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Appunti di Diritto Privato II parte speciale

Giurisprudenza (Università degli Studi di Firenze)

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DIRITTO PRIVATO II

13/09/2018

Diritto di famiglia nel tempo

C’è una differenza tra:

 disposizioni di principio: contenuto assiologico ampio (art.2 Cost)


 disposizioni di fattispecie: se A allora B (art.320 co.3 cc)

i principi e i valori che formano il diritto di famiglia sono principi ispirati alla solidarietà, parità tra marito e
moglie… ciò ci dice che la famiglia è un fenomeno sociale e non naturale.

Cosa c’era nel passato

 Matrimonio: sovraordinato ai singoli coniugi perché prima della legge sul divorzio, questo non
poteva essere sciolto, era più importante dell’esigenza di libertà.
 Figli: potevano essere concepiti solo all’interno della costanza del matrimonio.
 Marito: superiore alla moglie ed al figlio (oggetto di tutela da parte del genitore e del giudice).

Tutti questi elementi sono stati spazzati via.

Art.29 co.1 Cost: il legislatore si riferisce alla famiglia come naturale. Ciò perché i costituenti volevano dire
non che la famiglia sia una sorta di monolite ma invece che rappresenta qualcosa che preesiste alla
Repubblica/Stato-> nuova assiologia della famiglia e della filiazione.

Il figlio adulterino non poteva essere riconosciuto prima dal coniuge che aveva commesso adulterio perché
andava mantenuta la posizione sovraordinata del matrimonio, in quanto strumento sociale il figlio nato
fuori dal matrimonio era disprezzato e anche fuori legge.

Art.30 co.1 Cost: questo rappresenta una variazione di ciò che abbiamo appena detto perché viene detto
che vanno mantenuti anche i figli nati fuori dal matrimonio. Sono doveri che scattano per il solo fatto di aver
procreato. Se un soggetto non riconosce il figlio ma lo fa dopo 10 anni, dovrà mantenerlo per il futuro e
dovrà dare anche tutto quello che non ha dato per i 10 anni passati, quindi anche per il regresso.

Fonti sovranazionali

È necessario anche richiamare le fonti sovranazionali in ragione di quanto disposto dall’art. 117 co. 1 Cost. in
particolare:

 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali


 La carta dei diritti fondamentali dell’UE: art. 8

Queste fonti ci dicono che la famiglia è un fatto sociale e non naturale, allora confrontiamo l’art.12 CEDU e
l’art.9 Carta sui diritti fondamentali dell’UE:

 Art.12: diritto al matrimonio


 Art.9: diritto di sposarsi e di costituire il matrimonio secondo le leggi dello Stato

Portata precettiva: l’art.9 slega il diritto di costituire un matrimonio a quello di fare famiglia, distinguendo
due diritti diversi, cosa che non accade nell’art.12, qui appunto sono legati.

L’art.8 del CEDU sancisce il diritto della vita privata e familiare, ma non è presente la definizione di vita
familiare. Questa non è solo quella matrimoniale perché la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito
che la vita familiare è una situazione di fatto caratterizzata da:

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 Legame affettivo
 Assistenza medica/morale

In Italia il legislatore è stato costretto ad occuparsi dei diritti degli omosessuali-> legge sulle unioni civili l.
76/2016 istituto ad hoc per tale situazione.

Con la l. 51/1975 si ha la ri-scrizione del diritto di famiglia, in quanto il diritto deve essere uno specchio dei
valori presenti. È una legge che ha attuato principalmente:

 Principio di uguaglianza dei coniugi art.143 cc


 Obbligo di “assicurare ogni tutela giuridica e sociale dei figli extra matrimoniali-> il legislatore in
attuazione del dovere rispetto ai figli con la legge del 2012 si ha l’art.315 cc= principio di unicità dei
figli.

Prima del 2012 si parlava di filiazione legittima e filiazione naturale, c’era una differenza tra i vari figli che
oggi è stata eliminata.

l.184/1983: adozione.
l.54/2016: affidamento condiviso, mantenimento del rapporto genitori-figlio dopo la separazione o divorzio.
l.219/2012: riconoscimento dei figli naturali.
d.lgs 154/2013: revisione delle disposizioni in materia di filiazione. Modificazioni delle Azioni di stato e
introduce l’istituto della responsabilità genitoriale.
l.4/2018: femminicidi.

Tratti caratterizzanti il diritto di famiglia

Sono principalmente due:

 Si è passati dalla famiglia-istituzione matrimoniale alla centralità del legame affettivo


 L’interesse concreto della prole minorenne.

Entrambi i profili sono stati desunti dalla Costituzione e si riconoscono sia nelle fonti sovranazionali che
nella legislazione interna.

La posizione del genitore sociale non è irrilevante perché anche lui può avere delle pretese. Quindi
dall’inizio ad oggi abbiamo avuto un cambiamento delle disposizioni ma anche la giurisprudenza ha avuto
un ruolo importante perché ha esteso la giuridicità.

19/09/2018

A partire dal 2000 si inizia a definire meglio il diritto di famiglia.


Sent. Cass. 2988/1994: riconoscimento del risarcimento per causa non patrimoniale al superstite per
l’uccisione del convivente more uxorio, prima del 1994 non avevano alcuna rilevanza giuridica. Allora la
Corte di Cassazione con questa sentenza dice che il danno non patrimoniale va risarcito anche al convivente
more uxorio superstite secondo l’art.2 Cost. che tutela le conformazioni sociali all’interno del quale si
realizza la personalità dell’individuo. La convivenza more uxorio viene fatta rientrare all’interno di queste
conformazioni sociali. I ha quindi un obbligo da parte dei consociati che se lo violano vanno contro l’art.2
Cost. e di conseguenza anche contro l’art.2043 cc. Questa sentenza è stata riconfermata per molto anni.

Sent. Cass. 7/2014: caso in cui si ha una coppia di conviventi more uxorio per 10 anni, una volta finita la
volontà del convivente, entrambi prendono la propria strada. Sta di fatto che hanno convissuto per 10 anni
nella casa di lui e quando si lasciano lui sbatte fuori casa lei e cambia tutte le serrature. Che diritti ha lei, ex
convivente more uxorio? Non può essere sbattuta fuori dalla c.d. casa familiare fino a che non trova una
sistemazione diversa in tempo determinato.

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Sent. 138/2010: unione di due soggetti dello stesso sesso. Se non fossero venuti fatte, si avrebbe avuto una
discriminazione sulla base di un particolare soggetto e una violazione del principio di uguaglianza. La Corte
Costituzionale ha detto che nel concetto di conformazione sociale rientra la relazione omosessuale stabile.

Matrimonio

Introduzione: Il matrimonio gode di una garanzia costituzionale (art. 29 co. 1 Cost.), cioè è stato scelto dai
Padri costituenti come l'istituto deputato a formare la famiglia (oggetto di protezione, cfr. art. 31 Cost.)
all'interno della quale avere e crescere i figli. I quali, se nati nel matrimonio, avrebbero ottenuto una
maggiore tutela rispetto alla filiazione extra-matrimoniale (cfr. art. 30 co. 3 Cost.).

Ma oggi il quadro è più complesso e il trascorrere del tempo ha inciso sui valori (mostrandone la maggiore
varietà), sui costumi (ciò che era avversato non lo è più), sulla concezione della famiglia, finanche - e direi
inevitabilmente - sull'interpretazione della Costituzione. Perché i fatti nuovi orientano l'interpretazione e
svelano, in quanto dotati essi stessi di giuridicità, nuovi significati delle disposizioni di legge.

Oltre al matrimonio vi sono le unioni civili e la convivenza di fatto. Ma anche - lo vedremo - le famiglie
composte da due genitori dello stesso sesso.

Lo slide, nel loro complesso, pongono in rilievo soprattutto due aspetti: 1) la pluralità dei modelli familiari;
2) il consenso quale elemento fondamentale del matrimonio, come emerge dalla disciplina dei vizi del
consenso (art. 122 c.c.) e dalla posizione di assoluta parità dei coniugi che scelgono insieme l'indirizzo della
vita familiare (art. 144 c.c.).

Sotto il profilo giuridico il matrimonio è l’unico istituto previsto dal nostro ordinamento attraverso il quel si
da luogo ad una famiglia. Ci sono una pluralità di strutture familiari perché al giorno d’oggi sono presenti
anche le unioni civili (l.76/2016), queste destinate solo agli omosessuali, e le convivenze di fatto (l.76/2016).
Le convivenze di fatto sono previste solo per eterosessuali ed omosessuali. I soggetti che decidono di
convivere non vogliono sposarsi e quindi non beneficiano dello stesso stato giuridico dei coniugi. I
conviventi di fatto non vogliono gli effetti del matrimonio, per esempio il profilo della fedeltà. La convivenza
che dura fa sorgere delle situazioni giuridiche rilevanti.

20/09/2018

La promessa di matrimonio

È stata disciplinata perché ci sono degli aspetti giuridicamente rilevanti e in particolare sono tre:

 Problema della vincolatività della promessa di matrimonio


 Regime giuridico dei beni che i due si scambiano/regalano in esecuzione della promessa
 Spese sostenute collegate al matrimonio

‹‹se io ti sposerò dovrò trasferirti la piena proprietà della casa in campagna›› questa affermazione non è
possibile perché ci sarebbe una coazione indiretta sulla volontà e siccome la volontà di contrarre
matrimonio non è vincolante, questa promessa non va bene perché obbliga a fare una cosa per evitarne
un’altra.

Si ha la libertà di fare una promessa di matrimonio ma anche di scioglierla.

Art.151 cc: intollerabilità della continuazione della convivenza. Questo articolo è stato inteso dalla
Cassazione in senso soggettivo, quindi se uno dei coniugi lo ritiene tala per una motivazione socialmente
valida. La valutazione di tale motivo è soggettiva. Questa interruzione è implicita alla presentazione della
documentazione di separazione (giudiziaria o consensuale). Prima del 1970 il matrimonio non poteva essere
sciolto e la separazione non poteva avvenire se non per motivi oggettivi.

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Tornando alla promessa:

Art.80 cc: conferma l’attenzione del legislatore alla libertà del volere. I doni che vengono dati, nel senso in
cui una volta dati questi non si possono più richiedere indietro, il soggetto sarebbe in un certo senso
obbligato a sposarsi per evitare di perdere tutto. Entrambi possono chiedere la restituzione dei doni e
possono anche chiedere la restituzione dei doni e può essere chiesta anche da chi ha avuto l’iniziativa di
separarsi.

Art.81 cc: risarcimento dei danni

La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona
maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'articolo 84, oppure risultante
dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a
risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella
promessa [1337]. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla
condizione delle parti.

Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto
dell'altro.

La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio [2964 ss.].

risarcimento danni e tutela l’affidamento nella celebrazione, quindi il soggetto che ha inutilmente effettuato
delle spese in previsione del matrimonio ha diritto a vedersi risarcito e i presupposti sono:

 Reciprocità della promessa.


 Formalismo: la promessa deve essere pubblicata dall’ufficiale del comune dove stanno per sposarsi
e deve avere la forma di atto pubblico o scrittura privata. Dopo la pubblicazione per tutte le
promesse inadempiute scatta il risarcimento del danno.
 Rifiuto ingiustificato di dare seguito alla promessa. Il promittente è in colpa se non è giustificato, se
è giustificato non deve risarcire nulla. Questo presupposto è il più importante.

Incertezza tra la rottura giustificata del rapporto e quella ingiustificata. Il confine viene valutato secondo un
metodo oggettivo. Si guarda ai criteri extra-legali che è l’etica condivisa in un determinato contesto storico e
culturale.

Il danno è risarcito entro un limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti,
non sono risarcite le spese sproporzionate alla propria condizione economico-patrimoniale. Il risarcimento
del danno spetta non solo a chi ha ricevuto una motivazione ingiustificata ma anche a chi dice di rifiutare di
sposarsi perché l’altro è stato causa del “mio rifiuto” -> termine di decadenza di un anno.

Nullità e vizi del consenso

La sezione VI del libro VI è intitolato “della nullità del matrimonio”, ma è fuorviante perché si può far
riferimento alla nullità del contratto o ad un vizio che è imprescrittibile. Il matrimonio nullo si sana con la
coabitazione.
L’art.117 cc: matrimonio contratto con violazione degli artt. 84-86-87-88

Il matrimonio contratto con violazione degli articoli 86 [c.p. 556], 87 e 88 può essere impugnato dai coniugi
[124], dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero [125] e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo
un interesse legittimo e attuale [125, 127, 191, 785; 70, 100 c.p.c.].

Il matrimonio contratto in violazione dell'articolo 84 può essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei
genitori e dal pubblico ministero (1). La relativa azione di annullamento può essere proposta personalmente

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dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore età [2934, 2964]. La domanda, proposta
dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore
abbia raggiunto la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia stata
accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale.

Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non può essere impugnato finché dura l'assenza [56].

Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi del quarto comma dell'articolo 87, il
matrimonio non può essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione.

La disposizione del primo comma del presente articolo si applica anche nel caso di nullità del matrimonio
previsto dall'articolo 68.

Questo articolo dice che il matrimonio può essere impugnato e al co.2 di questo articolo viene menzionato
il matrimonio contratto dal minorenne.

27/09/2018

Regime patrimoniale della famiglia

Riguarda i coniugi e di soggetti dell’unione civile. Molti conviventi di fatto che formalizzano il loro rapporto
attraverso un regime possono scegliere con un contratto di comunione il regime della comunione legale. Il
regime comune e i soggetti che possono averlo sono quelli del matrimonio, delle unioni civili e i soggetti
more uxorio.

Ci sono diversi istituti della comunione:

 Comunione legale
 Comunione convenzionale
 Fondo patrimoniale
 Azienda familiare dal 1975, la l.76/2016 ha introdotto il nuovo articolo 230-ter (al convivete di fatto)
estendendo al convivente di fatto gli stessi diritti del coniuge che presta in modo continuativo il
lavoro presso l’azienda familiare. Tutto ciò per evitare che all’interno della famiglia ci siano dei
mancati pagamenti e a tal proposito è stato posto anche l’art.230 bis.

Comunione legale

Il regime patrimoniale legale è quel regime applicato quando manca una decisione contraria da parte degli
sposi. Emerge dall’art.159 cc.
Questa decisione deve essere annotata a margine dell’atto di matrimonio. La comunione legale è
disciplinata dagli artt.77 ss. cc. Nel tempo ha perso il motivo per la quale il legislatore l’ha prevista, la
comunione legale nel 1975 è stata introdotta per proteggere la donna, che era il soggetto economicamente
più debole. Al giorno d’oggi non è più così perché i soggetti che si sposano sono economicamente allo
stesso livello, non c’è più il divario di una volta.

I beni che cadono in comunione:

Iniziale differenza

 tra i beni che entrano direttamente:


detta anche comunione immediata:
-art.176 lett. a riguardante gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o no durante il matrimonio ad
esclusione dei beni personali. È irrilevante ai fini della comunione se l’acquirente lo ha pagato con i
propri soldi, questa è una regola che va ad aiutare il convivente economicamente più debole. Il
coniuge diventa titolare di una quota di un mezzo del bene acquisito e tale quota si materializza al
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momento della fine della convivenza. Durante la convivenza la quota di un mezzo non può essere
alienata, può essere alienata solo post-fine della convivenza. Il bene può essere venduto durante il
matrimonio solo con il consenso di entrambi i coniugi. Tale comunione legale può essere sciolta
attraversi una comunione convenzionale.
-Altro bene che cade in comunione immediatamente: art.177 lett. d e riguarda l’azienda creata
post-matrimonio (dicendo così si intende dopo la celebrazione del matrimonio), che se è gestita dai
coniugi insieme questa cade subito in comunione di beni.
-Altro bene è all’art. 177 co.2 riguardo l’azienda che già apparteneva ad uno solo degli sposi e che
dopo il matrimonio viene gestita anche dall’altro coniuge. In questo caso cadono in comunione solo
gli utili prodotti e anche gli incrementi.

 i beni che entrano in un momento successivo e in modo eventuale (va visto se a quel momento
futuro tale bene ci sarà ancora) ed entrano quando la comunione si scioglie.
Beni che cadono successivamente e in modo eventuale detta anche comunione de residuo. Questi
beni sono:

-art.177 lett. b frutti dei beni di ciascuno. Si parla di frutti civili, ossia quelli di locazione, che se non
consumato cade in comunione.

-art.177 lett. c proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi.

-art.178 cc riguarda i beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita post-
matrimonio. Per destinare i propri beni all’impresa deve acquistarli e questi non cadono
nell’art.177 lett. a perché altrimenti l’azienda dovrebbe essere intestata ad entrambi, quindi anche
all’altro coniuge che non è imprenditore.

 Beni che non cadono mai in comunione di beni: sono i beni personali all’art. 179 cc. Non cadono:

-beni di cui i coniugi erano già proprietari prima del matrimonio, perché l’altro non ha contribuito al
suo acquisto.

-beni di uso strettamente personali, tipo borse etc…

Amministrazione dei beni della comunione

Art. 180 co.2 cc


L’amministrazione varia a seconda venga in gioco un atto di ordinaria amministrazione o di straordinaria
amministrazione. Gli atti di ordinaria amministrazione possono essere svolti singolarmente da uno dei due
coniugi.
Gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, quindi che incidono sul patrimonio, nonché la stipulazione di
contratti con i quali si concedono o si acquistato i diritti personali di godimento e la rappresentanza in
giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi.

Art.181 cc: rifiuto del consenso a vendere un bene della comunione. Quello che vuole vendere si deve
rivolgere al giudice.

Se A aliena un bene senza il consenso di B, l’atto di vendita si presume sia invalido ma la sua disciplina è
contenuta all’interno dell’art.184 cc dove è detto che se la vendita è di beni immobili o mobili registrati
allora l’atto di vendita è annullabile. L’atto annullabile produce effetti fino a che non viene annullato e ha

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una durata di prescrizione, tale atto non si prescrive in 5 anni ma entro 1 anno dalla data o dalla
trascrizione. L’altro coniuge potrebbe non sapere della vendita e l’anno potrebbe decorrere.

Per i mobili non registrati l’atto è viziato ma la conseguenza non è l’annullabilità perché il coniuge che ha
venduto deve ripristinare lo status quo ante (= deve ricomprarlo). Ovviamente non tutto può essere
ricomprato e in tal caso si parla di beni infungibili e allora qua bisogna risarcire il danno economico sofferto
dall’altro per equivalente. I beni fungibili si possono ricomprare.

Art.186 e art.189 cc: beni aggredibili dai creditori. Nel 186 si ha l’elenco mentre nel 189 co.2 si ha il limite
per i creditori particolari per i crediti precedenti al matrimonio. Il creditore deve rifarsi prima sul patrimonio
personale poi su quelli della comunione, seguendo determinati limiti come la responsabilità sussidiaria.
I beni caduti in comunione sono aggredibili per i creditori in determinati casi:

 creditori particolari di crediti sorti in precedenza del matrimonio con un limite quantitativo:
soddisfarsi in via sussidiaria e fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato
 creditori derivanti da obbligazioni contrarre dopo il matrimonio da uno dei due coniugi per atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione senza il consenso dell’altro

Scioglimento della comunione

art 191 c.c.

La comunione si scioglie (2) per la dichiarazione di assenza [49] o di morte presunta [58] di uno dei coniugi,
per l'annullamento, per lo scioglimento (3) o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la
separazione personale (4), per la separazione giudiziale dei beni [193] (5), per mutamento convenzionale del
regime patrimoniale [163], per il fallimento di uno dei coniugi (6). Nel caso di separazione personale, la
comunione tra coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere
separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi
dinanzi al presidente, purché omologato. L'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati
è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione.

Nel caso di azienda di cui alla lettera d) dell'articolo 177, lo scioglimento della comunione può essere deciso,
per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista dall'articolo 162.

 per morte
 per separazione personale: nel 2015 una legge ha anticipato lo scioglimento al momento della
presentazione dei coniugi alla prima udienza

Comunione convenzionale

La comunione convenzionale è una comunione legale modificata consentita dall’art 210 c.c. mediante un
atto pubblico (richiesto dall’art 163 c.c.), essa permette di tirare fuori un bene dalla comunione legale e così
si crea una comunione ordinaria con cui si creano due proprietà di ½ del bene.

3/10/2018

Fondo patrimoniale della famiglia

Non costituisce un vero e proprio regime patrimoniale perché in tal caso si fa riferimento ad una serie di
regole volte a governare gli acquisti futuri come la comunione legale, art. 177lett.a cadono in comunione gli
acquisti fatti in futuro. Il fondo patrimoniale è esclusivo e non ha i caratteri dell’essere l’unico regime
patrimoniale scelto, perché è un istituto che affianca il regime patrimoniale scelto, e non regola gli acquisti
futuri ma da un preciso regime giuridico ad un determinato patrimonio nel presente, non opera nel futuro
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ma nel presente e riguarda i beni immobili beni mobili registrati o titoli di credito-> fondo patrimoniale solo
per questi tipi di beni.

Si costituisce per atto pubblico e per testamento: le forme di testamento sono o per notaio (pubblico o
segreto) o per testamento olografo. Può essere fatto da uno da entrambi dei coniugi o anche da un terzo e
viene fatto per far fronte ai bisogni della famiglia. Questo fondo ha una caratteristica molto importante
quindi quella di determinare una separazione tra il patrimonio dei coniugi e i beni oggetto del fondo. Questa
separazione comporta che il creditore personale del coniuge non possa soddisfarsi sui beni del fondo
proprio in forza di questa separazione. Nel nostro ordinamento sotto il profilo di destinare dei beni ad una
destinazione specifica si ha l’art 2645-ter cc:(-> staccare di beni dal proprio patrimonio per destinarli ad una
finalista specifica). Ai sensi dell’articolo 167 cc che ci dice che i beni del fondo sono per gli interessi della
famiglia fa sì che i creditori non possano soddisfarsi sui beni del fondo o dai loro profitti -> art.170cc:

L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva
essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Il fondo patrimoniale è un atto di destinazione come lo è quello che il legislatore ha introdotto in termini
generali bell’art2645-ter. Se X pone un fondo patrimoniale e ci mette un bene immobile di sua esclusiva
proprietà, a questo punto anche l’altro coniuge diventa proprietario? Il legislatore risponde all’art 168cc:

La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia
diversamente stabilito nell'atto di costituzione.
I frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia.
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative
all'amministrazione della comunione legale [180 ss.]

quindi il coniuge che costituisce un fondo e ci mette un bene di sua esclusiva proprio fa sì che la proprietà di
quel bene diventi a metà con l’altro coniuge-> donazione indiretta che si ha quando un soggetto dona un
qualcosa ad un altro soggetto in modo indiretto senza quindi usare l’istituto della donazione.
ESEMPIO: mettere nel fondo un bene di proprietà esclusiva di uno senza disporre diversamente, così anche
l’altro coniuge diventa in parte coniuge= comproprietario.

Alienazione dei beni oggetto del fondo patrimoniale

Art.169 cc:

Se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in
pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi
sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice [disp. att. 32], con provvedimento emesso in
camera di consiglio [737 ss. c.p.c.], nei soli casi di necessità od utilità evidente.

Se i coniugi durante la vita matrimoniale intendono alienare uno dei beni del fondo come si devono
comportare? C’è una disciplina contenuta nell’art.169cc e la regola che risolve il problema cambia a seconda
che ci siano o meno figli, perché se presentila possibilità di vendere è assoggettata a maggiori cautele. La
regola generale senza figli è che con il consenso di entrambi i beni è possibile alienare il fondo, se invece ci
sono figli occorre l’autorizzazione del giudice perché è vero che tale fondo protegge oltre agli interessi della
famiglia anche i figli. Il giudice valuta la validità dell’alienazione che sia volta a tutelare l’interessa della
famiglia.

Il giudice svolge la sua attività nell’interesse dei figli, l’autorizzazione di cui agli artt. 169 e 320 cc hanno la
stessa giustificazione quindi quella di tutelare l’interesse del minore.

Scioglimento del fondo patrimoniale

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Regolato dall’art. 171cc

La destinazione del fondo termina a seguito dell'annullamento [117] o dello scioglimento o della cessazione
degli effetti civili del matrimonio (2).
Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell'ultimo figlio. In tale caso il
giudice [disp. att. 32, 38] può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l'amministrazione del
fondo.
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra circostanza, il giudice può altresì
attribuire ai figli, in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo.
Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale [191 ss., 1111].

Il fondo termina a seguito della cessazione degli effetti del matrimonio. Già questa disposizione ci fa capire
che in caso di separazione personale il fondo non si divide, se poi ci sono figli la situazione si complica.
L’art 171co.2 dice che se ci sono figli minori il fondo non si scioglie fino al compimento della maggiore età
dell’ultimo figlio minore, al co.3 invece dice che viste le condizioni economiche il giudice può attribuire ai
figli, non specificata l’età…, una quota della proprietà ai figli.

L’impresa familiare

L’impresa familiare è disciplinata dall’artt.230 -bis e 230-ter.

Art.230-bis: impresa familiare

non si fa per contratto perché i diritti che il 230 bis attribuisce al familiare sono diritti che sorgono per un
dato di fatto. Sono diritti perché un familiare presta in modo continuativo lavoro nell’impresa dell’altro o
della famiglia. Al co.3 specifica il termine “familiare”. I diritti in questione sono:

 Diritto al mantenimento in base alle condizioni patrimoniali della famiglia.


 Partecipa agli utili dell’impresa familiare in proporzione alla qualità e quantità del lavoro prestato.
Dubbio su DOVE questo lavoro viene prestato: in casa si mettono il mantenimento e gli utili?
 Diritti amministrativi cioè le decisioni concernenti l’impiego degli utili, e tutte le altre decisioni, sono
adottati a maggioranza dai familiare dell’impresa.
 Diritto di prelazione in caso di divisione ereditaria o divisione dell’impresa.

Art. 230-ter cc: diritti del convivente

Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa dell'altro convivente
spetta una partecipazione agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli
incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di
partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.

