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2022
L’aspetto chiave dell’operazione di fusione è di quanto verrà aumentato il capitale sociale dell’incorporante
a vantaggio degli ex-soci dell’incorporata. Da che cosa dipende l’entità dell’aumento del capitale sociale
dell’incorporante? Abbiamo detto che dipende dalla valutazione relativa delle due società, quindi da
quanto è valutata una rispetto all’altra, e chi assegna questi valori sono gli amministratori delle due società
nel momento in cui nel progetto di fusione viene indicato quanto sarà l’aumento di capitale sociale a
servizio della fusione. È chiaro che, in realtà, quanto è valutata una società e quanto è valutata l’altra
diventa implicito quando viene proposto un certo aumento di capitale sociale. L’entità di questo aumento
di capitale sociale porterà a calcolare un certo rapporto di cambio, quindi il numero di azioni
dell’incorporata che vanno trasformate in azioni dell’incorporante. Tuttavia, la circostanza del rapporto di
cambio è in effetti quasi meno significativa dell’entità dell’aumento del capitale sociale, questo perché sul
rapporto di cambio incidono alcuni fattori (ad esempio il valore nominale delle azioni dell’incorporante e
dell’incorporata) che non hanno particolare rilevanza dal punto di vista sostanziale. Il rapporto di cambio va
calcolato per aspetti pratici: immaginiamo che nella società incorporata ci siano centinaia di soci di cui uno
ha 14 azioni, l’altro 38, uno 266 e così via, chiaramente ci vuole un parametro che dica ciascuna di queste
azioni dell’incorporata in quante azioni dell’incorporante si trasformerà.
La vera variabile oggetto di negoziazione, da cui discende tutto, è la definizione dell’entità dell’aumento del
capitale sociale dell’incorporante; poi a seconda di una serie di circostanze, come ad esempio quanto sono
il numero delle azioni di una società, quanto sono il numero delle azioni dell’altra società, qual è il valore
nominale delle azioni dell’una e dell’altra, può venire fuori un rapporto di cambio piuttosto che un altro.
Per essere più chiari L’incorporante può fare un aumento di capitale sociale di 200 mila euro, se il valore
nominale delle azioni dell’incorporante è 4 fare un aumento di capitale sociale di 200 mila euro significa
che vengono emesse 50 mila nuove azioni, se il valore nominale è 1 fare un aumento di capitale sociale di
200 significa emettere 200 mila nuove azioni, tuttavia la sostanza non cambia infatti chi entra in società sta
ricevendo complessivamente quote di partecipazione pari a 200 mila euro che nel primo caso si dividono in
50 mila azioni da 4 euro, e nell’altro in 200 mila azioni ciascuna dal valore di 1 euro.
Quali sono i casi particolari di calcolo del rapporto di cambio?
Quando nel capitale sociale dell’incorporata ci sono anche delle azioni di risparmio, cioè quelle sprovviste
del diritto di voto ma che hanno dei privilegi in ordine alla distribuzione dei dividendi. È una categoria di
azioni pensata per favorire i piccoli risparmiatori i quali non sono tanto interessati ad incidere sulla vita
della società, quanto ad avere dei ritorni finanziari dal loro investimento, è tuttavia una categoria di azioni
molto residuale. In questo caso bisogna vedere se l’incorporata ha anche azioni di risparmio, se
l’incorporante a sua volta avesse solo azioni ordinarie o anche azioni di risparmio.
Nel caso in cui l’incorporante abbia capitale sociale formato solo da azioni ordinarie bisognerebbe calcolare
due rapporti di cambio: uno per le azioni di risparmio dell’incorporata e un altro per le azioni ordinarie.
Nel caso in cui anche l’incorporante abbia azioni di risparmio si potrebbe calcolare un solo rapporto di
cambio oppure se ne potrebbero calcolare due.
La procedura prevista è indicata dal codice civile in particolare gli articoli da 2501 a 2505-quater (sono 19
articoli). La procedura della fusione ha una durata solitamente di qualche mese, potremmo suddividerla in
tre fasi:
- La procedura, dal punto di vista formale, prende l’avvio con il deposito del progetto di fusione,
che è il documento di base dell’operazione, con alcuni documenti di accompagnamento.
In questa prima fase il progetto di fusione, e quindi la sintesi dell’operazione, è curato dagli
amministratori delle società e contiene la descrizione dell’operazione di fusione che si sta
ipotizzando. Contiene l’indicazione chiave di quanto è l’aumento del capitale sociale
dell’incorporante e tutti gli elementi fondamentali per capire le caratteristiche dell’operazione
che viene prospettata. In questa fase sono stati coinvolti solo gli amministratori delle società
che hanno appunto redatto questo progetto di fusione.
