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18/05/2022

Risoluzione/Il contratto e i terzi

Norma similare all’interpretazione della legge. Il contratto è un negozio che lega almeno
due parti. Queste norme siamo spesso portati a trascurare perché non hanno portata
precettiva, non stabiliscono una sanzione per l’eventuale loro inadempimento, ma hanno
valenza interpretativa. Questa minor vincolatività tra le parti dona una percezione di minor
importanza, ma non è così.
L’unica interpretazione che è vincolante è la cosiddetta autentica, ma essa viene fatta dal
legislatore e chiarisce come quella norma debba essere interpretata e dunque vincola il
giudice.
Se i contratti fossero chiari, precisi e puntuali avremmo molti meno conflitti tra le parti. Una
corretta formulazione può contenere parti allusive dell’interpretazione contrattuale.
Noi utilizziamo proprio questi articoli per dar sostegno alla nostra tesi. Ci sono passaggi
che obbligano l’interprete a conservare la portata delle parti.

Art. 1362 e seguenti -Intenzione dei contraenti– sulla volontà delle parti è difficile da
esporsi, spetta alla scrittura del contratto essere esaustiva rispetto alla volontà che si è
sostenuta in scrittura. Quando il contratto è molto complesso e riguarda operazioni che
hanno anche complessità numerica oltre che giuridica si usa formulare degli esempi.
“Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle
parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.
Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento
complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”

Art. 1363 – Interpretazione complessiva delle clausole. Quando ho una controversia


sulla lettura di un contratto, in particolare sulla clausola, per darle significato e capirne le
variazioni, le accezioni, devo leggermi l’intero contratto. Tutte le pagine di un contratto
rispondono ad un filo logico. “Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo
delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto”.

Art. 1367 – Principio di conservazione. “Nel dubbio, il contratto o le singole clausole


devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello
secondo cui non ne avrebbero alcuno”.
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Art. 1370 – Interpretazione contro l'autore della clausola- Le clausole si interpretano,


qualora vi sia dubbio su esse, sempre nel senso sfavorevole a chi quella clausola l’ha
redatta. “Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari
predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro”.

Nelle regole finale c’è un principio che non va mai dimenticato: distingue i criteri
interpretativi a seconda che il contratto sia gratuito od oneroso. Se il contratto è gratuito,
nel caso in cui la formula abbia più sensi, si interpreta sempre in modo meno gravoso per
l’obbligato. Siccome non c’è una controprestazione, la clausola viene valutata in maniera
meno gravosa.
Se invece è onerosa faccio il contemperamento di interessi (Valutazione rispettivi diritti ed
obblighi delle parti.)

Risoluzione del contratto:


È lo scioglimento del vincolo contrattuale, previsto a favore della parte che, in
un contratto a prestazioni corrispettive, non sia inadempiente, quando l'altra invece sia
colpevole di inadempimento, nonché previsto in caso di impossibilità sopravvenuta della
prestazione e sopravvenuta eccessiva onerosità.

- Per inadempimento: Si ha in tre modi:


1) Diffida ad adempiere: La risoluzione del contratto per inadempimento non può essere
invocata in un contratto che non sia a prestazione corrispettive, quindi non si ha per tutti i
contratti. Contratti con obbligazioni da solo proponente, ad esempio. La deve invocare la
parte tra le due che è adempiente. Può a sua scelta chiedere l’adempimento o la
risoluzione del contratto salvo il risarcimento del danno. Quando c’è inadempimento anche
se gravissimo, non è che la parte adempiente deve per forza chiedere la risoluzione del
contratto dato che con essa perdo il diritto all’adempimento dell’altro. Tuttavia, le due
scelte non sono vicendevoli, se chiedo l’adempimento poi posso richiedere la risoluzione,
ma se chiedo la risoluzione poi non posso richiedere l’adempimento.
Passaggio che lega comma 1 e comma 3 del 1.454: se la parte inadempiente è
parzialmente inadempiente e l’altro manda la lettera per la diffida ad adempiere e la parte
non paga il restante entro 15 giorni il contratto si risolve di diritto. Significa che il contratto
perda effetti e scattano le prestazioni risolutorie. Allora il codice va a mitigare questo
principio e dice che il contratto non si può risolvere ancorché inadempiuto, ancorché
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spirato il termine della diffida, se l’inadempimento è di scarsa importanza, avuto riguardo


