescindere dal risultato;
- se il danno è provocato dall’inadempimento contrattuale della società.
Il socio o il terzo subisce un comportamento doloso o colposo che è fonte di un danno diretto alla vittima. Si richiede
unicamente che il danno causato dagli amministratori abbia investito in via immediata il patrimonio personale del
socio o del terzo, non ha importanza se il danno sia prodotto dagli amministratori nell’espletamento delle loro
funzioni, o sia ricollegabile ad un inadempimento della società o che il danno sia stato prodotto dagli amministratori
nello svolgimento di attività nell’interesse della società o a vantaggio di essa. Con questi presupposti la responsabilità
degli amministratori nei confronti dei soci o terzi è ascrivibile nella categoria della responsabilità extracontrattuale e in
quanto tale il socio o il terzo deve provare:
- il comportamento illecito doloso o colposo degli amministratori;
- il danno subito;
- il nesso di causalità tra illecito e pregiudizio subito.
L’azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui si è verificato il fatto illecito che ha danneggiato il
socio o il terzo. Il terzo o il socio agisce personalmente nei confronti dell’amministratore, il terzo può agire
cumulativamente. L’azione è proposta mediante atto di citazione da notificare personalmente agli amministratori e non
alla società, come avviene per le altre tipologie di responsabilità degli amministratori.
Azione di responsabilità sociale esperita dal curatore fallimentare contro amministratori e/o sindaci. Ai sensi della
sentenza n. 24175 depositata il 04.12.2015, Corte di Cassazione, Sezione Prima. Pres. Di Palma, Rel. Lamorgese,
l’azione di responsabilità sociale, esperita dal curatore nei confronti dei sindaci e degli amministratori a norma dell’art.
146 L.F., racchiude in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c. ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della fallita.
Essa è posta in essere nel momento in cui il patrimonio sociale non risulti sufficiente a soddisfare i creditori della
società fallita e si manifesti, dunque, la diminuzione patrimoniale, fonte di danni e del pregiudizio che la società non
avrebbe subito in mancanza del comportamento illegittimo degli amministratori e dei sindaci. Il curatore è libero di
scegliere quale delle due azioni (azione sociale nei confronti della società ai sensi del 2393 cc o azione di responsabilità
nei confronti del ceto creditorio ai sensi del 2394 cc) ma diverso sarà il regime della decorrenza del termine di
prescrizione e l’onere probatorio.
I giudici cassazionisti sottolineano il fatto che, nell’ambito della decorrenza del termine di prescrizione che anche se
quinquennale per entrambe le azioni, quella ex art. 2394 c.c. riguardante la responsabilità verso i creditori sociali,
decorre non dal momento in cui i creditori stessi abbiano avuto effettiva conoscenza dell’insufficienza patrimoniale
(che a sua volta, dipendendo dalla insufficienza della garanzia patrimoniale generica, non corrisponde allo stato di
insolvenza o alla perdita sociale) ma dal momento, che può essere anteriore o posteriore al fallimento, in cui essi
abbiano avuto effettiva conoscenza dello stato di grave e definitivo squilibrio del patrimonio sociale.
Ma cercando di evitare l’eccessivo carico probatorio per il curatore, tenuto a provare l’oggettiva percepibilità
dell’insufficienza del patrimonio a soddisfare i crediti sociali, sorge una presunzione iuris tantum di coincidenza tra
dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spetta all’ex amministratore dare la prova
contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale. Si ribadisce quindi che il
termine di prescrizione quinquennale dell’azione dei creditori sociali inizi a decorrere dal momento in cui si verifica
l’insufficienza del patrimonio sociale; momento che non coincide necessariamente con il determinarsi dello stato di
insolvenza, potendo essere anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento. Risulta inoltre ovvio che
l’insufficienza patrimoniale deve presentarsi come oggettivamente conoscibile dai relativi creditori. L’onere della prova
della preesistenza dello stato di insufficienza patrimoniale della società rispetto al fallimento ricade sul soggetto che,
convenuto in giudizio a seguito dell’esperimento dell’azione di responsabilità, eccepisca l’avvenuta prescrizione della
stessa azione.
Invece nei riguardi dell’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c., il termine prescrizionale decorre dal momento
in cui il danno diventa oggettivamente percepibile all’esterno, essendosi manifestato nella sfera patrimoniale della
società.
Le due azioni si differenziano nei presupposti, il curatore può esperirle cumulativamente o individualmente:
- la responsabilità degli amministratori e dei sindaci può essere dunque fatta valere con riferimento tanto ai
presupposti dell’azione dei creditori sociali (insufficienza dell’attivo provocata dalla inosservanza di obblighi
attinenti alla conservazione del patrimonio sociale),
- la responsabilità degli amministratori e dei sindaci può essere dunque fatta valere con riferimento ai
presupposti dell’azione sociale (danni cagionati dalla violazione dei doveri generici o specifici imposti ad
amministratori e sindaci).
Se il curatore fallimentare, riconoscendo che l’azione sociale di responsabilità si prescrive nel termine di cinque anni
dalla cessazione dell’amministratore dalla carica, opti per un esercizio cumulativo della stessa con l’azione di
responsabilità nei confronti del ceto creditorio (ex art 2394 cc) egli può beneficiare del più ampio termine
prescrizionale consentitogli da quest’ultima azione.
Ai sensi dell’art. 2394 bis c.c., in caso di fallimento della società legittimato attivamente è il curatore fallimentare, e
quindi i creditori perdono la loro legittimazione se l’azione è stata promossa prima del fallimento. Da alcuni ritenuta
infatti, l’azione del curatore, un’azione di natura surrogatoria: in quanto il curatore fallimentare si sostituisce al
creditore. Egli ha diritto di esercitare le stesse azioni (ex art. 2393 e 2394 c.c.) che prima del fallimento potevano
essere esercitate dalla società e dai soci.
In tema di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società fallita, compete al curatore dare la
prova dell’esistenza del danno e del nesso di causalità, ma è ammessa la possibilità di un’inversione dell’onere della
prova qualora la mancanza o l’irregolare tenuta delle scritture contabili rendano quella prova impossibile.
Comportamenti che integrano la condotta inadempiente (di cui è stato accusato) di specifici obblighi di legge in capo
agli amministratori.

Differenze tra azione sociale e azione di responsabilità degli amministratori nei confronti del ceto
creditorio. L’azione sociale di responsabilità, anche se esercitata dal curatore fallimentare, ha natura contrattuale, in
quanto trova la sua fonte nella violazione degli obblighi specifici individuati nei doveri imposti agli amministratori dalla
legge o dall’atto costitutivo, oppure nell’inadempimento dell’obbligo generico di vigilanza o di intervento preventivo e
successivo.
L’azione di responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali costituisce conseguenza
dell’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e presuppone l’assenza
di un preesistente vincolo obbligatorio tra le parti ed un comportamento doloso o colposo dell’amministratore volto in
maniera commissiva o omissiva ad una diminuzione del patrimonio sociale, in maniera tale da rendere lo stesso
insufficiente ad assolvere alla sua funzione di garanzia generica creditoria (ex art. 2740 c.c.); con conseguente diritto
del creditore sociale di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in
grado di consentirgli.
Scioglimento e liquidazione della Spa.
- Scioglimento. Decisione o evento che scioglie il rapporto societario. Prima fase di un complesso procedimento
che, partendo dalla cessazione della società, arriva al venir meno della stessa Liquidazione.
- Liquidazione. Fase finale della vita aziendale. Conseguenza del verificarsi di una causa di scioglimento
Cancellazione.
- Cancellazione. Consiste nell’iscrizione del Registro delle Imprese. Comporta l’estinzione della società.

Fase di scioglimento.
Cause di scioglimento.
- Decorso del termine. La società normalmente se non a tempo indeterminato ha una scadenza. Dopo la quale
si apre la procedura di liquidazione.
- Conseguimento dell'oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo. Soprattutto nelle società
costituite per determinati obiettivi, opere o lavori.
- Impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell'assemblea. Tra le quali si collocano i dissidi tra i
soci, a causa dei quali ad esempio non vengono approvati bilanci, causa di scioglimento per impossibilità di
funzionamento.
- Riduzione del capitale al disotto del minimo legale.
- Assenza di utili o riserve sufficienti per acquisire le azioni inoptate o non collocate presso terzi dopo il recesso
del socio. Se un socio decide di recedere, e la società non riesce a vendere la sua quota, deve rimborsare il
conferimento, con utili accumulati o riserve accantonate. Se non riesce nell’azione di rimborso la società si
scioglie.
- Mancato acquisto della quota del socio escluso da parte di altri soci / terzi e in assenza di riserve disponibili
- Per deliberazione dell'assemblea. Decide anticipatamente di sciogliere la società.
- Altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto o dalla legge.
- Apertura della procedura di liquidazione giudiziale e della liquidazione controllata, dalla riforma in materia
fallimentare. Precedentemente la società sarebbe resistita con un patrimonio svuotato.
Eccezioni per lo scioglimento:
- Decorso del termine. Tranne per le società contratte a tempo indeterminato;
- Conseguimento o sopravvenuta impossibilità. Salvo che l'assemblea convocata senza indugio deliberi
all’unanimità le opportune modifiche statutarie
- Riduzione del capitale al disotto del minimo legale. Salva la situazione in cui l’assemblea deliberi di ridurre il
capitale e il contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo ammissibile, o la
trasformazione della società.
Doveri degli amministratori. Gli amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati
alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione di quanto detto in
precedenza, o per atti non finalizzati alla conservazione del patrimonio. In caso di ritardo o omissione, gli
amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti da soci, società, terzi e creditori. Gli
amministratori devono attivarsi senza indugio per effettuare:
- Accertamento della verifica della causa di scioglimento;
- Redazione di verbale per dare atto della causa di scioglimento tra quelle precedentemente viste;
- Iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese.
In mancanza, il tribunale, su istanza di singoli soci, amministratori o sindaci, accertata la causa di scioglimento e il suo
verificarsi, emette decreto con il quale attesta che si sia appunto verificata la causa di scioglimento. Vi possono essere
casi in cui la causa è incerta causando ritardo nell’azione degli amministratori.
Il decreto inteso come provvedimento non definitivo, il tribunale sulla verifica rapida della situazione attesta lo
scioglimento, non decide su una eventuale controversia. La quale sarebbe decide con una sentenza.
Dal verificarsi della causa di scioglimento e fino al subentro dei liquidatori, gli amministratori conservano il potere di
gestione della società ai fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, non possono
intraprendere nuove iniziative ma devono azionarsi urgentemente per evitare ulteriori danni. Gli amministratori sono
personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati a società, soci, terzi e creditori per atti non finalizzati alla
conservazione del patrimonio.
Danno risarcibile. Il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui
l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale
procedura, e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento, detratti i costi
sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al
compimento della liquidazione. Se mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre
ragioni il patrimonio netto non può essere determinato, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e
passivo accertati nella procedura.
Decorrenza dello scioglimento. Lo scioglimento decorre:
- In caso di dichiarazione degli amministratori di accertamento della causa di scioglimento dalla data di
iscrizione nel Registro delle Imprese;
- In caso di scioglimento deliberato dall’assemblea dalla data in cui il notaio (in quanto assemblea
straordinaria) iscrive la delibera nel Registro delle Imprese;
- Nelle particolari cause di scioglimento previste dall’atto costitutivo dall’assolvimento degli obblighi pubblicitari
ivi previsti.
Convocazione dell’assemblea. Gli amministratori, contestualmente all'accertamento della causa di scioglimento,
debbono convocare l'assemblea dei soci perché deliberi, con le maggioranze previste, per le modificazioni dell'atto
costitutivo o dello statuto; in assenza, vi provvede il tribunale su istanza di singoli soci, sindaci o amministratori e può
adottare con decreto le decisioni necessarie. L’assemblea provvede a deliberare per le opportune modifiche statuarie
affinchè vi sia eliminazione della causa e conseguentemente si eviti l’apertura della liquidazione. I casi in cui
l’assemblea deliberi precedentemente alla nomina dei liquidatori sono:
- di conseguimento (o relativa impossibilità) dell’oggetto sociale;
- di riduzione del capitale al disotto del limite legale;
- di adozione della delibera di scioglimento.
