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Tutti i diritti, sui beni appartenenti al fallito al momento della dichiarazione di fallimento
fanno parte della massa attiva fallimentare (art. 42 c.1 1. fall.).
Fanno eccezione:
o a) i diritti di natura strettamente personale, tra i quali si ricomprendono tutti i diritti
non patrimoniali (ad esempio, il diritto al nome…);
o b) i diritti ad assegni di carattere alimentare e a tutto ciò che il fallito guadagna con
la sua attività (ad esempio, stipendi, pensioni, salari) entro i limiti di quanto gli
occorra per il mantenimento suo e della famiglia);
o c) i diritti sulle cose che non possono essere pignorate (ad esempio, strumenti di
lavoro).
Rapporti familiari. I redditi derivanti dai beni dei figli su cui il fallito ha l’usufrutto legale
non possono essere destinati a soddisfare crediti che il creditore sapeva contratti per scopi
estranei ai bisogni della famiglia.
Per cui, questi redditi fanno parte della massa attiva solo se nel fallimento vengono
ammessi creditori legittimati all’esecuzione su quei redditi.
Secondo l’art. 159 “il fallimento di uno dei coniugi” costituisce una causa di scioglimento
della comunione legale, e in seguito allo scioglimento si deve dunque procedere alla
divisione dei beni compresi nella comunione ripartendo tra i coniugi in parti eguali l’attivo e
il passivo; con la conseguenza che nella massa attiva fallimentare, oltre ai beni personali
dell’imprenditore, va compresa anche la metà dei beni della comunione, ma non quell’altra
metà che spetta al coniuge e sulla quale, anche prima dello scioglimento, non possono
agire i creditori personali dell’imprenditore.
Pertanto, all’attivo fallimentare è acquisibile solo la quota di pertinenza del fallito.
Altri beni. Il curatore può essere autorizzato dal comitato dei creditori a non acquisire
all’attivo i beni per i quali l’attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente.
Beni sopravvenuti. Anche i c.d. beni sopravvenuti, cioè quelli acquistati dal fallito durante il
fallimento (cioè esercitando una professione, vincendo al totocalcio) sono destinati alla
soddisfazione dei creditori concorrenti e quindi vengono compresi nella massa attiva;
tuttavia, il curatore, se autorizzato dal comitato dei creditori, può rinunciare alla loro
acquisizione, qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione
risultino superiori al loro presumibile valore di realizzo.
Diritti inopponibili al fallimento. Se il fallito, prima della dichiarazione di fallimento, ha
trasferito beni a terzi (es. ha venduto un immobile), ma al momento della dichiarazione di
fallimento non ricorrono ancora i presupposti perché l’acquisto sia opponibile ai creditori, i
beni fanno parte della massa attiva in quanto quei trasferimenti, anche se validi tra le parti,
sono inefficaci nei confronti dei creditori concorrenti e quindi inopponibili al fallimento
(art. 45 1. fall.). v. pag. 689
Spossessamento. Dalla data della dichiarazione di fallimento, il fallito perde la disponibilità
dei suoi diritti
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Ciò non significa che il fallimento incida sulla capacità di agire del fallito, perché questi
mantiene il potere di concludere validamente negozi giuridici di diritto privato, sebbene
questi negozi siano inefficaci rispetto ai creditori concorrente.
Pertanto, tutti gli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci
rispetto al fallimento.
Dunque, in conseguenza dello spossessamento, il fallito non può continuare a stare in
giudizio nelle cause relative a rapporti patrimoniali, ma deve essere sostituito dal curatore.
Nei nuovi giudizi intentati dal curatore, il fallito può intervenire solo quando l'intervento è
previsto dalla legge oppure quando dall'esito della causa può derivare a suo carico
un'imputazione di bancarotta
Inoltre, il fallito ha l’obbligo di consegnare al curatore la propria corrispondenza, inclusa
quella elettronica, relativa ai rapporti patrimoniali.
Se il fallito non è una persona fisica (ad es., si tratta di una società) l’ufficio postale o il
corriere devono consegnare la corrispondenza direttamente al curatore
Assistenza del fallito. Al fallito e alla sua famiglia, in caso di mancanza di mezzi di
sussistenza, può essere concesso un sussidio alimentare, sentiti il curatore e il comitato dei
creditori, con decreto del giudice delegato (art. 47 c.1 l. fall.).
