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§ ETORICA

~ BIBLICA
RETORICA BiBLICA

Collana diretta da Roland Meynet e Jacek Oniszczuk

Molti pensano che la retorica classica, ereditata dai Greci attraverso i Romani, sia uni-
versale. Essa sembra infatti normare la cultura moderna, che l'Occidente ha diffuso su
tutto il Pianeta. Ma è giunto ormai il tempo di abbandonare un tale etnocentrismo: la re-
torica classica non è unica al mondo.

La Bibbia ebraica, i cui testi sono scritti soprattutto in ebraico ma anche in aramaico,
segue una retorica ben diversa della retorica greco-latina. Bisogna dunque riconoscere
che esiste un'altra retorica, la «retorica ebraica».

Quanto agli altri testi biblici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, che sono stati tra-
dotti o composti direttamente in greco, essi obbediscono in gran parte alle stesse leggi.
Si può dunque parlare non solo di retorica ebraica ma, più largamente, di «retorica bi-
blica».

Queste stesse leggi sono state inoltre riconosciute operanti nei testi accadici, ugaritici
e altri, precedenti o coevi alla Bibbia ebraica, poi nei testi arabi della Tradizione musul-
mana e del Corano, successivi alla letteratura biblica. Occorre dunque ammettere che
questa retorica non è solo biblica; e si dirà che tutti quei testi, che appartengono, a diverso
titolo, alla stessa area culturale, dipendono della stessa retorica, che verrà chiamata «re-
torica semitica».

Contrariamente all'impressione che il lettore occidentale inevitabilmente prova, i testi


della tradizione semitica sono composti e ben composti, a condizione ovviamente ·di es-
sere analizzati in funzione della retorica alla quale appartengono. Si sa che la forma del
testo, la sua disposizione, è la porta principale che apre l'accesso al senso. Non che la
composizione fornisca, direttamente e automatica- mente, il significato. Quando tuttavia
l'analisi formale permette di operare una divisione ragionata del testo, di definire in
modo più oggettivo il suo contesto, di mettere in evidenza l'organizzazione dell'opera ai
diversi livelli della sua archi- tettura, allora si trovano riunite le condizioni che permet-
tono d'intraprendere, su basi meno soggettive e frammentarie, il lavoro dell'interpreta-
zione.
ROLAND MEYNET

LA LETTERA
AI GALATI
Titolo originale: La Lettre aux Galates
Traduzione dal francese: Francesco Graziano e Roland Meynet
Revisione: Roberto Di Paolo

© 2012 Centro editoriale dehoniano


via Nosadella, 6-40123 Bologna
www.dehoniane.it
EDB®

ISBN 978-88-10-25111-9

Stampa: Tipografia Giammarioli, Frascati (RM) 2012


Per le piccole sorelle di Gesù a Gerusalemme
Alisa e Ghila
Questo volume è pubblicato con il sostegno della RBS
SOCIETÀ INTERNAZIONALE PER LO STUDIO DELLA RETORICA BIBLICA E SEMITICA

Esistono molte associazioni che hanno come oggetto lo studio della retorica. La più
conosciuta è la «Società internazionale per la storia della retorica»; ma ce ne sono anche
altre. La «RBS» è la sola:
-che si dedica esclusivamente allo studio delle opere letterarie semitiche, essen- zial-
mente la Bibbia, ma anche di altrè, fra cui i testi musulmani;
- che di conseguenza si preoccupa di elencare e descrivere le leggi specifiche di una
retorica che ha presieduto all'elaborazione di testi, la cui importanza non è per nulla in-
feriore a quella del mondo greco-latino del quale la civiltà occiden-tale è l'erede.
Né bisognerebbe dimenticare che. questa stessa civiltà occidentale è anche erede della
tradizione giudaico-cristiana che trova la sua origine nella Bibbia, cioè nel mondo semi-
tico. Più in generale, i testi che noi studiamo sono i testi fondatori di tre grandi religioni:
giudaismo, cristianesimo e islam. Un tale studio scientifico, condizione previa per una
migliore conoscenza reciproca, non farebbe che concorrere a un riavvicinamento tra co-
loro che proclamano di appar- tenere a queste diverse tradizioni.

Fondata a Roma, dove si trova la sua sede sociale, la RBS è un'associazione senza fini
di lucro, che promuove e. sostiene le ricerche e le pubblicazioni:
-soprattutto nel campo biblico, tanto del Nuovo quanto dell'Antico Testamento
-ma anche nel campo degli altri testi semitici, specie dell'islam.
Lo scopo essenziale della RBS è favorire i progetti di ricerche, di scambi tra le uni-
versità e di pubblicazioni nel campo della Retorica Biblica e Semitica, so-prattutto gra-
zie alla raccolta dei fondi necessari per finanziare i diversi progetti.

La RBS accoglie eraggruppa prima di tutto i ricercatori e i professori univer- sitari che,
nelle diverse università o istituti, in Italia e all'estero, lavorano nel campo della Retorica
Biblica e Semitica. Essa è ap~rta anche a tutti quelli che si interessano alle sue ricerche
e intendono sostenerle.

Per ulteriori informazioni sulla RBS,


vedi: www.retoricabiblicaesemitica.org
INTRODUZIONE

Quando, dopo vent'anni di permanenza in Medio Oriente, al volgere degli


anni 1991-92, sono ritornato in Europa, più esattamente quando sono passato da
Gerusalemme a Roma, sono stato mandato a fare una pausa di un semestre a
Parigi. La facoltà gesuita di teologia del Centre Sèvres mi aveva domandato di
provvedere a un corso e a un seminario. Per il seminario, mi era stata data la
possibilità di scegliere fra tre lettere di Paolo: Galati, Efesini o Filippesi. Scartai
fin dall'inizio la prima. Mi faceva paura. C'era infatti tutta la questione, difficile,
del rapporto tra la Legge e la fede, che veniva sollevata in questa lettera, anche
se Paolo doveva in seguito riprenderla e svilupparla nella Lettera ai Romani. Le
lettere ai Filippesi o agli Efesini mi sembravano meno pericolose da maneggiare.
Più tardi mi ricordai di quello che mi era capitato a Gerusalemme a proposito
della Lettera ai Galati. All'Istituto biblico, il mio vecchio amico sivigliano, Juan
Esquivias, soprannominato Yohanan ha-qatan (Giovanni il piccolo), mi aveva
raccontato che una sera, mentre si preparava a celebrare la Messa in ebraico con
la piccola comunità di Sant'Isaia, una religiosa, ebrea diventata cristiana, gli
domandò: «Yohanan, possiamo cambiare la prima lettura?» Di natura poco
indisponente, accettò subito. Ma, dopo la Messa, essendo allo stesso tempo un
po' incuriosito, volle sapere qual era il testo che era stato scartato. Si trattava di
un passo della Lettera ai Galati! Mi raccontò il fatto una seconda volta, aggiun-
gendo ancora: «Bisognerà pure che un giorno, quando si presenterà l'occasione,
io affronti la questione con queste religiose ... ».
Qualche tempo prima di lasciare la Città Santa, mi capitò la stessa avventura.
Nella stessa situazione, un'altra suora venne a dirmi: «Roland, ancora i Galati!
Cambiamo, no?»- «No, Ghila, leggiamo i Galatib). Ero ben preparato per dare
una risposta simile. Lasciai da parte l'omelia che avevo approntato e ne improv-
visai un'altra, sullo spirito dell'infanzia ... Certo, non è difficile capire che, per
degli ebrei, questa lettera di Paolo è davvero difficile da digerire. Ma se il
bambino non comprende quello che dicono i suoi genitori, non per questo deve
respingere le loro parole; bisogna pazientare e avere fiducia: capirà più tardi. E
se non si comprende in questo mondo, si capirà sicuramente nel mondo che
viene. Nell'attesa, si ascolta. A maggior ragione quando si tratta di ciò che si
considera Parola di Dio. E ancor di più se la cosa infastidisce!
Desideravo quindi vederci chiaro; e per questo mi era necessario studiare.
Tanto più che, anche per i cristiani non ebrei, le questioni che Paolo affronta
nella sua Lettera ai Galati non sono senza attualità. Se non sono obbligati dalle
prescrizioni della legge di Mosè, circoncisione, sabato e festività, regole alimen-
tari, saranno forse affrancati da qualsiasi legge? Questa è dunque la ragione
fondamentale per la quale ho intrapreso lo studio di questo testo.
8 La Lettera ai Galati

Tuttavia ce n'è anche un'altra, spuntata a cose fatte, ma che non è senza
importanza. La Lettera ai Galati non è facile da comprendere. Uno degli aspetti
maggiori del problema è sapere di quale strumento Paolo si sia servito per
scriverla, giacché bisognerà utilizzare lo stesso strumento per leggerla. Come
tutti gli autori del Nuovo Testamento, e già quelli degli ultimi libri dell'Antico
Testamento - Tobia, Giuditta, i due libri dei Maccabei, Sapienza di Salomone,
Siracide e Baruc - Paolo scrive in greco. È perciò invitante ricorrere alie cate-
gorie della letteratura greca della sua epoca per analizzare i suoi scritti. Egli era
nato a Tarso, città importante dell'Asia Minore, dove fiorivano scuole di retori-
ca, cosa che induce molti a pensare che egli le avesse probabilmente frequentate
ed era perciò istruito nelle regole della retorica classica greco-latina. Anche se
gli studi sull'epistola ai Galati condotti in funzione delle regole di questa retorica
si sono moltiplicati e diversificati da oltre trentacinque anni, tali sWdi non sono
stati affatto i primi; tutt'altro! Già al tempo della Riforma, Melantone analizzava
la lettera di Paolo in questo modo. 1
Nondimeno nell975 Hans Dieter Betz è stato l'iniziatore degli studi moderni
sull'epistola ai Galati secondo le categorie della retorica classica. 2 Nel suo com-
mentario del 1979 egli si riferisce costantemente a Cicerone e a Quintiliano. 3
Seguendoli, Betz ha voluto determinare a quale genere appartenga la Lettera ai
Galati. I tre generi letterari della retorica antica sono: il giudiziario che è pronun-
ciato davanti al giudice, il quale deve decidere su quello che è accaduto; il
deliberativo, che riguarda la politica, prepara la decisione per il futuro; il dimo-
strativo (o epidittico), la cui funzione è, essenzialmente nel presente, biasimare,
4
lodare o consigliare. Betz è dell'awiso che Galati rientri nel genere giudiziario.
Non si è persa l'occasione per opporre a Betz alcune obiezioni. La più impor-
tante è senza dubbio che Paolo non parla davanti a un giudice al quale espor-
rebbe la sua difesa; egli si rivolge direttamente a quelli con cui è in conflitto.
Anche altri, come Georges Kennedy, pensano che la Lettera appartenga al
genere deliberativo, a causa delle esortazioni che Paolo sviluppa nell'ultima
parte della Lettera. 5 Non mancano infine autori, come Antonio Pitta, che sosten-
gono che lo scritto di Paolo dipenda piuttosto dal genere dimostrativo. 6 Paolo in
effetti non avrebbe inteso difendersi o attaccare i suoi awersari, come nel genere
giudiziario; non avrebbe nemmeno avuto di mira la presa di decisione per o
contro la circoncisione in particolare e la legge giudaica in gen~rale, come nel
genere deliberativo. Il suo intento sarebbe stato, attraverso i suoi rimproveri e i
suoi elogi, così come attraverso i suoi consigli, di distogliere i suoi destinatari

1
C.J. CLASSEN, «St. Paul's Epistles and Ancient Greek and Roman Rhetoric».
2
«The Literary Composition and Function ofPaul's Letter to the GalatianS)).
3
Galatians. A Commentary on Paul's Letter to the Churches in Galatia.
4
D'altro canto Betz si riferisce anche all'epistolografia classica: la Lettera ai Galati appartiene
secondo lui al genere della lettera apologetica.
5
New Testament Interpretation through Rhetorica/ Criticism, 144-152.
6
Nell992, Disposizione e messaggio della lettera ai Galati; nel 1996, Lettera ai Galati.
Introduzione 9

della Galazia dalla loro condotta erronea e di convincerli a schierarsi a favore


delle sue convinzioni.
Ci sono anche parecchi che, sulla scia di Betz, fanno riferimento ali' episto-
lografia dell'epoca, la quale obbedisce a regole che non sono quelle dei discorsi,
che siano giudiziari, deliberativi o dimostrativi. 7 Anche lì tuttavia è sempre a
delle categorie greche che si fa ricorso. Tutti gli autori di cui si è fin qui parlato,
come anche molti altri che seguono la stessa via, si collocano, senza neanche
discuterlo, in una prospettiva puramente occidentale, greco-latina.
Ora è possibile, e anche auspicabile, rimettere in causa gli stessi fondamenti di
una simile posizione. Paolo era davvero un retore greco o non era piuttosto un
rabbino giudeo? Egli stesso dice che è stato formato a Gerusalemme: «lo sono
un giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato ai piedi di
Gamaliele nell'osservanza scrupolosa della legge dei padri)) (At 22,3). Si può
pensare che non lo avrebbe detto, se avesse seguito una sessione intensiva di
alcune settimane soltanto. Se ci tiene a dirlo, è perché Gamaliele era il suo
maestro, il suo «rabqi)). Se anche gli succede una volta di citare un verso di un
poeta greco, ad Atene, le numerose citazioni delle sue lettere sono tratte dalla
Bibbia: egli è nutrito essenzialmente della Bibbia, la sua cultura è prima di tutto
biblica~ Ora la letteratura biblica, soprattutto la Bibbia ebraica che ne costituisce
la quasi totalità, appartiene al mondo semitico e non a quello occidentale.
La retorica classica, greco-latina, non è l'unica al mondo. Esiste una retorica
semitica, le cui leggi sono notevolmente differenti da quelle della retorica greca.
Anche se la Lettera ai Galati fu composta direttamente in greco, si ha tuttavia il
diritto di domandarsi se essa non obbedisca piuttosto alla retorica della Bibbia
ebraica, di cui Saulo era impregnato fino alle midolla. Se un modello di compo-
sizione deve essere cercato al di fuori più che nel testo della Lettera stessa, non
bisognerà forse cercare negli scritti dell'Antico Testamento? Se si ritiene di
dover parlare di genere letterario, non è certo ad Atene o a Tarso che questo si
troverà ma a Gerusalemme.
Non si può negare la doppia cultura di Saulo-Paolo. 8 Si tratta soltanto di ri-
prendere da capo lo ~tudio della sua epistola, per verificare se non sia, anch'essa
- come i vangeli, come i profeti - composta secondo le leggi della retorica
biblica, più largamente semitica. Ne vale la pena, nella misura in cui la messa in
evidenza della composizione permette di giungere a una migliore comprensione
del testo. Se si vuole comprendere con più chiarezza, è importante e anche deci-
sivo delimitare le unità letterarie, ai differenti livelli della loro organizzazione, e
di identificare le relazioni che queste unità intrattengono tra di loro.
Non si tratta quindi di suscitare in questa sede alcuna controversia fra due
«metodi)), così come la Pontificia Commissione Biblica li presenta nel documen-
to L 'interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993): l'applicazione ai testi
biblici della retorica classica greco-latina (conosciuta sotto la denominazione

7
Vedi, per esempio, A. PITTA, Lettera ai Galati, pp. 37·40.
8
Vedi M. RASTOIN, Tarse et Jérusalem: la double culture de l'apotre Paul en Galates 3,6-4, 7.
lO La Lettera ai Galati

americana di Rhetorical Criticism) e l 'utilizzo dei frocedimenti semitici di


composizione (o «analisi retorica biblica (e semitica)>>. Nessun Contra Betzium!
Gli studi che seguono il primo di questi due metodi sono numerosi, quelli che
mettono in pratica il secondo sono invece quasi inesistenti. Che io sappia,
soltanto un gesuita inglese, John Bligh, vi si è cimentato. 10 Il meno che si possa
dire è che non è affatto inutile riprendere il lavoro. La sola opera metodologica
alla quale egli si riferisce, di passaggio in una nota, è quella di N.W. Lund,
Chiasmus in the New Testament. 11 Sembra però che sia difficile condurre questo_
genere di ricerca senza un apparato metodologico solido, che non dovrebbe
ignorare la storia già lunga della sua scoperta. L'analisi qui proposta segue
quindi la metodologia esposta nel mio Trattato di retorica biblica.
La redazione di questo commentario si è distesa su un arco di vent'anni. In un
primo tempo, avevo dedicato una prima rubrica al «Testo», dove trattavo le que-
stioni di critica testuale, di lessicografia, di grammatica, come avevamo fatto nel
nostro commentario ad Amos; 12 d'altro canto, rinviavo spesso ai commentari e
ad altri studi sulla Lettera. Ho rinunciato radicalmente a tutto questo, dal mo-
mento che lo si può trovare, molto ben fatto, nei commentari scientifici. 13 Ciò mi
ha permesso di alleggerire notevolmente la presente opera. La sua scientificità
non dipende quindi dal numero delle opere citate, ma dall'applicazione rigorosa
di una particolare metodologia. 14
Qualche precisazione su questa metodologia non sarà inutile. L'analisi
retorica biblica è intesa spesso nel senso ristretto di studio della «composizione»
del testo. In senso più largo, il «contesto biblico» può esserne considerato parte
integrante. 15 Non che queste due operazioni siano riservate all'analisi retorica.
Quasi tutti gli autori forniscono un «piano» del testo che commentano. Tutti
segnalano dei riferimenti intertestuali. La specificità dell'analisi retorica biblica
è che essa accorda una grande importanza alla composizione, al punto da consa-
crarvi una rubrica, proponendosi di descriverla e di giustificarla a tutti i suoi
livelli: segmento, brano, parte, passo, sequenza, sezione, libro - ed eventual-
mente sottoparte, sottosequenza e sottosezione - ovvero dieci livelli. L'analisi
retorica biblica procede inoltre secondo le leggi di composizione proprie dei testi
semitici. Essa è convinta infatti che la delimitazione delle unità retoriche sia
essenziale per l'interpretazione, come lo è là delimitazione delle frasi e dei suoi
elementi per comprenderne il senso. Se tutti i commentatori segnalano i legami

9
PONTIFICIA CO:MMISSIONE BIBLICA, L 'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 36-39.
10
Galatians in Greek. A Structured Analysis of St. Paul's Epistle to the Galatians with Notes
on the Greek; Io., Galatians. A Discussion ofSt Paul's Epistle.
11
Galatians, 41, n. 84.
12
P. BOVATI- R. MEYNET, Il libro del profeta Amos.
13
Mi sia permesso di nominare quelli che avevo costantemente sotto mano: Betz (1979),
Mussner (1981), Ebeling (1981), Vanhoye (1989.2000), Corsani (1990), Pitta (1992.1996),
Légasse (2000), Lémonon (2008).
14
Questa metodologia è esposta dettagliatamente in R. MEYNET, Trattato di retorica biblica.
15
Vedi il Trattato, 371-411.
Introduzione 11

intertestuali che collegano il testo in esame con altri testi che gli fanno eco per
citazione- esplicita o implicita- per riferimento o per allusione, l'analisi reto-
rica biblica si caratterizza per il fatto di dedicare una rubrica specifica a questa
operazione. Non lo fa sempre e sistematicamente, ma solo quando il «co-testO>) è
indispensabile o semplicemente utile per chiarire il senso del testo commentato.
L'analisi della composizione e il ricorso al contesto biblico non sempre sono
sufficienti per comprendere tutta la misura del senso dei testi. La conoscenza di
ciò che gli esegeti chiamano i realia - realtà di ogni ambito, geografiche,
archeologiche, storiche, istituzionali - è spesso indispensabile per comprendere
i documenti scritti. 16 L 'antropologia culturale rappresenta pure una fonte di
riflessione che è quasi impossibile trascurare. Lo si vedrà in particolare per le
istituzioni d'Israele, come la circoncisione, il sabato, il novilunio e tutte le altre
ricorrenze che scandiscono l'organizzazione del tempo, o come le regole
alimentari, la cui comprensione è chiarita dal lavoro delle scienze umane come
la sociologia, l'antropologia culturale e la psicanalisi. 17

16 Vedi, per esempio, R. MEYNET, Leggere la Bibbia; 2004, 39-48.


17 Vedi PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L 'interpretazione della
Bibbia nella Chiesa,
51-56.
VISIONE D 'INSIEME
DELLA LETTERA AI GALATI

Come le nostre lettere di oggi, quella di Paolo ai Galati comprende due


elementi, l'indirizzo e il corpo della Lettera; in termini moderni, la busta e il
testo propriamente detto della missiva contenuta nella busta. Il corpo della
Lettera è organizzato in tre sezioni:

I titoli conferiti alle tre sequenze intendono mostrare i rapporti essenziali che
queste intrattengono tra loro:

Indirizzo 1,1-5

A. È il Vangelo di Cristo che ho annunciato 1,6-2,21

B. È la Croce di Cristo che ci giustifica 3,1-5,1

C. È la Legge di Cristo che bisogna adempiere 5,2--6,18

-Nella sezione A il termine «Vangelo)) ritorna nove volte (1,6.7.8.9.11; 2,2.5.7.


14) e non sarà mai più ripreso altrove nel resto della Lettera; nel secondo
versetto della sezione, l'unica ricorrenza di «il Vangelo di Cristo)) (1,7).
Questa sezione è essenzialmente il racconto che Paolo fa della sua missione
dopo la sua conversione, per dimostrare che il Vangelo che egli predica non gli è
stato insegnato dagli uomini, nemmeno dagli apostoli di Gesù, ma per mezzo di
una rivelazione da parte di Cristo e di Dio. È questo «Vangelo di Cristo)) che
egli non soltanto ha predicato, ma anche difeso, a Gerusalemme e ad Antiochia,
contro quelli che volevano snaturarlo ritornando alla Legge e ai suoi precetti, in
particolare alla circoncisione e alle leggi alimentari.

-La sezione B inizia con l'immagine della croce di Cristo: «0 stolti Galati, chi
vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù
Cristo crocifisso?)) (3,1; cui fa eco 13); all'inizio della sequenza centrale, l'unica
menzione del battesimo, partecipazione alla croce di Cristo (3,27); alla fine, la
menzione della persecuzione (4,29).
14 La sezione A

Nella sezione centrale, Paolo abbandona il racconto, per argomentare ed


esporre il contenuto del Vangelo. Egli chiarisce in diversi modi i rapporti tra la
Legge e la fede, l 'una incapace di procurare la giustizia e la vita attraverso le sue
opere, l'altra, al contrario, garantendone il dono gratuito, attraverso l'azione
redentrice di Cristo che si è prodotta con la sua crocifissione. La Legge ha svolto
la funzione del pedagogo che doveva condurre al tempo della grazia di Gesù
Cristo e questo tempo è ormai concluso.

- La sezione C oppone la circoncisione, emblematica di tutta la Legge, alla croce


di Cristo. Non la circoncisione né l'incirconcisione hanno valore, ma «la fede
operante per mezzo dell'amore>> (5,6), che è «creazione nuova» (6,15); così tutta
la Legge si compie nell'amore (5,14) che è «la legge di Cristo» (6,2).
La sezione finale si focalizza sulle caratteristiche concrete della vita di «quelli
che sono di Cristo» (5,24). Liberati dai precetti della Legge, e in particolare dalla
circoncisione, i discepoli sono chiamati a comportarsi secondo «la legge di
Cristo», che è quella del servizio reciproco, dell'amore in cui si riassume e si
compie tutta la Legge.

Ciascuna delle tre sezioni conta cinque sequenze. La prima sezione è formata
da due sottosezioni comprendenti due sequenze (Al-A2 e A4-A5) che incorni-
ciano una breve sequenza centrale (A3). Vale lo stesso per la sezione centrale,
dove la sequenza centrale (B3) è incorniciata da due sottosezioni (Bl-B2 e B4-
B5). L 'ultima sezione comprende al contrario una sottosezione centrale formata
da tre sequenze (C2-C3-C4), incorniciata da due sequenze (Cl e C5) che si
corrispondono strettamente.
l

L 'INDIRIZZO
(Gall,l-5)

Com'era costume dell'epoca, l'indirizzo della Lettera ai Galati comprende tre


elementi:
nome del mittente - nome del destinatario saluto.
Nel Nuovo Testamento l'indirizzo più semplice è quello della lettera che il
tribuna Lisia invia al governatore Felice:
Claudio Lisia - all'eccellentissimo governatore Felice, - salute! (At 23,26).
Data l'importanza di questo testo, che introduce tutta la lettera, ciascuna delle
parti estreme, che sono relativamente sviluppate, sarà dapprima analizzata in se
stessa.

COMPOSIZIONE

La prima parte (1-2a)

* 1 PAOLO apostolo

- non da parte degli uomini


- e non per mezzo di un uomo
+ma per mezzo di GESÙ CRISTO
+e DIO PADRE
= che ha rialzato lui dai morti

* 2 E QUELLI CON ME TUTTI fratelli,

Ciascuno dei brani estremi è della misura di un segmento unimembro: essi


coordinano «PaolO>) e «tutti quelli con me», il primo chiamato «apostolo», gli
altri qualificati come «fratelli». Il brano centrale è più sviluppato, essendo una
serie di espansioni del primo brano. I primi due membri del secondo segmento
(lde) si oppongono a quelli del primo segmento (lbc). 1 La stessa preposizione
«per mezzo di» (dia) è utilizzata per introdurre «un uomO>) come ·pure «Gesù
Cristo)) (lc.d) e anche «Dio Padre)).
1
Le lettere a, b, c ... che seguono i numeri dei versetti indicano le righe della riscrittura.
16 La Lettera ai Galati

* 1 PAOLO apostolo

-non da parte degli uomini


-e non per mezzo di un uomo
+ma per mezzo di GESÙ CRISTO
+e DIO PADRE
= che ha rialzato lui dai morti

* 2 E QUELLI CON ME TUTTI fi-atelli,

Questa parte pone un problema non tanto di natura grammaticale quanto d'in-
terpretazione. Sarebbe possibile intendere che il brano centrale sia un'espansione
dell'insieme del primo brano, «Paolo apostolo>>, o forse dei due brani estremi,
Paolo e tutti i suoi fratelli: ciò vorrebbe dire che la lettera è inviata da parte di
Gesù Cristo e di Dio Padre. Dato il seguito della lettera, in particolare la prima
sezione in cui Paolo difende la sua vocazione e la sua missione che egli non
riceve da alcun altro che Cristo e Dio stesso, potrebbe sembrare più probabile
che le espansioni del brano centrale si ricolleghino ad «apostolo». Tanto che
sarebbe stato meglio collocare quest'ultima parola all'inizio del secondo brano:
«apostolo non da parte degli uomini...». Tuttavia il parallelismo dei brani estre-
mi, che terminano con una qualificazione dei mittenti, «apostolo» e «fratelli»,
può essere una buona ragione, di ordine retorico, per mantenere la riscrittura di
sopra. In ogni caso, quando un testo presenta qualche ambiguità, la traduzione e
la riscrittura la devono rispettare.

La terza parte (3-5)


Dal punto di vista sintattico, la frase si analizza in questo modo:

Testo natura fUnzione

3
O. grazia a voi e pace
da parte di Dio nostro Padre
e dal Signore Gesù Cristo PRINCIPALE

4
l. l'essendosi dato se stesso
per i nostri peccati participiale qualifica «il Signore G.-C.>>

2. per strapparci al secolo


presente malvagio secondo la
volontà di Dio e nostro Padre finale complemento della participiale
5
3. al quale la gloria nei
secoli dei secoli, amen ! relativa qualifica «Dio e nostro Padre»
L'indirizzo: 1,1-5 17

La composizion.e retorica non s'identifica esattamente né con la suddivisione


sintattica né con la gerarchizzazione delle proposizioni.

* 3 GRAZIA A VOI e PACE

+da parte di DIO PADRE di noi


::e del Signore Gesù Cristo
= 4 che si è dato lui stesso per i peccati di noi
= per strappare noi al secolo presente malvagio
+ secondo la volOntà di DIO e PADRE di noi

* 5 AL QUALE la GLORIA nei secoli dei secoli. Amen!

Della misura di un segmento unimembro, i brani estremi (3a.5) si corrispondo-


no in maniera complementare: la «grazia» e la «pace» sono dei doni di Dio agli
uomini («a voi»), mentre «la gloria>> è resa dagli uomini a Dio («al quale>>). 2
Nel brano centrale, i segmenti estremi (3b.4c) sono paralleli e riguardano Dio,3
cosa che lascia al centro un segmento riservato all'opera redentrice del Signore
Gesù Cristo (3c-4b). Questo segmento è di tipo ABB': «peccati>> e «malvagio>>
appartengono allo stesso campo semantico. «Di noh> ricorre tre volte, alla fine
degli unimembri estremi e del membro centrale (3b.4a.4c); questo pronome di
prima persona plurale si distingue dal pronome di seconda persona plurale del
primo brano, «a voh> (3a), e dalla terza persona dell'ultimo brano, «al quale>> (5). 4
Come avviene spesso nei testi biblici, le estremità e il centro sono in relazione:
è infatti per l'azione di Cristo (sua passione, morte e resurrezione) che «grazia e
pace» sono conquistate agli uomini (3a) e che la «gloria» è resa a Dio (5).

2
La parola aion (che traduce l'ebraico '6liim) può essere resa sia con «mondo» (hii- '6liim ha-
zeh è «questo mondo», çJpposto a ha-'6/iim ha-bii', «il mondo che viene») sia con «secolo». La
traduzione adottata ha voluto rispettare l'identità delle tre ricorrenze della parola.
3
Molti manoscritti legano il pronome hymon (3b) non a «Padre» ma a «Signore»: «da parte di
Dio Padre e del Signore di noi Gesù Cristo». Dato il parallelismo con la fine del versetto 4, è
preferibile seguire NA21 , anche se la variante è ben attestata.
4
Dal punto di vista sintattico, non c'è dubbio che l'ultimo membro del brano centrale (4c) sia
un complemento della proposizione relativa di 4a seguita dalla finale di 4b. Sarebbe stato dunque
possibile ritenere che 4abc formasse un trimembro, nel qual caso 3bc sarebbe un bimembro. La
costruzione concentrica sembra tuttavia innegabile; malgrado la posizione simmetrica di 3b e 4c,
sembrerebbe artificioso fare di 4c un'apposizione a 3b, concernente perciò l'augurio di Ja. Questo
non esclude che la volontà di Dio sia che le comunità della Galazia ricevano «grazia e pace»: la
volontà di Dio è di strappare al peccato e al mondo malvagio (4ab; lato negativo) per donare grazia
e pace (Ja; lato positivo della medesima azione di salvezza).
18 La Lettera ai Galati

L'insieme del passo (1,1-5)

* 1 Paolo apostolo

-non da parte degli uomini


-e non per mezzo di un uomo
+ma per mezzo di GESÙ CRISTO
+e DIO PADRE
= che ha rialzato lui dai morti,

* 2 e quelli eonE tutti fratelli,

alle comunità della Galazia,

* 3 grazia AVOI e pace

da parte di Dio· PADRE DINO/

+ e del Signore GESÙ CRISTO


4
= che si è dato lui stesso per i peccati DI NOI
= al fine di strappare noi da questo secolo presente malvagio

::secondo la volontà di DIO PADRE DINO/

5
• al quale la gloria nei secoli dei secoli. Amen !

Con la parte centrale (2b) i primi membri delle parti estreme costituiscono il
nucleo dell'indirizzo: mittente, destinatario, saluto.
Le parti estreme si corrispondono. Le preposizioni con le quali cominciano i
brani centrali sono identiche (l b.3b), «da parte 'di» (apo ). La coppia «Dio Padre»
e «Gesù Cristm> si ritrova nelle due parti, ogni volta presentata come origine:
e dell'apostolato di Paolo (e della sua lettera), e della grazia e della pace. Le
azioni di Dio (lf) e di Gesù (4ab) sono complementari: Dio ha risuscitato colui
che ha dato se stesso; i termini fmali di questi membri sono tutti e tre negativi:
«morti>> (l f), «peccati» (4a) e «malvagio» (4b). Si noterà pure che la stessa pre-
posizione (ex; lett. «fuori da») si ritrova in 1f dove introduce «dai morti» e in 4b
dove introduce «dal secolo presente malvagio»; come Gesù è strappato alla
morte, così egli ci ha liberati da questo mondo malvagio.
Llindirizzo: 1,1-5 19

Mentre la prima ·parte termina con il pronome di prima persona singolare


(«me»), la terza parte comincia con il pronome di seconda persona plurale
(«voi»); al centro di quest'ultima parte tuttavia, il pronome di prima persona
plurale, «noi>>, ripetuto tre volte, include i due pronomi precedenti: così non sono
soltanto quelli con cui Paolo invia la lettera a essere suoi «fratelli>>, ma anche i
loro destinatari della Galazia.

CONTESTO BIBLICO
Un paragone con gli indirizzi delle altre lettere paoline permette di tracciare
meglio la specificità di quello di Galati.

Gioia o Grazia?
Il saluto abituale- come in At 23,26, ma anche in At 15,23 e nell'indirizzo
della Lettera di Giacomo (Gc 1,1) - si esprime con il verbo greco chairein,
all'infinito, che si traduce generalmente con «salve>>, ma che significa «ralle-
grarsi>>; all'imperativo, è la prima parola che l'angelo Gabriele rivolge a Maria
nell'Annunciazione (Le l ,28). In rapporto di paranomasia con chairein, charis
ha un senso assai differente: significa la «grazia>>, cosa che non è senza legame
con il seguito dell'epistola, in cui si tratterà di sapere se la salvezza si ottenga
con la pratica della Legge o se sia dono gratuito di Dio.

«Grazia a voi e pace..• »


Quest'augurio si ritrova nella maggior parte degli indirizzi delle lettere pao-
line;5 esso è per la maggior parte delle volte seguito dallo stesso complemento di
origine: «da parte di Dio nostro Padre e del Signore Gesù Cristo». 6 La Lettera ai
Galati è la sola che prosegue con tre membri che esprimono l'opera redentrice e
liberatrice di Gesù (l ,4abc).

Una dossologia finale


Ma non è tutto. Paolo aggiunge una dossologia (5), che non si trova in
nessun'altra sua lettera. Questa sostituisce in qualche modo la benedizione con
la quale, nelle altre lettere, inizia il corpo della lettera, immediatamente dopo
l'indirizzo. Cosi in Rm 1,8: «Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di
Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla nel mondo
intero .•. ». Nella Lettera ai Galati al contrario, il corpo della lettera inizia con un
rimprovero, che fino a oggi nel linguaggio ecclesiastico è detto miramur, dal
termine latino che traduce quello con cui inizia il corpo della lettera: «Mi
meraviglio che cosi in fretta abbandoniate Colui che vi ha chiamati con la grazia
di Cristo ... » (Gall,6).

5
Rrn 1,7; 1Cor 1,3; 2Cor 1,2; Ef 1,2; Fil 1,2; Coll,2; lTs 1,1 ; 2Ts 1,2; Fm 3. Tt 1,4 ha
semplicemente «grazia e pace)). Le due lettere a Timoteo hanno «grazia, misericordia, pace)).
Soltanto la l Ts ne è sprovvista.
20 La Lettera ai Galati

INTERPRETAZIONE

Tutti «fratelli»
È Paolo a scrivere ma egli non è solo; lo fa, in modo esplicito, in compagnia di
tutti quelli che definisce «fratelli» e in collaborazione con loro; non fa alcun nome,
come in altre lettere/ in modo che sia l'insieme della comunità a essere implicato,
senza distinzione possibile di origine, giudaica o pagana. Egli annuncia così ciò
che costituirà il cuore della sua lettera: «Tutti voi infatti siete figli di Dio [... ]Non
c'è giudeo né greco [... ] Tutti voi infatti siete uno solo in Cristo Gesù [... ]» (3,26-
29). Allo stesso modo, il triplice <<noi» dell'ultima parte incorpora non soltanto
l' «io>> di Paolo o il «noh> di tutti i fratelli che sono con lui, ma anche il «voi» dei
destinatari (3a): è questo un modo per integrarli tutti nell'unica comunità di quelli
per i quali Cristo Gesù <<ha dato se stessm> per salvarli dal male e dal peccato.

«Da parte di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo))


Ci si può domandare a cosa si ricolleghi esattamente la serie di espansioni che
costituiscono il brano centrale della prima parte: «non da parte degli uomini ... >>
(l b-f). Può qualificare il titolo di «apostolm> che la precede immediatamente:
l'Autore rivendicherebbe così di essere apostolo, inviato da parte di Gesù e del
Padre. In tutta la prima sezione della lettera infatti, Paolo racconterà con forza
come egli sia stato istituito «apostolm> direttamente da Dio e da Gesù Cristo, e non
dagli uomini, neanche dai primi apostoli. Si potrebbe tuttavia comprendere che
queste espansioni si riferiscano al mittente, a «Paolm>, e anche all'insieme che egli
costituisce con «tutti quelli che sono con luh>, 8 il che significherebbe che la lettera
è inviata «da parte>> di Gesù Cristo e di Dio Padre. Le due interpretazioni non si
escludono l'una con l'altra. È certo che con un tale indirizzo, cosi diverso da tutti
gli altri, l'Apostolo intende dare alla sua lettera un peso del tutto eccezionale.
Dalle prime righe i suoi lettori sono avvertiti dell'importanza di ciò che seguirà.
All'espansione su cui è focalizzata la prima parte, corrisponde un'altra espan-
sione, dello stesso tipo, nel cuore dell'ultima parte (3b-4c). È «da parte di Dio e di
Cristm> che Paolo augura «grazia e pace» ai destinatari della sua lettera, cosa che
lascia intendere che la lettera di Paolo, come anche la «grazia» e la «pace» che egli
intende procurare ai suoi destinatari, hanno la loro fonte non nell'uomo ma in Dio.
L'insistenza di questo secondo «da parte di» conferma che la sua lettera - che
certo è scritta da lui- nondimeno è ispirata da Gesù Cristo e da Dio Padre, che «da
parte loro» l 'hanno inviata ai Galati. La redazione e la spedizione della sua lettera,
come il dono della grazia e della pace, fanno parte integrante della sua missione di
apostolo, chiamato e inviato da Dio a portare alle nazioni la buona novella della
salvezza.

7
Per esempio in lCor 1,1 (Paolo e Sostene), in 2Cor 1,1 (Paolo e Timoteo), ecc.
8
<<Apostolm> sarebbe allora considerato come un semplice titolo, equivalente a «l'apostolo
Paolo».
PRIMA PARTE

E' il Vangelo di Cristo che ho annunciato

Sezione A

(Gal l ,6-2,21)
22 La Lettera ai Galati

La prima sezione (1,6-2,21) si sviluppa in cinque sequenze. Le prime due (Al


e A2) formano una sottosezione, e lo stesso le ultime due (A4 e A5). La
sequenza centrale (A3) articola le altre due sottosezioni.

A1 Paolo rimprovera ai Galati di seguire un vangelo che viene dagli uomini 1,6-10

A2 Paolo fa sapere ai suoi fratelli che il suo Vangelo viene da Dio 1,11-17

A3 Sconosciuto alle Chiese della Giudea, Paolo conosce Cefa 1,18-24

A4 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere dagli apostoli la verità del suo Vangelo 2,1-1 O

A5 Ad Antiochia Paolo difende contro Cefa la verità del Vangelo 2,11-21


2
Paolo rimprovera ai Galati
di seguire un Vangelo che viene dagli uomini

Sequenza Al: Gal l ,6-1 O

In questa breve sequenza di cinque versetti soltanto, dopo aver rimproverato


ai suoi corrispondenti la loro infedeltà al vero Vangelo (6-7), Paolo afferma la
sua determinazione a rimanere servo di Cristo (l 0). Al centro (8-9) un doppio
anatema che concerne ipoteticamente lui stesso, prima di riguardare quelli che
turbano i Galati.

Voi vi siete lasciati deviare dal Vangelo di Cristo 1,6-7

Chiunque deviasse dal Vangelo ricevuto e trasmesso, sia anatema! 8-9

Non mi lascerò deviare dal servizio di Cristo 10


24 Paolo rimprovera ai Galati di seguire un V angelo che viene dagli uomini

COMPOSIZIONE

+ 6 Mi meraviglio
- che così in fretta voi disertiate
: da COLUl·CHE·VI·HA·CHIAMATI nella grazia [di CRISTO]
verso UN VANGELO DIFFERENTE,

7
il quale non è UN ALTRO,
: se non che vi sono ALCUNI che vi turbano
+ e che vogliono
-deviare IL VANGELO di CRISTO.

= 8 Anche se NOI o UN ANGELO DAL CIELO [vi] ANNUNCIASSE-UN-VANGELO


• CONTRARIO A quello che noi vi ABBIAMO ANNUNCIATO,
sia ar1atema!
9
: Come già VI ABBIAMO DETIO,
:anche ora di nuovo IO DICO:

sa QUALQUNO vi ANNUNCIA-UN-VANGELO
CONTRARIO A quello che voi AVETE RICEVUTO,
sia ar1atema!

10
Ora infatti, (sono) DEGU UOMINI (che voglio) PERSUADERE
. oppure (sarebbe) DIO?
=O allora cerco
=di PIACERE a DEGLI UOMINI?
:: Se (fosse) ancora a DEGLI UOMINI (che volessi) PIACERE,
. di CRISTO non sarei più il servo.

Nella prima parte, «disertare» e «deviare>> (6b.7d), che in greco comportano lo


stesso prefisso meta-, esprimono tutti e due una deviazione. <<Alcuni che vi turba-
no» (7b) si oppongono a «Colui che vi ha chiamati» (6b). «Differente» (heteron) e
<<Un altro» (allo) sono praticamente sinonimi. 1
Nella seconda parte, la prima condizionale è una irreale (8a), l'altra è reale (9c).
«Abbiamo annunciato» e «voi avete ricevuto» (8b.9d) sono complementari. Al
centro (9ab) i verbi sono prima al passato poi al presente. 2
La prima domanda dell'ultima parte (lOab) è una «croce esegetica» sulla
quale perciò bisogna fermarsi. Tutto dipende dal senso dato al verbo peithO.

1
Vedi 2Cor 11,4, qui sopra p. 28.
2
Il momento di quest'avvertimento non è precisato. Non sembra che questo passato rinvii al
versetto 7, poiché Paolo non avrebbe utilizzato dopo l'avverbio «ora». Si tratta probabilmente·del
tempo della sua seconda visita ai Galati, in ogni caso un tempo in cui la minaccia dei suoi avver-
sari si faceva già sentire.
Sequenza A l: Ga l ,6-1 O 25

O infatti si traduce peitho + accusativo della persona con «convincere» (come in


2Cor 5,11; At 13,43; 18,4; 19,8); oppure, in senso peggiorativo, con «guada-
gnare>>, «acquistarsh>, «rendersi favorevole>> (come in At 12,20; 14,19). Se ne fa
allora praticamente un sinonimo di aresko («piacere>> in lOc.lOd). Betz vede in
questi due verbi i due aspetti della definizione della retorica classica che consiste
nel piacere e nel persuadere; la risposta ai due termini dell'alternativa sarebbe
una vigorosa denegazione, giacché Paolo non vorrebbe né piacere né persuadere,
e ancor meno degli uomini persuadere Dio. 3 André Feuillet4 pensa che «per-
suadere gli uominh> descriva l'attività ordinaria dell'evangelizzazione e che
l'accento poggi sulla seconda parte della domanda: non si tratta per Paolo
evidentemente di voler «persuadere DiQ)), ovvero pretendere di volergli far
cambiare idea per portarlo ad accettare le proprie posizioni. I due verbi sono
complementari: «piacere» è andare nella direzione di colui che mi ascolta,
«persuadere» è voler/o portare ad andare nella mia direzione.
Il segmento centrale articola gli altri due: da una parte, questa seconda
domanda si oppone alla precedente, come segnalato dalla congiunzione «D>> con
cui questa comincia, giacché «piacere a degli uominh> è il contrario di «persua-
dere degli uomini>>; dall'altra parte, la domanda troverà la sua risposta nel
segmento successivo che riprende lo stesso «piacere a degli uomini».
Le parti estreme si corrispondono in modo complementare: nella prima, Paolo
inveisce contro quelli che sono infedeli al Vangelo, nell'ultima si difende
dall'esserlo egli stesso. La stessa alternanza tra «Dio» e «Cristo» (l Ob.l Of), che
segna l 'ultima parte, si ritrova nella prima con «Colui che vi ha chiamati» e
«Cristo» (6c.7d). «Non essere più il servo di Cristo» (lOf) è l'equivalente di
<<disertare» Dio (6b); «deviare il Vangelo di Cristo» (7d) è voler «persuadere
Dio» (lOab).
Il doppio anatema centrale rinvia alle parti che lo incorniciano in maniera
incrociata: il primo (8) infatti, in cui Paolo invoca la maledizione divina su se
stesso nel caso in cui annunciasse un altro Vangelo, corrisponde all'ultima parte,
in cui Paolo si difende dal farlo. 5 Il secondo anatema (9cde) è invece diretto
contro colui («qualcuno», tis) che se ne renderebbe effettivamente colpevole,
come quelli («alcuni», tines) chiamati in causa nella prima parte (7b). 6 Nella
formula d'insistenza al centro della parte centrale (9ab), e quindi di tutta la
sequenza, Paolo esprime la sua costanza, in opposizione alla versatilità dei suoi
destinatari.

3
Betz, 54-55.
4
A. FEUILLET, «"Chercher à persuader Dieu" (Ga l,lOa)».
5
La prima persona plurale di 8b annuncia la prima persona singolare che segna tutta l'ultima
parte.
6
La seconda persona plurale di 9cd richiama quella della prima parte.
26 Paolo rimprovera ai Galati di seguire un Vangelo che viene dagli uomini

CONTESTO BIBLICO

Contro i falsi profeti


In 2Ts 2,2 Paolo mette in guardia i suoi corrispondenti da discorsi che non
provengono da lui ~ che annunciano cose differenti da quelle che ha insegnato
loro. In 2Cor l O, 12-18, egli si vede obbligato a «vantarsi» contro i «falsi apostoli
[... ] che si travestono da apostoli di Cristm> (11,13); i termini che utilizza in 2Cor
11,3-5 sono molto vicini a quelli di Gal1,6-9:
3
Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pen-
sieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di
Cristo. 4 Infatti, se il primo venuto vi predica un Gesù diverso (allon) da quello che vi
abbiamo predicato noi (Gal 1,8b), o se ricevete uno spirito diverso (heteron) da
quello che avete ricevuto (Gall,9c), o un altro vangelo (heteron) che non avete anco-
ra sentito (Gal1,6c), voi siete ben disposti ad accettarlo. 5 Ora, io ritengo di non essere
in nulla inferiore a questi superapostoli!

L'attacco contro i falsi profeti è un tema ricorrente nella storia e negli scritti
profetici. Il falso profeta è colui che annuncia ciò che piace agli uomini.
Così in IRe 22,1-38 (= 2Cr 18), al re d'Israele Acab che vuole strappare
Ramot di Galaad dalle mani del re di Aram, i quattrocento profeti consultati
predicono che il Signore gli consegnerà la città. Su consiglio di Giòsafat re di
Giuda, Acab consulta in seguito Michea figlio di Yimla, sebbene lo detesti
perché non profetizza mai il bene a suo riguardo, ma soltanto il male (l Re 22,8.
18). Acab non Io ascolterà e, nonostante lo stratagemma del suo travestimento -
della sua menzogna - sarà ucciso nella lotta.
Oltre a Os 4,5, Mi 3,5-8.11 ed Ez 13, è soprattutto nel libro di Geremia che si
·trova la maggior parte dei conflitti con i falsi profeti: in 14,13-16, Geremia si
lamenta con Dio che i falsi profeti annunciano la pace (13), ma il Signore gli
risponde che essi periranno insieme a quelli che li ascoltano (14-16); al capitolo
27, Geremia predice che Giuda, come tutti i suoi vicini, dovranno sottomettersi
al giogo di Nabucodonosor re di Babilonia e mette in guardia contro i profeti che
affermano il contrario (9-19.14-15; vedi anche 16-18); lo stesso succede al capi-
tolo 28 durante il confronto con il profeta Anania. Uno dei tratti comuni a questi
testi (anche Ger 23,9-40) è che i falsi profeti annunciano sempre la pace e la
felicità, vale a dire ciò che va nella direzione dei desideri umani (vedi anche Ger
23, 17): essi cercano di piacere agli uomini e non sono più i servi di Dio
(Gall,lO).

L'anatema
Questo termine tecnico significa: promesso alla collera distruttrice di Dio, o
messo a parte per essere sacrificato totalmente al Signore (Dt 27,15-26; 29,19-
27; Gs 6,17-7,26). La traduzione con «maledetto» rende il senso ma lo attenua
un po' troppo.
SequenzaAl: Ga 1,6-10 27

Secondo Dt 13,2-6, il falso profeta «dovrà morire)); parimenti il parente che


induce a servire altri dèi (7-12); la città che fa lo stesso deve subire «l'anatema)),
vale a dire essere distrutta con tutti i suoi abitanti (13~19).
Sebbene il termine «anatema)) non sia pronunciato nei testi profetici citati nel
paragrafo precedente («Contro i falsi profeth) ), ciò non toglie che i falsi profeti
siano votati alla morte. Così in Ger 28:
15
Allora il profeta Geremia disse al profeta Anania: «Ascolta, Anania! Il Signore non
ti ha mandato e tu induci questo popolo a confidare nella menzogna; 16 perciò dice il
Signore: Ecco, ti faccio sparire dalla faccia della terra; quest'anno tu morirai, perché
hai predicato la ribellione al Signore>>. 17 In quello stesso anno, nel settimo mese, il
profeta Anania mori

L'idolatria
Accade che i falsi profeti siano accusati di allontanarsi dal Signore per servire
altri dèi (come in Dt 13,2-6). «Essi credono, con i sogni che si raccontano l'un
l'altro, di far dimenticare il mio Nome al mio popolo: come i loro padri hanno
dimenticato il mio Nome per Baah> (Ger 23,27; vedi anche Ger 23,13).
Paolo va ancora più in là, paragonando li a Satana:
13
Questi tali sono falsi apostoli, lavoratori fraudolenti, che si mascherano da apostoli
di Cristo. 14 Ciò non fa meraviglia, perché anche Satana si maschera da angelo di luce.
15
Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di
giustizia (2Cor 11, 13-15).

INTERPRETAZIONE

Servi di Dio
È servo di Dio chi gli obbedisce. Cerca al contrario di diventarne padrone chi
prova a imporgli i suoi punti di vista umani, chi intende «persuaderlo)) a sotto-
mettersi ai suoi propri pensieri. Paolo era riuscito a persuadere i Galati della
verità del Vangelo di Cristo che aveva loro annunciato (8b). Così tutti si erano
manifestati servitori di Cristo (lOf), tanto chi aveva annunciato il Vangelo (8b)
quanto quelli che lo avevano ricevuto (9d). Attaccandosi al «Vangelo di Cristo))
(7d), avevano seguito le vie di Dio, di «Colui che li aveva chiamati)) (6c). Ave-
vano riconosciuto che in realtà, tramite l'apostolo, era Dio stesso che li aveva
chiamati nella grazia di Cristo (6c). Paolo non aveva cercato di piacere a loro
quando gli aveva annunciato il Vangelo, giacché era stato necessario distoglierli
così dalle loro credenze antiche, da tutto ciò che fino a quel momento li aveva
sedotti. Anche ora non cerca di piacere a loro (l Ocd), nella misura in cui non
esita a contrastare il loro desiderio di cambiare via (6). Non si farà loro servo
adottando il loro punto di vista, ma, restando fedele all'unico vero Vangelo, egli
manifesta di rimanere il servitore dell'unico Cristo. Così li invita a imitarlo
e ad allontanarsi da quelli che vogliono fargli disertare il loro unico maestro,
Cristo Gesù.
28 Paolo rimprovera ai Galati di seguire Wl Vangelo che viene dagli uomini

I falsi profeti
Non si sa ancora nulla del contenuto del vangelo che predicano quelli che
Paolo attacca, se non che esso è diverso dal Vangelo di Cristo che lui stesso
aveva annunciato (6d). Ciò che si può in compenso riscontrare è che Paolo non
li presenta come suoi avversari - come si dice troppo spesso - ma come
aVversari di Dio stesso. Volendo assecondare le inclinazioni naturali dei Galati,
volendo «piacergli», quelli intendono «persuadere» Dio, come per obbligarlo ad
andare nella loro direzione: Paolo infatti, con le domande che pone sulla sua
condotta presente (l Oa-d) e a cui i suoi corrispondenti saranno ben obbligati a
rispondere negativamente, dipinge in realtà il comportamento di quelli che
manifestano la loro compiaceriza verso gli uomini (lOcd) e la loro arroganza nei
confronti di Dio (lOb). Deviando il Vangelo di Cristo (7d), è Dio stesso che essi
inducono a disertare (6). Hanno un bel cercare di travestirsi da «angeli di luce»,
da «angeli del cielo>> (8a); se non sono veri «servi di Cristm> (lOf), devono
essere smascherati.

Questione di vita o di morte


L'anatema è una distruzione totale, una condanna a morte del colpevole: «Tu
farai sparire il male di mezzo a te» (Dt 13,6). Il Vangelo al contrario è la buona
notizia della vita eterna. Il doppio anatema sul quale Paolo focalizza il suo
attacco (8-9) è una minaccia che riguarda Paolo stesso, prima di essere applicata
ai fautori del turbamento che egli ha appena denunciato. Non si potrebbe
esprimere più chiaramente che si tratta di una questione di vita o di morte. Non
solamente per quelli che deviano il Vangelo di Cristo (7cd), ma anche, in
maniera indiretta, per quelli che seguiranno i loro insegnamenti, quelli che
«disertano» l'autore de «la grazia» (6abc).
3
Paolo fa sapere ai suoi fratelli
che il suo Vangelo viene da Dio

Sequenza A2: Gall,ll-17

In questa breve sequenza Paolo rammenta ai suoi destinatari delle chiese della
Galazia che la rivelazione del Vangelo che egli ha ricevuto non viene dagli
uomini (11-12), nemmeno da quelli che erano apostoli prima di lui (15-17), ma
soltanto da Dio; ne è prova il fatto che prima di diventare discepolo di Cristo, da
vero fedele del giudaismo, egli perseguitava la sua Chiesa.

È da Gesù Cristo e non dagli uomini


che ho ricevuto la rivelazione del Vangelo 1,11-12

Prima di ciò, fedele del Giudaismo,


perseguitavo la Chiesa di Dio 13-14

È la rivelazione di Dio e non degli apostoli


che mi permette di annunciare il Vangelo 15-17
30 Paolo fa sapere ai suoi fratelli che il suo Vangelo viene da Dio

COMPOSIZIONE

+ 11 lo FACCIO-SAPERE a voi, FRATELLI,


:il Vangelo che È STATO ANNUNCIATO da me,
-che non è SECONDO UN UOMO,
12
e non infatti io
- DA UN UOMO L'HO RICEVUTO
: né ne SONO STATO ISTRUITO,
+ ma da una RIVELAZIONE di GESÙ CRISTO.

+ 13 Avete appreso infatti la mia condotta di un tempo NEL GIUDAISMO,


. che a oltranza perseguitavo LA CHIESA DI DIO
.e distruggevo LEI.

+ 14 E avanzavo NEL GIUDAISMO,


. più di molti dei coetanei DELLA MIA RAZZA,
. essendo molto più zelante per LE TRADIZIONI DEl MIEI PADRI.

15
= Ma quando è piaciuto a [Dio]
: lui che mi ha messo a parte dal seno di mia madre
: e che mi ha chiamato CON LA SUA GRAZIA
16
- di RIVELARE SUO FIGLIO in me
- affinché ANNUNCI lui ALLE NAZIONI,

subito,
non consultai LA CARNE E IL SANGUE
17
: e non salìi a Gerusalemme da quelli (che furono) apostoli prima di me,

-ma partii IN ARABIA


-e di nuovo tornai ADAMASCO.

Nella prima parte' l'ultimo membro del primo segmento e il primo del secon-
do segmento si corrispondono a specchio («non è l secondo un uomo Il non da
un uomo l l'ho ricevutm>)? Nei membri centrali i due passivi sono complemen-
tari. Nei membri estremi infine «faccio-sapere>> corrisponde a «rivelazione»;
d'altra parte «voi, fratelli» e «Gesù Cristm> segnano le due estremità della catena
di trasmissione.
1
I manoscritti si dividono alla pari tra quelli che hanno all'inizio di 11 la congiunzione gare
quelli che hanno de. Quest'ultima congiunzione si accorda meglio con l'inizio di una sequenza.
J.L. White («lntroductory Formulae in the Body of the Pauline Letten)) riconosce qui una «for-
mula di apertura)), analoga a quella di Rm 1,13; lTs 2,1; Fm 15; 2Cor 1,8. Come in molti altri casi
dello stesso genere, è sembrato inutile tradurre questo de.
2
Le preposizioni kata («secondo))) e para («da)), «tramite))) sono da distinguere. «Secondo un
uomo)) significa «di tipo umano)): Paolo sembra rispondere all'obiezione che il suo Vangelo sia
un'invenzione umana. «Da un uomo)) indica il mezzo di trasmissione (e. non l'origine ultima, cosa
che esprimerebbe la preposizione apo, come in l, l).
Sequenza A2: Ga l, 11-17 31

Nella seconda parte i due segmenti si oppongono in modo complementare:


è nel perseguitare la Chiesa (13bc) che Paolo si dimostra zelante per le sue
tradizioni ( 14bc). I sintagmi «la Chiesa di DiO)) e «le tradizioni dei miei padrb)
(lett. «le mie tradizioni paterne))) sonò opposti.
La terza parte comprende un'unica frase. I suoi due brani sono paralleli:
«subitm) (16c) corrisponde a «quandm) (15a), «la carne e il sangue)) (16d) si
oppone a «sua grazia)) (15c); come pure «a Gerusalemme da quelli (che furono)
apostoli prima di me)) (17a) si oppone a «dal seno di.mia madre)) (15b), nella
misura in cui l'origine della vocazione di Paolo è presentata come anteriore a
quella stessa degli apostoli; «alle nazionh) (16b) corrisponde a «in Arabia)? e «a
Damascm) (17bc), opposti a «a Gerusalemme)) (17a).
I due membri di 16ab alla fine del primo brano dell'ultima parte corrispon-
dono alle estremità della prima parte: «rivelare suo Figlim) rinvia a «rivelazione
di Gesù Cristm)4 (12c). Lo stesso verbo «annunciare)) (lett. «evangelizzare))) è
utilizzato in 11 b e 16b; il che suggerisce una relazione di equivalenza tra gli
oggetti dell'annuncio, «il Vangelm) nel primo caso, il «FigliO)) di Dio («luh)) nel
secondo caso. Si può anche notare una relazione fra i destinatari dell'annuncio,
i «fratellh) Galati all'inizio (l la), e «le nazionh) in 16b, di cui i Galati fanno
parte. «La carne e il sangue)) (16d) e le due occorrenze di «un uomm) (llc.l2a)
sono sinonimi. 5
Nella parte centrale l'opposizione tra «la Chiesa di Dim) e «le tradizioni dei
miei padri)) riprende quella delle altre due parti tra la trasmissione umana e la
rivelazione divina, ma rovesciandole. D'altro canto «mia razza)) (14b) si oppone
non soltanto a «la Chiesa di DiO)) ma anche alle «nazionh) (16b), di cui fanno
parte i «fratelli)) Galati ai quali l'Apostolo si rivolge (11 a). «Fratelli)) (11 a),
«padrh) (14c), «madre)) (15b) 6 e «Figlim) (16a) fanno parte infine del campo
semantico della parentela.

CONTESTO BIBLICO

Racconti di vocazione
In 15-16 Paolo riprende delle espressioni simili a quelle del racconto della
vocazione di Geremia: «Prima di formarti nel grembo, ti ho conosciuto, prima
che tu uscissi dal seno, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni))
(Ger 1,5).
3
Si tratta dell'odierna Giordania, a est del Giordano.
4
L'espressione è ambigua: può trattarsi infatti di un genitivo oggettivo («Gesù Cristo)) è
l'oggetto della rivelazìonè) o di un genitivo soggettivo (è «Gesù Cristo)) che è l'autore della
rivelazione). Data l'opposizione tra «ricevuto da un uomo)) e (<fivelazione di Gesù Cristo)), sembra
che debba essere mantenuta la seconda soluzione, anche se nell'ultima parte è Dio l'autore della
rivelazione di suo Figlio.
5
L'espressione <da carne e il sangue)) è un modo abituale di designare ((un uomo)) (Sir 14,18;
17,31; Mt 16,17; Ef6,12).
6
È possibile attribuire a queste due parole il ruolo di termini medi fra la seconda e la terza
parte.
32 Paolo fa sapere ai suoi fratelli che il suo Vangelo viene da Dio

Lo stesso in Isaia:
1
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno
mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. [ ... ] 5 Ora
ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per essere, per
ricondurre a lui Giacobbe, e a lui riunire Israele[ ... ]. 6 E ha detto: «E troppo poco che
tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele.
lo ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino ali' estremità della
terra» (ls 49, 1.5-6).

Due temi sono comuni a questi racconti: da una parte il fatto che il disegno di
Dio risalga a prima ancora della nascita (vedi anche Sal 71,5-6); dall'altra, la
missione del profeta riguarda non soltanto Israele ma anche le nazioni.

La difesa di Amos
Mentre il racconto della vocazione di Geremia è situato all'inizio della sua
raccolta, il profeta di Tekòa non racconta la sua chiamata se non quando si trova
contrapposto al sacerdote Amasia che vuole cacciarlo da Betel (Am 7,10-17). 7
Ad Amasia che gli intima di andare a guadagnare il proprio pane profetizzando
nel paese di Giuda, Amos ribatte: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un
mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò men-
tre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va', profetizza al mio popolo Israele»
(Am 7,14-16).

La via di Damasco
Gli Atti degli Apostoli riportano tre versioni della vocazione di Saulo. In At
9,1-19 è il narratore che racconta come l'accanito persecutore dei discepoli di
Cristo 8 venga completamente rovesciato dal Signore; appena battezzato da Ana-
nia tre giorni dopo il suo arrivo a Damasco, «e subito nelle sinagoghe annuncia-
va che Gesù è il Figlio di Dim) (9,20). Il secondo racconto è fatto da Paolo stesso
nel suo discorso ai giudei che stanno per arrestarlo (At 22,1-16); ugualmente il
terzo, quando lui compare davanti al re Agrippa (At 26,1-23). Così Paolo riporta
il racconto della sua vocazione quando è attaccato e deve non soltanto difendere
se stesso ma soprattutto giustificare il suo apostolato.

7
Vedi p, BOVATI-R. MEYNET, l/libro del profeta Amos, 323-337.
8
La prima volta che viene nominato, in At 7,58, è al momento della lapidazione di Stefano:
«l testimoni avevano deposto i loro mantelli ai piedi di un giovane chiamato Saulo»; io 8,1, egli è
detto «approvare questa uccisione» e al versetto 3 dello stesso capitolo è precisato: «Quanto a
Saulo, egli cercava di distruggere la Chiesa; andando di casa in casa, prendeva uomini e donne e li
gettava in prigione».
Sequenza A2: Ga l, 11-17 33

INTERPRETAZIONE

Il persecutore della Chiesa


Se Paolo afferma forte e chiaro di essere stato uno dei sostenitori più zelanti
delle tradizioni del giudaismo (14), evidentemente non è per vantarsene; quando
rammenta di essere stato un feroce persecutore della Chiesa di Dio (13), non c'è
niente nelle sue parole che somigli in alcun modo a una confessione dei peccati.
L'obiezione di Geremia- «Ecco, io non so parlare, perché sono giovane»- ha la
funzione di dimostrare che la sua vocazione non è il frutto di qualità personali o
di una qualsiasi preparazione umana; e la risposta del Signore, che gli mette le
proprie parole sulla bocca, dice in modo complementare che la vocazione
profetica non è dovuta che all'iniziativa e alla potenza di Dio. Allo stesso modo,
quando Amos parla davanti ad Amasia della sua professione di mandriano e di
coltivatore di sicomori, è per sottolineare che la sua vocazione e la sua missione
non vengono da lui stesso, ma soltanto da Colui che l'ha preso, come Davide, da
dietro il bestiame; aggiungere che egli non era né profeta né figlio di profeta
significa affermare che la sua predicazione non deve nulla a un uomo e non è il
frutto di un insegnamento, ma di una rivelazione divina. La vocazione di Paolo è
ancora più impensata, giacché non solo egli era totalmente estraneo alla fede in
Cristo ma ne era diventato il più ardente avversario. Il ricordo del suo passato di
zelatore del giudaismo e di persecutore accanito della Chiesa non ha altta
funzione che manifestare con maggiore chiarezza e forza che la sua vocazione
non potrebbe provenire se non da Dio.

La rivelazione di Dio
Non era certamente la scienza che era mancata a Paolo. Il suo zelo per le
tradizioni dei suoi padri era illuminato da uno studio assiduo del giudaismo nel
quale egli eccelleva ( 14). Da buon persecutore della nuova dottrina, gli era stato
sicuramente necessario conoscerla molto da vicino, per poterla combattere e
respingerla più efficacemente (13). Ora, niente di ciò che aveva sentito, dalla
bocca stessa di quelli che perseguitava, aveva avuto presa sulla sua intelligenza e
sulla sua fede. La sua conversione improvvisa, lo sconvolgimento radicale di
tutto quello che aveva creduto fino a quel momento non sarebbe potuto essere
perciò il frutto di qualche influenza umana (12a). Era stato necessario niente
meno che un intervento divino diretto (12b) gli mostrasse in maniera abbagliante
che questo Gesù era proprio il Messia, che lui con tutto il suo popolo stava atten-
dendo, che era il Figlio di Dio e che era stato inviato per la salvezza di tutte le
genti (15-16b). A cose fatte Paolo si vede dunque come obbligato a riconoscere
che, attraverso tutte le vicissitudini della sua vita e dei suoi impegni, era il
Signore che conduceva gli avvenimenti, e che perfino il fatto alquanto sorpren-
dente della sua vocazione non poteva che rientrare in un disegno di Dio che lo
sorpassava da ogni parte, ancor prima della sua stessa nascita.
34 Paolo fa sapete ai suoi fratelli che il suo Vangelo viene da Dio

L'apostolo delle nazioni


Come dunque Paolo, dopo essere stato capovolto in questo modo proprio da
Dio (15), avrebbe avuto bisogno di un insegnamento umano (11)? Gli stessi
apostoli di Gerusalemme non avrebbero potùto trasmettergli niente di più di
quello che il Signore in persona gli aveva rivelato ( 16c-17). Se è vero che questi
sono stati chiamati da Gesù e che sono stati istituiti apostoli prima di lui (17b), le
radici della vocazione di Paolo sono anteriori alle loro, giacché lui è stato messo
a parte «dal seno di sua madre» (15a). Se è vero che il Vangelo annunciato da
Paolo proviene non da un uomo (11} ma da Dio in persona (12b), ciò significa
per i Galati che, tramite Paolo, anche loro l'hanno ricevuto da una rivelazione
dall'alto. Come quelli che Paolo ha evangelizzato in Arabia e a Damasco, essi
non hanno bisogno di un'altra rivelazione se non di quella di Dio, così come
Paologliel' ha trasmessa.
4
Sconosciuto alle Chiese della Giudea,
Paolo incontra Cefa

Sequenza A3: Gal1,18-24

Nella prima parte Paolo riferisce il suo primo incontro con Cefa e Giacomo a
Gerusalemme; nell'ultima riporta l'effetto positivo di questa visita sulle comu-
nità della Giudea. Al centro una sorta di giuramento, che può sorprendere.

A Gerusalemme Paolo incontra Cefa e Giacomo 1,18-19

Paolo giura che dice la verità 20

Le Chiese della Giudea lodano Dio a motivo di Paolo 21-24


36 Sconosciuto alle Chiese di çJiudea, Paolo incontra Cefa

COMPOSIZIONE

+ 18 POI, dopo tre anni, SALÌ! A GERUSALEMME


per CONOSCERE Cefa
:e restai presso di lui quindici giorni;
19
- un altro degli apostoli NON VIDI
- ma solo Giacomo il fratello del SIGNORE.

2
°Ciò che scrivo a voi,
ecco davanti a DIO
che non mento.

+ 21 POI ANDAI NELLE REGIONI DELLA SiRIA E DELLA CiLICIA.

22
- ERO SCONOSOUTO di volto
- per le chiese della Giudea in CRISTO;
23
: solamente ERANO ASCOLTANTI che
«il perseguitante nm un tempo,
ora annuncia la fede
. che un tempo cercava di distruggere»;
24
: e glorificavano a mio riguardo DIO.

All'inizio della prima parte «quindici giorni» (18c) mostra la brevità del
soggiorno a Gerusalemme rispetto ai «tre anni» (18a) che l'hanno preceduto. In
18b e 19b i nomi delle due sole persone che Paolo incontrò a Gerusalemme. 1
Negli ultimi due brani della terza parte «ero sconosciuto di volta>) (22a) si
oppone a «erano ascoltanti)) (23a). 2
La parte centrale è il solo posto in cui è utilizzato il pronome di seconda
persona plurale («voh)) cosi come il presente.
«Gerusalemme)) e «le regioni della Siria e della Cilicia)) sono complementari:
dal punto centrale delle chiese giudeo-cristiane, Paolo riparte verso le comunità
etnico-cristiane. Dei limiti analoghi caratterizzano i rapporti di Paolo con le

1
Per quel che riguarda Giacomo, se si traducesse ei mé all'inizio di 19b con «se non», ciò
lascerebbe intendere che «Giacomo» è uno degli apostoli; ora ~<Giacomo il fratello del Signore>>
non è nel numero dei Dodici come sono il fratello di Giovanni (detto «Giacomo il maggiore») e il
figlio di Alfèo (detto «Giacomo il minore»; vedi At 1,13; in At 12,2 Erode fa mettere a morte di
spada il fratello di Giovanni). È questo parente di Gesù che svolge un ruolo importante nella
comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme (in At 12,'17 questo Giacomo è informato della
liberazione di Pietro che Erode voleva uccidere proprio dopo l'esecuzione di Giacomo fratello di
Giovanni: 12,3; vedi anche At 15,13; 21,18).
2
Tanto più che i due sintagmi verbali sono ugualmente delle costruzioni perifrastiche
(«essere»+ participio).
Sequenza A3: Gall,l8-24 37

autorità (18-19: egli resta «quindici giorni» soltanto e vede solo Cefa e
Giacomo) e con le comunità in generale (22-23: egli è «sconosciuto di volto» e
queste lo conoscono solo per sentito dire). Mentre ali 'inizio Paolo resta estrema-
mente discreto sui suoi scambi con Cèfa,3 il passo sfocia al contrario- come se
avesse voluto mantenere la suspense fino alla fine- sulla lode di Dio per l'opera
realizzata tramite l'apostolo delle nazioni.

iNTERPRETAZIONE

Paolo, Cefa e Giacomo


A Gerusalemme, dove egli sale finalmente, dopo aver atteso tre anni in segui-
to alla sua conversione, Paolo non resta che due settimane e non vi incontra che
due persone. Ma coloro ai quali fa visita non sono personaggi minori. È Cefa, la
«pietra» sulla quale Gesù aveva fondato la sua Chiesa, e Giacomo il «fratello»
proprio di Gesù: il vescovo di Gerusalemme e il garante della comunione uni-
versale, quello che è uno dei parenti più stretti di Gesù secondo la carne e quello
che presiede l'assemblea di tutti i discepoli. Paolo non riporta niente di quello
che si sono detti. Secondo quanto ha appena affermato nella sequenza prece-
dente, è chiaro che non aveva bisogno di informarsi né sulla vita di Gesù né sul
suo insegnamento. Se durante gli ultimi due anni egli aveva annunciato la fede
senza prima consultarli, non si vede perché dovrebbe farlo adesso. Oltre al fatto
che, da buon persecutore, egli doveva conoscere tutto di quanto era avvenuto e
del contenuto della nuova dottrina, la rivelazione diretta a cui si è appena appel-
lato lo dispensa dal far ricorso agli uomini, fossero pure apostoli o parenti del
Signore. Detto questo, come non immaginare che con Cefa e con Giacomo non
abbiano parlato tra loro - come i due discepoli sul cammino da Emmaus a
Gerusalemme - di Colui nel quale tutti e tre avevano riposto la loro fede e che
essi annunciavano?

