Sei sulla pagina 1di 9

LA RISOLUZIONE

1.INADEMPIMENTO E RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE


Si ha Inadempimento del contratto quando il debitore non esegue la prestazione dovuta, o la esegue
in modo tardivo, oppure in modo inesatto; l’inadempimento delle obbligazioni comporta
inadempimento del contratto. L’Inadempimento è una delle cause di risoluzione del contratto.
La Responsabilità del debitore per l’inadempimento è personale; se il debitore non paga quanto è
dovuto, il creditore può soddisfarsi sui suoi beni (responsabilità patrimoniale art.2740 c.c.).
a)distribuzione del rischio
Anche in queste ipotesi il problema da risolvere è un problema di distribuzione dei rischi: a)l’ipotesi
in cui le parti abbiano previsto il rischio (in questo caso si segue la volontà delle parti se meritevole
di tutela); b) l’ipotesi in cui le parti avrebbero potuto prevederlo, ma nulla hanno disposto nel
contratto (presupposizione); c)l’ipotesi in cui il rischio era imprevedibile (sopravvenuta
impossibilità della prestazione).
I criteri di distribuzione del rischio sono previsti dalle norme del Codice; la regola fondamentale è
che il debitore non risponde per un fatto che sia ascrivibile ai terzi, alla forza maggiore o al fortuito,
cioè ad eventi imprevedibili ed irresistibili.
Si debbono segnalare l’art.1218 e l’art.1176 c.c.: la prima norma stabilisce che “il debitore che non
esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che
l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da
causa non a lui imputabile”; si dovrebbe concludere quindi che in tutti i casi in cui il debitore non
ha adempiuto si ha la sua responsabilità, a meno che egli non provi la sopravvivenza di una causa
che ha impedito l’adempimento; una causa non dipendente dalla sua volontà, né da sua colpa.
La seconda norma stabilisce che “nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza
del buon padre di famiglia”. Quindi il debitore non deve fare tutto il possibile per evitare
l’inadempimento, ma solo adoperarsi secondo il metro della media diligenza.
b) La diligenza
La DILIGENZA art. 1176 c.c. è allora il metro per stabilire come il debitore si deve comportare
nell’esecuzione del contratto; l’adempimento deve essere fatto diligentemente. La buona fede o
correttezza indica quanto si può chiedere al debitore, fino a quel sforzo si può spingere la richiesta
di adempiere per evitare la mancata esecuzione del contratto.
Allora il principio stabilito dall’art.1218 c.c. è temperato: il debitore non è tenuto fino al limite
dell’impossibile, ma solo nei limiti della diligenza e della correttezza.
Il debitore è responsabile per l’inadempimento solo se vi è sua colpa.
2.GLI EFFETTI DELL’INADEMPIMENTO
Il modello codicistico dei rapporti tra le parti in caso di inadempimento offre al contraente che ha
subito l’inadempimento di controparte la facoltà di scegliere tra la via della risoluzione contrattuale
e quella dell’adempimento.
Tale scelta è immune da qualsiasi controllo del comportamento, anche di buona fede: la clausola
generale, infatti, vale per la fase di esecuzione del contratto (art.1375 c.c.) e non attiene alla scelta
del rimedio esperibile della parte che ha subito l’inadempimento.
In sede di quantificazione del risarcimento non deve svolgersi alcuna considerazione in termini di
maggiore o minore onerosità dell’una o dell’altra soluzione a seguito dell’inadempimento.
La scelta può essere esercitata valutando comparativamente ( e a discrezione del danneggiato) una
serie di elementi ulteriori e diversi che afferiscono alla vicenda contrattuale.
3.RISOLUZIONE GIUDIZIALE
L’Inadempimento provoca la RISOLUZIONE del contratto, cioè il suo scioglimento e la
cancellazione degli effetti. Anche la Risoluzione, come la Rescissione, opera per i contratti a
prestazioni corrispettive: quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a
sua scelta chiedere l’adempimento, o la risoluzione del contratto. In ogni caso, ha diritto al
risarcimento del danno (art.1453 c.c.). I presupposti sono:
a)L’adempimento di chi agisce in giudizio (A compratore non può chiedere la risoluzione del
contratto di vendita di un televisore, perché il venditore non glielo ha consegnato, se non ha ancora
pagato il prezzo art.1460 c.c.).
b) L’inadempimento del contraente contro il quale si chiede la risoluzione. Non vi inadempimento
quando il debitore manifesti la seria intenzione di adempiere; e neppure se l’inadempimento non è
grave: il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza,
avuto riguardo all’interesse dell’altra (art.1455 c.c.). Se D deve 10000 a C, e alla scadenza del
mutuo si presenta come 9950, non vi è inadempimento.
c) la domanda di risoluzione; se infatti il creditore ha ancora interesse alla prestazione invece della
risoluzione, chiederà l’adempimento del contratto al debitore; la domanda di adempimento non può
essere fatta quando si è già chiesta la risoluzione; mentre si può chiedere la risoluzione, quando si è
