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LOCATIO CONDUCTIO = si intese il CONTRATTO BILATERALE CONSENSUALE IURIS

GENTIUM, dunque accessibile ai peregrini, mediante il quale:


- Uno dei contraenti si impegnava a mettere a disposizione dell’altro una cosa- mobile
o immobile- per una data finalità
- Colui il quale traeva un utile dal contratto, si impegnava a pagare alla controparte un
corrispettivo, la merces, determinandone l’ammontare al momento della conclusione
de contratto

La locazio-conductio consentiva:
- Di assumere un impegno x il futuro, senza dovere effettuare una datio immediata
- Di concludere questi accordi anche tra cittadini romani e stranieri, o tra stranieri in
roma.

L’editto del pretore tutelava come locationes conductiones un certo numero di rapporti
giuridici accomunati dai seguenti tratti distintivi:
a) La bilateralità del contratto da cui questi scaturivano
b) L’obbligazione a mettere a disposizione una cosa o la propria persona x una data
finalità
c) Lo’obbligazione al pagamento di una merces, come corrispettivo dell’utile tratto dal
rapporto
d) L’individuazione del locatore nel contraente che metteva a disposizione una cosa e
del conduttore nel contraente che impiegava la cosa o che usufruiva delle
prestazioni lavorative messe a disposizione dall’altro

Ai numerosi rapporti riconducibili allo schema della locatio-conductio, il pretore offriva


sempre la medesima tutela:
-actio locati: azione di locazione, esperibile dal locatore al conduttore
-actio conducti: azione di conduzione, esperibile dal conduttore contro locatore
Entrambe le azioni erano caratterizzate da Iudicium bonae fidei.

Elementi essenziali per l’esistenza di un contratto di locatio-coductio erano:


1) Il consenso delle parti
2) La cosa da allocare
3) La fissazione di un termine, o l’accordo circa una locazione perpetua
4) Il pagamento di una merces che doveva essere ben determinata dal momento della
conventio.

Le fattispecie astratte ricondotte allo schema locativo furono essenzialmente 3:


1)LOCATIO CONDUCTIO REI: consisteva in un contratto consensuale, dal quale
nascevano:
- l’obbligo x il locatore di mettere a disposizione del conduttore una, affinchè quest’ultimo
la detenesse, godendone per un certo periodo di tempo.
- l’obbligo a carico del conduttore di pagare il canone di locazione (merces), finchè facesse
uso della cosa, e di restituirla al locatore alla scadenza del termine fissato, semore che non s
fosse concordata una locazione a tempo indeterminato.

Oggetto della locazione una cosa inconsumabile, mobile o immobile


Sul locatore gravava l’obbligo di procurare la detenzione della cosa e di lasciarla godere al
conduttore per tuta la durata del rapporto.
L’uso e il godimento che al conduttore erano consentiti in ordine alla cosa erano quelli
precisati nel contratto o altrimenti rapportati alla sua naturale e normale destinazione.
Il conduttore rispondeva del deterioramento o perimento della res, se usata in modo
difforme rispetto alla destinazione naturale o concordata. Egli rispondeva di eventuali furti
ma non per la distruzione della res per forza maggiore o caso fortuito.
Al conduttore era consentito dare il fondo o l’abitazione locati in sub locazione, salvo
diversamente previsto.

FINE DELLA LOCAZIONE Con la fine della locazione il conduttore doveva restituire la cosa
al locatore. La restituzione costituiva una delle obbligazioni del conduttore (l’altra
obbligazione era il pagamento della merces fino alla cessazione della locazione).
Per individuare il momento in cui il conduttore incorreva nella violazione dell’obbligo di
restituire la cosa, era necessario determinare con precisione la fine della locazione.

Qualora le parti avessero stabilito un termine del contratto la locazione cessava o x la


scadenza del termine, o per iniziativa unilaterale [il diritto di recesso era consentito sia al
conduttore se la cosa non consentiva più il godimento per cui era stata locata, sia
nell’ipotesi che il conduttore non pagasse x 2 anni consecutivi.

Se viceversa le parti NON avevano contrattualmente previsto una scadenza del rapporto
la locazione poteva cessare nei tempi previsti dagli usi locali, o per disdetta esercitabile
dall’uno o dall’altro contraente.

La morte di uno dei contraenti non scioglieva di regola gli obblighi e i diritti reciprochi, che
si trasmettevano agli eredi.

