IL NEGOZIO GIURIDICO:
La categoria del negozio giuridico, in cui si inquadra la figura del
contratto, è stata elaborata dalla dottrina pandettistica.
= Il negozio giuridico è un atto di volontà diretto ad uno scopo
rilevante per l'ordinamento giuridico.
La categoria consente di distinguere gli atti giuridici in:
- atti di autonomia privata;
- atti giuridici in senso stretto.
Il negozio è esplicazione dell'autonomia privata, quale potere del
soggetto di decidere della propria sfera giuridica, personale o
patrimoniale. Il soggetto esplica la propria autonomia privata
mediante atti negoziali. Il negozio giuridico può allora definirsi
senz’altro come atto di autonomia privata. In questa definizione
rientra anche il contratto, che è la principale ma non l’unica figura
di negozio.
Il nostro codice, seguendo il codice francese, contiene una
disciplina generale del contratto, ma non del negozio. Il codice
riconosce il principio dell’autonomia contrattuale quale potere del
soggetto di autodeterminare i propri rapporti con i terzi mediante
contratti tipici e atipici, purchè diretti a realizzare interessi
meritevoli di tutela secondo l’ordinamento (art. 1322 c.c.).
Analisi economica:
Il contratto non è riducibile a un’operazione economica:
a) è un fenomeno giuridico distinto rispetto alla sottostante
operazione economica: esso è il titolo giuridico sul quale
l’operazione è fondata. È l’accordo, tacito o esplicito,
mediante il quale gli interessati decidono l’affare e in base al
quale deve accertarsi quali sono le prestazioni spettanti alle
parti.
b) il rapporto contrattuale non è una semplice risultante di leggi
economiche o la trasposizione in termini giuridici di un
fenomeno economico. Il contratto è influenzato dalle leggi
economiche (es. la fissazione del prezzo non è un atto di
arbitrio ma una statuizione che si adegua alle leggi economiche
della domanda e dell’offerta).
Il contratto può essere influenzato anche da fattori non economici
(es. particolari motivazioni di carattere personale possono spingere
la parte a derogare al criterio della convenienza economica). Il
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Analisi giuridica:
è l’analisi del contratto come fenomeno giuridicamente rilevante.
Questo fenomeno deve essere identificato nella sua realtà sociale.
Si svolge in due direzioni principali: l’interpretazione e la
determinazione degli effetti giuridici. Le due operazioni non possono
comunque prescindere dall’accertamento degli interessi che il
contratto è diretto a realizzare, cioè della sua causa.
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CAPITOLO II – LE PARTI
Parte del contratto o contraente in senso sostanziale è il titolare
del rapporto contrattuale, cioè il soggetto cui è direttamente
imputato l’insieme degli effetti giuridici del contratto.
Parte del contratto o contraente in senso formale è l'autore del
contratto, cioè il soggetto che emette le dichiarazioni contrattuali
costitutive.
Questi due significati di parte hanno riguardo ai due profili del
contratto quale atto e quale rapporto. Di massima chi è parte
dell’atto è anche parte del rapporto. Le posizioni possono non
coincidere:
- Rappresentanza diretta: rappresentante è parte formale (concorre
con la propria dichiarazione alla formazione del contratto),
rappresentato è parte sostanziale (a lui vengono imputati i
diritti e obblighi scaturenti dal contratto).
- Cessione del contratto: un terzo subentra nella titolarità del
rapporto contrattuale, divenendo parte del rapporto ma non parte
all’atto costitutivo.
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Il contratto plurilaterale:
= Contratto costituito da più parti in senso sostanziale.
Secondo l'opinione comune della dottrina per parte deve intendersi il
centro di interessi; pertanto il contratto plurilaterale si
caratterizza anzitutto per la presenza di più centri di interessi
(es. contratto di società). Non vanno considerati contratti
plurilaterali i contratti cui partecipa una pluralità di persone
riconducibili a due contrapposti centri di interesse (es. vendita del
bene da parte di più comproprietari) – sono chiamati contratti a
parte complessa.
La pluralità di parti si riscontra nei contratti a comunione di scopo
(es. contratti di società, associazione, consorzio). La comunione di
scopo consiste nell’unità del risultato giuridico o nel vantaggio
comune delle prestazioni delle parti.
Un principio generale valido per questi tipi di contratto è che il
vizio che colpisce il vincolo partecipativo di uno dei contraenti non
si estende all'intero contratto (come invece accadrebbe nei contratti
bilaterali) salvo però che il vincolo debba considerarsi, secondo le
circostanze, essenziale per la vita del contratto stesso (si tratta
di nullità parziale in senso soggettivo). In applicazione, infatti,
del principio di conservazione del contratto la legge considera
valido il contratto quando, prescindendo dalla partecipazione di quel
soggetto, sia comunque possibile il raggiungimento dello scopo.
L'altra specie di contratti plurilaterali, peraltro non numerosi, è
formata da quelli caratterizzati non dallo scopo comune in quanto
ciascun contraente è spinto alla conclusione del contratto da un
interesse proprio, distinto rispetto a quello degli altri contraenti.
Proprio in considerazione di ciò si esclude che nei confronti di
questa tipologia di contratto possa trovare applicazione il principio
prima esposto.
Es. il contratto divisorio (contratto che si stipula tra i titolari
di un bene in comunione e che ha per oggetto lo scioglimento della
stessa e dopo del quale ciascuno dei contitolari diventa proprietario
della porzione del bene attribuitagli); transazione plurilaterale;
convenzioni matrimoniali plurilaterali.
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Fermo restando che tale contratto non produce alcun effetto per il
soggetto il cui nome è stato usurpato, si discute se esso produce
effetti per l'usurpatore.
1) Una corrente di pensiero riferisce il contratto alla
persona di cui il contraente assume il nome ma (ovviamente) lo
reputa nullo per mancanza del consenso, in quanto la parte cui
il contratto si riferisce non ha manifestato alcuna volontà
negoziale.
2) La dottrina prevalente ritiene che il riferimento del
contratto al dichiarante o al vero portatore del nome dipenda
dalla valutazione della volontà contrattuale.
• Il contratto dovrebbe riferirsi al vero
portatore del nome quando, secondo l’interpretazione del
contratto stesso, non è rilevante la persona fisica del
dichiarante ma solo la persona di cui il dichiarante assume
il nome. Si può applicare lo schema della rappresentanza
senza potere ogni qualvolta risulti che la controparte ha
contrattato con l'usurpatore solo a causa del nome speso e
che, a sua volta, l'usurpatore ha utilizzato il nome altrui
con tale consapevolezza. L'usurpatore sarebbe, infatti, da
considerare come un rappresentante del vero portatore del
nome.
(!) In realtà, punto debole di quest'opinione rimane il
fatto che chi contrae in proprio sotto nome altrui
riferisce comunque il contratto a se medesimo quale autore
della dichiarazione, ed è lui che assume l’impegno
contrattuale.
• L'ipotesi di contratto riferito esclusivamente
alla persona di cui il contraente assume il nome è stata
ravvisata nella conclusione del contratto tra assenti. In
questo caso infatti l’unico elemento di identificazione
della parte è il nome speso, e il contratto sarà pertanto
riferibile soltanto al portatore del nome.
(!) Può tuttavia obiettarsi che neppure tale circostanza
(la lontananza dei contraenti) vale ad escludere il
riferimento alla persona del contraente come colui che
emette (comunicandola per posta o con altri mezzi) la
dichiarazione contrattuale. Conferma dal rilievo che chi
contrae a distanza assume pur sempre il vincolo
contrattuale quale autore della proposta o
dell'accettazione anche se ricorre ad un nome di fantasia.
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LA RAPPRESENTANZA
Rappresentanza diretta: il potere di un soggetto (detto
rappresentante) di compiere atti giuridici in nome e per conto di un
altro soggetto (detto rappresentato).
- rappresentato diventa parte sostanziale del contratto assumendo
la titolarità del rapporto. Rappresentante agisce in nome del
rappresentato, imputazione del rapporto contrattuale
direttamente a quest’ultimo.
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La rappresentanza diretta:
= potere di un soggetto (rappresentante) di compiere atti giuridici
in nome di un altro soggetto (rappresentato).
- Legale: ha titolo nella legge;
- Negoziale: ha titolo in un altro atto di conferimento del
rappresentato (procura).
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Il potere rappresentativo:
La dottrina incontra una tradizionale difficoltà a spiegare il
fenomeno della rappresentanza poiché questo fenomeno sembrerebbe
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La procura:
= negozio unilaterale mediante il quale un soggetto conferisce ad un
altro il potere di rappresentarlo.
- Si inquadra nell'ambito dei negozi autorizzativi: autorizzazione
ad agire in nome dell’autorizzante.
- È un atto unilaterale: si perfeziona con la sola manifestazione
di volontà del suo autore senza che occorra il consenso del
destinatario. L’unilateralità della procura si spiega in quanto
essa attribuisce al soggetto destinatario una semplice posizione
di potere senza comportare né per il rappresentato né per il
rappresentante la perdita di un diritto o l'assunzione di un
obbligo.
- Si afferma comunemente che la procura è un negozio astratto, nel
senso che produce il suo effetto a prescindere dal rapporto
sottostante tra rappresentante e rappresentato.
(!) Tuttavia, afferma il Bianca è dubbio che si possa parlare
propriamente di astrattezza dal momento che la procura esprime
essa stessa una tipica sufficiente ragione giustificativa
dell'atto, e cioè l'interesse del dominus a farsi sostituire da
altri nel compimento di attività giuridiche. Se, pertanto, la
causa non esistesse o fosse illecita il negozio di procura deve
reputarsi nullo in applicazione del generale principio di
causalità del negozio giuridico. La nullità della procura non può,
tuttavia, essere opposta ai terzi che abbiano fatto ragionevole
affidamento su di essa potere, pertanto sul principio
dell'invalidità prevale quello dell'apparenza imputabile alla
rappresentato.
- Secondo l'opinione prevalente, è un negozio recettizio nel senso
che la sua efficacia sarebbe subordinata alla sua ricezione da
parte del rappresentante o secondo altri da parte del terzo.
Altri ancora non lo ritengono un negozio recettizio in quanto la
conoscenza non è funzionale all'effetto e non risponde ad
un'esigenza di tutela del destinatario. Questa teoria tra
l'altro è accolta, anche, dal Bianca.
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Rappresentanza gestoria:
Il potere di rappresentanza è normativamente previsto in capo a chi
ha una funzione gestoria nell’ambito di enti giuridici o imprese.
Trattandosi di un effetto legale del rapporto si ritiene che possa
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Stati soggettivi:
Per il perfezionamento del negozio stipulato dal rappresentante
rileva la dichiarazione di volontà dello stipulante. La volontà
costitutiva delle negozio compiuto nell'esercizio del potere
rappresentativo è esclusivamente quella delle rappresentante.
- La validità del negozio presuppone l’integrità e la libertà del
consenso prestato dal rappresentante. Pertanto, secondo le
regole generali il negozio è suscettibile di annullamento se la
volontà manifestata dalla rappresentante era viziata da dolo,
terrore o violenza, o se il rappresentante era affetto da
incapacità naturale.
- Sono anche rilevanti, per la legge, gli stati soggettivi di
buona fede o malafede del rappresentante, perché l’atto rientra
nella sua sfera di decisione; tuttavia se si tratta di elementi
predeterminati dal rappresentato saranno rilevanti gli stati
soggettivi di quest'ultimo. (Es. il rappresentato che decide di
acquistare un immobile da parte di una determinata persona, può
avvalersi dell’usucapione se era in buonafede e se anche il
rappresentante ignorava che l’alienante non era proprietario.
Per converso, se il rappresentante sapeva che l’alienante non
era il proprietario, egli non può giovarsi dell’eventuale
buonafede del rappresentante).
(?) Rappresentato può valersi della buonafede del rappresentante
pur quando il compimento personale dell’atto lo avrebbe
preservato dall’errore (es. pagamento del rappresentante al
creditore apparente)? Il rappresentato può giovarsi della norma
che dichiara liberatorio il pagamento eseguito in buonafede al
creditore apparente?
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Il conflitto di interessi:
Art. 1394: Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di
interessi con il rappresentato è annullabile se il conflitto era
riconosciuto o riconoscibile da parte del terzo.
Il conflitto di interessi è un’ipotesi di contrasto tra interesse del
rappresentante e interesse del rappresentato. Ciò che rileva non è
che l’atto sia svantaggioso per il rappresentato ma occorre che il
rappresentante sia portatore di interessi incompatibili con quelli
del rappresentato.
Il rappresentante può agire anche nel proprio o nell’interesse di
terzi (ciò si desume dalla disciplina del mandato: mandato conferito
nell’interesse del mandatario o di terzi – art. 1723 c.c.). Il
rappresentante però non può esercitare il suo potere nell’esclusivo
interesse suo o di altri. Nell’ipotesi di conflitto di interessi il
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REVOCA:
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Il difetto di rappresentanza:
= ipotesi del contratto stipulato da chi non ha alcun potere
rappresentativo o eccede i limiti della procura (falso
rappresentante).
→ In difetto del potere di rappresentanza di contratto non è
efficace né rispetto a rappresentante, né rispetto al rappresentato e
neppure rispetto al terzo contraente.
- Rispetto al rappresentato il contratto non è efficace in quanto
l'imputazione dei difetti del negozio direttamente in capo al
rappresentato discende dal potere rappresentativo dello
stipulante. Se questo potere non sussiste, il negozio rimane
estraneo alla sera giuridica del rappresentato.
