Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Opzione
Dispositivo
Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria
dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si
considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329 (1).
Se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal
giudice.
Note
(1) Il destinatario della proposta (opzionario) ha il diritto potestativo di concludere il contratto di
fronte al quale il proponente è in posizione di soggezione.
L'opzione si differenzia da altre fattispecie analoghe. Essa ha struttura contrattuale, mentre la
proposta irrevocabile è un atto unilaterale. Si distingue dalla prelazione poichè l'opzione pone il
proponente in una posizione di soggezione, essendo questi vincolato alla decisione
dell'opzionario; la prelazione, invece, vincola solo alla scelta del destinatario della proposta,
proposta che il soggetto è libero di non fare. A differenza del contratto preliminare, in cui
entrambe le parti sono obbligate alla stipula del definitivo, l'opzione obbliga chi la concede a
mantenere ferma la proposta, e da all'opzionario il diritto di concludere il contratto.
Ratio Legis
La ratio sottesa alla norma è la medesima che si rinviene nella proposta irrevocabile
(1329 c.c.): consentire al destinatario della proposta di valutare la convenienza
dell'affare e di scegliere se stipulare o meno il contratto con la certezza che, nel
periodo in cui compie queste valutazioni, la proposta rimane ferma. L'opzione è però
diversa dalla proposta irrevocabile poichè è un contratto, normalmente stipulato dietro
compenso a favore di chi si vincola. Poichè anche nell'opzione il proponente subisce
una limitazione della propria libertà contrattuale, è necessario sia accompagnata dalla
fissazione di un termine di efficacia.
Spiegazione
Vi è però nell'opzione un carattere costante che serve a farla distinguere da figure affini:
il vincolo definitivo di una parte a compiere una determinata prestazione se l'altra vorrà
addivenire al contratto. Questa attualità di obbligo unilaterale non si riscontra, ad
esempio, nella c.d. prelazione (pactum protimiseos; cfr. sub art. 1322, n. 9) che non
solo non crea obblighi nel soggetto favorito, libero, come nell'opzione, di prestare o di
non prestare la volontà diretta alla formazione del contratto al quale si riferisce l'obbligo
dell'altra parte, ma subordina l'obbligo di quest'ultima, di preferire un soggetto in un
futuro contratto, al fatto che essa si induca al contratto medesimo, in modo che per
nessuna parte vi è, nella prelazione, un obbligo attuale e definitivo. Talora la legge
chiama opzione ciò che è prelazione (esempio nell'art. 2441); ma la situazione che
deriva dalla norma chiarisce la realtà: un esempio di patto di prelazione e nell'art. 1566,
caso di opzione e invece l’art. 1520.
Manca nell'opzione ogni espressione di volontà del favorito circa la prestazione che è
oggetto dell'obbligo dell'altra parte; per il che essa si distingue dal contratto claudicante,
nel quale, rispetto all'oggetto stesso, vi è invece costituzione effettiva di un rapporto, sia
pure incompleto o annullabile, che per giunta, in questo secondo caso, è suscettibile di
spiegare immediata efficacia, salva la retroattività degli effetti del suo posteriore
annullamento.
L’analisi condotta sullo schema dell'opzione tracciato nell'art. 1331 rivela un rapporto fra
più parti («quando le parti convengono»), di cui l'una si obbliga a stare alla propria
dichiarazione, e l'altra si riserva la facoltà di accettarla o meno in un tempo posteriore.
Rapporto ad obbligazione unilaterale, dunque, che importa, per la parte obbligata, non
soltanto irrevocabilità della dichiarazione, ma anche obbligo di non impedire la
formazione della fattispecie o la produzione dei suoi effetti.
Del primo effetto fa cenno espresso l'art. 1331 quando considera proposta irrevocabile
la dichiarazione della parte obbligata, e quindi fa da essa scaturire le conseguenze
giuridiche prevedute nell'art. 1325. Le quali consistono nell'irrilevanza di una successive
desistenza dalla volontà favorevole al contratto, e quindi nella possibilità che la
fattispecie contrattuale venga ad integrarsi ad opera dell'altra parte, per quanto
l'obbligato possa avere materialmente revocato il consenso già prestato.