- La seconda fase deve prevedere il coinvolgimento dei soci delle due società, perché alla fine
questi sono i proprietari. In questa fase si prevede che successivamente al deposito del
progetto di fusione, con una tempistica minima da dover rispettare dalla data del deposito,
vengono convocate le assemblee dei soci delle due società che dovranno decidere se
approvare o meno la fusione proposta. Se i soci di almeno una società non approvano il
progetto, la fusione si ferma, se i soci di ciascuna società deliberano la fusione, questa in realtà
non viene ancora perfezionata giuridicamente ma lo farà nell’ultima fase.
- La terza fase prevede la stipula dell’atto di fusione a cura degli amministratori delle società,
avendo avuto l’approvazione della fusione da parte delle assemblee dei soci. La stipula dell’atto
di fusione è il momento in cui la fusione si perfeziona dal punto di vista giuridico e l’incorporata
cessa di esistere, si estingue. Tecnicamente, quand’è che veramente la società incorporata
scompare? Nel momento in cui è stato stipulato l’atto di fusione, o per meglio dire, nel
momento in cui questo è stato depositato presso il registro delle imprese. Prima della stipula
dell’atto di fusione siamo in presenza di una società incorporata che continua a vivere, però
potrebbe essere a breve oggetto di un’incorporazione. Tuttavia, questa rimane in vita anche
quando è stato depositato il progetto di fusione e quando l’assemblea ha deciso di approvare la
fusione, finché non si stipula l’atto di fusione.
È possibile che nel progetto di fusione, fermo restando l’inevitabilità di queste tre fasi, si preveda la
retrodatazione degli effetti contabili e fiscali della fusione stessa. Questa si perfeziona anche nei confronti
dei terzi quando è avvenuta l’iscrizione presso il registro delle imprese dell’atto di fusione, si può però
prevedere la retrodatazione degli effetti contabili e fiscali tra le parti (incorporante e incorporata. In
particolare, si potrebbe retrodatare la decorrenza della partecipazione agli utili per le azioni o quote
ricevute dai soci delle società partecipanti alla fusione e la decorrenza degli effetti contabili e fiscali.
Chiariamo meglio la retrodatazione degli effetti contabili e fiscali Supponiamo che il deposito del
progetto di fusione avvenga il 10 febbraio, che poi nel mese di aprile si tengano le assemblee dei soci e
infine nel mese di giugno si venga a stipulare l’atto di fusione.
[N.B. In alcuni casi la legge prevede che debbano passare degli intervalli di tempo minimi, anche per
esempio per consentire ai creditori della società di fare opposizione alla fusione dopo la delibera, cioè tra la
seconda e la terza fase quando quindi i soci hanno deliberato la fusione e prima che gli amministratori
stipulino l’atto di fusione. Si apre una finestra temporale in cui i creditori delle società interessate
potrebbero fare opposizione, perché questi ad esempio avevano un credito verso una società che era
abbastanza sana dal punto di vista patrimoniale e reddituale e quindi erano sicuri dell’esigibilità del credito.
Se questa società va a fare una fusione con un’altra molto più indebitata e dissestata, a quel punto i
creditori vedono messa a rischio l’esigibilità del credito e possono fare opposizione. Questa però non blocca
del tutto l’operazione di fusione in quanto la società potrebbe pagare il creditore che ha fatto opposizione
o potrebbe accantonare le somme disponibili; ci sono quindi vari rimedi che le società interessate dalla
fusione possono attuare di fronte l’opposizione del creditore.
Tra le prime due fasi è necessaria una finestra temporale minima perché i soci devono avere
consapevolezza dell’operazione che gli viene prospettata e che andranno a deliberare, attraverso l’esame
di tutta la documentazione].
Ritornando all’esempio, già nel progetto di fusione si può prevedere questa retrodatazione degli effetti
contabili e fiscali. Significa che, sebbene la società incorporata si estingue nel nostro esempio
effettivamente a giugno, dal punto di vista della contabilità, del bilancio e della dichiarazione dei redditi la
retrodatazione contabile in questo caso verrebbe fatta al primo gennaio precedente. Quindi le operazioni
dell’incorporata che si sono svolte da questa data alla data della stipula dell’atto di fusione, ai fini contabili
e fiscali, vengono imputate nella contabilità e nella dichiarazione dei redditi dell’incorporante come se di
fatto la fusione fosse partita dal primo gennaio dell’anno precedente, anziché dalla data della stipula
dell’atto di fusione come invece avviene in pratica (nel senso che la società incorporata si estingue alla data
della stipula dell’atto di fusione). Perché prevedere questa retrodatazione degli effetti contabili e fiscali?