Dopo che l’assemblea provveda in ciò o se l’assemblea precedentemente vi ha già provveduto, oltre alla nomina dei
liquidatori decide su:
- Numero dei liquidatori e regole di funzionamento del collegio in caso di pluralità di liquidatori;
- Nomina dei liquidatori, con indicazione di quelli cui spetta la rappresentanza della società;
- Criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione;
- Poteri dei liquidatori, con particolare riguardo alla cessione dell'azienda, di rami di essa, o anche di singoli beni o
diritti, o blocchi di essi. La vendita dell’intera azienda risulta difficile in quanto non attiva e in quanto è difficile
trovare un acquirente disposto ad acquistarla nel suo intero;
- Atti necessari per la conservazione del valore dell'impresa, compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli
rami, in funzione del migliore realizzo.
La nomina dei liquidatori e la determinazione dei loro poteri, o le loro modificazioni, devono essere iscritte nel registro
delle imprese. Alla denominazione sociale deve essere aggiunta l'indicazione di “società in liquidazione”. Le
disposizioni sulle decisioni dei soci, sulle assemblee e sugli organi amministrativi e di controllo si applicano, in quanto
compatibili, anche durante la liquidazione. Una volta intervenuta l’iscrizione gli amministratori cessano dalla loro
carica. Inoltre sono tenuti a consegnare ai liquidatori:
- I libri sociali;
- Una situazione dei conti alla data di effetto dello scioglimento;
- Un rendiconto sulla loro gestione relativo al periodo successivo all'ultimo bilancio approvato.
Fase di liquidazione.
Durante la liquidazione si ha una trasformazione in denaro delle attività, in maniera tale che venga utilizzato per
estinguere le passività, solo ciò che rimane viene distribuito tra i soci. Solo dopo avviene la cessazione in assoluto
dell’attività aziendale. Le tipologie di liquidazione sono:
- volontaria, per volontà dei soci;
- forzata, quando è imposta da cause indipendenti dalla volontà dei soci.
Revoca della liquidazione. La società esiste finché non viene iscritta la cancellazione presso il registro delle
imprese; per cui la società può revocare lo stato di liquidazione con l’eliminazione della causa di scioglimento con
delibera dell’assemblea in sede straordinaria presa con le maggioranze richieste per le modifiche statuarie (non serve
l’unanimità). La revoca ha effetto:
- dopo i 60 gg dall’iscrizione della delibera se i creditori non danno immediatamente consenso;
- immediatamente se i creditori diano immediatamente consenso o se avviene immediato pagamento dei
creditori dissenzienti (in quanto ritrovano più conveniente la soddisfazione del loro credito).
Poteri dei liquidatori. Hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società, devono
adempiere i loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell'incarico. Sono responsabili per i
danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri dalla stessa disciplina disciplinante la responsabilità degli
amministratori.
I liquidatori se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, possono chiedere
proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti. Non possono ripartire tra i soci acconti sul risultato della
liquidazione, salvo che dai bilanci risulti che per la presenza di un opportuno patrimonio, la ripartizione non incide
sulla integrale e tempestiva soddisfazione dei creditori sociali. Sono personalmente e solidalmente responsabili per i
danni cagionati ai creditori sociali con la violazione dei precedenti doveri.
Revoca dei liquidatori. La revoca avviene se vi è giusta causa:
- dall’assemblea, o;
- dal tribunale su istanza di soci, sindaci o P.M..
Le disposizioni relative alla redazione del bilancio sono applicate anche in tema di liquidazione. I liquidatori devono
redigere bilancio e presentarlo entro gli stessi termini per il deposito dei bilanci ordinari.
Contenuto del bilancio. Nella relazione i liquidatori devono illustrare l’andamento della liquidazione e le
prospettive dell’attività liquidatoria. Nelle note integrative devono indicare i criteri adottati e adottabili, solitamente
diversi da quelli utilizzati nella redazione del bilancio. Nel primo bilancio successivo alla loro nomina i liquidatori
devono indicare le variazioni nei criteri di valutazione adottati rispetto all'ultimo bilancio approvato, e le ragioni e
conseguenze di tali variazioni. Al medesimo bilancio deve essere allegata la documentazione consegnata dagli
amministratori ai liquidatori, quindi i libri sociali, situazione dei conti alla data di scioglimento e rendiconto sulla loro
gestione relativo al periodo successivo all'ultimo bilancio approvato con le eventuali osservazioni dei liquidatori.
Quando sia prevista esercizio provvisorio per continuità aziendale o vendita dell’azienda o una parte di essa, le relative
poste di bilancio devono avere una indicazione separata; la relazione deve indicare le ragioni e le prospettive della
continuazione; la nota integrativa deve indicare e motivare i criteri di valutazione adottati. Qualora per oltre tre anni
consecutivi non venga depositato il bilancio di cui sopra, la società è cancellata d'ufficio dal registro delle imprese.
Dopo la liquidazione i liquidatori redigono il bilancio finale di liquidazione, in cui viene contabilizzato quanto
fatto e viene indicato quanto spetta nella ripartizione dell’attivo ad ogni singolo socio. Il bilancio viene sottoscritto dai
liquidatori e accompagnato dalla relazione dei sindaci e del revisore, esso è depositato presso l'ufficio del registro delle
imprese.
Reclamo dei soci. Nei 90 giorni successivi all'iscrizione del bilancio finale di liquidazione ogni socio può
proporre reclamo davanti al tribunale in contraddittorio dei liquidatori. Entro i cinque giorni successivi alla
presentazione del reclamo, il cancelliere comunica la notizia in via telematica, ai fini dell'annotazione, al competente
ufficio del registro delle imprese. I reclami devono essere riuniti e decisi in unico giudizio, nel quale tutti i soci
possono intervenire. La decisione e la sentenza che decide sugli stessi ha inizio quando sia decorso il termine suddetto
e ha efficacia anche nei confronti dei soci non intervenuti. Un estratto della sentenza definitiva che decide sul reclamo
è annotata ai margini del bilancio depositato presso l’ufficio del registro delle imprese.
Decorsi 90 giorni senza che siano stati proposti reclami, il bilancio finale di liquidazione s'intende tacitamente
approvato. I liquidatori, salvi i loro obblighi relativi alla distribuzione dell'attivo risultante dal bilancio, sono liberati di
fronte ai soci. Si ha approvazione del bilancio se anche prima dei 90 giorni i soci accettano la distribuzione dell’attivo e
rilasciano quietanza, rilasciata senza riserve all’atto del pagamento dell’ultima quota di riparto, importa approvazione
del bilancio.
L’attivo spettante ai soci non riscosso, devono essere depositate presso una banca entro 90 gg con l’indicazione del
nome del socio e numeri delle azioni possedute. Approvato il bilancio finale di liquidazione i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal Registro delle imprese.
Decorsi 5 gg dalla scadenza dei 90 gg (termine consentito per promuovere eventuali reclami) che intercorrono dal
deposito del bilancio finale di liquidazione si ritiene esso tacitamente approvato e, il conservatore del registro delle
imprese iscrive la cancellazione della società qualora non riceva notizia della presentazione di reclami da parte del
cancelliere.
Creditori sociali insoddisfatti. Dopo la cancellazione vi sono però situazioni in cui i creditori sociali non
soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino all’importo (ingiustamente riscosso, in quanto
sarebbe dovuto andare a favore dei creditori prima di loro) da questi riscosse nella ripartizione finale dell’attivo residuo
in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di
questi. Compiuta la liquidazione, la distribuzione dell'attivo o il deposito delle somme non riscosse, i libri della società
devono essere depositati e conservati per 10 anni presso l'ufficio del registro delle imprese, e chiunque può
esaminarli.
Effetti della cancellazione. Ha effetto costitutivo, come per la costituzione. Con la cancellazione dal Registro
delle Imprese si verifica a pieno titolo l’estinzione della società, indipendentemente dalla sussistenza o meno di
creditori insoddisfatti. Gli ex soci sono responsabili nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o
illimitatamente delle obbligazioni contratte. I soci acquistano beni e diritti non compresi nel bilancio di liquidazione
della società cessata a patto che siano liquidi ed esigibili e non in corso di accertamento giudiziale.
Sopravvenienze passive. Emergono dopo la cancellazione, sono debiti della società che emergono dopo la
cancellazione della società, che i liquidatori non ne hanno tenuto conto. I creditori ne hanno diritto anche se la società
è cancellata. La riforma ritiene che se vi sono debiti che emergono successivamente che non vengono ricoperte
neanche dalle somme ingiustamente riscosse, la società viene dichiarata fallita, solo se la sopravvenienza passiva sia
emersa entro la data di cancellazione o entro l’anno successivo.
Diritto di recesso del socio.
Le clausole che ammettono il diritto di recesso del socio si distinguono in:
- clausole legali:
o clausole legali derogabili;
o clausole legali inderogabili;
- clausole statuarie.
Tra le clausole legali inderogabili, previste dal legislatore all’art 2437 cc, si annoverano:
I. Modifica della clausola dell’oggetto sociale se consente cambiamento significativo attività sociale. La modifica
per essere rilevante agli effetti del recesso, l’oggetto sociale originario deve essere sostituito da uno nuovo del
tutto diverso, tale da modificare radicalmente le condizioni di rischio in presenza delle quali l’azionista aveva
aderito alla società, ad esempio cessione di azienda o di un ramo d’azienda.
II. Società a tempo indeterminato. Se la società è a tempo indeterminato (e non è quotata) il socio può recedere
in qualsiasi momento dando un preavviso di 180 giorni che può essere prolungato sino ad un anno dall’atto
costitutivo.
III. Trasformazione della società.
IV. Trasferimento della sede sociale all’estero. La fattispecie giustifica il recesso in considerazione
dell’assoggettamento ad un diverso regime giuridico.
V. Revoca dello stato di liquidazione. È una causa di recesso giustificata dalla decisione di eliminare la causa di
scioglimento riportando la società nella situazione anteriore.
VI. Introduzione o soppressione nello statuto di clausole compromissorie. L’atto costitutivo può comprendere
clausole compromissorie, cioè clausole dirette a devolvere ad arbitri la decisione di controversie in questo
caso la loro introduzione o soppressione attribuisce ai soci il diritto di recesso.
VII. Esclusione dalla quotazione. Nelle società quotate la delibera che comporta esclusione dalla quotazione,
attribuisce ai soci che non hanno concorso alla deliberazione il diritto di recesso.
VIII. Delibere relative all’eliminazione di clausole di proroga e su vincoli alla circolazione delle azioni e di clausole
previste dallo statuto. Questa è ritenuta una causa derogabili. Hanno diritto di recesso i soci che non hanno
concorso alle deliberazioni riguardanti l’eliminazione, anche di una sola, delle seguenti cause che a loro volta
legittimano il recesso.
a. clausole di proroga dei termini di durata della società;
b. clausole che introducono o rimuovono vincoli alla circolazione delle azioni (ad esempio clausole di
gradimento, clausole di prelazione, diritti di riscatto);
c. altre clausole di recesso convenzionali, cioè previste dall’autonomia statutaria e non dalla legge
IX. Modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso. Si tratta di mutamenti dei criteri
della liquidazione della partecipazione in caso di recesso che comportano un’alterazione della partecipazione
del socio recedente a carico della società.
X. Modifica delle clausole relative al diritto di voto o di partecipazione.
XI. Revisione di stima.
XII. Recesso nei gruppi di società. Ogni socio ha diritto di recedere quando siano modificate le condizioni,
originariamente previste, della società cui partecipa in conseguenza di decisioni della società controllante o
dal comportamento dei suoi amministratori.
