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SEZIONE TRENTOTTESIMA

COLLAZIONE E IMPUTAZIONE

349. CONCETTI GENERALI


La collazione è l’atto con il quale determinati soggetti, che hanno accettato l’eredità, conferiscono alla
massa ereditaria, le liberalità ricevute in vita dal defunto.

Art. 737 c.c.  “I figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e naturali ed il coniuge che concorrono
alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione,
direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati. La dispensa da collazione
non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.”

L’obbligazione di conferire le liberalità rientra tra le c.d. obbligazioni restitutorie e si attua attraverso il
conferimento che costituisce un atto di adempimento.

I presupposti per il sorgere dell’obbligazione collatizia sono:

1) Qualità di donatario del soggetto tenuto alla collazione;


2) Qualità di discendente o di coniuge del de cuius del soggetto tenuto alla collazione;
3) Qualità di coerede, legittimo o testamentario, del soggetto tenuto alla collazione;
4) Esistenza di un relictum da dividere;
5) Assenza di una dispensa da collazione.

350. LE FORME DI COLLAZIONE


La legge prevede due forme di collazione:

 Collazione in natura: si attua restituendo alla massa da dividere lo stesso bene ricevuto;
 Collazione per imputazione: ossia per l’equivalente.

a) Il conferimento per imputazione. E’ la tipica forma di collazione. Solo quando si tratta di beni
immobili, che appartengono tuttora al coerede e non sono stati da lui alienati o ipotecati, la
collazione si può fare anche in natura.
La stima del bene donato che si deve imputare si fa avuto riguardo a valore che esso aveva al
tempo dell’apertura della successione e non al momento della divisione.
- Beni immobili consumabili ( e consumati)  si fa riguardo al valore che avrebbero avuto
secondo il prezzo corrente al tempo dell’apertura della successione;
- Cose deteriorabili:  il loro valore al tempo dell’aperta successione è stabilito con riguardo allo
stato in cui si trovano.
- Denaro  la collazione si fa prendendo una minore quantità di denaro che si trova nell’eredità,
secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all’epoca
dell’aperta successione. Quando tale danaro non basta e il donatario non vuole conferire altro
danaro, sono prelevati mobili o immobili ereditari, in proporzione alle rispettive quote.

Se il debito da imputare supera il valore della quota del coerede conferente egli dovrà versare alla massa
l’equivalente pecuniario dell’eccedenza, sempre secondo la stima del bene all’epoca dell’apertura della
successione.

b) Le due fasi della collazione per imputazione.

Secondo gli artt. 724 e 725 la collazione per imputazione si attua in due fasi:
1) Addebito del valore del bene donato a carico della quota spettante all’erede donatario;
2) Prelevamento di una corrispondente quantità di beni da parte degli eredi non donatari, avente ad
oggetto, per quanto possibile, beni della stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti
in natura.

I beni che i coeredi diversi dal donatario possono prelevare dalla massa ereditaria per effetto della
collazione per imputazione da parte del donatario devono essere stimati in ragione del valore che essi
avevano al tempo dell’apertura della successione e non a quello della divisione.

c) Il conferimento in natura.

Rappresenta l’ipotesi eccezionale di collazione che consiste nella restituzione del bene alla massa
ereditaria, si che l’oggetto della donazione, già in proprietà del donatario, cessa di appartenere in modo
esclusivo a quest’ultimo ed entra a far parte della massa da dividere, divenendo quindi oggetto di
comproprietà tra i coeredi. Come detto, ciò può farsi solo quando si tratta di beni immobili non alienati
né ipotecati dal donatario. I beni immobili soggetti a diritti reali limitati diversi dall’ipoteca possono
essere conferiti in natura, a scelta del donatario medesimo. In questo caso il bene donato perverrà alla
comunione dei coeredi con il peso di eventuali diritti medio tempore costituiti dal donatario dal
momento che il conferimento del bene in natura non comporta certo la risoluzione dei diritti dei terzi.

d) L’atto di conferimento collatizio

La collazione in natura si effettua attraverso l’atto di conferimento, che ha struttura di negozio


traslativo, unilaterale ( gli altri coeredi non manifestano alcuna volontà), recettizio ( per divenire
efficace deve essere portato a conoscenza degli altri coeredi).

Per quanto riguarda la forma, poiché si tratta di un atto di trasferimento di diritti immobiliari, è
necessaria la forma scritta (1350 n.1 , 1324 ) e la trascrizione (artt. 2643 n.1 e 1324).

e) Miglioramenti, spese e deterioramenti, frutti e interessi

Il legislatore, applicando i principi generali in tema di arricchimento indebito, attribuisce al donatario


che conferisce, il diritto al rimborso del valore delle migliorie apportate al bene, nei limiti del loro valore
al tempo dell’apertura della successione, e il diritto al rimborso delle spese straordinarie sostenute per
la conservazione della cosa; nello stesso tempo gli impone il rimborso dei deterioramenti a lui
imputabili.

Per quel che riguarda i frutti e gli interessi, dispone l’art. 745 che i frutti delle cose e gli interessi sulle
somme soggette a collazione non sono dovuti che dal giorno in cui si è aperta la successione.

351. FONDAMENTO
La dottrina ha particolarmente approfondito la ragione giustificatrice dell’istituto proponendo varie
teorie.

Sembra, tra le tante preferibile, la teoria che con realistico riferimento allo scopo dell’istituto in esame,
parla di anticipazione di eredità: il de cuius fa la donazione con la sottintesa intenzione di anticipare al
futuro erede tutto o parte della sua eredità, cosicché all’atto della successione, il bene donato deve essere
considerato come un acconto, se non addirittura il saldo della quota ereditaria1.

Il fondamento della collazione secondo tale ricostruzione, sta nella presunzione, conforme alla corrente
valutazione sociale, che il de cuius, facendo in vita donazioni ai figli e al coniuge, abbia semplicemente
1
Forchielli e Angeloni, Della divisione; Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano; Burdese, La divisione
ereditaria, Cannizzo, Le successioni - Divisione
voluto compiere delle attribuzioni patrimoniali gratuite in anticipo sulla futura successione; la collazione
serve a rimuovere la disparità di trattamento che le donazioni creerebbero ed a ristabilire la situazione di
uguaglianza tra i coeredi2.

352. NATURA GIURIDICA DELL’ISTITUTO


a. Generalità

Mentre il fondamento della collazione ha valore essenzialmente teorico, notevole importanza pratica ha la
natura giuridica dell’istituto. All’interprete vengono proposti i seguenti quesiti: se lo spostamento
patrimoniale, determinato dalla collazione, avvenga automaticamente o dia luogo ad un’obbligazione, che
viene poi adempiuta attraverso uno specifico atto di trasferimento; quale natura giuridica abbia, ove si
segua la seconda tesi l’obbligazione; quale sia la fonte dell’obbligo.

b) Natura obbligatoria e non automatica della collazione

E’ discusso se lo spostamento patrimoniale che interviene in conseguenza della collazione, in virtù della
quale il coerede trasferisce in natura quanto ricevuto dal de cuius a titolo donativo ovvero riversa
l’equivalente del controvalore in denaro, avvenga automaticamente oppure costituisca l’esito
dell’adempimento di un’obbligazione.