- Rispetto al rappresentante il negozio è inefficace in quanto si
tratta di un atto compiuto nel nome del rappresentato. Il
negozio cioè è destinato a produrre effetti nella sfera
giuridica delle rappresentato e non su quella del sedicente
rappresentante, il quale non assume alcun impegno né compie
alcun atto dispositivo in nome proprio.
- Nei confronti del terzo il contratto è egualmente inefficace. In
capo al tale soggetto non possono prodursi effetti obbligatori o
reali provvide contratto, poiché tali effetti presuppongono
l'operatività del contratto nei confronti del rappresentato.
L'inefficacia del contratto stipulato dal falso rappresentante
non significa che tale contratto sia nullo o annullabile. Il
contratto è semplicemente privo di un requisito di efficacia che
può essere integrato successivamente mediante la ratifica da
parte del rappresentato.
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La ratifica:
= negozio unilaterale mediante il quale il soggetto (il
rappresentato) rende efficace nei propri confronti l'atto del non
autorizzato.
Con la ratifica il rappresentato non conclude un nuovo contratto con
il terzo né stipula il contratto già stipulato da rappresentante. La
volontà del ratificante è diretta, piuttosto, ad accettare l'operato
del falso rappresentante, e quindi a conferirgli quella posizione di
legittimazione che il falso rappresentante avrebbe dovuto avere sin
dal momento della stipulazione del negozio.
- Negozio diretto a integrare un elemento costitutivo del
contratto stipulato dal falso rappresentante. Tale negozio si
deve però intendere perfezionato nei suoi elementi costitutivi.
Secondo altri sarebbe la ratifica avrebbe natura autonoma:
negozio con cui il ratificante si appropria dell’atto del falso
rappresentante. (! L’appropriazione dell’atto si realizza
attraverso gli effetti del contratto stipulato dal falso
rappresentante, risultando la ratifica un sopravvenuto requisito
di efficacia di tale contratto!).
- La ratifica esprime il potere di legittimazione dell’interessato
attraverso il quale questo recupera l’atto nella propria sfera
giuridica: si tratta di una procura successiva.
- Quale procura successiva la ratifica è interamente sottoposta
alla disciplina della la procura, ed in particolare, richiede la
stessa forma cioè la forma scritta per il contratto stipulato
dal rappresentante.
- Anche la ratifica può essere manifestata tacitamente (es.
volontà del rappresentato di avvalersi delle posizioni derivanti
dal negozio posto in essere dal falso rappresentante).
- La ratifica è, secondo l'opinione dominante, un atto recettizio
nei confronti del terzo contraente: questa opinione si
giustifica in data rilievo che l'atto rende operante il rapporto
contrattuale tra il terzo e di rappresentato.
- La ratifica ha effetto retroattivo, nel senso che il contratto
concluso dal falso rappresentante acquista la sua efficacia fin
dall'origine come se fosse stato concluso dal rappresentante
legittimato. Tuttavia, detto effetto retroattivo non può operare
in pregiudizio di terzi, ossia di coloro che anteriormente alla
ratifica abbiano acquistato di incompatibili con l'atto
dispositivo della rappresentante.
- In attesa della ratifica il contratto concluso dal falso
rappresentante è vincolante per il terzo contraente, il quale
non può sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale.
La legge non prevede un limite temporale per l'esercizio del
potere di ratifica da parte delle rappresentato, tuttavia questa
situazione di pendenza non può di certo protrarsi a tempo
indefinito in pregiudizio del terzo. A quest'ultimo la legge
accorda pertanto un diritto interrogatorio, cioè il potere di
assegnare a rappresentato un termine (di decadenza) per
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La rappresentanza apparente:
= è rappresentante apparente colui che in base a circostanze univoche
mostra di avere un potere rappresentativo di cui in realtà è privo.
La semplice apparenza della legittimazione non vale a supplire la
mancanza di una legittimazione effettiva.
• Il rischio della falsa rappresentanza ricade sul terzo poiché il
presunto rappresentato non può sottostare agli effetti giuridici
di un negozio che gli è estraneo. → Il rimedio del terzo è
quello del risarcimento dei danni nei confronti del falso
rappresentante per aver confidato nell’efficacia del contratto.
• Il contratto concluso dal falso rappresentante è efficace nei
confronti del rappresentato se questo ha dato causa
all’apparente legittimazione. La situazione di apparenza creata
o causata dall’apparente rappresentato deve essere tale da
giustificare l’affidamento di una persona normalmente diligente.
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La nomina:
= La dichiarazione di nomina è il negozio unilaterale mediante il
quale lo stipulante imputa il rapporto contrattuale al terzo con
effetto retroattivo.
- ha efficacia se lo stipulante è legittimato a imputare al terzo
il rapporto contrattuale: cioè se al momento della nomina abbia
il relativo potere di rappresentanza del terzo. La mancanza del
potere rappresentativo comporta l'inefficacia della nomina, la
quale può tuttavia essere accettata dal terzo. Questa
accettazione è intesa come una ratifica, in quanto supplisce
all'originario difetto del potere rappresentativo dello
stipulante.
- La dichiarazione di nomina e l'accettazione sono negozi che
servono ad integrare il contratto per ciò essi devono rivestire
la stessa forma che le parti hanno usato per il contratto.
- È soggetta allo stesso regime di pubblicità del contratto cui
inerisce.
- È un atto recettizio: deve essere comunicata al promittente nel
termine di 3 giorni dalla stipulazione del contratto. (Le parti
possono stabilire un termine più lungo ma ai fini fiscali se la
nomina è fatta oltre il terzo giorno si considera come se lo
stipulante avesse acquistato in proprio e rialienato al terzo).
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Il danno risarcibile
Il danno risarcibile non consisterà nella lesione del c.d. interesse
positivo (cioè l'interesse all'esecuzione del rapporto contrattuale,
criterio seguito nel campo della responsabilità contrattuale) ma
nella lesione del c.d. interesse negativo = interesse del soggetto a
non essere leso nell'esercizio della sua libertà negoziale.
Bisogna distinguere tra il danno per lesione dell'interesse positivo
e dell'interesse negativo:
- Il danno per lesione dell'interesse positivo (quale interesse
all'esecuzione del contratto) è rappresentato dalla perdita di
soggetto avrebbe evitato (danno emergente) e dal vantaggio
economico che avrebbe conseguito se il contratto fosse stato
eseguito (lucro cessante).
- Il danno per lesione dell'interesse negativo (quale interesse a
non essere leso nell'esercizio della libertà negoziale) consiste
nel pregiudizio che il soggetto subisce:
1) per aver confidato inutilmente nella conclusione o nella
validità del contratto;
2) per aver stipulato un contratto che senza l’altrui illecita
ingerenza non avrebbe stipulato, o avrebbe stipulato a
condizioni diverse.
Il soggetto avrà diritto al risarcimento del danno consistente
nelle spese inutilmente erogate (per trattative, stipulazione,
per eseguire o ricevere la prestazione) e nella perdita di
favorevoli occasioni contrattuali (possibilità vantaggiose
sfuggite al contraente a causa dell’inutile trattativa o
stipulazione).
Occorre tener ferma la distinzione rispetto al danno per
l’inadempimento del contratto: questo è determinato in ragione
dell’utile netto che il creditore avrebbe conseguito dall’esatto
adempimento del contratto.
Il danno da impedimento alla conclusione del contratto invece
consiste nella perdita di un’occasione favorevole e va quindi
determinato tenendo conto delle probabilità positive e negative.
Se il contratto rimane valido ed efficace, il danno da illecito
precontrattuale consiste nelle migliori condizioni che il contraente
avrebbe ottenuto senza l’illecita ingerenza della controparte o del
terzo (es. vantaggio che la parte avrebbe presumibilmente avuto se
non fosse stata vittima di dolo).
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Il contratto preliminare
= contratto mediante il quale una o entrambe le parti si obbligano
alla stipulazione di un successivo contratto, detto definitivo.
- preliminare unilaterale: vincola una sola parte,
- preliminare bilaterale: vincola entrambe le parti.
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Il contratto definitivo
- Il contratto preliminare risponde all'intento delle parti di
creare un vincolo strumentale e provvisorio in ordine alla
stipulazione del contratto definitivo. La normale attuazione di
tale vincolo conduce alla stipulazione di un contratto che si
pone come fonte esclusiva del rapporto contrattuale.
Il contratto definitivo non può essere considerato una
ripetizione del contratto preliminare ma esso è un nuovo accordo
che le parti stipulano in conformità dell'impegno e al quale
vengono tutti gli effetti obbligatori reali.
- Il preliminare inoltre obbliga le parti non soltanto alla
prestazione del consenso ma anche alle prestazioni che questo
consenso implica. Ciò non esclude che il contratto definitivo
sia comunque la fonte esclusiva del rapporto contrattuale: esso
è infatti destinato a sostituire il titolo provvisorio del
preliminare.
→ In quanto definitivo, è un normale contratto con il quale le parti
costituiscono il loro rapporto: richiede i requisiti di
legittimazione, liceità e possibilità dell’oggetto, integrità del
volere.
Con la stipulazione del definitivo le parti adempiono la loro
obbligazione, ma ciò non incide sulla causa del contratto, che deve
sempre essere individuata nell’interesse pratico perseguito.
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PATTO DI PRELAZIONE:
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La prenotazione:
= indica varie ipotesi di impegni preliminari che si diversificano in
relazione alle circostanze e al tipo di rapporto.
- Prenotazione di vendita: atto di ordinazione di un bene prodotto
in serie che il venditore si impegna ad alienare in un tempo
futuro indipendenza degli altri impegni già assunti.
L’accettazione della prenotazione perfeziona un contratto
preliminare bilaterale di vendita: il venditore si obbliga a far
seguito all’ordinazione accettata. Si evince inoltre un tacito
rinvio alla stipulazione del contratto definitivo al momento
della consegna del bene.
- In altri contratti (di albergo, di viaggio…) la prenotazione
semplice può esprimere l’impegno a termine di una sola parte
(quella che accetta la prenotazione) alla stipulazione del
contratto. Se la prenotazione si accompagna alla corresponsione
di un anticipo, l’impegno deve intendersi a carico di entrambe
le parti. Se il prenotante corrisponde l’intero corrispettivo,
la prenotazione accettata esprime in realtà l’attuale formazione
del contratto.
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LA CONTRATTAZIONE
L’accordo contrattuale
La definizione di contratto data dall'articolo 1321 c.c. pone
l'accento sulla volontà delle parti esso definisce contratto come:
l’accordo di due o più parti per costituire,regolare o estinguere tra
loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Dalla definizione si evince che il primo elemento costituente la
fattispecie contrattuale è l'accordo. L'art. 1321 deve essere
coordinato e letto congiuntamente con l'art. 1325 che nell'elencare i
requisiti essenziali del contratto pone l'accordo come primo di tali
requisiti.
Il contratto, essendo un autoregolamento di privati interessi, si
conclude nel momento in cui si ha l'incontro delle volontà delle due
o più parti che lo costituiscono.
Per stabilire se le parti hanno perfezionato l’accordo occorre
accertare se sono stati osservati gli oneri giuridici relativi alla
formazione del contratto (completezza proposta, rispetto forma,
tempestività accettazione…) ma anche se il comportamento delle parti
integri una fattispecie socialmente valutabile come accordo.
- l’idea secondo cui l’accordo consisterebbe nella congruenza
formale/esteriore delle dichiarazioni non può essere condivisa.
Questa fa presumere l’accordo ma non vuol dire necessariamente
che l’intesa sia raggiunta. Non bisogna fermarsi al significato
delle parole ma bisogna indagare la comune intenzione delle
parti, desumibile dal loro comportamento.
- Occorre che il significato del complessivo comportamento delle
parti, obiettivamente valutato, esprima la loro concorde volontà
di costituire/modificare/estinguere un rapporto giuridico
patrimoniale.
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Il silenzio
Il silenzio, in generale, indica l'inerzia del soggetto che non
manifesta una volontà sia essa positiva o negativa.
Il silenzio in sé e per se è un fatto equivoco e come tale non può
avere il valore giuridico di positivo consenso (o negativo di
diniego).
- Tuttavia, si ritiene che l'accordo si possa perfezionare
nonostante il silenzio della parte quando sia la legge stessa ad
attribuire all'inerzia del soggetto il valore di consenso.
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Proposta e accettazione
Lo schema principale di formazione del contratto è quello che si
articola nella sequenza proposta-accettazione.
- Proposta: manifestazione attuale di volontà contrattuale aperta
all’adesione del suo destinatario.
- Accettazione: atto di accoglimento della proposta.
Il contratto si considera concluso nel momento e nel luogo in cui il
proponente ha avuto notizia dell’accettazione dell’altra parte (art.
1326).
Requisiti:
- La proposta e l’accettazione manifestano la volontà contrattuale
della parti: tali atti, pertanto, devono avere il requisito
fondamentale dell’idoneità a esprimere il consenso costitutivo
del contratto.
- Possono essere tacite o espresse e devono rivestire la forma
eventualmente necessaria per la validità del contratto. Se il
contratto non è formale, possono avere forma libera. Un
particolare onere di forma per l’accettazione può essere imposto
dal proponente. L’accettazione in forma diversa “non ha effetto”
(art. 1326).