XIII. Clausole di limitazione alla circolazione delle azioni, le clausole statutarie che condizionano il trasferimento
delle azioni nominative al mero gradimento (cioè immotivato ed insindacabile) di organi sociali o altri soci
devono prevedere il diritto di recesso dell’alienante.

E' nullo ogni patto volto ad escludere o rendere piu' gravoso l'esercizio del diritto di recesso nelle ipotesi precedenti.
Le ipotesi derogabili. Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno
concorso all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:
a) la proroga del termine;
b) l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.

Clausole di recesso statutarie. La norma concede all’autonomia statutaria di influenzare notevolmente il diritto di
recesso, sia escludendone l’operatività che prevedendo ulteriori cause di recesso per le società chiuse, nelle quali
risulta più difficile recedere. Le delibere che sopprimono cause di recesso convenzionali, attribuiscono un diritto di
recesso inderogabile ai soci che non hanno concorso alle deliberazioni.
Le cause statutarie sono quelle determinate dall'atto costitutivo. Lo statuto può prevedere il recesso per giusta causa o
il recesso ad nutum, in quest'ultimo caso con preavviso di 180 giorni.
I termini e le modalità di esercizio del diritto di recesso devono essere stabiliti dall'atto costitutivo. Il diritto di recesso
può essere esercitato mediante lettera raccomandata spedita entro 15 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese
della delibera che legittima il recesso.
Il recesso è privo di efficacia se la società revoca la delibera che lo legittima. Il rimborso delle partecipazioni per cui è
stato esercitato il recesso deve essere eseguito entro 180 giorni. Si tratta di termine inderogabile. La legge riconosce il
diritto di recesso a tutti i soci che non hanno concorso alle delibere di cui all’art. 2347 c.c., vale a dire ai soci, comunque
non consenzienti: contrari, assenti, astenuti.
Termini e modalità di esercizio. Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita
entro quindici giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l'indicazione delle
generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della
categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene esercitato. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da
una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio.
Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la
sede sociale.
Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro novanta giorni, la società revoca
la delibera che lo legittima o se è deliberato lo scioglimento della società. La norma però non ci dice da che data
decorre il termine dei 90 giorni. Da un punto di vista giuridico la normativa non esprime esplicitamente se il recesso è
privo di efficacia secondo una condizione sospensiva o risolutiva. Se la prima, la mancata revoca siamo di fronte ad un
socio che rimane socio finché non siano decorsi i novanta giorni, quindi può esprimere il voto, percepire gli utili. Se, la
qualifichiamo come una condizione risolutiva della revoca, il socio solo per il fatto di aver fatto recesso è fuori dalla
società, la revoca eliminerebbe il presupposto del recesso consentendo al socio di poter rientrare.
Il socio ha diritto alla liquidazione delle azioni per le quali esercita il recesso. Il valore di liquidazione delle azioni è
determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale
dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché
dell'eventuale valore di mercato delle azioni. I soci hanno diritto di conoscere la determinazione del valore di cui al
secondo comma del presente articolo nei quindici giorni precedenti alla data fissata per l'assemblea; ciascun socio ha
diritto di prenderne visione e di ottenerne copia a proprie spese.
Aumento e riduzione del capitale sociale. La distinzione nominale e reale vale sia per le operazioni di aumento sia per
quelle di riduzione del capitale.
I versamenti fuori capitale sono le risorse attribuite a favore della società necessarie al perseguimento dell’oggetto
sociale, individuati in conferimenti fatti dai soci al di fuori del loro conferimento sottoscritto. Essi possono essere:
- Versamenti in conto capitale, quando la somma di danaro conferita è volta ad un diretto aumento del
patrimonio netto della società;
- Versamenti a fondo perduto fatti dai soci quando vi sono perdite, per ripianare le perdite stesse;
- Versamenti in conto futuro aumento di capitale, destinando anticipatamente delle somme a copertura del
costo dell’aumento di capitale.
Aumento reale e/o oneroso. È onerosa o reale l’operazione che comporta contestuale aumento del capitale e del
patrimonio. L'aumento di capitale reale o oneroso si realizza mediante l'emissione di nuove azioni a pagamento,
sottoscritte dagli stessi soci. L’aumento reale quindi avviene in due fasi: delibera assembleare di aumento e
sottoscrizione dei soci dell’aumento deliberato. Nella costituzione della società le fasi sono contestuali, in quanto i soci
in sede di assemblea iniziale di costituzione della società e quindi stipula dell’atto costitutivo si obbligano a versare
conferimenti che secondo la disciplina apposita possono essere beni in natura o in denaro, e contestualmente
sottoscrivono gli stessi conferimenti, ossia firmando la concessione si impegnano nell’adempimento del conferimento
di cui precedentemente si sono obbligati. In sede di aumento oneroso, questo non avviene: infatti ai sensi dell’art 2438
cc un aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano
interamente liberate.
Il legislatore afferma che per poter procedere all’aumento reale del capitale (non tanto alla delibera di aumento ma
bensì all’aumento effettivo, in quanto la società anche se non ha liberato interamente le azioni in precedentemente
emesse, può deliberare l’aumento ma non eseguirlo) occorre rispettare due condizioni:
1. liberazione delle azioni precedentemente emesse: ai fini di evitare la formazione di un capitale
rappresentato da crediti, che in caso di insolvenza risulterebbe difficile soddisfare. Per evitare ciò occorre
conferire, liberandosi così dall’impegno di farlo, quanto il socio o i soci si sono obbligati a conferire. Infatti per
azioni precedentemente emesse si intendono le azioni che sono già sottoscritte, ma non ancora integralmente
conferite;
2. assenza delle condizioni di riduzione del capitale sociale per perdite o reale. Parte della dottrina ritiene
invece che si possa procedere all’aumento reale del capitale anche se in corso vi è riduzione per perdite.
In caso di violazione dei suddetti limiti, gli amministratori sono solidalmente responsabili per i danni arrecati ai soci ed
ai terzi. Restano in ogni caso salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del
precedente comma.
Una specifica disciplina è dettata per la sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale. Il capitale aumentato
onerosamente ha bisogno una fase di “esecuzione” affinché l’aumento produca effetti. La fase di esecuzione
corrisponde alla sottoscrizione, il momento della sottoscrizione corrisponde al momento perfezionativo dal quale
l’aumento capitale sarà produttivo di effetti.
Il 2439 cc sottolinea che la deliberazione di aumento deve fissare il termine, non inferiore a 30 giorni dalla
pubblicazione dell’offerta, entro il quale le sottoscrizioni devono essere raccolte. Può però verificarsi che l’aumento di
capitale non sia integralmente sottoscritto. In tal caso, il capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni
raccolte soltanto se la deliberazione di aumento lo abbia espressamente previsto (caso di aumento scindibile, vedi
dopo). Per i conferimenti in sede di aumento del capitale sociale vale la disciplina esposta per i conferimenti al
momento della costituzione della società. I sottoscrittori delle azioni di nuova emissione devono, all'atto della
sottoscrizione, versare alla società almeno il 25% del valore nominale delle azioni sottoscritte. E se è previsto un
soprapprezzo, questo deve essere integralmente versato all'atto della sottoscrizione.
Il legislatore all’art 2439 cc disciplinando la materia di sottoscrizioni e dei relativi conferimenti differenzia la
sottoscrizione di aumento reale in:
- Contestuale, quando il momento della sottoscrizione coincide con quello del conferimento;
- Non contestuale, che si distingue in:
o Aumento scindibile. Quando l'aumento è efficace anche solo per una parte della somma deliberata e,
quindi, sarà valido qualunque sia il capitale sottoscritto entro un certo termine. Introdotto dal
legislatore al secondo comma dell’art 2439 cc quando afferma che “se l'aumento di capitale non è
integralmente sottoscritto entro il termine che, nell'osservanza di quelli stabiliti dall'articolo 2441,
secondo e terzo comma, deve risultare dalla deliberazione, il capitale è aumentato di un importo pari
alle sottoscrizioni raccolte soltanto se la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto.”
o Aumento inscindibile. Quando l’aumento ha efficacia solo per l'intera somma deliberata e, quindi,
solo quando sarà interamente sottoscritto.
Ai soci sottoscrittori delle nuove azioni emesse è riconosciuto il diritto di opzione ed eventuale diritto di prelazione;
viene anche riconosciuto ai terzi sottoscrittori, acquisendo così la qualità di socio.
Diritto di opzione. La procedura di aumento reale del capitale inizia da una proposta della società
rappresentata dalla delibera dell’assemblea, con la quale vengono offerte ai soci, in opzione, le azioni nascenti
dall’aumento, lasciando loro un termine di almeno trenta giorni dalla pubblicazione dell'offerta nel registro delle
imprese. Il diritto di opzione e prelazione in questo caso è disciplinato dall’art 2441 cc.
La ragione per cui è previsto è che si intende garantire ai soci le stesse posizioni sociali che possedevano anche prima
dell’aumento. Il diritto di opzione è un diritto dei soci che sorge al momento dell’emissione di nuove azioni. È concesso
a favore del socio sottoscrittore in proporzione al numero delle azioni possedute. Infatti in capo al socio sorge un
diritto potestativo a cui segue la posizione di soggezione della società. Il diritto di opzione ha per oggetto le azioni di
nuova emissione. Il legislatore al secondo comma dell’art 2441 prevede un diritto di prelazione nell'acquisto delle
azioni rimaste non optate, per i soci che ne facciano richiesta, in proporzione ancora una volta alle azioni possedute.
Nei casi consentiti dall'art. 2441 c.c., la S.p.A. può escludere e/o limitare il diritto di opzione dei soci, offrendo a terzi la
sottoscrizione di tutte o parte delle azioni di nuova emissione. Oppure è il singolo socio a decidere autonomamente di
non esercitare il diritto di opzione o perché intende cederlo a terzi, a titolo gratuito od oneroso, o perché,
semplicemente, sceglie di rinunziarvi.
Il diritto di opzione dei soci può essere escluso:
- In presenza di un interesse sociale;
- In presenza di conferimento in natura da parte di un socio, o da parte di un terzo;
- In presenza di offerta delle stesse ai dipendenti societari.
La normativa prevede un obbligo di depositare una relazione in ordine alle ragioni che hanno portato alle limitazioni
del diritto di opzione in quanto rientra nel principio maggioritario, fondamento della società.
Aumento gratuito del capitale sociale. È realizzato mediante imputazione a capitale di riserve e fondi
disponibili iscritti già in bilancio. Quindi già esistenti nel patrimonio sociale. Dal punto di vista contabile, il passaggio
delle riserve e dei fondi al capitale implica solo un trasferimento da un conto all'altro del passivo del bilancio.
L'aumento gratuito ha efficacia immediata e comporta un'immediata modifica dell'atto costitutivo, che può essere
iscritta nel registro delle imprese. Le riserve utilizzabili sono:
- le riserve statuarie, allorquando clausole statuarie prevedono che una certa somma debbano essere imputata
nell’aumento del capitale;
- le riserve facoltative, l’assemblea sociale in sede di approvazione del bilancio decide che una certa somma
debba essere imputata in riserva;
- le riserve sovrapprezzo costituite dal sovrapprezzo versato dai soci;
- la riserva legale, disciplinata dall’art 2430 cc. Il legislatore ci dice che dagli utili netti annuali deve essere
dedotta una somma corrispondente almeno alla ventesima parte di essi per costituire una riserva, fino a che
questa non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale. La riserva deve essere reintegrata se viene diminuita
per qualsiasi ragione. Si tratta di una riserva obbligatoria, in quanto l'assemblea che approva il bilancio è
obbligata a procedere all'accantonamento del ventesimo degli utili.