Inoltre, la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e
della famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.
331. Atti pregiudizievoli ai creditori. L’azione revocatoria.
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a. pagamenti di debiti liquidi ed esigibili. Sono anche revocabili i crediti
avvenuti tramite intermediari specializzati, in tal caso l’azione viene
intentata nei confronti del destinatario della prestazione e non
dell’intermediario. Non è, invece, revocabile il pagamento di un debito
cambiario, anche se il creditore cambiario conosceva lo stato di insolvenza
del debitore fallito, se il fallito era debitore cambiario principale ed
esistevano obbligati cambiari di regresso, per cui il creditore non poteva
rifiutare il pagamento del debitore principale senza perdere l’azione di
regresso; in tal caso, però, se il curatore prova che l’ultimo obbligato in via
di regresso conosceva lo stato di insolvenza del fallito nel momento in cui
trasse o girò la cambiale, la somma riscossa deve essere versata al
fallimento dall’ultimo obbligato in via di regresso. Non è revocabile
nemmeno nel factoring, salvo che il curatore non provi che il cedente era in
grado di conoscere lo stato d’insolvenza del debitore ceduto alla data del
pagamento del credito al cessionario
b. atti costitutivi di diritti di prelazione per debiti, anche di terzi, creati
contestualmente;
c. altri atti a titolo oneroso. Una disciplina particolare è prevista per il
rapporto di factoring, dove la cessione dei crediti è opponibile al fallimento
del cedente, se il cessionario ha pagato in tutto o in parte il corrispettivo
della cessione, ed il pagamento del corrispettivo ha data certa; tuttavia,
l’atto di cessione è revocabile, se il curatore prova che il cessionario era a
conoscenza, quando ha eseguito il pagamento del corrispettivo della
cessione, dello stato di insolvenza del cedente. Tuttavia, non può comunque
essere esercitata l’azione revocatoria fallimentare avverso gli atti, tanto
normali quanto anormali, compiuti dal fallito con l’istituto di emissione (la
Banca d’Italia), con banche autorizzate a compiere operazioni su pegno, con
banche che hanno ricevuto pagamenti in restituzione di crediti fondiari o
che hanno iscritto ipoteca a garanzia degli stessi crediti.
Azione revocatoria ordinaria. Tutti gli atti pregiudizievoli che non rientrano nelle categorie
precedenti (ad es., un’ipoteca costituita contestualmente al credito di un anno e mezzo
prima del fallimento) possono essere revocati, a seguito di un giudizio intentato dal
curatore dinanzi al tribunale fallimentare, con l’azione revocatoria ordinaria
In questo caso il curatore deve provare:
o per gli atti a titolo gratuito, che il debitore conosceva il pregiudizio arrecato con
l’atto ai suoi creditori;
o per gli atti a titolo oneroso, che il pregiudizio era noto anche al terzo contraente.
Credito del terzo. Nel caso che sia avvenuta la revoca di pagamenti o di atti a titolo
oneroso, il terzo, che ha subito la revoca ed ha restituito al curatore quanto aveva ricevuto
dal fallito, è ammesso al passivo fallimentare in qualità di creditore concorrente: in caso di
pagamento restituito, per il suo credito originario; in caso di atto a titolo oneroso, per
l'ammontare del corrispettivo da lui dato al fallito
Decadenza. L’azione revocatoria ordinaria si prescrive in 5 anni (art. 2903). Tuttavia, in caso
di fallimento, sono previsti termini di decadenza per l’esercizio delle azioni revocatorie, che
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non possono essere iniziate dopo 3 anni dalla dichiarazione di fallimento, e comunque
dopo il decorso di 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole.
Non è soggetta a prescrizione, invece, la dichiarazione d’inefficacia degli atti che rientrano
nella revocatoria ope legis.
In caso di fallimento successivo alla presentazione di una domanda di concordato
preventivo, i termini per il computo del periodo sospetto decorrono dalla data di
pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese e non dalla data del
fallimento; ciò per evitare il ricorso fraudolento a tale procedura, con l'intento di procurare
il decorso dei termini per l'esercizio dell'azione revocatoria
332. Atti dispositivi esclusi dalla revocatoria.
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prosecuzione dei rapporti commerciali, è implicita per il concordato preventivo, essendo
prevista per tutti gli atti successivi al deposito della proposta, ma l'art. 182-quinquies co. 3°
l. fall prevede che l'autorizzazione possa essere chiesta al tribunale soltanto se si tratta di
concordato con continuità aziendale e pertanto non avente mera funzione liquidatoria
G) I pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate dai dipendenti e da altri
collaboratori dell’imprenditore (ad esempio, avvocati, consulenti del lavoro).
