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-LA COMUNIONE
La comunione è qualunque forma di contitolarità relativa alla proprietà e agli altri diritti reali. Essa
è una situazione nella quale un unico e unitario diritto è nella titolarità di una pluralità di soggetti
ma nel momento in cui, due o più soggetti siano titolari di un medesimo bene per l’intero, questa
titolarità sarà pro quota. Nella comunione, l’oggetto del diritto non è la quota ma rimane il bene, il
contitolare non ha un diritto sulla quota, il contitolare non è titolare per intero ma relativamente a
una frazione del diritto unitario e la categoria che descrive tale frazione è la quota, che misura il
grado di partecipazione del singolo titolare a quell’unico diritto unitario e descrive la misura di
partecipazione del singolo contitolare al diritto e alla quota che si rapportano i vantaggi, poteri e
facoltà dunque, e l’ampiezza degli obblighi che gravano sul singolo comproprietario
-I POTERI DI GODIMENTO
L’art.1102 decreta che ciascun comproprietario può godere della cosa comune, purché:
- non ne alteri la destinazione economica, poiché tale destinazione è un atto di disposizione che
deve essere deliberato a maggioranza o all’unanimità a seconda dei casi;
- il godimento di un contitolare, non deve privare gli altri contitolari della possibilità di potere a
loro volta del bene in comunione
L’art.1103, disposizione della quota, decreta che il singolo contitolare può disporre
autonomamente soltanto della propria quota, può dunque cedere, trasferire, rinunziare o dare in
garanzia la propria quota, non può farlo in relazione all’intera quota.
Art. 1104: obblighi dei partecipanti, tutti i contitolari devono contribuire alle spese necessarie per
la conservazione del bene e per il godimento della cosa, e a tutte quelle spese deliberate dalla
maggioranza.
Art. 1105: amministrazione. Comma 1: tutti i contitolari hanno diritto di compartecipare agli atti di
ordinaria amministrazione. In tal caso le decisioni si assumano dalla maggioranza dei contitolari
che viene calcolata per quote (non per teste) è necessario il consenso della metà più 1 dei
contitolari commisurando tale maggioranza al valore della quota. Le delibere sono per valore della
quota di partecipazione, non è capitaria. Affinché la delibera sia valida tutti i contitolari devono
essere informati sull’oggetto di tali atti.
Art. 1106: con la stessa maggioranza calcolata nell’art. 1105, i contitolari possono formare un
regolamento, una serie di regole che disciplinano il godimento ecc...
Art. 1108. Per gli atti che cedono l’ordinaria amministrazione, l’art.1108 stabilisce una
maggioranza più ampia che varia a seconda della tipologia di atto eccedente l’ordinaria
amministrazione; infatti, è necessaria che la delibera sia adottata con il voto favorevole di 2/3 delle
quote e con questa maggioranza si possono approvare tutte le innovazioni dirette al
miglioramento della cosa
Art 1109. stabilisce la disciplina delle impugnazioni e delle liberazioni sia per atti di ordinaria
amministrazione (art 1005) sia per quelli eccedente l’ordinaria amministrazione (art1108)
Art. 1111: scioglimento della comunione, ciascun contitolare ha il potere di chiedere lo
scioglimento della comunione che comporta la divisione del bene. Di conseguenza si dovrà
vendere il bene, disporne la cessione, e il ricavato verrà diviso sulla base delle porzioni del bene.
Comma 2: È anche valido il patto con il quale i contitolari si impegnino a rimanere in comunione.
Tuttavia, questo patto non può avere durata superiore di 10 anni. E se viene previsto per una
durata oltre 10 anni, questo patto è soggetto a nullità parziale.
