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Lab Separazione e divorzio

Lab. appl.: Separazione e divorzio (Università degli Studi di Trento)

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Lezione 27 ottobre 2022 – Introduzione

Fino a qualche anno fa la separazione e il divorzio erano possibili solo dinanzi al giudice.
Ad oggi invece abbiamo 3 modalità:

1) Separazione dinanzi all’ufficiale di stato civile: sindaco -> ratio: velocizzazione del
procedimento e economicità;

2) Mediazione assistita: Intervengono gli avvocati delle parti secondo procedura stabilita
che si conclude con sentenza o accordo tra le parti.

3) Procedure tradizionali es. separazione consensuale o meno in tribunale.

I mutamenti della società si ripercuotono sulla disciplina del diritto di famiglia facendo
evolvere la giurisprudenza ma mantenendo le leggi invariate.

Quando due persone si sposano, l’atto di matrimonio viene conservato nei registri di stato
civile sui quali viene annotato il regime patrimoniale della famiglia. Se i soggetti nulla
dispongono viene applicata in automatico la comunione di beni altrimenti sarà annotato il
diverso regime scelto.

MATRIMONIO: ART. 143 cc


“1. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i
medesimi doveri.” -> condizione paritaria coniugi
“2. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale,
alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.” -> doveri del
matrimonio. Dovere di fedeltà: i coniugi si impegnano a non tradirsi. Il tradimento è solo
fisico? la giurisprudenza ad oggi ha esteso il concetto di fedeltà anche a livello
mentale/spirituale. Quando invece è stato concepito il testo si pensava prettamente al
tradimento fisico. Se il tradimento vede il consenso dell’altro coniuge il tradimento non
viene considerato come tale, non viene violato alcun obbligo di fedeltà. Si può però parlare
di tradimento anche quando si mente al coniuge. Assistenza morale e materiale: ogni
coniuge in base al proprio reddito concorre alle spese per l’altro e per la famiglia.
L’assistenza morale è la vicinanza durante periodi di difficoltà del
coniuge. Collaborazione nell’interesse della famiglia: i coniugi insieme programmano il
futuro e i progetti. Coabitazione: è l’abitare insieme. Se i coniugi abitano in due case
separate nelle quali hanno la residenza per evitare di pagare la tassa sulla seconda casa,
si viola l’obbligo di coabitazione? La residenza è il luogo nel quale si vive abitualmente.
Una circolare escluse questa possibilità, quindi l’obbligo veniva violato. Successivamente
una sentenza stabilì che questo fosse possibile invece dal punto di vista fiscale.
3. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria
capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.” -
> integra il dovere di collaborazione tra coniugi.
La violazione di uno di questi doveri può comportare l’addebito della separazione al
coniuge violatore. In una prima concezione della norma bastava la violazione di un solo
obbligo per far scattare l’onere dell’addebito. Con la separazione di norma non si perdono i
diritti successori. In caso di addebito di assegno divorzile si perdono non solo i diritti
successori ma anche il diritto all’assegno di mantenimento. Ad oggi occorre dimostrare
che la violazione dell’obbligo ha effettivamente provocato una crisi del matrimonio. (la
violazione è la ragione unica ed essenziale che ha originato la crisi).

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ART 144 CC: “1. I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la
residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia
stessa.”
“2. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato.”

ART 147 CC “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire,
educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali
e aspirazioni, secondo quanto previsto dall'articolo 315-bis” -> la genitorialità deve essere
distinta dal rapporto di coppia in quanto permane anche quando il rapporto matrimoniale
termina.

REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA


Il regime legale della famiglia è la comunione legale.
Art. 177 cc beni in comunione.
ci sono due beni:

- Alcuni entrano subito nel regime di comunione

- Comunione de residuo: vi rientrano allo scioglimento della comunione stessa

“1. Costituiscono oggetto della comunione:


a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad
esclusione di quelli relativi ai beni personali;-> entrano subito nella comunione
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo
scioglimento della comunione; -> comunione del residuo. (es frutto di un bene proprio:
affitto di un appartamento di proprietà di un coniuge)
c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della
comunione, non siano stati consumati;” -> es. stipendio-> entra in comunione allo
scioglimento del matrimonio
d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. -> entra nella
comunione
2. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio
ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.

ART. 179 cc: beni che non rientrano nella comunione


“Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge: a) i beni di
cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un
diritto reale di godimento;”
“b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione,
quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla
comunione;” -> quando nell’atto di matrimonio non è specificato che quel bene non entri
nel regime di comunione.
“c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;” -> beni di
uso privato
“d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla
conduzione di un'azienda facente parte della comunione;” -> tranne quelli che fanno parte
di un’azienda che entra in comunione ex art 177 co 2
“e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla
perdita parziale o totale della capacità lavorativa;” -> perché è un risarcimento per lesione
di un bene personalissimo

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“f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro
scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.” -> si cede un
bene personale e quel bene dovrebbe rientrare nella comunione, questa lettera è
un’eccezione, quel bene che si acquista con la cessione di bene proprio non rientra nella
comunione. Si deve dimostrare quindi che Il bene non è stato acquistato con beni della
comunione.
“2. L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'articolo 2683, effettuato dopo il
matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente
comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche
l'altro coniuge.”

La rilevanza della comunione riguarda soprattutto il rapporto con i creditori che, se rimasti
insoddisfatti, possono rifarsi sui beni in comunione.
La comunione rappresenta un beneficio di prima escussione ossia sono i primi su cui il
creditore si rifà. Es. la comunione ha beni per un valore complessivo di 50. I coniugi hanno
anche il loro patrimonio personale uno di 20 l’altro di 40. I coniugi assumono per
l’interesse della famiglia un’obbligazione per un valore di 80 e non pagano il creditore.
Questo si rifà sui beni in comunione ossia 50. Solo quando non dovessero bastare i beni
in comunione si possono toccare i beni personali. Ma in che misura? Ogni coniuge
risponde con il proprio patrimonio per coprire la metà del credito residuo (se rimane 30, i
coniugi dovranno pagare 15 e 15 a testa. Qualora i beni propri non bastino a coprire il
debito o qualora il coniuge non abbia beni propri, il creditore può rifarsi sui beni dei coniugi
presenti e futuri.
Caso in cui un coniuge assume un’obbligazione per interesse personale: il bene non può
essere acquistato con i beni in comunione. Per tutte le obbligazioni contratte per interesse
personale risponde il coniuge che lo ha acquistato con beni propri. Qualora il patrimonio
del coniuge non sia sufficiente, può il creditore rifarsi sui beni della comunione? Sì ma fino
alla metà dei beni in comunione.
Quando i coniugi decidono di separarsi, si applicano le regole della divisione. Ma prima
ancora di questa applicazione bisogna fare entrare nei beni della comunione quelle del
residuo attuando la ricostituzione per intero della comunione.

SEPARAZIONE DEI BENI: la coppia può decidere di optare per la separazione dei beni:

- Al momento del matrimonio

- Successivamente al matrimonio

L’importante è che la scelta venga annotata sull’atto di matrimonio in funzione di pubblicità


per i futuri creditori.
Il creditore, quindi, non potrà attingere da beni in comunione perché questa non esiste e
dovrà rifarsi sui beni propri del coniuge proprietario del bene acquistato.
Se i beni sono stati acquistati insieme, i coniugi divengono comproprietari del bene per
una quota di questo. In caso di separazione, se c’è accordo, uno dei due tiene il bene e
l’altro corrisponde in denaro la metà del suo valore altrimenti, in mancanza di accordo, il
bene viene messo in vendita divisi i proventi.
I regali sono donazioni e appartengono alla persona a cui il regalo è destinato.
Fino al 1975 il regime patrimoniale applicato in automatico per la separazione dei beni.
Dopo il 1975 invece il regime diviene quello di comunione. Ratio: nella famiglia italiana-tipo
la donna aveva una dote che consegnava al marito ma era l’unico patrimonio di cui la

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donna disponeva. Quindi per evitare di spogliarla completamente del suo patrimonio è
stata introdotta la comunione.

Lezione 28 ottobre 2022

DIVISIONE
Art 191 cc: scioglimento della comunione
“1. La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei
coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del
matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per
mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.” -
> L’assenza è disciplinata dall’art. 49 cc ed è diversa dalla scomparsa.
Ipotesi di annullamento del matrimonio-> quando contratto con minore, soggetto
interdetto, soggetto già sposato, parenti, chi ha provato ad uccidere o ha ucciso l’ex
compagno. L’annullamento presuppone celebrazione del matrimonio e poi un atto
successivo che lo annulla. La truffa matrimoniale presuppone il dolo.
Ipotesi di scioglimento: la comunione può essere sciolta in qualsiasi momento e indicando
la separazione dei beni come nuovo regime.
La cessazione degli effetti civili del matrimonio è il divorzio. La separazione non è
cessazione effetti civili ma viene meno la comunione quando il giudice autorizza i soggetti
a vivere separatamente.

Art 192 cc: rimborsi e restituzioni -> effettuati allo scioglimento della comunione
“1. Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal
patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'articolo
186.” -> i coniugi devono rimborsare tutti i soldi spesi in operazioni non nell’interesse della
famiglia ma prelevati dal patrimonio comune. L’art 186 cita a) di tutti i pesi ed oneri
gravanti su di essi al momento dell'acquisto; b) di tutti i carichi dell'amministrazione; c)
delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli e di
ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia;
d) di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.
“3. Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal
patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.” -
> ossia spese fatte in favore della famiglia con patrimonio personale e non della
comunione.
Il problema dello scioglimento è dare dimostrazione di quanto si è speso e comprato con il
patrimonio personale per soddisfare interessi per la famiglia.
Una volta ricostituito il patrimonio della comunione ex art 192 si ha la divisione dei beni
della comunione dividendola in parti uguali l’attivo e il passivo ex art 194 co. 1 cc.
Quando ci sono dei figli l’interesse preminente è la loro tutela. In questo caso il giudice
può costituire degli usufrutti su determinati beni per concedere al figlio di godere di una
vita relativamente tranquilla come in costanza di matrimonio. Es i coniugi in comunione di
beni hanno acquistato un immobile. Il mobilio della casa se non viene diviso in parti uguali
tra i coniugi oppure non viene venduto e diviso il ricavato, il giudice può costituire un
usufrutto sui beni per la tutela della prole, ossia la conservazione dell’ambiente famigliare.

Art.195 cc
“Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni mobili che
appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione o che sono ad essi pervenuti
durante la medesima per successione o donazione. In mancanza di prova contraria si

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presume che i beni mobili facciano parte della comunione.” -> il problema è dimostrare
che determinati beni appartenessero al coniuge già da prima del matrimonio.
Art. 196 cc
“Se non si trovano i beni mobili che il coniuge o i suoi eredi hanno diritto di prelevare a
norma dell'articolo precedente essi possono ripeterne il valore provandone l'ammontare
anche per notorietà, salvo che la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per
uso o perimento o per altra causa non imputabile all'altro coniuge.”