Rispetto alla tesi del trasferimento automatico(lo spostamento patrimoniale opera appunto
automaticamente)3, è preferibile la teoria dell’efficacia obbligatoria della collazione seguita dalla dottrina
dominante4 e dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione 5, secondo la quale la collazione rappresenta
una vera e propria obbligazione che sorge ex lege, al momento dell’apertura della successione, a carico del
coerede-donatario e a favore degli altri coeredi, come risulta espressamente dal testo legislativo ove si
legge che il coerede “deve” trasferire ( 737, 1° comma).

D’altro canto, l’automatismo non può sussistere almeno in quei casi in cui trattandosi di beni mobili ovvero
di beni alienati, ipotecati o periti per colpa del donatario, quest’ultimo può solo conferire per imputazione;
operazione che non può certo avvenire automaticamente, ma che richiede l’accertamento concreto del
valore dei beni al tempo dell’apertura della successione.

Anche la collazione degli immobili peraltro non avviene automaticamente, ma a seguito della scelta che fa il
coerede- donatario tenuto al conferimento.

c) Natura giuridica dell’obbligo di collazione

L’accoglimento della teoria dell’obbligo di conferire comporta una ulteriore domanda: se quella di
conferimento sia un’obbligazione alternativa o facoltativa.

Si tratta secondo la dottrina dominante 6 di un’obbligazione con facoltà alternativa, ossia di un’obbligazione
inizialmente unica avente per contenuto una sola prestazione, quella di restituzione in natura, con la
facoltà, però, concessa al debitore di adempiere dando in solutum, anziché la prestazione originaria, una
diversa prestazione (ossia la restituzione del valore del bene donato).

d) Fonte dell’obbligazione: prelegato anomalo


2
Cass. 27 gennaio 1995, n.989.
3
Cicu, Successioni per causa di morte
4
Barassi, Le successioni per causa di morte; Burdese, La divisione ereditaria; Forchielli e Angeloni, Della divisione;
Coviello, Delle successioni, Parte generale
5
Per tutte, Cass. , 1 febbraio 1995, n. 1159
6
Polacco, Delle successioni; Pacifici- Mazzone, Trattato delle successioni; Coviello, Delle successioni; Rubino, Delle
obbligazioni
La fonte dell’obbligo, come si è affermato 7 ha natura di prelegato obbligatorio. Si tratta più precisamente di
un prelegato ex lege anomalo, perché non è a favore di uno dei coeredi e a carico tutta l’eredità, ma invece
è a carico di un solo coerede ( il donatario che deve conferire) e a favore di tutti gli altri coeredi.

Tale tesi è fondata principalmente sulla considerazione che l’obbligo di conferimento rappresenta un
effetto patrimoniale determinato dalla legge tra coeredi accettanti e si risolve nella nascita di un nuovo
diritto che non esisteva in capo al de cuius.

La disciplina giuridica concreta deve peraltro tener conto del fatto che i soggetti (attivi e passivi) coinvolti
nella collazione, devono essere necessariamente coeredi. Non troveranno applicazione perciò quelle regole
che sono tipiche manifestazioni del principio di autonomia del legato rispetto all’eredità.

353. SOGGETTI DELLA COLLAZIONE


I soggetti tenuti alla collazione devono appartenere alle categorie esposte nell’art. 737, secondo il quale
sono obbligati a conferire, ai sensi dell’art. 737,1 ° comma, i figli, i loro discendenti e il coniuge che
concorrono alla successione.

Non sono menzionati i figli adottivi, ma non può dubitarsi che anch’essi sono tenuti alla collazione. Ne sono
esclusi viceversa tra i legittimari, gli ascendenti e qualsivoglia erede.

I soggetti della collazione sono tenuti reciprocamente nel senso che chi è obbligato alla collazione può
pretenderla dagli altri coeredi; essa non opera, invece, rispetto agli altri eventuali coeredi, i quali non se ne
possono quindi avvantaggiare.

Art. 737 “I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai
coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il
defunto non li abbia da ciò dispensati.

La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.”
I soggetti tenuti alla collazione devono, oltre ad appartenere alle categorie precedentemente esposte,
avere assunto lo status di coerede ed essere donatari.

I soggetti di cui all’art. 737 devono assumere la qualità di eredi attraverso un vero e proprio atto di
accettazione di eredità, non esistendo alcun obbligo di collazione a carico od in favore di chi non sia erede
legittimo o testamentario. E’ irrilevante che l’accettazione sia espressa o tacita, sia fatta puramente e
semplicemente ovvero con beneficio di inventario. Neppure rileva la fonte della successione, legittima
testamentaria, ne l’uguaglianza delle quote.

Non sono tenuti alla collazione quindi i soggetti che per una delle cause previste dalla legge, non abbiano
potuto partecipare alla successione, ovvero che vi abbiano rinunciato o che siano morti prima di accettare o
rifiutare l’eredità ( in tal caso l’obbligo sorge a carico del discendente dell’erede premorto), ovvero che non
siano più soggetti attuali della comunione ereditaria.

Ancora perché si abbia obbligo di conferire è necessaria la qualità di donatario in capo al soggetto. Ciò, che
è già desumibile dall’art. 737, trova conferma nell’art. 739, secondo il quale l’erede non è tenuto a conferire
le donazioni fatte ai suoi discendenti o al coniuge ancorché, succedendo a costoro, ne abbia conseguito il
vantaggio. Se le donazioni sono state fatte congiuntamente a coniugi di cui uno è discendente del donante,
la sola porzione a questo donata è soggetta a collazione.

7
Forchielli e Angeloni, Della divisione
Con la norma sopra citata il legislatore ha inteso riaffermare il principio secondo il quale devono essere
conferite solo le donazioni personalmente ricevute e ha voluto nel contempo escludere che le donazioni
fatte al discendente o al coniuge dell’erede debbano presumersi come donazioni sostanzialmente fatte
all’erede per interposta persona.

Il principio della personalità delle donazioni subisce tuttavia una rilevante eccezione, nell’ipotesi di
donazioni fatte all’ascendente dell’erede. Dispone infatti l’art. 740, che il discendente, il quale succede per
rappresentazione, deve conferire ciò che è stato donato all’ascendente, anche nel caso in cui abbia
rinunziato all’eredità di questo.

La ragione di tale norma è evidente: i coeredi non devono subire pregiudizio per il fatto che, in luogo del
coerede-donatario, partecipino alla successione i suoi figli o i suoi nipoti.

E’ sorta questione se il discendente, che succede per rappresentazione debba conferire, oltre alla donazioni
fatte al c.d. rappresentato, anche le donazioni a lui fatte dal de cuius: è preferibile, nonostante qualche
opinione contraria8, la tesi negativa9: la ratio dell’art. 740, infatti è quella di conservare al c.d.
rappresentante l’identica posizione successoria del c.d. rappresentato.