già chiesto l’adempimento (art.1453 c.2°,c.c.). Il debitore, una volta presentata la domanda di
risoluzione, non può correre ai ripari e adempiere l’obbligazione (art.1453 3°c.,c.c.).
4.RISOLUZIONE DI DIRITTO
In alcune ipotesi determinate la Risoluzione opera automaticamente (o di diritto). Si tratta di tre casi
in cui vi è:
-clausola risolutiva
-termine essenziale
-diffida ad adempiere
I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una
determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite; in questo caso la
risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della
clausola risolutiva (art.1456c.c.). La parte che si avvale della clausola risolutiva esercita un diritto
potestativo. La clausola risolutiva non è considerata vessatoria dalla giurisprudenza.
Per evitare che il debitore esegua oltre il termine indicato, in ritardo, l’altra parte può intimare per
iscritto all’inadempiente di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso
inutilmente detto termine, il contratto s’intenderà risolto (art.1454 c.c.). Il Termine con il quale il
creditore intima al debitore inadempiente di eseguire si denomina Diffida. Essa è una dichiarazione
unilaterale recettizia,per la quale non è prevista alcuna forma: è sufficiente che essa sia conoscibile
dal destinatario. Il termine che è indicato nella Diffida non può essere inferiore a quindici giorni; le
parti possono pattuire un periodo diverso; il termine indicato nella Diffida ha carattere Essenziale. Il
Termine è anche elemento Essenziale della Diffida: non può essere usata in essa l’espressione
“entro brevissimo tempo”.
5. IMPOSSIBILITÁ SOPRAVVENUTA
Il Codice considera la impossibilità sopravvenuta come una delle causa di risoluzione, perché se
una delle prestazioni non si può più eseguire, l’altra parte non deve essere costretta ad eseguire la
propria, o, se l’ha già eseguita, a veder perduto qualsiasi vantaggio dall’affare concluso; nei
contratti a prestazioni corrispettive la parte che è liberata per la sopravvenuta impossibilità della
prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che ha già ricevuto
(art.1463 c.c.).
6. ECCESSIVA ONEROSITÁ SOPRAVVENUTA
Non sempre il contratto ha limitata durata ed effetti immediati. Nei contratti a esecuzione continuata
o periodica, e nei contratti a esecuzione differita, è possibile che con il passar del tempo una delle
prestazioni diventi troppo gravosa per la parte che l’ha assunta; è pertanto opportuno che la parte
più onerata abbia la possibilità di liberarsi chiedendo la risoluzione. La Risoluzione non può essere
chiesta se l’onerosità rientra nell’alea normale del contratto.
Gli eventi che rendono più onerosa una delle prestazioni debbono essere straordinari ed
imprevedibili. Essi devono essere tali che rimanga inalterata la originaria fisionomia del contratto,
l’equilibrio contrattuale, dato non dall’oggettivo rapporto tra le due prestazioni, ma da quello
(soggettivo) loro assegnato dai contraenti; deve esserne sconvolta l’economia dell’affare.
7. GLI EFFETTI DELLA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
La RISOLUZIONE del contratto ha effetto retroattivo tra le parti e non pregiudica i diritti acquistati
dai terzi (art.1458 c.c.); la retroattività della risoluzione è quindi meramente obbligatoria. Per i
contratti a esecuzione istantanea e a prestazioni corrispettive la risoluzione ha un duplice effetto:
libera le parti per le prestazioni non ancora eseguite, solo dal momento in cui è intervenuta la
sentenza di risoluzione; e impone loro di restituire quanto hanno avuto dal momento in cui si è
concluso il contratto.
Per contro, nei contratti a esecuzione continuata o periodica, la risoluzione non dispiega i suoi
effetti per le prestazioni già eseguite. Nei contratti plurilaterali, l’inadempimento di una delle parti
non comporta la risoluzione del contratto rispetto alle altre, a meno che la prestazione che è
mancata si debba considerare essenziale (art.1459 c.c.).
Può accadere che nel corso della esecuzione del contratto, uno dei contraenti venga a conoscenza
del dissesto economico dell’altro; allora il Codice gli consente di cautelarsi, per non eseguire una
prestazione di cui potrebbe anche non ricevere poi il corrispettivo: la cautela consiste nella facoltà
di sospensione della prestazione (art.1461 c.c.).
Le parti possono anche convenire che nel corso della esecuzione esse non proporranno eccezioni,
per evitare o ritardare la prestazione dovuta(clausola del solve et repete): la clausola non vale per
eccezioni relative a nullità, annullabilità, rescissione del contratto (art.1462 c.c.).
La parte che ha chiesto la risoluzione si può tutelare provvedendo alla trascrizione della domanda di
risoluzione. Se il debitore è in colpa, si fa luogo anche al risarcimento del danno risentito da
controparte.
L’azione di risoluzione è soggetta a prescrizione ordinaria (decennale).