MODALITA’ DI SEPARAZIONE E DIVORZIO

1) Decreto-legge 131/2014 convertito in legge 162/2014 art. 12 “rito della


separazione dinanzi all’ufficiale di stato civile” -> l’urgenza al tempo del decreto era
diminuire il carico dei contenziosi che pendevano dinanzi i tribunali. Il decreto era di
degiurisdizionalizzazione. L’ufficiale di stato civile è il sindaco o un suo delegato. la coppia
si può presentare congiuntamente o disgiuntamente chiedendo di poter accedere al rito
della separazione o del divorzio dinanzi all’ufficiale. (questi riti presuppongono l’accordo
delle parti, disgiuntamente quindi non vuol dire in disaccordo). A seguito della domanda si
fissa il primo appuntamento nel quale i coniugi devono obbligatoriamente comparire
essendo un ATTO PERSONALISSIMO (non è prevista delegazione). Se compare solo un
coniuge la procedura termina. L’ufficiale di stato civile legge alle parti il decreto e viene
dato un tempo non inferiore ai 30 giorni per la conferma della scelta di separarsi o
divorziare. Se all’udienza successiva uno dei due coniugi non compare, la procedura
finisce. I coniugi devono necessariamente presenziare e confermare la loro scelta e nel
registro dove è contenuto l’atto di matrimonio viene inserita la modifica. L’efficacia della
separazione o del divorzio ha inizio dal giorno successivo alla trascrizione.

Con questa procedura si possono modificare, con accordo tra parti, le condizioni, anche
assunte mediante procedimento giurisdizionale.

ATTENZIONE: questa procedura non può essere effettuata quando ci sono minori,
maggiorenni non autosufficienti, figli con handicap gravi.

Durante la procedura non si possono effettuare trasferimenti patrimoniali perché l’ufficiale


civile non ha il potere di disporli-> si è sollevato un dubbio: se con questa modalità si
potesse prevedere un assegno di mantenimento o di separazione o divorzile. In una prima
battuta una circolare negò questa possibilità, in un secondo momento si è stabilito che un
assegno di mantenimento non costituisce trasferimento di patrimonio e quindi può essere
assegnato in questa procedura. Il trasferimento patrimoniale è permesso attivando una
procedura parallela rispetto a questa.

Se le parti non hanno un accordo è più conveniente che scelgano la separazione o il


divorzio dinanzi al giudice che si occuperà anche della divisione dei beni.

Si può adire questa procedura nella fase finale di una gravidanza? Sì perché la capacità
giuridica si acquisisce con la nascita art. 1 co 1 cc.

La domanda fatta all’ufficiale di stato civile reca le generalità dei coniugi. L’atto di
celebrazione del matrimonio deve riportare la dichiarazione dei coniugi di voler divorziare
o separarsi + l’assegno di mantenimento.

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Qual è l’ufficiale di stato che si può adire? O ci si reca presso il comune dove è stato
celebrato il matrimonio, o se la famiglia si è trasferita presso il comune di residenza della
famiglia. Questo criterio vale anche ove la famiglia si sia trasferita all’estero o quando il
matrimonio viene celebrato all’estero a condizione che questo sia riconosciuto nel nostro
ordinamento.

Le parti possono presentarsi anche senza i legali, ma non è esclusa a priori la loro
presenza. Talvolta in questa procedura il legale viene chiamato in causa se tra i coniugi
non c’è accordo sulla somma dell’assegno di mantenimento.

2) Procedura di mediazione assistita -> art. 6 decreto-legge 132/2014. La


negoziazione assistita è istituto classificato nelle ADR (alternative dispute resolution).
Questo sistema presuppone la collaborazione tra le parti ma la presenza dei legali è
obbligatoria (non è possibile che un avvocato rappresenti entrambe le parti). È una
procedura sviluppata all’interno di un rapporto privatistico non c’è l’obbligo di produrre tutta
la documentazione patrimoniale che invece deve essere portata in tribunale.

Con questa procedura si può determinare: separazione, divorzio, modifica delle condizioni
precedentemente disposte.

La mediazione famigliare può essere richiesta dalle parti stesse, in particolare viene
richiesta quando la coppia ha figli. Il mediatore è uno psicologo iscritto all’albo dei
mediatori, è terzo ed imparziale. Può avere anche una formazione giuridica. Utilizza
tecniche che aiutano le parti a sentirsi a proprio agio e a favorire un dialogo costruttivo. La
figura del mediatore è sempre più ben vista dallo stato in quanto grazie al loro aiuto si
vuole perseguire un accordo che abbia una lunga validità.

La procedura richiede la forma scritta e si articola in 3 fasi: PRIMA FASE invito a


negoziare: una parte, mediante raccomandata o PEC invita la controparte a negoziare
indicando obbligatoriamente 1) l’oggetto della controversia, 2) termine entro cui si può
presentare la risposta (max 30 gg), 3) indicazione che la mancata riposta equivale a rifiuto
e l’unica soluzione edibile sarà il ricorso dinanzi al giudice, 4) il mandato e la firma
dell’avvocato.

Se la risposta è affermativa le parti stipulano la convenzione di negoziazione (diversa


dall’accordo) che definisce le regole della negoziazione (modalità, dove ci si trova,
cadenza incontri). Gli elementi obbligatori della convenzione sono: I) obbligo di
cooperazione in buonafede e lealtà per le parti (es. produzione di tutta la
documentazione utile per risoluzione controversia) se ciò viene meno l’altro può agire ex
art. 1218 e chiedere risarcimento del danno dovuto a mancato adempimento dell’obbligo,
II) uso della procedura per giungere a una conclusione e non solo per ritardare, IIII)
termine: non inferiore ai 30 gg e non superiore a 3 mesi, prorogabile solo una volta di 30
gg con accordo tra le parti, IV) motivazione della controversia, V) indicazione di 2
legali nominati, VII) firma autentica degli avvocati, VIII) impegno delle parti alla
riservatezza. Qualora si giungesse dinanzi al giudice si dovrebbero cambiare gli avvocati
per il rispetto della riservatezza. Se manca anche uno solo degli elementi obbligatori, la
pena è la nullità dell’atto.

Contenuti facoltativi: modalità di scambio di documentazione tra le parti, ricorso o meno ad


ausilio di mediatori es psicologi. SECONDA FASE Accordo: non riguarda solo la volontà o
meno di divorziare/separarsi ma avrà come punto principale la definizione delle condizioni

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patrimoniali circa eventuale assegno di mantenimento, assegno per i figli e gestione


situazione dei figli, assegnazione casa famigliare, in caso di comunione di beni procedere
ex art. 49 e 177 cc.

N.B. Prima di arrivare all’accordo gli avvocati hanno l’obbligo di tentare la conciliazione
della coppia. Lo fa anche il presidente del tribunale quando le parti si presentano per la
separazione giudiziale. Qualora il tentativo fallisse si deve indicare che la conciliazione
non è avvenuta. Se le parti si conciliano termina la procedura perché la famiglia si
ricostituisce. Poi si redige l’accordo di negoziazione che ha contenuto obbligatorio: 1)
esito del tentativo di conciliazione, 2) condizioni stabilite circa assegnazione casa
famigliare, trattamento riservato ai figli, sulle spese, assegno di mantenimento per i
figli e minori o maggiorenni non autosufficienti, aspetti patrimoniali es divisione o
comunione di beni ecc 3) sottoscrizione dell’accordo dalle parti. Può eventualmente
anche essere indicato l’assegno di mantenimento o divorzile. Gli avvocati hanno un
obbligo importante ossia verificare che l’accordo non violi i diritti indisponibili delle parti
(es. diritto al nome, di integrità fisica, privacy, onore ossia i diritti della personalità) e che
non sia contrario a norme di ordine pubblico. TERZA FASE trasmissione al pubblico
ministero: sottoscritto l’accordo ci sono due vie da percorrere a seconda che ci siano o
meno figli. Se non vi sono l’accordo è trasmesso al pm competente entro 10 gg dalla
sottoscrizione dell’atto. Il pm controlla la regolarità formale dell’atto e se non ci sono
irregolarità il giudice emanerà il nullaosta. Se invece vi sono figli non maggiorenni e
autosufficienti, l’atto deve essere trasmesso al pm entro 20 gg dalla firma e dopo avere
controllato che l’atto sia confacente all’interesse dei figli il giudice emanerà una
autorizzazione. Qualora l’accordo non faccia l’interesse dei figli, il fascicolo viene inviato al
presidente del tribunale che entro 30 gg convoca le parti per modificare l’accordo. Se
l’accordo si raggiunge, il giudice emanerà l’autorizzazione, se invece non si dovesse
raggiungere si instaurerebbe un giudizio di separazione o divorzio.

Ottenuta l’autorizzazione o il nullaosta del giudice, gli avvocati hanno il compito, entro 30
gg, di tramettere l’accordo al comune nel quale è stato celebrato il matrimonio in copia
conforme all’originale. L’ufficiale di stato civile dovrà annotare nel registro la cessazione
degli effetti civili del matrimonio. Se gli avvocati non inviassero l’atto al comune
incorrerebbero in una grave sanzione che va fino al 10.00€

Lezione 3 novembre 2022

DIFFERENZA DIRITTI DELLA PERSONALITà E DIRITTI REALI: I diritti della personalità


sono indisponibili perché sono parte di me stesso. Quando si parla della propria privacy
non è un elemento distaccato da sè, non ci si può spogliare di questa senza perdere una
parte di se. Nei diritti di personalità è previsto il diritto di revoca. Nel diritto di proprietà
invece, quindi diritto disponibile, non posso revocare. I diritti della personalità sono sempre
caratterizzati dalla possibilità di revoca.

3) Separazione consensuale o non consensuale dinanzi al tribunale: nella


separazione e divorzio giudiziale le parti si rivolgono al giudice. Separazione/divorzio
consensuale: viene effettuato un ricorso rivolto al tribunale da una o entrambi i coniugi nel
quale devono essere indicate: le generalità dei coniugi, gli estremi dell’atto matrimoniale,
le condizioni proposte per la separazione o il divorzio. Necessaria ovviamente la
sottoscrizione delle parti.

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Promosso il ricorso, viene inoltrato al tribunale e si fissa l’udienza presidenziale notificando


alle parti la data dell’udienza. Le parti hanno l’obbligo di comparire personalmente
(possono essere assistiti da avvocati) dinanzi al giudice e quest’ultimo ha l’obbligo di
tentare una conciliazione proprio come gli avvocati nella negoziazione assistita. Se la
conciliazione non ha effetto il giudice valuta le condizioni proposte dalle parti, se ritiene di
modificarle invita alla modifica (soprattutto quando non siano confacenti l’interesse dei
figli) se invece le parti accettano le modificazioni del giudice l’accordo viene trasmesso al
collegio del tribunale per l’omologa (sentenza di separazione o divorzio consensuale).

