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Donazioni

CAP.1 contratto di donazione


La donazione nel codice civile del 1942
L'art. 769 definisce la donazione come il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce
l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione.
La collocazione della donazione nel novero dei contratti assume particolare rilevanza, in quanto dovrebbe
comportare l'applicazione della disciplina generale del contratto alla donazione stessa, laddove non sia il
legislatore a disporre norme specifiche dirette a regolare il contratto di donazione. Sul punto, però, occorre
richiamare ad una notevole cautela. È vero che la donazione è concepita come un contratto: è altrettanto
vero, tuttavia, che sotto numerosi e decisivi profili la sua disciplina differisce da quella generale del contratto.
Resta valida, allora, la corrente conclusione che tende a sottolineare le peculiarità dell'istituto della donazione,
con le conseguenze che ne derivano in ordine ai limiti di una diretta applicabilità ad esso della regolamentazione
generale del contratto.
L'esegesi delle disposizioni dettate in tema di donazione svela un indiscutibile legame con la disciplina del
testamento e delle disposizioni testamentarie.
Tale ordine di considerazioni, da un lato, sembra confermare la evidente peculiarità della disciplina della
donazione rispetto alla disciplina generale del contratto e, dall'altro, impone di chiarire il legame tra la
disciplina della donazione e quella del testamento. Tanto più che la disciplina della donazione è collocata proprio
dopo quella della successione a causa di morte e, quindi, in posizione del tutto autonoma rispetto alla materia
del contratto.
Al riguardo, pare anche opportuno rilevare che, se l'indiscutibile dato di partenza è da individuarsi nella
similitudine di talune (rilevanti) disposizioni dettate per regolare sia la donazione che le disposizioni
testamentarie, da tale circostanza non sembra, però, potersi senz'altro evincere che anche le disposizioni
testamentarie costituiscano atti di liberalità.
Il fondamento, in generale, della successione a causa di morte e quello, in particolare, della successione
testamentaria è da individuare nella esigenza di garantire che nella titolarità delle situazioni giuridiche del
defunto non si produca una soluzione di continuità e che sia il de cuius stesso, entro i limiti fissati dal
legislatore, ad individuare i suoi successori.
Il fondamento della donazione è, invece, lo spirito di liberalità (c.d. animus donandi), cioè la spontanea intenzione
del donante di arrecare - con un proprio impoverimento - al donatario un vantaggio di natura economica (cioè
un arricchimento). Probabilmente, l'analogia sovente riscontrabile nella disciplina della donazione e delle
disposizioni testamentarie deve ascriversi alla circostanza che pure le disposizioni testamentarie, almeno di
regola, comportano un arricchimento del beneficiario senza un suo corrispondente depauperamento. Da un
lato, però, tale rilievo non può valere per tutte quelle ipotesi in cui la disposizione testamentaria non comporta
un arricchimento per il destinatario; dall'altro, soprattutto, le disposizioni testamentarie, come invece la
donazione, non comportano un volontario impoverimento del disponente, dato che, in assenza di testamento, il
patrimonio del de cuius comunque si devolverebbe altrimenti (essendo la vicenda successoria determinata dalla
sua morte).
Alla luce di quanto osservato, quindi, non può che concludersi nel senso di considerare l'accostamento della
donazione alle disposizioni testamentarie quale espressione di una impostazione tradizionale, la quale, ove pure
la si voglia mantenere ferma come linea di tendenza, non pare giustificarne, tuttavia, una indiscriminata
omogeneità di disciplina.
Sotto il profilo del contenuto del contratto di donazione, dal tenore lessicale dell'art. 769 emerge il riferimento
alla disposizione di un diritto o all'assunzione di una obbligazione quali possibili strumenti per arricchire il
donatario. Nel concetto di donazione devono, quindi, farsi rientrare tanto la donazione traslativa
(impropriamente definita donazione reale, ma sarebbe maggiormente appropriato discorrere di donazione ad
efficacia reale), con il cui perfezionamento si produce il trasferimento di un diritto dal donante al donatario
(ad es., Tizio dona a Caio il fondo Tusculano) o la costituzione di un diritto reale limitato sul bene oggetto della
donazione (ad es., Tizio dona a Caio l'usufrutto sul fondo Tusculano), quanto la donazione obbligatoria, per
effetto della quale il donatario acquista un diritto di credito nei confronti del donante (ad es., Tizio, per spirito
di liberalità, assume nei confronti di Caio la obbligazione di pagargli le spese mensili per talune forniture della
sua azienda commerciale).
donazione e atto a titolo gratuito. Il c.d. Negotium Mixtur
cum donatione
si sono individuati i peculiari caratteri della donazione nel c.d. animus donandi del donante e nell'arricchimento
del donatario. Entrambi permeano la struttura dell'atto donativo e risulta arduo assegnare la prevalenza
all'uno o altro, si rischierebbe di sminuire la complessità dell'istituto e la peculiarità della sua funzione.
La caratterizzazione della donazione quale atto di liberalità rende necessario precisarne i rapporti col
concetto di atto a titolo gratuito.
Tra le fondamentali distinzioni in materia di negozi giuridici vi è quella che distingue i negozi a titolo oneroso, nei
quali al vantaggio che un soggetto trae dall'atto corrisponde un sacrificio a suo carico, e i negozi a titolo
gratuito, nei quali al vantaggio che un soggetto trae dall'atto non corrisponde alcun sacrificio a suo carico.
Individuata la categoria dei negozi a titolo gratuito, è importante stabilire il rapporto della medesima con la
donazione: la donazione è senz'altro atto a titolo gratuito, ma non ogni atto a titolo gratuito è donazione, in
effetti, il tratto comune ai negozi gratuiti ed alla donazione è individuabile nell'arricchimento di un soggetto
senza un suo corrispondente depauperamento a favore dell'altro.
Ciò che vale, invece, a connotare la donazione rispetto all'atto a titolo gratuito è l'elemento soggettivo dello
spirito di liberalità, cioè l'animus donandi del soggetto che arricchisce l'altro: la donazione, quindi, è un negozio a
titolo gratuito caratterizzato dall'animus donandi, così sussistendo tra negozi a titolo gratuito e donazione
un rapporto di genere a specie.
Peculiare appare l'ipotesi del c.d. negotium mixtum cum donatione, ovvero quell'unico negozio nel quale siano
compresenti elementi dell'atto a titolo oneroso ed elementi dell'atto donativo. Una fattispecie che sovente si
verifica nella prassi è quella della vendita di un bene dietro corrispettivo inferiore al valore del bene alienato,
nel qual caso il negozio in parola presenta una causa complessa, in cui confluiscono i profili della vendita e della
donazione (ad es., Tizio vende a Caio un appartamento del valore di centomila euro per un prezzo di
cinquantamila).