LA RESCISSIONE

LA RESCISSIONE DEL CONTRATTO


I due fenomeni della Rescissione e della Risoluzione sono affatto distanti tra loro; nel primo caso si
considera l’ipotesi in cui il contratto sia stato concluso in stato di pericolo o in stato di bisogno; nel
secondo caso si considerano le ipotesi in cui la prestazione del debitore non ha realizzato l’interesse
creditorio per inadempimento, per impossibilità sopravvenuta, per eccessiva onerosità
sopravvenuta.
La RESCISSIONE è uno strumento giudiziale (azione di rescissione) che tutela il contraente contro
gli approfittamenti dell’altra parte; le parti sono libere di dare alle loro prestazioni il rapporto che
vogliono; possono anche concludere cattivi affari; l’ordinamento è indifferente. Solo in casi
eccezionali interviene: è appunto il caso della Rescissione.
CONTRATTO CONCLUSO IN STATO DI PERICOLO
Dispone l’art.1447 c.c. che il contratto con cui la parte ha assunto l’obbligazione a condizioni
inique, per la necessità, nota a controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno
grave alla persona, può essere rescisso sulla domanda della parte che si è obbligata.
Si tratta di uno stato di necessità, in cui la parte può essere incorsa per imprudenza, per colpa
propria, per errore oppure per calamità naturali; occorre vi sia un pericolo attuale di un danno
“grave”; il danno poi deve riguardare la persona del contraente o di altri; non si tiene conto del
danno alle cose.
Nel caso in cui il giudice accolga la domanda, è possibile che assegni un equo compenso all’altra
parte per l’opera prestata (art.1447, 2°c.). Se A per salvare B dalla marea montante lo raggiunge con
una barca e lo trasporta in salvo, ma gli chiede un compenso spropositato,il contratto può essere
rescisso, però A deve essere equamente compensato per il trasporto, ma anche per il salvataggio e
per aver messo a repentaglio la sua stessa vita.
AZIONE GENERALE DI RESCISSIONE PER LESIONE
Se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra e la sproporzione è dipesa
dallo stato di bisogno di una parte, dal quale l’altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte
danneggiata può domandare la rescissione del contratto, stabilisce l’art.1448, 1°c,c.c. Stato di
Bisogno deve intendersi come l’esistenza di una situazione di difficoltà economiche che incidono
sulla situazione psicologica del soggetto, egli impongono di essere meno avveduto negli affari e
accertare anche offerte vantaggiose.
La Rescissione non si può poi applicare ai contratti aleatori, a quei contratti che per loro natura
comportano un alto rischio a carico delle parti o di una sola di esse (art.1448 c.3).
Per evitare d’interferire negli affari privati il Codice dispone che la lesione sofferta da chi chiede la
rescissione deve almeno eccedere la metà del valore della prestazione eseguita o promessa.
Nel caso di pericolo non necessario l’approfittamento ma è sufficiente la conoscenza della
situazione; nel secondo caso occorre anche la lesione oltre la metà.
Anche le persone giuridiche possono invocare la Rescissione.
L’azione ha la prescrizione breve: si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto
(art.1449c.c.). Il contraente contro il quale è preposta l’azione può evitare la rescissione offrendo
una modificazione del contratto sufficiente a ricondurlo a equità (art.140).
Il Contratto Rescindibile non può essere convalidato (art.1451c.c.). La rescissione ha effetto
retroattivo: ma la retroattività è meramente obbligatoria, opera solo tra i contraenti, non
pregiudicando gli acquisti fatti dai terzi (art.1452 c.c.).