Art. 1112: lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che se
divise cesserebbero di servire all’uso per le quali sono state destinate. Norma che sta alla base
delle nuove forme delle manifestazioni di comunioni. Multiproprietà, fenomeno di diritto di
godimento del bene ripartito nel tempo, dunque bene goduto da più soggetti per unità di tempo:
chalet di montagna e tutti noi godiamo ciascuno di questo bene ognuno in una diversa settimana
dell’anno. La multiproprietà è una forma di comunione in cui il criterio di ripartizione non è la
quota bensì l’unità di tempo. Nella multiproprietà il potere di chiedere lo scioglimento è inibito
proprio dall’art. 1112: un bene che è stato pensato per la multiproprietà non può essere diviso
ottenere usi abitativi.
-> Qual è la differenza tra comunione ereditaria con quella ordinaria?
La comunione ereditaria è una situazione di continuità di diritti reali, di diritto di credito e di
obbligazioni, a differenza della comunione ordinaria. Il de cuius trasferisce all’erede i suoi debiti e i
suoi crediti. Ha un oggetto più ampio, non è una contitolarità di solo diritti reali e proprietà, ma è
una contitolarità anche diritti di credito e obbligazioni
Comunione coniugale: tra coniugi, contitolarità di diritti che si istaura come effetto di rapporto di
coniugio laddove non optino per la separazione dei beni. La comunione fra coniugi decreta che
tutti gli acquisti compiuti dopo la celebrazione, anche separatamente, cadono nella contitolarità di
entrambi. Vi è dunque un vincolo di solidarietà. La specialità consiste nel fatto che è una forma di
contitolarità nella piena disponibilità dei coniugi, non possono sciogliere tale comunione a piacere,
la comunione deve permanere fin tanto che sussiste il rapporto di coniugio, ed è finalizzata e
funzionalizzata ad appagare i bisogni della famiglia.
Il condominio è la forma di comunione speciale regolata dagli articoli 1117 e seguenti. Tratto di
specialità si tratta di una contitolarità che si acquista in quanto titolari di una unità abitativa nella
quale è stato suddiviso un palazzo. La contitolarità si acquista con la titolarità dell’unita abitativa,
cioè di un appartamento. Art 1117: se il danno riguarda un pilastro o una trave, si tratta di un bene
comune e dunque per i costi devono contribuire tutti i condomini. Esempio ringhiere e parapetti
dei balconi, sono di proprietà del titolare dell’unità abitativa. però le facciate sono in proprietà
comune. Quando i parapetti diventano facciata? Quando tali parapetti hanno valore ornamentale.
E i costi in tal caso vanno ripartiti a tutti in contitolari, in misura dei millesimi della propria unità
abitativa. La comunione in tal caso non può essere scelta proprio per gli stessi motivi dell’art.
1112. Pertinenze necessarie: scale, portone di ingressi ecc…
SURROGAZIONE
L’istituto della surrogazione è disciplinato dal legislatore dagli articoli da 1201 a 1205.
Dal punto di vista tecnico la surrogazione è una modifica dell’obbligazione sul versante attivo;
l’obbligazione muta dal lato attivo; ma questa particolare modificazione del lato attivo del rapporto
obbligatorio è sempre legata a fenomeni di adempimento o comunque sempre legata alla realizzazione
dell’interesse del creditore originari.
Esistono tre tipologie di surrogazione: per volontà del creditore, per volontà del debitore e legale.
Art.1201 - Surrogazione per volontà del creditore: se il creditore riceve la prestazione da un terzo
(Art.1180), è libero di surrogarlo affinché egli subentri (non gli sta cedendo il credito bensì lo sta facendo
subentrare) e lo sostituisca; il terzo, avrà quindi il credito che lui stesso ha soddisfatto, e potrà recuperare le
somme o i beni con le quali ha soddisfatto l’interesse del creditore. Le uniche 2 prescrizioni che l’Art. 1201
impone sono:
a) vi sarà un atto d surrogazione dove il creditore dichiara espressamente di surrogare il terzo nei porpri
diritti;
b) la surroga deve essere contemporanea al pagamento e questo avverrà di solito nel momento in cui lil
creditore rilascia la quietanza.