354. OGGETTO DELLA COLLAZIONE


Oggetto della collazione sono solo le donazioni, sia dirette che indirette.

Per quanto riguarda le prime, occorre che si tratti di una vera e propria donazione e non soltanto di un
negozio gratuito non donativo, nel quale mancano l’impoverimento del donante e l’arricchimento in senso
tecnico del donatario ( si pensi al comodato e al mutuo infruttifero).

Rientrano quindi nell’oggetto della collazione:

- Donazioni reali traslative;


- Donazioni reali costitutive;
- Donazioni liberatorie.

E’ esclusa l’enfiteusi, perché essa nasce da un negozio che non è donazione, ma contratto con prestazioni
corrispettive.

-Per quanto riguarda la donazione obbligatoria ( ti dono centomila euro che mi obbligo a corrisponderti
nella misura di diecimila euro all’anno) la collazione sarà limitata a quanto è stato effettivamente
corrisposto dal donante.

-Sono anche soggette a collazione le donazioni indirette, che consistono in liberalità risultanti da atti diversi
dalla donazione tipica prevista dall’art. 769: remissione del debito, contratto a favore del terzo,
adempimento dell’obbligo altrui, ecc.

-Il negotium mixtum cum donatione è connotato da un duplice contenuto, in parte oneroso ed in parte
gratuito; anche se esso resta tuttavia un negozio giuridico unitario nella forma e nella sostanza.

Negotium mixtum cum donatione  DONAZIONE INDIRETTA , caratterizzata dall’intenzione consapevole


del disponente di attribuire a titolo gratuito alla controparte la differenza tra il maggior valore economico
della cosa, oggetto del contratto ed il prezzo pattuito. E’ proprio tale differenza che costituisce l’oggetto
della donazione indiretta ed è quindi soggetta a collazione.

8
Burdese, La divisione ereditaria
9
Forchielli e Angeloni, Della divisione
-Non vi è dubbio che anche le donazioni di modico valore vanno conferite trattandosi di autentiche
donazioni tipiche soltanto sottratte, per ovvie ragioni di misura e di opportunità, alla solennità dell’atto
pubblico; così anche le donazioni remuneratorie, che devono essere conferite per la loro indiscussa natura
liberale, confermata anche dall’espressione usata dal legislatore; oggetto della collazione sono quindi anche
le donazioni modali ( il modus non altera la natura giuridica del negozio). Riguardo le donazioni modali
però, bisogna considerare l’evidente iniquità di imporre al donatario il conferimento di tutta la donazione,
dopo che egli ha adempiuto l’onere, con conseguente illecito arricchimento per la massa ereditaria.

La dottrina prevalente10 ritiene perciò che debba essere conferita la differenza tra il valore dei beni donati e
il valore dell’onere, ossia ciò di cui il donatario si è effettivamente arricchito.

-A norma dell’art. 741 è soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per
assegnazioni fatte a causa di matrimonio / per avviarli all’esercizio di un’attività/ per pagare loro debiti. Tra
le assegnazioni fatte a causa di matrimonio rientra anche il fondo patrimoniale costituito dal genitore a
favore dei figli, ipotesi di liberalità non donativa.

-Donazioni invalide  devono essere conferite se non sono state ancora annullate, perché il coerede può
preferire il conferimento piuttosto di far valere l’invalidità del negozio.

-Donazioni di usufrutto  devono essere conferite; si ritiene11 che deve essere conferito il valore che ha
l’usufrutto al momento dell’apertura della successone, vale a dire il capitale che sarebbe necessario, per
acquistare, in base alle probabilità do sopravvivenza del donatario un reddito uguale a quello dell’usufrutto.
Non va perciò conferito ciò che ha formato oggetto di godimento prima della morte del donante, ossia
l’usufrutto estinto prima dell’apertura della successione.

Donazioni non soggette a collazione

La legge menziona espressamente le donazioni non conferibili. L’art. 742, 1° comma c.c. stabilisce infatti
che:

“Non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per
malattia, né quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze.”

-Spese di mantenimento e di educazione: rappresentano l’adempimento di un obbligo più che una


liberalità;

-Spese per malattia: sono considerate spese necessarie;

-Spese fatte per abbigliamento o per nozze.

Il 2° comma specifica poi che:

"Le spese per il corredo nuziale e quelle per l’istruzione artistica o professionale sono soggette a
collazione solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle
condizioni economiche del defunto”

Il 3° comma infine conclude affermando che:

“ Non sono soggette a collazione le liberalità previste dal secondo comma dell’art. 770”

Si riferisce in particolare alle liberalità effettuate in occasione di servizi resi o comunque in


conformità agli usi (liberalità d’uso). L’esclusione dalla collazione può essere giustificata per la
trascurabile entità che normalmente caratterizza tale liberalità, nonché per il fatto che esse
rispondono ad un costume sociale.
10
Forchielli e Angeloni, Della divisione
11
Burdese, La divisione ereditaria
L’art. 743 cc. Afferma che non è dovuta collazione di ciò che si è conseguito per effetto di società
contratta senza frode tra il defunto e alcuno dei suoi eredi, se le condizioni sono state regolate con
atto di data certa. Tuttavia è da ritenere che anche nel caso in cui le condizioni che regolano la
società non siano vestite con atto di data certa, il coerede possa provare l’inesistenza del carattere
liberale degli acquisti compiuti. In altri termini la disposizione citata prevede una presunzione iuris
tantum di liberalità, allorché l’atto sia privo di data certa.

Infine non sono soggette a collazione le cose perite per causa non imputabile al donatario (744 cc.).
Il bene donato infatti deve materialmente esistere in rerum natura affinchè all’atto dell’apertura
della successione, possa determinarsi sia attivamente che passivamente il rapporto collatizio. In
ogni caso comunque potrà essere oggetto di collazione quanto il terzo responsabile abbia pagato a
titolo risarcitorio. Per quanto riguarda invece il perimento imputabile a colpa del donatario il bene,
pur distrutto dovrà essere imputato a nora degli artt. 747 e 750.

Non è soggetto a collazione il vantaggio patrimoniale conseguente ad un acquisto fatto in regime di


comunione legale dal coniuge mediante l’impiego di reddito proprio. Viceversa è oggetto di
collazione il vantaggio conseguente ad un acquisto fatto in comunione legale con l’impiego di beni
personali del coniuge.

Infine bisogna menzionare due ulteriori norme:

-Art. 745 c.c. “ I frutti sulle cose e gli interessi sulle somme soggette a collazione non sono dovuti
che dal giorno in cui si è aperta la successione “

- E ai sensi dell’art. 768 quater, 4 ° comma, non è soggetto a collazione quanto ricevuto dai
contraenti a titolo di patto di famiglia  non sono soggetti all’obbligo di collazione i beni oggetto
del patto di famiglia, con ciò intendendosi sia i beni produttivi assegnati ai discendenti che le
eventuali assegnazioni fatte ai legittimari non assegnatari. Con questa disposizione che
rappresente un’ipotesi legale di esenzione dalla collazione, si è inteso attribuire il medesimo grado
di stabilità al trasferimento di azienda o delle partecipazioni sociali e alla liquidazione da parte del
beneficiario dei diritti degli altri legittimari.