LA NULLITA’

1. Nullità e inesistenza
INESISTENZA: si tratta di una categoria non disciplinata dal codice o dalle leggi speciali nel senso
che dell’inesistenza di un fatto o di un negozio si può prendere atto. Ma si può decidere che un
fenomeno, che ha l’apparenza di un quid giuridicamente rilevante non abbia alcuna rilevanza per il
diritto e quindi sia inesistente per il diritto. La categoria dell’Inesistenza è utilizzata anche per gli
atti processuali e per gli atti amministrativi.
2.Contrarietà a Norme Imperative
NORMA IMPERATIVA: si ritiene che sia imperativa la disposizione che persegue uno scopo che
trascende gli interessi delle parti, in quanto persegue Interessi Generali. Esse sono inderogabili
DALLE PARTI. Tuttavia, quando la norma tende a tutelare una delle parti, la dottrina ritiene che si
possa parlare di Nullità con inderogabilità Relativa. Ciò perché secondo la dogmatica tradizionale
per sua natura la nullità Assoluta, mentre vi sono ipotesi in cui La nullità opera solo a favore di una
parte, solo a questa concede l’azione per farla rilevare, e quindi si è in presenza di una figura di
nullità non assoluta,ma relativa.
Non sempre il legislatore precisa, quando dispone un ordine o un divieto, quale sia la sanzione in
caso di sua inosservanza. Di qui la costruzione della categoria della Nullità Virtuale, che è ricavata
dalla qualificazione e interpretazione della disposizione violata.
La Nullità colpisce solo i contratti pendenti e i contratti posti in essere dopo che la disposizione che
la prevede sia entrata in vigore. Non vale invece per gli effetti già prodotti.
3.Nullità Parziale
La Nullità può essere totale o parziale. Il contratto si conserva solo se i contraenti l’avrebbe
concluso anche senza la clausola fulminante della nullità, altrimenti cade. Quando le clausole nulle
sono sostituite di diritto il contratto non cade (art.1419).
4. Nullità del Contratto Plurilaterale
Nei CONTRATTI PLURILATERALI la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non
importa nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba considerarsi essenziale
(art.1420).
5.Conseguenze della nullità
Se il contratto è stato eseguito si può pretendere la RESTITUZIONE delle prestazione eseguite:
valgono le regole sulla RIPETIZIONE DEL PAGAMENTO D’INDEBITO(art.2033 c.c.), tranne
che il contratto sia immorale.

