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SUCCESSIONE PER CAUSA DI MORTE

g. Comunione ereditaria e divisione ereditaria


La comunione ereditaria si ha quando più eredi succedono al medesimo de cuius:
presupposto è che ci siano più eredi titolari di una quota del patrimonio; sono
esclusi dalla comunione i legatari perché sono successori a titolo particolare nei
singoli diritti. Non tutte le situazioni giuridiche del de cuius possono far parte della
comunione ereditaria:
 i debiti sono divisi automaticamente fra gli eredi che sono quindi obbligati per
la loro pro quota ricevuta, salvo diversa disposizione del de cuius;
 i crediti sono ripartiti proporzionalmente fra gli eredi, salvo per i crediti
indivisibili, dove gli eredi diventano contitolari.
La comunione ereditaria è disciplinata con le norme della comunione ordinaria, con
alcune varianti: ogni coerede può cedere la propria quota, ma deve notificare la
proposta di alienazione e il prezzo agli altri coeredi, che hanno il diritto di
prelazione; tale diritto non sussiste quando il coerede aliena ad estranei i singoli
beni relitti. Se entro due mesi il titolare del diritto di prelazione non accetta la
proposta del coerede alienante, questi può alienare la sua quota al terzo, secondo le
sue condizioni. Se il coerede aliena a terzi senza rispettare la prelazione degli altri
coeredi, questi possono riscattare il bene dal terzo, che non può opporsi. Il diritto di
riscatto può essere esercitato nei confronti del primo acquirente della quota o nei
riguardi dei successivi aventi causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria. La
divisione è lo scioglimento della comunione: con essa ogni contitolare diviene
titolare esclusivo di determinate situazioni giuridiche soggettive; può essere:
- amichevole, se si raggiunge contrattualmente;
- giudiziale, quando manca il consenso di tutti i condividenti.
La divisione può essere chiesta da ciascuno dei coeredi in ogni momento; tuttavia, ci
sono deroghe:
 il testatore può imporre che la divisione si attui non prima che sia trascorso
un anno dalla maggiore età dell’ultimo nato, qualora gli eredi o alcuni di essi
siano minori di età.
 la legge può imporre l’indivisibilità come per i fondi rustici, al fine di evitare
che ne vengano diminuite le capacità produttive;
 l’autorità giudiziaria può sospendere la divisione per un periodo non
superiore ai cinque anni, qualora ne faccia richiesta uno dei coeredi o
l'immediata divisione possa arrecare un notevole pregiudizio al patrimonio
ereditario.
I contitolari, comunque, possono pattuire di rimanere in comunione per un tempo
non maggiore ai 10 anni (patto di indivisibilità); tuttavia questo patto può essere
sciolto dall’autorità giudiziaria nel caso di grave pregiudizio al patrimonio ereditario.
Nel caso uno o più coeredi siano nascituri, concepiti o no, la divisione può procedere
solo previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Quando i nascituri sono istituiti
con determinazione delle quote, l’autorità giudiziaria si limita ad autorizzare la
divisione assicurandosi che i nascituri non abbiano un diverso trattamento; quando i
nascituri sono istituiti senza determinazione delle quote, l’autorità giudiziaria può
escludere i nascituri dalla comunione e non solo dalla divisione. Affinché la divisione
sia valida, è necessario che essa sia attuata tra tutti i comunisti; se uno di questi ha
alienato la sua quota ad un terzo, solo questi ha il diritto di partecipare alla divisione
e non anche il coerede alienante. La divisione può avere ad oggetto sia tutti i beni
dell’eredità che una parte di questi: in quest’ultimo caso è chiamata divisione per
stralcio. Ciascun coerede può chiedere la propria quota in natura, cioè con una
certa quantità di beni ereditari, senza procedere alla liquidazione; tuttavia, questa
regola è derogabile. Se i coeredi che hanno diritto a più della metà dell’asse
concordano la vendita al fine di pagare i debiti e i pesi, si procede alla vendita
all'incanto dei beni mobili e quelli immobili. Se vi sono immobili non comodamente
divisibili, questi vengono compresi per intero nella quota di uno dei coeredi che ha
diritto alla quota maggiore; se nessuno è disposto a ciò si procede alla vendita
all’incanto degli immobili. Una volta fatta la liquidazione, i condividenti devono
procedere alla resa dei conti, accertando il ricavato dalle alienazioni e considerando
le spese sopravvenute per la liquidazione. Il valore dei beni è accertato con una
stima che agisce considerando il valore dei beni: solo dopo di essa si procede alla
formazione delle porzioni ai condividenti, che devono essere qualitativamente
omogenee tra loro. Ultima fase della divisione è l’assegnazione delle porzioni ai
condividenti:
- se le porzioni sono uguali si procede ad estrazione;
- se sono diverse si procede all’attribuzione.
La divisione può essere anche prevista dal testatore che dispone non solo delle
quote, ma può anche nominare un soggetto, purché non sia erede o legatario, che
faccia la stima dei beni. La divisione fatta dal testatore è vincolante per i coeredi che
vogliono attuarla, salvo nei casi di iniquità. Il testatore può dividere direttamente i
suoi beni fra gli eredi e l’effetto si produce al momento dell’apertura della
successione. È nulla la divisione fatta dal testatore che non riesce a formare la quota
per uno dei legittimari o degli eredi istituiti, nel caso non abbia lasciato beni a
sufficienza.