Ricorso per separazione o divorzio giudiziali non consensuale: le parti non hanno
raggiunto tra di loro un accordo non solo su condizioni ma anche sul fatto di separarsi o
divorziare. si ha un procedimento giudiziale promosso da una delle parti indicando le
generalità. Non essendoci un accordo sulle condizioni, il ricorso ha lo scopo principale di
convocare la controparte al fine di poter procedere alla separazione o al divorzio. Il ricorso
viene inoltrato al tribunale, si fissa l’udienza di comparizione dinanzi al presidente del
tribunale si da la possibilità alla controparte di presentare le proprie memorie. Le parti
compaiono personalmente. Si tenta una conciliazione. Se questa no ha luogo il giudice
tenta di trovare un accordo circa le condizioni. Se l’accordo non si raggiunge, il giudice
fissa egli stesso le condizioni provvisorie (assegno di mantenimento, la casa famigliare,
regole inerenti ai figli) che sono valide fino alla sentenza definitiva. I coniugi sono
autorizzati a vivere separatamente. Poi si avvia il processo ordinario come se fosse un
normale processo civile. La sentenza definitiva può confermare o modificare le condizioni.
L’eventuale modifica è dovuta al materiale probatorio presentato dalle parti nel processo. Il
processo non è breve, può durare anche anni. Durante il procedimento finché non si arriva
a sentenza definitiva, le parti possono sempre giungere ad un accordo trasformando il
procedimento giudiziale in uno consensuale. Con il provvedimento provvisorio avviene la
separazione di fatto, il divorzio si ha quando viene pronunciato dalla sentenza definitiva.
Prima del 2014 per poter divorziare dovevano passare 3 anni dalla separazione. Con la
riforma i termini sono stati abbreviati per cui nel caso di separazione consensuale devono
transitare almeno dei mesi tra separazione e divorzio prima di potersi, risposare. Nel caso
di separazione giudiziale prima di divorziare deve passare almeno un anno. Una volta che
il divorzio è avvenuto, ci si può risposare dal giorno successivo ad esso. Vi è stato un
lungo dibattito perché l’Italia è uno dei pochi paesi europei in cui esiste la separazione. In
altri stati si divorzia direttamente. Il legislatore era stato invitato in questa direzione.

L’addebito è solo oggetto di sentenza definitiva, non provvisoria. Finché non è pronunciato
l’addebito non si perdono diritti successori. Se uno dei due coniugi muore, se l’assegno è
assegnato al de cuius l’altro coniuge non deve corrisponderlo, se invece è assegnato al
vivo, questo perde i diritti. Con la separazione vengono in parte meno gli obblighi
matrimoniale es coabitazione dovere di fedeltà. L’assistenza morale e materiale muta di
forma: essa può essere contenuta nell’assegno di mantenimento che il giudice può
disporre nei confronti di un coniuge.

Quando la coppia decide di separarsi o divorziare si deve stabilire:

a) Assegnazione casa famigliare art. 337 sexies: “1. Il godimento della casa familiare è
attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice
tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale
titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che

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l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more
uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca
sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.” La casa famigliare è il luogo
in cui abitualmente abita la famiglia. Se non vi sono figli il problema dell’assegnazione non
vi è poiché la casa famigliare è un istituto giuridico che ha scopo di tutelare la vita
quotidiana dei figli. (prima però aveva lo scopo di tutelare anche l’altro coniuge
permettendogli di avere una abitazione. Ad oggi non c’è più questo scopo) Se non vi sono
non vi è questo interesse e ci sono più ipotesi. Se la casa appartiene ad un solo coniuge,
l’altro deve lasciare la casa. Se i coniugi sono comproprietari hanno più possibilità: uno dei
coniugi acquista le quote dell’altro divenendo proprietario, viene stabilito il diritto di un
coniuge ad aiutare in casa corrispondendogli un affitto per la quota di sua spettanza, la
casa può essere divisa e abitata per metà da uno e metà da un altro, se i coniugi non sono
disposti a comprare quote o a concedere l’affitto la casa viene vendita e i ricavi divisi.

Qualora vi siano dei figli l’ordinamento vuole tutelare la loro vita e benessere e l’ambiente
famigliare deve essere tutelato. L’assegnazione si ha solo quando vi siano figli minori,
maggiorenni non autosufficienti che convincono con la famiglia (se non convivono, es
studente universitario fuorisede, l’assegnazione non si ha). A chi viene assegnata? Al
coniuge prevalentemente collocatario ossia dove il figlio è collocato prevalentemente.
Anche il genitore non proprietario della casa può abitare la casa finché il figlio non sia
maggiorenne. L’assegno di mantenimento in sede di separazione deve tenere conto
dell’assegnazione della casa famigliare o meno. Nel percorso giudiziale il giudice assegna
la casa famigliare prima in virtù del provvedimento provvisorio e poi della sentenza
definitiva. Nel caso di accordo tra parti non abbiamo sentenza del giudice.

Il soggetto a cui viene assegnata la casa gode di un diritto personale di godimento che
viene meno quando vengono meno le condizioni sulle quali si fonda. Questo diritto
sussiste fin quando il figlio non vive più con il genitore collocatario o quando questo decida
di trasferirsi presso altra abitazione. Altre ipotesi sono convivenza more uxorio ossia con
un altro soggetto. Se il coniuge contrae nuovo matrimonio perde il diritto alla casa
famigliare. Il giudice deve tenere conto nella quantificazione dell’assegno anche della casa
famigliare perché condiziona il bilancio economico. Negli altri casi l’assegnazione della
casa non è frutto di decisione del giudice ma di accordo tra le parti quindi non sarà diritto
personale di godimento ma diritto reale di godimento nato mediante contratto. Se le parti
decidono di assegnarsi la casa non incontreranno i limiti del 337 sexies.

La giurisprudenza ha dovuto affrontare l’ipotesi in cui la casa non sia dei coniugi ma di un
terzo. Infatti è ipotesi ricorrente che la casa venga data in comodato dai genitori dei uno
dei coniugi. (comodato-> contratto mediante il quale una parte concede all’altra il diritto di
utilizzo del bene senza modificare la distinzione economica di quel bene e diversamente
dalla locazione il comodato si presuppone a titolo gratuito). Il proprietario dell’immobile al
momento della separazione ha diritto a richiedere la restituzione del bene? Pr la
giurisprudenza si devono distinguere due ipotesi: una in cui il comodato abbia un termine
prefissato e un’altra in cui non lo sia. Nella prima ipotesi ciò che vale è il termine del
comodato, l’assegnazione non può superare il termine, allo scadere il proprietario riavrà il
bene. Quando invece il termine del comodato non è fissato si dice che il comodato sia
precario ex art 1809 cc. La differenza tra comodato regolare e precario è che in
quest’ultimo il proprietario può in qualsiasi momento chiedere la restituzione del bene. Nel
caso di specie il proprietario dell’immobile può chiedere in qualsiasi momento la
restituzione del bene, ma in ambito famigliare non è così. Nella sentenza di cassazione
sezione unite n° 20448 del 29/9/2014 si è trattato ciò e la massima è “Chi abbia concesso

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in comodato un immobile destinato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del


comodatario, senza fissare limiti temporali, non può porre fine al rapporto, nonostante la
parziale dissoluzione del nucleo familiare per l'intervenuta separazione dei coniugi, sino a
quando permangano le esigenze abitative di quella parte della famiglia che continui ad
abitare nell'immobile a seguito della sua assegnazione al genitore affidatario della prole, a
meno che sopravvenga un bisogno urgente e imprevisto, quale la necessità di un uso
diretto dell'immobile ovvero un deterioramento delle condizioni economiche del comodante
che giustifichi la restituzione del bene anche ai fini di una sua vendita o locazione.” Anche
in caso di assegnazione della casa famigliare il comodato non viene meno. Il contratto di
comodato è la base giuridica primaria affinché la casa coniugale possa essere affidata.
fintantoché permane il diritto del figlio di mantenere l’ambiente famigliare (ossia tutela del
figlio minore) allora il comodato avrà luogo. Scadrà solo quando non ci sarà più l’obbligo di
tutela del figlio; quindi, il proprietario dell’immobile non ha diritto di chiedere la sua
liberazione perché il termine del comodato non è ancora aspirato. Le ragioni della
proprietà soccombono alla tutela dell’interesse famigliare e del figlio minore. Nel caso in
cui il figlio sia affetto da disabilità permanente il comodato può durare anche a vita, perché
la tutela per il figlio disabile è ancora più forte del figlio minore.

Lezione 4 novembre 2022

b) Addebito della separazione: non esiste nel divorzio. Disciplinato dall’art 151 cc co 2 Il
giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia
richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo
comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.” L’addebito può essere
pronunciato quando uno dei coniugi venga meno ai doveri dell’art 143 cc fedeltà,
collaborazione, assistenza morale materiale, coabitazione. La giurisprudenza ha stabilito
che l’assegno può essere addebitato anche quando siano stati violati diritti
costituzionalmente protetti es diritto di libertà religiosa o la dignità di uno dei coniugi. Però
ciò non è sufficiente. Affinchè si abbia addebitabilità serve nesso di causalità eziologico tra
violazione di uno degli obblighi e la crisi matrimoniale. Talvolta la crisi matrimoniale è
precedente alla violazione dell’obbligo. Ad oggi è raro che vi sia addebito della
separazione in quanto è molto difficile l’onere probatorio. Quali sono gli effetti
dell’addebito? Il coniuge cui vinee addebitata la separazione perde il diritto all’assegno di
mantenimento e perde i diritti successori che altrimenti manterrebbe fintantoché non si
abbia il divorzio (che recide il legame), l’addebito della separazione non fa venire meno il
diritto di alimenti stabilito da art 433 cc e la ratio dell’assegno di mantenimento è diversa
dalla ratio degli alimenti. Il primo fa si che il coniuge economicamente più debole fa si che
possa godere dello stesso tenore di vita durante il matrimonio. Il diritto agli alimenti ha
altro presupposto: indigenza totale da parte del soggetto, che non è in grado di procurarsi
di che vivere. La commisurazione del quantum è commisurata al fatto solo di vivere non di
mantenere un certo tenore di vita. L’art 433 da un ordine rispetto al dovere di conferire gli
alimenti “All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine: 1) il coniuge; 2) i figli,
anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; 3) i genitori e, in loro
mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; 4) i generi e le nuore; 5) il suocero e la
suocera; 6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli
unilaterali.” L’addebito ha anche conseguenza processuale: il soggetto a cui è addebitato
l’assegno deve anche sostenere le spese giudiziali.