Paolo e le chiese della Giudea


Se Paolo resta discreto sul contenuto dei suoi colloqui con Pietro e Giacomo,
in compenso egli è abbastanza esplicito sulla risonanza che la sua conversione e
la sua attività apostolica hanno avuto sulle chiese della Giudea - di cui Cefa e
Giacomo fanno parte-: esse ne rendono gloria a Dio (24). Forse ne sono state
informate da Cefa e da Giacomo dopo il loro incontro con Paolo? Quest'ultimo

3
Il verbo historeo + accusativo della persona (solo in questo modo è impiegato nel Nuovo
Testamento) può significare sia «informarsi presso qualcunO)) sia «informare qualcunO)). Dato che
non c'è qui un secondo accusativo di cosa di cui ci si informa o che informa, non è possibi~e
determinare l'accezione precisa del verbo. <<Fare visita aH (BJ) è troppo neutro ed elimina in
pratica il senso del racconto; «fare la conoscenza db) (Osty, TOB) sembra implicare soltanto che è
Paolo che si è informato presso Cefa; «fare conoscenza com> rispetta probabihnente meglio
l'ambiguità del verbo e rende meglio la reciprocità degli scambi d'informazione tra i· due apostoli,
infonnazioni che sembrano di conseguenza fondarsi sull'evangelizzazione e i suoi progressi
piuttosto che sulla vita e sull'insegnamento di Gesù.
38 Sconosciuto alle Chiese di Giudea, Paolo incop.tra Cefa

non si preoccupa di specificarlo esplicitamente, ma il modo in cui organizza il


suo racconto lo lascia intendere. Si tratta comunque della sola informazione sul
contenuto di questo primo colloquio che egli ritiene utile segnalare e che mette
in evidenza nella conclusione, come per alzare infme la suspense. Paolo è
tornato tra le nazioni; ma ciò che resta del suo passaggio è la gioia dei giudeo-
cristiani della Giudea per quello che il Signore ha fatto per lui e per quello che
Egli ha compiuto per suo tramite.

Paolo e Dio
Il rovesciamento completo che i suoi interlocutori di Gerusalemme, e di con-
seguenza l'insieme delle comunità della Giudea, hanno potuto costatare in colui
che conoscevano come uno dei loro persecutori più accaniti, viene interpretato
come un'azione divina. Questo è ancora un altro mo<;lo per Paolo di dimostrare
ai suoi corrispondenti della Galazia che è proprio il Signore in persona che
accredita il suo Vangelo. Quanto all'affermazione solenne su cui è focalizzata la
sequenza (20), tale dichiarazione di veracità pronunciata «davanti a Dio)) diffi-
cilmente si potrebbe considerare applicabile solo al versetto precedente; come se
soltanto il fatto che Paolo riferisca di non aver incontrato nessun altro oltre a
Giacomo e Pietro potesse creare difficoltà per i destinatari della sua lettera. Posta
in pieno centro, questa sorta di giuramento si applica all'insieme del passo e
- come si vedrà più avanti -riguarda la totalità della testimonianza di Paolo.
5
A Gerusalemme Paolo fa riconoscere agli apostoli
la verità del suo Vangelo

Sequenza A4: Gal2,1-10

Il primo passo (1-5) racconta le differenti tappe della visita di Paolo e dei suoi
compagni a Gerusalemme: il resoconto che va a fare ai notabili (1-2), la decisio-
ne riguardante Tito (3) al termine del conflitto sorto a proposito della necessità
della circoncisione dei discepoli d'origine pagana (4-5).
Il secondo passo (6-10) espone l'accordo finale concluso tra.i due gruppi: da
una parte Paolo e Barnaba continueranno ad annunciare il Vangelo alle nazioni,
dall'altra Pietro, Giacomo e Giovanni continueranno l'apostolato presso i giudei.
La sola legge imposta a Paolo è la premura per i poveri.

Il greco Tito non è costretto a farsi circoncidere 2,1-5

l notabili non impongono nient'altro che pensare ai poveri 6-10


40 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere la verità del suo Vangelo

A. IL GRECO TITO NON È COSTRETTO A FARSI CIRCONCIDERE (2,1-5)

COMPOSIZIONE

1
= Poi, dopo quattordici anni,
. di nuovo salì i AGER'D'SALEM:ME,

=con BARNABA
. prendendo-CON (me) anche nm
2
Vi salìi in seguito a una rivelazione.

=Esposi ALORO IL VANGELO


che annuncio nuuNmom,
= ma in privato Al NOTABili
perché invano non corra o abbia corso.

3
Ora neppure TITo colui che (era) CON me,
che era ouco,
fu costretto AESSERE CIRCONCISO.

4
- (Era) a causa degli infiltrati FALSI-FRATELLI
-i quali si erano introdotti,
·per spiare la libertà nostra
- che abbiamo in CRISTO GESÙ
· affinché noi riducano-in-schiavitù,

+ 5 ai quali neppure un'ora concedemmo la sottomissione,


. affinché la verità del VANGELO rimanga per rror.

Nella prima parte il primo brano (l) presenta il viaggio, l'ultimo (2b-e) il suo
motivo. Nel primo brano il primo segmento (lab) precisa dapprima il tempo, poi
il luogo dello spostamento di Paolo; i due membri del secondo (led) nominano i
due compagni di Paolo 1• Nell'ultimo brano i primi membri dei due segmenti
formano la principale, mentre i secondi sono delle subordinate. Il segmento
centrale (2a) fornisce la ragione che ha spinto Paolo a «salire» a Gerusalemme;
egli fa intervenire implicitamente un nuovo personaggio, Dio stesso. «l notabili))
(2d) di «Gerusalemme>> (lb) accolgono non solo Paolo e Barnaba che sono
giudei come loro, ma anche «Titm> (l d) che fa parte «delle nazionh> (2c).

1
Il primo «com> è una preposizione (meta), il secondo un prefisso (syn).
Sequenza A4: Gal2,1-10 41

I due brani dell'ultima parté oppongono ciò che cercano i falsi fratelli e ciò
che respingono Paolo e i sui compagni. Il primo segmento del primo brano (4ab)
presenta quelli che si oppongono a Paolo3, il secondo espone il loro intento
(«ridurre in schiavitù)) si oppone a «la libertà»). Il secondo brano (5) presenta
prima la reazione di Paolo e dei suoi compagni (5a), poi il motivo del loro rifiuto
(5b). Quest'ultimo membro è una finale che si oppone alle due finali del primo
brano (4c.4e). «La verità del VangelO)) (5b) richiama «la libertà che noi abbiamo
in Cristo GesÙ)) (4cd). Notare il passaggio al «VOÌ>)- ovvero i Galati- alla fine;
il «noi>) che gli corrisponde in 4c può quindi includere anche i Galati nel gruppo
formato da Paolo, Barnaba e Tito.
La parte centrale (3) è molto breve. «Colui con me)> (spesso tradotto giusta-
mente con «mio compagno») nel primo membro richiama la prima parte,
specialmente l d («prendendo-com>); «greco» al centro rinvia nello stesso tempo
a «le nazioni» di 2c e a «voi» di 5b (ovvero i Galati di origine pagana); quanto
all'ultimo membro (3c), questo annuncia il seguito nella misura in cui ciò era
manifestamente quello che rivendicavano i «falsi fratelli>> di 4a. Questa parte
non è solamente di transizione tra le altre due; esprime il risultato del conflitto, o
la decisione presa al suo esito.
Le parti estreme terminano con una finale (2e.5b). «Costringere)> al centro del
passo (3c) annuncia «ridurre-in-schiavitù» alla fine del primo brano della terza
parte (4e); a questa volontà dei falsi-fratelli sembra si opponga quella di Dio che
spinge Paolo a salire a Gerusalemme (al centro della prima parte: 2a).

CONTESTO BIBLICO

Barnaba e Tito
Di Barnaba, levita originario di Cipro, il cui nome aramaico significa «figlio
della consolazione» (At 4,36), gli Atti riferiscono che fu lui a introdurre Paolo
presso gli apostoli quando venne per la prima volta a Gerusalemme, dopo che
era fuggito da Damasco (At 9,27). È lui che gli apostoli delegano successiva~
mente ad Antiochia per esaminare il caso dei greci che hanno abbracciato la fede
cristiana (11,22); dopo di che egli va a cercare Paolo a Tarso e opera con lui per
un anno ad Antiochia. Sopraggiunta una carestia, essi organizzano una colletta e

2
La particella de mostra chiaramente che nna nuova frase comincia all'inizio del versetto 4.
Questa continua fino alla fine del versetto 5, giacché «ai quali» dell'inizio di 5 è .un pronome
relativo che, come «i quali» di 4b, ha per antecedente «i falsi-fratelli». I conunentatori rilevano il
carattere insolito di questa frase che non comporterebbe alcuna proposizione principale, essendo il
primo membro (4a) nn sintagma preposizionale: «A causa degli ... >>. È tuttavia possibile conside-
rare questo sintagma come il predicato della frase, essendo il suo soggetto sottinteso prima di ((a
causa di», tanto che Io si potrebbe tradurre: ((Ora (questo) a causa dei falsi-fratelli...>> o (<Era a
causa dei falsi-fratelli». Tutto si svolge come se la frase cominciata in 2b fosse sospesa nel versetto
3 e ripresa a partire da 4a.
3
I verbi tradotti con <(infiltr;mi» e (dntrodursi» hanno un doppio prefisso identico (par-eis-
aktous e par-eis-èlthon; la traduzione tenta di rendere questo rapporto utilizzando Io stesso
prefisso.
42 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere la verità del suo Vangelo

ne portano il frutto a Gerusalemme (11,27-30); in At 13, Barnaba e Paolo sono


messi a parte e inviati dalla comunità di Antiochia a evangelizzare i pagani; tutti
e due sono chiamati «apostoli)) (14,14); con alcuni altri che non sono nominati,
vengono delegati dalla chiesa di Antiochia per andare a trattare a Gerusalemme
la questione controversa dell'integrazione dei pagani e della loro sottomissione
alla legge giudaica (15,1-2); si separeranno in seguito, a causa di Marco che
Barnaba vuole portare come. aiuto e che Paolo rifiuta di prendere con loro per
una nuova missione (15,36-41).
Non c'è menzione di Tito negli Atti; non si conosce questo personaggio se non
tramite le lettere di Paolo, che considera questo greco (Gal2,3) come suo fratello
(2Cor 2, 13), suo compagno e collaboratore (2Cor 8,23), suo vero figlio nella loro
fede comune (Tt 1,4). Paolo Io invia in missione a Corinto (2Cor 7,5-16) e a Creta
(Tt 1,5); da Roma, dove egli è prigioniero, lo invierà in Dalmazia (2Tm 4,10).

L'incontro di Gerusalemme secondo Galati e secondo Atti


Viene generalmente ammesso che l'incontro di Gerusalemme di Gal 2,1-10
sia lo stesso riportato da At 15, malgrado le differenze tra i due racconti; tra le
quali le più importanti sono: gli Atti non parlano per nulla di Tito; dietro delibe-
ràzione della chiesa di Antiochia Paolo, Barnaba e alcuni altri sono delegati
presso gli apostoli, e non «a causa di una rivelazione)) (Gal2,2).

INTERPRETAZIONE

La rivelazione
Nel cuore della prima parte Paolo tiene a precisare che, se egli è salito a
Gerusalemme con Barnaba e Tito, ciò fu a causa di una rivelazione (2a). Se è
ben chiaro che non c'è rivelazione se non divina, bisogna rimarcare che Paolo
non dice nulla delle circostanze nelle quali questa ha avuto luogo né delle sue
modalità; neanche che fu rivolta a lui esclusivamente. Non è precluso pensare
che Dio possa servirsi degli avvenimenti e degli uomini per far intendere la sua
volontà e non si vede perché «un'agitazione e una discussione abbastanza viva))
tra due gruppi, seguita da una decisione di demandare la questione a
Gerusalemme (At 15,2) non possa essere interpretata da Paolo come una
«rivelazione)). Un po' come «gli apostoli e gli anziani, d'accordo con la Chiesa
tutta intera)) (At 15,22), scrivono nella lettera inviata alla comunità di Antiochia:
«Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi ... )) (At 15,28). La convinzione di Paolo è
certamente che sia il Signore in persona che, attraverso e per mezzo delle vicis-
situdini umane, guidi lui e conduca la sua Chiesa. La rivelazione che l'ha spinto
a salire a Gerusalemme è della stessa natura di quella che l'aveva portato a
predicare il Vangelo e che i notabili non tarderanno a riconoscere (2,7-9).
Sequenza A4: Gal2;1-10 43

La circoncisione
Se tutto intero il passo è focalizzato sulla decisione di non imporre la circonci-
sione a Tito (3), il fatto è clie la circoncisione dei discepoli di Gesù d'origine
pagana era effettivamente il nocciolo del problema, perché era il punto cruciale
da cui tutto dipendeva. 4 Il rito della circoncisione segnava difatti l'ingresso dei
«timorati di Dim> - questi pagani attratti dal giudaismo e che adoravano già il
Dio di Israele- nell'alleanza di Abramo e la loro piena appartenenza al popolo
eletto. Da quel momento, allo stesso titolo dei giudei di nascita, essi erano tenuti
a osservare tutti i comandamenti della Legge. La circoncisione non è perciò un
comandamento tra gli altri, è il segno iscritto nella carne che segna la sotto-
missione al regime della Legge. Nulla di sorprendente dunque che tutta la
discussione si cristallizzi su questo solo punto, emblematico di tutto il resto. È
questo che opera la distinzione - la divisione - tra giudei e le nazioni. Imporre ai
cristiani di origine pagana la circoncisione significherebbe imporgli tutte le
pratiche giudaiche; dispensarli significa liberarli da tutti gli obblighi della legge
di Mosè. Paolo è talmente persuaso che Cristo ha liberato i suoi discepoli (4b)
che a ogni costo non vuole che essi ricadano nella «schiavitù>> della Legge (4c).
Portando avanti questa battaglia, egli intende non solo proteggere gli etnico-
cristiani, tra cui i Galati, contro le mire dei falsi fratelli (5b ); il «noi» che usa in
modo insistente (4b.4c.5a) dimostra bene che sono tutti i discepoli di Cristo,
qualsiasi sia la loro origine, a dipendere non più dali' economia della Legge ma
da quella del «Vangelo» (2c et 5b).

I fratelli e i falsi-fratelli
Per salire a Gerusalemme Paolo ha preso con sé un giudeo e un greco, entram-
bi discepoli di Gesù; per due volte, e soprattutto al centro del passo, egli insiste
sul fatto che Tito è «coro> lui (ld.3a), come Barnaba (le). Questi due compagni
dell'Apostolo rappresentano le due componenti della stessa Chiesa di Cristo.
Essi sono perciò fratelli nella fede, fratelli tra loro, fratelli di Paolo e dei notabili
che sono venuti a incontrare insieme. I giudaizzanti che vorrebbero invece sotto-
mettere i discepoli di origine pagana alla Legge si rivelano dei «falsi-fratelli»5
Non sanno infatti riconoscere quelli che hanno seguito Gesù come loro, senza
tuttavia che questi siano sottomessi al rito della circoncisione, come appartenenti
alla stessa famiglia della Chiesa di Cristo, come loro fratelli.

4
Così come testimonia chiaramente At 15,1-2: «Intanto alcuni venuti dalla Giudea inse-
gnavano ai fratelli : "Se non vi fate circoncidere secondo l'usanza che viene da Mosè, non potete
essere salvati"».
5
Questa parola non è utilizzata se non in 2Cor 11,26 (è stato già fatto riferimento a 2Cor 11,4,
p. 34).
44 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere la verità del suo Vangelo

B. l NOTABILI IMPONGONO SOLO IL RICORDO DEI POVERI (2,6-10)

COMPOSIZIONE

6
: Da QUELLI CONSIDERATI essere qualcosa
- quali allora sono stati,
nulla a me importa:
Dio l'apparenza dell'uomo non guarda -,
: a me difatti l NOTABILI NIENTE imposero.

+ 7 Ma al contrario vedendo
::che erostatoincaricato del Vangelo DEL l'REPU%!0
-come Pietro della CIRCONCISIONE,
8
- poiché colui che ha agito in Pietro per l'apostolato della CIRCONCISIONE
ha agito uchein me per LEN.4%ION!,
+9e riconoscendo
::la grazia aata a me,

=Giacomo e Cefa e Giovanni,


=CONSIDERATI essere colonne,
= aieaero la destra a me e a Barnaba in (segno di) comunione,

::AFFINCHÉ (siamo) noi per LEN.4%IONJ


loro per la CIRCONCISIONE.

10
: SOLAMENTE dei poveri
- AFFINCHÉ ci ricordassimo,
: cosa che anche mi sono prodigato
- precisamente questo di fare.

Le parti estreme sono complementari: l'ultima menziona la sola cosa racco-


mandata a Paolo e a Barnaba dai notabili, mentre la prima dice che i notabili
nulla gli hanno «impostO)) (6e).
La parte centrale è un'unica frase formata da due brani: il primo (7-9b) coor-
dina due participiali di senso causale («vedendo>> in 7a e «conoscendo» in 9a)
accompagnate dalle loro subordinate - e da un inciso (8) -, mentre il secondo
brano (9c-g) è la principale (9cde) seguita da una finale (9fg). Nel primo brano i
considerando costatavano ciò che era avvenuto, l'accordo del secondo brano
guarda al futuro. Nel secondo brano, la divisione del campo di apostolato
riprende, al plurale questa volta, quella che era stata costatata, al singolare, nel
primo brano. Mentre i primi due segmenti del primo brano mettono in parallelo i
compiti di Pietro e di Paolo, l'ultimo segmento (9ab) non parla che di Paolo.
Il legame tra le prime due parti è ·evidenziato dalla ripresa di «considerati
essere» (6a.9d); lo stesso participio è stato tradotto con «notabili» in 6e (come in
Sequenza A4: Gal2,1-10 45

2d; vedi p. 40). In più sembra che «colui» di 8a rimandi a «DiO)) di 6d (vedi Rm
l ,5). Il rapporto tra le ultime due parti è evidenziato dalla ripresa di «affinché))
(tradotto dalla CEI con «ci pregarono di))) in 9f e lOb. Le parti estreme sono
agganciate dai termini medi a distanza costituiti dall'opposizione tra <mi ente))
(6c) e «solamente)) (10a).

CONTESTO BIBLICO

Le decisioni di Gerusalemme secondo Galati e Atti


Secondo At 15,20.29 le decisioni prese dall'assemblea di Gerusalemme, su
raccomandazione di Giacomo, poggiano sull'astenersi dalle carni immolate agli
idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dall'impudicizia; di tutto ciò Paolo
non parla nella Lettera ai Galati; ma riferisce, come unica raccomandazione, il
ricordo dei poveri, che At 15 non menziona.

Paolo si ricorda dei poveri


Gli Atti testimoniano che mettere in comune Ìe ricchezze è una caratteristica
fondamentale delle prime comunità cristiane (At 2,44-45; 4,32.34-35; 5,1-11).
Paolo avrà sempre il pensiero di organizzare la divisione dei beni tra le diverse
chiese e in particolare a favore di quella di Gerusalemme. Secondo At 11,27-30
Paolo e Barnaba salgono a Gerusalemme per portare il frutto della colletta che
hanno organizzato ad Antiochia durante la carestia avvenuta sotto Claudio 6 • Tito
è incaricato da Paolo di portare a buon fine una colletta simile a Corinto (2Cor
8-9; vedi anche Rm 15,25-27.31; 1Cor 16,1-4; At 24,17),

INTERPRETAZIONE

La comunione nella ripartizione dei compiti


Al termine dell'incontro, i notabili riconoscono la realtà e la legittimità della
vocazione di Paolo che non è di natura diversa da quella di Pietro. L'uno è stato
chiamato da Dio in vista dell'apostolato alle nazioni, come l'altro per l'evange-
lizzazione dei giudei (7-9b). Stringendosi solennemente la mano destra, con la
garanzia dei notabili che li accompagnano, il primo con Giacomo e Giovanni, il
secondo con Barnaba, i due gruppi che essi rappresentano confermano per l'av-
venire la missione che gli uni e gli altri avevano ricevuto in passato, al momento
della loro propria vocazione (9c-g). Questa stretta di mano significa e suggella la
stretta «comunione)) che li unisce nei loro compiti specifici.

La comunione nella ripartizione dei beni


Il mutuo riconoscimento, la comunione di pensiero e di progetto, l'unità nella
diversità che questi rappresentano sono delle conquiste decisive, raggiunte al

6
Questo episodio è collocato dagli Atti prima dell'assemblea di Gerusalemme (At 15).
46 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere la verità del suo Vangelo

termine di vive discussioni, non prive di una dimensione conflittuale acuta.


Quest'accordo «teologico» ha bisogno tuttavia di un segno che manifesti concre-
tamente la sua validità, che realizzi materialmente la comunione dei cuori. Il
«ricordo dei poveri» sarà in un certo senso il sacramento della comunione tra le
due componenti della medesima Chiesa di Cristo.

C. A GERUSALEMME PAOLO FA RICONOSCERE AGLI APOSTOLI


LA VERITÀ DEL SUO V ANGELO (2,1-10)

COMPOSIZIONE

1
Poi, dopo quattordici anni, di nuovo salii a
con BARNABA prendendo con me anche
2
Vi salii in segUito a una rivelazione.
Esposi loro IL VANGELO che annuncio tra UN4ZION1,
ma in privato ai NOTABILI, per evitare di correre o di aver corso invano.
3
Ora neppure Tito mio compagno, che era 17..ua?,
FU COSTRETTO a farsi CIRCONCIDERE.
4
Era a causa di falsi fratelli infiltrati che si erano introdotti per spiare la nostra libertà che
abbiamo in Cristo Gesù, AL FINE DI renderei schiavi, 5 ai quali neanche un'ora abbiamo accettato
di sottometterei,
AFFINCHÉ la verità del VANGELO rimanesse per W.

6
Ma da parte di quelli che erano CONSIDEr<.ATI essere qualcosa- quello che allora potevano essere
poco m'importa, Dio non guarda l'aspetto dell'uomo-, a me i NOTABILI NON IMPOSERO niente.
7
Ma vedendo al contrario che mi era stato affidato IL VANGELO J)ELI'REPuZIC
come a Pietro DELLA CIRCONCISIONE
8
- poiché Colui che operò in favore di Pietro per l'apostolato DELLA CIRCONCISIONE
operò in mio favore anche per UN.4.310Nl-
9 e riconoscendo la grazia che mi era stata data, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono CONSIDEr<.An
essere le colonne, mi diedero la destra così come a BARNABA in segno di comunione:
AFFFINCHÉ noi siamo per !.lN.4.310Nl
e loro per LA CIRcONCISIONE.
10
Soltanto AFFINCHÉ ci ricordassimo dei poveri
e questo ho sempre tenuto a farlo.

I due passi riferiscono avvenimenti che :!;lÌ svolgono nello stesso luogo, a
«Gerusalemme» (la), e nello stesso tempo, quello della visita di Paolo e
«Barnaba>> (lb.9b) ai «notabili»l«considerati» (2c.6a.6b.9a). Il secondo passo (6-
10) espone la posizione presa dai notabili rispetto al «Vangelo» che Paolo ha
esposto loro (1-2) e rispetto alle difficoltà e alle discussioni che questo Vangelo
ha sollevato presso i «falsi fratelli» (4-5). Una prima decisione, negativa, è stata
già presa al centro del primo passo: non obbligare Tito a farsi circoncidere (3).
SequenzaA4: Gal2,1-10 47

Così, secorido la terza legge di Lund,7 il centro del primo passo corrisponde alle
estremità del secondo. Alla decisione negativa del versetto 3 corrisponde infatti
la decisione negativa del versetto 6, per così dire corretta, o meglio, completata
dalla richiesta positiva del versetto l 0: i pagano-cristiani non sono sottomessi
alle prescrizioni della legge mosaica (6), neppure alla circoncisione (3), ma sono
invitati «solamente» a «ricordarsi dei poveri» (10). I verbi «costringere» di 3b e
«imporre>> di 6d appartengono allo stesso campo semantico.
L'insieme della sequenza è segnato dall'opposizione tra giudei e nazioni che
ricorre non meno di sei volte: «Gerusalemme»/<de nazioni» (l a.2b), «Barnaba»/
«Tito» (l b), «greco»l«circoncidere» (3a.3b), «Prepuzio»I«Circoncisione» (7a.
7b), «Circoncisione»l«nazloni» (8a.8b ), «nazioni»I«Circoncisione» (9c.9d).
«Vangelo» usato due volte nel primo passo (2b.5c alla fine delle parti estreme) è
ripreso in 7a, abbinato ad «apostolato» (8a).
Ciascun passo termina con due occorrenze della stessa congiunzione subor-
dinante «al fine di/affinché» (4b.5c; 9c.l0a).

CONTESTO BIBLICO

Il ricordo del sabato


Il verbo «ricordarsi», alla fine della sequenza (Gal 2,10), è quello con cui
comincia il comandamento del sabato in Es 20,8: <<Ricordarsi del giorno di
sabato per consacrarlo». Questo settimo giorno è messo in relazione con gli altri
sei giorni in cui l'uomo deve fare «ogni suo lavora». La motivazione di questo
comandamento è il riposo di Dio stesso: «poiché in sei giorni il Signore ha fatto i
ciel.i e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi e si è riposato il settimo giornO»
(Es 20,11 ). In questo modo Dio non pretende di occupare con la sua opera di
creazione la totalità del tempo; si ritira per far posto all'altro. In altri termini
riimnciando alla totalità, egli rinuncia all'onnipotenza, 8 diventando così modello
per colui che egli ha creato a sua immagine. 9

Il segno del sabato


Ilsabato è detto «segno» dell'alleanza tra Dio e il suo popolo:
12
Il Signore disse a Mosè: 13 «Tu ora parla agli Israeliti e riferisci loro: "Osserverete
attentamente i miei sabati, perché il sabato è un segno tra me e voi, di generazione in
generazione, perché si sappia che io sono il Signore che vi santifica. 14 Osserverete
dunque il sabato, perché per voi è santo. [ ... ] 16 Gli lsraeliti osserveranno il sabato,
festeggiando il sabato nelle loro generazioni come un 'alleanza perenne. 17 Esso è un

7
«Idee identiche sono spesso distribuite in modo tale da apparire alle estremità e al centro e
non altrove nel sistema>> (Chiasmus in the New Testament, p. 41; traduzione italiana nel Trattato,
93).
8
Per l'analisi retorica dei due decaloghi, vedi R. MEYNET, Chiamati alla libertà, 77-113.
9
Vedi A. WÉNIN, L 'uomo biblico, «Mitezza e dominio: l'wnanità a immagine di Dim>, 25-38
(specialmente 33-36).
48 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere la verità del suo Vangelo

segno perenne fra me e gli Israeliti: infatti il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la
terra, ma nel settimo ha cessato e ha preso respiro"». 18 Quando il Signore ebbe finito
di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza,
tavole di pietra, scritte dal dito di Dio (Es 31 ).

Le «due tavole>>, ossia le Dieci parole, essenza di tutta la Legge, sono così
riassunte nel solo comandamento del sabato, sul quale si focalizza ciascuna delle
due versioni del Decalogo. Il sabato è pertanto il segno dell'alleanza tra Dio e i
figli d'Israele.

Il segno della circoncisione


Pure la circoncisione è detta «segno dell'alleanza>> tra Dio e il suo popolo. È
così che viene presentata dal Signore stesso ad Abramo :
9
Disse Dio ad Abramo: ((Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua
discendenza dopo di te, di generazione in generazione. 10 Questa è la mia alleanza che
dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso
tra voi ogni maschio. 11 Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò
sarà il segno dell'alleanza tra me e voi. [... ] 13 [ ... ] la mia alleanza sussisterà nella
vostra carne come alleanza perenne» (Gen 17).

Con la circoncisione l'uomo rinuncia alla totalità, all'onnipotenza, per pre-


pararsi all'incontro con l'altro. Il fatto che in Israele la circoncisione sia praticata
non al momento del passaggio dall'infanzia all'età adulta ma nell'ottavo giorno,
significa più chiaramente ancora che l'apertura non è soltanto all'altro sesso, ma
al Signore stesso. Questo è il motivo per cui il rito è chiamato «l'alleanza della
circoncisione».
Circoncisione e sabato obbediscono quindi alla medesima logica profonda; la
sola differenza è che l 'una segna il corpo individuale, l'altro il corpo sociale. La
rinuncia alla totalità si verifica anche nelle altre istituzioni essenziali d'Israele:
quella del tempio, in cui il re e il popolo rinunciano a occupare tutto il territorio
del paese, riconoscendo così il posto di Dio; quella delle regole alimentari per le
quali si rinuncia a «mangiare tuttO>> - cosa che ha provocato la sventura dei
nostri progenitori! Ritirarsi non è mutilarsi; è riconoscere all'altro il proprio
posto, la sua identità, la sua dignità e la sua libertà; è aprirsi alla relazione e alla
comunione.

INTERPRETAZIONE

Circoncisione e libertà
All'inizio del suo racconto (1-2), quando Paolo fa il nome dei suoi due
compagni Barnaba e Tito, non li qualifica con la loro origine, giudaica o pagana.
Anche se la sua espressione sembra dare la precedenza a Barnaba, non li distin-
gue che dai loro nomi propri. Non sono i notabili con i quali Paolo parla del suo
apostolato presso le nazioni a sollevare la questione della circoncisione, ma
Sequenza A4: Gal2,1-10 49

quelli che Paolo definisce dei «falsi fratelli>>. Costoro pensano forse, anzi proba-
bilmente, di cancellare la differenza, la distinzione se non la divisione tra giudei
e greci imponendo a questi ultimi la circoncisione che i primi hanno ricevuto.
Paolo non la pensa così. È escluso per lui che i greci divengano giudei. Non è
così che la divisione sarà superata. Ciascuno deve rimanere se stesso. Se s'impo-
nesse la circoncisione ai discepoli venuti dalle nazioni, ciò non significherebbe
soltanto «renderli schiavi», giacché sarebbero così sottomessi a una legge che
non è la loro; sarebbero gli stessi discepoli giudei a perdere la loro libertà,
poiché si vedrebbero obbligati a imporre questa legge a tutti. Se all'inizio del
primo passo (1-2) Paolo non fa distinzione fra i suoi due compagni, alla fine di
questo stesso passo (4-5) il «noi» che egli utilizza con insistenza include tutti
quelli che, quale che sia la loro origine, hanno accolto la libertà e la verità del
Vangelo. Il passo termina in maniera inattesa con un «voi» che richiama i suoi
destinatari a questa medesima verità: essi sono così messi in guardia dalla tenta-
zione di ricadere sotto la schiavitù che vorrebbero imporgli quelli che tentano di
convincerli della necessità di farsi circoncidere. Poiché i notabili non hanno
«costretto» Tito a farsi circoncidere (3), ne consegue logicamente che non po-
trebbero «imporre» nient'altro a chiunque (6c). È vero che il «soltanto» con cui
comincia l 'ultima parte del secondo passo (<<Soltanto affinché ci ricordassimo
dei poveri»: 10a) corrisponde al «niente» con cui termina la prima parte («i
notabili non m'imposero niente»: 6c). Questo «niente» è assoluto e il «soltanto»
indubbiamente non è da interpretare come un'eccezione. La distanza imponente
posta tra le due parole, il fatto che Paolo si guardi bene dali 'utilizzare un verbo
come «imporre» quando introduce la sua ultima frase, sottolinea bene che il
ricordo dei poveri non è un comandamento che gli è stato dettato. L' «affinché»
che introduce «Ci ricordassimo dei poveri» è parallelo a quello che introduce
«siamo per le nazioni e loro per la Circoncisione» (9c). Entrambi scàturiscono
dalla «comunione» che unisce tutti i discepoli di Cristo.

Vangelo e comunione
Se l'accordo a cui giungono Giacomo, Cefa e Giovanni da una parte e Paolo e
Barnaba dall'altra, prevede una ripartizione dei campi di apostolato, gli uni
presso i giudei, gli altri tra le nazioni (9de), per tutti non c'è che un solo
Vangelo. La stretta di mano scambiata tra i membri dei due gruppi non suggella
un compromesso, ma una «comunione» (9c). È lo stesso «Vangelo» che è stato
affidato a Paolo per il «Prepuzio» e a Pietro per la «Circoncisione» (7); è lo
stesso Signore che ha operato in favore di Pietro per «l'apostolato» presso i
circoncisi e in favore di Paolo per le nazioni (8). Come non c'è che un solo
Signore, non potranno esserci due vangeli destinati a due chiese differenti. Se tra
i discepoli di Gesù Cristo alcuni sono circoncisi e altri non lo sono, ciò non potrà
spezzare la comunione della Fede. La sola cosa che potrebbe separarli sarebbe di
non «ricordarsi dei poveri» (10). Interpretare queste ultime parole dei notabili
come una domanda di aiuto tempestivo a favore delle loro comunità sarebbe
50 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere la verità del suo Vangelo

certamente fraintendere il senso della comunione cristiana. La pratica della


ripartizione dei beni è in un certo senso il corollario della ripartizione dell'apo-
stolato. La divisione dei beni - cui gli Atti degli Apostoli accordano una tale
importanza - è il segno concreto dell'appartenenza alla comunità dei discepoli di
Gesù, il marchio carnale della loro comunione spirituale.

Circoncis.ione e ricordo dei poveri


Tutta la discussione era ruotata attorno alla necessità o meno della circonci-
sione. Dopo gli intrighi infruttuosi dei falsi fratelli (4-5), il problema era stato
risolto al centro del primo passo (3). Anche il secondo passo tuttavia porta molto
chiaramente il segno di ciò. che distingue giudei e greci: se l'appellativo «il
Prepuzio» (7a) è impiegato una sola volta, dopo di che sarà rimpiazzato da «le
nazionh> (8b.9c), i giudei sono sempre designati come «la Circoncisione» (7b.8a.
9d); questo fatto è tanto più notevole giacché è la sola volta nella Lettera in cui
questa parola designa non l'operazione in se stessa ma quelli che l 'hanno
subita. 10 È perciò significativo che la sequenza termini in modo abbastanza
inatteso con il ricordo dei poveri. Si potrebbe anche avere l'impressione che si
tratti lì di una specie di corpo estraneo, un'aggiunta che non ha granché a vedere
con la discussione teologica di fondo, che è stata l'argomento di tutta la sequen-
za. Cosa infatti potrebbero avere in comune la circoncisione e il ricordo dei
poveri? Si è detto che la prima è una legge, e pure l'emblema di tutta la Legge di
Mosè, mentre l'altra non è messa da Paolo sullo stesso piano: non è dello stesso
ordine, poiché non è imposta come tale.
Eppure si sa che il significato essenziale della circoncisione è di esprimere nel
corpo dell'individuo maschio la rinuncia alla totalità e l'apertura ali' altro; così
come il sabato segna il corpo sociale di una rinuncia simile con la quale il
popolo rifiuta di occupare la totalità del tempo e lascia posto cosi al ricordo del
Signore, garantendo la libertà del prossimo come di se stessi. Il ricordo dei
poveri obbedisce in realtà alla stessa logica. Nell'economia del Vangelo e della
libertà, riveste lo stesso statuto della circoncisione sotto il regime della Legge.
Chi infatti si ricorda dei poveri taglia qualcosa di ciò che possiede; egli si im-
poverisce, rinuncia alla totalità per· aprirsi alle necessità del prossimo che è nel
bisogno. La circoncisione era stata data ad Abramo come «segnO)) dell'alleanza
che il Signore aveva concluso con lui (Gen 17,11). Il ricordo dei poveri è
anch'esso un segno; è il sacramento della comunione tra i discepoli di Gesù
Cristo. Rappresenta in un certo senso la circoncisione della nuova alleanza.

10
In 2,12 i giudeo-cristiani saranno chiamati non «la Circoncisione» ma «quelli della circon-
cisione>> (tous ek peritomes; vedi anche Col 4,11 e Tt l, l O); altri impieghi paolini de «la Circon-
cisione» nel senso di «i giudei»: Rm 15,8; Fil3,3; in opposizione a «il Prepuzio»: Rm 3,30; 4,9; Ef
2,11; Col3,11.
6
Ad Antiochia Paolo difende contro Cefa
la verità del Vangelo
Sequenza A5: Gal2,11-21

Nel primo passo (2,11 .. 14) Paolo riporta i fatti avvenuti ad Antiochia, quando
si era opposto a Pietro per la sua condotta che aveva giudicato cattiva. Il secondo
passo (2, 15-21) è il lungo discorso che Paolo rivolge a Pietro, 1 per giustificare i
suoi rimproveri.

Paolo si oppone alla condotta biasimevole di Cefa 2,11-14

Paolo espone le ragioni del suo contrasto con Cefa 15-21

1
E, attraverso Pietro, ai suoi destinatari della Galazia.
52 Ad Antiochia Paolo difende contro Cefala verità del Vangelo

A. PAOLO SI OPPONE ALLA CONDOTTA BIASIMEVOLE DI CEFA (2,11-14)

COMPOSIZIONE

11
= Quando venne CEFA ad Antiochia,
-IN FACCIA a lui mi opposi
:PERCHÉ ERA CONDANNABILE:
+ 12 poiché prima che venissero alcuni da parte di Giacomo
.. con l P.dtJ.A.Nl mangiava;
+ ma quando vennero,
-si ritirò e si separò egli stesso,
-temendo QUELLI DELLA CIRCONCISIONE.

13
E SEGUIRONO-NELL'IPOCRISIA lui IL RESTO DEI GIUDEI,
così che ANCHE BARNABA fu trascinato DALLA LORO IPOCRISIA.

14
= Ma quando vidi
: CHE NON CAMMINAVANO DIRmi secondo la verità del Vangelo,
-dissi aCEFA DAVANTI A TUTTI:

.. «Se tu, GIUDEO essendo,


.. alla P.dtJAN.d e non alla GIUDAICA vivi,
- come 1PAGANI costringi a GIUDAIZZARE?

Le parti estreme sono parallele tra loro. I tre membri dei primi segmenti
(11.14abc) si corrispondono esattamente, sebbene in un ordine differente: «era
condannabile»2 (llc) si applica al solo Cefa, mentre «non camminavano diritti»
che gli corrisponde (14b) è al plurale, giacché, secondo la parte centrale, la con-
dotta di Cefa è imitata da «il resto dei giudei», Barnaba compreso. Gli ultimi due
segmenti della prima parte oppongono la condotta di Cefa3 prima e dopo la
venuta di persone da parte di Giacomo. 4 I tre membri del segmento simmetrico
(14def) riprendono la stessa opposizione: i primi due membri si riferiscono al
tempo in cui Cefa mangiava con i pagani (12b), il terzo membro corrisponde al
tempo in cui se n'era separato per timore dei giudei (12de).
2
Se il participio kategnosmenos è considerato come un passivo, significa «condannato}): da
quelli della comunità che l'avevano accusato presso Paolo o per la sua propria condotta; da Dio
stesso, se si considera il passivo come un passivo teologico. Se si intende come un medio, significa
«condannabile>>.
3
Kephas è più supportato della variante Petros.
4
La variante che vede un solo inviato è poco attestata. Quanto all'espressione utilizzata da
Paolo alla fine di 12a, non permette di decidere se si tratta di persone inviate da Giacomo per
ispezionare la comunità di Antiochia - o almeno la comunità giudeo-cristiana sulla quale avrebbe
avuto giurisdizione- o se si tratta soltanto di persone «dell'ambiente di Giacomo}) (cosi BJ, TOB);
la traduzione d'Osty, qui adottata, non prende posizione su un problema che sembra insolubile e
che in ogni caso non pare determinante per il proposito di Paolo.
Sequenza A5: Gal 2,11-21 53

L'unico segmento della parte centrale (13) è di costruzione speculare: mette in


scena «il resto dei giudeh) e «anche Barnaba)); ossia: se ci si riferisce ai termini
dell'accordo di Gerusalemme, il segmento mette in scena non solo Cefa e i
giudei ai quali doveva dedicarsi, ma anche Barnaba, che con Paolo era stato
destinato all'apostolato tra le nazioni.

INTERPRETAZIONE

Cefa è temuto da tutti


Di sicuro Simone merita bene il nome Cefa che Gesù gli aveva dato. È lui la
Pietra, la Roccia, il leader incontestato che tutti seguono. Sembra che nessuno
gli si sia opposto quando si è messo a condividere la mensa dei pagani. Non-
dimeno, quando cambia comportamento dopo l'arrivo dei discepoli venuti da
Gerusalemme, tutti lo imitano, tutti gli altri giudei, e anche Barnaba, al quale è
stato affidato con Paolo l'annuncio del Vangelo tra i non giudei. Nessun altro
giudeo si azzarda allora a mangiare con i discepoli di origine pagana.

Il timore di Cefa
Il lettore non sente la voce di Cefa e non conoscerà mai quali argomenti
avrebbe potuto avanzare per giustificare il suo voltafaccia. È perciò inutile darsi
a qualche supposizione. La Lettera non lascia intendere se non l'interpretazione
e il giudizio di Paolo. Secondo lui, il primo degli apostoli «temeva)) «quelli della
Circoncisione)) ( 12e), e più precisamente - pare - quelli che erano venuti «da
parte di Giacomm), il capo della comunità di Gerusalemme. Esisteva perciò una
divergenza tra i discepoli giudei di Gerusalemme e quelli di Antiochia sulla
questione della comunione di mensa. Un giudeo osservante difatti non potrebbe
condividere il pasto dei pagani, perché essi non rispettano le regole della
kasherut e, prima di tutto, perché sono incirconcisi, quindi impuri.

Paolo non teme di opporsi a Pietro


Paolo affronta Cefa «in faccia)) (11 b) e «davanti a tutth) (14c ). Neanche una
minima traccia di «timore)) né di «ipocrisia)) in lui, ma la franchezza della
«verità)). Egli ha colto in effetti che, in una questione che poteva apparire secon-
daria e relativa, era in causa nientemeno che «la verità del Vangelm) (14b). Si
potrà pensare che il comportamento di Cefa fosse dettato dalla prudenza o,
meglio ancora, dalla carità che cerca il compromesso per non urtare nessuno,
come Paolo stesso sembrerebbe ctmsigliarlo in 1Cor 9,19-23: insomma Cefa si
sarebbe dapprima fatto greco con i greci, poi giudeo con i giudei. La verità del
Vangelo è quella della comunione tra tutti i discepoli di Gesù (12b) e si oppone
perciò alla separazione tra le due componenti della stessa comunità (12d). Paolo
«vede)) chiaramente dove porta il comportamento di Cefa: poiché egli si è riti-
rato e separato con tutti gli altri giudei, gli etnico-cristiani non avranno altra
scelta: se vogliono conservare l'unità, devono diventare giudei, osservando la
54 Ad Antiochia Paolo difende contro Cefa la verità del Vangelo

kasherut per poter continuare a condividere i loro pasti - pasto eucaristico


compreso- con i loro fratelli giudei. L'ultimo verbo «giudaizzare» è generale; si
applica direttamente alla questione dei pasti in comune, e perciò alla kasherut,
ma si comprende che tutto il resto della Legge dovrebbe logicamente conseguir.:.
ne, compresa ovviamente la circoncisione. Per Paolo non è certamente questa la
soluzione evangelica per costruire l 'unità della Chiesa di Cristo.

B. PAOLO ESPONE LE RAGIONI DEL SUO CONTRASTO CON PIETRO (2,15-21)

COMPOSIZIONE
Questo passo comprende tre parti organizzate in maniera concentrica: due
parti più lunghe che incorniciano una parte assai breve. Data la difficoltà del
passo, un'analisi di ciascuna delle parti s'impone, prima che ne sia presentato
l'insieme.

Prima parte (2,15-17)

= 15 NOI, (siamo) giudei di natura


=e non (di questi) PECCATORI dalle nazioni.

16
- Ma sapendo
-che non è giustificato un uomo dalle opere DELLA LEGGE
+se non dalla Fede IN GESÙ CRISTO,
• NOI anche, IN CRISTO GESÙ abbiamo creduto,
+al fine di essere giustificati dalla Fede IN CRISTO
-e non dalle opere DELLA LEGGE,
-giacché dalle opere DELLA LEGGE «non sarà giustificata alcuna carne''·

+ 17 Ma se, cercando di essere giustificati IN CRISTO,


- siamo trovati NOI anche PECCATORI,

:: allora CRISTO del PECCATO (sarebbe) servitore?


:: Certo che no!

Il primo brano oppone «peccatori» a «giudei». I tre segmenti del secondo


brano5 sono di composizione concentrica: la principale al centro ( 16d) è prece-
duta e seguita da subordinate che si corrispondono in maniera speculare.

5
Data la simmetria tra i versetti 15 e 17, sembra sia necessario da una parte tenere la variante
che aggiunge la particella avversativa de all'inizio di 16 («ma noi>>), e dall'altra interpretare «giu-
dei» e «peccatori» di 15 come predicati di una frase nominale indipendente, e non come una
semplice apposizione a «noi», che sarebbe allora il soggetto di «abbiamo creduto» di l6d.
Sequenza A5: Gal2,11-21 55

Nell'ultimo brano due subordinate6 sono seguite dalla principale interrogativa in


17c e dalla risposta in l 7d.
Il pronome «noi» è ripreso nei tre brani (15a.16d.l7b), accompagnato da
«anche>> le ultime due volte, il che significa «noi come gli etnico-cristiani>>. Il
primo segmento dell'ultimo brano rinvia dapprima al secondo brano, poi al
pnmo.

Seconda parte (2,18)

+ 18 Infatti se ciò che HO DEMOLITO


+ quello di nuovo COSTRillSCO,
- trasgressore io stesso mi dimostro.

La parte centrale è della misura di un trimembro del tipo AA'B.

Terza parte (2,19-21)

+ 19 Infatti ip PER LA LEGGE alla Legge SONO MORTO;


=affinché per DIO viva,
con CRISTO SONO CROCIFISSO •
. 20
Vivo non più w;
vive m me CRISTO.

=Ciò che ora vivo NELLA CARNE,


=nella Fede vivo in quella del FIGLIO DI DIO
+ che mi ha amato e HA CONSEGNATO se stesso per me.

= 21 Non rigetto la grazia DI DIO


-infatti se PER LA LEGGE la giustificazione (era),
-allora CRISTO per niente SAREBBE MORTO.

Nel primo brano due trimembri che si corrispondono a specchio incorniciano


un bimembro (20ab ). Gli ultimi due membri del primo segmento sono paralleli
(19bc): i due verbi sono preceduti da un nome proprio al dativo. 7 Il passato del
6
«Se [... ] siamo trovati». Questo verbo potrebbe intendersi in senso irreale: «Se [... ] fossimo
stati trovati».
7
Il solito ritaglio sintattico fa della proposizione finale una subordinata della frase precedente.
La punteggiatura proposta qui, sulla base della composizione di 19-20, è sostenuta da Giovanni
Crisostomo (PG 61, col. 645) e da Teofilatto (PG 124, col. 979): Ut Deo vivam, cum Christo simul
crucifixus sum». Ne quis dicat: Quomodo igitur vivis, quandoquidem es mortuus? Lex quidem,
inquit, me viventem occidit, Christus autem mortuum accipiens, vivificavi! me, qui mente cum eo
mortuus per baptisma. Duplex autem hic est miraculus, et quod mortuum vitae restituii, et quod
permortem.
56 Ad Antiochia Paolo difende contro Cefa la verità del Vangelo

primo membro (19a) si oppone al presente degli altri due membri («sono
crocifisso)) è un perfetto con valore di presente) e «per la Legge sono morto)) si
oppone a «per Dio vivm>. Nei primi due membri del terzo segmento (20cde)
«nella carne>> si oppone a «in quella al Figlio di Dio)); mentre i primi due mem-
bri sono al presente, il terzo è al passato. Nel bimembro centrale (20ab) è affer-
mata in maniera raddoppiata l'unità vitale tra «me>> e «Cristo)).
I membri estremi (19a.20e) sono al passato e indicano la morte, la propria e
quella del «Figlio di Dio)), mentre tutto il resto del brano è al presente e indica la
vita (il verbo «vivere)) è ripreso cinque volte: 19b.20a.b.c.d).
La costruzione concentrica, che evidenzia la chiave del testo nel suo centro,
non impedisce una lettura lineare in cui la prima affermazione (19a), un po'
oscura, è poco a poco chiarita; e in cui il movimento, che parte da «me)), risale
fino ali' anamnesi della morte di Cristo (20e), sulla quale per Paolo tutta la sua
fede, come la giustificazione, poggiano.

+ 19 Infatti io PER LA LEGGE alla Legge SONO MORTO;


=affinché per DIO viva,
con CRISTO SONO CROCIFISSO .
• 20
Vivo non più io;
vive in me CRISTO.

=Ciò che ora vivo NELLA CARNE,


=nella Fede vivo in quella al FIGLIO DI DIO
+ che mi ha amato e HA CONSEGNATO se stesso per me.

= 21 Non rigetto la grazia DI DIO


-infatti se PER LA LEGGE la giustificazione (era),
- allora CRISTO per niente SAREBBE MORTO.

Nell'unico segmento del secondo brano, gli ultimi due membri chiariscono il
primo: opponendosi la giustificazione «per la Legge)) a «la grazia di Dio>>, se
«rigettassi)) quest'ultima, Cristo «sarebbe morto per niente)), poiché la grazia di
Dio mi è stata data mediante la morte di suo Figlio.
Gli ultimi due membri dell'ultimo brano (21bc) rinviano ai membri estremi
del primo (19a.20e) con la ripresa de «la Legge)) e di «morire)).

La proposizione fmale è generalmente posposta alla proposizione alla quale è subordinata.


Avviene anche il contrario: Mt 9,9 (//Mc 2,10; Le 5,24); Mt 17,27; 2Cor 12,7; Ef 6,21. Questa
costruzione non abituale ha per effetto di mettere in rilievo la proposizione finale.
Sequenza AS: Gal2,11-21 57

L'insieme del passo (2,15-21)

15
Noi, siamo giudei di natura
e non di questi PECCATORI delle nazioni.
16
Ma, sapendo che non è GIUSTIFICATO alcun uomo per le opere della Legge
se non per la Fede in GESÙ CRISTO,
anche noi, in CRISTO GESÙ abbiamo creduto
per essere GIUSTIFICATI per la Fede in CRISTO e non per le opere della Legge,
giacché per le opere della Legge «non è GIUSTIFICATA alcuna CARNE)).
17
:: Ma SE, cercando di essere GIUSTIFICATI in CRISTO,
:: siamo anche noi trovati PECCATORI,
= ALLORA CRISTO sarebbe servitore del PECCATO?
No di certo!

18
SE infatti ciò che ho demolito,
::quello di nuovo riedifico,
= mi dimostro io stesso TRASGRESSORE.

19
1o, infatti, per la Legge alla Legge sono morto;
affinché viva per Dio, con CRISTO sono crocifisso.
20
Non sono più io che vivo, ma vive in me CRISTO.
Ciò che ora vivo nella CARNE, lo vivo nella Fede nel FIGLIO DI DIO,
che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
21
:: Non annullo la grazia di Dio,
::giacché SE fosse per la Legge che viene la GIUSTIFICAZIONE,
= ALLORA CRISTO sarebbe morto per niente.

La prima parte è alla prima persona plurale, l'ultima alla prima persona singo-
lare. «Noi)) (l Sa) e «iO)> ( 19a) giocano il ruolo di termini iniziali; le proposizioni
condizionali introdotte da «se» ( 17a.21 b) e le principali che cominciano con
«allora Cristo» (17c.21 c) svolgono la funzione di termini finali. L'opposizione
tra «la Legge» e «la Fede», sulla quale è costruito il brano centrale della prima
parte (16), si ritrova nel primo brano dell'ultima parte (19-20); «la giustifica-
zione» di 21 b richiama le quattro occorrenze del verbo «essere giustificato» di
16b.l6e.l6g.17a.
La parte centrale è alla prima persona singolare come la parte successiva, ma
«trasgressore» rinvia a «peccatori» della parte precedente (15b.17b). «Ciò che» e
«quello» rinviano alla giustificazione per le opere della Legge. Come la fine
delle altre due parti, la parte centrale esamina infine i due aspetti di un'ipotesi
(18ab come 17ab e 21ab) per trame la conclusione (18c come 17c e 21c).
58 Ad Antiochia Paolo difende contro Cefala verità del Vangelo

CONTESTO BIBLICO

«Questi peccatori dei pagani!»


Il termine «nazioni» indica dei peccatori che un giudeo osservante non do-
vrebbe frequentare. Entrando nella casa del centurione romano Cornelio, Pietro
disse: «Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stra-
nieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun
uomo» (At l 0,28). Quando rientrò a Gerusalemme, «i circoncisi lo rimprovera-
rono dicendo: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato
insieme con loro!» (At 11,2-3).
I pagani sono peccatori perché non hanno la Legge:
17
Ma se tu ti chiami Giudeo e ti riposi sicuro sulla Legge e metti il tuo vanto in Dio,
18
ne conosci la volontà e, istruito dalla Legge, sai discernere ciò che è mefclio, 19 e sei
convinto di essere guida dei ciechi, luce di coloro che sono nelle tenebre, 0 educatore
degli ignoranti, maestro dei semplici, perché nella Legge possiedi l'espressione della
conoscenza e della verità (Rm 2, 17 -20).

«Nessuna carne è giustificata davanti a te» (Sal143,2)


La lunga frase di Gal 2,16 termina con la citazione di Sal 143,2. L'intero
Salmo fa appello a «la giustizia» di Dio che sola può salvare il supplicante
immerso nell'angoscia davanti al nemico. Non sono le sue opere che possono
tirarlo fuori dal pericolo di morte in cui si trova; è soltanto su Dio che egli può
contare. Per questo si riferisce alle sue «opere» di un tempo:
Ricordo i giorni passati,
ripenso a tutte le tue azioni,
medito sulle opere delle tue mani (Sal143,5).

«Fede in Cristo, affidabilità di Cristo>>


L'espressione pistis Christou è ambigua. Se il genitivo è interpretato come
oggettivo, bisogna tradurre «la fede in Cristo», poiché si tratta della fede di cui
Cristo sarebbe l'oggetto, la fede dell'uomo che crede in Cristo; se al contrario il
genitivo fosse considerato come soggettivo, bisognerebbe tradurre «la fede di
Cristo», poiché si tratterebbe della fede di cui Cristo è il soggetto, la fede che
Cristo avrebbe riposto in Dio. La difficoltà maggiore che incontra questa secon-
da interpretazione è che mai Gesù è soggetto del verbo «credere»: non solo nelle
lettere di Paolo, ma neanche in tutto il Nuovo Testamento.
I due genitivi, oggettivo e soggettivo, sono tuttavia ammissibili, se si conside-
ra la doppia accezione di pistis. Questo vocabolo può infatti indicare «la fede>>,
Sequenza A5: Gal2,11-21 59

ma anche la «credibilità», «affidabilità», la fede in Gesù perché Egli è credibile,


affidabile, vale a dire degno di fede. 8

INTERPRETAZIONE

«Mi dimostro io stesso trasgressore»


La trasgressione di cui si parla al centro del paSso chiarisce il peccato di cui si
tratta alla fine della prima parte (17): se uno ha creduto che la giustificazione gli
viene dalla fede in Cristo, ha - come Pietro - abbandonato le osservanze della
Legge: le ha «demolite»; se vi ritorna in seguito, le «riedifica>>; costui deve perciò
riconoscere, dapprima ai propri occhi ma poi anche davanti agli altri - lo voglia o
no - che, abbandonando la Legge, ha commesso peccato. La conseguenza, a cui
non può sfuggire, è che a causa di Cristo egli ha peccato; che Cristo è perciò al
servizio del peccato. Ci si può anche domandare se non si tratti qui di un doppio
peccato: quello di aver abbandonato la pratica della Legge, poiché ritornandovi ci
si pente, confessando cosi il proprio peccato; e quello di essere ritornati ai precetti
della Legge, abbandonando cosi per il fatto stesso la fede in Cristo.

La prima persona singolare


Fin qui Paolo ha utilizzato un «noi» che inglobava Pietro e tutti gli altri giudei e
tra i quali egli era evidentemente incluso. Ora eccolo che improvvisamente passa
alla prima persona singolare. 9 E tuttavia egli sembra mirare prima di tutto al
cambiamento repentino di Pietro che, dopo aver abbandonato i precetti della
Legge per condividere la mensa degli incirconcisi, ha fatto il voltafaccia; è lui che
ha «riedificatm> ciò che aveva «demolito». Una tale prima persona singolare
corrisponde a un «io» retorico: è l'«io» che utilizza l'omileta per coinvolgere
personalmente ciascuno dei suoi uditori. Da un caso particolare, quello di Pietro,
egli generalizza per quelli a cui scrive e lo fa curiosamente con la prima persona
singolare. In tal modo non è soltanto Pietro che è toccato da queste parole, non
soltanto gli altri giudei, di Antiochia o di altre provenienze, ma ciascuno dei
destinatari della lettera, tutti gli etnico-cristiani, prima i Galati certamente, ma poi
anche tutti quelli che fmo a oggi si sentiranno interpellati in prima persona.
Mettendosi per cosi dire in scena per primo, l'autore non poteva trovare modo
migliore per trascinare tutti gli altri, senza distinzione. Cosi l' «io» dell'ultima
parte è non solo quello di Paolo, ma anche quello di quanti hanno creduto in Gesù.

8
«Una volta che si è visto che l'atto di credere è sempre l'incontro di due forme correlative di
n(onç, cioé la n(onç-affidabilità di chi assicura un appoggio saldo e la n(onç-fede di chi accetta
questo appoggio, non c'è più il dilemma imbarazzante della scelta tra senso oggettivo e senso
soggettivo, poiché, essendo correlativi, i due sensi sono sempre presenti·insieme, l'uno esplicita-
mente e l'altro implicitamente)) (A. VANHOYE, ~dl(onç XpLotoù: fede in Cristo o affidabilità di
Cristo?>>, p. 20).
9
Si riconosce qui un esempio chiaro della prima legge di Lund: «Il centro segna sempre una
svolta)) (vedi Trattato, 93).
60 Ad Antiochia Paolo difende contro Cefa la verità del Vangelo

Cristo è morto perché io viva


L'ultima parte comincia, di punto in bianco, con un'affermazione il cui senso
è perlomeno velato: «per la Legge alla Legge sono morto». Il contesto formato
dal resto della parte dovrebbe permettere di togliere un poco il velo su ciò che
questa formula sorprendente vuoi dire. Nell'ultimo brano la giustificazione
mediante la Legge si oppone a «la grazia», cioè il dono gratuito di Dio (21 ab).
Questa grazia è dovuta alla morte di Cristo (2lc). Egli ha dato infatti la sua vita,
si è consegnato per me, al mio posto (20c ). Compiendo ciò, Egli mi ha riscattato,
mi ha liberato dalla morte. Questa morte alla quale ero votato era dovuta alla
Legge, perché la mia osservanza dei precetti della Legge era incapace di donar-
mi la giustificazione, cioè la vita. La vita non mi viene dalle mie opere, non sono
io la fonte della mia vita; essa viene non da me ma da Dio, gratuitamente. Mi è
necessario perciò rinunciare alla Legge: devo «morire alla Legge>>.. Se è attra-
verso la sua morte che Cristo mi dona la vita, è chiaro che morendo anch'io con
lui potrò ricevere la vita. Partecipando alla sua morte, erediterò con lui la vita
che, come Figlio, ha ricevuto da Dio.

Questione d'idolatria
La salvezza o la giustificazione mediante le mie opere potrebbe essere un:a
forma insidiosa d'idolatria. Mi ergo in effetti come salvatore al posto di Dio,
prendo il suo posto. Mi fabbrico con le mie proprie mani un'immagine di Dio
che non è altro che me stesso. Eppure avevo rovesciato questo idolo quando
avevo abbandonato la mia fiducia nelle opere della Legge, per porre la mia fede
soltanto in Cristo Gesù, nell'opera di salvezza che Egli aveva realizzato, da parte
di Dio, mediante la sua morte sulla croce. Ritornando alle opere della Legge, ho
ricostruito l'idolo che prende perciò il posto di Gesù Cristo crocifisso.

C. AD ANTIOCHIA PAOLO DIFENDE CONTRO CEFA


LA VERITÀ DEL VANGELO (2,11-21)

COMPOSIZIONE DELLA SEQUENZA


I due passi sono collegati dai termini medi «giudeo(i)» e «nazioni» (14.15).
I termini simmetrici «era condannabile» (11) e «non camminava diritto» (14), ai
quali fanno eco al centro (13) «seguirono nell'ipocrisia» e «ipocrisia», trovano i
loro corrispondenti nel secondo passo con «peccatori» (15.17) e «trasgressore»
(18); la colpa d'ipocrisia rimproverata a Cefa nel primo passo è che egli «si
separò» (12) dopo aver «mangiato con le nazioni>> (12), cosa che è richiamata al
centro del secondo passo con l'espressione «riedifico quello che ho demolitO»
(18). Ciò che Cefa ha abbandonato è «la verità del VangelO» (14), che il secondo
passo chiama «la fede in Gesù Cristo», «la fede in CdstO» (16) o «la fede nel
Figlio di Dio» (20); altrimenti detta «la grazia di Dio» (21 ).
Sequenza A5: Gal2,11-21 61

11
Quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché ERA CONDANNABILE: 12 infatti
prima che venissero alcuni da parte di Giacomo EGLI MANGIAVA CON LE NAZIONI; ma quando quelli
furono arrivati, SI RITIRÒ E SI SEPARÒ, temendo quelli della circoncisione.
13
E il resto dei giudei lo seguirono-neii'-IPOCRISIA,
a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro IPOCRISIA.
14
Ma quando vidi che NON CAMMINAVANO DIRITTI secondo LA VERITÀ DEL VANGELO, dissi a Cefa
davanti a tutti: «Se tu che sei GIUDEO vivi come le H43JON1e non come i GIUDEI, come puoi costringere
le H.4Zl0Nla giudaizzare?

Noi, siamo GIUDEI di nascita e non di questi PECCATORI delle H43/0N1. 16 Ma sapendo che nessun
15
uomo è giustificato per le opere della Legge ma per LA FEDE IN GESÙ CRISTO, anche noi in Cristo
Gesù abbiamo creduto, al fine di essere giustificati da LA FEDE IN CRISTO e non dalle opere della
Legge, giacché dalle opere della Legge "nessuna carne è giustificata" 17 Ma se, cercando di essere
giustificati in Cristo, siamo anche noi trovati PECCATORI, allora Cristo è servitore del peccato? No
di certo!
18
Infatti, se quello che HO DEMOLITO (lo) RIEDIFICO,
mi dimostro io stesso TRASGRESSORE.
19
Io in effetti, per mezzo della Legge, alla Legge sono morto; al fine di vivere per Dio, con
Cristo sono crocifisso. 20 Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. Quello che ora
vivo nella carne, lo vivo nella FEDE NEL FIGUO DI DIO, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.
21
Non annullo LA GRAZIA DI DIO, poiché se per mezzo della Legge venisse la giustificazione, allora
Cristo sarebbe morto per niente».

Il secondo passo tratta della situazione dei giudeo-cristiani in rapporto a


Cristo e in rapporto alla Legge. Costituisce dunque la continuazione naturale
dell'apostrofe a Cefa del versetto 14 e fa parte integrante del discorso a Pietro.
Ma non bisogna dimenticare che tutto il racconto è indirizzato ai destinatari della
lettera, i Galati, che sono degli etnico-cristiani.

INTERPRETAZIONE

«La verità del Vangelo»


Nel primo passo Paolo non si accontenta di riportare e denunciare i fatti che si
sono succeduti ad Antiochia (11-13); in una sola frase (14) egli svela la conse-
guenza ineluttabile della condotta di Cefa. Se i giudei rifiutano di condividere la
mensa dei discepoli provenienti dai pagani, questi ultimi, per ristabilire la comu-
nione, saranno costr~tti a sottomettersi alle prescrizioni della legge giudaica.
Tormentato tra le posizioni antagoniste di Giacomo e Paolo, Pietro deve dunque
conoscere dove lo condurrà la sua condotta. Opponendosi senza la minima ambi-
guità all'ipocrisia dei giudei che hanno seguito Pietro, Paolo proclama che la
posta in gioco, è niente meno che «la verità del VangelO)).
62 Ad Antiochia Paolo 'difende contro Cefala verità del Vangelo

«La grazia di Dio»


Tutto il seguito del discorso (15-21) sarà dedicato a spiegare cos'è «la verità
del Vangelm>. Paolo procede dal caso particolare che ha svelato e fatto esplodere
la crisi, per rivolgersi, al di là di Cefa, Barnaba e tutti gli altri giudei di Antio-
chia, a coloro ai quali scrive, i Galati, e a quelli che intendono costringerli a
«giudaizzare». «La verità del Vangelo» che egli evoca alla fine del primo passo
(14) è «la grazia di Dio» sulla quale sfocia tutto il secondo passo (21). La grazia,
il dono gratuito che Dio ha fatto a tutti, sia ai discepoli giudei sia a quelli che
non lo sono, è di far loro realizzare che la giustizia non poteva in alcun caso
scaturire dalla pratica dei comandamenti della Legge, ma soltanto dalla fede nel
suo Figlio (20). La giustificazione, vale a dire la vera vita, è stata acquistata, per
gli uni come per gli altri, mediante la croce di Gesù Cristo, manifestazione del
suo amore e del dono che Egli ha fatto della sua vita. È a questa grazia che biso-
gna ormai aderire e non più a ciò che potrebbe sembrare come un'autogiustifica-
zione, la pratica cioè delle osservanze strettamente giudaiche della Legge.
Quest'adesione suppone che il discepolo s'immedesimi in Cristo e nella sua
Passione, che egli viva soltanto attraverso di lui e in lui.

Ipocrisia e trasgressione
Quello che Paolo trova «condannabile» (l l) nell'atteggiamento di Cefa è ciò
che egli chiama, nel pieno centro del primo passo, la sua «ipocrisia» (13). Se
Pietro infatti si era messo ad agire contro la propria coscienza, contro le proprie
convinzioni, era perché era arrivato a «temere quelli della Circoncisione>> (12).
Denunciando il suo timore degli uomini, Paolo lascia intendere che egli non
teme Dio, poiché sacrifica «la verità del Vangelo». Tutta l'argomentazione del
secondo passo consisterà poi nel provargli che si è mostrato doppiamente «tra-
sgressore». Essendo ritornato alla pratica delle prescrizioni della Legge, Pietro
riconosce implicitamente che la sua condotta era peccaminosa, che aveva. tra-
sgredito la Legge; così facendo, egli abbandona quindi la fede in Cristo, poiché
ripone la sua fiducia nella Legge. Aveva trasgredito tralasciando la Legge, ed
ecco che trasgredisce di nuovo tralasciando la fede. Egli si rivela peccatore sia
demolendo che riedificando. Come potrebbe essere giustificato da questo doppio
peccato nel quale eccolo prigioniero? La Legge lo condanna doppiamente. Solo
la fede nel Figlio di Dio, solo la vita con Cristo, solo la grazia di Dio sarà in
grado di liberarlo dal suo peccato.
7
È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

La sezione A: Gal l ,6-2,21

La prima sezione della Lettera comprende cinque sequenze, organizzate in


modo concentrico.
Nella prima sottosezione, dopo i vivaci rimproveri a quelli che si lasciano
trascinare nel seguire un vangelo opposto al suo (Al), Paolo insiste sull'origine
divina del Vangelo che egli predica.
La sequenza centrale (A3) serve da perno per l'insieme della s.ezione: il
racconto del breve soggiorno dell'Apostolo a Gerusalemme per fare la cono-
scenza del solo Cefa, mostra indubbiamente che neppure dal primo degli
apostoli gli è stato rivelato il Vangelo di Cristo.
L'ultima sottosezione mette in parallelo l'accordo di Gerusalemme tra Paolo e
le «colonne)) della Chiesa (A4) e il conflitto di Antiochia in cui Paolo deve
opporsi a Cefa che si è distolto dalla verità del Vangelo (A5).

A1 Paolo rimprovera ai Galati di seguire un vangelo che viene dagli uomini 1,6-1 O

A2 Paolo fa sapere ai suoi fratelli che il suo Vangelo viene da Dio 1,11-17

A3 Sconosciuto alle Chiese della Giudea, Paolo fa la conoscenza di Cefa 1,18-24

A4 A Gerusalemme Paolo fa riconoscere dagli apostoli la verità del suo Vangelo 2,1-10

A5 Ad Antiochia Paolo difende ·contro .Cefa la verità del Vangelo 2,11-21

Saranno studiate dapprima le relazioni tra le due sequenze della prima sotto-
sezione, poi tra le due sequenze dell'ultima sottosezione. Dopodiché, per
l'insieme della sezione, saranno presentati i rapporti tra le sottosezioni estreme
(Al-A2 e A4-A5) così come i rapporti tra la sequenza centrale (A3) e il resto
della sezione.
64 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

A. LA PRIMA SOTTOSEZIONE (SEQUENZE Al-A2)

COMPOSIZIONE

Al (1,6-10) A2 (1,11-17)
6 11
MI MERAVIGLIO che così rapida- VI FACCIO SAPERE, fratelli: il
mente voi disertiate Colui che vi ha Vangelo che è stato annunciato da me non
chiamati nella grazia di Cristo verso un è secondo un UOMO.
12
vangelo diverso. Del resto, io, non è da un UOMO che
7
Non che ve ne sia un altro, ma vi sono L'HO RICEVUTO o ne sono stato istruito,
alcuni che vi turbano e che vogliono ma per rivelazione di GESÙ CRISTO.
deviare il Vangelo di Cristo.

