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L’azione di manutenzione (1170 c.c.).

L’azione di manutenzione serve a reintegrare nel possesso del bene chi è


stato vittima di uno spoglio né violento né clandestino e di far cessare le
molestie o le turbative, di cui il possessore è stato vittima; intendendo per
molestia qualsiasi attività di fatto (taglio di alberi, passaggio sul fondo) o
di diritto (notificazione di atto di opposizione al possessore per qualsiasi
atto intrapreso) che arrechi disturbo. L’azione spetta solo al possessore di
beni immobili, universalità di mobili e diritti reali su immobili, da almeno
un anno; e può essere fatta contro l’autore dello spoglio, ma anche contro
l’autore morale. L’azione è soggetta ad un termine di decadenza di un
anno.

L’azione di nuova opera e danno temuto (1171-11722 c.c.).


L’azione di nuova opera o l’azione di danno temuto hanno una finalità
cautelare, poiché servono a prevenire un danno o un pregiudizio dovuto
ad una nuova opera o da un danno altrui.
La denunzia di nuova opera spetta al proprietario, al titolare di un diritto
reale di godimento o al possessore che temono che da una nuova opera
iniziata da almeno un anno e non ancora terminata possa derivare un
danno all’oggetto del suo diritto o possesso.
La denunzia di danno temuto spetta al proprietario, al titolare di un diritto
reale di godimento o al possessore se c’è un pericolo di danno grave e
prossimo derivante da un qualsiasi edificio, albero o altra cosa.

Capitolo 17: IL RAPPORTO OBBLIGATORIO


Nozione.
L’obbligazione consiste in un rapporto tra 2 parti in virtù del quale una di
esse (debitore) ha il dovere giuridico di tenere un certo comportamento e
di eseguire una prestazione a favore dell’altra parte (creditore).
Il rapporto obbligatorio è sempre relativo: il diritto di credito può essere
fatto valere solo nei confronti del debitore (si dice che è un diritto
personale).
Il debitore ha una responsabilità̀ patrimoniale per cui risponde
dell’inadempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri
(art.2740 c.c.). Quindi, in caso di inadempimento, il creditore può
invocare misure coercitive sul patrimonio dell’obbligato.
Fonti delle obbligazioni (1173 c.c.).
Secondo l’art.1173 c.c., fonte dell’obbligazione può essere il contratto,
fatto illecito ed ogni altro atto idoneo a produrla secondo l’ordinamento
giuridico. Nel nostro codice viene disciplinata autonomamente la figura
dell’obbligazione e poi le singole fonti da cui essa deriva. Questo
determina una visione parziale del fenomeno obbligatorio.
L’obbligazione naturale (2034 c.c.).
Per obbligazione naturale si intende qualunque dovere morale o sociale, in
forza del quale un soggetto determinato sia tenuto ad eseguire una
prestazione a favore di un altro soggetto. Il debitore naturale, quindi, non
è obbligato giuridicamente ad eseguire la prestazione, me se la esegue
non può ottenere la restituzione (soluti retentio).
Perché sia esclusa la restituzione è necessario che:
a) la prestazione sia stata spontanea, cioè effettuata senza coazione;
b) che la prestazione sia stata fatta da persona capace.

Capitolo 18: GLI ELEMENTI DEL RAPPORTO


OBBLIGATORIO
Soggetti.
I soggetti attivo e passivo del rapporto obbligatorio, cioè il creditore e il
debitore, devono essere determinati, o almeno determinabili.
Le obbligazioni “propter rem” o “reali” si determinano in base alla
titolarità sulla proprietà o su un altro diritto reale su un determinato bene.
Le obbligazioni plurisoggettive (solidali e parziali).
In un rapporto obbligatorio è necessaria la presenza di almeno due
soggetti; ma è possibile che un’obbligazione faccia capo a una pluralità di
soggetti, per questo viene detta obbligazione plurisoggettiva.
Le obbligazioni plurisoggettive sono le obbligazioni solidali, che possono
essere:
– Passive, se più debitori hanno un debito verso l’unico creditore;
– Attive, se più creditori hanno un credito verso un debitore.
Vi sono anche le obbligazioni parziarie, che sono:
– Passive, quando più debitori sono tenuti ad eseguire una parte
dell’unitaria prestazione, mentre la restante parte va eseguita dagli altri
condebitori;
– Attive, quando più creditori hanno diritto solo a una parte dell’intera
prestazione, mentre la restante parte va eseguita verso gli altri creditori.
Bisogna citare:
1) il beneficio di escussione, con cui il creditore deve procedere prima nei
confronti di un altro debitore;
2) l’azione di regresso; se uno o più obbligati in via di regresso risulti
insolvente, la perdita si divide tra gli altri condebitori.
L’obbligazione plurisoggettiva indivisibile è solidale (art. 1317 c.c.).
Divisibilità e indivisibilità dell’obbligazione (2034 c.c.).
Le obbligazioni si distinguono in:
a) indivisibili, ossia quelle che hanno ad oggetto una prestazione non
suscettibile di adempimento parziale o per sua natura (es. consegnare un
animale) o per volontà delle parti (art. 1316 c.c.);
b) divisibili, che sono le altre (art. 1314 c.c.).
L’indivisibilità opera anche nei confronti degli eredi del debitore o di quelli
del creditore (art.1318 c.c.).