Diritto a godere della pensione di reversibilità (pensione concessa al coniuge del defunto).
Visto che si perdono i diritti successori e anche il diritto alla pensione di reversibilità se il
coniuge muore, la risposta della giurisprudenza ha stabilito che la reversibilità non rientra

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nei diritti successori e quindi il coniuge non può godere di questo. Non è diritto successorio
perché matura con la morte del coniuge non fa parte del suo patrimonio antecedente al
momento della morte.

La separazione può essere addebitata ad entrambi i coniugi? Si es. nel caso di tradimento
reciproco o se la moglie chiede l’addebito per comportamento violento del marito e il
marito chiede l’addebito perché lo ha tradito; quindi, il presupposto è che il matrimonio
termina per colpa di entrambi. Quindi perderanno entrambi i diritti successori nei confronti
degli altri, diritto all’assegno di mantenimento e le spese di giudizio saranno pagate da
entrambe. L’addebito si ha soltanto in uno dei riti sopra precedenti ossia separazione
giudiziale, non si può avere in caso di separazione consensuale, negoziazione assistita e
nemmeno dinanzi all’ufficiale di stato civile. I coniugi potrebbero accordarsi in uno dei riti
alternativi rispetto all’attribuzione dell’addebito di separazione? No perché si tratta di diritti
indisponibili. Il giudice può disporre d’ufficio l’addebito? Non deve essere chiesto dalle
parti. Può capitare che in un processo il giudice dichiari con sentenza i coniugi separati, e
la domanda di addebito prosegua per altre udienze finché il giudice non ottenga elementi
sufficienti per stabilire se l’addebito debba esserci o meno.

Addebito e Infedeltà: non basta violare il dovere di fedeltà per ottenere l’addebito ma è
necessario che con quella violazione che il matrimonio entri in crisi.
L’infedeltà apparente può essere causa di addebito? Cassazione n°25237 del 2015 ->la
moglie finge il tradimento con il mero scopo di ferire il marito. Il comportamento della
moglie ha tradito la reciproca fiducia che il marito ha nei confronti della moglie e viola
anche il diritto alla dignità personale per aver dichiarato il tradimento pubblicamente. Non
solo la consumazione fa venire meno il dovere di fedeltà ma anche la consumazione
apparente. La cassazione ha stabilito che il comportamento tale da far pensare l’esistenza
di una situazione extraconiugale integra il venire meno del dovere di fedeltà e può fondare
l’addebito della separazione.

Sentenza cassazione n° 9384 del 2018. La cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul
caso in cui la moglie ha scoperto che il marito era molto attivo in un sito di appuntamenti e
che cercava relazioni. Anche se non si è avuta prova di tradimento questo comportamento
può fondare una dichiarazione di addebito? si A patto che sia stato il comportamento del
marito ad avere causato la crisi matrimoniale.
Tribunale di Palmi 2021. Il marito ha avuto l’ardore di dichiararsi single su facebook pur
essendo sposato. Ha cancellato tutte le foto con la moglie. Questo comportamento può
integrare pronuncia di addebito? Il solo fatto di dichiararsi single non può fondare una
pronuncia di addebito ma è un indicatore quando si dimostra che questo comportamento
ha leso la dignità del proprio partner. “le indicazioni contenute sul profilo pur non essendo
ovviamente prova di rapporto extraconiugale, contribuiscono tuttavia a dimostrare
atteggiamento lesivo della dignità del partner pubblicamente”.
La presenza di messaggi amorosi sul cellulare può integrare violazione dell’ambito di
fedeltà? Si a patto che si dimostri che la presenza dei messaggi ha comportato la crisi
famigliare.

Addebito e coabitazione: si può fondare una pronuncia di addebito solo quando il coniuge
abbandoni senza causa la casa coniugale e quando rifiuta di tornarvi. Se il coniuge
abbandona la casa per via di violenze, l’abbandono non è senza causa.
Sentenza n° 2539 2014 -> il marito abbandona la casa coniugale perché la moglie si rifiuta
di avere rapporti sessuali. La cassazione afferma che non è una giusta causa, tuttavia la

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cassazione sostiene che comunque l’abbandono della casa coniugale per la reiterata e
pervicace rifiuto della moglie non può fondare la richiesta di addebito.
Sentenza 4540 del 2011-> La moglie si era allontanata dalla casa perché la suocera si
inseriva abitualmente nelle vicende della coppia. Le ingerenze erano così forti da
determinare una crisi del rapporto coniugale. La cassazione sostiene che l’allontanamento
della moglie non possa costituire ragione di addebito perché è giustificato dal
comportamento lesivo della coppia causato dalla suocera.

Addebito e assistenza morale e materiale: es marito che sottopone a vessazioni la moglie


o mobbing famigliare. In questi casi si ha violazione del dovere di assistenza morale. è
violazione del dovere di assistenza morale il rifiuto di intrattenere affettività o rapporti
sessuali con il partner per un lungo periodo? La cassazione 2012 n° 19112 dice “il rifiuto
della moglie reiterato nel tempo di avere rapporti col marito qualora sia effetto di
repulsione personale fonte di offesa della reputazione del marito è causa di fondamento
dell’addebito”.

Rapporto tra addebito e l’eventuale richiesta di risarcimento del danno per l’illecito
endofamigliare. Es. nel caso in cui un coniuge tradisca la dignità dell’altro coniuge
mostrando esternamente il tradimento, tale comportamento può costituire fondamento x
addebito di separazione. Tuttavia potrebbe anche integrare il presupposto per la richiesta
di risarcimento del danno ex art 2043 cc derivante dalla lesione della dignità personale. Il
risarcimento sarà quello di danni morali patiti dal soggetto ex art 2059. La domanda di
addebito e quella di risarcimento del danno per danno endofamigliare sono DOMANDE
DISTINTE che non possono essere promosse nel medesimo giudizio. Non è detto che
negando l’addebito il giudice non possa accogliere la domanda del risarcimento.

Lezione 10 novembre 2022

Documento negoziazione assistita: invito a concludere negoziazione assistita. L’invito è


una lettera il cui oggetto è “invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita
da avvocati ex art. 6 D.L. n 132/2014 convertito in L. 162/2014.”
“forma la presente su incarico di tizio, residente in, che in calce si sottoscrive con
riferimento all’evoluzione del vostro rapporto personale”.
L’avvocato scrive poi i suoi dati. La comunicazione può avvenire non solo tramite
raccomandata ma anche via pec.
Poi si scrive” la invito a stipulare con l’assistenza del suo legale, cui intende conferire
apposito mandato, una convenzione di negoziazione al fine di ricercare una soluzione
consensuale per ecc”.
Termine entro cui rispondere. È la norma stessa che dice che il giudice, se una parte
decida di non aderire alla negoziazione, può valutare tale comportamento come valido ad
addebitare le spese giudiziali.

Una volta che una parte ha invitato l’altra, si stipula la convenzione di negoziazione con lo
scopo di stabilire le regole del gioco. Necessità di presenza delle parti. la premessa è la
volontà di separarsi, divorziale, modificare le condizioni di separazione o divorzio + l’altra
parte aderisce alla convenzione. Importante: la presenza dei figli. Si chiarisce che la
negoziazione è un procedimento non contenzioso perché non si svolge dinanzi al giudice.
accordo di riservatezza delle informazioni. le dichiarazioni rese e acquisite non possono
essere utilizzate nel procedimento eventuale di separazione o divorzio dinanzi al giudice.
gli avvocati nel caso in cui l’accordo non si raggiunga non possono essere chiamati a
testimoniare il procedimento giudiziale. Se l’accordo non è raggiunto si invia al procuratore

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che si comporterà diversamente in base o meno alla presenza di figli. Le parti poi
stipulano oggetto della convenzione (impegno giuridico parti alla buonafede e alla
correttezza-> se si viene meno agli obblighi scatta il risarcimento del danno). Durata
procedura max 3 mesi prorogabili per altri 30 gg una sola volta (durata minima 1 mese).
La scadenza è il termine entro il quale le decisioni vengono assunte. Partecipazione
personale. Altra esplicazione del p. buona fede non alterare i fatti economici propri e della
famiglia. Si stabiliscono poi gli appuntamenti.
Se le parti raggiungono un accordo si fa un atto nel quale si indicano le parti e le
premesse, termini (decisioni circa assegnazione casa famigliare, collocamento figli,
assegno, elementi patrimoniali)

Documento separazione consensuale: le parti hanno già raggiunto un accordo. Il ricorso è


fatto al tribunale competente. La premessa è che l parti siano sposate o separate. Le parti
chiedono la separazione per questi motivi.> non occorre specificare le ragioni, la formula è
“la convivenza è diventata intollerabile”. Visto che la separazione è consensuale si
indicano già le condizioni concordate. Il presidente del tribunale ha doppio compito: se non
vi sono figli valuta le condizioni superficialmente rispettando l’autonomia contrattuale delle
parti. se vi sono figli può non accettare le condizioni se non sono sufficientemente tutelanti
i figli e propone altre soluzioni.

Documento separazione giudiziale: non vi è accordo tra le parti. è promosso solo da una
parte. Premesse: matrimonio, figli, dov’è il nucleo famigliare, convivenza intollerabile.
Diversamente dalla separazione consensuale, chi promuove il ricorso espone i motivi per
cui è avvenuta la separazione o il matrimonio è entrato in crisi per ottenere l’addebito. Si
chiede al giudice di fissare un’udienza. Le conclusioni non sono di entrambe le parti ma
solo di quella che ha esperito il ricorso. L’addebito deve essere chiesto dalle parti, non può
disporlo il giudice d’ufficio. Le conclusioni soo importanti perché condenseranno la
posizione della parte in giudizio. Si devono anche indicare i testimoni che si chiameranno
a testimoniare in giudizio e indicare quali questioni che il teste tratterà.

Assegno di mantenimento/assegno divorzile


Il primo può essere riconosciuto a seguio di separazione, il secondo a seguito di divorzio.
Mantenimento: art. 156 cc 1. Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a
vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro
coniuge quanto • necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi
propriÓ. il requisito fondamentale • che la parte non abbia adeguati redditi propri e che la
separazione non sia addebitabile alla parte. Come si calcola lÕassegno di mantenimento?
Co 2 ÒL'entitˆ di tale somministrazione • determinata in relazione alle circostanze e ai
redditi dell'obbligato”. Per circostanze si intende la presenza di figli minor, casa coniugalei.
Rispetto al reddito importante è la differenza tra i redditi dei coniugi. patrimonio (può non
essere frutto di lavoro ossia reddito ma es. eredità). Durata matrimonio, rinunce fatte dal
coniuge per l’organizzazione famigliare. L’assegno ha quindi due funzioni: assicurare
sussistenza del soggetto e compensativa. Non c’è un calcolo specifico, ogni tribunale ha
elaborato delle tabelle indicative con parametri per muoversi meglio nella materia, non
hanno valore normativo. Una sentenza delle sezioni unite del 1990 aveva stabilito che la
funzione dell’assegno di mantenimento e divorzile on era assistenziale e compensativa,
ma di assicurare lo stesso tenore di vita tenuto in costanza del matrimonio. Fino al 2017 la
giurisprudenza era orientata in questo senso. Qualora il coniuge non abbia adeguati redditi
propri era in considerazione che i redditi non erano sufficienti a tenere uguale tenore di
vita che aveva durate il matrimonio.

