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TEMI 641

DISTRIBUZIONE DI DIVIDENDI
AI SOCI
1

La Scheda riepiloga gli aspetti civilistici e fiscali relativi alla distribu-


zione di dividendi ai soci.
In particolare, si analizzano i vincoli previsti dal codice civile per la
distribuzione di utili e si illustrano i regimi fiscali applicabili ai soci
che percepiscono dividendi da società di capitali.

Mario BONO e Salvatore SANNA2

1 PREMESSA
L’utile d’esercizio è uno dei possibili risultati di gestione dell’esercizio sociale.
In sintesi, esso corrisponde all’incremento reale del patrimonio netto della società in
conseguenza delle operazioni di gestione che si concretizzano nella contrapposizione tra
ricavi e costi di competenza. Pertanto, l’ammontare dell’utile viene misurato dal Conto
economico, di cui l’utile stesso costituisce il risultato finale positivo.
In presenza di utili, sono possibili i seguenti comportamenti da parte della società:
• rinvio a futuri esercizi;
• accantonamento a riserva;
• copertura di perdite pregresse;
• distribuzione ai soci.
In sede di destinazione dell’utile dell’esercizio, l’autonomia decisionale dell’assemblea
ordinaria dei soci incontra tuttavia alcune limitazioni, poste dalla legge o dallo statuto.
Dal punto di vista fiscale, i dividendi distribuiti dai soggetti IRES risultano imponibili (di
norma parzialmente) in capo ai soci.

1
La presente aggiorna la Scheda 911.03, in Schede di Aggiornamento, 1, 2018, p. 15 ss.
2
m.bono@eutekne.it; s.sanna@eutekne.it.

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642 TEMI

2 LIMITI ALLA DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI


Il principio generale che regola la distribuzione dei dividendi ai soci è quello secondo cui
possono essere attribuiti agli stessi i soli utili effettivamente realizzati.
Il codice civile prevede, allo scopo, una serie di disposizioni che intendono garantire
l’integrità del patrimonio sociale, impedendo la distribuzione ai soci di quella parte del
patrimonio la cui origine è essenzialmente di origine valutativa, e che deve permanere
nell’economia dell’impresa sino all’effettivo realizzo. Sono tali3:
• l’art. 2423 co. 4 c.c., che disciplina gli eventuali utili derivanti dai casi eccezionali
che applicano la deroga ai criteri di redazione del bilancio di esercizio;
• l’art. 2426 co. 1 n. 4 c.c., relativo alla valutazione delle partecipazioni con il meto-
do del patrimonio netto;
• l’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c., che disciplina l’iscrizione in bilancio dei costi di impianto
e di ampliamento e dei costi di sviluppo aventi utilità pluriennale;
• l’art. 2426 co. 1 n. 8-bis c.c., relativo alla valutazione dei crediti e dei debiti non
espressi in euro;
• l’art. 2426 co. 11-bis c.c., per il quale non sono distribuibili gli utili che derivano
dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati non utilizzati ai fini
di copertura.
A queste disposizioni si possono aggiungere anche vincoli statutari di destinazione del-
l’utile d’esercizio (il più comune è rappresento dall’attribuzione di una parte dell’utile ad
un’apposita riserva).
Inoltre, occorre tenere presente che:
• secondo l’art. 2433 co. 3 c.c., se si verifica una perdita del capitale sociale, non è
possibile procedere con la ripartizione degli utili fino a quanto il capitale non venga
reintegrato o ridotto in misura corrispondente4;
• ai sensi dell’art. 2413 co. 2 c.c., non è consentito distribuire utili in presenza di
perdite rinviate da precedenti esercizi, qualora il valore delle obbligazioni in circo-
lazione ecceda il doppio della somma del capitale sociale, della riserva legale e
delle altre riserve disponibili per la copertura delle perdite.

2.1 DEROGA AI CRITERI DI REDAZIONE DEL BILANCIO


Una prima situazione in cui si palesa obbligatoria l’iscrizione di una riserva non distribui-
bile riguarda la deroga esercitata ai sensi dell’art. 2423 co. 4 c.c.
Questa disposizione prevede che, se in casi eccezionali l’applicazione di una delle norme
che regolano la formazione del bilancio risulta incompatibile con la rappresentazione ve-
ritiera e corretta:
• la disposizione non deve essere applicata;
• la nota integrativa deve motivare la deroga e indicare i relativi effetti sulla situa-
zione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico dell’esercizio;

3
Cfr. Giommoni F. “Vincoli e priorità nella distribuzione ai soci di utili e riserve”, La gestione straordinaria
delle imprese, Eutekne, 1, 2017, p. 45.
4
La medesima disposizione è stata prevista per le srl dall’art. 2478-bis co. 5 c.c.

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• gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non
distribuibile, se non in misura corrispondente al valore recuperato5.

2.2 VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI CON IL METODO DEL PATRI-


MONIO NETTO
Un secondo caso in cui il legislatore ha posto vincoli alla distribuzione di parte del patri-
monio sociale è quello in cui la valutazione delle partecipazioni in imprese controllate o
collegate avvenga con il metodo del patrimonio netto (art. 2426 co. 1 n. 4 c.c.)6.
La disposizione prevede, infatti, che i maggiori valori delle partecipazioni per le quali è
stato adottato tale criterio di valutazione debbano essere iscritti in una riserva non di-
stribuibile.

2.2.1 Prima iscrizione in bilancio delle partecipazioni


Applicando il metodo del patrimonio netto, al momento dell’acquisizione la partecipa-
zione deve essere iscritta in contabilità rilevando il suo costo originario, comprensivo degli
oneri accessori quali, ad esempio, costi di intermediazione bancaria e finanziaria, com-
missioni e spese per imposte7.
Quando, in sede di redazione del bilancio d’esercizio, tale partecipazione viene per la
prima volta valutata con il metodo del patrimonio netto, è necessario determinare il pa-
trimonio netto della partecipata da porre a confronto con il costo sostenuto per la sua
acquisizione.

5
Cfr. documento OIC 28 (§ 14).
La riserva accoglie le rivalutazioni di attività effettuate laddove l’adozione degli ordinari criteri di valu-
tazione risultino incompatibili con il principio di rappresentazione veritiera e corretta.
In dottrina, è stato sottolineato che la riserva in questione accoglie le rivalutazioni economiche che
sono cosa diversa dalle rivalutazioni monetarie che confluiscono nella voce del patrimonio netto A.III
(“Riserve di rivalutazione”). In particolare, si sostiene che “per rivalutazione economica è da intendersi
l’incremento di valore di alcune attività a fronte di un aumento della relativa riserva da rivalutazione per
cause non legate ad andamenti inflazionistici bensì a dinamiche incidenti sulla sostanza economica del
valore dei beni; dinamiche, queste ultime, non ricorrenti, ma limitate a specifiche ipotesi che potrebbero ve-
rificarsi in casi eccezionali, quando cioè sussistano le condizioni per l’applicazione della deroga alle disposi-
zioni sul bilancio prevista dall’art. 2423, co. 527, c.c.” (cfr. documento Fondazione nazionale dei Com-
mercialisti 15.1.2017 “La disponibilità e la distribuibilità delle riserve del patrimonio netto: aspetti civili-
stici e contabili”, estensore Trinchese M., p. 9).
6
Da un punto di vista operativo, la valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto è
disciplinata dal documento OIC 17 “Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto”.
L’utilizzo del metodo del patrimonio netto per la valutazione delle partecipazioni di controllo e di colle-
gamento consiste nel rilevare la partecipazione al costo di acquisto e di adeguarne il valore nel corso
degli esercizi successivi a quello di acquisizione, in modo da tenere conto delle quote di pertinenza del
risultato conseguito dalla partecipata nel corso degli esercizi successivi e delle altre variazioni interve-
nute sul patrimonio netto.
In altri termini, il costo di acquisto della partecipazione viene periodicamente rettificato al fine di riflet-
tere, nel bilancio della società partecipante, tutte le variazioni intervenute sul patrimonio netto della
partecipata, siano esse dovute ai risultati d’esercizio piuttosto che ad operazioni sul capitale.
7
Cfr. documento OIC 17 (§ 21).

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A tal proposito, l’art. 2426 co. 1 n. 4 c.c. afferma che il patrimonio da prendere in consi-
derazione è quello risultante dall’ultimo bilancio approvato.
Differenza iniziale tra costo e patrimonio netto contabile della partecipata
Dopo aver acquistato e rilevato la partecipazione al costo di acquisto incrementato dagli
eventuali oneri accessori, la società partecipante deve procedere alla valutazione della
partecipazione.
A questi fini, è necessario confrontare il costo di acquisto della partecipazione con la
corrispondente quota di patrimonio netto contabile alla data di acquisizione. Se dal con-
fronto si origina una differenza iniziale, positiva o negativa, occorre procedere alla sua
identificazione e allocazione.
La tabella che segue riepiloga la contabilizzazione del differenziale iniziale secondo le in-
dicazioni previste nel documento OIC 17 (§ 53 - 60).
Metodo del patrimonio netto e differenza tra costo di acquisto
Se è attribuita ai maggiori valori correnti dell’attivo dello Stato patri-
moniale della partecipata oppure alla presenza di avviamento:
Differenza positiva
 la partecipante iscrive la partecipazione al costo di acquisto com-
(costo di acquisto della 8
prensivo di tale differenza iniziale positiva .
partecipazione superiore
Se non corrisponde ad un maggior valore dell’attivo oppure ad un av-
alla corrispondente frazione
viamento:
di patrimonio netto contabile
della società partecipata)  la partecipazione è soggetta a svalutazione, con iscrizione della
differenza positiva nella voce “D.19.a - Svalutazioni di partecipazioni”,
del Conto economico.
Se riconducibile al compimento di un buon affare e se non riconduci-
bile alla previsione di perdite future:
 la partecipante iscrive tala partecipazione al maggior valore del
patrimonio netto rettificato della partecipazione rispetto al costo di
Differenza negativa acquisto, iscrivendo quale contropartita, all’interno del patrimonio
(costo di acquisto della netto (voce “A.VI - Altre riserve”) una “riserva per plusvalori di parteci-
partecipazione inferiore pazioni acquisite”, non distribuibile.
alla corrispondente frazione Se dovuta alla presenza di attività iscritte per valori superiori rispetto
di patrimonio netto contabile al loro valore recuperabile (ipotesi non molto frequente) o passività
della società partecipata) iscritte ad un valore inferiore al loro valore di estinzione (esempio
fondo rischi non rilevato) o, ancora, alla previsione di risultati econo-
mici futuri sfavorevoli:
 la differenza negativa rappresenta un “fondo per rischi e oneri futuri”
9
di cui la società partecipante dovrà tenere memoria extra-contabile .

8
Tali valori costituiscono, infatti, parte integrante del valore di carico della partecipazione, pertanto non è
scorporata dal prezzo pagato per l’acquisizione della partecipazione anche se occorre tenere traccia
extra-contabile di tali maggiori valori in modo da effettuare le necessarie rettifiche (cfr. Bava F., Devalle
A. “Le partecipazioni”, in “I nuovi OIC - Bilancio 2018”, Collana principi contabili, Eutekne, 2019, p. 296).
9
La partecipazione sarà infatti rilevata inizialmente per un valore pari al costo sostenuto per poi essere
ridotto negli esercizi successivi attraverso l’utilizzo del fondo per rischi e oneri futuri, indipendente-
mente dall’effettivo manifestarsi delle perdite attese.

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Indipendentemente dall’allocazione della differenza iniziale (positiva o negativa), il valore
della partecipazione è esposto nel bilancio della società partecipante attraverso un unico
ammontare, e le quote di utili o di perdite della partecipata si rilevano nell’apposita voce
del Conto economico.

2.2.2 Rilevazione negli esercizi successivi degli utili e delle perdite della parteci-
pata e iscrizione della riserva
Nel corso degli esercizi successivi alla prima rilevazione della partecipazione, la società
partecipante deve rilevare la quota di risultato netto (rettificato) di sua spettanza.
Tale operazione deve essere effettuata per competenza, ossia nello stesso esercizio al
quale il risultato si riferisce.
Da ciò deriva che nel corso degli esercizi successivi alla prima rilevazione, si potranno
verificare i seguenti casi (OIC 17, § 170):
• incremento del patrimonio netto della società partecipata originato da utili d’e-
sercizio;
• decremento del patrimonio netto della società partecipata originato da perdite
d’esercizio.
Nel caso di incremento di patrimonio netto della partecipata, la società partecipante
rileva l’utile nella voce “D.18.a - Rivalutazioni di partecipazioni”, del Conto economico ed
ha come contropartita l’incremento in Stato patrimoniale della voce “B.III.1 - Partecipa-
zioni” (controllate o collegate a seconda della tipologia).
La scrittura contabile è la seguente:
Partecipazioni in imprese Rivalutazione
a
collegate (o controllate) di partecipazioni

Qualora, invece, si verifichi il decremento del patrimonio netto della partecipata, la so-
cietà partecipante rileva la perdita nella voce “D.19.a - Svalutazioni di partecipazioni” del
Conto economico, con contropartita la riduzione in Stato patrimoniale della voce “B.III.1 -
Partecipazioni” (controllate e collegate)10.
La scrittura contabile è la seguente:
Svalutazione Partecipazioni in imprese
a
di partecipazioni collegate (o controllate)

Iscrizione della riserva da metodo del patrimonio netto


Quando si utilizza il metodo del patrimonio netto per la valutazione delle partecipazioni
nel bilancio d’esercizio, vale il disposto dell’art. 2426 co. 1 n. 4 c.c. secondo il quale le
plusvalenze iscritte nel Conto economico derivanti dall’applicazione del metodo del pa-
trimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell’esercizio precedente, si devo-
no iscrivere in una riserva non distribuibile11.