Disciplina del contratto di donazione


La donazione è un contratto formale: deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità (art. 782),
alla presenza irrinunziabile dei testimoni.
Il rigido formalismo della donazione viene generalmente giustificato con la rilevanza dell'atto per il
donante, che si spoglia di un bene o di un diritto senza contropartita, e con la connessa considerazione che
i requisiti di forma dovrebbero garantire una migliore ponderazione e consapevolezza nel donante
medesimo. Non è richiesta la contestualità della proposta e dell'accettazione: però, l'accettazione deve
comunque risultare da atto pubblico posteriore e la donazione non è perfetta se non dal momento in cui
l'atto di accettazione è notificato al donante (art. 782).
L'esatta individuazione del momento della conclusione del contratto di donazione assume decisivo rilievo
con riguardo alla relativa impegnatività: fino a che la donazione non sia perfetta, tanto il donante quanto il
donatario possono revocare la loro dichiarazione (art. 782).
La donazione è atto personale e non tollera una sua conclusione a mezzo di rappresentante (legale o
volontario). In questa prospettiva, l'art. 777 esclude la possibilità per il padre e il tutore di fare donazioni -
da considerarsi, quindi, nulle - per la persona incapace da essi rappresentata. L'art. 778, poi, colpisce con la
nullità il mandato con cui si attribuisce ad altri la facoltà di designare la persona del donatario o di
determinare l'oggetto della donazione (mandato a donare). Diversa è l'ipotesi in cui il donante abbia già
individuato una gamma di possibili donatari (art. 778) o di possibili cose da donare (art. 778), rimettendo la
scelta tra i medesimi (donatario o oggetto della donazione) ad un terzo.
La donazione è contratto unilaterale, con prestazioni a carico di una sola delle parti. Nella donazione, la
proposta è sempre revocabile fino a che il contratto non si sia perfezionato e l'accettazione del
donatario richiede sempre la forma dell'atto pubblico.
La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante: se comprende beni futuri (donazione di
beni futuri), essa è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati (art. 771).
Qualora la donazione abbia ad oggetto una universalità di cose e il donante ne conservi il godimento
trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungano
successivamente, salvo che dall'atto risulti una diversa volontà (art. 771).
La donazione può essere fatta congiuntamente a favore di più donatari (donazione congiuntiva), nel qual
caso essa s'intende fatta per parti uguali, salvo che dall'atto risulti una diversa volontà. È consentita,
nell'ipotesi di donazione congiuntiva, l'inserimento di una clausola (clausola di accrescimento) con cui il
donante dispone che, se uno dei donatari non può o non vuole accettare, la sua parte si accresca agli altri
(art. 773).
Quanto alla capacità di donare, l'art. 774 richiede nel donante la piena capacità di disporre dei propri beni
(capacità di agire). È prevista l'annullabilità della donazione fatta dal donante in stato di incapacità naturale
al momento della donazione e l'azione si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto (art. 775): ai fini
dell'annullamento della donazione fatta dall'incapace naturale, è sufficiente la dimostrazione dello stato
d'incapacità.
La donazione fatta dall'inabilitato, anche ove anteriore alla sentenza di inabilitazione, può essere annullata se
fatta dopo che è stato promosso il giudizio d'inabilitazione (il curatore dell'inabilitato per prodigalità può
chiedere l'annullamento della donazione, anche se fatta nei sei mesi anteriori all'inizio del giudizio
d'inabilitazione) (art. 776).
In quanto atto a titolo gratuito, la donazione può essere gravata da un onere (donazione modale): il
donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata; per l'adempimento
dell'onere può agire, oltre al donante, chiunque vi abbia interesse, anche durante la vita del donante stesso; la
risoluzione per inadempimento dell'onere, solo se prevista nell'atto di donazione, può essere domandata dal
donante o dai suoi eredi (art. 793).
Il donante può riservare l'usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio e, dopo di sé, anche a vantaggio di
un'altra persona (donazione con riserva di usufrutto, art.796): si tende, in tal caso, a riscontrare una