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Divorzio: legge sul divorzio n° 898/1970. Prima del 70 non i poteva sciogliere il Matrimonio
art. 5 co 6.

Lezione 11 novembre 2022

Assegno di mantenimento: consegue alla separazione e trova fondamento nell’art 156 cc.
Risponde a esigenze particolari tipiche della separazione. In separazione il matrimonio
non cessa di fatto ma si congela. Rispetto ai doveri matrimoniali c’è qualche dovere che
viene meno (fedeltà e coabitazione) ma rimane l’assistenza soprattutto materiae. Quindi
l’assegno è la concretizzazione del dovere di assistenza materiale. Siccome si riconosce
che la coppia è ancora sposata, la dazione dell’assegno è più generosa ed elastica proprio
perché si riconosce il vincolo matrimoniale e conseguentemente l’assistenza. La
giurisprudenza oggi è orientata su due interessi contrapposti: chi utilizza il parametro del
tenore di vita in costanza di matrimonio e chi applica i criteri per l’assegno divorzile.
Assegno divorzile: fondamento nel divorzio nella legge 898/1970 art 5 co 6. I soggetti non
sono più sposati, e vengono meno tutti i doveri matrimoniali (art. 143 cc). La ratio
dell’assegno divorzile è dibattuta: non può essere l’art 143 perché altrimenti non si
avrebbe cessazione dei doveri. Il matrimonio cessa, se vi è obbligo di solidarietà non è
coniugale ma post coniugale. Tanto che la sentenza del 1990 della cassazione vedeva
come ratio dell’assegno divorzile proprio il dovere di solidarietà post divorzile. In realtà
quella sentenza partiva da un presupposto ideologico ad oggi assente ossia che il
matrimonio fosse di fatto non fosse dissolvibile. Essendo un paese prettamente cattolico, il
matrimonio non si scioglie. È la ragione per la quale l’interpretazione della cassazione fa
leva sul parametro di quantificazione del tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio.
(non c’è cessazione della solidarietà promessa in matrimonio)
Assegno agli alimenti: ha altra giustificazione autonoma, è indipendente da separazione o
divorzio e serve quando il coniuge non abbia proprio mezzi per vivere destando in una
condizione di indigenza. Art 433 cc. Vada conferito anche nel caso di addebito di
separazione. L’assegno viene dato a prescindere che al soggetto sia imputata la
separazione, l’importante è la condizione di indigenza del soggetto. In fase successoria se
ho diritto agli alimenti posso avere diritto ad una somma a titolo ereditario che va a coprire
l’assegno di cui si aveva diritto anche se è stata imputata la separazione.

Giurisprudenza 1990: affonda le valutazioni dall’art 5 co 6 “il tribunale con sentenza con
cui dispone lo scioglimento del matrimonio, può stabilire l’obbligo di un coniuge si
somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno” -> ma come viene
parametrato questo assegno? Il presupposto per assegno è che l’assegnatario non abbia
mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni obiettive.
Il problema è capire cosa significhi adeguati. L’adeguatezza è il vero centro del dibattito in
giurisprudenza. La sentenza 1564/1990 riteneva che il criterio dell’adeguatezza non
dovesse fare riferimento ai semplici mezzi x poter vivere quotidianamente perché nel caso
fosse ciò si avrebbe già l’istituto degli alimenti. Ma l’adeguatezza die mezzi vede come
parametro da considerare è il tenore di vita che la coppia teneva in costanza di
matrimonio. Una volta stabilito l’an occorre stabilire il quantum: sempre parametri art 5 co
6:
a) Delle condizioni dei coniugi-> condizione economica e sperequazione tra i due
coniugi
b) delle ragioni della decisione-> non esiste l’addebito del divorzio ma le ragioni della
decisione per cui la coppia è terminata possono influenzare il quantum.

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c) Contributo personale ed economico dato da ogni coniuge e dal patrimonio


comune(?)-> si deve valutare l’apporto del coniuge debole nel matrimonio es. il
coniuge debole ha rinunciato a lavorare per dedicarsi interamente alla famiglia.
d) I redditi di entrambi i coniugi
Inoltre, tutti questi parametri devono essere valutati alla luce della durata del matrimonio.
Sentenza Grillo: ministro dell’economia del governo monti e funzionario della banca
d’Italia. Essendo particolarmente abbiente doveva riconoscere un assegno
particolarmente sostanzioso alla moglie perché appunto il criterio era il tenore in costanza
di matrimonio. Grilli porta la questione in cassazione e nel 2017 si emana una sentenza
storica che ribalta la giurisprudenza. Cassazione sez. 1 11/5/”017 n° 11504 fissa il
parametro dell’adeguatezza dei mezzi. Il vecchio parametro andava bene fin quando si
riteneva che il matrimonio fosse indissolubile. Ad oggi però non vi è più nella società
l’indissolubilità dle matrimonio. Ciò genererebbe solo indebita prosecuzione di un
matrimonio che non c’è più. Si continuerebbe ad assicurare una indebita posizione di
vantaggio al coniuge economicamente più debole. L’unica funzione dell’assegno una volta
che il matrimonio è terminato è puramente assistenziale. Ciò inficia sia l’an che il quantum.
Questa sezione apri un dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Non tutte le sezioni della
cassazione erano d’accordo. Se da un lato aveva superato il parametro del tenore di vita,
dall’altro aveva saltato tutti i criteri del co 5 della legge sul divorzio in materia di quantum.
la questione viene portata dinanzi alle questioni unite che sono chiamate a dirimere il
contrasto tra le sezioni semplici. La cassazione si esprime del 2018 con sentenza 18287.
Questa sentenza non torna al 1990, quindi si supera l’orientamento del tenore di vita in
costanza di matrimonio e riconosce come non sia più equo un siffatto dovere post
coniugale così come aveva detto la sentenza grilli. Dall’altro alto però riconosce anche la
bontà delle perplessità nate successivamente alla sentenza grilli e in particolare quelle in
vista delle quali si riteneva che la sentenza grilli non avesse tenuto conto della vita dei
coniugi durante il matrimonio (pesi economici, sforzi, impegni), penalizzando in maniera
molto importante il coniuge non lavoratore, soprattutto se aveva rinunciato al lavoro per la
dedizione alla famiglia. L’assegno divorzile ha altre funzioni oltre a quella assistenziale,
che derivano da durata di matrimonio ad esempio. In pratica è vero che cessano gli effetti
del matrimonio ma non può essere cancellata la vita in costanza di matrimonio, soprattutto
se questo è durato tanto. Matura come un senso di autoresponsabilità di cui si deve tenere
conto di fase di divorzio. ciò trova fondamento innanzitutto nella costituzione tra gli articoli
2 (p. di solidarietà) e 29 (matrimonio) della costituzione. se questo è vero l’assegno oltre
ad essere assistenziale ha anche funzione perequativa e compensativa. Nel caso di
matrimonio breve non vi sono ragioni perequative e compensative che possono entrare in
gioco se invece il matrimonio dura di più la vita della coppia deve essere analizzata.
È sbagliato dividere la quantificazione dell’assegno in an e quantum. L’interpretazione
bifasica non è corretta. La valutazione è unica. Piuttosto dobbiamo concentrarci sui
passaggi logici da operare. 1) comparare le condizioni economiche e patrimoniali dei
coniugi; 2) verificare se il richiedente è privo o meno di mezzi adeguati o se è
impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive; 3) indagare le cause della
sperequazione tra i coniugi e questa valutazione deve essere molto rigorosa. Per indagare
sulle cause si deve tenere come faro i parametri dettati dall’art 5 co 6 della legge sul
divorzio; 4) Il nesso causale tra le scelte operate dai coniugi durante il matrimonio e la
situazione economica del richiedente. 5) condizioni personali del richiedente quali età,
formazione, capacità lavorativa per capire se il soggetto ha i mezzi per procurarsi da
vivere.
L’aspetto probatorio diviene fondamentale con questa sentenza.
Questioni aperte:

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1) Il soggetto abbi ai mezzi per procurarsi da solo il sostentamento-> numerose


sentenze recenti hanno stabilito come non può essere tollerato l’atteggiamento del
coniuge debole che conta sull’assegno pur potendo non si da fare per procurarsi un
lavoro. In questo caso il coniuge debole non ha diritto all’assegno se pur avendo le
capacità non si dà da fare. Questo parametro oggi è interpretato caso per caso ma
in maniera molto stringente. Permane però la dimensione perequativa e
compensativa perché attengono a periodo di vita precedente alla fine del
matrimonio. L’assegno può non riconoscere l quantum a titolo assistenziale ma si
preveda un quantum a titolo compensativo e perequativo.
2) Quando cessa il diritto a percepire assegno divorzile. Dal punto di vista normativo, il
tema è affrontato al co 10 dell’art 5 della legge sul divorzio. L’obbligo di
corresponsione cessa se il coniuge al quale deve essere corrisposto passa a nuove
nozze. Può cessare quando il percipiente muoia e gli eredi non possono chiederlo,
se chi lo da muore. La cassazione si è pronunciata sul dovere o meno di
corrispondere assegno di mantenimento nelle convivenze more uxorio stabili. Una
delle ordinanze della cassazione più commentate è la 22604 della sezione VI
16/10/2020 detta legge salva mariti. Nel caso in cui il coniuge percipiente
intrattenga relazione more uxorio stabile, perde automaticamente il diritto alla
corresponsione dell’assegno divorzile. Il dies a quo che determina la cessazione
dell’assegno è la convivenza stabile anche se si creano problemi probatori nel
dimostrare la stabilità-. Questo parametro viene introdotto attraverso un
ragionamento sociologico, ossia il cambio della società. Tale sentenza è stata
dibattuta perché parte della dottrina e parte della giurisprudenza, ha evidenziato
come la cessazione definitiva del diritto a percepire l’assegno divorzile nel caso di
convivenza possa in qualche misura contrastare con la dimensione compensativa e
perequativa dell’assegno. Anche questo dubbio approda alle sezioni unite della
cassazione che si esprimono con sentenza 32198 del 2021: si cerca di fermare il
dibattito sulla legge salva mariti.