Il secondo effetto sembra possa scaturire dall'art. 1359, che reagisce contro l'ostacolo
frapposto dalla parte al verificarsi della condizione, presumendo come avverato l'evento
la cui realizzazione fu resa colposamente impossibile, e dall'art. 1059 che impone, al
condomino il quale abbia già manifestato la sua volontà per la costituzione di una
servitù attiva, di non creare impedimenti all'esercizio del diritto: la coincidenza del
contenuto di codeste disposizioni fa intendere che esso assurge a principio generale e
che quindi è suscettibile di governare anche ipotesi non espressamente previste. Si può
parlare di violazione dell'obbligo di non impedire la formazione della fattispecie quando,
ad esempio, si renda impossibile alla controparte di esercitare la facoltà di accettare
(mediante violenza o raggiri, facendo ignorare alla controparte i successivi mutamenti di
domicilio, residenza, o dimora, operando in maniera da farle negare o da farsi negare le
autorizzazioni che possano essere necessarie, ecc.); si può parlare di violazione
dell'obbligo di non impedire che la fattispecie produca i suoi effetti quando, ad esempio,
si aliena o si distrugge la cosa che è oggetto della prestazione promessa, o si fa in
modo che non venga ad esistenza la cosa futura che l'obbligato avrebbe dovuto
prestare; e perciò nel caso di opzione è evidentemente convenuta l'indisponibilità
(obbligatoria: art. 1379) del bene che è oggetto della prestazione promessa
dall'obbligato (v., su ciò, anche, supra, sub art. 1327, n. 5).
Nella violazione di tali obblighi non deve riscontrarsi un'ipotesi di responsabilità per
culpa in contrahendo, perché questa consiste nell'ignorare colposamente la mancanza
degli elementi necessari per la produzione dell'effetto contrattuale o nel tacere
colposamente all'altra parte la mancanza stessa (articoli 1337 e 1338); il che è diverso
dalla fattispecie sopra considerata.
Nella qualifica di parte data dall'art. 1331 tanto all'obbligato quanto al favorito v'è il
chiaro indice della partecipazione di quest'ultimo alla formazione del negozio,
rimanendo così escluso che egli vi assuma un contegno semplicemente recettizio. Si
noti l’identità di formulazione fra l’art. 1331 e gli articoli definitori dei singoli contratti,
dove, come nell'art. 1331, si fa cenno di «una parte» e dell’«altra»; ma si noti, di più,
che nell'art. 1331 si presuppone che le parti convengano l'opzione, in modo da
esprimere senza ombra di dubbio che la volontà di entrambi i soggetti è necessaria per
la produzione del negozio. E val la pena di rilevare ancora che, nel successivo art.
1334, i1 soggetto al quale gli atti unilaterali sono diretti viene designato «persona alla
quale (gli atti) sono destinati», e non parte.
Da ciò la conseguenza che dall'art. 1331 esula la figura, così della proposta come della
promessa unilaterale, alle quali è estranea la bilateralità strutturale. L'art. 1331 avvicina
opzione e proposta quoad effectum non quoad naturam, come appare dal senso
letterale delle sue enunciazioni; se si potesse parlare di proposta o di promessa
unilaterale si dovrebbe questa scindere da una convenzione fra obbligato e favorito
diretta a stabilire l'irrevocabilità della dichiarazione e l'indisponibilità del bene oggetto di
questa, con che si spezzerebbe l'unità negoziale che deve senza meno ammettersi nel
caso di opzione.
Il discutere poi, se nell'art. 1331 si indichi una promessa preliminare o una promessa
definitiva sembra, in secondo luogo, inutile, essendosi visto che l'opzione può avere
indifferentemente l'uno o l'altro contenuto.
L'opzione, quindi, più che dar luogo a condizione, permette alla parte favorita di
esprimere con maggiore ponderatezza la sua volontà favorevole al contratto,
consentendole di ritardare la prestazione del suo consenso senza correre il rischio di
vedere estinto o revocato il consenso dell'altra parte.
Si è detto (supra, sub n. 2) che l'opzione implica indisponibilità del bene che è oggetto
della promessa dell'obbligato.
Relazioni
206 Si è poi disciplinata la c.d. opzione (art. 225) che, per quanto sia più frequente
nella pratica della compravendita, non è rara negli altri contratti.
In base al relativo patto si riserva ad una delle parti, e per un certo periodo di tempo, un
diritto di preferenza avente un contenuto determinato. E' chiaro che la clausola fa
dipendere dalla mera volontà di una parte l'intera efficacia del contratto; ma non si è di
fronte alla condizione meramente potestativa che rende nulla l'obbligazione, perché è
tale solo quella che fa dipendere l'efficacia di una delle attribuzioni patrimoniali
(assunzione di un obbligo, alienazione di un diritto) dalla mera volontà dell'obbligato o
dall'alienante.