I conviventi di fatto sono soggetti che non si vogliono sposare e non si vogliono sottoporre agli effetti del
matrimonio. Questo articolo prevede che il convivente che dedica il proprio lavoro/opera all’impresa
familiare dell’altro gli spetta:

 partecipazione utili e ai beni acquistati con questi utili.


 quota degli incrementi dell’azienda.

Non hanno il diritto di partecipazione e non si applica nel caso di una società o lavoro subordinato o di
contratto di lavoro.

SEPARAZIONE E DIVORZIO

Introduzione: Ci sono alcuni punti qualificanti della separazione e del divorzio, particolarmente importanti
perché svelano i valori che il legislatore ha inteso attuare con la disciplina di dettaglio. Se ne indicano alcuni
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al fine di aiutare lo studente non solo nella lettura degli articoli di legge, ma anche e soprattutto per indurlo
a soffermarsi maggiormente su certe disposizioni piuttosto che su altre.

La crisi coniugale, che sfocia nella separazione e nel divorzio, rischia di pregiudicare la prole, così il
legislatore ha cercato di salvaguardare il più possibile quest'ultima. Uno strumento che ha utilizzato a tal
fine è quello dell'affidamento condiviso (art. 337-ter co. 2 c.c.), volto ad attuare i diritti del figlio di cui
all'art. 337-ter co. 1 c.c.

La tutela della prole non subisce un'attenuazione qualora i coniugi scelgano il modello stragiudiziale per la
separazione/divorzio. Ciò significa che la tutela dei figli è un valore portante del nostro ordinamento.

Anche il coniuge economicamente più debole merita protezione, quando la sua debolezza economica è
dipesa dalle scelte da egli fatte, e condivise con l'altro coniuge, durante la vita matrimoniale. Scelte
funzionali alla contribuzione familiare e all'attuazione dei doveri derivanti dal matrimonio (cfr. art. 5, co. 6, l.
n. 898/1970 come interpretato dalla Cass. Sez. un. n. 18287/2018). Anche la tutela del coniuge debole è un
pilastro del nostro ordinamento che ha, come vedrete, un fondamento costituzionale.

Come pure il soggetto in unione civile economicamente debole merita la stessa protezione del coniuge,
tant'è che il legislatore gli ha esteso l'art. 5 co. 6 l. n. 898/1970.

La convivenza di fatto non è del tutto refrattaria all'intervento legislativo, perché la durata della medesima
fa sorgere situazioni giuridiche soggettive che meritano protezione (si vedano a tal proposito le slide sui
diritti del convivente di fatto). Anche la rilevanza giuridica dei rapporti affettivi stabili è un valore
dell'ordinamento.

Modelli di composizione della crisi coniugale

Possono essere ottenuti con o senza l’intervento del giudice. Il potersi separare senza andare in tribunale è
una grande novità che è stata introdotta dalla l. 162/2014. Tale legge non disciplina solo questo aspetto ma
è stata introdotta per portare fuori dal tribunale una serie di controversie dove prevede un procedimento
obbligatorio per alcune materie e facoltativo per altre. Obbligatorio perché le parti in lite non possono adire
al giudice senza essere passate prima dalla fase extragiudiziale, quindi senza fare prima la NEGOZIAZIONE
ASSISTITA, non si può andare dal giudice. È obbligatorio quando: per tutti crediti non superiori a 50.000
euro. La maggior parte non vanta crediti per 60.000 euro ma solo i benestanti, le persone con altri redditi
hanno l’obbligo di fare prima la negoziazione assistita. Questa è facoltativa in caso di separazione.

Con la l.162/2014: l’avvocato è obbligato a comunicare alla persona che gli si è rivolta per il proprio divorzio
o separazione della possibilità della negoziazione assistita. Vengono introdotte delle misure di
degiurisdizionalizzazione.

Il processo di negoziazione assistita è diviso in parte (cfr. slide)

Separazione personale

Ai sensi dell’art.150 co.2 cc questa può essere:

 giudiziale
 consensuale

Non si può fare la separazione consensuale quando sono si d’accordo ma non sono altrettanto d’accordo
sugli effetti futuri o non sono d’accordo sulla gestione del figlio. Quindi la separazione consensuale è
praticabile solo se i coniugi sono d’accordo sul volersi separare e anche sugli effetti.
Si ha quella giudiziale quando solo uno dei coniugi vuole separarsi, quindi deve fare domanda giudiziale al
giudice e si conclude con decreto. Questo procedimento è snello per he i coniugi non litigano su nulla.

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Invece nella separazione consensuale il procedimento è veloce perché entrambi depositano la domanda poi
il presidente tenta di riconciliarli e a questo punto i coniugi non devono tornare più in tribunale se no per
l’ultima sentenza che è quella di omologa. Il giudice in sede di omologa agisce in modo diverso in base al
farro della presenza o meno dei figli. Se non ci sono non può sindacare nel merito degli accordi raggiunti dai
coniugi, se, per esempio, nell’accordo c’è scritto che le parti si sono accordate con un assegno mensile di x
euro, qua il giudice non può sindacare sul fatto che un soggetto ha accettato un assegno di mantenimento
mensile troppo alto o troppo basso. Qua non è chiamato a fare gli interessi del coniuge più debole. L’art.158
co.2 stabilisce che quando l’accordo dei coniugi quanto all’affidamento e al mantenimento dei figli è in
contrasto con questi, il giudice convoca i coniugi per dire che l’accordo è in contrasto con l’interesse dei figli
e secondo la legge può fare una COAZIONE INDIRETTA VERSO LA MODIFICA DELL’ACCORDO con la quale
espone le indicazioni per arrivare ad un accordo più “giusto”. A questo punto il giudice fissa un’altra udienza
per vedere se le sue indicazioni sono state seguite, se poi non sono state seguite il giudice può rifiutare
l’omologazione.

Si può concludere che se la separazione è personale per quanto riguarda i figli il giudice ha il merito di
giudicare il merito.

4/10/2018

Omologa e mantenimento del coniuge

Siamo sempre nell’ambito della separazione personale.

Dalla lettera dell’art.158 cc si evince che il giudice ha:

 il merito di sindacare in merito degli accordi economici tra i coniugi: egli può rifiutare
l’omologazione se, a suo avviso, è stata prevista una somma di denaro esigua a titolo di assegno di
mantenimento del coniuge che non abbia adeguati redditi propri, né se il coniuge ha dichiarato di
essere economicamente autosufficiente o se ha rinunciato all’assegno (si badi: si tratta comunque di
una rinuncia con efficacia rebus sic stantibus in forza dell’art.156 ult.co. e dall’art.160 cc).
Si fa riferimento ai figli in generale sia quelli minori che quelli maggiorenni non economicamente
autosufficienti.
 il potere di contestare le ragioni dell’intollerabilità della convivenza. Se un coniuge domanda la
separazione si presume l’intollerabilità della convivenza. L’art.151 cc fa riferimento a fatti tali da
rendere intollerabile la continuazione della convivenza da parte di uno o entrambi i coniugi. È il fatto
dell’intollerabilità che giustifica questa domanda. Quando si farà il divorzio, questo come la
separazione, può scaturite da un contenzioso o da una domanda, giudiziale o consensuale. Il
divorzio può dipendere da o dalla presentazione della domanda da solo un coniuge, divorzio
contenzioso, o può dipendere dalla domanda congiunta, divorzio congiunto, in questi casi i poteri
dei giudici sono gli stessi che ha nella separazione. I poteri del giudice in sede di separazione
consensuale e di divorzio su domanda congiunta sono gli stessi.

Addebito della separazione

Istituto volto a dare rilevanza della colpa della fine del matrimonio e in ceri casi, dice il legislatore, la fine
del matrimonio, in altre parole la crisi patrimoniale deve essere attribuita ad uno soltanto e quindi deve
avere un prezzo per chi l’ha determinata. Il colpevole della separazione è chi ha violato i doveri del
matrimonio. Il presupposto per questo addebito è proprio l’aver violato questi doveri, presupposto
disciplinato dall’art. 151 co.2 -> la cassazione ha specificato che adulterio c’è quando il coniuge fa diventare
l’altra persona il centro della sua dimensione affettiva, quindi se si riesce a dimostrare questo legame è
sufficiente a provare la sua colpa.

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Effetti della separazione

 Viene meno l’obbligo di coabitazione


 Obbligo di fedeltà
 Obbligo di collaborazione nei confronti della famiglia
 Obbligo di contribuzione: che viene sostituito dall’assegno di mantenimento al coniuge
economicamente più debole

Assegno di mantenimento

Le disposizioni a riguardo sono laconiche e insufficienti a livello descrittivo e a far capire a cosa debba essere
parametrato l’assegno di mantenimento e di divorzio.

Quello di mantenimento deve essere dato al coniuge più debole? Stessa domanda può essere fatta per
l’assegno di divorzio.

Art.156 co.1 regola gli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali

Detta delle regole sui rapporti patrimoniali tra coniugi, come in questo articolo, e tra i figli, come gli
artt.337-bis ss. cc. Il presupposto dell’assegno di mantenimento è quello di non aver mezzi propri per il
mantenimento, quello che non è economicamente autosufficiente. Quindi e lo intendiamo così facciamo
coincidere il mantenimento con gli alimenti perché, negli artt. 433 ss. cc, dicono che vanno dati al soggetto
in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al suo mantenimento e quindi il mantenimento è stato
distinto dalla cassazione dagli alimenti. Distinzione giustificata perché lo stesso 156 fa salvo l’obbligo
alimentare al co.3 quindi presupposto all’assegno di mantenimento sono due:

 Inadeguatezza dei propri mezzi/redditi a mantenersi


 Non essere stata addebitata a sé la separazione. Nel caso in cui il coniuge a cui è stata addebitata la
separazione che non è economicamente autosufficiente, la norma dice che resta fermo il diritto agli
alimenti.

Il mantenimento ha la funzione non di rimediare allo stato di bisogno ma di garantire un tenore di vita
analogo a quello vissuto in costanza di matrimonio e ciò comporta che il coniuge non in stato di bisogno
abbia comunque diritto all’assegno di mantenimento perché senza questo assegno non potrebbe vivere con
lo stesso tenore di vita. Per effetto della separazione nessuno dei due può avere lo stesso tenore di vita e
con l’assegno si cerca di avvicinare la situazione attuale a quella vissuta durante il matrimonio/ in costanza
di matrimonio. Questo orientamento della cassazione confermata da una sent. n. 12197/2017 il quale è
ancora volto a garantire un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

Gli argomenti a sostegno si basano:

 Sulla diversità di effetti della separazione e del divorzio. Si sottolinea che nella prima permane il
dovere di assistenza materiale attuato proprio dal mantenimento. Il divorzio, invece, sciogliendo il
matrimonio, sarebbe incompatibile con il perdurare di un tenore di vita analogo al matrimonio.
 L’assegno del mantenimento avrebbe un fondamento costituzionale nell’art.29 Cost. e quindi ruolo
rilevante riconosciuto alla famiglia matrimoniale.

La cassazione a sezioni unite diceva che dalla lettura dell’art 5 co 6 della sent.12196/2017 l’azione che il
giudice è chiamato a svolgere per il mantenimento si divide in due fasi:

 la prima deve valutare i presupposti dell’assegno e qua compara i redditi dei coniugi e deve capire
se quello che guadagna meno è capace di mantenersi da solo se sì ok mentre se no va alla seconda
fase.

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 la seconda attiene alla quantificazione dell’assegno e i criteri (tutti introdotti da “tenuto conto”) si
basano in base all’età, titolo di studio, appetibilità sul mercato del lavoro, delle ragioni della
separazione (si rientra nella colpa), del contributo personale ed economico dato da ciascuno dei
coniugi alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno perché durante il
matrimonio uno dei coniugi può aiutare la formazione del patrimonio dell’altro. Questi rilievi
vengono in rilievo se è valido l’assegno.

Nella prassi è accaduto che tutti quei criteri sono stati marginalizzati perché nei tribunali quando uno
chiedeva l’assegno del divorzio, il giudice comparava i redditi e i casi erano sempre che uno guadagnava
tanto e l’altro meno e questo squilibri era giustificato dal fatto che chi ha lavorato di più deve qualcosa a
l’altro che ha lavorato meno dato che è stato dietro alla famiglia, poi si è messo in luce con la
sent.11505/2017 viene detto che l’orientamento della Cass a sez. unite del ’90 è errato perché nella pratica
è avvenuto quello che ho appena detto, ma le cose vere che ha detto sono state che quei criteri erano
marginalizzati per il motivo sopra scritto e l’altro motivo era che parametrare l’assegno alla costanza tenuta
in matrimonio non coincide affatto allo scioglimento del matrimonio-> tale scioglimento avviene con il
dovere di assicurare l’analogo tenore di vita? Ma come fa il coniuge che vuole separarsi ad avere quel tenore
di vita con un'altra persona? La Cassazione ha detto che l’assegno di divorzio va parametrato non
all’analogo tenore di vita durante il matrimonio ma al fatto di non essere economicamente autosufficiente.
La Cass. Del 2017 conserva le due fasi della cassazione del ’90 fase dell’an e del quando. La fase dell’an è
stabilita in base al fatto di non essere autosufficiente e nel quantificare la misura vanno usati quei criteri
sopra detti. Effetto aberrante di questa pronuncia/sentenza: questa Cassazione dice che l’assegno di divorzio
spetta al coniuge non economicamente autosufficiente-> domanda di quando uno non è autosufficiente?
Limite stanziato a 1.100 ,00 euro. Chi guadagna meno nel nostro stato ha diritto all’assistenza legale a spese
dello Stato e allora se non sei autosufficiente si apre la seconda fase e qua pesano le scelte patrimoniali
(tipo io lavoro part-time e mi dedico ai figli tu sei chirurgo) e le conseguenze delle scelte emergono in sede
di scioglimento. Se il coniuge che lavora part-time guadagna 1.100,00 euro non ha diritto all’assegno e non
gli viene valorizzato il tempo che lei ha dedicato alla famiglia mentre l’altro studiava per il suo futuro. Quello
che invece guadagna 1.050,00 euro ha diritto all’assegno-> questo è irragionevole vista la poca differenza
con l’altro caso in cui si guadagna solo 50,00 euro in più.

L’errore sta nell’aver cercato come parametro un criterio extralegale, i giudici del ’90 e i giudici del 2017
sono andati a cercare un criterio extralegale. Allora una sentenza del 2018 afferma che sono criteri
extralegali e critica sia l’orientamento del ’90 e del 2017 dicendo che sono criteri inaccettabili e le cose
stanno in questo modo: ci sono due grosse novità di questa sentenza

 L’art.5 co.6 non disegna due fasi ma una fase unica.


 La funzione dell’assegno di divorzio non è solo una funzione assistenziale ma è anzitutto una
funzione perequativo-compensativa (deve compensare gli effetti negativi dei sacrifici fatti durante il
matrimonio).

Il giudice a fronte della domanda di divorzio deve verificare se lo squilibro reddituale dei coniugi dipende
dalla vita matrimoniale e se sì allora ha diritto all’assegno, quindi anche se è economicamente
autosufficiente. Necessità di compensare.
per effetto di questo orientamento anche chi è autosufficiente ha diritto all’assegno se ha contribuito al
successo dell’altro…

Il matrimonio ha una garanzia costituzionale la convivenza more uxorio no. Chi si sposa fa affidamento a
scelte in base al matrimonio non pensando alla sua fine. A ciò arriva un’interpretazione unitaria dell’art.5
co.6 l.n.898/2017.

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Altra cosa importante che sottolinea la cassazione: che sia così e non diversamente quindi che l’assegno
mira a compensare deriva dalla Costituzione, l’art.29 co2 prevede che il matrimonio è ordinato
sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi-> uguaglianza e parità dei coniugi che opera non solo durante
il matrimonio ma deve operare anche in sede di scioglimento. Che parità di ruoli ci sono se durante il
matrimonio il ruolo di quello che si è dedicato ai figli è uguale a quello che lavoro ma quando poi nello
scioglimento si ha lo squilibrio o quasi non c’è parità. I criteri introdotti del “tenuto conto” sono attuati in
base alla pari dignità dei ruoli.

10/10/2018

Abbiamo detto che ci sono degli effetti della separazione e del divorzio sui rapporti patrimoniali tra coniugi.
A tal proposito abbiamo parlato per il divorzio l’assegno di divorzio mentre per la separazione quello di
mantenimento (156 co.6 cc). Questi assegni sono gli effetti patrimoniali.

Per l’assegno di divorzio si ha una sentenza della Cassazione che ha assunto una nuova posizione dove
l’orientamento non accoglie l’interpretazione bifasica della disposizione della legge sul divorzio (art.5 legge
sul divorzio) ma accoglie l’interpretazione monofasica. Assegno che è ancorato alla vita patrimoniale e al
contributo che ciascun coniuge ha dato alla vita familiare. Per l’assegno di mantenimento si è detto: che è
disciplinato dall’art156 e va di diritto a chi dei due coniugi non è la causa della separazione. Nel 2017 si ha
una sentenza che ha confermato l’orientamento della finalità di questo assegno quindi mantenere lo stesso
tenore di vita ma poi è intervenuta un’altra sentenza della Cassazione che ha detto il mantenimento dello
stesso tenore di vita è un principio valido, cos che non è per il divorzio, qua lo è perché la separazione non
determina la fine del matrimonio e la separazione può essere anche risolta con una nuova unione e perché
la separazione è diversa dal matrimonio. Questo ragionamento è stato fatto grazie alla precedente sentenza
sull’assegno di divorzio.

Ad oggi abbiamo la situazione per cui i coniugi che si separano, il coniuge economicamente più debole può
chiedere l’assegno di mantenimento seguendo il principio di mantenere lo stesso tenore di vita, poi si va
con il divorzio e si chiede l’assegno di divorzio che viene parametrato sull’altro principio, che non è lo stesso
tenore di vita. Su questa diversa funzione degli assegni bisogna rifletterci perché c’è una legge che prevede il
“divorzio breve”, prima il divorzio durava 3 anni. Si ha il “divorzio breve” perché i termini sono:

 6 mesi se si ha separazione consensuale


 12 mesi se la separazione è giudiziale

Il dies a quo di questi termini è la presentazione dei coniugi davanti al presidente del tribunale. Chi ha già
deciso di divorziare che necessità ha di avere in quei mesi un assegno di mantenimento se poi al divorzio
non ha diritto a nulla o deve all’altro dei soldi?
Ci sono anche effetti anche sui rapporti personali e patrimoniali nei confronti dei figli:
l’art.155 cc ci rimanda ad una disciplina contenuta nel Capo II del Titolo IX artt.337-bis ss. cc-> articoli che si
applicano alla crisi coniugale e alla crisi tra conviventi di fatto con figli (maggioranza dei casi in Italia). I
conviventi di fatto non sono assoggettati alla disciplina del divorzio ma sono sottoposti a questi articoli.
Ciascuno dei genitori deve corrispondere all’altro per il mantenimento del figlio, che permane il dovere di
mantenere istruire e educare. L’assegno del figlio minorenne deve essere corrisposto non al figlio ma
all’altro genitore, la crisi tra i genitori mette a rischio i diritti dei figli, che sono stati precisati in un’unica
disposizione del cc per d.lgs del 2013 che ha voluto razionalizzare la posizione dei figli all’art. 315-bis cc.
dove viene ripetuto l’art.30 co.1 Cost:

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto
delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.


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Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha
diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e
al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa (1).

Con questo articolo si ha una valorizzazione della posizione giuridica dei figli durante la crisi dei figli. Questa
normativa riguarda l’esercizio della responsabilità genitoriale a fonte di certi fatti: separazione divorzio in
generale, riguarda anche i figli nati fuori dal matrimonio. Nasce con l’art.137-ter co.1 con i diritti del figlio
nella crisi e poi il legislatore ha spiegato i diritti nei figli nella crisi che sono:

 Diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con i genitori. Il tempo di permanenza


del figlio dall’uno e dall’altro coniuge deve essere pari.
 Diritto ad essere educato da entrambi.
 Diritto di vedere gli ascendenti e i parenti familiari dell’uno e dell’altro coniuge.

Il legislatore ha introdotto l’istituto dell’affidamento condiviso. Il giudice di fronte a una domanda di


separazione o divorzio valuta prioritariamente la possibilità che i figli siano affidati ad entrambi i genitori.
L’affidamento condiviso prevede:

 Tempi paritari tra l’uno e l’altro coniuge: solitamente il figlio passa 3 gg con A e 4 con B in una
settimana e quella dopo fanno viceversa. Questo comporta che il minore sta con la valigia->
problema
 Esercizio dell’esercizio della responsabilità genitoriale in capo ad entrambi: istituto attraverso il
quale i genitori svolgono i loro doveri nei confronti dei figli. Il genitore ha la rappresentanza del
figlio. Titolarità e l’esercizio della responsabilità che nel momento dell’affidamento l’esercizio viene
fatto sempre da entrambi e così deve essere anche per l’esercizio, sia per decisioni di ordinaria
amministrazione che per quelle di straordinaria amministrazione. Quindi vuol dire che devono
prendere le decisioni insieme. Sta di fatto che talvolta il genitore può chiedere al giudice l’esercizio
disgiunto della titolarità della responsabilità genitoriale per prendere le decisioni da solo per le
decisioni di ordinaria amministrazione. Esercizio congiunto della responsabilità. In termini generali
l’affidamento lascia in capo ad entrambi la responsabilità.
 Mantenimento diretto: quando sta con me spendo io quando è con te paghi tu. Ma per quanto
riguarda gli atti di straordinaria amministrazione (tipo pagare l’intervento chirurgico) i coniugi
contribuiscono al 50% ma la percentuale può essere diversa in base al reddito.
Art. 337-ter co.4 che prevede l’assegno di mantenimento per il figlio in caso di affidamento, quindi
deroga al mantenimento diretto, tenuti conto di tutti i parametri previsti da questo articolo: i tempi
di permanenza perché chi sta meno con il figlio deve dare l’assegno all’altro. Il titolare di questo
assegno è il genitore, non il figlio, che lo deve usare per il figlio.

L’affidamento presuppone che ci sia un dialogo tra i coniugi anche se la Cassazione ha stabilito che l’asprezza
tra i coniugi non esclude l’affidamento perché sia un conflitto che non si riverberi in maniera negativa sul
figlio. L’affidamento condiviso funzione se c’è un dialogo.

L’istituto alternativa è l’affidamento esclusivo che viene fatto dal giudice in casi gravi tipo un coniuge
alcolizzato o dipendente da droghe o quel coniuge che si è sempre disinteressato del figlio. La regola che il
giudice applica nell’affidamento esclusivo è condivisa nell’art 337-quater co.1:

Il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento
motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore.

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Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo quando sussistono le
condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al
genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma
dell'articolo 337 ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il
comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare
nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.

Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio
esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal
giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate
da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro
istruzione e educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni
pregiudizievoli al loro interesse.

I casi non sono previsti dal legislatore perché è il giudice che deve studiare e valutare caso per caso. Prima
del d.lgs. del 2013 l’affidamento condiviso l’esercizio della responsabilità è in capo ad entrambi, per quella
esclusiva è in capo ad uno solo perché l’altro non ce l’ha più, ha sempre la titolarità della responsabilità
genitoriale ma non ha il suo esercizio. Nel 2013 si è reso compatibile l’affido esclusivo con l’esercizio della
responsabilità.

Dall’art. 337 quater co.4 si evince quanto segue: che se il giudice dispone l’affido esclusivo e non dispone
altro, quindi a favore A perché non ci sono i presupposi per l’affido anche a B, ma sta di fatto che le decisioni
di straordinaria amministrazione per i figli devono essere fatte insieme ma per quanto riguarda l’ordinaria
amministrazione questa si concentra in capo al genitore affidatario. Il genitore che chiede l’affidamento
esclusivo chiede anche la concentrazione della responsabilità su di sé anche per i casi più importanti perché
il codice dice che le decisioni per i casi più importanti sono prese da entrambi i genitori salvo diversa
dichiarazione. Invece con l’affido super esclusivo significa che il genitore non affidatario ha perso del tutto
l’esercizio della responsabilità genitoriale.
L’affido esclusivo distrugge i diritti del figlio, ma d’altra parte si ricava da due disposizioni dall’art. 337 quater
co.1 dove si impone al giudice un onere di motivazione specifica sulle ragioni dell’affidamento esclusivo, i
genitori, come previsto dalla costituzione, hanno il diritto di mantenere istruire ed educare i figli, e
dall’art.337 quater co.2 dove dice che se la domanda di affidamento esclusivo, il coniuge che vuole separarsi
fa la domanda giudiziale e chiede al giudice di disporre l’affido esclusivo, risulta manifestatamente infondata
il giudice applica l’art. 96 di procedura civile che può portare: al pagamento delle varie procedure e ad un
pena pecuniaria. Nel dialogo tra il cliente e l’avvocato, quest’ultimo dice che al giudice vanno provati fatti
che palesino l’incapacità dell’altro genitore.

Modello stragiudiziale di regolamentazione della crisi coniugale

Oggetto della negoziazione assistita

A) Obbligo di negoziazione assistita

L’avvocato ha il dovere deontologico di rendere noto questo istituto al cliente. È un procedimento


interessante che è gestito dagli avvocati. Diversamente dalla mediazione, dove le parti vanno davanti ad un
soggetto terzo, ossia il mediatore, nella negoziazione ci sono solo gli avvocati.

Nella negoziazione assistita ogni parte deve avere un avvocato e il procedimento parte con un invito che
una parte rivolge all’altra al fine di stipulare una convenzione di negoziazione assistita. L’invito viene inviato
alla controparte e il destinatario ha 30 giorni per aderirvi o ha 30 giorni di tempo per rifiutarla. Se l’altra
aderisce si inizia con la convenzione di negoziazione assistita e si ha l’atto, con l’accettazione, che fa partire il
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procedimento. Dopo questa convenzione le parti si incontreranno nello studio di uno dei due avvocati e
parleranno di uno degli effetti nei confronti del coniuge economicamente più debole e nei confronti dei figli.
Se si trova un accordo la negoziazione assistita termina con un accordo con cui si risolve in via amichevole la
controversia. Accordo con cui si separano e regolano gli effetti.

Se non si ha un accordo nella mediazione si inizia il processo giudiziale di separazione.