- Completezza della proposta: sufficienza del suo contenuto ai
fini della formazione del contratto. Deve contenere la
determinazione degli elementi essenziali del contratto oppure
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Carattere recettizio
La proposta e l'accettazione sono di regola atti recettizi.
= Un atto si dice recettizio quando per la sua efficacia è
necessario che esso sia portato a conoscenza del destinatario.
La recettizietà è sancita per gli atti unilaterali aventi un
destinatario (art. 1334) ed è specificamente ribadita per la proposta
e l’accettazione (art. 1335). Essa ha la sua ratio o nella funzione
partecipativa dell'atto o nell’esigenza di tutela del destinatario.
- Proposta a persona determinata: atto recettizio in quanto la sua
funzione è quella di rendere partecipe il destinatario della
volontà del proponente al fine di provocarne l’accettazione.
- Proposta al pubblico: non è atto recettizio, diviene efficace
nel momento in cui è resa conoscibile.
- Accettazione: carattere recettizio è posto a tutela di un
interesse del proponente ma la comunicazione dell’atto non è
sempre presupposto necessario della sua efficacia. Infatti, la
legge prevede che in determinati casi l'inizio della esecuzione
della prestazione vale a perfezionare la conclusione del
contratto. In questi casi l'accettazione produce il suo effetto
a prescindere dalla conoscenza di essa da parte del proponente e
a prescindere anche dalla comunicazione dell'atto.
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La proposta irrevocabile
= è quella in cui il proponente si impegna a non ritirare la proposta
per un certo tempo, rinunciando preventivamente al suo diritto di
revoca fino allo scadere del termine. Qualora, il proponente ritiri
la proposta, la revoca sarà inefficace.
È stato sostenuto che l’indicazione del termine sarebbe un elemento
essenziale della clausola di irrevocabilità:
- secondo alcuni, in mancanza di un termine l’atto si
convertirebbe in una proposta semplice.
- Altra tesi propone l’alternativa della fissazione giudiziale del
termine.
- Bianca sostiene che se il termine non è indicato dal proponente,
esso si determinerà in base alla regola ordinaria – quello
ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o
secondo gli usi (art. 1326 comma 2). La clausola di
irrevocabilità non muta la natura giuridica della proposta e ne
rende direttamente applicabile la disciplina normativa, salve le
regole particolari giustificate dalla specifica funzione della
clausola.
La proposta irrevocabile non è di massima soggetta a decadenza per
morte o sopravvenuta incapacità del proponente.
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Secondo una parte della dottrina, che recepisce una teoria elaborata
dalla dottrina tedesca, l'ipotesi del contratto concluso mediante
esecuzione rientrerebbe invece in un’autonoma categoria negoziale, e
precisamente nella categoria dei negozi di attuazione, che sono due
negozi che avrebbero come nota peculiare quella di realizzare
immediatamente la volontà del soggetto.
Tuttavia, questo inquadramento non è del tutto condivisibile posto che i
contratti che si concludono mediante esecuzione possono ugualmente
concludersi mediante accettazione espressa. L'attuazione è solo uno dei
modi in cui può manifestarsi la volontà dell'oblato e non giustifica
pertanto l'idea di una speciale categoria di negozi.
→ I contratti reali
= contratti che si perfezionano con la consegna della cosa che ne è
oggetto (es. mutuo, comodato, deposito, pegno, riporto).
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→ L'offerta al pubblico
= offerta di contratto che si caratterizza per il fatto di essere
rivolta ad una generalità di destinatari o, senz’altro, a chiunque ne
voglia profittare (art. 1336).
Trattandosi di una proposta, l'offerta al pubblico deve presentare
tutti i requisiti e cioè:
- deve essere completa: deve contenere tutti elementi essenziali
del contratto);
- deve manifestare, sia pure tacitamente, la volontà attuale delle
proponente di concludere il contratto. Il contratto è concluso
quando un soggetto accetta la proposta e il proponente ha la
notizia dell’accettazione.
Un’offerta incompleta è insuscettibile di accettazione, e vale
piuttosto come invito a trattare.
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La promessa al pubblico:
= è un negozio unilaterale, e precisamente l'assunzione di
un'obbligazione gratuita nei confronti di chiunque del pubblico sia
in una da una situazione o compia una determinata azione (art. 1989).
→ La promessa al pubblico è pertanto fonte di obbligazione,
direttamente produttiva del vincolo obbligatorio per il promittente
non appena è resa pubblica; l'offerta al pubblico è invece una
proposta di contratto che richiede l'accettazione per tradursi in
accordo (è il contratto che si pone come fonte del rapporto).
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Le offerte di contratti gratuiti altro non sono che promesse gratuite: chi
offre un contratto senza obbligazioni per il destinatario, offre una
prestazione gratuita. Chi fa una promessa gratuita è obbligato se il
destinatario non la rifiuta: risulta così confermato il principio della
vincolatività delle promesse unilaterali gratuite.
Come nella promessa al pubblico la prestazione può assumere a suo presupposto
un’attività del promissario. Trattandosi di un’attività già compiuta senza
diritto a corrispettivo è certo che la ricompensa, giuridicamente non dovuta,
è promessa a titolo gratuito.
Se, invece, la promessa è subordinata ad una futura azione del promissario,
occorre vedere se tale azione si concreta in una prestazione a favore del
promittente o di terzi. In tal caso siamo in presenza di un contratto a
prestazioni corrispettive, o comunque con oneri a carico della controparte,
che richiede l’accettazione cioè l’accordo.
→ L'opzione
= contratto che attribuisce a una parte (opzionarlo) il diritto di
costituire il rapporto contrattuale finale mediante una propria
dichiarazione di volontà.
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Il patto di prelazione
= accordo con il quale un soggetto (promittente) si impegna a dare al
promissario (o prelazionario) la preferenza rispetto ad altri, a
parità di condizioni, nel caso in cui decida di stipulare un
determinato contratto.
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CAPITOLO IV – LA FORMA
La forma del contratto
= mezzo sociale attraverso il quale le parti manifestano il loro
consenso.
Le principali forme per la conclusione del contratto sono:
a) Atto pubblico;
b) Scrittura privata;
c) Forma orale;
d) Comportamento materiale.
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I contratti formali
= contratti per i quali la legge richiede una determinata forma a
pena di nullità (ad substantiam): qui la forma è un elemento
costitutivo del contratto (art. 1325 n. 4),e viene indicata come
forma legale.
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L'atto pubblico
= Art 2699: L’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste
formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad
attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato.
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La scrittura privata
= documento firmato dall’autore o dagli autori dell’atto.
Di regola non è necessaria l’autografia della dichiarazione, che può
essere scritta da un terzo o a macchina. E’ necessario che sia
autografa la firma con cui il soggetto sottoscrive il terzo.
La firma deve contenere il nome del sottoscrivente (non
necessariamente il prenome, anche la sigla può ritenersi
sufficiente). Essa è un segno autografo mediante il quale il soggetto
fa proprio il contenuto di un testo.
A differenza dell’atto pubblico, la scrittura privata non costituisce
piena prova della provenienza dell'atto, salvo che:
- sia stata autenticata (art. 2703), o
- sia stata riconosciuta dalla parte contro cui è stata prodotta
(art. 2702).
Il contratto è stipulato per scrittura privata quando il consenso è
manifestato in uno o più documenti sottoscritti dalle parti. Le
dichiarazioni possono essere rese in tempi separati e con documenti
diversi (es. contratto formato mediante scambio epistolare di
dichiarazioni).
In quanto il contratto è un accordo, devono risultare per iscritto le
manifestazioni di volontà attraverso le quali l’accordo si perfeziona
(es. proposta e accettazione devono assolvere l’onere della forma
scritta).
Secondo la giurisprudenza, deve ammettersi che la parte non
firmataria possa esprimere il proprio consenso mediante una
manifestazione tacita di volontà – sempre che si tratti di una
manifestazione scritta e attuale (es. intimazione scritta a eseguire
il contratto, non basterebbe la semplice esecuzione del contratto né
una dichiarazione probatoria con la quale la parte riconosce
l’avvenuta stipulazione).
La firma in bianco
Si ha quando un soggetto firma una dichiarazione incompleta o un
foglio in bianco (biancosegno). In questi casi si può parlare di una
dichiarazione fatta per iscritto?
a) Se il riempimento del foglio è autorizzato dal firmatario, la
dichiarazione in esso contenuta è direttamente imputabile al
firmatario, in quanto questi, apponendo la firma sul foglio, ha
espresso la volontà di far proprio il futuro testo.
b) Se il firmatario non ha autorizzato il riempimento del foglio, o
chi l’ha riempito ha ecceduto i limiti dell’autorizzazione
ricevuta, non può dirsi che il firmatario abbia voluto far
propria la dichiarazione successivamente inserita nel foglio. In
base al principio dell’apparenza imputabile, il firmatario potrà
dover subire gli effetti della dichiarazione come propria. Tale
principio è inoperante quando l’altra parte sapeva, o avrebbe
dovuto sapere, che il riempimento era avvenuto all’insaputa o
contro la volontà del firmatario.
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La sottoscrizione al buio
= sottoscrizione di un testo completo che però il firmatario non ha
né scritto né letto.
In generale, chi sottoscrive una dichiarazione negoziale la fa
propria in quanto la firma ha il significato obiettivo di consenso
sul testo sottoscritto. La possibilità di contestare questo
significato deve essere verificata con riguardo a due ipotesi:
1) Errore, cioè divergenza tra il testo sottoscritto e il testo che
si voleva sottoscrivere:
per il principio dell’autoresponsabilità, l’autore della
dichiarazione negoziale è assoggettato alle conseguenze di essa
secondo il suo obiettivo significato. Questo principio è
tuttavia in funzione dell’affidamento altrui, ed esso non ha
ragione di applicarsi quando la controparte abbia riconosciuto o
avrebbe dovuto riconoscere l’errore ostativo del firmatario. La
soluzione si conferma quando sia la controparte a trarre in
inganno il firmatario circa il contenuto del documento
sottoscritto.
2) Ignoranza del firmatario sul contenuto del documento:
cioè il firmatario sottoscrive il documento senza curarsi delle
clausole in esso contenute. Questa ipotesi ricorre di frequente
in tema di condizioni generali di contratto, si spiega in quanto
al firmatario interessano i punti essenziali del contratto, per
il resto si affida a quanto predisposto dalla controparte.
Con la sottoscrizione il firmatario fa proprio l'intero testo
quindi, in base al principio dell'auto responsabilità, non
potrebbe poi dire di non avere letto il testo o di non averlo
compreso. Tuttavia anche qui il principio cede quando non vi è
un affidamento della controparte da tutelare: quest’ultima può
presumere che il firmatario abbia letto per intero il testo ma
in concreto può sapere che non lo ha fatto ovvero che non era in
grado di comprenderlo. In questo caso occorre cedere se il testo
rispetti i limiti di una normale disciplina del rapporto: se
questi limiti sono rispettati l’ignoranza del firmatario è
irrilevante.
Se invece si tratta di clausole a sorpresa (non previste e che
alterano apprezzabilmente la posizione del firmatario) si cade
nell'ipotesi di errore essenziale: se una parte sa che il
firmatario non ha conoscenza del testo sottoscritto, devono
ritenersi annullabili le clausole non concordate che incidono
sulla posizione del firmatario.
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Le forme volontarie
= sono forme previste da atti negoziali mediante un patto di forma,
cioè un patto scritto con cui le parti convengono di adottare una
determinata forma per la futura conclusione di un contratto (art.
1352).
Il patto di forma rientra nella categoria dei negozi normativi: può
essere autonomo o accessorio di un altro contratto.
Ratio: consentire la pubblicità dell’atto (è frequente che il
contratto preliminare preveda la stipulazione del definitivo per atto
notarile), esigenza di certezza del diritto.
Il patto può prevedere una data forma come necessaria ai fini della
prova o come requisito essenziale del contratto. La legge presume che
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I beni futuri
= bene attualmente inesistente come autonomo oggetto di diritti di
godimento ma suscettibile divenire ad esistenza (es. cose non ancora
esistenti natura, cose esistenti in natura che non sono di proprietà
di alcuno ma suscettibili di occupazione; prodotti d'opera non ancora
formati nella loro individualità economica; prodotti naturali non
ancora staccati dalla cosa madre).
La liceità
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L'oggetto del contratto può dirsi lecito quando non sia contrario a
norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.
- La liceità non è un requisito positivo dell’oggetto del
contratto bensì un requisito negativo.
L’illiceità si distingue rispetto all’impossibilità giuridica in
quanto essa esprime un giudizio di riprovevolezza da parte
dell’ordinamento giuridico mentre l’impossibilità giuridica indica la
semplice inidoneità dell’atto a realizzare l’effetto giuridico
programmato.
Determinatezza e determinabilità dell’oggetto
Il requisito della determinatezza o determinabilità richiede che
l'accordo convenga le indicazioni sufficienti a rendere determinato o
determinabile il rapporto contrattuale.
- Oggetto è determinato quando sia compiutamente identificato
nella sua qualità o quantità già nel momento della conclusione
del contratto.
- Oggetto è determinabile quando i contraenti non lo individuano
subito ma predispongono i criteri per la sua successiva
determinazione.
La determinabilità del rapporto rimessa a elementi esterno non
può tuttavia essere totale, in quanto il nucleo essenziale del
rapporto contrattuale deve essere direttamente stabilito dalle
parti. Non basta che il contratto indichi i criteri per la
determinazione del rapporto, ma occorre che risulti già la causa
e la natura delle prestazioni principali.