La riserva di opzione si è raffigurata come produttiva degli stessi effetti dell'offerta
ferma. E in realtà, la parte che si è obbligata alla preferenza è vincolata da questo
obbligo per tutta la scadenza del periodo riservato; in modo che la revoca della
promessa di opzione non impedirà che il contratto venga ad avere efficacia quando
l'optante fa la dichiarazione di opzione. Ad evitare che la mancanza di un termine possa
lasciare indefinitivamente incerta la situazione delle parti, si è previsto che il giudice può
610 E' regolato come una proposta irrevocabile il c.d. patto di opzione, in base al quale
una delle parti conviene di rimanere vincolata alla propria dichiarazione mentre l'altra ha
facoltà di accettarla o meno (art. 1331 del c.c., primo comma). Il patto è frequente e ha
dato luogo a gravi dibattiti. Il nuovo codice non intende determinarne la natura ma vuole
governarne solo l'effetto pratico. E l'effetto pratico più aderente alla volontà delle parti è
quello dato dal carattere definitivo dell'impegno di una di esse, che è effetto comune
anche alla proposta irrevocabile. Per questo, opzione e proposta irrevocabile sono
accostate nel medesimo regolamento, con che esse non vengono certo ridotte ad
un'unica figura giuridica. Non potrebbero, del resto, considerarsi di identica natura,
perché l'opzione è una convenzione, mentre la proposta irrevocabile è un atto
unilaterale. Pertanto la morte o la sopravvenuta incapacità della parte che ha assunto
l'impegno contenuto nell'opzione non potrebbe estinguere questo per un ulteriore ordine
di considerazioni: per il motivo, cioè, che l'impegno forma oggetto di un contratto.
Giurisprudenza
Cass. n. 23022/2006
In tema di opzione per l'acquisto di titoli azionari, anche nel caso in cui il patto di
opzione relativo alla vendita sia associato ad un pactum de compensando tra il prezzo
della vendita e il credito del titolare del diritto di opzione per altro titolo, il momento
traslativo della vendita si determina per effetto dell'esercizio della opzione. Ne consegue
che, ai fini della sussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria fallimentare e della
ricorrenza del periodo sospetto, occorre considerare il momento in cui è stata esercitata
l'opzione e non il precedente negozio con il quale sono state regolate le modalità di
esercizio della compensazione ed è stata concessa la opzione.
Cass. n. 15142/2003
Il patto di opzione è un negozio giuridico bilaterale che dà luogo ad una proposta
irrevocabile cui corrisponde la facoltà di una delle parti di accettarla, configurando uno
degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente
dall'accordo avente ad oggetto l'irrevocabilità della proposta e, successivamente,
dall'accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il
contratto; pertanto nel caso di revocatoria fallimentare ex art. 67, primo comma, l. fall.,
di un contratto stipulato in virtù di un patto di opzione (nella specie di compravendita di
azioni), l'accertamento dei presupposti della revocatoria ? quindi, della sproporzione tra
le prestazioni e della scientia decoctionis ? deve essere compiuto facendo riferimento
alla data di accettazione della proposta irrevocabile.
Cass. n. 17737/2002
Nel patto di opzione è negozio giuridico bilaterale che obbliga entrambe le parti, sicché
qualsiasi modifica concernente il contenuto del medesimo — come il termine entro il
quale l'oblato può accettare la proposta, elemento costitutivo essenziale del patto di
opzione — deve rivestire la medesima forma prescritta per detto negozio e provenire
dalla volontà comune delle parti di esso, ovvero da un loro rappresentante, munito di
procura generale o speciale, espressamente conferita tal fine.
Cass. n. 2017/1998
L'istituto dell'opzione di cui all'art. 1331 si inserisce nell'ambito di una più complessa
fattispecie a formazione progressiva, costituita inizialmente da un accordo avente ad
oggetto la irrevocabilità della proposta del promittente, e, successivamente, dalla
(eventuale) accettazione del promissario che, saldandosi con la precedente proposta,
perfeziona il nuovo negozio giuridico, cosa che soltanto successivamente alla conclusio-
ne del contratto di opzione il promissario, con riferimento al contratto definitivo, può
incorrere in responsabilità precontrattuale, se abbia ingenerato il ragionevole
affidamento nella conclusione di tale contratto rifiutandone, poi, la stipulazione.