L’ANNULLABILITÁ

1. I vizi della volontà negoziale


Vi sono casi in cui la volontà è stata manifestata, ma si sarebbe formata in modo diverso,o non si
sarebbe formata affatto se le parti,o una di esse soltanto fosse stata a conoscenza di determinate
circostanze,o non avesse influito su di esse un raggiro della controparte, o di un terzo, o la violenza
della controparte o di un terzo. In altre parole, se la volontà di entrambe le parti, o di una sola di
esse, non fosse stata viziata.
Errore, Violenza, dolo sono “vizi della volontà”; essi producono l’annullamento del negozio
(art.1427 c.c.).
2. L’ERRORE
ERRORE è la falsa conoscenza della realtà. Esso può essere OSTATIVO, oppure VIZIO.
L’ERRORE OSTATIVO è quello che cade sulla dichiarazione, cioè nel momento in cui si esterna
la volontà: A scrive 865, invece di 875.
L’ERRORE VIZIO cade nella formazione stessa della volontà: A ritiene che il vaso cinese sia della
dinastia Ming, mentre è una contraffazione dell’originale.
Questi due tipi di errori hanno un’identica disciplina.
L’ERRORE può essere di FATTO, essendo relativo a circostanze esterne; oppure di DIRITTO,
quando cade sulla esistenza, la portata o l’applicabilità della norma giuridica (A crede di acquistare
un terreno edificabile; scopre poi che sull’area grava un vincolo a verde pubblico che gli impedisce
di edificare).
L’errore può ancora essere UNILATERALE,quando solo una delle parti ha volontà viziata;
BILATERALE quando entrambe le parti hanno volontà viziata, ma per ragioni diverse. COMUNE
quando entrambe le parti cadono nello stesso errore.
- Errore rilevante. L’essenzialità
L’ESSENZIALITÁ è un criterio che serve a selezionare gli errori in cui cadono i contraenti: non
tutti gli errori possono essere considerati giuridicamente rilevanti. L’ERRORE è essenziale quando:
-cade sulla natura o sull’oggetto del negozio (orologio d’argento anziché di platino): A vuole
acquistare un autoveicolo usato; si reca all’autocarrozzeria di B e vede la vettura X;poi prova la
vettura Y, acquista quest’ultima nella convinzione che sia la vettura X.
-cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che l’una o le altre
siano determinate dal consenso; A assume B nella redazione di un quotidiano, alla condizione che B
non abbia avuto compromissioni con il fascismo; si scopre successivamente che B era stato epurato;
ovviamente, non qualsiasi qualità può essere rilevante, ma solo quelle che hanno incidenza pratica,
tenendo conto delle circostanze (contraente solvibile, cattivo pagatore).
-quando, trattandosi di un errore di diritto, è stata la ragione unica o principale del negozio. L’errore
di diritto non si deve confondere con l’ignoranza della legge, che non scusa mai. Inoltre non è
sempre essenziale; lo è solo se è stata la ragione unica o principale del contratto (A è un turista
straniero; acquista un quadro di Raffaello, in vendita, per portarlo a casa; scopre che poi la legge
italiana vieta l’esportazione di opere d’arte; non voleva sottrarsi all’applicazionedella legge;
intendeva però comprare solo se avesse potuto portare con sé il quadro; l’errore stata la ragione
unica del contratto).
Anche L’Errore di Diritto cade sui motivi.
-Errore Rilevante. La Riconoscibilità
Il secondo criterio di selezione degli errori è la RICONOSCIBILITÁ:sono rilevanti gli errori che
una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevare (art.1431 c.c.).
Anche in questo caso opera il principio della tutela dell’affidamento: Si deve tutelare non solo chi
cade in errore, ma anche la controparte, che per effetto dell’errore del primo, non può concludere
l’affare. Se la controparte poteva riconoscere l’errore non poteva confidare sulla validità del
negozio e quindi giusto che l’affare sia annullato.
Essenzialità e Riconoscibilità dell’errore sono criteri con i quali si tutela l’affidamento della
controparte, e si distribuisce, in modo oggettivo, il rischio contrattuale, quando, risultando il
negozio insoddisfacente per una delle parti, essa, nella convinzione di essere caduta in errore, può
tentare di far ricadere il rischio sull’altra.
L’errore di Calcolo non dà luogo all’annullamento (art,1430) ma solo a rettifica, tranne che,
concretandosi in errore sulla quantità sia stato determinante nel consenso.”
Nei casi in cui la parte non è caduta in errore si offre di eseguire il contratto in modo conforme al
contenuto e alle modalità che la parte in errore intendeva concludere, non è ammesso chiedere
l’annullamento (art.1432c.c.).
-Errore Irrilevante
L’errore sul valore della cosa, che non investe l’oggetto, o la qualità essenziale (compro un fondo
credendo che sia produttivo e invece è scarsamente redditizio; l’errore di previsione.
L’Errore sul Motivo (A crede di potersi trasferire a Roma e acquista un appartamento senza dire
nulla al venditore; le speranze di trasferimento sono deluse; A non può far valere il suo errore,
cadendo esso sui motivi che lo avevano spinto all’acquisto). L’Errore sul Motivo è rilevante solo
nel testamento e nella donazione.