Inizialmente in caso di mancata restituzione della cosa alla scadenza del rapporto di
locazione, il conduttore era ritenuto responsabile (soltanto) per inadempimento
contrattuale, potendo il locatore esercitare l’actio locati x riavere la res.
Successivamente, la mancata restituzione del fondo assunse carattere di ILLECITO PENALE.

Se invece dopo la scadenza il locatore tratteneva pacificamente presso di sé la cosa, si


verificava un rinnovo tacito del contratto di locazione.
In cambio dell’uso della cosa il CONDUTTORE doveva pagare la MERCES, che
generalmente consisteva in una somma di denaro congrua. Era ammesso anche un
corrispettivo di altro genere, purchè fosse possibile distinguere chiaramente la figura del
locator da quella del conductor.
Una disputa giurisprudenziale si sviluppò sull’affinità tra LOCATIO-REI e EMPTIO-VENDITIO

La somiglianza ravvisata tra i due contratti derivava soprattutto dal fatto che ad entrambi
era riconosciuta efficacia meramente obbligatoria.
I tratti distintivi stanno nel fatto che nell’emptio-venditio il potere di possedere liberamente
(l’habere licere) che il venditore doveva assicurare al compratore era un potere assoluto e
perpetuo; mentre nella locatio-conductio, il godimento della cosa da parte del conduttore
non implicava, per il locatore, la privazione definitiva del diritto di proprietà sul bene.

Disciplina della vendita della cosa locata: il principio secondo cui “la vendita scioglie la
locazione” non si applicava con assolutezza. Questo principio indica che colui il quale
acquistasse dal locatore una cosa locata poteva pretendere dal conduttore la consegna
della res anche prima della scadenza del termine del rapporto di locazione previsto dal
contratto. Al conduttore però era riconosciuto il diritto di esercitare l’actio conducti nei
confronti del locatore, per inadempimento contrattuale.
I giureconsulti consigliarono a chi volesse vendere una cosa già locata, di concordare con
l’acquirente il rispetto, da parte di quest’ultimo, del preesistente contratto di locazione;
questo patto però aveva effetto solo tra le parti, e qualora l’acquirente non lo avesse
onorato il conduttore non poteva fare altro.

Nell’odierno diritto italiano la locazione è invece opponibile al terzo acquirente.

2) LOCATIO OPERARUM: in ordirne di tempo è la seconda applicazione dello schema


locativo.
In questa applicazione dello schema locativo: IL LOCATORE ERA UN LAVORATORE DI
CONDIZIONE LIEBRA CHE DAVA IN LOCAZIONE I PROPRI SERVIGI AD UN CONDUTTORE
(datore di lavoro), RICAVANDONE UN CORRISPETTIVO.
Fu questo il primo specifico inquadramento giuridico del rapporto di lavoro subordinato,
destinato a mantenere i suoi tratti inalterati fino all’età moderna avanzata.

Il locatore (detto mercenario) era il prestatore d’opera, intenzionato ad effettuare, per


un dato periodo di tempo, un lavoro subordinato, sotto le direttive e secondo le esigenze
del conduttore.
Il conduttore era tenuto a pagare in cambio una merces.

Questo schema giuridico si poneva come una eccezione alla regola, costituita piuttosto
dallo sfruttamento degli schiavi. Con la locatio-operarum si faceva il primo passo verso una
nuova e diversa concezione del lavoro, quale attività economicamente valutabile in base
alla quantità e qualità delle prestazioni effettuate.

Dal contratto di Locatio conductio operarum nascevano le stesse azioni derivanti dalla
locatio rei:
il locatore poteva esperire l’ACTIO LOCATI nei confronti del conduttore (datore di lavoro),
il datore di lavoro aveva a disposizione l’ACTIO CONDUCTI per fare valere le proprie
pretese verso il prestatore di lavoro.

Quindi le 2 principali caratterisitche della locatio-operarum furono:


- La personalità delle prestazioni lavoratove cui si impegnava il locatore
- La subordinazione del lavoratore-locatore alle direttive del datore di lavoro-
conduttore.

Circa il preciso significato di “operae”, sussisteva una differenza tra


-l’OPUS= lavoro assegnato dal conduttore al mercenarius, indicazione dell’attivtà che
doveva portare a compimento (es. edificazione di un muro).
-le OPERAE= lavoro calcolato sul piano quantitativo e indipendentemente dal risultato
raggiunto (es. venti ore di lavoro).