Art.1202 - Surrogazione per volontà del debitore: l’ipotesi è che il debitore deve prestare e per effettuare
la prestazione si procura i soldi o i beni necessari per prestare da un terzo (in genere la banca); se questo
finanziamento è erogato appositamente per soddisfare quel determinato credito, tecnicamente si chiama
mutuo di scopo, in tal caso il creditore soddisfatto dall’adempimento che il debitore ha effettuato grazie
alle risorse messe a disposizione dal finanziatore, deve subire che il debitore possa surrogare nel credito del
creditore il terzo finanziatore. Cioè nel caso in cui il debitore si procuri da un terzo le somme necessarie per
adempiere, quando si procura tali somme, purché si tratti di un mutuo di scopo, il debitore può surrogare il
terzo finanziatore nel diritto di credito che grazie alle somme che lui gli mette a disposizione il debitore sta
estinguendo. Esempio: tizio deve a caio 100, le somme per adempiere tizio le chiede a sempronio come
mutuo di scopo; nel momento in cui tizio ha la somma e adempie nei confronti di caio, surroga nel diritto
del creditore il terzo, e il creditore non si può opporre. Il vantaggio è che il finanziatore ha due canali per
recuperare le somme prestate a tizio, ovvero il contratto del finanziamento, in virtù del quale se non si
adempie il debitore può subire un’azione per inadempimento, e il credito originario, cioè quel credito per
soddisfare il quale sempronio ha erogato le somme di denaro. Il credito che il finanziatore sta realizzando
grazie alle somme finanziate è garantito, in quanto esso potrà avvalersi della garanzia; cioè se il credito che
sta realizzando è garantito da un pegno, ipoteca o fideiussione, con la surrogazione potrà recuperare le
somme prestate. L’Art.1202 prevede alcuni requisiti affinché questa fattispecie si realizzi:
- l’atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata.
- il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa (Art.2704 un atto ha data certa se: è un atto
pubblico; è una scrittura privata con sottoscrizione autenticata dal notaio; è una scrittura privata registrata
in pubblici registri; si è verificato un evento quale che esso sia che decreta la sicura anteriorità dell’atto).
- nella quietanza, il debitore deve menzionare la provenienza delle somme utilizzate per adempiere e il
creditore non può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione.
Se concorrono questi tre requisiti, il terzo finanziatore è surrogato, cioè subentra nel diritto di credito che
grazie al prestito erogato il debitore sta realizzando, avendo così un altro strumento per ottenere le somme
finanziate.
Art.1203 - Surrogazione legale: vi sono delle ipotesi in cui la surrogazione avviene per effetto di legge, e
sono:
1) la surrogazione avviene per effetto di legge, a vantaggio di chi, essendo creditore ancorché chirografario
(creditore privo di garanzia; il creditore garantito si chiama creditore privilegiato) paga un altro creditore
che ha diritto di esservi preferito in ragione di uno dei suoi privilegi, oppure di un pegno o un’ipoteca.
Esempio: il debitore che ha un debito nei confronti di due creditori A e B; debito di 50 nei confronti di A e
100 nei confronti di B. Il creditore A ha ipoteca sul bene del debitore, il creditore B è chirografario; se B
paga (soddisfa) il creditore A che è creditore privilegiato (ovvero creditore che ha una causa legittima di
prelazione), evita di correre il rischio di non trovare beni sufficienti nel patrimonio del debitore per il
soddisfacimento del suo diritto a ricevere la prestazione, e così facendo il creditore A è automaticamente
(per legge) surrogato nel suo diritto (nel diritto del creditore garantito). Quindi B si ritrova ad essere titolare
di un credito di 100+50 presidiato da una garanzia (ipoteca), e può richiedere l’estensione dell’ipoteca per
l’ammontare totale del credito vantato. Per il creditore B fare ciò è vantaggioso perché surrogandosi
(subentrando) nel diritto del creditore privilegiato ne acquisisce altresì le garanzie previste a tutela del
credito, credito che sennò sarebbe esposto ad un rischio d’insolvenza. Tutto ciò non avviene per volontà del
creditore né del debitore ma automaticamente per effetto di legge.
