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Diritto Processuale Civile lezione 23/03/2021

Domanda: a proposito dell’estromissione del garantito, abbiamo detto che in questo caso è
necessario porre delle condizione perché se il garantito ha proposto una domanda nei confronti
del garante ed esce c’è il rischio che con riferimento alla domanda di garanzia, il garante assuma
contemporaneamente la veste di attore e di convenuto, però nella domanda di garanzia il
garantito è convenuto?
Risposta: Il garantito è attore nella chiamata in garanzia, l’attore agisce nei confronti del
convenuto garantito il quale chiama in garanzia il garante. Diventerebbe attore e convenuto sulla
domanda di garanzia perché rispetto alla domanda di garanzia, se esce il garantito lui si troverebbe
a reggerla da solo nella duplice veste di attore e convenuto, cosa che non è possibile per cui, come
dicevo, se il garante è stato chiamato in causa per comunanza di causa, quindi soltanto al fine di
renderlo soggetto all’accertamento circa l’esistenza ed il modo di essere del rapporto pregiudiziale
non ci sono problemi, perché questa non è una domanda giudiziale, non viene dedotto in giudizio
un rapporto, cioè è una domanda giudiziale ma non viene dedotto in giudizio il rapporto di
garanzia. Viceversa se c’è stata la vera e propria chiamata in garanzia, con allargamento non
soltanto in senso soggettivo ma anche oggettivo del processo, ai fini dell’estromissione del
garantito occorre che ci sia una semplificazione, cioè occorre che questo rapporto di garanzia esca
dal processo. Deve venir meno la domanda di garanzia. Il garante sostituisce il garantito ed infatti
resta in causa come legittimato straordinario, è una forma di legittimazione straordinaria ad agire
che si forma in corso di causa e deroga a quella che è la regola generale e cioè la necessaria
partecipazione al processo del legittimato ordinario, perché è il garantito il legittimato ordinario
rispetto al rapporto pregiudiziale, quindi il garante sta in causa nelle vesti di sostituto processuale,
di legittimato straordinario. Se il processo avesse ad oggetto anche il rapporto di garanzia il
garante si troverebbe rispetto al rapporto di garanzia a rivestire il ruolo non soltanto di convenuto
ma anche di attore, sia pure nelle vesti di sostituto processuale, cosa che non è possibile. Quindi se
il garantito esce occorre che rinunci alla sua domanda di garanzia.

Domanda: Io non avevo ben capito la connessione per pregiudizialità dipendenza cosiddetta
bilaterale nella garanzia per evizione
Risposta: ci torno oggi sulla connessione per pregiudizialità dipendenza bilaterale, con riferimento
alla garanzia per evizione, come vi ho detto, si manifesta in ipotesi molto residuali, cioè occorre
che l’attore, colui che agisce nei confronti del compratore per affermarsi proprietario del bene
compravenduto sia un avente causa dallo stesso venditore, quindi il presupposto è che ci sia stata
la doppia alienazione da parte del venditore. In questa ipotesi c’è un rapporto giuridico diretto che
lega l’attore al venditore che è il garante, colui che viene chiamato in garanzia, cosa che
generalmente non c’è, perché l’attore è il titolare del rapporto pregiudiziale ed il garante è il
titolare passivo del rapporto di garanzia che è il rapporto giuridicamente dipendente. Come regola
generale non esiste un rapporto diretto fra i due, le uniche eccezioni sono le ipotesi di connessione
per pregiudizialità dipendenza bilaterale perché in queste particolari ipotesi quel che avviene
nell’ambito delle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo, quindi nell’ambito della
fideiussione a monte del rapporto cosiddetto pregiudiziale che lega l’attore al convenuto garantito
c’è un ulteriore rapporto che corre tra lo stesso attore ed il garante, nella nostra ipotesi di
fideiussione era il rapporto di credito-debito originario.
Allora, come preannunciato completiamo oggi la nostra riflessione sulla connessione per
pregiudizialità dipendenza fra parti diverse introducendo, ma mi limito a pochi cenni, gli altri due
settori in cui questa forma di connessione si può manifestare e poi andiamo a trattare un tema
centrale del diritto processuale civile certamente uno dei più affascinanti ovvero i limiti soggettivi
del giudicato.