8 13
Anche se noi stessi o un angelo del Poiché avete sentito parlare della
cielo vi annunciasse un Vangelo contra- mia condotta di un tempo nel giu-
rio a quello che vi abbiamo annun- daismo: a oltranza perseguitavo la
ciato, sia anatema! Chiesa di Dio e cercavo di rovi-
9
Come ve lo abbiamo già detto, nar/a.
ora di nuovo lo ripeto:
14
se qualcuno vi annuncia un Vangelo E avanzavo nel giudaismo più di
contrario a quello che AVETE RICEVU- molti dei coetanei della mia razza,
TO, sia anatema! essendo molto più zelante per LE
TRADIZIONI dei miei padri.

10 15
Ora infatti sono UOMINI che voglio Ma quando piacque a Colui che mi
persuadere, oppure sarebbe DIO? aveva scelto fm dal seno di mia madre e
che mi ha chiamato con la sua grazia
16
Forse cerco di piacere di rivelare suo Figlio in me affinché lo
agli UOMINf? annunziassi alle nazioni,
subito, non consultai né la carne né il
Se ancora fosse a degli UOMINI che sangue 17 e non salìi a Gerusalemme da
volessi piacere, di CRISTO non sarei più quelli che furono apostoli prima di me,
servitore. ma partìi in Arabia e di nuovo ritornai a
Damasco.

Le due sequenze hanno una composizione analoga: ciascuna comprende tre


parti organizzate in maniera concentrica.
Sezione A: Gal1,6-2,21 65

Termini iniziali
Le due sequenze cominciano con un verbo presente alla prima persona
singolare, «mi meravigli m> (6) e «faccio sapere» ( 11 ). «Mi meraviglio» lascia
intendere che, nella prima sequenza, Paolo insorgerà contro la condotta dei suoi
destinatari; mentre «vi faccio sapere», all'inizio del passo successivo, introduce
quello che vuole comunicargli. Così la prima sequenza presenta l'aspetto nega-
tivo del messaggio di Paolo e la seconda il suo aspetto positivo. Il cambiamento
di tono tra le due sequenze è segnato dall'utilizzo, all'inizio della sequenza A2,
del vocativo «fratelli» (11a); mentre la sequenza Al comincia assai bruscamen-
te, senza alcuna apostrofe. Nei due casi ciò che è in discussione è «il Vangelo»:
da una parte «un vangelo diverso» al quale i Galati si sono rivolti (6), dall'altra
«il Vangelo» vero annunciato da Paolo (11).

Termini estremi
All'inizio delle parti estreme (6 e 15) i Galati sono messi sullo stesso piano di
Paolo, poiché sia gli uni che l'altro sono stati «chiamati» da Dio («Colui»)
«nella grazia» o «con la grazia».

Termini medi
L'ultima parte della prima sequenza (10) e la prima parte della sequenza
successiva (11-12) sono le sole dove appare la parola <<Uomo» («uomini»), tre
volte al plurale in 10, due volte al singolare in 11-12. Nei due casi «uomo»
(<<Uomini») è opposto a «Dio» (lOc) o a «(Gesù) Cristo» (10g.12d).

Termini centrali
Le parti centrali (8-9 e 13-14) si corrispondono. Nei due casi si tratta di una
condanna: una volta da parte del giudeo Paolo che perseguitava la Chiesa di Dio
(13), oggi da un altro Paolo che invoca la maledizione divina su tutti quelli che
volessero cambiare il Vangelo (8cd.9de); il seguito della Lettera dimostrerà che
questo sconvolgimento tende a un ritorno al giudaismo. Ciò è già suggerito dalla
corrispondenza tra la doppia occorrenza di «annunciare-un-vangelo (contra-
rio a)» e la doppia occorrenza di «nel giudaismo». Due tradizioni sono così
messe in opposizione, quella dei padri (para-dosis) alla quale Paolo era un tem-
po legato, e quella del Vangelo che i Galati hanno ricevuto (para-lambano)
da Dio.
66 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

INTERPRETAZIONE

«Mi meraviglio»
È molto probabile che, sin dalle prime righe della lettera che era loro inviata,
i Galati abbiano immediatamente compreso quello che Paolo voleva dire. Non
era infatti la prima volta che egli affrontava con loro l'argomento: ciò che gli
dice qui, glielo aveva già detto prima (1,9). Ma bisogna riconoscere che dopo
aver letto le prime due sequenze della sezione (l ,6-1 O e 11-17), il lettore non
informato della divergenza che oppone Paolo e i suoi corrispondenti della
Galazia, non avrà appreso niente di preciso circa il contenuto della controversia.
Certo egli si rende conto che la questione deve essere delle più gravi agli occhi
di Paolo, poiché comincia in modo tanto rude e pure violento. Tutti sanno che
non è bello ricevere un miramur («ci meravigliamo»), questo genere di lettera di
duro rimprovero, divenuto classico nel mondo ecclesiastico, che comincia esatta-
mente con lo stesso verbo del corpo della Lettera ai Galati: «Mi meravigliO>>
(1,6). L'anatema raddoppiato, che al centro della prima sequenza Paolo getta su
chi osasse contraddirlo - fosse pure un angelo del cielo! (1,8-9) -, non lascia
alcun dubbio sull'estrema gravità della situazione. È in questione niente meno
che il Vangelo (1,6.7.8.9.11), e attraverso di esso è la fedeltà a Dio stesso che è
coinvolta (l ,6). In effetti è necessario scegliere: Dio e il suo Cristo oppure gli
uomini (1,10). Se con la prima sequenza (1,6-10) Paolo non ha certamente
redatto una captatio benevolentiae nella debita forma, nondimeno egli ha indub-
biamente attirato l'attenzione dei Galati suoi lettori e suscitato l'interesse di
quelli che attendono con impazienza di conoscere di cosa si tratti esattamente.

«Vi faccio sapere»


Paolo può ora adottare un tono più sereno, per ricordare a quelli che ormai
chiama suoi <<fratelli» (l, 11) quale fu l'origine di questo Vangelo che egli
difende con tanta veemenza. Se non può scendere a patti sul contenuto del suo
Vangelo, è perché non gli è venuto da qualche tradizione umana ma per illu-
minazione divina. Lo ha ricevuto per «rivelazione» diretta di Gesù Cristo (1,12):
è Dio stesso che glielo ha «rivelato» (1,15-16). L'autorità di questa rivelazione
gli aveva dato una tale certezza che non aveva neppure sentito il bisogno di
rimettersi a quelli che Gesù aveva scelto durante la sua vita terrena. Se riconosce
senza mezzi termini che essi furono apostoli prima di lui (1,17), la coscienza
della radicalità originale della sua vocazione fa in modo che egli consideri la sua
missione della stessa natura della loro. Essi non sono i soli «apostoli»; lui pure lo
è proprio quanto loro. Che prima egli abbia perseguitato a oltranza la Chiesa di
Dio (1,13), visceralmente attaccato com'era alle tradizioni dei suoi padri (1,14),
non fa che rinforzare la sua convinzione che la sua vocazione non deve nulla agli
uomini, ma che viene da Dio soltanto. Forte di questa chiamata, non potrebbe
esitare un solo istante a difendere il Vangelo contro quelli che volessero snatu-
rarlo. Il lettore apprende - come per inciso e soltanto alla fine del secondo
Sezione A: Gal1,6-2,21 67

passo- quali siano i destinatari della missione che gli è stata affidata da Dio: si
tratta delle nazioni alle quali è stato inviato ad annunciare che Gesù Cristo è il
Figlio di Dio (1,16). Il lettore può cosi cominciare a intravvedere che il conflitto
si pone non soltanto fra «il giudaismm> e «il Vangelm>, in altre parole fra la
tradizione dei padri (1,14) e la rivelazione ricevuta da Dio (1,12.15-16); ma che
dovrebbe vertere sulla relazione tra i giudei e le nazioni a proposito del Vangelo,
vale a dire Gesù Cristo. Effettivamente è su questo rapporto che Paolo ritornerà
negli ultimi due passi della sezione, raccontando come questo è stato già .trattato
nel passato in linea con gli Apostoli.

Chiamati nella grazia


Sin dall'inizio Paolo mette i suoi destinatari dinanzi a Colui che li ha «chia-
mati» (6). Non è Paolo che essi hanno «disertato», è Dio stesso. Cosi facendo
l'Apostolo li rimanda al loro primo incontro con il Signore, all'esperienza fonda-
trice della loro vocazione, quando, attraverso il suo annuncio del Vangelo, egli li
aveva messi in relazione con Colui che lo aveva inviato a loro. Nell'altra
estremità della sottosezione (15), egli stesso si riferisce a Colui che l'aveva
«chiamato». Rimanda così i suoi lettori all'origine della propria vocazione, che
risale, al di là della sua conversione, fino a prima della sua nascita, quando era
ancora nel seno di sua madre. Erodoto dice che «di ogni cosa bisogna indagare la
fine». Nei momenti di crisi, di messa in discussione, è necessario al contrario
considerare l'origine, risalire al primo sgorgare della sorgente. Alle estremità
della sottosezione, Paolo Io fa in due tempi: invitando dapprima i Galati a
ricordarsi della loro chiamata «nella grazia di Cristo» (6); infine ricordando la
chiamata che Dio gli aveva rivolto «con la sua grazia», avendolo destinato alla
sua missione da prima della sua nascita (15). È dalla medesima grazia, di Dio e
di Cristo suo Figlio, che scaturisce la vocazione dei Galati e di chi Ii ha evange-
lizzati. È questa medesima grazia che ne fa dei fratelli, figli dello stesso Padre di
Gesù Cristo.
68 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

B. L'ULTIMA SOTTOSEZIONE (SEQUENZE A4-A5)

COMPOSIZIONE

A4 (2,1-10) A5 (2,11-21)
1 11
Poi, dopo quattordici anni, di nuovo SALÌ! A Quando CEFA VENNE AD ANTIOCHIA, gli
GERUSALEMME con BARNABA, prendendo con resistei in faccia perché era da biasimare:
me anche TITO. 2 Vi salìi in seguito a una 12
infatti prima che venissero alcuni da parte
rivelazione. Esposi loro il Vangelo che di GIACOMO mangiava con le nazioni; ma
annuncio tra le nazioni ma in privato ai quando vennero, si ritirò e si mise in dispar-
notabili per evitare di correre o aver corso te, temendo quelli della Circoncisione.
invano.
3 13
Ora PERFINO TITO mio compagno, E lo seguirono nell'ipocrisia il resto
che era greco, dei giudei, tanto che PERFINO BARNABA
NON FU cosTRETIO a farsi circoncidere. FU TRASCINATO dalla loro ipocrisia.

4 14
Ciò era a causa dei falsi fratelli infiltrati che Ma quando vidi che non camminavano
si erano introdotti per spiare la nostra libertà rettamente secondo la verità del Vangelo,
che abbiamo in CRISTO GESÙ, al fine di dissi a Cefa davanti a tutti: «Se tu che sei
renderei schiavi, 5 ai quali neanche un'ora giudeo, vivi come le nazioni e non come
abbiamo accettato di sottometterei, affinché i giudei, come mai vuoi COSTRINGERE le
la verità del Vangelo rimanesse per voi. nazioni a giudaizzare?

6 15
Ma da parte di quelli che erano considerati Noi, siamo giudei di nascita e non di
notabili, - quello che allora potevano essere questi peccatori delle nazioni. 16 Ma sapendo
poco m'importa, Dio non guarda l'apparenza che non è giustificato alcun uomo dalle opere
dell'uomo - a me i notabili non imposero della Legge se non per la Fede in GEsù
nient'altro. CRISTO, anche noi in CRISTO GESÙ abbiamo
creduto per essere giustificati per la Fede in
7
Ma, vedendo al contrario che mi era stato CRISTO e non dalle opere della Legge, poiché
affidato il Vangelo del Prepuzio come ·a dalle opere della Legge «non è giustificata
Pietro della Circoncisione, poiché Colui alcuna carne>>. 17 Se, cercando di essere giu-
che ha operato in Pietro per l'apostolato stificati in CRISTO, siamo anche noi trovati
della Circoncisione ha operato anche in me peccatori, allora CRISTO è servitore del
per le nazioni, peccato. No di certo!
9 18
e conoscendo la grazia Se infatti riedifico ciò che ho demolito,
che mi era stata data, mi dimostro io stesso trasgressore.
19
GIACOMO, CEFA e Giovanni, i notabili che Io infatti per la Legge alla Legge sono
sono le colonne, mi diedero la destra così stato messo a morte; affinché io viva per Dio,
come a BARNABA in segno di comunione: con CRISTO sono crocifisso. 20 Non sono più
dovevamo essere noi per le nazioni, loro per io che vivo, ma vive in me CRISTO. Ciò che
la Circoncisione. ora vivo nella c·ame, lo vivo nella fede nel
Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se
10
Dovevamo soltanto ricordarci dei poveri. stesso per me. 21 Non annullo la grazia di
E questo ho sempre tenuto a farlo. Dio; perché se per mezzo della Legge venis-
se la giustificazione, allora CRISTO sarebbe
morto invano.
Sezione A: Gal l ,6-2,21 69

Rapporti tra i primi passi (1-5 e 11-14)


Da una parte Paolo «sale a Gerusalemme» (1), dall'altra «Cefa venne ad
Antiochim> ( 11 ); Paolo è accompagnato dal giudeo «Barnaba» e dal greco «Tito»
(l), mentre Cefa, che frequentava i greci, è presto raggiunto dai giudei «da parte di
Giacomo» (12).
I centri si corrispondono: da un lato (3) «neppure Titm> il greco è «costretto» a
farsi circoncidere, dall'altro (13) «perfino Barnaba» il giudeo è <<trascinato» a
separarsi dagli etnico-cristiani.
Nelle ultime parti ritorna l'espressione «la verità del Vangelo» (5c.l4b); sono le
sole occorrenze di questo sintagma in tutta la Lettera.
Si noti inoltre che la coppia «giudei»l«nazioni» (o «Circoncisione») che si trova
nelle parti estreme del primo passo di A5 (12.14), si ritrova al centro del primo
passo di A4 (3: «greco»l«circonciso»). Il verbo <<costringere» è ripreso al centro
del primo passo (3c) e alla fine del passo simmetrico (14e).

Rapporti tra i secondi passi (6-10 e 15-21)


«Uomo» è ripreso agli inizi (6d.l6b); sono i soli impieghi di questa parola
nelle due sequenze.- «Grazia» ritorna al centro del secondo passo di A4 (9a) e
alla fine del secondo passo di A5 (21a).- La doppia opposizione tra «Prepuzio»
/«nazioni» e «Circoncisione» (7-9) è ripresa dall'opposizione tra «giudei» e
«nazioni» in 15ab. - Alla coppia di verbi complementari «mi era statù affidato»
(pisteuo: 7ab) e «ha operato» (energeo: 8b.c) in A4 corrisponde la coppia «fede»
(pistis: 16c.e) l «opere» (erga: 16bc.f) in A5; da notare che da un lato è Dio che
agisce (in 7-8 egli è il soggetto di «operare» e il passivo «era stato affidato» è un
passivo divino); mentre dall'altro (16) il soggetto della «fede» e delle «opere» è
l'uomo.- In maniera complessiva, mentre in 6-10 nessun precetto della Legge è
imposto agli etnico-cristiani.(salvo di «ricordarsi dei poveri» in 10),62 nella parte
simmetrica (15-21) Paolo spiega che la Legge non serve a nulla per i giudei che
hanno creduto in Cristo. Questo rapporto è segnato dalle negazioni di 6d e 16b.f.

Altri rapporti tra A4 e A5


I nomi di «Giacomo», «Cefa» e «Barnaba» ritornano nel secondo passo di A4
(9c.e) e nel primo di A5 (11a.l2b.l3b); la coppia «le nazioni» (o «il Prepuzio»)/
«la Circoncisione», in quanto indicanti i due gruppi che compongono la. Chiesa
di Cristo, ritorna tre volte nel secondo passo di A4 (7bc. 8cd.9fg) e riappare
come tale nel primo passo di A5 (12c.e e 14cd).- In maniera complementare, la
fine del primo passo di A4 (4-5) sembra rinviare all'ultimo passo della sequenza
A5 (15-21). Il nome di «Cristo» che è citato otto volte in 15-21- di cui due volte

62
L'ultima parola di A4, «fare)), entra nel campo semantico delle «opere».
70 È il Vangelo di Cristo che ho annunc.iato

accostato a quello di «Gesù» -.ritorna una sola volta altrove nelle due sequenze,
alla fine del primo passo di A4: «Cristo Gesù». 63

INTERPRETAZIONE

Due città tipiche


I luoghi dove accadono gli avvenimenti riportati nelle due sequenze sono
complementari: Gerusalemme prima (2, l) come centro e simbolo delle comunità
giudeo-cristiane, Antiochia in seguito (2,11) come rappresentativa delle comuni-
tà di origine pagana. Ciascuna di queste città è il teatro dell'incontro dei due tipi
di comunità, e del loro conflitto. Infatti è innanzitutto Paolo, l'apostolo delle
nazioni, che, non soltanto con il giudeo Barnaba ma anche con Tito il pagano,
sale a Gerusalemme per incontrare i responsabili dell'evangelizzazione dei giu-
dei, tra i quali Giacomo e Cefa. In seguito è questo stesso Cefa, presto raggiunto
da alcuni giudeo-cristiani venuti da Gerusalemme da parte di Giacomo, che
scende ad Antiochia dove dovrà confrontarsi con i rimproveri di Paolo.

Costrizione della Legge o verità del Vangelo


Nei due casi è il rapporto tra giudeo-cristiani («i giudei)): 2,13.14.15; «la
Circoncisione)): 2,7.9.12) ed etnico-cristiani («le nazioni>): 2,2.8.9.12.14.15; «il
Prepuzio)): 2,7b) che si pone: a Gerusalemme, Tito, che non è circonciso come i
giudei, sarà obbligato a conformarsi alla Legge su questo punto preciso? Ad
Antiochia, Cefa che è un giudeo si curverà alla Legge che vieta la comunione di
mensa con i pagani? Mentre a Gerusalemme, nonostante le pressioni di alcuni,
«perfino)) Tito il greco «non fu costretto)) a sottomettersi alla Legge facendosi
circoncidere (2,3), ad Antiochia al contrario, «perfino)) Barnaba il giudeo «fu
trascinatO>) a sottomettersi alla Legge rifiutando di mangiare con i pagani (2,13).
Nei due casi, si tratta della «costrizione» della Legge (2,3 e 14) che si oppone a
«la verità del Vangelo)) (2,5 e 14).

Come realizzare la comunione?


In fin dei conti è in questo modo che viene posto il problema dell'identità
cristiana. I pagani che hanno abbracciato la fede w
Cristo devono per questo
diventare giudei e sottomettersi alle prescrizioni della Legge? I giudei che, al
contrario, hanno aderito alla fede in Cristo, possono diventare come i pagani,
abbandonando i comandamenti della Legge? È in gioco in altre parole la
questione dell'unità, della «comunione)) (2,9) tra tutti: come può realizzarsi
l'unità tra i due gruppi? Il dilemma è di sapere se uno dei due debba identificarsi
con l'altro; e, se sì, con quale dei due? Lo si potrebbe porre in altri termini: cos'è
che realizza l'unità? La Legge o la Fede? O più esattamente: le opere della

63
Le espressioni «in Cristo GesÙ>> traducono due sintagmi leggermente differenti in greco: en
Christo; Jesou in 2,4, eis Christon Jesoun in 2,16.
Sezione A: Gal1,6-2,21 71

Legge o la fede nel Figlio di Dio? In definitiva: me stesso con la mia pratica
della Legge o Cristo con la sua morte? In nome della «libertà» del Vangelo
(2,4), Tito non era stato sottomesso né alla circoncisione né a «nient'altro)) (2,6).
In compenso - in nome dello stesso principio - non si può immaginare che
Paolo avesse preteso dai giudeo-cristiani di Gerusalemme che essi rinunciassero
alla pratica delle osservanze della Legge, dal momento che essi credevano che la
giustificazione gli veniva acquisita non per le opere della Legge ma per la fede
in Gesù Cristo. Ma quando Pietro, dopo aver infranto i divieti della Legge per
condividere la mensa degli etnico-cristiani, ritorna indietro e si separa da loro
(2,12), non so1o rompe la comunione, ma riconoscendo effettivamente con il suo
voltafaccia di essersi comportato come un peccatore (2, 17), conferisce nuova-
mente alla Legge un valore salvifico, sottraendolo di conseguenza alla morte di
Cristo. Ne consegue logicamente che, se i pagani vogliono ·essere salvati dal
peccato, devono praticare la Legge. È vero che, così facendo, Cefa costringe i
pagani a giudaizzarsi.

Solo la carità fonda l'unità


Questo vuoi dire che i cristiani di origine pagana non sono sottomessi ad
alcuna legge? La fine della prima sequenza fornisce la risposta: l'unica cosa
imposta ai pagani è di «ricordarsi dei poveri)) (2, l 0). Sicuramente non c'è qui
una raccomandazione occasionate, dettata soltanto dalla situazione di carestia
delle comunità della Giudea. La carità è la sola legge; è unicamente questa che
deve regolare i rapporti degli etnico-cristiani verso i giudeo-cristiani. Non c'è
dubbio che essa sia pure la legge che obbliga anche i giudeo-cristiani verso i loro
fratelli etnico-cristiani; se infatti i cristiani di origine pagana devono condividere
il loro pane con i giudeo-cristiani (2,10), come potrebbero questi ultimi rifiutare
di condividere la mensa degli etnico-cristiani (2, 12)? La carità è ciò che realizza
l'unità tra i cristiani, di qualsiasi provenienza essi siano; giacché è la legge che
ha adempiuto Cristo, consegnando se stesso per gli uni come per gli altri (2,20).
72 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

C. L'INSIEME DELLA SEZIONE (1,6-2,21)

COMPOSIZIONE

Rapporti tra le sottosezioni estreme (A1-A2 e A4-A5)

1,6 M/ MERAVIGLIO che così in fretta voi disertiate Colui che vi ha chiamati nella GRAZIA di Cristo
verso un vANGELO diverso. 7 Non che ce ne sia un altro, ma vi sono alcuni che vi turbano e che
vogliono deviare IL VANGELO di Cristo. 8 Anche se noi stessi o un angelo del cielo vi annunzjasse un
vangelo contrario a quello che noi vi abbiamo annunziato, sia anatema! 9 Come ve lo abbiamo già
detto, anche ora di nuovo lo dico: se qualcuno vi annunzia un vangelo contrario a quello che avete
ricevuto, sia anatema! 10 Ora infatti sono degli uomini che voglio persuadere, o sarebbe Dio? Forse
cerco di piacere agli uomini?
• SE ancora a degli UOMINI volessi piacere, di llUSTO non sarei più il servo.
11. VI FACCIO SAPERE, FRATELLI, che /L VANGELO che è stato annunziato da me non è secondo un
uomo; 12 del resto, io, non da un uomo l'ho ricevuto o ne sono stato istruito, ma per una rivelazione di
Gesù Cristo. 13 Infatti, voi avete sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: a
oltranza perseguitavo la Chiesa di Dio e cercavo di rovinarla. 14 E avanzavo nel giudaismo più di molti
coetanei della mia razza, essendo molto più zelante per le tradizioni dei miei padri. 15 Ma quando
piacque a Colui che mi aveva scelto fin dal seno di mia madre e che mi ha chiamato con la SUA
GRAZIA 16 di RIVELARE SUO FIGLIO in me, perché lo annunzi alle nazioni, subito, non consultai
né la carne né il sangue 17 e NON SALÌ/ A GERUSALEMME da quelli che furono apostoli prima di me,
ma partìi in Arabia e di nuovo ritornai a Damasco.

[ ...]

2, 1 Poi, dopo quattordici anni, di nuovo SALÌI A GERUSALEMME con Barnaba, accompagnato anche da
Tito; 2 vi salìi in seguito a una RIVELAZIONE. ESPOSI LORO /L VANGELO che proclamo alle nazioni ma
in privato ai notabili per evitare di co1Tere o aver corso invano. 3 Ora neppure Tito mio compagno, che
era greco, fu costretto a farsi circoncidere. 4 Ciò era a causa dei FALSI-FRATELLI infiltrati che si
erano introdotti, per spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, al fine di ridurci in schiavitù,
5
ai quali neanche un'ora abbiamo accettato di sottometterei, affinché la verità del Vangelo rimanesse
per voi. 6 Ma da parte di quelli che erano considerati i notabili - quello che allora potevano essere stati
yoco m'importa, Dio non guarda all'apparenza dell'uomo -, a me i notabili n'on imposero nulla.
Anzi, vedendo che mi era stato affidato il Vangelo del Prepuzio come a Pietro della Circoncisione-
8
poiché Colui che aveva operato in favore di Pietro per l'apostolato della Circoncisione ha operato
anche in mio favore per le nazioni- 9 e conoscendo LA GRAZIA che mi era stata data, Giacomo,
Cefa e Giovanni, i notabili che sono le colonne, mi diedero la destra così come a Barnaba in segno di
comunione: dovevamo essere noi per le nazioni, loro per la Circoncisione. 10 Dovevamo soltanto
ricordarci dei poveri. E questo ho sempre .tenuto a farlo.
11 Quando Cefa venne ad Antiochia, GLI RESISTEI in faccia perché era da biasimare: 12 Infatti prima
che alcuni venissero da parte di Giacomo mangiava con le nazioni; ma quando quelli arrivarono, si
ritirò é si separò, temendo quelli della Circoncisione.
13 E lo seguirono nell'ipocrisia il resto dei
14
giudei, a tal punto che perfmo Barnaba fu trascinato dalla sua ipocrisia. Ma quando vidi che non
camminava rettamente secondo la verità del VANGELO, dissi a Cefa davanti a tutti: «Se tu che sei
[siudeo, vivi come le nazioni e non come i giudei, come mai Vuoi costringere le nazioni a giudaizzare?
Noi, siamo giudei di nascita e non di questi peccatori delle nazioni. 16 Ma sapendo che non è
giustificato alcun uomo per le opere della Legge se non per la Fede in Gesù Cristo, anche noi in Cristo
Gesù abbiamo creduto per essere giustificati dalla Fede in Cristo e non dalle opere della Legge, poiché
dalle opere della Legge «non è giustificata alcuna carne». 17 Ma se, cercando di essere giustificati in
Cristo, siamo anche noi trovati peccatori, allora Cristo è servo del peccato. No di certo! 18 Infatti se
riedifico ciò che ho demolito, mi dimostro io stesso trasgressore. 19 Io infatti, ~r la Legge, alla Legge
sono stato messo a morte; affmché io viva per Dio, con Cristo sono crocifisso. 20 Non sono .più io che
vivo, ma vive in me Cristo. Quello che ora vivo nella carne, lo vivo nella fede nel FIGLIO DI DIO che mi
ha amato è ha donato se stesso per me. 21 Non annullo LA GRAZIA di Dio;
• perché SE mediante LA LEGGE venisse la giustificazione, allora IJIISTO sarebbe morto per niente.
Sezione A: Gal l ,6-2,21 73

Tra le sequenze Al e A5
Gli esordi si corrispondono. «Mi meraviglio)) (l ,6) e «gli resistei)) (2, 11)
rivelano una riprovazione energica. L'oggetto dei rimproveri di Paolo è simile:
i Galati hanno «disertatO)) (1,6), Cefa «si ritirò e si mise in dispare)) (2,12). La
ragione di un simile comportamento è dovuta ali' influenza di «alcunh) (l, 7 e
2,12). Il verbo «deviare)) può essere messo in relazione con «non camminare
rettamente)) (2,14), tanto più che i loro complementi sono simili: «il Vangelo di
CristO)) (1,7) e «la verità del Vangelm) (2,14).
Le ultime frasi delle sequenze sono parallele. In l, l Oc «gli uomini)) sono
opposti a «Cristm); in 2,2lb è «la Legge)) che gli è contrapposta (1,10).

Tra le sequenze A2 e A 4
Gli esordi si corrispondono. «Vi faccio sapere)) (1,11) ed «esposi lorO)) (2,2)
sono sinonimi; i loro complementi identici («il V angela>)) sono seguiti da deter-
minanti sinonimi ci («che è stato annunciatm) e «che proclamO))). I Galati sono
chiamati «fratelli)) in l, 11; quanto ai giudaizzanti, sono chiamati «falsi fratelli))
in 2,4.
Per i termini medi, «non salìi a Gerusalemme)) (l, 17) si oppone a «salìi a
Gerusalemme)) (2;1), Inoltre, il sostantivo «rivelazione)) è ripreso in 1,12 e 2,2.
«Colui [... ] che mi ha chiamato [... ] perché lo annunzi alle nazioni (1,15-16)
annuncia «Colui che [... ]ha operato anche in me per le nazioni)) (2,8) preparato
da «mi era stato affidato il Vangelo del Prepuzio)) (2,7).
I verbi tradotti con «non consultai)) (1,16) e «non m'imposero niente)) (26),
entrambi segnati dalla negazione, sono identici in greco (prosanatithemai); il
soggetto del primo è Paolo, quelli del secondo sono «i notabili)).
Il comportamento dei «falsi fratelli)) (2,4) di Gerusalemme somiglia in
qualche modo a quello di Paolo quando era ancora fermamente vincolato alle
tradizioni giudaiche (l, 14). Pertanto è possibile affermare che le due occorrenze
di «nel giudaismo)) (l, 13.14) si oppongono a «la nostra libertà èhe abbiamo in
Cristo GesÙ)) (2,4) e «la verità del Vangelo)) (2,5); tanto più che la stessa prepo-
sizione «iD)) è utilizzata per «il giudaismo)) e «Cristo Gesù)).

Attraverso le due sottosezioni


Le quattro occorrenze della parola «grazia)) svolgono una funzione struttu-
rante; ritorna infatti verso la fine delle sequenze A2 e A4 (1,15; 2,9) così come
all'inizio di Al (1,6) e alla fine di A5 (2,21). All'inizio (1,6) si tratta della
«grazia di Cristo)) e negli altri tre casi si tratta della grazia di Dio, esplicitamente
in 2,21 («non annullo la grazia di Dio))), ma anche in 1,15 («Colui[ ... ] che mi ha
chiamato con la sua grazia))) e in 2,9 («la grazia che mi era stata data)), dove il
verbo è un passivo divino).
Le due uniche occorrenze di «Figlio)) (designante Gesù) si ritrovano come
termini finali delle due sottosezioni (1,15 e 2,20).
74 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

Rapporti tra la sequenza centrale e il resto della sezione

1,6 MI MERAVIGLIO che così in fretta voi disertiate Colui che vi ha chiamati nella grazia di CRISTO verso un
VANGELO diverso. 7 Non che ce ne sia un altro, ma vi sono alcuni che vi turbano e che vogliono deviare
IL VANGELO di I:RISTO. 8 Anche se noi stessi o un angelo del cielo vi annunziasse un VANGELO contrario a quello
che noi vi abbiamo annunziato, sia anatema! 9 Come ve lo ABBIAMO .GIÀ DETTO, anche ora di nuovo
LO DICO: se qualcuno vi annunzia un VANGELO contrario a quello che avete ricevuto, sia anatema! Lo Ora
· infatti sono degli uomini che voglio persuadere, o sarebbe Dio? Forse cerco di piacere agli uomini? Se
ancora a degli uomini volessi piacere, di OIISTO non sarei più il servo.
12
li VI FACCIO SAPERE, fratelli, che IL VANGELO che è stato annunziato da me non è secondo un uomo; del
resto, io, non da un uomo l 'ho ricevuto o ne sono stato istruito, ma per una rivelazione di GffiÙ OUSTO.
13
Infatti, VOI AVETE SENTITO parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: a oltranza
4
PERSEGUITAVO la Chiesa di Dio e CERCAVO DI ROVINARLA. L E avanzavo nel giudaismo più di molti coetanei
della mia razza, essendo molto più zelante per le tradizioni dei miei padri. Ls Ma quando piacque a Colui che
mi aveva scelto fin dal seno di mia madre e che mi ha chiamato con la grazia 16 di rivelare suo Figlio in me,
perché /o annunzi alle nazioni, subito, non consultai né la carne né il sangue 17 e NON SALii A GERUSALEMME
da quelli che furono apostoli prima di me, MA P ARTIIIN ARABIA E DI NUOVO RITORNAI A DAMASCO.

8
L Por, DOPO tre ANNI, SALir A GERUSALEMME per andare a conoscere CEFA e rimasi presso di lui
quindici giorni; L9 non vidi nessun altro degli apostoli, ma solo GIACOMO il fratello del Signore.
2
°Ciò che VI SCRIVO, ecco davanti a Dio che NON MENTO.
2
Poi, ANDAI NELLE. REGIONI DELLA SIRIA E DELLA CILICIA. 22 Non ero del resto conosciuto di
L
persona dalle chiese della Giudea che sono in OUSTO; 23 ESSE AVEVANO soltanto SENTITO dire: «Colui
che una volta ci PERSEGUITAVA, ora annuncia LA FEDE che un tempo CERCAVA DI ROVINARE»
24
e glorificavano Dio a causa mia.

2, L POI, DOPO quattordici ANNI, di. nuovo SALÌ/ A GERUSALEMME con Barnaba, accompagnato anche da
Tito; 2 vi salii in seguito a una rivelazione. ESPOSI LORO IL VANGELO che proclamo alle nazioni ma in privato
ai notabili per evitare di correre o aver corso invano. 3 Ora neppure Tito mio compagno, che era .greco, fu
costretto a farsi circoncidere. 4 Ciò era a causa dei falsi fratelli infiltrati che si erano introdotti, per spiare la
nostra libertà che abbiamo in OIISTO GESÙ, al fme di ridurci in schiavitù, s ai quali neanche un'ora abbiamo
accettato di sottometterei, affmché LA VERITÀ del VANGELO rimanesse per voi. 6 Ma da parte di quelli che
erano considerati i notabili - quello che allora potevano essere stati poco m'importa, Dio non guarda
all'apparenza dell'uomo-, a me i notabili non imposero nulla. 7 Anzi, vedendo che mi ERA STATO AFFIDATO IL
VANGELO del Prepuzio come a Pietro della Circoncisione - 8 poiché Colui che aveva operato in favore di
Pietro per l'apostolato della Circoncisione ha operato anche in mio favore per le nazioni - 9 e conoscendo la
grazia che mi era stata data, GIACOMO, CEFA e Giovanni, i notabili che sono le colonne, mi diedero
· la destra così come a Barnaba in segno di comunione: dovevamo essere noi per le nazioni, loro per la
Circoncisione. LO Dovevamo soltanto ricordarci dei poveri. E questo ho sempre tenuto a farlo.
liQuando CEFA venne ad Antiochia, GLI RESISTEI in faccia perché era da biasimare: 12 infatti prima che
alcuni venissero da parte di GIACOMO man~iava con le nazioni; ma quando quelli arrivarono, si ritirò e si
separò, temendo quelli della Circoncisione. E lo seguirono nell'ipocrisia il resto dei giudei, a tal punto che
L

perfino Barnaba fu trascinato dalla sua ipocrisia. 14 Ma quando vidi che non camminava rettamente secondo
LA VERITÀ del VANGELO, dissi a CEFA davanti a tutti: «Se tu che sei giudeo, vivi come le nazioni e non come i
giudei, come mai vuoi costringere le nazioni a giudaizzare? 15 Noi, siamo giudei di nascita e non di questi
peccatori delle nazioni. 16 Ma sapendo che non è giustificato alcun uomo per le opere della Legge se non per
la FEDE in Gffit CIIISTO, anche noi in OIISTO Gesù abbiamo CREDUTO per essere giustificati dalla FEOE in OIISTO e
non dalle opere della Legge, poiché dalle opere della Legge <<Ilon è giustificata alcuna carne». L7 Ma se,
cercando di essere giustificati in I:RISTO, siamo anche noi trovati peccatori, allora I:RISTO è servo del peccato.
No di certo! L8 Infatti se riedifico ciò che ho demolito, mi dimostro io stesso trasgressore. L9 Io, infatti, per la
Legge, alla Legge sono stato messo a morte; affmché io viva per Dio, con OUSTO sono crocifisso. 20 Non sono
più io che vivo, ma vive in me I:RISTO. Quello che ora vivo nella carne, lo vivo nella FEDE nel FIGLIO DI DIO
che mi ha amato è ha donato se stesso per me. 2L Non annullo la grazia di Dio; perché se mediante la Legge
venisse la giustificazione, allora .I:IIISill sarebbe morto per niente.
Sezione A: Gall,6-2,21 75

Articolando la prima e l'ultima sottosezione, la breve sequenza centrale


ricopre la funzione di cardine che articola l'insieme della sezione.
L'inizio della prima parte di A3 annuncia la sequenza successiva:
1,18 Poi, dopo tre ANNI, salli a Gerusalemme
2,1 Poi, dopo quattordici ANNI, di nuovo salli a Gerusalemme. 64

Al contrario, l'inizio dell'ultima parte di A3 ricorda la fine della sequenza


precedente:

1,21a andai nelle regioni della Siria e della Cilicia


1,17b partì i in Arabia e di nuovo ritornai a Damasco.

Si noterà l'incrocio formato da queste annotazioni di spostamenti geografici. 65


D'altro canto, l'inizio di A3 (1,18) si oppone alla fine di A2, dove Paolo dice:
«non salì i a Gerusalemme)) (l, 17 a).

- All'inizio di A3 la brevità dell'incontro tra Paolo e Cefa e soprattutto la


negazione che segue (19) sono in linea con A2, che insiste a tal punto sul fatto
che il Vangelo annunciato da Paolo non è di un uomo. Ciò sarà confermato alla
fine (22) dal fatto che Paolo era sconosciuto alle chiese della Giudea. Al centro
di A2 Paolo aveva già raccontato come «perseguitava>> e «cercava di rovinare>>
la Chiesa di Dio (1,13; 23) prima «di annunciare)) (euaggelizo) «il VangelO»
(euaggelion: l, 11.16; 23), vale a dire «la fede)) (l ,23). Questo i Galati come le
chiese della Giudea l'avevano «sentito)) (1;13; 23).
- La prima parte di A3 annuncia A4 con i suoi contatti tra Paolo e Pietro.
L'ultima parte prepara anch'essa la sequenza successiva in cui le autorità di
Gerusalemme riconosceranno la validità della missione di Paolo (2,7-9).

- I centri di A3 e di Al si corrispondono: infatti «ciò che vi scrivo)) richiama


«come ve lo abbiamo già detto, ora di nuovo lo ripeto». Il verbo «annunciare» di
1,23 (euaggelizo) era già stato utilizzato tre volte in Al (1,8 bis.9), accompagna-
to da «vangelo» (euaggelion: 1,6.7.8.9). Mentre il complemento di «annunciare»
è «il vangelo» in Al, in A3 è «la fede».
- Quest'ultimo termine, che non era apparso prima, si ritroverà solo nel secondo
passo di A5, tre volte sotto forma nominale (pistis: 2,16 bis.20) e una volta sotto
forma verbale, «abbiamo creduto» (pisteuo: 2,16). 66 I nomi di «Cefa» e di
«GiacomO» all'inizio di A3 ritornano anche all'inizio di A5.

64
Le preposizioni tradotte con «dopo)) sono differenti in greco (meta in 1,18; dia in 2,1) ma
comunque sinonime.
65
Un incrocio dello stesso genere si trova già nella sequenza Al (1,6-10; vedi p. 27, ultimo
paragrafo). Sulla legge dell'incrocio al centro, vedi il Trattato, 637-638.
66
Un verbo della stessa radice è utilizzato, al passivo, in A4: «mi è stato affidato il Vangelo»
(2,7).
76 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

1/ MI MERAVIGLI O che così in fretta voi disertiate Colui che vi ha chiamati nella grazia di tRISTO verso un
7
VANGELO diverso. Non che ce ne sia mi altro, ma vi sono alcuni che vi turbano e che vogliono deviare
8
IL VANGELO di IJIISTO. Anche se noi stessi o un angelo del cielo vi annunziasse un VANGELO contrario a quello
che noi vi abbiamo annunziato, sia anatema! 9 Come ve lo ABBIAMO GIA DETTO, anche ora di nuovo
LO DICO: se qualcuno vi annunzia un VANGELO contrario a quello che avete ricevuto, sia anatema! 10 Ora
infatti sono degli uomini che voglio persuadere, o sarebbe Dio? Forse cerco di piacere agli uomini? Se
ancora a degli uomini volessi piacere, di OIISTO non sarei più il servo.
11
VI FACCIO SAPERE, fratelli, che IL VANGELO che è stato annunziato da me non è secondo un uomo; 12 del
resto, io, non da un uomo l'ho ricevuto o ne sono stato istruito, ma per una rivelazione di GF.'ìÙ IJIISTO.
13
Infatti, VOI AVETE SENTITO parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: a oltranza
14
PERSEGUITAVO la Chiesa di Dio e CERCAVO DI ROVINARLA. E avanzavo nel giudaismo più di molti coetanei
della mia razza, essendo molto più zelante per le tradizioni dei miei padri. 15 Ma quando piacque a Colui che
mi aveva scelto fin dal seno di mia madre e che mi ha chiamato con la sua grazia 16 di rivelare suo Figlio in
me, perché lo annunzi alle nazioni, subito, non consultai né la carne né il sangue 17 e. NON SALII A
GERUSALEMME da quelli che furono apostoli prima di me, MA PARTII IN ARABIA E Dl NUOVO RITORNAI A
DAMASCO.

18
POI, DOPO tre ANNI, SALII A GERUSALEMME per andare a conoscere CEFA e rimasi presso di lui
quindici giorni; 19 non vidi nessun altro degli apostoli, ma solo GIACOMO il fratello del Signore.
2
°Ciò che VI SCRIVO, ecco davanti a Dio che NON MENTO..
21
Poi, ANDAI NELLE REGIONI DELLA SIRIA E DELLA CILICIA. 22 Non ero del resto conosciuto di
persona dalle chiese della Giudea che sono in CRISTO; 23 ESSE AVEVANO soltanto SENTITO dire: «Colui
che una volta ci PERSEGUITAVA, ora annuncia LA FEDE che un tempo CERCAVA DI ROVINARE»
24
e glorificavano Dio a causa mia. .

2, 1 POI, DOPO quattordici ANNI, di nuovo SALii A GERUSALEMME con Barnaba, accompagnato anche da Tito;
2
vi salìi in seguito a una rivelazione. ESPOSI LORO IL VANGELO che proclamo alle nazioni ma in privato ai
notabili per evitare di correre o aver corso invano. 3 Ora neppure Tito mio compagno, che era greco, fu
costretto a farsi circoncidere. 4 Ciò era a causa dei falsi fratelli infiltrati che si erano introdotti, per spiare la
nostra libertà che abbiamo in tRISTO GF.'ìÙ, al fine diridurci in schiavitù, 5 ai quali neanche un'ora abbiamo
accettato di sottometterei, affinché LA VERITÀ del VANGELO rimanesse per voi. 6 Ma da parte di quelli che
erano considerati i notabili - quello che allora potevano essere stati poco m'importa, Dio non guarda
all'apparenza dell'uomo-, a me i notabili non imposero nulla. 7 Anzi, vedendo che mi ERA STATO AFFIDATO IL
8
VANGELO del Prepuzio come a Pietro della Circoncisione - poiché Colui che aveva operato in favore di
Pietro per l'apostolato della Circoncisione ha operato anche in mio favore per le nazioni- 9 e conoscendo la
grazia che mi era stata data, GIACOMO, CEFA e Giovanni, i notabili che sono le colonne, mi diedero
la destra cosi come a Barnaba in segno di comunione: dovevamo essere noi per le nazioni, loro per la
Circoncisione. 10 Dovevamo soltanto ricordarci dei poveri. E questo ho sempre tenuto a farlo.
11
Quando CEFA venne ad Antiochia, GLI RESISTEI in faccia perché era da biasimare: 12 infatti prima che
alcuni venissero da parte di GIACOMO manyiava con le nazioni; ma quando quelli arrivarono, si ritirò e -si
separò, temendo quelli della Circoncisione. 1 E lo seguirono nell'ipocrisia il resto dei giudei, a tal punto che
perfino Barnaba fu trascinato dalla sua ipocrisia. 14 Ma quando vidi che non camminava rettamente secondo
LA VERITÀ del VANGELO, dissi a CEFA davanti a tutti: «Se tu che sei giudeo, vivi come le nazioni e non come i
giudei, come mai vuoi costringere le nazioni a giudaizzare? 15 Noi, siamo giudei di nascita e non di questi
peccatori delle nazioni. 16 Ma sapendo che non è giustificato alcun uomo per le opere della Legge se non per
la FEDE in GF.'ìÙ IJIJSTO, anche noi in CIUSTO Gesù abbiamo CREDUTO per essere giustificati dalla FEDE in CRISTO e
non dalle opere della Legge, poiché dalle opere della Legge «non è giustificata alcuna carne». 17 Ma se,
cercando di essere giustificati in [RISTO, siamo anche noi trovati peccatori, allora tRISTO è servo del peccato.
No di certo! 18 Infatti, se riedifico ciò che ho demolito, mi dimostro io stesso trasgressore. 19 Io infatti, per la
Legge, alla Legge sono stato messo a morte; affmché io viva per Dio, con CRISTO sono crocifisso. 20 Non sono
più io che vivo, ma vive in me tRISTO. Quello che ora vivo nella carne, lo vivo nella FEDE nel FIGLIO DI DIO
che mi ha amato è ha donato se stesso per me. 21 Non annullo la grazia di Dio; perché se mediante la Legge
venisse la giustificazione, allora fJIISIO sarebbe morto per niente.

Il nome di «CristO>), citato una sola volta in A3 (1,22), è già stato menzionato
tre volte in Al (1,6.7.10) e lo sarà otto volte nella seconda parte di A5 (2,16
ter.17 bis.19 .20.21 ); accompagnato da «GesÙ)), il nome di «Cristm> ritorna una
Sezione A: Gal l ,6-2,21 77

sola volta in A2 e A4 (1,1 ; 2,4). «Il Signore» (che designa «Cristo Gesù))) non è
utilizzato che in A3 (l, 19).
«Annunciare la fede>> alla fine di A3 (1,23d) risuona dappertutto altrove:
«annunciare» (sotto forma nominale e verbale) è ripreso cinque volte in Al
(«Vangelo» in 1,6.7; «annunciare[-un-Vangelo]» in 1,8 ter.9 bis), tre volte in A2
(1,11 bis. 16), tre volte anche in A4 (2,2 bis.5) e una sola volta in A5 (2,14).
La parola «Legge» che ritorna sei volte nell'ultima parte di A5 (2,16 bis.19
bis.21) non è mai utilizzata prima; è tUttavia da mettere in relazione con le due
occorrenze di «giudaismo» al centro di A2 (1,13-14).

«Ciò che vi scrivo)) al centro di A3 rinvia, nel primo versante, a «vi faccio
sapere)) all'inizio di A2 (1,11a) e anche a «mi meraviglio che[ ... ] voi)) all'inizio
di Al (1,6); questi due verbi sono al presente. Questo stesso sintagma «vi scri-
VO>> annuncia, nel secondo versante, «esposi loro)) all'inizio di A4 (2,2a) e «gli
resistei» all'inizio di A5 (2,11; sostitUito da «dico)) in 2,14); questi verbi sono al
passato.
«Non mento)) al centro di A3 corrisponde a «la verità del Vangelo)) in ciascu-
na delle ultime due sequenze (2,5.14), in opposizione alla menzogna dei «falsi
fratelli» di 2,4a, essendo «falsi->> (pseudo-) della stessa radice di «mentire))
(pseudomai) di l ,20. Al medesimo campo semantico appartengono i verbi
«disertare)) e soprattutto «deviare)) all'inizio di Al (1,6-7); il doppio «anatema))
al centro della stessa sequenza Al (1,8-9) non è senza rapporto con il giura-
mento «davanti a Dio)) del centro di A3, nella misura in cui una tale maledizione
è implicitamente accreditata al nome di Dio. Nell'ultima sequenza, Cefa è
accusato da Paolo di «ipocrisia>>, in altre parole di «non camminare rettamente
secondo la verità del Vangelo» (2,14). La fonte della verità che Paolo difende si
trova nella «rivelazione)) divina (1,15-16), nella sua «grazia» (1,6.15; 2,9.21).
Il giuramento di l ,20, posto così al centro non solo della sequenza centrale ma
anche al cuore stesso della sezione, dovrebbe valere non soltanto per i due
versetti che lo precedono: ciò che Paolo «scrive)) non si limita alla sola sequenza
centrale, ma si estenpe anche a tUtto quello che lui «dice)) (l ,9; 2, 14) nell'in-
sieme della sezione. Ciò che è in causa è «la verità del Vangelo)) (2,14), per la
quale egli s'impegna «davanti a Dio» (1,20).

CONTESTO BIBLICO

I giuramenti di Paolo
Paolo non esita a ricorrere al giuramento per sigillare in maniera assoluta le
sue asserzioni, per esempio: «Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è bene~etto
nei secoli, sa che non mentisco» (2Cor 11,31 ); lo stesso nel momento particolar-
mente solenne, in cui egli proclama il suo attaccamento e la sua dedizione totale
al suo popolo:
78 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato
1
Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello
Spirito Santo: 2 ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. 3 Vorrei
infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei
consanguinei secondo la carne. 4 Essi sono Israeliti e hanno l'adozione a figli, la
gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; 5 a loro appartengono i
patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio
benedetto nei secoli. Amen! (Rm 9,1-5).

INTERPRETAZIONE

Paolo difensore della verità del Vangelo


Affermando solennemente davanti a Dio, nel pieno centro della sezione, che
non mente, Paolo intende ristabilire la verità. Troppa menzogna si è insinuata,
non soltanto a Gerusalemme e ad Antiochia ma finanche in Galazia. In effetti
perché mai proclamare la veracità delle proprie affermazioni, se non per lasciar
intendere che altri mentono. Di colpo, fin dall'inizio e senza mezzi termini,
come conviene a un discorso che cerca di ristabilire la verità, viene posta la
domanda sul vero Vangelo (1,6). O è l'uno o è l'altro, non può essercene che
uno soltanto: quello che Paolo ha predicato o quello che annuncia qualcun altro.
Se uno è vero, l'altro non può essere che «deviante>>, menzognero. Quelli che lo
sostengono meritano perciò niente meno di essere votati all'anatema (1,8-9).
Anche se Paolo comincia col mettere in scena ipoteticamente se stesso e perfino
un angelo del cielo, l'anatema che egli dirige contro costoro che annunciano un
Vangelo opposto al suo dice abbastanza la gravità della sua accusa.
La verità del Vangelo che annuncia, Paolo la fa poggiare sul fondamento più
solido che ci sia: una rivelazione di Gesù Cristo (1,12), di Dio stesso che ha
rivelato suo Figlio in lui (1,16). Sono perciò Dio Padre e suo Figlio a essere
invocati come garanti della verità del Vangelo di Paolo. Nessun uomo allora,
neanche gli apostoli scelti da Gesù, ha la minima parte in quello che Paolo
predica. Il cambiamento radicale che si è operato in lui, fino ad allora seguace
zelante del giudaismo, non poteva in alcun caso avere la propria origine in loro,
ma soltanto nella «grazia>> di Dio (l, 15). Ed è perciò che, durante i tre anni che
seguirono la sua conversione, non sentì il bisogno di rimettersi agli apostoli della
prima ora, loro che avevano conosciuto Cristo secondo «la carne e il sangue>>
(1,16).
Se Paolo finisce col salire a Gerusalemme (l, 18), ciò fu - per così dire - un
viaggio strettamente privato e del resto molto breve:· aveva semplicemente
voluto «fare la conoscenza>> del primo degli apostoli, esclusi tutti gli altri. Se
Paolo menziona Giacomo il fratello del Signore, non di meno specifica che non
fece che «vederlo». Durante le due settimane del suo soggiorno non si presentò
nemmeno alle comunità del luogo e ripartì subito per la Siria e la Cilicia. Se
Paolo menziona questo viaggio, e coi termini che impiega, è ancora per dire,
anche se in un altro modo, che il Vangelo che egli predica non deve nulla agli
uomini, neanche ai più autorevoli.
Sezione A: Gal1,6-2,21 79

Quando poi Paolo intraprende il racconto del suo secondo viaggio a


Gerusalemme, quattordici anni più tardi, ha molta cura di precisare che ciò non
fu di propria iniziativa, ma «in seguito a una rivelazione» (2,2). Ancora una
volta è in qualche modo Dio stesso che è preso a testimone: anche la decisione di
salire a Gerusalemme non viene che dall'alto. Una volta arrivato, Paolo si trova
esposto a quelli che chiama i «falsi fratelli», letteralmente gli «pseudo-fratelli»,
perché propagano uno pseudo-vangelo. Essi pretendono di imporre ai discepoli
venuti dai pagani di diventare giudei. Essendo circoncisi, sarebbero per il fatto
stesso sottomessi a tutte le altre prescrizioni della Legge. La natura stessa del
vero Vangelo è in questo modo rimessa in discussione. I Galati sapevano eviden-
temente dall'inizio della Lettera di cosa si trattava e su cosa poggiava il conflitto
tra Paolo e quelli che egli accusava di spingerli a «disertare)) il Signore stesso
(1,6). Quanto al lettore attuale, soltanto ora egli comincia a comprendere quale
sia la differenza tra il Vangelo che Paolo proclama alle nazioni e quello che i
suoi avversari gli oppongono: la posta in gioco della controversia si fonda ·sulla
«libertà)) che Paolo rivendica in rapporto alla Legge e sulla quale non intende
transigere. Secondo lui, imporre il giogo della Legge ai pagani sarebbe ridurli in
schiavitù. Il «noh) che egli impiega (2,4-5), distinto dal <<VOh) che designa i suoi
destinatari Galati, non è un plurale maiestatis che Paolo utilizzerebbe per
enfatizzare il suo discorso; include gli altri protagonisti della scena, i suoi due
compagni, non solo il giudeo Barnaba ma anche Tito, il greco incirconciso. La
libertà di cui parla non è perciò limitata ai discepoli venuti dai pagani; essa
riguarda tutti i discepoli di Gesù, i giudeo-cristiani come gli etnico-cristiani. Alla
fine di questa penultima sequenza, il lettore viene a conoscere maggiormente il
contenuto del vero Vangelo: esso si rivela infatti nell'unica raccomandazione
che è data a Paolo e ai suoi compagni, vale a dire in realtà a tutti i suoi discepoli:
«ricordarsi dei poveri)) (2,10); in altre parole: l'amore e il servizio vicendevole.
La questione detta verità, messa in evidenza dal giuramento centrale della
sequenza, si è svelata progressivamente fino a qui. Essa trova infine la sua giu-
stificazione nell'ultima sequenza. 67 Di nuovo, e senza dubbio in maniera ancora
più drammatica, dal momento che Cefa stesso è messo in questione, la menzo-
gna, ora chiamata «ipocrisia)) (2,13), è denunciata con grande chiarezza. Come a
Gerusalemme (2,5), è ancora in causa «la verità del Vangelm); seguendo la
posizione degli avversari del vero Vangelo, ecco che Cefa si comporta quindi
come un «falso fratellm)! Si può facilmente comprendere che Paolo gli «resiste
in faccia)) (2,11). Allora, in un'arringa che, attraverso il primo degli apostoli, si
rivolge a tutti i lettori della Lettera (2,15-21), Paolo espone il nodo del problema:
o la giustificazione viene dalle opere della Legge, o essa è il frutto della Fede nel
Figlio di Dio. L'alternativa non poteva essere più chiara. Dal «tu)) che designa
67
Si vede in questo modo, ancora una volta, che una composizione concentrica non impedisce
in alcun modo una progressione lineare. È così, in maniera ancora più evidente, nei racconti in cui
la progressione cronologica e logica si combina molto bene con una costruzione concentrica. Tale
è il caso, tra tanti altri esempi, della guarigione del cieco Bartimeo in Mc 10,46b-52 (vedi Una
nuova introduzione ai Vangeli sinottici, 46-47).-
80 È il Vangelo di Cristo che ho annunciato

dapprima Cefa, Paolo passa al «noi»; ma questo «noi» non designa, come nella
sequenza precedente (2,4-5), l'insieme dei discepoli di Cristo; riguarda questa
volta i soli giudei. È necessario infatti che il ragionamento - con la verità - sia
portato fino in fondo. Se i pagani non sono tenuti a osservare i comandamenti
della Legge, a causa della libertà che hanno in Cristo, non è diversamente per i
giudei. Non per la loro osservanza della Legge essi sono salvati, ma per la sola
«grazia di Dim> (2,21), per l'amore del Figlio di Dio che si è consegnato per
tutti, indistintamente. L' «ia» al quale Paolo passa improvvisamente e che utiliz-
zerà fino alla fine non è l'espediente stilistico che l'oratore utilizza per rendersi
in qualche modo più presente e più convincente. Quando inizia col dichiarare:
«infatti, se riedifico quello che ho demolito, ini dimostro io stesso trasgressore»;
il suo «ia» si riferisce dapprima a se stesso, sebbene in maniera ipotetica, ma il
lettore comprende che si rivolge anche a Cefa, che era ritornato alle pratiche
giudaiche, e, beninteso, ai Galati stessi che i falsi-fratelli volevano convincere a
sottomettersi alla Legge. Negli ultimi tre versetti infine, si potrà comprendere
che egli parla della sua esperienza, ma lo fa solo per darsi come esempio, al fine
di trascinare sia i Galati sia Pietro ad aderire alla verità del Vangelo.

Paolo promotore della comunione fraterna


La controversia bilaterale non mira in alcun caso a condannare l'avversario.;
se intende ristabilire la verità, ciò è non soltanto per risolvere un contenzioso, ma
soprattutto e in definitiva per restaurare la comunione fra le parti. È proprio
questo che è in gioco nel conflitto che oppone Paolo a quelli che contestano il
suo Vangelo. I giudaizzanti che sono intervenuti in Galazia seminano non solo il
turbamento (1,7), ma la divisione. Questa divisione non è una semplice rivalità
tra persone. Il litigio si fonda in realtà sulla natura stessa del Vangelo. Nel conte-
nuto del V angelo è niente meno che l 'unità dei discepoli di Cristo a essere in
causa. Secondo «le tradizioni dei padri» (1,14) gli uomini si dividono in due
categorie, i giudei e i goyim (nazioni), i cui rapporti sono così strettamente limi-
tati al punto da separarli. Per un giudeo soltanto gli altri giudei possono essere
considerati come suoi «fratelli». 68 Per i giudaizzanti l'unità tra i discepoli di
Cristo non può dunque realizzarsi se i pagani non si sottomettono, come i giudei,
alle osservanze della legge di Mosè. Il fondamento della loro fratellanza, quella
che permetterà loro di vivere in comunione totale e sincera, è di conseguenza la
Legge. Se è la Legge, logicamente non è Cristo. Allora questi pagani pon sareb-
bero più discepoli di Gesù, poiché Mosè diventerebbe il loro maestro.
Questa non è la concezione di Paolo; né del resto quella delle «colonne» di
Gerusalemme. «La comunione» suggellata tra loro con la solenne stretta di mano
che si sono scambiati (1,9) non abolisce la differenza fra giudei e goyim. La
distinzione tra i campi di apostolato, nei confronti de «la Circoncisione» e nei
confronti del «Prepuzio», non è semplicemente una ripartizione di compiti, una
«divisione di lavoro» in funzione di competenze o di gusti di ciascWlo. È il
68
Vedi, per esempio, Es 2,11; Lv 25,46-48; Dt 23,20-21.
Sezione A: Gal1,6-2,21 81

riconoscimento di un 'unità superiore, che trascende perciò i legittimi particola-


rismi. L'unico modo di realizzare concretamente la comunione è enunciato in
modo molto chiaro alla fine della penultima sequenza: è il «ricordo dei poverh>;
detto in altri termini: la comunione dei beni. È lì infatti il banco di prova della
comunione degli spiriti.
È alla comunione che Cefa ha gravemente mancato, quando «si è ritirato e
si è separatO>> dalla tavola dei goyim (2,12), pure discepoli di Gesù come lui.
E, circostanza aggravante, l'esempio di Pietro non poteva non essere seguito
dagli altri giudei, Barnaba compreso. Così l'unità realizzata inizialmente dal
primo degli apostoli ad Antiochia era ormai spezzata per timore di quelli venuti
dalla chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme. Cefa si è schierato concretamente
con i falsi-fratelli di Gerusalemme: Paolo gli fa comprendere che egli «vuole
costringere le nazioni a giudaizzare» (2,14). La fratellanza ne risulta distrutta. Se
Cristo vive non soltanto in Paolo ma in ciascuno di quelli che halUlo riposto la
loro fede in lui (2,20), come si potrebbe giustificare che i discepoli dello stesso
Cristo restino separati gli uni dagli altri? Ciò sarebbe ridurre a niente la morte di
Cristo. Poiché tutti si sono messi alla sequela dell'unico Figlio di Dio, se ciascu-
no si è immedesimàto in lui, giacché è lui che vive in loro, essi sono tutti fratelli
e nulla, meno che mai la Legge, potrebbe ostacolame la comunione.
SECONDA PARTE

E' la Croce di Cristo che ci giustifica

Sezione B

(Gal3,1-5,1)
84 La sezione B

La seconda sezione (3,1-5,1) si sviluppa in cinque sequenze. Le prime due


(Bl e B2) formano una sottosezione; lo stesso le ultime due (B4 e B5). La
sequenza centrale (B3), che comprende un solo passo, articola le altre due
sottosezioni.

81 l pagani sonoFIGLIDIABRAMO perlaFedeinCristo, senza la Legge 3,1-14

82 l giudei sono FIGLI DI ABRAMO per la Fede in Crìsto, al di là della Legge 3,15-25

83 Voi siete tutti FIGLI DI DIO e SEME DI ABRAMO 3,26-29

84 Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi FIGLI DI DIO 4,1-20

85 Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge e ci ha resi FIGLI DELLA PROMESSA 4,21-5,1
8
I pagani sono figli di Abramo
per la Fede in Cristo, senza la Legge

Sequenza Bl: Gal3,1-14

Nel primo passo Paolo rimanda i suoi destinatari all'esperienza del dono dello
Spirito che essi fecero quando aderirono alla fede. Al centro della sequenza
Paolo ribadisce come ali' origine Abramo fu giustificato per mezzo della fede. E
conclude mostrando che la giustificazione e il dono dello Spirito sono dovuti
non alla Legge ma alla fede.

Grazie a Gesù Cristo, avete ricevuto lo Spirito perla Legge o per la Fede? 3,1-5

Tutte le persone di Fede sono figli di Abramo e benedetti come lui 6-8

Grazie a Cristo Gesù, abbiamo ricevuto lo Spirito non per la Legge ma per la Fede l 0-14
86 I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

A. GRAZIE A GESÙ CRISTO, AVETE RICEVUTO LO SPIRITO


PER LA LEGGE O PER LA FEDE? (3,1-5)

COMPOSIZIONE

* 1 O Galati INSENSATI,

-chi vi ha stregati [per non essere persuasi dalla verità],


+(voi) agli occhi dei quali Gesù Cristo è stato descritto crocifisso?
2
= Questo solo io voglio sapere da voi:
(è) per LE OPERE della LEGGE
(che) avete ricevuto LOSPmiTO
+o (è) per L'ASCOLTO della FEDE?

* 3 Siete cosi INSENSATI,

+che avendo cominciato con LO SPIRITO


-ora con LA CARNE finite?
4
= Avete provato tante cose invano?
= E (ciò) sarebbe veramente invano!
5
: Colui dunque che concede a voi LOSPmiTO
:e che opera prodigi in mezzo a voi,
(è) perLE OPERE della LEGGE
+o (è) per L'ASCOLTO della FEDE?

Non senza umorismo, a questi Galati che non comprendono nulla (la) Paolo
domanda di insegnargli qualcosa (2a)! Le «opere della Legge» (2b) sono predi-
cate da quelli che hanno «stregato» i Galati (l b); quanto a «l'ascolto della fede»
(2d), è curiosamente quello di «Gesù Cristo crocifisso» che è stato descritto ai
loro «occhi» (l c).
Nella seconda parte il secondo brano si differenzia dal primo non solo perché
situa nel presente l'azione de «lo SpiritO», o più esattamente di Dio che lo con-
cede, ma anche perché1 anziché opporre «la carne» a «lo Spirito>~, presenta i due
termini di una scelta - «le opere della fede» o «l'ascolto della fede» - tra i quali i
Galati devono scegliere per riconoscere la vera causa della manifestazione de «lo
Spirito». 69

69
L'esclamazione di 4b è compresa in maniera differente dai commentatori. O si tratta infatti
solo di un modo di insistere su quello che è stato appena detto: «E sarebbe davvero invano!» (cosi
la BJ). Oppure Paolo vorrebbe aggiungere che questo sarebbe ancora peggiore: «Magari fosse
invano!)) (così la TOB). Dato il contesto generale della Lettera, in cui si vede l'Autore costante-
mente preoccupato di ricondurre i destinatari sulla via che avevano conosciuto prima di essere
deviati dai fautori del disordine, sembra che sia più coerente preferire l'incoraggiamento alla
minaccia.
Sequenza Bl: Gal3,1-14 87

Mentre nella prima parte il dono dello Spirito ha avuto luogo nel passato,
quando i Galati hanno «ascoltato la fede» (2d); nella seconda parte è al presente
con i prodigi che l'accompagnano.

CONTESTO BIBLICO
Sebbene il verbo tradotto con «stregare» (baskaino) non sia utilizzato altrove
nel Nuovo Testamento, sembra che esso sia da accostare al verbo «sedurre» (ex-
apatao) di 2Cor 11,3; la situazione di questo testo è infatti molto vicina a quella
di Gal:
2
Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico
sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta. 3 Temo però che, come il serpente
con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati
dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo. 4 Infatti, se il primo venuto vi
predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi , o se ricevete uno
spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora
sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo (2Cor 11,2-4).

È dunque possibile intendere nelle prime battute del passo un'allusione alla
prima tentazione.

INTERPRETAZIONE

Insensati!
Se Paolo tratta i Galati da insensati, non è per insultarli ma per provocarli alla
riflessione. Ciascuna delle due apostrofi vigorose, sulle quali si articola la sua
arringa, è seguita da una serie di domande che non hanno altro obiettivo che
portare i Galati a ricordarsi della loro storia, a meditare sulla loro esperienza e a
esaminarla. A nessuna delle cinque domande che pone loro a raffica, l'Apostolo
concede la minima risposta. Senza dubbio egli fa affidamento alla loro intelli-
genza e alla loro saggezza: i suoi interlocutori sono infatti del tutto capaci di
rispondervi punto per punto.

Il dono dello Spirito


È ben evidente che, quando i ·Galati sono venuti alla fede, il dono dello Spirito
non poteva essere legato alla pratica delle opere della Legge, semplicemente
perché essi non ne avevano neanche sentito parlare da Paolo, la cui predicazione
era interamente focalizzata sulla descrizione di Gesù crocifisso. Sarebbe insen-
sato pensare che ora possa essere altrimenti: dal momento che le stesse cause
producono gli stessi effetti, i prodigi dello Spirito attualmente all'opera non
possono provenire che da Dio e dalla fede. Ciò che essi hanno vissuto dal princi-
pio è un dono, il dono dello Spirito; e ciò che continuano a sperimentare fino a
oggi è che lo Spirito non viene da loro stessi, dalle proprie forze, ma da Dio:
88 I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

è lui, e non loro, che opera le potenze70 che essi hanno potuto constatare con i
loro propri occhi. Se hanno un po' d'intelligenza, comprenderanno che tutto
quello che hanno provato si origina nella croce di Cristo.

L'ammaliamento
Nella sua apparente durezza Paolo discolpa in un certo senso i Galati. Il loro
traviamento è così incomprensibile, che non può essere, in un certo senso, che
l'opera di un altro che li ha ammaliati, di una potenza malefica che li ha «strega-
th>. Allo stesso modo Luca presenterà il tradimento di Giuda come fosse l'opera
di satana (Le 22,3). Gli stessi avversari di Paolo, sicuramente da lui puntati fin
dall'inizio, vengono così oltrepassati: se ciò che fanno è designato in questo
modo, è perché quelli sono vittima di una forza diabolica che vuole annientare il
disegno di Dio.

Le opere della Legge


Alla potenza di Dio (5ab) si oppone un maliardo (lb). Costui può far pensare
al primo serpente che volle far credere ali' essere umano che egli era il padrone
di se stesso, che doveva a se stesso la propria origine, che poteva ottenere la sua
salvezza e la sua vita con le proprie forze, con le proprie opere (2b.5c). Credere
che si possa vivere delle opere della Legge è credersi la fonte della vita, è
credersi Dio. È essere «insensato».

B. TUTTE LE PERSONE DI FEDE SONO FIGLI DI ABRAMO


E BENEDETTI COME LUI (3,6-9)

COMPOSIZIONE
+ 6 Come ABRAMO «CREDETTE inDIO
= e questo fu accreditato a lui come giustizia»,
7
comprendete dunque
+che le (persone) di FEDE
=costoro sono figli di ABRAMO.

8
: E la Scrittura pre-vedendo
+che per la FEDE
=DIO avrebbe giustificato le nazioni,
+pre-disse ad ABRAMO
= che <<Saranno benedette in te tutte le nazioni»,
9
+ così che le (persone) di FEDE
= saranno benedette con il CREDENTE ABRAMO.

70
Le <qJotenze» (dynameis), vale a dire «opere o manifestazioni di potenza». È la parola utiliz-
zata più spesso, per esempio nel terzo vangelo, per designare ciò che si è soliti chiamare
«miracoli>>.
SequenzaB1: Gal3,1-14 89

Il primo brano mette in relazione, di filiazione, «Abramm», che «credette>> (6),


e «le persone di fede>> (7). Nel secondo brano la citazione biblica si trova non
all'inizio come nel primo brano, ma al centro. Questo brano chiarisce chi siano
queste «persone di fede>> (9a): sono <de nazionh> (8c), perfino «tutte le nazioni>>
(8e). Da un brano all'altro, è «Dio>> (6a.8c) che giustifica (6b.8c) e che «bene-
dice>> le nazioni (8e.9b) come egli ha «stimato>> Abramo (6b). 71

CONTESTO BIBLICO
Le estremità del passo rinviano alla storia di Abramo. La prima citazione (Gal
3,6) è tratta da Gen 15,6: ad Abramo che fa notare a Dio che egli se ne va senza
figli, il Signore promette che la sua posterità sarà così numerosa come le stelle del
cielo, cosa che Abramo «credette>>.
La seconda citazione (Gal 3,8) è più difficile da identificare in maniera precisa.
Può difatti riprendere Gen 12,3 che completa le prime parole rivolte da Dio ad
Abramo, quando lo invita a lasciare il suo paese. Ma questo primo testo dice:
«Saranno benedette in te tutte le famiglie della terra»>, mentre Paolo scrive:
«saranno benedette in te tutte le nazioni>>. L'espressione «tutte le nazioni della
terra» è utilizzata nella benedizione accordata ad Abramo dopo che egli ha
accettato di offrire suo figlio lsacco: «e nella tua discendenza saranno benedette
tutte le nazioni della terra... » (Gen 22,18). Ma quest'ultima formula dice «nella tua
discendenza» e non «in te», come Gen 12,3 e come Paolo. Si può dunque pensare
che questa citazione riprenda allo stesso tempo i due luoghi della Scrittura.