11/10/2018

Ipotizziamo che i coniugi siano d’accordo ad avvalersi della negoziazione assistita; concludono l’accordo di
separazione e di divorzio.
Il giudice è l’organo deputato a tutelare l’interesse della prole minorenne e della prole maggiorenne non
economicamente sufficiente.
La separazione e il divorzio extralegale non prescindono da qualsiasi controllo pubblico, infatti il
procedimento si conclude in modo diverso a seconda che vi siano o meno determinati soggetti, che sono:
 figli minori
 figli maggiorenni non economicamente sufficiente
 figli maggiorenni incapaci
 figli maggiorenni portatori di handicap gravi

Se ci sono questi soggetti il procedimento si conclude con il controllo del procuratore della Repubblica
presso il tribunale competente.
1. Non vi è alcuna categoria di soggetti sopra indicate; in questo caso l’accordo raggiunto deve
comunque essere trasmesse al procurato della Repubblica presso il tribunale competente, egli
effettua un mero controllo di legittimità del procedimento di negoziazione assistita. Egli non entra
nel merito degli accordi che riguardano gli effetti patrimoniali tra coniugi, alla stessa stregua di
quanto accade al giudice in sede di omologa. In caso non siano riscontrate irregolarità formali il
procuratore concede il nullaosta.
2. Se si ha la presenza di quelle categorie di figli il procuratore svolge un controllo di merito e se valuta
che non gli accordi patrimoniali non contrastano con gli interessi dei figli autorizza l’accordo. Se il
procuratore riscontra che le pattuizioni patrimoniali contrastano con l’interesse dei figli egli
trasmette questo accordo entro cinque giorni al presidente del tribunale che fissa, entro i successivi
trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo; si sposta il procedimento dalla
fase extragiudiziale alla fase giudiziale

L’aver consentito la soluzione della crisi extraconiugale non si è tramutato in una minore tutela dei figli
minori o maggiorenni non economicamente sufficienti, semplicemente è cambiato l’organo di tutela
dell’interesse dei figli, dal giudice al procuratore.

Separazione, divorzio e modifica di pattuizioni davanti all’ufficiale di stato civile

Non è possibile separarsi se ci sono quelle categorie di figli sopra indicate perché il sindaco non è in grado di
porre tutela all’interesse dei figli.

Art 12.3. del d.l. 132/2014

esso ha determinato delle incertezze interpretative nel punto in cui stabilisce che i coniugi nel loro accordo
non possono contenere parti di trasferimento patrimoniale.
In un primo momento si ritenne che i coniugi non potessero accordarsi nemmeno riguardo all’assegno di
mantenimento a favore del coniuge più debole.
Successivamente si è affermata la tesi, grazie a una circolare ministeriale, più ampia per cui il divieto
riguarderebbe i patti produttivi di effetti traslativi di diritti reali, cioè ad esempio non possono accordarsi che
uno trasferisce all’altro la piena proprietà di un immobile o l’usufrutto.
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La filiazione
Introduzione: Le slide sottolineano in sintesi alcuni aspetti della filiazione: 1) l'art. 30, commi 1 e 3, Cost. ha
rappresentato il momento iniziale di un percorso culminato nel principio della unicità dello stato di figlio
(art. 315 c.c.); 2) i progressi della scienza e della tecnica hanno fatto cadere il dogma "mater semper certa
est" (art. 269 co. 3 c.c.); 3) accresciuta capacità di autodeterminarsi del minore (ad esempio il
quattordicenne ha la capacità di negare il proprio assenso al riconoscimento, art. 250 co. 2 c.c.); 4) l'ordine
pubblico può cedere a fronte dell'interesse preminente del minore (si veda il nuovo art. 251 c.c. che, previa
autorizzazione giudiziale, consente ai genitori di mala fede di riconoscere il figlio).

La riforma 2012/2013 composta dalla legge n 219 del 2012 e un decreto legislativo n 154 del 2013.
La grande novità che la legge 219 del 2012 apporta nel nostro ordinamento è il principio dell’unicità dello
stato di figlio codificato nell’art 315 c.c.

Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico

I figli illegittimi erano discriminati sia in ambito successorio sia nei rapporti con gli ascendenti.
Prima una norma affermava che il figlio riconosciuto nato fuori dal matrimonio acquistava rapporti di
parentela solo con il genitore che lo aveva riconosciuto e non altri parenti (nonni, zii, cugini).
C’erano due stati di figli prima e ad ogni stato di figlio corrispondeva una disciplina giuridica diversa.
Da quando è entrata in vigore è cominciata la marcia di avvicinamento della filiazione naturale alla filiazione
legittima in modo che i figli potessero godere degli stessi diritti.
Tutto ciò parte dalla Costituzione:

art 30.1 Costituzione

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire e educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio

Esso non parla di figli nati nel matrimonio ma parla di “figli” in generale.
Ciò contrasta, ad esempio, con la regola per cui il genitore sposato non poteva riconoscere un figlio nato
fuori dal matrimonio.

Art 30.3 Costituzione

La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei
membri della famiglia legittima.

La costituzione attribuisce ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale.
Nel 2012 quando si afferma il principio dell’unicità dello stato di figlio le posizioni di figli illegittimi e legittimi
erano state quasi equiparate, tuttavia era presente una grande discriminazione in ambito successorio.
Questo principio ha comportato la modificazione di due articoli:
 art 74 c.c.: materia di parentela

La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la
filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia
nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone
maggiori di età, di cui agli artt. 291 e seguenti.

Questo concetto di parentela vale sia che la filiazione sia avvenuto in costanza di matrimonio sia la
filiazione avvenuta al di fuori del matrimonio.
Ad oggi filiazione legittima e naturale non sono più termini giuridici.

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 Art 258.1. c.c.

Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso.

Il vecchio articolo recitava il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu
fatto.

Costituzione del rapporto di filiazione

Riguardo a ciò bisogna distinguere tra la filiazione nata nel matrimonio e tra la filiazione nata fuori dal
matrimonio.
Le diversità derivano dall’impossibilità del legislatore di equiparare ciò.
 Se il figlio nasce o viene concepito in costanza di matrimonio si ha una presunzione di paternità.
Questa norma si giustifica sulla base dell’obbligo di fedeltà derivante dai doveri del matrimonio.
Questa presunzione è relativa, perché potrebbe essere anche non in questo modo.
L’azione di disconoscimento di paternità è l’azione deputata a superare la presunzione di paternità;
secondo l’attore in giudizio non c’è legame genetico tra figlio e padre.
L’art 269.3. c.c.

La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu
partorito dalla donna, la quale si assume essere la madre.

In altri termini madre è colui che ha partorito.


Ciò non è più sempre vero a causa della procreazione medicalmente assistita che ha permesso la scissione
tra la madre genetica e chi porta avanti la gravidanza.
Ci sono due tipi di surroga biologica di maternità:
 la donna non è sterile, i suoi ovuli sono fecondabili ma per una serie di ragioni non può portare
avanti la gravidanza, ad esempio malformazione dell’utero. Ella può avere accesso alla procreazione
medicalmente assistita. Le vengono prelevati gli ovuli, vengono fatti fecondare dagli spermatozoi del
marito e gli ovuli fecondati sono attribuiti a una donna che porta avanti la gravidanza. In Italia ciò è
vietato, il alcuni paesi è possibile a titolo gratuito mentre in altri è possibile anche a titolo oneroso.
In questo caso è nato biologicamente ad entrambi i genitori; l’ufficiale di stato civile italiano rifiuta
la trascrizione dell’atto di nascita della madre in quanto non ha partorito, tuttavia il padre ha tutto il
diritto di riconoscere il figlio nato, riconoscendolo si crea lo stato di figlio e di fatto la moglie del
marito le fa da madre anche se essa giuridicamente non viene riconosciuto come madre. Ella può
adottare il figlio, in quanto l’adozione particolare permette al coniuge di adottare il figlio del
coniuge; questa norma era stata pensate per le così dette famiglie ricomposte perché il legislatore
voleva valorizzare la situazione di fatto e farla diventare una situazione di diritto.
In alcuni paesi si prevede che se la donna che ha partorito non è biologicamente legata al figlio (gli
ovuli sono della donna committente) deve consegnare il figlio alla coppia committente ed invece
che se la donna è biologicamente legata al figlio può tenersi il figlio. Tuttavia, si creano situazioni
“spiacevoli” per cui si tende ad obbligare la consegna del figlio.
 Caso Pertini: queste due coppie di coniugi hanno avuto accesso alla procreazione medicalmente
assistita. Si trattava di coppie che non potevano avere figli attraverso il rapporto sessuale ma non
erano sterili. Unendo i loro gameti l’embrione si sarebbe formato; si parla di procreazione omologa.
L’embrione viene impiantato nell’utero della donna.
Queste due coppie hanno avuto accesso alla procreazione omologa, si sono formati gli embrioni,
poi per errore l’embrione della coppia A è stato impiantato nella coppia B e viceversa.
La coppia A è partorito mentre la coppia B ha abortito quindi il feto della coppia A è morto e il feto
della coppia B è nato tramite la donna A.
La madre secondo l’art 269.3 c.c.. è la donna che ha partorito.
Da ciò è nato la contenzione perché la coppia che ha subito l’aborto ha chiesto la consegna del nato

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e la coppia che ha partorito non lo voleva consegnare.


La coppia che ha partorito era sposata ha operato la presunzione di paternità e il legislatore
presume che il padre sia il marito della madre. I legittimati all’azione di disconoscimento di
paternità sono il padre presunto, la madre e il figlio. La norma non consente al genitore vero di agire
con il disconoscimento della paternità.
Il giudice ha affermato che va considerato il principio che è madre colei che ha partorito ma che
anche nel frattempo si è creato un rapporto affettivo tra i genitori giuridici non genetici e il figlio e
il giudice ritiene che interrompere questo legame sarebbe una violazione del principio del
prevalente interesse del minore.
18/10/2018

Martedì 23/10/2018 12:00-14:00 lezione recupero o giovedì 25/10/2018 18:00-20:00.

Riconoscimento

La costituzione cambia a seconda che il figlio sia nato dentro o fuori dal matrimonio. Lo stato di figlio si
costituisce con l’atto di nascita però se il figlio è nato nel matrimonio opera la presunzione di paternità per
cui il marito della madre non deve compiere alcun atto giuridico proprio in virtù della presunzione. Se
invece il figlio è nato fuori ci vuole l’atto giuridico che è il riconoscimento= atto di natura privata con il quale
i genitori si attribuisce la maternità o la paternità.

L’art. 254 cc

Il riconoscimento del figlio [naturale] è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione,
posteriore alla nascita o al concepimento [1 2], davanti ad un ufficiale dello stato civile [o davanti al giudice
tutelare] (2) [344] o in un atto pubblico (3) o in un testamento (4), qualunque sia la forma di questo (5).

[La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice 284 o la dichiarazione della volontà
di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento 285 importa riconoscimento,
anche se la legittimazione non abbia luogo].

Art. 250 cc

Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo254, dal padre e
dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento [30Cost.]. Il
riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso
dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il
figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine
per la notifica del ricorso all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla
notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta
opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia
compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali
provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia
palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i
provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo315
bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo262.

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Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età,
salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio.

Inoltre, il riconoscimento può essere fatto dopo con una dichiarazione fatta davanti all’ufficiale di stato civile
o con atto pubblico o con testamento, qualunque tipo di testamento (olografo o ??). una delle
caratteristiche del testamento è che può essere revocato e serve a porre nel nulla il testamento. Se alla
morte del soggetto non c’è un testamento si seguono le vie legali.
Un riconoscimento non è revocabile, neanche se contenuto nel testamento.

La disciplina del riconoscimento è contenuta nell’art. 250 e bisogna distinguere a seconda che il figlio da
riconoscere abbia compiuto o meno 14 anni, la seconda distinzione che va fatta attiene alla presenza o
meno di un altro riconoscimento al momento del riconoscimento, che quindi sarebbe il secondo
riconoscimento.
Un soggetto vuole riconoscere il figlio e questo ha 14 anni: la legge dice che non può essere fatto senza
l’assenso del figlio. Il d.lgs. del 2013 ha abbassato da soglia da 16 a 14 e tale regola dice che se il genitore
vuole riconoscere il proprio figlio e questo ha 14 anni eli può non volere il riconoscimento. Il diniego è
invalicabile perché la volontà del minore è decisiva ed invalicabile, neanche il giudice può.
La paternità è relativa perché può essere messa in dubbio con l’azione di paternità. Il consenso non dato
non può essere superato né dal giudice né il genitore che ha già riconosciuto.

Il riconoscimento del figlio non ancora 14enne non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che lo
ha già riconosciuto, l’art.30 co.1 dice che è diritto dei genitori mantenere educare ed istruire i figli ma va
detto che il genitore può negare l’assenso solo nell’interesse del figlio perché può aver interesse a far valere
quelle ragioni che gli hanno impedito di riconoscere, chi ha riconosciuto le conosce quelle ragioni. Se il
genitore nega in consenso chi persiste nel voler fare il riconoscimento può andare davanti il giudice con un
ricorso. Il diniego del genitore è valicabile. Il giudice giudica se il diniego del consenso sia fondato o no, se
non lo è il giudice emana una sentenza che tiene luogo del consenso mancante.

Il giudice nel processo può sentire anche il minore, se è capace di discernimento= capace di scegliere per sé
e di capre di cosa si parla. La regola del codice che dice che il minore non ha capacità di agire ma da tale
dichiarazione non si può dedurre l’irrilevanza delle dichiarazioni dei minori. Sta di fatto che sta al giudice
ritenere rilevanti o meno le dichiarazioni dei minori.
Ma se il giudice dice che il diniego del consenso è fondato, conclude dicendo che il secondo riconoscimento
non ci può essere e non ha diritto di farlo: non si può costituire lo stato di figlio e non lo si aggiunge come
padre, si conclude che il figlio ha solo un genitore. Ma dal punto di vista naturalistico lo ha generato, il
genitore a cui è stato negato il diritto, non mantiene educa e istruisce il figlio? E se il figlio dice che dato che
il “non-genitore” guadagna 3000 euro, 1500 euro glieli deve dare, ma su che base?
Il figlio ha 7 anni all’altro genitore non è stato dato il diritto al riconoscimento, chi mantiene? Solo un
genitore? L’art. 30 della Cost viene interpretata così: se il genitore ha il dovere di mantenere educare ed
istruire il figlio, quest’ultimo ha diritto a vedersi mantenere educare ed istruire. Tali diritti e doveri sorgono
dalla nascita e ma per farli valere ci serve la costituzione dello stato di figlio. Ma l’art. 279 cc stabilisce che in
ogni caso in cui lo stato di figlio non si può costituire il genitore può essere destinatario di un altro dovere.

Art. 279 cc

In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità [269],
il figlio [naturale] può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio [naturale] nato
fuori dal matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti (2) [433], a
condizione che il diritto al mantenimento di cui all'articolo 315-bis, sia venuto meno.

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L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.

L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale [78 c.p.c.] nominato
dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la [potestà] responsabilità
genitoriale [316, 317 bis, disp. att. 34].

Vanno distinti i piani dell’atto di nascita e lo stato di figlio: uno partorisce e non lo riconosce ma lo fa dopo
10 anni, chi vuole fare il riconoscimento dopo 10 anni chi ha già riconoscimento dice che poteva farlo 10
anni fa, inizia il processo e all’altro viene detto che deve colmare con il mantenimento tutti gli anni in cui
non ha fatto il riconoscimento più quello per il futuro. Il diritto di essere mantenuto sorge con la nascita e
può essere attivato con la costituzione dello stato di figlio ex tunc non ex nunc.

Riconoscimento del figlio incestuoso: in questo ambito è intervenuta una novità nel 2012.
Il figlio incestuoso è quel figlio nato da genitori vincolati dal legame di parentela in via retta fino all’infinito o
collaterale fino al secondo grado (=fratelli) o tra soggetti dove sussiste un vincolo di affinità in linea retta (=
fare un figlio con la suocera). È una pratica fortemente riprovata da molto ordinamenti infatti l’art. 251
precludeva il riconoscimento dei figli incestuosi in armonia con il fatto che l’incesto era reato, lo consentiva
solo nel caso in cui i genitori avessero ignorato il legame di parentela al momento dell’accoppiamento,
consentito per i genitori in buona fede perché non a conoscenza del loro legame o poteva riconoscere solo il
genitore non a conoscenza del vincolo, l’altro a conoscenza non poteva riconoscerlo. Il figlio non poteva
essere riconosciuto e non poteva agire giudizialmente con l’azione di paternità.
nel 2012 interviene la Corte Costituzionale che dichiara l’incostituzionalità dell’art. 258 co.1, articolo che
diceva che se non si poteva essere riconosciuti non si poteva nemmeno agire giudizialmente con l’azione do
paternità, la corte interviene facendo sì che il figlio incestuoso non riconoscibile potesse agire per vedersi
riconosciuta la paternità. La Corte Costituzionale ha agito in favore del figlio perché non è colpa sua il fatto
di essere incestuoso e ha seguito anche il principio dell’uguaglianza e di pari dignità con tutti gli altri figli. Un
conto è il fatto che l’incesto è reato e quindi i genitori non possono riconoscere perché sono in galera, ma al
figlio non può spettare lo stesso trattamento. Nel 2012 ai genitori in mala fede è stato concesso il
riconoscimento, ma come è possibile se l’incesto è ancora reato e se questi due si sono accoppiati vuol dire
anche che non sono del tutto regolari?

Art. 251 cc

Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea
collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità [78] in linea retta, può essere riconosciuto previa
autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso
qualsiasi pregiudizio (2).

Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal giudice (3).

Con tale disposizione si giustifica il riconoscimento permesso ai genitori incestuosi. Principio importante: i
limiti all’accertamento della genitorialità si giustificano solo se sono nell’interesse del figlio. Regola che non
ammette contestazioni, ma non è sicuro che non ci possano essere casi in cui il riconoscimento del figlio
incestuoso vada a favore del figlio incestuoso? Nel 2012 viene detto che il riconoscimento può essere
chiesto e sta al giudice decidere se poi dare o no il riconoscimento, avendo valutato la loro storia. Se non
viene riconosciuto il figlio va in adozione.
ESEMPIO: tribunale di Caltanissetta dove il padre violenta la figlia e nasce un bambino. Il padre, che di
conseguenza diventa nonno, lo riconosce e pure la figlia, che ora è madre. Il tribunale dice che deve
giudicare con il nuovo articolo 251 e il riconoscimento del nonno può farlo solo se il giudice lo autorizza e
dato che non lo autorizza, lui non può riconoscere. La bambina ha sempre convissuto con la madre biologica
e ci ha legato in ogni senso e se negassi alla madre il riconoscimento non farei l’interesse della figlia. Se

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fosse una disposizione rigida non si realizzerebbe il concreto interesse del minore, con l’interpretazione più
elastica si va a garantire meglio questo interesse.

24/10/2018

Le azioni di Stato

Introduzione: Le azioni di stato sono quelle azioni che riguardano la filiazione e sono funzionali a rimuovere
lo stato di figlio - come l'azione di disconoscimento della paternità, l'azione di contestazione dello stato di
figlio e l'impugnazione per difetto di veridicità - oppure ad attribuirlo attraverso il reclamo dello stato di
figlio o la dichiarazione giudiziale di maternità/paternità.

Le slide qui pubblicate offrono una sintesi del tema che potete studiare insieme ai capitoli I e II del mio
volume sulla filiazione.

Al di là della disciplina di dettaglio di ciascuna azione di stato che è importante aver presente, si possono
mettere in rilievo alcuni aspetti di carattere generale che vi invito a riscontrare nella normativa: un certo
equilibrio, rinnovato con la riforma 2012/2013, tra il favor veritatis e il diritto alla conservazione dello stato
di figlio (non veritiero); un favore per la costituzione dello stato di figlio attraverso la previsione della figura
del curatore speciale quale legittimato passivo dell'azione (art. 276 c.c.); un maggior rilievo alla centralità
dell'interesse del minore nelle azioni di stato (art. 244 ult. co., c.c., art. 264 c.c., art. 273 co. 2 c.c. che
prevede il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione di cui all'art. 269 c.c. se egli abbia
compiuto 14 anni.

Azioni differenziate a seconda che i genitori siano sposati oppure no

Nonostante l’introduzione del principio dello stato di figlio, il legislatore della riforma 2012/2013 ha tenuto
ferma la precedente distinzione tra:

A. Azioni che postulano il matrimonio


-azione di disconoscimento (art.244 cc): è per superare la presunzione di paternità. Può essere
usata dal figlio o dalla madre o dal padre, che sono i legittimati attivi (=solo loro due possono
esercitare questa azione), manca il vero padre.
Deve essere usata entro sei mesi dalla nascita se a conoscenza del fatto che il marito non possa
essere il vero padre, o se non a conoscenza della circostanza i sei mesi partono dal momento in cui
ne viene a conoscenza. Se questa azione va in prescrizione lo stato di figlio rimane seppur falso.
La prescrizione può decorrere solo quando il soggetto è in gradi di esercitare il diritto, il dies a quo è
la conoscenza della circostanza.
Molto spesso l’uomo impotente scopriva la sua impotenza dopo molti anni e lui agiva in giudizio con
l’azione disconoscimento e così lui cerca di affermare la verità e la propria identità. Un minore come
costruisce la propria identità? In base alle azioni, alla life style, etc… dei genitori. Ma abbiamo detto
che c’è un principio dell’interesse preminente del minore (presente nella Cost., nella Carta di
Nizza…) e quando l’interesse del figlio si scontra con altri interessi interviene il giudice che decide
sulla base di questo principio. L’art.244 co.2 dice che quando il marito viene a conoscenza ha un
anno per agire. Ma al co.4 viene detto che l’azione non può essere proposta entro cinque anni dalla
nascita, quindi il padre che ha un figlio di 7 anni non può agire perché l’azione non può essere fatta
perché ormai sono trascorsi 5 anni dalla nascita. Dopo 5 anni, la conoscenza o meno è irrilevante. I
legislatori così facendo vogliono garantire il figlio alla conservazione dello stato di figlio, anche se
falso. Questa regola dell’art.244 co.4, il rapporto tra chi si comporta come genitore e il figlio diventa
rilevante e se la filiazione non può essere eliminata significa, che il rapporto di filiazione per i
legislatori ha assunto rilevanza, perché il fatto di essersi comportato come padre per tot anni fa sì

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che egli ormai sia il padre, non vale nel caso in cui all’art.244 co.3 dove dice che il padre non si
trovava nel luogo in cui è nato il figlio, in tal caso il tempo decorre dal momento di riunione dei due.
Art.244 co.6 azioni imprescrittibili per il figlio. Se il figlio 14enne va dal giudice e dice che è insicuro
se suo padre è realmente quello biologico, il giudice nominerà un curatore. Se il figlio è infra 14enne
l’istanza del giudice può essere fatta o dal pubblico ministero o dall’altro genitore. Quando il
tribunale o il PM, che può essere sollecitato anche dal vero padre che non può compiere l’azione di
disconoscimento, nomina il curatore non deve valutarlo solo sul sentore che non ci sia il
fondamento biologico ma anche sulla prospettiva del minore.
Il ruolo di curatore viene assunto da persone scelte da un elenco presente in tribunale, sono
persone con competenze di essere un curatore speciale o di amministrazione di sostegno, che prima
erano avvocati etc… scelti mediante un criterio preciso.
-azione di contestazione dello stato di figlio
-azione di reclamo dello stato di figlio
B. Azioni specifiche per la filiazione nata fuori dal matrimonio
-azione giudiziale di paternità o maternità (art.269 cc)
-impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità (art.263): l’art.263 co.3 è speculare
all’art.244.
L’azione di impugnazione può essere fatta anche dal padre vero perché l’azione può essere proposta
da chiunque ne abbia interesse. I legittimati sono: il figlio, il padre che ha riconosciuto falsamente e
chiunque ne abbia interesse. Tale azione deve essere proposta entro un anno dalla nascita e se
l’autore del riconoscimento ha ignorato la sua impotenza, il tempo decorre dal momento in cui ha
scoperto l’impotenza e anche per la madre decorre da questo momento se no a conoscenza
dell’impotenza del marito, entro 5 anni dalla nascita del figlio. Le azioni di stato

Per eliminare lo stato di figlio bisogna agire in giudizio con le azioni di stato e queste vengono usate anche
quando uno stato di figlio avrebbe dovuto essere istituito ma non lo è stato. In questi due ambiti hanno
rilievo le azioni di stato. Nel primo caso, che si riferisce allo stato di figlio costituito falsamente, in rilievo si
hanno il disconoscimento della paternità, la contestazione dello stato di figlio e la veridicità. Falsamente
perché non c’è legame genetico tra chi si è assunto ruolo di genitore e il figlio. Nell’altro caso si ha il reclamo
dello stato di figlio o la reclamazione giudiziale di paternità o maternità.
Con le azioni di stato si va a togliere lo stato di figlio costituito falsamente.

La riforma del 2012 e 2013 ha introdotto l’unicità dello stato di figlio e ha introdotto le azioni di stato per
contestare o costituire lo stato di figlio lasciano la struttura precedente dove erano presenti azioni solo per il
figlio matrimoniale e altre azioni per i figli nati fuori dal matrimonio.

Le azioni di stato sembrano girare attorno l’asse del legame biologico, lo stato di figlio si basa sul rapporto
biologico tra i genitori, quello falso è un reato. L’azione di stato viene in rilievo perché c’è o meno il legame
biologico. La disciplina delle azioni di stato non è attenta solo all’esistenza o meno del rapporto biologico,
quindi non è solo interessata alla verità della filiazione, perché questo istituto delle azioni di stato esprime
un equilibro tra il favor veritatis e il valore della certezza dello stato dio figlio, e quindi del mantenimento
dello stato di figlio seppur falso, sono due valore di cui il primo è quello della verità, l’ordinamento non può
tollerare stato di figli falsi e da l’azione per toglierlo, ma altre volta la verità sarebbe a danno del minore che
per tot anni ha creduto che Tizio fosse suo padre. Questo Tizio non può dopo tot anni dire che non è più
genitore.