3. LA VIOLENZA
LA VIOLENZA si concreta in minacce, in pressioni gravi, che inducono una parte a concludere il
negozio; si distingue la violenza morale dalla violenza fisica; solo se la prima è un vizio della
volontà e pertanto provoca l’annullamento; la seconda è invece indicativa di mancanza di volontà;
configurandosi quindi come assenza di un elemento essenziale,provoca la nullità e non
l’annullabilità del negozio.
Per essere giuridicamente rilevante la violenza morale o psichica deve consistere in una minaccia
grave o ingiusta, ma solo quelle che incutono timore ad una persona sensata costituiscono causa di
annullamento.
La Violenza è rilevante sempre, anche se è esercitata da un terzo. La Violenza è rilevante anche
quando è diretta contro il coniuge, il discendente, l’ascendente del contraente; se riguarda altra
persone, il negozio è annullabile secondo l’apprezzamento del giudice (art.1436 c.c.).
La Violenza inoltre deve essere ingiusta; si deve tener distinta dalla minaccia di far valere un diritto.
La minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento del contratto solo quando è
diretta a conseguire vantaggi ingiusti (art.1438 c.c.).
4.IL DOLO
DOLO è qualsiasi inganno,circonvenzione, comportamento truffaldino, raggiro usato per far cadere
in errore la controparte e indurla concludere il negozio. Il dolo contrattuale indica appunto la
volontà di ingannare; Il dolo fuori della materia contrattuale (dolo extracontrattuale) invece consiste
nella volontà di arrecare danno (art.2043 c.c.).
Il dolo può essere commissivo, se consiste in un comportamento positivo (A dice a B che l’orologio
è effettivamente d’oro e vi imprime la dicitura “18k” mentre l’orologio è solo placcato-oro); oppure
può essere omissivo, consistendo nel silenzio (A nulla dice per far ravvedere B che crede,
spontaneamente, che l’orologio sia d’oro).
A differenza dell’Errore, il quale deve essere valutato nella persona che ne è vittima,Il Dolo è un
fatto che implica una considerazione del contegno dell’ingannatore e delle sue conseguenze sulla
conoscenza dell’ingannato; pertanto è necessaria la conoscenza da parte dell’agente delle false
rappresentazioni che si producono alla vittima, e la convinzione che sia possibile determinare con
artificio, menzogne, raggiri, la volontà altrui.
Non è quindi rilevante una semplice vanteria (il detersivo X lava cosi bianco che piu bianco non si
puo); in questo caso, si ritiene che una persona sensata e normale non si lascerebbe indurre in
errore; si ha pertanto Dolo Buono che non produce annullamento del contratto.
Il Dolo si distingue in:
- Dolo Determinate
- Dolo Incidente
Il Dolo è Determinante quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono tali che, senza di essi,
l’altra parte non avrebbe contrattato (art.1439 c..). Dolo Incidente si ha quando i raggiri non sono
tali da determinare il consenso: la controparte avrebbe egualmente concluso il negozio, ma a
condizioni diverse (art.1440 c.c.).
Il Dolo Incidente non comporta l’annullamento del contratto;il contratto è valido, ma il contraente
in mala fede risponde ai danni (art.1440c.c.). Il Dolo Determinante provoca l’annullamento del
negozio e in più vi è l’obbligo di risarcire il danno alla parte che fu vittima dell’inganno.
È ancora da rilevare che se vi è dolo, l’Errore in cui cade la parte ingannata produce l’annullamento
del negozio anche quando non sia essenziale e riconoscibile, purché sia stato determinante del
consenso.
Il Dolo esercitato da un terzo nei confronti di una delle parti non è sempre rilevante; il contratto è
annullabile solo quando i raggiri erano noti al contraente; inoltre, occorre che il contraente ne abbia
tratto vantaggio (art.1439 2°c, c.c.).