INTERPRETAZIONE

La giustizia della Fede


La giustizia viene da Dio solo. È lui che per la fede giustifica le nazioni "(8);
è per lui che la fede di Abramo è accreditata a lui come giustizia (6). È Dio che
benedice tutte le nazioni in Abramo (8), giacché ogni benedizione viene da Dio.
Ciò non vuoi dire evidentemente che l 'uomo sia passivo e che tutto si giochi al
di fuori di lui. È vero che per Abramo all'inizio c'è il vuoto della sterilità che
egli deve per forza di cose riconoscere; è vero anche che è Dio che gli promette
una discendenza e che gliela donerà. Ma la fede di Abramo, la giustizia che Dio
gli riconosce, consiste nell'accogliere la promessa, nel prestarvi fede, nel rimet-
tersi nella notte all'onnipotenza del Signore. L'attività dell'uomo è di accettare
che Dio agisca in lui; la sua giustizia è di riconoscere che Dio solo è giusto.

La discendenza del Giusto


Se tale è la giustizia, se il dono di una posterità più numerosa delle stelle del
cielo viene da Dio e non dalle opere dell'uomo, allora i figli di Abramo non
possono limitarsi alla sua discendenza secondo la carne (7). Saranno suoi discen-

71
Elogisthe (da logizomai), tradotto con «accreditato», è in rapporto (almeno di paranomasia)
con eneulogethesontai e eulogountai (da eneulogeo e eulogeo), tradotti con «benedire» (8-9).
90 I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

denti tutti quelli e soltanto quelli che, come lui, saranno giustificati da Dio a causa
della loro fede (9). Tale padre, tale figlio. I pagani come i giudei possono essere
giustificati, benedetti tutti insieme da Dio (8d.9), nella misura e solo nella misura
in cui essi credano che la vita e la salvezza vengono da Dio solo.

C. GRAZIE A CRISTO GESÙ, ABBIAMO RICEVUTO LO SPIRITO


NON PER LA LEGGE MA PER LA FEDE (3,10-14)

COMPOSIZIONE

+ 10 Tutti quelli infatti che sono DALLE OPERE della LEGGE


+ sono sotto la MALEDIZIONE;
:STA SCRITTO infatti che
«MALEDETTO (sia)
CHIUNQUE non dimora IN TIJTE LE COSE SCRfiTE nel libro della LEGGE
. per fare ESSEb>.

+ 11 E che per la LEGGE nessuno Sia giustificato davanti a Dio,


+ è evidente,
:perché «il giusto della FEDE vivrà»;

+ 12 e la LEGGE non è della FEDE,


:ma «chi fa ESSE
vivrà PER ESSE».

+ 13 Cristo ci ha riscattati DALLA MALEDIZIONE della LEGGE


+ diventando per noi MALEDIZIONE,

:perché STA SCRITTO:


«MALEDETTO
CHIUNQUE è sospeso al legno!»

+ 14 affinché per /e nazioni LA BENEDIZIONE di Abramo


avvenga in Cristo Gesù,
+ affinché LA PROMESSA dello Spirito
.. noi (la) ricevessimo per la FEDE.

Negli ultimi due brani della prima parte le citazioni della Scrittura si oppon-
gono: o l'uomo «vivrà» «della fede>> (llc) oppure egli «vivrà>> per aver «fatto»
le opere della Legge, vale a dire «tutto ciò che è scritto nel libro della Legge»
(lOet). Cosi i due termini dell'alternativa sono chiaramente esposti: o la giustizia
e la vita procedono dall'adempimento della Legge, oppure essi sono frutto della
fede. La posizione di Paolo è anch'essa chiaramente espressa nel primo seg-
mento (Il).
Sequenza Bl: Gal3,1-14 91

Nella seconda parte i brani estremi oppongono «la maledizione della Legge}}
assunta da Cristo «per noi» (il che vuoi dire «al nostro postO))) a «la benedizione
di Abramo» e a «la promessa dello Spiritm} (14a.14c). H pronome «noh} (13a.
13b.l4d) include il giudeo Paolo che scrive come pure i Galati a cui si rivolge,
i quali fanno parte delle «nazionh) (14a).
Questo «nOi)) della seconda parte rinvia a «tutth) (hosoi in lOa) e a «chiun-
que)) (pas in l Od) della prima parte, pronomi che si applicano tanto ai Galati, che
vogliono mettersi sotto la Legge, quanto ai giudei che vi si trovavano o che vi si
trovano ancora sottomessi. Così la prima parte descrive lo stato di «maledizio-
ne)) in cui sono ridotti quelli che sono sotto la Legge, mentre la seconda presenta
la liberazione o il «riscattm) (13a) operato da Cristo a beneficio di tutti.

CONTESTO BIBLICO
Questo breve passo contiene non meno di quattro citazioni dell'Antico Testa-
mento. Quelle che, al centro di ciascuna delle due parti, sono introdotte dalla
formula «sta scrittO)} sono entrambe tratte dal Deuteronomio. Quella del versetto
11 è presa da Abacuc e quella del versetto 12 dal Levitico.

Dt 27,26
La maledizione citata da Paolo all'inizio (lO) è l'ultima delle dodici maledizioni
che Mosè ordina ai Leviti di pronunciare sul popolo d'Israele distribuito, gli uni
sul monte Garizim gli altri sul monte Ebal, dopo l'entrata nella terra promessa. La
dodicesima maledizione è una specie di ripresa conclusiva, che racchiude tutte
quelle precedenti che prendono di mira colpe particolari. Sebbene sotto forma di
maledizione, questa è in realtà una lista di colpe da evitare, vale a dire l'enunciato
di una legge nella quale tutti i comandamenti sono negativi. Le benedizioni e le
maledizioni propriamente dette saranno enunciate immediatamente dopo il ver-
setto citato: esporranno dettagliatamente in cosa esse consisteranno per quelli che
avranno custodito o meno i comandamenti (Lv 28).

Dt 21,23
La citazione simmetrica alla prima (13de) è tratta dal Codice deuteronomico.
Paolo assimila la crocifissione di Gesù alla consuetudine di impiccare a un
albero (la parola ebraica 'e$ può tradursi sia con «alberm) sia con «legnO)})
i criminali, dopo che siano stati lapidati. Essi dovevano essere calati e seppelliti
prima della notte, per non contaminare la terra d'Israele, poiché un impiccato è
una «maledizione di Di m). L'espressione «sospeso al legnO)} è frequente nella
prima predicazione cristiana (At 5,30; 10,39 [13,29]; lPt 2,24).

Ab2,4
La citazione di 11 c, che è presa dal profeta Abacuc, sarà ripresa in Rm l, 17.
Nei due casi «la fede)) non è determinata dal pronome suffisso di terza persona
92 I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

come nel testo masoretico («vivrà della sua fede))) né di prima persona come nei
Settanta («vivrà della mia fedeltà»).

Lv 18,5
La citazione del versetto 12 proviene da quello che si è soliti chiamare «il
Codice di santità)), che è il cuore del Levitico: «osserverete dunque le mie leggi
e le mie prescrizioni, mediante le quali chiunque le metterà in pratica vivrà)).· Il
capitolo 18 è dedicato alla lunga enumerazione dei divieti sessuali (ma anche al
divieto di sacrificare a Molok i propri figli attraverso il fuoco). Tutte queste
abominazioni sono attribuite alle nazioni pagane, Egitto e Canaan, da cui Israele
deve distinguersi e separarsi, detto in altre parole «santificarsh): «Siate per me
consacrati, poiché io, il Signore, sono santo, vi metterò a parte da tutti questi
popoli perché siate mieh) (Lv 20,26). Non bisogna certamente dimenticare che,
in posizione simmetrica al versetto da cùi Paolo ha tratto la sua citazione, si
trova un versetto complementare al primo: «Osservate le mie leggi e le metterete
in pratica. lo sono·il Signore, che vi santifica)) (Lv 20,8).

INTERPRETAZIONE

L'incapacità radicale dell'uomo


Il libro della Legge impone all'uomo di adempiere tutti i suoi comandamenti
(l Oef). È infatti proprio alla natura della legge esigere che si osservino i suoi
precetti ed espon·e le sanzioni che colpiranno tutti quelli che violano i suoi divie-
ti e non osservano i suoi obblighi. La Legge prevede che chi avrà fatto tutto
quello che è scritto nel suo libro vivrà (12bc) e che invece chi non adempirà tutti
i comandamenti sarà maledetto (10def), vale a dire che morirà. Se Paolo comin-
cia ex abrupto col dire che «tutti quelli che sono dalle opere della Legge sono
sotto la maledizione)) (10ab), è perché ha compreso che l'uomo è radicalmente
incapace di osservare tutte le prescrizioni della Legge. La giustizia è fuori dalla
portata deli 'uomo; solo Dio può donarla. Come la vita, la cui fonte si trova
soltanto in Lui.

Il riscatto mediante Cristo


Accettando di morire sospeso al legno della croce ( 13e), Cristo ha sopportato
la maledizione della Legge (13ab). È difatti in nome della Legge che egli è stato
messo a morte: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire perché
si è fatto Figlio di Dio!>) (Gv 19,7). Ora la maledizione pesava su di «noh), e cioè
sui giudei incapaci di osservare la Legge e sui pagani che neppure la
conoscevano. Egli ci ha riscattati, pagando al nostro posto il prezzo della nostra
liberazione (13b). Lui, che non era colpevole, ha versato con il suo sangue il
salario del nostro peccato. Così si rèalizza in lui la benedizione di Abramo,
quella che era stata promessa per tutte le nazioni (14).
Sequenza B1: Gal3,1-14 93

Lo Spirito è ricevuto per la Fede


Lo Spirito, il soffio, è la vita che anima la carne dell'uomo. È per lo Spirito di
Dio e per lui solo che ogni uomo vive. Questo Spirito non viene dall'uomo, egli
procede e si riceve da un altro. È in questo Spirito che Cristo Gesù ha vissuto, in
totale dipendenza filiale da suo Padre. Era già in questo Spirito che Abramo ave-
va camminato, sulla parola di Dio, riponendo tutta la sua fede nella promessa
che gli veniva fatta (14a). È in questo Spirito che egli aveva affrontato la morte
del suo corpo invecchiato e la sterilità di sua moglie, per ricevere da Dio un
figlio. E sarà anche nel medesimo Spirito che accetterà, nella notte della fede, di
legare sul legno quel figlio che gli era stato donato, per offrire gratuitamente ciò
che aveva ricevuto dalla sola grazia di Dio. Con Gesù la promessa fatta ad
Abramo si realizza ( 14b), poiché, accettando di sopportare ingiustamente la
maledizione dell'ingiusto con la sua morte sul legno (13), egli va, nella fede più
perfetta, fino ad abbandonare lo Spirito che aveva ricevuto da suo Padre, e nello
stesso movimento ce lo consegna (14cd).

La Legge annuncia il suo compimento


Potrebbe sembrare strano a prima vista, per non dire contraddittorio, che
Paolo fondi la propria argomentazione contro la Legge sulla Legge stessa. Prima
di tutto ogni codice giuridico, quale che sia, prevede modalità di cambiamento, o
anche di abrogazione, delle proprie disposizioni. Così facendo la legge stessa
riconosce di non poter mai avere l'ultima parola sulla vita, che rimane sempre il
padrone di lei; padrone che essa deve servire, dovesse lei stessa morire. In caso
contrario essa sarebbe uno strumento di morte. La legge di Mosè non fa
eccezione a questa norma della condizione umana. Non è dal di fuori che Paolo
parla della Legge. Esattamente un terzo del suo discorso è tratto dal libro della
Legge (10def.11c.12bc.13de). Tutta la sua dimostrazione tende a provare che è
la Legge stessa che prevede e arumncia la propria fine; che la vita e la _bene-
dizione provengono non dalla Legge ma da Colui che l'ha emanata (14); che la
giustizia non è il frutto delle opere dell'uomo che adempie le prescrizioni della
Legge (11-12), ma che la funzione fondamentale della Legge è di far prendere
coscienza all'uomo che egli è radicalmente incapace di adempierla (lO) e che la
salvezza non può venirgli che dalla fede che egli accorda all'Autore della Legge
(11). Fino al giorno in cui Dio stesso mostrerà in un uomo che la Legge uccide e
che solo lo Spirito vivifica (13). Compiendo la sua opera di morte in Gesù, la
Legge segnerà il proprio atto di morte. E attraverso il popòlo a cui era stata
donata la Legge il mondo intero saprà che è per la fede che si può accedere alla
vita e ricevere la promessa dello Spirito (14). Diventando per la fede figli del
credente Abramo, e riscattati mediante Cristo dalla maledizione della Legge,
potranno riconoscere che essi sono tutti, come Lui, non figli della Legge ma figli
di Dio.
94 I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

D. l PAGANI SONO FIGLI DI ABRAMO PER LA FEDE IN CRISTO,


SENZA LA LEGGE (3,1-14)

COMPOSIZIONE

1
O Galati insensati,
chi vi ha stregati, voi agli occhi dei quali Gesù Cristo è stato descritto crocifiss~
2
Questo solo voglio sapere da voi:
è per le opere della LEGGE che avete ricevuto lo Spirito
o è per l'ascolto della FEDE?
3
Siete così insensati,
che dopo aver cominciato con lo Spirito ora finite con la carne?
4
Avete provato tante cose invano? E sarebbe veramente invano!
5
Dunque COLUI che vi concede lo Spirito
e che opera prodigi in mezzo a voi
è per le opere della LEGGE
o è per l'ascolto della FEDE?

6
Come Abramo «CREDETTE in DIO e ciò gli fu accreditato come giustizia»,
7
comprendete dunque che sono le persone di FEDE che sono figli di Abramo.
8
E la Scrittura prevedendo che per la FEDE DIO avrebbe giustificato le nazioni,
fredisse ad Abramo che «saranno benedette in te tutte le nazioni»,
così che le persone di FEDE saranno benedette con il CREDENTE Abramo.

10
Infatti tutti quelli che sono dalle opere della LEGGE sono sotto la maledizione,
sta scritto infatti: «Maledetto chiunque non si attacca
a tutte le prescrizioni del libro della LEGGE per farle!».
11
E che per la LEGGE nessuno sia giustificato davanti a DIO, è chiaro,
poiché «il giusto per la FEDE vivrà»;
12
e la LEGGE non dipende dalla FEDE, ma <<colui che le avrà fatte
vivrà per esse».
13
Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della LEGGE,
essendo diventato per noi maledizione,
poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al leg'IJOb),
14
affinché per le nazioni la benedizione di Abramo avvenga
in Cristo Gesù
affinché la promessa dello Spirito noi la ricevessimo per la FEDE.

-Il nome di «Dim> torna soltanto negli ultimi due passi (6.8a.lla), ma, sebbene
non sia menzionato nel primo passo, si parla di lui in Sa («colui>)).
- Il nome di «Gesù Cristo» si ritrova soltanto nella prima parte del primo passo
(lb) e nell'ultima parte dell'ultimo passo («Cristm»: 13a; «Cristo GesÙ)): 14b);
Sequenza Bl: Gal3,1-14 95

ogni volta è presentato come colui che è stato «crocifissO>) (l b) ovvero «appeso
al legnO>) (13c).
-È grazie alla «fede)) in lui che «lo Spiritm> è stato «ricevutO)) o «concessO>)
(2b.5a; 14c).
- Il nome di Abramo che ritorna quattro volte nel passo centrale è ripreso alla
fine dell'ultimo passo (14a), legato a quello di Cristo Gesù.
-C'è infine un quarto personaggio che non è menzionato, ma di cui si parla
proprio all'inizio del testo, «chi)) (l b): il primo tentatore che sembra dissimularsi
dietro quelli che turbano i Galati (vedi p. 87).
Per quel che riguarda gli altri personaggi, destinatari e scrittore, bisogna
notare le differenze tra le diverse unità della sequenza.
. Il primo passo è interamente alla seconda persona plurale e rimprovera diret-
tamente i Galati (1-5) .
. La prima parte del terzo passo è invece alla terza persona plurale (10-12) e il
«tutti)) con cui comincia (lOa) racchiude tanto i Galati pagani quanto i giudei che
li turbano e vogliono metterli sotto il giogo della Legge.
, L'ultima parte è infine alla prima persona plurale (13-14) che raccoglie dunque
in un «npi)) inclusivo i tre protagonisti del conflitto: sia Paolo sia i suoi destina-
tari Galati e pure gli avversari che egli combatte .
. Il passo centrale garantisce il passaggio tra gli altri due: il verbo principale
della sua prima parte, «comprendete)> (7), è alla seconda persona plurale come il
primo passo; mentre la sua seconda parte è alla terza persona plurale come 10-
12, e mette in scena «tutte le nazionh) come 13-14.
L'opposizione tra la fede e la Legge si ritrova nei passi estremi (2 e 5; 11-12 e
13a.l4c), mentre il passo centrale non parla che della fede.

CONTESTO BIBLICO
La ripresa della benedizione di Abramo, alla fine dell'ultima parte come alla
fine della parte centrale, sembra dover sostenere il riferimento a Gen 22,18: in
effetti Gal3,14 non dice più «in te>) comein 8b, ma «in Cristo GesÙ)). Ciò lascia
intendere che Cristo Gesù sia «la discendenza)) di cui parla Gen 22, 18, cosa che
Paolo dirà chiaramente nel passo seguente (3,16). Il legame con la storia della
legatura di !sacco è rinforzato dal fatto che il versetto 13 termina con l'immagine
di Cristo «appeso allegnm); Abramo aveva posto suo figlio !sacco, sua discen-
denza, «sulla legna)) per il sacrificio (Gen 22,9).
96 I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

INTERPRETAZIONE

L'albero dell'onnipotenza
Dei giudei, o dei giudaizzanti, tentano di sedurre i Galati per far credere. loro
che saranno giustificati dalle loro opere. Paolo domanda di primo acchito ai suoi
corrispondenti di individuare l'ammaliatore che si nasconde dietro di loro (1). Se
non hanno completamente perduto il senno, potranno riconoscervi colui che fece
credere al primo uomo che poteva impadronirsi dell'albero proibito, che cosi
essi sarebbero stati come degli dèi, che avrebbero acquistato l'onnipotenza. Si sa
che, avendo prestato fede alle insinuazioni del serpente, il risultato non si fece
attendere e i nostri progenitori si ritrovarono nudi e destinati alla morte. È alla
stessa tentazione che sono sottoposti i Galati: penseranno forse che la giustizia e
la vita sono delle cose che essi possono afferrare, che sono in grado di raggiun-
gere con le loro proprie opere; oppure crederanno che lo Spirito si riceve e si
accoglie da un altro (2.5; 14)?

La legna per il sacrificio


Sulla parola di Dio Abramo aveva lasciato tutto, certo che la promessa che gli
veniva fatta si sarebbe realizzata: Dio avrebbe fatto di lui un grande popolo.
Eppure si è rivelato che Sara è sterile e gli anni sono ormai passati. Abramo è
ben obbligato a dire a Dio che egli se ne va senza figli. La parola di Dio si rea-
lizza alla fine, quando ogni speranza umana è perduta, probabilmente per far
risplendere ancora di più che questo figlio noil poteva venire che da Dio. Poi,
quando il figlio è già cresciuto, Abramo sente che gli viene domandato di sacri-
ficare il figlio della promessa, l'unico per mezzo del quale la discendenza di un
popolo numeroso sarebbe potuta essergli donata. Nella fede egli carica la legna
su suo figlio !sacco e, quando tutto è pronto, lo lega e lo mette sulla legna. Ciò
che gli è domandato di sacrificare in suo figlio è la sua onnipotenza di padre, il
fantasma che gli farebbe credere che questo figlio è opera sua e che egli ne è il
padrone, che in lui egli domina l'avvenire e sfugge alla morte.

L'albero della redenzione


Tutto era cominciato in un giardino, il giardino di Eden. In un altro giardino,
sulla montagna che la tradizione identifica con quella dove Abramo offrì suo
figlio, si innalza un albero dal quale pende un uomo, morto (13). È colui che ha
rinunciato all' onnipotenza, che egli tuttavia possedeva da prima della creazione
del mondo; colui che, accettando una morte che non aveva meritato, ha voluto
mostrare con questo ciò che significa essere figlio. Il figlio è colui che non pren-
de il posto del padre, che non considera come una preda, un tesoro geloso, il
rango che lò uguaglia a lui (Fil 2,6), ma che accoglie la sua vita come il dono di
un altro, che si riceve in tutto il suo essere da lui solo. Egli ha rinunciato alla
falsa giustizia delle opere della Legge, per essere solo fiducia, ascolto della paro-
la, pura fede (Gal 3,2.5). Nella roccia sulla quale s'innalza la croce di Cristo,
Sequenza Bl: Gal3,1-14 97

chiamata «luogo del CraniO>), in ebraico Golgota, la tradizione riconosce il


cranio del primo Adamo. L'iconografia lo rappresenta bagnato e riscattato dal
sangue di Cristo; e si rappresenta fino ad oggi, in una rientranza della roccia
sotto il Calvario, la «cappella di AdamO>). Volendosi appropriare del frutto
dell'albero della vita, il primo Adamo ha introdotto la morte nel mondo; accet-
tando di sopportare la maledizione della morte, il nuovo Adamo ha reso all 'u-
manità intera la vita nuova, la sola che valga, quella che si riceve e che Paolo
chiama il dono dello Spirito di Dio (2.5 ; 14).
9
I Giudei sono figli di Abramo
per la Fede in Cristo, al di là della Legge

Sequenza B2: Gal3,15-25

Nel primo passo la promessa è opposta alla Legge che, venuta molto più tardi,
non potrebbe revocarla. Il passo centrale pone la doppia domanda della funzione
della Legge e del suo rapporto con le promesse. Il terzo passo espone infine il
ruolo transitorio della Legge al servizio della fede nella promessa.

È grazie alla promessa e non alla Legge che Cristo è l'erede di Abramo 3,15-18

La Legge è transitoria fino alla venuta della promessa 19-2la

È grazie alla Fede e non alla Legge che noi ereditiamo la giustizia 21b-25
100 I Giudei sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

A. È GRAZIE ALLA PROMESSA E NON ALLA LEGGE


CHE CRISTO È L'EREDE DI ABRAMO (3,15-18)

COMPOSIZIONE

15
= Fratelli, come uomo dico:
- quantunque da UN UOMO UN TESTAMENTO promulgato
-nessuno LO ANNULLA o vi aggiunge.
16
Ora ad ABRAMO furono dette LE PROMESSE
:e al SEME di lui;
:non dice «e ai semi» come per molti,
:ma come per uno solo «e al tuo SEME»,
:che è CRISTO.

17
= Oro (è) questo (che) dico:
UN TESTAMENTO già-promulgato da DIO
- dopo quattrocento e trenta anni venuta LA LEGGE
- NON LO REVOCA in modo da invalidare LA PROMESSA.
18
Se infatti (era) da LA LEGGE {che veniva) L'EREDITÀ,
non (sarebbe) da LA PROMESSA;
:ora ad ABRAMO (è) per LA PROMESSA (che)Dio HA FATTQ-GRAZIA.

Il discorso si sviluppa in due tempi: ciò che vale tra gli uomini (15-16) vale
anche per.Oio (17-18). Ciò che è dapprima chiamato «testamento» (15b.17b) è
poi qualificato «promessa)), una sola volta, al plurale, nella prima parte (16a), tre
volte, al singolare, nella seconda parte (17d.18b.18c), dove si oppone a «la
Legge>>.
«Eredità)) di 18a appartiene allo stesso campo semantico di «testamento))
e «fare-grazia>) entra pure in questo campo nella misura in cui l'eredità è un
dono gratuito, gratuitamente fatto al figlio. È possibile ritenere .che «seme)) (tre
volte in 16) appartenga allo stesso campo, poiché è il seme, la discendenza che
eredita.

CONTESTO BIBLICO

Alleanza - Testamento
Il termine diatheke che nei Settanta traduce l'ebraico berft, significa «allean-
za)); tale è il senso che ha nel racconto del patto concluso tra il Signore e
Abramo (Gen 15,18; 17,2.4.7 ... ); più ampiamente esso ha il significato di
«disposizione (legale))), da cui quello di «testamento)).
Sequenza B2: Gal3,15-25 101

Alleanza - Promessa
Contrariamente all'alleanza conclusa per mezzo di Mosè, l'alleanza con
Abramo non è condizionata dall'osservanza di un comandamento. In Gen 15
l'alleanza è annunciata come un· dono, un dono gratuito, cosa che esprime il
termine «promessa>> utilizzato da Paolo: 72
18
In quel giorno il Signore concluse quest'alleanza con Abram: «Alla tua discendenza
io do questa terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate; 19 la terra dove
abitano i Keniti, i Kenizziti, i Kadmoniti, 20 gli Ittiti, i Perizziti, i Refaìm, 21 gli
Amorrei, i Cananei, i Gergesei e i Gebusei» (Gen 15,18-19).

Lo stesso al capitolo 17. Solo la circoncisione è richiesta da Dio, non tanto


come comandamento quanto come «segnm> dell'alleanza che deve contrasse-
gnare la carne di ogni figlio maschio (Gen 17,11); un po' come l'arcobaleno è il
«segnm> dell'alleanza conclusa con Noè (Gen 9,9-17) e non potrebbe eviden-
temente rappresentare un comandamento.
La promessa del dono della terra è .strettamente legata a quella di una discen-
denZa, poiché è «alla tua posterità» (letteralmente «al tuo seme») che Dio
promette il possesso della terra (Geo 15, 18). Quanto all'alleanza di Gen 17, è la
promessa di una discendenza numerosa, legata a quella della terra (Geo 17, 1-8).

«Il tuo seme»


È sempre la stessa parola, «il tuo seme», al singolare, che è impiegato per
designare i numerosi discendenti di Abramo (Geo 15,5.18; 17,7.8 ... ) «di gene-
razione in generazione» ( 17,7), quelli di suo figlio l sacco (Gen 26,3-4), quelli di
suo nipote Giacobbe (Gen 28,13-14; 35,12).

Quattrocentotrent' anni dopo


Ad Abramo addormentato il Signore rivela che i suoi discendenti saranno
schiavi in un paese straniero «per quattrocento anni» (Geo 15,13). Secondo Es
12,40-41 il loro soggiorno fu di quattrocentotrent'anni: «La permanenza degli
Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent'anni. Al termine dei quattrocento-
trent'anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra
d'Egitto».

INTERPRETAZIONE

Il beneficiario del testamento


Si è potuto pensare che il versetto 16 fosse una specie di digressione che inter-
rompe il corso del ragionamento. Difatti l'esempio di «un testamento promul-
gato da un uomo» (15) è poi applicato, nella seconda parte, al «testamento già

72
«Promessa)) non è mai utilizzato nella Genesi, né nel resto del Pentateuco, il che non vuol
dire però che la realtà della promessa sia assente.
102 I Giudei sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

promulgato da Dio». L'applicazione è fatta in realtà fin dalla prima parte (16):
come se Paolo avesse fretta di precisare che il testamento di cui vuole parlare è
quello che è stato fatto a vantaggio di Abramo e del «suo seme». Non chiarisce
invece il contenuto di ciò che ora chiama «le promesse». Si potrebbe pensare al
dono della terra di Canaan (Gen 15,7.18-21; 17,8), o anche alla benedizione che
egli riceverà da parte di tutte le nazioni della terra (Gen 22,18). Questo plurale
sembra tuttavia concentrarsi, sotto la penna di Paolo, nel dono di una discen-
denza, giacché egli non accenna a null' altro. Al nome di «AbramO» con cui
comincia la sua lunga frase (16a) corrisponde alla fine quello di «Cristo»: è lì
che voleva arrivare, facendo convergere - mediante un ragionamento puramente
grammaticale fondato su Gen 13,15; 17,8; 24,7 - sulla sola discendenza nume-
rosa promessa al Patriarca.

Un testamento irrevocabile e gratuito


Dall'esordio (15) Paolo espone la sua tesi: una volta che un testamento è
promulgato, niente e nessuno può annullarlo. Nella seconda parte vi ritorna
ancora, menzionando però questa volta ciò che potrebbe sembrare aver annullato
la promessa, e cioè «la Legge». Posteriore di più di quattro secoli, la Legge non
potrebbe revocare la promessa. Il testamento stabilito da Dio non è contestato
dalla Legge. Opposta al dono gratuito dell'eredità ( 18a.c), si comprende che «la
Legge» significa nel caso specifico l'osservanza della Legge. L'eredità, la pro-
messa, la grazia non sono il frutto delle opere della Legge, non è l'uomo che le
ottiene con le proprie forze, è Dio che le dona, così come un padre trasmette la
totalità dei suoi beni ai suoi figli, senza che essi debbano aver fatto qualcosa.

B. LA LEGGE È TRANSITORIA FINO ALLA VENUTA DELLA PROMESSA


(3,19-21a)

COMPOSIZIONE

19
+ Perché dunque LA LEGGE?

=In vista delle trasgressioni fu aggiunta


- finché venisse il seme
-cui ERA STATO PROMESSO,
= essendo stata disposta tramite degli angeli per mezzo di un mediatore;
20
Ora il mediatore non è di uno solo,
.. mentre Dio è uno solo .

+ 21 LA LEGGE (è) dunque contro LE PROMESSE (di Dio]?


+Non sia mai!
SequenzaB2: Gal3,15-25 103

Nel primo brano della parte centrale i segmenti estremi sono complementari:
descrivono non soltanto la finalità della Legge (19b) ma anche la sua origine
(19e). Questi segmenti si oppongono, almeno dal punto di vista temporale, al
bimembro centrale, dove si parla della promessa fatta al seme di Abramo. Il
secondo brano (20) precisa il ruolo del «mediatore>> di cui si parla alla fine del
brano precedente.
Le parti estreme si riducono a una domanda, accompagnata tuttavia alla fine
da una negazione vigorosa. Entrambe riguardano «la Legge>>, la sua finalità e la
sua natura.
La domanda del rapporto tra «la Legge>> e «le promesse>>, posta nell'ultima
parte, rinvia al primo brano della parte centrale, dove lo stesso rapporto è stato
già proposto.

CONTESTO BIBLICO

La Legge trasmessa tramite degli angeli


La Torah non menziona degli angeli nella trasmissione della Legge; tuttavia
in Dt 33,2 i Settanta li introducono: «Il Signore è venuto dal Sinai [... ] degli
angeli con luh>. Questa tradizione, ben attestata nella letteratura giudaica, è
presente negli Atti, alla fine del discorso di Stefano: «Voi che avete ricevuto la
Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l'avete osservata>> (At 7,53).

«Un mediatore))
Anche se la parola non si trova nel Pentateuco, ciò non impedisce che la realtà
vi sia presente. L'espressione «per mezzo di Mosè)) è usata in Lv 26,46: «Questi
sono gli statuti, le prescrizioni e le leggi che il Signore stabili fra sé e gli
Israeliti, sul monte Sinai,per mezzo di Mosè)). Vedi anche Es 20,18-21; Dt 5,5.

INTERPRETAZIONE

La fine della Legge


Appena posta la domanda sul «perché)) della Legge, Paolo vi risponde, ma in
maniera lapidaria e un po' enigmatica, in ogni caso senza spiegarsi. Non è certo
per far peccare quelli con i quali egli concludeva un'alleanza che Dio aveva
donato la Legge. Tuttavia come Paolo aveva già detto alla fine della sequenza
precedente, l'esperienza aveva dimostrato che l'uomo era incapace di «attaccarsi
a tutte le cose scritte nel libro della Legge per farle)) e si trovava di conseguenza
«sotto la maledizione)) (3,10). In questo senso era proprio «in vista delle tra-
sgressioni)) che la Legge era stata aggiunta, ovvero per manifestare che l 'uomo
vi si trovava irrimediabilmente prigioniero. L'Apostolo vi ritornerà fin dall'ini-
zio del passo successivo (21 b) .
104 I Giudei sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

La Legge è di breve durata


Certamente la Legge «è stata aggiunta)} alla promessa ma ciò sarà soltanto per
un tempo limitato. Com'era stata emanata non meno di quattrocentotrent' anni
dopo le promesse che Dio fece ad Abramo, così essa non è destinata a mante-
nersi per sempre: cesserà infatti di essere in vigore dal momento in cui sarà
venuto «il seme)) di Abramo a cui sono state fatte le promesse, ovvero «Cristo))
(16).

L'origine della Legge


Facendo propria una tradizione ben attestata, Paolo insiste sul fatto che,
contrariamente alla promessa fatta ad Abramo, la Legge non era stata donata
direttamente da Dio. Egli raddoppia pure gli intermediari fra Dio e il popolo di
Israele: non è solamente «tramite degli angeli)} che la Legge è stata disposta, ma
anche «per mezzo di un mediatore)). Questo mediatore non è menzionato, e si
può intuire che si tratta di Mosè; ma non è questo il punto. Ciò che importa a
Paolo è, se non di opporre, almeno di distinguere bene la Legge dalla promessa.
Il mediatore di cui si parla ha svolto la funzione di intermediario non diretta-
mente fra Dio e i figli di Israele, ma fra gli angeli e loro; non era questo certo il
caso della promessa rivolta ad Abramo dali 'unico Dio in persona. La differenza
è perciò rivelatrice della superiorità della promessa sulla Legge, anche se è
ovviamente escluso sostenere che «la Legge è contro le promesse)) (21ab).

C. È GRAZIE ALLA FEDE E NON ALLA LEGGE


CHE EREDITIAMO LA GIUSTIZIA (3,2lb-25)

COMPOSIZIONE

21
:b Se infatti fosse stata data UNA LEGGE capace di far vivere,
-realmente daLA LEGGE (ci) sarebbe l~ GIUSTIZIA.

+ 22 Ma la Scrittura HA RINCHIUSO tutto sotto il peccato


: affinché la promessa daLA FEDE in GESÙ CRISTO
:fosse data a QUELLI CHE CREDONO.

23
- Prima che venisse LA FEDE,
- sotto una LEGGE eravamo custoditi RINCHIUSI,
- fino a LA FEDE che doveva essere rivelata;
24
: cosicché LA LEGGE è diventata nostro PEDAGOGQ fino a CRISTO,
: affinché per LA FEDE NOI SIAMO·GIUSTIFICATI.
+ 25 Una volta venuta LA FEDE,
+non siamo più sotto un PEDAGOGO.
Sequenza B2: Gal3,15-25 105

Nella prima parte le due principali oppongono «la giustizia» (21c) e «il pecca-
tO>> (22a). Alle estremità le subordinate oppongono il «dono>> de «la Legge>> e
«la promessa>> (22b) che così è in un certo senso identificata con «la vita>> (21 b).
La seconda parte oppone due tempi, prima e dopo la fede. Al centro (24) due
subordinate, prima una consecutiva poi una finale, in cui il ruolo della Legge è
definito come quello di un «pedagogm>.
Da una parte all'altra, i complementi del verbo «rinchiudere>> stabiliscono un
rapporto tra «il peccato» e «la Legge» (22a.23b). «La giustizia» che non può
donare la Legge (21 c) è ottenuta dalla fede (24b ). «Gesù Cristo», oggetto della
fede (22b) è anche il destinatario della Legge, il pedagogo che conduce fino a lui
(24a).

INTERPRETAZIONE

Il rinchiudere sotto la Legge


Se Paolo ripete il verbo «rinchiudere» (22a.23b ), probabilmente intende dare
un'immagine della Legge limitativa, costrittiva, restrittiva. Effettivamente il
ruolo della Legge è di fissare dei limiti, d'imporre delle costrizioni e delle restri-
zioni. L'immagine del «pedagogo», questo s~rvo incaricato dal padre di condur-
re suo figlio, nella minore età, verso il suo maestro, permette d'intravedere ciò
che l'Apostolo ha in mente. Il pedagogo è all'epoca solo un intermediario fra il
padre e il maestro; egli guida e sorveglia il bambino, ma non è lui che «fa vive-
re», che dona la vita; non è nemmeno lui che istruisce il bambino fino a farne un
adulto libero e responsabile. Non è la Legge che «fa vivere» e che procura «la
giustizia» (21bc).

II rinchiudere sotto il peccato


Ma Paolo non si accontenta di dire che eravamo rinchiusi sotto la Legge, egli
aveva affermato prima che «la Scrittura aveva rinchiuso tutto sotto il peccato».
Cosa che non smette di stupire: si potrebbe intendere infatti che Dio ha dato la
Legge per far peccare i figli d'Israele. Lo stesso, quando è detto che la Legge
non è capace di far vivere (21 b), si potrebbe logicamente interpretare che essa
conduce alla morte. Lo' stesso, di nuovo, se la giustizia non viene dalla Legge
(21 c), essa porta ali 'ingiustizia. Tenendo presente il contesto, in particolare la
fede che si oppone alla Legge, si capisce che, se la Legge non può dare né la
giustizia né la vita, in compenso essa dona la conoscenza del peccato, e dunque
della morte, da cui è incapace di proteggere chi vi è sottomesso.

II dono della promessa


Ciò che si oppone al rinchiudere sotto la Legge e il peccato, è il dono della
promessa (22bc). O più esattamente la finalità della Legge era, come quella del
pedagogo, di condurre a Cristo che solo poteva far comprendere come quello che
106 I Giudei sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

«fa vivere)) e procura «la giustizia)) è la fede in Colui che ha donato la promessa,
che la vita e la giustizia sono un dono gratuito di Dio in Gesù Cristo.

La rivelazione della Fede


È stata necessaria niente meno che una «rivelazione)) (23c ), vale a dire un
dono dall'alto, perché alla fine si comprendesse che la Legge poteva solo essere
un rinchiudere «sotto il peccato)) e che solo la fede in Cristo poteva procurare la
giustizia e quindi la vita. Anche se il tempo del pedagogo è oramai compiuto;
nondimeno il suo ruolo e la sua grandezza rimangono quelli di averci guidato
fino a Cristo, che la Scrittura attesta come promesso.

D. l GIUDEI SONO FIGLI DI ABRAMO PER LA FEDE IN CRISTO,


AL DI LÀ DELLA LEGGE (3,15-25)

COMPOSIZIONE DELLA SEQUENZA

15
Fratelli, parlo alla maniera umana: anche un TESTAMENTO stabilito da un uomo nella
debita forma, nessuno lo annulla o vi aggiunge. 16 Ora è ad Abramo che sono state fatte
LE PROMESSE e alla sua discendenza. Non è detto «e alle discendenze» come per
molti, ma come per uno solo «e alla tua discendenza», la quale è CRISTO.
17
Ebbene, ecco quel che dico: un TESTAMENTO già stabilito da Dio nella debita forma,
LA LEGGE che è venuta quattrocentotrent'anni dopo non lo revoca in modo da
annullare LA PROMESSA. 18 Se infatti è in virtù de LA LEGGE che si eredita, non è più
in virtù de LA PROMESSA; ora è per LA PROMESSA che Dio ha fatto-grazia ad Abramo.

19
Perché dunque LA LEGGE?
Essa fu aggiunta in vista delle trasgressioni
finché arrivasse la discendenza cui era destinata LA PROMESSA;
essa è stata promulgata tramite degli angeli per mezzo di un mediatore.
20
Ora questo mediatore non è mediatore di uno solo, e Dio è uno solo.
21
LA LEGGE è perciò contro LE PROMESSE [di Dio]? Non sia mai!

Se infatti fosse stata data una LEGGE che avesse il potere di far-vivere, sarebbe effetti-
vamente per LA LEGGE che ci sarebbe la giustizia. 22 Ma la Scrittura ha rinchiuso tutto
sotto il peccato affinché LA PROMESSA, per LA FEDE in GESÙ CRISTO, fosse donata a
quelli che CREDONO.
23
Prima dell'arrivo de LA FEDE, noi eravamo tenuti sotto custodia rinchiusi sotto LA
24
LEGGE, fino a LA FEDE che doveva essere rivelata, cosi che LA LEGGE è diventata
il nostro pedagogo fino a CRISTO, affinché per LA FEDE noi fossimo giustificati.
25
Ma arrivata LA FEDE, non siamo più sotto unpedagogo.
Sequenza B2: Gal3,15-25 107

Si verifica nuovamente la legge della domanda al centro: 73 infatti le due


uniche domande della sequenza incorniciano il passo centrale (19a.21a). Queste
due interrogazioni pongono la questione del molo della Legge e del suo rapporto
con <de promesse».
Accade inoltre un altro fenomeno che non è raro nei testi biblici di costru-
zione concentrica, quello dell' «incrocio al centrm>. 74 La prima domanda, «perché
dunque la Legge?» (19a), troverà infatti la sua risposta nel passo seguente: la
Legge è servita da «pedagogo» (23-25); mentre la seconda domanda, «la Legge
è perciò contro le promesse?» (21 a), aveva già. ricevuto la sua risposta alla fine
del passo precedente: la Legge non revoca la promessa (17 -18).
I verbi della radice ginomai tradotti con «venire» (17), «diventare» (24), e i
loro sinonimi della radice erchomai, resi con «arrivare» (19; 23.25), sono utiliz-
zati per segnare le tappe successive della storia biblica. I passi estremi sono
complementari: nel primo è sottolineata l'anteriorità e la prevalenza della
promessa fatta ad Abramo sulla Legge; nell'ultimo il carattere provvisorio della
Legge in rapporto alla promessa ormai realizzata in Cristo. Il passo centrale
assicura il passaggio tra gli altri due, poiché «essa fu aggiunta» suppone che la
Legge è venuta dopo la promessa e che «la venuta della discendenza» annuncia
la terza parte.
Il nome di «Cristo» che ritorna due volte nell'ultimo passo (22.24), è già stato
utilizzato una volta nel primo (16); nel passo centrale pur non essendo menzio-
nato, è tuttavia indicato da «la promessa», di cui il primo passo ha detto «la
quale è Cristo» (16). «La promessa» ritorna quattro volte nel primo passo (16.
17.18 bis), due volte nel secondo (19.21) e una sola volta nell'ultimo (22) ma
accompagnato, e per così dire rimpiazzato, dalle parole della stessa radice, «la
fede» e «credere» (22 bis.23 bis.24.25), che non sono state finora utilizzate.

CONTESTO BIBLICO

Dall'Antica alleanza alla Nuova


Come si è già detto (p. 101), l'alleanza con Abramo non era condizionata
dall'obbedienza a dei comandamenti. L'alleanza mosaica al contrario, fondata
certamente sul dono gratuito delta liberazione dalla schiavitù nella terra d'Egitto,
prevedeva un impegno reciproco, con obbligazione per il popolo a osservare i
comandamenti della Legge ricevuta sul Sinai. L'esperienza aveva tuttavia dimo-
strato che i figli d'Israele avevano continuamente mancato ai loro impegni.
Tanto che, rotta l'alleanza, bisognava incessantemente rinnovarla. Fino al giorno
in cui, volendo uscire dal circolo vizioso del rinnovamento dell'alleanza, seguito
inesorabilmente dalla disobbedienza, poi dal perdono e da un nuovo rinnovo
dell'alleanza, e così di seguito, il Signore, dalla bocca dei profeti dell'Esilio,
annunciò che avrebbe concluso con il suo popolo una «alleanza nuova». Questa

73
Trattato, 413-431.
74
Trattato, 637-639.
108 I Giudei sono figli di Abramo per la Fede in Cristo

si sarebbe basata sul perdono dei peccati, accordato gratuitamente, prima ancora
che questi fossero consumati. Questa nuova alleanza non sarebbe più stata con-
dizionata dall'osservanza dei comandamenti e avrebbe raggiunto così la gratuità
dell'alleanza abramitica.
Nel vangelo di Luca la sequenza della controversia in Galilea - che comincia
esattamente con la remissione dei peccati all'uomo paralitico - espone, sotto
forma di racconto, in cosa consiste la nuova alleanza, conclusa in Cristo. 75

INTERPRETAZIONE

La Fede nella promessa


Come un testamento, le promesse di Dio fatte ad Abramo sono il frutto di
un'iniziativa divina totalmente gratuita; come l'eredità che non è dovuta ad
alcun merito da parte del suo beneficiario. Le promesse sono un dono gratuito;
«è per la promessa che Dio ha fatto grazia ad Abramo)) (18). L'alleanza conclusa
con il Patriarca non è condizionata in nulla dalla pratica di qualsiasi comanda-
mento. Come l'eredità, la promessa «fa vivere>> (21 b) colui che crede al dono,
che lo accoglie nella fede come ha accolto la vita che gli ha donato l'artefice dei
suoi giorni. La promessa è infatti quella di una discendenza, di un «seme)), è il
dono della figliolanza. Figliolanza in colui che la fede fa riconoscere come il
Figlio di Dio, il Messia, Gesù Cristo. Credere al dono significa accordare la
propria fede nello stesso tempo all'artefice del dono, l'unico Dio, e a colui che
incarna il dono del Padre, il suo Figlio unico. Credere alla «promessa)) è credere
al «seme>>, «il quale è Cristo)) (16).

La custodia della Legge


Immaginarsi che la Legge abbia il potere di «far vivere» (21 b) significherebbe
credere che l'obbedienza ai Suoi comandamenti permetta all'uomo di acquistare
«la giustizia)) (21 c). Ciò sarebbe rinunciare a «l'eredità)) e alla sua «grazia)) ( 18).
Allora «perché ·dunque la Legge?» (l9a). Questa innanzitutto non potrebbe
sostituirsi alla promessa, revocandola. Venuta molto tempo dopo di essa, non è
destinata a rimanere sempre in vigore. Il suo ruolo era transitorio, il suo tempo
contato. Una volta realizzata la promessa in Cristo, la Legge non ha più ragion
d'essere: il suo ruolo è terminato, come quello del pedagogo nell'istante in cui il
figlio raggiunge la sua maturità. Eppure la Legge aveva una funzione da
assolvere, e questa era essenziale. «Essa fu aggiunta in vista delle trasgressioni»
(19b). Era necessario infatti che i figli d'Israele facessero l'esperienza, dolorosa
come può essere la verità, che non era per la propria pratica della Legge che essi
erano capaci di raggiungere la giustificazione e la vita. Essi potevano soltanto
costatare che restavano «rinchiusi sotto il peccato)), radicalmente incapaci di
75
Vedi R. MEYNET, Il Vangelo secondo Luca, «l dottori della Legge e lo Sposo della nuova
alleanza», 229-255 (vedi anche la sequenza parallela: «Giovanni il Battista e lo Sposo della nuova
alleanza>>, 297-317).
Sequenza B2: Gal3,15-25 109

obbedire ai comandamenti, di essere fedeli alla Legge. Era proprio necessario


che la Legge fosse aggiunta «in vista delle trasgressioni>), perché si potesse sco-
prire che non vi era altra via che quella della fede nella gratuità della promessa.
Tale fu in effetti il cammino che doveva portare i profeti dell'Esilio a predire la
nuova alleanza, quella che si fonda sul perdono dei peccati e non è condizionata
dall'osservanza della Legge (Ger 31,31-34).
lO
Siete tutti figli di Dio e seme di Abramo

Sequenza B3: Gal3,26-29

Questa sequenza è assai breve, contando un solo passo della misura di una
parte.

COMPOSIZIONE

+ 26 TUTTI INFATTI FIGLI di Dio siete


:per la Fede m CRISTO GESÙ;
+ 27 infatti, voi-tutti che in CRISTO siete stati battezzati,
CRISTO avete rivestito.

28
- Non c'è giudeo né greco,
non c'è schiavo né libero,
non c'è uomo e donna.

+ TUTTI INFATTI voi uno-solo siete


in CRISTO GESÙ;
+ 29 e se voi DI CRISTO (siete)
:allora di Abramo IL SEME siete,
secondo la promessa EREDI.

I brani estremi sono rivolti alla seconda persona plurale, mentre il brano
centrale è una dichiarazione di tipo generale, formata da tre frasi nominali.
I primi segmenti dei brani estremi cominciano e finiscono allo stesso modo. 76
Alle estremità «figli di Dio» (26a) corrisponde a «di Abramo il seme» (29b), cui
fa eco «eredi» (29c): i termini appartengono allo stesso campo semantico della
filiazione.

76
La costruzione sintattica di 26 è discussa. Molti sono del parere che «in Cristo Gesù» non
possa essere complemento di «per la fede>). Infatti mai altrove nel Nuovo Testamento Cristo è il
complemento di «credere» (o di «la fede») seguito da en: «per la fede» e «in Cristo Gesù» dovreb-
bero essere considerati allora come due complementi distinti di «siete figli di Dio». Il parallelismo
con il bimembro simmetrico (28de) potrebbe appoggiare questa posizione. Per rimuovere l'ambi-
guità, sarebbe possibile mettere una virgola dopo «per la fede», cosa che distinguerebbe i due
complementi. Sembra preferibile conservare l'ambiguità.
112 Siete tutti Figli di Dio e seme di Abramo

CONTESTO BIBLICO

Figli di Dio
La figliolanza divina non è un'invenzione del Nuovo Testamento. L'inizio del
passo sembra citare Dt 14,1: «Voi siete dei figli per il Signore vostro Dio». Ma
questa figliolanza sembra riservata ai soli figli d'Israele: «Tu sei infatti un
popolo consacrato al Signore, tuo Dio, e il Signore ti ha scelto per essère il suo
popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra» (Dt 14,2).

Degli elenchi simili


1Cor 12,13 riprende solo le prime due coppie di Gal3,28:
12
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo,
pur essendo molte, sono un corpo solo, cosi anche il Cristo. 13 Infatti noi tutti siamo
stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o
liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito (vedi anche Col3,11).

La triplice affermazione al centro della sequenza capovolge la triplice bene-


dizione che i giudei devono pronunCiare ogni giorno, nel medesimo ordine di
quello di Paolo: «Che tu sia benedetto[ ... ] che non mi hai fatto gay; [... ]che non
mi hai fatto schiavo; [... ]che non mi hai fatto donna». 77

Egli ha abbattuto il muro di separazione


La prima negazione centrale, «giudeo l greco» (Gal3,28a) è esplicitata in Ef
2,11-16:
11
Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da
quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d'uomo,
12
ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza
d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo.
13
Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini,
grazi.e al sangue di Cristo. 14 Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una
cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l'inimicizia, per
mezzo della sua carne. 15 Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di
decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, 16 e per
riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in
se stesso l'inimicizia.

La ripetizione di «uno solo» (14.15.16) richiama l'inizio dell'ultimo brano


della sequenza di Galati: «Tutti voi infatti uno solo siete».

77
La prima attestazione di questa triplice benedizione risale a Giuda ben Hai (verso il 150
dopo Cristo); vedi Tosephta Berakot, 7,18 (ed. Zuckermandel). Ringrazio R. Neudecker per
avermi aiutato a rintracciare l'origine di questa benedizione. Vedi R. MEYNET, «Composition et
genre littéraire de la première section de l'Epitre aux Galates», Il.
Sequenza B3: Gal3,26-29 113

INTERPRETAZIONE

«Voi tutti siete figli di Dio»


Questa breve sequenza è rivolta a tutti quelli che sono stati battezzati in Cristo
(27); in altre parole non solo i Galati etnico-cristiani, ma anche i giudeo-cristiani
che li turbano. È l'unico posto della Lettera in cui Paolo si rivolge ai suoi corri-
spondenti in questo modo: «Tutti infatti[ ... ] siete» (26a.28d). È qui che risiede la
novità del Vangelo, quale l'Apostolo dei gentili proclama dappertutto e a tutti.
Siamo tutti ugualmente «figli di DiO>). È l'unica volta in tutta la Lettera che
l'espressione «figli di Di m) è applicata agli uomini; altrove infatti solo Gesù
aveva ricevuto qùesto titolo (2,20). È a Gesù Cristo che noi dobbiamo la figlio-
lanza divina. È difatti nell'unico Cristo che tutti sono stati battezzati ed è lo
stesso Cristo di cui pagani e giudei si sono rivestiti.

«Siete il seme di AbramO))


Ci si potrebbe stupire che la sequenza si chiuda con la filiazione di Abramo.
Ecco una finale inattesa, tanto più che sembra situarsi come un netto passo in-
dietro rispetto alla figliolanza divina! Un legame è stabilito nell'ultimo versetto
tra Cristo e Abramo. Essere di Cristo significa essere seme di Abramo, come
Cristo stesso (3,16.19). D'altro canto è possibile notare che le estremità del testo
siano segnate non solo dalla figliolanza, di Dio da una parte e di Abramo dall'al-
tra, ma anche da «la fede)) (26b) e da «la promessa)) (29c). Queste due realtà
sono correlate, giacché ciascuna si oppone a «la Legge)), come presentava con
insistenza la sequenza precedente; esse sono correlate anche perché la promessa
è l'atto di Dio e la fede è la risposta dell'uomo. Così sarebbe suggerita ancora
una volta la supremazia della promessa e della fede sulla Legge, il cui effetto era
di distinguere e parimenti dividere.

Figli di Dio per Abramo


Certo è solo Cristo che ha ottenuto a tutti, pagani come giudei, la figliolanza
divina. Il fatto tuttavia che la sequenza si chiuda con la figliolanza di Abramo
- estesa oramai per la promessa e per la fede a quelli che, secondo la carne, non
fanno parte della sua discendenza - fa comprendere che è attraverso il Patriarca
che la figliolanza divina è stata trasmessa anche ai pagani. Come se fosse neces-
sario ricordare che «la salvezza vi~ne dai giudeh) (Gv 4,22).

Battesimo e circoncisione
Non si parla di circoncisione nella sequenza. Essa è tuttavia presente, presup-
posta, sullo sfondo; senza la quale non è possibile cogliere la portata di questi
pochi versetti e in particolare della triplice opposizione su cui la sequenza è
focalizzata. È infatti la circoncisione che distingue fino a opporli giudei e greci;
è la circoncisione che innalza una barriera tra uomini e donne, poiché essa non
114 Siete tutti Figli di Dio e seme di Abramo

riguarda che i primi. 78 Tramite il battesimo, rituale d'ingresso nella nuova


alleanza, nuova circoncisione, il muro di separazione tra greci e giudei così
come tra uomini e donne crolla, giacché tutti ugualmente, senza distinzione,
sono battezzati e si rivestono di Cristo.

Né schiavi né liberi
Secondo Gen 17, 12-13 lo schiavo non giudeo comprato con denaro deve
essere circonciso. Es 12,44 prevede che lo schiavo debba essere circonciso per
essere ammesso a mangiare la Pasqua con i figli d'Israele. Così non è la circon-
cisione a distinguere in Israele l'uomo libero e lo schiavo. L'opposizione
centrale tra liberi e schiavi si distingue dunque dalle due che la inquadrano. Si
ritrova infatti all'interno sia del mondo giudaico che del mondo greco, sia per gli
uomini che per le donne. Riguarda tutti i figli di Adamo, tutti gli esseri umani.

L'enigma al centro
La specificità di quest'opposizione non smette di sorprendere. Si verifica così,
una volta ancora, la legge dell'enigma al centro. 79 Non sembra che questo enig-
ma possa essere risolto a livello della sequenza. Bisognerà perciò attendere il
livello superiore, della sezione e pure del libro, per essere in grado di decifrarlo.

78
Vedi per esempio H. SAVON, «Le pretre Eutrope et la "vraie circoncision"», 385-386.
79
Vedi Trattato, 413 s.
11
Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge
e ci ha resi figli di Dio

Sequenza B4: Ga14,1-20

La quarta sequenza comprende due passi paralleli tra loro (4,1-11 e 4,12-20).
Il problema maggiore di questa sequenza è quello del genere e della funzione del
secondo passo che ha sempre costituito un problema per gli esegeti: «La
pericope fa l'effetto di una grande parentesi tra i versetti 8-11 e i versetti 21 ss». 80
«Questa sezione presenta un cambiamento di tono molto marcato rispetto alla
precedente. Il linguaggio è differente e pure lo stile tradisce una brusca emo-
zione, tanto che numerosi commentatori suppongono che il sentimento abbia
preso in Paolo la meglio sul rigore logico con il quale aveva dettato le sezioni
precedenti, anche se l'aveva fatto con una grande tensione interiore». 81 La BJ
intitola questo passo: «Ricordi personali».
H.-D. Betz vi ha visto da parte sua il ricorso, ben attestato nel mondo greco-
latino, all'argomento peri philias. 82 Tuttavia il tono molto personale con cui
Paolo si rivolge ai Galati non deve far perdere la reale portata, teologica, del suo
argomento: non si tratta in questo passo d'amicizia, ma di figliolanza, e di
figliolanza reciproca, ciò che è proprio in linea con il passo precedente.

Siamo tutti, giudei e pagani, figli di Dio nel suo Figlio 4,1-11

Siamo tutti, voi e io, figli gli uni degli altri 12-20

80
Mussner, 467.
81
Corsani, 277.
82
H.-D. BETZ, «The Literary Composition and Function of Paul's Letter to the Galatians»,
372; Io., Galatians, 220-221.
116 Cristo ci ha tutti. riscattati dalla Legge e ci ha resi figli di Dio

A. SIAMO TUTTI, GIUDEI E PAGANI, FIGLI DI DIO NEL SUO FIGLIO ( 4,1-11)

COMPOSIZIONE

1
E oraJO dico:

+ Per tutto il tempo che L'EREDE è FANCIULLO,


: in nulla differisce da uno SCHIAVO, PADRONE di tutto (pur) essendo,
2
: ma sotto tutori egli è e (sotto) amministratori,
= flno al termine stabilito dal PADRE.

+ 3 Così anche noi, quando eravamo FANCIULLI,


sotto gli elementi del mondo eravamo SCHIAVI;
4
= ma quando venne lo pienezza del tempo,
. DIO ha mandato SUO FIGLIO
. nato da donna, nato sotto la Legge
5
affinché riscattasse quelli sotto la Legge
. affinché ricevessimo LA FIGLIOLANZA.

6
: E che siete FIGLI,
-mandò DIO lo Spirito di SUO FIGLIO
-nei cuori di noi gridando:

«ABBA, PADRE!»,
7
così che non sei più SCHIAVO
-ma (sei) FIGLIO,

:e se (sei) FIGLIO,
-anche (sei) EREDE per DIO.

+ 8 Ma allora, quando non conoscevate DIO


: eravate SCHIAVI di coloro che per natura non sono dèi.

= 9 Ora invece, che conoscete DIO,


=anzi che siete conosciuti da DIO,
: come tornate di nuovo a quei deboli e miserabili elementi
: ai quali ancora di nuovo volete ASSERVIRVf?
10
Osservate giorni, mesi, stagioni e anni!
11
Io temo per voi
d'aver faticato invano per voi.
Sequenza B4: Gal4,1-20 117

Nella prima parte la situazione di Paolo e dei suoi correligionari (3-5) è


paragonata a quella di un erede (l b-2). Ciascuno dei due brani contrappone due
tempi, quello dell'infanzia (l b-2a; 3) e quello della maturità (2b; 4-5). Si noti
che nel secondo brano <da Legge» (4c.5a) è chiamata in 3b «gli elementi del
mondm>.
La quarta parte oppone passato e presente (8; 9-10). I due membri del primo
brano contrappongono in finale il vero «Dio» e «i (falsi) dèi»; nel secondo brano
i due membri del primo segmento terminano anch'essi con «Dio», cui sono
opposti «quei deboli e miserabili elementi» (9c), definiti in seguito «giorni,
mesi, stagioni e anni» (10). Al centro dell'ultimo segmento «volete asservirvi»
(9d) corrisponde a «eravate schiavi» di 8b.
La parte centrale forma una sola frase complessa. Il primo membro del primo
brano (6a) costituisce la protasi; i due membri seguenti l'apodosi. 83 Nell'ultimo
brano (7) i membri del primo segmento oppongono «schiavo» e «figlio», quelli
del secondo stabiliscono un'equivalenza tra «figlio» ed «erede». I brani estremi
cominciano con «essere» (6a.7a); ma mentre il primo è al plurale, l'ultimo è al
singolare, La parte è focalizzata sulle uniche parole nel discorso diretto (6d),
introdotte dal primo brano.
La seconda e la penultima parte si corrispondono. La prima (l b-5), in «noi»
(salvo, naturalmente, il primo termine di paragone), tratta la situazione dei
giudeo-cristiani, di cui il mittente Paolo fa parte; la quarta parte (8-10), in «voi»,
tratta di quella dei destinatari pagano-cristiani della Galazia. Due tempi sono
contrapposti in ciascuna di queste parti: da una parte il tempo passato, quello
dell'infanzia e della schiavitù (l b-2 e 3), quello della non-conoscenza di Dio e
della schiavitù dei falsi-dèi (8: la parola «schiavo» è ripresa in le, 3b e 8b),
dall'altra parte il tempo nuovo, quello del riscatto e della figliolanza (4-5 che
riprende 2b), quello della conoscenza di Dio (9ab). Tuttavia il secondo brano
della penultima parte (9-10) termina sul ritorno al tempo antico (9c-10); «questi
deboli e miserabili elementi» di 9c, vale a dire «giorni, mesi, stagioni e anni»
(10), rimandano agli «elementi del mondo» di 3b, ovvero «la Legge» di 4c e 5a;
ma l'elenco dei «giorni, mesi, stagioni e anni» (l O) rimanda anche al «termine
stabilito» di 2b e a «la pienezza del tempo» di 4a, ai quali si oppone.
La parte centrale (6-7) assicura il legame tra le due parti che la inquadrano: il
«noi» di 6b- e lo stesso il «tu» di 7a- include il «voi» della quarta parte. 84

83
Per questo si traduce spesso: «E che siete figli, (prova ne è che) ha inviato ... ». Il ritmo
sembra portare a ritenere che «nei nostri cuori» sia il complemento di «gridando».
84
Si potrebbe anche notare il gioco di parole tra «ereditare» (klero-nomos, due volte, in l b e
7b), «legge>> (nomos, due volte, in 4c e Sa) e «amministratori>> (oiko-nomos, in 2).
118 Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi figli di Dio

CONTESTO BIBLICO

«Gli elementi del mondo>>


L'espressione ha dato luogo a molte discussioni e a tante interpretazioni
differenti. Sembra che la più semplice sia la più probabile. Si tratterebbe dei
quattro elementi, terra, acqua, aria, fuoco, di cui è costituito, secondo gli antichi,
il mondo. Questi elementi di base erano spesso considerati, tra molti popoli,
come altrettante divinità; cosa che lascia intendere la simmetria dell'espressione
di 3b nella prima parte con «quelli che per natura non sono dèh> di 8b all'inizio
dell'ultima parte.
Questi elementi, chiamati in seguito «deboli e miserabili» (9c ), sono messi in
parallelo con «la Legge» (4c.5a), il che lascia intendere che la Legge stessa
possa essere idolatrata al pari degli elementi del mondo. Quanto ai «giorni, mesi,
stagioni e anni» (10) che scandiscono e organizzano il tempo, la simmetria con
la Legge induce a pensare che rimandino alle diverse istituzioni giudaiche: del
sabato per i giorni, del novilunio per i mesi, delle grandi feste - in particolare di
pellegrinaggio - per le stagioni, degli anni sabbatici e giubilari per gli anni.

«Abbà, Padre»
Termine aramaico, «abbà», sempre tradotto in greco, si ritrova in Rm 8,15:
«E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma
avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo:
«Abbà! Padre!». Questa maniera familiare di rivolgersi a Dio, che non è affare
da bambini, è quella di Gesù stesso: «E diceva: Abbà! Padre! Tutto è possibile a
te: allontana da me questo calice! Però, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi
tu!» (Mc 14,36).

INTERPRETAZIONE

Il tempo della schiavitù


Per i giudeo-cristiani come per i pagano-cristiani, per Paolo come per i Galati
ai quali si rivolge, ci fu dapprima un tempo in cui tutti erano schiavi. Non però
che lo fossero stati per natura; poiché, essendo eredi, erano in realtà «padroni di
tutto» (1). Anche i cristiani di origine pagana, quando erano asserviti alle loro
divinità, non erano schiavi per natura, poiChé gli dèi che essi servivano non
erano «per natura», veri dèi (8b ); semplicemente non conoscevano l'unico vero
Dio (8a). Quanto ai cristiani venuti dal giudaismo, anch'essi erano schiavi; certa-
mente non adoravano dei falsi dèi, ma erano retti da «tutori e amministratori»
(2a) che non erano «il Padre» (2b). Questi tutori- vale a dire «la Legge» (4c.5a)
-necessari durante il tempo dell'infanzia, dovevano, giunto il tempo opportuno
(2b.4a), cedere il posto alla libertà del figlio. La Legge e i suoi precetti sono solo
«elementi del mondo» (3b); la Legge non è Dio. Non è essa che bisogna adorare
Sequenza B4: Gal4, 1-20 119

e servire. Chi rifiuta di esserne affrancato ne farebbe un idolo, allo stesso titolo
dei falsi dèi adorati e serviti dai pagani.

La fine della schiavitù


Il tempo della schiavitù, come quello dell'infanzia, è un tempo transitorio.
Non è destinato a perpetuarsi. Viene il giorno, una volta raggiunto «il termine
prestabilito dal padre>> (2b ), in cui colui che per natura è già «padrone di tutto>>
viene emancipato dalla sua condizione di schiavo. I tutori e gli amministratori,
come la Legge, durano solo per un certo tempo: il loro potere un giorno raggiun-
ge il proprio termine. Allora devono cedere il posto. Il fatto è che non sono dei
veri padroni, ma soltanto i sostituti del padre; in realtà dei servitori; e in defini-
tiva schiavi del figlio. Presto devono cedere il loro potere, non al padre, dal
quale l'hanno ricevuto, ma al figlio, a cui è destinata l'eredità. Tale è il loro
ruolo e la loro missione, tale è la fine della schiavitù.

Il riscatto degli schiavi tramite il Figlio


La libertà non poteva essere accordata ai figli d'Israele se non attraverso colui
che era per natura il Figlio di Dio. Ma, per fare di uno schiavo uh uomo libero,
bisogna «riscattarlo». Il Figlio perciò ha dovuto farsi egli stesso schiavo della
Legge, prendere per così dire il posto dello schiavo, perché questi possa ritrovare
la sua condizione di figlio. «L'adozione filiale» (5b) è dunque il frutto di uno
scambio, di un rovesciamento. Nel suo Figlio Dio si fa schiavo dell'uomo, affin-
ché egli sia rivelato come suo figlio. Non sono tuttavia solo gli israeliti che sono
chiamati a diventare figli di Dio, ma anche i pagani. Appena Paolo ha dichiarato
che i giudei sono stati liberati dalla schiavitù della Legge per ricevere l'adozione
filiale, subito aggiunge (al centro del passo: 6-7) che tutti, i pagani come i
giudei, sono ormai figli di Dio: come lui, i suoi destinatari hanno infatti avuto la
stessa esperienza interiore, quella dello Spirito che li fa chiamare Dio loro Padre.

La tentazione del ritorno alla schiavitù


Eppure malgrado questa esperienza fondatrice della loro libertà, i Galati sono
tentati di ritornare alla schiavitù; non quella delle false divinità che avevano
servito un tempo, ma quella dei «tutori e amministratori»; in altre parole quella
della «Legge» giudaica, di «questi deboli e miseri elementi» (9c), delle ricor-
renze del culto israelita e delle osservanze che Paolo designa con l'elenco dei
<<giorni, mesi, stagioni e anni» (lOa). I cristiani di origine pagana non devono
certamente sottomettersi a queste leggi transitorie. Non è ripetendo senza fine
questi riti - ogni sabato e ogni novilunio, al passaggio di ogni stagione e al
ritorno di ogni anno - che essi saranno liberati, ma per il solo riscatto operato dal
Figlio di Dio una volta per tutte, quando, «al termine prestabilito dal Padre»
(2b), «venne la pienezza del tempo» (4a).
120 Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi figli di Dio

B. SIAMO TUTII, VOI E IO, FIGLI GLI UNI DEGLI ALTRI (4,12-20)

COMPOSIZIONE

+ 12 Diveniate COME me,


+perché anch'io COME voi, FRATELLI, vi supplico.

= In niente mi avete fatto torto:


13
voi sapete che è a causa di una debolezza della carne
che vi ho ·evangelizzati la prima volta.
14
: Ora la prova che per voi consisteva nella mia carne
=non l'avete respinta né l'avete ESPULSA.

+ Al contrario, COME un angelo di Dio mi avete accolto,


+ COME CRISTO GESÙ.

15
Dov'è dunque la vostra beatitudine?
,------------------------,
SE CIÒ FOSSE STATO POSSIBILE,
Vi rendo testimonianza che, ESSENDOVI CA VA TI GLI OCCHI,
ME (LI) A\'IU:STE DATI.
16
Sono dunque diventato vostro nemico, perché vi dico la verità?

17
- Vi corteggiano, non per il bene,
- ma separarvi vogliono,
- affinché li corteggiate.
18
È bene essere corteggiati,
per il bene e per sempre
. e non solo quando sono presso di voi.
19
= FIGLIOLI miei,
=che di nUOVO PARTORISCO-NEL-DOLORE
= fino a quando CRISTO sia FORMATO in voi.
20
: Vorrei essere presso di voi adesso
: e cambiare la mia voce
: perché non so più cosa fare con voi.