eccezione al divieto di usufrutto successivo, stabilito dall'art. 698, secondo cui la disposizione testamentaria
con la quale sia lasciato a più persone successivamente l'usufrutto ha valore solo a favore di coloro i quali
alla morte del testatore si trovino primi chiamati a goderne. È possibile, per il donante, anche riservare
l'usufrutto, dopo di sé, in favore di più persone, ma, in quest'ultima ipotesi, esse godranno dell'usufrutto
congiuntivamente.
Nelle donazioni sono permesse le sostituzioni, ma solo nei casi e nei limiti stabiliti per gli atti di ultima volontà:
in ogni caso, la nullità delle sostituzioni non importa nullità della donazione (art. 795).

Responsabilita’ del donante. invalidita’. Revocazione


In considerazione del carattere gratuito della donazione, il legislatore restringe la garanzia per evizione
cui è tenuto il donante nei confronti del donatario a ipotesi tassative.
La garanzia per vizi della cosa donata è limitata, salvo patto contrario, all'ipotesi in cui il donante sia
stato in dolo (art. 798).
La natura gratuita della donazione costituisce altresì il fondamento della previsione per cui il donante, in
caso d'inadempimento o di ritardo nella esecuzione della donazione, è responsabile solo per dolo o colpa
grave (art. 789).
Alla invalidità della donazione sono applicabili, in quanto compatibili, le norme che regolano la invalidità del
contratto. Alcune norme, però, sono dettate dal legislatore specificamente per la donazione.
Si è già accennato alla nullità della donazione per illiceità del motivo (art. 788), disposta quando il motivo
illecito risulta dall'atto ed è il solo che ha determinato il donante alla liberalità. L'onere illecito o impossibile
si considera non apposto: rende tuttavia nulla la donazione se ne ha costituito il solo motivo determinante
(art. 794).
L'errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, rende annullabile la donazione quando il motivo risulta
dall'atto ed è il solo che ha determinato il donante a compiere la liberalità (art. 787).
L'art. 799 sancisce che la nullità della donazione, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere
dagli eredi o aventi causa dal donante che, conoscendo la causa della nullità, abbiano, dopo la morte di lui,
confermato la donazione o vi abbiano dato volontaria esecuzione (conferma della donazione nulla).
Quanto alla revocazione, la donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli
(art. 800).
La revocazione per ingratitudine (art. 801) può essere domandata solo ove i donatario abbia commesso
fatti che sono reputati causa d'indegnità a succedere, nonché quando il donatario si è reso colpevole
d'ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha
rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti. La domanda deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi,
contro il donatario o i suoi eredi, entro l'anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto
che consente la revocazione (art. 802).
La revocazione per sopravvenienza di figli (art. 803) può essere chiesta dal donante che non aveva o
ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione nel caso di sopravvenienza o esistenza di un
figlio o discendente, ovvero se vi sia stato il riconoscimento di un figlio.
La revocazione può essere domandata anche se il figlio era già concepito al tempo della donazione. La
domanda deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio nato nel
matrimonio o discendente, ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto
riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio (art. 804).
La revocazione delle donazioni, sia per ingratitudine che per sopravvenienza di figli, consegue sempre ad
un'azione promossa dal donante o dai suoi eredi. Alcune donazioni (rimuneratorie ed obnuziali) non possono
essere revocate (art. 805). Non è ammessa ed è invalida rinunzia preventiva alla revocazione della donazione
(art. 806).
Quanto agli effetti della revocazione, il donatario deve restituire i beni in natura, se essi esistono ancora, e
i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda. Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il
valore, avuto riguardo al tempo della domanda, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda stessa
(art. 807). I terzi che hanno acquistato diritti anteriormente alla domanda di revocazione non sono
pregiudicati dalla pronunzia, salvi gli effetti della trascrizione (art. 808).