Equilibrio tra favor veritatis e il diritto della conservazione del figlio dello stato di figlio seppur falso e qua
viene in gioco un altro valore perché se lo stato di figlio può sempre essere eliminato, prima poteva essere
eliminato da quando hai conosciuto dell’impossibilità di avere figli etc… e da quel momento iniziava a
decorrere il tempo. L’interesse del minore viene garantito dopo 5 anni dalla sua nascita.

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Adozione del figlio minorenne

Legge 184/1983 intitolata “diritto del minore ad una famiglia”. Quale famiglia? Quella di origine, l’adozione è
un provvedimento eccezionale assunto dal tribunale dei minori quando è stato impossibile recuperare la
famiglia originaria. La madre ha il diritto a non essere nominata nell’atto di nascita e di non riconoscere il
figlio e viene consentito l’abbandono. Tale diritto è stato riconosciuto per garantire la salute della madre e
tutelare la vita del figlio.

L’ordinamento non favorisce l’adozione ma il recupero di quella originaria.

Bisogna distinguere varie adozioni:

 Adozione piena: effetti pieni di parentela


 Adozione in casi particolari
 Adozione internazionale

Tra i principi fondamentali in materia di adozione figurano:

-adozione quale extrema ratio a fronte delle difficoltà della famiglia di origine a educare e a crescere
adeguatamente il figlio. Il nostro stato cerca di prevenire che un minore si trovi in stato di abbandono,
proponendo strumenti etc… se lo Stato non riesce in via preventiva a evitare che i minori si trovino in tale
situazione, interviene in via successiva facendo si che quelle famiglie che si trovano in condizione di
difficoltà tanto da pregiudicare il minore, lo stato si impegna perché tale famiglia possa recuperare dei
rapporti con il minore. A tal fine si ha l’istituto dell’affidamento del minore (artt.2 e ss. della legge), con cui il
figlio venga tolto dalla famiglia di origine per un periodo preciso e prorogabile per una sola volta cosicché in
tale periodo si inizi un processo di recupero della famiglia e i vari professionisti cercano di capire quali siano
problemi al fine di poter reinserire il figlio nella famiglia di origine. La famiglia id origine non ce l’ha più in
casa perché viene trasferito in una famiglia con figli minori o anche ad un single, in grado di assicurargli i
rapporti affettivi e che sia in grado di educarlo mantenerlo ed istruirlo.
Chi dispone l’affidamento familiare? Dipende perché bisogna vedere se la famiglia d’origine collabora o
meno. Perché se la famiglia collabora l’affidamento è disposto dal servizio sociale, il quale suggerisce alla
famiglia l’affidamento del figlio. Se manca l’assenso del minore l’affidamento è disposto dal tribunale dei
minori. Nei casi particolarmente conflittuali il tribunale può disporre che il figlio non abbia più legami con la
famiglia di origine.

I compiti del servizio sociale sono particolari perché come si legge all’art. 5 co.2 egli svolge un sostegno
educativo e psicologico affinché il figlio possa essere reinserito in famiglia.
L’affidatario deve:

 Accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento, educazione ed istruzione,


tenendo conto delle indicazioni dei genitori che non sono stati destinatari di un provvedimento ex
art.330 o 333 cc.
 Osservare le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante (servizio locale o tribunale dei minori).

L’affidamento può avere due esiti: uno positivo, quindi il figlio è tornato nella famiglia di origine, poi la
l.173/2015 intitolata “diritto alla continuità affettiva” tratta e prevede due cose rilevanti: la prima dove i
soggetti affidatari in caso di esito negativo non potevano fare domanda di adozione, ma spesso
l’affidamento del minore viene fatto a coniugi con figli minori determina la nascita di un rapporto tra il
minore affidato e la famiglia. Quindi si è concluso che gli affidatari possono fare domanda di affidamento
solo se coniugati. In questa legge del 2015 il legislatore ha scritto che se l’affidamento ha un esito positivo al
minore deve essere garantita la continuità affettiva con la famiglia affidataria, nulla è previsto qualora la

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famiglia di origine ostacoli in tutti i modi questi rapporti ma ovviamente si può fare un ricorso per far valere
questo diritto di continuità affettiva

-bigenitorialità, (art.6 l. n.184/1983) cioè l’adozione è attenta alla salvaguardia del minore sotto il profilo di
garantirgli la presenza di due genitori. Ma questo principio non ha una attuazione inderogabile perché si ha
l’adozione in casi particolari, che può essere richiesta dal single, si ha anche la step child adoption he non è
altro che un’adozione in casi particolari ai sensi dell’art.44 lett. d sulla legge dell’adozione, questo caso è per
gli omosessuali. Si ha anche l’adozione pienamente legittima per gli omosessuali.
È una bigenitorialità che non assicura la diversità di sesso dei genitori, quindi non si ha la figura della madre
e la figura del padre. Questa bigenitorialità incontra più deroghe: quella in casi particolari per il single e poi
all’art.25 co.4 in caso di morte o sopravvenuta incapacità di uno dei due coniugi durante l’affidamento
preadottivo, in tal caso la domanda (la sentenza di adozione ancora non si ha) non viene rigettata perché
questo articolo stabilisce una sorta di “periodo di prova” per i genitori. Il superstite deve fare un’istanza al
tribunale dove dice che nonostante la morte del consorte lui vuole lo stesso adottare il figlio. Se non fa
questa istanza il superstite non può essere obbligato a tenere il figlio e in tal caso il figlio viene affidato ad
un’altra coppia. Altra deroga si ha nell’art.25 co.5 in caso di separazione personale dei coniugi e qui
l’affidamento può essere fatto in modo esclusivo a solo un coniuge o ad entrambi. Questa separazione può
determinare che entrambi non avendo più il compagno non abbia più voglia di adottare ma possono anche
adottare, se fanno la domanda di conferma dell’adozione da parte di uno od entrambi i coniugi, facendo
così’ un’adozione per coniugi separati. Ovviamente il giudice stabilisce il tutto.

-volontà dell’adottando (artt.7 e 45 l. n. 184/1983). Il minore può avere instaurato di rapporti affettivi e
l’art.11 della legge sull’adozione stabilisce lo stato di dichiarazione di adottabilità (poi si ha il processo
preadottivo e infine la sentenza di adozione), e il giudice può dire, dopo le sue ricerche, che l’adottato abbia
parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Il legislatore preferisce che il
figlio rimanga in famiglia piuttosto che essere dichiarato in stato di adottabilità, che se va a buon fine la
famiglia di origine viene cancellata. Il minore deve sentirsi legato a questi parenti e che gli stessi parenti
diano prova di essersi presi cura bene del minore.

-rilevanza dei rapporti affettivi consolidati con il minore: se ci sono tali rapporti si può evitare l’adozione o si
può giustificare l’adozione in casi particolari (rilevanza della dimensione affettiva).

I single non possono adottare, l’adozione è attenta alla salvaguardia del minore sotto il profilo di garantirgli
due genitori e rileva anche la volontà dell’adottando (il 14enne non può essere adottato senza il suo
consenso: anche per il 12enne capace di autodeterminarsi)

25/10/2018

Con riguardo all’adozione si deve distinguere tra:

 Adozione dlele persone maggiori di età (artt.2891 ss. cc.)


 Adozione del minore di età (l.184/1983) in questa categoria vanno distinte:
-adozione piena (crf. Titolo II l. n. 184/1983)
-adozione in casi particolari
-adozione internazionale quando la coppia disposta ad adottare adotta un minore da un altro stato,
non solo europeo.

Adozione piena

L’adozione piena da un lato e l’adozione in casi particolari e del maggiorenne producono effetti diversi per
quanto riguarda la parentela che si instaura con l’adozione. La differenza sta nelle diversità dell’ampiezza
della parentela perché se è piena la parentela è altrettanto piena nel senso che l’adottato è come se fosse

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nato in costanza di matrimonio, lo stato di figlio è lo stesso del figlio nato in costanza di matrimonio,
acquisisce un legame di parentela non solo dei genitori ma anche del resto dei familiari di entrambi i
genitori. Con questa adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia di origine, egli perde ogni
vincolo di parentela con la famiglia di origine, esistono solo per i divieti di tipo matrimoniale. La famiglia di
origine non deve entrare nelle nuove dinamiche di vita del figlio.
L’art.27 di questa legge diche il figlio adottato assume lo stato di figlio come se nato in costanza di
matrimonio.
I coniugi che adottano è come se avessero avuto un figlio nato in costanza di matrimonio.

Si divide in tre fasi:

 Dichiarazione di adottabilità del minore: la situazione di abbandono c’è quando il minore non ha
assistenza morale e materiale da parte di genitore, mancanza che è irrilevante se causata da una
causa transitoria non imputabile ai genitori. Occorrono fatti gravi specificatamente dimostrati in
concreto, senza dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale non basati su indizi non
idonei a dimostrare il pregiudizio del figlio. Questa situazione deve essere dichiarata anche quando
non risulti più possibile prevedere il recupero della famiglia di origine.
Il procedimento inizia con un ricorso al PM, poi si ha l’atto di apertura del procedimento e il
tribunale può sospendere la responsabilità genitoriale e fa indagini per capire la situazione del
minore.
Se i genitori ci sono non è detto che quando si apre il procedimento si apre l’affidamento sia già
compiuto perché i genitori possono cambiare.
 Procedimento preadottivo: il minore viene affidato a chi ha fatto domanda, a una coppia di coniugi
e non ai single. Questo serve a verificare l’idoneità genitoriale dei coniugi che hanno fatto domanda.
Il tribunale attraverso i servizi sociali viene a conoscenza della loro idoneità a fare i genitori.
Vengono fatte delle indagini, che riguardano in particolare ai sensi dell’art.22 co.4:
- ‹‹capacità di educare il figlio››
- situazione personale ed economica degli adottanti
- la salita e gli ambienti familiari degli adottanti
- i motivi per i quali i due desiderino adottare
Poi inizia una vigilanza e si accerta se ciò che hanno scritto i servizi sociali sia veritiero o no.
 Sentenza di adozione

Effetti dell’adozione del maggiorenne

Art.300 cc che stabilisce che nonostante l’adozione i rapporti con la faglia d’origine non vengono meno. La
sua adozione non determina un’elisione con la famiglia di origine e il vincolo di parentela sussiste ancora.
Giuridicamente ha due famiglie. Non si ha alcun rapporto civile tra l’adottato e la famiglia adottante (né
verso i genitori né verso i parenti dei suoi genitori).

Questo articolo vale anche per l’adozione in casi particolari.

ARGOMENTI DA FARE SUL LIBRO

Adozione in casi particolari

In questo tipo di adozione si richiama l’art.300 cc da parte dell’art.55 della l. 184/1983 secondo cui
l’adozione non induce alcuni rapporti civili tra adottato e parenti dell’adottante.
Riguardo questo vincolo di parentela si sono distinte due tesi:

 Tesi 1: il rinvio all’art.300 cc contenuto nell’art.55 della legge 184/1983 è incompatibile con la nuova
definizione di parentela contenuta nell’art.74 cc in cui viene detto che questi vincoli si estendono

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anche ai figli adottivi ad esclusione delle adozioni di maggiorenni.


Nell’art.74 non viene specificata la tipologia dell’adozione. (Prosperi)
 Tesi 2: sostiene che il vincolo di parentela sia negato anche all’adozione in casi particolari,
interpretando in modo estensivo l’ultimo periodo dell’art.74 cc. (Sesta)

Ritenere che la parentela operi pienamene anche nell’adozione in casi particolari finirebbe con il legittimare
una generalizzata adozione piena da parte di chi è single (Sesta). Nei casi tassativi di cui all’art.44 legge n.
184/1983 è autorizzato ad adottare anche la persona non coniugata, la quale piò adottare in casi particolari
con gli stessi effetti dell’adozione piena, posto che l’adottato instaurerebbe un legame di parentela con i
parenti dell’adottato.

La seconda tesi appare più attenta alla coerenza ermeneutica mentre la prima cerca di reinterpretare in
modo più armonico il principio dell’unicità dello stato di figlio.

È stata accolta la seconda tesi e viene sottolineato che l’adozione del maggiorenne e l’adozione in casi
particolari sono due istituti che prevedono quale elemento fondamentale la conservazione dei legami
parentali tra adottato e famiglia d’origine. Inoltre, in questi due istituiti non si crea alcun rapporto civile tra
adottato e parenti degli adottanti.

Adozione del maggiorenne

Adozione internazionale

POSSONO ESSERE FATTE DALLE SLIDE E SUGLI APPUNTI

31/10/2018

La ‹‹genitorialità sociale››

Legame non fondando su un legame biologico. Il problema si pone quando non si trovano disposizioni che
facciano riferimento in modo espresso alla genitorialità sociale. Sappiamo che la rilevanza giuridica è
emersa in giurisprudenza, sia quella interna che in quella internazionale. Ci sono degli indici normativi
rilevanti tra cui uno è la legge 173/2015. Fattispecie concrete dove è emerso il problema della rilevanza
della genitorialità sociale.

Il tema della genitorialità sociale si inserisce in un contesto di famiglia e altri modelli familiari che sono sorti
nel nostro paese a partire da una 50ina di anni fa, dopo l’introduzione del divorzio e insieme ad un
mutamento del contesto sociale. Ciò ha fatto nascere delle famiglie accanto al modello matrimoniale che
era il modello principale. Modelli di famiglia che sono sotto i nostri occhi sono:

 le famiglie cd monoparentali, dove c’è un solo genitore insieme ad uno o più figli
 quelle omogenitoriali, omosessuali con figli
 quelle di convivenza di fatto, omosessuali o eterosessuali create fuori dal matrimonio
 quelle dell’unione civili (l.76/2016)
 le famiglie ricomposte, ossia quelle che si creano dopo una separazione o un divorzio.

Questi contesti familiari che hanno un’espressa tutela dall’art.3 della Cost e queste nuove famiglie creano
nuovi problemi giuridici in primo piano nella giurisprudenza. In questo contesto va inserito il genitore
sociale che viene inserito nelle famiglie ricomposte e in quelle tra omosessuali o eterosessuali fuori dal
matrimonio.

Non si ha una disciplina ad hoc per il genitore sociale e si hanno solo degli indici generali. Si fas eccezione
per l’adozione in casi particolari art.44 l. sull’adozione lett. d. manca una definizione ed uno statuto per
questa figura. Una definizione di matrice dottrinal-giurisprudenziale è:

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 terzo genitore è chi si aggiunge alla coppia genitoriale esistente e che porta a compimenti i suoi
ruoli di genitore. Matrigna o patrigno.
 genitore sociale genitore in posizione di secondo genitore e si ha quando non ha riconosciuto o è
defunto, siamo all’interno di una coppia omosessuale che hanno fatto fare un figlio all’estero
condividendo la genitorialità

Coniuge o partner di uno dei genitori riveste di fatto un ruolo genitoriale. Si giustificano norme diverse a
seconda che si tratti di terzo genitore o genitore sociale?

Diritto riconosciuti dalla giurisprudenza al genitore sociale

Se ne hanno due:

 Si ha il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale di fatto. Il danno da perdita è un
danno non patrimoniale, che quindi va ricondotto all’art.2059, e va riconosciuto nel caso in cui un
terzo uccida il proprio congiunto. È un risarcimento per la perdita del figlio al genitore etc… e dal
1994 la Cassazione ha riconosciuto questa risarcibilità anche ai conviventi di fatto basandosi sui
presupposti esistenti tra i coniugi matrimoniali (affetto, assistenza medica e morale, convivenza).
Questa giurisprudenza ha fatto da modello per una giurisprudenza a favore del genitore sociale. qua
sono tre le pronunce da chiamare, due di merito di Milano e una di Reggio Emilia. I casi sottoposti
erano casi in cui erano stati uccisi dei ragazzini e i tribunali per la prima volta hanno chiesto il
risarcimento del danno per la perdita di un rapporto parentale di fatto. Sia il Tribunale di Milano sia
la Cassazione del 2016 hanno trovato degli indici presuntivi dell’esistenza di un rapporto genitoriale
di fatto quali convivenza genitore sociale figlio, l’esistenza di tutti i doveri genitoriale.
 Diritto a conservare rapporti significativi con il figlio sociale reciprocamente, è il cd diritto di visita. Il
problema è che partendo dalla definizione del genitore sociale, quindi chi riverse un ruolo
genitoriale essendo partner o compagno del genitore legale, il genitore sociale dopo la separazione
non ha più diritto di visita. Art.337 ter art che non consente di valutare nel caso concreto di
mantenere i contatti con il compagno del genitore sociale-> allora viene chiesto di mettere le mani
su questo articolo. Art.333 cc il tribunale può adottare provvedimenti nell’interesse del figlio.
Articolo utilizzato nei contesti più vari anche quello per disporre l’affidamento del figlio al servizio
sociale. Se i rapporti sono interrotti quando il minore non è del tutto conscio del rapporto, non è
pregiudizievole per il figlio interrompere il rapporto. Questo articolo secondo la Corte
Costituzionale, l’art.333 cc, era già stato usato a scopi vicini tipo per consentire i significativi rapporti
tra nonni legali e nipoti legali, qualora fossero ostacolati prima dell’art. 317 bis, ma era stato
utilizzato anche per riprendere la relazione ostacolata dai genitori.

Strumenti esistenti per rendere un genitore sociale un genitore legale

Si può formalizzare la genitorialità sociale? Esiste un’unica previsione normativa: il legislatore aveva la sola
ipotesi di vedovanza, quindi soggetto unito ad un coniuge vedovo.
L’unica fattispecie prevista è alla lett. p art.44 per il coniuge del genitore legale, si ha l’ipotesi dello step
parent adoption del coniuge, questa è l’unica ipotesi normativamente prevista ma i genitori sociali, non
sono solo i coniugi, possono essere i nuovi partner conviventi etero/omosessuali o dal 2026 la parte di
un’unione civile, l’unito civilmente unito al coniuge legale. La lett. d dell’art. 44 contempla solo il genitore
sociale coniuge, che ne è dei rapporti genitoriali sociali che coinvolgono conviventi e uniti civilmente? I
problemi sono riguardo le famiglie concrete per le quali la giurisprudenza ha studiato delle soluzioni. Una
soluzione prevista è l’adozione in casi particolari del convivente omosessuale anche del genitore legale non
all’interno della lett. d ma attraverso la lett. p.

Adozione in casi particolari è lo strumento giusto per dare una cornice ai rapporti dei coniugi di fatto? Per il
genitore sociale imposizione del secondo genitore l’adozione in casi particolari è uno strumento efficiente
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perché richiede l’assenso dei genitori legali e nel caso di secondo genitore si ha un solo genitore legale e
quindi solo lui darà

Lucina allarme

ASCOLTA DAL 50esimo MINUTO IN POI

Due pronunce di quest’anno:

 pronuncia di merito di Cagliari aprile 2018 che ha consentito l’adozione in casi particolari seguendo
la lettera d dell’art.44 all’amica della madre. Era un caso dove la madre legale e i figli si erano
trasferiti per un lungo tempo a casa di questa amica e alla fine si era instaurato un rapporto
pressoché genitoriale tra l’amica e il figlio.
 Pronuncia riguardante una nonna sociale, prima a favore di una nonna sociale, dove i rapporti tra la
nonna e i nipoti erano ostacolati dai genitori, con questa pronuncia è stato stabilito che i rapporti
potessero essere mantenuti applicando l’art.317 bis.

Citazione da un saggio del Gorgoni: “L’affettività porta con sé la giuridicità del legame”.

07/11/2018

Successione mortis causa

Per orientarci si divide la successione in:

 Successione legittima che on va distinta con quella dei legittimari (sono: ascendenti, i genitori,
coniugi, e i discendenti, i figli)
 Successione testamentaria

Si succede o per legge, quella legittima, o per testamento, cioè il titolo in base a cui si succede o è per legge
o testamento. Quella del testamento viene regolata dal testamento. Quella dei legittimari è un tipo di
successione che va ad integrare quella legittima o quella testamentaria. I legittimari sono dei soggetti ai
quali la legge riserva una quota dell’eredità e questa quota è qualificata come quota indisponibile del
decuius. Non può essere destinata ad altri se non a loro e quindi si ha una tutela della famiglia in senso
stretto perché i legittimari sono dei soggetti che devono succedere necessariamente e non possono essere
ignorati. Se un soggetto non vuole che la legge regoli la propria eredità sceglie di farla per testamento e in
questo ha l’obbligo di mettere questi legittimari.

La successione si apre al momento della morte e si apre o per legge o per testamento. Possiamo avere
anche il caso in cui la successione legale concorre con quella testamentaria quando il testamento riguarda
solo una parte della propria successione e allora per la parte della successione non coperta dal testamento
interviene la legge. L’art.457 cc riprende quello che abbiamo detto e al secondo comma prevede il principio
della subordinazione della subordinazione legittima a quella testamentaria. Non si fa luogo alla successione
legittima se non quando manca in tutto o in parte la successione testamentaria. La successione si apre ex
testamento.

Vanno inoltre distinte le:

 Vocazione testamentaria: indica il titolo in base al quale si succede, la legge o il testamento (ex lege
o ex testamento).
 Delazione testamentaria: offerta dell’eredità ad un determinato soggetto. Il delato è il chiamato
all’eredità. Se si apre la successione mortis causa di tizio bisogna chiederci da che regole è ordinata
la successione e poi bisogna vedere chi è chiamato a rispondere all’eredità.
Erede è chi ha accettato l’eredità

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Il delato è un soggetto che è destinatario dell’offerta dell’eredità ed è l’unico soggetto che può
accettare o rifiutare l’eredità.

Quando si apre la successione mortis causa di Tizio si cerca il chiamato all’eredità, ossia il delato. Figura
rilevante perché ha dei poteri che sono previsti dall’art.460, rubricato “poteri del chiamato prima
dell’accettazione”. Da un’eredità possono arrivare anche svantaggi oltre che svantaggi. L’erede è il
continuatore dei rapporti giuridici del decuius quindi anche dei debiti. Allora il delato vuole vedere se
conviene o meno accettare e questa accettazione si prescrive in 10 anni. Nell’attesa che ci sia un erede
possono succedere a fatti come lo spossessamento di un bene della famiglia, occupazione di una proprietà…
a questi fatti reagisce il chiamato e in base al 460 viene detto che il chiamato può agire con azioni
possessorie, atti conservativi e farsi consigliare dal tribunale delle successioni a vendere beni dell’eredità nel
caso in cui i beni non si possano conservare o se la loro conservazione comporta un gran dispendio
economico.
Per far fronte ad un’eredità che non ha ancora un erede si è previsto l’istituto del curatore dell’eredità
giacente. Occorre che qualcuno si occupi di questa eredità anche perché nel caso ci sia la presenza di
creditori questi vanno soddisfatti e non possono aspettare 10 anni.

L’art.42 ult. co. Cost. dice che la legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e
testamentaria. Questa disposizione non prevede i legittimari e questo dato ha consentito agli studiosi di
confermare che la tutela dei legittimari. Da tempo si sta rivedendo la disciplina dei legittimari, non si può
togliere del tutto perché c’è il principio costituzionale di solidarietà costituzionale, la sua abrogazione
produrrebbe una violazione costituzionale di questo principio.

La legge individua i successibili; le successioni legittime, nel titolo 1 ci sono le disposizioni generali delle
successioni, il titolo 2 è dedicato alle successioni legittime, il primo tipo di vocazione esempio: Tizio muore e
non ha fatto il testamento e allora bisogna guardare agli artt. 565 ss. cc. E vengono definiti successibili i
coniugi, i discendenti (figli), gli ascendenti (genitori), i collaterali (i fratelli) e gli altri parenti fino al sesto
grado (cugini…) e in mancanza anche del parente di sesto grado è successibile anche lo Stato (art.586 cc con
la previsione che lo Stato non risponde dei debiti ereditari oltre i debiti dell’attivo, lui paga i creditori con
l’attivo ereditario oltre a questo non fa nulla). Quando si accetta l’eredità l’erede accetta ultra vires
ereditaris, ossia oltre le forze dell’eredità quindi pagherà dalle proprie tasche. Se il delato ha accetta con
beneficio di inventario l’erede risponde intra vires ereditaris.

L’art.565 cc mette queste figure successibili sullo stesso piano e all’art.566 cc, rubricato “i figli”, al padre e
alla madre succedono i figli in parti uguali. All’art.581 cc siamo nell’ipotesi del concorso del coniuge con i
figli dopo la morte dell’altro coniuge, muore A e lascia il coniuge superstite e un figlio o si ha la morte di A e
lascia un coniuge superstite e più figli. Quindi se muore con un solo figlio il coniuge si prende la metà se i
figli sono due ognuno si prende un terzo.

Art.582 cc “concorso del coniuge con ascendente e con fratelli e sorelle”: il coniuge è più importante degli
ascendenti, 2/3 va al coniuge e 2/3 agli ascendenti in tal caso l’eredità è stata divisa tutta, si può avere un
concorso anche tra coniuge ascendenti e fratelli e sorelle del decuius. In mancanza dei figli e dei fratelli del
decuius l’eredità è devoluta interamente al coniuge

Art.571 cc ipotizza il concorso tra genitori e fratelli/sorelle del decuius. Io muoio e allora concorrono alla mia
eredità mia mamma il papà e la Ceci. Tutti sono ammessi alla successione del medesimo per capi, ossia che
l’eredità si devolve in parti uguali per quante teste ci sono.

I successibili sono individuati dalla legge, e abbiamo visto che gli ascendenti concorrono con i fratelli/sorelle
e un soggetto che sta per morire vuole fare testamento e il professionista gli dice che dato che il morente ha
in vita i genitori e i fratelli e in tal caso opera il 571 cc. Nel caso uno voglia escludere i fratelli può farlo
perché non sono tra i legittimari. Ai genitori la quota indisponibile va data altrimenti possono dopo
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impugnare il testamento e riprendersi la quota, l’altra parte della quota può lascarla a chi gli pare, tipo ad
un amico.

Disposizioni sui legittimari:

 Art. 538 cc: come quota indisponibile si ha 1/3 del patrimonio che va agli ascendenti e 2/3 del
proprio patrimonio è la quota disponibile. In questo caso in cui chi muore lascia solo i genitori ex
lege questi si prendono tutto il testamento se invece il decuius fa il testamento i genitori hanno
come quota indisponibile solo 1/3 del patrimonio.
 Art. 537 cc: se un soggetto sta per morire e lascia superstite solo un figlio e vuole fare testamento
deve lasciare al figlio la metà del suo patrimonio. Se lascia un figlio e gli ascendenti, il legittimario è
il solo figlio che ha quota di ½ patrimonio e l’altra metà è quota disponibile.