La nostra tradizione esclude poi che la determinazione del
rapporto sia rimessa all’arbitrio della parte (esigenza di
tutelare la parte contro le sorprese di una determinazione
interessata).
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ad altri atti, delle parti o di terzi, che non hanno di per sé una
funzione determinativa del contratto.
Gli elementi richiamati integrano il contenuto del contratto ma
rimangono strutturalmente distinti rispetto alle dichiarazioni delle
parti.
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La determinazione giudiziale
Se manca la determinazione del terzo equo arbitratore, la
determinazione è fatta dal giudice.
Per quanto attiene, invece, alla determinazione del prezzo, il
giudice provvede a nominare il terzo in sostituzione della persona
che le parti hanno designato o avrebbero dovuto designare (il
carattere tecnico della determinazione del prezzo è un atto di
valutazione che rende opportuna la nomina di un esperto).
La legge non disciplina il procedimento di determinazione giudiziale.
Può ritenersi analogicamente applicabile, in quanto compatibile, la
norma riguardante la determinazione del prezzo.
La determinazione giudiziale può essere richiesta da una delle parti
mediante ricorso al presidente del tribunale del luogo di esecuzione
della prestazione da determinare, da notificare alle altre parti. Il
presidente, dopo aver sentito gli interessati, provvede con decreto
non motivato. Contro tale provvedimento è ammesso reclamo al primo
presidente della corte d’appello.
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Natura giuridica:
Le teorie che si fronteggiano riguardo alla natura giuridica delle
condizioni generali di contratto sono due: la teoria normativa e la
teoria negoziale.
a) La Teoria Normativa sottolinea che solo in apparenza il
contratto per adesione è il risultato della volontà delle parti,
in realtà il predisponente esprime una volontà unilaterale che
di fatto gli permette di imporre il contenuto del contratto non
più ad un individuo determinato ma ad una collettività
indeterminata, la quale aderisce ad un regolamento che non può
negoziare e di cui spesso ignora anche il contenuto. A conferma
di tale tesi sembrerebbe deporre la norma del codice art. 1341
secondo cui "le condizioni generali di contratto sono efficaci
nei confronti dell'aderente che le conosceva o che avrebbe
dovuto conoscerle". La ratio di fondo della teoria normativa è
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Clausole vessatorie
= Sono condizioni generali che aggravano la posizione dell'aderente
rispetto alla disciplina legale del contratto.
La legge prevede una serie di clausole vessatorie e ne condiziona
l'efficacia alla specifica approvazione scritta dell'aderente (art.
1341). Precisamente, non hanno effetto per l'aderente senza la sua
specifica approvazione per iscritto le condizioni che stabiliscono:
a) A favore del predisponente:
- limitazioni di responsabilità
- facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne
l'esenzione.
b) A carico dell'aderente:
- decadenze
- limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni
- restrizioni della libertà contrattuale nei rapporti con i
terzi
- proroghe tacite o rinnovazioni del contratto
- clausole compromissorie e deroghe alla competenza
dell'autorità giudiziaria
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L'ambito oggettivo
La nuova normativa prescinde dal tipo contrattuale: essa colpisce
tutte le clausole contrattuali che presentano il carattere della
vessatorietà, siano o no predisposte dal professionista in forma di
condizioni generali di contratto.
Essa è tuttavia destinata a operare normalmente nel campo delle
condizioni generali di contratto, in quanto l’erogazione
imprenditoriale di beni e servizi si esplica necessariamente mediante
contratti a contenuto standard, e in quanto è proprio il potere di
predisposizione unilaterale del regolamento contrattuale che dà luogo
al fenomeno delle clausole vessatorie.
L'ambito soggettivo
A differenza della norma di cui all'art. 1341, che fa esclusivo
riferimento alla posizione delle parti nella formazione del contratto
(il predisponente e l'aderente), la nuova normativa ha riguardo alle
figure del professionista e del consumatore.
- Professionista: è il produttore o distributore di beni o servizi
che pone In essere il contratto nell'esercizio della sua
attività imprenditoriale o professionale (art. 3 lett. c).
- Consumatore: persona fisica che agisce per scopi estranei
all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente
svolta (art. 31 lett. a).
Al riguardo si sono delineate due ipotesi interpretative:
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Le clausole vessatorie
La normativa sui contratti del consumatore definisce in generale come
vessatorie le clausole che "malgrado la buona fede, determinano a
carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi derivanti da contratto" (art. 33 comma 1).
- Locuzione "malgrado la buona fede": il testo italiano assume la
buona fede in senso soggettivo cioè credenza, consapevolezza di
non ledere d'altrui diritto. Altri testi, invece, definiscono
come abusive le clausole che in contrasto con la buona fede
squilibrano la posizione del consumatore: la buona fede è quindi
assunta in senso obiettivo, come precetto di condotta.
- Il significativo squilibrio che connota la vessatorietà non
attiene alle determinazioni dell'oggetto e del corrispettivo le
quali in qualche modo dipendono e sono condizionate dal gioco
del libero mercato della concorrenza (fermo restando l'onore del
professionista di formularle in modo chiaro e comprensibile). In
realtà, ciò da cui il consumatore deve essere protetto è
piuttosto l'abuso del potere regolamentare del contratto.
In questo senso, non sono vessatorie:
a) le clausole che sono state "oggetto di trattativa
individuale" (art. 34) e cioè quando sono il risultato di
una negoziazione tra le parti.
b) le clausole che riproducono norme di legge o di trattati
vincolanti l’UE o che attuano principi di tali trattati.
Il carattere vessatorio delle clausole deve essere accertato in
concreto tenendo conto della natura della prestazione e delle
circostanze del contratto, e soprattutto valutando nel suo complesso
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Il principio di trasparenza
Le clausole contrattuali devono essere formulate dal professionista
"in modo chiaro e comprensibile" (art. 35).
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Azione inibitoria
Un’importante novità introdotta dalla disciplina dei contratti del
consumatore è rappresentata dall'azione inibitoria intesa a rimuovere
le clausole abusive dai testi delle condizioni generali di contratto
(art. 37).
- rimedio collettivo: non tutela il consumatore quale parte di un
determinato contratto ma tutela i destinatari delle condizioni
generali di contratto, cioè la generalità dei soggetti i cui
rapporti contrattuali sono destinati ad essere regolati dalle
condizioni generali predisposte dal professionista.
- L'azione è diretta a fare inibire dal giudice l'uso delle
condizioni generali di contratto di cui sia accertata la
vessatorietà. La vessatorietà dev'essere sempre valutata nel
contesto globale del regolamento contrattuale, mentre non è dato
tener conto delle circostanze del contratto.
Come per le clausole individuali, la vessatorietà è comunque
esclusa per le condizioni generali di contratto che riproducono
norme di legge o che sono state oggetto di trattativa, cioè
negoziate con le contrapposte associazioni di consumatori.
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LA SUBFORNITURA
L’orientamento che ha identificato la parte debole nella figura
esclusiva del consumatore ha segnato una svolta di rilievo con la
disciplina di tutela del subfornnitore, ossia di un tipico
imprenditore debole (l. 192/1998).
→ Con il contratto di subfornitura, un imprenditore si impegna a
compiere per conto di un’impresa committente lavorazioni su prodotti
semilavorati o su materie prime forniti dallo stesso committente,
ovvero si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati
ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del
committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a
progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o
prototipi forniti dal committente.
La definizione comprende due distinte ipotesi: la lavorazione dei
prodotti, la fornitura di beni o servizi. Entrambe sono
caratterizzate dalla subordinazione imprenditoriale del subfornitore
al committente, che consiste nel fatto che l'attività del
subfornitore si conforma alle specifiche esigenze del committente. Da
qui nasce l'esigenza di tutela del subfornitore.
La disciplina:
La legge detta particolari prescrizioni su:
a) Forma del contratto: deve avere la forma scritta a pena di
nullità.
b) Determinatezza del contenuto: in esso dev’essere specificato il
prezzo pattuito. Esso dev’essere determinato o determinabile con
chiarezza e precisione, in modo che risulti chiara la
corrispondenza tra prezzo e prestazioni dovute.
c) Termini di pagamento del subfornitore: la legge fissa i termini
massimi di pagamento del prezzo (60 giorni dalla consegna o
dalla comunicazione dell’avvenuta esecuzione della prestazione),
salvo il risarcimento del maggior danno e una penale del 5%
delle somme il cui pagamento ritardi di più di 30 giorni.
d) Nullità di alcune clausole vessatorie: sono nulle le clausole
che attribuiscono al committente il potere di modificare
unilateralmente clausole del contratto; che attribuiscono al
committente o subfornitore il potere di recesso senza congruo
preavviso; che attribuiscono al committente diritti di privativa
industriale o intellettuale senza congruo corrispettivo. Sono
nulli i patti che esonerano il subfornitore da responsabilità
per l’inesatta esecuzione della prestazione o che lo gravano
della responsabilità per difetti di materiali o attrezzi forniti
dal committente.
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Interpretazione soggettiva
= tende ad accertare la comune intenzione delle parti. I criteri di
interpretazione soggettiva sono rivolti ad accertare in via diretta e
immediata il senso e la portata dell'accordo e quindi l'intenzione
delle parti sulla base delle loro dichiarazioni e dei loro
comportamenti.
Regole primarie dell’interpretazione sono:
a) interpretazione secondo buonafede;
b) interpretazione letterale;
c) interpretazione globale;
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d) interpretazione sistematica;
e) interpretazione funzionale.
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B) Interpretazione letterale
Nell'indagare la comune intenzione delle parti l'interprete non può
limitarsi al senso letterale delle parole usate, sebbene il senso
letterale costituisca il primo elemento dell'operazione
interpretativa.
- Il significato al quale occorre fare riferimento è quello
usuale. In relazione al tipo e al luogo del contratto dovrà
aversi riguardo al significato tecnico o dialettale dei termini.
- L'interprete dovrà anche tenere conto del significato
peculiare o convenzionale dei termini usati: ma se si tratta di
contratti formali il significato reale dell'accordo deve essere
manifestato nella forma richiesta.
- È inopponibile a terzi un significato occulto contrapposto
a quello apparente del contratto quale risulta
dall’interpretazione letterale del testo.
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D) Interpretazione sistematica
= Le singole clausole del contratto devono essere interpretate le une
per mezzo delle altre, attribuendo loro il senso che risulta dal
complesso dell'atto.
La presenza di questa norma impedisce una interpretazione c.d.
atomistica della singola disposizione negoziale, limitata al
significato suo proprio ed avulsa dall'intero contratto.
La giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare diverse volte questa
regola, chiarendo che l'interpretazione deve tenere conto anche delle
clausole negoziali eventualmente invalide, in quanto queste comunque
sono state volute dalle parti ed hanno quindi concorso alla
formazione della loro volontà.
E) Interpretazione funzionale
= La legge prevede che le espressioni con più sensi devono essere
interpretate nel senso più conveniente alla natura e ad oggetto del
contratto.
L’interpretazione di buonafede, letterale, globale e sistematica sono
inscindibilmente connesse con l’interpretazione funzionale, cioè con
l’interpretazione diretta a ricercare il significato del contratto in
coerenza con la causa concreta di esso.
Il significato di ciò che le parti hanno concordato non può infatti
essere adeguatamente accertato se non si tiene conto della ragione
pratica dell’affare, ossia della causa concreta – che giustifica il
contratto e il relativo regolamento, e pertanto consente di chiarire
il significato delle dichiarazioni e dei comportamenti delle parti.
La ragione pratica dell’affare, a sua volta, può essere identificata
solo considerando il contenuto dell’accordo in cui si rivela il
disegno unitario del contratto.
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Interpretazione oggettiva
Un secondo gruppo di regole legali di interpretazione sono quelle
c.d. oggettive, caratterizzate dal fatto di trovare applicazione
sussidiaria, ossia di intervenire del solo caso in cui
dall'applicazione delle regole di interpretazione soggettiva non sia
possibile individuare la comune intenzione delle parti.
I criteri di interpretazione oggettiva sono anch'essi diretti a
stabilire il significato e la portata del contratto, ma prescindono
in qualche modo dalla comune intenzione (questi criteri intervengono
quando è dubbia la comune intenzione delle parti) e mirano a
ricostruire il significato dell’accordo sulla base di valutazioni
normative.
Occorre sottolineare la distinzione tra interpretazione oggettiva ed
integrazione negoziale. Si tratta, infatti, di due operazioni
nettamente diverse in quanto: mentre con l'interpretazione oggettiva
si mira ad evincere la volontà delle parti trasfusa del contratto
(seppure mediante una valutazione operata direttamente dalla norma
giuridica); l'integrazione è, invece, diretta a colmare una lacuna
del testo contrattuale supplendo alla carenza di volontà delle parti.
Le regole dell'interpretazione oggettiva, inoltre, sono
caratterizzate da una sorta di gerarchia "interna" in quanto trovano
applicazione nel seguente ordine:
1. interpretazione utile (ossia il principio di conservazione del
contratto);
2. interpretazione secondo gli usi;
3. interpretazione contro il predisponente;
4. interpretazione equitativa.
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D) Interpretazione equitativa
Ultima delle regole legali di interpretazione dettate dal c.c. è
quella dell'interpretazione equitativa.