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La prestazione.
La prestazione a cui è tenuto il debitore deve essere suscettibile di
valutazione economica, quindi deve avere carattere patrimoniale e deve
rispondere a un interesse del creditore. La prestazione a cui il debitore è
obbligato può consistere in un dare, in un facere o in un non facere. La
prestazione si distingue anche in infungibile o in fungibile.
Per l’esistenza di un’obbligazione occorre che la prestazione dovuta sia
possibile, lecita, determinata o determinabile.
L’oggetto.
Oggetto dell’obbligazione è la prestazione dovuta (art.1174 c.c.). In base
all’oggetto le obbligazioni di dare si distinguono in obbligazioni generiche
(es. 10 bottiglie di vino di quel certo tipo) e in obbligazioni specifiche (es.
questa auto).
Obbligazioni semplici, alternative e facoltative
L’obbligazione che ha ad oggetto un’unica prestazione, che il debitore
deve per forza eseguire, si dice semplice.
Se ci sono più prestazioni, si parla di obbligazione alternativa (art.1286
c.c.). Se una prestazione diventa impossibile, non per colpa delle parti,
l’obbligazione si considera semplice e il debitore è tenuto ad eseguire
l’altra prestazione.
Nell’obbligazione facoltativa, invece, una sola è la prestazione prevista,
ma il debitore si può liberare eseguendone un’altra. Se l’unica prestazione
diviene impossibile non per causa del debitore, l’obbligazione si estingue.
Obbligazioni pecuniarie.
L’obbligazione più diffusa è quella pecuniaria, cioè quella in cui il debitore
è tenuto a dare al creditore una somma di denaro. Per l’estinzione
(art.1277.1 c.c.) in Italia dall’ 1 gennaio 1999 si utilizza l’euro.
La moneta non soddisfa direttamente i bisogni dell’uomo, importa il suo
valore reale, cioè il potere d’acquisto. Il valore reale, con il
deprezzamento monetario, tende a variare nel tempo, diminuendo
costantemente. Nell’adempiere un’obbligazione pecuniaria vale il principio
nominalistico (art.1277 c.c.), che stabilisce che il debitore si libera
pagando, alla scadenza, la medesima quantità di moneta inizialmente
fissata. Il creditore può cercare di cautelarsi contro le oscillazioni di valore
della moneta con delle clausole di indicizzazione, che si basano su dei
parametri, alla cui variazione si modifica la somma da corrispondere.
Il principio nominalistico è applicabile solo alle obbligazioni di valuta, che
hanno ad oggetto sin dall’origine una somma di denaro; mentre non sono
applicabili a tale principio le obbligazioni di valore.
Gli interessi.
Un particolare tipo di obbligazione pecuniaria sono gli interessi (art. 1282
c.c.). Gli interessi possono essere:
a) legali, cioè dovuti per una previsione di legge;
b) convenzionali, quando nascono da un accordo tra creditore.
In base alla loro funzione, gli interessi si dividono in:
a) corrispettivi;

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b) compensativi;
c) moratori.
Il tasso d’interesse viene valutato in base all’entità dell’obbligazione e al
tempo. Il tasso può essere:
– Legale, fissato dall’art 1284.1, in misura del 2,5%, ma può essere
modificato dal Ministero dell’economia e delle finanze;
– Convenzionale, fissato per accordo fra debitore e creditore, in cui è
necessaria la forma scritta ad substantiam.
In linea di principio è proibito l’anatocismo, ossia la capitalizzazione degli
interessi dovuti affinché questi producano a loro volta altri interessi.
Tuttavia gli interessi scaduti possono essere capitalizzati e produrre a loro
volta interessi (art.1283 c.c.) solo quando si tratti di interessi già scaduti
da almeno 6 mesi.

Capitolo 19: MODIFICAZIONE DEI SOGGETTI DEL


RAPPORTO OBBLIGATORIO
Successione nel debito e nel credito.
Ai soggetti originari del rapporto obbligatorio (creditore e debitore)
possono sostituirsi o aggiungersi, nel corso del rapporto stesso, altri
soggetti o a titolo universale (es. eredità) o a titolo particolare, che
riguarda il singolo rapporto).
A) MODIFICAZIONE NEL LATO ATTIVO DEL RAPPORTO
OBBLIGATORIO
Le ipotesi di modificazioni. La cessione del credito.
Le figure di successione nel lato attivo sono la cessione del credito, la
delegazione attiva e il pagamento con surrogazione.
La cessione del credito (art. 1260 c.c.) è un contratto con cui il creditore
cede ad un altro il suo diritto, ma restano inalterati tutti gli altri elementi
dell’obbligazione. Quindi la successione è a titolo particolare ed è un
contratto con cui il creditore (cedente) trasferisce ad un terzo
(cessionario) il credito, quindi il debitore (ceduto) deve effettuare la
prestazione verso il cessionario, senza dover prestare il suo consenso.
Efficacia della cessione.
Il debitore deve essere a conoscenza della cessione, affinché essa sia
efficace, quindi gli deve essere notificata dal cedente o dal cessionario.
Nonostante il cambiamento del soggetto attivo, l’obbligazione resta
inalterata.
Riguardo ai rapporti tra cedente e cessionario, se la cessione è a titolo
oneroso, il cedente deve garantire la veritas nominis, cioè l’esistenza del
credito, ma non risponde della solvenza del debitore (bonitas nominis).
Se la cessione è a titolo gratuito, il cedente garantisce la veritas nominis,
solo se espressamente richiesta, ma non garantisce a bonitas nominis.
In caso di cessione solutoria, può essere “pro solvendo”, quindi la
liberazione del cedente si verifica solo quando il cessionario ottiene il