10
Cfr. Bava F., Devalle A. “Le partecipazioni”, in “I nuovi OIC - Bilancio 2018”, Collana principi contabili,
Eutekne, 2019, p. 300.
11
Nella nuova versione dell’OIC 17 non sono più specificati i casi in cui è necessario vincolare la riserva
non distribuibile.

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In caso di incremento di valore della partecipata pari a 4.000,00, per contabilizzare l’in-
cremento nel Conto economico si dovrà iscrivere:

Rivalutazione di
Partecipazioni in Beta spa
a partecipazioni in Beta spa 4.000,00
(B.III.1 Attivo SP)
(D.18.a CE)

In sede di destinazione del risultato d’esercizio dovrà essere creata una riserva non di-
stribuibile pari a 4.000,00.
Riserva ex art. 2426
Utile d’esercizio
a co. 1 n. 4 c.c. 4.000,00
(A.IX Passivo SP)
(A.VII Passivo SP)

La riserva ex art. 2426 co. 1 n. 4 c.c. è una riserva non distribuibile ai soci che, tuttavia,
può essere liberamente utilizzata a copertura delle perdite dell’esercizio o di esercizi
successivi.

2.3 CAPITALIZZAZIONE DEI COSTI DI IMPIANTO E AMPLIAMENTO E DEI


COSTI DI SVILUPPO
La distribuzione di dividendi trova una ulteriore limitazione allorché la società proceda
alla capitalizzazione di costi di impianto e di ampliamento e dei costi di sviluppo aventi
utilità pluriennali.
A norma dell’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c., infatti, sino a che l’ammortamento di tali costi non
sia completato, possono essere distribuiti dividendi solamente se residuano riserve di-
sponibili sufficienti a coprirne il costo non ammortizzato.

2.3.1 Ambito applicativo della disposizione


La limitazione alla distribuzione degli utili prevista dall’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c. opera nel
momento in cui siano iscritti nell’attivo dello Stato patrimoniale i seguenti costi:
• costi di impianto e di ampliamento;
• costi di sviluppo.
Per i medesimi costi, l’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c. prevede il consenso obbligatorio del Col-
legio sindacale ai fini della relativa capitalizzazione.
Costi di impianto e ampliamento
I costi di impianto e di ampliamento sono “i costi che si sostengono in modo non ricorrente
in alcuni caratteristici momenti nel ciclo di vita della società, quali la fase pre-operativa (cosid-
detti costi di start-up) o quella di accrescimento della capacità operativa” (cfr. documento
OIC 24, § 41).
Il presupposto fondamentale, oltre ai requisiti previsti per gli oneri pluriennali in ge-
nerale, per la loro iscrizione nell’attivo dello Stato patrimoniale sta nella dimostrazione
del rapporto causa-effetto tra i costi in oggetto e la futura utilità che dagli stessi l’impre-
sa si attende.
Costi di sviluppo
Con riferimento ai costi di sviluppo, il documento OIC 24 distingue i costi che si sosten-
gono nell’ambito dei processi di ricerca in costi:

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• per la ricerca di base (che devono essere iscritti a Conto economico);
• per lo sviluppo (che possono essere capitalizzati).
La ricerca di base viene definita come “un’indagine originale e pianificata intrapresa con la
prospettiva di conseguire nuove conoscenze e scoperte, scientifiche o tecniche, che si consi-
dera di utilità generica alla società. I costi di ricerca di base sono normalmente precedenti a
quelli sostenuti una volta identificato lo specifico prodotto o processo che si intende sviluppa-
re” (cfr. documento OIC 24, § 47).
Lo sviluppo, invece, è “l’applicazione dei risultati della ricerca di base o di altre conoscenze
possedute o acquisite in un piano o in un progetto per la produzione di materiali, dispositivi,
processi, sistemi o servizi nuovi o sostanzialmente migliorati, prima dell’inizio della produzione
commerciale o dell’utilizzazione” (cfr. documento OIC 24, § 48).

2.3.2 Ammontare degli utili non distribuibili


Il vincolo alla capitalizzazione dei costi pluriennali opera anche se gli utili si sono originati
in esercizi anteriori a quello in cui la capitalizzazione è avvenuta.
La norma prevede, infatti, che, fino a quando l’ammortamento di tali costi non sia com-
pletato, possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili suffi-
cienti a coprire il relativo ammontare non ammortizzato.
Lo scopo della disposizione deve essere ricercato nella necessità di evitare che perdite
“reali” possano essere “mascherate” attraverso la capitalizzazione di costi: senza la nor-
ma in commento, infatti, anche in situazioni di tal genere si potrebbe procedere alla di-
stribuzione di riserve pregresse, in modo da depauperare il patrimonio sociale.
In applicazione della norma contenuta nell’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c., invece, gli utili e le
riserve distribuibili esistenti in bilancio rimangono “vincolati” per un importo corrispon-
dente al costo capitalizzato, al netto degli ammortamenti, come si evince dall’esempio
sotto riportato.
Utile (perdita) calcolati senza capitalizzare i costi (100)
Costi capitalizzati (lordi) 125
Ammortamenti (20%) 25
Utile (perdita) netto calcolato capitalizzando i costi 0
Riserve pregresse 100
Utili distribuibili 0

2.4 UTILI NETTI SU CAMBI NON REALIZZATI


La distribuzione dell’utile realizzato dalla società deve tenere conto della presenza di utili
su cambi non realizzati. Tali utili, infatti, devono essere accantonati in una apposita riser-
va non distribuibile sino al realizzo.

2.4.1 Utili e perdite su cambi


Gli utili e le perdite su cambi devono essere iscritti nella specifica voce “C.17-bis - Utili e
perdite su cambi” del Conto economico (art. 2425 c.c.).
In particolare, nella voce “C.17-bis - Utili e perdite su cambi” devono essere rilevati:

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• gli utili e le perdite su cambi realizzati, derivanti dalla conversione di attività e
passività in valuta incassate o pagate nell’esercizio (ad esempio, l’incasso di un
credito);
• gli utili e le perdite su cambi non realizzati, derivanti dalla conversione di attività e
passività in valuta non ancora regolate (ovvero non ancora incassate e pagate)
alla data di chiusura dell’esercizio.
Devono essere convertite al cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio le poste
attive e passive a breve termine e a medio-lungo termine, purché monetarie12, indipen-
dentemente dalla classificazione di bilancio, risultando escluse le poste a contenuto eco-
nomico come ad esempio il magazzino13.
Le differenze di cambio relative agli elementi monetari non rettificano mai i ricavi e i
costi già iscritti in sede di rilevazione iniziale dell’operazione in valuta, neppure nei casi in
cui la liquidazione finanziaria avvenga nello stesso esercizio14.

2.4.2 Riserva utili su cambi


L’eventuale utile netto derivante dalle differenze su cambi deve essere accantonato in
apposita riserva non distribuibile fino al realizzo ex art. 2426 co. 1 n. 8-bis c.c.
Gli utili netti non realizzati su cambi devono, cioè, essere iscritti nella voce “Riserva utili
su cambi” nell’ambito del patrimonio netto; tale riserva deve essere costituita in sede di
destinazione dell’utile dell’esercizio15.
In sostanza, l’importo dell’eventuale utile netto derivante dall’adeguamento ai cambi di
fine esercizio delle poste monetarie in valuta concorre alla formazione del risultato del-
l’esercizio e, in sede di approvazione del bilancio e conseguente destinazione del risul-
tato stesso – previa destinazione a riserva legale – esso deve essere iscritto, per
la parte non assorbita dall’eventuale perdita d’esercizio, nella riserva di utili su cambi.
Si ricorda che, per espressa disposizione normativa, tale riserva non è distribuibile.

12
Per elementi monetari si intendono le attività e passività che comportano il diritto ad incassare o l’ob-
bligo di pagare, a date future, importi di denaro in valuta determinati o determinabili. Sono elementi
monetari:
• i crediti (iscritti nell’attivo circolante e nelle immobilizzazioni);
• i debiti;
• le disponibilità liquide;
• i ratei attivi e passivi;
• i titoli di debito;
• i lavori in corso su ordinazione valutati con il criterio della percentuale di completamento.
13
Cfr. Contin F. “Operazioni in valuta estera: aspetti civilistici, contabili e fiscali”, Guida alla contabilità &
Bilancio, 19, 2010, p. 25.
14
Cfr. documento OIC 26 (§ 16). Per approfondimenti, si rimanda a Odetto G., Sanna S. “Profili contabili
e fiscali delle operazioni in valuta”, Schede di Aggiornamento, 10, 2018, p. 2709.
15
Imponendo la costituzione di tale riserva, il legislatore ha inteso non consentire la distribuzione ai soci di
un provento non ancora materialmente realizzato. Infatti, in assenza di un contratto di copertura del ri-
schio di cambio, la determinazione definitiva di tale provento dipende solo dal tasso di cambio in vigore al
momento dell’effettivo incasso o pagamento del credito o del debito in valuta (cfr. Salvi G. “Conversione
delle poste monetarie e non monetarie in valuta estera”, Bilancio e reddito d’impresa, 7. 2018, p. 43).

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Esempio
Si ipotizza una società che presenta in bilancio un utile netto su cambi non realizzato di
1.000,00 euro e che il Conto economico, tenendo conto del suddetto utile su cambi, evi-
denzi un utile d’esercizio di 500,00 euro. In tale ipotesi, solo 500,00 euro di utile sareb-
bero destinati ad alimentare la riserva in questione. Qualora, invece, l’utile d’esercizio
comprensivo dell’utile su cambi fosse pari a 1.200,00 euro, quest’ultimo sarebbe desti-
nato ad alimentare la riserva per 1.000,00.
Alla chiusura di ogni esercizio, deve essere rideterminato l’importo complessivo degli
utili e perdite non realizzati su cambi.
Quindi, si possono verificare le seguenti situazioni riepilogate nella tabella che segue.
Differenze su cambi e riserva per utili su cambi
La riserva per utili su cambi deve essere integrata
Utile netto complessivo su cambi è superiore al-
per l’eventuale eccedenza positiva derivante dalle
l’importo della riserva su cambi iscritta.
differenze su cambi.
L’eccedenza della riserva per utili su cambi non
Utile netto complessivo su cambi è inferiore al-
distribuibile deve essere riclassificata ad una riser-
l’importo della riserva su cambi iscritta.
va liberamente distribuibile.
L’intera riserva per utili su cambi deve essere ri-
Perdita netta su cambi.
classificata in una riserva liberamente distribuibile.

2.5 RISERVE DA VALUTAZIONE AL FAIR VALUE DI DERIVATI


Per quanto riguarda le riserve da valutazione al fair value di derivati utilizzati a copertura
di flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un’operazione program-
mata, si ricorda che, come previsto dall’art. 2426, co. 1, n. 11-bis, del c.c., tali riserve “non
sono considerate nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli articoli 2412,
2433, 2442, 2446 e 2447 e, se positivi, non sono disponibili e non sono utilizzabili a coper-
tura delle perdite”16.
In merito alla quantificazione del vincolo di indisponibilità delle riserve in argomento in
dottrina è stato sostenuto che lo stesso dovrebbe essere pari “al valore degli strumenti
derivati attivi non di copertura rilevato nello stato patrimoniale. Pertanto, se l’esercizio si do-
vesse chiudere con una perdita o con un utile non capiente, il vincolo di non distribuibilità do-
vrebbe essere posto su riserve preesistenti altrimenti distribuibili. Solo in questo modo, infatti,
si evita la distribuzione di utili non realizzati”17.

2.6 VINCOLI STATUTARI DI DESTINAZIONE DELL’UTILE


L’autonomia decisionale dell’assemblea ordinaria dei soci, in merito alla concreta desti-

16
In dottrina, è stato rilevato che “il regime giuridico previsto dalla norma rende questa riserva, positiva o ne-
gativa che sia, assimilabile, più che a una posta di patrimonio netto, a una voce di risconto, attivata con
l’unico obiettivo di differire al futuro costi e ricavi maturati nell’esercizio in corso o in quelli passati ma la cui
rilevanza economico-patrimoniale si vuole emerga soltanto in un momento futuro” (cfr. Sura A. “l regime
degli utili e delle perdite rilevati a patrimonio netto”, Bilancio e reddito di impresa, 1, 2018, p. 15).
17
Cfr. Busso D., Devalle A. “Gli strumenti finanziari derivati in bilancio - Il nuovo OIC 32” Collana principi
contabili, Eutekne, 2017.