Lezione 17 novembre 2022

11504/2017-> il Sig. Grilli aveva divorziato dalla moglie e doveva corrisponderle assegno divorzile
di 10.000€ al mese.
Questa sentenza ha messo in luce le problematiche interpretative dell’art. 5 co 6 della legge
198/1970 che si occupa della quantificazione dell’assegno divorzile.
Fino a questa sentenza il parametro utilizzato per la quantificazione dell’assegno era il tenore di
vita goduto in costanza di matrimonio.
La cassazione muta per la prima volta orientamento. Parte da un presupposto: è giusta l’analisi
bifasica dell’an e quantum. Ma cambia il parametro che non è più il tenore di vita in costanza di
matrimonio ma L’INDIPENDENZA ECONOMICA DEL CONIUGE DEBOLE. L’indipendenza economica
prescinde dal tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio ed è qualcosa dipiù dell’assegno
alimentare che si basa sull’indigenza del coniuge.
La moglie di Grilli intenta ricorso per 4 motivi di cui i più importanti sono:
- Violazione dell’art. 5 co 6 della legge del 1970 perché la corte aveva negato il diritto
all’assegno per il fatto che il Sig. Grilli non aveva i mezzi adeguati per garantire alla moglie il
tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio perché all’epoca della separazione aveva
una diminuzione della sua possibilità economica. quindi a detta della signore la corte
avrebbe dovuto prima verificare la disponibilità o meno economica del richiedente
l’assegno divorzile.

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Nel 1987 i criteri per l’assegnazione dell’assegno divorzile sono:


- Condizioni economiche dei coniugi
- Ragioni della decisione
- Apporto dato dai coniugi alla famiglia.
Il co 6 viene rivisto nell’87-> il. Nuovo presupposto è la mancanza di mezzi adeguati del coniuge
debole. Testualmente “quando il coniuge debole non abbia mezzi adeguati o non possa
procurarseli per ragioni oggettive”. Il nuovo presupposto imprescindibile diviene la mancanza di
mezzi adeguati del coniuge debole. Ma cosa si intende adeguatezza o meno di mezzi, ossia l’an? Le
ipotesi che ha assunto la giurisprudenza sono diverse:
- Una sosteneva che per mezzi inadeguati si intendesse l’obbligo alimentare. Una critica
mossa è che se si fosse seguito questo criterio degli alimenti, non si sarebbe tenuto conto
della durata del matrimonio e di quello che è stato fatto dai coniugi durante questo.
- Si sosteneva che il coniuge debole non avesse i mezzi adeguati non per continuare a
godere del tenore di vita costanza di matrimonio.
L’innovazione della sentenza del 2017 è la configurazione del nuovo parametro del tenore di vita
medio (inteso tenore di vita medio della società). Si tiene conto cioè sia parametro dell’obbligo
alimentare, mantenere cioè grado di autosufficienza minimo ma anche del tenore di vita tenuto in
costanza di matrimonio.
Il dibattito scaturito dalla sentenza Grilli riguardava anche la quantificazione dell’assegno tra un
minimo costituito dall’assegno per gli alimenti e un meassimo costituito dal tenore di vita in
costanza di matrimonio. Il parametro individuato (tenore di vita medio) è più verso gli alimenti
anche se si intende qualcosa id più di meri alimenti, però non è sufficiente a giustificare un
assegno divorzile perché non si tiene conto delle regole sostenute dalla cassazione del 2018.
Questa sentenza ha demolito la giurisprudenza di molti anni.
Come viene demolito il tenore tenuto in costanza di matrimonio? Ci si rifà all’art 2 cost nella quale
tutela il singolo sia come singolo che nelle formazioni sociali. Si può dividere la sentenza in 3 parti:
- pars destruens del vecchio orientamento: La cassazione dice che se si pose la base
dell’assegno divorzile nell’art 2 nella visione del singolo, come si può fondare l’assegno
divorzile su un fatto che non c’è più cioè il matrimonio? Per il fatto che il coniuge prima di
essere tale è una persona e come tale deve avere le possibilità per sopravvivere. È dovuto
dall’ex coniuge perché la persona fisica deve vivere.
- Pars costruens: Il parametro del tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio se
applicato all’an, colliderebbe con la natura stessa del divorzio ossia porre fine agli effetti
civili del matrimonio. Se il divorzio pone fine al matrimonioche motivo c’è di continuare a
tenere lo stesso tenore di vita? (la cassazione riconosce comunque la struttura bifasica
dell’an e del quantum”. Inoltre, si dice che mentre nel 90 la società era di un tipo, nel 2017
non lo è più. Nel 90 la società di pone nell’ambito di una revisione dei patti lateranensi e
non poteva concepire la fine del matrimonio. Nel 2017 invece la fine del matrimonio
accettata. Si ha una prevalenza dell’argomento sociologico (accettazione del divorzio) su
quello giuridico. L’ultima critica mossa dalla Cassazione viene mossa alla CC criticando la
sentenza n°11 del 2015. La Cc la CC secondo la cassazione non è entrata nel merito di
modificare l’orientamento di un’altra corte. Il fondamento giuridico (pars construens)
trovato dalla cassazione è quello dell’indipendenza economica ex art. 337 septies cc. Se
l’assegno si puà dare anche ai figli non autosufficienti perché privarne il coniuge non
autosufficiente? il matrimonio si ritiene ispirato al principio di responsabilità economica
per cui i coniugi si assumono ogni rischio morale e materiale. Si ricorre anche alla
giurisprudenza comparata dicendo che il criterio dell’indipendenza economica è applicato
in alcuni ordinamenti come Spagna e Francia.

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- Onere probatorio: mentre in precedenza era il coniuge che doveva corrispondere l’assegno
a dimostrare la possibilità dell’altro coniuge di avere mezzi adeguati e quindi che non aveva
bisogno dell’assegno, con la sentenza invece il coniuge che chiede l’assegno divorzile deve
dimostrare quanto sostiene ossia che non ha i mezzi adeguati.

critiche della sentenza:


Eliminazione del criterio del tenore di vita in costanza di matrimonio: non si può completamente
cancellare una vita di matrimonio e le rinunce effettuate nel corso del matrimonio. La cassazione
cancella tutta la vita matrimoniale comparando la situazione matrimoniale a quella del figlio non
autosufficiente. È palese che il figlio minorenne o maggiorenne ma non autosufficiente abbia più
probabilità se non la sicurezza di immettersi nel mondo del lavoro, cosa che non è assicurata per
un coniuge di un’età avanzata e con un divorzio e vita matrimoniale alle spalle.

In sostanza con la sentenza del 2017 non si da rilievo alle rinunce personali e lavorati che
i coniugi possono avere sostenuto per dedicarsi alla famiglia o ai figli.

Nel 2018 la cassazione a sezioni unite si pronuncia correggendo il principio fissato dalla sentenza
Grilli.

Con la sentenza 18287/2018 le sezioni unite devono ricomporre tutte le posizioni in materia di
assegno divorzile espresse con le sentenze 1564/1990 e 11504/2017.
La cassazione esordisce sottolineando che nessuna sentenza risolve in maniera soddisfacente la
questione dell’assegno divorzile. Sottolinea come sia criticabile la separazione della fase dell’an e
quella del quantum, perché questa separazione avrebbe il difetto di escludere l’esame degli
indicatori dell’art. 5 co 6 della legge sul divorzio. Bisogna sempre evitare la creazione di rendite da
posizione indipendenti dall’effettivo contributo personale dei coniugi durante il matrimonio.
Per le sezioni unite la funzione dell’assegno è in primis ASSISTENZAILE: deve essere corrisposto
quando il coniuge non abbia i mezzi adeguati per vivere e non possa procurarseli. Il giudice deve
avere poteri istruttori per esaminare in concreto le situazioni patrimoniali dei coniugi. questa
verifica è da collegare agli indicatori dell’art 5 co 6 della legge sul divorzio. Bisogna accertare la
disparità tra il patrimonio dei coniugi ma soprattutto le cause di questa disparità. Bisogna
accertare se la differenza è addebitabile alle scelte effettuate in costanza di matrimonio ossia
rinunciare alla propria carriera per la vita famigliare considerando anche il sacrificio dal punto di
vista professionale.
Se la disparità non dipende da scelte famigliari, ma da scelte indipendenti, l’assegno divorzile non
può sanare le differenze patrimoniali. Si esplica un nesso di causalità.
Oltre alla funzione assistenziale si ha la funzione perequativa e compensativa il cui faro è il
principio di solidarietà, che conduce al riconoscimento del contributo effettivo che il coniuge porta
alla realizzazione della vita famigliare tenendo conto:
1) Delle aspettative professionali ed economiche sacrificate
2) Durate del matrimonio
3) Età del richiedente.
Deve esserci anche giudizio prognostico sulla possibilità di recuperare le aspettative professionali
ed economiche.
La corte, inoltre, analizza anche il criterio dell’adeguatezza ex articolo 5 co 6 della legge su
divorzio, che trova il suo fondamento del principio di solidarietà. E per questo ha anche una
funzione perequativa e compensativa in quanto l’adeguatezza non può limitarsi meramente ad

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una natura assistenziale e allo stesso tempo non può delinearsi da mero raffronto delle situazioni
patrimoniali dei coniugi.
Cosa significa perequare? È sinonimo di normalizzare. I due soggetti devono essere messi nella
stessa posizione. Compensare è un’azione che viene dopo la messa nella stessa posizione
dell’altro. Si compensano le opportunità lavorative ed economiche perse dal coniuge che ha
compiuto rinunce per dedicarsi alla famiglia. Occorre una riesamina della vita matrimoniale.

Quando un coniuge è in grado di procurarsi il mantenimento e quando non lo è?


Due coniugi si separano, l’ex moglie aveva convivenza stabile e una figlia dal nuovo
compagno. La corte accoglie la domanda del marito di far decadere l’obbligo dell’assegno
divorzile. La cassazione dice se l’assegno divorzile ha solo funzione assistenziale, la
convivenza more uxorio (legge salva mariti) diviene la ragione per la quale l’assegno può
venire meno. Ma siccome l’assegno può avere anche altre funzioni (es. perequativa-
compensativa perché quando è stato attribuito riguardava le rinunce fatte). La nuova
convivenza può fare venire meno la parte assistenziale ma non quella perequativa e
compensativa perché riguarda il matrimonio e la sua durata, rinunce e impegni presi
durante il matrimonio per il matrimonio.
Bisogna sempre analizzare le componenti dell’assegno divorzile. La sentenza può sia
revocare l’assegno che diminuirlo proprio come in questa sentenza.

Nuove nozze e assegno divorzile.


