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debitore: azione revocatoria ordinaria e fallimentare

L’azione revocatoria sta diventando, in un contesto economico segnato dal crescente


numero di aziende in crisi, un argomento di notevole interesse come strumento di tutela
degli interessi del ceto creditorio, sia come strumento deterrente per l’inibizione di azioni
fraudolente da parte del debitore. Quasi 35 imprese al giorno hanno chiuso i battenti nei
primi sei mesi del 2012: sono stati infatti 6.321 i fallimenti nel primo semestre dell’anno,
oltre mille ogni mese. Fare i conti con  questo scenario non è certo semplice per tutte le
imprese che ancora riescono a “tenere botta”, può essere utile conoscere gli strumenti con
quali poter fare valere le proprie pretese nei confronti dei soggetti che fraudolentemente
compiono atti volti a sottrarre i propri beni dal patrimonio aziendale. 

Per capire l’importanza dell’azione revocatoria, suddivisa poi nelle due accezioni di
revocatoria ordinaria e fallimentare, è necessario avere come punto di riferimento il
concetto di responsabilità patrimoniale del debitore per la soddisfazione delle
obbligazioni da lui assunte. Proprio per garantire che il debitore non possa compiere atti
volti a sottrarre i propri beni dalle azioni del creditore, esistono delle specifiche azioni
giudiziarie.

Una di queste è l’azione revocatoria, disciplinata dagli art. 2901/2904 del codice civile
per quanto riguarda l’azione revocatoria ordinaria, e dall’art. 67 della Legge
fallimentare per la l’azione revocatoria fallimentare.

  Azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.) è l’azione che permette al


creditore di fare dichiarare inefficaci gli atti dispositivi che il debitore abbia
compiuto in pregiudizio alle sue ragioni. L’azione revocatoria è quindi un
mezzo per conservare la garanzia patrimoniale del debitore contro gli atti di
disposizione che quest’ultimo ha compiuto. L’effetto dell’azione revocatoria
non consiste nella dichiarazione di nullità degli atti di alienazione compiuti dal
debitore, ma nella dichiarazione di inefficacia relativa, nel senso che l’atto di
alienazione non può essere opposto al solo creditore che ha agito, mentre nei
riguardi del terzo acquirente e degli altri soggetti è perfettamente valido ed
efficace. Fatta questa indispensabile precisazione vediamo gli elementi essenziali
dell’azione revocatoria. Presupposti:

1. Consilium Fraudis: vi deve essere stata frode del debitore; questa frode
consiste nella conoscenza del pregiudizio che l’atto di disposizione può
arrecare alle ragioni del creditore. Se l’atto è stato compiuto prima che
sorgesse il diritto di credito è necessario che l’atto di disposizione fosse
dolosamente preordinato al fine di danneggiare il futuro creditore;
2. Eventus Damni: l’atto di disposizione posto in essere dal debitore deve
essere di natura tale da poter danneggiare gli interessi del creditore. Di
conseguenza se il patrimonio del debitore è composto di molti cespiti di
rilevante valore, la vendita di alcuni di essi non potrà danneggiare gli
interessi del creditore poiché quest’ultimo, in caso di inadempimento,
potrà sempre rivalersi sugli altri beni del patrimonio del debitore.
                          Presupposti necessari in relazione al tipo di atto:

1. se l’atto è a titolo oneroso per agire in revocatoria, oltre la frode e il


danno, è anche necessario che il terzo fosse consapevole del pregiudizio
che arrecava alle ragioni del creditore (e cioè fosse malafede); trattandosi
di atto di disposizione compiuto prima della nascita dell’obbligazione, è
necessario che il terzo abbia partecipato alla dolosa preordinazione con il
debitore per pregiudicare gli interessi del creditore
2. se l’atto è a titolo gratuito per agire in revocatoria sarà sufficiente
dimostrare l’esistenza della frode e il prodursi del danno, mentre sarà
irrilevante l’eventuale buona fede del terzo che abbia acquisito il diritto.