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nazione dell’utile che residua una volta ottemperati gli eventuali obblighi di legge, può
essere ulteriormente limitata per effetto di disposizioni statutarie.
In particolare, lo statuto potrebbe prevedere:
• un diritto di partecipazione agli utili per soci fondatori e promotori (artt. 2340 e
2341 c.c.);
• l’attribuzione di privilegi nella ripartizione degli utili, a favore dei detentori di spe-
ciali categorie di azioni e di altri strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali
(artt. 2346, 2348 e 2350 c.c.);
• obblighi di accantonamento ad apposite riserve statutarie18.

3 APPROVAZIONE DEL BILANCIO E DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI


Ai sensi dell’art. 2433 c.c., “la deliberazione sulla distribuzione degli utili è adottata dal-
l’assemblea che approva il bilancio ovvero, qualora il bilancio sia approvato dal consiglio di
sorveglianza, dall’assemblea convocata a norma dell’articolo 2364-bis, secondo comma. Non
possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti
dal bilancio regolarmente approvato”.
Nelle spa, quindi, ex art. 2433 c.c., fatto costitutivo del diritto del socio alla percezione
dei dividendi è la deliberazione assembleare di distribuzione dei medesimi; prima di tale
momento sussiste una semplice aspettativa, potendo l’assemblea impiegare diversa-
mente gli utili o anche rinviarne la distribuzione.
L’art. 2433 co. 1 c.c. non configura un diritto del socio agli utili senza una preventiva
deliberazione assembleare in tal senso, rientrando nei poteri dell’assemblea, in sede di
approvazione del bilancio d’esercizio, quello di decidere il da farsi, optando, eventual-
mente, anche per l’accantonamento o per il reimpiego nell’interesse della società19.
Ne deriva che tale diritto sorge in capo a chi è socio al momento di quella deliberazione,
dovendosi invece escludere in capo a quei soggetti che sono stati soci prima della deli-
berazione medesima, ma che a quel momento hanno perduto tale qualifica20.
È pacifico che questi principi valgano per tutte le società di capitali, dunque anche per le
srl (anche in considerazione della sostanziale omogeneità del disposto degli artt. 2433 e
2478-bis c.c.), in contrapposizione con quanto previsto per le società di persone, in cui,
ex art. 2262 c.c., i soci divengono titolari della quota di utili di esercizio “ipso facto” dopo
l’approvazione del rendiconto, senza che sia necessaria un’ulteriore decisione sulla loro
distribuzione21.

18
L’assemblea potrebbe anche essere vincolata alla destinazione dell’utile da sue precedenti delibera-
zioni, ad esempio nel caso in cui sia stata deliberata una quota di partecipazione agli utili:
• in favore degli amministratori (art. 2389 c.c.);
• in favore dei dipendenti (art. 2102 c.c.).
19
Cfr. Cass. 8.3.2016 n. 4522 e Cass. 11.3.93 n. 2959.
20
Cfr. Trib. Milano 2.9.2015 n. 9815 e Trib. Milano 28.9.2006.
21
Cfr. studio Consiglio nazionale del Notariato 12.5.2016 n. 48. Per le srl, si osserva che non sarebbe legitti-
ma una clausola statutaria che imponga un’integrale e automatica distribuzione degli utili, mentre ben

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TEMI 651
3.1 DEPOSITO DEL BILANCIO E DELLA DELIBERA DI APPROVAZIONE
Gli amministratori devono depositare presso l’ufficio del Registro delle imprese:
• una copia del bilancio, corredata dalle relazioni previste dagli artt. 2428 e 2429
c.c. (Relazione sulla gestione, Relazione dei sindaci e, ove presente, Relazione del
revisore) e dal verbale di approvazione dell’assemblea o del Consiglio di sorve-
glianza (art. 2435 co. 1 c.c.)22;
• l’elenco dei soci riferito alla data di approvazione del bilancio, con l’indicazione del
numero di azioni possedute, nonché dei soggetti diversi dai soci che sono titolari
di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime. Il deposito dell’elenco dei
soci è previsto per le sole società per azioni non quotate (art. 2435 co. 2 primo
periodo c.c.). L’elenco deve essere corredato dall’indicazione analitica delle anno-
tazioni effettuate nel libro dei soci a partire dalla data di approvazione del bilancio
dell’esercizio precedente (art. 2435 co. 2 secondo periodo c.c.)23.
Portata dell’onere nelle srl (abrogazione del libro soci)
Anteriormente alle modifiche apportate dal DL 185/2008 convertito, l’art. 2478-bis co. 2
c.c. imponeva agli amministratori di srl di depositare “presso l’ufficio del registro delle im-
prese, a norma dell’articolo 2435, copia del bilancio approvato e «l’elenco dei soci e degli altri
titolari di diritti sulle partecipazioni sociali»“.
L’art. 16 co. 12-septies del DL 29.11.2008 n. 185, inserito in sede di conversione in L.
28.1.2009 n. 2, ha eliminato il libro soci dal novero dei libri sociali obbligatori nelle srl. È,
infatti, stato abrogato il n. 1 dell’art. 2478 co. 1 c.c.
L’abrogazione del libro soci ha inciso sull’art. 2478-bis co. 2 c.c. L’art. 16 co. 12-octies del
DL 185/2008, inserito in sede di conversione in legge, infatti, ha modificato tale articolo,
imponendo il solo deposito di copia del bilancio approvato.
Termini del deposito
Il deposito del bilancio e degli allegati deve essere effettuato entro 30 giorni dall’appro-
vazione del bilancio (art. 2435 co. 1 e 2 c.c.).
Scadenza dei termini di sabato o in giorni festivi
Si evidenzia che, ai sensi dell’art. 3 co. 2 del DPR 14.12.99 n. 558, la presentazione delle
domande al Registro delle imprese, il cui termine cade di sabato o di giorno festivo, è
considerata tempestiva se effettuata il primo giorno lavorativo successivo.
Di conseguenza, ove il termine di 30 giorni per il deposito dovesse scadere di sabato o di
domenica, si può provvedere allo stesso il primo giorno lavorativo successivo. Ciò vale
anche in caso di deposito con modalità telematica24.

potrebbe configurarsi un diritto particolare che attribuisca ai soci che ne siano titolari il diritto di prelevare
la quota di utili a loro riservata a seguito della mera emersione di utili dal bilancio d’esercizio.
22
Ai sensi dell’art. 37 co. 21-bis del DL 4.7.2006 n. 223 (conv. L. 4.8.2006 n. 248), i bilanci al Registro
delle imprese devono essere presentati in “formato elettronico elaborabile” (XBRL).
23
Ai sensi dell’art. 12 del DPR 14.12.99 n. 558 (regolamento recante norme per la semplificazione della
disciplina in materia di Registro delle imprese), nel caso in cui non vi sia stato alcun mutamento, ri-
spetto a quello già depositato, l’elenco dei soci non deve essere presentato (cfr. Valcarenghi G., Pellino
R. “Deposito bilanci, è countdown. Le istruzioni alla redazione”, Italia Oggi 7, 21.5.2018, p. 21).
24
Cfr. Unioncamere “Manuale operativo per il deposito bilanci al Registro delle imprese”, febbraio 2018,

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652 TEMI
3.2 IMPOSTE INDIRETTE SULLA DELIBERA DI DISTRIBUZIONE DI UTILI
Ai fini delle imposte indirette, si ricorda che il verbale di approvazione del bilancio che dia
luogo alla distribuzione di utili25:
• è soggetto a registrazione in termine fisso, nel termine ordinario, di 20 giorni dal-
la data dall’atto;
• deve essere ricondotto nell’ambito applicativo della lett. d) dell’art. 4 della Tariffa,
Parte I, allegata al DPR 131/86, in quanto configura un’assegnazione ai soci.
Tale disciplina opera sia per le assegnazioni operate durante lo svolgimento dell’attività
sociale, sia per le assegnazioni operate al momento dello scioglimento della società e
della sua liquidazione, ovvero:
• sia per i bilanci di esercizio
• che per i bilanci di liquidazione.
Pertanto, se è prevista la distribuzione di utili in denaro, il verbale di approvazione del
bilancio è soggetto a registrazione in termine fisso, con il pagamento dell’imposta di re-
gistro in misura fissa (200,00 euro) a norma dell’art. 4 co. 1 lett. d) n. 1 della Tariffa, Par-
te I, allegata al DPR 131/86, sulle assegnazioni di denaro.
La registrazione del bilancio (di esercizio o di liquidazione) che preveda la distribuzione di
utili deve avvenire prima della sua presentazione al Registro delle imprese26.

Distribuzione di dividendi

approvazione da parte registrazione del verbale


dell’assemblea dei soci in termine fisso (200,00 euro)

Fig. 1 - Adempimenti formali per la distribuzione dei dividendi

3.3 SCRITTURE CONTABILI


Dal punto di vista contabile, l’utile dell’esercizio può essere:
• destinato ad una o più delle riserve, di cui alle voci “A.IV - Riserva legale”, “A.V -
Riserve statutarie”, e “A.VI - Altre riserve” del patrimonio netto;
• attribuito ai soci fondatori, ai promotori, agli amministratori ed ai dipendenti e ai
possessori (soci o terzi) degli strumenti finanziari emessi a seguito del loro ap-
porto di opere o servizi;
• utilizzato per coprire le perdite pregresse;
• portato ad aumento del capitale sociale;
• rinviato ai futuri esercizi;
• distribuito ai soci.

p. 13 e la FAQ disponibile sul sito della Camera di Commercio di Torino www.to.camcom.it. Quest’ul-
tima precisa, inoltre, che la ricorrenza del Santo Patrono (L. 27.5.49 n. 260) non è considerata giorno
festivo ai fini del computo del termine per la presentazione delle domande al Registro delle imprese -
REA; pertanto la scadenza non è prorogata.
25
Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 29.5.2013 n. 18 (§ 6.38) e R.M. 22.11.2000 n. 174.
26
Cfr. ris. Agenzia delle Entrate 5.12.2007 n. 353.

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TEMI 653
La destinazione dell’utile d’esercizio a specifiche riserve deve avvenire nel rispetto del-
l’art. 2430 c.c. (riserva legale), così come le regole presenti nello statuto e quanto defini-
to nell’ambito delle delibere assembleari.
In particolare, tale disposizione obbliga ad accantonare in tale riserva il 5% dell’utile
dell’esercizio fino a quando la riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale.
Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, la riserva legale scendesse al di sotto del limite del
quinto del capitale sociale, essa deve essere reintegrata con il progressivo accantona-
mento di almeno il ventesimo degli utili netti27.
Di norma, quindi, la rilevazione contabile della destinazione dell’utile d’esercizio risulta la
seguente28:
Utile d’esercizio a ≠
Riserva legale
Riserva straordinaria

Soci c/dividendi

Scritture contabili per i soci che percepiscono i dividendi


Nello schema di bilancio previsto dal codice civile per i soggetti OIC adopter, i dividendi
sono iscritti al Conto economico nella voce “C.15 - Proventi da partecipazione”, con evi-
denza separata di quelli relativi a imprese controllate e collegate”, secondo il principio
della competenza economica29.
Essi devono essere iscritti al lordo delle ritenute subite, ove applicabili.
Si ricorda che l’attuale formulazione del documento OIC 21 esclude la possibilità di con-
tabilizzare i dividendi in “via anticipata” nell’esercizio di maturazione, vietando in tal mo-
do alle controllanti la contabilizzazione in base alla mera proposta di distribuzione deli-
berata dall’organo amministrativo della partecipata30.
Pertanto, i dividendi devono essere iscritti in bilancio al sorgere del relativo diritto di cre-
dito, diritto che si verifica all’atto della deliberazione di distribuzione da parte dell’as-
semblea, ancorché a questo momento gli utili non siano ancora materialmente esigibili.
Le rilevazioni contabili relative all’iscrizione dei proventi da partecipazioni sono le se-
guenti:
• rilevazione del dividendo;

27
L’art. 2463 c.c. prevede inoltre, nel caso di srl costituita con un capitale sociale in misura inferiore a
10.000,00 euro, che “la somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato,
per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che
la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro”.
28
Come viene illustrato nel successivo § 4, nel caso in cui il soggetto percipiente sia una persona fisica,
laddove sia previsto dalle normative fiscali occorre aggiungere la rilevazione della ritenuta a titolo di
imposta con aliquota del 26%.
29
La contabilizzazione per cassa è in contrasto con il principio della competenza economica e, come
tale, non deve essere adottata.
30
Sul tema, si segnala Villa N. “Nuove regole per la contabilizzazione dei dividendi ed effetti conseguen-
ti”, La gestione straordinaria delle imprese, Eutekne, 1, 2017, p. 115 ss.