È discusso se la riserva legale sia o meno disponibile per l'aumento del capitale. La riserva legale è
obbligatoria nei limiti del quinto del capitale sociale, quindi si considera pacificamente disponibile la parte di
riserva legale eccedente il quinto del capitale sociale. Ciò che si discute è se sia disponibile anche la parte non
eccedente il quinto di riserva. Infatti:
o Secondo parte della dottrina la riserva legale è disponibile per l'aumento di capitale, ciò perché la
norma prevede che la riserva che "viene diminuita per qualunque ragione", e tra queste ragioni può
rientrarvi l'aumento di capitale, deve essere poi reintegrata.
o Secondo altra parte della dottrina e della giurisprudenza, la riserva legale è indisponibile ai fini
dell'aumento gratuito del capitale. La ratio di tale schieramento è che la funzione propria di tale
riserva è quella di favorire la stabilità del capitale.
Le riserve non utilizzabili sono la riserva azioni proprie e gli utili di esercizio, in quanto fondi non iscritti nel bilancio.
Modalità di attuazione. L'aumento gratuito può essere attuato in due modi:
1) emissione di nuove azioni: le azioni di nuova emissione devono avere le stesse caratteristiche di quelle in
circolazione e devono essere assegnate gratuitamente agli azionisti in proporzione di quelle già possedute. Se
nell’aumento oneroso i soci sono liberi nell’emissione di nuove azioni. Nell’aumento gratuito ai sensi del
principio di omogeneità, le azioni di nuova emissione devono essere nelle stesse proporzioni e della stessa
categoria di quelle in circolazione.;
2) aumento del valore nominale delle azioni in circolazione.
Aumento delegato. Se di regola l’aumento del capitale sociale è materia dell’assemblea in seduta
straordinaria. L’aumento delegato è appunto delegato all’organo amministrativo. Lo statuto può attribuire agli
amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo
massimo di cinque anni dalla data dell'iscrizione della società nel registro delle imprese. Si ritiene delegabile sia
l’aumento oneroso che quello gratuito. La delega può essere contenuta nello statuto sociale o può essere inserita
successivamente mediante modificazione dello statuto. Il legislatore fissa due limiti:
1) la delega deve indicare l'ammontare massimo dell'aumento che l'organo amministrativo può decidere;
2) il potere degli amministratori deve essere esercitato entro un periodo massimo di cinque anni, ma la delega
si ritiene rinnovabile.
Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il capitale deve essere redatto da un notaio e
depositato e iscritto nel registro delle imprese. Potrebbe essere consentita agli amministratori anche la facoltà di
deliberare in merito all’esclusione o limitazione del diritto di opzione dei soci, ma lo statuto deve determinare i criteri.
Se tale facoltà è attribuita con modifica dello statuto è necessaria la maggioranza qualificata prevista per l’esclusione
del diritto di opzione.
Riduzione reale del capitale. La riduzione del capitale e del patrimonio riduce le forme di garanzia dei
creditori. La riduzione del capitale sociale è reale quando la riduzione nominale dell’entità del capitale è accompagnata
da una contestuale riduzione del patrimonio netto della società. Affinché vi possa essere riduzione reale del capitale
sociale devono essere rispettati diversi presupposti:
- l'operazione non deve ridurre il capitale sociale al di sotto del minimo legale.
- devono essere rispettati i limiti all'emissione delle obbligazioni di cui all'art. 2412.
- Vi deve essere assenza di perdite.
L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione.
Modalità di attuazione. La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci
dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, viene rimborsato il capitale e
non i singoli conferimenti, quindi viene conferito a favore del socio o una certa somma di denaro per ciascuna azione o
un'intera azione per ogni certo numero di azioni possedute. Altre modalità di attuazione della riduzione reale sono:
- Riscatto e annullamento, acquistando azioni e annullando la loro emissione;
- Passaggio di parte del capitale a riserva, uguale ma inverso di quanto accade nell’aumento gratuito;
- Assegnazione di beni in natura ai soci, esattamente come nel rimborso del capitale. Il problema si
risconterebbe quando essendo previsto dalla normativa, occorre il consenso dei soci. Inoltre risulta difficile
rispettare il principio di omogeneità, e infine costituirebbe diminuzione della tutela creditoria, in quanto il
valore dei beni assegnati a favore dei soci non è conosciuto;
- Sorteggio di azioni e rimborso alla pari ai portatori, ai soci sorteggiati e rimborsati vengono distribuite azioni
di godimento.
Le azioni di godimento, sono azioni attribuite al possessore di azioni ordinarie, in sostituzione di esse, quando in
seguito alla riduzione del capitale sociale ne sia stato rimborsato il valore nominale. Le azioni di godimento assicurano
determinati diritti patrimoniali (partecipazione agli utili), ma sono caratterizzate anche da alcune limitazioni; esse sono
prive del diritto di voto, a meno che lo statuto non stabilisca diversamente. Le azioni di godimento vengono emesse
quando la società delibera la riduzione del capitale sociale. Quindi il rimborso avviene in riferimento al valore
nominale; se il valore reale risulta superiore al valore nominale, la società per un principio di parità nei confronti di
coloro che non sono stati rimborsati, può offrire loro delle azioni di godimento che attribuiscono ai titolari diritti
residuali, partecipano quindi all'utile che residua dopo aver attribuito ai possessori delle altre azioni un utile pari
all'interesse legale (5%).
Opposizione dei creditori. La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno
dell'iscrizione nel registro delle imprese, a meno che entro questo termine i creditori sociali anteriori all'iscrizione
abbiano fatto opposizione. Decorsi i 90 giorni la deliberazione di riduzione del capitale si ritiene eseguibile. Il tribunale,
quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia,
dispone che l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione.
Riduzione per perdite o riduzione nominale. Consiste in un’operazione di carattere puramente contabile
come anche l’operazione di aumento nominale, volta ad adeguare la cifra del capitale sociale nominale all’effettivo
minor valore del patrimonio netto. La riduzione manifesta una già avvenuta ed effettiva diminuzione dell’entità del
patrimonio sociale, che si è già prodotta per effetto di perdite. La perdita si ha quando il valore del patrimonio netto
della società è inferiore alla cifra del capitale sociale. La riduzione del capitale per perdite è una modifica nominale del
capitale sociale. Quindi ancora una volta, si utilizza l’aggettivo nominale perché non comporta alcuna riduzione del
patrimonio sociale che si è già ridotto per effetto delle perdite. La riduzione nominale non danneggia i creditori sociali,
infatti il legislatore non prevede facoltà di opposizione, come invece è prevista per la riduzione reale. Il legislatore
inoltre impone certi limiti alla riduzione nominale per perdite:
- In caso della presenza delle perdite la società non può ripartire gli utili finché il capitale non sarà ridotto in
misura corrispondente, e;
- la società non può aumentare il capitale se non prima procede alla riduzione dello stesso.
In base all'entità delle perdite, la riduzione del capitale può essere facoltativa od obbligatoria:
1) Riduzione nominale obbligatoria. (primo comma art 2446 cc) Quando la perdita è superiore al terzo
del capitale. Anche se nell’ipotesi di rinvio a nuovo in un primo momento può risultare una riduzione
facoltativa e poi, trascorso un anno, obbligatoria;
2) Riduzione nominale facoltativa. (secondo comma art 2446 cc) Quando la perdita è inferiore al terzo
del capitale.
Riduzione per perdite superiori al terzo del capitale sociale. Gli amministratori devono convocare l'assemblea
straordinaria per gli opportuni provvedimenti. L’assemblea ha il compito di redigere bilancio straordinario,
comprensivo, quindi, dello stato patrimoniale, del conto economico e della nota integrativa. La giurisprudenza ritiene
che tale documento contabile debba essere aggiornato a non oltre 120 giorni. L'assemblea straordinaria è convocata
per gli opportuni provvedimenti. Gli opportuni provvedimenti sono i seguenti:
a) Riduzione del capitale in proporzione alle perdite accertate mediante una riduzione del valore nominale delle
azioni in circolazione, il valore nominale delle azioni è diminuito ma resta invariato il loro numero;
b) Rinvio a nuovo. Si fa decorrere un anno, se le perdite non sono state ripianate la riduzione del capitale diverrà
obbligatoria. Infatti in questo caso la riduzione potrebbe essere in un primo momento una riduzione
facoltativa e successivamente, trascorso un anno, obbligatoria;
c) Versamenti a fondo perduto;
d) Trasformazione.
Trascorso, dunque, un anno, se le perdite non si sono ridotte, l'assemblea ordinaria è obbligata a procedere alla
riduzione del capitale. La competenza dell'assemblea ordinaria è un'ipotesi eccezionale perché per le modifiche dello
statuto è competente l'assemblea straordinaria.
In questa ipotesi è l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio. Per
inerzia di entrambi, gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga
disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico
ministero, con decreto, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori.
Riduzione per perdite inferiori al terzo del capitale sociale. Per la riduzione reale oltre al terzo del capitale sociale
occorre che la perdita scenda sotto il minimo legale. In questo caso gli amministratori o il consiglio di gestione e, in
caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione
del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la
trasformazione della società. Quindi i provvedimenti adottabili sono:
- Riduzione e contestuale aumento;
- Trasformazione;
- Versamenti a fondo perduto. Non da tutti ritenuti validi in quanto andrebbero a mascherare le perdite,
diminuendo garanzia creditoria in quanto i creditori devono esserne a conoscenza.
Se la perdita porta ad un valore negativo il capitale, una prima ricostruzione dottrinale ritiene che le modalità
operative sono riduzione del capitale sociale a zero, delibera un aumento, e le restanti perdite sono ripianate a fondo
perdute da conferimenti dei soci. Altra modalità è quella chiamata dell’altalena. Si individua in una sottoscrizione
contestuale dell’aumento, aumento interamente sottoscritto e rilevato. E una riduzione per perdite successiva. Un’altra
eventuale modalità è la delibera con sovrapprezzo, nella quale l’aumento successivamente prevede un obbligo di
sottoscrizione di un sovrapprezzo tale da essere una somma pari al ripianamento necessario delle perdite residue.
Se i soci non procedono alla perdita verificatasi, la società si trova già in stato di scioglimento. La mancata adozione
provoca direttamente la liquidazione in cui l’oggetto sociale non è più il perseguimento dello scopo sociale ma
soddisfacimento del creditore. L’adozione sarebbe risoluzione della causa di scioglimento.
Patrimonio destinati ad uno specifico affare. Introdotti nel artt 2447 bis e successivi: disciplinano i patrimoni destinati
ad uno specifico affare. Caratteristica è che la sua destinazione comporta distinzione dei creditori, i creditori dello
specifico affare si possono rivalere sul solo patrimonio dello specifico affare. La società può:
a) costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare. In questo
caso i patrimoni destinati non possono essere costituiti per un valore complessivamente superiore al dieci per
cento del patrimonio netto della società e non possono comunque essere costituiti per l'esercizio di affari
attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali;
b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parziale del
finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso, o parte di essi.
Obbligo di tenuta delle scritture contabili.
obbligo di tenuta delle scritture contabili previsto dall’art.2214 cc. La contabilità si occupa delle rilevazioni quantitative
dell’azienda. Dal punto di vista economico aziendale, una rilevazione contabile consiste sia nella raccolta sia nella
elaborazione di dati relativi alla gestione, allo scopo di rappresentarli ed interpretarli. Le rilevazioni contabili si
concretizzano nelle scritture contabili, le quali appunto compongono la contabilità. La contabilità ha dunque lo scopo
di fornire informazioni sull’andamento della gestione aziendale. I diversi obiettivi della contabilità aziendale sono:
1) Rilevare i fatti di gestione
2) Determinare i risultati della gestione
3) Interpretare i risultati della gestione
Determinare i risultati significa quantificare il reddito di un’azienda. Il reddito è definito come la variazione (positiva o
negativa) subita dal patrimonio per effetto della gestione. il patrimonio è l’insieme coordinato di beni che sono a
disposizione dell’azienda. Il bilancio redatto a fine anno, può affermare il verificarsi delle seguenti situazioni:
1- il valore finale del patrimonio è maggiore di quello inziale, l’azienda consegue un utile, ossia un reddito positivo.
2- il valore finale del patrimonio è diminuito, decremento patrimoniale. L’azienda subisce ina perdita, ossia un reddito
negativo.