La connessione per pregiudizialità dipendenza, ripetiamo ancora una volta la definizione, giusto
per rinfrescarci le idee: è una relazione che intercorre fra rapporti giuridici, fra rapporti sostanziali,
per quanto riguarda l’oggetto di queste lezioni parliamo di rapporti che corrono fra soggetti
parzialmente diversi, tale per cui c’è un rapporto che è il rapporto c.d. pregiudiziale che è
elemento della fattispecie giuridica da cui trae origine il rapporto dipendente. Cosa significa che è
elemento della fattispecie giuridica? Significa che ha la rilevanza di elemento costitutivo oppure
modificativo, estintivo, impeditivo rispetto al rapporto dipendente. Noi ci siamo, per adesso,
soffermati sul settore più importante di connessione per pregiudizialità dipendenza fra parti
diverse, che è la chiamata in garanzia, andiamo a vedere adesso altri due settori:
Il primo settore si sovrappone parzialmente con la chiamata in garanzia perché riguarda le
obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo e qui richiamo appunto la connessione per
pregiudizialità dipendenza c.d. bilaterale oggetto di quest’ultima domanda. Che cosa sono le
obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo? Sono obbligazioni solidali, per cui si tratta di
ipotesi in cui abbiamo due soggetti che sono obbligati solidalmente, quindi sono obbligati nei
confronti di un comune creditore in via solidale, significa che il creditore, art. 1292 c.c.,può
pretendere da ciascuno dei debitori il soddisfacimento dell’intera obbligazione, ma si tratta di
ipotesi in cui l’obbligazione solidale così come ci avverte l’art. 1298 c.c. è contratta nell’interesse
esclusivo di uno dei debitori. Il prototipo abbiamo detto lo ritroviamo nella fideiussione: il
fideiussore è un garante, un garante personale a livello sostanziale, tale per cui è un soggetto che
si obbliga nei confronti del creditore ad adempiere la stessa obbligazione di cui è titolare il
debitore originario. Questo significa, riprendendo appunto le riflessioni sulla connessione per
pregiudizialità dipendenza di tipo bilaterale, che al rapporto originario di credito/debito di cui sono
titolari, sul lato attivo il creditore e sul lato passivo il debitore originario, si affianca un ulteriore
rapporto che corre fra il creditore e il fideiussore, sappiamo inoltre che a questi rapporti ne segue
uno ulteriore che è il rapporto interno fra i due condebitori solidali, fra fideiussore e debitore,
trattandosi di un obbligazione solidale contratta nell’interesse esclusivo di uno dei debitori, se ad
adempiere all’obbligazione è il fideiussore, questi ha il diritto di ripetere dal debitore originario
quanto ha dovuto corrispondere al creditore e al tal fine dispone non soltanto della surrogazione
(che lasciamo da una parte), ma dispone dell’azione di regresso art. 1950 c.c., quell’azione di
regresso che abbiamo detto costituisce l’oggetto della chiamata in garanzia. Ora, abbiamo detto
che questo rapporto di regresso è un rapporto giuridicamente dipendente rispetto al rapporto che
lega il creditore e il fideiussore, sicché abbiamo intravisto in questo particolare settore, una forma
peculiare di connessione per pregiudizialità dipendenza, una connessione detta bilaterale, questo
perché? Perché abbiamo una serie di rapporti, correnti fra questi tre soggetti, legati da un vincolo
di connessione per pregiudizialità dipendenza, il rapporto di credito/debito originario è
pregiudiziale rispetto al rapporto che lega il creditore al fideiussore che è pregiudiziale rispetto al
rapporto di regresso che lega il fideiussore al debitore originario.
Allora, se poniamo mente alla complessità di questa fattispecie si capisce agevolmente la forma
che sul piano processuale può prendere questa fattispecie. Finora noi ci siamo occupati del caso in
cui il creditore agisce nei confronti del fideiussore e questi chiama in garanzia il debitore originario
proponendo l’azione di regresso. Tuttavia, siccome il debitore originario e il fideiussore sono
coobbligati solidali, abbiamo già richiamato l’art. 1292 c.c., è naturalmente possibile che il
creditore anziché agire nei confronti del solo fideiussore proponga, ab origine, una doppia
domanda, convenga cioè in giudizio sia il debitore originario sia il fideiussore, siamo di fronte ad
una forma di processo cumulativo, di processo litisconsortile originario, è l’attore che propone
contestualmente due domande in base all’art. 103 nei confronti di due diversi soggetti, due
domande che sono connesse per pregiudizialità dipendenza, perché la domanda rivolta nei
confronti del debitore originario, che ha ad oggetto il rapporto di credito/debito originario, è
pregiudiziale rispetto alla domanda rivolta al fideiussore. Naturalmente, in questa ipotesi è
possibile che il fideiussore proponga immediatamente la sua domanda di regresso nei confronti
del debitore, non dovrà chiamarlo in garanzia perché il debitore è già parte del processo, ma potrà
proporre nei suoi confronti la sua domanda di regresso. Come vi ho detto la fideiussione è soltanto
il prototipo di questo settore, ma ci sono altre ipotesi di solidarietà ad interesse unisoggettivo nel
nostro ordinamento, vi ho già richiamato la responsabilità del proprietario e del conducente art.
2054, così come vi ho già richiamato la responsabilità dei padroni e committenti art. 2049 c.c., in
entrambe queste ipotesi è possibile che venga proposta, ab origine, una doppia domanda, cioè
che l’attore nel primo caso è il danneggiato, proponga contestualmente una domanda di
risarcimento del danno nei confronti sia del proprietario sia del conducente del veicolo e ancora
una volta siamo di fronte ad un litisconsorzio iniziale art. 103 avente ad oggetto due domande
connesse per pregiudizialità dipendenza. Lo stesso vale con riferimento alla responsabilità dei
padroni e committenti: è possibile che il danneggiato anche in questo caso proponga la sua
domanda di risarcimento del danno nei confronti del dipendente, di colui che ha commesso il fatto
illecito ma anche del datore di lavoro che è responsabile in solido con il proprio dipendente per i
danni che il dipendete ha arrecato a terzi nello svolgimento del suo lavoro. Si tratta id una forma di
processo litisconsortile c.d. facoltativo perché non c’è l’obbligo anche in questa ipotesi di proporre
contestualmente le due domande, anche in questo caso vale la considerazione secondo cui
trattandosi di ipotesi che esibiscono una forma di connessione per pregiudizialità dipendenza è
chiaro che l’ordinamento ha tutto l’interesse alla realizzazione di questo cumulo processuale,
questo perché il cumulo processuale è l’unica condizione che assicura il coordinamento delle
decisioni che verranno emesse. Quindi l’ordinamento facilita la formazione di questo processo
cumulativo ma non la può imporre, quindi è un litisconsorzio facoltativo, così come abbiamo
osservato con riferimento alla chiamata in garanzia, tuttavia una volta che il processo cumulativo
si è formato non sarà possibile farlo venir meno, quindi il giudice non potrà mai disporre la
separazione delle cause, né nella fase istruttoria, né nella fase decisoria e se la causa pregiudiziale
è matura per la decisione in via anticipata rispetto alla causa dipendente potrà emanare una
sentenza non definitiva, quindi una sentenza emessa in base all’art. 279 comma 2 n° 4 nella parte
in cui rinvia al n° 3, questo perché come vedremo nelle lezioni dedicate ai mezzi di impugnazione il
regime di impugnazione cui è soggetta la sentenza non definitiva assicura il coordinamento delle
decisioni.