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654 TEMI
Crediti verso controllate Proventi da
a
(C.II.2 Attivo SP) partecipazioni (C.15 CE)

• rilevazione (eventuale) della fiscalità differita;


Imposte differite Fondo per imposte
a
(22 CE) differite (B.2 Passivo SP)

• incasso.
Banca c/c Crediti verso controllata
a
(C.IV Attivo SP) (C.II.2 Attivo SP)

4 IMPOSIZIONE DEI DIVIDENDI IN CAPO AI SOCI


Dal punto di vista fiscale, per dividendi si intendono gli utili da partecipazione suscettibili
di rientrare tra i redditi di capitale ex art. art. 44 co. 1 lett. e) del TUIR.
Nello specifico, ci si riferisce agli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patri-
monio di società ed enti soggetti all’IRES indicati nell’art. 73 co. 1 del TUIR (società di
capitali, enti commerciali, enti non commerciali e società e enti non residenti)31.
Ai fini del presente lavoro, si ritiene opportuno limitarci a riepilogare il regime fiscale dei
dividendi in un’apposita tabella, ponendo alcuni cenni soltanto in merito alla recente ri-
forma dei redditi di capitale ad opera della L. 205/2017.

4.1 RITENUTA A TITOLO DI IMPOSTA DEL 26% SUI DIVIDENDI


Con l’art. 1 co. 999 ss. della L. 27.12.2017 n. 205 (legge di bilancio 2018), il legislatore ha
riformato in modo significativo il regime dei redditi di capitale e dei redditi diversi di na-
tura finanziaria, uniformando il trattamento dei dividendi e delle plusvalenze “qualificati”
a quello delle analoghe componenti di natura non qualificata e prevedendone quindi la
tassazione rispettivamente con ritenuta a titolo d’imposta o con imposta sostitutiva del
26%32.

31
Cfr. artt. 44 e 89 del TUIR.
Inoltre, costituiscono dividendi anche i proventi derivanti dalla partecipazione a società di persone (o
soggetti equiparati) non residenti. Tale qualificazione comporta l’imposizione sui redditi dei soci se-
condo il principio di cassa (all’atto dell’effettiva percezione dell’utile), anziché secondo il criterio della
trasparenza, valevole per le partecipazioni in società di persone residenti.
32
Nonostante la L. 205/2017 abbia equiparato i due regimi impositivi, l’art. 67 co. 1 lett. c) del TUIR di-
stingue ancora tra partecipazioni qualificate e partecipazioni non qualificate. In particolare, con riferi-
mento alle persone fisiche che non svolgono attività di impresa, si considerano qualificate le parteci-
pazioni che conferiscono:
• una percentuale dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria superiore al 20%, ovvero una
percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25% (per le partecipazioni in
società non negoziate nei mercati regolamentati);
• una percentuale dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria superiore al 2%, ovvero una
percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5% (per le società i cui titoli
sono negoziati nei mercati regolamentati).

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TEMI 655
La legge di bilancio 2018 non ha modificato il regime fiscale dei dividendi che riguarda i
soggetti imprenditori33.

Regime transitorio
L’equiparazione tra dividendi qualificati e dividendi non qualificati trova applicazione per i
redditi di capitale percepiti dall’1.1.2018.
È però prevista un’apposita disciplina transitoria per cui, per le distribuzioni di utili deri-
vanti da partecipazioni qualificate deliberate dall’1.1.2018 al 31.12.2022 e formatesi con
utili prodotti sino all’esercizio in corso al 31.12.2017, continuano ad applicarsi le disposi-
zioni del DM 26.5.2017.
La Direzione Regionale del Piemonte dell’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la ri-
sposta all’istanza di interpello 901-498/2018, che tale disciplina transitoria deve inter-
pretarsi nel senso per cui le distribuzioni di dividendi a favore di persone fisiche titolari di
partecipazioni qualificate deliberate nel 2017, ma eseguite nel 2018, mantengono il pre-
vigente regime impositivo, non scontando quindi la ritenuta a titolo d’imposta del 26%34.

Riserve in sospensione di imposta


In caso di distribuzione di una riserva in sospensione di imposta nel 2018, occorre sta-
bilire quale debba essere considerato il suo “anno di formazione”.
Al fine di garantire l’invarianza del livello di imposizione su dividendi e plusvalenze (ossia
la tassazione società + socio), prima il DM 2.4.2008 e poi il DM 26.5.2017 hanno modifi-
cato la percentuale d’imposizione relativa ai dividendi su partecipazioni qualificate (pas-
sata dal 40% al 49,72% e poi incrementata fino al 58,14%).
Successivamente, la L. 205/2017 ha equiparato i dividendi da partecipazioni qualificate
a quelle non qualificate prevedendo per entrambi l’applicazione della ritenuta a titolo
d’imposta del 26%.
Si ritiene che l’analisi della fattispecie in esame debba essere condotta seguendo il se-
guente ragionamento logico sistematico:
• in primo luogo, si procede con l’individuazione del periodo di formazione dell’utile
che costituisce la riserva in sospensione di imposta;
• da tale periodo di formazione dipenderà il regime fiscale applicabile ai soci nel
momento della percezione del dividendo.
Sull’individuazione dell’esercizio di formazione degli utili che costituiscono riserve in so-
spensione di imposta, non si sono rivenuti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle En-
trate, né risultano indicazioni espresse in dottrina.
L’unico intervento che consta in materia è stato posto dalla circ. Assonime 15.6.2010

Se la partecipazione non soddisfa alcuno dei due requisiti sopradescritti, essa si intende “non qualifi-
cata” ed è soggetta al regime di cui all’art. 27 co. 1 del DPR 600/73.
Si ricorda che il disposto dell’art. 67 co. 1 lett. c) del TUIR fa esclusivo riferimento all’entità dei voti
esercitabili in assemblea ordinaria e all’entità della partecipazione al capitale o al patrimonio, mentre a
nulla rileva la percentuale di utili che la partecipazione attribuisce al socio.
33
Per approfondimenti, si consenta un rimando a Odetto G., Sanna S. “Imposizione sostitutiva del 26%
sui dividendi e sui capital gain”, Schede di Aggiornamento, 1, 2018, p. 15 ss.
34
Cfr. anche circ. Assonime 17.5.2018 n. 11.

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656 TEMI
n. 20, anche se con riferimento al “precedente” passaggio dell’aliquota IRES dal 33% al
27,50% e alle disposizioni attuative previste dal DM 2.4.2008.
L’Associazione ha osservato che è “logico ritenere che le riserve in sospensione di imposta
siano escluse tout court dal regime di tassazione «attenuata» delle riserve di utile ante-2008
previsto dal citato d.m.; ciò in quanto, anche nell’ipotesi in cui siano maturate in periodi pre-
cedenti al 2008, dette riserve non hanno per definizione scontato imposizione e, dunque, non
sarebbero in grado di offrire quella «copertura» – mediante assoggettamento, presso la
società, alla previgente aliquota IRES del 33 per cento – che è il presupposto per l’applica-
zione, in capo ai soci, della minore quota di imponibilità dei dividendi (40 per cento)”.
Quindi, il periodo di formazione delle riserve in sospensione d’imposta dipende dall’ali-
quota IRES che le assoggetta a tassazione.
Mutuando questo principio nell’attuale contesto e ipotizzando che nel caso di specie sul-
la società che distribuisce la riserva in sospensione di imposta gravi l’IRES con l’aliquota
del 24% per l’anno 2018, l’anno di formazione delle riserve in argomento dovrebbe coin-
cidere con l’anno della loro distribuzione/assoggettamento a IRES, ossia il 2018.
Assunto questo, i soci che percepiscono la riserva in sospensione applicano il regime
fiscale previsto per i redditi di capitale incassati nel 2018 e prodotti nel medesimo anno
da parte della società che li eroga; nel caso di specie, quindi, il regime impositivo sarebbe
quello della ritenuta a titolo di imposta del 26%, in quanto il regime transitorio sopraci-
tato riguarderebbe solo gli utili formatisi fino al 31.12.2017.

4.2 TABELLA RIEPILOGATIVA


La tabella che segue riepiloga il regime generale di tassazione di tali proventi percepiti da
soci non imprenditori e soci non imprenditori.
Percipiente Imponibile
Per i dividendi percepiti dall’1.1.2018, si applica la ritenuta a titolo di imposta
del 26%, indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta.
Tuttavia, per le distribuzioni di utili deliberate dall’1.1.2018 al 31.12.2022 e
formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31.12.2017, continuano
ad applicarsi le precedenti percentuali di imponibilità:
Persona fisica • 40% del dividendo se gli utili sono stati prodotti sino all’esercizio in corso al
non imprenditore 31.12.2007;
• 49,72% del dividendo se gli utili si sono formati a partire dall’esercizio suc-
cessivo a quello in corso al 31.12.2007 e sino all’esercizio in corso al
31.12.2016;
• 58,14% a partire dagli utili formatisi dall’esercizio successivo a quello in
35
corso al 31.12.2016 e sino all’esercizio in corso al 31.12.2017 .
Per i dividendi percepiti dall’1.1.2018 si applica l’integrale imponibilità dei proventi.
Tuttavia, per le distribuzioni di utili deliberate dall’1.1.2018 al 31.12.2022 e for-
Società semplice
matesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31.12.2017, continuano ad
applicarsi le precedenti percentuali di imponibilità:

35
Cfr. art. 47 co. 1 del TUIR, art. 27 co. 1 del DPR 600/73, DM 2.4.2008, DM 26.5.2017 e art. 1 co. 1006
della L. 205/2017.

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TEMI 657

Percipiente Imponibile
segue • 40% del dividendo se gli utili sono stati prodotti sino all’esercizio in corso al
31.12.2007;
• 49,72% del dividendo se gli utili si sono formati a partire dall’esercizio succes-
sivo a quello in corso al 31.12.2007 e sino all’esercizio in corso al 31.12.2016;
• 58,14% a partire dagli utili formatisi dall’esercizio successivo a quello in
36
corso al 31.12.2016 e sino all’esercizio in corso al 31.12.2017 .
Imponibilità nel limite del:
• 40% del dividendo se gli utili sono stati prodotti sino all’esercizio in corso al
Imprenditori 31.12.2007;
individuali • 49,72% del dividendo se gli utili si sono formati a partire dall’esercizio succes-
e società di persone sivo a quello in corso al 31.12.2007 e sino all’esercizio in corso al 31.12.2016;
• 58,14% per gli utili formatisi a partire dell’esercizio successivo a quello in
37
corso al 31.12.2016 .
Imponibilità nel limite del 5% del dividendo (per i soggetti che redigono il bilancio
Società di capitali secondo i principi contabili internazionali, se la partecipazione è detenuta per la
38
negoziazione, i dividendi sono imponibili per l’intero ammontare) .
La percentuale di imponibilità è pari al 100% per gli utili formatisi a partire dall’e-
Enti sercizio successivo a quello in corso al 31.12.2016.
non commerciali In precedenza, gli utili messi in distribuzione a partire dall’1.1.2014 concorre-
39
vano per il 77,74% al reddito del percipiente .
Ritenuta a titolo d’imposta del 26% sull’intero ammontare distribuito a condi-
Soggetti
zione che la partecipazione da cui il dividendo deriva non sia relativa alla stabile
non residenti 40
organizzazione in Italia del soggetto non residente .
Società non
41
residenti con sede Ritenuta a titolo d’imposta dell’1,20% sull’intero ammontare .
nell’Unione europea
Società “madri” non
Nessuna ritenuta sui dividendi in uscita in presenza dei requisiti richiesti per
residenti con sedi 42
l’applicazione della c.d. “disciplina madre-figlia” .
nell’Unione europea

Soggetti che applicano gli IAS/IFRS


L’art. 1 co. 58 lett. d) della L. 244/2007 ha inserito nel corpo dell’art. 89 del TUIR il co. 2-
bis, ai sensi del quale, per i soggetti che adottano gli IAS/IFRS per la redazione del bi-
lancio, gli utili distribuiti relativi ad azioni detenute per la negoziazione concorrono alla
formazione della base imponibile per il loro intero ammontare nell’esercizio di incasso43.

