Sei sulla pagina 1di 8

Il nuovo concordato fallimentare (artt. 124 - 141).

Il concordato fallimentare è una causa legale di cessazione del fallimento, oltre che di
chiusura, è cioè uno strumento diretto a realizzare, nel rispetto della par condicio, il
soddisfacimento di tutti i creditori.
Principali novità introdotte dalla Riforma.

A) La proposta di concordato (art. 124).


Secondo il novellato art. 124, la proposta (o domanda di ammissione), può essere
presentata con ricorso al giudice delegato
1) da uno o più creditori;
2) da un terzo;
3) dal fallito;
4) dal curatore.
Se il ricorso è inoltrato da uno o più creditori o da un terzo, esso può essere proposto anche
prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo purché i dati contabili e le altre
notizie in possesso del curatore consentano allo stesso la formazione di un “elenco
provvisorio dei creditori” (da sottoporre all’approvazione del giudice delegato).
Qualora invece venga presentato dal fallito (o da società cui egli partecipi o sottoposte a
comune controllo), dovranno passare, prima che il ricorso sia ammissibile, almeno 6 mesi
dalla sentenza di fallimento e non dovranno comunque essere trascorsi 2 anni dal decreto
che rende esecutivo lo stato passivo.

1
B) Contenuto della proposta (art.124.2).
La proposta può prevedere:
1) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi
economici omogenei;
2) trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse;
3) la ristrutturazione dei debiti;
4) la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma.

Non è più considerato requisito necessario della proposta il pagamento integrale dei
creditori muniti di diritto di prelazione: è possibile prevedere nel piano la loro
soddisfazione anche solo parziale purché in misura non inferiore a quella realizzabile sul
ricavato in caso di vendita, considerato il valore di mercato attribuibile al cespite o al
credito oggetto della garanzia indicato nella relazione appositamente redatta da un esperto
designato del tribunale (art. 124.3).

C) L’assuntore del concordato.


Tra le diverse garanzie che il fallito può proporre, spicca l’assunzione, da parte di un terzo,
delle obbligazioni derivanti dal concordato (trattasi del terzo assuntore).
Il terzo assuntore, che nella nuova disciplina può presentare autonomamente la proposta di
concordato,
1) assume in proprio il rischio della liquidazione;
2) si obbliga ad adempiere al concordato (anche eventualmente in solido col fallito);

2
3) provvede al rilievo di tutto l’attivo fallimentare (provvedendo alla liquidazione per
suo conto). Caratteristica peculiare della figura giuridica dell’assuntore è, infatti, la
cessione allo stesso delle attività fallimentari.
Se l’assunzione del concordato è avvenuta con liberazione immediata del fallito si ha un
accollo privativo; se l’assunzione è avvenuta senza liberazione del fallito si ha un accollo
cumulativo.
Con l’attuale riforma è stato previsto che l’assuntore possa limitare gli impegni assunti con
il concordato fallimentare al soddisfacimento
1) dei soli creditori ammessi al passivo;
2) dei creditori ammessi provvisoriamente;
3) dei creditori che hanno presentato opposizione allo stato passivo;
4) dei creditori che hanno presentato domanda di ammissione tardiva prima della
presentazione della proposta.
In questo caso, il fallito, continua a rispondere verso tutti gli altri creditori (salvi gli effetti
della esdebitazione).
Nulla vieta che gli assuntori possano essere più di uno.
Con la riforma è stata contemplata la possibilità di cessione all’assuntore di tutte le azioni
(e non solo quelle revocatorie) anche quindi delle azioni di pertinenza della massa purché
autorizzate dal giudice delegato con indicazione specifica dell’oggetto e del fondamento
della pretesa.
C1) Differenze tra l’assuntore e il fideiussore.
Il fideiussore non condivide la proposta di concordato formulata dal fallito ma si aggiunge
nella stessa come coobbligato in solido, assumendo verso i creditori un’obbligazione che
opera nell’ambito delle garanzie e rimane accessoria rispetto a quella del proponente.

D) Esame della proposta di concordato.