Come già ho rilevato parlando della chiamata in garanzia il profilo più delicato che si pone in
queste particolari ipotesi, in questa particolare forma di connessione è quello della delimitazione
dei poteri che il terzo titolare passivo del rapporto dipendente può esercitare con riferimento alla
causa pregiudiziale, ma ancora una volta vi chiederei di mettere un * perché questo problema lo
andiamo ad affrontare quando parleremo dell’intervento adesivo dipendente, art. 105 secondo
comma, ricordatevi sempre che è alla luce della connessione che intercorre fra rapporti che si
ricostruisce la disciplina processuale, per cui il modo di formazione del processo litisconsortile è
del tutto irrilevante.

Il terzo settore di connessione per pregiudizialità dipendenza fra parti diverse lo ritroviamo
nell’ambito delle fattispecie relative alla opponibilità dei vizi di un contratto al terzo sub
acquirente, quindi il presupposto è che sia stato stipulato un contratto fra un soggetto e un avente
causa e il caso che ci interessa è quello in cui viene proposta un’azione di impugnativa contrattuale
nei confronti di un determinato soggetto, che sarà il contraente e contestualmente l’attore
esercita un’azione nei confronti del terzo avente causa dal convenuto per ottenere la restituzione
del bene. Quindi il presupposto è che il bene sia stato oggetto di due successivi contratti e un
contraente impugni, proponga un’azione di impugnativa contrattuale tipo l’azione di nullità nei
confronti del proprio avente causa e contestualmente proponga un’azione di restituzione nei
confronti del terzo avente causa, dal suo convenuto. Ora, per delimitare l’ambito applicativo di
questo terzo settore dobbiamo anticipare l’oggetto di questa lezione cioè il tema dei limiti
soggettivi del giudicato. Ci sono delle ipotesi in cui per espressa previsione di legge, il terzo avente
causa è soggetto all’efficacia della sentenza che ha accolto l’azione di impugnativa contrattuale
rivolta nei confronti del proprio dante causa, per esempio in tema di nullità del contratto
sappiamo che in base ad una espressa previsione di legge, la nullità è opponibile a tutti i terzi
aventi causa, cosa vuol dire? Vuol dire che l’attore che esercita vittoriosamente l’azione di nullità
del contratto può successivamente proporre un azione di restituzione nei confronti del terzo
avente causa dal convenuto, perché la nullità è opponibile al terzo avente causa. Allora, se questo
è vero nei limiti in cui il vizio è opponibile al terzo avente causa (e su questo mettete * perché
torneremo nel proseguo delle lezione), è ben possibile per l’attore proporre, ab origine, le due
domande di fronte allo stesso giudice, quindi è possibile che l’attore per esempio esperisca
contestualmente la domanda di nullità del contratto nei confronti della propria controparte e
proponga anche domanda di restituzione del bene nei confronti del terzo sub acquirente. Anche in
questa ipotesi siamo di fronte a due domande che hanno ad oggetto due rapporti giuridici
connessi per pregiudizialità dipendenza. In questa ipotesi però a differenza di quanto abbiamo
visto nel caso precedente, l’attore è obbligato ad esercitare le due domande contestualmente,
cioè l’attore in questa ipotesi non potrebbe agire direttamente nei confronti del terzo avente
causa perché? Perché l’azione di nullità è un azione contrattuale, quindi il nostro attore che è un
contraente la deve necessariamente esercitare nei confronti della controparte, non esiste sul
piano giuridico un rapporto che lega l’attore al terzo avente causa e qui si tocca con mano la
distanza rispetto invece alle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo perché stante la
particolare conformazione di questi rapporti sostanziali abbiamo detto che il creditore è libero di
agire nei confronti dell’uno o dell’altro, quindi è totalmente libero in questa scelta. Io ho fatto
volutamente come esempio quello della nullità perché con riferimento a questo settore è la legge
a stabilire in maniera chiara che la nullità è sempre opponibile agli aventi causa, salvo i limiti che
derivano dalla trascrizione delle domande giudiziali, su cui magari torniamo successivamente. In
questo settore possono rientrare anche, teoricamente, le altre azioni di impugnativa negoziale,
l’annullamento, la rescissione, la risoluzione però in queste altre discipline dobbiamo fare i conti
con una disciplina relativa alla opponibilità del vizio al terzo avente causa che è molto diversa
rispetto a quella dettata con riferimento alla nullità, perché il legislatore sostanziale ha
subordinato l’opponibilità del vizio al terzo avente causa ad una serie di condizioni talvolta anche
molto articolate e quindi questa ipotesi è configurabile soltanto nei limiti, che sono molto più
ristretti, in cui in queste altre ipotesi il vizio del contratto è opponibile al terzo avente causa.