355. LA COLLAZIONE VOLONTARIA

a) Generalità

La prevalente dottrina12 e la giurisprudenza della Corte di Cassazione 13 considerano derogabile il


regime della collazione, nel senso che il donante può imporre la collazione fuori dei limiti soggettivi
e oggettivi espressamente previsti dalla legge, vale a dire tra soggetti diversi dai propri discendenti
o coniuge ovvero per le donazioni che non devono essere conferite.

L’ammissibilità della collazione volontaria si basa sul carattere dispositivo delle norme che
disciplinano l’istituto della collazione e sulla correlativa mancanza di un divieto giuridico.

12
Forchielli e Angeloni, Della divisione ; Burdese, La divisione ereditaria ; Ieva, Manuale di tecnica testamentaria;
Azzariti, Le successioni per causa di morte e le donazion.
13
Cass. 1845 /1964 ; Cass. 836/1973; Cass. 989/1995; Cass. 1/1997
Si tratta di una figura anomala o impropria di collazione che ha natura giuridica di onere se
apposta alla donazione e di legato se contenuta nel testamento; ad essa si applicano le norme che
disciplinano la collazione ex lege, se il donante non ha diversamente disposto.

b) La collazione dei legati

Non è preclusa al testatore la facoltà di disporre la collazione dei legati con un proprio atto di
volontà. In altri termini si reputa ammissibile anche la collazione importa dal testatore ai
beneficiari dei legati.

c) Imposizione di particolari modalità di conferimento

E’ discusso invece se il donante possa imporre al donatario una determinata modalità di


conferimento relativamente ai beni immobili ( se possa cioè privare il donatario del diritto di scelta
che gli spetta in base all’art. 746 , 1° comma).

E’ stato affermato in giurisprudenza 14 che il donante ha solo il potere di dispensare il donatario


dalla collazione, ma non può in alcun modo vincolare la sua scelta di conferire in natura il bene
ricevuto ovvero di attuare la collazione per imputazione.

E’ preferibile l’opinione di parte della dottrina 15 e della giurisprudenza della Corte di Cassazione 16
secondo la quale l’art. 746 avrebbe natura dispositiva, cosi come di tutte le norme in materia di
collazione e, pertanto, afferma che nulla vieta al donante di imporre al discendente donatario di
beni immobili la collazione per imputazione, precludendogli la possibilità della collazione in
natura.

356. IPOTESI DELLA MANCANZA DI RELICTUM

E’ discusso se possa aver luogo la collazione anche quando manchi un relictum, vale a dire nel caso
in cui il de cuius abbia esaurito i suoi beni donandoli in vita o legandoli. In buona sostanza, è
dubbio se l’esistenza di un relictum costituisca o meno il presupposto indefettibile dell’istituto della
collazione.

Viene seguita un’opinione sostenuta da una nota sentenza della Corte di Cassazione 17, ove si legge
che l’obbligo alla collazione sorge automaticamente a seguito dell’apertura della successione e
diviene operante a seguito dell’accettazione dell’eredità, con la conseguenza che i beni donati
concorrono alla formazione della massa ereditaria, la quale deve dividersi fra i soggetti tenuti alla
collazione. In proposito non ha rilevanza l’assenza di un relictum ereditario da dividere, ben
potendo una comunione derivare soltanto dalla collazione delle donazioni.

357. LA DISPENSA DALLA COLLAZIONE

La dispensa dalla collazione, è il negozio giuridico con il quale il donante esonera il donatario
dall’obbligo di conferire ai coeredi ciò che ha ricevuto dal defunto per donazione.

14
Cass 1481/1979; Cass. 1521/1980; Cass. 4381/1982
15
Carnevali, Collazione; Palazzo, Le successioni
16
Cass, 836/1973
17
Cass. N. 1988/1969
Art. 737 2° comma “La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota
disponibile”  la norma riconferma il principio dell’intangibilità della quota di riserva.

La dispenda viene considerata come una liberalità supplementare, analoga al legato liberatorio,
perché il donatario viene esonerato dall’obbligo di conferire. Non è peraltro una liberalità
indipendente, ma solo un rafforzamento di quella principale.

E’ un negozio mortis causa sia pure a struttura inter vivos, se contenuta in un atto inter vivos. Essa
costituisce l’unico esempio (accanto alla dispensa di imputazione ex se, che è una condizione per
l’esercizio dell’azione di riduzione) offerto dal nostro diritto positivo di negozio mortis causa a
struttura inter vivos.

Natura giuridica

A differenza di una parte della dottrina 18 e della prevalente giurisprudenza della Cassazione 19 – che
ritengono che la dispensa non costituisca dal punto di vista sostanziale un negozio distinto dalla
donazione, ma una clausola accessoria – la dottrina prevalente (tesi preferibile) considera la
dispensa come un negozio autonomo, ancorchè collegato con il negozio di donazione.

La dispensa contenuta nell’atto di donazione

La dispensa da collazione normalmente è contenuta nello stesso atto di donazione.

L’accoglimento dell’una piuttosto che dell’altra tesi sulla sua natura giuridica comporta
conseguenze di non poco rilievo anche sulla disciplina.

1) Se si aderisce alla tesi secondo la quale la dispensa costituirebbe una clausola della
donazione, essa è irrevocabile unilateralmente dal donante e irrinunciabile dal donatario.
Non sarebbe quindi consentita una revoca unilaterale, ma sarebbe ammessa solo una
modifica convenzionale;
2) Se si aderisce alla tesi che qualifica la dispensa come un negozio autonomo avente struttura
di atto unilaterale avremo due negozi di natura diversa: contrattuale la donazione,
unilaterale la dispensa, con la conseguenza che questa potrebbe essere revocata
successivamente all’atto di donazione, anche in via unilaterale.

La dispensa per testamento

La dispensa può essere contenuta, oltre che nella stessa donazione anche in un testamento. Il c.c.
parla di dispensa da parte del “defunto”  deve intendersi donante o testatore, non solo perché
tale interpretazione si basa su precedenti legislativi, ma anche sull’assenza di ragioni sostanziali in
senso contrario.

La dispensa contenuta in un atto tra vivi successivo

E’ invece discusso se sia ammissibile una dispensa posteriore alla donazione contenuta in un atto
tra vivi.

L’adesione alla ricostruzione della dispensa come clausola accessoria alla donazione consente di
ritenere che la dispensa possa essere contenuta anche in un atto successivo alla donazione che si
vuole dispensare, che abbia la stessa forma della donazione, a struttura meramente bilaterale, al
18
Azzariti, Le successioni e le donazioni; Messineo, Manuale di dir. Civ. e comm.
19
Cass. 1845/1961; Cass. 2752/1984; Cass. 989/1995
quale dovranno partecipare tutti i soggetti della donazione: dovrà quindi essere accettata anche dal
donatario.