Essa è esaminata dal giudice delegato (gli è stata presentata, come detto, mediante
“ricorso”) che deve acquisire il parere
1) del curatore e
2) del comitato dei creditori
i quali si dovranno esprimere, fornendo un parere, in merito ai presumibili risultati della
liquidazione.
Se la proposta contiene condizioni differenziate per singole classi di creditori, essa dovrà
essere sottoposta, allegando i pareri di cui sopra, al giudizio del tribunale il quale
verificherà:
1) il corretto utilizzo dei criteri seguiti per la suddivisione in classi;
2) il corretto utilizzo dei criteri seguiti per la diversificazione dei trattamenti
tenendo conto altresì della relazione appositamente resa da un esperto designato del
tribunale (ai sensi dell’ art. 124.3).

E) Comunicazione ai creditori e voto.


Fatto ciò, il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del curatore, ordina che la
“proposta” venga comunicata ai creditori. I creditori verranno resi edotti, mediante tale
comunicazione
1) del luogo ove possono reperire tutti i dati per valutare adeguatamente la proposta (i
pareri espressi dal curatore, dal comitato dei creditori…);
2) che hanno un termine a loro disposizione, non inferiore a 20 né superiore a 30 giorni,
entro il quale possono far pervenire le loro dichiarazioni di voto in cancelleria.

3
F) Chi può votare.

 creditori chirografari:
L’articolo 127 opera, a riguardo, diverse distinzioni:

1) quando la proposta è presenta prima che lo stato passivo sia dichiarato esecutivo,
possono votare i creditori che risultano dall’elenco provvisorio predisposto dal
curatore ed approvato dal giudice delegato;
2) quando la proposta è presenta dopo che lo stato passivo sia dichiarato esecutivo,
hanno diritto di voto i creditori indicati nello stato passivo esecutivo, compresi
quelli ammessi provvisoriamente e con riserva (non possono quindi votare i

 Creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca ancorché la garanzia sia contestata. Per
creditori esclusi anche se hanno presentato opposizione).

loro è necessario considerare il contenuto della proposta:


1) coloro per i quali essa prevede l’integrale pagamento non hanno diritto al voto se
non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale,
purché non inferiore ad 1/3 del credito (fra capitale ed accessori). In caso di rinuncia
in tutto od in parte della prelazione, per la parte del credito non coperta dalla
garanzia, essi sono assimilati ai creditori chirografari e la rinuncia ha effetto ai soli
fini del concordato;
2) coloro per i quali la proposta prevede il pagamento non integrale, sono considerati

 Soggetti esclusi.
chirografari per la parte residua del credito e per la stessa sono ammessi al voto.

Sono esclusi dal voto


1) il coniuge;
2) i parenti;
3) gli affini fino al quarto grado del debitore;
4) quelli che sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di tali soggetti da
meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento.

G) Esito della votazione.


I creditori ammessi al voto, valutata l’opportunità della proposta, dovranno decidere se
approvarla o meno. Per ottenere l’approvazione, essa deve raggiungere la maggioranza dei
crediti ammessi al voto. Se sono previste diverse classi di creditori, è necessario che tale
maggioranza sia raggiunta per ogni classe. I creditori che non fanno pervenire il loro
dissenso si ritengono consenzienti.
Raccolti i voti, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sull’esito della
votazione.
Ricevuta la relazione, il giudice delegato avrà tre possibilità:
1) in caso di esito positivo (approvazione della proposta da parte della maggioranza di
tutte le classi di creditori) disporrà che ne sia data immediata comunicazione al
proponente, al fallito ed ai creditori dissenzienti;
2) in caso di esito positivo “parziale” (approvazione della proposta da parte della
maggioranza delle classi di creditori, comunque della maggioranza dei crediti)
disporrà, su richiesta del proponente, che ne sia data immediata comunicazione al
fallito ed ai creditori dissenzienti;
3) in caso di esito negativo (mancata approvazione) emetterà decreto di rigetto e si
tornerà al fallimento.

4
H) Eventuale approvazione ed eventuali opposizioni.
1) In caso di approvazione da parte di tutte le classi (ipotesi 1), il giudice dovrà fissare un
termine non inferiore a 15 giorni e non superiore a 30
- per la proposizione di eventuali opposizioni (da proporre con ricorso ex art. 26)
anche da parte di qualsiasi altro soggetto che sia interessato alla prosecuzione del
fallimento;
- per il deposito della relazione conclusiva del curatore.
2) Anche in caso di esito positivo “parziale”(ipotesi 2), su richiesta del proponente, il
giudice delegato fissa il termine per le opposizioni dandone comunicazione.