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pagamento del ceduto o “pro soluto”, se il cessionario si accolla i rischi
della solvenza del debitore, liberando il cedente.
La cartolarizzazione dei crediti.
Tale istituto disciplinato dalla L. n.130/1999 è finalizzato a smobilizzare i
crediti, cioè dà una liquidità immediata al creditore e serve a creare un
nuovo bene da immettere sul mercato.
L’originator cede a titolo oneroso dei crediti ad una società veicolo. La
società veicolo per acquistare i crediti immette dei titoli, che devono
acquistare gli imprenditori. La società veicolo quindi riscuote i crediti
ceduti. Le somme incassate dai debitori dei crediti vengono destinati agli
investitori. Quindi i crediti pagati vanno a formare un patrimonio separato
rispetto a quello della società veicolo e su questo gli investitori hanno dei
diritti.
La delegazione attiva.
Il codice non si occupa della delegazione attiva, ma solo di quella passiva.
La delegazione attiva è un accordo trilaterale tra creditore, debitore e un
terzo. La delegazione è liberatoria o cumulativa. In questo tipo di
delegazione, l’accordo vede come parte anche il debitore.
B) MODIFICAZIONE NEL LATO PASSIVO DEL
RAPPORTO OBBLIGATORIO
Le ipotesi. La delegazione passiva (1268-1271 c.c.).
La modificazione del soggetto passivo può realizzarsi, a titolo particolare,
con la delegazione passiva, l’espromissione e l’accollo.
La delegazione passiva può essere una delegazione a promettere o una
delegazione di pagamento. Nel primo caso si tratta di un negozio
trilaterale in cui il debitore (delegante) delega il terzo (delegato) ad
effettuare un pagamento a favore del creditore (delegatario). Nel secondo
caso, invece, si tratta di un negozio trilaterale in cui il debitore
(delegante) delega il terzo (delegato) ad effettuare una determinata
prestazione a favore del creditore (delegatario).
Espromissione (1272 c.c.).
L’espromissione è un accordo bilaterale con cui un terzo (espromittente)
si impegna a pagare al creditore (espromissario) il debito del debitore
originario (espromesso).
L’accollo (1273 c.c.).
L’accollo è un accordo tra debitore (accollato) e un terzo (accollante), con
cui quest’ultimo assume l’obbligo di pagare un debito del debitore
originario al creditore (accollatario).
L’accollo può essere:
– interno, si ha quando l’accordo tra debitore e terzo non è manifestato al
creditore, che rimane, quindi, estraneo;
– esterno, è invece un contratto a favore del terzo, poiché il creditore è a
conoscenza del accordo tra il terzo e il debitore e può decidere di
accettarlo.

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Capitolo 20: L’ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE
I modi d’estinzione.
L’obbligazione è un rapporto temporaneo destinato ad estinguersi. I modi
di estinzione, diversi dall’adempimento, sono:
– la compensazione (1241-1252 c.c.);
– la confusione (1253-1255 c.c.);
– la novazione (1230-1235 c.c.);
– la remissione (1236-1240 c..);
– l’impossibilità sopravvenuta (art.1256-1259 c.c).
A) ADEMPIMENTO
L’esatto adempimento.
L’adempimento consiste nell’esatta realizzazione della prestazione dovuta.
La prestazione dev’essere conforme al contenuto dell’obbligo assunto
(art.1176 c.c.).
Riguardo al destinatario dell’adempimento:
a) destinatario del pagamento;
b) luogo dell’adempimento: è di regola determinato nel titolo costitutivo
del rapporto: l’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata
va adempiuta nel luogo in cui è sorta l’obbligazione; l’obbligazione di
pagare una somma di danaro va adempiuta al domicilio del creditore,
mentre in tutti gli altri casi l’obbligazione va adempiuta al domicilio del
debitore;
c) tempo dell’adempimento: se l’obbligazione è ad esecuzione continuata
o periodica (obbligazione di durata), occorre determinare il momento
iniziale e il momento finale della prestazione dovuta; se invece è ad
esecuzione istantanea, va determinato il giorno dell’adempimento.
Quando per l’adempimento risulti fissato un termine, esso è a favore del
debitore, poiché il creditore non può esigere la prestazione prema della
scadenza.
L’esatto adempimento.
Per contrastare i fenomeni del riciclaggio di danaro sporco e del
finanziamento del terrorismo, il legislatore ha vietato il trasferimento di
danaro contante, effettuato a qualsiasi titolo fra soggetti diversi, quando il
valore dell’operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o
superiore ad €1000.

