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In caso di assenza di utili e riserve disponibili il rimborso delle azioni avviene mediante riduzione del capitale o lo
scioglimento (liquidazione) della società. A seguito della delibera di riduzione del capitale sociale, la società iscrive un
debito nei confronti del socio receduto per un importo determinato secondo gli articoli 2437-ter e 2473 del codice
civile.
Le cause di recesso del socio di una società per azioni possono essere identificate in tre categorie:
A seguito di recesso, al socio deve essere rimborsata la partecipazione in funzione del valore economico della
società. In merito alla determinazione del valore da liquidare al socio receduto, nel caso di azioni non quotate, il valore
di rimborso delle azioni deve essere determinato tenuto conto:
della consistenza patrimoniale della società,
delle prospettive reddituali,
del valore di mercato delle azioni.
Il socio di una S.p.A. ha una partecipazione pari al 10% del capitale sociale.
Il valore contabile della partecipazione è pari a 600.000
Il valore economico della partecipazione è pari a 700.000;
Il valore della partecipazione è così composto:
capitale sociale: 500.000;
riserve: 200.000.
Gli utili in corso di formazione nell’esercizio in cui si perfeziona il recesso sono quantificati nella misura di 50.000.
Dal punto di vista contabile, a seguito della delibera assembleare il capitale sociale e l’eventuale riserva da
soprapprezzo azioni sono ridotte di un ammontare corrispondente al valore delle azioni annullate; a fronte di tale
riduzione, si storna il credito vantato nei confronti del socio decaduto (per i decimi da lui ancora dovuti).
La differenza tra la riduzione del patrimonio netto ed il credito verso il socio decaduto confluisce in una riserva.
Riduzione del capitale sociale in caso di mancato rispetto in tema di acquisto di azioni della controllante
In caso di violazione dei limiti previsti per l’acquisto di azioni della controllante da parte di società controllate, le azioni
in eccesso devono essere alienate entro un anno dal loro acquisto.
In mancanza della vendita, la società controllante, ai sensi dell’articolo 2359-ter del codice civile, deve annullare le
azioni acquistate in eccesso dalle controllate, ridurre il capitale sociale e rimborsare le controllate secondo i criteri
degli articoli 2437-ter e 2437-quater del codice civile.
Per le società controllate, l’annullamento delle azioni della controllante comporta la liberazione della riserva per azioni
in portafoglio della società controllante, che diviene disponibile. Il rimborso delle azioni della controllante può dar
luogo alla rilevazione di proventi o oneri di natura finanziaria, per l’eventuale differenza tra il valore di rimborso ed il
costo di acquisto delle azioni.
“La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti
dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate”.
Questa disposizione prevede l’autorizzazione dell’assemblea per acquistare le azioni proprie; l’autorizzazione che può
prevedere anche operazioni successive di acquisto e alienazione delle proprie azioni.
L’acquisto delle azioni proprie è possibile soltanto se accompagnata da una valutazione di meritevolezza del
corrispondente interesse al fine di decretare la legittimità dell’operazione.
In sostanza, appare ragionevole affermare che in tutte le ipotesi di acquisto di azioni proprie deve ricorrere
un interesse della società a porre in essere l’operazione; interesse che può essere esclusivo o concorrente con quello
dei soci o di altri soggetti, ma non può comunque mancare.
Le azioni proprie sono iscritte in bilancio per un valore corrispondente al loro di costo d'acquisto tramite l’iscrizione di
una riserva negativa AX “Riserva negativa azioni proprie in portafoglio” che è ricompresa tra le voci del patrimonio
netto. La formazione di detta riserva è concomitante all'acquisto delle azioni stesse.
Tra dette operazioni meritano un particolare approfondimento, per la loro rilevanza pratica, le ultime due.
La riduzione del capitale sociale in misura non proporzionale, finalizzata all’annullamento delle sole azioni del
socio che intende uscire dalla società, non è spesso una soluzione soddisfacente. Posto che in seguito a tale delibera
si rende distribuibile al socio solo il valore nominale delle sue azioni, già vincolato a capitale, e non anche quello reale.
Neanche una delibera di distribuzione di riserve disponibili, in aggiunta a quella di riduzione del valore nominale del
capitale, potrebbe soddisfare le esigenze liquidatorie. Posto che non è detto che la società abbia riserve disponibili
liquide sufficienti a pareggiare il valore effettivo delle azioni da annullare (valore che deve ovviamente tenere conto
anche dell’avviamento). È inoltre da considerare che la legittimità di una delibera che distribuisca riserve della società
a vantaggio di un unico socio non è del tutto pacifica.
Un’operazione di acquisto di azioni proprie potrebbe risolvere il problema con piena soddisfazione. Con tale
operazione, infatti, sarà la società a liquidare il socio uscente senza alcuna necessità di celebrare un’assemblea per
ridurre il capitale e senza necessità che gli altri soci impieghino proprie risorse finanziarie.
Con la delibera assembleare che autorizza tale operazione, infatti, i soci possono liberamente determinare il “prezzo”
di acquisito, senza alcun riguardo ai valori nominali e con il solo limite delle riserve disponibili e degli utili distribuibili.
Raggiungendo così il fine di ridurre il patrimonio netto (e non il capitale nominale) pagando a se stessi il giusto prezzo
per il loro disinvestimento.
“L’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite l’iscrizione nel
passivo di bilancio di una specifica voce, con segno negativo”.
Va anche evidenziato che l’iscrizione a passivo della voce “azioni proprie” con segno negativo produce l’effetto di
rendere indisponibile quella parte (di pari importo) delle riserve disponibili esistenti al momento dell’acquisto delle
azioni proprie e che ha reso possibile proprio detto acquisto.
Nel caso in cui l’assemblea decida di annullare le azioni proprie in portafoglio, la società, a seguito della delibera
assembleare, storna la voce A X “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” e contestualmente riduce il
capitale sociale per il valore nominale delle azioni annullate. L’eventuale differenza tra il valore contabile della riserva
e il valore nominale delle azioni annullate è imputata ad incremento o decremento del patrimonio netto.
Nel caso in cui l’assemblea decida di alienare le azioni proprie, l’eventuale differenza tra il valore contabile della voce
A X “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” e il valore di realizzo delle azioni alienate è imputata ad
incremento o decremento di un’altra voce del patrimonio netto.
La violazione dei limiti di cui ai commi precedenti non comporta mai la nullità dell’operazione. In quanto, verificandosi
tale ipotesi, le azioni acquistate in eccesso debbono essere alienate secondo modalità da determinarsi
dall’assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e
alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora l’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono
chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il procedimento previsto dall’art. 2446 cc, 2 co.