2) A vantaggio dell’acquirente di un immobile che, fino alla concorrenza del prezzo di acquisto paga uno o
più creditori a favore del quale il bene immobile è ipotecato. Quando un bene immobile è ipotecato, accade
che esso può circolare però circola gravato dall’ipoteca, cioè se il titolare proprietario cede il diritto, non lo
cede libero, bensì gravato dall’ipoteca. I beni ipotecati sono beni che vengono acquistati a un valore
inferiore rispetto a quello di mercato, perché chi acquista rischia di perdere il bene stesso, acquista un bene
gravato da ipoteca può liberarsi, pagando il creditore che è garantito da quel bene; estinguendo quel
credito può cancellare l’ipoteca sul proprio bene. Chi acquista un bene ipotecato, pagando il prezzo al
venditore, corre il rischio che esso non paghi il proprio creditore e non estingua il debito, e che di
conseguenza il creditore, che ha ipoteca sul bene acquistato, non attenda il pagamento del suo debitore e
aggredisca immediatamente l’immobile facendolo vendere all’asta. La legge stabilisce che quando un
soggetto vuole acquistare un bene ipotecato può, invece che pagare il prezzo al debitore, pagare il prezzo
nelle mani del creditore, a garanzia del cui diritto quel bene è stato ipotecato, sino alla concorrenza del
valore del prezzo. Pagando al creditore, l’acquirente è surrogato nel suo diritto per legge, e quindi
subentrato nel diritto di credito potrà andare dal conservatore dei registri immobiliari e chiedere la
cancellazione dell’ipoteca. Esempio: A offre in vendita a B un immobile di 1.000.000 euro ma gravato da
ipoteca di 400.000 euro. B non è disposto a pagare più di 600.000 euro perché il bene è ipotecato e si corre
un rischio; invece, di dare 600.000 ad A, può decidere di dargli solo 200.000, e pagare 400.000 (ammontare
del credito garantito dal bene che B sta acquistando) direttamente al creditore, in modo tale che la legge
faccia subentrare B nel diritto del creditore e gli faccia cancellare l’ipoteca; così facendo B diventa
proprietario di un bene completamente libero da ipoteca.
3) Si ha surrogazione legale a vantaggio di colui il quale è tenuto, con altri o per altri, al pagamento del
debito, nel caso in cui aveva interesse a soddisfarlo. Esempio: gli obbligati solidali; se io sono
amministratore insieme a tot. soggetti di un’associazione non riconosciuta, delle obbligazioni che
assumiamo in nome e per conto dell’associazione, risponderà il fondo comune dell’associazione ma anche il
nostro patrimonio. Se un terzo creditore dell’associazione agisce nei miei confronti, se io adempio per tutti
(è caratteristica dell’obbligazione solidale che l’obbligato solidale, se chiamato a adempiere paga l’intero
debito e poi chiede agli altri la quota di debito), poiché coobbligati pro-quota, pagando io il 100% al
creditore, vengo surrogato nel suo diritto e posso pretendere nei confronti dei coobbligati la restituzione
delle somme sborsate per adempiere, meno che la mia quota. Il vantaggio in tal caso si delinea nella
surrogazione nel diritto del creditore dell’associazione, o nel caso in cui il creditore fosse anche garantito,
tramite garanzia sul bene o tramite l’azione di regresso tipica delle obbligazioni solidali. Esistono anche gli
obbligati solidali nell’interesse esclusivo di un soggetto, ed è il caso del fideiussore. Per ottenere il
finanziamento si chiede ad un terzo che presti fideiussione (che si impegna a pagare la medesima somma
nel caso di mancato pagamento), in tal caso la banca può chiedere la restituzione del credito concesso o al
debitore principale finanziato o al garante. Immaginiamo che li chieda al garante che ha prestato
fideiussione e quest’ultimo paghi il debito; in tal caso dal debitore principale, il garante che ha pagato il
debito recupera la totalità delle somme perché il garante non è coobbligato con il debitore principale bensì
è obbligato nel suo interesse. L’Art.1203 ci vuole dire che sia nel caso di coobbligazione solidale, sia nel caso
di obbligati solidali nell’interesse esclusivo di un soggetto, se uno degli obbligati in solido paga l’intero, è
surrogato nel credito che sta soddisfacendo per recuperare la quota degli altri o l’intera somma nel caso si
sia obbligato in solido nell’interesse esclusivo dell’altro.