Precisamente, se l'applicazione degli altri canoni di interpretazione
soggettiva ed oggettiva non consente di accertare il significato del
contratto, questo deve essere interpretato:
• nel modo meno gravoso per il debitore, se si tratta di un
negozio a titolo gratuito;
• in modo da realizzare l'equo contemperamento degli interessi
delle parti, qualora si tratti di negozio titolo oneroso.
Questa regola assume a criterio interpretativo finale il principio di
equità = giusto contemperamento degli interessi delle parti in
relazione allo scopo e della natura dell'affare.
L'equità, quale criterio di interpretazione, va tenuto d'istinto
rispetto all'equità quale criterio di integrazione del contratto:
infatti inserire nella prima esso è diretto ad accertare il
significato di una previsione contrattuale oscura, in sede di
integrazione è volto a colmare le lacune belle regolamento
contrattuale.
La regola dell'interpretazione secondo equità è espressamente
indicata come regola di chiusura da applicare quando gli altri canoni
ermeneutici non consentano di accertare il significato del contratto.
Tuttavia, quando il giudice è chiamato a decidere secondo l'equità,
il canone dell'interpretazione equitativa prevale sulle altre regole
di interpretazione oggettiva mentre rimangono prioritarie quelle di
interpretazione soggettiva. E' importante notare che ad essere
oggetto di valutazione equitativa non sia la singola clausola
contrattuale, ma il significato del contratto unitariamente inteso,
con la conseguenza che il giudice non potrà operare interpretazioni
parziali, ossia ristrette a singole clausole.
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L'interpretazione autentica
= fatta d'accordo dalle parti per chiarire significato del contratto.
L'interpretazione autentica può essere: contestuale al contratto o
successiva.
• L’interpretazione contestuale del contratto farà parte
integrante del contratto trattandosi di una dichiarazione che
completa, precisandolo, il contenuto della volontà delle parti.
• L’interpretazione successiva interviene, invece, per accertare
il significato di un contratto che le parti hanno già stipulato
e che quindi ha già un suo significato. Il problema che si pone
è quello se le parti hanno il potere di stabilire per contratto
quello che è un dato storicamente determinato, se cioè rientri
nella nozione di autonomia negoziale anche l'accertamento del
rapporto giuridico.
La soluzione positiva, ormai riconosciuta dalla giurisprudenza,
porta ad ammettere che le parti possono accertare tra di loro
quale fosse il significato del loro accordo. In quanto le parti
interpretano d'accordo il contenuto del contratto, esse
esprimono implicitamente una volontà negoziale attuale che li
esime dai criteri legali di interpretazione.
Superando il limite del significato risultante dall’atto in
applicazione dei criteri d’interpretazione, l’atto può perdere
la sua funzione interpretativa per integrare una modifica del
contratto originario. L’alternativa tra interpretazione e
modifica è priva di rilevanza rispetto alle parti; rispetto ai
terzi trova applicazione il principio che tutela coloro che
abbiano in buonafede acquistato diritti sulla base del
significato apparente del contratto.
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La natura giuridica:
A) Teoria oggettiva classica:
la causa non corrisponderebbe tanto ad un elemento psicologico,
soggettivo rispetto ai contraenti, quanto ad un elemento avente
natura oggettiva, proprio della struttura dell'atto: essa si
dovrebbe identificare nel fondamento di ciascuna singola
attribuzione dedotta nel sinallagma contrattuale (es. causa
dell’obbligazione del venditore è il prezzo).
Uno dei punti deboli di questa dottrina è dato dalle donazioni
dove, in mancanza di un fondamento oggettivo, si ammette che la
causa consista nell’intento di liberalità.
B) Teoria soggettiva:
la causa si dovrebbe identificare concreto scopo per il quale il
soggetto assume l'obbligazione. Essa viene quindi intesa, in
definitiva, come la motivazione del consenso.
D’altro canto si avverte anche la necessità di distinguere la
causa rispetto ai tanti e variabili motivi che possono indurre
118
D) Teorie anticausaliste:
Sia la teoria soggettiva che la teoria della funzione tipica
portano, nel loro estremo svolgimento, a contestare l’autonoma
rilevanza della causa. Se la causa viene intesa come
rappresentazione intellettuale della controprestazione o come
intento di liberalità, essa, si afferma viene a identificarsi
senz’altro nel consenso.
Queste teorie hanno trovato argomento nel richiamo a codici che,
come quello tedesco, non indicano la causa tra gli elementi
costitutivi del contratto.
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I motivi:
= interessi personali e particolari che la parte tende a realizzare
mediante la conclusione di un contratto ma che non rientrano nel
contenuto in questo.
Essi sono irrilevanti in quanto le finalità esterne al contenuto del
contratto non possono incidere sui diritti e obblighi delle parti.
Tradizionalmente, l’irrilevanza dei motivi è stata spiegata
considerando il motivo un impulso psichico che non si traduce
nell’atto di volontà negoziale.
Riguardo alla rilevanza o alla irrilevanza dei motivi si fronteggiano
due teorie:
a) Per la teoria della causa tipica l'irrilevanza dei motivi è
spiegata semplicemente considerando la loro estraneità alla
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La presupposizione
= circostanza esterna che senza essere prevista quale condizione dle
contratto ne costituisce un presupposto oggettivo.
• presupposti oggettivi generali: sono le condizioni di mercato e
della vita sociale che incidono sull’economia del contratto;
• presupposti specifici: sono le circostanze particolari alle
quali è subordinato il vincolo contrattuale.
Es. il contratto di vendita è stipulato sul presupposto che il compratore
ha ottenuto o è certo otterrà un determinato finanziamento pubblico senza
che tale circostanza si indicata come una condizione del contratto.
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Il contratto misto
Di contratto misto si hanno due distinte nozioni:
a) Secondo la nozione corrente in giurisprudenza il contratto si
dice misto quando in esso concorrono gli elementi di più negozi
tipici che si fondono in un’unica causa.
Es. accordo mediante il quale una società si obbliga a svolgere
un’attività promozionale per la diffusione di un prodotto
ottenendo l’esclusiva della vendita del prodotto stesso
(commistione di vendita e mandato).
b) Di contratto misto si parla anche con riferimento all’ipotesi di
una pluralità di cause concorrenti nell'unicità del rapporto
(es. la vendita mista a donazione).
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Il collegamento negoziale
= Più contratti si dicono collegati quando sussiste tra di essi un
nesso di interdipendenza.
Il collegamento può essere:
- volontario: è previsto specificamente, risulta dallo specifico
intento delle parti di subordinare la sorte di un contratto a
quella dell’altro;
- funzionale: risulta dall’unitarietà della funzione perseguita,
ossia quando i vari rapporti negoziali posti in essere tendono a
realizzare un fine pratico unitario. In tal caso i singoli
rapporti perseguono un interesse immediato che è strumentale
rispetto all’interesse finale dell’operazione. Questo interesse
finale concorre a determinare la causa concreta del contratto
poiché è l’interesse che il contratto è diretto a realizzare.
129
Il negozio indiretto
= negozio volto al conseguimento di un risultato ulteriore o
addirittura diverso che non quello normale o tipico del negozio
stesso.
Es. matrimonio contratto per conseguire la nazionalità del coniuge,
mandato irrevocabile a vendere al fine di attribuire il bene al
mandatario; vendita a scopo fiduciario...
Il negozio indiretto si distingue da quello simulato: mentre nel
negozio simulato le parti si accordano per escludere gli effetti
dell'atto, in quello indiretto le parti vogliono realmente gli
effetti giuridici del negozio sebbene poi si prefiggano scopi
ulteriori rispetto a quelli normali dell'atto posto in essere. Questo
fine ulteriore, pur essendo anomalo, sarebbe comunque compatibile con
la causa di esso.
Parte della dottrina identifica nel fine ulteriore un semplice motivo
e ne deduce la inconfigurabilità di una categoria autonoma di negozio
indiretto.
Effettivamente, secondo il Bianca, il negozio indiretto non presenta
caratteri che ne giustificano l'inquadramento in un'autonoma categoria
giuridica. L'indicazione del negozio come indiretto vale solo a
130
La corrispettività
I contratti a prestazioni corrispettive sono detti anche
sinallagmatici. Essi comprendono principalmente:
• i contratti di scambio,
• i contratti di concessione in godimento e di servizi a titolo
oneroso (locazione, lavoro subordinato, ecc.) in cui la
prestazione di una parte è compensata dalla controprestazione
dell'altra.
131
132
I contratti aleatori
= contratti nei quali alla prestazione certa di una parte corrisponde
una prestazione incerta dell'altra o nei quali vi è incertezza per
entrambe le parti.
Pertanto, all'atto della stipulazione del contratto, non è nota
l'entità del sacrificio o del vantaggio cui ciascuna parte si espone
(es. assicurazione, scommessa).
Il contratto aleatorio è, in altri termini, caratterizzato dal
rischio (posto a carico di una o di entrambe le parti) di un evento
casuale che incide sul contenuto del diritto o della prestazione
contrattuale.
L' assunzione del rischio può inerire al tipo di operazione negoziale
(es. assicurazione) o può essere prevista dalle parti in deroga alla
regola legale di ripartizione dei rischi (es. contratti aleatori per
volontà delle parti).
133
134
La donazione
Il più importante contratto a titolo gratuito è rappresentato dalla
donazione.
= contratto con il quale una parte (donante) per spirito di
liberalità arricchisce l'altra (donatario) disponendo di un diritto a
suo favore o assumendo un’obbligazione (art. 769).
Lo spirito di liberalità è causa del contratto: disporre dei propri
beni a beneficio altrui.
La rilevanza di questa causa è stata messa in dubbio assumendo che
ciò che conta è l’attribuzione donativa mentre lo spirito di
liberalità potrebbe essere solo un motivo dell’atto.
In realtà non basta l’intento di attribuire ad altri un proprio
diritto, ma occorre sempre che questa attribuzione abbia una sua
causa – quella di liberalità. Se l’attribuzione non ha il significato
sociale della liberalità, non è una donazione.
La causa della donazione è esclusa quando la finalità dell’atto non è
compatibile con il significato sociale della liberalità (es. quando
il fine dell’operazione sia unicamente quello di far pervenire il
bene a un terzo mediante l’imposizione di un “modo” al “donatario”:
non sussiste la causa della donazione bensì quella del mandato ad
alienare).
Il problema circa la rilevanza della causa della donazione deve
comunque essere discusso tenendo conto della causa concreta del
contratto. Il riscontro dell’intento di liberalità concorre a
identificare la causa del contratto, ma non può bastare in quanto
occorre avere riguardo alle varie finalità che integrano la causa
concreta nelle singole fattispecie.
A parte la rilevanza attribuita ad alcune specifiche finalità del
donante (es. donazione in riguardo di matrimonio), la rilevanza della
causa concreta della liberalità è generalmente riconosciuta in tema
di errore e illiceità del negozio.
- La donazione è annullabile per l’errore sul motivo che risulta
dall’atto e che è stato il solo a determinare il donante a
compiere la liberalità (art. 787);
- L’illiceità del motivo comporta la nullità della donazione (art.
788).
135
a) La buona fede
La buona fede costituisce fonte primaria di integrazione del
contratto.
Il principio di buona fede è richiamato numerose volte nell'ambito
della disciplina generale del contratto: le parti devono comportarsi
secondo buona fede già nelle trattative, è richiamata come criterio
di interpretazione ed esecuzione del contratto. In questa previsione
emerge il ruolo della buonafede quale fonte di integrazione del
contratto.
136
137
139
c) I contratti collettivi
Un’importante fonte di integrazione del contratto è costituita dai
contratti collettivi.
= contratti normativi stipulati dalle contrapposte associazioni
sindacali per disciplinare uniformemente i rapporti di lavoro della
categoria.
La Cost. prevede che il contratto collettivo possa assumere efficacia
generale, vincolante per tutti gli appartenenti alla categoria,
iscritti o meno al sindacato (art. 39). Questa norma non ha peraltro
avuto attuazione, e attualmente i sindacati stipulano contratti di
diritto comune.
Le parti dei contratti individuali possono accettare la tutela
collettiva del sindacato iscrivendosi ad esso, oppure possono
accettare l’attività o i singoli atti della tutela collettiva.
Nell’ambito della sua sfera di applicazione, il contratto collettivo
di diritto comune è fonte cogente di integrazione dei contratti
individuali di lavoro. I singoli rapporti, precisamente, sono
disciplinati dalle norme collettive che prevalgono sulle clausole
contrattuali in contrasto con esse. Le clausole difformi sono
sostituite di diritti da quelle del contratto collettivo, salvo che
contengano speciali condizioni più favorevoli al prestatore di
lavoro.
In quanto i contratti collettivi si presentano formalmente quali atti
negoziali di diritto comune la giurisprudenza non esita ad
assoggettarli alle norme di interpretazione del contratto e a
140
e) L'equità
L'equità è un fondamentale principio di integrazione del contratto.
Infatti, per tutti quegli aspetti del contratto che non sono
determinati dalla legge o dagli usi, è l'equità che assurge a
criterio generale di determinazione (art. 1374).
Tale criterio esprime l'esigenza dell'equilibrio contrattuale e cioè
che i singoli interessi siano contemperati in relazione all'economia
dell'affare.
Quale criterio di integrazione del contratto, l'equità va intesa come
criterio del giusto contemperamento dei diversi interessi delle parti
in relazione allo scopo e alla natura dell'affare.