Fatta questa precisazione, andiamo adesso ad analizzare il tema oggetto principale di questo
nostro incontro ovvero I LIMITI SOGGETTIVI DEL GIUDICATO.
Come vi ho detto si tratta di un tema assolutamente centrale del diritto processuale civile che
affianca il tema sulla cui base abbiamo svolto l’intera prima parte del corso, nel primo semestre
abbiamo posto come tassello, come mattoncino di base, per tutta la nostra costruzione i limiti
oggettivi del giudicato, in questo secondo semestre in cui affrontiamo molte tematiche legate ad
un processo che si svolge fra più parti il mattoncino fondamentale è quello dei limiti soggettivi del
giudicato, trattandosi cioè di stabilire se la sentenza resa inter-partes quindi fra due o più parti è
efficace quindi è vincolante nei confronti di un soggetto terzo, cioè di qualcuno che al processo
non ha preso parte. Ora, l’ordinamento italiano ma in genere tutti gli ordinamenti contengono una
norma che si occupa di questo tema e nel nostro caso la norma di riferimento è l’art. 2909 c.c., che
noi conosciamo già da molto tempo, una qualche indicazione a dire la verità ce la dà, ma è
un’indicazione estremamente delicata, torniamo a leggere questa disposizione, questa
disposizione prevede: “L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato [324 c.p.c.]
fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.”
Allora, quello che possiamo diciamo desumere da questa disposizione è un’indicazione
estremamente limitata perché questa disposizione afferma che il giudicato, quindi l’accertamento
contenuto nella sentenza passato in giudicato, fa stato, quindi è vincolante ad ogni effetto fra le
parti e per parti si intende coloro che hanno preso parte al processo, i loro eredi, qui di suppone,
se si parla di eredi, che c’è stata una successione a titolo universale, che una delle parti è venuta
meno, dall’art. 2909 possiamo desumere quindi che se all’indomani del giudicato una delle parti
viene meno il giudicato fa stato nei confronti degli eredi che sono i successori a titolo universale. In
verità poi noi fra qualche lezione andremo a studiare la disciplina della successione a titolo
universale nel processo, in pendenza di processo art. 110 e da questa desumeremo che in verità la
sentenza vincola anche coloro che sono succeduti al de cuius ne corso del processo, su questo non
ci sono dubbi. Poi si fa riferimento agli aventi causa, chi sono gli aventi causa? Sono color che
hanno acquistato il diritto, nel 2909 si intendono richiamati gli aventi causa, coloro che hanno
acquistato il diritto, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, quindi dopo il giudicato, ma dalla
lettura dell’art. 111 c.p.c. che si occupa della successione a titolo particolare nel diritto controverso
possiamo desumere che la sentenza è opponibile anche a chi acquistato il diritto nel corso del
processo.
Fatte queste precisazioni l’art. 2909 non ci dice nient’altro, eppure, il problema dei limiti soggettivi
del giudicato è destinato a porsi ogni volta che un soggetto terzo è titolare di un rapporto
sostanziale in qualche modo legato al rapporto oggetto della sentenza passata in giudicato, quindi
l’art. 2909 in verità lascia scoperte un numero molto nutrito di ipotesi, quindi è un problema che
necessariamente deve essere risolto in via interpretativa.
Il primo tentativo che dobbiamo effettuare è quello di rinvenire nell’ambito dell’ordinamento
ulteriori disposizioni che contengono una qualche indicazione, una qualche norma, che
regolamenta questo particolare profilo e in effetti ci sono una serie di disposizioni, in parte ci sono
anche note, che parlano dei limiti soggettivi del giudicato ma queste disposizioni danno, offrono,
una serie di indicazioni che sono piuttosto contrastanti. Andiamo a vederle: come vi dicevo in
parte ci sono disposizioni che ci sono anche già note, cominciamo con il c.p.c. e cominciamo con
l’art. 404 c.p.c. che si occupa di due mezzi di impugnazione ovvero: l’opposizione di terzo
ordinaria, art. 404 primo comma e l’opposizione di terzo revocatoria, secondo comma.
L’art. 404 primo comma così recita “Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in
giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti”.
Allora, è un mezzo di impugnazione, quindi è uno strumento per il cui tramite il terzo vuole
ottenere la rescissione della sentenza emessa inter-partes, come vedete il presupposto è che
questa sentenza pregiudichi i diritti del terzo. Ora, in verità come emergerà dalle prossime lezioni
e come avremo modo di ripetere nelle lezioni dedicate ai mezzi di impugnazione, i terzi che per
opinione pacifica di dottrina e giurisprudenza sono legittimati ad esperire l’opposizione di terzo
ordinaria sono terzi che in verità non sono soggetti agli effetti della sentenza emessa inter partes,
ma vengono a subire da questa sentenza un pregiudizio di fatto, vengono a subire un pregiudizio
nel momento in cui la sentenza viene messa in esecuzione. Un esempio c’è già noto, è l’esempio
del litisconsorte necessario pretermesso, quindi colui che è titolare del rapporto giuridico
complesso oggetto del processo che non è stato chiamato in causa, non ha preso parte al
processo, noi sappiamo che questa sentenza è una sentenza che non produce efficacia nei suoi
confronti, tanto è vero che abbiamo detto che per opinione pacifica questo terzo è legittimato ad
aprire, ad esercitare un’azione autonoma nei confronti delle parti del processo originario, però
questo terzo viene ritenuto legittimato ad esperire opposizione di terzo ordinaria, questo perché?
