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RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE

Riduzione del capitale sociale per recesso del socio


In caso di mancato collocamento delle azioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso, entro centottanta giorni
dalla comunicazione di recesso, le azioni sono rimborsate mediante l’acquisto da parte della società utilizzando
riserve disponibili.
Pertanto dopo 180 giorni dalla comunicazione di recesso la società rileva in bilancio l’obbligo a rimborsare il socio
recedente acquistando le azioni dello stesso (non acquistate da altri soci) al valore determinato secondo gli articoli
2437-ter e 2473 del codice civile.

In caso di assenza di utili e riserve disponibili il rimborso delle azioni avviene mediante riduzione del capitale o lo
scioglimento (liquidazione) della società. A seguito della delibera di riduzione del capitale sociale, la società iscrive un
debito nei confronti del socio receduto per un importo determinato secondo gli articoli 2437-ter e 2473 del codice
civile.

Il socio dissenziente di una società di capitali può recedere dalla società:


 secondo il dettato dell’articolo 2437 del codice civile, se trattasi di società per azioni
 secondo il dettato dell’articolo 2473 se si tratta di società a responsabilità limitata.

Le cause di recesso del socio di una società per azioni possono essere identificate in tre categorie:

A. Cause inderogabili tra le quali rientrano i casi di:


 modifica dell’oggetto sociale quando consente un cambiamento significativo dell’attività della società;
 trasformazione della società;
 trasferimento della sede sociale all’estero;
 revoca dello stato di liquidazione;
 eliminazione di una o più cause di recesso previste dalla legge come eliminabili, o previste dallo statuto;
 modifica dei criteri di determinazione del valore delle azioni in caso di recesso;
 modifica delle disposizioni statutarie concernenti i diritti di voto o di partecipazione;
B. Cause derogabili in sede di statuto, tra le quali:
 proroga del termine;
 Introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni;
C. Altre cause di recesso determinabili dallo statuto.

A seguito di recesso, al socio deve essere rimborsata la partecipazione in funzione del valore economico della
società. In merito alla determinazione del valore da liquidare al socio receduto, nel caso di azioni non quotate, il valore
di rimborso delle azioni deve essere determinato tenuto conto:
 della consistenza patrimoniale della società,
 delle prospettive reddituali,
 del valore di mercato delle azioni.

Il socio di una S.p.A. ha una partecipazione pari al 10% del capitale sociale.
Il valore contabile della partecipazione è pari a 600.000
Il valore economico della partecipazione è pari a 700.000;
Il valore della partecipazione è così composto:
 capitale sociale: 500.000;
 riserve: 200.000.
Gli utili in corso di formazione nell’esercizio in cui si perfeziona il recesso sono quantificati nella misura di 50.000. 

Data Capitale Sociale 50.000


Riserve 20.000
Debito v/azionista receduto 70.000
(Rilevazione del debito nei confronti dell’azionista receduto)

Data Debito v/azionista receduto 70.000


Banca c/c 70.000
Estinzione del debito nei confronti dell’azionista receduto)

Riduzione capitale sociale in caso di morosità del socio


Qualora il socio non esegua il pagamento dovuto, trascorsi quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
della diffida al pagamento, gli amministratori offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione,
per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte, gli amministratori possono far
vendere a terzi le azioni a rischio e per conto del socio.
Qualora la vendita non possa avere luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare
decaduto il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo riconoscimento dei maggiori danni.
Se entro l’esercizio in cui vi è stata la dichiarazione di decadenza, non si è riusciti a collocare le azioni del socio
decaduto, occorre provvedere al loro annullamento e alla conseguente riduzione del capitale sociale.

Dal punto di vista contabile, a seguito della delibera assembleare il capitale sociale e l’eventuale riserva da
soprapprezzo azioni sono ridotte di un ammontare corrispondente al valore delle azioni annullate; a fronte di tale
riduzione, si storna il credito vantato nei confronti del socio decaduto (per i decimi da lui ancora dovuti).

La differenza tra la riduzione del patrimonio netto ed il credito verso il socio decaduto confluisce in una riserva.

Riduzione del capitale sociale in caso di mancato rispetto in tema di acquisto di azioni della controllante
In caso di violazione dei limiti previsti per l’acquisto di azioni della controllante da parte di società controllate, le azioni
in eccesso devono essere alienate entro un anno dal loro acquisto.
In mancanza della vendita, la società controllante, ai sensi dell’articolo 2359-ter del codice civile, deve annullare le
azioni acquistate in eccesso dalle controllate, ridurre il capitale sociale e rimborsare le controllate secondo i criteri
degli articoli 2437-ter e 2437-quater del codice civile.