all’interesse dell’altra.
Dunque, per arrivare alla risoluzione del contratto è necessario che ci sia inadempimento,
che la parte che lo subisce invochi la risoluzione, mandi la diffida, che spirato il termine
della diffida senza adempimento, si verifichi un inadempimento tale da essere considerato
non di scarsa importanza. Altresì un inadempimento di scarsa importanza dà luogo al
risarcimento del danno, ma non risolve il contratto.
Se nel contratto manca la clausola risolutiva espressa, la parte non inadempiente può
ottenere egualmente che la risoluzione operi di diritto mediante una diffida ad adempiere,
ossia mediante una dichiarazione scritta, con la quale intima all’altro contranete di
provvedere all’adempimento entro un termine congruo (Che, di regola, non può essere
inferiore a 15 giorni), con espressa avvertenza che, ove il termine fissato dovesse
decorrere senza che si faccia luogo all’adempimento, il contratto, a partire da quel
momento, si intenderà senz’altro risolto.

Art. 1.453 c.c. Risolubilità del contratto per inadempimento “Nei contratti con
prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro
può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso,
il risarcimento del danno. La risoluzione può essere domandata anche quando il
giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi
l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di
risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.”

Art. 1.454 c.c. Diffida ad adempiere “Alla parte inadempiente l'altra può intimare per
iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente
detto termine, il contratto s'intenderà senz'altro risoluto. Il termine non può
essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la
natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Decorso il
termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto”

Art. 1.455 –Importanza dell’inadempimento- “Il contratto non si può risolvere se


l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse
dell'altra”. Non è collegato espressamente al art. 1.454 c.c. Se l’inadempimento è di
scarsa importanza, pur arrivato il termine di diffida, il contratto non si risolve.
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Come si stabilisce quando l’inadempimento è di scarsa importanza? Si ha da valutare in


base al caso concreto.
I problemi di questa via: sono così gravi che il codice ha disciplinato una seconda
possibilità di risoluzione del contratto che è pensata per evitare di portare nel contratto il
tema della scarsa importanza.

2) Clausola risolutiva espressa: Art. 1.456 c.c. “I contraenti possono convenire


espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non
sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso, la risoluzione si verifica di
diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola
risolutiva”. Risoluzione del contratto per la clausola risolutiva espressa che si trova di solito
in ogni contratto. In questa clausola vengono indicati i casi in cui l’inadempimento sia di
scarsa importanza o meno. Si individua la prestazione pattuita che in caso
dell’inadempimento debba ritenersi rilevante in caso di risoluzione del contratto.

Evita che la parte inadempiente sfrutti le parti poco chiare del contratto. Si devono
individuare tutte le prestazioni.
Si chiama così la clausola contrattuale con la quale le parti prevedono espressamente che
il contratto dovrà considerarsi automaticamente risolto qualora una determinata
obbligazione o talune obbligazioni, purché sempre specificamente indicate nella clausola
stessa non venga adempiuta affatto o comunque non venga eseguita rispettando le
modalità pattuite. Quando in un contratto figura una clausola risolutiva espressa la
risoluzione con consegue ancora, tuttavia, immediatamente all’inadempienza: essa si
verifica soltanto quando la parte non inadempiente comunichi all’altra parte che intende
avvalersene, risolvendo il contratto.

3) Termine essenziale: Art. 1.457 c.c. “Se il termine fissato per la prestazione di una delle
parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra, questa, salvo patto o uso
contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne
notizia all'altra parte entro tre giorni. In mancanza, il contratto si intende risoluto di
diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione”. Lo sforamento di un
termine costituisce inadempimento, come sappiamo.

Per evitare dubbi le parti possono espressamente indicare che il termine previsto per
l’adempimento è essenziale: significa che il ritardo anche di un minuto sull’adempimento
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dovuto comporta la risoluzione del contratto. Va espressamente indicata come essenziale


e nel qualificarla come tale alla parte che subisce il ritardo può invocare la risoluzione.
Il termine per l’adempimento di una prestazione si dice essenziale quando la prestazione
diventa inutile per il creditore se non venga eseguita entro il termine stabilito.

Art. 1458 – Effetti della risoluzione- La risoluzione del contratto per inadempimento
produce effetti Ex Tunc.
“La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il
caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della
risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.