Alle estremità della prima parte (12.14cd) «come>> è ripreso due volte; il
primo segmento guarda al futuro, l'altro ricorda il passato. Nel brano centrale i
membri estremi contengono verbi appartenenti allo stesso campo semantico, tutti
segnati dalla negazione; al centro (13b) l'azione di Paolo alla quale corrisponde
la reazione dei Galati nei membri che la incorniciano. «Angelo» (14c) è della
stessa radice di «evangelizzare» (13b).
Sequenza B4: Gal4,1-20 121

La parte centrale comprende, alle estremità ( 15a.l6), due domande che mira~
no all'atteggiamento attuale dei Galati nei riguardi di Paolo. Il brano centrale
presenta la testimonianza resa dall'Apostolo all'atteggiamento passato dei suoi
destinatari.
Nell'ultima parte i due segmenti del primo brano oppongono l'atteggiamento
di seduzione dei rivali di Paolo e la fedeltà alla quale egli invita i Galati. Nel
secondo brano Paolo in un certo senso prolunga la metafora. Il primo segmento
(19) utilizza in ciascun membro dei termini appartenenti al campo semantico
della generazione.
La domanda all'inizio della parte centrale (15a) rimanda alla prima parte che
ricorda la bella accoglienza che Paolo aveva trovato presso i Galati; in maniera
complementare, la domanda della fine ( 16) prepara la terza parte in cui Paolo
dice «la verità» dei suoi avversari (17-18) e quella del proprio atteggiamento
(19-20).
Quelli che l'Apostolo chiama suoi «fratelli» alla fine d,el primo brano ( 12b)
sono chiamati suoi «figlioli» all'inizio dell'ultimo (19a); al centro (15) Paolo
attesta che i Galati l'avevano un tempo trattato come avrebbe fatto una madre
(che non esiterebbe a dare i propri occhi per il suo bambino). 85 Nell'ultima parte
Paolo si presenta non come padre dei suoi discepoli ma come loro madre: egli li
«partorisce di nuovo nel dolore» ( 19b): c'è perciò reciprocità nella loro rela-
zione, poiché quelli che lui genera di nuovo si erano presi cura di lui come una
madre. La fine del versetto, «fino a quando Cristo sia formato in voi» (19c),
è variamente interpretata: o si comprende che Paolo genera in loro Cristo;
oppure che, con un'immagine ardita, egli voglia dire che i Galati, essendo stati
generati da lui, diventeranno a loro volta gravidi di Cristo che sono incaricati di
partorire anche loro. È possibile infine ritenere che il verbo tradotto con «espel-
lere)) in 14b appartenga allo stesso campo semantico della generazione: il verbo
ek-ptuo - utilizzato solo qui in tutto il Nuovo Testamento - significa infatti
«gettare sputandm) e lo si interpreta sia semplicemente come «gettare)), sia nel
senso proprio di «sputare», giacché era il gesto che si faceva davanti a una
persona colpita da una malattia o da una infermità considerata come maledizione
divina, per scongiurare la cattiva sorte. Il secondo senso di questo verbo è
tuttavia «gettare per abortO)). Nella linea di lettura fin qui condotta è invitante
tenere questa immagine: «formatm) di 19c si opporrebbe allora a «espulsO)) di
14b. I due «come)) all'inizio del passo (12ab), ai quali fanno eco i due «come))
della fine del versetto 14, alla fine della prima parte, sembra che tematizzino
bene la reciprocità del rapporto di figliolanza che lega l'Apostolo ai suoi
discepoli.

85
Il quotidiano La Repubblica del9 aprile 1998 titolava: <<Catania: la disperazione della madre
del bambino ferito alla testa dai banditi. "Darei i miei occhi a mio figlio")); il piccolo di cinque
anni rischiava in effetti di perdere la vista.
122 Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi figli di Dio

INTERPRETAZIONE

Paolo si presenta come la vera madre dei Galati


Mentre all'inizio Paolo chiama i suoi destinatari con il nome di «fratelli», alla
fine si rivolge loro come ai suoi «figlioli)). Scrivendo loro questa lettera, è ben
consapevole non solo di istruirli o di correggerli, ma di generarli di nuovo: gli
aveva dato la vita una «prima volta)), quando li aveva «evangelizzati)) (13b);
e per loro adesso soffre una seconda volta i dolori del parto (19b). I suoi
avversari al contrario li lusingano, come una falsa madre che cerca non «il bene))
(17a.l8b) del bambino ma il suo affetto: ciò che vogliono infatti è «essere
corteggiath) (17c). Sono pronti per questo a ogni menzogna e a far passare Paolo
per «il nemiCO)) (16) di quelli di cui cercano i favori. Ora, come all'epoca del
giudizio di Salomone (1Re 3, 16-28), solo la vera madre può «dire la verità))
(16).

I Galati si erano comportati come una madre nei riguardi di Paolo


Tutto il passo è focalizzato sulla «testimonianza)) che l'Apostolo rende ai suoi
discepoli (15b-e). Ciò che è così messo in risalto, sebbene la parola non sia
utilizzata, è proprio il comportamento materno che i Galati avevano manifestato
nei riguardi del loro evangelizzatore. Nessun altro che una madre sarebbe infatti
pronto a strapparsi gli occhi per darli al suo bambino. Lei che ha dato il suo
corpo a colui che ha portato, partorito e nutrito del suo latte, resta simbolica-
mente disponibile a dargli ancora ciò che ha di più prezioso, la pupilla dei suoi
occhi. Malgrado «la prova che consisteva per loro nella sua carne)) (14a), essi
avevano accolto Paolo così com'era, con «la debolezza della sua carne)) (13a);
non se n'erano disfatti, come una donna getta o «espelle)) il bambino che porta in
sé (14b).

Una maternità reciproca


Fin dall'inizio Paolo invita i suoi corrispondenti a un atteggiamento di totale
reciprocità: «Siate come me, poiché io sono diventato come voh) (12). Il titolo di
«fratelli)) (12b) traduce bene l'uguaglianza dei rapporti che egli supplica loro di
restaurare. Niente però è detto in quest'appello inaugurale sulla natura specifica
di questa mutua relazione _che egli auspica. È solo nel seguito del testo che il
lettore comprende a poco a poco in cosa essa consista. L'Apostolo_ comincia col
ricordare a lungo come i Galati si erano presi cura di lui come avrebbe fatto una
madre. Ed è soltanto alla fine (19) che fa comprendere ai suoi destinatari che,
poiché li partorisce di nuovo nel dolore, aveva sofferto lo stesso travaglio «la
prima volta)) (13b). Così l'uguaglianza tra «fratelli)) consiste nel fatto che sono
madri gli uni degli altri, che si generano scambievolmente.
Sequenza B4: Gal4,1-20 123

La filiazione di Cristo Gesù


In colui che li aveva «evangelizzati» (13b), i Galati avevano riconosciuto e
accolto «un angelo di Dio» (14c ); attraverso Paolo e in lui, colui che avevano
ricevuto e di cui si erano presi cura come una madre era lo stesso «Cristo Gesù»
(14d). Certo l'immagine utilizzata da Paolo può sorprendere e apparire per lo
meno iperbolica. Eppure ciò cui sono chiamati i Galati è niente meno che portare
nel loro corpo- individuale e sociale- e mettere al mondo il Cristo (l9c). In
questo senso, come colui che ha generato in loro e tra loro Cristo, la loro voca-
zione è di generare a loro volta Cristo Gesù nei loro fratelli, tra cui Paolo. Un
figlio non è veramente tale finché non diventi capace di generare anche lui dei
figli.

C. CRISTO CI HA TUTII RISCATTATI DALLA LEGGE E Cl HA RESI FIGLI DI DIO


(4,1-20)

COMPOSIZIONE

1
Ora dico: per tutto il tempo che L'EREDE è fanciullo, non differisce in nulla da uno
schiavo, pur essendo padrone di tutto, 2 ma è sotto tutori e amministratori fino al
termine stabilito da suo PADRE. 3 Così anche noi quando eravamo fanciulli, sotto gli
elementi del mondo eravamo schiavi; 4 ma quando venne la pienezza del tempo, Dio
ha mandato SUO FIGLIO avvenuto da una donna, avvenuto sotto la Legge 5 per
riscattare quelli sotto la Legge affinché ricevessimo LA FIGLIOLANZA.
6
E che voi siete FIGLI, (prova ne è che) Dio ha mandato lo Spirito di SUO
7
FIGLIO nei nostri cuori che grida: «Abbà, PADRE! », così che non sei più
schiavo ma FIGLIO, e, se sei FIGLIO, sei anche EREDE per Dio.
8
Ma allora, quando non conoscevate Dio eravate schiavi di dèi che per natura non lo
sono. 9 Adesso invece che conoscete Dio, anzi che siete conosciuti da Dio, come
tornate DI NUOVO a quei DEBOLI e miserabili elementi ai quali ancora DI NUOVO volete
asservirvi? 10 Osservate giorni, mesi, stagioni e anni!
= 11 Temo di aver faticato invano PER VOI.

12
Diventate come me, perché anch'io (sono diventato) come voi, FRATELLI, vi
supplico. In nulla mi avete fatto torto: 13 sapete che è a causa di una DEBOLEZZA della
carne che vi ho evangelizzati la prima volta. 14 Ora la prova che per voi consisteva
nella mia carne non l'avete respinta né ESPULSA, ma come un angelo di Dio mi .avete
accolto, come CRISTO Gesù.
15
Dov'è dunque la vostra beatitudine? Vi rendo questa testimonianza che, se
fosse stato possibile, VI SARESTE CAVATI GLI OCCHI PER DARMELI.
16
Così che sono diventato il vostro nemico, perché vi dico la verità? ,
17
Vi corteggiano, non per il bene ma vogliono separarvi affinché li corteggiate. 18 È
bello essere corteggiati, per il bene e per sempre, e non solo quando sono presso di voi.
19
FIGLIOLI miei, che DI NUOVO PARTORISCO-NEL-DOLORE fin quando CRISTO sia
formato in voi, 20 vorrei essere vicino a voi adesso e cambiare la mia voce.
=Perché non so più cosa fare CON VOI.
124 Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi figli di Dio

1
Ora dico: per tutto il tempo che L•EREDE è fanciullo, non differisce in nulla da uno
schiavo, pur essendo padrone di tutto, 2 ma è sotto tutori e amministratori fino al
termine stabilito da suo PADRE. 3 Così anche noi quando eravamo fanciulli, sotto gli
elementi del mondo eravamo schiavi; 4 ma quando venne la pienezza del tempo, Dio
ha mandato SUO FIGLIO avvenuto da una donna, avvenuto sotto la Legge 5 per
riscattare quelli sotto la Legge affinché ricevessimo LA FIGLIOLANZA.
6
E che voi siete FIGLI, (prova ne è che) Dio ha mandato lo Spirito di SUO
7
FIGLIO nei nostri cuori che grida: «Abbà, PADRE!», cosl che non sei più
schiavo ma FIGLIO, e, se sei FIGLIO, sei anche EREDE per Dio.
8
Ma allora, quando non conoscevate Dio eravate schiavi di dèi che per natura non lo
sono. 9 Adesso invece che conoscete Dio, anzi che siete conosciuti da Dio, come
tornate DI NUOVO a quei DEBOLI e miserabili elementi ai quali ancora DI NUOVO volete
asservirvi? 10 Osservate giorni, mesi, stagioni e anni!
11
= Temo di aver faticato invano PER VOI.

12
Diventate come me, perché anch'io (sono diventato) come voi, FRATELLI, vi
supplico. In nulla mi avete fatto torto: 13 sapete che è a causa di una DEBOLEZZA della
carne che vi ho evangelizzati la prima volta. 14 Ora la prova che per voi consisteva
nella mia carne non l'avete respinta né ESPULSA, ma come un angelo di Dio mi avete
accolto, come CRISTO Gesù.
15
Dov'è dunque la vostra beatitudine? Vi rendo questa testimonianza che, se
fosse stato possibile, VI SARESTE CAVATI GLI OCCHI PER DARMELI.
16
Cosl che sono diventato il vostro nemico, perché vi dico la verità?
17
Vi corteggiano, non per il bene ma vogliono separarvi affinché li corteggiate. 18 È
bello essere corteggiati, per il bene e per sempre, e non solo quando sono presso di voi.
19
FIGLIOLI miei, che DI NUOVO PARTORISCO-NEL-DOLORE fin quando CRISTO sia
formato in voi, 20 vorrei essere vicino a voi adesso e cambiare la mia voce.
=Perché non so più cosa fare CON VOI.

I due passi sono di uguale composizione: due parti incorniciano ogni volta una
parte più corta (6-7; 15-16). Terminano su una dichiarazione simile (11.20c)
dove l' «io» di Paolo, all'inizio, è messo in relazione con il «voi» dei Galati alla
fine.
I numerosi termini del campo semantico della generazione e della parentela
del primo passo («ereditare» in la e 7b; «padre>> in 2b e 6b; «figlio» in 4b, 6a
bis, 7b bis, «adozione-filiale» in 5b), trovano il loro corrispondente nel secondo
passo con «fratelli» di 12a, «figlioli» e «partorire nel dolore» di 19; termini ai
quali bisogna aggiungere «vi sareste cavati gli occhi per darmeli» di 15b, e pure
«né espulsa» di 14b. Mentre la figura del padre domina nel primo passo, nel
secondo domina q1,1ella della madre.
Nei due passi si ritrova la stessa opposizione tra due tempi: nel primo versante
del primo passo, il tempo in cui «Dio ha mandata» suo Figlio (4b) - vale a dire
colui nel quale i Galati «conoscono Dio, anzi sono conosciuti da Lui» (9ab) -, si
oppone, nel secondo versante del passo, al tempo in cui «vogliono» ritornare al
passato (9bc-10). Nel primo versante del secondo passo, ci fu il tempo in cui
ricevettero Paolo «come un angelo» (ovvero come un inviato) di Dio (14c) che si
Sequenza B4: Gal4,1-20 125

oppone, nel secondo versante del passo al tempo in cui «si vuole separarli)). Si
noterà la ripresa dei sinonimi nun (9a) e arti (20b ), entrambi tradotti con
«adeSSO)).
Le due occorrenze di «Cristo)) nel secondo passo (14c.19b) designano lo
stesso personaggio che nel primo passo è chiamato, due volte pure, «suo Figlio))
(4b.6a).
La prima parola del secondo passo, «diventate)) (12a), è lo stesso verbo
utilizzato due volte al participio per il Figlio di Dio in 4p (e che qui è perciò
tradotto con <<avvenuto))).
Da notare, nel secondo versante di ciascun passo, la ripresa di «di nuovo))
(9bc.19a) e di «volere)) (9c.l7a); peraltro a «deboli)) di 9b, alla fine del primo
passo, fa eco «debolezza)) di 13b, all'inizio del secondo.

INTERPRETAZIONE

La tentazione del ritorno alla schiavitù


Non è chiaro quello che Paolo rimprovera ai suoi avversari alla fine del
secondo passo (17). Non dice in particolare da cosa essi «vogliono separare)) i
Galati. Tuttavia in posizione simmetrica nel primo passo (9-1 0), l'Apostolo
precisa ciò che «vogliono)) i suoi corrispondenti: «asservirsi)) «di nuovo a quei
deboli e miserabili elementi)) che sono «giorni, mesi, stagioni e anni)) ai quali
intendono «ritornare)). Cosi quelli che fanno la .corte ai Galati, sono gli zelatori
de «la Legge)) (4), questi «elementi del mondo)) (3b) ai quali restano attaccati
come giudei e ai quali vogliono sottomettere anche i discepoli di Paolo venuti
dalle nazioni. Es.si non vogliono che il fanciullo arrivi alla libertà; essi hanno
intenzione, come dei cattivi «tutori e amministratori)), di tenerlo sotto il potere
temporaneo che è stato loro affidato. Accettare il mantenimento di una situa-
zione simile equivarrebbe a ritornare alla schiavitù e a ridurre a niente «l'ado-
zione filiale)), che è stata acquistata da Cristo tanto per i pagani che per i giudei.

La reciprocità della filiazione


Tutto il primo passo è segnato dall'opposizione tra la schiavitù e la relazione
filiale. L'adozione filiale e l'eredità ci sono state ottenute mediante «il Figlio))
«mandato)) da Dio per diventare come noi, «avvenuto da una donna, avvenuto
sotto la Legge)) (4b). È così che il Figlio ha «riscattato)) (5b) gli schiavi, ha
pagato il prezzo del nostro riscatto, al nostro posto. Il Figlio di Dio si è perciò
fatto come noi, perché noi diventassimo come lui. È il suo Spirito, mandato da
Dio, che nel nostro cuore grida: «Abbà, Padre)). Questa reciprocità è espressa
anche dalla reciproca conoscenza che lega Dio all'uomo: «Adesso che conoscete
Dio, anzi siete conosciuti da Dio ... )) (9bc ).
Il secondo passo è dedicato interamente a un altro genere di scambio, comple-
mentare al primo e dal quale deriva: i mutui rapporti tra l'Apostolo e i suoi
discepoli sono difatti a immagine di quelli che legano Dio e gli uomini. Certo
126 Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi figli di Dio

chiamandoli dapprima «fratelli» Paolo si mette al loro stesso livello: tutti in


effetti sono figli di Dio, loro come lui. Il passo si chiude tuttavia cori una rela-
zione di altro ordine, esattamente quella della figliolanza. Paolo non li chiama
più «fratelli», ma «figliolh> (19a). Si presenta come la loro madre che «di nuovo
(li) partorisce nel dolore>> (19ab). Non è perciò, o non è più «tutore o ammini-
stratore>> (2); non è, o non è più «pedagogo», come diceva prima (3,24-25). 86 La
sua relazione con i Galati è dello stesso ordine di quella che Dio ha istaurato con
tutti gli uomini nel suo Figlio, una relazione di figliolanza. Ma questa relazione
materna non è a senso unico. Paolo testimonia infatti che, se fosse stato possi-
bile, essi si sarebbero cavati gli occhi per darglieli (15b), pronti cosi come Cristo
a «riscattarlo» (5b). Si sono comportati nei suoi riguardi alla stessa maniera di
lui; e Paolo li invita a tornare di nuovo a questa emulazione. Come erano stati
evangelizzati - generati a Cristo - da lui una prima volta, così sono adesso
chiamati a generare Cristo Gesù a loro volta, come una madre che giunge a
partorire suo figlio. Si comprende così la vera dimensione della frase iniziale del
passo: «Diventate come me, poiché anch'io sono diventato come voi» (12). 87
Betz pensa, in accordo con i retori antichi per i quali l'argomento dell'ami-
cizia è uno di quelli che hanno meno forza, che il passo di Gal4,12-20 sia «una
sezione più leggera in confronto agli argomenti di un certo peso utilizzati nelle
sezioni precedenti». 88 L'analisi delle relazioni tra i due passi e dell'intera
sequenza sembra mostrare al contrario fin dove conduca la logica della relazione
di figliolanza istaurata da Dio con gli uomini: i rapporti tra maestro e discepoli,
tra evangelizzatore ed evangelizzati, devono essere dello stesso ordine. Sarà
veramente figlio solo chi potrà a sua volta generare.

86
Oppure come dice anche in 1Cor 4,14-16: «14 Non per farvi vergognare vi scrivo questo; è
per ammonirvi come figli miei carissimi. 15 Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in
Cristo, ma non certo molti padri; infatti sono io che, mediante il Vangelo, vi ho generati in Cristo
Gesù. 16 Vi prego dunque, diventate miei imitatori)) (vedi anche 1Ts 2,7).
87
Si valuterà la distanza che separa questa interpretazione e quella che Betz riconosce ai
«come)) del versetto 12: «L'idea soggiacente è il topos della saggezza popolare per la quale "una
vera amicizia'; è possibile solo tra eguali)) (Galatians, 222).
88
Galatians, 221.
12
Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge
e ci ha resi figli della promess·a

Sequenza B5: Gal4,21-5,1

Quelli che hanno aderito a Cristo sono stati liberati dalla schiavitù (4,21-26);
perciò non sono figli della sposa schiava di Abramo, ma di quella libera (4,28-
5,1). Con Cristo vedranno una numerosa discendenza, come è stato annunciato
dal profeta Isaia (27).

· Dei due figli di Abratrto, uno è SCHfAVO, l'altro LIBERO 4,21-26

Fecondità della Gerusalemme di lassù 4,27

I discepoli di Cristo non sono SCHIAVI, ma LIBERI 4,28-5,1


128 Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge e ci ha resi figli della promessa

A. l DUE FIGLI DI ABRAMO: UNOÈ SCHIAVO, L'ALTRO È LIBERO (4,21-26)

COMPOSIZIONE

21
Ditemi, voi che sotto una Legge volete essere,
(forse) LA LEGGE non l'intendete?

22
:: ÈSCRITIOINFATII
.. che Abramo ebbe due figli,
l'uno dalla serva
+e l'altro dalla libera.
_23Ma quello dalla serva secondo la carne fu generato,
+e quello dalla libera in ragione de la promessa.

24
:: QUESTE COSE SONO _ALLEGORICHE
.. queste infatti sono due alleanze:

-L'una dal monte Sinai per la schiavitù generando


-la quale è Agar.
25
Ora il monte Sinai è in Arabia,
. ma corrisponde alla Gerusalemme di adesso,
. è-schiava infatti con i suoi bambini.
+ 26 Quella di lassù Gerusalemme libera è
+la quale è nostra madre.

L'opposizione tra il figlio della schiava e quello della libera, che struttura la
seconda parte, si ritrova nella parte seguente tra l'alleanza del Sinai, assimilata
ad Agar (24cd) e quella della Gerusalemme di lassù (26ab ). Il parallelismo tra i
due segmenti non è matematico: tuttavia è chiara l'opposizione tra la prima
alleanza «che genera per là schiavitù» (24cd) e J'altra, che essendo «libera»,
genera dunque per la libertà coloro di cui è «la madre)) (26ab). 89 Il versetto 25 è
una specie di inciso in cui Paolo precisa che il partner dell'alleanza del Sinai è
«la Gerusalemme attuale)), ossia il giudaismo, anche se i due luoghi sono molto
distanti l'uno dall'altro.
Il «voler essere sotto una legge)) dell'inizio (21) equivale per Paolo a essere
ridotto in «schiavitù)) (24c ).

89
II còrrelativo del men di 24c è il de di 26a.
Sequenza B5: Gal4,21-5,1 129

CONTESTO BIBLICO

«Secondo la carne» o «in ragione della promessa»


Ismaele è nato per la volontà umana di Sara che, vedendosi irrimediabilmente
sterile, ha messo la sua serva Agar tra le braccia del suo sposo per ottenere così
una discendenza (Gen 16). La nascita di !sacco invece è sopravvenuta per l'ini-
ziativa gratuita di Dio, che aveva promesso ad Abramo che Sara gli avrebbe dato
un figlio (Gen 17 e 18).

INTERPRETAZIONE

Essere sotto la Legge o intendere la Legge


Paolo gioca sui due significati del termine «Legge)). Istigati dai giudaizzanti,
gli etnico-cristiani della Galazia vogliono sottomettersi alle prescrizioni della
«Legge)) di Mosè. L'Apostolo li invita invece ad ascoltare la «Legge)) per
comprendere il suo insegnamento, perché tale è il primo significato della parola
«Torah)), Annuncia così la dimostrazione che sta per fornire, a partire dalla
storia di Abramo.

Una logica sorprendente


Il ragionamento di Paolo sembra infondato, anzi specioso, quando pare
assimilare i Giudei discendenti di Abramo, attraverso !sacco e Giacobbe, a
Ismaele, il figlio della schiava; il che ha fatto pensare che questa fosse una prova
di abilità, un gioco di prestigio. In realtà egli riprende il ragionamento che aveva
già fatto nell'opporre il regime della legge mosaica, quella del Sinai, a quello
della fede. I giudei rimangono schiavi delle prescrizioni della Legge, mentre
i discepoli di Gesù Cristo ne sono liberati. Questo richiama il conflitto tra le
madri dei due figli di Abramo, la schiava e la libera. Ismaele era stato generato
«secondo la carne)), ossia secondo le opere umane; mentre era «in ragione della
promessa)) di Dio che !sacco era stato donato gratuitamente, per pura grazia, a
coloro che per la loro età avanzata erano totalmente incapaci di generare.
È dunque del tutto logico assimilare alla schiava Agar - «la Gerusalemme
attuale)) - i Giudei che continuano a fare affidamento sull'osservanza della
Legge, sulle loro opere, dunque sulla carne. Al contrario sono coloro che ripon-
gono la sicurezza in Dio solo, fidandosi della sua promessa, che si rivelano figli
della sposa libera, di Sara, e quindi sono l'autentica discendenza che Dio aveva
promesso ad Abramo.
130 Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge e ci ha resi fis;li della promessa

B. FECONDITÀ DELLA GERUSALEMME DI LASSÙ (4,27)

COMPOSIZIONE

27
:: È scritto infatti:
- «Rallegrati, sterile, tu che non partorisci,
- esulta e grida, tu che non hai i dolori
+ perché numerosi (sono) i partoriti dell'abbandonata
+ più di quelli di colei che ha marito».

Tutto il passo è una citazione della Scrittura. Il secondo segmento della


citazione dà ragione del primo.

CONTESTO BIBLICO
Questo breve passo cita il primo versetto di Isaia 54 e allude quindi all'in-
sieme dell'oracolo che inizia con queste parole (ls 54,1-10).

INTERPRETAZIONE
La citazione si comprenderà solo nell'insieme in cui è inserita, dunque nella
sequenza di cui essa costituisce il centro.

3. l DISCEPOLI DI CRISTO SONO LIBERI (4,28-5,1)

COMPOSIZIONE

28
:: E voi, FRATELii,
+ secondo la promessa d'lsacco siete PARTORITI.
29
- Ma come allora colui che secondo la carne fu generato
- perseguitava colui secondo lo Spirito,
=così anche adesso.
30
= Ma cosa dice la Scrittura?
- «Caccia via la serva e suo figlio;
: infatti non EREDITERÀ IL FIGLIO della serva
:con IL FIGLIO» della libera.

31
Perciò, FRATELLI,
-non siamo PARTORITI della serva
+ma della libera.
= 5, 1 Per la libertà Cristo ci ha liberati;
+ state dunque fermi
- e di nuovo a un giogo di schiavitù non siate sottomessi.
Sequenza B5: Gal4,21-5,1 131

La coppia «carne» l «Spirito» del primo brano (29ab) è ripresa nel secondo
brano dall'opposizione tra la «schiava>> che ha generato Ismaele «secondo la
carne>> e la «(donna) libera>> alla quale è stato donato lsacco «secondo lo Spirito»
(30cd); opposizione che rimbalza anche nel terzo brano, per cadere sul termine
«schiavitù», che non era apparso in precedenza.
Il rimedio alla persecuzione del primo brano è l'espulsione del persecutore e
di sua madre nel brano centrale, dopo di che l'Autore invita i Galati a non rica-
dere sotto «il giogo» della schiavitù.
Le due occorrenze di «partoriti» (tekna) all'inizio degli ultimi brani (28b.3lb),
corrispondono alle due occorrenze di «figli» (hyios) nel brano centrale (30cd);
sono i partoriti o i figli che «ereditano» (30c). Le due occorrenze di «fratelli», in
termini iniziali dei brani estremi, appartengono al medesimo campo semantico
dei termini precedenti.
«Perseguitare» (4,29b) può essere messo in relazione con «essere sottomessi»
(5,1c), perché quest'ultimo verbo significa nella forma attiva «avere qualcosa
contro qualcuno» (Gen 49,23), e nella forma passiva «essere sottomessi»,
«essere assoggettati». 90 Questi due verbi fanno dunque un'inclusione; e hanno il
loro corollario in «scacciare», al centro (30b ).

CONTESTO BIBLICO

La persecuzione di Ismaele
Il racconto biblico non parla di persecuzioni da parte di Ismaele; in Gen 21,
quando Sara chiede a suo marito di scacciare Agar e suo figlio, Ismaele «gio-
cava» con il fratellino (me$a/Jeq, letteralmente «rideva», fatto che crea un gioco
di parole con il nome di lsacco, Yi$/:liiq):
8
Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco
fu svezzato. 9 Ma Sara vide che il figlio di Agar l'Egiziana, quello che lei aveva
partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. 10 Disse allora ad Abramo:
«Scaccia questa schiava e suo figlio ... » (Gen 21,8-10).

La versione dei Settanta ha tradotto il verbo con paizo, che può anche signifi-
care «prendere in giro», «burlarsi dh>, e il fatto sarà interpretato dalla tradizione
in modo molto negativo.
La persecuzione di lsacco da parte di suo fratello lsmaele potrebbe riflettere
l'esperienza di Paolo e delle prime comunità cristiane' di fronte all'ostilità sia dei
pagani sia dei giudei che non avevano riconosciuto Gesù come Messia:
14
Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Cristo Gesù che
sono in Giudea, perché anche voi avete sofferto le stesse cose da parte dei vostri
connazionali, come loro da parte dei Giudei. 15 Costoro hanno ucciso il Signore Gesù

90
I due termini si ritrovano insieme in 2Ts l ,4: «Cosi noi possiamo gloriarci di voi nelle
Chiese di Dio per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che
sopportate».
132 Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge e ci ha resi figli della promessa

e i profeti, hanno perseguitato noi, non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli
uomini. 16 Essi impediscono a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati.
In tal modo essi colmano sempre di più la misura dei loro peccati! Ma su di loro l'ira
è giunta al colmo (l Ts 2,14-16).

«Scaccia la schiava»
Nel racconto della Genesi è Sara che dà questo ordine ad Abramo (Gen
21, l O); il modo con cui Paolo introduce la citazione, facendo la Scrittura sogget-
to di «dire», lascia pensare che questo ordine venga da Dio stesso.

INTERPRETAZIONE

Il persecutore non è quello che si crede


I discepoli di Gesù sono assillati, inseguiti, perseguitati dai giudei che li
vogliono sottomettere al giogo della Legge, per fame degli schiavi, peggio
ancora, degli animali da tiro. Se essi accettassero una simile sottomissione,
somiglierebbero al figlio della schiava, Ismaele, che prendeva in giro il figlio
della donna libera. Ciò che «ora>> succede è stato prefigurato nella storia di
Abramo. Coloro che pretendono essere i figli di Abramo e di Sara vogliono
forzare i cristiani di origine pagana a sottomettersi alle prescrizioni della Legge
per farli diventare i loro fratelli, anch'essi figli di Abramo. Ma questa costrizione
li renderebbe sottomessi, schiavi, li renderebbe figli della schiava. Aderendo a
Cristo che li ha liberati, essi si rivelano invece come i figli autentici secondo lo
Spirito e non secondo la carne.

La contestazione dell'eredità
La questione della filiazione comporta naturalmente quella dell'eredità,
perché è il figlio che eredita. A chi andrà la promessa, che è la cosa più preziosa
che Abramo ha ricevuto? Chi riceverà i benefici della promessa, che è quella di
una discendenza numerosa? Nella figura, si sa che è stato il figlio della libera
che ha ereditato la promessa. Ma poiché sono i discepoli di Cristo i figli di
!sacco secondo la promessa, sono essi che erediteranno ciò che il Signore ha
promesso al loro padre Abramo: una discendenza più numerosa della sabbia
sulla spiaggia del mare e delle stelle del cielo.

4. CRISTO CI HA TU'ITI LIBERATI DALLA LEGGE


E CI HA RESI FIGLI DELLA PROMESSA (4,21-5,1)

COMPOSIZIONE
I passi finali iniziano con la seconda persona plurale e terminano invece con
la prima plurale (26.31 ). I centri di ambedue i passi finali rimandano alla
Scrittura, più precisamente alla storia di Abramo, mentre il brano centrale è una
citazione di Isaia. Il vocabolario della filiazione attraversa i tre brani. Le oppo-
Sequenza B5: Gal4,21-5,1 133

sizioni tra libertà e schiavitù, tra la promessa e la carne segnano i passi estremi.
Ciò che «ora» (25.29) succede è messo in relazione con ciò che è avvenuto ai
tempi di Abramo.
21
Ditemi, VOI che volete essere sotto una legge,
forse non intendete la Legge?
22
È scritto io/atti che
Abramo ebbe due FIGLI, uno dalla serva e l'altro dalla libera.
23
Ma colui dalla serva SECONDO LA CARNE è stato GENERATO,
e colui dalla libera IN RAGIONE DELLA PROMESSA.
24
Queste cose sono allegoriche: queste infatti sono due alleanze. Una del monte Sinai
GENERANDO per la schiavitù, la quale è Agar. 25 Ora il monte Sinai è in Arabia, ma
corrisponde alla Gerusalemme di ADESSO : è schiava infatti con i suoi BAMBINI. 26 La
Gerusalemme di lassù è libera la quale è NOSTRA MADRE.

27
È scritto m/atti:
«Rallegrati, sterile, tu che NON PARTORISCI, esulta e grida, tu che non hai
i dolori, perché numerosi sono i. BAMBINI dell'abbandonata più che quelli
di colei che ha marito».

28
Ora VOI, FRATELLI, SECONDO LA PROMESSA d'lsacco siete BAMBINI. 29 Ma così come
colui che SECONDO LA CARNE era stato GENERATO perseguitava colui che lo era stato
secondo lo Spirito, così anche ADEsso.
30
Jia cosa dice la Scrittura?
«Caccia via la serva così come suo FIGLIO
infatti NON EREDITERÀ il FIGLIO della serva con il FIGLIO» della libera.
31
Perciò, FRATELLI, NOI non siamo BAMBINI della serva ma della libera. 5, 1 Per la
libertà Cristo ci ha liberati; state dunque fermi e non siate sottomessi di nuovo a un
giogo di schiavitù.

INTERPRETAZIONE

«Queste cose sono allegoriche>>


Nella Prima Lettera ai Corinti Paolo scrive a proposito degli avvenimenti
dell'Esodo: «Tutte queste cose accaddero a lor~ in modo figurativo (typikOs), e
sono state scritte per ammonimento nostro: di noi per i quali è arrivata la fine dei
tempi» (1Cor 10,11). In Rm 5,12-21 egli metterà in relazione la figura- o il tipo
- di Adamo con Gesù, come il suo antitipo. Egli lo fa senza qualificare la sua
lettura come tipologica o allegorica. Qui egli vede, nell'opposizione tra serva e
libera come nei loro figli, una prefigurazione della situazione attuale tra Sina-
goga e Chiesa.
134 Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge e ci ha resi figli della promessa

Il capovolgimento della lettura tipologica


Il rapporto tra tipo e antitipo, che Paolo chiama qui «allegorico)), sullo sfondo
di una somiglianza, si accompagna a una differenza significativa che arriva a
volte a un completo capovolgimento. Così è per i due Adamo secondo Paolo:
«Ma il dono di grazia non è come la caduta [... ]e non è accaduto per il dono di
grazia come è avvenuto per il peccato di uno solm> (Rm 5,15-16). Allo stesso
modo nella figura di Noé si può leggere in filigrana quella di Gesù al momento
dell'arresto. 91
In Gesù si adempie la figura di Noè. Essa lo fa, ma rovesciandosi completamente.
L'unico giusto era stato salvato dai flutti della morte, mentre tutti i violenti vi
venivano inghiottiti. Ora, l'unico Giusto è destinato alla morte, mentre tutti gli altri si
92
salvano, mentre tutti saranno salvati per mezzo della morte dell'unico Giusto.

Particolarmentre visibile nel caso dei figli di Abramo, il capovolgimento che


fa dei discendenti di !sacco secondo la carne i figli della schiava, e dei discepoli
di origine pagana i veri figli di Abramo secondo lo Spirito, obbedisce in realtà
alla medesima logica. Questa logica non è estranea ai numerosi capovolgimenti
a cui il discorso biblico ha abituato i lettori: Giacobbe secondogenito prende il
posto di Esaù fratello maggiore, Davide l 'ultimo dei suoi fratelli è scelto di
preferenza tra tutti gli altri, il popolo d'Israele il più piccolo fra tutti è eletto al
posto dei potenti regni che lo circondano (Dt 7,6-8). Paolo svilupperà questo
tema per i discepoli di Corinto (1Cor 1,26-29).

Dal «voi» al «noh>, l'inclusione dei gentili nell'alleanza di Dio


Il passaggio dal «voi» che designa i Galati etnico-cristiani, al «noi)) che
ingloba tutti i credenti in Cristo, struttura la sequenza e ne offre una linea inter-
pretativa maggiore. Certamente Paolo insiste, lungo ciascuno dei passi estremi,
sul fatto che i destinatari non si debbano sottomettere al giogo della Legge per
entrare nell'alleanza di Abramo ed ereditare a pieno diritto la promessa divina.
Ma il suo ragionamento non avrebbe forza se non si collocasse lui, ebreo di
nascita, circonciso l'ottavo giorno, e gli altri ebrei che hanno aderito a Cristo,
nella medesima situazione di quella degli etnico-cristiani. Sono tutti figli della
stessa madre (26.31 ).

Una fecondità insperata


La sequenza è focalizzata sulla citazione di Isaia che celebra la fecondità
immensa concessa alla sterile, a colei che non aveva marito. Nel Secondo Isaia
queste parole seguono immediatamente il quarto e ultimo canto del Servo, nel

91
Le parole di Gesù: «Rimetti la tua spada nel fodero, perché tutti quelli che prendono la
spada, di spada periranno», ricordano quelle di Dio alla fine della storia del diluvio: «Chi sparge il
sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso» (Gen 9,6).
92
R. MEYNET, La Pasqua del Signore, 59; vedi anche ID., Morto e risorto secondo le Scritture,
39-40. .
Sequenza B5: Gal4,21-5,1 135

quale si afferma che dopo aver attraversato la morte, «vedrà una discendenza»
(ls 53,10) lui che avevano privato di «generazione» (Is 53,8). 93 Anche se l'ora~
colo di salvezza di Is 54 non pronuncia mai il nome di colei a cui è diretto, è
facile riconoscere Gerusalemme, che rappresenta tutto il popolo d'Israele. A un
personaggio maschile segue un'immagine femminile, che sono in stretta rela-
zione. Se le prime generazioni cristiane hanno riconosciuto nel Servo il tipo di
Cristo, Paolo vede in quello della sposa la figura della Chiesa. È lei l'erede delle
promesse fatte ad Abramo e alla discendenza che, grazie a Cristo, è più
numerosa della discendenza di quella che aveva marito.

93
Vedi R. MEYNET, «Le quatrième chant du Serviteur», 426; trad. it., «La salvezza per mezzo
della conoscenza. Il quarto canto del Servo (ls 52,13-53,12)», StRh 5 (31.01.02; 06.07.2011) 17;
vedi anche ID., Morto e risorto, 104.
13
È la Croce di Cristo che ci giustifica

Sezione B: Gal3,1-5,1

La seconda sezione comprende cinque sequenze organizzate in maniera


concentrica.
Le prime due formano una sottosezione che mette in parallelo la situazione
delle nazioni (B l), poi dei giudei (B2), rispetto alla Legge e a Cristo: gli uni e gli
altri sono figli di Abramo.
La b~eve sequenza centrale (B3), assolutamente specifica, costituisce il vertice
della sezione. Vi è affermato con forza che non c'è distinzione fra tutti quelli che
sono stati battezzati in Cristo: «tutti>) sono «figli di Dio).) e «seme di AbramO)).
Dopodiché le ultime due sequenze, che formano l'ultima sottosezione, chiari-
scono come giudeo-cristiani e etnico-cristiani siano figli di Dio (B4) e veri figli
della promessa (B5).

81 l pagani sonoFtGLIDIABRAMO perlaFedeinCristo, senzalaLégge 3,1-14

82 l giudei sono FIGLIOl ABRAMO per la Fede in Cristo, al di là della Legge 3,15-25

83 Siete tutti FIGLI DI DIO e SEME DI ABRAMO 3,26-29

84 Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi FIGLI DI DIO 4,1-20

85 Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge e ci ha resi FIGLI DELLA PROMESSA 4,21-5,1
138 È la Croce di Cristo che ci giustifica

A. LA PRIMA SOTTOSEZIONE (SEQUENZE Bl-B2)

COMPOSIZIONE

Bl (3,1-14) B2 (3,15-25)

1 GALATI mSENSATI, chi vi ha stregati, voi agli 15 FaATELLI, parlo alla maniera umana: anche un

occhi dei quali GESÙ CRISTO è stato descritto testamento stabilito da un uomo nella debita
crocifisso? 2 Questo solo voglio sapere da voi: è forma, nessuno lo annulla o vi aggiunge. 16 Ora
per le opere della LEGGE che avete ricii'IJUto lo è ad Abramo che sono state fatte le PROMESSE
Spirito o è per l'ascolto della FEDE? e alla sua discendenza. Non è detto «e alle
discendenze», come per molti, ma ç:ome per
uno solo «e alla tua discendenza», la quale è
CRISTO.

3 Siete così insensati, che dopo aver cominciato 17 Ebbene, ecco quel che dico: un testamento già

con lo Spirito ora finiate con la carne? 4 Avete stabilito da Dio nella debita forma, la LEGGE
provato tante cose invano? E ciò sarebbe che è venuta quattrocentotrent'anni dopo non lo
veramente invano! 5 Dunque Colui che vi revoca, in modo da annullare la PROMESSA.
concede lo Spirito e che opera prodigi in mezzo a 18 Se, infatti, è in virtù della LEGGE che si
voi è per le opere della LEGGE o è per l'ascolto eredìta, non è più in virtù della PROMESSA; ora è
della FEDE? per la PROMESSA che Dio ha fatto-grazia ad
Abramo.

6 Come Abramo «CREDETIE in Dio e ciò gli fu 19 Perché dunque la LEGGE?


accreditato come giustizia», 7 comprendete
dunque che sono le persone di fEDE che sono Essa fu aggiunta in vista delle trasgressioni fino
figli di Abramo. alla venuta della discendenza cui È STATO
PROMESSO, essendo stata promulgata tramite
8 E LA SlliiiTURA prevedendo che per la FEDE, Dio degli angeli per mezzo di un mediatore; 20 ora
avrebbe giustificato le nazioni, pre-ANNUNCIÒ questo mediatore non è mediatore di uno solo,
ad Abramo che «saranno benedette in te tutte le e Dio è uno solo.
nazioni>>, 9 così che le persone di FEDE saranno
benedette con il CREDENTE Abramo. 21La LEGGE è perciò contro le PROMESSE [di
Dio]? Non sia mai!

10 Infatti, tutti quelli che sono dalle opere della Se, infatti, fosse stata data una LEGGE che
LEGGE sono sotto la maledizione, poiché STA avesse il potere di far-vivere, sarebbe
SCHIITO: «Maledetto chiunque non si applica a effettivamente per la LEGGE che ci sarebbe la
tutte LE OOSE SCIII'l1'E nel libro della LEGGE per giustizia. 22 Ma LA SCRmURA ha rinchiuso tutto
farle!» 11 E che per la LEGGE nessuno sia sotto il peccato,
giustificato davanti a Dio, è evidente, giacché * affmché la PROMESSA,
«il giusto per la FEDE vivrà»; 12 e la LEGGE per la FEDE in GESÙ CRISTO,
non dipende dalla FEDE, ma «chi le avrà fatte fosse donata a quelli che CREDONO.
vivrà per esse».

13 CRISTO ci ha riscattati dalla maledizione

della LEGGE, essendo divenuto per noi 23 Prima della venuta della FEDE, noi eravamo
maledizione, poiché STA St:RIITO: «Maledetto rinchiusi sotto la custodia della LEGGE, fino alla
chiunque è sospeso al legno!» 14 affinché per le FEDE che doveva essere rivelata, 24 così che la
nazioni la benedizione di Abramo avvenga in LEGGE è diventata il nostro pedagogo fino a
CRISTO GESÙ, CRISTO, affinché per la FEDE noi fossimo
* affinché la PROMESSA dello Spirito giustificati. 25 Ma, venuta la FEDE, noi non
noi la ricevessimo per la FEDE. siamo più sotto un pedagogo.
Sezione B: Gal3,1-5,1 139

Le due sequenze, che comprendono ciascuna tre passi, sono parallele tra loro.

I primi passi (3,15 e 15-18)


-Cominciano con gli unici vocativi della sottosezione: «Galati insensati» (la),
«fratelli» (15a);
-le due parti di ciascun passo sono segnate da termini iniziali: «insensati» in la
e 3a, «parlO» e «dicO» (che traducono il medesimo verbo lego) in 15a e 17a;
-ciascun passo contiene una sola occorrenza del nome del Signore: «Gesù
Cristo» in l b e «Cristo» in 16e;
-l'opposizione tra «la Legge» (2c.5d) é «la fede» (2d.5d) in BI è simmetrica
all'opposizione tra «la Legge» (17c.18b) e «la/le promessa/e» (16b.l7e.l8c bis)
in B2; da notare che «la Legge>> ricorre due volte in ogni passo;
-un'opposizione analoga tra due fasi cronologiche segna i due passi. Mentre in
BI, Paolo rimprovera ai Galati di aver «cominciato» con «lo Spirito» (ovvero
«la fede») e di «finire» con «la carne» (ovvero «la Legge»); in B2, egli ricorda
come «la promessa>> abbia preceduto «la Legge»; quindi «la promessa» corri-
sponde a «la fede», poiché entrambe sono contrapposte a «la Legge»;
- sebbene il vocabolario sia differente, la gratuità espressa da «ereditare» e
«fare-grazia» in B2 (18) si trova già all'inizio di BI con «ricevere» (2c), «conce-
dere» e «operare» (5ab), tanto più che quest'ultimo verbo rimanda a «opere»
(5c): i «prodigi» sono opere di Dio e non opere compiute dagli uomini in obbe-
dienza alla Legge.

I secondi passi (3,6-9 e 19-21b)


-Mentre il passo centrale di BI parla soltanto de «la fede», quello di B2 parla
solo de «la Legge»;
-ad «Abramo» (menzionato quattro volte: 6a.7c.8b.9c) corrisponde «un media-
tore» (menzionato tre volte: 19e.20a bis) il cui nome proprio non è pronunciato
ma che il lettore non può fare a meno d'identificare sicuramente con Mosè;
-il nome di «Dio» ricorre due volte in ciascun passo (6a.8a; 20b.2lb);
- si può anche notare che «preannunciò» di 8b è della stessa radice del verbo
tradotto con «è stato promesso» in 19d.

I terzi passi (3,10-14 e 21c-25)


-Ciascun passo contiene due occorrenze del nome del Signore: «Cristo» (13a;
24b), ~<Cristo Gesù» (14c) e «Gesù Cristo» (22d);
- ciascun passo contiene due occorrenze delle parole della stessa famiglia di
«giustizia» (Il bis; 2le.24c); queste parole non si trovano altrove nella sotto-
seziOne;
-«la Legge» (10b.10d.lla.l2a.13b; 21c.21e.23b.24a) è opposta a «la fede»
(llc.12b.14e; 22d.22e.23a.23b.24c.25a);
140 È la Croce di Cristo che ci giustifica

BI (3,1-14) B2 (3,15-25)

1 GALATI INSENSATI, chi vi ha stregati, voi agli 15 FRATELLI, parlo aila maniera umana: anche un
occhi dei quali GESÙ CRISTO è stato descritto testamento stabilito da un uomo nella debita
crocifisso? 2 Questo solo voglio sapere da voi: è forma, nessuno lo annulla o vi aggiunge. 16 Ora
per le opere della LEGGE che avete ricevuto lo è ad Abramo che sono state fatte le PROMESSE
Spirito o è per l'ascolto della FEDE? e alla sua discendenza. Non è detto «e alle
discendenze», come per molti, ina come per
uno solo «e alla tua discendenza», la quale è
CRISTO.

3 Siete così insensati, che dopo aver cominciato 17 Ebbene, ecco quel che dico: un testamento già
con lo Spirito ora finiate con la carne? 4 Avete stabilito da Dio nella debita forma, la LEGGE
provato tante cose invano? E ciò sarebbe che è venuta quattrocentotrent'anni dopo non lo
veramente invano! 5 Dunque Colui che vi revoca, in modo da annullare la PROMESSA.
conced'e lo Spirito e che opera prodigi in mezzo a !8 Se, infatti, è in virtù della LEGGE che si
voi è per le opere della LEGGE o è per l'ascolto eredita, non è più in virtù della PROMESSA; ora è
della FEDE? per la PROMESSA che Dio ha fatto-grazia ad
Abramo.

6 Come Abramo «CREDETTE in Dio e ciò gli fu 19 Perché dunque la LEGGE?


accreditato come giustizia», 7 comprendete
dunque che sono le persone di FEDE che sono Essa fu aggiunta in vista delle trasgressioni fino
figli di Abramo. alla venuta della discendenza cui È. STATO
PROMESSO, essendo stata promulgata tramite
8E LA SCBimRA prevedendo che per la FEDE, Dio degli angeli per mezzo di un mediatore; 20 ora
avrebbe giustificato le nazioni, pre-ANNUNCIÒ questo mediatore non è mediatore di uno solo,
ad Abramo che «saranno benedette in te tutte le , e Dio è uno solo.
nazioni», 9 così che le persone di FEDE saranno
benedette con il CREDENTE Abramo. 21 La LEGGE è perciò contro le PROMESSE [di

Dio]? Non sia mai!

10 Infatti, tutti quelli che sono dalle opere della Se, infatti, fosse stata data una LEGGE che
LEGGE sono sotto la maledizione, poiché SfA avesse il potere di far-vivere, sarebbe
SCIIITIO: «Maledetto chiunque non si applica a effettivamente per la LEGGE che ci sarebbe la
tutte LE COSE SCIIITIE nel libro della LEGGE per giustizia. 22 Ma LA SClllTIURA ha rinchiuso tutto
farle!» 11 E che per .la LEGGE nessuno sia sotto il peccato,
giustificato davanti a Dio, è evidente, giacché +affinché la PROMESSA,
«il giusto per la FEDE vivrà»; 12 e la LEGGE per la FEDE in GESÙ CRISTO,
non dipende dalla FEDE, ma «chi le avrà fatte fosse donata a quelli che CREDONO.
vivrà per esse».

13 CRISTO ci ha riscattati dalla maledizione

della LEGGE, essendo divenuto per noi 23 Prima della venuta della FEDE, noi eravamo
maledizione, poiché SfA SCIIlTIO: «Maledetto rinchiusi sotto la custodia della LEGGE, fino alla
chiunque è sospeso allegnoh> 14 affinché per le FEDE che doveva essere rivelata, 24 così che la
nazioni la benedizione di Abramo avvenga in LEGGE è diventata il nostro pedagogo fino a
CRISTO GESÙ, CRISTO, affinché per la FEDE noi fossimo
* affinché la PROMESSA dello Spirito giustificati. 2S Ma, venuta la FEDE, noi non
noi la ricevessimo per la FEDE. siamo più sotto un pedagogo.

- «far-vivere» di 21 d richiama le due ricorrenze di «vivere» in 11-12;


Sezione B : Gal3, 1-5, l 141

- la seconda parte in B l e la prima parte in B2 si chiudono con delle proposizio-


ni finali molto simili (14de; 22cde), che riguardano «la promessa» («ricevere>> e
«donare» sono correlativi);
- «la Scrittura» in 22 richiama le tre parole della stessa radice nel passo parallelo
(l Ob.d.13c; il termine compariva già nel passo centrale di B l: 8a);
-le seconde parti degli ultimi passi (13-14; 23-25) sono gli unici luoghi della
sottosezione che sono in «noi»; questi pronomi di prima persona plurale giocano
perciò il ruolo di termini finali per le due sequenze. Il problema è tuttavia sapere
se questo «noi» designi le stesse persone. Sembra che alla fine di B2 il «noi»
comprenda Paolo e gli altri giudei, quelli che, un tempo, «erano rinchiusi sotto la
custodia della Legge» (23); invece il «noi» in cui sfocia B l pare includere con
Paolo non solo i giudei ma anche tutte le nazioni.
Le parole della radice di «promessa» ricorrono sette volte in B2 (16.17.18
bis.I9.21.22), preparate dall'unica ricorrenza della parola alla fine di BI: «la
promessa dello Spirito» (14d).
I verbi che indicano il dono ricorrono nei passaggi estremi: «concedere» e
«operare» alla fine del primo passo di B l (5), «ereditare» e «fare-grazia» alla
fine del primo passo di B2 ( 18), «ricevere» alla fine dell'ultimo passo di B l ( 14)
e «donare» alla fine della prima parte dell'ultimo passo di B2 (22). Ciò che è
donato è «lo Spirito» in BI (2), «la promessa» in B2 (22), «la promessa dello
Spirito» alla fine di Bl (14).
Mentre la sequenza Bl tratta del caso dei pagani («le nazioni» in 8b.8c.14a),
messo direttamente in reiazione con Abramo (nel passo centrale), la sequenza
B2 si occupa di quello dei giudei, in rapporto con Abramo certamente (il suo
nome ricorre due volte nel primo passo), ma anche con la Legge.

INTERPRETAZIONE

Fratelli insensati
I Galati, cui Paolo da dell' «insensato», e per ben due volte, non sono per lui
degli stranieri, come i goyim per i giudei. Sono dei «fratelli» (15). Se è davvero
difficilé considerare il primo passo della sottos_ezione come una captatio bene-
volentiae, non si può affatto negare che gli epiteti che Paolo assegna ai suoi
destinatari hanno la funzione di attirare la loro attenzione, e pure di punzec-
chiarli, non per ferirli ma per spronarli. Ciò che può sembrare un insulto, tanto
più grave perché raddoppiato (la.3a), è in realtà un appello alla saggezza, un
invito a riflettere.

Il fondamento della loro esperienza


Per affrontare una sezione che si definisce «dottrinale», Paolo non fa ricorso
ad affermazioni di tipo dogmatico. Egli si appoggia sulla storia, non dapprima la
storia d'Israele, la storia della salvezza, ma la storia dei suoi destinatari. Tutto è
iniziato per loro quando hanno ricevuto lo Spirito, senza che la Legge c'entrasse
142 È la Croce di Cristo che ci giustifica

in alcun modo. E se hanno ricevuto lo Spirito, attraverso il quale Dio nel


presente «opera prodigi in mezzo a lorm), è perché è stato loro annunciato Gesù
Cristo crocifisso, al quale hanno prestato la loro fede. La croce di Cristo è
piantata all'ingresso di questa prima sottosezione e domina tutto il discorso di
Paolo, tutta la sua argomentazione. Cristo, le cui mani e piedi sono inchiodati al
legno, è l'icona della grazia, e cioè tutto il contrario delle opere, giacché egli si
trova ridotto alla più radicale impotenza. Così l'Apostolo comincia col riman-
dare i suoi destinatari alla loro esperienza, alla loro storia nei suoi inizi, e al suo
carattere fondatore. Prima di ricorrere a qualche dimostrazione, a qualsiasi prova
scritturistica, egli invita i Galati a riflettere su quello che hanno· sperimentato
della grazia dello Spirito all'inizio, a ciò che rappresenta quindi il basamento
irremovibile su cui riposano la loro fede e la loro speranza.

Abramo a fondamento della fede di tutti


A vendo rimandato i Galati alla propria esperienza di fede, Paolo giunge a
colui che è a fondamento della fede non soltanto d 'Israele ma anche di tutte le
nazioni. La prima sequenza è focalizzata sulla figura del Patriarca, ed è lui, dopo
Cristo, il personaggio più significativo della sottosezione. 94 Il padre dei credenti
è posto in parallelo, e in opposizione, con un altro personaggio chiave della
storia della salvezza, il cui nome però non è mai menzionato: di fronte ad
Abramo (6-9) il lettore riconosce, al centro della seconda sequenza, Mosè, il
«mediatore)) attraverso cui è venuta la Legge (19-21 ). Della storia di Abramo
Paolo non riporta che quello che valorizza soltanto la sua fede, senza che sia
menzionata la sua obbedienza agli ordini di Dio. Molto anziano e colpito dalla
sterilità della sua sposa, nondimeno egli credette in Dio (Gen 15,6) che gli aveva
promesso una discendenza (Gal 3,6); già molto tempo prima, dall'inizio della
sua chiamata, aveva creduto alla benedizione che gli era promessa, per lui e per
«tutte le famiglie della terra)) (Gen 12,3). La prima sequenza ritorna alla fine
sulla «benedizione di Abramm) avvenuta «per le nazionb) (14), mediante la
quale i discendenti di Abramo secondo la carne ·ricevono anch'essi, per la fede,
la promessa dello Spirito (14). Tutta la seconda sequenza chiarirà il rapporto tra
la fede di Abramo e le opere della Legge, che l 'ultimo passo della prima sequen-
za aveva esposto sotto l'aspetto marcato dell'opposizione tra maledizione e
benedizione.

La grazia della figliolanza


La seconda sequenza insiste per intero su una realtà che menziona sette volte,
cifra della perfezione, che mette non solo al singolare (1.18 bis.22), ma anche al
plurale (16.21), e perfino sotto forma verbale (19): «la promessm) o «le promes-
se)). Sembra però, almeno a prima vista, che il loro oggetto non sia nominato.
Cosa dunque è stato promesso ad Abramo? .Le due citazioni allegate al centro
94
Il nome di Abramo ricorre perfino più spesso di quello di Cristo: sette volte (6.7.8.9.14;
16.18), ossia una volta in più del nome di Cristo (1.13.14; 16.22.24).
Sezione B : Gal3,1-5,1 143

della prima sequenza sono tratte da racconti in cui è una discendenza che viene
promessa al Patriarca (Gen 15,1-6; 12,1-3). L'arrivo di un figlio- tutti i genitori
lo sanno - è il dono per eccellenza. Ciò fu per Abramo al massimo grado, data la
sua età e la sterilità di sua moglie, come pure dovette esserlo del resto per suo
figlio e per suo nipote. La figliolanza rappresenta anche tutti gli altri doni, tutto
quello che si «eredita», vale a dire senza merito, senza aver dovuto far nulla,
senza «opere>> che si sarebbero dovute compiere. È quello su cui insiste la fine
del primo passo della seconda sequenza a proposito di Abramo (18), così
com'era stato già sperimentato dai Galati nel primo passo della prima sequenza.
Al Patriarca, che s'intristiva nell'attesa di dover morire senza figli, è stata ormai
«fatta-grazia» di una discendenza che sboccia in colui che, in un certo senso,
rappresenta da solo la promessa, «Cristo». Ma il seme di Abramo si estende pure
a tutte le nazioni, che sono diventate, per la fede, suoi «figli» (7).

La giustificazione per la fede di Gesù Cristo


Due volte, in posizione parallela, il dono della giustizia è negato alla Legge:
«E che per la Legge nessuno sia giustificato davanti a Dio, è evidente, giacché
"il giusto per la fede vivrà"» (11) - «Se fosse stata data una legge che avesse il
potere di far vivere, sarebbe effettivamente per la Legge che ci sarebbe la giusti-
zia>> (21c). Ciascuna volta è ben precisato che non è essa che fa «vivere». Solo la
fede può procurare giustizia e vita. Sono note le discussioni che ha suscitato
l'espressione pistis lésou Christou (22), letteralmente «la fede di Gesù Cristo»,
che si può comprendere come la fede di cui Cristo è l' og~etto - la fede in Lui -
o di cui è il soggetto- la fede che egli ha avuto in Dio. E possibile che l'ambi-
guità sia voluta, lasciando il posto all'interpretazione. Se fosse ritenuto il senso
soggettivo, la morte di Gesù in croce dovrebbe essere considerata non tanto
un' «opera» compiuta per il nostro «riscatto», ma prima di tutto come la
testimonianza più clamorosa del suo abbandono, della sua fiducia radicale in chi
poteva salvarlo dalla morte (Eb 5,7), in una parola: della sua «fede». Così
sarebbe la fede in colui la cui fede pura ci ha riscattato dalla maledizione della
Legge a farci riconoscere soltanto in Dio la sorgente della giustizia e della vita.
144 È la Croce di Cristo che ci giustifica

B. L'ULTIMA SOTTOSEZIONE (SEQUENZE 84-85)


84 (4,1-20) B5 (4,21-5,1)
l ORA DICO: per tutto il tempo che L'EREDE è 21 volete essere sotto
DITEMI, voi che LA LEGGE,
fanciullo, non differisce in nulla da uno schiavo, forse non intendete LA LEGGE?
pur essendo padrone di tutto, 2 ma è sotto tutori e
amministratori fmo al termine prestabilito da suo
PADRE_ 3 Così. anche noi quando eravamo
fanciulli, sotto 8iJ lli.III.Uti del mD!Jd4 eravamo·
schiavi; 4 ma quando venne la pienezza del
tempo, Dio ha mandato SUO FIGLIO avvenuto da
una donna, avvenuto sotto LA LEGGE, 5 per
riscattare quelli sotto LA LEGGE, affmché
ricevessimo l'adozione-filiale.
6 E che voi siete figli, (prova ne è) che Dio ha 22 È scritto infatti che Abramo ebbe due figli,
mandato lo Spirito di SUO FIGLIO ·nei nostri uno dalla serva e l'altro dalla libera. ·23 Ma
cuori che grida: <<Abbà, PADRE)), 7 tanto che quello della serva secondo la c.tml è stato
non sei più schiavo ma figlio, e se sei figlio, ,enerato, e quello della libera in ragione
sei anche EREDE per Dio. della promessa.
8 Ma allora, quando non conoscevate Dio

eravate-schiavi di divinità che per natura non 24 Ciò è allegorico: queste infatti sono due
lo sono. 9 Adesso al contrario che conoscete Dio, alleanze. Una (viene) dal monte Sinai generando
o piuttosto che siete conosciuti da Dio, come per la schiavitù la quale è Agar - 25 certo il
tornate di nuovo a fJUii d11JoD 1IDiMrabiJJ 111.111.1/Jti ai monte Sinai è in Arabia ma corrisponde alla
quali ancora di nuovo volete asservirvf! Gerusalemme di adesso: infatti essa è schiava
w Osservate giorni, mesi, stagioni e anni! 11 Terno con i suoi figlioli - 26 la Gerusalemme di lassù è
di aver faticato invano per voi. libera la quale è nostra MADRE.

27È scritto infatti: «Rallegrati, sterile, tu che non


partorivi, esulta e grida, tu che NON HAI AVUTO l
DOLORI, perché numerosi sono i figlioli
dell'abbandonata più che quelli di colei che ha
un marito».

12 Diventate come me,- perché anch'io (sono 28 Quanto a voi, FRATELLI, secondo la promessa
diventato) come voi, FRATELLI, vi supplico. 13 In d'Isacco siete figlioli. 29 Ma così come colui che
I).Ulla mi avete fatto torto: sapete che è a causa di secondo la CIJ'IJI è stato generato perseguitava
una debolezza della CIJ'IJI che vi ho evangelizzati quello che lo è stato secondo lo Spirito, così anche
la prima volta. 14 Ora, la prova che consisteva per adesso.
voi nella mia c.tmlnon l'avete respinta né espulsa,
ma come un angelo d.i Dio mi avete accolto, come
CRISTO Gesù.
15 Dov'è dunque la vostra beatitudine? Vi
rendo questa testimonianza che, se fosse stato 30 Ma cosa dice la Scrittura?
possibile, vi sareste cavati gli occhi per «Caccia via la serva cosi come suo figlio
darmeli. 16 Dunque sono diventato vostro infatti NON EREDITERÀ il figlio della serva con il
nemico, perché vi dico la verità? figlio» della libera.
17 Vi corteggiano, non per il bene ma vogliono
separarvi affinché li corteggiate. 18 È bello essere
corteggiati, per il bene e per sempre e non solo
quando sono presso di voi. 19 Figlioli miei, che 31 Perciò, FRATELLI, non siamo figlioli della
un'altra volta PARTOR.ISCO NEL DOLORE fin quando serva ma della libera. 5, 1 Per la libertà CRISTO
CRISTO sia formato in voi. 2o Vorrei essere ci ha liberati; state dunque fermi e non siate
vicino a voi adesso e cambiare la mia voce. sottomessi di nuovo a un giogo d/ schiavitù.
Perché non so più che fare con voi.
Sezione B : Gal3,1-5,1 145

COMPOSIZIONE

I primi passi (4,1-11 e 21-26)


-I due passi cominciano con il verbo «dire>>: «ora dico» (4,1a), «ditemi»
(4,21a), che giocano perciò il ruolo di termini iniziali;
-«la Legge» ricorre due volte in ciascun passo (4,4c.Sb e 4,2la.2lb) e non
altrove in tutta la sottosezione;
- la parte centrale del primo passo di B4 è imperniata su «Padre» (4,6c) e il
primo passo di BS si chiude su <<madre» (4,26c);
-le due ricorrenze di «volete» (4,9e e 21a) sono seguite da complementi simili.

Gli ultimi passi (4,12-20 e 4,28-5,1)


-Le due ricorrenze del vocativo «fratelli» in 4,12b e 4,28a giocano il ruolo di
termini iniziali; si può dire che i vocativi «figlioli (miei)» (4,19a) e «fratelli»
(4,31a) svolgano la funzione di termini finali; i primi due passi non contengono
alcun vocativo;
-il nome di «Cristo» è utilizzato in 4,14e.l9b e in S,lb; non si trova nei primi
paSSI.

Altri rapporti
-«Figlio» (hyios) e «figliolo» (teknon) ricorrono lungo tutta la sottosezione.
«Figlio» è utilizzato per designare il Figlio di Dio in 4,4b e 6b, per qualificare
quelli che hanno ricevuto «l'adozione-filiale» grazie a Gesù (4,6a.7 bis); per
designare i due figli di Abramo (4,22b.30b.30c.30d). Il sinonimo «figliolo» è
utilizzato per designare i discepoli di Paolo (4, l9b ), i figli di Abramo (4,25d.
28b.31 b) e anche quelli de «l'abbandonata» (4,27c; cui bisogna aggiungere il
verbo «non partorivi» di 4,27b). «Ereditare», che ricorre all'inizio e al centro del
primo passo (4,1a.7c), è ripreso sotto forma verbale al centro dell'ultimo passo
(30c);
-il primo passo di B4 oppone il figlio allo «schiavo» (4,lb; ripreso sotto forma
verbale in 3c.8b.9e), mentre BS oppone il figlio della «serva» (4,22b. 23a.25c.
30bc.31b; S,ld) a quello della «libera» (4,23b.30d.31b); così «schiavitù» (4,24c)
si oppone a «libertà» (S,lb; e «liberare» in S,lb); questa opposizione è analoga a
quella che oppone «la carne» (4,23a) e «la prom~ssa» (4,23c; di nuovo in 28a) e
a quella che oppone «la carne» (4,29b) e «lo Spirito» (4,29c); «la carne» è
ripresa in B4 (4,13b.14b) opposta ad «angelo di Dio» e «Cristo Gesù» (4,14de);
«lo Spirito» in 4,6b è contrapposto agli «elementi del mondo» (3bc), «questi
deboli e miserabili elementi>> (9d);
-lo stesso verbo odino ricorre nelle due sequenze (tradotto con «partorire nel
dolore» in 4,19b e con «che non ha avuto i dolori» in 4,27bc);
- «di nuovo» ricorre alla fine dei passi estremi (4,9c.9e; Scd), sempre legato
all'asservimento;
146 È la Croce di Cristo che ci giustifica

-il verbo «volere>> si trova non solo nei primi due passi ma anche nell'ultimo
passo di B4 (17b.20a).

INTERPRETAZIONE

Riscatto e libertà
Le parole «libera» e «libertà» abbondano nella seconda sequenza. Anche se
non appaiono nemmeno una volta nella prima sequenza, tuttavia non si parla
d'altro lungo tutto il suo primo passo. Come il figlio, sebbene sia erede, è trattato
da schiavo fmché non raggiunge la propria maggiore età, così prima della venuta
del Figlio di Dio i giudei erano sottomessi alla Legge, così come i pagani erano
schiavi dei loro idoli. Il Figlio di Dio li «ha riscattati>> (4,5), li «ha liberati» (5, l).
Ora ci sono schiavi che amano le proprie catene, che preferiscono tornare alla
servitù (4,9), che vogliono ritrovare il giogo al quale erano sottomessi (5,1).
Mentre Paolo aveva annunciato la liberazione ai pagani della Galazia, ci sono
quelli che «vogliono» separarli e che per questo li «corteggiano» per legarli a sé,
o piuttosto per legarli, sottometterli di nuovo alle osservanze della Legge. Essi
sono insomma come il figlio della serva, generato secondo la carne, che perse-
guita quelli che sono figli secondo la promessa d'Isacco (28-29). Volendo essere
sotto la Legge, si sottomettono in realtà alla volontà dei loro nuovi padroni, di
cui si rendono schiavi. La loro volontà è alienata.

Figliolanza ed eredità
Se il tema della libertà è importante, quello della figliolanza lo è ancora di più.
Non è certo un caso che il primo sostantivo della sottosezione sia «erede» (4,la),
che si ritroverà, sotto forma verbale, quasi alla fine (30c). Del resto si parla di
figliolanza in ognuno dei cinque passi, al contrario della libertà che non compare
nel passo centrale della seconda sequenza e indirettamente neppure nel secondo
passo della prima sequenza. In realtà i due temi sono correlati, poiché soltanto il
figlio è libero mentre lo schiavo, non essendo figlio, non riceve l'eredità. Il pri-
mo passo della prima sequenza è incentrato sulla persona del «Padre», invocato
nella preghiera dei suoi figli con il nome tutto particolare di «Abbà» (6c).
L'eredità di cui si parla qui sembra essere «lo Spirito di suo Figlio» (6b), quello
appunto che permette di rivolgersi a Dio come proprio Padre e nostro Padre.
Quanto alla seconda sequenza, essa tratta, in maniera per così dire comple-
mentare, delle due madri e dei loro due figli: una è libera e genera secondo la
promessa, l'altra al contrario genera per la schiavitù. Al centro della sequenza, la
libera, che era prigioniera della propria sterilità, si vede liberata e riceve la grazia
di una discendenza numerosa. Tra i suoi figlioli, quelli che sono figli di Abramo
non secondo la carne ma secondo lo Spirito, quelli che sono stati generati non
dalle opere della carne, come il figlio dello schiavo, ma che sono stati generati
secondo la promessa di Dio, secondo il suo Spirito, che sono perciò figli donati
da Dio, veri figli di Dio. Tra loro naturalmente quelli a cui Paolo si rivolge come
Sezione B : Gal3,1-5,1 147

ai propri «figlioli>>, pagani che egli ha generato alla fede e che genera un'altra
volta, fin quando Cristo sia formato in loro (4, 19). Ma il movimento della figlio-
lanza non è a senso unico; tra l'Apostolo e i suoi discepoli la figliolanza è
reciproca, avendo questi ultimi trattato Paolo come una madre, pronta a donare
al suo bambino ciò che ha di più prezioso, la pupilla dei propri occhi. È questo
del resto l'amore filiale al quale Paolo fa riferimento quando dice loro che «è
bello essere corteggiati (o coccolati), per il bene e per sempre» (4,18). Questi
nuovi figli che l'Apostolo ha generato a Cristo genereranno a loro volta Cristo
(4, 19); la figliolanza non si compie che nella paternità e nella maternità. Così
facendo essi saranno veri discepoli secondo le parole stesse di Gesù:

«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 49 Poi, tendendo la mano verso i suoi
discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 50 Perché chiunque fa la volontà
del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,48-50).

La fraternità
Si potrebbe pensare, a prima vista, che i vocativi, «fratelli», all'inizio degli
ultimi passi di ogni sequenza (4,12b; 4,28a), così come alla fine della sotto-
sezione (4,31 ), siano dei semplici segni di composizione. Dato il contesto e la
situazione, questi epiteti ricevono tutto il loro valore. Quelli che turbano i Galati
pretendono che questi pagani diventino i propri fratelli, certamente; ma, secondo
loro, essi non potranno diventarlo se non facendosi circoncidere e osservando
tutte le prescrizioni della Legge. Quindi per il momento non lo sono. Per Paolo
al contrario i G'alati sono fin d'ora suoi fratelli, a pieno titolo. Non è infatti per la
Legge che i pagani entrano nella figliolanza d'Abramo e nella figliolanza divina,
ma per la fede in Gesù Cristo: Lui solo ha riscattato quelli che erano sotto la
Legge (4,5), «è per la libertà che Cristo ci ha liberati» (5,1), giudei e pagani
insieme, facendo di tutti i figli della stessa madre, la Gerusalemme di lassù
(4,26), dello stesso Padre dei cieli.
148 È la Croce di Cristo che ci giustifica

C. L'INSIEME DELLA SEZIONE

COMPOSIZIONE

Rapporti tra le sottosezioni estreme (Bl-B2 e B4-BS)

Tra le sequenze BI e B5
Per tre volte, ciascuna sequenza fa esplicitamente ricorso alla Scrittura (B l:
3,8a.10bc.13c; B5: 4,22a.27a.30a), cosa che non si trova altrove nella sezione.
In BI, «la carne>> si oppone a «lo Spiritm> (3,3bc); lo stesso in B5 (4,29b; in
4,23 «la carne>> è opposta a «la promessa>>).
I sintagmi «Cristo ci ha riscattath> alla fine di B l (3, 13 a), e «Cristo ci ha
liberath> alla fine di B5 (5,1bc) giocano per questi due passi il ruolo di termini
finali.