                    Prescrizione dell’azione: L’azione revocatoria si prescrive nel termine di 5


anni dal compimento dell’atto pregiudizievole.

 Azione revocatoria fallimentare (art. 67 l.f.):

1)Presupposti Il compimento dell’atto nel periodo sospettto

2) La conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzi

La sussistenza dello stato d’insolvenza del debitore all’epoca di compimento


degli atti impugnati è presunta.

L’azione revocatoria è uno strumento utilizzabile dal curatore fallimentare allo


scopo di ricostituire il patrimonio del fallito destinato alla soddisfazione dei suoi
creditori, facendovi rientrare quanto ne era uscito nel periodo antecedente al
fallimento (il cosiddetto periodo sospetto): essa consente, infatti, di colpire gli atti del
debitore insolvente che hanno inciso sul suo patrimonio in violazione del principio
della par condicio creditorum. L’azione revocatoria fallimentare è assistita da una
serie di presunzioni a favore del fallimento. Essa deve essere esperita, a pena di
decadenza entro 3 anni dalla dichiarazione di fallimento o, se il termine è inferiore, 5
anni dal compimento dell’atto. Sono aggredibili per mezzo della proposizione
dell’azione revocatoria fallimentare:

1. Atti considerati anomali: per i quali spetta al terzo l’onere di provare la


sua buona fede (c.d. “inversione dell’onere della prova“), ovvero la sua
non conoscenza dello stato di decozione del soggetto poi fallito, (art. 67
comma 1 L.F.). Si tratta di:
 atti per i quali esiste una sproporzione di almeno 1/4 fra la
prestazione resa e quella ottenuta dal fallito, compiuti nell’anno
precedente a quello della sentenza di fallimento;
 pagamento di debito scaduto effettuato con mezzi anomali (datio
in solutum), eseguito dal fallito nell’anno antecedente la sentenza
di fallimento;
 garanzie per debiti non ancora scaduti, prestate dal fallito nell’anno
antecedente la sentenza di fallimento;
 garanzie per debiti già scaduti, prestate dal fallito nei 6 mesi
antecedenti la sentenza di fallimento.
2. Atti considerati normali: per i quali spetta al curatore provare la
malafede del terzo beneficiario dell’atto a disposizione . Si tratta di atti
eseguiti dal fallito nei 6 mesi precedenti la sentenza dichiarativa di
fallimento, (art. 67 comma 2 L.F.).
 pagamento di debiti esigibili effettuati con mezzi normali;
 garanzie prestate contestualmente al sorgere del debito;
 ogni altro atto a titolo oneroso compiuto dal fallito.

Chiudiamo l'argomento considerando gli effetti della revocazione.

L'art. 70 della l.f. stabilisce che in seguito alla revocazione (e ciò in seguito alla riuscita
dell'azione revocatoria) colui che ha restituito quanto aveva ricevuto dal fallito è
ammesso al fallimento per il suo eventuale credito.
Il nuovo testo dell'art. 7o ha sostanzialmente mantenuto la regola dell'art. 71, ma ha anche
aggiunto due ulteriori casi puntualizzandola ulteriormente;
in particolare si è stabilito che:
1. l'effetto della revocazione si produce nei confronti del destinatario della prestazione,
anche nel caso in cui siano stati effettuati pagamenti per il tramite di intermediari
specializzati  o in seguito alla procedure di compensazione multilaterale o dalle società
previste dalla legge 23\11\1939 n. 1966;
2. si è stabilito, nel caso in cui  la  revoca  abbia  ad  oggetto  atti estintivi di rapporti
continuativi  o  reiterati, o derivanti da conto corrente bancario, l'importo della somma che deve
restituire il terzo che si è visto revocare l'atto. In ogni caso al terzo spetta il diritto d'insinuarsi al
passivo per la somma che ha dovuto restituire.

3. Atti affetti da anormalità assoluta: a titolo gratuito e pagamenti anticipati


- inefficacia automatica se compiute 2 anni anteriori al fallimento

Atti non soggetti all’azione revocatoria

Art 67 comma 3 LF

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