L’equità è un precetto di giustizia contrattuale che ha come
destinatari le parti e trova applicazione al fine di integrare le
lacune delle regolamento contrattuale. Nell’esercizio della loro
autonomia contrattuale le parti non sono tenute a attenersi al
criterio dell’equità: tale criterio subentra piuttosto a contratto
concluso quando rimangono da definire aspetti non determinabili
mediante le altre regole di integrazione. Al criterio equitativo deve
poi attenersi il giudice tutte le volte in cui occorra determinare
taluni elementi del contratto già perfezionato.
141
Equità e buonafede
Quale fonte di integrazione del contratto l'equità si pone assieme
alla buonafede tra i principi della giustizia contrattuale. Anche la
buonafede opera infatti nel senso di un giusto contemperamento degli
interessi delle parti.
• L’equità delimita i diritti e i doveri delle parti;
• la buonafede va oltre a questa delimitazione e richiede un
impegno di solidarietà che obbliga ciascuna parte a tener conto
dell'interesse dell'altra pur se si tratta di un interesse che
non trova specifica tutela nella pretesa contrattuale o in altri
diritti.
L'impegno della buona fede prevale su quanto hanno stabilito le
parti; l’equità, invece, può essere disattesa dalle parti, perché
alla loro decisione è rimessa la determinazione del contratto. La
violazione del criterio equitativo ha tuttavia una sua rilevanza in
quanto rende annullabile o rescindibile il contratto quando
l'iniquità ha causa nell'incapacità naturale del contraente o nella
sua eccezionale situazione di bisogno o necessità.
Attualmente il nostro ordinamento non appresta alcun rimedio se
l’iniquità del contratto è il risultato della diversa forza
contrattuale dei contraenti. Si avverte tuttavia la crescente
esigenza di un controllo del contratto secondo parametri di giustizia
quando l’iniquità risponde a una disparità socio-economica dei
contraenti. A questa concezione si ispira la nuova normativa a tutela
del contraente debole.
CAPITOLO X - L'EFFICACIA
L'efficacia indica, in generale, la produttività degli effetti
giuridici. Un contratto, pertanto, si può definire efficace quanto
142
Efficacia e validità
L'efficacia è una nozione distinta rispetto a quella di validità.
• La validità indica la regolarità del contratto: il contratto
valido è il contratto che risponde alle prescrizioni legali che
lo disciplinano.
• L'efficacia del contratto attiene, invece, all'attitudine
dell'atto a produrre i suoi effetti.
143
144
- Estintivi
145
Il principio consensualistico:
Nel nostro ordinamento i contratti di alienazione possono essere:
- traslativi: immediatamente produttivi dell’effetto di acquisto
del diritto in capo all’alienatario;
Di regola il contratto è traslativo quando ha ad oggetto: 1)
trasferimento della proprietà di un bene determinato; 2)
trasferimento o costituzione di un diritto reale; 3)
trasferimento o costituzione derivativa di altri diritti. In
tali casi l’acquisto del diritto si determina per effetto del
consenso delle parti legittimamente manifestato (art. 1376).
- obbligatori: obbligano l’alienante a tale risultato.
Il principio con sensualistico (o del consenso traslativo) risale
alla regola dettata dal codice napoleonico, in recepimento di una
regola già vigente nelle regioni di tradizione romanistica. La regola
fu poi recepita dal c.c. italiano del 1865.
Superamento della diversa regola dell’investitura formale del diritto, che nel
diritto romano si era tradotta nella necessità della consegna della cosa al fine
della trasmissione della proprietà.
146
147
La individuazione
Art. 1378: Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di
cose determinate solo nel genere, la proprietà si trasmette con
l'individuazione fatta d'accordo tra le parti o nei modi da esse
stabiliti.
L'individuazione è l'atto di assegnazione di cose concrete in
esecuzione di una obbligazione traslativa generica. Si potrebbe dire
con termini diversi che l'individuazione si identifica nella scelta,
cioè nella separazione di una cosa da una massa di cose dello stesso
genere.
La natura giuridica dell'individuazione non trova soluzione pacifica
in dottrina la quale la definisce ora come un fatto, ora come un atto
materiale, ora come negozio giuridico.
Nella previsione legislativa l’individuazione è fatta d'accordo tra
le parti o nei modi da esse stabiliti. Questa indicazione ha
costituito un argomento per ravvisare nella individuazione un negozio
bilaterale: in questo modo l'alienazione di cose generiche si
realizzerebbe attraverso un duplice contratto - obbligatorio e
traslativo.
In realtà, l'individuazione non rappresenta un nuovo contratto di
alienazione in quanto l'effetto traslativo è prodotto dal precedente
contratto obbligatorio. L'individuazione, secondo il Bianca, è un
atto dovuto dell'alienante che richiede l'accettazione dell'altra
parte. L'individuazione può anche non richiedere l'accettazione dell'
alienatario: quando si tratta di cose che devono essere trasportate
da un luogo all'altro l'individuazione si perfeziona mediante la
consegna al vettore o allo spedizioniere.
Requisiti dell’individuazione:
148
LA CONDIZIONE
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151
152
La condizione potestativa
= l'evento in essa dedotto dipende dalla volontà di una delle parti.
Rispetto al contratto, la parte è giuridicamente libera di compiere o
non compiere una propria azione, subordinando a tale scelta la sorte
del contratto.
La condizione potestativa tutela l’interesse della parte a decidere
una propria azione e non l’interesse a decidere in ordine al
contratto.
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CAPITOLO XI - I TERZI
158
159
EFFICACIA RIFLESSA
Rilevanza e opponibilità
La regola della relatività del contratto riguarda l’efficacia
diretta del contratto: è intesa a stabilire chi sono i destinatari
degli effetti prodotti dal contratto – cioè le parti o i terzi.
L’efficacia riflessa del contratto si specifica nella:
a) rilevanza esterna del contratto quale presupposto di posizioni
giuridiche riguardanti i terzi;
b) nell’opponibilità del contratto in conflitto con i terzi.
a) La rilevanza esterna:
Si manifesta nella tutela dei diritti contrattuali nei confronti
della generalità dei consociati (erga omnes).
Il contratto tende a creare, modificare o estinguere posizioni
giuridiche che, pur non incidendo sulla sfera giuridica dei terzi,
devono essere rispettate dalla generalità dei consociati.
- Questa efficacia si ravvisa nei contratti di alienazione della
proprietà e di altri diritti reali, quali contratti che
trasferiscono diritti assoluti esperibili verso tutti e oggetto
di rispetto da parte della comunità. In questi contratti la
tutela dell’acquirente nei confronti dei terzi acquista
un’importanza primaria. Ad es. chi acquista la proprietà di un
bene vuole conseguire una posizione giuridica valevole verso la
generalità dei consociati (al di là dello stretto rapporto con
l’alienante).
- Ma anche i diritti relativi sono suscettibili di tutela nei
confronti della generalità dei terzi, e il loro acquisto può
quindi essere rilevante sotto questo aspetto.
La rilevanza esterna del contratto si manifesta poi nel senso che le
posizioni giuridiche contrattuali possono essere assunte a
presupposto di pretese e obblighi, poteri e soggezioni all’infuori
160
b) L’opponibilità
= prevalenza del titolo contrattuale di acquisto sul titolo vantato
dal terzo.
Il contratto di alienazione può determinare tre ipotesi di conflitto:
1) Conflitto con i terzi titolari:
a) titolari anteriori che non risultano avere trasmesso il
diritto né all’alienante né ai suoi danti causa (es.
alienante vende un bene rubato o un immobile altrui
approfittando di un’omonimia con il proprietario).
b) titolari anteriori che risultano avere trasmesso il diritto
all’alienante o a uno dei suoi autori in base a un titolo
invalido, inefficace o risoluto (es. donazione nulla).
c) coloro che hanno acquistato il diritto a titolo originario
in pregiudizio dell’alienante o dei suoi autori (es.
alienante dispone di un bene usucapito da un terzo).
d) coloro che derivano il proprio diritto da chi si trova in
una delle tre categorie precedenti.
161
LA TRASCRIZIONE
La trascrizione è il generale regime di pubblicità e opponibilità
degli atti immobiliari. Essa si attua per mezzo dei pubblici registri
e ha principalmente ad oggetto gli atti che costituiscono, modificano
o estinguono diritti reali su beni immobili o beni mobili registrati.
Come regime di opponibilità la trascrizione è caratterizzata due
principi:
162
163
164
b) Dichiaratività:
La trascrizione non ha efficacia costitutiva, perché essa non è
elemento di perfezionamento del contratto né requisito per l'acquisto
del diritto.
Essa non assicura quindi la validità e l'efficacia dell'acquisto, ma
consente all'acquirente di accertare che il suo dante causa risulta
titolare del diritto alienato in base ad una serie continua di
trascrizioni.
- Ciò tuttavia non conferisce la certezza assoluta che i titoli
trascritti siano validi e che l’alienante sia titolare del
diritto.
- La serie continua di trascrizioni non esclude, in particolare,
la possibilità che uno dei titoli trascritti sia annullabile.
L’annullamento non pregiudica i terzi acquirenti, in quando
165
166
Il sistema tavolare
In alcune regioni (FVG e Trentino-Alto Adige) è stato conservato il
sistema di pubblicità tavolare vigente nell’ordinamento austriaco.
Si distingue rispetto a quello della trascrizione in quanto è a base
reale, ha per oggetto il diritto e ha efficacia costitutiva.
- La pubblicità è attuata su libri fondiari ordinati con
riferimento alle unità immobiliari.
- L’iscrizione ha per oggetto il diritto immobiliare
dell’iscrivente.
- L’iscrizione ha efficacia costitutiva nel senso che l’iscrivente
consegue la titolarità del diritto reale solo a seguito
dell’intavolazione di esso.
Questo principio deroga non solo al sistema della pubblicità
dichiarativa della trascrizione, ma ache al principio
consensualistico.
167
La trascrizione mobiliare
Per i contratti relativi ad alcune categorie di beni mobili la legge
prevede un regime di trascrizione analogo a quello della trascrizione
immobiliare: cd. beni mobili registrati (navi, galleggianti,
aeromobili, autoveicoli iscritti negli appositi registri).
- A differenza dei registri immobiliari, quelli dei beni mobili
sono a base reale (sono cioè ordinati con riferimento ai beni
iscritti).
- Per il resto il sistema si modella su quello della trascrizione
immobiliare sia per quanto riguarda gli atti soggetti alla
pubblicità sia per quanto riguarda gli effetti.
168
169
L’alienazione di azienda:
L’azienda può costituire oggetto di un unico contratto di
alienazione. L’unitarietà del contratto non importa tuttavia
l’applicazione di un’unica disciplina di alienazione: trovano
applicazione le diverse discipline secondo il bene che ne è oggetto.
- acquisto dei diritti immobiliari che compongono l’azienda: si
deve procedere a trascrizione;
170
L’alienazione di eredità
Anche l’eredità, quale complesso patrimoniale, si presta a costituire
oggetto di un unico contratto di alienazione. Come per l’azienda, la
disciplina unitaria dell’alienazione di eredità non comporta un unico
regime di opponibilità del contratto, ma si devono applicare i
diversi regimi in relazione ai singoli diritti ereditari trasferiti.
171
172
LA NULLITÀ
La nullità è la più grave forma di invalidità negoziale. Esprime una
valutazione negativa del contratto:
1) per la mancanza o impossibilità originaria di un elemento
costitutivo;
2) per la sua dannosità sociale e quindi la sua illiceità.
La nullità comporta la definitiva inidoneità dell'atto a produrre i
suoi effetti . Pertanto, il contratto nullo è inefficace fin dal
momento in cui è stato concluso. La nullità opera di diritto e può
essere accertata giudizialmente in ogni tempo.
Il contratto nullo non può essere convalidato, ma è soggetto a
conversione in altro contratto valido, idoneo a realizzare uno scopo
equivalente.
173
Nullità ed inesistenza
La nullità del contratto esprime una valutazione negativa
dell’ordinamento, la quale non esclude che il contratto nullo possa
avere efficacia nei confronti dei terzi o anche delle parti.
Gli effetti che la legge eccezionalmente ricollega al contratto nullo
presuppongono che sussista un’operazione qualificabile come contratto
e alla quale sia riferibile la qualifica della nullità, presuppongono
cioè l’esistenza del contratto.
La nullità deve essere quindi tenuta distinta rispetto
all’inesistenza quale mancanza di un fatto o atto socialmente
rispondente alla nozione di contratto.
Le cause di nullità:
Definitiva mancanza o impossibilita'di un elemento costitutivo
Elementi costitutivi del contratto (ex art. 1325) sono: l'accordo,
l'oggetto, la causa e la forma quando richiesta a pena di nullità.
1) Accordo: la mancanza di esso deve intendersi come mancanza della
fattispecie oggettiva in cui si identifica giuridicamente
l'accordo. Se poi non vi è un atto socialmente valutabile come
accordo deve senz’altro parlarsi di inesistenza del contratto.
2) Oggetto: il contratto è nullo quando è privo dell'oggetto,
oppure quando l'oggetto è impossibile, indeterminato o
indeterminabile. Se per oggetto si intende il bene reale sul
quale sono destinati a cadere gli effetti contrattuali, la
mancanza di esso comporta nullità del contratto solo in quanto
si tratti di un bene insuscettibile di esistenza o di
identificazione (es. bene perito anteriormente alla sua
alienazione).