4.RETICENZA (dolo omissivo)


La RETICENZA,il silenzio doloso, può essere motivo di Responsabilità pre-contrattuale, se nel
corso delle trattative la parte che aveva l’obbligo di informare l’altra su circostanze dell’affare non
l’ha fatto (art.1337 c.c.). La Reticenza e il silenzio non bastano di per sé a costituire il dolo; occorre
che questa situazione sia apprezzata con riferimento alle circostanze e al complesso del
comportamento che determina l’errore. Taluno implica le regole sulla Reticenza anche in caso di
garanzia per i vizi della compravendita: se A tace l’esistenza di un vizio della cosa, e non lo
comunica a B,compratore, si possono applicare le norme apposite (art.1489 c.c.). Vi sono casini cui
la Reticenza è specificatamente prevista dal codice civile come comportamento da sanzionare: tipo
il contratto di assicurazione.
La reticenza può essere causa di annullamento del contratto se dipende da dolo o da colpa grave
dell’assicurato; se non dipende da dolo o colpa grave, la reticenza non è causa di annullamento,ma
consente il recesso dell’assicuratore dal contratto (art.1893, 1°c.,c.c.).
Il contratto dei messaggi pubblicitari avviene invece con il ricorso all’art.2598 c.c. che disciplina la
concorrenza sleale. In tal modo, si colpiscono i messaggi pubblicitari che creano confusione tra un
prodotto e l’altro, oppure discreditano i prodotti, o inducono in errore il consumatore; la tutela è
dunque indiretta perché la norma dell’art. 2598 c.c. protegge immediatamente l’impresa
concorrente, e solo in via mediata il consumatore.
5. I VIZI DELLA VOLONTÁ NEI NEGOZI UNILATERALI
Nei NEGOZI UNILATERALI non si tutela l’affidamento, perché non vi è una controparte; si avrà
riguardo alla volontà del disponente e al criterio della essenzialità. La volontà soggettiva diviene
tuttavia il criterio dominante di selezione degli interessi meritevoli di tutela. In questi casi,
l’espressione “motivo” va intesa in senso oggettivo, come circostanza che ha influito sulla
formazione della volontà del disponente (art.624 c.c.).
6.CONSEGUENZE DELL’ANNULLABILITA’
Se l’azione di annullamento è accolta le conseguenza sono lo scioglimento del contratto e la
restituzione di tutte le prestazioni effettuate. L’annullamento ha “efficacia retroattiva”, ma non
pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede e a titolo oneroso.
IL RISARCIMENTO DEL DANNO E IL DANNO CONTRATTUALE