Adempimento del terzo.


Se la prestazione è infungibile, il creditore può rifiutare la prestazione che
il debitore gli proponga di far eseguire da un suo sostituto (art.2232 c.c.).
Se invece, la prestazione è fungibile (es. pagamento di una somma di
danaro), il creditore non può rifiutare la prestazione che gli venga offerta
da un terzo (art.1180 c.c.), anche se viene compiuta a insaputa del
debitore o senza il suo consenso.

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Imputazione del pagamento.
Se una persona, che ha più debiti della stessa specie verso la stessa
persona, fa un pagamento che non comprenda la totalità dei debiti, è
importante stabilire quale tra i vari debiti viene estinto (art.1193 c.c.):
– in mancanza di dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al
debito scaduto;
– tra più debiti scaduti, a quello meno garantito;
– tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore;
– tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico.
Se tali criteri non soccorrono, l’imputazione va fatta proporzionalmente ai
vari debiti.
Il pagamento con surrogazione.
Il pagamento può anche dar luogo alla sostituzione del creditore con altra
persona (surrogazione). Anche la surrogazione, come la cessione, dà
luogo ad una successione nel lato attivo del rapporto obbligatorio ma con
la differenza che la surrogazione suppone che l’obbligazione sia
adempiuta.
La surrogazione può avvenire per:
– volontà del creditore che, ricevendo il pagamento da un terzo, può
dichiarare espressamente di volerlo far subentrare nei propri diritti verso
il debitore (art.1201 c.c.);
–volontà del debitore che, prendendo a mutuo una somma di danaro al
fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nella posizione del
creditore;
– volontà della legge (surrogazione legale) nei vari casi elencati
nell’art.1203 c.c..

La prestazione in luogo di adempimento.


Il creditore, avendo diritto all’esatta esecuzione della prestazione dovuta,
può rifiutare di accettare una prestazione diversa da quella dedotta in
obbligazione, anche se si tratti di prestazione avente valore eguale o
addirittura maggiore, oppure può accettarla (art.1197 c.c.). questo
accordo non va confuso con la novazione.

Imputazione del pagamento.


A volte per la realizzazione dell’adempimento è necessaria la cooperazione
del creditore. La figura della mora del creditore ha luogo quando il
creditore, senza legittimo motivo, rifiuta di ricevere il pagamento
offertogli dal debitore (art.1206 c.c.). Perché si abbia mora credendi, è
necessario che il debitore faccia al creditore offerta della prestazione, che
può essere:
a) solenne, se compiuta da un pubblico ufficiale (art.1208 c.c.);
b) secondo gli usi (art.1214 c.c.).
L’offerta non formale (es. mediante lettera, vale ad escludere la mora
debendi, ma non produce gli effetti della mora credendi (risarcimento del
danno, art.1220 c.c.).

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B) I MODI DIVERSI DALL’ADEMPIMENTO
La compensazione.
Quando tra due persone intercorrono rapporti obbligatori reciproci, questi
ultimi possono estinguersi, in modo parziale o totale, senza bisogno di
provvedere ai rispettivi adempimenti, mediante compensazione tra i
rispettivi crediti. La legge prevede la:
1) Compensazione legale, la quale richiede (art.1243 c.c.):
a) omogeneità delle prestazioni dovute;
b) liquidità di entrambi i crediti;
c) esigibilità dei crediti stessi.
Perché la compensazione legale operi, è necessario che la parte contesti
in giudizio: il giudice non può rilevarla d’ufficio (art.1242 c.c.).
Tuttavia, i debiti si estinguono non dal giorno della sentenza e per effetto
di questa, ma dal momento della loro coesistenza, automaticamente, per
effetto della legge;
2) Compensazione giudiziale, il giudice può dichiarare l’estinzione dei
due debiti fino alla quantità corrispondente, a condizione che il credito
opposto in compensazione sia di facile e pronta compensazione
(art.1243.2 c.c.);
3) Compensazione volontaria, si ha quando le parti rinunciano
scambievolmente, in tutto o in parte, ai rispettivi crediti, (art.1252 c.c.);
4) Compensazione facoltativa, che ha luogo quando la parte rinuncia
ad opporsi ad un ostacolo che si frapporrebbe alla compensazione legale:
consente, per es., che si operi la compensazione, nonostante che il credito
non sia scaduto.
Alcuni crediti, per la loro causa esigono che la prestazione sia in ogni caso
eseguita: perciò, non possono formare oggetto di compensazione.
Essi sono indicati nell’art.1246 c.c., il più importante tra essi è il credito
degli alimenti.
La confusione.
Qualora creditore e debitore siano la stessa persona, l’obbligazione si
estingue (art.1253 c.c.): ciò può accadere, per esempio, perché il
creditore diventa erede del debitore o viceversa.
La novazione.
La novazione è un contratto con il quale i soggetti di un rapporto
obbligatorio sostituiscono un nuovo rapporto a quello originario.
Si dice soggettiva se la sostituzione riguarda il debitore.
Si dice oggettiva se viene modificato l’oggetto o il titolo.
Gli elementi che caratterizzano la novazione oggettiva sono due:
– uno oggettivo, consistente nella modificazione dell’oggetto o del titolo;
– uno soggettivo, la volontà di estinguere l’obbligazione precedente, che
può risultare, come ogni dichiarazione di volontà, anche tacitamente.
Se l’obbligazione originaria era inesistente o nulla, la novazione manca di
causa e, perciò, è senza effetto (art.1234.1 c.c.).