Tra le sequenze B2 e B4
B2 si chiude con l'immagine del «pedagogo>> (3,24-25) e B4 comincia con
quella dei «tutori e amministratorb> (4,2), immagini che svolgono la funzione di
termini medi a distanza.

Da una sottosezione all'altra


I due versanti della sezione si distinguono nettamente l'uno dall'altro. La
prima sottosezione è segnata dall'opposizione tra «la Legge>> (3,2.5.10a.l0b.
11.12.13; 3,17.18.19.21 ter.23.24) e «la fede>> (e «credere>>: 3,2.5.6.7. 8.9
bis.l1.12.14). Quanto all'ultima sottosezione, se «la Legge>> ricorre due volte-
ma due volte soltanto- all'inizio di ciascuna delle sue due sequenze (4,4.5; 4,21
bis), né «fede>> né «credere>> sono mai utilizzati.
Invece nella sequenza B4 «la Legge>>, messa in equivalenza con la schiavitù
(4,1.3.7.8.9), si oppone alla figliolanza («ereditare>>, «adozione-filiale>>, «figli@,
«figlioli>>: 4,1.5.6.7 ter.l9, senza contare le espressioni della generazione reci-
proca del secondo passo in 4,12-20). Nella sequenza B5 «la Legge>> è di nuovo
messa in equivalenza con la schiavitù (4,22.23.24.25.30 bis.31; 5,1) ed è opposta
direttamente alla «libertà>> (5,1); tuttavia sempre nella dimensione della figlio-
lanza di Abramo secondo lo Spirito, in definitiva della figliolanza divina.
Si noterà che la preposizione hypo, tradotta con «sottm>, indicante perciò la
sottomissione, si ritrova in ciascuna delle quattro sequenze: «sotto la male-
dizione>> (3,10), <<sotto il peccatm> (3,22), «sotto la custodia della Legge>> (3,23),
«sotto un pedagogo>> (3,25); «sotto tutori e amministratori» (4,2), «sotto gli
elementi del mondo» (4,3), «sotto la Legge» (4,4.5; 4,21).
Sezione B: Gal3,1-5,1 149

3, 1 Galati insensati, chi vi ha stregati, voi agli occhi dei quali Gesù Cristo è stato descritto crocifisso? 2 Questo solo
voglio sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o è per l'ascolto della Fede? 3 Siete cosi
insensati, che dopo aver cominciato con lo Spirito ora finiate con la caJ'llll 4 Avete provato tante cose Invano? E ciò
sarebbe veramente invano! 5 Dunque colui che vi concede lo Spirito e che opera prodigi in mezzo a voi è per le opere
della Legge o è per l'ascolto della Fede? a Come Abramo «credette in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia)),
7 comprendete dunque che sono le genti di Fede che sono figli di Abramo. 8 E la Scrittura prevedendo che per la Fede
Dio avrebbe giustificato le nazioni, predisse ad Abramo che «saranno benedette in te tutte le nazioni>~, 9 cosi che le
genti di Fede saranno benedette con il credente Abramo. 10 Infatti, tutti quelli che sono dalle opere della Legge sono
sotto la maledizione, poiché sta scritto: «Maledetto chiunque non si applica a tutte le préscrizioni del libro della Legge
per farleb>. 11 E che per la Legge nessuno sia giustificato davanti a Dio, è evidente, giacché <di giusto per la Fede vivrà));
12 e la Legge non dipende dalla Fede, ma «chi le avrà fatte vivrà per essen. 13 CRISTO Cl HA RISCATIATI dalla maledizione

della Legge, essendo divenuto per noi maledizione, perché sta scritto: «Maledetto chiunque è sospeso al legno!>~
14 affinché per le nazioni la benedizione di Abramo avvenga in Cristo Gesù, affinché ricevessimo la promessa de lo
Spirito per la Fede.
15 Fratelli, parlo alla maniera umana: un PROVVEDIMENTO stabilito da un uomo nella debita forma, nessuno lo annulla
o vi aggiunge. 16 Ora è ad Abramo che sono state fatte le promesse e alla sua discendenza. Non è detto: «e ai
discendenti)), come per molti, ma come per uno solo: «e alla tua discendenzan, la quale é Cristo. 11 Ebbene, ecco quel
che dico: un PROVVEDIMENTO già stabilito da Dio nella debita .forma, la Legge che è avvenuta quattrocentotrenfanni
dopo, non lo revoca In modo da annullare la promessa. 18 Se, infatti, è in virtù della Legge che si eredita, non è più in
virtù della promessa: ora é per la promessa che Dio ha fatto grazia ad Abramo. 19 Perché dunque la Legge? Essa fu
aggiunta in vista delle trasgressioni fino alla venuta della discendenza cui era destinata la promessa: essa è stata
promulgata dagli angeli per mano di un mediatore .. 20 Ora questo mediatore non è mediatore di uno solo, e Dio è uno
solo. 21 La Legge è perciò contro le promesse di Dio? Non sia mai! Se infatti fosse stata data una Legge che avesse il
potere di far vivere, sarebbe effettivamente per la Legge che ci sarebbe la giustizia. 22 Ma la Scrittura ha rinchiuso tutto
sotto il peccato, affinché la promessa, per la Fede in Gesù Cristo, fosse donata a quelli che credono. 23 Prima della
venuta della Fede, eravamo rinchiusi sotto la custodia della Legge, fino alla Fede che doveva essere rivelata, 24 così
che la Legge è diventata il nostro pedagogo fino a Cristo, affinché per la Fede fossimo giustificati. 25 Ma venuta la
Fede, non siamo più sotto un pedagogo.

[...]

4,1 Ora dico: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non differisce In nulla da uno schiavo, pur essendo padrone di tutto,
2 ma egli è sotto tutori e amministratori fino al termine stabilito da suo padre. 3 Cosi anche noi quando eravamo fànciulli,
sotto gli elementi del mondo eravamo schiavi; 4 ma quando venne la pienezza del tempo, Dio ha mandato suo figlio nato da
una donna, nato sotto la Legge, 5 per riscattare quelli sotto la Legge affinché ricevessimo l'adozione filiale. 6 E poiché siete
figli, Dio ha mandato lo Spirito di suo Figlio nei nostri cuori che grida: «Abbà, Padre>~, 7 cosi che non sei più schiavo ma figlio,
e se sei figlio, sei anche erede per Dio. 8 Ma allora, quando non conoscevate Dio, eravate schiavi di divinità che per natura
non lo sono. 9 Adesso al contrario che conoscete Dio o che piuttosto siete conosciuti da Dio, come ritornate di nuovo a quei
deboli e miserabili elementi ai quali ancora di nuovo volete assetvitvf? 10 Osservate giorni, mesi, stagioni e anni! 11 Temo di
aver faticato invano per voi. 12 Diventate come me, poiché anch'io sono diventato come voi, fratelli, vi supplico. 13 In nulla mi
avete fatto torto: sapete che è a causa di una debolezza della carne che vi ho evangellzzaU la prima volta. 14 Ora, la prova
che per voi consisteva nella mia.came non l'avete respinta né l'avete rigettata, ma come un angelo di Dio mi avete accolto,
come Cristo Gesù. 15 Dov'è dunque la vostra beatitudine? Vi rendo questa testimonianza che, se fosse stato possibile, vi
sareste cavati gli occhi per darmeli. 16 Dunque sono diventato vostro nemico, perché vi dico la verità? 17 Vi corteggiano, non
per il bene ma vogliono separarvi affinché li corteggiate. 18 È bello essere corteggiali, per il bene e per sempre e non solo
quando sono presso di voi. 19 Rglioli miei, che un'altra volta partorisco nel dolore fin quando Cristo sia formato in voi.
20 Vorrei essere vicino a voi adesso e cambiare la mia voce: infatti non so più che fare con voi.
21 Ditemi, voi che volete essere sotto la Legge, forse non intendete la Legge? 22 È scritto infatti che Abramo ebbe due
figli, uno dalla setva e l'altro dalla libera. 23 Ma quello della setva è stato generato secondo la carJJ.e, e quello della libera in
ragione della promessa. 24 Ciò è allegorico: questi infatti sono due PROVVEDIMENTI: uno viene dal monte Sinai generando
per la schiavitù la quale è Agar. 25 Certo il monte Sinai è in Arabia, ma corrisponde alla Gerusalemme di adesso: infatti
essa è schiava con i suoi figli. 26 La Gerusalemme di lassù è libera la quale è nostra madre. 27 È scritto infàtli: «Rallegrati,
sterile, tu che non hai partorito, esulta e grida, tu che non hai avuto i dolori poiché numerosi sono i figli dell'abbandonata
più di quelli di colei che ha un marito>>. 28 Quanto a voi, fratelli, è secondo la promessa d'lsacco che siete figlioli. 29 Ma cosi
come quello che è stato generato s~oondo la =e perseguitava quello che lo è stato secondo lo Spirito, cosi è ancora
adesso .3o Ma che dice la Scrittura? «Caccia via la setva cosl come suo figlio, infatti non erediterà il figlio della setva con il
figlio>~ della libera. 31 Perciò, fratelli, non siamo figlioli della setva ma della libera. 5, 1 Per la libertà CRISTO Cl HA LIBERATI;
state dunque saldi e non siate sottomessi di nuovo a un giogo di schiavitù.
150 È la Croce di Cristo che ci giustifica

Rapporti tra la sequenza centrale e il resto della sezione


La breve sequenza centrale è il solo punto della Lettera,
-in cui Paolo qualifica i suoi destinatari come «figli di Dio» (3,26); 95
-in cui si parla del battesimo (27a) e in cui viene impiegata l'espressione
«rivestire Cristo» (27b);
-in cui concorrono i due sostantivi «giudeo» e «greco» (28a); 96
-in cui si trova la distinzione tra «maschio» e «femmina>> (28c). Inoltre l'accu-
mulo di tre distinzioni è caratteristico di questa sequenza: bisogna anche ram-
mentare che essa si trova posizionata, come in rilegatura, al centro di questa
sequenza centrale, quindi al centro della sezione.
- È il solo luogo in cui si trova una simile concentrazione del nome di «Cristo»
(cinque volte in quattro versetti: 26b.27a.27b.28e.29a). La sequenza B1 ne conta
tre: uno all'inizio (3,1) e due alla fine (3,13.14); la sequenza B2 ne conta ugual-
mente tre: uno all'inizio (3,16) e due alla fine (3,22.24). Il nome di Cristo ricorre
due volte in B4 (4,14.19) e una sola volta in B5 (5,1).
- Infine è il solo luogo della Lettera in cui Paolo utilizza il pronome «tutti»
(pantes: 26.28) per rivolgersi ai suoi destinatari. Questi ultimi sono in seguito
chiamati: «voi-tutti-che [hosoi] in Cristo siete stati battezzati» (27a). Dato inoltre
che la sequenza è imperniata sulla triplice distinzione «giudeo» - «greco»,
«schiavo» - «libero», «maschio» - «femmina», si può pensare che non siano
soltanto i Galati etnico-cristiani ai quali Paolo si rivolge qui, ma anche i suoi
avversari giudeo-'cristiani che si trovano nelle chiese della Galazia.
«Figli di Dio» all'inizio del passo centrale annuncia l'ultima sottosezione in
cui si parlerà da cima a fondo della figliolanza divina dei discepoli di Gesù. In
maniera simmetrica, «la discendenza di Abramo» rimanda alla prima sotto-
sezione: «figli di Abramo» si trovava già nel cuore della sequenza B1 (3,7)
mentre «la promessa», già menzionata alla fine di B1 (3,14), era la parola chiave
della sequenza B2. Si verifica così la legge dell'incrocio al centro. 97 Quindi il
passo centrale gioca proprio il ruolo di cerniera che articola l'insieme della
sezione.
Inoltre l'opposizione centrale «schiavo» - «libero» si ripercuote da cima a
fondo: «schiavo» ricorre in 4,1.3.7.8.9.24.25; 5,1, sostituito con «serva» in
22.23.30.31; «libero» ricorre in B5 (4,22.23.26.30.31; 5,1), cui bisogna
aggiungere «padrone di tutto» (4,1). «Riscattare» di 3,13 è un sinonimo di
«liberare». «Rinchiusi sotto la custodia della Legge» (3,23) si oppone a «non
siamo più sotto un pedagogo» (25).

95
Fin qui questo titolo era riservato a Gesù. Così nel primo passo della sequenza A2: «Ma
quando piacque a Colui che[ ... ] mi ha chiamato.con la sua grazia di rivelare in me suo Figlio ... »
(1,15-16); nell'ultima parte della sequenza A3: «Vivo nella fede nel Figlio di Dio» (2,20).
96
«Greco» non è utilizzato altrove nella sezione; quanto a «giudeo» al singolare, non è neppu-
re utilizzato altrove nella sezione. «Greco>> ricorre solo un'altra volta nella Lettera (all'inizio della
sequenza A2 per qualificare Tito: 2,3); ((giudea» è utilizzato, per qualificare Pietro, solo all'inizio
del discorso di Paolo a Cefa (alla fine della prima parte della sequenza A3: 2,14).
97
Vedi Trattato, 637-639; vedi qui sopra p. 33.116.
Sezione B : Gal3,1-5,1 151

3, 1 Galati insensati, chi vi ha stregati, voi agli occhi dei quali Gesù Cristo è stato descritto crocifisso? 2 Questo solo
voglio sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o è per l'ascolto della Fede? 3 Siete cosi
insensati, che dopo aver cominciato con lo Spirito ora finiate con la carne? 4 Avete provato tante cose invano? E ciò
sarebbe veramente invanol s Dunque colui che vi concede lo Spirito e che opera prodigi in mezzo a voi è per le opere
della Legge o è per l'ascolto della Fede? 6Come Abramo «Credette in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia)), 7com-
prendete dunque che sono le genti di Fede che sono FIGLI DI ABRAMO. 8 E la Scrittura prevedendo che per la Fede
Dio avrebbe giustificato le nazioni, predisse ad Abramo che «saranno benedette in te tutte le nazioni)), 9 cosi che le
genti di Fede saranno benedette con il credente Abramo. 1o Infatti, tutti quelli che sono dalle opere della Legge sono
sotto la maledizione, poiché sta scritto: «Maledetto chiunque non si applica a tutte le prescrizioni del libro della Legge
per farleh). 11 E che per la Legge nessuno sia giustificato davanti a Dio, è evidente, giacché ccii giusto per la Fede vivrà));
12e la Legge non dipende dalla Fede, ma cechi le avrà fatte vivrà per esse)). 13 Cristo ci ha riscaHali dalla maledizione
della Legge, essendo divenuto per noi maledizione, perché sta scritto: «Maledetto chiunque è sospeso al legnoh)
14 affinché per le nazioni la benedizione di Abramo avvenga in Cristo Gesù, affinché ricevessimo la PRO~IESSA dello Spirito
per la Fede. ·
15 Fratelli, parlo alla maniera umana: un provvedimento stabilito da un uomo nella debita forma, nessuno lo annulla o vi
aggiunge. 16 Ora è ad Abramo che sono state fatte le PROMESSE e alla sua discendenza. Non è detto: cee ai discendenth),
come per molti, ma come per uno solo: cee alla tua discendenza)), la quale è Cristo. 11 Ebbene, ecco quel che dico: un
provvedimento già stabilito da Dio nella debita forma, la Legge che è avvenuta qualtrocentotrent'anni dopo, non lo
revoca in modo da annullare la PROMESSA. 18 Se, infatti, è in virtù della Legge che si eredita, non è più in virtù della
PROMESSA; ora è per la PROMESSA che Dio ha fatto grazia ad Abramo. 19 Perché dunque la Legge? Essa fu aggiunta in visla
delle trasgressioni fino alla venuta della discendenza cui era destinata la promessa; essa è stata promulgata dagli angeli
per mano di un mediatore. 20 Ora, questo mediatore non è mediatore di uno solo, e Dio è uno solo. 21 La Legge è perciò
contro le PROMESSE di Dio? Non sia mai! Se infatti fosse stata data una Legge che avesse il potere di far vivere, sarebbe
effettivamente per la Legge che ci sarebbe la giustizia. 22 Ma la Scrittura ha rinchiuso tutto sotto Il peccato, affinché la
promessa, per la Fede In Gesù Cristo, fosse donata a quelli che credono. 23 Prima della venuta della Fede, eravamo
rinchiusi sotto la custodia della Legge, fino alla Fede che doveva essere rivelata, 24 così che la Legge è diventata il
nostro pedagogo lino a Cristo, affinché per la Fede fossimo giustificati. 25 Ma venuta la Fede, non siamo più sotto un
pedagogo.

26 Tutti, infatti, siETE FIGLI DI DIO per la Fede In Cristo Gesù; 27 infatti voi-tutti-che siete stati battezzati in Cristo,
avete rivestito Cristo. 28 Non c'è giudeo né greco, non c'è schiavo né libero, non c'è uomo né donna. Tutti, infatti,
siete uno-solo in Cristo; 29 e se voi siete di Cristo, allora siete LA DISCENDENZA DI ABRAMO, eredi secondo la
PROMESSA.

4, 1Ora dico: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non differisce in nulla da uno sc.hiavo, pur essendo padrone di tutto,
2ma egli è sotto tutori e amministratori fino al termine stabilito da suo padre. 3Così anche noi quando eravamo fanciulli,
sotto gli elemenH del mondo eravamo asserviti; 4ma quando venne la pienezza del tempo, Dio ha mandato suo Figlio nato
da una donna, nato sotto la Legge, 5per riscattare quelli sotto la Legge affinché ricevessimo L'ADOZIONE FlUA LE. 6 E
poiché SIETE FIGLI, Dio ha mandato lo Spirito di suo Figlio nei nostri cuori che grida: ccAbbà, Padre)), 7così che non sei più
schiavo ma figlio, e se sei figlio, SEI ANCHE EREDE PER DIO. 8Ma allora, quando non conoscevate Dio, eravate schiavi
di divinità che per natura non lo sono. 9Adesso al contrario che conoscete Dio o che piuttosto siete conosciuti da Dio, come
ritornate di nuovo a quei deboli e miserabili elementi ai quali ancora di nuovo volete asservirvi? 10Osservate giorni, mesi,
stagioni e anni! 11 Temo di aver faticato invano per voi. 12 Diventale come me, poiché anch'io sono diventato come voi,
fratelli, vi supplico. 13)n nulla mi avete fatto torto: sapele che è a causa di una debolezza della carne che vi ho evangelizzati
la prima voHa. 14 Ora, la prova che per voi consisteva nella mia carne non l'avete respinta né l'avele rigettata, ma come un
angelo di Dio mi avete accolto, coine Cristo Gesù. 15 Dov'è dunque la vostra beatitudine? Vi rendo questa testimonianza
che, se fosse stato possibile,. vi sareste cavati gli occhi per darmeli. 16 Dunque sono diventato vostro nemico, perché vi dico
la verità? 11 VI corteggiano, non per il bene ma vogliono separarvi affinché li corteggiate. 18 È bello essere corteggiati, per il
bene e per sempre e non solo quando sono presso di voi. 19 Figlioli miei, che un'altra volta partorisco nel dolore fin quando
Cristo sia formato in voi. 20 Vorrei essere vicino a voi adesso e cambiare la mia voce; infatti non so più che fare con voi.
21 Ditemi, voi che volete essere sotto la Legge, forse non intendete la Legge? 22 È scritto infatti che Abramo ebbe due figli,
uno dalla serva e l'altro dalla libera. 23 Ma quello della serva è stato generato secondo la carne, e quello della libera in
ragione della promessa. 24 Ciò è allegorico: questi infatti sono due provvedimenH: uno viene dal monte Sinai generando
per la schiavitù la quale è Agar. 25 Certo il monte Sinai è in Arabia, ma corrisponde alla Gerusalemme di adesso: infatti
essa è schiava con i suoi figli. 26 La Gerusalemme di lassù è libera la quale è nostra madre. 27È scritto infatti: «Rallegrati,
sterile, tu che non hai partorito, esulta e grida, tu che non hai avuto i dolori poiché numerosi sono i figli dell'abbandonata
più di quelli di colei che ha un marito)). 28 Quanto a voi, fratelli, è secondo la promessa d'lsacco che voi siete figlioli. 29 Ma
cosi come quello che è stato generato secondo la carne perseguitava quello che lo è stato secondo lo Spirito, cosi è
ancora adesso 30 Ma che dice la Scrittura? ccCaccia via la serva così come suo figlio, infatti non erediterà il figlio della
serva con il figlio)) della libera. 31 Perciò, fratelli, non siamo f~glioli della serva ma della libera. 5, 1Per la libertà Cristo ci
ha liberati; state dunque saldi e non siate sottomessi di nuovo a un giogo di schiavitù.
152 È la Croce di Cristo che ci giustifica

CONTESTO BIBLICO

Battezzati nella morte di Cristo


Paolo non dice granché del battesimo nella Lettera ai Galati; in compenso lo
spiegherà nella Lettera ai Romani:
l
3
O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati
nella sua morte? 4 Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui
nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del
Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. 5 Se infatti siamo stati
intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza
della sua risurrezione. 6 Lo sappiamo: l'uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso
con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più
schiavi del peccato (Rm 6,3-6).

Si noterà in particolare che il battesimo è posto in relazione con la croce di


Cristo (6).

Giudeo o greco, schiavo o uomo libero


Nella Prima Lettera ai Corinti (ICor 7,17-24) Paolo relativizza la distinzione
tra giudeo e greco e perfino tra schiavo e uomo libero:
17
Fuori di questi casi, ciascuno- come il Signore gli ha assegnato- continui a vivere
come era quando Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le Chiese.
18
- Qualcuno è stato chiamato quando era circonciso? Non lo nasconda! È stato
chiamato quando non era circonciso? Non si faccìa circoncidere! 19 La circoncisione
non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l'osservanza dei
comandamenti di Dio.
2
°Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato.
-
21
Sei stato chiamato da schiavo? Non ti ~reoccupare; anche se puoi diventare libero,
approfitta piuttosto della tua condizione! 2 Perché lo schiavo che è stato chiamato nel
Signore è un uomo libero, a servizio del Signore! Allo stesso modo chi è stato
chiamato da libero è schiavo di Cristo. 23 Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi
schiavi degli uomini!
24
- Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando
è stato chiamato.

Rivestire Cristo
Non si tratta di un rivestimento interiore, come una specie di mascheramento,
ma di un'identificazione interiore, frutto di una trasformazione radicale, come in
1Cor 15,51-54, in cui si parla niente meno che del passaggio dalla morte alla
vita:
51
Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasfor-
mati, 52 in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Essa infatti
suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. 53 È necessario
Sezione B: Gal3,1-5,1 153

infatti che questo corpo corruttibile si vesta d'incorruttibilità e questo corpo mortale si
vesta d'immortalità. 54 Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incor-
ruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
«La morte è stata inghiottita nella vittoria» (vedi anche Rm 13,12-14; 2Cor 5,1-4).

INTERPRETAZIONE
Il centro delle composizioni concentriche nasconde la chiave della loro
lettura. La cosa è risaputa da molto tempo. 98 La messa a fuoco formale indica
quella del senso. L'esperienza ha già ampiamente confermato la fondatezza della
terza delle «cinque regole ermeneutiche»: «partire dal centr@. 99 In altre parole
al centro si troverà l'idea principale che l'autore sviluppa nell'insieme del suo
testo, la sua «tesi)) o, se si volesse utilizzare la terminologia della retorica classi-
ca, la sua propositio.

«Tutti»
La prima parola del passo centrale deve tanto più attirare l'attenzione in
quanto è l'unica volta, non solo nella sezione ma anche in tutta la Lettera, che
Paolo la utilizza per rivolgersi ai suoi destinatari. Se la prima sequenza della
sezione (BI) si rivolge in primo luogo agli etnico-cristiani della Galazia e la
seconda (B2) tratta soprattutto della situazione dei giudeo-cristiani, si compren-
derà meglio che la terza sequenza (133) segna una svolta decisiva nella misura in
cui gli uni e gli altri sono ormai «tutti>} uniti nello stesso «VOh} che non crea più
divisione tra loro. Logicamente dopo la sequenza centrale, che segna in un certo
senso «lo spartiacque}}, le due sequenze dell'ultima sottosezione non riprende-
ranno la distinzione tra le due componenti originali della comunità cristiana che
formano ormai un tutt'uno, cosa che è annunciata nel secondo versante della
sequenza centrale, dove - l 'unica volta in tutta la sezione - gli uni e gli altri sono
detti essere «uno-solm} (28). Il «tutti>} del passo centrale trova un'eco nel passo
centrale dell'ultima sequenza, in cui Paolo lascia parlare Isaia: «Poiché numerosi
sono i figlioli dell'abbandonata... }}. Questo rabb'fm, tradotto con «numerosi>}, era
stato utilizzato cinque volte alle estremità del quarto canto del Servo (ls 52,14.
15; 53,11.12 bis) dove designava. già tutte le moltitudini per le quali il Servo
aveva donato la sua vita. 100

Giudei e greci, schiavi e liberi, uomini e donne


In pieno centro del passo centrale, Paolo utilizza un altro modo di dire «tutth},
quando espone tre differenze complementari all'interno di questo «tutth>: giudeo
e greco, schiavo e libero, uomo e donna. Nelle società dell'epoca, cui apparte-
nevano i suoi destinatari, queste tre distinzioni erano fondamentali. I giudei si

98
Perciò ho riservato Wl intero capitolo a questa questione nel mio Trattato, «Ii centro delle
com~osizioni concentriche)), 413-471.
9
Vedi Trattato, 563-569.
100
Vedi R. MEYNET, «Ii quarto canto del Servo (Is 52,13-53,12))).
154 È _la Croce di Cristo che ci giustifica

distinguevano dai greci, vale a dire dai pagani, con i quali non potevano neanche
condividere i loro pasti; la condizione degli schiavi non aveva granché a vedere
con quella degli uomini liberi, ed era lo stesso per quella delle donne in rapporto
agli uomini. Fino a oggi, nelle benedizioni della preghiera del mattino, il giudeo
benedice il Signore di non averlo creato goy, di non averlo creato schiavo e di
non averlo creato donna. Questo per dire il radicamento profondo di tali diffe-
renze, che sono anche delle separazioni. Paolo non nega queste differenze. Come
potrebbe farlo? Non fosse che per la differenza sessuale, iscritta nel corpo e
voluta da Dio fin dalle origini (Gen 1,27)! Si sa pure peraltro che Paolo non
mette realmente in dubbio la differenza sociale tra schiavi e uomini liberi (lCor
7,21-24). Queste ultime due distinzioni non erano discusse dai giudaizzanti che
turbavano gli etnico-cristiani della Galazia, ma solo la prima: volevano difatti
che, tramite la circoncisione, questi «grech> diventassero «giudei» come loro.
Paolo non nega questa prima distinzione, non più delle altre due: egli afferma
soltanto che non è determinante, che essa è assunta in una realtà superiore, che è
quella della figliolanza divina.

« ... Voi siete figli di Dio, per la fede in Cristo Gesù»


Fino a qui, solo Gesù era stato detto Figlio di Dio. Sarà necessario attendere
perciò il centro della sezione perché l'identità di tutti quelli che hanno riposto la
loro fede in Cristo siano chiamati, come lui, «figli di Dio». Infatti i credenti, che
siano di origine pagana come i Galati (B l) o che siano giudei come gli avversari
di Paolo (B2), erano stati chiamati «figli di Abramo»: quello che i «Galati insen-
sati», ma anche gli altri, sono invitati a «comprendere>), è che «sono le persone
di fede che sono figli di Abramo» (3,7). In tutta la prima sottosezione si era par-
lato, in modo lancinante, dell'opposizione tra la Legge e la fede, capace solo
quest'ultima di dare accesso alla figliolanza di Abramo e alle benedizioni di Dio,
alla giustificazione e ali' eredità. Ciò non impedisce che una novità radicale sia
annunciata, dalle prime parole della sequenza centrale: per la fede in Cristo, i
credenti non sono più soltanto «figli di Abramo», essi sono anche e soprattutto
«figli di Dim>, come Cristo. È certamente significativo che la figliolanza di
Abramo, se non è stata dimenticata nella sequenza centrale, non di meno è stata
lasciata per così dire per la fine (29), non come fondamento della figliolanza
divina ma come sua conseguenza: «e, se siete di Cristo, allora siete seme di
Abramo». Ci si potrebbe domandare se l'ultima clausola, «secondo la promessa
eredi», indichi semplicemente la promessa fatta ad Abramo, o se non si riferisca
anche, e perfino di più, all'eredità dei figli di Dio. In ogni caso, come si è già
detto, tutto il secondo versante della sezione tratterà della figliolanza divina dei
discepoli, divenuti ormai «Uno» in Cristo.

Rivestiti di Cristo crocifisso, per niezzo del battesimo


Solo nel passo centrale si parla del battesimo, definito come un «rivestire
Cristo» (3,27). È per il battesimo che «tutti» sono diventati «figli di Dim>. Nella
Sezione B: Gal3,1-5,1 155

prima alleanza, e fino a oggi, è per la circoncisione che il neonato maschio entra,
l'ottavo giorno, nell'alleanza di Abramo. È per il battesimo che tutti, i giudei
come i pagani, sono entrati nella nuova alleanza. Paolo spiegherà altrove che il
battesimo è un'immersione nella morte di Cristo per risuscitare con lui, per
rinascere alla vita nuova (Rm 6,3-14). Si comprende allora perché la sezione sia
posta interamente, dal primo versetto, all'ombra della Croce (3,1): stando
sospeso al legno, Cristo ci ha riscattati tutti dalla maledizione della Legge (3,13),
e così la benedizione è avvenuta per tutte le nazioni. La fede in Cristo Gesù
consiste dunque in un'adesione alla sua persona fino a imitarlo, a identificarsi a
Lui, nella sua Passione e nella sua morte, per risorgere con Lui a vita nuova.
«Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (2,20).
TERZA PARTE

E' la legge di Cristo che bisogna adempiere

Sezione C

(Gal5,2-6,18)
158 Sezione C

La terza sezione (5,2-6,18) comprende cinque sequenze. Le tre sequenze


centrali formano una sottosezione organizzata in modo concentrico attorno al
doppio elenco delle opere della carne e del frutto dello Spirito (5,19-26).

Cl Conta solo la Fede operante tramite L'AMORE 5,2-12

C2 La.Legge si compie ne L'AMORE 5,13-18

l C3 Le OPERE della carne e il FRUTTO dello Spirito 5,19-26

C4 L'AMORE si compie in VITA ETERNA 6,1-10

C5 Conta solo la CREAZIONE NUOVA 6,11-181


14
Conta solo la fede operante tramite l'amore

Sequenza Cl: Gal5,2-12

Questa sequenza comprende un solo passo, formato da tre parti; le parti


estreme (2-5 e 7-12) sono lunghe e inquadrano una parte molto più breve (6),
che è il cardine attorno al quale si organizza il passo.

Bisogna scegliere tra la LEGGE e la FEDE 2-5

In Cristo solo conta la FEDE 6

Bisogna scegliere tra la LEGGE e la CROCE 7-12


160 Conta solo la Fede operante tramite l'amore

COMPOSiZIONE
Data la complessità del testo, l'analisi sarà svolta dapprima parte per parte.

Prima parte (5,2-5)

+ 2 Ecco, io, Paolo, vi dico che


-se vi fate-CIRCONCIDERE,
. CRISTO non vi sarà di alcuna utilità.

+ 3 Attesto di nuovo
-a ogni uomo facendosi-CIRCONCIDERE:
. che è obbligato a fare tutta la LEGGE.
4
Voi siete tagliati fuori da CRISTO,
- voi che per la LEGGE VI GIUSTIFICATE;
::dalla GRAZIA siete decaduti.
5
= Per noi infatti, (è) per LO SPIRITO, dalla FEDE,
= (che) la speranza della GIUSTIFICAZIONE (l ')aspettiamo.

Quello che Paolo «dice» dapprima ai Galati («voi») che vogliono «farsi
circoncidere» (2ab), lo «attesta» in seguito «a ogni uomo» che lo fa (3ab). I terzi
membri sono complementari: da un lato «Cristo» non servirebbe a nulla (2c),
dall'altro il nuovo circonciso dovrebbe osservare tutti gli altri precetti de «la
Legge» (3c); l'opposizione tra «alcuna)) e «tutta)) segna il carattere inconciliabile
della dedizione a Cristo e alla Legge. 1
Nel secondo brano il secondo segmento oppone «noh) (Sa) a «voh) del primo
(4a). Il primo membro (Sa) con «SpiritO)) e «fede))2 corrisponde ai membri estre-
mi del primo segmento con «Cristm) (4a) e «grazia)) (4c). 3 Quanto al secondo
membro (Sb), si oppone al membro centrale del segmento precedente (4b): 4 o si
«cerca di essere giustificati dalla Legge)) o si «attende la speranza della giusti-
ficazione)) per mezzo della fede.
Da un brano all'altro, Paolo passa dal problema particolare della circoncisione
a quello più generale che esso implica, quello della giustificazione per la Legge
o per la fede.

1
I termini ophelései (<<Utilità»; 2c) e opheiletés («obbligato»; 3c) sono in rapporto di parono-
masia.
2
I due termini sono complementari: il primo indica l'opera di Dio, il secondo l'atteggiamento
dell'uomo.
3
Christos e charitos («grazia») sono in rapporto di paronomasia.
4
Il presente dikaiousthe ha valore conativo e per questo motivo è tradotto spesso con «cercate
di giustificarvi>) (vedi anche Gv 10,32 o Le 11,52).
Sequenza Cl: Gal5,2-12 161

Seconda parte (5,6)

6
:: Infatti, in CRISTO GESÙ,
- né la circoncisione ha valore né il prepuzio,
+ma la FEDE operante tramite L'AMORE.

I membri estremi oppongono <da fede operante tramite l'amore» «in Cristo
Gesù>> che sola ha «valore», tanto a «la circoncisione» che al «prepuzio», che
invece non hanno valore, né l'una né l'altro.

Terza parte (5,7-12)

+ 7 Correvate così bene!


+Chi vi HA TAGLIATI dall'esserepersuasidalla verità?
8
Questa persuasione non (viene) da COLUI CHE VI CHIAMA
9
- Un po' di fermento FA FERMENTARE tutta la pasta.
10
+ Io, sono persuaso per voi nel SIGNORE
. che non penserete altrimenti;
- quanto a COLUI CHE VI TURBA,
. ne porterà la pena, chiunque egli sia.

+ 11 Per me, fratelli,


+ se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato?
È dunque tagliato-fuori LO SCANDALO DELLA CROCE!
12
- Dovrebbero ESSERE TAGLIATI, COLORO CI:JE VI SCONVOLGONO!

Alla domanda del primo segmento (7b ), il secondo segmento (8) fornisce una
prima risposta, scartando l'ipotesi che ciò che è accaduto sia qualcosa di buono.
Quanto all'ultimo segmento (9), se non nomina affatto i fautori del tUrbamento,
li qualifica però in maniera negativa, come lo faceva già il primo segmento (7b ):
infatti quello che gli avversari di Paolo esaltano -la circoncisione, che può sem-
brare una piccola cosa come il fermento - in realtà tira in ballo «la verità», (7b)
così come il fermento fa fermentare «tutta la pasta» (9).
Nel terzo brano, il primo segmento (llab) descrive la situazione attuale di
Pa()lo, l'ultimo (12) quella che meriterebbero i suoi avversari; sembra che quelli
che «sconvolgono» i Galati a causa della circoncisione siano gli stessi che
«perseguitano» Paolo per lo stesso motivo. Al centro, la vera posta in gioco del
litigio: «lo scandalo della Croce».
162 Conta solo la Fede operante tramite l'amore

+ 7 Correvate così bene!


+Chi vi HA TAGLIATI dall'essere persuasi dalla verità?
8
Questa persuasione non (viene) da COLUI CHE VI CHIAMA.
9
- Un pò' di fermento FA FERMENTARE tutta la pasta.
10
+ Io, sono persuaso per voi nel SIGNORE
. che non penserete altrimenti;
- quanto a COLUI CHE VI TURBA,
. ne porterà la pena, chiunque egli sia.

+ 11 Per me, fratelli,


+ se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato?
È dunque tagliato-fuori LO SCANDALO DELLA CROCE!
12
- Dovrebbero ESSERE TAGLIATI, COLORO CHE VI SCONVOLGONO!

Il secondo brano che oppone Paolo (l Oab) e il suo avversario (l Ocd) prende in
considerazione il futuro (espresso nei secondi membri). Paolo desidera prima di
tutto che la comunione di pensiero tra lui e i Galati sia restaurata; correlativa-
mente annuncia in seguito il castigo che i suoi avversari porteranno da soli.
Questo brano assicura il legame tra gli altri due. Il primo segmento (lOab) è
legato al brano precedente dal verbo «persuadere» (IOa come 7b.8); 5 d'altra
parte «il Signore>> di l Oa è «Colui che vi cftiama» di 8. Il secondo segmento
(lOcd) annuncia l'ultimo brano: «colui che vi turba» designa al singolare gli
stessi personaggi di «coloro che vi sconvolgono» di 12; e «ne porterà la pena»
annuncia «dovrebbero essere tagliati» di 12.
I due verbi della stessa radice, tradotti ugualmente con «tagliare», in 7b e 12
giocano il ruolo di termini estremi. 6 «Colui che vi turba» (IOc) e «coloro che vi
sconvolgono» (12) si oppongono a «Colui che vi chiama» (8), ovvero «il
Signore» (lOa). «Fa fermentare» di 9 è da mettere in relazione con «turbare>> di
lOc e «sconvolgere» di 12; in modo correlativo, «Colui che vi chiama» di 8 (al
centro del primo brano), ovvero «il Signore» di l Oa, annuncia «lo scandalo
della Croce» di llc, al centro dell'ultimo brano.

5
In 7b il verbo peithomai è generalmente tradotto con «obbedire a»; la traduzione qui adottata
ha voluto rispettare la parentela di questo verbo con le prime parole dei versetti 8 e l O.
6
In 7b il verbo eg-kopto è un derivato di kopto, «tagliare» (12); significa «tagliare [la strada])),
nel senso figurato di «impedire)) (vedi 1Ts 2,18; Rm 15,22); data l'immagine della corsa con cui
comincia il versetto da un lato, e dall'altro la parentela di questo verbo con quello del versetto 12
con cui fa inclusione, pare necessario conservare l'immagine. Per il senso di «correre)), non si
tratta di competizione atletica come in lCor 9,24.26, ma semplicemente della condotta di vita
cristiana (in Gal2,2, come in Fil2,16, il verbo ha il senso di «lavorare)), «prodigarsi)), «faticare))).
Sequenza Cl: Gal5,2-12 163

L'insieme del passo (5,2-12)

2
Ecco, io, Paolo, vi dico:
se vi fate CIRCONCIDERE,
3
CRISTO NON VI GIOVERÀ A NULLA. E dichiaro
di nuovo a chiunque si fa CIRCONCIDERE:
egli deve osservare tutta LA LEGGE.
4
Siete tagliati-fuori
da CRISTO, voi che ne LA LEGGE vi giustificate;
da LA GRAZIA siete decaduti.
5
Noi, infatti, è in virtù dello Spirito che,
da LA FEDE attendiamo la speranza
de LA GIUSTIFICAZIONE.

6
In CRISTO GESÙ, infatti, né la CIRCONCISIONE
HA VALORE, né il prepuzio,
ma LA FEDE operante per mezzo de L'AMORE.

7
Correvate così bene! Chi vi ha tagliati dall'essere persuasi
8
da LA VERITÀ? QUESTA PERSUASIONE non viene
da COLUI CHE VI HA CHIAMA.
9
UN PO' DI FERMENTO
fa fermentare tutta LA PASTA.
10
Io, sono persuaso per voi nel
SIGNORE che
non penserete altrimenti. Quanto a COLUI CHE VI TURBA,
ne porterà la pena, chiunque egli sia.
11
Quanto a me, fratelli, se predico ancora LA CIRCONCISIONE, perché sono
tuttora perseguitato? È dunque tagliato-fuori, lo scandalo
de LA CROCE!
12
Dovrebbero essere tagliati, QUELLI CHE VI SCONVOLGONO!

<<La circoncisione» è menzionata al centro del passo (6a) così come nei brani
estremi (2b.3b; l la). Nella prima parte essa è riferita a «la Legge» (3c.4b) di cui
costituisce uno dei comandamenti; nell'ultima parte può essere messa in rela-
zione con «colui che vi turba» (lOc) e «coloro che vi sconvolgonO>> (12), poiché
sono questi che vogliono convincere i Galati a farsi circoncidere. «Questa
persuasione» (8a) designa la posizione degli oppositori di Paolo a proposito della
necessità della circoncisione; «un po' di fermento» (9a) è nella stessa relazione a
«tutta la pasta» (9b) come la «circoncisione» (3b) lo è a «tutta la Legge» (3c).
La legge della circoncisione, come pure l'irtcirconcisione, sono opposte, nella
parte centrale, a «la Fede» (6c). Come in 4-5, «la Fede» - che viene da «la
164 Conta solo la Fede operante tramite l'amore

grazia>> (4c), che ottiene «la giustificazione>> (5c) e che è «verità>> (7b)- ha per
oggetto «Cristm> (6a.2c.4b); il nome di «Cristm> non è ripreso nell'ultima parte
ma <da Croce>> (Ile) rinvia all'atto salvifico fondamentale di Cristo Gesù;
«Colui che vi chiama>> (8b) e «il Signore>> (lOb) designano senz'altro lo stesso
Cristo Gesù.
Gli avversari di Paolo che predicano la circoncisione, «taglianm> i Galati da
«la verità>> del Vangelo (7), essi «tagliano-fuori>> «lo scandalo della Croce>>
(11); 7 a causa loro i loro seguaci si ritrovano «tagliati-fuorh> «da Cristm> (4ab) e
«decaduti dalla grazia>> (4c). Il passo si chiude con l'auspicio che siano loro a
essere «tagliath> (12).
Al verbo centrale della parte centrale, «non ha valore>>, corrisponde «non
gioverà a nulla>> dell'inizio (2c). «Dovrebberm> di 12 richiama «deve>> di 3c. 8

CONTESTO

«Dovrebbero essere tagliath>


Nell'ultimo versetto apo-kopti5 significa «tagliare>>, «tagliare-fuori>> (Mc 9,43.
45; Gv 18, 10.26). Questo verbo è stato inteso sia nel senso di esclusione, di
scomunica: «che siano tagliati fuori (dalla comunità)>>, sia in quello della mutila-
zione:9 «si castrinm> o «si facciano castrare», «che arrivino alla mutilazione». 10
È possibile che Paolo faccia allusione al culto di Cibele, la dea madre, venerata
nella Galazia del nord, nel quale si praticava l' autoevirazione sacra; con una tale
allusione, Paolo avrebbe potuto voler significare che un attaccamento alla
·circoncisione portato agli estremi porterebbe a raggiungere il paganesimo. È
probabile che Paolo giochi sulle parole. La traduzione non deve perciò imporre
l'uno o l'altro senso quanto piuttosto rispettare il gioco delle parole, cosa che è
stata tentata qui.

7
In llb il verbo katargeo (al passivo) è spesso tradotto con «essere abolito)). L'inconveniente
di questa· traduzione è che essa maschera la simmetria con lo stesso verbo del versetto 4: «Siete
tagliati fuori da Cristo)).
La radice di katargeo è quella del sostantivo ergon («opera))) preceduto da a- privativa e dal
prefisso kata-; il senso è quindi <<rendere inoperail.te)); questo verbo ha perciò la stessa radice del
participio «operante)) (en-ergeo) del versetto 6.
8
La prima parola di 12, ophelon, è una forma stereotipata, funzionante come avverbio (lat.
utinam), che introduce un desiderio. La traduzione qui adottata, con riferimento alla sua etimo-
logia, vuole rendere il rapporto di questa parola con il verbo della stessa radice utilizzato in 3c,
tradotto con «deve)).
9
I Settanta utilizzano il participio di questo verbo per tradurre Dt 23,2: «L'uomo coi testicoli
contusi o con il membro mutilatO)),
10
San Giovanni Crisostomo presenta le due interpretazioni successivamente; la seconda gli
fornisce l'occasione di un lungo attacco contro i Manichei che praticavano l'automutilazione.
Sequenza Cl: Gal5,2-12 165

INTERPRETAZIONE

Il valore della circoncisione


La circoncisione non ha valore, non più dell'incirconcisione (6). Questa consue-
tudine giudaica potrebbe essere considerata come un dettaglio anatomico senza
una vera importanza. Non è però questo il parere degli avversari giudaizzanti di
Paolo che tengono tanto a che i Galati vi si sottomettano. Anche per Paolo, anzi
molto di più, la questione è di capitale. importanza. Come il lievito, la circonci-
sione è poca cosa, ma i suoi effetti si estendono a «tutta la pasta>) (9), giacché essi
chiamano in causa l'insieme del corpo. Se i giudaizzanti tengono tanto alla
circoncisione dei nuovi convertiti della Galazia, è perché questa sembra loro
necessaria. Per loro ne va della salvezza dei pagani. Ora seguendo la logica, poi-
ché l'obbedienza a una prescrizione della Legge è indispensabile per la giustifi-
cazione, nessuno dovrebbe dispensarsi dal praticare tutti gli altri comandamenti
della Legge (3). La circoncisione è proprio quel po' di fermento che fa fermentare
tutta la pasta (9); es~a non solo «turba)) (IOc), ma «sconvolge)) tutto (12).

La forza della Croce


Se Paolo smonta il meccanismo della circoncisione imposta ai pagani per
rivelame la vera posta in gioco, è solo per mettere in rilievo, per opposizione, il
valore salvifico della Croce di Cristo. Non è affatto dalla pratica della Legge
(3c) che i discepoli di Gesù «attendono[ ... ] la giustificazione)), ma dalla fede nel
Cristo (5). Si devono persuadere di non potersi giustificare da se stessi con le
proprie forze, ma che è per «grazia)) (4c) che ricevono da un altro la salvezza.
Questa è la sola «verità)) (7b) che è allo stesso tempo quella dell'uomo e quella
di Cristo. Paolo l 'ha compreso accettando di essere perseguitato, come Gesù non
ha rifiutato di essere crocifisso (11 ). La fede in Cristo, l'accettazione della sua
Croce, porteranno anche il discepolo a operare per amore (6c), come il suo
maestro. Ma egli è ben persuaso che questo amore che reca ai suoi fratelli non è
la causa ma la conseguenza della sua giustificazione.

Il vero taglio
La circoncisione è, in senso proprio e in senso figurato, un'operazione che
taglia. Il taglio praticato sul corpo è il segno della separazione. tra gli ebrei e
i pagani. Volendogli imporre il segno di separazione che è la circoncisione,
i giudaizzanti in realtà «tagliano-fuori)) i Galati «da CristO>), li separano da «la
grazia)) (4), li «taglianO)) da «la verità)) (7), essi «tagliano-fu orh) «lo scandalo
della Croce)) (11). Con la sua parola, Paolo dovrà tagliare nel vivo: o è la pratica
della Legge che giustifica o è la Croce di Cristo. Quelli che non volessero sce-
gliere tra le due dovrebbero essere tagliati fuori dalla comunità dei creclenti (12).
Oramai non è più la circoncisione che fa la differenza, è la Croce: è lei la vera
pietra di paragone, «lo scandalO>) (1lb), ovvero la pietra sulla quale inciampano
quelli che credono di trovare altrove la loro salvezza.
15
La Legge si compie nell'amore

Sequenza C2: Gal5,13-18

La sequenza comprende un solo passo le cui due parti sono parallele. Intro-
dotta da «dica», 1 la seconda parte esplicita e commenta il contenuto della prima.

CHIAMATI alla libertà per servire gli altri nell'amore 13-15

GUIDATI dallo Spirito per resistere alla bramosia della carne 16-18

1
«Paolo usa spesso le parole lego de= "dico dunque", per annunciare che riprende un'idea già
espressa dandole un nuovo sviluppo (3,17; 4,1; 5,2, etc.)» (Bonnard, 112).
168 La Legge sì compie nell'amore

COMPOSIZIONE

13
Voi, infatti, alla libertà siete stati chiamati, fratelli;
-soltanto non la libertà come pretesto ala carne,
+ma per L'AMORE servitevi gli uni gli altri.
= 14 Infatti tutta LA LEGGE in una sola parola si compie:
=«AMERAI il prossimo tuo come te stesso».
15
Ma se gli uni gli altri vi mordete e divorate,
:guardate a non essere distrutti gli uni dagli altri.

16
:: Ora dico:
+camminate secondo LO SPIRITO
- e non soddisferete la bramosia de la carne.

= 17 lnfattl la carne brama contro LO SPIRITO


=e LO SPIRITO contro la carne;
infatti questi l'uno all'altro si oppongono
=cosicché ciò che volete, questo non facciate.
18
Ma se da LO SPIRITO siete guidati,
:non siete sotto LA LEGGE.

Nel primo segmento della prima parte «servire>> si oppone apparentemente


a «la libertà>>. L'ultimo segmento (15) si oppone al primo: «mordersì e divo-
rarsh> è il contrario dell'amore, ed «essere distrutti gli uni dagli altri>> l'opposto
di «servirsi gli uni gli altrh>; così «la carne>> di 13b trova un contenuto nel
comportamento denunciato in 15a, comportamento descritto in termini che assi-
milano l'uomo alle belve. Al centro l'amore del prossimo è dato come riassunto
o compimento di «tutta la Legge>>/ ciò per cui Paolo motiva il comandamento
che ha appena enunciato ·in 13c.
Nella seconda parte i segmenti estremi si corrispondono: 16b e 18a sono·
molto simili, con la sola differenza che il primo verbo, «camminate>>, è attivo e
sottolinea dunque l'iniziativa dell'uomo, mentre il secondo, «siete guidath>, è al
passivo e segna dunque l'attività dello Spirito. 3 Gli ultimi membri ( 16c.l8b)
oppongono allo stesso «Spirito>> prima «la carne» poi «la Legge». Al centro è

2
Il verbo pleroo può essere inteso come transitivo e la frase significherebbe: «per mezzo
dell'amore, l'uomo compie tutta Legge» (come in Rm 13,8); se lo si considera come intransitivo, il
senso diventa: «tutta la Legge trova il suo compimento, il suo apice nell'amore». La traduzione
rispetta l'ambiguità del greco.
3
Questo verbo può essere compreso anche come un medio che significherebbe: «se vi lasciate
guidare dallo Spirito», «se vi conducete con lo Spirito». Quest'ultima interpretazione accorda più
spazio all'iniziativa dell'uomo e alla sua responsabilità. Il parallelismo di 18 con 16 («camminate
secondo lo Spirito») sembra dover essere considerato come complementare: responsabilità dell'uo-
mo in 16, iniziativa dello Spirito in 18.
Sequenza C2: Gal5,13-18 169

esplicitata l'opposizione tra «lo Spirito» e «la carne», di cui l'uomo rappresenta
la posta in gioco (17d). 4
Le due parti sono parallele. I primi segmenti contengono un imperativo, ogni
volta opposto a «la carne>> ( 13c.16c). I .centri, che cominciano ugualmente con
«infatti», danno la ragione di questi imperativi (14.17). Infine gli ultimi seg-
menti, che cominciano tutti e due con «ma se», si oppongono a quanto precede;
questi segmenti sono opposti l'uno all'altro: l'uno (15) contempla un atteggia-
mento negativo, l'altro (18) una condotta positiva.
Nella prima parte «la carne» è opposta a «l'amore» (13bc), nella seconda è
opposta a lungo a «lo Spirito» (16bc.17ab). «La Legge» si ritrova al centro della
prima parte (14a) e alla fine della seconda (18b); 5 la prima volta è presentata in
modo positivo come un equivalente de «l'amore», la seconda volta in modo
negativo, giacché è opposta a «lo Spirito» e presentata come equivalente de «la
carne».

CONTESTO BIBLICO

La carne
«La carne» (he sarx) designa prima la condizione dell'essere umano fatto di
«carne e sangue» (Gal 2,20; 4,14). Opposta a <<lo Spirito» (to pneuma), «la
carne» è ciò che produce «bramosie e passioni» (5,16-17.24).

Dalla schiavitù al servizio


Tutta la storia dell'esodo può essere riassunta con questa formula. Il verbo
'iibad significa «servire», tanto nel senso di «essere schiavo» che in quello di
«servire» il Signore, in particolare di «compiere il servizio liturgico». Il Canto
del mare (Es 15) celebra nella sua prima parte (1-10) la liberazione dalla schia-
vitù al paese d'Egitto, «la casa degli schiavi», e nella sua ultima parte (12-17)
l'epopea che condurrà il popolo fino al monte Sion, al santuario del Signore,
dove Israele potrà servire il suo liberatore. 6

«Qual è il più grande comandamento della Legge?))


A q11esta domanda (Mt 22,36f Gesù risponde che il primo di tutti i comanda-
menti è amare il Signore Dio e che il secondo è amare il prossimo come se stessi

4
Si potrebbe tradurre, in modo più chiaro, con «insorge contro»; la scelta di «brama>> è ~ettata
dalla necessità di manifestare il rapporto con «bramosia» di I 6.
In 17d la congiunzione hina è intesa come introduzione sia a una finale sia a una consecutiva.
Quest'ultima opzione («in modo che non facciate ciò che volete») avrebbe l'inconveniente di
considerare l'uomo come la posta in gioco di una lotta che lo supera e nella quale la sua libertà non
sarebbe veramente coinvolta.
5
Secondo la quarta legge di Lund (vedi R. MEYNET, Trattato, 93).
6
Vedi l'analisi del Canto del mare in R. MEYNET, Chiamati alla libertà, 41-74.
7
in Mc 12,28la domanda è leggermente diversa: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
170 La Legge si compie nell'amore

(Mt 22,35-40; vedi Mc 12,28-34). Paolo riassume dal canto suo tutta la Legge
nell'unico comandamento dell'amore del prossimo.

INTERPRETAZIONE

Liberi per... servire


La libertà si oppone alla schiavitù. Un servo, uno schiavo è per definizione
uno che non è libero. E tuttavia è al servizio che Dio invita coloro che ha chia-
mati alla libertà. Al tempo dell'esodo, la liberazione dalla schiavitù nel paese
d'Egitto aveva condotto il popolo fino al santuario, il luogo dove si sarebbe
celebrato il servizio, il culto divino. Oggi, non è al servizio di Dio che Paolo
chiama i discepoli di Gesù, ma a quello degli uomini. La contraddizione tra
libertà e servizio si risolve dal fatto che questo servizio è reciproco: i discepoli
del Signore devono essere al servizio «gli uni degli altri>>. Se ciascuno si fa
schiavo dell'altro, non c'è più né padrone né schiavo: tutti sono liberi, giacché
hanno accettato liberamente il servizio vicendevole.

C'è libertà e libertà


La libertà, come tutte le altre cose buone, può essere utilizzata per il bene o
per il male; tanto che sarebbe possibile dire che esistono due tipi opposti di
libertà. Il servizio dell'amore (13c) si oppone infatti alla bramosia della carne
(16c). Secondo il Decalogo la «bramosia>> è la radice di tutti i peccati contro il
prossimo, in particolare il furto e l'adulterio (Es 20,17; vedi anche Dt 5,21). La
bramosia che il serpente ha instillato nella donna consistette nel farle credere che
Dio era geloso dei propri beni, che si rifiutava di condividerli, che insomma era
abitato dalla bramosia. Nelle relazioni tra fratelli, se il servizio è un dono
reciproco, la bramosia porta invece a impadronirsi dei beni altrui. Portata alla
sua ultima conseguenza, conduce inesorabilmente a voler divorare l'altro: come
belve feroci che si mordono e si dilaniano, arrivando a distruggersi a vicenda
(15).

C'è legge e legge?


Al centro della prima parte i lettori sono chiamati a compiere la Legge,
riassunta nell'amore del prossimo (14); alla fine della seconda parte viene detto
invece che, se essi camminano secondo lo Spirito, non sono sottomessi alla
Legge. Il meno che si possa dire è che esiste una tensione, se non una contrad-
dizione palese, tra queste due affermazioni. Essere «sotto la Legge>> è esserne il
servitore, finanche lo schiavo. Ora non si tratta di servire la Legge, il che sarebbe
idolatria. Non è la Legge che si serve ma colui che l'ha data, e che l'ha data
perché l'uomo sia libero: «lo sono il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal
paese d'Egitto, dalla casa degli schiavi». Se ci ha liberati, non è certo per farci
ricadere in un'altra schiavitù. Non si serve la Legge, la si ascolta, la si osserva, la
si compie, la si ama (Sal 119,97.113) perché si ama il Signore. In questo senso
Sequenza C2: Gal5,13-18 171

tutta la Legge si riassume nell'amore. Il servizio reciproco tra fratelli nell'amore


libera dal servizio della Legge e delle sue prescrizioni particolari.

Servizio dell'uomo o servizio di Dio


Quando Paolo dice che tutta la Legge si riassume in una sola parola, questa
unica parola è l'amore o il servizio del prossimo. E si potrebbe avere l'impres-
sione che l'amore o il servizio di Dio passino sotto silenzio. In realtà quest'ul-
timo è enunciato sin dalle prime parole della sequenza: «voi, siete stati chiamati
alla libertà)). Il passivo è un passivo divino ed è così che Paolo presenta ai suoi
destinatari il servizio che essi devono rendere a Dio. È quando sono liberi,
quando accettano la libertà che Dio offre loro, e anche quando liberano gli altri,
che gli rendono il culto che Lui vuole e che attende.
16
Le opere della carne, il frutto dello Spirito

Sequenza C3: Gal5,19-26

lù opere deLACARNE 19-21

In frutto de LO SPIRITO 22-26


174 Le opere della carne, il frutto dello Spirito

A. LE OPERE DELLA CARNE (5,19-21)

COMPOSIZIONE

19
• Manifeste sono le opere della carne,
• le quali sono:

fornicazione, impurità, depravazione,


20
:: idolatria, stregoneria,
inimicizie, discordia, gelosia, ire;
21
contese, divisioni, scissioni, invidie,
ubriachezze, orge e cose-simili a queste,

• sulle quali vi avverto


• come già vi ho avvertiti:
= coloro che fanno tali cose
= non erediteranno il regno di Dio.

L'elenco delle opere della carne è organizzato in tre segmenti. Alle estremità
due segmenti unimembri dove sono raggruppate le opere che riguardano il
corpo, nelle sue rivendicazioni sessuali (19c) e orali (21 b). Al centro un trimem-
bro di tipo ABB': vengono prima le colpe contro Dio (20a), seguite da quelle
che riguardano il prossimo (20b-21a). L'elenco comincia con il singolare nei
primi due membri e si chiude con il plurale negli ultimi due; quanto al membro
di 20b, esso combina plurale e singolare. Questa progressione verso il plurale
sfocia nell'apertura finale «e cose simili a queste».
La seconda parte comincia con un pronome relativo che riprende quello
dell'inizio della prima parte (19b). «Le opere della carne» e «il regno di Dim)
sono in opposizione e si può dire che formino una inclusione.

CONTESTO BIBLICO

Altri elenchi di vizi


Non mancano gli elenchi di vizi nell'epistolario paolina. Quello di Rm 1,29-
31 conta ventuno item; comincia con «ogni ingiustizia)) che introduce e ricapi-
tola tutti i vizi che saranno enumerati in seguito. Allo stesso modo l'elenco di
l Cor 6,9-10:
9
Non sapete che gli INGIUSTI non erediteranno il regno di Dio?
Non illudetevi:
né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti,
10
né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori
erediteranno il regno di Dio.
Sequenza C3: Gal5,19-26 175

La fine del passo di Gal 5,19-21 («non erediteranno il regno di Dio») si ritro-
va due volte in lCor 6,9-10; e anche in conclusione di Ef 4,30-5,5. 1

INTERPRETAZIONE

Un elenco aperto
Contrariamente alla maggioranza degli altri elenchi di vizi che si trovano nelle
lettere paoline,2 quello della Lettera ai Galati, benché molto lungo, non è conclu-
so. Si apre su «e cose simili a queste», per significare che è ben lungi dall'essere
esaustivo; e ciò si accorda bene con il plurale di «le opere della carne» che
l'introduce.

La dissoluzione del corpo


Le opere della carne conducono alla dissoluzione tanto del corpo personale
quanto del corpo sociale. Lasciato alla «fornicazione», all'«impurìtà» e alla
«depravazione» (19c), dedicato alle «ubriachezze» e alle «orge» (20d), abbando-
nandosi dunque alle sue pulsioni sessuali e alle sue rivendicazioni orali, condu-
cendo, come si suoi dire, una vita dissoluta, l'individuo si trova tirato di qua e di
là tra le sue passioni e bramosie, diviso, per così dire fatto a pezzi. Lo stesso
capita per la comunità che non può più fare corpo a causa dei mali numerosi e
variegati che strappano il suo corpo. L'insistenza su quei fattori di divisione -
che sono otto -può lasciar intendere la preoccupazione dì Paolo per l 'unità delle
comunità della Galazia.

L'idolatria, madre di tutti i vizi


Accompagnata dalla stregoneria, l'idolatria è posta in testa alla lunga lista
delle colpe che formano il corpo centrale deli' elenco delle opere della carne. Lo
stesso si verifica nell'elenco delle dieci parole: il primo di tutti i comandamenti
vieta infatti di servire altri dèi al di fuori del Signore che ha liberato Israele dalla
schiavitù del paese d'Egitto. Come se fosse l'idolatria la fonte di tutti i vizi.
L'idolatra è colui che scarta il vero Dio per mettere al suo posto ogni specie di
oggetti che non sono Lui; in primo luogo se stesso, il suo ventre e i suoi desideri
(19c.21b), che lo spingono a scartare anche gli altri, come per occupare tutto lo
spazio, il che non può che provocare «inimicizie, discordia, gelosia» (20b-21a) e
«cose simili» (21 b).

Una questione di eredità


Colui che ha negato Dio, che non gli ha lasciato neanche il più piccolo spazio,
potrebbe «ereditare il regno di Dio»? Non essendosi riconosciuto figlio di Dio,

1
Altri elenchi di vizi in Rm 13,13; lCor 5,9-ll; 2Cor 12,20-21; Col3,5-8; lTm 6,3-5; 2Tm
3,1-5; Tt 3,1-3.
2
Vedi tuttavia 1Tm 1,9-10.
176 Le opere della carne, il frutto dello Spirito

non potrà ricevere nulla da colui che non considera suo padre. Il difetto di filia-
zione provoca inevitabilmente un deficit di fraternità; ed effettivamente è ciò che
capita con tutto ciò che fa ergere i fratelli gli uni contro gli altri nella comunità e
ne fa dei nemici. Colui che non ha messo in atto la fraternità non potrà mai
condividere l'eredità con coloro che ha rinnegato in quanto fratelli.

B. IL FRUTTO DELLO SPIRITO (5,22-26)

COMPOSIZIONE

+ 22 Il frutto de LO SPIRITO è:
+ amore,
= gioia, pace, pazienza, benevolenza,
23
= bontà, fedeltà, mansuetudine, temperanza.
+Contro tali-cose non c'è LEGGE.

24
- Coloro di Cristo [Gesù] LA CARNE hanno crocifisso
con le passioni e le bramosie.
+ 25 Se viviamo dello SPIRITO,
+ nello SPIRITO camminiamo anche.
26
- Non essere vanitosi,
gli uni gli altri provocando(ci),
.. gli uni gli altri invidiando(ci).

Alle estremità della prima parte «la Legge» si oppone a «lo SpiritO». L'elenco
delle virtù (22b-23a) comprende nove termini, il più delle volte organizzati in tre
gruppi di tre; ma poiché l'amore è la fonte di tutto ciò che segue (vedi il contesto
biblico), è possibile presentarli in modo da fare risaltare questo fatto. Nella
seconda parte «lo Spiritm> è ripreso due volte al centro (25), mentre i segmenti
estremi enumerano una serie di cinque vizi che sono il fatto de «la carne>>.
Alle nove virtù della prima parte si oppongono nella seconda parte «le passio-
ni e le bramosie>> (24b), così come la vanità (o vanagloria), la provocazione e
l'invidia (26). «Carne>) e «Legge)) fungono da termini medi.

CONTESTO BIBLICO

Elenchi di virtù nel corpo paolino


Come per i vizi, gli elenchi di virtù no.n mancano nelle lettere paoline: così in
2Cor 6,4-7 (dove si ritrova, fra altre cose, «pazienza», «benevolenza)), «amore»);
Ef 4,2-3 (<<mitezza», «pazienza)), «amore», «pace))); lTm 6,11 («fedeltà»,
«amore)), «mitezza))). «L'amore» è l'unico che si trova in tutte e tre le liste.
Sequenza C3: Gal5,19-26 177

Mentre in Galati «l'amore» introduce l'elenco delle virtù, in Col 3,12-14 lo


chiude, come per riassumere quanto precede:
12
Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà,
di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, 13 sopportandovi a vicenda e perdonan-
dovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro.
Come il Signore vi ha perdonato, cosi fate anche voi. 14Ma sopra tutte queste cose
rivestitevi dell'amore, che le unisce in modo perfetto.

«Se non ho l'amore...»


Nel cosiddetto <<inno alla carità» (lCor 13), Paolo mostra come l'amore
sorpassa tutto ed è la sorgente di tutte le altre virtù, che non sono altro se non le
qualità dell'amore (o «carità»):
4
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa [... ] 6 non gode dell'in-
giustizia ma si rallegra della verità. 7 Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto
sopporta.

«Soltanto la fede operante per mezzo dell'amore»


La prima sequenza della sezione è focalizzata su ciò che solo conta: «Infatti in
Cristo Gesù, né la circoncisione ha valore né il prepuzio, ma la fede operante per
mezzo dell'amore)) (5,6; vedi sequenza Cl, p. 163).

INTERPRETAZIONE

Lo Spirito e la carne
Le «passionh) e «bramosie)) della carne (24b) - al plurale -, che conducono
alle divisioni tra membri della comunità a causa della «vanagloria)), alle sue
«provocazionh) e «invidie)) reciproche (26), si oppongono a «l'amore)) e al suo
corteo di virtù, ciascuna al singolare, come per meglio indicare la coesione
dell'unico «frutto dello SpiritO)) e la sua capacità di unire invece che dividere.

Lo Spirito e la Legge
È strano che Paolo concluda l'elenco delle virtù che accompagnano l'amore
dichiarando che <<contro tali cose non c'è Legge)). Si capirebbe che lo dica a
proposito delle opere della carne. Infatti contro le sue passioni e bramosie la
Legge non può fare altro che vietarle; è incapace di dare la forza di resistere.
Ancora una volta, a quanto sembra, Paolo non manca di senso dell'umorismo:
che cosa mai potrebbe fare la Legge contro l'amore? Tutta corrazzata con i suoi
comandamenti e i suoi interdetti, si trova totalmente disarmata di .fronte alla
forza tranquilla dell'amore, della grazia, della pace e di tutte le altre virtù.
178 Le opere della carne, il frutto dello Spirito

La Legge e la Croce
Non è la Legge che può avere la meglio contro la carne, contro le sue passioni
e bramosie. Al contrario, con il dono della sua vita sulla Croce, Cristo Gesù ha
ridotto all'impotenza la carne per coloro che, a imitazione del loro maestro,
«hanno crocifisso la carne>>. A questo amore manifestato sull'albero della croce
solo può rispondere quello dei discepoli, come «frutto dello Spiritm>. La Legge
cede in definitiva davanti alla virtù, alla forza di un'altra legge, quella dello
Spirito di Cristo.

C. LE OPERE DELLA CARNE, IL FRUTTO DELLO SPIRITO (5,19-26)

COMPOSIZIONE

19
Manifeste sono LE OPERE DELLA CARNE, le quali sono:
fornicazione, impurità, dissolutezza,
20
idolatria, stregoneria,
- inimicizie, discordia, gelosia, ire,
21
-contese, divisioni, scissioni, INVIDIE,
ubriachezze, orge e cose simili a queste,

sulle quali V1 avverto


come V1 ho già avvertito :
coloro che fanno tali cose
il regno di Dio non erediteranno.

22Ma ILFRUTIO DELLO SPIRITO è:


amore,
- gioia, pace, pazienza, benevolenza,
23
- bontà, fedeltà, mansuetudine, temperanza;
contro tali cose non c'è Legge.

24
Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso LA CARNE
con le passioni e le bramosie.
25
Se NOI viviamo DELLO SPIRITO,
camminiamo NELLO SPIRITO.
26
Non cerchiamo la vanagloria,
gli uni gli altri provocandoci,
gli uni gli altri INVIDIANDOCI.

Gli inizi oppongono «le opere della carne>> e «il frutto dello Spirito)); «le
opere» sono al plurale mentre «il frutto» è singolare.
Mentre i vizi passano progressivamente dal singolare al plurale, le virtù sono
tutte al singolare. La seconda lista forma un tutto per così dire chiuso e compiu-
to, mentre la lista dei vizi è aperta con «e cose simili a queste» con le quali non
si chiude.
Sequenza C3: Gal5,19-26 179

Nell'elenco dei vizi e delle virtù, «pazienza>> (makrothymia, 22c) si oppone a


«ire» (thymoi, 20b); una terza parola di uguale radice, «bramosie», (epithymiais),
è accoppiata a «invidiandoci» (phthonountes), in posizioni simmetriche in 24b.
26b; «ire» (thym01) era già accoppiato con «invidie» (phtonoi) alla fine dei due
membri 20b e 20c-21a. Inoltre l'ultimo termine delle virtù, «temperanza», si
oppone agli ultimi due termini dell'elenco dei vizi, «ubriachezze» e «orge». Si
può pensare che, come per due volte quattro vizi che dividono gli uomini tra di
loro (20b-2l) scaturiscono dall'idolatria (20a), cosi per due volte quattro virtù
(22c-23a) hanno la loro fonte nell'amore (22b).
Alla fine del primo passo Paolo si rivolge ai suoi destinatari alla seconda
persona del plurale (21 c); alla fine del secondo passo parla invece alla prima
persona plurale (25-26).

CONTESTO BIBLICO

Rm 6,20-23
È possibile scorgere una relazione tra la fine del primo passo (21f) e l'inizio
del secondo (22a): l'amore infatti con il suo corteo di virtù è detto «frutto dello
SpiritO», cioè dono che questi fa a «quelli che sono di Cristo»; il che non è senza
relazione con il <<regno di Dia» ricevuto in «eredità», vale à dire come un dono
totalmente gratuito.
In Rm 6,20-23 due frutti sono opposti: il «dono gratuito» della vita eterna e il
«salario» del peccato che è la morte:

20
- Quando eravate schiavi del peccato,
eravate liberi nei riguardi della giustizia.
21
: Quale FRUTTO avevate. allora
:[da cose] di cui oggi vi vergognate?
= Infatti il loro TRAGUARDO, è la morte.