La collazione ereditaria è l’istituto per il quale i figli legittimi e naturali, i loro eredi e
il coniuge superstite che hanno ricevuto donazioni dal defunto devono riammetterle
nell’asse ereditario, salvo dispensa del de cuius. La funzione della collazione è quella
di realizzare un equilibrio e una parità di trattamento fra i coeredi. La collazione si
basa sul concetto secondo cui il de cuius, nel donare ad uno dei figli o al coniuge un
bene, abbia voluto anticipargli la porzione che gli sarebbe spettata alla sua morte,
sia nel caso di successione legittima che testamentaria. La collazione si differenzia
dall’azione di riduzione, perché questa può essere esperita da tutti i legittimari lesi o
pretermessi e mira a garantire la quota di riserva. La collazione invece può essere
esperita solo dai figli legittimi e naturali, dai loro eredi e dal coniuge superstite e al
solo scopo di assicurare la parità di trattamento fra i coeredi. La collazione si
differenzia dall’imputazione ex se, che serve per l’esercizio dell’azione di riduzione,
in quanto con essa il legittimario leso o pretermesso imputa le donazioni ricevute
dagli altri legittimari alle loro quote; quindi, le riduce. La collazione si differenzia
dalla riunione fittizia 556 perché in essa non c’è uno spostamento di beni. La
collazione opera mediante un prelegato che è anomalo, perché è a favore e a carico
di tutti i coeredi prima indicati, ed è ex lege, perché disposto dalla legge. La
collazione si costituisce con un’obbligazione e può farsi in due modi:
1. in natura, conferendo i beni ricevuti dal de cuius all’asse ereditario;
2. per imputazione, sottraendo dalla porzione il valore dei beni ricevuti in
donazione.
Beni immobili: la collazione opera sia in natura che per imputazione; per i beni
mobili, invece, solo per imputazione. Beni deteriorabili o consumabili: la collazione
opera sul valore o sul prezzo corrente del bene. Denaro: la collazione è effettuata
tenendo presente il valore nominale, ossia il valore riportato sul titolo. Ai soggetti
che rimettono le donazioni per collazione spetta un riconoscimento per le spese e i
miglioramenti. Oggetto sono tutte le donazioni dirette e indirette, salvo le donazioni
modiche fatte al coniuge, le spese di mantenimento e di educazione dei figli, le
spese di abbigliamento o per le nozze, le spese per l’istruzione artistica, ecc. La
collazione può essere anche imposta e prevista dal donante. Le donazioni, tuttavia,
possono essere anche liberate dalla collazione mediante la dispensa del donante –
testatore, che può essere espressa o desumibile da circostanze inequivocabili.

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