36
Cfr. art. 47 co. 1 del TUIR, DM 2.4.2008, DM 26.5.2017 e art. 1 co. 1006 della L. 205/2017.
37
Cfr. art. 59 del TUIR, DM 2.4.2008 e DM 26.5.2017.
38
Cfr. art. 89 del TUIR.
39
Cfr. art. 4 del DLgs. 344/2003 e art. 1 co. 655 della L. 190/2014.
40
Cfr. art. 27 co. 3 del DPR 600/73.
41
Cfr. art. 27 co. 3-ter del DPR 600/73.
42
Cfr. art. 27-bis del DPR 600/73.
43
Secondo l’IFRS 9, una partecipazione è classificata come posseduta per la negoziazione se soddisfa
una delle seguenti condizioni:
• acquisita o sostenuta principalmente al fine di essere venduta o riacquistata a breve;

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658 TEMI
Quindi, per i soggetti che adottano gli IAS/IFRS, viene meno l’esclusione del 95% (tipica
dei soggetti IRES) dalla formazione del reddito per i dividendi derivanti dai titoli detenuti
per la negoziazione.
Il regime riservato ai soggetti in questione deve essere visto alla luce della contempo-
ranea introduzione:
• della piena deducibilità dei minori valori determinati in applicazione del principio
del fair value (possibilità che non viene prevista per i soggetti “non IAS”);
• della piena imponibilità degli utili percepiti in relazione a partecipazioni detenute
per la negoziazione.
La scelta da parte del legislatore si ricollega, in particolare, all’inserimento del co. 4-bis
all’interno dell’art. 94 del TUIR, che prevede per i titoli detenuti per la negoziazione dai
soggetti IAS/IFRS la rilevanza fiscale delle valutazioni al fair value.

Trasparenza fiscale per le società di capitali


Attraverso l’opzione per la trasparenza fiscale da parte delle società di capitali (artt. 115
e 116 del TUIR), i redditi prodotti dalla partecipata vengono imputati ai soci proporzio-
nalmente alle rispettive quote di partecipazione e indipendentemente dall’effettiva per-
cezione.
I regimi degli artt. 115 e 116 del TUIR neutralizzano in toto gli effetti di doppia imposi-
zione sui dividendi. Infatti, optando per la trasparenza fiscale:
• i redditi vengono imputati ai soci nei vari periodi d’imposta di formazione, senza
che la società sconti IRES in tali periodi (art. 115 co. 1 e 3 del TUIR e art. 7 co. 1
del DM 23.4.2004);
• all’atto dell’effettiva percezione, i soci stessi non subiscono più alcuna imposi-
zione sulle somme incassate (art. 8 co. 1 del DM 23.4.2004).

4.3 PRINCIPIO DI CASSA


Ai fini delle imposte sui redditi, i dividendi concorrono a formare il reddito del soggetto
percipiente (non imprenditore o imprenditore) nell’esercizio in cui sono percepiti. Per-
tanto, ai fini impositivi, si applica il principio di cassa per individuare in quale periodo di
imposta i proventi in argomento risultano imponibili.

4.4 PRESUNZIONE DI DISTRIBUZIONE PRIORITARIA DEGLI UTILI


Ai sensi dell’art. 47 co. 1 del TUIR, a prescindere dal contenuto della delibera assemblea-
re, si presumono prioritariamente distribuiti ai soci l’utile di esercizio e le riserve di utili.
Pertanto, qualora la delibera preveda l’attribuzione ai soci di riserve di capitale, la pre-
senza di riserve di utili disponibili comporterebbe automaticamente la riqualificazione in
utili della distribuzione ai soci con l’applicazione del regime fiscale dei dividendi proprio
del soggetto percipiente44.

• al momento della rilevazione iniziale è parte di un portafoglio di strumenti finanziari identificati che
sono gestiti insieme e per i quali è provata l’esistenza di una recente ed effettiva strategia rivolta
all’ottenimento di un utile nel breve periodo.
44
La presunzione in esame riguarda tutte le distribuzioni effettuate a decorrere dall’1.1.2004, indipen-
dentemente dalla data di formazione delle riserve (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 16.6.2004 n. 26).

Distribuzione di dividendi ai soci

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TEMI 659
La presunzione di prioritaria distribuzione degli utili è applicabile anche ai soci che per-
cepiscono i dividendi in qualità di imprenditori.
Secondo la circ. Assonime 14.7.2004 n. 32, la presunzione:
• si applica anche alle poste di patrimonio netto distribuite da società non residenti;
• non è suscettibile di prova contraria45;
• non dovrebbe applicarsi all’atto di un eventuale utilizzo della riserva per la coper-
tura delle perdite46;
• non costituisce presupposto per l’applicazione della presunzione la presenza di
riserve di utili non disponibili47.
In merito a quest’ultimo punto, quindi, si considerano escluse dalla presunzione:
• la riserva legale;
• la riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto;
• la riserva da utili netti su cambi;
• la riserva da deroghe in casi eccezionali;
• la riserva da società cooperative (art. 2545-ter c.c.);
• le riserve indisponibili derivanti dall’applicazione dei principi contabili internazio-
nali.
Riserve in sospensione d’imposta
Per espressa disposizione di legge, sono escluse dalla presunzione in commento le ri-
serve di utili in sospensione d’imposta.

Riserva costituita prima della trasformazione omogenea progressiva


La riserva costituita prima della trasformazione progressiva con utili imputati ai soci per
trasparenza non rientra nell’ambito di applicazione della presunzione di cui all’art. 47
co. 1 del TUIR.
In questo caso, infatti, viene meno la finalità della disposizione, in quanto tale riserva
– se distribuita – non subirebbe comunque alcuna imposizione48.

4.4.1 Finalità della disposizione


La finalità della disposizione in commento dovrebbe essere quella di evitare che, attra-
verso la distribuzione delle riserve di capitale, il socio possa differire – anche indefini-
tamente – la propria tassazione personale.

45
Per completezza, si segnala che la norma di comportamento Associazione Italiana Dottori Commer-
cialisti 19.1.2006 n. 162 ritiene possibile presentare apposita istanza alla DRE per disapplicarne gli ef-
fetti dimostrando che, nella particolare fattispecie, non possono ravvisarsi profili elusivi.
Tuttavia, questa tesi risulta minoritaria in dottrina.
46
Per ragioni di carattere sistematico, l’Assonime ritiene applicabile la presunzione di cui sopra anche alle
poste di patrimonio netto distribuite da società non residenti, pur lamentando un evidente aggravio di ca-
rattere amministrativo per “ricostruirne” la relativa natura fiscale.
47
In questo senso si era già espressa, del resto, l’Agenzia delle Entrate nella circ. 16.6.2004 n. 26. Analoga
impostazione si rinviene nella norma di comportamento Associazione Italiana Dottori Commercialisti 162.
48
Cfr. Dodero A., Ferranti G., Izzo B., Miele L. “L’imposta sul reddito delle società”, IPSOA, 2008, p. 71.

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660 TEMI
Esempio
Valga a chiarire la questione il seguente esempio, riferito ad una società (si supponga,
per semplicità, a socio unico) avente un patrimonio netto di 120, così composto:
• capitale sociale: 20;
• riserve di capitale (es. versamento in conto capitale del socio): 50;
• riserve di utili: 50.
Se vengono distribuiti prima gli utili, il socio viene subito tassato sull’importo di 20 (il
40% di 50, essendo la partecipazione qualificata), e quando riceve il capitale in sede di li-
quidazione non sconta più ulteriore imposizione, essendo il reddito di liquidazione di cui
all’art. 47 co. 7 del TUIR pari a 70 (denaro) – 70 (costo fiscale della partecipazione) = 0.
Se, invece, si distribuisse prima la riserva di capitale per 50 e si considerasse la presun-
zione non operante:
• il socio non verrebbe tassato al momento di tale attribuzione, mentre il costo fi-
scale della propria partecipazione si ridurrebbe a 20;
• allo scioglimento della società il socio stesso realizzerebbe un utile ex art. 47 co. 7
del TUIR pari a 70 (denaro) – 20 (costo fiscale residuo) = 50, tassato nel limite di 20.
In pratica, se si considerasse la presunzione non operativa, si otterrebbe il risultato di
differire anche in modo indefinito la tassazione sui plusvalori (nell’esempio sopra ripor-
tato, sino al momento dello scioglimento della società), effetto che proprio la presun-
zione intende contrastare.
Momento di efficacia della presunzione
La formulazione dell’art. 47 co. 1 del TUIR non evidenzia se la verifica della natura fiscale
delle riserve debba essere effettuata:
• al momento della delibera assembleare, ovvero
• all’atto della materiale distribuzione ai soci.
Per comprendere la problematica, si consideri l’esempio che segue, relativo al caso di
una società che:
• delibera la distribuzione di una riserva di capitale in data 30.11.T1;
• approva il risultato dell’esercizio precedente in data 30.4.T2, rilevando un utile;
• eroga il denaro ai soci, in attuazione della delibera assunta il 30.11.T1, in data
30.5.T2.
Situazione patrimoniale al 30.11.T1
Attivo 340 Capitale sociale 200
Riserva di capitale 140

Totale attivo 340 Totale passivo 340

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TEMI 661

Stato patrimoniale al 31.12.T1


Attivo 440 Capitale sociale 200
Utile 100
Soci c/rimborsi 140

Totale attivo 440 Totale passivo 440

Situazione patrimoniale al 30.5.T2


Attivo 300 Capitale sociale 200
Utile 100

Totale attivo 300 Totale passivo 300

Se si considerasse, quale momento di verifica, quello della delibera, la presunzione non


opererebbe, in quanto non vi sono nel patrimonio netto riserve di utili.
Al contrario, se si considerasse il momento di effettiva erogazione, l’attribuzione do-
vrebbe essere riqualificata in utile, posto che a quel momento la società ha rilevato in
bilancio l’utile dell’esercizio precedente.
In linea di principio, l’Amministrazione finanziaria sembra orientata a considerare, quale
momento rilevante per la verifica dei presupposti della presunzione, quello della delibera
di distribuzione. Tale conclusione si desume dal contenuto della circ. Agenzia delle En-
trate 16.6.2004 n. 26 (§ 3.1), che lega l’efficacia della disposizione alle delibere di di-
stribuzione adottate dall’1.1.2004, e non alle materiali distribuzioni effettuate da tale
data, anche se riferite a delibere di data anteriore.

4.4.2 Informativa dei soci


La presunzione posta dall’art. 47 co. 1 del TUIR impone alcuni obblighi informativi a tu-
tela dei soci.
Qualora, infatti, siano messe in distribuzione riserve di capitale, è necessario che la so-
cietà emittente “comunichi agli azionisti (e, in ogni caso, agli intermediari tenuti agli obblighi
di sostituzione d’imposta) la diversa natura delle riserve oggetto della distribuzione e quale sia
il regime fiscale applicabile”49.

4.4.3 Opzione per la trasparenza fiscale


L’applicazione della norma deve tenere conto di alcune particolarità nel caso di opzione
per la tassazione per trasparenza ex artt. 115 e 116 del TUIR.
La distribuzione di utili e di riserve già tassate per trasparenza, infatti, è “libera”: la de-
libera può validamente disporre la distribuzione di riserve di capitale, senza che la pre-
senza di utili tassati per trasparenza ne comporti la riqualificazione in capo al soggetto
percipiente.

49
Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 16.6.2004 n. 26 (§ 3.1). Tale informazione deve essere, inoltre, resa al-
l’atto della certificazione degli utili, come espressamente evidenziato dalle istruzioni ai modelli di certi-
ficazione.