LA NOVAZIONE
La novazione oggettiva comporta l’estinzione dell’originaria obbligazione per via della creazione di un altro
rapporto obbligatorio, diverso da quello precedente. Si ha novazione quando un’obbligazione preesistente
viene sostituita da una nuova obbligazione. Per innovare devono essere integrate determinate condizioni:
1) l’obbligazione deve essere diversa da quella originaria, o per titolo o per oggetto;
2) ci vuole un accordo esplicito;
Esempio: il collega è tenuto a pagarmi 100 a titolo di finanziamento; l’obbligazione si nova se quella stessa
identica somma si impegna a pagarmela a titolo di corrispettivo di un bene. In questo caso pur essendo
identico l’oggetto dell’obbligazione, muta il titolo e quindi la stessa prestazione sarà dovuta ma per una
causa differente.
Se non si specifica nell’accordo con il creditore che la nuova obbligazione sostituisce la precedente, non si
ha novazione e il debitore di trova obbligato due volte.
Art.1232 – Privilegi, pegno e ipoteche: l’estinzione dell’obbligazione originaria determina anche l’estinzione
di eventuali garanzie, reali o personali; questo perché i diritti di garanzia sono sempre di natura accessoria,
e per regola generale l’accessorio segue la cosa principale. Tuttavia, l’Art.1232 consente a creditore e
debitore di conservare le garanzie, ma deve essere specificato nell’accordo novativo.
Art.1234 – Inefficacia della novazione: la novazione è inefficacie nel caso in cui l’obbligazione originaria
risulti inesistente. Nel caso in cui l’inesistenza dell’obbligazione originaria dipenda da un titolo annullabile,
la novazione è efficacie se il debitore, quando ha novato, era consapevole della causa di annullamento;
questo perché l’annullamento è una causa di nullità che è rimessa alla scelta del contraente che l’ha a
disposizione; se esso, consapevole di tale causa, decide di novare, è come se stesse rinunciando ad
annullarlo.
Art.1235 – Novazione soggettiva: la novazione è soggettiva quando muta la persona del debitore; il
mutamento della persona del debitore può avvenire per delegazione, espromissione ed accollo.
LA REMISSIONE
Artt.1236 e seguenti – Remissione del debito: è la rinuncia del creditore al proprio credito; il creditore,
come tutti i titolari del diritto soggettivo, vi può rinunziare. Tuttavia essendo il diritto di credito un diritto
relativo, non coinvolge soltanto il titolare, ma anche controparte;
l’Art.1236 stabilisce che la dichiarazione del creditore di rinunziare al proprio diritto estingue l’obbligazione,
salvo che il debitore dichiari di non volerne approfittare (in quel caso l’obbligazione non si estingue).
Art.1237: Quando il creditore restituisce il titolo originario del credito, questo viene considerato prova
dell’avvenuta remissione.
Art.1239: la remissione accordata al debitore principale, libera anche i fideiussori.
LA COMPENSAZIONE
La compensazione opera quando tra 2 soggetti coesistano ragioni di debito o credito reciproche aventi
fonte in rapporti giuridici diversi. È un modo di estinzione dell’obbligazione satisfattivo diverso
dall’adempimento, in quanto l’obbligazione si estingue, ma il creditore ha un risparmio in termini di spesa.