Viceversa, l’adesione alla ricostruzione della dispensa come negozio autonomo comporta che la
dispensa possa essere contenuta in un atto tra vivi successivo e diverso dalla donazione che si
intende dispensare, senza osservare alcuna prescrizione di forma. In questo caso non deve essere
accettata dal donatario; inoltre, non trattandosi di donazione tipica e in mancanza di una qualsiasi
norma che imponga una forma determinata, varrebbe il principio generale della libertà delle forme
negoziali.

La forma della dispensa

-Dalla tesi qui accolta20 secondo la quale la dispensa costituisce un negozio autonomo seppur
collegato, rispetto alla donazione, discende che essa non richiede un particolare formalismo e vale
perciò il principio della libertà di forma.

-Viceversa la dottrina21 che ricostruisce la dispensa come elemento accessorio della donazione,
conclude per la necessità che essa sia munita di forma solenne.

La dispensa tacita

Seguendo la tesi secondo la quale la dispensa può essere contenuta anche in un atto separato, non
avente i requisiti formali della donazione o del testamento, occorre giungere e ritenere ammissibile
anche una dispensa tacita o implicita.

In particolare è discusso se la dispensa possa anche risultare da donazioni dissimulate in quanto in


tal modo la volontà di celare il proprio intento liberale importerebbe una volontà, implicita di
dispensare il donatario dalla collazione.

Sul punto è stato affermato che non è sufficiente accertare l’esistenza della simulazione, ma occorre
anche verificare in concreto che lo scopo della simulazione fu quello di porre la liberalità al riparo
dalla collazione.

Parzialità della dispensa

E’ possibile dispensare parzialmente da collazione, ad esempio disponendo che il donatario dovrà


conferire solo la metà di quanto ricevuto in donazione, oppure limitare la collazione al valore
originario del bene donato.

Dispensa dalla collazione e dispensa dall’imputazione ex se

Si tratta di istituti che operano su piani diversi e producono effetti diversi.

-DISPENSA DA COLLAZIONE: esclude che il bene oggetto della liberalità debba essere compreso
nella massa da dividere. Chi è dispensato da collazione può quindi ritenere la liberalità senza

20
Gazzara, Collazione; Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte; Burdese, La divisione ereditaria; Forchielli e
Angeloni, Della divisione
21
Azzariti, Le successioni e le donazioni
dovere né restituire il bene in natura, né riversare nell’asse il valore dello stesso.  può essere
effettuata in favore dei soggetti che vi sono tenuti: i figli, loro discendenti, coniuge.

-DISPENSA DALLA IMPUTAZIONE EX SE: comporta che il legittimario che voglia agire in
riduzione non debba previamente imputare alla sua quota il valore del bene oggetto dell’atto di
liberalità compiuto in suo favore dal de cuius. Il lascito graverà sulla parte disponibile del
patrimonio dell’ereditando.  è un onere per tutti i legittimari, che comprende anche gli
ascendenti e quindi la dispensa può essere effettuata anche in favore di questi ultimi.

La circostanza che esse costituiscano clausole distinte richiede che siano espressamente previste. In
altri termini il fatto che la donazione venga effettuata con dispensa da collazione, non comporta che
esse debba considerarsi effettuata anche con dispensa da imputazione ex se e viceversa.

Dispensa dalla collazione e lesione di legittima

Art. 737 2° comma “La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota
disponibile”  Tizio muore e lascia come eredi legittimi due figli Caio e Mevio. In vita ha donato a
Caio con dispensa dalla collazione, due appartamenti, che risultano avere al tempo dell’apertura
della successione un valore di centomila euro cadauno; egli lascia quattro appartamenti: ciascun
immobile ha un valore di centomila euro; se nulla fosse stato disposto, la massa da dividere sarebbe
stata di 600.000 € e ciascun condividente avrebbe ottenuto appartamenti per un valore di 300.000
€ ciascuno; EFFETTO DISPENSA –> Caio può trattenere i due appartamenti del valore di 200.000
€ e concorre nella divisione del patrimonio ereditario che è pari a 400.000 € , ricevendo in
divisione due appartamenti del valore totale di 200.000 €.

DISPENSA DA COLLAZIONE  determina una ulteriore liberalità per Caio in quanto se non fosse
stato dispensato, egli avrebbe conseguito beni per 300.000 €

Qualora poi la dispensa dovesse comportare lesione di legittima il donatario sarà tenuto a conferire
quanto ricevuto in eccedenza rispetto alla disponibile. Se nonostante il conferimento, la lesione
dovesse persistere, il legittimario potrà, solo allora, agire in riduzione. 22

358. LA COLLAZIONE E GLI ISTITUTI AFFINI

La collazione si distingue da altri istituti caratterizzati anch’essi da una forza attrattiva, più o meno
intensa, che va dal puro calcolo aritmetico senza spostamenti patrimoniali fino all’impugnativa per
far dichiarare l’inefficacia di liberalità:

-riduzione delle donazioni si distingue dalla donazione perché:

1. essa, che segue alla c.d. riunione fittizia, ha lo scopo di rendere inefficaci le liberalità del de cuius
che abbiano leso il diritto del legittimario, in modo da reintegrare la quota di riserva.

2. anche l’oggetto è diverso: l’ambito maggiore è quello della collazione che mira a riportare alla
massa tutti i beni donati dal de cuius, mentre la riduzione ha solo lo scopo di recuperare quella
parte dei beni donati necessari per reintegrare la quota di riserva.

22
Azzariti, Successioni e donazioni
3. sotto il profilo della legittimazione l’azione di riduzione spetta al legittimario leso nella quota di
legittima contro qualunque donatario, sia pure non erede del defunto, mentre il diritto alla
collazione è attribuito reciprocamente ai discendenti e al coniuge contro il coerede che ha ricevuto
una donazione del de cuius e non sia stato espressamente dispensato.

-riunione fittizia : la collazione si distingue dalla riunione fittizia perché nella collazione la riunione
delle donazioni con il patrimonio esistente alla morte del de cuius è reale e serve a formare la
massa da dividere fra i coeredi, mentre nella riunione fittizia, se non risulta lesa la legittima,
l’operazione si riduce ad un calcolo che rimane sulla carta senza produrre conseguenze.

-imputazione sulla legittima:  differenza nettissima  l’imputazione ex se (564 , 2° comma)


costituisce un onere per il legittimario il quale se vuole agire in riduzione deve imputare alla sua
porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato.

SEZIONE TRENTANOVESIMA
IL C.D. RETRATTO SUCCESSORIO
359. GENERALITA’

Art. 732 c.c. “Il coerede che vuole alienare ad un estraneo la sua quota o parte di essa, deve
notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno
diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima
delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la
quota dell’acquirente ad ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione
ereditaria.

Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti
in parti uguali”

Istituto in esame  RETRATTO SUCCESSORIO: adottato dal codice vigente perché – come si
legge nella prelazione – è prevalso il principio della convenienza di evitare che nel rapporti tra
coeredi, il più delle volte legati da vincoli familiari, si intromettano soggetti estranei, spinti
dall’interesse di sfruttare il fine speculativo perseguito con l’acquisto della quota.

E’ comunque preferibile ritenere che lo scopo dell’istituto sia quello di favorire la


concentrazione dei beni nelle mani di pochi soggetti al fine di agevolare le operazioni divisorie,
consentire un più razionale sfruttamento economico del patrimonio ereditario e ridurre
l’insorgere di liti tra i coeredi23.

Inapplicabilità alla comunione ordinaria

Il retratto successorio si applica solo alle comunioni ereditarie, e non anche alle comunioni
ordinarie, in quanto la norma contenuta nell’art. 732 c.c. limita la libera disponibilità del
diritto di proprietà e non può perciò applicarsi fuori dei casi espressamente previsti. Il retratto
non è un’operazione divisoria.

Inapplicabilità all’alienazione dell’esito divisionale

E’ discusso se l’art. 732 c.c. si applichi nel caso di alienazione della quota ideale ereditaria (es.
un quinto) vantata da uno dei coeredi su un singolo bene immobile ereditario facente parte di
una massa comune ereditaria che comprende vari beni mobili e immobili a favore di un
soggetto estraneo.

La dottrina prevalente24 e la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritengono che il retratto


successorio opera, come risulta dal testo legislativo, solo nel caso di alienazione della quota
ereditaria e non anche quando vengano alienati, integralmente o pro quota, singoli cespiti
ereditari qualora essi siano assegnati all’alienante con la divisione (c.d. alienazione dell’esito
divisionale).

Non ricorrono in quest’ultima ipotesi le ragioni che giustificano l’istituto del retratto perché
alla divisione ereditaria parteciperà pur sempre il coerede, ancora contitolare dell’eredità, in
quanto l’alienazione è subordinata comunque e pur sempre al compimento dell’atto di
divisione e all’attribuzione di quei beni all’alienante.
23
D’Orazi Flavoni, Della prelazione legale e volontaria; Loi, Retratto; Forchielli e Angeloni, Della divisione; Durante
Retratto successorio.
24
Cfr. per tutti in tal senso Palazzo, Le successioni.
Ipotesi del tutto particolare è quella che si ha quando l’erede alieni ad un estraneo la quota
indivisa dell’unico cespite ereditario. In questo caso secondo la Cassazione 25, la cessione della
quota indivisa del bene sostanzierebbe una cessione di quota ereditaria, intesa come porzione
ideale dell’universum ius defuncti. L’effetto traslativo dell’alienazione, infatti non è
subordinato all’assegnazione in sede di divisione della quota del bene al coerede venditore,
essendo quest’ultimo proprietario esclusivo della quota ideale di comproprietà e potendo di
questa liberamente disporre. Per l’effetto, il compratore subentra, pro quota, nella
comproprietà del bene comune.

Ed è proprio in tale ipotesi che il coerede potrebbe esercitare il retratto successorio, salvo che il
ritrattato dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie che invece la vendita ha ad
oggetto un bene a sé stante.

LE DUE FASI DEL RETRATTO

 DIRITTO DI PRELAZIONE: in virtù del quale i soggetti partecipi di comunioni


ereditarie hanno diritto di essere preferiti agli estranei quando un altro dei coeredi,
nella persistenza del regime di comunione, intenda vendere la sua quota  deve
esercitarsi nel breve termine di due mesi.
 DIRITTO DI RISCATTO: di natura assoluta, esercitabile nei confronti di ogni
acquirente dei beni al quale, nella persistenza della comunione, questi siano trasferiti,
onerosamente, in violazione del diritto di prelazione.  rappresenta la riparazione nella
forma più completa, dell’inadempimento dell’obbligo di prelazione

360. IL DIRITTO DI PRELAZIONE


a) Nozione

La prelazione consiste nel diritto che ha ogni coerede di essere preferito nell’acquisto, qualora
un altro coerede voglia alienare la sua quota, e conseguentemente, nel diritto di ricevere la
proposta di alienazione che lo metta in condizione di accettare. Si tratta di un diritto limitato ai
coeredi, di pretendere un facere qualificato, rappresentato appunto dalla proposta di acquisto
e che rientra perciò nell’ampia categoria dei diritti di credito26.

b) La proposta di alienazione

Il coerede che intende alienare non deve limitarsi a dichiarare genericamente il suo proposito
ma deve, come espressamente prescrive l’art. 732 “notificare la proposta di alienazione”
contenente tutte le condizioni e i patti che saranno poi, in caso di rifiuto degli altri coeredi,
comunicati al terzo estraneo.

25
Cass. N.26051/2014; Cass. N. 3049/1997
26
Forchielli e Angeloni, Della divisione
I coeredi destinatari possono poi accettare o rifiutare, ma non possono pretendere di dare
inizio ad una fase di trattative, dato che la funzione della notifica consiste solo nel metterli in
grado di esercitare, attraverso l’accettazione, il diritto di prelazione che loro compete.

Diversa dalla proposta è la c.d. denuntiatio, cioè la comunicazione da parte del coerede del suo
proposito di alienare la propria quota ad un terzo e ad un certo prezzo.

E’ discusso se la proposta di alienazione debba essere fatta in forma scritta.

E’ preferibile la tesi positiva seguita anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione 27, sia
perché l’alienazione di quota si inserisce nello schema della vendita di eredità, la quale richiede
l’atto scritto a pena di nullità (1543 cc), sia perché il legislatore parla di notifica che non può
essere fatta verbalmente e sia infine, perché sul piano pratico, l’esigenza di certezza può essere
appagata solo dalla forma scritta.

c) L’accettazione del coerede

E’ questo il mezzo attraverso il quale il coerede esercita il suo diritto di prelazione. Non è altro
che l’accettazione di una proposta contrattuale alla quale si applicheranno tutte le norme
relative a questo istituto, e in particolare, l’art. 1335 per cui, quando essa giungerà all’indirizzo
del coerede proponente, il negozio di alienazione sarà perfezionato.

L’accettazione deve intervenire a pena di decadenza, nel termine di due mesi dalla
notificazione della proposta, e qualora si tratti di più coeredi dall’ultima delle notificazioni.

d) La natura del negozio concluso il violazione del diritto di prelazione

L’alienazione compiuta dal coerede in violazione del diritto di prelazione, come ha affermato
anche la Corte di Cassazione28, non è nulla per illiceità. La legge infatti non pone alcun divieto
di vendere o di acquistare, ma si limita ad attribuire agli altri coeredi il diritto potestativo di
riscattare la quota alienata da chiunque l’abbia acquistata, una sorta di riparazione alla lesione
del diritto di prelazione.