Fondamentalmente per evitare di dover approvare un ulteriore bilancio e dover fare una ulteriore
dichiarazione dei redditi della società incorporata, che chiaramente sarebbero delle ulteriori
problematiche. Questo perché si dovrebbe fare un bilancio gennaio-giugno e una dichiarazione dei redditi
gennaio-giugno della società incorporata che in realtà scompare, quindi non esiste più e non esistono più
né gli amministratori né i soci. Chi poi approverebbe questo bilancio dell’incorporata? Probabilmente
dovrebbero essere gli amministratori dell’incorporante e l’assemblea dei soci dell’incorporante. Per evitare
questi problemi di carattere pratico è abbastanza comune prevedere la retrodatazione degli effetti
contabili e fiscali della fusione, quindi quelle operazioni ancorché svolte dall’incorporante (penso volesse
dire incorporata), che fino a giugno è ancora in vita e ovviamente può operare, vengono imputate nella
contabilità dell’incorporante e nella dichiarazione dei redditi dell’incorporante stessa.
Quali sono le informazioni che si richiede di produrre nell’interesse di terzi e soprattutto nell’interesse dei
soci? Il documento fondamentale dell’operazione di fusione, cioè il progetto di fusione, in più altri
documenti quali situazioni patrimoniali, relazioni degli organi amministrativi, relazioni degli esperti, che
accompagnano il progetto di fusione. questi quattro documenti vengono depositati insieme già dalla prima
fase dell’operazione di fusione.
Il progetto di fusione è il documento fondamentale da cui si desumono i contenuti e le modalità
dell’operazione, che fondamentalmente dovrebbe avere contenuto identico per tutte le società perché le
due o più società coinvolte devono approvare la stessa fusione. Dovrebbe contenere indicazioni sull’atto
costitutivo della società risultante dalla fusione, l’eventuale retrodatazione contabile e fiscale, il rapporto di
cambio e l’eventuale conguaglio in denaro per le frazioni di azioni per cui non è possibile l’assegnazione di
nuove azioni, la data a partire dalla quale le azioni dell’incorporante partecipano agli utili.
In questa slide è riportato un esempio di una fusione fatta qualche tempo fa:
È un progetto di fusione a quattro società, perché nell’ambito assicurativo in Fondiaria-Sai, l’incorporante,
venivano incorporate Unipol Assicurazioni, Premafin e Milano Assicurazioni. La società Unipol rende noto
che, a una certa data, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2501-quater, è stato depositato presso la sede
sociale di Unipol il progetto di fusione per incorporazione, il quale era altresì rinvenibile nei siti internet
della società. Quindi il progetto viene depositato presso la sede della società e, per le società che ne sono
provviste come erano queste nel caso, il progetto è rinvenibile anche nei siti internet.
Oltre il progetto di fusione la normativa richiede la redazione di una situazione patrimoniale, questo è il
termine che usa il legislatore. Capiamo cosa si intende per situazione patrimoniale, infatti il legislatore usa
un termine un po’ improprio. Questa in realtà è un vero e proprio bilancio infrannuale, quindi non è solo
uno stato patrimoniale ma è uno stato patrimoniale e un conto economico riferito alla data più recente di
chiusura dell’ultimo bilancio. Prima abbiamo fatto l’esempio di una fusione che veniva deliberata ad aprile
dai soci, stipulato l’atto a giugno, però mettiamoci soprattutto nei panni dei casi di quelle fusioni che si
svolgono nella seconda parte dell’anno. Per esempio una fusione che viene deliberata dall’assemblea dei
soci ad ottobre/novembre, allora chiaramente la preoccupazione del legislatore era che i soci avessero, nel
momento in cui vanno a deliberare, a disposizione un bilancio troppo vecchio. Questo perché a
ottobre/novembre, se immaginiamo una società che abbia bilancio 1° gennaio-31 dicembre, l’ultimo
bilancio a disposizione è riferito a una data di 10-11 mesi prima. Allora il legislatore afferma che bisogna, ai
soci che deliberano la fusione, fornire questo bilancio ordinario infrannuale che offre un’informazione
aggiornata sulla posizione del patrimonio, l’entità dei crediti e dei debiti, sull’andamento delle società
interessate dalla fusione. Chiaramente la situazione patrimoniale dovrebbe farla ciascuna delle società.
Mentre il progetto di fusione era uguale per tutte in questo caso ogni società chiamata a fare una fusione
dovrebbe fare questo adempimento contabile in più, cioè la produzione di questo bilancio ordinario
infrannuale della propria società che dovrebbe essere riferito a una data non anteriore di oltre 120 giorni
alla data della delibera di fusione.