Per le società controllate, l’annullamento delle azioni della controllante comporta la liberazione della riserva per azioni
in portafoglio della società controllante, che diviene disponibile. Il rimborso delle azioni della controllante può dar
luogo alla rilevazione di proventi o oneri di natura finanziaria, per l’eventuale differenza tra il valore di rimborso ed il
costo di acquisto delle azioni.

La rinuncia del credito da parte del socio


La rinuncia del credito da parte del socio - se dalle evidenze disponibili è desumibile che la natura della transazione è
il rafforzamento patrimoniale della società - è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio a
prescindere dalla natura originaria del credito. Pertanto, in tal caso la rinuncia del socio al suo diritto di credito
trasforma il valore contabile del debito della società in una posta di patrimonio netto.

ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE


Attraverso l’acquisto di azioni proprie l’organo amministrativo diviene titolare di diritti che di regola spettano ai soci; si
tratta di diritti che possono essere liberamente trasferiti o annullati. La disciplina sulle azioni proprie non incide
unicamente sul procedimento di acquisto ma si occupa anche della sorte dei diritti patrimoniali e amministrativi
incorporati nelle azioni proprie e delle modalità con le quali tali azioni possono essere vendute o annullate.
La disciplina codicistica sull’acquisto delle azioni proprie detta le regole procedimentali che devono essere rispettate
per perfezionare tali operazioni. Tuttavia l’ordinamento non si preoccupa di individuare anche gli interessi meritevoli di
tutela che devono ricorrere per rendere legittima l’assunzione da parte della società della titolarità delle proprie azioni.

“La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti
dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate”.
Questa disposizione prevede l’autorizzazione dell’assemblea per acquistare le azioni proprie; l’autorizzazione che può
prevedere anche operazioni successive di acquisto e alienazione delle proprie azioni.

L’acquisto delle azioni proprie è possibile soltanto se accompagnata da una valutazione di meritevolezza del
corrispondente interesse al fine di decretare la legittimità dell’operazione.
In sostanza, appare ragionevole affermare che in tutte le ipotesi di acquisto di azioni proprie deve ricorrere
un interesse della società a porre in essere l’operazione; interesse che può essere esclusivo o concorrente con quello
dei soci o di altri soggetti, ma non può comunque mancare.

Le azioni proprie sono iscritte in bilancio per un valore corrispondente al loro di costo d'acquisto tramite l’iscrizione di
una riserva negativa AX “Riserva negativa azioni proprie in portafoglio” che è ricompresa tra le voci del patrimonio
netto. La formazione di detta riserva è concomitante all'acquisto delle azioni stesse.

Sono legittime le operazioni di acquisto di azioni proprie finalizzate a:


o Sostenerne la valorizzazione e la liquidità, creando una domanda adeguata alle esigenze degli investitori (per
prezzo e quantità);
o Resistere ad una scalata ostile, proponendo l’acquisto delle proprie azioni ad un prezzo superiore a quello
offerto dai terzi o sottraendo dal mercato le azioni di proprietà della società;
o Speculare sulla compravendita dei titoli (trading), acquistando le azioni in momenti di scarsa valorizzazione
per rivenderle in quelli di apprezzamento;
o Favorire l’ingresso e l’uscita di soci in particolari tipi di società a elevata mobilità della compagine sociale. Ad
esempio Cofidi costituiti in forma di spa. Acquistando le azioni dai soci che intendono uscire per poi venderle
a chi intende entrare;
o contrastare operazioni speculative sui propri titoli, offrendo il giusto prezzo per il loro acquisto;
o trasferire ai soci beni sociali in natura ritenuti non strategici per la società, “pagando” con essi l’acquisto delle
azioni proprie;
o Favorire il recesso di un socio in assenza di una causa che ne legittimi l’esercizio unilaterale;
o Ridurre il capitale sociale per esuberanza riconoscendo un sovrapprezzo.

Tra dette operazioni meritano un particolare approfondimento, per la loro rilevanza pratica, le ultime due.

Acquisto di azioni proprie finalizzato a favorire il recesso di un socio


Indipendentemente dalle cause di recesso legale contemplate dall’art. 2437 c.c. e dalle cause di recesso
convenzionale eventualmente previste dallo statuto, nella pratica è tuttavia frequente che un socio che intenda uscire
dalla società in assenza del verificarsi di cause di recesso (ad esempio, per dissidi interni o per disinteresse a
proseguire nell’investimento) raggiunga con gli altri soci un accordo che gli consenta di attuare il suo proposito.

Tale ipotesi viene comunemente definita «recesso consensuale».

La riduzione del capitale sociale in misura non proporzionale, finalizzata all’annullamento delle sole azioni del
socio che intende uscire dalla società, non è spesso una soluzione soddisfacente. Posto che in seguito a tale delibera
si rende distribuibile al socio solo il valore nominale delle sue azioni, già vincolato a capitale, e non anche quello reale.