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662 TEMI
4.5 PRESUNZIONE GENERALE PER LE DISTRIBUZIONI DEGLI UTILI
A seguito della riduzione dell’aliquota IRES al 24%, il DM 26.5.2017 ha introdotto una
presunzione generale per la distribuzione degli utili che consente al contribuente di per-
cepire per primi gli utili che hanno scontato una tassazione IRES maggiore50.
A partire dalle delibere di distribuzione successive a quella avente ad oggetto l’utile del-
l’esercizio in corso al 31.12.2016, agli effetti della tassazione del soggetto partecipante, i
dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati (cfr. art. 1 del DM 26.5.2017):
• con utili prodotti dal soggetto IRES partecipato fino all’esercizio in corso al
31.12.2007 (ossia, in relazione a redditi della partecipata che hanno scontato
l’IRES al 33%);
• e poi fino all’esercizio in corso al 31.12.2016 (ossia, in relazione a redditi della
partecipata che hanno scontato l’IRES al 27,50%).
Tale disposizione risulta coerente con il “principio di copertura” illustrato nelle circ.
Assonime 30.5.2008 n. 37 (§ 3.1) e 15.6.2010 n. 20, secondo cui il socio non deve subire
aggravi impositivi fintantoché i dividendi percepiti corrispondano nel quantum a utili tas-
sati in capo alla società partecipata con un’aliquota d’imposta più elevata.
Al riguardo, si ritiene che si possa scegliere in modo libero quale “fascia” attribuire ai soci
(con conseguente tassazione degli stessi nel limite del 40%, 49,72% o 58,14%), in quanto
la disposizione sopracitata costituisce una presunzione a favore del contribuente che
sembra applicabile laddove l’assemblea non disponga diversamente51.
In caso le riserve di utili siano utilizzate per finalità diverse dalla distribuzione ai soci (ad
esempio, per la copertura delle perdite), possono considerarsi utilizzate per prime e, fino
a loro concorrenza, le riserve formate con gli utili prodotti negli esercizi in cui l’aliquota
IRES risultava inferiore52. In altri termini, in questa circostanza si applica il principio op-
posto a quello previsto per la distribuzione degli utili.
Scelta degli utili da distribuire
A partire dal 2018, gli utili rivenienti da partecipazioni qualificate (così come, da sempre,
quelli derivanti dal possesso di partecipazioni non qualificate) sono assoggettati alla ri-
tenuta a titolo d’imposta del 26%.
Tuttavia, per gli utili maturati sino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2017, si conser-

50
Per le partecipazioni qualificate che applicano il regime transitorio previsto dalla L. 205/2017 in merito
alla tassazione dei dividendi, questi utili sono quelli che concorrono a reddito complessivo del socio
percipiente per un ammontare inferiore rispetto a quelli attuali (si veda il precedente § 4.1).
51
Cfr. Odetto G., Sanna S. “Soci qualificati al bivio della delibera di distribuzione”, Il Quotidiano del Com-
mercialista, www.eutekne.info, 23.2.2019. Si osserva che, incidentalmente, l’Agenzia delle Entrate ha
espressamente ammesso la deroga all’ordine di legge sopra indicato:
• nella circ. 13.3.2009 n. 8 (§ 1.2), in caso di utilizzo delle riserve a copertura delle perdite;
• nella circ. 21.5.2009 n. 26, in presenza di soci non residenti.
52
Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.3.2009 n. 8 (§ 1.2). La norma di comportamento AIDC 17.12.2008
n. 173 ha affermato che tale principio dovrebbe valere quando le riserve sono utilizzate per la coper-
tura di perdite, per la ricostituzione delle riserve di capitale e di utili a seguito di operazioni di fusione o
scissione oppure in contropartita delle variazioni delle attività e passività, per effetto dei principi conta-
bili internazionali.

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TEMI 663
va il previgente regime impositivo, che prevede la concorrenza parziale alla formazione
del reddito imponibile del contribuente (nel limite del 40%, 49,72% o 58,14%, a seconda
del periodo di formazione); ciò avviene sempre che la delibera di distribuzione degli stes-
si sia formalizzata entro il 31.12.2022.
Si ritiene che sia possibile scegliere se attingere prima dalle riserve pregresse e poi
dall’utile del 2018 (che sconta necessariamente la ritenuta del 26% in capo alle persone
fisiche), o viceversa, attraverso l’indicazione dell’anzianità della riserva all’interno della
delibera assembleare che la pone in distribuzione.
Infatti, le norme della L. 205/2017, a differenza del passato, non prevedono più alcun
ordine di distribuzione tra gli utili prodotti nel 2018 (o in data successiva) e quelli prodot-
ti in data anteriore53.
Naturalmente, in questo caso occorrerebbe prima destinare l’utile prodotto al 31.12.2018
ad apposita riserva.

5 UTILIZZO DEGLI UTILI PER LA COPERTURA DELLE PERDITE


Nel caso in cui l’andamento economico della società risulti negativo, il Conto economico
misura l’ammontare della perdita conseguita come risultato finale del bilancio d’esercizio.
In presenza di una perdita, sono possibili la società può porre in essere i seguenti com-
portamenti:
• copertura mediante utilizzo di riserve;
• copertura mediante operazioni sul capitale;
• rinvio a futuri esercizi.
Se le perdite non sono rilevanti e se si prevede un recupero futuro della capacità red-
dituale della società, si può procedere al loro rinvio agli esercizi futuri, ripianandole con
gli eventuali utili di cui si ritiene probabile il conseguimento54.
Nel caso in cui l’ammontare della perdita non rilevi ai fini degli artt. 2446 e 2447 ss.
c.c.55, la società non è obbligata né a ridurre il proprio capitale sociale, né ad adottare
particolari provvedimenti56.

53
Cfr. Odetto G., Sanna S. “Soci qualificati al bivio della delibera di distribuzione”, Il Quotidiano del Com-
mercialista, www.eutekne.info, 23.2.2019.
54
Del resto, la perdita non eccedente il terzo del capitale costituisce una fattispecie non regolamentata del
Legislatore. In merito, si segnala la sentenza Cass. 13.1.2006 n. 543 secondo cui “delle tre ipotesi di riduzio-
ne del capitale per perdite, quella per perdite inferiori al terzo … non è stata specificatamente regolamentata”.
Sul punto, in dottrina è stato rilevato che “le voci di segno opposto dovrebbero … essere consolidate,
senza la necessità di una deliberazione assembleare, necessaria solo per la riduzione del capitale (cfr.
De Luca N. “La riserva «negativa» per azioni proprie in portafoglio”, Le società, 6, 2016, p. 11 - 12).
55
Le disposizioni citate si riferiscono alle società per azioni. Per le società a responsabilità limitata, oc-
corre riferirsi agli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c.
Per approfondimenti in merito alla copertura delle perdite in queste casistiche, si consenta un rimando
a Sanna S. “La copertura delle perdite”, in AA. VV. “Le novità del bilancio 2018”, Quaderni Eutekne, 146,
Eutekne, 2019, p. 259 ss.
56
Si vedano anche Atlante N. “La riduzione del capitale per coprire perdite inferiori al terzo”, La gestione

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664 TEMI
Tuttavia, la società potrebbe ritenere conveniente procedere alla copertura delle perdite
per sottrarsi al vincolo di cui all’art. 2433 co. 3 c.c. che vieta la distribuzione di utili ai soci
(nel caso in cui si verifichi una perdita del capitale) fino a che le perdite non siano riassor-
bite attraverso:
• la loro copertura mediante l’utilizzo di riserve;
• la riduzione facoltativa del capitale sociale.
A tale riguardo, resta fermo che se la società subisce una perdita d’esercizio, che rinvia a
nuovo, avendo riserve di importo pari o superiore alla perdita, allora non si è in presenza
di una perdita di capitale57.

Scritture contabili
La copertura delle perdite attraverso l’utilizzo delle riserve prevede la seguente scrittura
contabile58.

Riserva a Perdita d’esercizio

5.1 COPERTURA DELLE PERDITE MEDIANTE LE RISERVE DI UTILI


Per comprendere secondo quali modalità una riserva di patrimonio netto può essere
utilizzata per la copertura delle perdite, è necessario soffermarsi sulla distinzione tra ri-
serve “disponibili e riserve “distribuibili”.
In dottrina, è stato rilevato che “le possibili utilizzazioni delle riserve «disponibili» sono l’au-
mento gratuito del capitale sociale, il rimborso della partecipazione in caso di recesso del so-
cio, la copertura delle perdite (dell’esercizio e/o di esercizi precedenti), la distribuzione ai soci e
la destinazione a scopi specifici. Ne deriva che la distribuibilità della riserva rappresenta solo
uno dei possibili utilizzi della riserva disponibile, essendo in un rapporto di species a genus
rispetto alla disponibilità; utilizzo, quest’ultimo, che si esplica nella distribuzione ai soci degli
utili che la costituiscono. Le riserve disponibili possono, pertanto, a loro volta distinguersi in ri-
serve distribuibili o non distribuibili mentre le riserve indisponibili sono, in quanto tali, indistri-
buibili.
L’indistribuibilità della riserva scaturisce da un divieto di distribuzione (imposto dalla legge o
dallo statuto); divieto che impone di non assegnare ai soci i valori corrispondenti alle riserve
iscritte in bilancio ma destinati invece a rimanere nel patrimonio netto: ciò al fine di rendere
tali valori disponibili per altri scopi … quali la copertura delle perdite d’esercizio”59.

straordinaria delle imprese, Eutekne, 2, 2013, p. 14 ss.; Marchetti P., Bianchi L.A., Ghezzi F., Notari M.
“Società a responsabilità limitata”, Commentario alla riforma delle società, EGEA, 2008, p. 1279; Modolo
G. “Perdite d’esercizio rilevanti ai fini fiscali: determinazione ed obblighi di copertura”, Pratica fiscale e
professionale, 16, 2012, p. 39.
57
Cfr. Nobili R., Spolidoro M. S. “La riduzione del capitale”, in Trattato delle società per azioni diretto da
Colombo G.E. e Portale G. B., UTET, 1993, Vol. 6, p. 200.
58
Cfr. Dezzani F., Dezzani L. “Corte di Cassazione, sentenza n. 8221 del 2 aprile 2007. La riduzione del
capitale per perdite: prima le riserve poi il capitale sociale”, Il fisco, 28, 2007, p. I/4062.
59
Cfr. documento Fondazione nazionale dei Commercialisti 15.1.2017 “La disponibilità e la distribuibilità
delle riserve del patrimonio netto: aspetti civilistici e contabili”, estensore Trinchese M., p. 5.

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TEMI 665
Principi per l’utilizzo delle poste di patrimonio netto
Venendo alla copertura delle perdite, secondo l’opinione della dottrina prevalente e della
giurisprudenza di legittimità, la loro copertura mediante l’utilizzo delle riserve segue i se-
guenti principi:
• le riserve della società devono essere intaccate secondo un ordine che tenga
conto del grado di facilità con cui la società potrebbe deliberarne la destinazione
ai soci;
• il capitale sociale ha un grado di indisponibilità maggiore di quello relativo alla ri-
serva legale, laddove le riserve statutarie e quelle facoltative create dall’assem-
blea sono liberamente disponibili60;
• devono essere utilizzate, nell’ordine, prima le riserve facoltative, poi quelle statu-
tarie, indi quella legale e, da ultimo, il capitale sociale61.
Inoltre, possono essere utilizzate per la copertura delle perdite62:
• la riserva legale63;
• la riserva da sovrapprezzo azioni;
• la riserva da conversione obbligazioni64;
• la riserva da utili netti su cambi;

60
Cfr. Colombo G.E., Portale G.B. “Trattato delle società per azioni”, UTET, 1993, p. 288.
61
Cfr. Cass. 6.11.99 n. 12347. Si veda anche Busi C.A. “S.p.a. - S.r.l.”, EGEA, 2004, p. 426. Tale ordine si
concretizza partendo dalla considerazione che le riserve rappresentano una difesa del capitale sociale.
In verità, non vi sono norme che prescrivono un ordine nell’utilizzo delle riserve a copertura delle per-
dite, tanto che si potrebbe sostenere che la scelta della voce patrimoniale utilizzabile per l’assorbi-
mento delle perdite di esercizio è rimessa alla società. Tuttavia, la sequenza sopracitata risulta la più
coerente con i principi di redazione del bilancio d’esercizio e della tutela dei creditori (cfr. Salafia V.
“Funzione delle riserve iscritte in bilancio”, Le Società, 5, 1997, p. 501).
62
Cfr. Bava F. Devalle A. “Il patrimonio netto”, in “I nuovi OIC - Bilancio 2018”, Collana principi contabili,
Eutekne, 2019, p. 522 - 523.
63
In dottrina è stato sostenuto che “conformemente alla dottrina maggioritaria e alla giurisprudenza che si è
espressa in merito, la riserva legale è dunque soggetta ad un regime di indisponibilità espressamente
derogabile in funzione della copertura delle perdite che costituirebbe l’unica modalità di utilizzazione.
Non può esservi alcun dubbio che la riserva legale possa essere utilizzata per coprire le perdite e debba
essere utilizzata a tal fine. Ciò in quanto la previsione normativa ex art. 2430 c.c. secondo cui è ipotizzata,
per poi imporne la ricostituzione, una diminuzione «per qualsiasi ragione» della riserva legale, come ormai
pacifico, si riferisce alla diminuzione della riserva in presenza di perdite che l’abbiano intaccata” (cfr.
documento Fondazione nazionale dei Commercialisti 15.1.2017 “La disponibilità e la distribuibilità del-
le riserve del patrimonio netto: aspetti civilistici e contabili”, estensore Trinchese M., p. 11 - 12).
64
L’opzione di conversione del prestito obbligazionario in strumento di capitale si iscrive tra le riserve del
patrimonio netto e, in particolare, nella voce “A.VII - Altre riserve”. Tale riserva di patrimonio netto è rile-
vata in bilancio al momento della sottoscrizione e rilevazione del prestito obbligazionario convertibile.
Il fair value dell’opzione non deve essere adeguato al valore esistente alla data di chiusura degli eser-
cizi successivi a quello della sua iscrizione iniziale. La riserva permane nel patrimonio netto della so-
cietà emittente anche nell’eventualità in cui il diritto alla conversione scada senza essere esercitato da
parte del sottoscrittore (cfr. D’Alessio R., Marcello R., Cafaro E. M. “Il trattamento contabile della riser-
va da conversione del prestito obbligazionario”, Società e Contratti, Bilancio e Revisione, Eutekne, 12,
2018, p. 55).