Ordinanza 22604/2020 L’ex coniuge non può prendere l’assegno se l’ex coniuge che lo
deve versare muore o in caso di nuove nozze.
Ma in caso di convivenza more uxorio? Con un’ordinanza la cassazione si è occupata
dell’assegno divorzile e dell’ipotesi in cui l’ex coniuge che lo percepisce inizia una
convivenza.
La corte di Reggio Calabria aveva stabilito che l’assegno doveva continuare ad essere
percepito dall’ex coniuge. Per cui si fa ricorso per illogicità della motivazione della
sentenza. La controricorrente lamentava la riduzione della somma dell’assegno di
mantenimento accordato dalla prima sentenza.
La suprema corte ha ritenuto sussistente il ricorso per la carenza di motivazione della
Corte di appello. La corte d’appello non aveva individuato elementi di fatto che potessero
escludere la solidità e la validità della nuova relazione dell’ex coniuge. La corte afferma
l’esistenza della famiglia di fatto della ex moglie sulla base di alcuni elementi quali
relazione pluriennale, consolidata, quotidiana frequentazione e convivenza effettiva. La
corte di cassazione accoglie la domanda del marito di far decadere l’obbligo dell’assegno
divorzile. L’assegno divorzile viene revocato se è provata la nuova relazione stabile con il
nuovo partner.
Anche qui c’è fattore sociologico perché nella nostra società ad oggi ci sono più
convivenze e famiglie di fatto che nuove nozze.
La cassazione dice se l’assegno divorzile ha solo funzione assistenziale, la convivenza
more uxorio (legge salva mariti) diviene la ragione per la quale l’assegno può venire meno.
La nuova convivenza può fare venire meno la parte assistenziale ma non quella
perequativa e compensativa perché riguarda il matrimonio e la sua durata, rinunce e
impegni presi durante il matrimonio per il matrimonio.
Bisogna sempre analizzare le componenti dell’assegno divorzile. La sentenza può sia
revocare l’assegno che diminuirlo.

Sentenze 23998 del 2020 e 3681 del 2020

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Nei due casi, due coniugi si dedicano alla famiglia e rinunciano alla carriera professionale.
Con il divorzio devono trovare lavoro, un coniuge era laureato in lettere e l’altro laureato in
giurisprudenza senza abilitazione.
Nel primo caso viene decurtato l’assegno perché il coniuge non aveva cercato una nuova
occupazione e aveva deciso di accettare solo proposte in linea con il suo percorso di studi.
La cassazione decurta l’assegno perché non ha cercato lavoro per tutte le sue qualità ma
solo per una oggetto del percorso di studi, in poche parole questo coniuge trovava il lavoro
perfetto, e per la cassazione questo atteggiamento non permette la continuazione del
ricevimento dell’assegno divorzile.
Diverso è il caso della signora laureata in giurisprudenza che non ha potuto esercitare e al
momento del divorzio si trova in condizioni di salute debilitanti oltre che in età avanzata
per il mercato del lavoro. Per la corte queste ragioni sono di oggettiva impossibilità a
trovare i mezzi per mantenersi e quindi aveva il diritto a percepire l’assegno pieno.
Importante è anche l’atteggiamento del percipiente l’assegno divorzile. Un atteggiamento
non auspicabile può comportare la revoca dell’assegno o la sua decurtazione.

Sentenza 23318 del 2022: scelta del lavoro part time e full time. La cassazione individua
due parametri per far rientrare anche la scelta del lavoro part time nella valutazione
dell’assegno divorzile. In primo luogo, si deve valutare se la scelta part time sia stata fatta
durante il matrimonio congiuntamente (in prospettiva di una conduzione famigliare non
insieme al coniuge) o per motivi egoistici. Se si tratta di scelta fatta congiuntamente, al
momento del divorzio bisogna valutare se si possa scegliere l’opzione full time o meno.

Importante: età coniuge, titolo di studio, atteggiamento. Se il coniuge si può immettere nel
mondo del lavoro e se ci sono impedimenti. un conto è chi prova a trovare lavoro ma non
è riuscito e chi invece non ha nemmeno provato o che ha rifiutato molte offerte di lavoro. Il
giudice non si accontenta di una valutazione generica, ma è una valutazione fatta caso per
caso. si restringe la morsa attorno al coniuge debole perché deve provare la sua buona
fede e il suo comportamento attivo.

Lezione 18 novembre 2022


2 domande di ragionamento
Sportare foglio per brutta copia.

Tizio e caia sono sposati, separati la loro convivenza è divenuta intollerabile e decidono di
divorziare. Non trovano un accordo sulle condizioni di divorzio. L’unica via possibile per i
coniugi è adire il giudice per il ricorso giudiziale. Tizio è un manager di una società
informatica e percepisce uno stipendio netto di 2500€ al mese ed è anche proprietario
della casa coniugale. Caia invece è laureata in economia e commercio svolge un lavoro
part time come segretaria, percepisce uno stipendio mensile netto di 800€ e nel resto del
tempo si dedica ai due figli Mevio e Sempronio di cui il primo frequenta l’asilo (3 anni) e il
secondo frequenta la 2 elementare.
Caia chiede a Tizio la corresponsione di un assegno divorzile, assegnazione della casa
famigliare perché i figli sono prevalentemente collocati da lei e l’assegno per i figli
Tizio ritiene che caia sia indipendente economicamente e di non dovere corrispondere
l’assegno divorzile tenuto conto del fatto che essendo caia collocataria probabilmente il
giudice le attribuirà l’uso della casa famigliare. È d’accordo però sull’assegno per i figli.
Noi siamo i giudici e dobbiamo determinare se vi sono le basi per l’attribuzione della casa
famigliare e a chi, il quantum dell’assegno dei figli, se è dovuto un assegno divorzile e in
che misura.
I figli sono nati nel matrimonio, durato 9 anni. Età coniugi lui 37 anni, lei 33 anni.

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Assegno divorzile ex art. 5 co. 6 legge 898/1970: si devono considerare alcuni elementi
quali età, lavoro, atteggiamento. L’età della signora è di 33 anni, quindi essendo giovane
può introdursi abbastanza agevolmente nel mondo del lavoro. Il titolo di studio conseguito
le premetterebbe di trovare un lavoro full time. Inoltre, avendo ottenuto la casa famigliare,
nona avrebbe da sostenere un affitto, per cui l’assegno divorzile non può essere
assegnato. (valutare funzione anche compensativa e perequativa).(non si deve
considerare l’aspetto economico tipo bollette che non ha da pagare).(ammesso che il
padre deve trovarsi un altro alloggio quindi non deve corrispondere l’assegno).
Assegno per il mantenimento dei figli: di € 400 per ognuno, per sostenere le spese circa i
figli, anche scolastiche. (calcolo in base a cosa? )(in che senso 70/30 al marito e 30 alla
moglie?)
Assegnazione casa famigliare: la casa viene affidata al coniuge collocatario, in questo
caso Caia, quando i figli siano minori, maggiorenni non autosufficienti o affetti da
handicap. Ex art 337 cc. Tutela dei figli e garantire loro il benessere goduto in costanza di
matrimonio.

FIGLI
Art. 337 e seguenti
Art 337 ter cc-> questo articolo stato inserito nel 2013 con decreto legislativo n. 54 ossia
norma sull’affido condiviso. “1. Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto
equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione,
istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli
ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.” Si sancisce anche il Diritto di
vedere i nonni.
Art. 2. Indica gli strumenti per raggiungere quanto detto al co 1 “2. Per realizzare la finalitˆ
indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337-bis, il giudice adotta i
provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di
essa. Valuta prioritariamente la possibilitˆ che i figli minori restino affidati a entrambi i
genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalitˆ
della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altres“ la misura e il modo con cui
ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione
dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i
genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di
temporanea impossibilitˆ di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare.
All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del
merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del
provvedimento di affidamento • trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice
tutelare.” L’unico elemento guida che il giudice deve applicare è solo l’interesse dei figli e
non quello dei genitori. Innanzitutto, si deve valutare l’ipotesi di affidamento congiunto.
Qualora non ci fossero gli spazi per l’affido congiunto, si stabilisce a quale genitore sono
affidati. Si devono determinare anche tempi e modi della loro presenza presso i genitori. Si
fissa misura e modo di come i genitori devono provvedere alla cura, istruzione ed
educazione. Il legislatore dice anche che il giudice può prendere atto degli accordi tra
genitori se confacenti all’interesse dei figli. Residualmente il giudice ha altra possibilità:
affido congiunto
affido esclusivo
nel caso in cui nessun genitore sia idoneo all’affidamento, il minore può essere affidato o
ad un famigliare o a soggetti esterni alla famiglia es. famiglie per un affido provvisorio (non
è adozione).

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Co “3. La responsabilitˆ genitoriale • esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di


maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta
della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle
capacitˆ, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la
decisione • rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria
amministrazione, il giudice pu˜ stabilire che i genitori esercitino la responsabilitˆ
genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il
giudice valuterˆ detto comportamento anche al fine della modifica delle modalitˆ di
affidamento.”-> i genitori non perdono la responsabilità genitoriale per cui entrambi sono
chiamati a decidere congiuntamente sulle decisioni importanti che riguardano i figli circa
istruzione, educazione, salute e scelta della residenza abituale. In caso di disaccordo a
decidere è il giudice tutelare. Le decisioni di ordinaria amministrazione: il giudice può
decidere che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Se uno dei
genitori non rispettasse le condizioni dettate il giudice valuterà il comportamento del
genitore che può divenire rilevante ai fini dell’affidamento. (il non rispetto delle decisioni
del giudice è punibile ex art 388 cpp).
Assegno: “4. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice
stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il
principio di proporzionalitˆ, da determinare considerando:” l’assegno di mantenimento non
è obbligatorio. Si può stabilire che ogni genitore si faccia carico delle spese per i tempi nei
quali i figli gli sono affidati. L’indicatore per assegno mantenimento del figlio 1) le attuali
esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con
entrambi i genitori. (si vuole che i figli abbiano meno disagi possibili derivanti da
separazione e divorzio dei loro genitori vivendo come hanno sempre fatto) 3) i tempi di
permanenza presso ciascun genitore. 4) le risorse economiche di entrambi i genitori. (pi• i
tempi saranno uguali, quantitativamente inferiore sarˆ lÕassegno di mantenimento dei figli)
(si intende sia il reddito che il patrimonio di entrambi i genitori) 5) la valenza economica dei
compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. 5. L'assegno • automaticamente
adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
(adeguamento istata segue lÕinflazione. si fa in modo che il potere di acquisto rimanga
costante nonostante lÕinflazione).
Il giudice deve avere a disposizione tutti dati economici della famiglia.Ó 6. Ove le
informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente
documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui
beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.Ó (sempre per
realizzare lÕinteresse dei figli e il tenore di vita avuto in costanza di matrimonio con i
genitori).