La compensazione è di 3 tipi: legale, giudiziale e volontaria
Art.1243 comma 1 - Compensazione legale: presuppone che vi siano due crediti reciproci (che si
contrappongono); il creditore vanta un debito nei confronti del suo debitore, ma allo stesso tempo il
debitore vanta un credito nei confronti del creditore. I due crediti contrapposti devono nascere da rapporti
diversi (fonti diverse) altrimenti si ha compensazione impropria (e non è compensazione). I due crediti
devono essere entrambi omogenei, liquidi, ed esigibili, come sancito dall’Art.1243 comma 1. I due crediti
sono omogenei quando hanno entrambi ad oggetto somme di danaro oppure cose fungibili, dello stesso
genere, della stessa specie; sono liquidi quando sono determinati nel loro preciso ammontare (facilmente
determinabile in base al titolo con un semplice calcolo aritmetico) ; sono esigibili quando il termine per
adempiere è scaduto o non è mai stato posto. Se concorrono questi tre requisiti, i due crediti contrapposti
si estinguono per le quantità corrispondenti (Art.1241). Esempio: se Tizio vanta un credito di 100 da Caio
suo debitore, ma lui vanta un credito di 30 nei confronti di Tizio, il credito di Tizio nei confronti di Caio si
riduce a 70. Vale a dire le due obbligazioni si estinguono per le quantità corrispondenti; se sono due crediti
identici (estinzione integrale), se un credito è maggiore e l’altro minore, il credito maggiore si riduce in
misura pari all’ammontare del credito contrapposto (estinzione parziale). La compensazione non opera
automaticamente (cioè non può essere rilevata d’ufficio dal giudice), ma deve essere eccepita dalla parte
interessata.
Art.1243 comma 2 - Compensazione giudiziale: è quella attuata e decisa, su richiesta delle parti, dal
giudice, in tal caso è necessario che i debiti siano omogenei ed esigibili, ma non è richiesta la liquidità. In
questo caso spetta al giudice valutare se sussiste il requisito di una pronta e facile liquidazione e, quindi
dichiarare la liquidazione per la parte del credito che riconosce esistente, o anche sospendere la condanna
per il controcredito liquido fino all’accertamento del credito non ancora liquido, ma di pronta e facile
liquidazione opposto in compensazione.
Art.1252 - Compensazione volontaria: si può verificare per volontà delle parti anche in mancanza delle
condizioni di omogeneità, liquidità ed esigibilità, fermo restando logicamente il requisito della reciprocità
dei crediti. Si tratta in questo caso di un vero e proprio contratto, stipulato da due soggetti reciprocamente
debitori e creditori. L’estinzione dei debiti reciproci si produce al momento in cui l’accordo è concluso.
Art.1246 – Casi in cui la compensazione non si verifica: non tutti i crediti posso essere portati in
compensazione:
- il credito per la restituzione delle cose di cui il proprietario sia stato ingiustamente spogliato; cioè il credito
di restituzione del bene che è stato illegittimamente sottratto al proprietario non può essere portato in
compensazione.
- il credito per la restituzione di cose che sono state date in pegno o in comodato: chi ha ricevuto un bene
da custodire non può servirsene per offrirlo in compensazione all’altra parte, perché è necessario dare
priorità al ripristino della proprietà.
- i crediti che non possono essere oggetto di pignoramento: es. il salario del lavoratore non è pignorabile o
cedibile, se non nella misura di 1/5; perché dal salario dipende il sostentamento e la dignità dell’individuo. -
rinunzia alla compensazione da parte del debitore. - divieti di compensazione previsti dalla legge (esempio:
non è compensabile il credito di natura alimentare).