3- uguaglianza di valori tra attivo e passivo.
Il metodo di compilazione dei è caratterizzato dai seguenti principi che denotano la modalità della partita doppia. I
fattori di gestione si riferiscono a due aspetti: originario (finanziario) e derivato (economico), cioè conseguente al
primo. I conti delle due sezioni sono bisezionali, una sezione dare e un avere, si utilizza una stessa moneta di conto.
Art 2214 cc (obbligo di tenuta delle scritture) si dispongono i libri cui l’imprenditore che esercita attività
commerciale ha l’obbligo di tenuta: libro giornale, degli inventari, della normativa IVA, registro dei beni ammortizzabili
e scritture ausiliarie. Questi sono i libri complementari ai libri contabili, esplicativi degli stessi. Oltre a questi vi sono i
libri contabili obbligatori a fini civilistici. Entro il 16 marzo di ogni anno si è tenuti al pagamento della tassa annuale su
libri e registri contabili. Al terzo comma il legislatore ci dice che sono esclusi dalla tenuta i piccoli imprenditori, anche
se è tenuto sempre ai registri fiscali ai fini IVA. I soggetti obbligati invece sono indicati dall’art 13 del DPR n 600/1973.
Regimi contabili. Il regime dice come si deve rilevare le scritture, è la modalità di tenuta. Il regime contabile e
fiscale sono sinonimi, è l’insieme delle regole e istruzioni che goni azienda e professionista deve adottare per la tenuta
della contabilità, ai fini della determinazione del reddito, delle imposte e dell’Iva. Determinare il regime a cui si fa
parte, è fondamentale in quanto da questi derivano obblighi fiscali e legali. I regimi adottati sono: quello ordinario,
forfettario e quello semplificato per cassa. Il regime semplificato prevede una minor quantità di adempimenti rispetto
alla tenuta delle scritture contabili. Rientrano gli imprenditori commerciali che hanno ricavi non superiori a 500 mila
euro nel caso di attività di prestazione di servizi, o 800 mila per le esercenti di altre attività. Il regime ordinario è
obbligatorio per le Società per Azioni, cooperative e mutue assicuratrici.
Il libro giornale deve indicare giorno per giorno e in ordine cronologico tutte le operazioni effettuate
dall’imprenditore. Le registrazioni devono essere effettuate entro 60 giorni dal loro accadimento.
Il libro degli inventari – l’inventario dei beni aziendali e dei debiti comprensivo di costi e ricavi deve redigersi
all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno. Va trascritto nel relativo libro entro tre mesi dal
termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Il registro dei beni ammortizzabili contiene le informazioni relative alle movimentazioni delle
immobilizzazioni materiali ed immateriali. Le immobilizzazioni è tutto ciò di durevole. Non è obbligatorio a fini civilistici
ma a fini fiscali.
Le scritture ausiliarie di magazzino obbligatorio quanto la società consegue dei ricavi superiori a 5 milioni e
l’ammontare delle rimanenze non superiori al valore di 1 milione.
I libri IVA obbligatori per i soggetti in contabilità ordinaria sia semplificata, riassume tutte le transazioni e le
operazioni attive e passive che rientrano nell’ambito della normativa IVA. Vi è all’interno il registro iVA fatture in cui
entro 15 gg dalla prestazione devono essere elncate cronologicamente le fatture. Poi il registra IVA acquisti in cui si è
obbligati a riportare tutte le fatture e le autofatture e le bollette doganali acquistate.
I libri sociali sono obbligatori nelle società di capitali, si annoverano i libri dei soci, libro delle obbligazioni,
libro delle adunanze e delle deliberazioni degli obbligazionisti, delle assemblee sociali, del C.d.A. o A.U., degli
obbligazionisti e del collegio sindacale. I libri contabili devono essere numerati, e sia quelli che obbligatori che
facoltativi devono essere tenuti senza spazi in bianco, abrasioni, cancellature, in generale deve potersi leggere tutte le
parole. I libri sociali devono essere sia numerati che bollati presso R.I.. l’art 2220 cc disciplina che debbano essere
tenuti per 10 anni presso la sede della società.
Il bilancio d’esercizio.
Le finalità del bilancio d’esercizio sono:
- Rappresentare la situazione finanziaria e il quadro del patrimonio aziendale alla chiusura dell’esercizio.
- Evidenziare l’andamento della gestione economica della società.
La redazione del bilancio è affidata agli amministratori della società. La compilazione è disciplinata dal codice civile.
Obbligo di allegarlo alla dichiarazione dei redditi. Applicare i criteri di valutazione ex art. 2426 C.C.
I destinatari del bilancio sono, tra gli Stakeholders interni: Imprenditore o soci di maggioranza (stockholders),
Amministratori, Management e il Personale dipendente. E tra gli STAKEHOLDERS ESTERNI: Soci di minoranza
(stockholders), Finanziatori (banche, obbligazionisti, investitori istituzionali, …), Fornitori, Clienti e Comunità locale,
nazionale e internazionale. Assolve a due importanti funzioni, ad una funzione informativa: sulla gestione aziendale;
sul patrimonio e sul valore dei redditi realizzati, e una funzione di controllo, da parte dei soci, sull’impego dell’utile;
sulla redditività del loro investimento; sull’operato degli amministratori. Da parte degli Stakeholders: sulla continuità e
stabilità dell’attività aziendale; ulla puntualità delle scadenze contrattuali; e sulla regolarità delle azioni poste in essere.
Il bilancio è il documento di derivazione contabile, composto da scritture di assestamento la situazione contabile finale.
Il bilancio esprime la situazione contabile finale:
- Situazione Patrimoniale, in quanto espone il patrimonio di funzionamento;
- Situazione Economica, in quanto espone i componenti positivi e negativi del risultato economico d’esercizio.
Le scritture di assestamento quelle scritture che devono essere fatte a fine anno in via obbligatoria
Composizione. Le parti del bilancio sono: 1- situazione patrimoniale, ossia lo stato patrimoniale; 2- nota
integrativa; 3-situazione economica, espone i componenti positivi e negativi del risultato economico d’esercizio.
Con il d.lgs 139/2015, che ha recepito la direttiva comunitaria n. 34/2013, il bilancio di esercizio si è arricchito di un
nuovo documento, il rendiconto finanziario. Quindi oggi il bilancio, ai sensi dell’art. 2423 c.c. è composto da quattro
documenti. Risulta obbligatorio solo per le imprese che per due esercizi consecutivi superano almeno due di questi tre
parametri:
1) numero dipendenti maggiore di 50 unità;
2) totale ricavi maggiore di 8.800.000 €;
3) totale attivo maggiore di 4.400.000 €.
Il Rendiconto F. ci consegna diverse informazioni tra le quali:
i. la variazione di liquidità intervenuta nelle casse sociali tra l’1/1 e il 31/12 di ogni anno;
ii. l’origine della variazione di liquidità manifestatasi nelle casse sociali.
Il bilancio viene redatto in base a:
- Principi fondamentali derivanti dall’2423 cc. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in
modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico (art.
2423 C.C.): la chiarezza, verità e correttezza sono detti anche postulati di bilancio.
o Chiarezza. Per consentire la necessaria chiarezza devono essere rispettati gli obblighi di rispettare gli
schemi di bilancio, il divieto di raggruppare le voci e il divieto di operare compensazioni tra valori di
bilancio di segno opposto.
o Verità e correttezza. Il bilancio di esercizio deve offrire un “quadro fedele” della situazione aziendale.
Gli amministratori che redigono il bilancio devono operare correttamente le stime e le iscrizioni delle
diverse voci. Pertanto essi devono agire in buona fede, oltre che attenersi alle regole di valutazione
stabilite dalla legge e infine seguire le corrette regole contabili.
Un bilancio “veritiero e corretto” è quindi inteso come bilancio “attendibile”, che si avvicina al vero.
Susseguono gli obblighi di fornire informazioni complementari e aggiuntive utili ad una adeguata
informazione; di derogare dalla legge, in casi eccezionali, quando questa non consente un’adeguata
rappresentazione
Nei casi eccezionali in deroga della legge deve essere intesa come “eccezionalità gestionale”.
L’espressione “casi eccezionali” non significa che la deroga è impiegabile “una tantum” o
sporadicamente secondo la discrezionalità degli amministratori. Il ricorso alla deroga deve trovare
fondata e motivata giustificazione nell’esistenza di uno scenario gestionale del tutto atipico o
imprevedibile, ove tra l’altro l’applicazione ortodossa delle norme avrebbe l’effetto di fare travisare ai
terzi la realtà fattuale.
- Principi generali di redazione del bilancio, indicati nell’art 2423 bis cc all’interno del quale distinguiamo:
o Continuità. Tutte le valutazioni devono essere effettuate con il presupposto del funzionamento
aziendale, nella prospettiva che l’azienda continui nel tempo la sua attività nonché tenendo conto
della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato. Questo significa che le
valutazioni non devono essere effettuate come se si volesse liquidare il patrimonio vendendo tutti i
beni, e pagando tutti i debiti, ma tenendo presente le evoluzioni future cui parteciperanno i beni
oggetto di valutazione.
o Prudenza. Nella redazione del bilancio bisogna: contabilizzare le perdite e gli oneri anche se incerti e
solo presunti, contabilizzare componenti positivi solo se effettivamente realizzati alla chiusura
dell’esercizio; non contabilizzare utili derivanti da incrementi patrimoniali che non siano certi e
durevoli; tener conto dei rischi e delle perdite di competenza anche se conosciuti dopo la chiusura
dell’esercizio.
o Competenza. Si deve tener conto degli oneri e dei ricavi solamente se imputabili economicamente
all’esercizio, indipendentemente dal pagamento e dall’incasso. I costi di competenza sono quelli
maturati nell’ esercizio relativi a beni e servizi utilizzati nel periodo considerato. I ricavi si considerano
di competenza quando sono maturati nell’esercizio e hanno avuto il corrispettivo costo.
o Valutazione separata. Gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati
separatamente.
o Costanza. I criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro.
- Principi contabili sono le regole stilate da OIC e IASB/ISFR. Vi sono regole tecniche, di interpretazione e
integrazione della legge ispirate alla migliore prassi operativa, cui bisogna far riferimento per la redazione di
un documento contabile. I principi contabili nazionali interpretano ed integrano i principi dettati dal codice
civile e rappresentano il migliore iter operativo per la redazione del bilancio d’esercizio in materia di
contabilizzazione delle operazioni di gestione, applicazione dei criteri di valutazione ed esposizione dei valori
nel bilancio. L’OIC (Organismo Italiano di Contabilità) è l’istituto nazionale per i principi contabili ed è stato
istituito il 27 novembre 2001. Nasce dall’esigenza di costruire uno standard setter contabile a livello nazionale.
Tra le sue funzioni ci sono:
o emanare e revisionare i principi contabili nazionali;
o partecipare all’elaborazione dei principi contabili internazionali adottati in Europa;
o quando richiesto, supportare l’attività del parlamento e degli altri organi governativi in materia di
normativa contabile.
I principi contabili internazionali fino al 2001 si chiamavano IAS (International Accounting Standard)
poi con il loro aggiornamento il nome è mutato in IFRS (International Financial Reporting Standard). La loro
finalità è quella di armonizzare le regole contabili dei paesi membri dell’UE in modo da rendere comparabili
le informazioni contenute nei bilanci.
Stato patrimoniale. Può essere attivo e passivo. Lo stato patrimoniale attivo è dato da:
- Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti. Accoglie i crediti che la società vanta nei confronti dei propri
soci, o azionisti (in caso di Spa), relativamente ai conferimenti in denaro deliberati, sottoscritti e non ancora
versati, sia in sede di costituzione della società, sia nella fase di aumento di capitale sociale (in un momento
successivo a quello della costituzione);
- Immobilizzazioni, sia immateriali (quali costi di impianto e ampliamento, costi di ricerca, sviluppo e pubblicità,
diritti di brevetto industriale, diritti di opere di ingegno, concessioni, licenze, marchi, avviamento), sia
materiali (terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali e altri beni), sia
finanziarie (partecipazioni in società controllate, società collegate e altre società);
- Attivo Circolante, costituito dalle rimanenze (materie prime, sussidiarie e di consumo, semilavorati, prodotti
finiti e merci), crediti (verso clienti, verso società controllate, verso società collegate, tributari e verso altri) e
dalle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni e dalla disponibilità liquide come depositi
bancari, postali e denaro e valori in cassa;
- Ratei e risconti.