Abbiamo immaginato dunque che le assemblee dei soci si riuniscano a novembre in questo caso l’ultimo
bilancio è ritenuto troppo vecchio e deve essere preparata questa situazione patrimoniale/bilancio
ordinario infrannuale, infatti se l’assemblea si riunisce a novembre la società non disporrà di una situazione
patrimoniale aggiornata a tale data, perché per fare un bilancio ci vogliono delle settimane. Dunque la
prassi ritiene giusto che questa situazione patrimoniale sia più aggiornata e non sia più vecchia di oltre 120
giorni dalla data della delibera di fusione che prendono le società, questa è un po’ più aggiornata ma
chiaramente non è riferita al giorno stesso della delibera. Questo documento è un vero e proprio bilancio
ordinario e non espone i valori economici delle società partecipanti, quindi è un bilancio ordinario di
funzionamento ma non contiene il valore effettivo delle società; questa considerazione è comprovata dal
fatto che la situazione patrimoniale è sostituibile, cioè si può evitare la redazione di questo ulteriore
bilancio, se l’ultimo bilancio depositato è non più vecchio di 6 mesi. Quindi in pratica, per un bilancio chiuso
al 31 dicembre, se la fusione si fa nei primi sei mesi dell’anno l’ultimo bilancio è ritenuto non troppo datato
e quindi si può evitare la redazione di questo bilancio ordinario infrannuale.
La redazione della situazione patrimoniale può essere evitata se vi rinunciano i soci all’unanimità perché,
chiaramente, è un’informazione che serve ai soci a deliberare con maggiore consapevolezza la fusione, se
però i soci esprimono il consenso ad evitare la produzione di questa situazione patrimoniale non è
necessaria.
Questo quando potrebbe accadere? Noi a volte potremmo avere delle fusioni fra due grandi società, con
centinaia di soci, quotate in borsa. Altre volte, immaginiamo, potremmo avere una situazione in cui due
fratelli avevano due società delle quali erano soci e amministratori entrambi, in questo caso le società
hanno le stesse compagini sociali soltanto che i due fratelli hanno deciso di unire le società per avere una
più grande. Dato che entrambi sono soci e amministratori conoscono bene come sta andando la società e
non avrebbe senso imporre anche in queste fattispecie la redazione di una situazione patrimoniale
aggiornata, di un bilancio ordinario infrannuale, perché sono società in cui i soci e amministratori
coincidono. Inoltre, gli amministratori redigono il progetto di fusione, però poi chi sono i soci che devono
approvarlo? Sono le stesse persone, questa volta nella veste di soci e non amministratori.
Dunque mentre originariamente il legislatore aveva fatto una disciplina delle fusioni quasi unica a
prescindere dalle varie situazioni, oggi tendenzialmente vi è la possibilità di ottenere delle esenzioni, delle
agevolazioni, degli esoneri o dei tempi più abbreviati a seconda delle circostanze, seppure rende per il
notaio, che deve controllare tutte queste circostanze, più oneroso seguire la fusione.
In generale la situazione patrimoniale è un bilancio ordinario infrannuale che può essere evitato se l’ultimo
bilancio è stato chiuso non più di 6 mesi prima e se c’è consenso di tutti i soci.
Il deposito del progetto di fusione, oltre a essere accompagnato da queste situazioni patrimoniali
aggiornate, deve essere accompagnato dalla relazione degli amministratori di ciascuna delle società
interessate dall’operazione. Con questo documento di carattere descrittivo gli amministratori spiegano ai
soci della loro società le ragioni di convenienza dell’operazione e la determinazione del rapporto di cambio.
Quindi spiegano perché stanno prospettando questa fusione e come si è determinato questo rapporto di
cambio, in particolare il peso che avrà l’aumento di capitale sociale dell’incorporante. La relazione di
amministratori in cui si illustrano le ragioni della fusione, il calcolo del rapporto di cambio non è
obbligatoria nei casi in cui l’incorporante possieda l'intero capitale sociale dell’incorporata; che è un caso in
cui l'aumento di capitale sociale dell’incorporante non si deve più fare perché l'incorporante è socio al
100% dell’incorporata e non ci sono i soci dell’incorporata e dell’incorporante stessa. Inoltre, anche in
questo caso se i soci vi rinunciano all'unanimità può essere omessa la redazione di questa relazione degli
amministratori. Invece è richiesta dalla Consob in ogni caso per le società quotate.
La relazione degli amministratori è un documento che illustra ai soci, a meno che i soci ritengano di non
averne necessità, le motivazioni dell'operazione e come è stato calcolato il rapporto di cambio.
Infine c'è la relazione degli esperti, questa è una relazione sulla congruità del rapporto di cambio. Gli
esperti devono essere dei revisori legali, o una società di revisione se la fusione coinvolge delle società
quotate, questi devono controllare se il rapporto di cambio indicato nel progetto di fusione e spiegato nella
relazione degli amministratori è congruo. Questa relazione degli esperti è un supporto soprattutto per gli
azionisti di minoranza delle società coinvolte dalla fusione, ai quali viene data un'attestazione sulla
congruità di questo rapporto di cambio.
Gli amministratori dovrebbero indicare se il rapporto di cambio è ritenuto congruo oppure no, quindi
orientare poi i soci a prendere questa delibera di fusione oppure eventualmente ritenere che il calcolo
dell’aumento di capitale sociale e quindi del rapporto di cambio non è stato fatto in maniera corretta.