Art.1247 – Compensazione opposta da terzi garanti: il fideiussore (garante personale), può opporre in
compensazione il debito che il creditore ha verso il proprio debitore. Se io sto garantendo il credito di tizio e
se il debitore di tizio ha un credito nei suoi confronti, nel caso in cui vengo chiamato ad adempiere, allora
posso portare in compensazione (mi posso opporre al creditore che esige la garanzia), lo stesso credito che
avrebbe potuto opporre al creditore garantito il debitore che io sto garantendo. Esempio: Tizio deve 100 a
Caio; Caio pretende una fideiussione, e la presta Sempronio. Il creditore chiede l’adempimento e
Sempronio, il quale è chiamato a pagare 100; dal momento che Tizio ha un credito di 20 nei confronti del
suo creditore, Sempronio, pur non essendo un suo diritto, lo può portare in compensazione in quanto sta
adempiendo un debito non è suo. In quanto garante, è quindi più che giustificato che porti in
compensazione quel credito che qualora la prestazione fosse stata richiesta a Tizio, esso avrebbe potuto
opporre al creditore.
LA CONFUSIONE
Artt.1253, 1254, 1255; la confusione si verifica quando il debitore diviene creditore di sé stesso, cioè
quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono nello stesso soggetto, e si perde la
plurisoggettività del rapporto. Si verifica soprattutto in materia di successione mortis causa (esempio: sono
debitore di una persona che muore e mi rende titolare dei suoi crediti: sono erede anche del diritto di
credito che egli vantava nei miei confronti, quindi l’obbligazione si estingue in maniera satisfattiva perché il
debitore è soddisfatto dal fatto che non deve più effettuare la prestazione).
Art.1254 – Confusione rispetto a terzi: la confusione non opera in danno dei terzi che hanno acquistato
diritti di usufrutto o di pegno sul credito. Ad esempio, il diritto di credito può, in quanto diritto relativo,
essere oggetto di usufrutto e di pegno, e la confusione non può operare perché vanificherebbe la garanzia
del terzo. Esempio: sono debitore di 50.000€ nei confronti di una persona, che a sua volta ha dato in pegno
il suo credito ad un terzo per soddisfare un diritto di credito del terzo nei suoi confronti; la persona di cui io
sono debitore muore e io divento creditore di me stesso perché mi ha trasferito mortis causa il suo diritto
di credito. La confusione non opera perché il terzo si ritroverebbe privo di garanzia
INADEMPIMENTO.
L’inadempimento si concretizza nella prospettiva esclusiva del risarcimento del danno. Se la prestazione
diventa impossibile per cause imputabili al debitore, l’obbligazione non si estingue ma non potrà essere
adempiuta nei termini originari, l’obbligazione sopravvive ma con un oggetto differente: alla prestazione
originaria si sostituisce l’obbligazione di risarcimento del danno, regolata all’Art. 1218, il quale recita che
“il debitore che non esegue esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento del danno, se non prova
che l’inadempimento è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile”. Dunque, l’Art.1218 collega all’inadempimento un solo effetto: il risarcimento del danno; ma
sappiamo che non è esattamente così perché c’è un altro grande rimedio che precede il risarcimento del
danno che è l’adempimento in natura. Individua inoltre una causa di esonero: il debitore si esenta dalla
responsabilità se dimostra che la sua prestazione è diventata impossibile per cause a lui non imputabili;
dunque, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione non imputabile al debitore, nel nostro ordinamento
svolge due effetti: estingue l’obbligazione originaria, ma estingue anche l’obbligazione tutta considerata
perché non fa sorgere neppure responsabilità. L’impossibilità imputabile, cioè l’impossibilità derivante da
causa imputabile al debitore, estingue la prestazione originaria. Il senso è che se l’impossibilità è
imputabile, il vincolo originario si estingue, ma l’obbligazione rimane in vita sotto forma di risarcimento del
danno. La possibilità è condizione dell’obbligazione intesa come obbligo di prestazione iniziale. Se questa
possibilità viene meno per cause imputabili al debitore, l’obbligazione non si estingue perché rimane in vita
come vincolo di responsabilità contrattuale. Se l’impossibilità, invece, si verifica per fatto non imputabile al
debitore, l’obbligazione si estingue tutta, sia come vincolo originario sia come vincolo di responsabilità.