Lo stato patrimoniale passivo è costituito da:
- Patrimonio Netto, ossia:
o il capitale sociale, Il c.s. rappresenta il valore delle somme e dei beni conferiti dai soci, a titolo di
capitale di rischio, all’atto di costituzione della società. Esso è suddiviso in quote /azioni di pari
valore che sono assegnate ai soci in proporzione alla parte di capitale da essi sottoscritta e
versata;
o le riserve, individuate nella riserva da sovrapprezzo azioni, riserve legali, riserve statutarie e altre
riserve;
o l’utile (perdita dell’esercizio);
- Fondi per rischi e oneri, gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati a coprire soltanto perdite o
debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio
sono indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza.
o Fondi spese: fondi destinati a coprire uscite future di competenza economica dell’esercizio, certe
nell’esistenza ma alla data del bilancio ancora indeterminate nell’ammontare e/o nella data di
sopravvenienza.
o Fondi rischi: le passività potenziali destinate a coprire spese o perdite che probabilmente (ma
non sicuramente) si verificheranno in futuro ma che traggono origine da eventi specifici relativi
all’esercizio in chiusura; sono indeterminati nell’ammontare e/o nella data di sopravvenienza.
- Trattamento di fine rapporto lavoro subordinato;
- Debiti, debiti verso soci per finanziamenti, debiti verso banche e/o istituti di credito, debiti verso altri
finanziatori: obbligazioni, altri titoli di credito, debiti verso società: collegate, controllate, controllanti,
debiti verso fornitori, debiti tributari, debiti verso istituti previdenziali e altri debiti.
- Ratei e risconti.
o I ratei sono quote di costi o di proventi di competenza di più esercizi, in parte già maturati
nell'esercizio in corso (e nei precedenti) che avranno manifestazione numeraria negli esercizi
successivi.
 I ratei attivi rappresentano quote di proventi di competenza dell’esercizio cui si riferisce
il bilancio, che avranno manifestazione finanziaria in esercizi successivi.
 I ratei passivi rappresentano quote di costi di competenza dell’esercizio cui si riferisce il
bilancio, che avranno manifestazione finanziaria in esercizi successivi.
o I risconti sono quote di costi o di proventi già sostenuti o conseguiti nell'esercizio in chiusura (o
in esercizi precedenti), ma di competenza dell'esercizio o degli esercizi successivi.
 I risconti attivi rappresentano quote di costi che hanno avuto manifestazione finanziaria
nel corso dell’esercizio in chiusura o in precedenti esercizi, ma sono di competenza di
uno o più esercizi successivi. Essi rappresentano la quota parte dei costi rinviata ad uno
o più esercizi successivi.
 I risconti passivi rappresentano quote di proventi che hanno avuto manifestazione
finanziaria nel corso dell’esercizio in chiusura o in precedenti esercizi ma sono di
competenza di uno o più esercizi successivi. Essi rappresentano la quota parte dei
proventi rinviata ad uno o più esercizi successivi.
Conto economico.
- Valore della produzione. Contiene tutti gli elementi che concorrono alla determinazione della produzione
ottenuta indipendentemente dall’effettiva vendita del prodotto.
- Costi della produzione. Costi inerenti al valore della produzione, quindi risultano strettamente correlati con i
valori inseriti nella lettera A. Sono classificati per natura, ovvero in base alla causa economica che li ha
generati.
- Proventi e oneri finanziari. Componenti reddituali connessi alla gestione finanziaria, ovvero costi e ricavi che si
generano inseguito a finanziamenti ottenuti o concessi e dalle attività finanziarie.
- Rettifiche di valore di attività finanziarie. Componenti reddituali attinenti alle attività finanziarie di origine
valutativa in sede di assestamento (svalutazioni e rivalutazioni di partecipazioni, immobilizzazioni, titoli).
- Proventi e oneri straordinari. Componenti reddituali della gestione straordinaria. Non si fa riferimento alla
eccezionalità o anormalità di un evento, bensì alla sua estraneità alla gestione ordinaria.
Nota Integrativa. La nota integrativa ha la funzione di ampliare la comprensibilità e la chiarezza dello Stato
patrimoniale e del conto economico, attraverso informazioni complementari inerenti le voci e i valori in essi esposti e
le motivazioni delle scelte operate. Contiene:
• Le motivazioni delle eventuali deroghe operate a tutela della rappresentazione veritiera e corretta;
• Illustrazione dei criteri di valutazione adottati
• Movimenti verificatisi nell’esercizio nelle voci di Stato patrimoniale
• Dettagli e informazioni su alcune voci di Stato patrimoniale
• Dettagli e informazioni su alcune voci di conto economico
• Informazioni supplementari utili per la corretta e completa lettura del bilancio
Rendiconto finanziario. Dal rendiconto finanziario risultano, per l’esercizio a cui è riferito il bilancio e per quello
precedente, l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all’inizio e alla fine dell’esercizio, ed i flussi
finanziari dell’esercizio derivanti dall’attività operativa, da quella di investimento, da quella di finanziamento, ivi
comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci. La liquidità aziendale deriva da tre aree: quella
reddituale/operativa; quella degli investimenti; quella finanziaria. Il flusso finanziario operativo/reddituale: è quel
flusso di liquidità che deriva dalla differenza tra le entrate monetarie e le uscite monetarie derivanti dai componenti
positivi e negativi di reddito contabilizzati nel documento di conto economico (art. 2425 c.c.). Il flusso finanziario degli
investimenti: è dato dalla differenza dei flussi di liquidità in entrata e in uscita derivanti rispettivamente dai
disinvestimenti in immobilizzazioni e in attività finanziarie non immobilizzate e dagli investimenti in immobilizzazioni e
in attività finanziarie non immobilizzate. Tali investimenti e disinvestimenti vengono contabilizzati nello stato
patrimoniale. Tale flusso di liquidità deriva dalla differenza tra le entrate e le uscite monetarie derivanti dalle risorse
finanziarie di rischio e di credito.
I Criteri di valutazione previsti dal codice civile (art. 2426 C.C.). Il principio generale è quello del costo, inteso
come l’insieme degli oneri sostenuti dall’azienda per l’acquisizione o la produzione di un determinato bene. Al costo
deve essere sottratto periodicamente il valore dell’ammortamento, un procedimento amministrativo-contabile con cui
il costo di un bene viene ripartito nel corso di più esercizi. Eccezioni al criterio del costo d’acquisto o di produzione
sono:
• Criterio del patrimonio netto (per le partecipazioni in società controllate o collegate);
• Criterio del valore presumibile di realizzazione (per i crediti);
• Criterio del «Fair Value;
Per costo di acquisto si intende il costo del bene + oneri accessori sostenuti per l’acquisto relativi al bene acquistato
(installazione, collaudo, immatricolazione, trasporto). Per costi sostenuti per fabbricare il prodotto (costi diretti) + oneri
finanziari sostenuti per produrre il bene (interessi passivi) per il periodo previsto per la fabbricazione del prodotto fino
al momento dell’utilizzo del bene.
Ai sensi dell’Art. 2426 C.C. p.to 2 le immobilizzazioni materiali immateriali devono essere sistematicamente
ammortizzate in ogni esercizio. Per ammortizzare il bene bisogna tener conto:
• della vita utile del bene;
• del costo storico ed il relativo valore contabile;
• del criterio adottato per ammortizzare il bene.
Le rimanenze devono essere valutate al costo di acquisto o produzione interna, senza possibilità di operare maggiori
valutazioni, ma con l’obbligo di procedere alla loro svalutazione nel caso in cui il valore di realizzazione desumibile dall’
andamento del mercato sia inferiore.
Allegati del bilancio. Gli allegati al bilancio d’esercizio sono:
- RELAZIONE SULLA GESTIONE. E’ una relazione degli amministratori contenente un'analisi fedele, equilibrata
ed esauriente della situazione della società e dell'andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso
e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi,
ai ricavi e agli investimenti, nonchè una descrizione dei principali rischi a cui è esposta. L'analisi di cui al primo
comma è coerente con l'entità e la complessità degli affari della società. L'analisi contiene riferimenti agli
importi riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi su di essi.
- RELAZIONE DEL COLLEGIO SINDACALE. La relazione del Collegio Sindacale ha per oggetto il resoconto
dell’attività svolta e dei risultati da questa raggiunti.
- RELAZIONE DELLA SOCIETA’ DI REVISIONE (Per LE SOCIETA’ QUOTATE);
- COPIA DEL VERBALE D’APPROVAZIONE DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA.
Trasformazione.
Operazione straordinaria con cui, la società cambia la propria veste giuridica. La trasformazione è un istituto di
carattere generale, per cui tutti gli enti possono cambiare la loro veste. Da qui si comprende la differenza tra
trasformazione omogenea, con cui la società adotta una forma societaria differente, sempre nell’ambito delle società
lucrative, solitamente da società di capitali a società di persone o viceversa, e la trasformazione eterogenea ossia la
trasformazione che parte da una società o ente a un’altra società o ente, cambia sia la veste giuridica che lo scopo.
La modifica della veste da un punto di vista giuridico, l’art 2498 cc sancisce il principio di continuità, per cui l’ente
trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la
trasformazione. È un fenomeno meramente modificativo. Quando l’ente si trasforma il capitale tendenzialmente non
varia, anche se è possibile procedere con una riduzione o aumento, modifiche in ogni caso indipendenti alla
trasformazione. Quanto ai rapporti processuali è regola generale che la trasformazione produce la successione a titolo
particolare, ai sensi dell'art. 111 del c.p.c. e, pertanto, incombe alla società risultante dalla trasformazione l'onere di
provare, in caso di contestazione della controparte, la propria legittimazione ad impugnare la sentenza resa nei
confronti della società preesistente, dimostrando di identificarsi con la stessa in relazione alla trasformazione.
L’aumento è necessario quando vi è ad esempio una trasformazione da Srl a Spa, in quanto il capitale minimo varia. La
trasformazione si verifica in un singolo momento, se una società di persone non occorre un metodo assembleare a
differenza delle spa in cui occorre il metodo assembleare.
Ai sensi dell’art 2500 cc la trasformazione in Spa, in Sapa o a Srl deve risultare da atto pubblico, contenente le
indicazioni previste dalla legge per l'atto di costituzione del tipo adottato. L'atto di trasformazione deve essere redatto
da notaio e si tratta di un unico atto pubblico, a differenza della fusione e della scissione in cui vi sono due atti: la
decisione e l'atto. Nella trasformazione l'unico atto è quello di decisione e non segue alcun atto esecutivo.
L'atto di trasformazione deve contenere le indicazioni previste dalla legge per l’atto costitutivo adottato. Alcune
indicazioni non sono necessarie, come le spese di costituzione e le generalità dei soci. Relativamente al regime
pubblicitario, la norma richiede una duplice pubblicità per la trasformazione: una per l'estinzione ed una per
la costituzione. Ne consegue che, in base ai soggetti della trasformazione, si effettuerà la pubblicità nel Registro delle
imprese per le società e nel Registro delle persone giuridiche per le associazioni o fondazioni.
Per quanto riguarda gli effetti, la trasformazione ha effetto dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari. Si tratta
di pubblicità costitutiva.