L’alienazione è perciò valida e produce i suoi effetti nei confronti sia dell’alienante che
dell’acquirente, fino a quando gli altri condividenti non esercitano il riscatto.

e)Il diritto di prelazione dei coeredi e le figure affini

Diversa dalla prelazione dei coeredi prevista dall’art. 732 c.c. è la prelazione convenuta dai
condividenti nell’atto di divisione. Le parti infatti possono dare vita ad un reciproco diritto di
prelazione, per il caso di alienazione dei beni assegnati con la divisione alle singole porzioni di
ciascun coerede. Il diritto di prelazione ex. 732 c.c. postula invece il perdurare della comunione
ereditaria, che con l’atto di divisione viene a cessare.

La prelazione dei coeredi si distingue infine dalla c.d. prelazione testamentaria  diritto di
preferenza che è riconosciuto in virtù di una disposizione di ultima volontà a favore di un
determinato soggetto, in ordine alla negoziazione di un bene della massa. Tale prelazione ha
efficacia obbligatoria, e non reale, come prevede il 732 c.c.

27
Cass. N. 25041/2006
28
Cass. N. 1177/1961
361. IL RISCATTO. GENERALITA’ E CONDIZIONI PER L’ESERCIZIO

Riscatto  rimedio concesso agli altri coeredi per l’alienazione della quota ereditaria fatta in
violazione del diritto di prelazione. Attraverso il suo esercizio si verifica una sorta di
“surrogazione soggettiva”29, perché il contraente prende il posto di colui che ha acquistato la
quota ereditaria dal coerede.

Riscatto  natura giuridica di diritto potestativo che si esercita con una dichiarazione
comunicata al retrattato, vale a dire al terzo estraneo che ha acquistato la quota. Si manifesta
attraverso un negozio unilaterale recettizio: non occorre cioè a differenza di quanto avviene nel
patto di retrovendita, la stipulazione di un nuovo contratto col nuovo acquirente, ma è
sufficiente comunicare a costui la propria volontà di acquistare il bene attraverso il retratto.

Il riscatto richiede quattro condizioni:

1) Persistenza della comunione ereditaria

Infatti, una volta intervenuta la divisione il diritto di riscatto si estingue perché, non essendovi
più la comunione, viene meno il pericolo che si attenti, da parte di estranei, al gruppo dei
coeredi. La permanenza dello stato di comunione cessa solo con l’effettiva attribuzione dei beni
ai condividenti e non è sufficiente il semplice obbligo di concludere una divisione.

2) Alienazione onerosa
Vedi dopo cap. 362

3) Alienazione di quota ereditaria

Questa espressione va intesa nel senso di cessione di una porzione frazionaria di beni ereditari
nel loro complesso e non anche nel senso di alienazione di singoli beni ereditari.

L’alienazione di quota ereditaria rientra, secondo la teoria preferibile 30 nella figura della
compravendita di eredità, anche se si distingue per alcuni aspetti, e in particolare, perché il
coerede alienante non è tenuto solo a garantire la propria qualità di erede, ma anche
l’ampiezza della quota di eredità che ha formato oggetto del contratto.

Pertanto se Tizio ha alienato a Caio la terza parte dell’eredità, mentre risulta titolare solo della
quarta parte, egli ne risponderà verso il compratore secondo i principi della vendita di cosa
parzialmente altrui e, se interviene l’evizione, secondo quelli della garanzia evizionale.

Nelle ipotesi di alienazione di cui all’art. 732 , non rientra l’esecuzione forzata, in quanto
l’espressa dizione dell’art. 732 “coerede che vuole alienare” fa riferimento solo alle alienazioni
volontarie e tale non può dirsi l’esecuzione forzata.

4) Alienazione ad un estraneo

29
Burdese, La divisione ereditaria
30
Cicu, Successioni per causa di morte
Altra condizione per l’esercizio del riscatto è l’alienazione fatta a persona che, anche se parente,
non faccia parte della comunione ereditaria di cui è stata alienata una quota. Deve perciò
considerarsi estraneo anche chi sia comproprietario degli stessi beni , ma a titolo diverso.

Se invece l’alienazione della quota ereditaria avviene a favore di altro coerede, come è noto,
non è applicabile l’art. 732 c.c.

362. ALIENAZIONE ONEROSA

L’espressione “alienare” prevista dall’art.732 c.c. ha dato luogo a due diverse interpretazioni:

-interpretazione restrittiva: comprende solo il contratto di compravendita basandosi sulla


lettera della legge che parla di “prezzo”

-interpretazione estensiva: comprende ogni atto a titolo oneroso, dando all’espressione


“prezzo” il significato tecnico-economico di valore di scambio di un bene.

Risulta comunque preferibile una tesi intermedia31, la quale non restringe il campo di
applicazione del retratto alla sola compravendita né lo estende ad ogni negozio oneroso, ma lo
riferisce ad ogni negozio nel quale la posizione dell’acquirente sia perfettamente fungibile, in
quanto la prestazione può essere eseguita da ogni soggetto.

IPOTESI INCLUSE

-Tutte le ipotesi di vendita (piena e nuda proprietà);

- Quanto alla vendita con patto di riscatto  il retratto potrà farsi valere prima che il venditore
di quota eserciti il riscatto convenzionale, perché la vendita con patto di riscatto produce
medio tempore gli effetti reali di una vendita comune e potrà essere fatto valere
evidentemente, quando, scaduto il termine,il riscatto convenzionale non potrà più essere
esercitato. Se poi il coerede alienante ha già esercitato il riscatto, non vi sarà, più materia di
retratto, perché il bene sarà retroattivamente entrato nel patrimonio dell’alienante.

-Quanto alla vendita con riserva di proprietà, per esercitare il diritto di riscatto di dovrà
attendere che, col pagamento dell’ultima rata, si sia verificato il trasferimento del bene.

IPOTESI ESCLUSE

-Donazione

-Transazione

-Permuta( esclusa l’ipotesi della controprestazione fungibile)

E’ stato ammesso in giurisprudenza il riscatto per la datio in solutum nel caso che la
prestazione originaria fosse fungibile32. Se Tizio aliena la quota ereditaria in luogo dei 10.000 €
che deve a Caio e questi consente, il coerede Mevio potrà pagare i 10.000 € a Caio
subentrandogli come acquirente.

31
Forchielli e Angeloni, Della divisione
32
Cass. N. 2076/1950
Tuttavia, una più attenta indagine della fattispecie mette in rilievo che la parità di condizione
fra l’acquirente e il coerede riscattante è al più, economica, non giuridica perché non può
Mevio, che non è debitore di Tizio, subentrare in un tipico negozio solutorio.

Si esclude l’applicabilità dell’art. 732 anche nel caso in cui si abbia costituzione di un diritto
reale limitato, quale è l’usufrutto, sulla quota, dato che la norma richiama l’alienazione della
titolarità della quota medesima.

363. L’ESERCIZIO DEL RISCATTO E I SUOI EFFETTI

Il diritto di riscatto, ha natura di diritto potestativo e si esercita con una dichiarazione


negoziale comunicata al terzo acquirente.

Poiché la legge nulla dispone deve ritenersi vigente il principio generale della libertà di forma
salva evidentemente, l’esigenza della forma scritta qualora la quota riscattata comprenda beni
immobili.