+ 22 Ma oggi, liberati da/peccato


+e asserviti aDio,
:avete il vostro FRUTTO per la santità,
= e il TRAGUARDO, è la vita eterna.
23
:: Infatti il salario del peccato, è la morte;
:: ma il dono-gratuito di Dio, è la vita eterna
in Cristo Gesù nostro Signore.
180 Le opere della carne, il frutto dello Spirito

INTERPRETAZIONE

«Manifeste sono le opere della carne»


Le opere della carne sono manifeste. Non è necessario cercarle, sono dapper-
tutto, ben visibili. Il loro elenco è per così dire illimitato. Oltrepassano la cornice
del primo passo che le enumera a lungo; infatti sono ancora ampiamente presenti
alla fine del secondo passo, consacrato però al frutto dello Spirito. I discepoli di
Gesù sono sottomessi alla tentazione delle «passioni e bramosie>> che hanno
dovuto crocifiggere; la vanagloria li minaccia, la quale rischia di portarli a
«provocarsh> e «invidiarsh> a vicenda.

Le opere e il frutto
Le opere sono ciò che si fa; e Ìe opere della carne sono solo opere cattive,
come se l 'uomo lasciato alle proprie forze non potesse fare nulla di buono. Il
frutto al contrario si coglie, si riceve da un altro; è offerto, donato, gratuitamente.
Le opere sono quelle dell'uomo, il frutto viene dallo Spirito di Dio. Le opere
della carne si moltiplicano all'infinito, il fruttò dello Spirito è unico, essendo
tutte le sue manifestazioni riassunte nell'amore.

Un frutto singolare
La singolarità del «frutto>> dello Spirito si oppone palesemente alla molteplicità
delle ((Opere>> della carne. Gli idoli che trascinano coloro che si abbandonano alle
loro passioni non hanno nulla in comune con lo Spirito di Cristo Gesù, al cui
seguito si sono messi i discepoli. Gli idoli dividono coloro che li servono, mentre
l'unico frutto dello Spirito li unisce nell'amore. «Molti saranno i dolori del malva-
gio, ma l'amore del Signore circonda chi confida in lui» (Sal32,10).

La filiazione divina
La posta in gioco, in questo dittico dei vizi e delle virtù, è niente meno che la
·filiazione divina. Tutto il problema è di sapere a quali condizioni i Galati - e
ovviamente ciascuno dei lettori - ((erediteranno il regno di Dio», saranno cioè
trattati come suoi figli. Questa condizione può essere detta unica: comportarsi da
fratelli nei confronti degli altri uomini. Le opere della carne sono focalizzate su
tutto ciò che divide, dalle «inimicizie» alle «invidie» (20b-21a), e Paolo vi torna
alla fine (26). Quanto alle «passioni» e «bramosie» (24), quanto alla «fornicazio-
ne>> e alla «dissolutezza», alle ((Ubriachezze e orge» (19c.21b), tutto questo «e
cose simili» sono il sintomo di un disprezzo profondo degli altri come di se
stessi. Chi non si comporta da fratello nega nei fatti di essere figlio dello stesso
Padre. Perfino l'uso dei pronomi manifesta l'opposizione tra la fraternità che
unisce el'invidia che divide: mentre il primo passo si chiude con una messa in
guardia rivolta ai Galati, come se fossero separati da Paolo, il secondo passo e
dunque tutta la sequenza finisce alla prima persona del plurale dove Paolo invita
i suoi destinatari a essere uniti a lui in Cristo (25-26).
17
L'amore si compie in vita eterna

Sequenza C4: Gal6,1-10

Il primo passo si rivolge ai responsabili, gli «spirituali>> incaricati di correg-


gere quelli che hanno peccato; in maniera complementare, il secondo passo
regola il comportamento di quelli che hanno ricevuto l'insegnamento nei riguar-
di dei loro maestri. I titoli di questi due passi sono tratti dalla loro parte centrale.

l Adempiere la legge di Cristo 6,1-5

l Mietere la vita eterna 6-10


182 L'amore si compie in vita eterna

A. ADEMPIERE LA LEGGE DI CRISTO (6,1-5)

COMPOSIZIONE

+ 1 Fratelli, anche SE è sorpreso UN UOMO in qualche colpa,


+ voi, gli spirituali, raddrizzate COSTUI con spirito di mansuetudine,
: badando A Té STESSO
: a non ANCHE TU essere tentato.
2
= GLI UNI DEGLI ALTRI portate i pesi!

E cosi adempirete la legge di Cristo.

+ 3 Poiché SE UNO pensa


-di essere qualcosa,
- non essendo nulla,
+inganna SE STESSO;

4
- ma l-'opera di SE STESSO CIASCUNO esamini,
:e allora IN SÉ soltanto avrà di che vantarsi
:e non IN UN ALTRO.
=5 CIASCUNO infatti porterà IL PROPRIO carico!

Le parti estreme cominciano con una condizionale e finiscono con due uni-
membri simili (2.5). Esse considerano due aspetti complementari dei rapporti tra
i membri della comunità; vi si trova infatti la stessa opposizione tra se stessi e gli
altri: «un uomo» e «costui» in lab in relazione con «te stesso» e «anche tu)) in
l cd; «l'opera di se stessm) e «in sé soltantO)) in relazione a «un altrm) in 4.
Al centro i comandi delle parti estreme sono definiti «legge di CristO>).

iNTERPRETAZIONE

Riprendere gli altri con prudenza


La prima parte raccomanda la correzione fraterna (lab), con l'umiltà e la pru-
denza necessarie a questo esercizio (l cd). Chi infatti corregge suo fratello deve
sapere che egli pure rischia di soccombere alla stessa· tentazione e di cadere nella
stessa colpa di lui. La tentazione o la prova che lo minaccia potrebbe anche
essere quella dell'orgoglio di chi paragona la propria condotta con quella di chi
egli corregge.
Sequenza C4: Gal 6,1-1 O 183

Guardarsi con umiltà


L'ultima parte comincia col denunciare l'orgoglio di chi in realtà s'inganna
sul proprio merito (3). La forma più diffusa di vanità consiste nel paragonarsi a
qualcun altro scelto accuratamente tra quelli che serviranno solo per farsi valere;
ed è per questo che Paolo invita ciascuno a non vantarsi a spese degli altri (4).

Quali pesi portare?


Le conclusioni delle parti estreme (2.5) sembrano del tutto contraddittorie.
Come infatti conciliare il consiglio di portare i pesi gli uni degli altri e quello di
occuparsi soltanto di portare il proprio carico? Queste due consegne devono
essere comprese nel loro rispettivo contesto e l'una in rapporto all'altra: se
bisogna correggere gli altri sempre vegliando su se stessi (l), è anche necessario
esaminarsi senza paragonarsi agli altri (3-4). È bene aiutare gli altri a portare il
loro peso, ma a cosa servirà questo se vi si aggiunge un altro fardello, quello di
sopportare il peso della propria superiorità? Lungi dall'essere antinomici, i due
aforismi sono complementari.

La reciprocità
Il segreto per evitare di cadere nell'orgoglio e di schiacciare gli altri risiede
nella reciprocità: «portate i pesi gli uni degli altri~~. Essere «spirituale» (l b)
consiste non solo nell'aiutare gli altri riprendendoli, ma anche nel farsi aiutare da
loro quando arriva il proprio turno. L'amore a senso unico semplicemente non
sarebbe l'amore. Lo Spirito non è appannaggio di alcuni; se non è di tutti, non è
di nessuno.

La legge di Cristo
Questi consigli, che potrebbero sembrare semplice saggezza umana, sono
chiamati nel brano centrale (2b) «legge di Cristo». Il genitivo «di Cristm~ può
essere compreso in due modi che non si escludono l'un l'altro: la legge alla
quale Cristo si è sottomesso, e quella che egli ha dato ai suoi discepoli. In Lui
i primi discepoli hanno riconosciuto la figura del Servo:
16
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed. egli scacciò gli spiriti con la
parola e guarì tutti i malati, 17 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del
profeta Isaia: «Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie» (Mt
1
8,16-17 che cita Is 53,4).

Se Cristo ha adempiuto per primo questa «legge», i discepoli hanno il dovere di


attuarla anche loro.

1
Il verbo tradotto con «portare» è lo stesso di quello che Paolo utilizza in 2 e 5 (bastazein).
184 L'amore si compie in vita eterna

B. MIETERE LA VITA ETERNA (6,6-10)

COMPOSIZIONE

+ 6 Faccia partecipare CHI È ISTRUITO NELLA PAROLA


+ CHI LO ISTRUISCE di tutti /SUO/BENI.

7
NON vi illudete,
+di Dio non ci si beffa,
=poiché quello che AVRÀ SEMINATO un uomo,
= è quello anche che MIETERÀ:
8
= infatti IL SEMINANTE ne LA CAR_NE di lui
:daLA CARNE MIETERÀ la perdizione,
= ma IL SEMINANTE ne LO SPIRITO
: da LO SPIRITO MIETERÀ la vita eterna.

+ 9 Ora facendo /L BUONO


.. NON scoraggiamoci,
=poiché al tempo voluto MIETEREMO
.. NON desistendo.

+ 1°Così dunque, finché abbiamo il tempo,


+operiamo IL BENE verso tutti,
+ e soprattutto verso I NOSTRI COMPAGNI DI FEDE.

I «compagni di fede» 2 (lOc) comprendono quelli che istruiscono sulla Parola e


quelli che ne sono istruiti (6). «La fede» può essere posta in relazione con «la
Parola)), giacché è tramite questa che la fede viene trasmessa.
I brani estremi della parte centrale cominciano con un imperativo, che i secon-
di segmenti spiegano. Il brano centrale oppone «la perdizione)) e «la vita eterna))
(8b.8d). Il suo inizio richiama il brano precedente, dove è contemplato il caso di
quelli che si farebbero beffe di Dio, mentre il secondo segmento annuncia il bra-
no successivo nel quale si parla di fare il bene. La metafora della semina e della
mietitura percorre tutta la parte.
«Fare il buonm) (9a) e «operare il bene)) (lObi significa «seminare nello
SpiritO)) (8c), significa «far partecipare di tutti i propri benb) (6).

2
Il termine oikeios designa chi abita la stessa casa (oikia), da cui «familiare>>, «parente»,
«della stessa famiglia» (vedi Ef 2,19); «compagno», nel senso etimologico proprio di colui che
condivide lo stesso pane, rende bene il senso.
3
In 9a kalon (lett. «il bello») è tradotto con «buono» e in l Ob agathon (lett. «il buono») è
tradotto con «il bene» per rispettare la corrispondenza con «i benh> (agathois) di 6b.
Sequenza C4: Gal6,1-10 185

CONTESTO BIBLICO

Seminare i beni spirituali, raccogliere i beni materiali


Il primo versetto del passo è ampiamente sviluppato in l Cor 9:
4
Non abbiamo forse il diritto di mangiare e di bere? [... ] 7 E chi mai presta servizio
militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiame il frutto? Chi fa
pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge? 8 Io non dico questo da un
punto di vista umano; è la Legge che dice così. 9 Nella legge di Mosè infatti sta
scritto: Non metterai la museruola al bue che trebbia. Forse Dio si prende cura dei
buoi? 10 Oppure lo dice proprio per noi? [ ... ] 11 Se noi abbiamo seminato in voi beni
spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali? [... ] 13 Non sapete che
quelli che celebrano il culto, dal culto traggono il vitto, e quelli che servono all'altare,
dall'altare ricevono la loro parte? 14 Cosi anche il Signore ha disposto che quelli che
annunciano il Vangelo vivano del Vangelo {lCor 9,4.7-10.11.13-14).

INTERPRETAZIONE

«Per tutto c'è un momento


e un tempo per ogni cosa sotto il cielo>> (Qo 3,1)
C'è un tempo per seminare e un tempo per mietere. Un tempo, limitato, ci è
dato per «operare il bene verso tutti» (lO); verrà un altro tempo in cui quelli che
avranno «fatto il buono» saranno ricompensati con una messe che corrisponderà
a ciò che avranno seminato (9). Il tempo presente è quello della pazienza e della
perseveranza, durante il quale non bisogna né «scoraggiarsh) né «desistere>>
(9b.9d).

«<n ogni cosa bisogna considerare la fine»


Come avviene per l'agricoltore, la messe della vita sarà proporzionata a ciò
che ciascuno avrà seminato. Il doppio aforisma su cui è centrato il passo espone
il giudizio finale di «Dio» (7b): «la perdizione» per chi avrà seminato «nella sua
carne>), «la vita eterna» per chi avrà seminato «nello Spirito». Davanti all' «uo-
mo» (7c) si aprono due vie. «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la
morte e il male» (Dt 30,15). La scelta che Mosè aveva offerto ai figli d'Israele,
Paolo la propone nuovamente ai suoi destinatari della Galazia. Bisogna sapere
quel che si vuole, sapere dove si va, qual è il nostro fine, e procurarsi i mezzi per
raggiungerlo. «Non ci si beffa di Dio» (7b).

Fare il bene
Il discepolo sarà giudicato sul bene che avrà fatto. Questo bene è destinato a
«tutti», senza distinzione (lOb), vale a dire perfino a quelli che non condividono
la fede cristiana, giacché Paolo aggiunge che il bene deve essere fatto soprattutto
verso quelli che credono in Cristo. L'inizio del passo aggiunge un'altra precisa-
zione: chi è istruito nella Parola che a lui trasmette la fede ha il dovere di fare il
186 L'amore si compie in vita eterna

bene prima e anzitutto verso chi lo istruisce, rendendolo partecipe in modo molto
concreto di tutti i suoi beni (6). Lasciare senza risorse chi consacra il proprio
tempo e le proprie forze all'annuncio del vangelo sarebbe in definitiva farsi
beffe di Dio (7b ), giacché è Lui che ha inviato il messaggero della sua Parola.

C. L'AMORE SI COMPIE IN VITA ETERNA (6,1-10)

COMPOSIZIONE

1
Fratelli, anche se un uomo è sorpreso in qualche colpa, voi GLI SPIRITUALI,
RADDRIZZATELO con SPIRITO di mansuetudine, badando a te-stesso a non essere tentato
anche tu. 2 Portate i pesi gli uni degli altri.

E così voi adempirete la legge di Cristo.


3
Poiché se uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, egli inganna se stesso;
4
ma ciascuno esamini il proprio operato, e allora in sé soltanto avrà di che vantarsi e
non in un altro. 5 Ciascuno infatti porterà il proprio peso.

6
CHI È ISTRUITO nella parola, egli FACCIA PARTECIPARE di tutti i suoi beni chi lo istruisce.
7
Non vi illudete, non ci si beffa di Dio; infatti ciò che avrà seminato un uomo,
quello egli mieterà.
8
Poiché chi semina nella propria carne, dalla carne mieterà la perdizione;
ma chi semina ne LO SPIRITO, da LO SPIRITO mieterà la vita eterna.
9
Di fare il bene noi non scoraggiamoci; perché, a suo tempo noi mieteremo, se
non desistiamo.

°
1
Così dunque, mentre noi abbiamo il tempo, operiamo il bene verso tutti e soprattutto
verso i compagni di fede.

I due passi sono complementari. I loro esordi identificano due categorie diffe-
renti di persone alle quali l'Autore si rivolge: il primo passo riguarda quelli che
sono incaricati di «raddrizzare)) chi ha peccato (l), il secondo mira a «chi è
ammaestrato)) (6). I primi infatti _danno una lezione, gli altri la ricevono. Per così
dire, il primo passo vuole regolare le relazioni del maestro con il suo discepolo,
il secondo del discepolo con il suo maestro. Agli «spirituali)) dell'inizio del
primo passo (l; cui fa eco immediatamente «con spirito di mansuetudine))) corri-
spondono le due ricorrenze di «Spirito)) al centro del secondo passo (8b);
l' <momo sorpreso in qualche colpa)) è quindi, in un certo senso, qualcuno che
«ha seminato nella sua carne)) (Sa).
Il primo passo è incentrato sulla legge di Cristo (2b) che è, per così dire, l'ori-
gine o la causa della condotta dei discepoli; mentre il secondo passo è incentrato
sulla conseguenza di tale condotta (8), la sanzione cioè che sarà applicata da
«Dio)) (nominato in 7b).
Sequenza C4: Gal6,1-10 187

D'altro canto, mentre la fine del primo passo (3-5) e l'inizio del secondo (6-8)
sono alla terza persona singolare, l'inizio del primo passo (1-2) è alla seconda
persona («voi)) poi «tu))), e la fine del secondo passo (9-10) è alla prima persona
plurale. Paolo finisce quindi per inserirsi, per così dire, nella comunità alla quale
si rivolge all'inizio, realizzando così la comunione a cui invita tutti i suoi desti-
natari; l'ampliamento è sottolineato con l'uso di «tutti)) (lOb). Questa specie di
composizione concentrica è rafforzata dall'inclusione formata da «fratelli)) pro-
prio all'inizio (la) e da «compagni di fede)) proprio alla fine (lOc; soprattutto se
si ricorda che la parola tradotta con «compagnb) significa spesso «parenth)). 4

CONTESTO BIBLICO

Il fariseo e il pubblicano
I versetti 3-4 sono illustrati dalla parabola del fariseo e del pubblicano in Le
18,9-14. 5

INTERPRETAZIONE

La legge della carne


Tutti sono sottomessi alla legge della carne. Dapprima chi si è lasciato sor-
prendere e ha effettivamente commesso qualche trasgressione (l); ma anche «gli
spiritualb) che devono correggerlo e che Paolo mette in guardia: potrebbero
davvero essere tentati anche loro di cadere sia nella stessa colpa, sia, cosa deci-
samente peggiore, nella trappola dell'orgoglio di chi si paragona ai peccatori per
mettersi al di sopra di loro (3-4). «Colui che è istruito nella Parola)) è pure lui
sottomesso alla stessa legge della carne: vi soccomberebbe, se non avesse la
premura di sostenere, in maniera concreta, chi lo ha istruito, giacèhé l'operaio ha
diritto alla sua mercede (6-7). Utilizzando in finale la prima persona plurale,
Paolo si mette anche lui, come tutti quelli ai quali fin qui si è rivolto, nel numero
di chi deve resistere alla legge della carne. Nemmeno lui deve né «scoraggiarsh)
né «stancarsh) di fare il bene.

La legge di Cristo
«La legge di CristO>), di cui si parla .al centro del primo passo (2b ), non è altro
che quella de «lo SpiritO)) di cui parla il centro del secondo passo. Quest'ultimo
è «lo spirito di mansuetudine)) che ispirerà quelli che devono riprendere il
colpevole (l). È anche lo spirito di umiltà di chi sa di non essere al sicuro dalla
tentazione e che ha coscienza di essere minacciato dall'orgoglio (1.3). La Legge
di Cristo invita a non credersi superiori agli altri (4). Essa consiglia di portare

4
Si potrebbe essere tentati perciò di tradurre l'ultima espressione con «fratelli nella fede»,
come fa la BG.
5
Vedi il mio commento in Il vangelo secondo Luca, 644-645.
188 L'amore si compie in vita eterna

i pesi gli uni degli altri senza imporre il proprio carico ad altri (2.5). Sulla stessa
linea essa prevede lo scambio e perfino la comunione dei beni tra quelli che
insegnano e quelli che sono istruiti (6). Il bene che essa comanda di fare si
estende a tutti i membri della famiglia cristiana, ma supera il cerchio comuni-
tario per estendersi a «tutti>) (10).

Il giudizio di Dio
La legge che tutti i discepoli devono adempiere, portando i pesi gli uni degli
altri, è quella «di Cristm) (2). Quanto al giudizio che sanzionerà l'obbedienza o
meno alla legge di Cristo, non compete ad alcun discepolo, per quanto «spiri-
tuale)) che sia, arrogarsene il potere (4); è soltanto «DÌ@ (7) che lo pronuncerà
«a suo temp@: Lui invierà quelli che avranno seminato nella carne alla perdi-
zione e farà al contrario ereditare la vita eterna a quelli che avranno seminato
nello Spirito (8).
18
Conta solo la creazione nuova

Sequenza C5: Gal6,ll-l8

Il passo è introdotto da una breve frase la cui funzione è di rilevare l'impor-


tanza di ciò che seguirà: «vedete con che grosse lettere vi scrivo di mia mano»
(11). All'epoca si usava infatti scrivere con caratteri più grossi 1 quello che si
voleva sottolineare. Il fatto. che il verbo «scrivere» sia all'aoristo ha fatto pensare
che Paolo avesse scritto di propria mano tutta la lettera. 2 Ma era normale per lo
scrittore greco situarsi non nel tempo in cui egli stesso scriveva, ma in quello in
cui i suoi corrispondenti avrebbero letto la lettera: mentre noi scriveremmo: «vi
scrivo da Roma dove sono arrivato da due giornh>; un greco avrebbe scritto: «vi
scrivo da Roma dove ero arrivato due giorni prima». 3 Come molti suoi contem-
poranei, Paolo si avvaleva del servizio di un segretario al quale dettava la sua
corrispondenza (vedi 1Cor 16,21; Col 4,18). Così come si fa spesso ai nostri
giorni, l'autore aggiungeva di propria mano qualche parola prima di firmare la
sua lettera per autenticarla. 4
Dopo l'introduzione, il corpo del passo si sviluppa in tre tempi:

Introduzione 6,11

Loro si vantano nella CIRCONCISIONE, io mi vanto nella CROCE 12-14

In Cristo conta solo LA NUOVA CREAZIONE 15

Chi porta l SEGNI DI GESÙ vi augura la grazia di Gesù Cristo 16-18

1
«Lettera» (gramma) non indica la missiva (che sarebbe epistole) ma la lettera dell'alfabeto, il
carattere.
2
Così la maggior parte dei Padri, sia greCi che latini.
3
Altri esempi di aoristo epistolare: ICor 5,11; Fil2,28; Fm 12.19.21; Col4,8.
4
Altripostscriptum di Paolo: 1Cor 16,21; Fm 19; Col4,18; 2Ts 3,17.
Conta solo la creazione nuova

COMPOSIZIONE
Come per la sequenza Cl, l'analisi sarà svolta dapprima parte per parte.

Prima parte (6,12-14)

12
= Tutti quelli che vogliono fare-bella-figura NELLA CARNE
: sono quelli che impongono che voi siate circoncisi
- unicamente per NON essere perseguitati per LA CROCE di CRISTO;
13
- infatti gli stessi circoncisi NON osservano LA LEGGE
: ma vogliono che voi siate circoncisi
per vantarsi NELLA VOSTRA CARNE.

+ 14 A me, non avvenga di vantarmi


+ se non ne LA CROCE di NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO

- per il quale per me IL MONDO è stato CROCIFISSO


-e 10 per il mondo.

I due brani oppongono l'atteggiamento dei circoncisi e quello di Paolo nei


loro rapporti con Cristo e con la carne o il mondo.
La costruzione speculare del primo brano pone di fronte nei membri centrali il
doppio deficit dei giudaizzanti: da un lato la loro condotta è dettata dalla paura
della persecuzione (12c), dall'altra non osservano nemmeno loro la Legge che
pretendono di imporre ai pagani (13a).
Le due ricorrenze di «vantarsi)) agganciano i due brani (13c.l4a). «La croce di
nostro Signore Gesù CristO>) (14b) rinvia a «la croce di CristO)) (12c). Le due
ricorrenze de «il mondO)) (14cd) corrispondono alle due ricorrenze de «la carne))
alle estremità del primo brano (12c.l3c): i due termini sono in un certo senso
sinonimi. 5

5
Il relativo maschile tradotto con «per cui» (l4c) può avere per antecedente sia «nostro
Signore» sia «la croce», maschile in greco. Non è possibile conservare l'ambiguità nella tradu-
zione. L'opzione qui ritenuta è di considerare come antecedente il sintagma più prossimo. In ogni
caso il senso sostanzialmente con cambia.
Sequenza C5: Gal 6,11-18 191

Seconda parte (6,15)

ts Infatti [in CRISTO GESÙ]


-né la circoncisione è qualcosa né il prepuzio,
+ma LA NUOVA CREAZIONE.

All'alternativa tra «circonclSlone» e «prepuzio» è opposta «la nuova crea-


zione>>, la quale soltanto è «qualcosa» «in Cristo Gesù». 6

Ultima parte (6,16-18)

6
t E tutti quelli che a questa regol~ si conformeranno,
-PACE (sia) su di loro e MISERICORDIA
-e su l'Israele di Dio.
+ t? D'ora innanzi, noie a me nessuno procuri,
+ poiché io, i segni di Gesù nel mio corpo porto!
- ts La GRAZIA di nostro Signore Gesù Cristo
: (sia) con il vostro spirito, fratelli. Amen!

L'ultimo segmento corrisponde al primo: «grazia» corrisponde a «pace>> e


«misericordia»; i destinatari, «tutti quelli che si conformeranno a questa regola»,
così come «l'Israele di Dio», 7 sono ora chiamati «fratelli».
Al centro (17) un bimembro, il cui soggetto sono non più i destinatari della
lettera bensì Paolo nelle sue relazioni, da una parte con i suoi avversari, dall'altra
con Cristo. «l segni di Gesù» (17b) sembrano complementari de «la grazia di
nostro Signore Gesù Cristo» (18a) - e pure di «pace» e «misericordia» (l6b),
poiché questi hanno lo stesso complemento, «di ·Gesù» o «di nostro Signore
Gesù Cristo».
6
Il testo breve, senza «in Cristo Gesù», è mantenuto dalle edizioni moderne. Numerosi testi-
moni presentano tuttavia questa variante. La posizione simmetrica di 6,15 e 5,6- al centro delle
sequenze estreme della sezione (vedi p. 216) -potrebbe essere un valido argomento a favore di
questa variante, generalmente considerata come secondaria. Tale variante è pertanto qui inserita
per ragioni retoriche.
7
Il sintagma «e sull'Israele di Dio» può essere compreso come una specie di apposizione a
<<loro», facendo parte perciò di «tutti quelli che si conformeranno a questa regola», che verrebbero
così qualificati come <<l'Israele di Dio» («e» di 16c sarebbe esplicativo). Alcuni pensano che
designi al contrario un gruppo distinto dal primo («loro») e aggiunto a questo («e» sarebbe quindi
una vera coordinazione); ma il problema sarebbe allora di sapere se si tratta dei giudei discepoli di
Gesù o dei giudei in generale. Non si capisce perché Paolo, che ha tanto insistito sull'unità di tutti
i discepoli, li avrebbe diviso in due gruppi al momento di chiudere la sua lettera; e ancor di più non
si capisce perché possa trattarsi di quelli che non si conformano alla regola che egli ha appena
esposto.
Conta solo la creazione nuova

L'insieme del passo (6,11-18)

11
Vedete con quali grossi caratteri vi scrivo di mia propria mano:

12
TUITI QELLJ CHE vogliono fare bella figura ne la carne
sono quelli che vi impongono di essere CIRCONCISI
soltanto per non essere perseguitati per la Croce di CRISTO;
13
infatti neppure gli stessi circoncisi osservano LA LEGGE
ma vogliono che siate CIRCONCISI
per vantarsi nella vostra carne.

14
A ME, non avvenga di vantarmi
se non ne la Croce di NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
per mezzo del quale il mondo è stato crocifisso per me
e io per il mondo.

15
Infatti in CRISTO GESÙ
né la CIRCONCISIONE è qualcosa né il prepuzio,
ma la nuova creazione.

16
E TUTTI QUELLI CHE seguiranno questa regola,
LA PACE sia su di loro e LA MISERICORDIA
e su l'Israele di Dio.
17
D'ora innanzi, nessuno mi procuri fastidi,
poiché IO, porto nel mio corpo i segni di GESÙ!

18
LA GRAZIA di NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
sia con il vostro spirito,Jratelli. Amen!

Paolo sottolinea dapprima di propria mano l'importanza di quello che sta per
scrivere (l 0). Per quanto riguarda il corpo del passo, le parti estreme cominciano
con lo stesso pronome relativo, «tutti quelli che)) (12a. 16a). Ciascuna mette in
scena due «personaggi)): nella prima, gli avversari di Paolo prima (12-13) poi
Paolo stesso (14); nell'ultima, i destinatari di Paolo alle estremità (16.18) e
Paolo al centro (17).
Ma non sono tutti qui gli unici personaggi presenti in queste parti. Nella prima
parte, Paolo e i suoi avversari si pongono in rapporto a «la Legge)) (13a; la
circoncisione in 12b e 13b; «la carne)) in 12a e 13c; «il mondm) due volte in 14c)
e in rapporto a «la croce di Cristm) (12c.14b). Nell'ultima parte, si parla soltanto
del rapporto con Cristo, nella duplice dimensione delle sofferenze («i segnh):
17b) per Paolo, e de «la pace)), <da misericordia)) e «la grazia>> (16b.l8a) per i
destinatari.
Sequenza C5: Gal 6, 11-18 193

«l segni di Gesù» (17b) corrispondono a «la croce di nostro Signore Gesù


Cristo» (14b, e già 12c): è in essi che Paolo («io» in 14a e 17b) «si vanta>> come
nell'ultimo brano della prima parte (14) così al centro dell'ultima (17). Questi
«segnh> che Paolo «porta nel [suo] corpm> si oppongono quindi alla «circon-
cisione>> prevista dalla Legge, che è essa pure un segno nel corpo.
Il breve passo centrale (15) espone la «regola>> che deve essere «seguita>> da
tutti e che si oppone a «la Legge>> che non viene «o&servata>> dai circoncisi in
13a. «Circoncisione>> (e «prepuzi m>) ricordano le tre ricorrenze del verbo «essere
circoncism> della prima parte (12b.13a.13b). Quanto a «la nuova creazione>>,
sembra annunciare l'ultima parte: essa è difatti contrassegnata da «la pace», «la
misericordia» (16b) e «la grazia» di Gesù Cristo (18a).
Inoltre bisogna certamente notare che, sebbene l'espressione «con il vostro
spirito» sia un semitismo - che si potrebbe tradurre «con voi stessi» - questo
termine «spirito» alla fine del passo può essere considerato come opposto a «la
carne» all'inizio (12a~: la nuova creazione non è carnale ma spirituale.

CONTESTO BIBLICO

«La nuova creazione»


L'espressione rimanda ai testi che annunciano la nuova alleanza, presentata
come una nuova creazione:
17
Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non
verrà più in mente, 18 poiché si godrà e si gioirà sempre di ciò che sto per creare,
poiché creo Gerusalemme per la gioia e il suo popolo per il gaudio (ls 65,17-18; vedi
Is 66,22).

La visione delle ossa inaridite (Ez 37) è una descrizione sorprendente della
nuova creazione operata dallo Spirito di Dio.

«l segni di Gesù»
Paolo non chiarisce il senso della parola stigmata, che ricorre soltanto qui nel
Nuovo Testamento. Questi segni che l'Apostolo porta nel proprio corpo
potrebbero essere quelli delle «persecuzioni» (12c), flagellazione o lapidazione,
che egli ha subito per la propria fede in Cristo Gesù (2Cor 11,23-25; vedi anche
2Cor 1,8-10).

«La grazia>>
Come nelle altre sue lettere, Paolo conclude il proprio scritto augurando «la
grazia» (charis) ai suoi destinatari. Quest'augurio, che fa eco a quello dell'in-
dirizzo (1,3), acquista qui senza dubbio un rilievo particolare a causa dell'accusa
diretta mossa da Paolo contro i Galati all'inizio della sezione: «Non avete più
nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustizia nella Legge; siete deca-
duti dalla grazia» (5,4). L'inclusione che formano le due uniche ricorrenze di
questo termine nella sezione sembra perciò molto significativa.
Conta solo la creazione nuova

<<Amen!»
Questa formula con la quale l'Autore conclude la sua lettera si trova soltanto
alla fine della Lettera ai Romani (16,27).

INTERPRETAZIONE

I grossi caratteri
Se Paolo tiene a far notare che scrive d'ora innanzi di sua propria mano in
grossi caratteri, non è solo per autenticare l'insieme della sua lettera con la
propria grafia. Senza dubbio egli intende anche insistere sull'importanza che
accorda alle righe che seguiranno. Per concludere la propria lettera, non si
accontenta di un riassunto, di una semplice ricapitolazione; egli tematizza con
grande chiarezza quello che costituisce l'essenziale di ciò che ha voluto dire
lungo tutta la sua lettera.

Circoncisione e croce di Cristo


L'opposizione non potrebbe essere posta in maniera più chiara: i Galati
devono scegliere tra la circoncisione e la croce di Cristo. O l'una o l'altra. In
quale delle due porranno il loro «vanto>>, anzi, la loro fede? Senza mezzi termini
Paolo smaschera le ragioni per cui i giudaizzanti vogliono imporre la circon-
cisione ai Galati. Essi desiderano «fare bella figura», «vantarsi» «nella carne»
(12a), «nella carne» dei Galati (13c), potendo menar vanto di aver conquistato al
giudaismo nuovi adepti, segnati nella loro carne con il rito di aggregazione al
popolo di Abramo. Così facendo, ed è qui il punto decisivo, pensano di evitare di
essere perseguitati dagli altri giudei. Paolo ne sa qualcosa, perché anche lui fu
persecutore accanito dei discepoli di Gesù. Ma la condotta che denuncia è quella
di chi vuole eliminare la croce di Cristo, negare concretamente che essa sia fonte
di salvezza - dal momento che è la circoncisione che salva -, rifiatarla anche
come unione alle sofferenze, alla morte e perfino alla risurrezione di Gesù. Non
hanno compreso che la croce di Gesù porta la circoncisione al suo compimento; 8
a condizione naturalmente che essa venga assunta dai discepoli come lo è stato
per il loro maestro. Ecco perché Paolo non si vanta di null'altro, lui che ha accet-
tato di subire per il nome di Gesù le persecuzioni, che hanno lasciato nel suo
corpo i loro segni visibili. Certo Paolo fu circonciso l'ottavo giorno, ma egli ha
compreso che non era la sua circoncisione che aveva fatto di lui una «nuova
creazione», ma i segni di Gesù, impressi nel suo corpo. La circoncisione è il
sacrificio di una parte del corpo per significare la rinuncia alla totalità,
ali' onnipotenza; la croce di Cristo, assunta dal discepolo, è una rinuncia radicale,
totale, perché è «il mondo» che così è sacrificato, che così è «crocifisso» con lo
stesso discepolo.

8
«La circoncisione equivale a una morte mistica» (M. ÉLIADE, La nascita mistica, 43).
Sequenza CS: Gal 6,11-18 195

La nuova creazione
Cristo è risuscitato a vita nuova. La Croce non è la fine di tutto; non è la fine
di Gesù né a maggior ragione quella dei discepoli. È solo il sentiero obbligatorio
di una nuova nascita, di una «nuova creazione)). «Le prime cose, ecco sono
avvenute, vi annuncio delle nuove, prima che spuntino, ve le faccio conoscere))
(Is 42,9; anche Is 43, 18-19). Paolo ha saputo riconoscere in Gesù il Servo
sofferente, nel quale il Signore aveva promesso di concludere una nuova allean-
za non soltanto con Israele ma anche con tutte le nazioni.
19
È la Legge di Cristo che bisogna adempiere

Sezione C: Gal5,2-6,18

L'ultima sezione della Lettera ai Galati è organizzata in maniera concentrica,


attorno alla duplice lista delle «opere della carne» e del «frutto dello SpiritO))
(5,19-26). Tutto il primo versante (ovvero le sequenze Cl e C2) è dedicato a
«l'opera>> dell'uomo che deve essere opera d'«amore»; mentre il secondo
versante (ossia le sequenze C4 e C5) è maggiormente segnato dall'opera di Dio.
Quest'opposizione complementare si nota soprattutto nei rispettivi centri delle
sequenze C l e C3 da cui sono tratti direttamente i titoli di queste sequenze.

C l Conta solo la Fede operante per mezzo de L'AMORE 5,2-12

C2 LaLegge si compie ne L'AMORE 5,13-18

l C3 Le opere della carne e il frutto dello Spirito 5,19-26

~ L'AMORE si compie in VITA ETERNA 6,1-10

C5 Conta solo la NUOVA CREAZIONE 6,11-181


198 È la Legge di Cristo che bisogna adempiere

A. LA SOTTOSEZIONE CENTRALE (SEQUENZE C2~4)

COMPOSIZIONE

5, 13 VOI infatti, alla libertà siete stati chiamati, FRATELLI. Soltanto, che la libertà non serva da
pretesto per LA GWVE, ma per mezzo de L 'AMORE servitevi GU UNI GU ALTRI.
14
Infatti tutta la LEGGE" si compie in una sola parola:
<<AMERAI il tuo prossimo come te stessm>.
15
Ma se vi mordete e vi divorate gli uni gli altri, guardate di non essere distrutti gli uni dagli
altri.

16
Ora dico: camminate secondo LO SPIRITO, e non soddisferete la bramosia de LA CARNE
17
Infatti LA GWVEbrama contro LO SPIRITO e LO SPIRITO contro LA C4RNé.
Infatti essi si oppongono l'uno all'altro così che non fate ciò che vorreste.
18
Ma se siete guidati da LO SPIRITO, non siete sotto la LEGGE.

19
Ora /e opere de LA GWVE sono manifeste; sono
fornicazione, impurità, dissolutezza, 20 idolatria, stregoneria, inimicizie,
discordia, gelosia, ire, contese,- divisioni, scissioni, 21 invidie, ubriachezze,
orge e cose simili.
Vi avverto, come vi ho già avvertito: quelli che praticano queste cose non eredi-
teranno il REGNO DI DIO.

22
Ma il frutto de LO SPIRrTO è
AMORE, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, 23 MANSUETUDINE,
temperanza.
Contro tali cose non c'è LEGGE. 24 Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso LA
C4RNEcon le sue passioni e le sue bramosie. 25 Se viviamo de LO SPIRITO, conformiamoci
a LO SPIRITO. 26 Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci GLI UNI GLI ALTRI, invidian-
doci GLI UNI GLI ALTRI.

6/ FRATELLI, anche se uno è sorpreso in errore, VOI gli spirituali, correggetelo con spirito di
MANSUETUDINE, badando a te stesso
a non essere tentato, anche tu.
2
Portate i pesi GLI UNI DEGLI ALTRI!
Così compirete la LEGGE di Cristo.
3
Poiché se uno crede di essere qualcosa mentre non è niente, si illude. 4 Ciascuno esamini la
propria opera, e allora in sé soltanto avrà di che vantarsi, e non in altri. 5 Infatti ciascuno porterà
il proprio carico.

6
Chi è istruito nella Parola renda partecipe di tutti i suoi beni chi lo istruisce. 7 Non vi
ingannate: non ci si beffa di Dio. Quello che un uomo semina, mieterà.
8
Poiché chi semina nella SUA CARNE mieterà, da LA CARNE, la corruzione;
chi semina ne LO SPiRITO mieterà, da LO SPIRITO, LA VITA ETERNA.
9
Non scoraggiamoci di fare il bene; a suo tempo, mieteremo, se non desistiamo. 10 Così
dunque, finché ne abbiamo il tempo, operiamo il bene verso tutti, ma soprattutto verso i
nostri FAMILIARI di fede.
Sezione C: Gal5,2-6,18 199

Le sequenze estreme C2 e C4 (5,13-18; 6,1-10)


Sono parallele tra loro:
-cominciano con l'apostrofe «fratelli», accompagnata dal pronome «voi» (5,13;
6, l); sono gli unici luoghi della sottosezione in cui compare questa apostrofe; 1
- le loro prime unità sono centrate su una menzione della «legge», ogni volta
«compiuta» (5,14a; 6,2b); questi centri sono preceduti dal medesimo «gli uni gli
altri» (5, 13bc; 6,2a);
-al centro delle loro seconde unità (5,16-18; 6,6-10) si trova la stessa opposi-
zione tra «la· carne» e «lo Spiritm> (5,17; 6,8).

L'insieme della sottosezione


Proprio su questa opposizione tra «la carne>> e «lo Spirito» è costruita la
sequenza centrale (5,19-26).
La «Legge» si trova non solo al centro delle prime unità delle sequenze estre-
me (5,14; 6,2b), ma anche alla fine della prima sequenza (5,18) e nel cuore del
secondo passo della sequenza centrale (5,23c).
«Tutta la Legge» si compie nell'amore (5,14): il termine «amore» si trova
all'inizio della prima sequenza (5,13b) e all'inizio della lista del «frutto dello
Spirito» (5,22b); non si troverà nell'ultima sequenza, ma «mansuetudine», il
penultimo termine della lista del frutto dello Spirito (5,23a), sarà ripreso all'ini-
zio dell'ultima sequenza (6, l b).
«Gli uni gli altri» di 5,13bc e 6,2a si ritrova anche due volte alla fine della
sequenza centrale (5,26).
Mentre l'intera prima sequenza utilizza il «voi», la seconda, come l'ultima,
comincia con il «voi», ma si chiude alla prima persona plurale, includendo
perciò chi scrive (5,25-26; 6,9-10).
L'opposizione tra «opere» e «frutto» all'inizio di ciascuno dei due passi della
sequenza centrale (5, 19a.22a) risuona nell'insieme della sottosezione:
- le parole appartenenti al campo semantico del ~<fare» si ritrovano nelle tre
sequenze: «fare» (poieo) in 5,17b e 6,9a, «opera(e)» (ergon) in 5,19a e 6,4b,
«operare» (ergazomai) in 6,10a, infine «praticare» (prasso) in 5,2lc.
-«frutto» di 5,22a appartiene allo stesso campo semantico di «mietere» di 6,7-9
(quattro volte). Il primo frutto dello Spirito è «l'amore» (5,22b), quello che si
mieterà dallo Spirito è «la vita eterna» (6,8b); «il regno di Dio» (5,2ld) entra
nella stessa serie («ereditare» di 6,21d come «mietere» di 8ab sono al futuro).

1
Con «familiari», alla fine della sottosezione (6,10b), l'Autore conclude con il tema della
fraternità che lega tutti i membri della stessa famiglia.
200 È la Legge di Cristo che bisogna adempiere

INTERPRETAZIONE

Il compimento della Legge


Tutta la Torah, i suoi sei centotredici comandamenti, secondo il conteggio
tradizionale, si riassumono in uno solo, come è formulato nel libro del Levitico,
al centro del libro centrale del Pentateuco: «Amerai il tuo prossimo come te
stesso» (Lv 19,18). Paolo utilizza il verbo «compiere» per qualificare questo
movimento di concentrazione e di superamento. Riprenderà lo stesso verbo, in
posizione simmetrica: «così compirete la Legge di Cristm) (Gal6,2). È un mo-do
questo di mettere in rapporto quelle che potrebbero apparire come due leggi,
quella di Cristo e quella di Mosè. Ma, se si esamina da vicino quello che ciascu-
na di esse ordina, cioè l'amore, diventa evidente che si tratta di una sola e mede-
sima legge, la seconda che viene a compiere la prima. Quando nella sequenza
centrale sarà detto che «contro tali cose» - «amore» in testa - «non c'è Legge»
(5,23), si dirà, forse in un altro modo ancora più forte, la stessa cosa. L'amore
compie la Legge, come il frutto completa il fiore. Il frutto non distrugge il fiore,
non lo annulla, non lo rimpiazza, ma lo porta al proprio fine, lo completa. È in
questo senso che la legge di Cristo adempie quella di Mosè. Essendosi fatto ser-
vitore, fino alla morte e alla morte di croce, Cristo per primo ha compiuto tutta la
Legge. E i suoi discepoli adempiono ciò che è così diventato la Legge di Cristo,
quando «hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue bramosie» (5,24).
Così la Croce, espressione e realizzazione ultima dell'amore, compie la Legge,
vale a dire compie ciò che la Legge promette senza poterlo mantenere.

La libertà del servizio reciproco


Se tutta la Legge si compie nell'unico comandamento dell'amore, ne conse-
gue che gli uni e gli altri, i giudei come i greci, sono liberi nei riguardi delle altre
prescrizioni particolari della Legge. Per questo Paolo afferma di primo acchito:
«alla libertà siete stati chiamati» (5,13). Non lo dice da sé, ma, utilizzando un
passivo, intende significare che la chiamata di cui si parla viene dall'alto. Subito
però egli precisa non i limiti della libertà, ma la sua stessa natura: essa consiste
nel servizio reciproco. Farsi schiavo degli altri non si oppone alla libertà, piutto-
sto la costituisce, a condizione naturalmente che la schiavitù sia reciproca: se è
così, nessuno è schiavo, tutti sono liberi.

La fraternità
Se ognuno è schiavo degli altri, significa che tutti sono uguali. In altre parole,
sono fratelli. È proprio così che i Galati sono chiamati da Paolo all'inizio delle
sequenze estreme (5,13; 6,1). La fraternità è prima di tutto la relazione che
unisce quelli che condìvidono la stessa fede in Cristo, che appartengono perciò
alla stessa parentela, che fanno parte della stessa famiglia, com'è detto alla fine
della sottosezione (6,10). Non si limita tuttavia ai «familiari di fede», anche se
naturalmente è «soprattuttO)) verso di loro che bisogna «operare il bene»; essa
Sezione C: Gal 5,2-6,18 201

deve estendersi a «tutti)). Cosa che lascia intendere che sono figli di Dio non
soltanto i fedeli di Cristo ma tutti gli uomini. «Il prossimo')) che ciascuno deve
amare come se stesso (5,14) comprende la totalità dell'umanità.

L'eredità e la figliolanza
Quelli che si asterranno dalle «opere della carne)> e accoglieranno «il frutto
dello Spirito» «erediteranno il regno di Di@ (5,2-1). Così è spiegata, nel cuore
della sottosezione, la figliolanza divina di «quelli che sono di Cristo Gesù»
(5,24) e che «vivono dello Spirito» (5,25). Così sono spiegate le condizioni
secondo le quali l'eredità verrà trasmessa. Non basta in realtà essere figli per
ereditare; bisogna anche mostrarsene degni. È almeno necessario comportarsi da
figli, ovvero comportarsi come il Padre dei cieli, fare le opere di Dio, «adem-
piere la legge di Cristo (6,2) che non è altro che l'amore reciproco (5,14).

La regalità
«Entrare nel regno di Dio» può significare accedervi in quanto sudditi del re
che è Dio. L'espressione può essere compresa anche nel senso di accedere alla
regalità di Dio. Eppure nel cuore della sottosezione Paolo non riprende questa
espressione che ricorre così spesso nei vangeli sinottici; non la utilizza mai nelle
sue lettere. Dice invece: «ereditare il regno di Di@ (come in 1Cor 6,9.10; 15,50;
vedi pure Ef 5,5). Il figlio del re partecipa della sua regalità, eredita il suo regno,
diventa re a sua volta. C'è qui niente meno che quello che il Signore aveva
annunciato alle origini quando aveva detto: «Facciamo l'uomo a nostra imma-
gine, a nostra somiglianza e che domini sui pesci del mare, gli uccelli del cielo, il
bestiame, tutte le bestie selvatiche e tutte le bestie che strisciano sulla terra»
(Gen 1,26).
202 È la Legge di Cristo che bisogna adempiere

B. L'INSIEME DELLA SEZIONE

COMPOSIZIONE

Rapporti tra le sequenze estreme Cl e C5


Cl: 5,2-12 C5: 6,11-18

2 11
Ecco, lo, Paolo, VEDETEcon che grosse lettere
VI DICO: VI SCRIVO di mia propria mano: 12 Tutti
se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà quelli che vogliono fare bella figura ne
a nulla. 3 E dichiaro di nuovo a chiunque si fa LA CARNE sono quelli che vi impongono di
circoncidere: ha il dovere di osservare tutta essere circoncisi unicamente per non essere
LA LEGGE. ferseguitati a causa de LA CROCE di Cristo;
3
infatti neanche gli stessi circoncisi
osservano LA LEGGE ma vogliono che siate
circoncisi per trarre vanto dalla vostra
CARNE.
4
Siete tagliati fuori da Cristo, voi che ne LA 14
LEGGE vi giustificate; da LA GRAZIA siete Quanto a me, non possa vantarmi che ne
decaduti. 5 Noi, infatti, è mediante /o Spirito, LA CROCE di nostro Signore Gesù Cristo per
che dalla Fede attendiamo la speranza della il quale il mondo è stato crocifisso per me e
giustificazione. io per il mondo.

6 15
In Cristo Gesù, Infatti
né la circoncisione ha valore né la circoncisione è qùalcosa
né il prepuzio, né il prepuzio,
MA LA FEDE OPERANTE MEDIANTE L'AMORE. MA LA NUOVA CREAZIONE.

7 16
Correvate cosi bene! Chi vi ha impedito di E tutti quelli che seguiranno questa regola,
obbedire alla verità? 8 Questa convinzione la pace sia su di loro e la misericordia, e
non viene da Colui che vi ha chiamati. 9 Un sull'Israele di Dio.
po' di fermento fa lievitare tutta la pasta.
10 17
lo, sono convinto per voi nel Signore che D'ora innanzi, nessuno mi procuri fastidi,
non penserete altrimenti. Quanto a colui che poiché io, porto nel mio corpo, l SEGNI di
vi turba, ne porterà la pena, chiunque egli Gesù!
sia.
11 18
Quanto a me, FRATELLI, se predico LA GRAZIA di nostro Signore Gesù
ancora la circoncisione, perché sono tuttora Cristo sia con il vostro spirito, FRA TELU.
perseguitato? È dunque tagliato fuori lo Amen!
scandalo de LA CROCE! 12 Dovrebbero essere
tagliati, quelli che vi sconvolgono!

Le sequenze estreme sono di misura analoga e di composizione simile: ciascu-


na comprende due parti che incorniciano una parte molto breve (5,6 e 6,15).
Sezione C: Gal5,2-6,18 203

Termini iniziali
-In greco i primi termini («ecco»: 5,2a; «vedete>>: 6,lla) sono imperativi dello
stesso verbo, il primo al singolare (ide), il secondo al plurale (idete);
-«vi scrivo» (6,11 b) richiama <<Vi dico» (5,2b );
- il sostantivo «la Legge» è ripreso solo nelle prime parti di ogni sequenza. È
opposto a «la fede» nella sequenza Cl («la Legge»: 5,3c.4b; «la fede»: 5b); nella
sequenza C5, «la Legge>> (6,13b) è messa in serie con «la carne» (6,12c.13c),
con «il mondo» (6,14c.d) e si oppone a «la croce» (6,12e.l4b).

Termini finali
- Le uniche due ricorrenze del vocativo «fratelli» si trovano alla fine delle ulti-
me parti (5,lla; 6,18b);
-il verbo «portare» è utilizzato solo nei brani centrali delle parti finali (5,10d;
6,17b).

Termini medi
«Perseguitato( i) » e «la croce» ricorrono solo alla fine di C l (5, 11 b-d) e
all'inizio di C5 (6,12de; il sostantivo «la croce» sarà ripreso con il verbo
«crocifiggere» in 6, 14bc).

Termini estremi
Le due ricorrenze della parola «spirito» segnano le parti estreme (5,5b e
6,18b). Così «la grazia» ricorre alle estremità (5,4b e 6,18a) e non altrove nella
sezione.

Termini centrali
Soprattutto le parti centrali di ciascuna sequenza (5,6 e 6,15) si corrispon-
dono: ai due termini dell'alternativa tra «circoncisione» e «prepuzio» sono
contrapposte «la fede operante mediante l'amore» (5,6d) e «la nuova creazione»
(6,15d).

Da notare che il pronome «io» (riferito sempre a Paolo) ricorre tre volte nella
sequenza Cl (5,2a.l0a.lla) e quattro volte nella sequenza C5 (14a.14c.l4d.17b);
ciò è tanto più notevole in quanto questo pronome non riapparirà nel resto della
sezione.
204 È la Legge di Cristo che bisogna adempiere

Rapporti tra le tre sottosezioni

5,2 Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, CRISTO non vi gioverà a nulla. l E dichiaro di nuovo a
chiunque si fa circoncidere: egli ha il dovere di fare tutta LA LEGGE. 4 Siete tagliati fuori da CRISTO, voi che
ne LA LEGGE vi giustificate; da LA GRAZIA siete decaduti. 5 Noi, infatti, è mediante LO SPIRITO, che da LA FEDE
attendiamo la speranza della giustificazione:
6 In CRISTO GESù né la circoncisione ha valore né il prepuzio, ma LA FEDE operante mediante l-AMORE.
7
Correvate cosi bene! Chi vi ba impedito di obbedire alla verità? 8 Questa convinzione non viene da Colui
che vi ha chiamati. 9 Un po' di fermento fa lievitare tutta la pasta 10 Io, sono convinto per voi nel Signore che
non penserete altrimenti. Quanto a colui che vi turba, ne porterà la pena, chiunque egli sia. 11 Quanto a me,
FRATELLI, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? È dunque tagliato fuori, lo
scandalo de LA CRoCE! 12 Dovrebbero essere tagliati, quelli che vi sconvolgono!

Il Voi infatti, alla libertà siete stati chiamati, FRATELLI. Soltanto, la libertà non serva da pretesto per LA
CARNE, ma per mezzo de l-AMORE servitevi gli uni gli altri. 14 Infatti tutta LA LEGGE è compiuta in una sola
parola: <~E~ il tuo prossimo come te stesso». 15 Ma se vi mordete e vi divorate gli uni gli altri,
guardate di non essere distrutti gli uni dagli altri.
16
· Ora dico: camminate secondo LO SPIRITO, e non soddisferete la bramosia de LA CARNE. 17 Infatti LA CARNE brama
contro LO SPIRITO e LO SPIRITO contro LA CARNE: infatti questi si oppongono a vicenda cosi che non fate ciò che
vorreste. 18 Ma se siete guidati da LO SPIRITO, non siete sotto LA LEGGE.
19
Ora le opere della carne sono manifeste; sono fornicazione; impurità, dissolutezza, 20 idolatria, ·
stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, scissioni, 21 invidie, ubriachezze,
orge e cose del genere. Vi awerto, come vi ho già awertiti: quelli che praticano queste cose non
erediteranno il Regno di Dio.
22
Ma il frutto de LO SPIRITO è AMORE, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
2
mansuetudine, temperanza. Contro tali cose non c'è LEGGE. 24 Quelli che sono di CRISTO GESÙ
l
hanno CROCIFISSO LA CAJINE con le sue passioni e le sue bramosie. 25 Se viviamo de LO SPIRITO,
conformiamoci a LO SPIRITO. 26 Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci gli urti gli altri, invidiandoci
gli uni gli altri.
6, 1 FRATELLI, anche se qualcuno è sorpreso in una colpa, voi GLI SPIRITiiALI, correggetelo con spirito di
mansuetudine, badando a te stesso a non essere tentato, anche tu. 2 Portate i pesi gli uni degli altri! Cosi
compirete LA LEGGE di CRISTO. l Poiché se qualcuno pensa di essere qualcosa mentre non è niente, si
. illude. 4 Ciascuno esamini la propria opera, e allora in sé soltanto avrà di che vantarsi, e non per altri.
5
Infatti ciascuno porterà il proprio carico.
6
Colui che è istruito nella Parola faccia partecipe di tutti i suoi beni chi lo istruisce. 7 Non vi illudete: non
ci si beffa di Dio. Quello che un uomo avrà seminato, inieterà. 8 Infatti chi semina nella SUA CARNE mieterà,
da LA CAJINE, la corruzione; chi semina ne LO SPIRITO mieterà, da LO SPIRITO, la vita eterna. 9 Non ci scoraggiamo
°
di fare il bene; a suo tempo, mieteremo, se non desistiamo. 1 Cosi dunque, mentre ne abbiamo il tempo,
operiamo il bene verso tutti, ma soprattutto verso i nostri compagni di FEDE.

11
Vedete con quali grosse lettere vi scrivo di mia propria mano: 12 tutti quelli che vogliono fare bella figura
ne LA CARNE sono quelli che vi impongono di essere circoncisi solo per non essere perseguitati a causa de LA
CROCE di CRISTO; Il infatti neanche gli stessi circoncisi osservano LA LEGGE ma vogliono che siate circoncisi-
per trarre vanto dalla VOSTIIA CA/t'VE. 14 Per me, non possa vantarmi che de LA CROCE del NOSTRO SIGNORE GESù
CRISTO per il quale il mondo è stato CROCIFISSO per me e io per il mondo.
15
Infatti né la circoncisione è qualcosa né il prepuzio, ma la nuova creazione.
16
E tutti quelli che seguiranno questa regola, la pace sia su di loro e la misericordia, e sull'Israele di Dio.
17
D'ota innanzi; nessuno mi procuri fastidi, perché io, porto nel mio corpo 1SEGNI di GESÙ! 18 LA GRAZIA
di NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO sia con il vostro SPIRITO, FRATELLI. Amen!
Sezione C: Gal S,2-6, 18 20S

L'opposizione, nella sequenza centrale, tra «le opere» (S,l9) e «il frutto»
(S,22)- vale a dire tra quello che l'uomo fa e quello che riceve- si ripercuote da
cima a fondo nella sezione:
-il sostantivo «le opere)) (ta erga) è ripreso al singolare in 6,4 («sua propria
opera))), sotto forma verbale (ergazomai) in S,6 («la fede operante mediante
l'amore))) e iri 6,10 («pratichiamo il bene))). 2 Entrano nella stessa serie due
sinonimi: «fare)) (poieo: S,3.17; 6,9) e «osservare)) (phylasso: 6,13); come «fare))
in S,3, «osservare)) ha lo stesso complemento, «la Legge)).
-Il sostantivo «il fruttO)) non è ripreso altrove; tuttavia molti verbi fanno parte
dello stesso campo semantico: «mietere)) soprattutto (6,7.8 bis.9), ma anche
«ereditare)) (S,21), i quali hanno dei complementi analoghi («la vita eterna)) in
6,8 e «il regno di Dio)) in S,21 ), e pure «attendere)) «la giustificazione)) (S,S).
Tutte queste parole hanno in comune il significato di ricevere un dono.

L'opposizione tra <<la carne)) e «lo SpiritO)), sempre all'inizio dei due passi
della sequenza centrale (S,19 e 22), risuona dall'inizio alla fine della sezione,
sebbene «la carne)) non appaia nella sequenza Cl:
-tale e quale, l'opposizione tra «la caine)) e «lo Spiritm) si ritrova non solo nella
sequenza C2 (S,l6-17) e nella sequenza C3 (S,24-2S) ma anche nella sequenza
C4 (6,8).
- «Lo SpiritO)) è ripreso nella prima parte della sequenza C l, legato a <<la fede))
(S,S); con «la grazia)) e «Cristm) sono opposti a «la Legge)) (S,4); anche in S,2-3
«la Legge)), simboleggiata e sintetizzata dalla circoncisione (S,2.3), si oppone a
«CristO)) (S,2); la medesima opposizione è ripresa nel cuore della sequenza Cl
(5,6).
-«La circoncisione)) è opposta a «la croce)) alla fine della sequenza Cl (5,11).
L'opposizione si ritroverà all'inizio della sequenza CS tra «la croce di CristO)) da
una parte (6,12) e «la carne)) (6,12.13) dall'altra, la circoncisione (6,12.13 bis) e
<<la Legge)) (6,13). Al centro della sezione (S,24) «la carne)) era già contrapposta
alla croce di Cristo: «quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne ... )).
Nella stessa sequenza «la Legge)) (S,23) è opposta a «lo Spiritm) (S,2S bis);
come pure in S,l8. In CS <da croce di nostro Signore Gesù CristO)) è opposta al
«mondO)) (6, 14). Infine «i segni di Gesù )) che Paolo porta nel suo corpo (6, 17)
sono da mettere in relazione con «la Croce di nostro Signore Gesù CristO)) (6,14
bis; vedi la sequenza C5, p. 192); essi si oppongono ali' altro segno nel corpo che
è la circoncisione.
-«L'amore)) che è il primo «frutto dello Spiritm) (5,22) è legato a «la fede)) nel
cuore di Cl (5,6); all'inizio di C2, si oppone a «la carne)) (5,13) ma è definito
come l'essenza de <<la Legge)) in S,l4.

2
Il verbo tradotto con «tagliare fuori» (5,4 e 11) è della stessa radice (vedi p. 167, versetto Il).
206 È la Legge di Cristo che bisogna adempiere

5, 2 Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, CRISTO non vi gioverà a nulla. 3 E dichiaro di nuovo a
chiunque si fa circoncidere: egli ha il dovere di fare tutta LA LEGGE. 4 Siete tagliati fuori da CRISTO, voi che
ne LA LEGGE vi giustificate; da LA GRAZIA siete decaduti. 5 Noi, infatti, è mediante LO SPIRITO, che da LA FEDE
attèndiamo la speranza della giustificazione.
6
In CRISTO GESÙ né la circoncisione ha valore né il prepuzio, ma LA FEDE operante mediante L-'AMORE.
7
Correvate così bene! Chi vi ha impedito di obbedire alla verità? 8 Questa convinzione non viene da Colui
che vi ha chiamati. 9 Un po' di fermento fa lievitare tutta la pasta 10 Io, sono convinto per voi nel Signore che
non penserete altrimenti. Quanto a colui che vi turba, ne porterà la pena, chiunque egli sia. 11 Quanto a me,
FRATELLI, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? È dunque tagliato fuori, l~
scandalo de LA CROCE! 12 Dovrebbero essere tagliati, quelli che vi sconvolgono!

13
Voi infatti, alla libertà siete stati chiamati, FRATE LLI. Soltanto, la libertà non serva da pretesto per LA
CAIINI!, ma per mezzo de L-'AMORE servitevi gli uni gli altri. 14 Infatti tutta LA LEGGE è compiuta in una sola
parola: <~EI<AI il tuo prossimo come te stesso». 15 Ma se vi mordete e vi divorate gli uni gli altri,
guardate di non essere distrutti gli uni dagli altri.
16
Ora dico: camminate secondo LO SPIIUTO, e non soddisferete la bramosia de LA CAIINE. 17 Infatti LA CAIINE brama
contro LO SPIRITO e LO SPIRITO contro LA CAIINE: infatti questi si oppongono a vicenda così che non fate ciò che
vorreste. 18 Ma se siete guidati da LO SPIRITO, non siete sotto LA LEGGE.
19
Ora le opere della carne sono manifeste; sono fornicazione, impurità, dissolutezza, 20 idolatria,
stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, scissioni, 21 invidie, ubriachezze,
orge e cose del genere. Vi avverto, come vi ho già avvertiti: quelli che praticano queste cose non
erediteranno il Regno di Dio.
22
Ma il frutto de LO SPIRITO è AMORE, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
23
mansuetudine, temperanza. Contro tali cose non c'è LEGGE. 24 Quelli che sono di CRISTO GESÙ
hanno CROCIFISSO LA CAIINE con le sue passioni e le sue bramosie. 25 Se viviamo de LO SPIRITO,
conformiamoci a LO SPIRITO. 26 Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci gli ùni gli altri, invidiandoci
gli uni gli altri.
6, 1 FRATELLI, anche se qualcuno è sorpreso in una colpa, voi GU SPIRITUALI, correggetelo con spirito di
mansuetudine, badando a te stesso a non essere tentato, anche tu. 2 Portate i pesi gli uni degli altri! Cosi
compirete LA LEGGE di CRISTO. 3 Poiché se qualcuno pensa di essere qualcosa mentre non è niente, si
illude. 4 Ciascuno esamini la propria opera, e allora in sé soltanto avrà di che vantarsi, e non per altri.
5
Infatti ciascuno porterà il proprio carico.
6
Colui che è istruito nella Parola faccia partecipe di tutti i suoi beni chi Io istruisce. 7 Non vi illudete: non
ci si beffa di Dio. Quello che un uomo avrà seminato, mieterà. 8 Infatti chi semina .nella SUA CAIINE mieterà,
da LA CARNE, la corruzione; chi semina ne LO SPIRITO mieterà, da LO SPIRITO, la vita eterna. 9 Non ci scoraggiamo
di fare il bene; a suo tempo, mieteremo, se non desistiamo. 1° Cosi dunque, mentre ne abbiamo il tempo,
operiamo il bene verso tutti, ma soprattutto verso i nostri compagni di FEDE.

11
Vedete con quali grosse lettere vi scrivo di mia propria mano: 12 tutti quelli che vogliono fare bella figura
ne LA CAIINE sono quelli che vi impongono di essere circoncisi solo per non essere perseguitati a causa de LA
CROCE di CRISTO; 13 infatti neanche gli stessi circoncisi osservano LA LEGGE ma vogÌiono che siate circoncisi
per trarre vanto dalla VOSTRA CAIINE. 14 Per me, non possa vantarmi che de LA CROCE del NOSTRO SIGNORE GESÙ
·CRISTO per il quale il mondo è stato Cl\OCIFISSO per me e io per il mondo.
15
Infatti né la circoncisione è qualcosa né il prepuzio, ma la nuova creazione.
16
E tutti quelli che seguiranno questa regola, la pace sia su di loro e la misericordia, e sull'Israele di Dio.
17
D'ora innanzi, nessuno mi procuri fastidi, perché io, porto nel mio corpo !SEGNI di GESù! 18 LA GRAZIA
di NOSTRO SIGNORE GESù CRISTO sia con il vostro SPIRITO, FRATELLI. Amen!
Sezione C: Gal 5,2-6,18 207

Da notare però che «la Legge» è presentata in maniera positiva al centro delle
prime unità delle sequenze C2 e C4: la Legge che si riassume ne «l'amore» in
5,14 è detta «legge di Cristo» in 6,2.
«Tutta la Legge» ricorre all'inizio di Cl (5,3) e all'inizio di C2 (5,14). Nel
primo caso «tutta la Legge» è messa in relazione con la circoncisione, poiché chi
si fa circoncidere «ha il dovere di fare tutti i precetti della Legge»; nel secondo
caso «tutta la Legge» è ricondotta al suo compimento nell'amore.
È anche possibile notare che il verbo «portare» ricorre nelle sequenze estreme
(5,10; 6,17) e pure in C4 (6,2.5).
Si è già notato che «ereditare il regno di Dio» al centro della sezione (5,12)
era da mettere in relazione con «mietere la vita eterna>> al centro di C4 (6,8) e
con «attendere la speranza della giustificazione>> alla fine della prima parte di Cl
(5,5). «La nuova creazione» al centro di CS (6,15) è sicuramente da mettere sulla
stessa linea de «il regno di Dio», «la vita eterna», «la giustificazione» - e pure
«la grazia» alle estremità della sezione (5,4 e 6,18), giacché si tratta qui di tanti
modi differenti per designare la medesima opera di Dio. Il fatto che, per la mag-
gior parte, queste parole ed espressioni occupino delle posizioni strategiche, ne
sottolinea l'importanza.
Da notare infine che il verbo «ereditare», al centro della sezione (5,21) è la
sola parola di tutta la sezione che fa riferimento alla figliolanza divina. Esso è
però da mettere in relazione con le quattro ricorrenze dell'apostrofe «fratelli»
che occupano posizioni abbastanza regolari: la fine delle sequenze estreme
(5,11; 6,18), l'inizio delle sequenze estreme della sottosezione centrale (5,13 e
6, l). «Fratelli» è cosi l 'ultima parola della Lettera, proprio prima dell' «amen>>
finale.

INTERPRETAZIONE

La fraternità
Non è esagerato dire che tutta intera la sezione è costruita sulla quadruplice
ricorrenza dell'apostrofe «fratelli». Non c'è qui, sotto la penna di Paolo, una
pura clausola formale, un semplice artificio retorico. I Galati ai quali egli si
rivolge non sono giudei, sono degli incirconcisi, dei goyim. Per un fedele della
legge di Mosè sono perciò stranieri; ancor più, delle persone impure con cui non
è permesso condividere la tavola. Paolo al contrario li chiama «fratelli», in
maniera simmetrica e sostenuta, poiché vuole far comprendere ai giudaizzanti
venuti a turbarli che questi pagani non hanno bisogno di essere circoncisi e
praticare la Legge, per essere ammessi come i discepoli giudei di Gesù nella
figliolanza divina. Se sono figli di Dio per la fede in Cristo, senza circoncisione
né Legge, devono essere considerati anche loro come dei fratelli.
208 È la Legge di Cristo che bisogna adempiere

La nuova creazione nell'amore


La «circoncisione» non ha valore, non più del «prepuzio». Ciò che conta è
soltanto «la fede operante mediante l'amore» (5,6), giacché nell'amore si
compie tutta la Legge (5,14). Questo compimento della Legge non consiste in un
semplice sviluppo, dovuto a qualche progresso delle coscienze, della cultura o
perfino della religione. Se Paolo lo chiama «la nuova creazione», ciò significa
che si tratta di una novità radicale, una novità che certo assume il passato, ma lo
supera infinitamente, lo rinnova totalmente. La nuova creazione in altre parole,
definita qualche versetto prima come «legge di Cristo», segna una rottura assolu-
ta e contemporaneamente assicura una continuità totale con ciò che la prefigu-
rava. Qui c'è niente meno che il paradosso del rapporto tra la nuova alleanza e
l'antica.

La grazia
La nuova creazione non è il frutto di un'evoluzione per così dire naturale. Ben
lontano da tutto ciò, l'espressione stessa indica che essa è dovuta all'iniziativa di
Dio. Lui solo ha creato l'universo, Lui solo poteva ricrearlo. Una simile inizia-
tiva non è nemmeno dovuta ali' opera degli uomini. Al contrario, costoro sono
solo capaci, lasciati a loro stessi, di produrre «le opere della carne». I circoncisi
si sono rivelati incapaci di osservare la Legge (6,13). Era necessario perciò che,
per pura grazia, Dio intervenisse per spezzare il circolo infernale delle stipula-
zioni dell'alleanza, irrimediabilmente seguite dalla loro rottura. La nuova allean-
za annunciata dai profeti dell'Esilio poggia sul perdono dei peccati, sul fatto che
Dio fa grazia. Voler ritornare alla Legge e alle sue pratiche, volervi sottomettere
i discepoli di Gesù pagani significa molto semplicemente «decadere dalla
grazia» (5,4). Si capisce meglio allora perché Paolo termini la sua Lettera con
queste parole: «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito,
fratelli». E forse l' «amem> finale può essere interpretato come un invito rivolto
ai lettori a ripeterlo, come per significare che essi accettano di ricevere questa
grazia.