I) Giudizio di omologazione.
Quanto al giudizio di omologazione si distinguono 3 ipotesi:
1) se il concordato è stato approvato da tutte le classi e non vi sono opposizioni, il
tribunale, dopo aver verificato la regolarità della procedura e l’esito della votazione
omologherà il concordato stesso con decreto motivato non soggetto a gravame
(ipotesi G1);
2) se la proposta di concordato è stata approvata solo dalla maggioranza delle classi
(ipotesi G2) e il proponente ne abbia fatto richiesta (da presentarsi con ricorso a
norma dell’art. 26), il tribunale può procedere ugualmente all’omologazione se
ritiene che comunque i creditori appartenenti alle classi dissenzienti trarranno
soddisfacimento dal concordato in misura almeno par rispetto ad altre soluzioni
concretamente praticabili (cram down*). Anche in questo caso il tribunale provvede
on decreto motivato non soggetto a reclamo.
3) Se vi sono opposizioni (anche queste da proporre a norma dell’art. 26), il tribunale
provvede con decreto motivato.

L) Efficacia del decreto.


La proposta di concordato produce effetto dal momento in cui sono decorsi i termini per
l’opposizione all’omologazione, ovvero da quello in cui si esauriscono le impugnazioni
previste dall’art. 129. Quando il decreto di omologazione diventa definitivo il curatore deve

5
presentare un rendiconto contenente l’esposizione analitica delle operazioni contabili e
dell’attività di gestione ed il tribunale dichiara la chiusura del fallimento. I due effetti
fondamentali che si producono sono i seguenti:
- un vincolo per il fallito, o il proponente, o il terzo garante o assuntore all’adempimento
degli obblighi assunti;
- l’obbligatorietà del concordato per tutti i creditori anteriori all’apertura del fallimento,
compresi quelli che non abbiano presentato domanda di ammissione al passivo (anche per
mancata conoscenza del fallimento) salvo che l’assuntore non abbia limitato gli impegni
assunti al solo soddisfacimento dei creditori ammessi al passivo.

M) Reclamo.
Contro il decreto che omologa la proposta di concordato, può essere proposto reclamo
dinanzi alla corte d’appello che si pronuncerà con rito camerale. Le modalità di
proposizione, trattazione e decisione del ricorso sono fissate nel rispetto dei principi del
contraddittorio e del diritto di difesa.
Il reclamo si propone con ricorso che deve essere depositato nella cancelleria della corte
d’appello entro 30 giorni dalla comunicazione del decreto di omologazione del concordato.
Il presidente della corte d’appello
- designerà il relatore;
- fisserà l’udienza di comparizione delle parti entro 60 giorni dal deposito;
- assegnerà al ricorrente un termine perentorio di almeno 10 giorni per la
notificazione del ricorso e del decreto al curatore e alle altre parti;
- assegnerà alle parti un termine non inferiore a 30 giorni per la presentazione di
memorie.
Il curatore è tenuto a comunicare agli altri creditori la notizia dell’avvenuto deposito del
reclamo e dell’udienza fissata.
Il collegio, sentite le parti in contraddittorio, e assunte anche d’ufficio tutte le informazioni
e le prove necessarie, provvede con decreto motivato che deve essere pubblicato ed è
ricorribile in cassazione entro 30 giorni dalla comunicazione al debitore.

N) Effetti prodotti dalla chiusura.


o Quanto al fallito:
- ritornano allo stesso i beni non trasferiti all’assuntore o vincolati al concordato, col
riacquistato pieno potere di disporne;
- cessa ogni compressione della legittimazione processuale attiva e passiva;
- egli è definitivamente liberato per la parte differenziale tra l’ammontare dei crediti e
la percentuale pattuita con il concordato.
o Quanto ai creditori:
- il concordato è, come detto, obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura del
fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di insinuazione al
passivo, salvo gli effetti della clausola limitatrice degli impegni assunti
dall’assuntore (ex art. 124 u.c.);
- le garanzie offerte, però, non si estendono ai creditori che non hanno ancora
presentato domande di ammissione;
- i creditori conservano le loro azioni per il residuo credito non soddisfatto contro i
coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso ma non possono
più agire contro il fallito né contro il terzo assuntore per la parte non soddisfatta del
loro credito.