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Può, invece, novarsi un’obbligazione dipendente da titolo annullabile, se il
debitore conosceva il vizio che produceva l’annullabilità (art.1234.2 c.c.).
La remissione.
La remissione è la rinunzia del credito. Essa consiste in un negozio
unilaterale recettizio, che produce effetto quando la dichiarazione è
comunicata al debitore, il quale, peraltro, può dichiarare di non volerne
profittare (art.1236 c.c.). La remissione estingue oggettivamente il
debito.
L’impossibilità sopravvenuta.
L’impossibilità originaria della prestazione impedisce il sorgere
dell’obbligazione; l’impossibilità sopravvenuta, se non è causata dal
debitore, ne determina l’estinzione, liberando il debitore (art.1256.1 c.c.).
l’impossibilità è una situazione impeditiva del’adempimento non
prevedibile e non superabile con lo sforzo richiesto al debitore.

Capitolo 21: L’INADEMPIMENTO E LA MORA


L’inadempimento.
Il debitore deve eseguire esattamente la prestazione dovuta; se non lo fa
entro il termine fissato incorre nell’inadempimento.
L’inadempimento può essere:
– totale, se la prestazione è mancata interamente;
– parziale, se la prestazione viene effettuata, ma non correttamente
(adempimento inesatto);
– assoluto, se non può essere effettuato in futuro, quindi è definitivo;
– relativo, se la prestazione non è eseguita, ma potrebbe esserlo in
futuro.
La responsabilità contrattuale.
Secondo l’art. 1218 c.c. il debitore che non esegue esattamente la
prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno.
Secondo l’art. 1256 c.c. se l’inadempimento non è imputabile al debitore,
l’obbligazione si estingue e il debitore non è più tenuto ad adempiere. In
caso contrario si parla di responsabilità contrattuale.
La responsabilità contrattuale varia a seconda del tipo di obbligazione; in
molti casi si parla di responsabilità per colpa, cioè quando il debitore non
ha usato la diligenza, la prudenza e la perizia necessarie. Inoltre il
debitore può rispondere dei danni anche se non gli può essere imputata
nessuna colpa e quindi si parla di responsabilità oggettiva.
Per le obbligazioni di consegnare cose generiche, si ritiene che il debitore
anche non in colpa risponda dei rischi inerenti alla prestazione, dato che
rimane sempre possibile reperire gli oggetti “genus numquam perit”.
Dal punto di vista processuale, il creditore che agisce in giudizio per il
risarcimento del danno, deve fornire la prova del suo credito, limitandosi
ad allegarne l’inadempimento della controparte, ma senza provarlo. Il
debitore dovrà invece fornire la prova di aver esattamente eseguito la

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prestazione. In ogni caso il debitore deve fornire la prova di una causa di
giustificazione, per essere esonerato dalla responsabilità contrattuale.
Il danno risarcibile.
Il danno di cui si può chiedere il risarcimento varia a seconda che si tratti
di inadempimento assoluto o relativo; nel primo caso il risarcimento va a
sostituire la prestazione originaria; nel secondo caso invece si aggiunge
alla prestazione dovuta che si deve comunque adempiere.
Secondo l’art. 1223 c.c. il risarcimento del danno deve comprendere la
perdita subita dal creditore (danno emergente) e il mancato guadagno
(lucro cessante). Però il danno è risarcibile solo se è conseguenza diretta
e immediata dell’inadempimento.
Secondo l’art. 1225 c.c. se l’inadempimento o il ritardo dipendono da
colpa del debitore e non da dolo, quindi non sono dovuti ad una scelta del
debitore, ma alla sua negligenza, il risarcimento si ha in base alla
prevedibilità del danno nel tempo in cui è sorta l’obbligazione. Per
ottenere la liquidazione del danno, cioè calcolare l’importo del danno,
bisogna accertare tutti gli elementi.
Se il creditore offre prove sufficienti di aver subito il danno, senza riuscire
a calcolare l’ammontare preciso, il giudice può provvedere a stabilire la
liquidazione con una valutazione equitativa (art. 1226 c.c.). riguardo alle
obbligazioni pecuniarie, secondo l’art. 1224 c.c. non è necessario provare
il danno, poiché dal giorno della mora, il debitore è tenuto
automaticamente a pagare.
La liquidazione del danno dev’essere diminuita se, a determinare il danno,
ha concorso anche il fatto colposo del creditore.
La mora del debitore.
Il ritardo o inadempimento relativo è differente dalla mora del debitore.
Quest’ultima sussiste se ci sono 3 presupposti:
1) il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione;
2) l’imputabilità del ritardo al debitore;
3) l’intimazione per iscritto d’adempiere anche se tardivamente dal
creditore al debitore.
Secondo l’art. 1219 c.c. non è necessaria la costituzione in mora se:
a) l’obbligazione deriva da fatto illecito;
b) il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere;
c) l’obbligazione è a termine e la prestazione va eseguita al domicilio del
creditore;
d) l’obbligazione pecuniaria nasce, a titolo di corrispettivo, da una
transazione commerciale.
Effetti del ritardo debendi e mora debendi.
Gli effetti della mora debendi sono:
a) l’obbligo di pagare gli interessi moratori sulle somme dovute;
b) la perpetuatio obligationis, cioè il passaggio del rischio.
Se il debitore non è in mora, se la prestazione diventa impossibile per
cause estranee al debitore, l’obbligazione si estingue. Se il debitore è in
mora, il rischio passa a suo carico.