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666 TEMI
• la riserva da deroghe ex art. 2423 co. 5 c.c.;
• gli utili portati a nuovo.
Dal punto di vista operativo, quindi, la copertura delle perdite deve avvenire mediante
l’imputazione progressiva delle seguenti voci di patrimonio netto65:
• utili di periodo;
• utili pregressi non distribuiti;
• riserve facoltative e straordinarie; riserve da fusione; riserve aventi origine fiscale;
• riserva statutaria;
• riserva da contributi in conto capitale;
• riserva da rivalutazione monetaria;
• riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto66;
• riserva sovrapprezzo azioni e riserve da conversione di obbligazioni;
• versamento soci in conto capitale;
• riserva legale;
• capitale sociale67.
Nel prosieguo, si analizzano le caratteristiche di alcune riserve di patrimonio netto che
presentano dei profili di interesse.

5.2 RISERVA ISCRITTA A SEGUITO DI ERRORI CONTABILI


Il documento OIC 29 stabilisce, a determinate condizioni, che gli effetti dei cambiamenti
dei principi contabili o della correzione di errori interessano il patrimonio netto.
In tal caso, è stato rilevato che “quando il cambiamento di principio o la correzione dell’er-
rore determinano l’emersione di utili che, per la loro natura, sarebbero di regola disponibili,
allora anche l’incremento patrimoniale registrato avrà piena disponibilità. Se, invece, gli utili
eventualmente emergenti fossero, a regime, vincolati, lo stesso vincolo dovrebbe gravare sul
saldo portato a rettifica del patrimonio netto inziale”68.

5.3 RISERVA DERIVANTE DAI FINANZIAMENTI INFRAGRUPPO


Non è chiara la natura della riserva che si viene a formare in sede di rilevazione iniziale
dei finanziamenti infragruppo col metodo del costo ammortizzato.
In merito alla rilevazione iniziale, in dottrina si è sostenuto che “nel bilancio separato della
controllata (entità debitrice) la differenza tra il valore attuale dei flussi di cassa del finanzia-
mento determinato sulla base dei tassi di mercato e il corrispettivo ricevuto è rilevata nel
patrimonio netto e nella sostanza rappresenta una contribuzione effettuata dal soggetto ero-

65
Cfr. Lo Cascio G., Proto C., Platania A. G., Platania F. “La riforma del diritto societario”, Giuffrè, 2007, p. 328.
66
Si veda anche Modolo G. “Perdite d’esercizio rilevanti ai fini fiscali: determinazione ed obblighi di co-
pertura”, Pratica fiscale e professionale, 16, 2012, p. 39.
67
Si segnala che Carola G. “Il bilancio intermedio di riduzione del capitale per perdite entro il terzo”, Le
Società, 12, 2006, p. 1487, propone un diverso ordine: riserve facoltative; riserve statutarie; fondi in so-
spensione di imposta; riserva legale; riserva sovrapprezzo di emissione azioni; riserva da versamenti
dei soci; utili portati a nuovo; utili di periodo; capitale sociale.
68
Cfr. Sura A. “l regime degli utili e delle perdite rilevati a patrimonio netto”, Bilancio e reddito di impresa, 1,
2018, p. 15.

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TEMI 667
gante a favore del soggetto ricevente (cosidetta deemed contribution), che non può essere ini-
zialmente rilevata nel conto economico come ricavo ... specularmente, il soggetto erogante
iscriverà la differenza di cui sopra ad incremento del valore della partecipazione alla stregua di
una contribuzione in natura effettuata nei confronti del soggetto che ha ricevuto il finanzia-
mento”69.
Sulla natura di tale posta è stato anche sottolineato che “l’attualizzazione fa emergere
componenti ulteriori rispetto a quelli risultanti dal contenuto giuridico del contratto e tali com-
ponenti, nei casi di prestiti infruttiferi infragruppo, possono assumere una natura diversa da
quella di componente finanziaria. In sostanza, in caso di finanziamento infruttifero erogato a
una società controllata, la differenza tra il valore attualizzato e il valore nominale del credito
deve essere imputata dalla controllante ad incremento del valore della partecipazione, invece
che fra gli oneri finanziari a titolo di day one loss, mentre la controllata iscrive questo differen-
ziale in una riserva da apporto, invece che tra i proventi finanziari a titolo di day one profit”70.
In dottrina, a tale riguardo, è stato osservato che “alla data di restituzione del finanzia-
mento, il valore della partecipazione della controllante e il patrimonio netto della controllata
risulteranno incrementati in misura pari all’ammontare complessivo degli interessi (misurati
dalle condizioni di mercato) non contrattualizzati (valore che dovrebbe rappresentare l’in-
cremento di ricchezza trasferito dalla controllante alla controllata)”71.

Possibilità di utilizzo della riserva per la copertura delle perdite


Come osservato da alcuni commentatori, i principi contabili non sembrano prevedere né
una riduzione del costo della partecipazione né del patrimonio netto della partecipazione
al termine dell’operazione, che dovrebbe coincidere con il rimborso del finanziamento72.
Alla data di estinzione del prestito, quindi, la riserva da apporto che viene iscritta in sede
di rilevazione iniziale del finanziamento soci infruttifero può essere liberata, girandola a
riserva straordinaria73.
Questa posta di patrimonio netto dovrebbe essere utilizzabile ai fini della copertura per-
dite.

5.4 RISERVA NEGATIVA PER AZIONI PROPRIE


L’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale im-
porto, tramite l’iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno nega-
tivo74.

69
Cfr. Documento Assirevi OPI 9 in corso di revisione.
70
Cfr. Miele L., Russo V. “La fiscalità delle società IAS/IFRS” a cura di Zizzo G., IPSOA, 2018, p. 812. Gli
stessi Autori continuano sostenendo che “parimenti, controllante e controllata imputano a conto econo-
mico interessi figurativi in contropartita dell’incremento del valore contabile del credito, con conseguente
progressivo riassorbimento della differenza tra valore nominale e contabile del credito lasciando invariata,
rispettivamente la partecipazione e la riserva”.
71
Cfr. Documento CNDCEC - Confindustria dicembre 2017 - Patrimonio netto, p. 20.
72
Cfr. Gavelli G., Giommoni F. “Il costo ammortizzato rivede i finanziamenti infragruppo” Il Sole - 24 Ore,
6.3.2017, p. 19.
73
Cfr. Documento CNDCEC - Confindustria dicembre 2017 - Patrimonio netto, p. 19.
74
Cfr. art. 2357-ter co. 3 c.c.

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668 TEMI
In merito alla copertura delle perdite in presenza della riserva negativa sono stati forniti
rilevanti chiarimenti dal Consiglio Notarile di Milano75.
La massima 17.5.2016 n. 145, innanzitutto, precisa che, in presenza della riserva ne-
gativa per azioni proprie in portafoglio di cui agli artt. 2357-ter co. 3 e 2424-bis co. 7 c.c.
(“Riserva Negativa Azioni Proprie”), gli utili distribuibili e le riserve disponibili utilizzati al
momento dell’acquisto delle azioni proprie – ossia gli utili distribuibili e le riserve di-
sponibili, corrispondenti al prezzo di acquisto delle azioni proprie, la cui sussistenza al
momento dell’acquisto delle azioni proprie ha consentito il rispetto del limite stabilito
dall’art. 2357 co. 1 c.c. – rimangono iscritti in bilancio nel loro originario ammontare,
salva ogni opportuna specificazione in Nota integrativa (“Riserve Utilizzate”).
Tali “Riserve Utilizzate”, pur ancora iscritte in bilancio al loro originario ammontare e con
la loro originaria denominazione, non sono in realtà disponibili, per la parte corrispon-
dente all’ammontare della “Riserva Negativa Azioni Proprie”, al fine di coprire eventuali
perdite.

Annullamento di azioni proprie


La massima Consiglio Notarile di Milano 17.5.2016 n. 146 dispone, inoltre, che, in caso di
annullamento di azioni proprie dotate di indicazione del valore nominale, si verifica sem-
pre una riduzione del capitale sociale per un ammontare pari al valore nominale delle
azioni annullate.
L’annullamento delle azioni proprie comporta l’eliminazione della “Riserva Negativa
Azioni Proprie” in portafoglio di cui agli artt. 2357-ter co. 3 e 2424-bis co. 7 c.c. e rende
effettivamente disponibili gli utili distribuibili e le riserve disponibili, corrispondenti al
prezzo di acquisto delle azioni proprie, utilizzati al momento dell’acquisto delle azioni
proprie, ossia gli utili distribuibili e le riserve disponibili la cui sussistenza al momento
dell’acquisto delle azioni proprie ha consentito il rispetto del limite stabilito dall’art. 2357
co. 1 c.c. (“Riserve Utilizzate”)76.

Come stabilito dal documento OIC 28 (§ 37) “le azioni proprie sono iscritte in bilancio per un valore
corrispondente al loro di costo d’acquisto tramite l’iscrizione di una riserva negativa AX «Riserva negativa
azioni proprie in portafoglio» che ai sensi dell’art 2424 del codice civile è ricompresa tra le voci del pa-
trimonio netto. La formazione di detta riserva è concomitante all’acquisto delle azioni stesse”.
75
Per una più completa disamina si rinvia alla voce “Azioni proprie”, Guide Eutekne.
76
Naturalmente, resta fermo che:
• se l’ammontare della Riserva Negativa Azioni Proprie era pari al valore nominale delle azioni proprie
annullate (corrispondente anche alla conseguente riduzione del capitale sociale), l’annullamento
delle azioni proprie non comporta alcuna ulteriore modifica delle poste del patrimonio netto;
• se l’ammontare della Riserva Negativa Azioni Proprie era superiore al valore nominale delle azioni
proprie annullate (in caso cioè di acquisto delle azioni proprie a un prezzo superiore al loro valore
nominale), l’annullamento delle azioni proprie comporta, oltre alla riduzione del capitale sociale,
una riduzione delle Riserve Utilizzate, in misura pari alla differenza tra la Riserva Negativa Azioni
Proprie e il valore nominale delle azioni proprie annullate;
• se l’ammontare della Riserva Negativa Azioni Proprie era inferiore al valore nominale delle azioni
proprie annullate (in caso cioè di acquisto delle azioni proprie a un prezzo inferiore al loro valore
nominale), l’annullamento delle azioni proprie comporta, contemporaneamente alla riduzione del
capitale sociale, un incremento delle Riserve Utilizzate (o l’iscrizione di una nuova riserva disponi-

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TEMI 669
In conseguenza dell’annullamento delle azioni proprie, le “Riserve Utilizzate” tornano
pertanto ad essere disponibili – nel rispetto dell’art. 2445 c.c., ove applicabile, e salvo
ogni diverso vincolo statutario – al fine di coprire le eventuali perdite.

5.5 VERSAMENTI VINCOLATI ALLA SOTTOSCRIZIONE DI AUMENTI DI CA-


PITALE
In merito all’utilizzabilità per la copertura delle perdite dei versamenti effettuati dai soci
a favore della società vincolati alla sottoscrizione di aumenti di capitale da parte dei soli
soci conferenti (c.d. “targati”), la massima H.L.2 del Comitato Interregionale Dei Consigli
Notarili Delle Tre Venezie ha chiarito che “detti versamenti, a causa del vincolo di destina-
zione cui sono soggetti, non possono essere utilizzati per ripianare le perdite o per aumentare
gratuitamente il capitale sociale, né possono essere appostati a patrimonio netto”.

5.6 RISERVE DI RIVALUTAZIONE MONETARIA


Secondo quanto indicato dal documento OIC 28 (§ 14), sono considerate riserve di riva-
lutazione monetaria i saldi attivi di rivalutazione previsti da leggi speciali.
Tali saldi attivi di rivalutazione possono essere:
• imputati a capitale, previa ulteriore delibera dell’assemblea in sede straordinaria;
• distribuiti ai soci;
• utilizzati a copertura delle perdite.
In merito, è stato sottolineato77 che:
• “al saldo di rivalutazione è assegnato lo stesso regime vincolistico del capitale”;
• “l’assoggettamento del saldo in questione alle stesse regole di salvaguardia del capi-
tale sociale trova giustificazione nell’esigenza avvertita dal legislatore di vincolare tale
incremento patrimoniale al rafforzamento dell’impresa”.
Ai sensi dell’art. 13 co. 2 della L. 21.11.2000 n. 342, in caso di utilizzo di una di queste
riserve a copertura delle perdite, non si possono distribuire utili sino a quando la riserva
stessa non sia stata:
• reintegrata78;
• ridotta con apposita deliberazione dell’assemblea straordinaria79.
Secondo il principio della tutela dei creditori, si devono utilizzare per prime le riserve di-
sponibili esistenti precisando che, qualora il loro ammontare complessivo non superi
quello della perdita, la delibera assembleare deve anche stabilire quali altre riserve si de-

bile) in misura pari alla differenza tra il valore nominale delle azioni proprie annullate e la Riserva
Negativa Azioni Proprie.
77
Cfr. circ. Assonime 21.5.2001 n. 13, p. 41.
78
Cfr. documento Fondazione nazionale dei Commercialisti 15.1.2017 “La disponibilità e la distribuibilità
delle riserve del patrimonio netto: aspetti civilistici e contabili”, estensore Trinchese M., p. 11.
79
Di fatto, occorre una ratifica in sede assembleare per l’utilizzo della riserva a copertura delle perdite.
Tale riduzione non è soggetta alle disposizioni dell’art. 2445 co. 2 e 3 c.c. (cfr. art. 13 co. 2 della L.
21.11.2000 n. 342). In sostanza, nel caso in cui si decida definitivamente di non ricostituire la riserva di
rivalutazione la relativa decisione deve essere assunta con decisione dell’assemblea straordinaria, ma
senza la necessità delle formalità previste dai co. 2 e 3 dell’art. 2445 c.c., ossia che per l’esecuzione
della delibera sia necessario attendere 3 mesi dalla data di iscrizione nel registro delle imprese.