Ipotesi particolari di donazione


In relazione a talune particolari fattispecie di atti donativi, il legislatore si discosta dalle regole
specificamente dettate a disciplina del contratto di donazione.

a) Per donazione rimuneratoria (art. 770) si intende la liberalità fatta dal donante per riconoscenza verso
il donatario o in considerazione dei meriti di quest'ultimo o per speciale rimunerazione. Nella categoria della
donazione rimuneratoria, art. 770, sono ricomprese fattispecie di donazione a tutti gli effetti - sia sotto il
profilo soggettivo dell'animus donandi, sia sotto quello oggettivo dell'arricchimento del donatario -
accomunate da un peculiare impulso psichico che muove il donante. In particolare, per donazione
rimuneratoria viene intesa la liberalità compiuta dal donante per ricompensare il donatario di un servizio
da questi eseguito nei propri confronti (ad es., Tizio spontaneamente attribuisce al suo medico Caio una
pregiata incisione antica per ricompensarlo del buon esito di un intervento subito).
Quanto alla disciplina, la donazione rimuneratoria esige la forma prevista dall'art. 782. Essa, però, è
irrevocabile per causa d'ingratitudine o per sopravvenienza dei figli (art. 805). Nella donazione
rimuneratoria, poi, il donante è tenuto alla garanzia per evizione solo nei limiti dell'entità delle prestazioni
ricevute dal donatario (art. 797, n. 3).

b) Non rientrano nel concetto di donazione rimuneratoria e non sono espressamente considerate
donazioni le c.d. liberalità d'uso, quelle, cioè, che si è soliti fare in occasione di servizi resi o comunque in
conformità agli usi (mance e regali) (art. 770). Nella prassi non è sempre agevole distinguere la liberalità
d'uso dalla donazione rimuneratoria: il discrimen pare da individuare nella sussistenza o meno di una
consuetudine che giustifica l'attribuzione patrimoniale.

c) La donazione obnuziale, regolata dall'art. 785, è la donazione fatta in riguardo di un determinato