I beni che sono usciti dal patrimonio del decuius perché donato i valori di queste donazioni vanno tenute in
considerazione per la valutazione della quota di riserva.

Chi succede e capacità di succedere

Il coniuge, per effetto della legge 76/2016 anche il coniuge dell’unione civile, ma chi ha la capacità di
succedere? Sono capaci di succedere tutti colo che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della
successione, i posso istituire erede il figlio che Tizia porta in grembo. Può darsi che la successione si apra
quando non è ancora nato o quando è nato e tale figlio è il chiamato. Sufficiente è il concepimento.

Possono succedere anche i figli non concepiti purché figli messi in relazione ad una determinata persona
vivente al tempo della morte del testatore. All’art.462 co.3 dice che possono ricevere per testamento i figli
di una determinata persona alla morte del testatore anche se non ancora concepiti.

Quindi coloro che possono succedere sono i:

 Nati
 Concepiti
 Non concepiti, quest’ultimo solo se è figlio di una determinata persona che è vivente al momento
della successione.

Art.463 eredità devoluta a persone giuridiche, come le società enti …

Indegni a succedere

Quando si è commesso uno dei fatti di cui all’art.463 o quando una sentenza del giudice che dice che uno si
quei fatti è stato commesso. L’indegno non ha capacità di succede ma l’indegnità quando si ha? Quando si
ha una sentenza che dice che il soggetto ha compiuto una delle fattispecie del 563 e ciò comporta che
finché non interviene una sentenza che accerti l’indegnità si ha la delazione e il delato può accettare
l’eredità. Si tale punto si conclude che l’indegnità non è un caso di incapacità a succede ma più un caso di
esclusione della successione.

08/11/2018

Altre forme di testamento sono:

 Per atto di notaio


 olografo

Il testamento per atto di notaio può essere:

 Pubblico che è quello ricevuto dal notaio davanti ai testimoni davanti al notaio si scrivono le
volontà. il notaio, che fa e firma il testamento, non può contenere delle disposizioni testamentarie a
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favore del notaio. L’art.557cc ci dice che il notaio è incapace a succedere quindi se il notaio viola
questa disposizione di legge al momento dell’apertura della successione questa clausola è nulla e
non produce effetti. Se per esempio il notaio si è fatto un legato all’apertura quel legato è nulla.
L’art.597 cc anche i testimoni che devono intervenire, per la forma pubblica del testamento, sono
incapaci a succedere.
Se interviene una sentenza di indegnità, colui che ha accettato l’eredità deve restituire tutti i beni
ricevuti, può ottenere se non c’è la sentenza ma non può trattenere se interviene una sentenza.
Art.463 cc distingue i casi di indegnità tra quelli di rilevanza penale e quelli di rilevanza civilistica:
- Penale: omicidio volontario o tentato perché chi ha ucciso la persona di cui nella successione si
tratta, il decuius o il coniuge o il discendente della stessa è un indegno.
- Civile: n°3-bis della l.437/2015 è indegno chi è caduto dalla responsabilità genitorialità e non
l’ha riacquistata al momento della successione. Se il genitore è decaduto da questa
responsabilità genitoriale (art.330 cc) quando viola i doveri di genitore. Il genitore che si è
macchiato di tali colpe non ha diritto a succedere e allora è indegno, purché si abbia una
sentenza che ne dichiara l’indegnità.

È indegno chi ha soppresso celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata
regolata. La pronuncia di indegnità ha effetto retroattiva ossia dall’apertura della successione e
l’indegno deve restituire tutti i beni ottenuti post apertura.
Art.456 cc o genitori hanno l’usufrutto legale dei figli e beneficiano dei frutti e degli utili ottenuti da
queste proprietà del figlio. Se il genitore è dichiarato indegno e quindi non può accettare l’eredità
del proprio ascendente, questa eredità si devolve al nipote. Il legislatore non voleva nemmeno che i
genitori avessero la continuazione dell’usufrutto legale o amministrazione che gli viene accordata
dalla legge, il genitore indegno non ha più tale usufrutto o amministrazione perché gli viene tolta e
passata ai nipoti.
Art. 466 cc prevede la riabilitazione dell’indegno che è in poche parole un perdono. Il decuius
conscio del fatto che il successibile ha commesso uni dei fatti di cui all’art.463 lo perdona e
attraverso questa riabilitazione impedisce che qualche possibile successibile eviti di iniziare un
processo per indegnità. Questo articolo distingue tra la riabilitazione espressa e la riabilitazione
tacita:

- Espressa: si realizza o con atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma del
testamento. Atto pubblico che può essere il testamento pubblico o un altro documento
pubblico, quindi fatto da un’autorità pubblica.
- Tacita: è persa sotto il profilo degli effetti che produce perché mentre la espressa restituisce
tutta la capacità a succedere al perdonato. Colui che viene riabilitato tacitamente no perché
nella riabilitazione tacita il testatore a conoscenza della pena il testatore pone una disposizione
testamentaria e allora il riabilitato non può pretendere qualcosa di più oltre a quello espresso
nella dichiarazione testamentaria. Nell’ult.co. dell’art. 466 dice che il soggetto riabilitato è
ammesso a succedere nei limiti della disposizione testamentaria, significa che se il riabilitato in
modo non espresso è un legittimario, ai sensi dell’art.466 co.2 cc, e gli viene lasciato un bene a
titolo di legato il cui valore è inferiore alla quota di riserva questo legittimario purché accade nei
limiti della disposizione non può pretendere la quota di riserva, in quanto indegno.
 Segreto

Successioni a titolo universale o particolare

 Nelle universali si ha l’erede, è colui che succede nell’universalità dei raccolti che fanno capo al
decuius ed è il continuatore della persona del decuius. Lui risponde dei beni ereditari.

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 Nelle particolari si ha il legatario è destinatario solo di un bene ereditario. Lui non risponde dei
debiti ereditari.

Art. 588 cc rubricato “disposizioni a titolo universale e a titolo particolare”, il legislatore non ha detto che
vada utilizzata la parola erede ma ha detto che le disposizioni testamentarie qualunque sia la
denominazione usata dal testatore sono a titolo universale se comprendono l’universalità o una quota
dell’eredità. Le altre diposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono il titolo di legato.

Se il legato in realtà è un indegno ma di tale indegnità il testatore non ne era a conoscenza, gli altri eredi
possono agire con un’azione di indegnità.

Legge contro il femminicidio: per evitare che l’autore del femminicidio abbia dei vantaggi. Il coniuge A
uccide il coniuge B, chiamato all’eredità è anche il coniuge omicida, esso può accettare l’eredità e trattenere
i beni ottenuti, poteva tenerli prima della legge contro il femminicidio. Si ha allora la sospensione dalla
successione, quindi il coniuge indagato di omicidio/sicuro di omicidio non può tenere l’eredità proprio
perché è sospeso.

Art.463-bis rubricato “sospensione dalla successione” dice che sono sospesi dalla successione il coniuge,
anche legalmente separato, nonché la parte dell’unione civile indagati per omicidio volontario…

In casi di condanna o pena su richiesta delle parti il responsabile è escluso dalla successione. Si passa dalla
sospensione all’esclusione della successione. Al co.2 le ipotesi del primo co. si utilizzano anche nel caso in
cui sia il figlio che uccide i genitori o il fratello che uccide il fratello.

Accettazione dell’eredità

Possono essere di due tipi:

 Pura e semplice, l’erede risponde dei debiti anche con il proprio patrimonio
 Con beneficio di inventario, l’erede risponde dei debiti solo relativamente all’attivo dei debiti

Modi di accettazione pura e semplice

I modi attraverso i quali si procede con l’accettazione pura e semplice possono essere espressa art.475 cc o
tacita artt. 476-477-478 cc. È espressa quando il chiamato con atto pubblico o con scrittura privata dichiara
di accettare l’eredità: è modo di accettare che non presenta problemi. Diversamente vale per quella tacita,
si ha accettazione tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la
sua volontà di accettare quindi qui l’accettazione non avviene in maniera espressa, in quanto manca l’atto
pubblico o la scrittura privata, ma avviene perché l’erede compie un atto che presuppone la sua volontà di
accettare l’eredità.

L’art. 477 cc riguardano caso della donazione.

L’art.478 cc rubricato “rinuncia ai diritti di successione”. Il soggetto che rinuncia alla sua quota di ½ a
beneficio di un soggetto chiamato ad un subordine dietro corrispettivo, non rinuncia ma ne fa motivo di
lucro quindi ne dispone e la legge lo considera erede.

L’accettazione tacita opera solo se colui che compie quell’atto che postula necessariamente la volontà di
accettare, quindi deve essere consapevole che verrà considerato erede, o può dire che compie quell’azione
ma non intende accettare l’eredità. Ciò che si richiede non è la consapevolezza dell’atto che opera a
prescindere dalla sua conoscenza, ciò che è richiesto è la delazione ereditaria a proprio favore, ossia il tizio
che compie l’atto e non era a conoscenza dell’apertura dell’atto e che lui era il delato allora non opera
l’accettazione tacita, mentre se era a conoscenza dell’apertura e che le era stata offerta l’eredità se compie

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l’atto sapendo che questa eredità ti è stato offerta non sapendo di essere proprio il delato, l’accettazione
opera normalmente.??????

Con beneficio di inventario: il chiamato all’eredità sceglie questa via quando egli ha il sospetto che vi siano
dei debiti ereditari pertanto non vuole rischiare di trovarsi nella situazione in cui i debiti ereditari siano
superiori all’attivo ereditario e quindi pagare di tasca propria. Questa accettazione fa si che rimanga distinto
il patrimonio del defunto da quello dell’erede, cui art.490 co.1. Con tale separazione conseguono
determinati effetti, in particolare tre e sono indicati dall’art.490 co.2:

 Confusione (modo di estinzione dei debiti diverso dall’adempimento). Vengono tenuti distinti per
evitare la confusione.
 Non è tenuto l’erede a pagare i debiti ereditari e dei legati, oltre il valore dei beni a lui pervenuti.
 Nel conflitto tra i creditori dell’erede e i creditori del decuius prevalgono quelli del decuius ed
essendo i patrimoni separati i creditori dell’erede non possono beneficiare del patrimonio
ereditario, su questo devono agire prima i creditori ereditari.

Modi di accettazione con beneficio di inventario

Qua non si può accettare in modo tacito ma si può accettare solo in modo espresso, art.474, può essere
fatto con atto pubblico del notaio o del cancelliere. Se il chiamato vende un bene ereditato, il legislatore non
ti considera come un erede che ha accettato con inventario ma come puro e semplice.

Questa accettazione deve essere inserita nel registro delle successioni, nel tribunale del luogo dove ha
avuto accettazione, poi deve essere inserita nei registri immobiliari. Questo modo di accettazione esige un
inventario che viene fatto dal notaio, facendo l’inventario si ha conoscenza dell’attivo e del passivo. Come si
pagano i creditori: ci sono tre modi per adempiere alle obbligazioni ereditarie quindi tre tipi di liquidazioni:

 Liquidazione individuale: modo più semplice e veloce perché vengono pagati via via che si
presentano. Ma se uno dei creditori fa opposizione a questa procedura questa metodologia smette
e viene applicata quella concorsuale.
 Liquidazione concorsuale: metodo più complesso dove viene fatta una graduatoria
 Liquidazione cessione dei beni ereditari ai creditori: rilascio dei beni ai creditori e ai legatari. Li lascia
in mano a loro.

La legge distingue due tipi di chiamato:

 Il chiamato, colui che può accettare, che è nel possesso dei beni ereditari. L’art.485 dice che il
chiamato all’eredità che ha qualsiasi titolo ai beni ereditari deve fare l’inventario entro tre mesi
dall’apertura della successione, se non lo fa il chiamato è considerato erede puro e semplice. Se fa
l’inventario ha 40 giorni per decidere se accetta o meno l’eredità e se fa passare questi giorni la
legge lo considera comunque un erede puro e semplice.
La ratio di un termine così breve è perché se è in possesso dei beni ereditari può creare problemi
con l’interesse dei creditori.
 Il chiamato che non è nel possesso dei beni ereditari. In questa situazione il legislatore non si pone il
problema di considerare anche i creditori. Si applica l’art.487 cc e ha 10 anni per decidere di
accettare l’eredità con beneficio di inventario. Se decide così l’ordinamento si pone come “una
cozza”, e il chiamato che non è nel possesso e dichiara di accettare con beneficio di inventario deve
fare in 40 giorni l’inventario, se non si dichiara viene considerato erede puro e semplice. Accettando
diventa erede e rientra nel possesso dei beni e a questo punto allora vale la ratio di prima.
Se il soggetto fa prima l’inventario, una volta che lo ha terminato, deve dichiarar se accetta o meno
nei 40 giorni successivi al compimento dell'inventario. Nel caso non si pronunci perde il diritto di
accettare l’eredità.
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Separazione dei beni del decuius da quelli dell’erede

Artt.512-518 cc istituto di separazione dei beni del decuius da quelli dell’erede.

Uno dei vantaggi dell’accettazione con inventario è che i creditori del decuius prevalgono su quelli
dell’erede. Il numero 3 ci dice che c’è la referenza dei creditori dell’eredità ma se i creditori vogliono
mantenere questa prevalenza devono avvalersi dell’istituto della separazione dei beni tra decuius ed erede
se non lo fanno si verifica la confusione di patrimoni e i creditori del decuius non hanno più la preferenza. Il
legislatore ha posto un istituto autonomo a tutelare i creditori ereditieri.

Come avviene la separazione

La separazione di questi beni non è una separazione che riguarda tutti i beni del defunto ma quando un
creditore decide di porlo in essere il creditore deve dire cosa intende separare e qua hanno rilievi gli articoli:

-Art.517 cc riguardo i beni mobili la separazione deve essere fatta davanti al giudice e viene detto di fare da
un determinato soggetto l’inventario.

-Art.518 cc riguardo i beni immobili la separazione deve esse fatta con iscrizione del credito o del legato
sopra ciascuno dei beni che si vogliono separare e tale iscrizione viene eseguite nei modi in cui vengono
fatte le ipoteche.

Delazione successiva

Attiene all’individuazione di un altro delato nel caso in cui il primo non possa o non voglia accettare
l’eredità, si hanno tre istituiti:

 Sostituzione
 Rappresentazione
 Accrescimento

La delazione successiva riguarda la ricerca del delato ulteriore nel caso in cui il primo delato non possa o
non voglia accettare. Il legislatore ha bisogno dell’erede e allora ha strutturato questi tre istituti, posto
nell’ordine in cui li ho messi perché se ci sono i presupposti della sostituzione non opera la
rappresentazione, se non ci sono i presupposti della sostituzione allora si applica la rappresentazione se
mancano i presupposti della rappresentazione si applica l’accrescimento.

14/11/2018

Rinuncia all’eredità

Quando si apre la successione mortis causa il soggetto chiamato all’eredità può accettarla o rinunciarla o
può anche non fare nulla. Nell’ultimo caso bisogna che il soggetto inerte Stia attento alla condizione in cui si
trova perché se il delato è in possesso dei beni ereditari, l’inerzia non è irrilevante. La rinuncia diversamente
dalla accettazione pura e semplice che può essere anche tacita, la rinuncia è un atto formale e all’art.519 cc
viene detto che deve essere fatto o con azione ricevuta dal notaio ossia atto pubblico o ricevuta dal
cancelliere del tribunale del luogo dell’ultimo domicilio del defunto, ossia dichiarazione davanti al
cancelliere del tribunale. La rinuncia è un atto che non ammette né termine né condizione, chi rinuncia
viene considerato come se no fosse mai stato chiamato quindi ha effetto retroattivo e si cancella la
delazione. Si da la possibilità al chiamato che ha rinunciato di trattenere i legati eventualmente disposti a
suo favore dal testatore, caso in cui il testore ha messo un determinato erede e nei confronti dello stesso
soggetto ha attribuito dei legati (soggetto destinatario di una parte dell’eredità universale e una parte
particolare), quindi se tale soggetto rinuncia all’eredità può comunque trattenere il legato.

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L’art. 521 co.2 stabilisce che il rinunziante può tuttavia ritenere la donazione o domandare il legato (quando
si apre la successione il legatario deve domandare il legato all’erede, che ha l’obbligo di adempiere ai legati)
fino a concorrenza della quota disponibile.

L’art. 522 cc introduce l’argomento della delazione successiva perché chi rinuncia fa spazio al delato
successivo ossia quello che viene in gioco solo quando il primo è stato fatto fuori.

Art. 523 cc successione ex testamento e il chiamato all’eredità rinuncia l’istituto che interviene è la
sostituzione, può essere presente solo nel testamento perché consiste in una disposizione fatta dal
testatore dove viene indicato il secondo erede. Gli istituti che in questo caso vengono usati sono in questo
ordine: sostituzione, rappresentazione e accrescimento.

Art. 524 cc affronta il problema, molto rilevante, che è quello delle conseguenze della rinuncia all’eredità sui
creditori del chiamato perché il chiamato che rinuncia all’eredità può fare un torto ai suoi creditori quando il
patrimonio di colui che ha rinunciato è insufficiente per pagare i creditori e l’altro presupposto è che
l’eredità sia attiva. Questi si vedono privati del proprio credito in modo inutile e il legislatore gli permette di
usare lo strumento dell’impugnazione della rinuncia dell’eredità al fine di farsi autorizzare per accettare
l’eredità in nome e in luogo del rinunciante che è possibile solo in presenza dei due precedenti presupposto.
Va fatto un accertamento per poter usare questo strumento.
I due presupposti dell’impugnazione non sono indicati da quel comma ma sono stati ricavati dalla dottrina e
dalla giurisprudenza dl fatto che la rinuncia all’eredità deve determinare una rinuncia ai creditori, le
condizioni dell’azione, la norma dice che deve arrecare un danno ai creditori, il modo per determinare
questo danno è stato chiarito dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Il creditore che utilizza lo strumento, è un erede? No, non diventa erede perché accetta esclusivamente per
soddisfarsi sui beni ereditari.

Art. 525 cc consente di fare una distinzione tra accettazione e la rinuncia. Perché l’accettazione non si può
revocare, vale il principio di origine romana, la rinuncia si può revocare perché il legislatore è interessato ad
avere un erede perché senza di questo non si ha una continuazione dei rapporti giuridici. Si può fare la
revoca della rinuncia solo se il tempo dell’accettazione non sia prescritto e che i delati successivi se ci sono
non abbiano accettato l’eredità. La rinuncia può essere impugnata per violenza o dolo, non per errore.

Sostituzione

Se parliamo di sostituzione ci sono due tipi:

 Ordinaria: artt. 688-691 cc sono per la sostituzione ordinaria. Si ha nel caso in cui il testore è
preoccupato che il primo chiamato non possa o non voglia accettare, tipo perché il chiamato è
premorto (morto prima della successione e non può accettare, allora il testatore sente il bisogno di
fare una disposizione dove specifica il sostituto. Possono sostituirsi più persone ad una sola o il
contrario. Tipo istituisco erede Tizio e nel caso in cui questo non accetti io dispongo sostituti Caio
Sempronio e Lillo.
 Fedecommissaria confinata ad un caso specifico. Questa è una sostituzione particolare perché
mentre in quella ordinaria abbiamo una delazione che da un soggetto si sposta verso un altro
soggetto, in quella fedecommissaria beneficiano dell’eredità sia il primo che il secondo chiamato. È
il caso in cui il genitore o l’ascendente o il coniuge dell’interdetto istituiscono rispettivamente il figlio
o l’ascendente o l’altro coniuge con l’obbligo a carico dell’interdetto di conservare e restituire alla
sua morte i beni ereditari a favore della persona o degli enti che sotto la vigilanza del tutore hanno
avuto cura dell’interdetto, è un grave abituale infermo di mente. Si protegge l’interdetto favore la
presa in carico dell’interdetto così in qualche modo colui che impiegava il proprio tempo ed energie
per curare l’interdetto avrebbe avuto un corrispettivo, ossia di godere dei beni ereditari. L’interdetto
non può vendere i beni in quanto non può disporne salvo il caso in cui abbia avuto l’autorizzazione.
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Art. 694 cc alienazione dei beni da parte dell’interdetto con l’autorizzazione giudiziaria che può
consentire l’alienazione di questi beni in casi di utilità evidente con il reimpiego delle somme
utilizzate.

Rappresentanza

La rappresentazione è un istituto che consente ad un soggetto di subentrare sotto il profilo della chiamata
all’eredità nel luogo e nel grado di un altro soggetto, così si consente a questi ultimi di accettare l’eredità
del decuius. La rappresentanza opera in verticale e in via collaterale i discendenti del figlio o del fratello del
chiamato all’eredità che non può o non vuole accettare. Opera solo quando il chiamato che non può o non
vuole sia fratello o figlio del decuius. Il rapporto tra decuius e soggetti della rappresentanza deve essere o
di figlio o di fratello.

È disciplinata dagli artt. 467 ss. cc.

Art. 467 cc rappresentazione in tutti i casi in cui il chiamato non voglia o non possa accettare.

Art. 468 cc a favore dei discenti dei figli o dei fratelli/sorelle del defunto. Opera quindi solo se è fratello o
figlio e opera a favore dei discendenti di questi due.

ESEMPIO: Si hanno tre soggetti A B C, A muore, B è il figlio di A che non può o non vuole accettare e la
rappresentazione fa sì che il fratello di A possa subentrare e così C interviene.

La rappresentazione fa subentrare nel luogo e nel grado il proprio ascendente nel nostro esempio il
soggetto della rappresentanza può accettare anche se questo risulta indegno nei confronti del morto.

Accrescimento

Disciplinato dagli artt. 664 ss. cc.

L’accrescimento è la terza possibilità di avere un chiamato ma non è l’extrema ratio perché ci sono casi in cui
non sussistono nemmeno i casi dell’accrescimento. Nel caso in cui non ci siano i presupposti si chiama lo
Stato con il fatto che questo non risponde dei debiti. Può operare solo se si ha dei soggetti che concorrono
alla successione mortis causa, istituisco eredi Tizio Caio e Sempronio, Tizio accetta e gli altri due no allora
posso usare due presupposti:

 Coniuctio verbis: ossia che gli eredi sono stati istituiti con lo stesso testamento, il testatore può fare
più testamenti e questi se non si escludono a vicenda sono tutti efficaci. L’accrescimento opera solo
a favore di soggetti che sono stati istituiti con lo stesso testamento e che sono stati istituisti senza
determinazione di parti o in parti uguali.
Istituisco eredi Tizio nella quota di ¼ Caio nella quota di ¼ e Sempronio nella quota di 2/4 domanda:
se Tizio non può o non vuole accettare l’eredità, può operare l’accrescimento? Si, perché la
coniuctio re vuole che i soggetti siano istituiti in parti uguale o non determinate. Se sono istituiti in
quote diverse

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L’accrescimento opera anche con riguardo con la disposizione a titolo particolare, ossia al legato. Se non c’è
il legatario perché premorto la cosa legata va all’erede. Ha luogo anche tra più collegatari a cui è stato
lasciato lo stesso oggetto.

Art.675 cc accrescimento tra collegatari.

15/11/2018

I legittimari
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Art. 536 cc I legittimari sono i soggetti a cui la legge riserva una quota dell’eredità o altri diritti.

Quota di riserva o indisponibile è quella dei legittimari, la quota restante o disponibile può essere usata dal
decuius come vuole.

Principio di intangibilità della quota di riserva che è da intendere in senso quantitativo o di valore; cioè il
legittimario ha diritto ad un valore corrispondente alla sua quota e non ad una quota di tutti i beni
comprendenti l’asse ereditario (c.d. intangibilità quantitativa e non già qualitativa). Ciò si evince dall’art.
734 cc sulla divisione fatta dal testatore, rubricata ‹‹divisione fatta dal testatore››. Il quale, nel rispetto del
valore della quota indisponibile, può dividere a piacimento i propri beni tra gli eredi.

Il testamento può servire per lasciare meno al legittimario di quando la successione si aprirebbe per legge.

La quota di riserva non è assoggettabile a pesi e condizioni secondo do quando stabilisce l’art. 549 cc. La
condizione è un elemento accidentale della disposizione testamentaria, e del contratto, che può essere
messa sulla figura dell’erede. Istituisco erede mio figlio Tizio a condizione che termini gli studi universitari,
questa è condizione sospensiva, altro esempio è che istituisco erede mio figlio con l’onere che egli lasci
frequentare la biblioteca della villa in modo libero, qui si ha l’onere che è un peso, il quale ai sensi dell’art.
549 cc non può gravare sulla quota di riserva.

La quota di riserva non deve essere condizionata né essere gravata da un peso e deve essere data per
intero.

Il decuius deve contemplare i legittimari nel testamento, li deve menzionare come eredi o deve utilizzare
l’istituto del legato in sostituzione della legittima (art. 551 cc). Si hanno allora due situazioni:

 Il legittimario pretermesso è una figura che emerge in un testamento che non lo menziona. Può
agire con l’azione di riduzione. Il testamento è valido ma si ha una lesione totale del legittimario. Lui
è un legittimario che non è menzionato, quindi si poteva pensare che se non era menzionato poiché
la legge gli riserva una quota dell’eredità si poteva pensare che all’apertura della successioni ci fosse
una delazione legale al legittimario ma la cassazione ha detto che non si poteva fare perché non c’è
delazione per il legittimario pretermesso in quanto il testatore escludendolo non rende possibile la
delazione.
 Il legittimario diseredato è quando si ha una carica avversa del decuius perché in vita ci sta che il
legittimario abbia fatto qualcosa che non andava bene. Il legittimario non si può diseredare.

La cassazione ritiene che la clausola di diseredazione sia nulla la cassazione dice questo perché si argomenta
dall’art.417 co 3 cc che stabilisce che la disposizione testamentaria non possono pregiudicare i diritti che la
legge riserva ai legittimari e poi questa si basa anche con l’art. 549 cc. Sono tutte e due norme imperative.