174
175
176
Nullità Speciali
Il c.c. all'ultimo comma dell'art. 1418 avverte che il contratto è
altresì nullo negli altri casi salì dalla legge.
Varie norme del codice colpiscono di nullità contratti o singole
clausole conformemente ad antiche tradizioni. Al riguardo si può
parlare di ipotesi classiche di nullità:
• Patto commissorio (art. 2744);
• Patto leonino (art. 2265);
• Patti successori (art. 458).
Di recente si assiste, tuttavia, al fenomeno di un sistematico
intervento di leggi speciali, che utilizzano la sanzione della
nullità in funzione di tutela di contraenti deboli:
• T.U. delle leggi bancarie (1985): nullità dei contratti bancari
non redatti per iscritto; delle clausole di rinvio agli usi per
la determinazione di tassi di interezze, prezzi e condizioni;
delle clausole che prevedono interessi, prezzi e condizioni più
sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.
• T.U. dell’intermediazione bancaria (1998): nullità dei contratti
relativi alla prestazione dei servizi di investimento.
• Legge sulla subfornitura (1992): nullità dei patti che
conferiscono al committente il potere di modificare il contratto
o di recederne senza congruo preavviso.
• Codice del consumo: nullità di protezione delle clausole
vessatorie.
A seguito di queste nuove ipotesi di nullità che sono state poste a
tutela dei contraenti deboli è stata messa in discussione la figura
unitaria della nullità quale sanzione comminata a diretta tutela
dell'interesse generale.
Sul punto, va replicato che le nuove nullità sono pur sempre dirette
a colpire situazioni generalizzate di dannosità sociale che
richiedono l'intervento della legge in attuazione del principio
costituzionale della parità reciproca.
177
178
L’AZIONE DI NULLITÀ
= azione che tende all'accertamento della nullità del contratto.
- Il provvedimento che accoglie la domanda è una sentenza
dichiarativa in quanto la causa di nullità opera di diritto. La
sentenza si rende necessaria tuttavia per far valere la nullità
se la fattispecie contrattuale si presenta come un titolo
presuntivamente valido.
- Legittimato ad esercitare l'azione chiunque vi abbia interesse:
a) innanzitutto la parte: è interessata a far valere la nullità
in via autonoma oppure per contestare l’azione della
controparte fondata sul contratto. In tal caso la parte non
ha l’onere di sollevare la relativa eccezione poiché la
nullità deve essere rilevata d’ufficio dal giudice se risulta
dagli atti. Il giudice deve disapplicare il contratto nullo
quando in giudizio sono esercitate pretese che hanno titolo
in tale contratto.
In giurisprudenza si restringe la rilevabilità d’ufficio
della nullità all’ipotesi in cui sia richiesta l’esecuzione
del contratto, mentre la si esclude quando sia proposta
azione di risoluzione.
Secondo il Bianca questa limitazione è discutibile ritenendo
che invece sia giustificato il più recente orientamento, che
ha riconosciuto la rilevabilità d'ufficio della nullità del
contratto anche quando ne sia stata chiesta la risoluzione o
la rescissione.
Altro problema invece, concerne la rilevabilità d'ufficio di
una causa di nullità diversa da quella denunziata in sede di
azione di nullità. La soluzione negativa è argomentata in
base al principio secondo il quale il giudice deve attenersi
al fondamento della domanda fatto valere dalla parte (casusa
petendi).
b) terzi pregiudicati dal contratto: cioè i terzi ai quali
sarebbe opponibile il contratto nullo.
179
180
La conversione
= modifica legale del contratto che ne evita la nullità nel rispetto
sostanziale dello scopo delle parti.
Secondo la previsione normativa, il contratto nullo può produrre gli
effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di
sostanza e di forma, se, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle
parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se ne avessero
conosciuto la nullità (art. 1424). Es. usufrutto immobiliare verso
corrispettivo periodico che si converte in locazione.
181
La sanatoria
= rimozione legale o volontaria dell'invalidità dell'atto.
- Il contratto annullabile è suscettibile di sanatoria
volontaria mediante la convalida (=atto con cui un soggetto, che
avrebbe il diritto di invocare l'invalidità di un negozio,
conferma il negozio stesso rendendolo definitivamente efficace).
- Il nostro ordinamento non conosce, invece, una generale
figura di sanatoria del contratto nullo: solo eccezionalmente è
ammessa una convalida del contratto nullo. In generale deve
quindi escludersi che al di fuori dei casi previsti il contratto
affetto da nullità possa essere convalidato.
In qualche caso eccezionale la legge ammette per altro la
sanatoria del negozio nullo mediante conferma, la quale comporta
182
Con riguardo alla s.p.a., la nullità non può essere dichiarata quando
la causa di essa sia stata eliminata per effetto di una modificazione
dell’atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese.
Una particolare disciplina normativa delle conseguenze della nullità
è riscontrabile relativamente a determinate figure negoziali tipiche,
quali il contratto di lavoro e il matrimonio.
La nullità parziale
La nullità parziale del contratto si distingue in:
a) nullità parziale in senso oggettivo: colpisce una parte del
contenuto del contratto, può consistere in una parziale
impossibilità di esecuzione delle prestazioni contrattuali o
nell’invalidità di singole clausole del contratto.
b) nullità parziale in senso soggettivo: nei contratti plurilaterali
investe il vincolo di una delle parti.
183
L'ANNULLABILITÀ
Le cause di annullabilità
1) incapacità legale o naturale della parte;
2) vizi del consenso (errore, violenza e dolo);
3) particolari situazioni di abuso a danno di una delle parti:
es. ipotesi di annullabilità del contratto concluso dal
rappresentante in conflitto di interessi con il
rappresentato o dal coniuge senza il consenso dell’altro in
regime di comunione legale;
4) inosservanza di oneri formali (art. 606) o prescrizioni
imperative (art. 2098).
184
A) L'ERRORE
= falsa rappresentazione della parte in ordine al contratto o ai suoi
presupposti. Esso è causa di annullamento del contratto quando è
essenziale e riconoscibile (art. 1428).
L’errore si distingue in:
a) errore vizio (o errore motivo): attiene alla formazione della
volontà della parte (senza l’errore la parte non avrebbe voluto
concludere il contratto).
b) errore ostativo: attiene alla dichiarazione della parte (il
contraente ha correttamente formato la propria volontà ma questa
è stata inesattamente dichiarata o trasmessa).
185
186
Errore di diritto:
è causa di annullamento quando abbia costituito la ragione unica o
principale del consenso.
In dottrina si sostiene che l’errore di diritto avrebbe rilevanza
anche se si tratta di errore sui motivi. In coerenza con la
disciplina generale dell’errore deve dirsi piuttosto che l’errore di
diritto deve sempre vertere sui presupposti oggettivi o sugli effetti
giuridici del contratto o della prestazione (dovendosi negare la
187
Errore di calcolo:
L’errore di calcolo non dà luogo all'annullamento del contratto ma
solo alla rettifica salvo che, concretandosi in errore sulla
quantità, abbia assunto un’importanza determinante.
- Secondo la giurisprudenza, l’errore di calcolo è solo l’errore
nella elaborazione aritmetica dei dati esattamente assunti in
contratto (es. le parti, dopo aver fissato la quantità della
merce venduta e il prezzo unitario di questa, computano
inesattamente il prezzo globale).
- Secondo la dottrina prevalente l’errore di calcolo assume
autonomo rilievo quale erronea determinazione del contenuto del
contratto e dell’oggetto dell’attribuzione.
L’errore di calcolo è una particolare figura di errore vizio non
essenziale, consistente nell’erronea indicazione della quantità della
prestazione.
- se il contratto indica erroneamente la quantità della merce e
l’errore non è essenziale: si procede a rettifica del prezzo
sulla base della quantità di merce effettivamente accertata.
L’errore deve comunque essere riconoscibile, e deve cadere sugli
elementi dedotti in contratto (es. vendo il grano del mio
magazzino per un prezzo globale, indicando la q.tà di 1000
quintali mentre si tratta di 1050 quintali → diritto al
supplemento di prezzo);
- se il contratto non fa menzione degli elementi del calcolo: la
parte non può invocare gli errori compiuti nel fissare l’entità
della propria offerta (es. vendo ‘a corpo’ il grano del mio
magazzino per un certo prezzo senza indicarne la quantità. Se ho
mal calcolato il prezzo in base a una q.tà di grano inferiore →
errore irrilevante. L’errore sulla q.tà può essere rilevante
come essenziale e riconoscibile → annullamento del contratto
per errore sulla q.tà).
B) LA VIOLENZA
= minaccia che costringe la persona a stipulare un contratto non
voluto o a subirne un determinato contenuto.
Essa è causa di annullabilità del contratto quando consiste nella
minaccia seria di un male ingiusto e notevole alla persona o ai beni
del contraente o di terzi, ovvero nella minaccia di esercitare un
diritto per conseguire un vantaggio ingiusto.
La violenza rileva come causa di annullamento del contratto anche se
esercitata da un terzo ad insaputa della controparte: l'esigenza di
tutela del soggetto contro la violenza prevale anche sull'esigenza
dell'affidamento.
188
Tradizionalmente si distingue:
- Violenza fisica: si estrinsecherebbe in una coazione materiale
che esclude del tutto la volontà del soggetto in ordine
contratto (→ causa di nullità del contratto).
- Violenza morale: agisce sulla volontà della vittima inducendola
a stipulare il contratto per sottrarsi al male minacciato (anche
se spinto dalla minaccia il soggetto presta comunque il proprio
consenso).
La distinzione deve, tuttavia, ritenersi superata in quanto anche la
violenza fisica agisce sulla volontà del soggetto il quale compie
l'atto per sottrarsi ad un immediato male fisico.
Se poi l'autore della violenza giungesse a guidare materialmente la
mano della vittima in segno di consenso, il contratto dovrebbe
ritenersi inesistente per mancanza di una volontà del soggetto.
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Timore riverenziale
Il timore è una perturbazione psicologica del soggetto. Esso può
consistere in:
- timore in senso proprio = di un pericolo;
- timore reverenziale = stato di soggezione psicologica che un
soggetto ha nei confronti di un altro per l’importanza della sua
posizione nell'ambiente familiare, sociale, lavorativo.
La disciplina del contratto si occupa espressamente del timore
reverenziale, escludendo che esso renda annullabile il contratto
(art. 1437). La norma si spiega in considerazione della normale
insufficienza della semplice soggezione psicologica a determinare il
consenso contrattuale.
C) IL DOLO
= qualsiasi forma di raggiro che altera la volontà contrattuale della
vittima.
- Il dolo è causa di annullabilità del contratto quando i raggiri
usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi,
l'altra parte non avrebbe stipulato → dolo vizio (c.d. causam
dans).
- Il dolo vizio si distingue rispetto al dolo incidente (c.d.
incidens), quale raggiro che non è determinante del consenso ma
incide sul contenuto del contratto (nel senso del contraente
avrebbe egualmente concluso il contratto ma condizioni diverse).
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Dolo e inadempimento
Nei casi in cui il dolo determina un errore che abbia i requisiti
dell’essenzialità, la vittima può giovarsi alternativamente
dell’azione di annullamento per errore – anche se non risulta provato
il dolo della controparte.
Per quanto attiene all’esercizio dei rimedi contro l’inadempimento,
questa figura deve escludersi quando il contratto sia nullo per
impossibilità giuridica o materiale. Se, viceversa, l’autore del dolo
ha assunto un impegno contrattuale giuridicamente e materialmente
possibile, il contratto produce effetti → la vittima può agire per
far valere l’inadempimento.
Alla vittima del dolo deve riconoscersi la possibilità di ricorrere
all’azione di annullamento o ai rimedi contro l’inadempimento quando
di fatto coesistono i presupposti sia dell’una che dell’altra
ipotesi.
L’AZIONE DI ANNULLAMENTO
L’annullamento del contratto è riservato all’iniziativa di parte:
l’annullabilità può pertanto essere rilevata d’ufficio. È onere della
parte proporre la relativa azione e, se convenuta, chiedere
l’annullamento del contratto in via di eccezione o riconvenzionale.
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La prescrizione dell'azione
L'azione di annullamento del contratto si prescrive in cinque anni
(art. 1442). Si tratta quindi di una prescrizione breve che rende
inapplicabile l'ordinario termine decennale di prescrizione (art.
2946).
- Nei casi di vizi del consenso e di incapacità legale la
prescrizione decorre dal momento in cui è cessata la violenza, è
stato scoperto l'errore o il dolo, è stata revocata
l’interdizione o l’inabilitazione.
- Al di fuori di questi casi la prescrizione decorre dal giorno
della conclusione del contratto.
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La convalida
Il contratto annullabile può essere sanato mediante la convalida =
negozio unilaterale non recettizio mediante il quale la parte
legittimata all'azione di annullamento conferma il contratto
invalido. A seguito della convalida il contratto non è più
annullabile da parte del convalidante.
- Espressa: quando la parte manifesta la volontà di confermare il
contratto annullabile mediante un’apposita dichiarazione che
deve contenere la specifica menzione del contratto e della causa
di invalidità.