matrimonio, sia dagli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno solo o di entrambi gli sposi o dei figli
nascituri di questi. La peculiarità della figura risiede nella deroga, sotto il profilo del perfezionamento
dell'atto, alla regola per cui il contratto di donazione, secondo la disciplina generale dettata in tema di
contratto, s'intende concluso con lo scambio di proposta e accettazione: la donazione obnuziale, infatti, si
perfeziona "senza bisogno che sia accettata". La sua efficacia, peraltro, resta subordinata alla
conclusione del matrimonio. Anche la donazione obnuziale, al pari della donazione rimuneratoria, è
irrevocabile (art. 805).
CAP.2 altri atti di liberalita’
Atti di liberalita’ diversi dalla donazione: le donazioni indirette
La norma dell'art. 809, dettata a completamento della disciplina delle donazioni, concerne l'ampia e indefinita
categoria degli atti di liberalità diversi dal contratto di donazione, tradizionalmente definiti quali donazioni
indirette: si tratta di tutte quelle liberalità che, pur non assumendo la veste del contratto di donazione,
sono ad esso assimilabili sotto il profilo sostanziale, in particolare con riguardo al profilo della causa.
La donazione indiretta consiste in un atto diverso dal contratto di donazione, ma che, allo stesso
momento, assolve la medesima funzione di arricchire il donatario per spirito di liberalità.
La riconduzione di un atto nel novero delle donazioni indirette assume consistente rilievo ai fini della
disciplina applicabile: è vero che la donazione indiretta sfugge al formalismo proprio del contratto di
donazione - essa, infatti, avrà la forma dell'atto in concreto posto in essere - ma è altrettanto vero che
alla medesima si applicheranno varie norme previste in tema di donazione. L'art. 809, infatti, estende alla
donazione indiretta le norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d'ingratitudine e per
sopravvenienza di figli, nonché quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai
legittimari. Ed è quest'ultima la previsione più rilevante sotto il profilo economico: ai fini del computo della
quota disponibile, nel donatum sono ricomprese non solo le donazioni dirette, ma anche quelle indirette.
Inoltre, pure le donazioni indirette sono oggetto di collazione da parte dei coeredi, ai fini della
determinazione della massa da dividersi tra i medesimi.

Le fattispecie. atti di natura contrattuale


Quella degli atti di liberalità diversi dalla donazione è categoria senza dubbio dai confini incerti, in dipendenza
della mancanza di specifiche indicazioni normative e della conseguente diversità delle soluzioni prospettate
da dottrina e giurisprudenza relativamente alle singole fattispecie considerate.
Quanto agli atti di natura contrattuale, una prima diffusa fattispecie è quella del contratto a favore di
terzi (artt. 1411 ss.), attraverso il cui meccanismo il terzo, estraneo al rapporto contrattuale, acquista i
diritti derivanti dal contratto per effetto della stipulazione, sempre che lo stipulante vi abbia interesse. È
frequente l'ipotesi nella quale un soggetto (stipulante) acquisti un bene da un altro soggetto (promittente),
deviando l'effetto derivante dal contratto (acquisto del bene) nella sfera giuridica di un terzo: l'attribuzione
operata dallo stipulante a vantaggio del terzo, se attuata con spirito di liberalità onde arricchire il terzo
medesimo, è suscettibile di qualificazione in termini di donazione indiretta del bene da parte dello stipulante al
terzo, con tutte le conseguenze che una simile qualificazione può eventualmente comportare, in particolare,
in ordine all'azione di riduzione ed alla collazione.
Una fattispecie che presenta analogie con quella appena esaminata è da individuarsi nella intestazione di beni
in nome altrui: ipotesi, questa, che si verifica quando si fornisce ad un altro soggetto il danaro per l'acquisto
di un bene immobile, poi intestato direttamente al soggetto che si è inteso beneficare.
Al concetto di donazione indiretta tende anche ad essere ricondotto il c.d. negotium mixtum cum donatione

Atti a struttura unilaterale


Nel contesto degli atti unilaterali tradizionalmente inquadrati tra le donazioni indirette, un posto di
primo piano occupano gli atti di rinunzia, vale a dire quei negozi con cui il titolare di un diritto si spoglia
del diritto medesimo con una dichiarazione, appunto unilaterale, di volontà. Il legislatore regola diverse
fattispecie caratterizzate dalla circostanza che il titolare di un diritto, di credito o reale, dismette la
propria situazione soggettiva senza trasferirla ad altro soggetto.
Con la remissione del debito il creditore, mediante un atto unilaterale, rinunzia al proprio diritto di
credito, determinando, in tal modo, l'estinzione del rapporto obbligatorio: secondo l'impostazione
tradizionalmente più diffusa, la remissione del debito consiste, appunto, in un negozio unilaterale di
rinunzia al diritto di credito. La remissione del debito è atto neutro rispetto alla causa. In altre parole,
la remissione del debito non è di per sé una donazione indiretta: per qualificare la remissione del debito
quale donazione indiretta, è necessario che nel creditore ricorra l'intenzione di arricchire il debitore per
spirito di liberalità mediante, appunto, la remissione del suo debito.
Significativa ipotesi di rinunzia, ad es., è quella dell'abbandono del fondo servente, quale modo di estinzione
del diritto di servitù. L'atto di abbandono è considerato un atto unilaterale che produce quale effetto,
oltre alla perdita del proprio diritto da parte del proprietario del fondo servente, anche l'acquisto, in
capo al proprietario del fondo dominante, della proprietà del fondo servente.

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