Questa relazione non è necessaria, perché non esiste nessun aumento di capitale sociale e nessun rapporto
ricambio, non va redatta nell'ipotesi dell’incorporante che detiene l’intero capitale sociale dell’incorporata.
Infatti quando l’incorporante possiede il 100% del capitale sociale dell’incorporata non c'è un aumento di
capitale sociale, non c’è un rapporto di cambio.
Ancora, questa potrebbe essere omessa se vi consentono tutti quanti i soci delle partecipanti, infatti questa
informazione fondamentalmente serve per soci a rassicurarli sul fatto che le aziende siano state valutate
correttamente dagli amministratori. Se invece i soci esprimono il consenso si può evitare anche questa
relazione.
Questa relazione degli esperti che serviva a rassicurare i soci in particolare quelli di minoranza sulla
congruità del rapporto di cambio, questa relazione degli esperti è stata un po’ snaturata nella sua funzione
originale, perché nel corso del tempo è stata aggiunta un ulteriore funzione a questa relazione e ad oggi è
stabilito che possa servire anche per consentire la stipula dell’atto di fusione anticipatamente senza che sia
trascorso il termine per l’opposizione dei creditori che abbiamo detto in precedenza, poiché nel momento
in cui l’esperto assevera che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti non rende
necessaria garanzie a tutela dei creditori, quindi in pratica, mentre normalmente tra la data della delibera
di fusione e il momento in cui si può stipulare l’atto di fusione devono intercorrere 60gg e in tale periodo i
creditori possono fare opposizione, se viceversa quando si è deliberata la fusione, la relazione degli esperti
sulla congruità del rapporto di cambio conteneva anche questa affermazione ovvero: “che la situazione
patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti non rendeva necessaria garanzia a tutela dei creditori,”
quindi la società risultante della fusione era perfettamente solvibile, a quel punto l’atto di fusione si può
stipulare anche prima dei 60gg, chiaramente poi il creditore danneggiato, eventualmente, si rivarrà sul
esperto che ha dato questa attestazione non veritiera. Il commento che si fa su questa procedura è che
sostanzialmente è una procedura rimessa alla volontà negoziale degli amministratori, i quali negoziano
l’entità dell’aumento del capitale sociale dell’incorporante e il rapporto di cambio, l’operato degli
amministratori viene controllato dagli esperti, ho fatto questa precisazione perché poi quando vedremo la
procedura prevista per i conferimenti d’azienda, noteremo che intervengono prima gli esperti e poi gli
amministratori. (poi vedremo bene in che senso).
È un meccanismo, quello della fusione, abbastanza logico, lineare nel senso che c’è una fase negoziale tra
gli amministratori della società e poi eventualmente c’è una relazione degli esperti sulla congruità del
rapporto di cambio a tutela dei soci di minoranza. Mentre inizialmente quando fu introdotta la disciplina
della fusione nel nostro codice civile negli anni 90’, c’era una disciplina delle fusioni standard, poi nel corso
del tempo il legislatore ha fatto dei ritocchi e molto spesso ha concesso delle semplificazioni e degli
esoneri. Il professore precisa che non vuole che noi sappiamo tutti i casi di esonero, ma che basta capire
la sostanza di queste esemplificazioni.
Ci sono delle esemplificazioni:
nel caso di incorporazioni di società interamente possedute, se abbiamo una fusione tra un
incorporante che detiene la totalità dell’incorporata chiaramente tutta una serie di problematiche
tipiche di una fusione vengono a mancare, e quindi il progetto può essere snellito, non ha più
senso fare una relazione degli amministratori e una relazione degli esperti perché non c’è un
rapporto di cambio;
oppure nel caso di incorporazione di una società posseduta al 90% anche in questo caso si
possono fare delle esemplificazioni procedurali;
oppure ci sono delle esemplificazioni quando la fusione coinvolge società non azionarie, quindi i
tempi possono essere più snelli, se la fusione fosse fatta tra due spa ci vogliono almeno 30 gg che
devono intercorrere tra la data del deposito del progetto di fusione e la data dell’assemblea dei
soci e ci vorrebbero almeno 60 gg tra la data della delibera dell’assemblea dei soci e la data della
stipula dell’atto di fusione, quindi diciamo che una fusione che coinvolge 2 spa durerebbe almeno
90 gg perché 30 gg sono il passaggio dalla fase uno alla fase due e e 60 gg tra fase 2 e fase 3, se
invece non sono coinvolte società non azionarie i termini sono ridotti per la fase 1 a 15gg e per la
fase 2 30gg, e quindi una fusione tra 2 srl potrebbe durare in pratica 45 gg, poi ci sono altre
esemplificazioni opzionali che dipendono da una manifestazione della volontà dei soci con
consenso unanime.
per le fusioni che coinvolgono o società quotate in borsa per cui la CONSOB ha previsto un
contenuto più ampio della relazione degli amministratori;
oppure nel caso di fusioni tra banche per le quali è richiesta un’autorizzazione preventiva della
banca D’Italia e una relazione contenente obiettivi, vantaggi e costi della fusione. La procedura
subisce un po’ degli adattamenti di volta in volta.