Perché quando la sentenza viene messa in esecuzione può subire un pregiudizio da questa
esecuzione, per questo motivo viene ritenuto legittimato a proporre opposizione di terzo anche
perché nell’ambito di questo particolare processo potrà chiedere al giudice un provvedimento
inibitorio cioè potrà chiedere al giudice la sospensione dell’esecutività o della esecuzione della
sentenza che ha impugnato.
Un altro esempio di terzo che è legittimato a esperire opposizione di terzo è ad es. il terzo titolare
di un rapporto giuridico autonomo e incompatibile rispetto al rapporto oggetto della sentenza
passata in giudicato, è l’esempio tipico del terzo che si ritiene proprietario dello stesso bene della
cui appartenenza si è discusso in un primo processo, abbiamo detto è un terzo che non è vincolato
a questa sentenza, la sentenza non produce effetti giuridici nei suoi confronti dal momento in cui
per definizione è titolare di un diritto autonomo rispetto a quello controverso fra le parti, ma è un
soggetto che subisce un pregiudizio di fatto da questa sentenza, sia perché crea incertezza a livello
di relazioni giuridiche, sia perché quando questa sentenza viene messa in esecuzione e quindi c’è
un ufficiale giudiziario che consegna la chiave del bene immobile per esempio a colui che è
risultato vittorioso e chiaro che può subire un pregiudizio di fatto da questa situazione, tuttavia,
questo terzo viene ritenuto legittimato ad avvalersi di questo rimedio per rescindere la sentenza
resa fra le parti e chiedere innanzitutto al giudice dell’opposizione la sospensione dell’esecutività o
dell’esecuzione della prima sentenza, quindi questo art 404 nonostante faccia riferimento ad un
terzo pregiudicato nei suoi diritti in verità noi già sappiamo che si applica a terzi che non sono
soggetti all’efficacia vincolante della sentenza resa inter partes ma si tratta di un terzo che viene
pregiudicato nelle vie di fatto da questa prima sentenza, quindi questa è una prima disposizione
che solo apparentemente parla di limiti soggettivi del giudicato. Diversamente, il secondo comma
che introduce uno strumento diverso, l’opposizione di terzo revocatoria, afferma che: “Gli aventi
causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di
dolo o collusione a loro danno.”
Allora, qui si fa menzione diciamo ad una categoria diversa perché gli aventi causa sono i titolari di
un diritto giuridicamente dipendente, l’art 404 secondo comma nella parte in cui consente
all’avente diritto di opporre di terzo la sentenza resa inter partes solo se effetto di dolo o
collusione al loro danno in verità è una disposizione che presuppone la soggezione del terzo alla
efficacia della sentenza resa inter partes, anzi, possiamo fare anche un passo ulteriore e dire che
presuppone che il terzo è soggetto ad un’efficacia riflessa di tipo forte, perché se gli unici motivi
che lo legittimano ad opporsi di terzo in base al 404 secondo comma sono il dolo e la collusione a
suo danno evidentemente è soggetto ad un efficacia forte, d’accordo? Altrimenti non si giustifica
questa previsione. Però detto questo, questa disposizione non mi dice se tutti sono tutti i terzi
titolari di rapporti giuridicamente dipendenti sono soggetti all’efficacia riflessa forte della
sentenza, mi dice che coloro che sono titolari di rapporti giuridicamente dipendenti e che sono
soggette all’efficacia riflessa forte possono proporre opposizione di terzo revocatoria, quindi è una
disposizione che mi da un’indicazione in tema di limiti soggettivi del giudicato ma che
potenzialmente potrebbe avere un ambito applicativo piuttosto ristretto.