La croce di Cristo compie la circoncisione


Piantata all'inizio della sezione (5,11) e ancora di più alla fine (6,12.14.17),
ma anche al centro (5,24), la Croce segna il corpo della sezione dall'inizio alla
fine. Della circoncisione si parla solo nelle sequenze estreme, ma in modo
insistente; e ciò fin dall'inizio (5,2). Nella sottosezione centrale al contrario non
se ne parla affatto. La Legge non è tuttavia assente: riassunta e compiutasi
nell'amore (5,14), diventa la legge di Cristo (6,2). Questa legge dell'amore l'ha
adempiuta lo stesso Cristo sulla croce, donando non una parte ma la totalità della
sua vita, sacrificandola tutta intera. Ancora una volta la croce di Cristo porta alle
estreme conseguenze il senso della circoncisione. Se la circoncisione significa la
rinuncia all'onnipotenza e alla totalità, la Croce è la rinuncia totale all'anni-
potenza. I discepoli di Gesù, che provengano dai pagani o dalla Sinagoga, sono
Sezione C: Gal5,2-6,18 209

tutti chiamati a mettere in pratica la circoncisione della Croce. Non possono


infatti accontentarsi di credere che Cristo li abbia riscattati accettando di essere
sospeso al legno della croce; devono entrare loro stessi in questa logica e «croci-
figgere la carne con le sue passioni e le sue bramosie» (5,24): accettare di essere
«perseguitati» perché predicano lo scandalo della croce (5,11 ), accettare che il
mondo sia crocifisso per loro e loro per il mondo (6,14), non rifiutare di portare
nei loro corpi, come Paolo, «i segni di GesÙ)) (6,17).
20
L'INSIEME DELLA LETTERA
(Gal1,1-6,18)

Introdotto dall'indirizzo (1,1-5), il corpo della Lettera ai Galati si organizza in


tre sezioni. La sezione centrale è più sviluppata delle altre due: 1
Sezione A: 4 129 31,8%
Sezione B: 5 337 41,1%
Sezione C: 3 520 27,1%
I titoli dati alle tre sequenze intendono mostrare i rapporti essenziali che
queste intrattengono tra di loro:

Indirizzo 1,1-5

È il Vangelo di Cristo che ho annunciato 1,6-2,21

È la Croce di Cristo che ci giustifica 3,1-5,1

È la Legge di Cristo che bisogna adempiere 5,2-6,18

«Vangelo» ricorre nove volte nella sezione A (1,6.7.8.9.11; 2,2.5.7.14) e mai


altrove; «il vangelo di Cristm> appare sin dal secondo versetto della sezione
(1,7).
La sezione B comincia con l'immagine della croce di Cristo: «Galati insen-
sati, chi vi ha stregati, voi agli occhi dei quali Gesù Cristo è stato descritto
crocifisso?» (3,1; con eco in 13); all'inizio della sequenza centrale, l'unica
menzione del battesimo, partecipazione alla croce di Cristo (3,27); alla fine, la
menzione della persecuzione (4,29).
Hanno valore non la circoncisione o l'incirconcisione ma <da fede operante
per mezzo dell'amore» (5,6) che è «creazione nuova» (6,15); così tutta la Legge
si compie nell'amore (5,14) che è «la legge di Cristo».
1
Il calcolo è basato sul numero di battute del testo greco di NA27 , spazi compresi, senza
punteggiatura, né spiriti, né accenti, né naturalmente il numero dei capitoli e dei versetti (le parole
tra parentesi quadre sono state calcolate).
212 L'insieme della Lettera

A. COMPOSIZIONE

RAPPORTI TRA L 'INDIRIZZO E IL TESTO DELLA LETTERA

* 1 Paolo apostolo

-non da parte degli uomini


- e non per mezzo di un uomo
+ma per mezzo di GESÙ CRISTO
+e DIO PADRE
= che ha rialzato lui dai morti,

* 2 e quelli CON ME tutti fratelli,

alle comunità della Galazia,

* 3 grazia AYOI e pace

da parte di DIO PADRE DINO/

+ e del Signore GESÙ CRISTO


4
= che ha dato se stesso per i peccati DI NOI
= al fine di strappare noi da questo secolo presente malvagio

::secondo la volontà di DIO PADRE DINO/

* 5 al quale la gloria nei secoli dei secoli. Amen!

-Il nome di «Paolo» con il quale comincia l'indirizzo sarà ripreso solo all'inizio
dell'ultima sezione (5,2: «io, Paolo, vi dico ... »).
- «Apostolo» ricorrerà solo due volte, per designare «quelli che furono apostoli
prima (di lui)», alla fine della sequenza A2 (1,17) e nella sequenza A3 (1,19:
«non vidi nessun altro degli apostoli>>).
-Il centro della prima parte (1,lb-f: «apostolo, non da parte degli uomini e non
per mezzo di un uomo, m:a per mezzo di Gesù Cristo e Dio Padre che l 'ha
rialzato dai morti») torva un'eco molto chiara all'inizio della sequenza A2:
11
Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo che da me è stato annunciato non è secondo un
uomo; 12 del resto, io, non l'ho ricevuto da un uomo né ne sono stato istruito, ma per
rivelazione di Gesù Cristo (Gall,ll-12).
Gall,l-6,18 213

Così come alla fine della stessa sequenza:


15
Ma quando piacque a Colui che mi aveva scelto fin dal seno di mia madre e che mi
ha chiamato con la sua grazia 16 di rivelare suo Figlio in me, affinché lo annunciassi
alle Nazioni, subito, non constiltai né la carne né il sangue e 17 non salii a
Gerusalemme da quelli che furono apostoli prima di me (Gal 1,15-17).

-«Padre» (11.3.4) per indicare Dio si ritroverà solo al centro del primo passo
della sequenza B4, nel vocativo «Abbà, Padre>> (4,6).
-Il primo tennine dell'ultima parte, «grazia>>, sarà ripreso alle estremità· della
sezione C (5,4: «dalla grazia siete decaduti>> e 6,18: «la grazia del Signore nostro
Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen!>>); l'ultima volta come un
augurio, creando così un'inclusione con quello dell'indirizzo; ma la parola
ricorre anche in punti strategici della prima sezione: nelle sequenze simmetriche
A2 (l, 15: «colui che mi ha chiamato con la sua grazia di rivelare suo Figlio in
me>>) e A4 (2,9: «conoscendo la grazia che mi era stata data, Giacomo, Cefa e
Giovanni, i notabili che sono le colonne, mi diedero la destra come a Barnaba in
segno di comunione>>), come alla fine della sezione (2,21: «non annullo la grazia
di Dio; se la giustificazione venisse per la Legge, allora Cristo sarebbe morto per
niente>>).
-«La pace» (1,3) ritorna come augurio alla fine della Lettera (6,16: «e tutti
quelli che seguiranno questa regola, la pace sia su di loro ... »),ma fa parte della
lista delle virtù al centro della sezione C (5,22: ((ma il frutto dello Spirito è
amore, gioia, pace ... »).
- La risurrezione di Cristo di cui parla la prima parte (l, l) non è mai menzionata
altrove; tuttavia si può pensare che la dichiarazione di Paolo alla fine della prima
sezione (2, 19: Mjfinché viva per Dio, con Cristo sono stato crocifisso»), vi
faccia allusione.
- In compenso, il dono che ha fatto di se stesso, di cui si parla al centro della
terza parte, ricorre più volte: proprio alla fine della prima sezione (2,20: ((quello
che ora vivo nella carne, lo vivo nella fede nel Figlio di Dio che mi ha amato e
ha dato se stesso per me»); all'inizio della seconda sezione (3,1: <<Galati insen-
sati, chi vi ha stregati, voi agli occhi dei quali Gesù Cristo è stato descritto
crocifisso?»); e lo stesso alla fine della medesima sequenza BI (3,13: «Cristo ci
ha riscattati dalla maledizione della Legge, essendo diventato maledizione per
noi»). Infine nel primo passo della sequenza B4 è espressa chiaramente la volon-
tà di Dio Padre (4,4-5: «Dio ha mandato suo Figlio [... ]per riscattare quelli sotto
la Legge affinché ricevessimo l'adozione filiale»).
214 L'insieme della Lettera

RAPPORTI FRA LA SEZIONE A E LA SEZIONE B


Le due sezioni sono di genere molto differente: l'una narra i fatti, l'altra argo-
menta la dottrina. È possibile tuttavia sottolineare alcuni rapporti.
La prima sequenza di ogni sezione è dura: Al inizia con «mi meraviglio che
così rapidamente voi disertiate ... » (1,6); e B1 con «Galati insensati, chi vi ha
stregati» (3,1). La seconda al contrario comincia con il vocativo «fratelli»: A2 si
apre con «vi faccio sapere, fratelli...>> (1,11) e B2 con «fratelli, parlo alla maniera
umana» (3,15).
Le seconde sequenze non hanno affatto punti in comune, salvo però il verbo
«rivelare>>. Due volte in A2: «io, non è da un uomo che l'ho ricevuto [il Van-
gelo] o che ne sono stato istruito, ma per rivelazione di Gesù Cristo» (1,12) e
«ma quando è piaciuto a Colui che mi aveva scelto fin dal seno di mia madre e
che mi ha chiamato con la sua grazia di rivelare suo Figlio in me ... » (1,15-16) e
in B2: «prima dell'arrivo della fede, eravamo rinchiusi sotto la custodia della
Legge, fino alla fede che doveva essere rivelata» (3,23). Solo in A4 si troverà il
sostantivo «rivelazione»: «salii a causa di una rivelazione» (2,2). Le parole di
questa radice non si trovano in nessun'altra parte.
In queste due medesime sequenze A2 e B2, sono distinti due tempi: quello
della fedeltà di Paolo alle tradizioni dei padri, in altre parole alla Legge, che lo
spingeva a perseguitare la Chiesa di Dio (1,13-14), seguito dalla rivelazione di
Cristo da parte di Dio (1,15-17); quello della Legge, prima della venuta della
fede (3,22-25).
Nella sezione A le ultime due sequenze considerano due prescrizioni, emble-
matiche di tutta la Legge: la circoncisione nella sequenza A4, la kasheruf o il
fatto di mangiare con i pagani nella sequenza A5. A Gerusalemme, poi ad
Antiochia, Paolo lotta perché la Legge non sia imposta agli etnico-cristiani;
soprattutto nell'ultimo passo della sezione egli discute sulla giustificazione per
mezzo della fede in Cristo e non per le opere della Legge. Ciò sarà ripreso e
sviluppato da cima a fondo lungo la sezione B. La sequenza B1 afferma che
«mediante la Legge nessuno è giustificato davanti a Dio» (3,11), il che rimanda
a quello che dice la sequenza precedente A5: «ma sapendo che nessun uomo è
giustificato per le opere della Legge», «per le opere della Legge "non è giustifi-
cata nessuna carne"» (2,16). Come «giorni, mesi, stagioni e anni», la circon-
cisione e la kasherut rientrano dunque in ciò che Paolo definisce nella sequenza
B4 «questi deboli e miserabili elementi ai quali ancora di nuovo volete
asservirvi>> (4,9).
La menzione della croce alla fine della sezione A (2,19: «con Cristo sono
stato crocifissO») e all'inizio della sezione B (3,1: «voi agli occhi dei quali Gesù
Cristo è stato descritto crocifisso») svolge la funzione di termine medio che
aggancia le due sezioni.

2
La kasherut è l'insieme delle norme che indicano quali sono i cibi «puri» (kasher), cioè
permessi dalla Legge.
Gall,1-6,18 215

RAPPORTI TRA LA SEZIONE BE LA SEZIONE C


Nelle prime sequenze è riaffermato che chi si pone sotto la Legge è tenuto a
osservare tutti i suoi comandamenti: così in C l: «ha il dovere di fare tutta la
Legge>> (5,3); cosa che è stata già detta, in un'altra forma, nella sequenza B1:
«infatti, tutti quelli che sono dalle opere della Legge sono sotto la maledizione,
infatti sta scritto: "Maledetto chiunque non si applica a tutte le prescrizioni del
libro della Legge per farle!">> (3,10). Si possono dunque considerare queste cita-
zioni come termini iniziali.
In termini centrali c'è la menzione dell'eredità. B3 si chiude infatti con questa
parola (3,29: «eredi secondo la promessa>>) e il primo passo di C3 si chiude con
il verbo «ereditare» (5,21: «quelli che praticano queste cose non erediteranno il
regno di Dio»). Da notare che, se questa radice appare una sola volta nella
sezione C, ritorna più volte nella sezione B (3,18.29: 4,1.7.30).
La seconda sezione si chiude con «la libertà» opposta alla schiavitù: «per la
libertà Cristo vi ha liberati! State saldi perciò e non siate sottomessi di nuovo a
un giogo di schiavitù!)) (5,1); e se ne parlerà nuovamente all'inizio della sotto-
sezione centrale della sezione C: «voi infatti, alla libertà siete stati chiamati,
fratelli» (5,13), una libertà che però non deve essere «pretesto per la carne)).
L'opposizione tra «la carne» e· «lo Spirito» di cui si parla soprattutto alla fine
della sequenza C2 (5,16-18: «camminate secondo lo Spirito, e non soddisferete
la bramosia della carne») si trova già nelle sequenze estreme della sezione
centrale: all'inizio di BI (3,3: «siete così insensati, che dopo aver cominciato
con lo Spirito adesso finiate con la carne?») e alla fine di B5 (4,29: «ma come
allora quello che è stato generato secondo la carne perseguitava quello che lo è
stato secondo lo Spirito, così è ancora adesso>>).
Soprattutto il tema della croce e quello della persecuzione che gli è correlato
segnano queste due sezioni. La persecuzione gioca infatti il ruolo sia di termine
medio (4,29: «ma come allora quello che è stato generato secondo la carne
perseguitava quello che lo è stato secondo lo Spirito, così è ancora adesso» e
5,11: «per me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora
perseguitato?»); sia di termine finale (4,29 appena citato e 6,12: «tutti quelli che
vogliono fare bella figura nella carne sono quelli che vi impongono di essere
circoncisi soltanto per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo»).
Quanto alla croce, essa è strettamente legata alla persecuzione all'inizio della
sezione C (5,11: «per me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché
sono tuttora perseguitato? È dunque tagliato fuori, lo scandalo della croce!»).
Ora la sezione B è segnata dalla croce fin dall'inizio (3,1: «Galati insensati, chi
vi ha stregati, voi agli occhi dei quali Gesù Cristo è stato descritto crocifisso?»).
Si è già detto che «Cristo crocifisso» ali' inizio di B l viene sostituito nella
sequenza centrale B3 con «battesimo» (3,26), e con la «persecuzione» alla fine
della sequenza B5 (3,29). Bisogna aggiungere che la sequenza centrale della
sezione C menziona anch'essa la croce (5,24: «quelli che sono di Cristo Gesù
hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue bramosie»).
216 L'insieme della Lettera

RAPPORTI TRA LA SEZIONE A E LA SEZIONE C


Le ricorrenze di «grazim> giocano il ruolo di termini estremi nelle due sezioni:
nella sezione A, proprio all'inizio (1,6: «mi meraviglio che così presto voi
disertiate Colui che vi ha chiamati nella grazia di Cristo verso un Vangelo
differente>>) e alla fine (2,21 : «non annullo la grazia di Dio; poiché se la
giustificazione venisse dalla Legge, allora Cristo sarebbe morto per niente>>);
nella sezione C all'inizio (5,4: «dalla grazia siete decaduti») e proprio alla fine
(6,18: «la grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli.
Amen!»). La parola ricorre inoltre nella sezione A, iri posizione simmetrica,
nella sequenza A2 (l, 15: «Colui che mi aveva scelto fin dal seno di mia madre e
che mi ha chiamato con la sua grazia») e nella sequenza A4 (2,9: «e conoscendo
la grazia che mi era stata data»). Si tratta della grazia di Cristo alle estremità
(1,6; 6,18), della grazia di Dio altrove (1,15; 2,9.21). Nella sezione B ricorre
soltanto il verbo «fare grazia», una sola volta (3,18: «è per la promessa che Dio
ha fatto grazia ad Abramo»).
Si parla di circoncisione solo nelle sezioni estreme: solamente nelle ultime
due sequenze della sezione A (2,3.7.8.9)- in particolare quando è riferito che
Tito non fu obbligato a farsi circoncidere a Gerusalemme- e solamente nelle
sequenze estreme della sezione C: quattro volte nella sequenza Cl (5,2.3.6.11) e
quattro volte anche nella sequenza C5 (6,12.13 bis .15). Le parti centrali di
queste sequenze iniziano in modo simile:

5,6 In Cristo Gesù, né la circoncisione ha valore né il prepuzio,


ma la Fede operante mediante l'amore.
6,15 Infatti né la circoncisione è qualcosa né il prepuzio,
ma la nuova creazione.

L'ultimo versetto della sezione A e il primo della sezione C si corrispondono,


giocando così il ruolo di termini medi a distanza:

2,21 ...se per la Legge venisse la giustificazione,


- allora Cristo sarebbe morto invano.
5,2 ...se vi fate circoncidere,
Cristo non vi servirà a niente. 3

Riguardo alla giustificazione, la morte di Cristo è messa in opposizione con la


Legge, e in particolare con la circoncisione.

3
La BJ, Osty e la TOB accentuano il rapporto traducendo con «per niente» e «a niente».
Gal1,1-6,18 217

B. INTERPRETAZIONE
L'interpretazione dell'insieme della Lettera si svilupperà a partire dalla
sequenza centrale (3,26-29). Come in tutte le costruzioni concentriche infatti il
centro è la chiave di volta di tutto l'edificio, la pietra del tutto speciale che ne
assicura la coesione. Punto nodale in cui tutti gli elementi trovano la loro
articolazione, il centro fornisce perciò la chiave di lettura dell'intero corpo.
Questa interpretazione si svilupperà secondo tre assi: la figliolanza, la fede, il
compimento.

LA FIGLIOLANZA

Tutti fratelli
Della Lettera ai Galati ci si ricorda il più delle volte l'apostrofe poco lusin-
ghiera con la quale comincia la sua seconda sezione: «Galati insensati)) (3, l).
Ciò non impedisce al suo autore di rivolgersi ai suoi destinatari, e per ben nove
volte come a suoi «fratelli)) (1,11; 3,15; 4,12.28.31; 5,11.13; 6,1.18). Non biso-
gna nemmeno dimenticare che Paolo non scrive da solo; «tutti i fratelli che sono
con me)) (1,2) sono ugualmente i mittenti del suo discorso, cosa che non s'incon-
tra in nessun'altra lettera di Paolo. Si tratta perciò di fratelli che scrivono a dei
fratelli. Non si sa da dove la Lettera sia stata scritta né chi siano questi «fratelli)),
per così dire, coautori della Lettera, ma il fatto che essi siano qualificati come
«tutti)) può lasciar intendere che Paolo non faccia alcuna distinzione tra i suoi
compagni giudei e greci. Questo «tutth) annuncia in ogni caso i due «tutti)) sui
quali è costruita la sequenza centrale della Lettera: «tutti, infatti, siete figli di
Dim), «tutti, infatti, siete uno-solo in Cristo GesÙ)) (3,26.28). Certo Paolo non
usa l'apostrofe «fratellh) in questa sequenza centrale, ma la fraternità che unisce
tutti quelli cui si rivolge è implicita dalla loro figliolanza comune. E non è
sicuramente fortuito che l'ultima parola della Lettera, proprio prima dell'«amem)
finale, sia il vocativo «fratelli)). Il fatto è notevole, tanto più che la Lettera ai
Galati è la sola che si chiuda in questo modo. Questa insistenza è probabilmente
dovuta al fatto che, per i giudaizzanti che si opponevano a Paolo, i discepoli
pagani di Gesù non potevano essere veramente considerati come dei «fratelli))
finché non fossero entrati nell'alleanza di Abramo con la circoncisione.

Una falsa fraternità


Già al momento della sua seconda visita a Gerusalemme, dei «falsi fratelli)) si
erano opposti a Paolo a causa del greco Tito che avrebbero voluto circoncidere
(2,3-4). Ugualmente alcuni erano intervenuti presso i Galati dopo che Paolo li
aveva guadagnati alla fed~ in Cristo. Volevano convincerli a sottomettersi alla
legge di Mosè in tutte le sue prescrizioni, a cominciare ovviamente dalla circon-
cisione che li avrebbe fatti entrare nell'alleanza di Abramo. Ma, una cosa dopo
l'altra- «un po' di fermento fa lievitare tutta la pasta)) (5,9)- i Galati avrebbero
dovuto rispettare il calendario giudaico, «giorni, mesi, stagioni, annh) (4,9-1 0), e
218 L'insieme della Lettera

cioè il sabato, il novilunio, le feste, soprattutto di pellegrinaggio - la Pasqua, le


Settimane o Pentecoste, le Capanne - così come gli anni sabbatici e giubilari,
come la Legge prescrive. Quelli volevano, in altre parole, che i discepoli di
Cristo diventassero giudei. Era il loro modo di far cadere il muro che separava
non i giudei dai greci (3,28), ma i giudeo-cristiani dagli etnico-cristiani. Se
questi ultimi fossero diventati giudei, l'unità e la comunione si sarebbero
realizzate tra loro. Sarebbero diventati davvero fratelli e avrebbero formato
allora una sola comunità. Mentre, se non fossero entrati nell'alleanza di Abramo
con la circoncisione, i giudeo-cristiani, sempre tenuti ai comandamenti della
Legge, non sarebbero potuti entrare nelle loro case né condividere i loro pasti;
infatti non è permesso a un giudeo frequentare degli incirconcisi impuri, che
peraltro non rispettano i divieti alimentari dei figli d'Israele. Per questo, Pietro
ad Antiochia, per timore delle persone venute da Gerusalemme, aveva smeSso di
mangiare con i discepoli provenienti dalle nazioni (2,12-13). Paolo dimostrerà
che la fraternità propugnata dai giudaizzanti è una falsa fraternità, che non è la
fraternità cristiana. Ed è proprio per questo che chiama «falsi fratelli» (2,4)
quelli che la promuovono.

«Voi siete seme di Abramo»


L'apostrofe «fratelli>> potrebbe sembrare insignificante, tanto ci è diventata
familiare, costellando riti liturgici e omelie in cui è troppo spesso impiegata
come un artificio retorico. Nella Lettera ai Galati al contrario riveste un'im-
portanza primordiale. Se i discepoli della Galazia sono chiamati «fratelli», allo
stesso titolo degli oppositori giudei di Paolo, che come loro leggeranno la
Lettera, è perché sono tutti figli dello stesso padre. I giudei pretendono di avere
Abramo per padre, ma se lo sono soltanto secondo la carne e non secondo la
fede, non sono davvero suoi figli. Al contrario i discepoli venuti dalle nazioni
sono davvero discendenti di Abramo se vivono non delle opere della Legge ma
della fede, giacché «sono le persone di fede che sono figli di AbramO» (3,7).
È così che si realizza la promessa fatta al Patriarca: «in te saranno benedette tutte
le nazioni della terra», per il fatto che per mezzo della fede Dio li avrà giusti-
ficati (3,8).

«Tutti siete figli di Dio»


È ai Galati suoi destinatari, discepoli di Gesù venuti dalle nazioni pagane, che
Paolo si rivolge al centro della sua Lettera; ma è ben evidente che anche i giudei
che turbano questi discepoli la leggeranno. È perciò a «tutti» che l'Apostolo si
rivolge. Se gli uni e gli altri hanno riposto la loro fede in Cristo Gesù, essi non
sono solamente «discendenza di Abramo» (3,29), ma con lui sono come Gesù,
«figli di Dio» (3,26). Dio infatti «ha mandato suo Figlio» (4,4) «per riscattare
quelli sotto la Legge», cioè i giudei, «affinché ricevessimo l'adozione filiale»
(4,5); la prima persona plurale include il «noi» di tutti i credenti, giudei e
nazioni, circoncisi e incirconcisi. Ecco perché tutti uniti nella stessa famiglia
possono chiamare Dio: «Abbà, Padre!» (4,6).
Gall,1-6,18 219

La paternità
Seme di Abramo e figli di Dio, i discepoli di Gesù sono eredi non solo del
padre dei credenti ma anche e prima di tutto di «Dio Padre nostro e del Signore
Gesù Cristo» (1,3). Il movimento di figliolanza, che prende la propria origine in
Dio Padre, non si ferma a suo Figlio Gesù; ancor più non si ferma a chi ha
ricevuto il dono della fede ed è diventato discepolo di Gesù: Esso prosegue nel
rapporto tra l'Apostolo e quelli che, grazie a lui, sono venuti anche loro alla
fede. Ma questo legame filiale non sarebbe vero se non fosse reciproco. Così
l'Apostolo, che genera nuovi figli di Dio, riceve egli stesso la vita da quelli cui
l'ha trasmessa: «voi che un'altra volta partorisco nel dolore>> (4,19), voi che,
come una madre, «vi sareste cavati gli occhi per darmeli>> (4, 15). Gli uni come
gli altri sono chiamati a mettere al mondo Cristo mediante l'annuncio della fede:
«voi che un''altra volta partorisco nel dolore, fin quando Cristo sia formato in
voi>> (4, 19). Per utilizzare dei termini che non sono direttamente quelli di Paolo,
il discorso teologico e cristologico è inseparabile dal discorso ecclesiologico.

«Ricordarsi dei poverh>


A Gerusalemme «Giacomo, Cefa e Giovanni, i notabili che sono le colonne>>
(2,9) non imposero nessun precetto della Legge a quelli delle nazioni ai quali
Paolo aveva annunciato il Vangelo (2,6). Essi dovevano soltanto «ricordarsi dei
poveri» (2,10). Certo è possibile interpretare una simile raccomandazione come
un appello discreto a un aiuto finanziario da parte di una comunità che si trovava
nel bisogno. Allora Paolo avrebbe raccolto l'invito a organizzare la colletta di
cui parla altrove (Rm 15,25-28; 1Cor 16,1-4; 2Cor 9). Messo in rapporto con la
circoncisione, il «ricordo dei poveri» può anche comprendersi nella stessa logica
come una rinuncia alla totalità, in questo caso preciso alla totalità dei beni, nella
realizzazione concreta dell'apertura agli altri (vedi p. 50). Ma bisogna probabil-
mente andare ancora più lontano, situando questo «consiglio» nella linea della
figliolanza. Infatti chi fa ereditare i suoi beni ai poveri considera questi come
suoi propri figli. È così del resto che il discepolo è invitato a comportarsi verso
chi l'ha istruito: è necessario rendere partecipe di tutti i propri beni chi l'ha
generato alla fede, comportandosi verso di lui in un certo senso come verso un
padre (6,6). D'altro canto il discepolo saprà riconoscere nei poveri Cristo stesso.
Proprio così i Galati avevano accolto Paolo nella povertà de «la debolezza della
sua carne»: «come un angelo di Dio mi avete accolto, come Cristo Gesù» (Gal
4,14). In ciò si erano comportati come Gristo stesso: «conoscete, infatti, la grazia
di nostro Signore Gesù Cristo: da ricco che era, egli si è fatto povero per voi,
perché diventiate ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Così «il ricor-
do dei poveri» è intrinsecamente legato alla kenosi, in altre parole a colui che
Paolo aveva descritto agli occhi dei Galati come il povero per eccellenza, Cristo
crocifisso.
220 L'insieme della Lettera

LA FEDE

«La verità del Vangelo»


Circoncisione, calendario e kasherut avevano suscitato alcune difficoltà tra le
due componenti, giudaica e greca, delle comunità cristiane; ne sono testimoni le
tensioni avvenute in occasione della seconda visita di Paolo a Gerusalemme a
proposito della circoncisione (2, 1-1 0), come ad Antiochia a proposito della
kasherut (2,11-21). Al di là tuttavia dei problemi, per così dire, pratici che ciò
poneva, Paolo scova una concezione della fede cristiana che mette radicalmente
in causa ciò che egli chiama per due volte «la verità del Vangelo» (2,5.14). Se
con la circoncisione l'osservanza di tutti gli altri precetti della legge di Mosè
erano indispensabili per ottenere la giustificazione davanti a Dio, se insomma
era necessario diventare giudeo per essere salvato, allora logicamente «Cristo
sarebbe morto per niente» (2,21). Non sarebbe Lui, con la sua Passione, la sua
morte in croce e la sua risurrezione, a salvare quelli che si sono messi al suo
seguito riponendo in Lui la loro fede. Dove si trova allora la sorgente della
salvezza? Nell'osservanza della Legge, o nella fede in Cristo? O l'una o l'altra,
senza possibilità di compromesso. La posta in gioco è vitale, determinante per il
futuro della Chiesa: che cosa deve fondare la· sua unità, la legge di Mosè o la
fede in Gesù Cristo? Con l'affermazione sol~nne con cui inizia la sequenza
centrale, la posizione di Paolo è chiara: «tutti, infatti, siete figli di Dio per la fede
in Cristo Gesù» (3,26).

Una rivelazione dall'alto


Paolo non è arrivato a una simile convinzione con i propri mezzi, con la sua
sola riflessione. Per Pietro, invitato dal centurione romano Cornelio, era stata
necessaria niente meno che una rivelazione dall'alto, l'insistenz<;t di una visione
celeste, de «l'angelo di Dim> in persona (At 10,3), perché egli comprendesse e
ammettesse che poteva «frequentare uno straniero ed entrare in casa sua))
(l 0,28); avendo ricevuto lo Spirito Santo, questi pagani furono subito battezzati
e Pietro dimorò presso di loro qualche giorno (l 0,48). Fu lo stesso per colui che
aveva perseguitato con tanto zelo la chiesa di Dio (Gal 1,13-14); fu «per una
rivelazione di Gesù CristO)), e non tramite un uomo, che egli fu istruito nel
Vangelo (1,12); Dio stesso aveva rivelato suo Figlio in lui, perché egli lo annun-
ciasse alle nazioni (1,16); è pure «a causa di una rivelazione)) che Paolo si era
recato a Gerusalemme con Barnaba e Tito per «esporre il suo vangelm) (2,2),
difendere «la verità del Vangelm) (2,5), e preservare la libertà cristiana (2,4).

«Non c'è schiavo né libero>)


Su questa dichiarazione enigmatica è centrata tutta la Lettera (3,28). Si è già
sottolineata la specificità di questa opposizione che non ha niente a che vedere
con la circoncisione, al contrario delle altre due che la incorniciano (vedi p. 114).
A Gerusalemme Paolo aveva dovuto difendersi per preservare «la nostra libertà
Gal1,1-6,18 221

che abbiamo in Cristo GesÙ>> contro quelli che volevano ridurre Tito in schiavitù
sotto il giogo della Legge tramite la circoncisione (2,4); egli aveva rifiutato di
«sottomettersi» alle pressioni dei «falsi fratelli». Era in gioco infatti «la verità del
Vangelo». Eppure egli aveva scritto che desiderava essere «servo di Cristo»
(l, l 0). La contraddizione è evidente. Tuttavia si risolve nel fatto che «il Figlio di
Dio mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (2,20). Paolo si fa schiavo di
colui che si è fatto schiavo per lui, per riscattarlo, per liberarlo. In questo senso
«non c'è schiavo né libero», essendo ciascuno schiavo dell'altro nell'amore. È
ciò su cui l'Apostolo insisterà nuovamente nella sezione centrale. Mentre «erava-
mo rinchiusi sotto la custodia della Legge» (3,23), «Cristo ci ha riscattati dalla
maledizione della Legge» (3,13; 4,5) così che «non siamo più sotto un pedagogo»
(3,25), ma siamo «figli» (4, 7). Di conseguenza non ci si deve più «asservirsi>> alla
Legge (4,9), giacché siamo figli della donna libera. Tutta la seconda sezione si
chiude con questa dichiarazione solenne: «per la libertà Cristo ci ha liberati; state
saldi dunque e non siate sottomessi di nuovo al giogo della schiavitù» (5,1).
Quanto all'ultima sezione, essa contiene la soluzione dell'enigma che rappresenta
la negazione della distinzione tra schiavo e libero. All'inizio della sottosezione
centrale, che espone la legge di Cristo, Paolo pone un paradosso sorprendente:
<<Voi, infatti, siete stati chiamati alla libertà, fratelli. Soltanto, che la libertà non
serva da pretesto alla carne, ma per mezzo dell'amore servitevi gli uni gli altri»
(5,13). La libertà consisterebbe quindi nel servire! Il segreto si rivela nell'espres-
sione «gli uni gli altri». Se ciascuno si fa servo dell'altro, se ciascuno è perciò
trattato come uomo libero, in realtà non c'è più né schiavo né libero. Questa
duplice categoria è superata e l'amore ne è la causa. È l'amore con cui, per primo,
Cristo ci ha amati, dando se stesso per noi (2,20).

Fare affidamento a se stessi o a un altro


I discepoli di Gesù venuti dalle nazioni sono perciò totalmente liberi in
rapporto alla Legge e non sono tenuti ad alcuno dei suoi precetti. Se infatti sono
salvati, giustificati davanti a Dio, se hanno ricevuto lo Spirito di Dio, ciò non è
avvenuto «in virtù delle opere della Legge» ma «per l'ascolto della fede» (3,2).
Paolo non aveva predicato loro la legge di Mosè; gli aveva semplicemente
annunciato Gesù Cristo crocifisso (3,1). I giudaizzanti arrivati in Galazia dopo
Paolo volevano che i nuovi discepoli della regione si sottomettessero alla Legge,
giacché erano persuasi che la pratica dei suoi comandamenti condizionasse la
loro giustificazione. Una posizione simile torna a presumere che la salvezza sia
opera di chi pratica i comandamenti, che chi obbedisce alla Legge possa giusti-
ficare se stesso. È molto diverso per la fede: questa consiste nell'affidarsi alla
potenza di un altro, alla sua opera in lui. «È la fede che salva»! La massima
è giusta, a condizione tuttavia di non pensare che la mia fede in Gesù Cristo sia
opera mia, un'opera per la quale giustificherei me stesso. Credere in Gesù Cristo
è fare affidamento non su di me, ma su di un altro, rimettendomi totalmente
a lui.
222 L'insieme della Lettera

Fare affidamento sull'impotenza della Croce


Il paradosso della fede cristiana è che il credente, che rinuncia alla propria
potenza poiché non è per la sua obbedienza alla Legge che egli salva se stesso, si
abbandona non all'onnipotenza di Gesù, ma alla sua impotenza radicale. «Cristo
crocifissm), piedi e mani inchiodati alla croce, opera la salvezza attraverso la sua
rinuncia a qualsiasi forma di potere, attraverso la sua rinuncia alla stessa vita,
«avendo consegnato se stesso per me)) (2,20). Unendosi a Lui, il discepolo sarà
giustificato: «affinché io viva per Dio, con Cristo sono stato crocifissO)) (2,19).
Non solo «la carne con le sue passioni e i suoi desideri)) «quelli che sono di
Cristo hanno crocifissm) (5,24). Non solo il mondo è crocifisso per loro e loro
per il mondo (6,14). Loro stessi accettano di essere sottomessi alla morte: «per la
Legge, alla Legge sono mortm) (2,19).

La luce della risurrezione


La morte non avrà però l 'ultima parola. La morte non è neppure il fine che il
discepolo persegue; quello che desidera, come il suo maestro, è la vita, «la vita
eterna)) che egli vuole mietere ( 6,8). La croce e la morte sono la via obbligatoria,
ma solo la via, che conduce alla risurrezione. Certo, la croce domina tutta la
sezione centrale della Lettera (3,1; vedi p. 142.155), ma la risurrezione è collo-
cata come epigrafe dell'insieme: «Paolo apostolo non da parte degli uomini e
non per mezzo di un uomo ma per mezzo di Gesù Cristo e Dio Padre che lo ha
rialzato dai morti)) (l, l).

]L COMPIMENTO

Il battesimo e la circoncisione
Il battesimo, per il quale si entra nella Chiesa, consiste nell'essere immersi
simbolicamente con Cristo nella sua morte, per risorgere con lui ed ~ssere
rivestiti della sua gloria (3,27). Questo rito è quindi in relazione stretta con
quello della circoncisione che fa entrare l'uomo nell'alleanza di Abramo. Come
per tutte le altre realtà del Primo Testamento, non è riducendo queste che si
possono esaltare quelle del Nuovo, bensì il contrario. Il significato della circon-
cisione è di altissimo valore, del quale spesso i pagani che non la praticano non
hanno idea. La circoncisione - come del resto il sabato e i divieti alimentari -
indica la rinuncia alla totalità, ali' autosufficienza, l'accettazione della mancanza
e perciò Papertura all'altro. Nel caso del neonato, circonciso l'ottavo giorno, la
circoncisione è separata dall'iniziazione sessuale come quella praticata tra tanti
altri popoli. La sua importanza è assai più marcata: simboleggia l'apertura a Dio.

La circoncisione e la Croc~ di Cristo


La Croce è posta in linea con la circoncisione ebraica, poiché, come il giorno
in cui fu circonciso, così Cristo con la sua Croce ha rinunciato alla totalità. I
Padri della Chiesa avevano ben compreso questo legame, loro che riconoscevano
Gal1,1-6,18 223

nel sangue versato nella circoncisione di Gesù una prefigurazione del sangue
sparso sulla Croce. 4 La Croce tuttavia supera notevolmente il senso della circon-
cisione, lo porta alle sue estreme conseguenze, giacché non si tratta più soltanto
di una rinuncia parziale ma totale, di un abbandono radicale, quello della vita
stessa. Così la croce di Cristo compie al di là di ogni misura ·la circoncisione di
Abramo. Non è solo la croce di Cristo che compie la circoncisione, ma anche
quella che il suo discepolo accetta di portare. Paolo accusa quelli che vogliono
imporre la circoncisione ai pagani, di sottrarsi alla persecuzione, vale a dire alla
Croce, che gli altri giudei minacciano di dare loro (6,12). Paolo al contrario ha
accettato di «portare nel suo corpo i segni di Cristo» (6, 17). Il paradosso è che la
Croce che compie la circoncisione è inflitta ai discepoli di Gesù da quegli stessi
che Paolo chiama «quelli della circoncisione» (2,12).

L'amore compie la Legge


La circoncisione è compiuta dalla croce di Cristo. Essa perciò non ha più
valore, così come l'incirconcisione; ciò che conta è «la nuova creazione>>, è «la
fede operante tramite l'amore>> (5,6; 6,15). Questo è un altro modo di dire la
stessa cosa, cioè che «tutta la Legge si compie in una sola parola: "Amerai il tuo
prossimo come te stesso">> (5,14). Questo è ciò che Paolo chiama «la legge di
Cristm> che il discepolo deve «compiere» (6,2). Per amore egli si è consegnato
per i peccatori: «mi ha amato è ha dato se stesso per me>> (2,20). Per questo la
lista delle virtù si riassume nel «frutto» singolare de <d'amore».

Né giudeo né greco
Se i pagani diventati discepoli di Gesù non sono tenuti a diventare giudei per
essere giustificati, i loro compagni giudei non sono invitati a lasciare il proprio
popolo e ad abbandonare le loro peculiarità. Rimangono giudei; restano circon-
cisi. Nella misura in cui le prescrizioni della Legge non entrano in contraddi-
zione con l'unità di tutti i discepoli, potrebbero continuare a seguirle, convinti
tuttavia che non sono le opere della Legge che assicurano loro la salvezza, ma il
fatto di essere stati immersi nelle acque del battesimo e di aver rivestito Cristo.
L'unità di tutti i discepoli, acquistata dalla croce di Cristo e ricevuta nell'unico
battesimo, non annulla la distinzione tra giudei e greci, la supera, la assume. È
l'amore reciproco, quello che Cristo stesso ha manifestato, che compie l'unità
dei giudeo-cristiani e degli etnico-cristiani.

Né schiavi né liberi
L'opposizione tra schiavi e uomini liberi non è risolta con l'inversione dei
ruoli, che fa in modo che lo schiavo finisca col prevalere sul suo padrone.
Questo in realtà non risolverebbe nulla. L'unica soluzione è quella che Paolo ha

4
Per esempio, Lettera di Barnaba, 9,8; 0RIGENE, In Rom. Il, 13, 911CD; AMBROGIO, Ep., 72,9
(PL XVI, 1246).
224 L'insieme della Lettera

saputo riconoscere nell'opera di Cristo che ha dato se stesso, che è arrivato fino
a dare la sua vita in riscatto per le moltitudini. Ed è per. questo che Dio l'ha
esaltato al di sopra di tutto e l 'ha fatto sedere alla sua destra. Questa è la
condotta che il discepolo di un tale maestro è invitato a seguire. Se ognuno si fa
schiavo di tutti gli altri attraverso il servizio reciproco, non c'è schiavo né libero;
tutti sono uguali, tutti sono fratelli. Qui è ancora l'amore reciproco che permette
di superare l'opposizione, di compiere l'unità tra tutti i discepoli, anche se,
all'epoca di Paolo, la schiavitù non è stata ancora abolita. Comunque, anche
dopo il 27 aprile 1848, solo l'amore è e resta sempre la forza che permette di
superare la distinzione e l'opposizione tra quelli che esercitano il potere e quelli
che lo subisèono.

Né uomo né donna
La distinzione tra schiavo e libero è stata finalmente abolita, almeno nel suo
principio. È lo stesso per la terza coppia, l'uomo e la donna. L'opposizione tra
schiavi e uomini liberi è un'istituzione puramente umana. Seppur voluta da Dio,
la distinzione tra giudei e goyim non è originaria. Solo la differenza sessuale
risale, secondo la rivelazione biblica, alla creazione del mondo: <<Dio creò
l 'umano a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creÒ>>
(Gen 1,27). Già in questo versetto della Genesi, la differenza sessuale è precedu-
ta dall'enunciato della sua unità: «Dio creò l'umanm>. 5 Va da sé che la distin-
zione, perfino l'opposizione, tra l'uomo e la donna trovano il loro superamento
nell'amore reciproco che essi si donano. Il compimento si realizza in pienezza
nella generazione. In questo essi adempiono la loro vocazione di diventare
immagine e somiglianza di Dio che li ha generati.

5
Hii- 'iidiim, «l'umano)), tratto da <<l'humus>>, ha- 'adiimti.
CONCLUSIONE

I commentari antichi procedevano di solito versetto dopo versetto. I moderni


al contrario analizzano unità un po' più ampie, le pericopi/ una dopo l'altra,
dalla prima fino all'ultima; niente di più. Non è lo stesso con il presente
commentario della Lettera ai Galati. Come per tutti quelli della collana che lo
accoglie, l'analisi del testo è stata condotta a tutti i livelli della stia composi-
zione, «segmento», «brano», «parte>>, «passo», «sequenza», «sezione» e infine
«libro» - senza contare gli eventuali livelli intermedi della «sottoparte», «sotto-
sequenza» e «sottosezione». Così l'interpretazione non è limitata al solo livello
del passo, ma è ripresa in seguito, a ondate successive, ai livelli successivi della
sequenza, della sottosezione, della sezione, fino al livello del libro. In questo
modo lo stesso testo è stato commentato quattro o perfino cinque volte.
Se una parola riceve il proprio senso solo nei rapporti che intrattiene con tutte
le altre parole all'interno della frase; se all'interno del passo la frase si com-
prende veramente solo nelle sue relazioni con le altre frasi dello stesso passo;
bisogna dire altrettanto ai livelli superiori. Superata la condizione preliminare di
identificare in maniera rigorosa i limiti del passo, tutto il problema sarà allora
determinare qual è il contesto di questo passo, ovvero quali sono i limiti dell'u-
nità superiore, la sequenza, così come la sua composizione e la sua coerenza
interna. Le difficoltà d'interpretazione di alcuni passi presi isolatamente si
risolvono, per così dire, da se stessi, quando sono esaminati nel contesto della
sequenza di cui fanno parte integrante.
Lo si sarà costatato in tutto questo commentario. Uno degli esempi più pro-
banti è senza dubbio quello della sequenza B4 (4,1-20). Preso isolatamente, il
secondo passo di questa sequenza (12-20) sembra fuori tema nell'insieme della
sezione dottrinale dei capitoli 3-5; a tal punto da essere considerato come «una
parentesi», in cui Paolo si lascerebbe andare a raccontare dei «ricordi personali»
che non hanno niente a che vedere con la dimostrazione inaugurata all'inizio del
capitolo 3 e che Paolo riprenderà in seguito. Questo passo è quindi «un masso
erratico», una specie di digressione in cui Betz vuole riconoscere l'argomento
«dell'amicizia» (peri philias) della retorica greca; argomento toccante, sicura-
mente, ma debole.
Ora se questo passo è letto in relazione con il passo precedente, con il quale
forma una sequenza i cui limiti sono stati stabiliti su dei criteri formali, seguendo
le leggi di organizzazione dei testi biblici, allora il filo del ragionamento di
Paolo appare chiaramente. Questi due passi, che a uno sguardo occidentale
formato alla scuola del mondo greco-latino sembrano semplicemente giustap-
posti e senza alcun rapporto tra loro, sono in realtà collegati da una logica

1
Il «passo» dell'analisi retorica biblica, la quale preferisce evitare una terminologia greca.
226 La Lettera ai Galati

rigorosa: il primo espone i legami della figliolanza divina tra Gesù e suo Padre
così come tra i discepoli di Gesù e Dio stesso; il secondo prosegue sulla stessa
linea mostrando che i legami di figliolanza uniscono i membri della comunità
cristiana, figliolanza reciproca in cui i discepoli sono generati da chi ha annun-
ciato loro il Vangelo e in cui l'Apostolo è anche esso generato dai suoi discepoli.
In questo esempio si verificano le due caratteristiche fondamentali della retorica
biblica e semitica: la binarietà e la paratassi. 2
La frase seguente: «il mondo è illuminato dalle sue folgori» ha senso, anche
se non si sa quale sia il referente del pronome «sue», come pure da chi sono
inviate le folgori. Quest'altra frase: «la terra vede e trema)) ha ugualmente senso,
anche se si ignora quello che la terra veda. Considerando adesso che queste due
frasi formano un insieme - un «segmento bimembrO)) per utilizzare la termino-
logia specifica dell'analisi retorica biblica - emerge un nuovo significato, che
non è la semplice somma dei significati dei due membri isolati, ma la supera
notevolmente.

«Il mondo è illuminato dalle sue folgori,


la terra vede e trema)) (Sal 97 ,4).

Anche se la relazione tra i due membri non è chiarita da alcuna articolazione


logica, la giustapposizione non impedisce al lettore di comprendere che la terra
trema a causa delle folgori. 3
i titoli dati ai due passi della sequenza B4 sono stati scelti per chiarire i loro
rapporti:

Siamo tutti, giudei e pagani, figli di Dio nel suo Figlio (4,1-11)
Siamo tutti, voi e me, figli gli uni degli altri (4,12-20).

Si comprende allora quanto sia importante identificare i limiti delle unità


testuali, ai loro differenti livelli. Quelli della sequenza B4 sono certi solo perché
i limiti della sequenza precedente cosi come della successiva lo sono a loro
volta. E, da cosa nasce cosa, dato che in un testo tutto è collegato, i limiti di una
sola sequenza dipendono da quelli di tutte le altre. A condizione naturalmente di
intendere che la Lettera è composta, nel senso che non è un semplice agglome-
rato di unità senza rapporti strutturali tra loro. Questo è - bisogna riconoscerlo -
uno dei presupposti maggiori dell'analisi retorica biblica. 4 Si verifica ancora
un'altra volta per la Lettera ai Galati come per gli altrilibri biblici.
I più sono del parere che questa Lettera sia stata scritta sotto l'influenza
dell'indignazione, che non sia perciò uno scritto composto veramente. Il tono è,
più di una volta, assai vivace: «Galati insensati)) (3, l); «dovrebbero essere

2
Vedi Trattato, 13-24.
3
Il nome dell'autore dei lampi è pronunciato nel segmento successivo (Sal 97,5), come nel
primo versetto del salmo: «il Signore)) (Sal97,1).
4
Vedi R. MEYNET, Leggere la Bibbia, cap. 8: «l presupposti dell'analisi retorica)), 123-137.
Conclusione 227

tagliati quelli che vi sconvolgono!>> (5,12). Si è arrivati perfino a dire che il


modo di scrivere di Paolo in questa lettera sia «una retorica rovente». 5 Il lettore
avrà potuto costatare che non è così. Paolo è un appassionato, certo si scalda,
data la posta in gioco vitale della questione di fronte alla quale si trovava e la
passione che provava per Gesù Cristo crocifisso.
Era in causa infatti niente meno che il fondamento stesso della fede cristiana.
Alcuni pretendevano che i fedeli di Cristo venuti dal paganesimo avessero il
dovere di praticare la legge di Mosè, a cominciare dalla circoncisione. La posi-
zione di Paolo è in realtà molto semplice. Se l'osservanza dei comandamenti
della legge giudaica è necessaria per essere fedeli a Dio e quindi per essere
salvati, allora la fede in Cristo non serve a nulla; se difatti è per le opere della
Legge che si è giustificati, non è per la croce di Cristo che i discepoli ricevono la
giustificazione e il perdono dei peccati. E questo vale non solo per i discepoli di
origine pagana, ma anche per i giudei diventati discepoli di Gesù.
Ciò vuole forse dire che Paolo rigetti la legge di Mosè, riponendola nel museo
delle antichità giudaiche, ormai obsolete? Non è così che egli si pone a suo
riguardo. La categoria del compimento consente l'ingresso nella sua proble-
matica. La Legge non potrebbe essere cancellata, dimenticata, abolita; essa è al
contrario compiuta, vale a dire assunta, portata a termine, fino alle sue estreme
conseguenze, nella croce di Cristo. La circoncisione, emblematica di tutta la
Legge, è il tipo, la figura della Croce; equivalente a «una morte mistica», si
realizza alla lettera nel dono che Cristo ha fatto della sua vita, per la salvezza di
tutti.

5
Vedi M.R. COSBY, «Galatians: Red-Hot Rhetoric». L'Autore introduce la sua conclusione
con queste parole: «Quando Paolo detta Galati è come un vulcano, che vomita una retorica
rovente)) (p. 308). Nella discussione che era seguita alla conferenza de li' Autore, Lauri Thurén,
utilizzando un'altra metafora, aveva reagito-dicendo che Galati non era un'e-mail.
GLOSSARIO DEI TERMINI TECNICI

l. TERMINI CHE INDICANO LE UNITÀ RETORICHE


Capita spesso, nelle opere esegetiche, che i termini «sezione)), «passm), ma
soprattutto «branO)), «parte)), non vengano utilizzati in modo univoco. Ecco
l'elenco dei termini che indicano le unità testuali ai loro successivi livelli.

I livelli «inferiori>) (o non autonomi)


A parte le prime due (il termine e il membro), le unità dei livelli inferiori sono
formate da una, due o tre unità del livello precedente.

TERMINE il termine corrisponde generalmente a un «lessema>>, ossia una


parola che appartiene al lessico: sostantivo, aggettivo, verbo,
avverbio.

MEMBRO il membro è un sintagma, o gruppo di «termini)) connessi tra loro


mediante stretti rapporti sintattici. Il «membrm) è l'unità retorica
minima; può anche capitare che il membro ·comprenda un solo
termine (il termine di origine greca è «stico»).

SEGMENTO il segmento comprende uno, due o tre membri; si parlerà di seg-


mento «unimembrm> (il termine di origine greca è «monastico»), di
segmento «bimembrm> (o « distico») e di segmento «trimembro» (o
« tristko» ).

BRANO il brano comprende uno, due. o tre segmenti.

PARTE la parte comprende uno, due o tre brani.

I livelli «superiorb> (o autonomi)


Sono tutti formati o da una o da più unità del livello precedente.

PASSO il passo - equivalente della «pericope» degli esegeti - è formato da


una o da più parti.

SEQUENZA la sequenza è formata da una o da più passi.

SEZIONE la sezione è formata da una o da più sequenze.

LIBRO infine il libro è formato da una o da più sezioni.


230 La Lettera ai Galati

È talvolta necessario ricorrere ai livelli intermedi della «sottoparte)), della


«sottosequenzM e della «sottosezione»; queste unità intermedie haru10 la stessa
definizione della parte, della sequenza e della sezione.

VERSANTE complesso testuale che precede o segue il centro di una


costruzione; se il centro è bipartito, il versante corrisponde a
ciascuna della due metà della costruzione.

2. TERMINI CHE INDICANO I RAPPORTI TRA LE UNITÀ SIMMETRICHE

Simmetrie totali

COSTRUZIONE
PARALLELA figura di composizione in cui le unità in rapporto due a due sono
disposte in modo parallelo: AB C D E l A'B'C'D'E'.
Quando due unità parallele tra loro incorniciano un unico
elemento, si parla di parallelismo per designare la simmetria tra
queste due unità, ma l'insieme viene considerato (l'unità di
livello superiore) come una costruzione concentrica: A l x l A'.
La «costruzione parallela», è detta anche «parallelismm) (che
si oppone a «concentrismO))).

COSTRUZIONE
SPECULARE figura di composizione in cui le unità in rapporto due a due
Sono disposte in modo antiparallelo o «a specchim) :
AB C D E l E'D'C'B' A'
Come la costruzione parallela, la costruzione speculare non
ha un centro; come la costruzione concentrica, gli elementi in
rapporto si corrispondono a specchio.
Quando la costruzione comprende soltanto quattro unità, si
può parlare anche di «chiasmO)): A B l B 'A'.

COSTRUZIONE
CONCENTRICA figura di composizione in cui le unità simmetriche sono disposte
in modo concentrico: AB C D E l x l E'D'C'S'A', intorno a
un elemento centrale (questo elemento può essere tm'tmità di
uno qualsiasi dei livelli di organizzazione testuale).
La «costruzione concentrica)), è detta anche «concentrismO))
(che si oppone a «parallelismm)).
Glossario dei termini tecnici 231

Simmetrie parziali

TERMINI INIZIALI termini o sintagmi identici o simili che indicano l'inizio di


unità testuali simmetriche; l' «anafora» della retorica classica.

TERMINI FINALI termini o sintagmi identici o simili che indicano la fine di


unità testuali simmetriche; l' «epifora>> della retorica classica.

TERMINI ESTREMI termini o sintagmi identici o simili che indicano le estremità


di un 'unità testuale; l' «inclusione>> dell'esegesi tradizionale.

TERMiNI MEDI termini o sintagmi identici o simili che indicano la fine di


un'unità testuale e l'inizio dell'unità che gli è simmetrica; la
«parola gancio» dell'esegesi tradizionale.

TERMINI CENTRALI termini o sintagmi identici o simili che segnano i centri delle
due unità testuali simmetriche.

Per maggiori dettagli, vedi R. MEYNET, Trattato di retorica biblica, ReBib


l O, Bologna 2008.

Regole principali di riscrittura


-all'interno del membro, i termini sono generalmente separati da spazi;
- ogni membro è generalmente riscritto su di una sola riga;
- i segmenti sono separati da una riga bianca;
- i brani sono separati da una riga tratteggiata;
- la parte è delimitata da due filetti; lo stesso vale per le sottoparti..

-all'interno del passo, le parti sono incorniciate (salvo che non siano molto
corte, come un'introduzione o una conclusione); le eventuali sottoparti sono
disposte in comici contigue;
-all'interno della sequenza o della sottosequenza, i passi, riscritti in prosa, sono
disposti in comici separate da una riga bianca;
-all'interno della sequenza, i passi di una sottosequenza sono disposti in comici
contigue.

Per le regole di riscrittura, si veda il Trattato, cap. 5, 279-340 (sulla riscrittura


delle tavole sinottiche, si veda cap. 9, 467-504).
SIGLE E ABBREVIAZIONI

Abbreviazioni
ACFEB Association catholique française pour l'étude de la Bible
BI Bible de Jérusalem
BG Bibbia di Gerusalemme
cap. capitolo
col. colonna(e)
etc. et cetera
ed. edidit, ediderunt
Éd. Éditions
EDB Edizioni Dehoniane Bologna
fr. francese
Id. Idem
ingl. inglese
i t. italiano
Légasse LÉGASSE, S., L 'Épftre de Pau/ aux Galates, LeDiv Commen-
taires 9, Paris 2000
n. nota, note
NA27 NESTLE-ALAND, Novum Testamentum Graece, Stuttgart,
Deutsche Bibelgesellscha:ft, 1993 27
Osty La Bible Osty, Paris, Éd. du Seuil, 1973
p. pagina, pagine
ser. Serie
sp. spagnolo
TOB Traduction recuménique de la Bible
trad. traduzione

Libri biblici
Le abbreviazioni dei libri biblici sono quelle della Bibbia di Gerusalemme,
EDB, Bologna.

Commentari
I commentari sono citati solo con il cognome dell'autore m minuscolo,
seguito dal numero della pagina. Per esempio: Légasse, 126.
234 La Lettera ai Galati

Sigle di riviste e collane

AnBib Analecta Biblica


Bib Biblica
CTNT Commentario teologico del Nuovo Testamento
CSANT.NT Commentario storico ed esegetico all'Antico e al Nuovo Testa-
mento
Gr. Gregorianum
JBL Journal ofBiblica! Literature
LeDi v Lectio Divina
NT Novum Testamentum
NTS New Testament studies
ReBib Retorica biblica
RhBib Rhétorique biblique
RHR Revue de l 'histoire des religions
RhSem Rhétorique sémitique
StMiss Studia missionalia
StRh Studia Rhetorica: www.retoricabiblicaesemitica.org: Publica-
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OPERE CITATE

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INDICE DEGLI AUTORI

Pontificia Commissione Biblica: 13, Kennedy: 12


14, 15 Légasse: 14
Ambrogio: 227 Lémonon: 14
Barnaba: 227 Lund: 14, 51,63
benJla'i: 116 Meynet: 14, 15, 36, 112, 116, 138,
Betz: 12, 13, 14, 29, 119, 130 139,157,173,230,235
Bligh: 14 Mussner: 14, 119
Bonnard: 171 Neudecker: 116
Bovati: 14, 36 Origene: 227
Classen: 12 Pitta: 12: 13, 14
Corsani: 14, 119 Rastoin: 13
Cosby: 231 Savon: 118
Crisostomo: 59 Teofilatto: 59
Ebeling: 14 Vanhoye: 14, 63
Éliade: 198 Wénin: 51
Feuillet: 29 White: 34
INDICE DEI RIFERIMENTI BIBLICI

Gen 1,26: 205 Lv 18,5: 96 Sir 14,18: 35


Gen 1,27: 158 Lv 19,18: 204 Sir 17,31:35
Gen 12,1-3: 146 Lv20,8: 96
Gen 12,3: 93, 146 Lv 20,26:96 Is 42,9: 199
Gen 13,15: 106 Lv28: 95 Is 43,18-19: 199
Gen 15,1-6: 146 Is 49,1.5-6: 36
Gen 15,5.18: 105 Dt 5,5: 107 Is 52,13-53,12: 157
Gen 15,6: 93, 146 Dt 5,21: 174 Is 53,4: 187
Gen 15,7.18-21: 106 Dt 7,6-8: 138 Is 53,8: 139
Gen 15,13: 105 Dt 13,2-19: 31 Is 53,10: 139
Gen 15,18-19: 105 Dt 13,2-(): 31 Is 54: 139
Gen 15,18: 104, 105 Dt 13,6:32 Is 65,17-18: 197
Gen 17-18: 133 Dt 14,1: 116 Is 66,22: 197
Gen 17,1-8: 105 Dt 14,2: 116
Gen 17,2.4.7 ... : 104 Dt 21,23: 95 Ger 1,5: 35
Gen 17,7.8 ... : 105 Dt 23,2: 168 Ger 14,13-16: 30
Gen 17,8: 106 Dt 27,15-26: 30 Ger 23,9-40: 30
Geh 17,9-13: 52 Dt 27,26: 95 Ger 23,13: 31
Gen 17,11:54, 105 Dt 29,19-27: 30 Ger23,17: 30
Gen 17,12-13: 118 Dt 33,2: 107 Ger 27: 30
Gen 21,8-10: 135 Ger 27,9-19.14-15:
Gen 21,10: 136 Gs 6,17-7,26: 30 30
Gen22,9: 99 Ger 27,16-18: 30
Gen 22,18: 93, 99, IRe 22,1-38: 30 Ger27,27: 31
106 IRe 22,8.18: 30 Ger28: 30
Gen 24,7: 106 Ger 28,15-17: 31
Gen 26,3-4: 105 2Crl8:30 Ger31,31-34: 113
Gen 28,13-14: 105
Gen 35,12: 105 Sal32,10: 184 Ez 13:30
Sal 71,5-6: 36 Ez 37: 197
Es 12,40-41: l 05 Sal97,1: 230
Es 12,44: 118 Sal97,3: 230 Os 4,5: 30
Es 15: 173 Sal 97,5: 230
Es 20,8: 51 Sal119,97.113: 174 Am 7,10-17:36
Es 20,11: 51 Sal143,2: 62 Am 7,14-16: 36
Es 20,17: 174 Sal143,5: 62
Es 20,18-21: 107 Ab 2,4:95
Es 31,12-18:52 Qo 3,1: 189
Mi 3,5-8.11: 30
242 La Lettera ai Galati

Mt 8,17: 187 At 13,43: 29 1Cor 4,14-16: 130


Mt9,9: 60 At 14,14:46 1Cor 5,9-11: 179
Mt 12,48-50: 151 At 14,19: 29 1Cor 5,11: 193
Mt 16,17: 35 At 15: 46,49 l Cor 6,9-10: 178,
Mt 17,27:60 At 15,1-2: 46,47 179
Mt 22,36: 173 At 15,2:46 1Cor 6,9.10: 205
At 15,13:40 1Cor 7,17-24: 156
Mc 2,10:60 At 15,20.29: 49 1Cor 7,21-24: 158
Mc 9,43.45: 168 At 15,22:46 1Cor 9,4-14: 189
Mc l 0,46b-52: 83 At 15,23:23 1Cor 10,11: 137
Mc 12,28: 173 At 15,28:46 lCor 12,13: 116
Mc 14,36: 122. At 15,36-41:46 1Cor 13: 181
At 18,4: 29 l Cor 15,50: 205
Le 1,28:23 At 21,18: 40 lCor 15,51-54: 156
Le 5,24:60 At22,1-16: 36 lCor 16,1-4: 49, 223
Le 11,52: 164 At 23,26: 23 1Cor 16,21: 193
Le 18,9-14: 191 At24,17: 49
Le 22,3:92 At 26,1-23: 36 2Cor 1,1: 24
2Cor 1,2:23
Gv 6,22: 117 Rm 1,5:49 2Cor 1,8-10: 197
Gv 10,32: 164 Rm 1,7:23 2Cor 1,8:34
Gv 18,10.26: 168 Rm r,s: 23 2Cor 2,13: 46
Gv 19,7:96 Rm 1,13:34 2Cor 5,1-4: 157
Rm 1,29-31: 178 2Cor 5,11: 29
At 1,13:40 Rm 2,17-20: 62 2Cor 6,4-7: 180
At 2,44-45:49 Rm3,30: 54 2Cor 7,5-16: 46
At 4,32.34-35: 49 Rm4,9: 54 2Cor8-9: 49
At4,36: 45 Rm 5,12-21: 137 2Cor 8,9: 223
At 5,1-11: 49 Rm 5,15-16: 138 2Cor 8,23: 46
At 5,30:95 Rm 6,3-14: 156, 159 2Cor 9:223
At 7,53: 107 Rm 6,20-23: 183 2Cor 10,12-18: 30
At 9,1-19: 36 Rm 8,15: 122 2Cor 10,14: 30
At 9,20:36 Rm 9,1-5: 82 2Cor 11,2-4: 91
At9,27: 45 Rm 13,8: 172 2Cor 11,3-5: 30
At 10,3:224 Rm 13,12-14: 157 2Cor 11,4: 28,47
At 10,39: 95 Rm 13,13: 179 2Cor 11,13-15: 31
At 11,2-3: 62 Rm 15,8:54 2Cor 11,23-25: 197
At 11,22: 45 Rm 15,22: 166 2Cor 11,26: 47
At 11,27-30: 46, 49 Rm 15,25-28: 223 2Cor 11 ,31: 81
At 12,2:40 Rm 15,25-27.31:49 2Cor 12,7: 60
At 12,3:40 2Cor 12,20-21: 179
At 12,17: 40 1Cor 1,1: 24
At 12,20:29 1Cor 1,3: 23 Ef1,2: 23
At 13:46 1Cor 1,26-29: 138 Ef2,11-15: 116
Indice dei riferimenti biblici 243

Ef2,11: 54 lTs: 23 Tt 1,4: 23, 46


Ef2,19: 188 lTs 1,1:23 Tt 1,5: 46
Ef 4,2-3: 180 1Ts 2,1: 34 Tt 1,10: 54
Ef 4,30-5,5: 179 lTs 2,7: 130 Tt3,1-3: 179
Ef5,5: 205 1Ts 2,14-16: 136
Ef6,12: 35 1Ts2,18: 166 Fm 3:23
.Ef6,21: 60 Fm 15:34
2Ts 1,2:23 Fm 12.19.21: 193
Fill,2: 23 2Ts 1,4: 135 Fm 19: 193
Fil2,6: 100 2Ts 2,2:30
Fil2,16: 166 2Ts 3,17: 193 Eb 5,7: 147
Fil2,28: 193
Fil3,3: 54 lTm 1,9-10: 179 Gc 1,1: 23
l Tm 6,3-5: 179
Coll,2: 23 lTm 6,11: 180 lP 2,24:95
Col 3,5-8: 179
Col3,11: 54, 116 2Tm3,1-5: 179
Col3,12-14: 181 2Tm4,10: 46
Col4,8: 193
Col4,11: 54
Co14,18: 193
INDICE GENERALE

Introduzione ...... ..... ..... ............................................................ .... ................. 7

Visione d'insieme della Lettera ai Galati 13

l. L'indirizzo (1,1-5) 15

PRIMA PARTE
È il Vangelo di Cristo che ho annunciato
Sezione A (Gal1,6-2,21) 21

2. Paolo rimprovera ai Galati di seguire un Vangelo che viene dagli uomini


(Sequenza Al: l ,6-1 O) 23

3. Paolo fa sapere ai suoi fratelli che il suo Vangelo viene da Dio


(SequenzaA2:1,11-17) 29

4. Sconosciuto alle Chiese della Giudea, Paolo conosce Cefa


(Sequenza A3: 1,18-24) 35

5. A Gerusalemme Paolo fa riconoscere agli apostoli


la verità del suo Vangelo
(Sequenza A4: 2, 1-10) 39
A. Il greco Tito non è costretto a farsi circoncidere (2, 1-5) 40
B. I notabili impongono solo il ricordo dei poveri (2,6-1 O).................... 44
C. A Gerusalemme Paolo fa riconoscere agli apostoli
la verità del suo Vangelo (2,1-10) ·······~·············································· 46

6. Ad Antiochia Paolo difende contro Cefala verità <iel Vangelo


(SequenzaA5: 2,11-21) ........................................................................... 51
A. Paolo si oppone alla condotta biasimevole di Cefa (2,11-14) 52
B. Paolo espone le ragioni del suo contrasto con Pietro (2, 15-21) ..... .... 54
C. Ad Antiochia Paolo difende contro Cefa
la verità del Vangelo (2,11-21) 60

7. È il Vangelo di Cristo che ho annunciato


(La sezione A: 1,6-2,21) 63
A. La prin;la sottosezione (Sequenze Al-A2) 64
B. L'ultima sottosezione (Sequenze A4-A5) 68
C. L'insieme della sezione (1,6-2,21) .................................................... 72
246 La Lettera ai Galati

SECONDA PARTE
È la Croce di Cristo che ci giustifica
Sezione .B (Gal3,1-5,1) ............................................................................... 83

8. I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo, senza la Legge


(Sequenza BI: 3,1-14) 85
A. Grazie a Gesù Cristo, avete ricevuto lo Spirito
per la Legge o per la Fede? (3,1-5) 86
B. Tutte le persone di fede sono figli di Abramo
e benedetti come lui (3,6-9) ............................................................... 88
C. Grazie a Cristo Gesù, abbiamo ricevuto lo Spirito
non per la Legge ma per_la Fede (3,10-14) 90
D. I pagani sono figli di Abramo per la Fede in Cristo,
senza la Legge (3,1-14) 94

9. I Giudei sono figli di Abramo ·per la Fede in Cristo, al di là della Legge


(Sequenza B2: 3,15-25) .......................................................................... 99
A. È grazie alla promessa e non alla Legge
che Cristo è l'erede di Abramo (3,15-18) ......................................... 100
B. La Legge è transitoria fino alla venuta della promessa (3,19-2la) .... 102
C. È grazie alla Fede e non alla Legge
che ereditiamo la giustizia (3,21 b-25) ............................................... l 04
D. I giudei sono figli di Abramo per la Fede in Cristo,
al di là della Legge (3, 15-25) l 06

l O. Siete tutti figli di Dio e seme di Abramo


(Sequenza B3: 3,26-29) 111

11. Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge e ci ha resi figli di Dio


(Sequenza B4: 4, 1-20) ............. ...... .. ......................................... .............. 115
A. Siamo tutti, giudei e pagani, figli di Dio nel suo Figlio (4,1-11) 116
B. Siamo tutti, voi ed io, figli gli uni degli altri (4,12-20) 120
C. Cristo ci ha tutti riscattati dalla Legge
e ci ha resi figli di Dio (4,1-20) 123

12. Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge e ci ha resi figli della promessa
(Sequenza B5: 4,21-5,1) 127
A. I due figli di Abramo: uno è schiavo, l'altro è libero (4,21-26) 128
B. Fecondità della Gerusalemme di lassù {4,27) 130
C. I discepoli di Cristo sono liberi (4,28-5,1) 130
D. Cristo ci ha tutti liberati dalla Legge
e ci ha resi figli della promessa (4,21-5,1) 132

13. È la Croce di Cristo che ci giustifica


(La sezione B: 3,1-5,1) ........................................................................... 137
Indice generale 24 7

A. La prima sottosezione (Sequenze B 1-B2) 138


B. L'ultima sottosezione (Sequenze B4-B5) 144
C. L'insieme della sezione (3,1-5,1) ...................................................... 148

TERZA PARTE
È la Legge di Cristo che bisogna adempiere
Sezione C (Gal 5,2-6,18) ............................................................................. 157

14. Conta solo la fede operante tramite l'amore


(Sequenza Cl: 5,2-12) 159

15. La Legge si compie nell'amore


(Sequenza C2: 5,13-18) 167

16. Le opere della carne, il frutto dello Spirito


(Sequenza C3: 5,19-26) 173
A. Le opere della carne (5,19-21) ........................................................... 174
B. Il frutto dello Spirito (5,22-26) 176
C. Le opere della carne, il frutto dello Spirito (5,19-26) 178

17. L'amore si compie in vita eterna


(Sequ~nza C4: 6,1-10) 181
A. Adempiere la legge di Cristo (6,1-5) 182
B. Mietere la vita eterna (6,6-10) ............................................................ 184
C. L'amore si compie in vita eterna (6,1-10) 186

18. Conta solo la creazione nuova


(Sequenza C5: 6, 11-18) 189

19. È la Legge di Cristo che bisogna adempiere


(La sezione C: 5,2-6,18) ......................... -................................................ 197
A. La sottosezione centrale (Sequenze C2-C4) 198
B. L'insieme della sezione (5,2-6,18) .................................................... 202

20. L'INSIEME DELLA LETTERA (1,1-6,18) 211


A. Composizione 212
B. Interpretazione 217

Conclusione .... ..... ... .. .......... ........ ...... ........... ........... ....... ........ ........ .... ...... ..... 225
Glossario dei termini tecnici .... .................................................................... 229
Sigle e abbreviazioni .............................................. ... ................................... 233
Opere citate ........................ .... ...... ............ .................................................... 235
Indice degli autori ........................................................................................ 239
Indice dei riferimenti biblici 241

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