1. RISARCIMENTO DEL DANNO


Il modello del Codice civ. vigente appare una crasi tra il modello francese e quello tedesco: gli artt.
1223, 1224, 1225 corrispondono al testo francese, con qualche integrazione, quale la possibilità per
il creditore, in caso di obbligazioni pecuniarie, di dimostrare che il danno è stato maggiore, e con la
diminuzione del risarcimento in caso di concorso del creditore nel cagionare il danno e in caso di
danno evitabile con l’uso della diligenza ordinaria (art.1227 c.c.); la previsione della valutazione
equitativa (art.1226).
Dal danno contrattuale si distingue il danno extracontrattuale in cui negli artt. 1223,1226,1227 si
precisa che il lucro cessante è valutato con equo apprezzamento delle circostanze (art.2056). Si
introduce il principio Dies Interpellat Pro Nomine (art.1219 e 1182) per le obbligazioni che devono
essere adempiute al domicilio del creditore, come quelle pecuniarie.
Quanto si deve risarcire? Il risarcimento comprende il danno emergente e il lucro cessante (A non
ha spedito le materie prime; la fabbrica di B deve arrestare la lavorazione; vi è un danno
emergente:i lavoratori di B continuano ad essere pagati; gli impianti continuano a consumare
energie; vi è un lucro cessante, un profitto che viene a mancare; B poteva, con l’operazione
economica conclusa, ricavare dalle materie prime una quantità di prodotti X che avrebbe rivenduto
sul mercato realizzando un utile Y). Per calcolare il lucro cessante è sufficiente compiere la
ricostruzione ideale degli eventi, in base ad una ragionevole e obiettiva attendibilità.
L’obbligo del risarcimento del danno è un tipico debito di valore, quindi nel calcolo dell’entità del
danno si deve tener conto della svalutazione monetaria.
Se l’obbligazione inadempiuta è un Obbligazione Pecuniaria, sono dovuti dal giorno del ritardo
degli interessi legali (art.1224 c.c.). Il risarcimento è diminuito se all’inadempimento ha concorso il
fatto colposo del creditore; il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto
evitare usando l’ordinaria diligenza (art.1227 c.c.).
Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con
valutazione equitativa (art.1226 c.c.). Il giudice non può decidere arbitrariamente, è sufficiente che
abbia valutato tutte le prove.
In materia di responsabilità contrattuale, il risarcimento può essere convenzionalmente limitato
dalle parti con una clausola penale.
La giurisprudenza recente ha dato ingresso anche al danno morale derivante dall’inadempimento
della controparte.

I RIMEDI

1.NOZIONE
Il Codice prevede rimedi di carattere generale e rimedi specifici per i singoli contratti tipici.
Esaminiamo i rimedi generali.
Il Codice Civile dedica due norma all’azione di nullità (art.1421 e 1422) e due all’azione di
annullamento (art.1441 e 1442); le quattro norme sono simmetriche, essendo dedicate alla
legittimazione e alla prescrizione. La domanda della nullità contiene quella di annullamento, poiché
se si chiede solo la nullità del contratto e il giudice ritiene sussistenti i presupposti
dell’annullamento.
Gli effetti dell’accoglimento della domanda travolgono gli acquisti successivi; ma per
l’annullamento (art.1445) si fa l’eccezione dell’acquisto oneroso dei terzi di buona fede, salvi gli
effetti della trascrizione della domanda di annullamento. La loro retroattività ha quindi natura reale.
Gli effetti dell’accoglimento dell’azione di rescissione sono duplici: l’effetto liberatorio, relativo
alle prestazioni non ancora eseguite e l’effetto restitutorio, relativo alle prestazioni già eseguite.
Nei confronti dei terzi l’accoglimento dell’azione non pregiudica i loro diritti, salvi gli effetti della
trascrizione della domanda di rescissione (art.1452).
La sua retroattività è quindi obbligatoria.
La proposizione della domanda di risoluzione preclude la successiva proposizione della domanda di
adempimento. E’ ammessa la rinuncia agli effetti della risoluzione.
Non è ammissibile l’esercizio della risoluzione e il contestuale recesso; chiesta la risoluzione non si
può esercitare il recesso e viceversa.
La Risoluzione ha effetto retroattivo (art.1458) obbligatorio, non pregiudica i diritti acquistati dai
terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda.
In diverse ipotesi il Codice prevede la possibilità da parte del creditore di soddisfarsi direttamente
attraverso la ritenzione, cioè la mancata riconsegna di una somma di denaro o di un bene.
Tra i rimedi previsti si annovera il risarcimento del danno.

Potrebbero piacerti anche