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Differenza tra mora debendi e credendi.
La mora del creditore si verifica con un ritardo nell’esecuzione della
prestazione, che dipende però dal creditore e non dal debitore (1207c.c.).
La mora credendi però non estingue l’obbligazione e non elimina o
attenua la responsabilità del debitore.
Capitolo 22: LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEL
DEBITORE
Nozione.
La responsabilità patrimoniale del debitore poggia sulla previsione
dell’articolo 2740 c.c., a tenore del quale il debitore risponde delle sue
obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri: il suo patrimonio è
dunque in soggezione rispetto al diritto del creditore di soddisfare i suoi
crediti a mezzo dell’esecuzione forzata.
Il diritto del creditore sul patrimonio del debitore è un diritto potestativo
espropriativo.
Il patrimonio del debitore è allora posto dalla legge a garanzia dei crediti:
si parla così di garanzia patrimoniale o di garanzia generica.
Concorso di creditori e cause di prelazione.
Se vi sono più creditori, tutti hanno uguale diritto di soddisfarsi con il
ricavato della vendita dei beni del debitore (art.2741 c.c.).
Le cause legittime di prelazione, cioè le cause per cui la legge assicura la
preferenza sono i privilegi, il pegno e l’ipoteca. Se la cosa soggetta a
pegno, ipoteca o a privilegio perisce o è deteriorata, il creditore perde la
possibilità di esercitare il diritto di prelazione. Tuttavia, se il debitore si
era assicurato contro i danni, si verifica la c.d. surrogazione reale, per cui
l’assicurazione non paga l’assicurato, ma i creditori privilegiati, pignoratizi
o ipotecari.
Il privilegio.
Il privilegio è la prelazione o preferenza che la legge accorda al creditore
considerando la causa del credito (art.2745 c.c.).
Tra i crediti privilegiati l’ordine di preferenza è stabilito dalla legge. Il
privilegio è generale (su tutti i beni mobili del debitore) o speciale (su
determinati beni mobili e immobili) (art.2746 c.c.).
Il privilegio generale non attribuisce il diritto di sequela; il privilegio
speciale costituisce un diritto reale di garanzia.
In alcuni casi l’esistenza del privilegio è fatta dipendere dalla condizione
che la cosa si trovi in un determinato luogo (art.2757 c.c.).
Il pegno è preferito al privilegio speciale sui mobili, il privilegio speciale
sugli immobili è preferito all’ipoteca (art.2748 c.c.).

Capitolo 23: I DIRITTI DI GARANZIA (PEGNO E


IPOTECA)

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A) CARATTERI GENERALI E COMUNI
Nozione.
Il diritto reale di garanzia (o garanzia reale) è un diritto reale limitato su
cosa altrui, con la funzione di vincolare un dato bene a garanzia di un
dato credito. Nell'ordinamento giuridico italiano, le garanzie reali sono:
– il pegno; – l'ipoteca.
La differenza tra pegno e ipoteca, da un lato, e privilegio speciale,
dall’altro, consiste in questo: i privilegi sono stabiliti dalla legge per la
causa del credito e il credito se è privilegiato lo è dalla nascita; il pegno e
l’ipoteca hanno bisogno di un proprio titolo costitutivo.
Il pegno e l’ipoteca attribuiscono al creditore:
a) il ius distrahendi, cioè la facoltà di espropriare la cosa, se il debitore
non paga;
b) il ius prelationis, cioè la preferenza rispetto agli altri creditori nella
distribuzione del ricavato della vendita forzata del bene oggetto della
garanzia;
c) il diritto di sequela, cioè il diritto di sottoporre il bene a esecuzione
forzata, anche se divenuto di proprietà di terzi.
Differenze tra pegno e ipoteca.
Vi sono due differenze:
1) il pegno ha per oggetto beni mobili, mentre l’ipoteca ha per oggetto
beni immobili o diritti reali immobiliari(usufrutto, superficie e enfiteusi) e i
beni mobili registrati e le rendite dello Stato (art.2810);
2) nel pegno il possesso della cosa passa al creditore, nell’ipoteca esso
rimane al debitore, poiché il diritto di garanzia si costituisce con
l’iscrizione nei registri pubblici.
Il patto commissorio.
Esso è l’accordo con il quale si conviene che, in mancanza del pagamento
di un debito nel termine fissato, la proprietà della cosa posta a garanzia
dell’adempimento passi al creditore.