6
Con l’omologazione del concordato non decadono gli organi della procedura fallimentare
(a differenza che negli altri casi di chiusura) ma restano in funzione per sorvegliare
l’adempimento del concordato stesso, secondo le modalità stabilite nel decreto di
omologazione.

O) Risoluzione del concordato.


La risoluzione del concordato si verifica allorché
- le garanzie promesse non vengono costituite;
- gli obblighi assunti con esso non sono adempiuti.
La domanda di risoluzione può essere proposta solo entro un anno dalla scadenza fissata
per l’ultimo adempimento
1) dal curatore;
2) dal comitato dei creditori;
3) da uno dei creditori;
ma la risoluzione può essere pronunciata anche d’ufficio dal tribunale.
Essa si propone con ricorso al tribunale ai sensi dell’art. 26. Con l’emanazione del decreto
che risolve il concordato, si riapre la procedura fallimentare (il decreto è infatti
provvisoriamente esecutivo).
Il decreto è reclamabile dinanzi alla corte di appello in modo analogo a quanto previsto in
caso di reclamo del decreto di omologazione.
La disciplina di risoluzione del concordato non trova applicazione qualora le obbligazioni
derivanti dal concordato siano state assunte da un terzo con liberazione immediata del
debitore.
Si precisa, infine, che l’istanza di risoluzione non può, comunque, essere proposta dai
creditori del fallito verso cui il terzo non ha assunto responsabilità per effetto del
concordato.

P) Annullamento del concordato.


L’annullamento del concordato si verifica allorché si scopre che
1) è stato dolosamente esagerato il passivo oppure
2) sottratta o
3) dissimulata una parte rilevante dell’attivo.
L’annullamento, proponibile entro 6 mesi dalla scoperta del dolo ed in ogni caso non oltre
2 anni dalla scadenza fissata per l’ultimo adempimento, è pronunciato, con sentenza del
tribunale, su domanda
- del curatore o
- di un creditore
in contraddittorio delle parti: il debitore infatti è contraddittore necessario nel relativo
giudizio.
Il procedimento di annullamento del concordato si svolge secondo le forme previste in caso
di risoluzione del concordato (art. 137). Il decreto che annulla il concordato riaprendo il
fallimento, provvisoriamente esecutivo, è reclamabile con le forme e le modalità previste
per la proposizione di reclamo avverso il decreto di omologazione della proposta di
concordato.

Q) Effetti dell’annullamento e della revoca del concordato.


Annullato o revocato il concordato, si riapre la procedura fallimentare. In particolare,
- il curatore può iniziare o proseguire le azioni revocatorie interrotte in conseguenza
del concordato;
7
- i creditori conservano le garanzie avute dal concordato e trattengono le somme
riscosse a causa di esso; quindi concorrono nel fallimento per il residuo credito;
- reso esecutivo il nuovo stato passivo, il proponente può proporre una nuova
domanda di concordato, la cui omologazione è però subordinata al deposito di tutte
le somme occorrenti per il suo integrale adempimento o alla prestazione di garanzie
equivalenti.

* Cram-down
Situazione (letteralmente: ingoiare qualcosa, buttare giù, trangugiare), in cui un soggetto è costretto ad
accettare una certa soluzione contro la propria volontà.
La regola del cram-down è prevista negli USA per la riorganizzazione delle imprese in crisi, secondo un
programma proposto dal debitore, programma che il giudice può dichiarare vincolante per tutti i creditori,
purché lo ritenga equo, anche se una parte dei creditori non lo abbia approvato.
Una regola analoga al cram-down è prevista nel nostro ordinamento dalla nuova disciplina della procedura di
amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, di cui alla legge 18 febbraio 2004,
n. 39 (c.d. legge Marzano), ed ora anche per il concordato preventivo e per quello fallimentare. L’art. 177
legge fall. (nel testo introdotto dal decreto-legge n. 35/2005, convertito nella legge n. 80/2005) dispone infatti
che il Tribunale, nel caso in cui la proposta di concordato preventivo preveda diverse classi di creditori, può
approvare il concordato, nonostante il dissenso di una o più classi (purché vi sia l’approvazione della
maggioranza dei creditori ammessi al voto), «qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi
dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferio re rispetto alle alternative
concretamente praticabili»; la stessa disposizione è prevista per il concordato fallimentare dal nuovo art. 129,
7° comma (introdotto dal d. lgs. n. 5/2006).

Potrebbero piacerti anche