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670 TEMI
vono impiegare. In presenza di utilizzo di riserve vincolate, si deve tenere conto del di-
verso grado di vincolo, ad iniziare da quelle per le quali esso è meno rigido.
Ci si chiede, quindi, se sia possibile utilizzare per la copertura delle perdite una riserva di
rivalutazione anche se la società possiede altre riserve di utili. Al riguardo, si segnala che
parte della dottrina ha osservato che per le riserve di rivalutazione soggette ai vincoli
sanciti dall’art. 13 della L. 342/2000 sono previste specifiche condizioni che risultano
necessarie ed anche sufficienti per l’impiego di tali poste. Si sostiene, quindi, che l’esi-
stenza di una norma specifica, introdotta dal legislatore proprio per disciplinare l’utilizzo
della riserva a copertura di perdite, comporta il venir meno, per questa tipologia di posta,
dell’obbligo di applicare, in aggiunta, altre regole tratte dai principi generali dell’ordina-
mento, posto che, il legislatore, se lo avesse ritenuto, le avrebbe introdotte espressa-
mente nella norma di disciplina specifica. Muovendo da questa impostazione, l’utilizzo di
una riserva di rivalutazione per coprire le perdite potrà dunque effettuarsi, sia civilistica-
mente che fiscalmente, anche in presenza di riserve di utili (ad esempio la riserva straor-
dinaria) aventi un maggior grado di disponibilità80.
5.6.1 Profili fiscali relativi all’utilizzo della riserva di rivalutazione
Le ordinarie riserve di rivalutazione in sospensione di imposta, ovvero non in sospen-
sione a seguito di affrancamento ovvero di mancato riconoscimento fiscale dei valori
rivalutati, ancorché civilisticamente possano rientrare nel novero delle riserve di capitale,
non essendosi formate in sede di destinazione dell’utile, sono assimilate alle riserve di
utili dal punto di vista fiscale.
La distribuzione di tali riserve, rispettati i vincoli civilistici, genera per i soci un reddito di
capitale alla stregua della distribuzione di riserve di utili e ciò a prescindere dall’eventua-
le tassazione in capo alla società (per quelle in sospensione di imposta).
Dal punto di vista dell’impresa, i saldi attivi di rivalutazione, che seguono il disposto del-
l’art. 13 co. 3 della L. 342/2000, concorrono a formare il reddito della società o dell’ente
solo nel periodo di imposta in cui vengono attribuiti ai soci o partecipanti. In questo caso:
• il reddito che si genera in capo alla società è pari al saldo di rivalutazione attri-
buito ai soci o partecipanti, aumentato dell’imposta sostitutiva ad esso relativa;
• all’impresa compete una detrazione di imposta pari all’imposta sostitutiva a suo
tempo assolta.
Dal punto di vista fiscale, dunque, a prescindere dalla sua contabilizzazione in apposita
riserva o ad incremento del capitale sociale:
• il saldo attivo di rivalutazione costituisce una voce del patrimonio netto formata
con utili “in sospensione di imposta”;
• l’imposta sostitutiva di rivalutazione costituisce, ai fini delle imposte sul reddito,
una sorta di anticipazione sull’imposta “piena” che l’impresa sconta, sui maggiori
valori iscritti per effetto della rivalutazione, nel l’eventuale periodo di imposta in
cui viene meno il regime di sospensione (ossia nel periodo di imposta in cui il sal-
do attivo di rivalutazione viene attribuito ai soci o ai partecipanti dell’impresa).

80
Si veda Gaiani L. “Riserve ed apporti dei soci: aspetti fiscali del nuovo principio contabile OIC 28”, Il
fisco, 2, 2015, p. I/113; Giommoni F. “Vincoli e priorità nella distribuzione ai soci di utili e riserve”, La
gestione straordinaria delle imprese, Eutekne, 1, 2017, p. 45.

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TEMI 671
In conclusione, la sospensione d’imposta delle riserve di rivalutazione è una sospensione
“moderata”, che opera solo in caso di distribuzione della riserva ai soci e non all’atto di
altri utilizzi. Pertanto, la copertura delle perdite non rappresenta un evento che origina la
tassazione delle riserve in capo alla società81.
A conferma di quanto sopra si ricorda che “lo stato di sospensione d’imposta del saldo di
rivalutazione può anche venire a cessare definitivamente senza che si determini alcun re-
cupero a tassazione in due ipotesi. La prima di tali ipotesi è espressamente prevista dalla
legge (art. 13, comma 2) e riguarda il caso di utilizzo del saldo a copertura di perdite quando
sia adottata la procedura di cui all’art. 2445 del codice civile e cioè, quando sia deliberata la
riduzione definitiva della riserva così impiegata. L’altra ipotesi di cessazione definitiva del
regime di sospensione, senza recupero a tassazione, è quella che può verificarsi nei casi di
operazioni di fusione, ai sensi dell’art.123, comma 4, del Tuir”82.

5.6.2 Criticità legate all’utilizzo della riserva di rivalutazione per la copertura delle
perdite
Ai sensi del co. 1 dell’art. 2627 c.c. “salvo che il fatto non costituisca più grave reato, gli
amministratori che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati
per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve, anche non costituite con utili, che non pos-
sono per legge essere distribuite, sono puniti con l’arresto fino ad un anno”.
In dottrina, è stato sottolineato che “l’art. 2627 c.c. punisce non solo la ripartizione degli utili
non conseguiti, ma anche quelli che per legge sono destinati a riserva”83.
Considerato che, come si è detto, a seguito dell’utilizzo di una riserva di rivalutazione
monetaria per la copertura delle perdite, non si possono distribuire utili sino a quando la
riserva stessa non sia stata reintegrata o ridotta con apposita deliberazione dell’assem-
blea straordinaria è opportuno verificare, prima di procedere con la distribuzione di utili,
se in passato non siano state coperte le perdite utilizzando una delle riserve di rivaluta-
zione.

Dottrina
Atlante N. “La riduzione del capitale per coprire perdite inferiori al terzo”, La gestione straordinaria delle
imprese, Eutekne, 2, 2013, p. 14
Bava F., Devalle A. “I nuovi OIC - Bilancio 2018”, Collana principi contabili, Eutekne, 2018
Busi C.A. “S.p.a. - S.r.l.”, EGEA, 2004, p. 426
Busso D., Devalle A. “Gli strumenti finanziari derivati in bilancio - Il nuovo OIC 32” Collana principi conta-
bili, Eutekne, 2017
Carola G. “Il bilancio intermedio di riduzione del capitale per perdite entro il terzo”, Le Società, 12, 2006,
p. 1487
Colombo G.E., Portale G.B. “Trattato delle società per azioni”, UTET, 1993, p. 288

81
Cfr. circa. Assonime 21.5.2001 n. 13, p. 42 secondo cui “la cessazione della sospensione d’imposta di-
pende, dunque, esclusivamente dalla distribuzione ai soci o, comunque, dalla devoluzione all’esterno della
riserva”.
82
Cfr. circ. Assonime 21.5.2001 n. 13, p. 43.
83
Cfr. Musco E. “I nuovi reati societari”, Giuffrè, 2004, p. 156.

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672 TEMI
Contin F. “Operazioni in valuta estera: aspetti civilistici, contabili e fiscali”, Guida alla contabilità & Bilancio,
19, 2010, p. 25
D’Alessio R., Marcello R., Cafaro E. M. “Il trattamento contabile della riserva da conversione del prestito
obbligazionario”, Società e Contratti, Bilancio e Revisione, Eutekne, 12, 2018, p. 55
De Luca N. “La riserva «negativa» per azioni proprie in portafoglio”, Le società, 6, 2016, p. 11 - 12
Dezzani F., Dezzani L. “Corte di Cassazione, sentenza n. 8221 del 2 aprile 2007. La riduzione del capitale
per perdite: prima le riserve poi il capitale sociale”, Il fisco, 28, 2007, p. I/4062
Dodero A., Ferranti G., Izzo B., Miele L. “L’imposta sul reddito delle società”, IPSOA, 2008
Gaiani L. “Riserve ed apporti dei soci: aspetti fiscali del nuovo principio contabile OIC 28”, Il fisco, 2, 2015,
p. I/113
Gavelli G., Giommoni F. “Il costo ammortizzato rivede i finanziamenti infragruppo” Il Sole - 24 Ore, 6.3.2017,
p. 19
Giommoni F. “Vincoli e priorità nella distribuzione ai soci di utili e riserve”, La gestione straordinaria delle
imprese, Eutekne, 1, 2017, p. 45
Lo Cascio G., Proto C., Platania A. G., Platania F. “La riforma del diritto societario”, Giuffrè, 2007
Marchetti P., Bianchi L.A., Ghezzi F., Notari M. “Società a responsabilità limitata”, Commentario alla rifor-
ma delle società, EGEA, 2008
Miele L., Russo V. “La fiscalità delle società IAS/IFRS” a cura di Zizzo G., IPSOA, 2018
Modolo G. “Perdite d’esercizio rilevanti ai fini fiscali: determinazione ed obblighi di copertura”, Pratica fi-
scale e professionale, 16, 2012, p. 39
Musco E. “I nuovi reati societari”, Giuffrè, 2004, p. 156
Odetto G., Sanna S. “Imposizione sostitutiva del 26% sui dividendi e sui capital gain”, Schede di Aggiorna-
mento, 1, 2018, p. 15
Odetto G., Sanna S. “Profili contabili e fiscali delle operazioni in valuta”, Schede di Aggiornamento, 10, 2018,
p. 2709
Odetto G., Sanna S. “Soci qualificati al bivio della delibera di distribuzione”, Il Quotidiano del Commerciali-
sta, www.eutekne.info, 23.2.2019
Salafia V. “Funzione delle riserve iscritte in bilancio”, Le Società, 5, 1997, p. 501
Sanna S. “La copertura delle perdite”, in AA.VV. “Le novità del bilancio 2018”, Quaderni Eutekne, 146,
Eutekne, 2019, p. 259 ss
Sura A. “l regime degli utili e delle perdite rilevati a patrimonio netto”, Bilancio e reddito di impresa, 1, 2018,
p. 15
Valcarenghi G., Pellino R. “Deposito bilanci, è countdown. Le istruzioni alla redazione”, Italia Oggi 7, 21.5.2018,
p. 21
Villa N. “Nuove regole per la contabilizzazione dei dividendi ed effetti conseguenti”, La gestione straordi-
naria delle imprese, Eutekne, 1, 2017, p. 115 ss.

Chiarimenti di categoria
Circ. Assonime 17.5.2018 n. 11
Unioncamere “Manuale operativo per il deposito bilanci al Registro delle imprese”, febbraio 2018
Documento Fondazione nazionale dei Commercialisti 15.1.2017 “La disponibilità e la distribuibilità delle
riserve del patrimonio netto: aspetti civilistici e contabili”, estensore Trinchese M.
Documento CNDCEC - Confindustria dicembre 2017 - Patrimonio netto
Massima Consiglio Notarile di Milano 17.5.2016 n. 145
Studio Consiglio nazionale del Notariato 12.5.2016 n. 48
Circ. Assonime 15.6.2010 n. 20
Norma di comportamento AIDC 17.12.2008 n. 173
Norma di comportamento AIDC 19.1.2006 n. 162
Circ. Assonime 14.7.2004 n. 32

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TEMI 673
Circ. Assonime 21.5.2001 n. 13
Massima Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie H.L.2

Prassi
Risposta all’istanza di interpello DRE Piemonte 901-498/2018
Circ. Agenzia delle Entrate 29.5.2013 n. 18
Circ. Agenzia delle Entrate 13.3.2009 n. 8
Ris. Agenzia delle Entrate 5.12.2007 n. 353
Circ. Agenzia delle Entrate 16.6.2004 n. 26
R.M. 22.11.2000 n. 174

Giurisprudenza
Cass. 8.3.2016 n. 4522
Cass. 13.1.2006 n. 543
Cass. 6.11.99 n. 12347
Cass. 11.3.93 n. 2959

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