B) IL PEGNO (27842800 c.c.)


Nozione.
Il pegno è un diritto reale su beni mobili del debitore o di un terzo, che il
creditore può acquistare mediante un accordo con il proprietario, a
garanzia del suo credito (art.2784 c.c.).
Oltre ai beni mobili possono essere concessi in pegno crediti, universalità
di mobili e diritti reali mobiliari, come l’usufrutto. È invece vietato il
suppegno, ossia il pegno che abbia per oggetto un altro diritto di pegno,
poiché il creditore non può né disporre né usare la cosa (art.2792 c.c.).
Il diritto di prelazione del creditore pignoratizio consiste nel diritto di
pretendere che il debitore provveda al pagamento in suo favore prima di
quelli dovuti ad altri creditori; anche se, nel frattempo, la cosa sia stata
trasferita in proprietà di terzi (c.d. diritto di sequela), purché la cosa sia
rimasta in suo possesso (art.2787 c.c.).

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Pegno irregolare.
Si parla di pegno irregolare (cauzione) quando la cosa data in pegno è
una somma di denaro o altre quantità di cose fungibili non individuate o
delle quali è stata conferita al creditore la facoltà di disporre. Le cose date
in pegno passano in proprietà al creditore, che dovrà restituirle al
momento dell'adempimento. In caso di inadempimento dovrà restituire la
parte di esse che ecceda l'ammontare dei crediti garantiti.
Costituzione del pegno.
Un diritto di pegno può essere costituito, mediante un accordo
contrattuale, a favore del creditore dal debitore o anche da un terzo. La
costituzione del pegno potrebbe avvenire, se si guarda solo agli effetti
inter partes, perfino con un accordo soltanto verbale. È indispensabile che
il pegno sia opponibile ai terzi, ma a questo fine è necessario:
a) che il contratto costitutivo del pegno risulti da atto scritto;
b) che la scrittura abbia data certa;
c) che nella scrittura risultino indicati il credito garantito, il suo
ammontare, e il bene dato in pegno.
Infine per la costituzione del pegno occorre lo spossessamento del
debitore (o del terzo costituente) nel senso che la cosa oggetto del pegno
deve essere consegnata al creditore, o ad un terzo di comune fiducia; può
anche essere mantenuta in custodia di entrambe le parti, ma né il
creditore né il debitore devono poterne disporre (art.2786 c.c.).
Per il pegno di un credito occorrono ai fini della prelazione l’atto scritto e
la notifica della costituzione al debitore o l’accettazione da parte si
quest’ultimo con un atto di data certa (art.2800 c.c.).
Effetti del pegno.
Gli effetti che la costituzione del pegno produce sono:
a) il creditore, se la cosa data in pegno non è affidata alla custodia di un
terzo, ha diritto di trattenerla, ma ha l’obbligo di custodirla (art.2790.1).
Se perde il possesso, può esercitare l’azione di spoglio (art.1168 c.c.) e
anche l’azione petitoria di rivendicazione;
b) il pegno non può attribuire poteri che vanno al di là della funzione di
garanzia: perciò il creditore non può usare o disporre della cosa (art.2792
c.c.): se viola questo divieto, il costituente può ottenere il sequestro della
cosa stessa (art.2793 c.c.);
c) infine, il creditore, per il conseguimento di quanto gli è dovuto, può
chiedere che il bene sia venduto ai pubblici incanti, previa intimazione al
debitore (artt.2796-2797 c.c.), e può anche domandare al giudice che la
cosa gli venga assegnata in pagamento, fino alla concorrenza del debito,
secondo la stima del bene stesso (art.2798 c.c.).
C) L’IPOTECA (2808 c.c.)
Nozione.
L’ipoteca è un diritto reale di garanzia, che attribuisce al creditore il
potere di espropriare il bene sul quale l’ipoteca è costituita e di essere
soddisfatto con preferenza (art.2808 c.c.).
L’ipoteca presenta, in comune con il pegno, i seguenti ulteriori requisiti:
a) specialità, riguarda solo beni determinati; non sono ammesse ipoteche