Cass. n. 9675/1996
Il patto di opzione previsto dall'art. 1331 codice civile impone nella compravendita ad
una delle parti l'obbligo incondizionato ed irrevocabile di vendere o di comprare,
attribuendo contestualmente all'altra parte il diritto di conseguire la vendita o l'acquisto
del bene o di rinunciarvi a sua insindacabile scelta, di guisa che per rendere eseguibile
il patto è sufficiente la dichiarazione di volontà del promissario essendo quella del
proponente già manifestata, vincolante e per lui irrevocabile ed essendo il proponente
stesso liberato dal vincolo derivante dall'opzione solo se l'accettazione della proposta
intervenga dopo la scadenza del termine all'uopo fissato.
Cass. n. 4901/1987
L'opzione prevista dall'art. 1331 c.c., ha natura contrattuale, consistendo in un accordo
in base al quale una parte si impegna a mantenere ferma una proposta per un certo
tempo nell'interesse dell'altra parte. Pertanto è configurabile un'opzione per persona da
nominare non essendovi ragione di fare eccezione al principio generale che ammette la
stipulazione del contratto per persona da nominare (come pure di quello a favore di
terzo) in relazione a qualsiasi tipo di contratto, preliminare o definitivo, purché l'oggetto
della prestazione lo consenta.
Cass. n. 3625/1983
Nell'opzione il solo proponente rimane vincolato alla propria dichiarazione, mentre la
controparte è libera sia di accettare puramente e semplicemente la proposta stessa, sia
di formulare una controproposta che, contenendo elementi non compresi nella già
prevista struttura del contratto finale, non può determinare la conclusione di questo in
conformità della concessa opzione, ma consente di pervenire ad un diverso contratto
qualora venga accettata dal destinatario.
Cass. n. 2908/1983
Il patto d'opzione, secondo la previsione dell'art. 1331 c.c., conferisce ad una delle parti,
a fronte della proposta dell'altra, non revocabile per un determinato periodo di tempo, il
© Brocardi.it 2003-2018 - Tutti i diritti riservati 7
Articolo 1331 Codice civile
Cass. n. 436/1982
Integra la figura giuridica dell'opzione di cui all'art. 1331 c.c. il contratto con cui una
delle parti si obbliga a cedere, ad un prezzo concordato, la sua quota di comproprietà di
un bene immobile a seguito della richiesta proveniente da ciascuna delle altre parti
contraenti. Tale contratto impegna irrevocabilmente il proponente, anche senza la
fissazione di un termine finale di validità, e l'esercizio del diritto potestativo di
accettazione della proposta può avvenire nel termine prescrizionale di dieci anni ai
sensi dell'art. 2946 c.c., mentre il mutamento delle condizioni di mercato non determina
l'inefficacia del contratto, ma può solo legittimare, ove si tratti di un contratto sinal-
lagmatico, la possibilità di ottenere la risoluzione ope iudicis ex art. 1467 c.c. e, ove si
tratti di contratto con obbligazioni a carico di una sola parte, la riduzione della
prestazione o la riconduzione del contratto ad equità ex art. 1468 c.c.
Cass. n. 3170/1978
Il cosiddetto patto di opzione è un vero e proprio contratto, nel quale il consenso attual-
mente manifestato dalle parti si esplica effettualmente nell'attribuzione al «favorito» di
un potere di decisione rispetto alla conclusione di un contratto ulteriore già determinato
nel suo contenuto, di guisa che, una volta che il potere sia stato esercitato, tale
contratto ulteriore (comunemente detto «definitivo», ma più adeguatamente denotato
dalla denominazione di «finale») giunge a perfezione senz'altro, e immediatamente
attinge gli effetti costitutivi o traslativi propri del tipo cui appartiene.
Cass. n. 1893/1975
Nell'opzione il promittente, se nulla deve fare di positivo per la conclusione del contratto
definitivo, deve tuttavia mantenere un comportamento di astensione affinché la
conclusione del contratto definitivo non sia impedita. Trattasi di obbligazione negativa, il
cui inadempimento non è opponibile ai terzi che ne abbiano tratto vantaggio (ad
esempio, acquistando la cosa che il promittente abbia proposto di vendere) e produce
solo l'obbligo di risarcimento a carico del promittente inadempiente.
Cass. n. 244/1970
Se le parti abbiano regolato integralmente i loro rapporti assumendo obblighi reciproci e
condizionando solo l'obbligo di una parte all'adempimento dell'altra entro un certo
termine, non si versa in tema di patto di opzione, sussistendo questo schema
contrattuale nel caso in cui le parti convengano che una di esse rimanga vincolata alla
propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarlo o meno.