La dottrina ritiene ammissibile l'apposizione di un termine iniziale alla trasformazione, per applicazione
analogica degli artt. 2504 bis e 2506 quater c.c. in materia di fusione e scissione. La dottrina ritiene
ugualmente ammissibile l'apposizione di una condizione sospensiva alla trasformazione purché sia possibile
effettuare la pubblicità dell'evento condizionante nel Registro delle imprese. Non si ritiene ammissibile
l'apposizione di un termine finale o di una condizione risolutiva perché contrasterebbe con il principio di
stabilità degli effetti degli atti societari (2500 bis).
Si ritiene una pubblicità sanante in quanto l’invalidità dell’atto di trasformazione non può essere più pronunciata.

Trasformazione omogenea di società di persona in società di capitali. Si ritiene progressiva in quanto la


società di persona ha una disciplina meno complessa di quella derivante, ossia di quella della Spa. Salvo che non sia
diversamente disposto, la trasformazione di società di persone in società di capitali è decisa con il consenso della
maggioranza dei soci: al fine di favorire la trasformazione progressiva la disciplina deroga al principio generale di
unanimità sancito dall'art. 2252 c.c., è necessaria una clausola specifica che preveda l'unanimità proprio per la
trasformazione. Anche se la trasformazione è decisa a maggioranza, i soci di minoranza hanno due forme di tutela:
1) il recesso;
2) il consenso del socio che assume responsabilità illimitata (art. 2500 sexies, 1° comma).
Per poter esercitare il diritto di recesso, il socio non deve aver concorso alla decisione di trasformazione. È discusso se
al recesso si applichi la disciplina delle società di persone o delle società di capitali, prevalentemente è l’idea secondo
la quale il momento a cui fare riferimento per il diritto di recesso è quello dell'assunzione della delibera e non quello
della dichiarazione di recesso. Il capitale sociale della società risultante dalla trasformazione deve risultare da relazione
di stima o dalla documentazione ex art. 2343 ter. La relazione di stima è diretta alla tutela di interessi esterni a quelli
dei singoli soci, per cui non è mai rinunciabile da questi ultimi. Il capitale non deve necessariamente coincidere con
il patrimonio sociale, quindi non è necessario imputare tutto a patrimonio. La relazione di stima è necessaria
ogniqualvolta un ente diverso da una società di capitali si trasformi in società di capitali.
L’art 2500 quater ritiene che ciascun socio ha diritto all'assegnazione di un numero di azioni o di una quota
proporzionale alla sua partecipazione, salvo quanto disposto dai commi successivi dello stesso articolo.
L'indicazione della quota spettante a ciascun socio è requisito essenziale della decisione di trasformazione, la cui
mancanza renderebbe nullo l'atto.
È discusso se sia ammissibile un'assegnazione non proporzionale, nella quale mutano le percentuali di partecipazione
dei singoli soci, risulta ammissibile solo se deliberata dall'assemblea con il consenso di tutti i soci. Nei riguardi del
socio d’opera la dottrina prevalente ritiene che la partecipazione del socio d'opera sarebbe la partecipazione al
capitale. Per cui:
- se il conferimento d'opera è stato capitalizzato, al socio d'opera è assegnata una quota proporzionale alla
partecipazione al capitale;
- se il conferimento d'opera non è stato capitalizzato, al socio d'opera è assegnata una quota stabilita d'accordo
tra tutti i soci ovvero dal giudice.
Nell'ipotesi di mancata capitalizzazione si riduce proporzionalmente la quota degli altri soci. A seguito della
trasformazione, l'obbligo del socio di prestare l'opera continua. Se la trasformazione è in Spa o in Sapa, che non
prevedono socio d'opera, l'opera continuerà sotto forma di prestazioni accessorie ex art 2345 cc, se la trasformazione è
in Srl l'opera continuerà sotto forma di conferimento per cui sarà necessaria la fideiussione e relazione di stima.

Trasformazione omogenea di società di capitali in società di persone. Si ritiene digressiva. Tra gli opportuni
provvedimenti che la società avrebbe potuto optare per la riduzione del capitale vi è la trasformazione della Spa in
società di persone. L’art 2500 sexies ritiene che la deliberazione di trasformazione di società di capitali in Sp è adottata
con le maggioranze previste per le modifiche dello statuto. E' comunque richiesto il consenso dei soci che con la
trasformazione assumono responsabilità illimitata. Il legislatore tutela il socio dissenziente e in generale la minoranza
con:
1) la maggioranza qualificata in seconda convocazione;
2) il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata;
3) il diritto di recesso;
I soci dissenzienti alla trasformazione possono o recedere dalla società o prestare consenso singolare rispetto alla
responsabilità illimitata. Per quanto riguarda il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata, tale consenso
è richiesto solo per i soci che acquistano una responsabilità illimitata e non tanto per coloro che la mantengono. In via
generale si ritiene che chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni
sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio.
Gli amministratori devono redigere una relazione che illustri le motivazioni e gli effetti della trasformazione. I soci
possono rinunciare all'unanimità alla redazione della relazione illustrativa, al deposito della medesima presso la sede
sociale o al termine per il deposito stesso. La rinuncia può essere fatta sia prima che durante l'assemblea.
Si ritiene ammissibile la trasformazione non proporzionale, nella quale mutano le percentuali di partecipazione dei
singoli soci, purché vi sia il consenso di tutti i soci. Anche in pendenza dello stato di liquidazione la società può
trasformarsi, discutibile se come effetto della trasformazione vi è la revoca dello stato di liquidazione, ma si ritiene in
generale che non si revochi.

Trasformazione eterogenea da società di capitali a diverso ente. Le società di capitali si ritiene che possano
trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e
fondazioni. Si applica la disciplina dell’ente di destinazione.
Trasformazione eterogenea in società di capitali. Il legislatore all’art 2500 octies ritiene che i consorzi, le
società consortili, le comunioni d'azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni possono trasformarsi in una delle
società disciplinate nei capi V, VI e VII del presente titolo. La deliberazione di trasformazione deve essere assunta, nei
consorzi, con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consorziati; nelle comunioni di aziende all'unanimità;
nelle società consortili e nelle associazioni con la maggioranza richiesta dalla legge o dall'atto costitutivo per lo
scioglimento anticipato.
Comunioni d’azienda. Si caratterizza per l’assenza dell’attività d’impresa, in quanto la contitolarità di due o più
soggetti riguarda l’attività d’azienda, non propriamente l’attività d’impresa. La cui contitolarità comporterebbe
lo svolgimento di una società di fatto.
L'art. 2500 novies cc è posto a tutela dei creditori sociali. I creditori legittimati all'opposizione sono quelli anteriori
all'avvenuta pubblicità. L'opposizione dei creditori non invalida la trasformazione, posto che può intervenire soltanto
dopo l'iscrizione nel registro delle imprese dalla quale deriva l'effetto sanante ex art. 2500 bis. L'opposizione alla
trasformazione eterogenea ne sospende l'efficacia e, perciò, ha caratteristiche più simili all'opposizione dei creditori
nella fusione e nella scissione. La trasformazione eterogenea produce effetti decorsi 60 giorni dall'ultimo degli
adempimenti pubblicitari previsti dalla disciplina generale della società estinta e della disciplina della società nascente.
Nel caso di recesso di un socio da una Snc composta da due soli soci, qualora quello superstite non abbia
ricostituito la pluralità della compagine sociale ma decide di continuare l'attività aziendale come impresa individuale,
oltre a determinarsi lo scioglimento della società, non si realizza una trasformazione societaria, ma solo una
successione tra soggetti distinti, ossia tra colui che conferisce l'azienda (la società di persone in liquidazione) e la
persona fisica che ne è beneficiaria (il socio superstite).

Fusione.
Operazione straordinaria con cui due società si fondono, può essere fusione in senso stretto o propria quando si da vita
ad una nuova società, o per incorporazione quando una società incorpora una o più altre società.
Il procedimento di fusione è un istituto a fattispecie progressiva, occorre inizialmente la delibera sul progetto di
fusione, poi la decisione di fusione, fase in cui partecipano i soci delle società coinvolte e infine l’atto di fusione
deliberata dall’organo amministrativo.
La fusione si distingue in:
- fusione in senso stretto (o propria): si esegue mediante la costituzione di una nuova società e tutte le società
preesistenti si estinguono;
- fusione per incorporazione (o impropria): si esegue mediante l'incorporazione in una società di una o più
altre. In tal caso le società preesistenti si estinguono salvo una sola. Questa tipologia di fusione è la più
frequente nella prassi.
Carattere essenziale della fusione è che le azioni o quote della società risultante o incorporante sono assegnate ai soci
delle società fuse o incorporate e non alle società che si estinguono. Tale carattere distingue la fusione dal
conferimento di azienda da parte di società in altra società, in cui, invece, le azioni o quote della società conferitaria
sono assegnate alla società conferente.
Per quanto riguarda la natura giuridica la fusione è una mera modifica dell'atto costitutivo. Quindi anche per la
fusione vale il principio di continuità. La fusione non comporta il trasferimento dei beni, né successione di una società
ad altre.
La partecipazione alla fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione
dell'attivo. L’art 2501 cc stabilisce che non è consentita la partecipazione alla fusione alle società in liquidazione che
abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo. La dottrina prevalente ritiene che la fusione non comporti revoca implicita
della liquidazione in quanto, potendo agevolare le operazioni di liquidazione, è da considerarsi compatibile con la
liquidazione. Si parla, in tal caso, di fusione a scopo liquidativo. Ne consegue che a seguito della fusione la società resti
in stato di liquidazione; oppure la revoca della liquidazione sia espressa, la società delibera prima la revoca espressa
della liquidazione e poi la fusione, entrambe avranno effetto dopo 60 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese.
Progetto di fusione. L'organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione redige un progetto di
fusione, dal quale devono in ogni caso risultare:
1) il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla fusione;
2) l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante, con le eventuali
modificazioni derivanti dalla fusione;
3) il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l'eventuale conguaglio in danaro, che devono essere
assegnate alle società incorporate o coinvolte. Il rapporto di cambio delle azioni o quote è il rapporto per il
quale saranno assegnate, ai soci delle società che si estinguono, le azioni o quote della nuova società;
4) le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della società che risulta dalla fusione o di quella
incorporante;
5) la data dalla quale tali azioni o quote partecipano agli utili;
6) la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio
della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante;
7) il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di titoli diversi dalle
azioni;
8) i vantaggi particolari eventualmente proposti a favore dei soggetti cui compete l'amministrazione delle società
partecipanti alla fusione.
Il progetto di fusione è depositato per l'iscrizione nei registri delle imprese dei luoghi ove hanno sede tutte le società
partecipanti alla fusione, non nel registro delle imprese del luogo in cui avrà sede la società risultante dalla fusione
propria. Tra l'iscrizione del progetto e la decisione di fusione devono intercorrere almeno 30 giorni, salvo che i soci
rinuncino al termine con consenso unanime. Non è possibile rinunciare al deposito nel registro delle imprese, ma solo
al termine per il deposito stesso. Vige il dovere di allegare al progetto di fusione una serie di documenti e relazioni.
1- Relazione sulla situazione patrimoniale la cui redazione è di competenza dell'organo amministrativo delle
società partecipanti alla fusione, che deve inderogabilmente redigere le situazioni patrimoniali delle società stesse
riferite ad una data non anteriore a 120 giorni, al giorno in cui il progetto di fusione è depositato nella sede della
società. La situazione patrimoniale è redatta secondo le norme del bilancio straordinario secondo cui per le società di
capitali si tratta di un vero e proprio bilancio di fusione comprensivo dello stato patrimoniale, del conto economico, del
rendiconto finanziario e della nota integrativa, per le società di persone la norma deve essere coordinata con l'articolo
2217, che stabilisce che i requisiti del bilancio non devono essere quelli della disciplina del bilancio delle Spa.