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generali, inoltre è necessario determinare la somma per cui è concessa
ipoteca;
b) indivisibilità: l’ipoteca sussiste per intero sopra tutti i beni vincolanti, il
che significa che, se a garanzia di un solo credito sono ipotecati più beni,
il creditore può a sua scelta fare espropriare uno qualsiasi di essi e
soddisfarvi l’intero credito.
Non esistono ipoteche occulte; l’ipoteca è basata sulla pubblicità,
chiunque deve essere in grado di conoscere se un bene è o no ipotecato
Oggetto dell’ipoteca (2810-2811 c.c.).
Oggetto d’ipoteca possono essere gli immobili con le loro pertinenze, i
mobili registrati e le rendite dello Stato (art.2810.2 c.c.) e i diritti reali di
godimento su beni immobili escluse le servitù (art.2810 c.c.).
Poiché la cosa accessoria segue il destino della cosa principale, l’ipoteca si
estende ai miglioramenti, alle costruzioni e alle altre accessioni
dell’immobile ipotecato (art.2811 c.c.).
Tipi di ipoteca.
L’ipoteca può essere iscritta in forza di una norma di legge (ipoteca
legale), in forza di una sentenza (ipoteca giudiziale) o in forza di un atto
di volontà del debitore (ipoteca volontaria) o di un terzo, che la costituisce
a garanzia del debito altrui (terzo datore d’ipoteca).
Ipoteca legale (2817 c.c.).
L’ipoteca legale spetta:
1) all’alienante sopra gli immobili alienati, per l’adempimento degli
obblighi derivanti a carico dell’acquirente dall’atto di alienazione (ipoteca
dell’alienante);
2) ai coeredi, ai soci e agli altri condividenti per il pagamento dei
conguagli (ipoteca del condividente).
Questi due tipi di ipoteche presentano due caratteristiche:
a) sono iscritte d’ufficio dal conservatore dei registri immobiliari (art.2834
c.c.);
b) per meglio garantire l’alienante e il condividente, queste due ipoteche
prevalgono sulle trascrizioni o iscrizioni già eseguite contro di essi.
Ipoteca giudiziale (2818 c.c.).
Il creditore, presentando al Conservatore dei registri immobiliari copia
autentica della sentenza, ha diritto di ottenere l’iscrizione dell’ipoteca su
un qualsiasi bene immobile appartenente al debitore, senza bisogno che
risulti il consenso di quest’ultimo ed anzi anche ove questi si opponga.
Ipoteca volontaria (2826 c.c.).
L’ipoteca volontaria può essere iscritta in base a contratto o anche a
dichiarazione unilaterale del concedente, ma non per testamento.
Pubblicità ipotecaria (2853 c.c.).
La pubblicità ha natura ipotecaria per l’ipoteca. L’ordine di preferenza tra
le varie ipoteche è determinato dalla data di iscrizione. Ogni iscrizione
riceve un numero d’ordine che determina il grado dell’ipoteca (art.2853
c.c.). se due persone si presentino contemporaneamente a chiedere

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l’iscrizione contro la stessa persona e sullo stesso immobile, le iscrizioni
vengono eseguite sotto lo stesso numero e i creditori concorrono in
proporzione dell’importo dei rispettivi crediti.
Si attua tramite:
a) iscrizione (artt. 2827-2842 e 2844-2846 c.c.), ossia l’atto con il quale
l’ipoteca prende vita. L’iscrizione dell’ipoteca a garanzia di un determinato
credito fa collocare nello stesso grado, oltre il credito principale, i seguenti
crediti accessori:
1) le spese dell’atto di costituzione d’ipoteca, quelle di iscrizione e
rinnovazione;
2) le spese ordinarie occorrenti per l’intervento nel processo di
esecuzione;
3) gli interessi, purchè ne sia enunciata la misura.
b) annotazione (art. 2843 c.c.), che serve a rendere pubblico il
trasferimento dell’ipoteca a favore di altra persona (es. per cessione del
credito) o il vincolo che riguarda l’ipoteca.
c) Rinnovazione (artt. 2847-2857 c.c.), che serve ad evitare che si
verifichi l’estinzione dell’iscrizione in quanto l’iscrizione dell’ipoteca
conserva il suo effetto per 20 anni dalla sua data.
d) Cancellazione (artt. 2882-2888 c.c.), che estingue l’ipoteca e vi si
ricorre, di regola, quando il credito è estinto o quanto il creditore rinunzia
all’ipoteca; essa può essere consentita dal creditore.
Il terzo acquirente del bene ipotecato
L’ipoteca ha efficacia anche nei confronti di chi acquista l’immobile, ma il
terzo non è obbligato con i suoi beni verso i creditori, ma può essere
soggetto all’espropriazione del bene. Perciò la legge, senza sacrificare i
diritti del creditore, gli consente di evitare l’espropriazione esercitando a
sua scelta una delle seguenti facoltà:
a) pagare i crediti per cui il suo bene è ipotecato (art.2858 c.c.);
b) rilasciare i beni ipotecati (art.2861 c.c.);
c) liberare l’immobile dalle ipoteche mediante uno speciale procedimento
di purgazione delle ipoteche (art. 2889-2890 c.c.).
Il terzo datore d’ipoteca
Il terzo datore non ha il beneficium excussionis, cioè non può dire al
creditore di fare espropriare prima i beni del debitore e poi quello
ipotecato (art.2878 c.c.).
Se paga i crediti iscritti o subisce l’espropriazione, può rivolgersi contro il
debitore per farsi rimborsare (diritto di regresso: art.2871 c.c.).
Estinzione dell’ipoteca
L'ipoteca si estingue con la sua cancellazione dal registro.
Anche per la cancellazione occorre un titolo (art. 2878 c.c.):
– l'estinzione dell'obbligazione garantita;
– la rinuncia espressa e redatta per iscritto del creditore all'ipoteca;
– la vendita forzata della cosa ipotecata;

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– il perimento della cosa;
– lo spirare del termine ventennale senza rinnovazione.
Il conservatore dei registri non può procedere d'ufficio alla cancellazione.

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