Vista la procedura della fusione, vediamo gli aspetti contabili della stessa. Quelle che sono le attività e le
passività in senso stretto, che cosa si intende per passività in senso stretto? Sono i debiti e i fondi rischi
dell’incorporata, che una volta che la fusione si è perfezionata, vengono ad essere trasferiti nella contabilità
dell’incorporate; quindi diciamo che in prima battuta, introduciamo questo argomento molto complesso (e
oggetto di domande all’esame). Fare una fusione significa che tutto l’attivo, tutti gli elementi che fanno
parte dell’attivo della società incorporata, più le passività in senso stretto (debiti e fondi rischi della società
incorporata) vengono trasferiti nella contabilità dell’incorporante. I conti che fanno parte del patrimonio
netto dell’incorporata non vengono trasferiti nella contabilità dell’incorporante, vengono trasferite le
attività e le passività in senso stretto, per ribadire questo concetto, il capitale sociale e le riserve
dell’incorporata non vengono trasferiti nell’incorporante, vi ricordo che noi abbiamo detto che il capitale
sociale dell’incorporante viene aumentato, ma di un importo che nasce tra il confronto tra il valore
effettivo dell’incorporante e dell’incorporata, e quindi l’operazione di sommare il capitale sociale
dell’incorporante con il capitale sociale dell’incorporata sarebbe sbagliata perché il capitale sociale
dell’incorporante viene aumentato di un importo che discende da un ragionamento che abbiamo fatto
nelle lezioni precedenti; ciò che entra nella contabilità dell’incorporante sono tutto l’attivo e le passività in
senso stretto, chiaramente se non è stata prevista la retrodatazione contabile. Quando avviene questo
fenomeno di trasferimento delle attività e passività in senso stretto dell’incorporata nella contabilità
dell’incorporante? Avviene alla data della stipula dell’atto di fusione, se invece è stata prevista la
retrodatazione contabile della fusione, il consolidamento dei conti, il trasferimento delle attività e passività
avviene alla data a cui è stata prevista la retrodatazione contabile, e quindi con ogni probabilità al primo
Gennaio dell’anno precedente e poi quello che succede dopo, le variazioni che queste attività e passività
ricevono vengono registrate nella contabilità dell’incorporante. Se noi stiamo facendo una fusione che
presumibilmente si concluderà nel 2022, nel progetto di fusione potremmo prevedere una retrodatazione
al primo Gennaio 2022 cosi ci risparmiamo il problema di fare un bilancio dell’incorporata dal 1 Gennaio
2022 fino alla data in cui l’incorporata cessa di esistere che è appunto la data di stipula dell’atto di fusione,
di dover Fare una dichiarazione dei redditi dell’incorporata per lo stesso periodo di tempo, ci evitiamo il
problema di capire: ma gli utili dell’incorporata in questo arco di tempo a chi spettano? Se è stata prevista
la retrodatazione contabile tutti questi problemi vengono risolti; anche perché poi ci sono dei problemi di
carattere pratico cioè, chi approva il bilancio se non si attua il fenomeno della retrodatazione? Chi fa la
dichiarazione dei redditi su menzionata? L’incorporata non c’è più, gli organi societari: amministratori,
assemblea non esistono più perché non esiste la società.