La volontà di convalidare il contratto può essere manifestata
con formule diverse e, tra queste, anche con la rinunzia
all'azione di annullamento. Una parte della dottrina, anzi,
intende la convalida proprio come una rinunzia all'azione o
rinunzia al diritto di annullamento. Tuttavia, secondo il Bianca
la spiegazione della convalida in termini di rinunzia non appare
soddisfacente perché essa non ne coglie il significato
principale e positivo quale atto volto a confermare il
contratto, cioè a rendere lo ferma e definitivo. Questo
contenuto positivo trova riconoscimento della tesi tradizionale
che, facendo leva sull'espressione letterale del termine,
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La rettifica
= negozio unilaterale e recettizio mediante il quale la parte non in
errore rende definitivamente efficace il contratto modificandone il
contenuto conformemente all’originario intento effettivo della
controparte.
Fondamento della rettifica sono il principio di conservazione del
contratto e di buonafede. Quest’ultimo principio esclude che
l’interesse di una parte sia sacrificato se non trova una sufficiente
rispondenza nell’interesse dell’altra.
- la contrarietà alla buonafede del rifiuto ingiustificato della
parte di accettare la rettifica è sanzionata in termini di
irrilevanza del rifiuto.
- Conformemente al suo fondamento, la rettifica non può più essere
esercitata quando importa un pregiudizio alla controparte, cioè
quando per il tempo trascorso o per circostanze o fatti
sopravvenuti debba presumersi che la parte legittimata
all’annullamento non abbia più interesse all’esecuzione del
contratto anche se adeguata al suo intento originario.
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LA RESCINDIBILITÀ
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Rescissione ed usura
La fattispecie del contratto rescindibile per lesione può integrare
gli estremi del reato di usura.
→ Vi è reato di usura quando il soggetto si fa dare o promettere,
per sè o per altri, interessi o altri vantaggi usurari in
corrispettivo di una prestazione di denaro o di un'altra utilità
(art. 644 c.p.).
La fattispecie dell'usura, come è attualmente prevista, si distingue
rispetto a quella della lesione poiché non richiede il requisito
dell'accreditamento dello stato di bisogno. Nella pratica tuttavia i
casi di usura e lesione tendono a coincidere. Questa coincidenza pone
pertanto il problema dell'incidenza del reato sulla validità del
contratto.
→ Secondo la tesi prevalente, la ricorrenza del reato non
cambierebbe la disciplina privatistica: sul piano civilistico la
vittima avrebbe diritto solo al rimedio della rescissione, con
l'unica variante di un prolungamento del termine di prescrizione in
concomitanza con il termine di prescrizione del reato.
L'AZIONE DI RESCISSIONE
La rescissione del contratto è un rimedio riservato all'iniziativa di
parte. Come nel caso dell'annullamento, è onere della parte
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La prescrizione dell'azione
- L'azione di rescissione si prescrive in un anno dalla data di
stipulazione del contratto. Inoltre, decorso tale termine, il
rimedio della rescissione non può essere fatto valere neppure in
via di eccezione.
Tuttavia, se ricorrono gli estremi del reato il termine di
prescrizione dell’azione di rescissione coincide con il più
lungo termine di prescrizione del reato. Al riguardo si fa
rinvio alla regola generale per l’azione di risarcimento del
danno derivante da reato (art. 2947): quando si verifica il
passaggio in giudicato della sentenza penale o l'estinzione del
reato (per causa diversa dalla prescrizione) torna ad applicarsi
il termine annuale di prescrizione a far data dal verificarsi di
tanti fatti.
- Come per l'annullamento, anche la prescrizione dell'azione di
rescissione può essere interrotta solo dalla proposizione della
domanda giudiziale (e non anche dalla richiesta fatta alla
controparte). In tal senso si trae argomento da rilievo che la
rescissione è un rimedio esclusivamente giudiziale, in quanto
solo il giudice può realizzare risultato voluto (ossia la
rescissione del contratto) e quindi il diritto non può
esercitarsi che mediante l’azione. Si ammette comunque
l’efficacia interruttiva del riconoscimento del diritto da parte
del destinatario dell’azione.
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La riduzione ad equità
La parte destinataria dell'azione di rescissione, può evitare
quest'ultima offrendo alla parte danneggiata di modificare il
contenuto del contratto riconducendo il valore economico delle
prestazioni contrattuale ad un giusto valore di scambio. L'esercizio
di questo potere estingue il diritto del contraente leso alla
rescissione del contratto.
- Il potere di riduzione ad equità è un potere di rettifica. Esso
può essere definito come un negozio unilaterale e recettizio con
cui si modifica il contenuto del contratto secondo un giusto
criterio di scambio.
- La riduzione ad equità non esige una rigorosa equivalenza di
valori delle prestazioni ma richiede, comunque, che il contratto
sia riportato ad un giusto rapporto di scambio. A tal fine il
corrispettivo deve essere uniformato in quanto possibile ai
valori di mercato (e cioè ai prezzi normalmente praticati per i
beni e servizi simili tenendo conto delle particolari condizioni
del contratto).
- La determinazione del giusto corrispettivo dev’essere fatta con
riferimento ai valori attuali delle prestazioni: la riduzione ad
equità deve aumentare o diminuire il corrispettivo in modo da
eliminare l’attuale lesione e renderlo giusto con riferimento
agli attuali valori delle prestazioni.
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LA SIMULAZIONE
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Interposizione reale:
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c) I creditori
Occorre distinguere:
a) Creditori del simulato alienante: conservano nei confronti del
debitore la loro garanzia patrimoniale sul bene apparentemente
alienato. Essi possono pertanto agire per far accertare che
l’alienazione stipulata dal debitore era simulata. Non possono
peraltro far valere la garanzia patrimoniale in pregiudizio dei
terzi acquirenti di buonafede.
b) Creditori del simulato acquirente: possono far valere la loro
garanzia patrimoniale sul bene che risulta acquisito al
patrimonio del debitore in base al contratto simulato.
Precisamente, la simulazione non può essere opposta ai creditori
del simulato acquirente che in buonafede hanno già compiuto atti
di esecuzione sul suo patrimonio.
La simulazione non può essere loro opposta né dalle parti né
dagli aventi causa dal simulato alienante. Ma anche qui occorre
tener conto delle regole della trascrizione e degli altri regimi
di opponibilità dell’atto. Se il contratto simulato è soggetto a
trascrizione, il diritto di chi agisce in simulazione prevale
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L'AZIONE DI SIMULAZIONE
L’azione di simulazione è un'azione di accertamento: è diretta a far
accertare giudizialmente l’inefficacia totale o parziale del
contratto e il reale rapporto intercorrente tra le parti.
- Legittimati ad agire sono le parti ed i terzi interessati, cioè
i terzi attualmente o potenzialmente pregiudicati dalla
situazione apparente. Se la simulazione risulta dagli atti, essa
dev’essere rilevata anche d’ufficio quando la pretesa fatta
valere in giudizio sia fondata sul contratto simulato.
- Legittimati passivi sono i partecipi dell’accordo simulatorio.
Il negozio fiduciario
= negozio mediante il quale un soggetto (fiduciante) aliena un
diritto per uno scopo ulteriore che l’alienatario (fiduciario) si
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Il rapporto cedente-cessionario
In applicazione del principio consensualistico, la posizione
giuridica del cedente si trasferisce al cessionario per effetto del
consenso. È necessario anche il consenso del contraente ceduto, il
quale può però limitarsi ad approvare la cessione stipulata tra
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I contratti all'ordine
= contratto destinato alla circolazione mediante un documento con la
clausola all'ordine o altra clausola equivalente.
Il contratto all’ordine si trasferisce normalmente mediante la
consegna del documento accompagnata dalla girata. Queste non sono
formalità necessarie per il trasferimento del rapporto contrattuale,
che si realizza in base al principio del consenso traslativo.
I contratti all’ordine non sono titoli di credito ma titoli impropri,
cioè documenti che servono a trasferire il diritto senza l’osservanza
delle forme proprie della cessione. Mediante tali documenti diventa
superflua la notificazione.
→ Il possesso del documento accompagnato dalla girata è sufficiente
a far presumere che il portatore sia il nuovo titolare del diritto.
Il ceduto deve pertanto attenersi a tale presunzione, se non gli
risulta il contrario, e non può pretendere altre prove dell’avvenuta
cessione.
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Il Subcontratto
= contratto mediante il quale una parte reimpiega nei confronti di un
terzo la posizione che gli deriva da un contratto in corso, detto
contratto base.
Il subcontratto riproduce lo stesso tipo di operazione economica del
contratto basse ma la parte assume con il terzo il ruolo inverso
rispetto a quello che egli ha in tale contratto: es. il locatario che
subloca l’immobile diviene a sua volta locatore, l’appaltatore che
subappalta diventa committente, il depositario che subdeposita
diviene depositante…
LA RISOLUZIONE
= estinzione del contratto per un evento impeditivo del rapporto;
scioglimento del rapporto contrattuale.
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Il mutuo dissenso
= scioglimento consensuale del contratto. E’ l’accordo delle parti
che estingue un precedente contratto con efficacia retroattiva.
Esso è espressione dell’autonomia contrattuale, in quanto il potere
di porre in essere atti dispositivi della propria sfera giuridica
comporta anche il potere di disvolere tali atti, nel rispetto dei
diritti altrui.
La possibilità che l’accordo delle parti abbia ad oggetto
l’estinzione di un precedente rapporto contrattuale rientra nella
stessa definizione normativa del contratto (art. 1321: accordo per
costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico
patrimoniale).
Il mutuo dissenso rimane distinto rispetto ai contratti restitutori,
mediante i quali le parti, senza risolvere il contratto originario,
tendono a realizzare una vicenda contrattuale inversa (es. patto di
retrovendita). Con il mutuo dissenso ciascuna delle parti perde il
vantaggio derivante dal contratto originario.
Il mutuo dissenso richiede la stessa forma del contratto revocato, in
quanto ha per oggetto una vicenda di uguale natura e di uguale
importanza.
Lo scioglimento per mutuo dissenso non pregiudica i diritti dei terzi
aventi causa e dei creditori che abbiano compiuto atti di esecuzione
sui beni che per effetto dello scioglimento del contratto tornano
nella sfera dell’altra parte. Il mutuo dissenso è comunque
assoggettato allo stesso regime di opponibilità del contratto
originario.
IL RECESSO
In genere il negozio giuridico unilaterale può essere revocato dal
suo autore, salvo che a seguito del negozio sia sorto in capo al
terzo un diritto incompatibile con la revoca. Conformemente a tale
principio, finché il contratto non si è perfezionato ciascuna delle
parti ha il potere di revocare il proprio atto di consenso.
Il contratto non può, invece, essere sciolto unilateralmente dalla
parte (principio di vincolatività del contratto).
Lo stesso contratto può tuttavia accordare ad una o ad entrambe le
parti il potere di sciogliersi unilateralmente dal vincolo
contrattuale. La disciplina del contratto indica tale potere come
RECESSO (art. 1373).
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La multa penitenziale
= prestazione prevista a carico del recedente per l’esercizio del
potere di recesso o di revoca.
Essa non è una penale, in quanto l’atto non presuppone un
inadempimento del recedente, il quale esercita un suo diritto. La
multa penitenziale è piuttosto il prezzo del recesso.
La prestazione a carico del recedente può essere stabilita in forma
di caparra penitenziale.
La caparra penitenziale
= somma versata al momento della conclusione del contratto da valere
eventualmente come corrispettivo del recesso (o della revoca) – art.
1386.
- A differenza della caparra confirmatoria, la caparra
penitenziale implica il diritto di recesso dal contratto. Tale
diritto può essere previsto anche a favore di entrambe le parti.
Il contraente che esercita il recesso perde la caparra data o
deve restituire il doppio di quella ricevuta.
Che la caparra sia penitenziale (anziché confirmatoria) deve
risultare dall’interpretazione della clausola: se il contratto
attribuisce ad entrambe le parti il diritto di sciogliere il
contratto, la caparra s’intende come penitenziale.
- A differenza della semplice multa penitenziale, la caparra
penitenziale si accompagna alla preventiva dazione della somma
relativa. Per chi la riceve, la caparra costituisce garanzia di
un immediato soddisfacimento del diritto a ricevere il
corrispettivo del recesso.
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Appendice di aggiornamento
Nel quadro degli interventi comunitari a tutela del consumatore,
particolare importanza ha assunto la Direttiva 1999/44/CE su taluni
aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo.
La Direttiva concerne la vendita e i contratti aventi ad oggetto la
fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre. Sul piano
soggettivo essa riguarda i contratti intercorrenti tra venditori o
produttori di beni di consumo, esercenti nell'ambito della propria
attività imprenditoriale, e consumatori (art. 1).
Al consumatore è riconosciuto il diritto alla consegna di beni conformi al
contratto, cioè di beni corrispondenti alla descrizione fatta dal
venditore, idonei all'uso normale o allo speciale uso comunicato dal
consumatore e accettato dal venditore, e in genere aventi le normali
qualità dei beni dello stesso tipo (art. 2). Le varie ipotesi di
inesattezza dei beni sono riportate all' unica categoria
dell'inadempimento per difetto di conformità.
In presenza di qualsiasi difformità del bene spettano al consumatore i
rimedi della riparazione o sostituzione. Se questi rimedi risultano
impossibili o eccessivamente onerosi gli spettano quelli della riduzione
del prezzo o della risoluzione del contratto. La risoluzione del contratto
è esclusa se il difetto è "minore" (art. 3).
Il venditore finale, responsabile nei confronti del consumatore, ha
diritto di regresso nell'ipotesi in cui il difetto di conformità sia
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