Come stabilire il valore della quota disponibile e di quella indisponibile

Art. 556 cc prevede un’operazione matematica volta ad individuare non la quota di riserva, perché la
sappiamo a seconda del legittimario che viene in questione sarà la legge a dirci la quota di riserva. Si ha
un’operazione matematica detta riunione fittizia. Le donazioni fatte dal decuius costituiscono una
anticipazione dell’eredità da un lato e dall’altro sono considerate per stabilire la massa ereditaria perché il
decuius in vita potrebbe donare tutto quello che ha e il legittimario non avrebbe nulla dall’eredità e questo
con le azioni di riduzione può andare a riprendere le donazioni.
La riunione fittizia si fa così:

valore del relictum (massa dei bei ereditari) – totale dei debiti ereditari + donatum (donazioni fatte dal
decuius) = il risultato è fittizio perché comprende anche il valore dei beni donati che non sono nel
patrimonio del decuius.

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ESEMPIO:

Nel nostro esempio i due esempi i due figli dovrebbero prelevare dall’eredità beni per un valore di 50, ma
nell’eredità ci sono beni solo per un valore di 45. Quindi c’è una lesione per un valore di 5 dei diritti dei
legittimari. I quali potranno pertanto agire con l’azione di riduzione contro le donazioni cominciando
dall’ultima (art. 560 cc).

L’art. 557 cc stabilisce che i legittimari non possono rinunciare all’azione di riduzione finché il donante è in
vita. Questa rinuncia sarebbe tipo un patto successorio rinunciativo ai propri diritti successori, vietato
dall’art. 458 cc. È possibile rinunciare dopo la morte del donante. Chi rinuncia all’azione di riduzione
rinuncia anche alla quota di riserva ma se la successione si apre ex lege rimane comunque erede e ha diritto
alla quota di riserva.

Le condizioni per agire con l’azione di riduzione sono due:

 Avere accettato l’eredità con beneficio d’inventario. Questa scelta è necessaria solo quando si
intende ridurre donazioni o legati fatti a persone non chiamate neanche come eredi, come
specificato dalla regola espressa dall’art. 564 cc. Se è fatta contro un coerede non è necessario
l’inventario. La ratio non è del tutto chiara: sembra essere quella di garantire legatari e donatari
circa l’esattezza della consistenza dell’asse ereditario (si presume che questo sia conosciuto dagli
eredi).
 Imputazione ex se di quanto ricevuto. Imputazione di quanto ricevuto, le donazioni sono un anticipo
di successione ecco perché la legge prevede l’imputazione ex se quindi il legittimario che agisce in
riduzione deve imputare alla propria quota di riserva quanto ha ricevuto a tutolo di donazione o
quanto ha ricevuto dal testamento a titolo di legato.
il decuius può dispensare il donatario legittimario da fare l’imputazione (art. 564 co. 2 cc) ossia
sembra che il testatore voglia lasciare qualcosa in più al titolo di legittima al legittimario.

Va poi fatta la distinzione tra:

 Riduzione nella successione legittima (art.553 cc)


 Riduzione delle disposizioni testamentarie (art.554 cc)
 Riduzione delle donazioni (art.555 cc)

Nel testamento in proporzione si riduce tutto senza distinzione tra eredi e legati. Nelle donazioni se sono
fatte 10 donazioni non vengono ridotte tutte in proporzione ma vengono ridotte a partire dall’ultima verso
quelle più anteriori perché si presume che le ultime siano quelle che con più probabilità abbiano leso la
legittima. Donazione di un immobile che deve essere ridotto, come si riduce l’immobile? La regola generale
è che la riduzione avviene separando comodamente la parte di questo immobile, ma se non è divisibile la
regola che dice che l’eccedenza deve superiore al quarto cioè se il testatore ha donato l’immobile e si
determina una lesione della legittima superiore a ¼ dell’immobile questo va restituito, se non supera l’1/4 il
proprietario se lo tiene e paga la differenza.

Se è stata posta un’ipoteca sull’immobile, la legge die che il legittimario si riprende l’immobile libero
dall’ipoteca. Se viene restituito con l’ipoteca questo vale meno dato che questa rimane fino a che il
creditore ipotecario non è soddisfatto. Ma questo non è un problema del legittimario perché questo se lo
riprende senza ipoteca. Per effetto di questa regola succedeva che se il donatario andava in banca e diceva
che gli serviva un mutuo la banca diceva che gli dava il mutuo se gli faceva vedere un po’ di info su di lui e gli
doveva dare anche un bene in garanzia. Un bene dato in garanzia non poteva essere un bene donato perché
il legittimario poteva riprenderselo.
L.80/2005 eccezione di recupero del bene senza ipoteca, se la riduzione è domandata dopo 20 anni dalla
trascrizione della donazione il legittimario recupera il bene donato con l’ipoteca, ossia noi sappiamo che
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quando c’è una compravendita o un passaggio di proprietà occorre fare la trascrizione (comporta che chi
cede ha una trascrizione contro mentre chi riceve ha una trascrizione a favore) e se passano 20 anni da
questa trascrizione il legittimario può riprendersi l’immobile ma con l’ipoteca.
Il legittimario non ha grossi problemi, infatti all’art. 561 cc dice che se la donazione è stata fatta 21 anni fa e
alla successione si ha una lesione il legittimario si riprende la donazione con l’ipoteca. Il legittimario se lo
riprende con valore più basso a causa della ipoteca e quando lo deve restituire deve rimborsarlo.

Art. 563 cc ultimo caso dove il donatario ha a sua volta venduto il bene donato e dopo aver venduto il bene
donato il donante muore ed emerge una lesione della legittima, però il legittimario vede che quella lesione
non sta più nel patrimonio del donatario perché lo ha venduto. Secondo la l.80/2005 il legittimario si va a
riprendere il bene nel patrimonio del soggetto X in cui si trova. Ma dato che nessuno si compra un bene
donato si aveva una paralisi dei beni donati. La regola è che i terzi devono restituire gli immobili salvo che
siano trascorsi 20 anni dalla trascrizione, oggi la situazione è questa: Tizio riceve un bene in donazione e
dopo 20 anni può vendere il bene e gli acquirenti li trova perché il legittimario non potrà agire contro di loro
con l’azione di riduzione.
I legittimari hanno il potere di interrompere il decorso del ventennio facendo opposizione alla donazione.
L’atto di questa opposizione è stragiudiziale che deve essere registrato nei registri immobiliare e lo scopo è
precludere la fine del ventennio. Questo effetto preclusivo necessita di una rinnovazione dell’opposizione.

Art. 563 cc prevede la rinuncia all’atto di opposizione, l’effetto di questo atto non è chiaro ma la tesi del
Gorgoni dice che l’effetto della rinuncia all’opposizione consente al bene donato di circolare con sicurezza
non essendo decorsi i 20 anni. Lo scopo è quello di svincolare il bene donato dal decorso del ventennio. La
rinuncia all’opposizione azzera il ventennio.

Giovedì 29 alle 8:30 lezione di recupero

Venerdì 7 dicembre 8:30 11:30 lezione di recupero

21/11/2018

Successione del disabile

All’interno di una famiglia c’è una persona disabile, quindi un soggetto non autonomo e che no sarebbe in
grado di tutelare i propri interessi senza l’aiuto della famiglia e di conseguenza non sarà on grado di gestire
l’eredità che gli arriva. La famiglia per proteggere quest’ultimo ha degli istituti e/o strumenti tipo:

 la sostituzione fedecommissaria (artt. 692 ss. cc) che ha lo scopo dio proteggere un disabile e
anche l’interdetto, quindi un grave ed abituale infermo di mente. Questa è diversa da quella
ordinaria perché questa si ha quando il testatore chiama un secondo soggetto all’eredità o un
secondo legataria perché l’art. 691 dice che la sostituzione ordinaria si applica anche alla
disposizione a titolo particolare. Qua si ha l’istituito erede e il sostituto ma la delazione nella
sostituzione ordinaria è sempre unica non è doppia. Non abbiamo due eredi si ha la delazione verso
un solo soggetto e se questo non può o non vuole accettare ci si sposta verso il secondo.
Nella sostituzione fedecommissaria si hanno due delazioni, ecco la differenza, perché nella
delazione fedecommissaria il testatore dispone che l’istituito, ossia l’interdetto, prenda l’eredità per
poi darla al sostituito il quale è chiamato dopo l’istituito. Entrambi accettano solo in momenti
diversi, il secondo accetta alla morte dell’istituito. Lo scopo è di incentivare le cure del congiunto
incapace perché chi si prende cura dell’incapace se ne prende cura più volentieri se alla fine
erediterà il patrimonio del decuius. l’istituito ha l’obbligo di conservare i beni dell’eredità. Lo scopo
del fedecommesso è di incentivare le cure. Ci si rivolge n questi casi anche nei confronti di minori
disabili. Questa sostituzione fedecommissaria può essere istituita anche nei confronti di un
minorenne disabile perché nell’ultimo anno della minore età può essere dichiarato interdetto.
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Art. 692 co 2 si applica anche la minore di età se si trova nella conduzione di abituale infermità di
legge. Il legislatore da l’opportunità di fare la fedecommissaria nei confronti di un minore di età
prospettando che ai 17 anni questo minore può essere dichiarato interdetto (può essere dichiarato
interdetto solo nell’ultimo anno di interdizione). L’interdizione è diventata residuale, nel 2004, dopo
l’introduzione dell’amministratore di sostegno. La maggior parte delle persone non sono dichiarate
interdette.
È stato affermato che la sostituzione fedecommissaria può essere disposta anche nei confronti del
beneficiario dell’amministratore di sostegno. Ma questa affermazione ha bisogno di una breve
spiegazione: la sostituzione fedecommissaria è una fattispecie eccezionale cioè le disposizioni che la
regolano sono eccezionali, e si sa che le norme eccezionali non possono estese in via analogica a
casi non previsti dalle norme stesse (art.692 ult. co.). Stando a questo articolo si può dire che la
fedecommissaria non può riguardare il beneficiario dell’amministratore di sostegno perché
altrimenti, come quanto detto dall’articolo 692 ult. co. ma all’art. 411 ult. co in materia di
amministrazione di sostegno che prevede che il giudice può estendere al beneficiario
dell’amministratore di sostegno limitazioni etc… previste da disposizioni che riguardano l’interdetto.
Il giudice sulla base dell’art. 411 potrebbe estendere la fedecommissaria anche al beneficiario basta
che il testatore si sia procurato un procedimento giudiziale.

I beni dell’istituito

L’istituito può godere dei beni ne ha la libera amministrazione ma non ne può disporre proprio perché lui li
deve conservare per poi restituirli. Salvo il caso dell’utilità evidente previa autorizzazione giudiziale. In caso
di morte dell’istituito l’eredità si devolve al sostituito il quale succede mortis causa all’originario decuius.
Sebbene vi sia questa estensione degli istituiti la disciplina della fedecommissaria è stata modificata con un
intervento normativo più moderno focalizzato sul disabile con la legge 112/2016 (chiamata la legge sul
“dopo di noi”). È una legge importante, è stata intitolata “disposizioni in materia di assistenza in favore delle
persone con disabilità gravi prove del sostegno familiare o che si apprestano ad essere prive del sostegno
familiare”. Ci sono degli istituti che consento alla famiglia da un lato di blindare il patrimonio della famiglia,
nel senso che il patrimonio non può essere sottratto da soggetti in mala fede, e dall’altro fa sì che questo
patrimonio venga utilizzato per il benessere del disabile. Gli istituti sono:

 trust con questo i genitori, i settlor, trasferiscono i beni al trust tee


 costituzione di un fondo speciale e la previsione di un contratto di affidamento fiduciario
 vincolo di destinazione stesso scopo del trust può essere raggiunto con questo istituto ma solo per i
beni mobili ed immobili iscritti nei registri secondo l’art. 2645 ter introdotto nel 2005.

Il disabile grave, ossia il soggetto a cui sono riferiti questi istituti, è non solo l’interdetto ma anche quei
soggetti meno gravi, gravati da deficit sensoriale psichica e/o fisica. L’art. 1 co. 2 della legge 112/2016
stabilisce che lo stato di grave disabilità di cui all’art. 3 co 3 della legge del 1992 è quel soggetto che ???? il
comma 3 stabilisce quando questo soggetto è grave, dice che la patologia diventa grave quando ha ridotto
l’autonomia personale in modo da rendere necessario un aiuto assistenziale permanente continuativo e
globale.

Il genitore che attua questi atti deve specificare dove andrà la quota di residuo, in caso di premorienza del
disabile nei confronti del disabile la, legge se ne occupa all’art. 6 co. 4 dove in casi di premorienza i beni
tornano al disponente.

Legato in sostituzione di legittima

Art. 551 cc

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Il testatore quando dispone nel testamento in sostituzione della legittima, ma si sa che questa è riservata ai
legittimari. Con questo il testatore mira a soddisfare il legittimario attribuendogli un bene specifico senza
istituirlo erede. Questo articolo ci fa capire che il legislatore non è interessato necessariamente a che il
legittimario sia chiamato a titolo universale ma gli interessa che il legittimario sia destinatario della quota
che gli spetta per legge quindi deve essergli attribuita per legge o gli può essere attribuita una proprietà
dello stesso valore della quota che gli spetta per legge. Il legittimario quando si apre la successione può o
rinunciare al legato e richiedere la legittima o può dire che gli sta bene il legato decide di conseguire il
legato, in tal caso il legittimario legatario come primo effetto non acquista la qualità di erede e come
secondo effetto perde il diritto di richiedere il supplemento di beni qualora il valore del legato risulta
inferiore a quello della quota di riserva.

Inoltre, il testatore può disporre un legato in sostituzione alla legittima con diritto al supplemento, che deve
essere specificato. Questo consente al legittimario di pretendere altri beni ereditari conservando il bene
legato. L’art. 551 è chiaro sul punto in cui dice che il legittimario in sostituzione di legittima che accetta il
legato non acquista la qualità di erede, ma si discute se il legato in sostituzione di legittima con diritto al
supplemento attribuisca la qualità di erede. Nasce questo dubbio perché sembra che il 551 al secondo
periodo dice che quella disposizione che ha appena detto non si applica se si consegue il legato. Il
supplemento si chiede con l’azione di petizione dell’eredità che può essere fatta solo dall’erede.

29/11/2018

Collazione

È un istituto che consente di realizzare l’equilibrio tra coeredi, obbligando quelli che hanno già ricevuto in
donazione in via diretta o indiretta a conferire agli altri quanto già ricevuto.

Art.737 cc soggetti tenuti alla collazione

I figli [legittimi e naturali] (1) e i loro discendenti [legittimi e naturali] (1) ed il coniuge che concorrono alla
successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione [744 c.c.]
direttamente o indirettamente(2), salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati (3).

La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile [556 c.c.].

Figli, discendenti e coniugi che concorrono alla successione mortis causa devono conferire ai coeredi, cioè
agli altri soggetti con i quali concorrono, tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione, diretta o
indiretta, a meno che (così l’obbligo viene meno) se il decuius li abbia dispensati dalla collazione. Quindi il
donante può effettuare una donazione ed indicare, nel contratto di donazione, che il donatario è dispensato
dalla donazione. Però non bisogna confondere la dispensa dalla collazione con la dispensa dall’imputazione
perché quest’ultima è un presupposto dell’azione di riduzione e infatti il donante potrebbe dispensare dalla
collazione ma non dall’imputazione e ciò comporta che il donatario dispensa il donante dalla collazione
ma non dall’imputazione perché non ti voglio dare il bene oltre la legittima. Se c’è dispensa
dall’imputazione significa che il donante ha voluto effettuare una donazione al legittimario attribuendogli
quel bene oltre la quota legittima.

I soggetti legittimati alla collazione sono quei soggetti, indicati sopra, che concorrono tra loro

Modalità di conferimento

La collazione consiste in questo conferimento, e questo conferimento si effettua a seconda che si conferisca
beni immobili o mobili o denaro.

La donazione può avere ad oggetto immobili, mobili o somme di denaro.

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L’art.746 cc collazione di immobili:

La collazione di un bene immobile si fa o col rendere il bene in natura (1) [748 c.c.] o con l'imputarne il valore
alla propria porzione, a scelta di chi conferisce (2) [2645 c.c.].

Se l'immobile è stato alienato o ipotecato, la collazione si fa soltanto con l'imputazione [747, 749 c.c.].

Indica due modalità di conferimento o in natura o imputante il valore alla propria porzione. Se viene fatta in
natura questo viene inserito nella comunione ereditaria e andrà diviso tra gli eredi. Se si effettua una
collazione in natura significa che quell’immobile, che era fuori dalla comunione ereditaria viene inserito in
quest’ultima e quindi andrà diviso tra i coeredi perché come vedremo la comunione ereditaria si scioglie
attraverso il contratto di divisione.
La scelta della modalità di donazione, come specificato al secondo comma, sta in testa al donatario.

La collazione dei mobili si fa solo con imputazione sulla base del valore che questi immobili avevano
all’apertura della successione con il rischio che, rispetto al momento in cui è stat fatta l’imputazione, iol
bene abbia cambiato valore, secondo l’art.750 cc collazione di mobili:

La collazione dei mobili [751 c.c.] si fa soltanto per imputazione [747 c.c.], sulla base del valore che essi
avevano al tempo dell'aperta successione [456 c.c.].

Se si tratta di cose delle quali non si può far uso senza consumarle, e il donatario le ha già consumate, si
determina il valore che avrebbero avuto secondo il prezzo corrente [1474 c.c.] al tempo dell'aperta
successione.

Se si tratta di cose che con l'uso si deteriorano, il loro valore al tempo della aperta successione è stabilito con
riguardo allo stato in cui si trovano (2).

La determinazione del valore dei titoli dello Stato, degli altri titoli di credito [1992 ss. c.c.] quotati in borsa e
delle derrate e delle merci il cui prezzo corrente è stabilito dalle mercuriali (3), si fa in base ai listini di borsa e
alle mercuriali del tempo dell'aperta successione [556 c.c.].

All’art. 571 cc collazione del denaro:

Se coi genitori o con uno soltanto di essi concorrono fratelli e sorelle germani del defunto, tutti sono
ammessi alla successione del medesimo per capi (1), purché in nessun caso la quota (2), in cui succedono i
genitori o uno di essi, sia minore della metà (3).

Se vi sono fratelli e sorelle unilaterali, ciascuno di essi consegue la metà della quota che consegue ciascuno
dei germani o dei genitori (4), salva in ogni caso la quota della metà in favore di questi ultimi (5).

Se entrambi i genitori non possono [463 c.c.] o non vogliono venire alla successione e vi sono ulteriori
ascendenti, a questi ultimi si devolve, nel modo determinato dall'articolo 569 , la quota che sarebbe spettata
a uno dei genitori in mancanza dell'altro [522, 582 c.c.] (6).

Patto di famiglia per l’impresa

l.55/2006 prima di questa legge la situazione era che l’imprenditore aveva diversi figli e uno aveva mostrato
attaccamento all’impresa di famiglia e capacità imprenditoriale, gli altri no. Il fondatore dell’azienda, quindi
l’imprenditore, aveva interesse che la propria impresa continuasse ad esistere sul mercato. Ma cosa poteva
fare? Donarla al figlio? Ma all’apertura dell’eredità ci sarebbe stato un problema in quanto di valore
superiore alla legittima e gli altri figli avrebbero agito con l’azione di riduzione smembrandola. Merge
l’esigenza di tutelare l’impresa attiva con l’interessa della famiglia nucleare e si è introdotto questo contratto
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detto patto di famiglia per impresa. Gli scopi di questo contratto sono: se viene concluso l’effetto in materia
successoria è che i beni che hanno ricevuto non possono essere soggetto a collazione o riduzione. Si blinda
l’azienda perché la tiene fuori dalla futura successione mortis causa del donatore. Non si può agire con
l’azione mortis causa e il figlio che riceve non deve fare la collazione. Con il patto di famiglia trasferisce in
tutto o in parte o le partecipazioni societarie ad uno o più dei suoi discendenti, non solo l’azienda ma anche
le partecipazioni.

Gli altri legittimari hanno diritto ad una somma di denaro della quale dovranno parlare. È un patto di
famiglia e va distinto con riferimento alle parti il soggetto assegnatario e gli altri non assegnatari che sono i
legittimari. L’assegnatario dell’azienda ha l’obbligo di liquidare gli altri partecipanti al contratto con il
pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore delle quote ereditarie previste dagli artt.536
ss.cc. che riguarda la disciplina dei legittimari. Ciò vuol dire che con il patto di famiglia dell’impresa va fatta
una stima dell’azienda o delle partecipazioni sociali, questo bene che viene stimato di 10 viene assegnato
all’assegnatario ma se l’imprenditore ha 2 figli e quando muore lascia ad entrambi una quota di legittima è
di 2/3 quindi avrebbero a testa 1/3. Chi si prende l’azienda deve dare all’altro il valore pari ad 1/3 della
quota di eredità.

768 quater co.2 le partecipazioni:

Al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel
momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore.

Gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al
contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al
valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione,
in tutto o in parte, avvenga in natura.

I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell'azienda, secondo il valore
attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti; l'assegnazione può essere
disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purchè vi
intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti.

i legittimari fanno parte del contratto e vogliono essere liquidati. È un contratto che anticipa un’azione
successoria con lo scopo di escludere le azioni di riduzione o collazione. Obbiettivo di evitare lo
smembramento dell’attività imprenditoriale al momento dell’apertura della successione dell’imprenditore.
Ma se uno dei legittimari in disaccordo con il genitore di rifiuta di partecipare al contratto questo se
validamente fatto è valido? Si fronteggiano due tesi quella negativa che dice che se non partecipi è un
contratto nullo, art.768. quando colui che ha attuato il patto di famigli muore il coniuge e gli altri legittimari
che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai contraenti una quota. La dottrina dice che
riferimento solo ai legittimari sopravvenuti.

È un contratto che attiene alla tematica e favorisce il passaggio generazionale dell’impresa nel senso di
poter attribuire l’impresa al discendente in grado di gestirla evitando che all’apertura dell’eredità il soggetto
assegnatario faccia la collazione o l’azione di riduzione.

La norma sui patti successori non a caso, art,458 cc divieto dei patti successori, stabilisce:

Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti, è nulla [1418 c.c.] ogni convenzione con cui
taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli
possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi (2).

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si ha un’eccezione ai patti successori, salvo quanto previsti dagli alrtt.568 bis, i patti successori sono vietati.
Si ha un collegamento tra il patto di famiglia per l’impresa la tutela dei legittimari e il divieto dei patti
successori.

La divisione

Disciplinata dagli artt.730 ss.cc.

La divisione è un contratto che pone fine alla comunione, ordinaria o legale o ereditaria. Quando si scioglie
la comunione legale questa si trasforma in comunione ordinaria, sia la comunione ereditaria si possono
sciogliere solo con la divisione dei beni oggetto della comunione.

I coeredi possono dividere tra di loro i beni e sciogliere la comunione ereditaria. C’è una disposizione che
non fa divieto come nella comunione legale tra coniugi di alienare la propria quota. Uno dei coeredi può
alienare la sua quota. La vendita della quota ereditaria si può fare ma gli altri eredi hanno un diritto di
prelazione art.732 cc perché si vuole evitare che un estraneo diventi parte dell’eredità. Questa prelazione è
particolarmente efficacie perché nel mancato rispetto di questa prelazione gli eredi violati possono
riscuotere la quota dall’acquirente e anche dagli acquirenti dell’acquirente primo.

Il diritto di prelazione si innesta con una notifica, l’erede che vuole alienare la sua quota deve notificare la
propopsta di alienazione agli altri eredi. Notifica della proposta di alienazione e gli eredi devono decidere in
2 mesi per decidere per usufruire del diritto di prelazione che partono dall’ultima notifica.

La divisione può essere:

 Contrattuale: sono d’accordo sullo sciogliere l’eredità e anche nella divisione del compendio
ereditario. Allora la divisione è semplice perché ci si reca dal notaio e questo redige la divisione.
Art.761 cc dice che può essere annullata quando è effetto di violenza o di dolo e l’azione di prescrive
in 5 anni dal giorno in cui la violenza è cessata o da quando il dolo è stato scoperto.
Se la divisione lasci fuori qualcosa non c’è nullità della divisione perché l’art.762 cc dice che non si
ha nullità ma prevede un supplemento. L’art.763 cc dice che l’unico presupposto per la rescissione
deve essere oggettivo, quindi c’è o non c’è la lesione oltre il quarto. L’effetto è la ricostituzione
dell’asse ereditario. La divisione si può rescindere per lesione, secondo l’istituto della rescissione del
contratto per lesione in questo caso l’erede deve essere leso oltre il quarto.
 Giudiziaria: la divisione giudiziaria inizia con una domanda al giudice rivolta dai coeredi. Ci sono dei
limiti per fare questa domanda come detto dall’art. 718 cc perché non si può fare la divisione se si
ha un erede concepito.
Si deve fare una stima dei beni e ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili
ed immobili dell’eredità ma ciò non sempre è possibile come stabilito dall’art.720 cc riguardo gli
immobili non divisibili:

Se nell'eredità vi sono immobili (1) non comodamente divisibili (2) (3) [560 c.c.], o il cui frazionamento
recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia [722, 846 c.c.] o dell'igiene, e la
divisione dell'intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono
preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei
coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne
richiedono congiuntamente l'attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla
vendita all'incanto [2646 c.c.; 748, 788 c.p.c.].

Per quello difficilmente divisibile e questo deve essere compreso per intero nella quota di uno con
l’obbligo di fare un conguaglio.

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Se tutto va bene alla fine della divisione giudiziale vanno fatte le porzioni e l’art. di riferimento è il
729 cc che fa riferimento all’assegnazione e all’attribuzione:

L'assegnazione delle porzioni eguali è fatta [730 c.c.] mediante estrazione a sorte. Per le porzioni
diseguali si procede mediante attribuzione (1). Tuttavia, rispetto a beni costituenti frazioni eguali di
quote diseguali, si può procedere per estrazione a sorte (2).

Per le porzioni eguali si procede per estrazione a sorte mentre quelle diseguali vengono fatte per
attribuzione.
Art.734 cc divisione fatta dal testatore:

Il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi comprendendo nella divisione anche la parte non
disponibile (1) [556 c.c.] .
Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, i
beni in essa non compresi sono attribuiti conformemente alla legge, se non risulta una diversa
volontà del testatore (2).