Accanto a queste disposizioni possiamo sicuramente richiamare l’art. 105 del c.p.c. e si tratta della
disposizione che si occupa dell’intervento volontario del terzo, in particolare mentre il primo
comma si riferisce all’intervento principale, all’intervento adesivo autonomo o intervento
litisconsortile, è il secondo comma che è molto interessante, il secondo comma parla infatti
dell’intervento del terzo che intende sostenere le ragioni di una delle parti quando vi ha un proprio
interesse. Questa è una disposizione molto interessante, intanto il termine interesse non lo dovete
sovrapporre all’interesse ad agire di cui all’art. 100, in questa sede il termine interesse sta ad
indicare il terzo che è titolare di un rapporto giuridicamente dipendente dal rapporto oggetto del
processo, ci sono altre disposizioni in cui il termine interesse è usato in questa accezione, per
esempio vi ricordo l’art. 1421 c.c. in tema di nullità, quando si dice che la nullità può essere fatta
valere da chiunque vi abbia interesse abbiamo, vi ricordate detto, che quel termine interesse sta
ad indicare il terzo titolare del rapporto giuridicamente dipendente. Allora, questa disposizione
legittimando l’intervento volontario di un terzo titolare di un rapporto giuridicamente dipendente,
potrebbe essere intesa come una disposizione che presuppone che questo terzo sia soggetto ad
una qualche efficacia della sentenza resa inter-partes, però non ci da alcune indicazioni sul tipo di
efficacia, invece queste indicazioni noi le possiamo ritrovare in alcune disposizioni del c.c.,
disposizioni che in parte ci sono già note. Per esempio, una disposizione che si occupa di limiti
soggettivi del giudicato è sicuramente l’art. 1485 c.c., è una disposizione che c’è già nota, si occupa
della garanzia per evizione ed è la disposizione in cui si legge che il compratore convenuto da un
terzo che pretende di avere diritto sulla cosa venduta deve chiamare in causa il venditore, vi
ricordate che questa è una disposizione che prevede la chiamata in garanzia, però poi nel
proseguo afferma che qualora non lo faccia, quindi laddove il compratore, non utilizza la facoltà di
chiamata in garanzia del venditore e sia condannato con sentenza passato in giudicato, perde il
diritto alla garanzia se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la
domanda. Questa disposizione io ve l’avevo già letta parlando della garanzia per evizione e già vi
avevo fatto notare che si tratta di una disposizione che si occupa di soggettivi del giudicato, perché
si tratta di una disposizione che si occupa del caso in cui il terzo ha agito nei confronti del
compratore il quale non ha chiamato in garanzia il venditore e ad esito del processo risulta
soccombente con sentenza passata in giudicato, nel momento in cui il compratore apre il secondo
processo nei confronti del venditore facendo valere il suo diritto ad ottenere la garanzia per
evizione, quindi chiedendo la risoluzione del contratto, la restituzione, l’eventuale risarcimento del
danno e in cui domanda, fra i cui fatti costitutivi rientra anche la evizione, quindi il giudicato che ha
accertato l’esistenza del diritto dell’attore sul bene compravenduto, mi dice che il venditore può
dimostrare che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda, quindi la norma lascia
libero il venditore di dimostrare l’ingiustizia della prima sentenza, dell’accertamento contenuto
nella sentenza passata in giudicato, quindi è un problema, è una norma che si occupa di un
problema di limiti soggettivi del giudicato e la regola che troviamo espressa nell’art. 1485 c.c. è
una regola di efficacia debole, cioè il compratore spenderà il giudicato di evizione nei confronti del
venditore, ma il venditore può dimostrare che la sentenza era ingiusta, che esistevano valide
ragioni per far respingere la domanda. Quindi è una norma questa che esprime una regola di
efficacia del giudicato debole nei confronti di un terzo titolare di un rapporto giuridicamente
dipendente.
Un’altra norma la ritroviamo nella disciplina della locazione e in particolare nell’ambito della
sublocazione, l’art. 1595 prevede infatti che: “Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il
conduttore, ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublocazione, di cui
questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, e per costringerlo ad adempiere
tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione.” Poi però prevede nel secondo
comma che: “Il subconduttore non può opporgli pagamenti anticipati, salvo che siano stati fatti
secondo gli usi locali” e nel terzo comma che è quello che mi interessa: “Senza pregiudizio delle
ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione
ha effetto anche nei confronti del subconduttore [1458] e la sentenza pronunciata tra locatore e
conduttore ha effetto anche contro di lui.”  Quindi la sentenza che pronuncia la nullità o la
risoluzione del contratto di locazione resa tra locatore e conduttore è opponibile al terzo
subconduttore, vedete che questa disposizione è una disposizione che si occupa di limiti soggettivi
del giudicato e detta una regola di efficacia forte, perché la disposizione non lascia al
subconduttore lo spazio per dimostrare l’ingiustizia della sentenza, afferma in maniera secca che la
sentenza è opponibile al subconduttore.
Ancora, un’altra regola in tema di limiti soggettivi del giudicato che ci è nota è quella espressa
nell’art. 1306 c.c., che vale con riferimento a tutte quante le obbligazioni solidali e che è una
regola diversa da quella espressa nel 1485, ed è diversa da quella espressa dal 1595, perché il 1306
afferma che nell’ambito delle obbligazioni solidali la sentenza resa contro uno dei condebitori,
quindi la sentenza sfavorevole al condebitore, non è opponibile al condebitore che è rimasto
estraneo al processo, mentre invece la sentenza emessa a favore del condebitore potrà essere
utilizzata anche dal condebitore che al processo non ha partecipato. Quindi il 1306 detta una
regola doppia, l’efficacia in utilibus della sentenza e l’inefficacia della sentenza sfavorevole.
Ora, come vedete il panorama è un panorama estremamente complesso, cioè dal quadro
normativo che io vi ho delineato, emergono delle indicazioni difformi, indicazioni che non sono
espressione della stessa regola, quindi occorre mettere ordine.