LOCATIO OPERIS: IN BASE ALLA LOCATIO OPERIS IL LOCATORE DOVEVA PRESTARE UNA
RES di sua proprietà(UNA MATERIA PRIMA) AD UN LAVORATORE SPECIALIZZATO O AUN
IMPRENDITORE (CONDUTTORE) e il CONDUTTOR SI OBBLIGAVA A RAGGIUNGERE UN
DETERMINATO RISULTATO MEDIANTE LA PROPRIA ATTIVITA’ LAVORATIVA, LAVORANDO O
TRASFORMANDO LA RES, IN CAMBIO DI UN CORRISPETTIVO (merces), per poi RESTITUIRE
LA COSA AL LOCATORE o alla persona da questo indicata.

A carico del conduttore nasceva una obbligazione di risultato.


L’opus doveva essere eseguito entro il termine contrattualemte stabilito, altrimenti in caso
di mancata fissazione di un termine, si doveva concedere al conduttore il tempo
nonrmalmente necessario per l’effettuazione della attività commissoria.

Quindi il locatore era il commitente dell’opus


Il conduttore era l’artifex

Dal contratto nascevano due azioni:


1) L’actio locati (esperibile dal commitente-locatore)
2) L’actio conducti (esperibile dall’imprenditore-conduttore)

Si ricorreva alla c.d. locatio operis quando si consegnavano, per esempio agli scultori blocchi
di marmo da trasformare in statue.
Erano in qualche maniera riconducibili allo schema della locazione anche alcuni accordi su
prestazioni intellettuali o di livello artistico: (p.es.) un artista poteva assumere il ruolo di
conductor nel momento in cui si obbligava a decorare o affrescare le pareti di una stanza.

I confini tra locatio operarum e locatio operis.


L’esigenza di chiarimento circa la natura giuridica del rapporto di lavoro nasceva dalla lite in
relazione ai difetti che presentava l’opus una volta completato:
trattandosi di locatio operarumil lavoratore non avrebbe dovuto rispondere dei difetti del
manufatto, compiuto il quantitativo di lavoro concordato,
viceversa ne sarebbe stato responsabile se oggetto dell’obbligo assunto fosse stata la
realizzazione dell’opus a sua cura.
Nella fattispecie della locatio operis, il lavoratore avrebbe dovuto rispondere dei difetti
dell’opus realizzato nei confronti del committente. L’opus doveva infatti essere eseguito in
conformità con quanto stabilito nel contratto e ‘a regola d’arte’. L’opera, nella maggior
parte dei casi, era sottoposta ad adprobatio (approvazione). Questa poteva essere rimessa
al locatore (commitente) o a un terzo. Per le opere o attività di maggiore valore economico
era previsto un vero e proprio collaudo.

Atteneva alla materia della locazione anche il contratto di trasporto marittimo, relativo
all’affidamento a un capitano di un dato quantitativo di merci da trasportare mediante
navigazione marittima. Lo schema locativo rilevava in relazione all’ipotesi delle avarie
marittime: problematica sentita particolarmente dai Romani per la frequenza con cui si
manifestavano naufragi e sinistri marittimi.
Il principio dal quale muoveva la disciplina era che tutti, armatori e cacciatori, avessero un
interesse comune alla salvezza della nave e delle res da questa trasportate. Ciò detto, si
riteneva che i proprietari delle merci caricate sulle navi, il capitano (magister navi) e
l’armatore (exercitor navis) instaurassero tra di loro un regime di comunione, in ordine al
rischio di perdita delle merci. Era sulla base di tale communio che si regolava la
contribuzione dei danni. Ma, le azioni con cui ciascuno poteva fare valere le proprie pretese
nei confronti degli altri non erano le ‘azioni divisorie’, bensì l’actio locati e l’actio conducti.
Se, avendo paura di un naufragio, il magister navi avesse ordinato di gettare in mare parte
delle merci caricate per alleggerire la nave, sui proprietari delle merci che non erano stateb
gettate in mare gravava l’obbligo di risarcire i proprietari delle merci distrutte.
Il danno si divideva proporzionalmente tra tutti gli interessati.
Ad armatore e capitano era inoltre riconosciuto dal pretore uno ius ritentionis (diritto di
ritenzione) sulle merci salvate, fino a quando i proprietari di queste non avessero pagato la
somma di danaro corrispondente alla quota di danno posta a loro carico.

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