LA SIMULAZIONE DEL PREZZO

E’ discusso se l’acquirente dal coerede-alienante possa opporre la simulazione del prezzo al


coerede che eserciti il riscatto.

La tesi preferibile della dottrina 33 esclude che il coerente riscattante possa essere considerato
terzo con conseguente inopponibilità della simulazione; egli è, invece parte del contratto in
quanto assume la stessa posizione negoziale dell’acquirente, attraverso il descritto fenomeno di
surrogazione e, pertanto, subentra negli stessi diritti e negli stessi obblighi, fra i quali il
pagamento non del prezzo simulato, ma del prezzo effettivo.

INAMMISSIBILITA’ DEL RISCATTO PARZIALE

Inammissibile perché altrimenti mancherebbe la parità di condizioni tra il terzo acquirente e il


riscattante il quale, si inserisce nello stesso contesto del contratto di alienazione, per il
descritto fenomeno di surrogazione, e non in un contratto diverso da quello originariamente
stipulato, quale si avrebbe a seguito del riscatto parziale34.

EFFETTI DEL RISCATTO

Con l’esercizio del retratto successorio si realizza la stessa situazione giuridica che si sarebbe
avuta se il coerede fosse stato messo in condizione di esercitare la prelazione; il coerede cioè si
sostituisce nella stessa posizione di acquirente all’estraneo il quale viene, per così dire,
estromesso dal contratto che diede origine all’acquisto.

LA C.D. AZIONE DI RISCATTO

Il diritto di riscatto che ha natura potestativa si esercita senza bisogno dell’intervento del
giudice, mediante una dichiarazione unilaterale recettizia da parte del retraente.

33
Triola, Retratto successorio e simulazione del prezzo
34
Per tutte Cass. N. 5374/1993
La sentenza che dovesse decidere su eventuali contestazioni sarebbe perciò di semplice
accertamento.

La giurisprudenza35 esclude che nell’azione di riscatto il coerede-alienante rivesta la qualità di


litisconsorte necessario; egli potrà essere chiamato in giudizio dall’acquirente estraneo che
vorrà far valere contro di lui le sue eventuali ragioni.

364. TRASMISSIBILITA’ E RINUNZIA

a) Trasmissibilità del diritto di prelazione e del riscatto

Il diritto di prelazione e il diritto di riscatto non possono essere trasferiti ad un estraneo perché
verrebbe meno lo scopo dell’istituto, che è principalmente quello di evitare che venga
introdotta nella comunione ereditaria persona diversa dai coeredi.

E’ invece oggetto di viva discussione la trasmissibilità agli eredi del diritto di prelazione e del
diritto di riscatto:

- Parte della dottrina e alcune pronunce giurisprudenziali, ritengono che in caso di


morte di un coerede in pendenza della comunione ereditaria, il successore a titolo
universale abbia comunque i diritti di prelazione e di retratto nell’ipotesi di
alienazione della quota da parte di uno degli originari coeredi.
- E’ preferibile la tesi negativa, di altra parte della dottrina e seguita costantemente
dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, in primo luogo perché il diritto
regolato dall’art. 732 c.c. integra un diritto personalissimo che, derogando al
principio generale dell’autonomia negoziale, non può estendersi al di là dell’ipotesi
espressamente prevista, vale a dire della sua applicazione al nucleo originario
costituito da coloro che fanno parte di quella comunione della cui quota si tratta; in
secondo luogo perché gli eredi del coerede hanno un titolo di acquisto diverso da
quello considerato dall’art. 732.

In definitiva per le cose dette, sono “coeredi” ai sensi dell’art.732 c.c. solo coloro che succedono
direttamente al de cuius.

La prevalente dottrina36 e la giurisprudenza37 ritengono che sia coerede, ai sensi dell’art. 732,
anche il comunista per rappresentazione o per sostituzione ordinaria. Il primo infatti ha una
delazione, seppure indiretta, nei confronti dell’originario de cuius; il sostituito, infine, è
anch’egli delato dell’originario de cuius, anche se la sua delazione è condizionata alla mancata
accettazione del primo istituito.

Dubbi sorgono invece circa l’applicazione dell’art. 732 nel caso di trasmissione del diritto di
accettare l’eredità.

35
Cass. 3959/1983 ; Cass. 2934/1988
36
Azzariti, In tema di retratto successorio
37
Cass. N. 309/1974; Cass. N. 5374/1993
-In proposito taluno segue la teoria estensiva considerando che il trasmissario, accettando
l’eredità del trasmittente diviene in automatico delato dell’originario de cuius;

-Altri seguono la tesi restrittiva in quanto ritengono che nel caso di trasmissione ai sensi
dell’art. 479 cc. il trasmissario deve necessariamente accettare l’eredità del trasmittente e,
pertanto si realizza un doppio passaggio, che esclude l’applicazione dell’art. 732.

b) Rinunzia alla prelazione

E’ possibile generalmente rinunziare al diritto di prelazione, ma vi sono alcuni contrasti sul


momento dell’esercizio e sul suo requisito formale.

Per quanto riguarda l’elemento relativo al momento dell’esercizio, è prevalente la tesi


sostenuta dalla prevalente dottrina38 e condivisa anche da parte della giurisprudenza 39, la quale
ritiene che la rinunzia possa avvenire in qualsiasi momento, perché essa prescinde dalla
proposta e consiste nel dismettere la titolarità attiva di una posizione giuridica.

Quanto alla forma, la dottrina40 e parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione 41
affermano che la rinunzia non è soggetta ad alcun formalismo e può essere espressa o tacita. Si
tratta infatti, della dismissione abdicativa di un diritto concesso al coerede che non rientra in
alcuna delle ipotesi legislative alle quali è imposta la forma ad substantiam.

In contrario si è osservato che la rinuncia dovrebbe contenere ed indicare nello specifico, tutti
gli estremi della proposta, ed è per questo che sarebbe necessaria la forma scritta ad
substantiam42.

c) Rinunzia al riscatto

E’ possibile che gli altri coeredi, titolari della prelazione, una volta che il coerede ha alienato ad
un estraneo la propria quota senza osservare le prescrizioni dell’art. 732, rinuncino al diritto di
riscatto che ad essi spetta43.

Anche la rinunzia al riscatto non richiede forma particolare e può essere sia espressa che tacita.

E’ stato poi osservato44 che non sempre la rinuncia al riscatto comporta rinuncia alla
prelazione, giacchè in astratto il coerede può rinunciare al primo ma non alla seconda, con la
conseguenza che, nel caso di violazione della prelazione, pur non potendo ottenere il riscatto
della quota, egli potrà ottenere il risarcimento del danno.

38
Forchielli e Angeloni, Della divisione
39
Cass. N. 624/1994; Cass. N.310/1999;
40
Forchielli e Angeloni, Della divisione
41
Cass. N. 1066/1959; Cass. N.900/1975
42
Casulli, Divisione ereditaria; Giuliani, Il retratto successorio
43
Cass. N. 2272/1974
44
Forchielli e Angeloni, Della divisione

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