Si ritiene che tutti questi atti non siano soggetti neanche alla revocatoria ordinaria.
333. Azione revocatoria avverso gli atti compiuti tra coniugi
Per evitare che gli stretti rapporti fra i coniugi vadano a celare degli accordi che portino a
danneggiare i creditori fallimentari, il legislatore ha stabilito che gli atti pregiudizievoli
indicati dall’art. 67 1. fall., compiuti tra i coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava
un’impresa commerciale, sono revocati se il coniuge non dà la prova che all’epoca del
compimento dell’atto il fallito non era insolvente o che egli ignorava lo stato di insolvenza.
La revoca opera anche per gli atti a tutolo gratuito compiuti tra i coniugi oltre i due anni
anteriori alla dichiarazione di fallimento, purché anch’essi compiuti durante l’esercizio
dell’impresa
Nell’ipotesi di comunione legale all’attivo fallimentare è acquisibile solo la quota di
pertinenza del fallito; se però vi sono beni che sono stati acquistati con mezzi del fallito e
che sono entrati in comunione perché la circostanza non è stata dichiarata al momento
dell’acquisto, la giurisprudenza ammette che il curatore possa esercitare la revocatoria
ordinaria o anche la revocatoria fallimentare, perché si ritiene come se il fallito avesse
effettuato un’attribuzione gratuita al coniuge per la metà del bene.
334. I diritti dei terzi sui beni posseduti dal fallito.
Il giudice delegato può disporre che vengano restituiti i beni mobili in possesso del fallito ai
terzi che su di essi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibili; tali beni non
possono essere inclusi nell’inventario fallimentare.
Inoltre, il curatore, insieme all’elenco dei creditori, deve preparare anche un elenco di tutti
coloro che vantano diritti reali o personali su beni mobili o immobili di proprietà o in
possesso del fallito, con l’indicazione dei titoli relativi.
I terzi titolari di diritti sui beni del fallito, siano o meno compresi in questi elenchi, devono
presentare le loro domande di rivendicazione o di restituzione dei beni nelle stesse forme
con cui i creditori concorsuali devono presentare le loro domande di ammissione al
passivo.
Il procedimento di verifica di tali domande si svolge nello stesso modo stabilito per la
verifica dei crediti concorrenti; per cui il curatore comunica a coloro che risultano titolari di
diritti sui beni del fallito le informazioni necessarie per la presentazione delle domande di
rivendicazione e restituzione; con la stessa domanda il terzo può chiedere la sospensione
della vendita del bene
Inoltre, predispone un progetto da cui risulti quali domande dovrebbero essere accolte e
quali respinte; e questo progetto viene, poi, esaminato dal giudice delegato nella stessa
adunanza di verifica dello stato passivo, eventualmente modificato e reso esecutivo
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Contro di esso possono essere presentate al tribunale fallimentare le opposizioni da parte
di coloro le cui domande sono state respinte, e le impugnazioni contro coloro le cui
domande sono state ammesse.
Chi richiede la restituzione di un bene mobile rinvenuto nella casa o nell’azienda del fallito,
non può provare il proprio diritto tramite testimoni, tranne che la sua esistenza sia resa
verosimile dall’attività professionale svolta dallo stesso richiedente o dal fallito
Sono ammissibili anche le domande tardive di rivendicazione o di restituzione, alle quali si
applica la stessa disciplina prevista per l’esame delle domande tardive di insinuazione dei
crediti.
Se il richiedente prova che il ritardo della domanda non gli è imputabile, può ottenere dal
giudice la sospensione dell’attività di liquidazione del bene
Se i beni, che il fallito avrebbe dovuto restituire, non sono stati acquisiti all’attivo
fallimentare, l’avente diritto alla restituzione può insinuarsi nel passivo per il valore che la
cosa aveva alla data della dichiarazione di fallimento
Se il curatore ha perso il possesso del bene dopo averlo acquistato, allora l’avente diritto
alla restituzione diventa, per il credito del valore, creditore di massa e non corrente