Sostanzialmente il legislatore consente al testatore di evitare l’insorgenza della comunione


ereditaria al momento dell’accettazione dell’eredità. Non accade perché il testatore ha fatto le
porzioni da sé. Questa divisione preclude l’insorgenza della comunione ereditaria. Se il testatore
nel fare questa divisione si dimentica qualche bene o fa prima il testamento poi compra beni e non
li integra, il legislatore si è prefigurato questo caso e al co.2 di questo articolo viene detto che se
non si ha l’integrazione i beni sono attribuiti conformemente alla legge se non risulta una diversa
volontà del testatore. Si avrà quindi una successione ex testamento o ex lege.
collegati all’art. 733 ci sono gli articoli:
- 763 cc riguardo la rescissione della divisione dice che può essere rescissa quando uno dei
coeredi dice di essere stato leso oltre il quarto. Questo articolo dice che la divisione può essere
rescissa, sia contrattuale sia giudiziale sia fatta dal testatore.
- 735 cc, rubricato preterizione di eredi o lesione di legittima, dove il legittimario pretermesso è
quello non nominato nel testamento e questo farà l’azione di riduzione. Questo articolo
riguarda il caso in cui il testore ha fatto la divisione e non ha compreso nella divisione qualcuno
degli eredi o dei legittimari istituiti. La divisione nella quale non abbia compreso qualcuno dei
legittimari o degli eredi istituiti
Art.733 cc rubricato norme date dal testatore per la divisione:

Quando il testatore ha stabilito particolari norme per formare le porzioni [727 c.c.], queste norme
sono vincolanti per gli eredi, salvo che l'effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite
dal testatore (1) (2) [718 c.c.].
Il testatore può disporre che la divisione si effettui secondo la stima di persona da lui designata che
non sia erede o legatario: la divisione proposta da questa persona non vincola gli eredi, se l'autorità
giudiziaria, su istanza di taluno di essi, la riconosce contraria alla volontà del testatore o
manifestamente iniqua [1349 c.c.] (3).

Questo prevede una facoltà collegata alla divisione dove il testatore non divide il suo patrimonio ma
detta delle norme per la divisione che andrà effettuata. Per esempio, potremmo avere un
testamento dove si dice “istituisco eredi Tizio Caio e Sempronio nella quota di 1/3 ciascuno e voglio
che in sede di erede nelle quota di Caio confluisca la mia Harley Davidson”. Quando i coeredi

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andranno a dividere la volontà del testatore è vincolante.


Queste norme per formare le porzioni sono vincolanti per gli eredi.

PROPRIETA’ DEI DIRITTI REALI

Si suole attribuire ai diritti reali alcuni caratteri perché la proprietà è un diritto reale poi ci sono diritti reali
diversi dalla proprietà che vengono ricondotti alla categoria dei diritti reali su cosa altrui. Ci sono caratteri
comuni a tutti:

 Immediatezza: vuol dire che il titolare esercita un potere sulla cosa per goderne in modo immediato
e non ha bisogno della collaborazione di altri soggetti. La pro è un diritto soggettivo assoluto che si
differenzia da altri diritti che sono soggetti ma relativi com’è il diritto di credito.
 Assolutezza: carattere che attiene ai terzi, indica il dovere di tutti i consociati di interferire nel
rapporto tra il titolare del diritto reale e il bene. Se non si deve interferire in questo rapporto ove si
interferisca il titolare può agire contro chi viola tale divieto.
 Inerenza: indica l’opponibilità del diritto a chiunque possieda diritti sulla cosa. Ad esempio, se a
favore di un fondo è stata costituita una servitù di passaggio su fondo altrui continua a gravare il
fondo servente quando la proprietà del fondo servente passi ad un altro soggetto.
 Principio di numero chiuso dei diritti reali, ossia la tassatività dei diritti reali e non possono essere
previsti altri diritti reali oltre quelli previsti dalla legge.

Nell’ambito dei diritti reali si distingue tra:

 Ius in re propria: diritto sulla cosa propria


 Ius in rea aliena: diritto su cosa altrui che si dividono a loro volta in diritti reali di garanzia
(privilegio, pegno, ipoteca) e di godimento (la superficie, l’enfiteusi, usufrutto uso e abitazione,
servitù prediali). Questi diritti reali di godimento attribuiscono al titolare del diritto di trarre delle
utilità dal bene comprimendo al contempo in potere di godimento che spetta al proprietario.
Nell’usufrutto, per esempio, comporta lo svuotamento del potere di godimento del proprietario
perché chi ha l’usufrutto gode dell’immobile perché ci vive dentro. Il proprietario diventa nudo. Il
diritto di superficie: nella superficie c’è un proprietario superficiario che gode della costruzione
mentre il proprietario del suolo non gode del bene costruito sopra il suolo e diventa nudo.

Sono diritti su cosa altrui quindi l’usufruttuario il superficiario il titolare della servitù … hanno un
diritto reale sulla cosa di un altro.
Il titolare di garanzia ha il diritto di farsi assegnare con preferenza rispetto agli altri creditori il
ricavato della vendita del bene.

Obbligazione propter rem o obbligazioni reali

In queste obbligazioni l’obbligato viene individuato in base alla titolarità di un diritto reale su un
determinato bene. Se Tizio Caio e Sempronio sono ciascuno titolari per 1/3 su un bene e si ha quindi la
contitolarità sul bene, per le spese devono attivarsi tutti i comproprietari.

La proprietà

Art.832 cc contenuto del diritto:


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Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno (1) ed esclusivo (2), entro i limiti e con
l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico [Cost. 42, 43, 44].

Tale disposizione non ci dice che la proprietà è un diritto assoluto, tale concezione non è accolta nemmeno
dalla Costituzione perché parla di “funzione sociale della proprietà”. Qua c’è in gioco la concezione di
proprietà che ha lo Stato.
Potere di godere: cioè di trarre utilità dalla cosa vivendoci dentro o dandola in locazione, la prima è
un’utilità diretta e la seconda è indiretta.
Potere di disporre: cioè possibilità di alienare il bene o darlo in locazione prendendo dei profitti/frutti civili.
La pienezza: ossia il titolare ha diritto di usare e abusare della cosa come vuole.
L’esclusività: fa riferimento al fatto che il titolare può escludere chiunque.

Il libro fa notare che la Costituzione non colloca il diritto di proprietà tra i diritti fondamentali (dall’1 al 12),
ma è disciplinata nei rapporti economici. L’art. 42 Cost dice che la proprietà è riconosciuta e garantita dalla
legge. Questo riconoscere è un verbo che la Cost adotta quando vuole porre qualcosa sopra la legge,
innanzitutto c’è una riserva di legge e poi così la legge non può togliere la proprietà. Questo termine viene
spesso usato per evitare che si ripresenti una situazione simile a quelle passate.
Al co. 3 c’è l’intento del legislatore di conciliare l’interesse generale con i beni espropriati. In questo comma
si prevede un indennizzo non il corrispettivo.

Funzione sociale della proprietà per renderla accessibile a tutti.

I caratteri della proprietà sono:

 Imprescrittibilità: se non uso il diritto non perdo il diritto. Non perdo la proprietà per non suo
quindi il proprietario può sempre agire con l’azione di rivendica ma questa si può perdere quando
un altro soggetto l’ha usucapita, e l’usucapione è un modo di acquisto della proprietà a titolo
originario.

Art.948 cc azione di rivendicazione:

Il proprietario (1) può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire
l'esercizio dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere
o detenere la cosa (2). In tal caso il convenuto è obbligato a recuperarla per l'attore a proprie spese,
o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno [2789].

Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della


cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.

L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di
altri per usucapione (3).

L’azione di rivendicazione non si prescrive salvo l’acquisto da parte di altri per usucapione.

 Perpetuità: non si esaurisce con il passare del tempo.


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 Elasticità: i diritti reali su cosa altrui comprimono i diritti del proprietario, ma quando l’usufrutto o la
servitù cessano i diritti del proprietario si rispandono.

Rapporti di vicinato

Sono stati regolati dal codice civile per evitare che il potere dl proprietario ledi il godimento del proprietario
vicino. Le norme che vengono in rilevo:

 atti emulativi: sono stati previsti dall’art.833 cc atti d’emulazione:

Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare
molestia ad altri (1).

Sono quegli atti che no hanno altro scopo che nuocere o recare molestie ad un altro. Viene
utilizzato quando per un soggetto non ha alcuna utilità (presupposto oggettivo) e ci deve essere
l’intenzione di nuocere, quindi di arrecare una molestia (presupposto soggettivo= animus nocendi).

 le immissioni: cioè per esempio il rumore proveniente dai locali pubblici all’aperto, o i fumi che
vengono da un’industria. Qui il criterio scelto dal legislatore è quello della normale tollerabilità.
Art. 844 cc immissioni:

Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori,
gli scuotimenti e simili propagazioni (1) derivanti dal fondo (2) del vicino (3), se non superano la
normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione
con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso (4).

Viene stabilito che la normale tollerabilità va valutata in base alle condizioni dei luoghi, quindi non
va stabilità in via astratta ma con riferimento concreto, ossia alle condizioni dei luoghi.

Se le immissioni non sono tollerabili, ma sono funzionali alle esigenze della produzione, questo
articolo al comma 2 dice che l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione
con le ragioni della proprietà. Al primo comma il problema è se superano o meno la normale
tollerabilità e nel caso devono cessare. Al secondo comma viene introdotto l’istituto del
contemperamento.

 le distanze (art.873 cc), i muri, le luci, le vedute e le acque. La differenza tra luci e vedute: le luci
secondo il codice civile sono quelle aperture che consentono il passaggio di luce e aria, ma non
permettono di affacciarsi sul fondo del vicino. Le vedute, invece, sono definite come le finestre o le
altre aperture che consentono l'affaccio e il guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.

Modi di acquisto della proprietà


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Si dividono:

 A titolo derivativo: si ha la successione nello stesso diritto del proprietario. Vale quella regola
resoluto iure tantis. Se l’acquisto del precedente ha dei problemi chi acquista a titolo derivato
prende anche i difetti. Acquisti a titolo derivativo sono: contratto, successione mortis causa,
espropriazione per pubblica utilità e vendita forzata dei beni del debitore.
 A titolo originario: è un acquisto puro che non deriva. Sono quei modi che determinano la nascita di
un diritto nuovo del tutto indipendente rispetto a quel diritto prima eventualmente spettante sullo
stesso bene ad altro proprietario. Quand’anche la cosa oggetto di acquisto a titolo originario fosse
stata prima oggetto di un contratto nullo, questo non incide sulla validità dell’acquisto. Questi modi
di acquisto sono: l’occupazione, l’invenzione, l’accessione, l’usucapione e il possesso in buona fede
di beni mobili acquistati da chi non era proprietario (art.1153 cc).

Occupazione

Art.923 cc cose suscettibili di occupazione:

Le cose mobili (1) [812] che non sono proprietà di alcuno (2) si acquistano con l'occupazione.
Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia (3) o di pesca.

Riguarda le res nullius, cioè quelle cose che non sono proprietà di nessuno, e anche le res derelictae, cioè
quelle cose che sono state abbandonate.

Invenzione

Art. 927 cc cose ritrovate:

Chi trova una cosa mobile deve restituirla al proprietario [930], e, se non lo conosce, deve consegnarla (1)
senza ritardo al sindaco [928] del luogo in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento (2).

Accessione

Questo modo di acquisto si ha quando si ha una stabile corporazione per evento dell’uomo o per vento
naturale di beni di proprietari diversi.

Si hanno diversi tipi di accessione:

 Di mobile a immobile
 Immobile a immobile
 Mobile a mobile: unione e commistione

Mobile a immobile

Art. 934 cc opere fatte sopra o sotto il suolo

Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di
questo (1), salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo
(2)
o dalla legge (3).

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Tutto ciò che viene costruito sotto o sopra il suolo da un soggetto queste cose divengono di proprietà del
proprietario del suolo.

Il libro mette in luce che c’è una deroga a questa regola per cui il proprietario del suolo diventa proprietario
dell’edificio per l’accessione invertita, questa fattispecie accade quando un soggetto inizia a costruire un
edificio sul proprio suolo e poi questo sporge nel suolo altrui. L’accessione invertita opera con le seguenti
condizioni:

 Lo sconfinamento deve avvenire in buona fede.


 Mancata opposizione da parte del proprietario del suolo invaso entro 3 mesi dall’inizio della
costruzione sul suo suolo.
 Occorre una sentenza costitutiva del giudice che trasferisca la proprietà del suolo occupato al
proprietario dell’edificio a fronte di un pagamento.

Quindi l’accessione invertita opera con questi presupposti.

Immobile a immobile

Art.938 cc occupazione di fondo attiguo

Se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione (1) del fondo attiguo, e il proprietario
di questo non fa opposizione entro tre mesi (2) dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, l'autorità
giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la proprietà dell'edificio e del suolo
occupato (3). Il costruttore è tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie
occupata, oltre il risarcimento dei danni (4).

5/12/2018

Quando si parla dell’art.1153cc è un acquisto a titolo originario

Diritto di superficie

È una deroga alla cessione di mobile immobile che fa sì che il proprietario del suolo diventi proprietario di
ciò che venga costruito sul suolo o sotto il suolo. Il diritto di superficie costituisce un’eccezione legale alla
cessione perché consente di separare la proprietà del suolo da quella della costruzione. Il proprietario
superficiario dell’edificio ha un diritto reale su cosa altrui perché il fondo è di un altro.

Il diritto di superficie è disciplinato dagli artt. 992 ss cc e può consistere n un diritto ad edificare o
nell’alienazione di un edificio che è già stato costruito in modo che la proprietà dell’edificio si separi da
quello del suolo.

Colui che costruisce acquisterà a titolo originario la propeità della costruzione, la proprietà del suolo che è
nuda resta al concedente, l’altra ipotesi è quella della costruzione che già esiste e tale costruzione viene
alienato dal suolo.

Può essere:

 Perpetuo ossia il proprietario superficiario dell’edificio lo rimarrà per sempre.

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 A termine ossia che alla fine del termine opera la cessione. Si estinguono i diritti reali
eventualmente imposti dal proprietario superficiario. Il proprietario del suolo diventa proprietario
senza che la permanenza dei diritti reali eventualmente posti rimangano in vigore.

Il superficiario ha la libera disponibilità della costruzione e può dare il consenso all’ipoteca, questa è però
viene meno al termine del diritto di superficie.

Si è detto che il proprietario del terreno diventa proprietario della costruzione e si è anche detto che il
principio della cessione può essere derogato come dice l’arrt.934 cc dal titolo che deroga al principio della
cessione. L’art. 934 cc aggiunge come seconda deroga al principio di cessione la legge.

Metti il caso in cui Tizio e Caia sono sposati e sono in comunione legale e Tizio costruisce un edificio su un
terreno di esclusiva proprietà della moglie. Al momento della separazione i due litigano sulla proprietà di
quell’edificio, la moglie dice che l’edificio è suo per il diritto di accessione ma il marito dice di no perché
opera l’art.177 lett. a cc che riguarda i primi beni che cadono in comunione dei beni, ma si tratta dei beni a
titolo derivativo o a titolo originario? Questo articolo non lo dice ma se diciamo che questo articolo parla di
beni in modo generale non nega nessuno dei due tipi, ma se questa tesi è corretta ne consegue che quel
bene è caduto in comunione (dato che cade a prescindere di chi l’ha pagato). Quindi il marito dice che la
comunione si è sciolta e per effetto dello scioglimento sono passati alla comunione originaria e lui di
conseguenza è titolare al 50% e che tale articolo è una deroga all’art. 934 cc che stabilisce il principio di
accessione, salvo che il titolo o la legge prevedano diversamente. il marito conclude dicendo che l’art. 177
lett. a è una deroga al 934 cc ma la Cassazione non è d’accordo e dice che l’art. 177 lett. a non è una deroga
legale e quindi opera la cessione dato che l’art. 177 lett. a non fa riferimento agli acquisti a titolo originario.
Il marito che ha pagato l’edificio ha un diritto di credito ma la proprietà secondo il principio della cessione
rimane della moglie.

Enfiteusi

Non ha grande diffusione in Italia ed è disciplinato dagli artt. 957-977 è un titolo che pone il proprietario a
favore di un altro, enfiteuta, il quale ha sul bene lo stesso potere che spetta al proprietario salvo che
l’enfiteuta ha l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al proprietario un canone periodico consistente in
denaro o in natura. Il proprietario rimane colui che ha costituito l’enfiteusi ma deve effettuare una
ricognizione del proprio diritto di proprietà al fine di evitare l’usucapione (possesso continuato e duraturo
per 20 anni) e con questa ricognizione fa vedere di essere ancora proprietario e evita che l’enfiteuta divenga
proprietario del bene per usucapione. È un atto previsto dalla legge nell’interesse del proprietario per
evitare l’usucapione.

L’enfiteuta può cambiare la destinazione economica del bene, in quanto gode del fondo e può modificarlo
tipo cambiare coltivazione o edificare e a differenza dell’usufrutto, l’enfiteusi può essere costituita in
perpetuo.

Il potere di affrancazione è un potere dell’enfiteuta attraverso il quale questo diventa proprietario è un


istituto affinché l’enfiteuta diventi proprietario quindi qui emerge il carattere dell’elasticità della proprietà e
anche qua si ha un nudo proprietario e l’enfiteuta come nell’usufrutto si ha il nudo proprietario e
l’usufruttuario. La devoluzione è un istituto del concedente a fronte dell’inadempimento dell’enfiteuta.

Usufrutto

Disciplinato dagli artt.978 ss. cc.


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Contenuto: l’art.981 dice che l’usufruttuario può godere del bene ma deve rispettare la destinazione
economica, l’enfiteuta non deve rispettarla. Inoltre, l’usufruttuario è considerato un possessore e beneficia
delle azioni a difesa del possesso che sono l’azione di reintegrazione o di spoglio e l’azione di manutenzione.

Costituzione: questo di costituisce per legge, tipo quello dei genitori sui bei del figlio che rappresenta un
usufrutto legale. Occorre la forma scritta ab substantiam e la trascrizione, ai fini dell’opponibilità, del
contratto con il quale si conclude l’usufrutto per beni immobili.

La costituzione può essere: per contratto, per volontà dell’uomo o dell’uomo o per usucapione.

Durata: non può eccedere la vita dell’usufruttuario e se viene fatto per una persona giuridica questa non
può superare i 30 anni.

Poteri: l’usufruttuario può costituire un usufrutto sul bene di cui lui stesso è usufruttuario. La durata di
questo usufrutto rimane limitata alla durata della vita del primo usufruttuario.

Può cedere in locazione del bene e nel caso in cui l’usufrutto sia finito che succede alla locazione? Secondo
l’art.999 cc il quale prevede due ipotesi:

 se l’usufrutto cessa per la morte dell’usufruttuario le locazioni continuano per la durata della vita
ma non oltre 5 anni dalla fine dell’usufrutto
 se l’usufrutto cessa per scadenza del termine queste locazioni durano fino a scadenza del termine,
non più di un anno in modo da consentire al soggetto di trovare una nuova casa.

Se io so che tra un anno finisce l’usufrutto e concludo una locazione per 5 anni il legislatore oltre al fatto che
dice che non va bene vede il soggetto in mala fede perché se quando cessa l’usufrutto c’è una locazione il
proprietario non ritorna ad essere pieno proprietario del bene secondo il principio di elasticità della
proprietà.

Obblighi: deve rispettare la destinazione economica, deve fare l’inventario delle cose oggetto di usufrutto e
deve prestare idonea garanzia a presidio dell’osservanza degli obblighi di conservazione e restituzione dei
beni dell’usufrutto. Art.1132 cc,

estinzione

estinzione art. 1114 cc casi di estinzione:

 prescrizione.

 caso di riunione di usufrutto e proprietà nella medesima persona.


 Totale chiarimento della cosa su cui è costituito l’usufrutto.

Uso e abitazione

Disciplinati dagli artt. 1121 ss. cc

La differenza sta nel fatto che nel titolare di abitazione non può destinare il bene oggetto del proprio diritto
a destinazioni diverse da quella della proprietà o dei suoi familiari. Chi usa può utilizzare la cosa per altri
scopi oltre all’abitazione. Entrambi non possono essere ceduti secondo l’art. 1024 cc.
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Servitù

Disciplinato dagli artt. 1127 ss. cc.

La servitù è un peso imposto sopra un fondo detto fondo servente per l’utilità di un altro fondo detto fondo
dominante in possesso di un altro proprietario.

Quindi le caratteristiche di base nella definizione della servitù sono: peso, utilità, diversi proprietari dei
fondi.

L’utilità è di un altro fondo proprietario di un’altra persona tant’è che il nostro manuale parla di servitù
irregolari quando queste vengono costituite a favore di una persona che non è opponibile a terzi dato che
nella libertà contrattuale non è possibile in quanto il contratto non può essere limitato ad una sola persona.

L’utilità descritta dall’art.1128 può consistere in una maggiore comodità del fondo dominante o solo
nell’amenità.

Le servitù possono essere reciproche quando un fondo è allo stesso tempo servente e dominate quindi
beneficia di una servitù di un altro fondo e allo stesso tempo sul fondo dominate grava una servitù, ergo il
fondo dominante è al tempo stesso dominante e servente.

Tre principi fondamentali in materia di servitù:

 Il proprietario del fondo servente non deve per consentire l’esercizio della servitù fare qualcosa,
non deve porre in essere una condotta, questo ha l’obbligo di non facere (non può costruire) o deve
essere costretto a sopportare.
 L’art. 1127 cc presuppone che i fondi appartengano a proprietari diversi.
 I fondi devono essere prossimi, non necessariamente devono confinare, certo che non possono tare
a km di distanza. Ma devono trovarsi in una situazione tale per cui l’uno possa servire all’altro
(tipo il pozzo che è nell’altro terreno). La normativa non parla di fondi confinanti.

Art. 1131 si costituisce:

 Per volontà della legge =coattive significa che c’è un fondo che deve diventare fondo dominante e il
proprietario del fondo attiguo non può opporsi. Questo tipo di servitù è tassativa,
 Per volontà dell’uomo= contratto o testamento. Queste sono volontarie e il proprietario del fondo
attiguo può rifiutarsi.
 Per usucapione, ciò significa che Tizio comincia a passare dal fondo di Caio senza che Caio gli
obbietti nulla. Dopo 20 anni, Caio si oppone ma è tardi perché Tizio ha acquistato per usucapione
questa servitù. Solo le servitù apparenti si possono acquistare per usucapione, quelle non
apparenti no, secondo l’art. 1061. Quindi le servitù possono essere:

- Le servitù apparenti sono quelle servitù per il cui esercizio sono destinate opere visibili e
permanenti sul fondo servente (possono stare anche sul fondo dominante). Sono un
esempio i sentieri ormai tracciati o una finestra del fondo dominante sulla veduta del fondo
servente.
- Le servitù non apparenti non sono acquistabili per usucapione perché non sono
interrompibili. Questo tipo di servitù non sono acquistabili perché il proprietario del
dell’altro fondo non sarebbe in grado di interrompere l’usucapione
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 Per destinazione del padre di famiglia, art.1062 cc. si costituisce così perché c’è stato un tempo in
cui il proprietario di un fondo ha asservito una parte del suo fondo a beneficio di un’altra parte del
suo fondo e dopo aver fatto questo frazione il suo terreno e dall’avere una particella identificativa
di quel terreno ne ha due e vende i due terreni separatamente. Vende a due proprietari diversi. Lo
stato di fatto diventa stato di diritto.

07/12/2018

Art.1061 cc servitù non apparenti:

Le servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione [158 disp. att.] o per destinazione del
padre di famiglia [1062].

Non apparenti sono le servitù quando non si hanno opere (1) visibili (2) e permanenti destinate al loro
esercizio.

Ultima lezione si concludeva con il problema dell’usucapione delle servitù non apparenti e si è cercato di
capire se l’art.1061 dice se le servitù non apparenti non si possono acquistare per usucapione. La servitù di
non edificare o non edificare oltre una certa altezza e questi sono due esempi di servitù non apparenti e no
si possono acquistare perché il proprietario che si vede compite queste servitù non può interrompere la
costruzione.

Art. 1072 cc estinzione per confusione:

La servitù si estingue quando in una sola persona si riunisce la proprietà del fondo dominante con quella del
fondo servente [1014 n. 2, 2862].

La servitù si estingue intanto quando in una sola persona si riunisce la proprietà del fondo servente e di
quello dominante perché una delle caratteristiche fondo della servitù è che i fondi appartengano a
proprietari diversi (art.1072 cc dice questo) si può avere questo caso per esempio con una successione
mortis causa. Il caso di estinzione più complicato è quello per prescrizione e si ha la difficoltà di stabilire il
giorno di decorso del termine, ma il 20ennio da quando inizia a decorrere?

Art.1073 co.2 cc estinzione per prescrizione:

La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per venti anni (1).

Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla; ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù
per il cui esercizio non è necessario il fatto dell'uomo (2), il termine decorre dal giorno in cui si è verificato un
fatto che ne ha impedito l'esercizio.

Nelle servitù che si esercitano a intervalli (3), il termine decorre dal giorno in cui la servitù si sarebbe potuta
esercitare e non ne fu ripreso l'esercizio.

Agli effetti dell'estinzione si computa anche il tempo per il quale la servitù non fu esercitata dai precedenti
titolari.

Se il fondo dominante appartiene a più persone in comune (4), l'uso della servitù fatto da una di esse
impedisce l'estinzione riguardo a tutte.
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È importante perché la servitù si estingue solo quando non si è usata per 20 anni. Il calcolo del momento di
esordio varia a seconda del tipo di servitù, cioè il momento iniziale cambia a seconda del tipo di servitù
perché l’art.1073 co.2 cc distingue a seconda che si trattai da un lato di servitù negative o di servitù
continue. Questo articolo dice che il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui si è cessato di
esercitare la servitù e da quando non si esercita più? Se si tratta di servitù negativa, quindi quella di non
facere/non costruire, o quella per il cui esercizio non è necessario il fatto dell’uomo, quindi continua (tipo
l’acquedotto) allora in questi casi il termine decorre dal giorno in cui si è verificato un fato che ne ha
impedito l’esercizio. Esempio: nella servitù negativa si vede che hai costruito oltre il limite di altezza e si è
verificato un fatto che impedisce l’esercizio della servitù.