Come avviene questo consolidamento dei conti? C’è l’articolo 2504.bis c.c. che disciplina gli aspetti
contabili delle fusioni che poi verrà richiamato anche per le scissioni:
“ Nel primo bilancio successivo alla fusione le attività e le passività sono iscritte ai valori risultanti
dalle scritture contabili alla data di efficacia della fusione medesima”
Qual è l’interpretazione che viene data a questo articolo del codice civile? Mentre il legislatore è molto
scarno, esistono i principi contabili nazionali, e quindi c’è un OIC 3 intitolato “Fusioni e Scissioni” dove
chiaramente è molto più dettagliato il concetto che adesso andiamo a chiarire. Il senso di questo articolo è
che le attività e le passività (in senso stretto) dell’incorporata sono iscritte nella contabilità
dell’incorporante agli stessi valori che avevano nell’incorporata quindi, quest’ articolo 2504-bis sancisce il
principio della continuità dei valori contabili in ipotesi di Fusione. I beni e le passività in senso stretto
vengono iscritti nella società incorporante agli stessi valori che avevano nella contabilità dell’incorporata;
quindi un macchinario che aveva un valore netto contabile di 110.000 euro passa nell’incorporante allo
stesso valore netto contabile. Indipendentemente dai diversi valori che siano stati assegnanti ai fini del
calcolo del rapporto di cambio, ai fini della determinazione del valore effettivo, c’è questo principio di
continuità dei valori contabili, chiaramente i valori contabili se non è stata prevista la retrodatazione
contabile abbiamo detto: trapassano i valori contabili alla data della stipula dell’atto di fusione, se è stata
prevista la retrodatazione vengono trasferiti alla data del primo Gennaio dell’anno in corso, tranne che non
vengano fuori delle differenze da fusione che vedremo da che cosa sono dovute, quando sorgono e come
vanno trattate. Prima di vedere ciò, facciamo una piccola critica all’art 2504-bis, poiché non è stato scritto
in maniera molto chiara, perché letteralmente l’art 2504-bis recita: Nel primo bilancio successivo alla
fusione le attività e le passività sono iscritte ai valori risultanti dalle scritture contabili alla data di
efficacia della fusione medesima; potrebbe sembrare, ma questa interpretazione non è stata accolta né
dalla dottrina né dall’OIC, che nel primo bilancio che faccio dopo che ho fatto la fusione per esempio il
bilancio al 31/12 dell’anno successivo le attività e le passività dell’incorporata dovrebbero figurare per i
valori a cui queste attività e passività figuravano alla data di efficacia della fusione medesima. Che cosa vuol
dire? Che facendo una lettura letterale di come è stato scritto l’art 2504-bis sembrerebbe quasi che nel
primo bilancio dell’incorporante chiude dopo aver fatto la fusione e quindi magari un bilancio al 31/ 12 le
attività e passività dovrebbero essere iscritte ai valori che avevano diversi mesi prima cioè alla data della
stipula dell’atto di fusione o addirittura se era stata prevista la retrodatazione contabile ai valori che queste
attività e passività avevano al primo Gennaio dell’anno precedente; ciò potrebbe sembrare un controsenso
perché potrebbe essere passato un anno, perché dovrei scrivere nel bilancio al 31/12 gli stessi valori che
questi beni avevano al primo gennaio? (il professore non è stato molto chiaro su questa critica, mi limito a
riportare ciò che ha detto. Minuto 1h:10min) il legislatore si è espresso male e il senso è quello che
abbiamo già detto, cioè: nella contabilità dell’incorporante le attività e le passività vengono recepite ai
medesimi valori che avevano nella società incorporata, poi queste attività e passività subiscono delle
modificazioni: le immobilizzazioni vengono ammortizzati, i crediti vengono incassati, i debiti vengono pagati
i fondi rischi si incrementano, i valori che poi figureranno al 31/12 nel bilancio dipenderanno da quello che
succede nel frattempo.
Questa è la situazione contabile di Alfa-incorporante al momento di efficacia della fusione, con i dati
riportati nella tabella.
Alfa-incorporante
Beta-incorporata
Ciò che è riportato nelle tabelle sono i valori contabili delle due società.
Che cosa succede in Alfa? Sappiamo che Alfa dovrà aumentare il suo capitale sociale, che cosa succede? Gli
amministratori della società devono concordare sul valore effettivo di Alfa e di Beta, supponiamo che il
valore effettivo di Alfa sia fissato a 300.000 euro, il valore effettivo di Beta è fissato a 150.000. Di quanto
Alfa deve aumentare il suo capitale sociale? Di 50.000. Che cosa entrerà nella contabilità di Alfa?
Entreranno attività= 100.000 e debiti=30.000. Lo stato patrimoniale di Alfa post-fusione sarà:
A quello che già c’era vado ad aggiungere le attività di Beta per gli stessi valori che aveva presso la
contabilità di beta per effetto dell’art. 2504.bis del c.c. e vado ad aggiungere i debiti di beta con gli stessi
valori, il capitale sociale passa da 100.000 a 150.000. lo stato patrimoniale di Alfa post-fusione pareggia
oppure no se abbiamo fatto l’aumento del capitale sociale e rispettato l’art. 2504-bis? Non pareggia! Ci
manca qualcosa nell’attivo o nel passivo? Nel passivo! Ci manca qualcosa nel passivo perché noi alla fine
abbiamo fatto l’aumento di capitale sociale di 50.000 euro, quindi abbiamo messo nel passivo + 50.000 e
poi abbiamo messo nell’attivo +100.000 e nel passivo altri 30.000. fondamentalemnte le modificazioni di
valore che ci sono stati: + 100.000 di attivo, + 80.000 di passivo (50.000 C.S, 30.000 Debiti) ci mancano altri
20.000 nel passivo, queste si chiamano differenze da fusione e in particolare si chiamano: DIFFERENZE DA
CONCAMBIO. La diapositiva di prima diceva: fare la fusione in continuità di valori contabili se però lo stato
patrimoniale non pareggia ci sono queste differenze da concambio che si chiamano AVANZI E DISAVANZI
DA CONCAMBIO e che possono stare in dare o in avere a seconda dei casi. Da che cosa dipende la
differenza di conambio? Dipende dalla mancata coincidenza dell’aumento di capitale sociale
dell’incorpornate ( nel nostro caso 50.000 euro) e il patrimonio netto contabile dell’incorporata, perché
dico il patrimonio netto contabile dell’incorporata? Perché sarebbe la differenza tra il valore delle attività e
passività in senso stretto. Quindi nel nostro caso abbiamo un aumento di C.S di +50.000 euro a fronte del
recepimento di attività di 100.000 e passività di 30.000 quindi a fronte del recepimento di un patirmonio
netto contabile di 70.000 euro, poiché questi due valori non coincidono, lo stato patrimoniale presenta uno
squilibrio che si risolve iscrivendo queste differenze da fusione. In particolare noi avremo:
ESEMPIO N 2
Cambiando un dato: la valutazione che viene data a Beta è diversa, ha un valore effettivo di 300.000 euro.