Diciamo che il problema dell’efficacia del giudicato nei confronti di soggetti terzi intanto è un
problema che non può, trovare una soluzione unitaria, perché noi ormai già sappiamo che i
rapporti che possono correre fra diverse parti possono avere una struttura diversa, quindi anche
fra parti diverse abbiamo detto che si riscontrano nessi di connessione molto diversi, con diversa
intensità, che mettono in gioco esigenze diverse. Questo che cosa vuol dire? Questo vuol dire che
non possiamo tentare di risolvere in maniera unitaria questa tematica ma occorre affrontarla
distinguendo le diverse forme di connessione che intercorrono fra parti diverse. Quello che posso
anticiparvi è che in effetti questa problematica è una problematica che si risolve in maniera tutto
sommato agevole, con riferimento a tutte le forme di connessione, mentre invece è una tematica
che pone problemi delicatissimi nell’ambito della connessione per pregiudizialità dipendenza fra
parti diverse. In questo ultimo settore infatti le certezze sono poche, vedremo che è un settore su
cui si sono cimentati i migliori processualcivilisti italiani e non solo, ed è un settore in cui il
problema viene ritenuto ancora oggi aperto, anche se diciamo c’è una soluzione che nel tempo è
prevalsa rispetto alle altre. Quello che rende molto problematica la soluzione in questo particolare
settore è la fortissima esigenza di garantire il diritto di difesa del terzo titolare del rapporto
giuridicamente dipendente, l’esigenza di garantire in maniera adeguata il diritto di difesa del terzo
è un’esigenza che è maturata all’indomani dell’entrata in vigore della carta costituzionale che ha
sancito nell’art. 24 secondo comma la garanzia del diritto di difesa e poi troviamo espressa oggi
nell’art. 111 cost. laddove si parla del principio del contraddittorio e questo elemento è un
elemento che ha pesato molto su questo settore e su questa particolare tematica, un elemento
che è stato richiamato anche da un fondamentale intervento della Corte costituzionale cioè la
sentenza n° 55 del 1971 che sicuramente ha avuto un grossissimo peso.
Allora, prima di entrare nel terreno della connessione per pregiudizialità dipendenza vediamo di
dare qualche chiarimento con riferimento alle forme di connessione diverse da quella appena
richiamata e cominciamo dalla analisi dei c.d. rapporti plurisoggettivi, cioè quei rapporti che
esibiscono una forma di connessione data dall’identità vuoi del petitum, vuoi della causa petendi.
Come spero vi ricordiate, si tratta di un settore estremamente eterogeneo, un settore che a livello
processuale va soggetto a regole molto diverse. Innanzitutto possiamo isolare tutte quelle ipotesi
che ricadono nell’ambito applicativo dell’art. 102, quindi del litisconsorzio necessario, vi ricordate
che l’ambito applicativo del 102 non è affatto certo, è un tema su cui probabilmente non si
raggiungerà mai la certezza assoluta, è un tema che è oggetto di revisioni, periodicamente, però
comunque lo si ricostruisca è certo che se un determinato rapporto rientra nell’ambito applicativo
dell’art. 102 e uno dei contitolari del rapporto non prende parte al processo, perché la domanda
non viene proposta nei suoi confronti, la sentenza resa, lo abbiamo già ripetuto nel corso di questa
lezione, non produce effetti nei suoi confronti, è una sentenza totalmente inefficace nei confronti
del terzo, questo terzo, lo abbiamo già ricordato, infatti è sicuramente legittimato ad aprire un
secondo ed autonomo processo nei confronti delle altre parti, così come è legittimato ad esperire
opposizione di terzo ordinaria, per eliminare dal mondo giuridico questa sentenza che sebbene
non sia efficace nei suoi confronti lo pregiudica a livello di fatto. Vi ricordo che nell’art. 102
rientrano anche le ipotesi di legittimazione straordinaria ad agire art. 81, per cui, se il legittimato
straordinario esercita l’azione e ci si dimentica di chiamare in causa il legittimato ordinario, cioè
colui che è affermato titolare del rapporto giuridico dedotto in giudizio, si ha una violazione
dell’art. 102, quindi la sentenza è una sentenza che non produrrà effetti nei confronti del
legittimato ordinario, quindi questo primo settore lo possiamo accantonare perché non ci crea
nessun problema.
Rimangono tutti gli altri rapporti plurisoggettivi non soggetti alla regola dell’art. 102 e qui
dobbiamo fare delle distinzioni perché vi ricordate abbiamo da una parte isolato il settore
dell’impugnazione delle delibere assembleari, che danno vita a livello processuale a quella
particolare forma di processo litisconsortile che abbiamo definito, unitario o quasi necessario, cioè
un processo litisconsortile che è facoltativo quanto all’instaurazione, ma è necessario quanto alla
trattazione e alla decisione. Ora, con riferimento particolare al settore delle impugnazioni delle
delibere assembleari artt. 2377, 2378 c.c., abbiamo, già richiamato a suo tempo, la fondamentale
regola del principio maggioritario, così come la delibera assembleare che è stata assunta sulla base
delle maggioranze di volta in volta stabilita dalla legge, è una delibera che vincola tutti i soci, a
prescindere dal sé siano consenzienti, assenti, dissenzienti, non importa, anche la sentenza resa ad
esito del giudizio di impugnazione, quindi la sentenza che ha accolto l’impugnazione proposta da
uno o più, non importa soci assenti o dissenzienti, o da uno degli altri soggetti che in base alla
legge sono legittimati a impugnare la delibera assembleare, vi dicevo, la sentenza che accoglie
l’azione di impugnativa delle delibere assembleari è una sentenza che produce i propri effetti nei
confronti di tutti, quindi la delibera assembleare viene annullata, non solo nei confronti di coloro
che hanno agito, ma viene eliminata dal mondo giuridico, per cui questa è una sentenza che
produce i suoi effetti nei confronti di tutti. Naturalmente è una regola che si lega in maniera
specifica alla disciplina sostanziale di questi particolari atti.