Lezione 24 novembre 2022


Il 337 ter • stato modificato. Prima della modifica il figlio veniva affidato ad un solo genitore
e lÕaltro perdeva la potestˆ genitoriale. Oggi si predilige lÕaffido congiunto.
Il giudice deve collocare la possibilitˆ che il figlio sia in maniera paritaria da entrambi i
genitori.
In alcuni casi lÕaffido condiviso non • la soluzione migliore per il figlio. Il giudice nel
valutare lÕaffidamento del figlio deve valutare il suo interesse. Un genitore non può non
avere l’affidamento per problemi mentali e di conseguenza non può prendersi cura del
figlio o se versa in condizioni sanitarie debilitanti. In questi casi l’affidamento è per un solo
genitore.

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Ar. 337 quater-> eccezionalità dell’affido esclusivo con provvedimento motivato. Questo
affido può essere disposto dal giudice ma anche chiesto da uno dei coniugi.
337 quater co 2: il genitore può chiedere l’affidamento esclusivo per importanti motivi, non
solo col il mero scopo di escludere l’altro genitore dalla vita del figlio. Nel caso in cui il
giudice ritenga che la richiesta sia strumentale e solo lesiva dell’altro soggetto, può
collocare il figlio dal genitore “attaccato” infondatamente. Il genitore con affido esclusivo ha
in via esclusiva l’esercizio della potestà genitoriale e deve rispettare le decisioni che il
giudice ha determinato nel provvedimento. Ci sono 2 opzioni:
- Il coniuge escluso non sia totalmente in grado di esercitare la potestà perché
totalmente incapace-> non può più partecipare alle decisioni sula vita del figlio
- l'altro coniuge abbia parziale capacità di esercitare la potestà genitoriale e non sia
del tutto inaffidabile-> le decisioni maggiori sulla vita del figlio devono essere
adottate da entrambi i genitori anche se il figlio è affidato esclusivamente a uno.
Il genitore a cui non sno affidati i figli ha comunque delle responsabilità, non sono
decisorie ma ha una responsabilità di vigilanza dei figli circa istruzione ed educazione. Può
ricorrere al giudice quando ritiene che le decisioni el genitore affidatario non siano
confacenti all’interesse del figlio.
Abbiamo 3 ipotesi:
1) affido condiviso->
2) affido esclusivo-> ci sono due possibilità: genitore totalmente incapace di esercitare
la responsabilità genitoriale e parzialmente incapace- in entrambi i casi permane
per il genitore non affidatario il dovere di vigilanza.

Assegno di mantenimento inc aso di affido condiviso: abbiamo o un afffidamento paritario


(stesso tempo da entrambi i genitori) l’assegno di mantenimento non ha senso perché
ogni genitore maniente il figlio per lo stesso tempo, oppure genitore prevalentemente
collocatario che avrà più spese nei confronti del figlio perché lo tiene per più tempo, e
l’altro genitore deve partecipare alle spese del figlio in base alle sue capacità economiche.
In quest’ultimo caso l’assegno avrà scopo perequativo, dovrà perequare il diverso tempo e
sforzo economico che l’uno fa nei confronti del figlio rispetto all’altro. L’assegno va a
coprire solo le spese ordinarie (perché sono conoscibili in via certa). In caso di affidamento
esclusivo l’assegno non avrà più significato perequativo ma assistenziale. Il titolo
dell’assegno cambia nel momento in cui vi sia affido condiviso od esclusivo.

Spese ordinarie e straordinarie


Nel 2017 è intervenuto il consiglio nazionale forense per determinare con linee guida quali
siano le spese ordinarie e quali straordinarie. Essendo linee guida non hanno valore di
legge, ma per gli avvocati hanno un valore importante.
Concettualmente, le spese straordinarie sono incerte sia nell’an che nel quantum perché
non afferiscono ad esigenze costanti della ita del figlio ma periodiche. Coprono eventi
imprevedibili o eccezionali che possono evidenziarsi nella vita del figlio. La modalità con
cui vengono ripartite è definita dal 337 ter “ciascuno dei genitori provvede in misura
proporzionale al proprio redito”. Questo principio vincola sia l’assegno di mantenimento
che le spese straordinarie. Es. se il rapporto reddituale è 70 e 30 per ripartire l’assegno, la
stessa percentuale si usa per le spese straordinarie. Il principio usato è il p. di
proporzionalità solidaristica.
Spese ordinarie comprese nell’assegno di mantenimento:
- il vitto
- abbigliamento
- utenze
- spese per tasse scolastiche eccetto le spese universitarie

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- materiale scolastico di cancelleria


- mensa
- medicinali da banco (non quelli prescritti)
- spese di trasporto urbano
- carburante per trasporto
- ricarica del cellulare
- uscite didattiche organizzate dalla scuola con durata di solo 1 giorno
- baby sitter (solo se era già arte dell’organizzazione famigliare prima della
separazione o del divorzio)
- pre scuola (servizio che accudisca il figlio prima che inizi la scuola quando i genitori
lavorano molto presto)
- dopo scuola (solo se già faceva arte dell’organizzazione famigliare prima di
separazione e divorzio)
- trattamenti estetici
- attività ricreative abituali
- spese di accudimenti dell’animale domestico del figlio (se lo aveva da prima della
separazione o divorzio)
spese straordinarie: ci sono due categorie: spese per cui non è prevista la previa
concertazione dei genitori e le spese straordinarie subordinate al consenso di entrambi i
genitori.
Quelle per cui non serve l’accordo:
- libri scolastici-> perché il bambino deve andare a scuola
- spese mediche-> medicinali da prescrizione
- spese per interventi chirurgici indifferibili
- spese di bollo e assicurazione di mezzi di trasporto
- spese oculistiche
queste spese per poter essere chieste dall’altro coniuge devono essere documentate e
non possono essere pagate in nero. Se non si dimostra che le spese sono state
sostenute, l’altro coniuge non è tenuto a pagarne la metà.

Spese straordinarie per cui serve accordo:


- iscrizione e rette di scuole private
- spese universitarie (sia alloggio che rette)
- ripetizioni
- frequenza del conservatorio o scuole formative
- master post-universitarie o scuole di specializzazione
- spesa per preparazione ad esami a concorso o di abilitazione servizio di baby
sitting quando l’esigenza nasca successivamente all’organizzazione famigliare.
- Viaggi studio o d’istruzione che dura più di 1 giorno.
- Soggiorni all’estero
- Spese di natura ludica e parascolastica es. musica, disegno, informatica,
- Patente
- Spese sportive
- Spese sanitarie specialistiche che non vengono effettuate mediante servizio
sanitario nazionale
- Spese legate a celebrazioni., ricevimenti dedicati ai figli. Il genitore che intende
effettuare la spesa deve inviare una richiesta scritta all’altro perchè si deve
documentare di averlo richiesto per la prova. L’altro coniuge può accettare
oispondere sempre per iscritto entro 20 gg. Se non risponde il silenzio equivale
all’assenso.

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L’assegno di mantenimento non è quantificato una votla per tutte, ma può aggiornarsi in
senso positivo e negativo in qualsiasi momento della vita dle figlio perché deve essere
attagliato rispetto alle esigenze del figlio. Il congiuge può chiedere in qualsiasi momento al
rettifica dell’assegno di mantenimento. Può anche chiedere la rettifica rispetto
all’affidamento. Es. un genitore a cui non è stato affidato il figlio, se mutano le condizioni
sue personali per cui ritine di poter esercitare la potestà genitoriale può chiedere l’affido
congiunto.
La retitfica può essere chiesta mediante negoziazione assistita ma anche al giudice. (no
uffciale di stato civile no perché il presupposto è che nnìon ci siano minori o maggiornni
non autosufficienti).
337 septies: figli maggiorenni. Quando lil figlio è minorenne l’assegnov a al genitore
quando invece è maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, il figlio acquisisce
capacità dia gire e l’assegno può essere attribuito a lui. Co1 l giudice, valutate le
circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente
il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del
giudice, è versato direttamente all'avente diritto.
In questo caso avremo potenzialmente,s e il figlio convive, un assegno di mantenimento
dato al genitore e l’altro dato direttamente al figlio.(le cose che priam faceva il genitore
collocatario e fa il iglio da maggiorenne, si decurta dall’assegno di amtenimento e si
aggiunge a quello del figlio).
Quando il figlio non vive puù col genitore non cèè presupposto per l’assegno di
mantenimento. Ma se non sa mantenersi da solo i genitori partecipano in base al proprio
reddito. Cade anche l’assegnazione della casaa divorzile. (non serve per forza il cambio di
residenza ma il domicilio ossia luogo abitale del proprio alvoro)
Art 337 octies Prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui
all'articolo 337 ter, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova.
Il giudice dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e
anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si
prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il
giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente
superfluo.
Conq uesta disposizione si prevede che il giudice nella determinazione di tutte le decisioni
inerenti al figlio può sentire il figlio quando ha compiuto i 12 anni. L giudice los ente
quando il figlio ha capacit di discernimento che deve essere valutata caso per caso.
Prevede anche che il giudice può avvalersi, se il genitori lo cncordano, della mediazione
assistita. La ratio è si vuole escludere l’intervento pubblico nel rapporto agevolando la
risoluzione pattizia

Nel 2016 con la legge 77 “legge Cirinnà” si riconosce la possibilità delle coppie dello stesso
sesso di contrarre unione civile. differenza tra convivenza e unione civile. quest’ultima è la
scelt di contrarre unione civile che si fa dinanzi all’ufficiale di stato civile. è riservata
esclusivamente alle coppie dellos tesso sesso. La convivenza è sia per coppie omosessuali
che etero.
Gli uniti civilmente hanno stessi obblighi di chi è sposato a parte l’obbligo di fedeltà e di
collaborazione nell’interesse dell’unione.
Per la contrazione dell’unione civile: si contrae come si contrae il matrimonio civile->
richiesta di contrarre unione civile con la differenza che non è prevista la pubblicazione. Al
pari del matrimonio anche le coppie unite civilmente possono andare in crisi e può
decidere di sciogliere l’nione civile. in questo caso vi è una fdifferenza perché nell’unione
civile non vi è la separazione ma si fa direttamente allo scioglimento dell0unione civile.a

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lOMoARcPSD|36049104

diffrenza del matrimonio lo scioglimento dell’unione civile è più semplice: o la coppia


congiuntamente fanno istanza o uno fanno richiesta all’ufficiale di stato civile di mettere
fine al rapporto, dopo 3 mesi dalla richiesta, i partner possono proporre domanda di
divorzio o congiuntamente o disgiuntamente. O lo si fa dinanzi all’ufficiale di stato civile
oppure nel caso in cui vi siano questioni patrimoniali complesse o la coppia abbia figli avuti
da precedenti rapporti, si può ricorrere alla negoziazione assistita o al tribunale.
L’ufficiale di stato civile anche nel caso delle unioni civili non può trattare questioni
patrimoniali.

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