Neanche una delibera di distribuzione di riserve disponibili, in aggiunta a quella di riduzione del valore nominale del
capitale, potrebbe soddisfare le esigenze liquidatorie. Posto che non è detto che la società abbia riserve disponibili
liquide sufficienti a pareggiare il valore effettivo delle azioni da annullare (valore che deve ovviamente tenere conto
anche dell’avviamento). È inoltre da considerare che la legittimità di una delibera che distribuisca riserve della società
a vantaggio di un unico socio non è del tutto pacifica.

Un’operazione di acquisto di azioni proprie potrebbe risolvere il problema con piena soddisfazione. Con tale
operazione, infatti, sarà la società a liquidare il socio uscente senza alcuna necessità di celebrare un’assemblea per
ridurre il capitale e senza necessità che gli altri soci impieghino proprie risorse finanziarie.

Acquisto di azioni proprie per ridurre il capitale sociale per esuberanza


La delibera di riduzione reale del capitale, una volta divenuta eseguibile in seguito alla mancata opposizione dei
creditori, rende “disponibile” il solo valore nominale delle azioni destinate ad essere annullate per effetto della sua
esecuzione.
Nella pratica accade frequentemente che il valore reale delle azioni annullate sia assai superiore a quello nominale.
Per cui, in tale ipotesi, il loro annullamento a fronte del rimborso del solo valore “cartolare” porterebbe ad una
insoddisfazione dell’interesse dei soci che hanno deliberato il “disinvestimento” parziale.
Per rimediare a tale problema bisogna dunque accompagnare la delibera di riduzione reale del capitale ad una di
distribuzione di riserve disponibili. Orbene, l’intero procedimento potrebbe essere evitato, senza neanche subire il
disagio del differimento di 90 giorni per l’eseguibilità dell’operazione previsto dall’art. 2445 comma 3 c.c., con
un’operazione di acquisto di azioni proprie.

Con la delibera assembleare che autorizza tale operazione, infatti, i soci possono liberamente determinare il “prezzo”
di acquisito, senza alcun riguardo ai valori nominali e con il solo limite delle riserve disponibili e degli utili distribuibili.
Raggiungendo così il fine di ridurre il patrimonio netto (e non il capitale nominale) pagando a se stessi il giusto prezzo
per il loro disinvestimento.

Annullamento delle azioni


Il Codice ammette espressamente le operazioni di riduzione del capitale da attuarsi mediante riscatto e annullamento
di azioni della società. E’ possibile ridurre il capitale annullando azioni proprie già detenute dalla società, cioè azioni
acquistate non ai fini del loro immediato annullamento ma acquistate normalmente per altri motivi ai sensi dell’art.
2357 c.c. e in seguito ritenute non più utili e, quindi, destinate ad essere annullate adottando una delibera di riduzione
reale del capitale a ciò dedicata.
La circostanza che si decida di ridurre il capitale sociale annullando solo le azioni della società e non parte di tutte
quelle esistenti non è dunque una deroga ai principi generali. Ma semplicemente l’attuazione di una riduzione non
proporzionale del capitale sociale, fattispecie pacificamente ammessa.

“L’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite l’iscrizione nel
passivo di bilancio di una specifica voce, con segno negativo”.

Va anche evidenziato che l’iscrizione a passivo della voce “azioni proprie” con segno negativo produce l’effetto di
rendere indisponibile quella parte (di pari importo) delle riserve disponibili esistenti al momento dell’acquisto delle
azioni proprie e che ha reso possibile proprio detto acquisto.
Nel caso in cui l’assemblea decida di annullare le azioni proprie in portafoglio, la società, a seguito della delibera
assembleare, storna la voce A X “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” e contestualmente riduce il
capitale sociale per il valore nominale delle azioni annullate. L’eventuale differenza tra il valore contabile della riserva
e il valore nominale delle azioni annullate è imputata ad incremento o decremento del patrimonio netto.

Nel caso in cui l’assemblea decida di alienare le azioni proprie, l’eventuale differenza tra il valore contabile della voce
A X “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” e il valore di realizzo delle azioni alienate è imputata ad
incremento o decremento di un’altra voce del patrimonio netto.

La violazione dei limiti di cui ai commi precedenti non comporta mai la nullità dell’operazione. In quanto, verificandosi
tale ipotesi, le azioni acquistate in eccesso debbono essere alienate secondo modalità da determinarsi
dall’assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e
alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora l’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono
chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il procedimento previsto dall’art. 2446 cc, 2 co.

Acquisto azioni della controllante


Nel caso in cui un'impresa controllata detenga azioni della società controllante entro i limiti consentiti dall'articolo
2359-bis, comma 3, del codice civile, in contropartita costituisce una riserva di ammontare pari all'importo iscritto
nell'attivo, da indicare nella voce AVI “Altre riserve.

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