L’Art.1218 dice che se il debitore prova che non ha adempiuto o ha adempiuto in ritardo a causa di un fatto
che ha reso la prestazione impossibile e che quel fatto non sia a lui imputabile, in capo a lui non sorge
l’effetto della responsabilità che è l’obbligazione di risarcimento del danno. L’impossibilità impedisce che il
creditore abbia ciò che ha diritto ad avere, però, se è imputabile, il vincolo dell’obbligazione rimane in piedi
sotto forma di obbligo di risarcimento del danno. Quindi l’obbligazione non si estingue ma si trasforma di
contenuto. L’inadempimento non è subito dannoso e non genera subito responsabilità. Noi in diritto civile
diciamo che c’è responsabilità ogni qual volta che c’è un danno che può essere rimosso. Danno e
responsabilità sono termini correlativi perché in diritto privato la responsabilità consiste in una serie di
meccanismi che hanno il compito di traslare il costo del danno. Quindi non c’è responsabilità se non c’è un
danno. Se c’è una lesione che non genera danni, là non può sorgere la responsabilità. La responsabilità sia
contrattuale che extracontrattuale consiste in due meccanismi volti a traslare il costo del danno da chi lo
subisce a chi lo ha prodotto o a colui al quale è imputabile. Dal momento che non sempre l’inadempimento
genera danno, non sempre l’inadempimento genera responsabilità e quindi risarcimento del danno.
INADEMPIMENTO ASSOLUTO: In termini molto generali possiamo dire che si ha inadempimento ogni
qualvolta è violata l’obbligazione. Questa violazione si potrebbe tradurre nella mancata prestazione, cioè il
debitore non ha effettuato la prestazione dovuta quando scade il termine per compierla. Cioè quando
diventa esigibile. Questo si chiama inadempimento assoluto.
ADEMPIMENTO INESATTO: L’inadempimento si ha anche quando la prestazione è effettuata, ma in
maniera inesatta. Ad esempio è una prestazione quantitativamente inferiore a quella dovuta
(adempimento parziale), oppure qualitativamente diversa da quella prevista. Alla prestazione inesatta
dobbiamo equiparare la prestazione esatta ma caratterizzata da scorrettezza, perché si ha adempimento
non solo in presenza di una prestazione esatta, ma di una prestazione esatta e corretta. Adempimento
inesatto si ha sia nell’ipotesi in cui la prestazione sia inesatta, sia nell’ipotesi in cui la prestazione sia esatta
ma il debitore abbia violato l’imperativo di buona fede.
IL RITARDO: Il ritardo è tecnicamente un adempimento inesatto. Il mancato rispetto del termine per
adempiere crea una situazione di incertezza perché non sappiamo se il mancato rispetto del termine sia
sintomo del fatto che il debitore non intenda prestare del tutto (inadempimento assoluto) oppure del fatto
che il debitore adempirà ma in ritardo (adempimento inesatto). Il legislatore mette a disposizione del
creditore uno strumento per vincere questa situazione di incertezza che è la mora del debitore o mora
debendi. Il creditore può dunque esercitare pressione psicologica sul debitore e dirgli “sbrigati se hai
intenzione di adempiere perché viceversa patirai delle conseguenze negative”, e la costituzione in mora del
debitore ha proprio questa ratio, cioè di dotare il creditore di uno strumento di coercizione indiretta per
indurre il debitore ritardatario ad adempiere, prospettandogli conseguenze particolarmente negative
qualora lui perduri nell’inadempimento. Queste conseguenze negative sono indicate nell’Art.1221, norma
che prevede che il debitore costituito in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della
prestazione derivante da causa a lui non imputabile, cioè il debitore perde la causa di esonero. L’effetto
della costituzione in mora del debitore è l’aggravamento del rischio in quanto neppure se la prestazione
diviene impossibile per cause non imputabili al debitore egli va esente dalla responsabilità! L’unico caso di
esonero per il debitore è la prova che se anche avesse effettuato la prestazione a tempo debito, essa
sarebbe perita anche nelle mani del creditore.