La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acquistati


dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione”

Ci sono poi 3 clausole che hanno una forte valenza pratica: sono cosiddette di autotutela
che vengono invocate dalle parti con una funzione di autotutela che ha una funzione
deflattiva del contenzioso. Possono usarle al fine di evitare il giudizio trovando tutela.
1) Eccezione di inadempimento: se c’è un contratto a prestazioni corrispettive, una
parte sarà disponibile ad eseguire la propria prestazione nei limiti in cui anche l’altra
parte faccia altrettanto. Il codice dice che il contraente può rifiutarsi di adempiere alla
propria prestazione se l’altra parte si rifiuti di adempiere alla propria contestualmente.
Con questa eccezione si evita di adempiere e trovarsi a subire l’inadempimento.
Principio di contestualità dell’inadempimento.
Questa eccezione può essere sollevata purché, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto
non risulti contrario a buona fede.
Art. 1.460 c.c. “Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può
rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere
contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati
stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto. Tuttavia non può rifiutarsi la
esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede ”.

Qualora termini diversi siano stabiliti dalle parti, la parte tenuta ad adempiere
successivamente può legittimamente rifiutare di eseguire la prestazione da lei dovuta,
qualora l’altra parte non abbia ancora eseguito la propria.
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2) Mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti: Art. 1.461 c.c. Si può
stabilire che una parte non può, per non pagare, sollevare un’eccezione.
La tutela di chi ha concluso un contratto a prestazioni corrispettive non s’arresta all’ipotesi
dell’inadempimento dell’altra parte, ma prende in considerazione anche l’ipotesi del
pericolo di inadempimento. E’, attribuita a ciascun contraente la facoltà di sospendere
l’esecuzione della prestazione da lui dovuta, se, successivamente al perfezionamento del
contratto, le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenute tali da porre in evidente
pericolo il conseguimento della controprestazione. Naturalmente, se viene prestata idonea
garanzia, cessa il pericolo che la prestazione non sia conseguita e la sospensione non ha
alcuna giustificazione.

3) Clausola limitativa della proponibilità di eccezioni: Art. 1.461 c.c. Una delle parti
può assicurarsi, mediante apposita clausola, una particolare protezione ai fini
dell’adempimento, in deroga al normale funzionamento del principio della
corrispettività, che una delle parti non possa opporre eccezioni al fine di evitare o
ritardare la prestazione dovuta (L’inquilino non può per nessun motivo ritardare il
pagamento della pigione). Prima paghi e poi agisca in giudizio per ottenere la
restituzione, in tutto o in parte, di ciò che ha pagato. E anche detta clausola del solve
et repete.

- Per impossibilità sopravvenuta: (Art. 1.463 c.c.) L’impossibilità sopravvenuta della


prestazione, com’è noto, estingue l’obbligazione. Nei contratti corrispettivi essa fa anche
venir meno la giustificazione del diritto alla controprestazione e perciò da luogo alla
risoluzione. Tale risoluzione opera di diritto. Se la prestazione è divenuta solo
parzialmente impossibile, il corrispettivo è giustificato solo por la parte corrispondente è
dev’essere ridotto: la risoluzione non è totale, ma parziale.

- Per eccessiva onerosità: (Art. 1. 467 c.c.) Si tende a confondere la risoluzione del
contratto per eccessiva onerosità con la rescissione del contratto per lesione. Non vanno
confusi i due rimedi della risoluzione e della rescissione ‘ché sono due rimedi
completamente diversi e hanno effetti completamente diversi.
Deve essere un fatto non prevedibile al sorgere del contratto e deve trattarsi di un
contratto a prestazioni figurate.
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Il legislatore ha concesso un rimedio per il caso più grave in cui fatti sopravvenuti
straordinari ed imprevedibili rendano la prestazione di una delle parti eccessivamente
oneroso, determinando un sacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra. Si
ha, pertanto, diritto alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità quando
concorrono le seguenti condizioni:
a. Che si tratti di contratti per i quali è previsto il decorso di un intervallo di tempo tra la
stipulazione dell’accordo e la sua esecuzione (Contratti ad esecuzione continuata o
periodica, ad esempio la somministrazione, ovvero ad esecuzione differita, come ad
esempio la vendita a termine di cose fungibili)
b. Che si verifichi una eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione di una delle
parti. Deve essere successiva alla conclusione del contratto, deve anche trattarsi di
una onerosità che crei uno squilibrio economico grave tra controprestazione e
prestazione; e deve riguardare uno scambio non ancora realizzato.
c. Che l’eccessiva onerosità dipenda da avvenimenti straordinari e imprevedibili.

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