Al co.3 di questo articolo viene detto che per le servitù che si utilizzano a intervalli, quindi quella
discontinue e un esempio è quella di passo, il dies a quo di decorrenza del termine della prescrizione è il
giorno in cui la servitù si sarebbe potuta esercitare e non si è ripreso l’utilizzo. Da quando tu smetti di
passare decorrono i 20 anni, se ci si ripassa allora la decorrenza si interrompe quando poi smette riiniziano a
decorrere i 20 anni etc…

Art. 1079 cc accertamento della servitù e altri provvedimenti di tutela:

Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l'esistenza contro chi ne contesta l'esercizio e può far
cessare gli eventuali impedimenti e turbative. Può anche chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre il
risarcimento dei danni.

Le due azioni a difesa della servitù sono:

 Azione confessoria: azione volta ad accertare l’esistenza della servitù e sta nel art.1079 cc. Si chiede
in giudizio il riconoscimento della servitù perché c’è un soggetto che contesta.
 Azione negatoria: sempre all’art.1079 quando parla di cessazione di eventuali impedimenti e
turbative. È un caso diverso perché non è il caso di contestazione dell’esistenza ma il soggetto che
sta nella servitù ne ostacola l’esercizio. Qua si chiede al giudice un ordine di cessazione delle
turbative che impediscono l’esercizio della servitù.

Può essere chiesta insieme a questa azioni la rimessione in pristino, ossia una domanda giudiziale volta ad
ottenere che lo stato dei luoghi sia riportato alla situazione precedente alla turbativa, quindi per esempio se
sono state messe delle recinzioni che ne ostacolano il passo queste vanno tolte. Un ulteriore domanda,
presenti nell’art.1079 cc, che può essere chiesta insieme alle due azioni è il risarcimento dei danni perché il
proprietario del fondo servente ha prodotto dei danni questi devono essere risarciti.

L’attore può chiedere al giudice tre domande: la confessoria, la rimessione in pristino e il risarcimento dei
danni.

Il possesso

Il manuale inizia mettendo in luce il punto essenziale di questo istituto dicendo che è una situazione di fatto.
Una cosa è avere il diritto di disporre di un determinato bene altro è avere la disponibilità del bene non
perché si abbia un diritto sul bene ma perché si ha il bene. Il nostro diritto attribuisce rilevanza giuridica alle
situazioni di fatto che si estrinsecano attraverso un’attività corrispondente all’esercizio di diritti reali.

Situazioni di fatto per esempio sono:

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 Il nostro diritto tutela anche il ladro perché il nostro diritto tutela le situazioni di fatto quindi se il
ladro ha un quadro di proprietà di un altro soggetto e questo altro soggetto si riprende questo
quadro il ladro può agire con un’azione giudiziaria riprendendosi il quadro. Il ladro si comporta
come se il ladro fosse suo.
 Se un soggetto occupa abusivamente un mio immobile, io posso entrare e cambiare le serrature. Il
principio che il diritto vuole salvaguardare è che il cittadino non si può fare giustizia da sé.

Il proprietario che vuole riprendersi l’immobile deve rivolgersi alla giustizia. Si ha la differenza a
questo punto tra:

- Ius possessionis: questo designa l’insieme di vantaggi che il possesso genera di per sé a
favore del possessore e questi vantaggi sono diversi perché il possessore non deve in un
contenzioso giudiziale provare la ragione per cui possiede è il soggetto che vanta diritti sul
bene che deve provare la loro esistenza e perché. È l’avere disponibilità della cosa
comportarsi come se si fosse proprietario del diritto reale ma non si ha un titolo che
goiustifica il possesso.
- Ius possiedendi: designa la posizione di chi ha effettivamente diritto a possedere il bene
perché è il proprietario, usufruttuario, c’è un titolo che giustifica il possesso. Il possesso
dunque non è un diritto ma una situazione di fatto produttiva di effetti giuridici. Designa la
situazione di chi effettivamente ha il diritto a possedere il bene perché ha titolo. Il ladro
non ha lo ius possiedendi ma solo quello possessionis, il ladro ha una cosa che ha rubato
con riferimento a questa cosa si comporta come se ne fosse proprietario.

In un processo è l’attore che deve provare il suo diritto sulla cosa non è il proprietario che deve provare
qualcosa. Non è facile provare il titolo di proprietà.

Art.1140 cc possesso:

Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o
di altro diritto reale.

Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa (1).

Elementi costitutivi del possesso presenti all’art.1140 cc e questo dà anche la definizione di possesso, ossia
è un potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro
diritto reale. Il possessore si comporta come se fosse un usufruttuario o proprietario del fondo dominate
che sta esercitando la servitù, questo possesso se è ius possessionis dopo un certo tempo è soggetto ad
usucapione. Gli elementi costitutivi sono:

 Corpus: cioè avere la materiale disponibilità della cosa.


 Animus: che si ricava dall’art.1140 il quale dice che è un elemento soggettivo ossia ci si rapporta a
quella cosa come se fosse di nostra proprietà. In questo sta la differenza tra possessore e detentore:
a mente dell'art. 1140, 1° comma, c.c. il possesso è il potere materiale sulla cosa manifestato
attraverso un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale.

Il comma successivo della disposizione codicistica, indicando la possibilità di possedere anche in via
indiretta, ossia "per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa", individua invece la
situazione soggettiva diversa della "detenzione" che si caratterizza per il riconoscimento
dell'altruità della proprietà o di altro diritto reale.
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Animus possessionis e animus detinendi: Il principale carattere differenziale tra le due situazioni
materiali di dominio, è, pertanto, l'elemento psicologico: a differenza dello stato soggettivo che
caratterizza il possesso, il quale presuppone la volontà di comportarsi come titolari del diritto di
proprietà o di altro diritto reale (c.d. animus possessionis), nella detenzione tale requisito è carente
poiché si presuppone l'altruità del diritto di proprietà o reale minore, e si parla al contrario di
"animus detinendi".

Il detentore, infatti, non ha affatto la volontà di esercitare poteri sulla res a nome proprio, poiché la
sua relazione con la cosa si fonda sempre sulla titolarità di un diritto personale di godimento,
nell'interesse proprio (ad es. il conduttore nel contratto di locazione) o altrui, per ragioni di servizio
(ad esempio il lavoratore posto alla vigilanza dei beni aziendali) ovvero di ospitalità.

Si può possedere direttamente o indirettamente tramite un altro soggetto che non ha il possesso
ma la detenzione. Art.1140 co. 2 altra persona che ha la detenzione della cosa (come per esempio il
contratto di locazione): il possesso ce l’ha il proprietario anche se gli manca il corpus e la legge ci
dice che si può possedere direttamente o indirettamente attraverso un’altra persona, quindi nel
contratto di locazione il proprietario possiede indirettamente.

Anche il ladro può possedere, ed è un possessore di mala fede, perché possiede sapendo di aver leso l’altrui
diritto. Possessore di mala fede è destinatario di una normativa di sfavore, per esempio sui frutti di quel
bene.

Art.1148 cc acquisto dei frutti:

Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale e i frutti
civili maturati fino allo stesso giorno. Egli, fino alla restituzione della cosa, risponde verso il rivendicante dei
frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando
la diligenza di un buon padre di famiglia.

Questo articolo stabilisce che il possessore di buona fede, ossia quando ignori l’altruità del diritto, fa suoi i
frutti naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale. Frutti naturali separati ossia quelli prodotti
dal fondo e se sono possessore del fondo, detengo animus e corpus, e voglio beneficiare dei frutti posso se
sono in buona fede. Sono possessore di buona fede quando ignoro l’altruità di un diritto. Allora la legge
dice che siccome io possedevo quella cosa e non sapevo che quella apparteneva ad un’altra persona io
posso fare miei i frutti fino alla domanda giudiziale, quindi vengo citata in giudizio dal proprietario che
contesta la proprietà e dal momento della domanda giudiziale alla sentenza e qualora la sentenza sia
favorevole all’attore, il dispositivo di quella sentenza, cioè dove dice che non c’è possesso perché il
possessore non ha titolo di possedere perché quel titolo non è suo, allora questo dispositivo retroagisce al
momento della domanda giudiziale quindi dal momento della domanda giudiziale alla pronuncia i frutti
materiali devono essere restituiti da quando il titolare si fa vivo. Dunque, il possessore in mala fede non
beneficia dei frutti fino alla domanda giudiziale li deve restituire tutti da quando si è impossessato del bene.

Il rivendicante è il proprietario. Dopo la domanda giudiziale si risponde dei frutti civili e di quelli che si
sarebbero potuti recepire utilizzando la diligenza del buon padre di famiglia.

L’art. 1152 cc ritenzione a favore del possessore di buona fede:

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Il possessore di buona fede può ritenere la cosa [748 4, 975 2, 1011, 1502 2] finché non gli siano corrisposte
le indennità dovute, purché queste siano state domandate nel corso del giudizio di rivendicazione [948] e sia
stata fornita una prova generica della sussistenza delle riparazioni e dei miglioramenti [2756].

Egli ha lo stesso diritto finché non siano prestate le garanzie ordinate dall'autorità giudiziaria nel caso
previsto dall'articolo precedente.

Diritto di ritenzione vuol dire che il possessore di buona fede nonostante sia stata accertata l’altruità del
diritto, ha diritto di trattenere la cosa perché il possessore, ai sensi dell’art.1150 cc co. 1:

Il possessore, anche se di mala fede, ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie.

Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purché sussistano al tempo della
restituzione.

L'indennità si deve corrispondere nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei
miglioramenti, se il possessore è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor somma tra
l'importo della spesa e l'aumento di valore.

Se il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, gli spetta anche il rimborso delle spese fatte per le
riparazioni ordinarie, limitatamente al tempo per il quale la restituzione è dovuta.

Per le addizioni fatte dal possessore sulla cosa si applica il disposto dell'articolo 936. Tuttavia, se le addizioni
costituiscono miglioramento e il possessore è di buona fede, è dovuta un'indennità nella misura
dell'aumento di valore conseguito dalla cosa [157 disp. att.].

Quindi anche se in mala fede ha diritto al rimborso delle spese straordinarie, quindi se un soggetto effettua
delle riparazioni straordinarie riguardo il fondo queste spese devono essere restituite anche al ladro. Il
possessore in buona fede ha anche diritto all’indennità per i miglioramenti effettuati alla cosa purché
sussistano ai tempi della restituzione. L’indennità si rende in proporzione all’aumento di valore conseguito
dalla cosa per effetto dei miglioramenti i quali accrescono il suo valore. Se il possessore è in mala fede c’è
una regola di sfavore il criterio è “la minor somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore”. Si ha la
regola di favore per il possessore in buona fede e una di sfavore per quello in mala fede, resta comunque il
fatto che al possessore in mala fede l’indennità bisogna dargliela perché lui è possessore del bene e poi
perché l’oggetto, quindi il corpus, è stato migliorato.

La ritenzione: arriva la sentenza che dice al possessore che non ha titolo per quel bene e deve restituirlo.
L’ordinamento cerca di proteggere il possessore dandogli il diritto di ritenzione. Ossia può trattenere il bene
finché non ti è stata pagata l’indennità di cui hai diritto a seconda che egli sia di buona o cattiva.

Al co.1 dell’art.1152 cc il diritto di ritenzione ce l’ha anche il possessore in mala fede? No, perché il
possessore di buona fede può ritenere la cosa fino a che non gli siano corrisposte le indennità dovute, va
escluso questo diritto per il possessore in mala fede.

Ci sono poi una serie di disposizioni importanti che sono:

 Art. 1142 cc presunzione di possesso intermedio:


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Il possessore attuale che ha posseduto in tempo più remoto si presume che abbia posseduto anche
nel tempo intermedio.

La regola è che oggi io posseggo e tu mi dici che io non possono possedere. Allora io ti dico che io
non sono solo possessore ma sono diventato anche proprietario, perché posseggo non da oggi né
da ieri ma da 30 anni. L’altro mi chiede coma fa a non sapere che io possiedo se lui mi vede solo
oggi? Allora se ne nasce una causa io al giudice dico che posseggo da 30 anni e di conseguenza il
giudice dice che devo provarlo. La presunzione di possesso intermedio è quando dico che io
posseggo da 30 anni. Il possessore attuale che ha posseduto in un tempo più remoto si presume
che abbia posseduto nel tempo intermedio quindi l’esempio fatto io possessore non devo provare il
possesso trentennale ma basta che riesca a provare che anche 30 anni fa io possedevo, allora sì
posso dire che posseggo da 30 anni. Io devo provare di aver posseduto in un tempo più remoto.

 Art. 1143 cc presunzione di possesso anteriore:

Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore, salvo che il possessore abbia un titolo a
fondamento del suo possesso; in questo caso si presume che egli abbia posseduto dalla data del
titolo.

Questo articolo dice che non si può desumere dal possesso attuale il possesso anteriore. Il possesso
attuale dice solo che io posseggo adesso non ci dice nulla sul passato. Caio possiede oggi e possiede
da tempo, ma Tizio dice che Caio posseggo solo da oggi e allora Caio dice che lui possiede in forza di
un contratto concluso molti anni fa. La regola del 1143 è che il possesso attuale non fa presumere
quello passato salvo che il soggetto non possieda un titolo che provi il possesso. Per provare il
possesso per un certo tempo non è sufficiente provare l’attualità perché questa non ci dice nulla
sulla durata del possesso, il legislatore viene in contro con questa regola del possesso intermedio
per provare che il soggetto abbia posseduto anche in un tempo passato e si può provare anche per
testimoni.

Questo articolo dice che il possesso attuale non fa presumere quello anteriore salvo che il
proprietario non abbia un titolo che prova la tua titolarità.

 Art. 1146 cc successione nel possesso. Accessione del possesso:

Il possesso continua nell'erede con effetto dall'apertura della successione.

Il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli
effetti (1).

Successione nel possesso: se un soggetto è in possesso di un bene e muore l’erede che ottiene il
corpus inizia il possesso, secondo l’art.1147 cc, da tanti anni quando il decuius ne aveva del
possesso, questo erede non inizia a possedere da zero ma continua con effetto dall’apertura della
successione. Perché come noi si sa, l’accettazione dell’eredità retroagisce al momento dell’apertura
della successione. Se il decuius possiede l’eredità da 19 anni, l’erede continua a possedere da 19
anni. L’erede succede nel possesso dall’apertura della successione non dall’accettazione dell’eredità,
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questo può fare la differenza nell’usucapione.


Cessione del possesso: riguarda il successore a titolo particolare che può unire al proprio possesso
quello del suo autore per goderne degli effetti. Il possesso, come sappiamo, produce degli effetti
(usucapione, azioni a difesa del possesso…). Anche il successore a titolo particolare può morire
perché se sono legatario ricevo un legato di proprietà, questo legatario inizia il possesso da quando
possiede il suo autore.

 Art. 1147 cc possesso di buona fede:

È possessore di buona fede (1) chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto (2) [535, 1153, 1415,
1445].

La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave (3).

La buona fede è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell'acquisto (4).

Questo articolo pone una regola importante che è la presunzione di buona fede del possessore, la
buona fede è presunta e basta che ci sia stata al tempo dell’acquisto. Questa regola integra un
principio secondo cui la mala fede che sopravviene non nuoce. Se Tizio ha il corpus il legislatore
presume che sia in buona fede. Quindi se io agisco con l’azione di rivendica, siccome la buona fede
si presume, sono io attore che devo dimostrare che Tizio quando ha acquistato era in mala fede e se
non riesco a dimostrarlo si applica una regola di sfavore in punto di frutti a me proprietario. La deve
dimostrare l’attore la mala fede perché, come ho detto, la buona fede si presume. Quando i pro
agisce con l’azione di rivendica se vuole ottenere i frutti non dalla domanda giudiziale ma da
quando c’è stato l’impossessamento deve provare oltre al titolo di proprietà, la c.d. probatio
diabolica, anche la mala fede perché altrimenti il giudice gli riconosce i frutti solo dalla domanda
giudiziale.

Al terzo comma di questo articolo si ha una precisazione importante perché io potrei dire, se non ci
fosse questa regola, al momento dell’acquisto c’era buona fede ma dopo tre giorni è sorta la mala
fede, ma questa non nuoce all’acquisto.

 Art. 1141 cc mutamento della detenzione in possesso

Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato
a esercitarlo semplicemente come detenzione.

Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non
venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta
contro il possessore. Ciò vale anche per i successori a titolo universale.

Interversione del possesso: ossia da detenzione si passa al possesso. Questo può accadere perché
il detentore comincia a comportarsi come un proprietario e compie un atto di rottura nei confronti
del proprietario. Quindi per esempio il conduttore paga le spese straordinarie riguardo il fondo, che
sono di regola a carico del locatore, e facendo tutta questa serie di atti agisce comportandosi come
il proprietario. Qua la detenzione diventa possesso e si ha un’interversione. Quando il detentore

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esercita un potere sulla cosa corrispondete al diritto di proprietà, allora da quel momento inizia a
decorrere l’usucapione se il proprietario non interrompe usucapione.

Al co.2 di questo articolo viene detto che se qualcuno ha iniziato ad avere la detenzione, e se c’è
detenzione il soggetto ha un titolo tipo il contratto di comodato dove il comodatario ha la
detenzione perché il comodatario che ha concluso questo contratto riconosce l’altruità del diritto, e
allora chi ha la detenzione non ha il possesso fino a che il titolo non venga ad essere mutato, se dico
che non sei più conduttore ma sei usufruttuario hai un possesso perché è stato cambiato il titolo.
Altrimenti può avvenire in forza di un’opposizione da lui fatta, questo da lui è il detentore, contro il
possessore. È il detentore che si ribella ed inverte compiendo un’interversione diventando
possessore. Pe avere un’interversione si deve avere: una mutazione del titolo o il detentore si ribella
al possessore.

Possesso vale titolo

Art. 1153 cc effetti dell’acquisto del possesso:

Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non è proprietario, ne acquista la proprietà [922]
mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna (1) e sussista un titolo idoneo al
trasferimento della proprietà (2).

La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede
dell'acquirente.

Nello stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, di uso e di pegno.

Il possesso vale titolo è il possesso in buona fede delle cose mobili che ne giustifica l’acquisto della proprietà
e all’art.1153 cc viene chiamato “acquisto a non domino”: si tratta di un acquisto del diritto di proprietà.
“Acquisto a non domino” si tratta di un acquisto del diritto di proprietà da chi non è proprietario. Un
soggetto che non è proprietario di una cosa trasferisce ad altri la proprietà di quella cosa. È strano perché
sul libro si trova il principio che dice che nessuno può trasferire ciò che non ha.

Come è strutturata la fattispecie legale dell’acquisto a non domino e le condizioni a cui sono alienati i beni
mobili da chi non è proprietario. La prima condizione necessaria è che chi non è proprietario al momento
della consegna sia in buona fede, bisogna ignorare l’altruità del diritto perché se so che il bene è di un altro
divento in mala fede e non può operare acquisto l’acquisto non domino. L’altra condizione è che sussista un
titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà, significa che occorre concludere un contratto
che è astrattamente idoneo al trasferimento. Si dice astrattamente idoneo perché è comunque un contratto
concluso da chi non è proprietario. Se concludiamo un contratto di vendita di un oggetto illecito questo
contratto è nullo e la proprietà non viene trasferito. L’idoneità sta nel fatto che viene concluso un contratto
da chi non è proprietario ma è un contratto senza vizi.

A seguito dell’acquisto a non domino abbiamo uno ius possiedendi perché ho un titolo e ho acquistato quel
bene in forza di un contratto e questo acquisto a non domino pone un diritto forte, c’è un titolo che fonda
quel possesso che è quel contratto che ha trasferito quella proprietà, contratto del tutto privi di vizi. Si ha in
questa regola, secondo cui si può acquistare un immobile da chi non è proprietario, non viene menzionato il
proprietario deve lasciar circolare i beni mobili. Per favorire la circolazione dei mobili e per garantire
l’affidamenti di colui che compra lascia la possibilità di questo contratto. Da un lato con l’acquisto a non

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domino si favorisce la velocità e la sicurezza della circolazione dei beni mobili dall’altro si garantisce
l’affidamento degli acquirenti.

Al Co. 3 si ha un altro aspetto da mettere in rilievo è chi ha acquistato un mobile a non domino lo acquisto
privo di vizi altrui sulla cosa, se questi diritti altrui sulla cosa non risultano dal titolo. Se quella cosa era
oggetto di pegno e questo non risulta da un titolo non si può opporre ad un acquirente in buona fede, in
modo da non depotenziare lo scopo di circolazione dei mobili voluto dal legislatore.

Poi si ha anche l’art. 1154 cc conoscenza illegittima della provenienza della cosa:

A colui che ha acquistato conoscendo l'illegittima provenienza della cosa non giova l'erronea credenza che il
suo autore o un precedente possessore ne sia divenuto proprietario.

Se l’acquirente è a conoscenza dell’illegittima provenienza della cosa, il legislatore nega la protezione


nell’acquisto a non domino. Il legislatore tutela la buona fede che deve essere assoluta. A colui che ha
acquistato conoscendo l’illegittima provenienza non giova l’erronea credenza che il suo autore o un
precedente proprietario ne sia diventato proprietario.

Azioni a difesa del possesso

Questo argomento è disciplinato dagli artt.1168-1170 cc.

Si hanno:

 azioni a difesa del possesso: azione di reintegrazione o spoglio e azione di manutenzione

- azione di reintegrazione o spoglio: può essere esercitata quando il possessore è stato


privato della cosa che possiede. Questa azione fa sì che si abbia un reintegro del possesso.
Il soggetto può essere privato in modo violento od occulto. Con riferimento al caso di colui
che occupa abusivamente il nostro immobile, dove noi aspettiamo che li soggetto vada al
lavoro per cambiare la serratura, questa fattispecie concreta implica giuridicamente che
venga ricondotta allo spoglio occulto. Chi è stato violentemente o occultamento privato del
possesso può entro un anno dallo spoglio chiedere contro il soggetto autore la
reintegrazione del possesso.
È un’azione volta a riottenere prevista per il possesso del possessore o del detentore
qualificato (è colui che detiene in forza di un titolo: tipo il comodatario o il conduttore è
titolare dell’azione di rivendicazione perché egli è un detentore qualificato da un titolo).

Il dies a quo di decorrenza del termine decorre dal giorno della scoperta dello spoglio.
L’azione di manutenzione riguarda un’altra fattispecie ossia il caso in cui il possessore sia
stato molestato nel possesso di un immobile o di un altro diritto reale su un immobile o nel
possesso di una universalità di immobili. Qua c’è una molestia che incide l’ampiezza del
rapporto tra il possessore e la cosa e allora si agisce con l’azione di rivendicazione.

- Azione di manutenzione: all’art.1170 cc viene detto che l’azione di manutenzione si può


avere quando il possesso deve essere da più di 1 anno e continuo e non interrotto e non
deve essere acquistato clandestinamente o violentemente. Se si è acquistato in modo
violento o clandestino l’azione può essere usata decorso un anno dalla fine delle molestie.

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Si tratta di quei fatti che devono sussistere perché si possa agire in giudizio. L’azione di
manutenzione se il possesso si

 della proprietà: azione di rivendica…


 azioni che sono comuni al proprietario e al possessore:

- denunzia di nuova opera, qua accade che il proprietario o il possessore ha ragione di


temere che da una nuova opera intrapresa da un altro soggetto il suo diritto verrà leso,
quindi che ci sia la possibilità che gli derivi un danno.
- denunzia di un danno temuto ha ragione di temere che da albero art.1171 cc.

Comunione e condomino

Riforma del 2013 che ha innovato la disciplina dei condomini. Cosa formano le componenti condominiali
perché il condominio si ha quando ci sono più appartamenti in uno stesso edificio e si hanno delle parti in
comune. Il codice dice quali sono queste parti comuni sulle quali ciascun proprietario ha un pezzettino di
proprietà. Il condominio si avvicina alla comunione, dove si hanno più diritti di proprietà sullo stesso bene.
Concettualmente sono due concetti vicini ma il condominio ha una propria autonomia e delle due regole.
Sono regole articolate quando nel condominio obbligatorio si ha la nomina di un amministratore, ci sono poi
regole sull’assemblea condominiale, le spese di ordinaria e straordinaria amministrazione…

Responsabilità di singoli condomini assunte dal condominio: nell’assemblea di condominio si decide di rifare
la facciata, che è una parte comune. Come si distribuiscono i costi? Il costo si distribuisce in base ai millesimi
di proprietà, chi ha l’appartamento più grande paga di più a chi ha l’appartamento più piccolo, il creditore
può rifarsi in casi di inadempimento parziale sui condomini che hanno pagato? I condomini adempienti non
sono protetti in senso assoluto dall’essere chiamati a rispondere ancora. Il legislatore della riforma del 2013
ha reagito ad una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite che si era pronunciata dicendo che
l’obbligazione è dei condomini ed è parziaria. Quindi le Sezioni Unite avevano attuato una grande tutela e
protezione del condomino adempiente definendo l’obbligazione parziaria, una volta pagata il debitore è
libero dall’obbligazione, e non solidale. Il legislatore, con la riforma del 2013, invece prevede che non sia né
solidale né parziaria perché si pone in una visione fattuale, la situazione va risolta guardando alle varie
situazioni dove ci sono due interessi: quello del creditore e quello del condomino adempiente che non
vuole pagare oltre il dovuto. Con la tutela del creditore il legislatore ha fatto si che questo sia maggiormente
tutelato facendo sì che questo possa andare da chi abbia già pagato.

La comunione si ha quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone. Ci sono regole
previste dall’art.1102 cc su come si usano le cose in comune, poi si hanno anche le regole di
amministrazione agli artt. 1005 e 1008. Se voglio sciogliere la comunione l’art.1111 risponde a questa
domanda. Le decisioni vengono rese da delle deliberazioni dei proprietari e queste possono essere secondo
l’art.1009 cc impugnate.

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