2- Relazione dell’organo amministrativo deve illustrare e giustificare il progetto di fusione con riguardo
all'intera operazione nel suo complesso, tanto dal punto di vista giuridico quanto dal punto di vista economico, con
particolare riguardo agli obiettivi gestionali delle società partecipanti alla fusione e ai programmi formulati per il loro
conseguimento. Questo obbligo di completa ed esauriente motivazione contribuisce a limitare l'arbitrio degli
amministratori proponenti la fusione, dal momento che ad essi si chiede di spiegare perché la fusione si prospetti
conveniente per la società in quanto esercente una determinata attività economica. La relazione deve indicare i criteri
di determinazione del rapporto di cambio. Ai fini di tale determinazione non si deve considerare il valore contabile del
patrimonio sociale, ma quello effettivo.
3- Relazione degli esperti sul valore (che diviene relazione di stima quando viene coinvolta una società di
persone e la società di cui se ne avvantaggia è una Spa), il contenuto della relazione degli esperti sono la congruità del
rapporto di cambio e il parere circa l'adeguatezza e il metodo seguito dall'organo amministrativo nel fissare il rapporto
medesimo.
Gli esperti, quindi, non fissano il rapporto di cambio, che è compito esclusivo dell'organo amministrativo. Ne consegue
che la relazione degli esperti non è vincolante per l'assemblea, né impedisce la prosecuzione dell'operazione anche se
contiene parere negativo.
Decisione di fusione. L’approvazione è competenza dell’assemblea dei soci di ciascuna società. La fusione è
decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante approvazione del relativo progetto. Se l'atto costitutivo o
lo statuto non dispongono diversamente, tale approvazione avviene, nelle società di persone, con il consenso della
maggioranza dei soci (anche se di norma vige il quorum dell’unanimità) determinata secondo la parte attribuita a
ciascuno negli utili, salva la facoltà di recesso per il socio che non abbia consentito alla fusione. La fusione è decisa, non
deliberata, per cui si ritiene non sia necessaria l'approvazione del progetto in assemblea. La legge richiede il consenso
dei soci, o in assemblea o separatamente a seconda di quanto previsto dai patti sociali. Relativamente alla diversa
disposizione nei riguardi del quorum necessario per la decisione, la deroga dell'atto costitutivo cambia se:
- nelle società di persone è necessaria una clausola che preveda l'unanimità proprio nell'ipotesi specifica di
fusione;
- nelle società di capitali: nelle Srl lo statuto può prevedere un quorum minore, più elevato o l'unanimità; nelle
Spa non è possibile prevedere un quorum minore, è possibile prevederne uno più elevato, è discusso se sia
possibile prevedere l'unanimità.
Il recesso in caso di fusione è previsto per le società di persone e per le Srl, mentre non è previsto per le Spa in cui il
recesso è previsto solo per la trasformazione. Nella Spa la fusione costituisce causa di recesso solo se comporta la
trasformazione, oppure se comporta una ulteriore modificazione dello statuto per la quale, la legge o lo statuto stesso,
prevedano il recesso.
La deliberazione di fusione delle società ha la forma di verbale di assemblea e deve essere depositata per l'iscrizione
nel registro delle imprese con i seguenti documenti:
- progetto di fusione;
- bilanci degli ultimi tre esercizi delle società partecipanti alla fusione;
- situazioni patrimoniali delle società partecipanti alla fusione.
La decisione di fusione delle società semplici ha la forma di contratto e quindi per poter effettuare il deposito è
necessario il controllo notarile.
La decisione di fusione non può essere adottata oltre i 180 giorni dall'approvazione del bilancio o dalla redazione
patrimoniale aggiornata (2501 quater).
L’opposizione può essere effettuata da qualunque creditore la cui pretesa, di evitare un pregiudizio che subirebbero col
verificarsi della fusione, sia ragionevolmente fondata. L'opposizione ha natura contenziosa. Essa sarà accolta a seguito
di accertamento positivo circa la sussistenza del pregiudizio, vi deve essere concreto e attuale rischio patrimoniale per i
creditori, in quanto l’eventuale e possibile confusione tra i patrimoni potrebbe divenire causa di un affievolirsi della
garanzia patrimoniale che risiede nel patrimonio stesso della società. Il termine di 60 giorni è posto a pena di
decadenza.
L'atto di fusione non può essere perfezionato prima che sia decorso il termine per l'opposizione dei creditori, si ritiene
che l'atto di fusione stipulato in violazione della norma sia valido ma improduttivo di effetti erga omnes.
Atto di fusione. Decorsi i 60 giorni dalle iscrizioni, viene data esecuzione al progetto di fusione. L'atto di
fusione ha la natura giuridica e deve avere la forma dell’atto pubblico. La stipula dell'atto di fusione può avvenire una
volta che si siano verificate le condizioni previste dall'art. 2503, ossia:
- subito dopo le iscrizioni delle delibere di fusione, se consta il consenso dei creditori;
- dopo il decorso dei 2 mesi dall'ultima delle iscrizioni, se non vi siano opposizioni;
- nel corso del giudizio di opposizione, se così dispone il tribunale, previa garanzia;
- quando l'opposizione sia stata rigettata.
L'atto di fusione ha la funzione esecutiva delle delibere. L'atto di fusione deve rivestire la forma dell'atto pubblico ad
substantiam. Per quanto riguarda la pubblicità, si ha una duplice iscrizione:
- presso l'ufficio del registro delle imprese del luogo ove è la sede della società incorporante o risultante dalla
fusione;
- presso gli uffici del registro delle imprese dei luoghi in cui avevano sede le società fuse.
L'obbligo di deposito risiede in capo al notaio e agli amministratori della società nuova e/o di quella incorporante, non
agli amministratori delle società fuse o incorporate né ai soggetti, diversi dagli amministratori, che abbiano sottoscritto
l'atto di fusione.
L’ atto di fusione ha le sembianze di un atto costitutivo nella fusione propria, o di modifica dell’atto costitutivo se
fusione per incorporazione. L'atto di fusione deve essere depositato per l'iscrizione entro trenta giorni, nell'ufficio del
registro delle imprese dei luoghi in cui è posta la sede delle società partecipanti alla fusione, di quella che ne risulta o
della società incorporante.
Effetti della fusione. 2504 bis Come per la trasformazione viene sancito il principio di continuità, secondo cui la
società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla
fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. Vi è continuità dei rapporti
societari. La fusione ha effetto quando è stata adempiuto l’ultimo adempimento pubblicitario, previsto dall'articolo
2504. Le iscrizioni prescritte dall'art. 2504 hanno efficacia di pubblicità costitutiva. Si può stabilire se gli effetti della
fusione decorrano prima o dopo tale data:
- la postdatazione è possibile solo nell'ipotesi di fusione per incorporazione e può riguardare qualsiasi effetto
della fusione;
- la retrodatazione è possibile per entrambe le forme di fusione e può riguardare solo gli effetti contabili, si
parla di retrodatazione contabile.
In caso di incorporazione di due o più società si possono stabilire date posteriori differenti per le diverse società
incorporate. Non è possibile la retrodatazione reale, che è nulla, a tutela dei terzi. Eseguite le iscrizioni dell'atto di
fusione a norma del secondo comma dell'articolo 2504, l'invalidità dell'atto di fusione non può essere pronunciata.
Fusioni particolari. Quelle disciplinate nelle forme di:
- Fusione di società interamente posseduta (art.2505). le fusioni di cui agli articoli 2505, 2505 bis, e 2505 quater
sono definite fusioni semplificate che prevedono un procedimento semplificato rispetto a quello ordinario.
L'incorporazione di società interamente possedute, è una particolare fusione nella quale al momento dell'atto
di fusione, una società possiede già tutte le azioni o quote dell'altra, non si avrà:
o l'assegnazione di azioni o quote e il rapporto di cambio;
o la relazione degli amministratori sul rapporto di cambio (2501 quinquies);
o la relazione degli esperti sul rapporto di cambio (2501 sexies).
Non essendovi assegnazione di azioni o quote non è necessario determinare il rapporto di cambio. Non
essendovi il rapporto di cambio, non sono necessarie le relazioni degli amministratori e degli esperti, che
hanno proprio la funzione di illustrare le modalità di determinazione del rapporto di cambio. la incorporante è
socio unico della incorporata, per cui le azioni o quote dovrebbe assegnarle a sé stessa, e ciò è vietato dall'art.
2504 quater. La dottrina maggioritaria ritiene che tale norma sia applicabile per analogia a tutte quelle ipotesi
in cui il rapporto di cambio sia irrilevante.
- Fusione di società posseduta al 90% (art.2505 bis), quando la società incorporante possiede il 90% delle azioni
della società incorporata. Viene applicata la disciplina della fusione semplificata per il limitato peso che i soci
di minoranza hanno nel capitale della società destinata alla incorporazione. La semplificazione riguarda solo la
relazione degli esperti, mentre restano ferme 1 l'assegnazione di azioni o quote, 2 la determinazione del
rapporto di cambio e 3 la relazione degli amministratori. Si può derogare alla relazione degli esperti purché sia
previsto il correttivo del recesso. Al socio di minoranza viene riconosciuto il diritto di vendere le proprie azioni
alla società incorporante, non è il diritto di recesso ma un diritto di exit;
- Fusioni senza società con azioni (art.2505 quater), quando sono coinvolte società senza azioni;
- Leveraged buy out o fusione con indebitamento. Situazione nella quale una società contrae debiti per
acquisire una partecipazione di controllo in un’altra società. La società non può fornire garanzie per l’acquisto
di azioni proprie, ma il legislatore ammette la possibilità di contrarre debiti per procedere alla fusione ma
occorre l’adempimento delle formalità dell’art 2501 bis cc secondo cui: Nel caso di fusione tra società, una
delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, quando per effetto della fusione il
patrimonio di quest'ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti, si applica la
disciplina del presente articolo. Il progetto di fusione di cui all'articolo 2501 ter deve indicare le risorse
finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione. La relazione
di cui all'articolo 2501 quinquies deve indicare le ragioni che giustificano l'operazione e contenere un piano
economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che
si intendono raggiungere. La relazione degli esperti di cui all'articolo 2501 sexies, attesta la ragionevolezza
delle indicazioni contenute nel progetto di fusione ai sensi del precedente secondo comma. Al progetto deve
essere allegata una relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o
della società acquirente. Alle fusioni di cui al primo comma non si applicano le disposizioni degli articoli 2505
e 2505 bis.

Scissione.
Con la scissione la società assegna, e non "trasferisce", l'intero suo patrimonio o parte del suo patrimonio ad una o più
società beneficiarie. La scissione si distingue in:
- totale: quando la società scissa assegna l'intero suo patrimonio a due o più beneficiarie, non già ad una sola
altrimenti si avrebbe una trasformazione (se la società assegnataria è di nuova costituzione) oppure una
fusione (se la società assegnataria è preesistente);
- parziale: quando la società scissa assegna parte del suo patrimonio ad una o più beneficiarie. La scissione
parziale può essere:
o in senso stretto: se le società beneficiarie sono di nuova costituzione;
o per incorporazione: se le società beneficiarie sono preesistenti.
In caso di scissione parziale la società preesistente non si estingue.
Carattere essenziale della scissione è che le azioni o quote siano assegnate ai soci. Così si distingue la scissione dallo
scorporo, che si ha quando la società conferisce parte del suo patrimonio sociale ad un'altra società, per cui le azioni o
quote sono assegnate alla società e non ai soci. La natura giuridica della scissione è una modifica dell'atto costitutivo,
che non comporta trasferimento di beni, infatti la norma parla di "assegnazione". Vige il principio di continuità.
Scissioni non proporzionali. La scissione può essere:
- Non proporzionale in senso stretto (art.2506 bis, com.4) in via generale dal progetto di scissione devono
risultare i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie, se si prevede una attribuzione
delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, si deve prevedere il
diritto dei soci (diritto di exit) che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un
corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto
l'obbligo di acquisto;
- Asimmetrica (art.2506, com.2), occorre il consenso unanime dei soci. ricorre quando non tutti i soci
partecipano alla scissione, cioè quando ad alcuni soci non è assegnata nessuna delle azioni o quote della
beneficiaria;
- Non proporzionale in senso economico.
Scissione negativa.

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