Che differenza si presenterebbe qualora a Beta fosse riconosciuto un valore effettivo di 300.000 anziché di
150.000? l’aumento di Capitale sociale c’è ed è pari a 100.000, perché le due società valgono lo stesso e
quindi allora gli ex soci di Beta a loro deve essere riservato un aumento di capitale sociale di 100.000 euro.
DOMANDA STUDENTE: perché si ha un aumento di capitale sociale se le due società valgono lo stesso?
RISPOSTA: le due società sono valutate con il medesimo valore effettivo pari a 300.000, i soci di Beta, la
loro società cessa di esistere, perché escluderli dall’incorporante? Io ero socio di una società che valeva
300.000 si fa la fusione in un’altra società che valeva 300.000 euro io devo avere una partecipazione pari a
quella che avevano i vecchi soci dell’incorporante, ci siamo fusi, valiamo lo stesso dobbiamo avere tutti lo
stesso capitale sociale e quindi devo raddoppiare il C.S e portarlo a 200.000 con un aumento di +100.000.
quindi sul piano contabile poi abbiamo un avanzo o un disavanzo? Se si, di quale importo? Abbiamo un
DISAVANZO DA CONCAMBIO DI 30.000 EURO perché continuo a mettere le attività ex-beta per 100.000
euro, i debiti ex Beta per 30.000 euro, varia l’aumento del C.S di +100.000, a questo punto aumentato il
capitale sociale per 100.000 euro, ma recepito un PNC di 70.000 euro a questo punto mi mancano 30.000 in
dare e sarebbe il caso del disavanzo da concambio.
DOMADA STUDENTE: ieri con il dottor Rey abbiamo visto un’altra proporzione:
il valore effettivo di Alfa: al valore effettivo di Alfa+ Beta= il C.S di Alfa ante-fusione: C.S di alfa post-fusione
rispetto alla vostra, volevo chiederle se andavano bene entrambe?
RISPOSTA: Si, il ragionamento è sempre lo stesso che sta alla base delle due proporzioni, quella che vi ho
fatto vedere io vi porta direttamente all’entità dell’aumento del C.S dell’incorporante, quella fatta con il
dott.re Rey vi porta a determinare di quando deve essere il C.S complessivo dell’incorporante e poi ci
calcoliamo l’aumento, chiaramente cambiano i termini della proporzione perché io ho impostato la
proporzione in questo modo: l’aumento del C.S: al vecchio C.S= l’aumento del valore effettivo del
incorporante: al valore effettivo dell’incorporante. Mentre la proporzione vista ieri dice: il C.S complessivo
post-fusione: al C.S ante-fusione= il valore complessivo dell’incorporante e dell’incorporata: al valore
effettivo dell’incorporante.
DOMANDA STUDENTE: non mi è chiaro l’esempio fatto dal dott. Rey quando Alfa detiene il 60% in Beta,
quando ha partecipazioni in Beta.
RISPOSTA: Il ragionamento è che quando c’è una partecipazione parziale dell’incorporante nell’incorporata,
l’aumento di C.S deve essere fatto solo per quel 40% dei soci nell’incorporata diversi dall’incorporante
stessa. Facciamo questo esempio:
Alfa e Beta si incorporano, Alfa vale 300.000, Beta vale 150.000. in prima battuta, l’aumento di C.S deve
essere 50.000 euro, se però abbiamo che Alfa ha una partecipazione al 60% in Beta a questo punto
l’aumento di C.S, sarà il 40% di quei 50.000 di aumento di capitale sociale teorico, perché in Beta
partecipano soci diversi da Alfa solo al 40%, quindi accedono al rapporto di cambio, solo i soci
dell’incorporata diversi dall’incorporante, quindi se l’incorporante ha il 60%, l’altro 40% solo deve ricevere
l’aumento di C.S quindi nel nostro caso l’aumento di C.S sarà 100.000 + 20.000 (40% di 50.000)
DOMANDA: Quindi in questo modo noi ci andiamo a calcolare il numero di azioni che devono essere
emesse per i soci di Beta che in realtà stanno nel 40% e non partecipano già in Alfa.