Il secondo settore che possiamo richiamare è quello delle obbligazioni solidali, le obbligazioni
solidali, abbiamo detto, esibiscono una forma di connessione analoga a quella delle altre ipotesi
che abbiamo appena richiamato, data dall’identità sia della causa petendi, sia del petitum, ma
abbiamo detto che stante la disciplina sostanziale, stante la spiccata autonomia gestionale
dispositiva che il legislatore ha voluto riconoscere a ciascuno dei condebitori solidali o concreditori
solidali nella gestione del rapporto con la parte comune, abbiamo detto che sul piano processuale
questa figura si traduce, da luogo, ad un litisconsorzio facoltativo, facoltativo quanto
all’instaurazione, alla trattazione e alla decisione. La regola di efficacia del giudicato è quella che
abbiamo già richiamato, il 1306, per cui la sentenza resa nei confronti di uno o più dei condebitori
o concreditori solidali, abbiamo detto, se sfavorevole alla parte comune non produce effetti, non
pregiudica il condebitore o il concreditore rimasto estraneo al processo, mentre invece se ha
effetti favorevoli questi terzi possono avvalersene, quindi vedete una regola completamente
diversa da quelle che abbiamo ritenuto dover applicare alle altre fattispecie che rientrano in
questa, che danno luogo, danno vita a questa stessa forma di connessione. Quindi direi che i
rapporti plurisoggettivi non pongono problemi, si tratta di settori in cui è il legislatore a risolvere la
questione peraltro dettando regole molto distanti l’una dall’altra.
Non pone nessuno problema neppure la connessione più blanda, quindi andiamo agli antipodi, la
connessione per mera identità della causa petendi, si tratta di ipotesi di rapporti che corrono fra
soggetti parzialmente diversi, si tratta di rapporti che sono autonomi e pienamente compatibili e
che hanno un legame molto blando, che è dato dalla causa petendi o meglio da una parte della
causa petendi, di solito è un fatto storico che è comune a tutte le fattispecie da cui traggono
origine questi rapporti sostanziali. Vi ricordo il caso di coloro che risultano essere danneggiati
nell’ambito di uno stesso incidente stradale, dello stesso fatto illecito. Anche in questo settore la
soluzione è una soluzione agevole, appare chiaro infatti che la sentenza resa inter partes è una
sentenza che non può produrre effetti nei confronti del terzo che è rimasto estraneo al processo,
ricordatevi che il giudicato si forma sul diritto oggetto del processo, sulla situazione giuridica, sul
rapporto giuridico controverso fra le parti, mentre invece la causa petendi o meglio gli elementi
che compongono la causa petendi quindi i fatti giuridicamente rilevanti vengono sempre accertati
senza autorità di cosa giudicata, questo ci consente di capire agevolmente che il terzo che è
titolare di un rapporto connesso per mera identità della causa petendi non è soggetto all’efficacia
della sentenza resa inter partes, tuttalpiù l’accertamento senza autorità di cosa giudicata del fatto
comune, del frammento di causa petendi comune potrà avere una rilevanza di mero precedente,
ma sicuramente non si può parlare di un’efficacia giuridica. La sentenza resa inter partes è
totalmente priva di attitudine a produrre efficacia nei confronti di questo terzo.
Andiamo ad esaminare la connessione per mera identità del petitum sotto la particolare forma
della connessione per incompatibilità, anche in questa ipotesi parliamo di terzi che sono titolari di
rapporti non soltanto incompatibili ma anche autonomi rispetto al rapporto che è stato oggetto
del primo processo, che costituisce l’oggetto del primo giudicato. SI tratta di rapporti quindi
autonomi anche se incompatibili, perché il terzo per definizione è titolare di un rapporto, di un
diritto che ha lo stesso contenuto ed ha ad oggetto lo stesso bene rispetto al rapporto controverso
fra le parti. Ebbene, abbiamo già ricordato nel corso di questa lezione che questo terzo non è
assolutamente soggetto all’efficacia della sentenza resa inter partes stante l’autonomia di questo
suo diritto, certamente la sentenza resa inter partes lo può pregiudicare, ma come vi ho già detto è
un pregiudizio di fatto, è un pregiudizio a libello di certezza delle relazioni sostanziali ed è un
pregiudizio che può derivare dall’esecuzione della sentenza, ma sempre di pregiudizio fattuale si
tratta, ciò non toglie che questo terzo abbiamo a disposizioni dei rimedi, i rimedi successivi li
abbiamo già ricordati: 1) il potere di aprire un secondo processo, 2) il potere di proporre
opposizione di terzo ordinaria. Come vedremo nelle prossime lezioni il terzo ha a disposizione
anche un rimedio preventivo, è legittimato cioè ad esperire intervento nel processo pendente
inter partes, si tratta di un intervento c.d. principale, il terzo entra nel processo proponendo una
domanda nei confronti di entrambe le parti originarie, perché chiede al giudice di accertare nei
confronti di entrambe le parti, la titolarità del suo diritto, quindi rientra nella previsione dell’art.
105 primo comma, prima parte, ma su questo torneremo in un altro momento.
Fatto questo panorama vedete quindi che il settore molto problematico in cui la problematica dei
limiti soggettivi del giudicato esplode è proprio quello della connessione per pregiudizialità
dipendenza fra parti diverse. Questo problema nell’ambito della connessione per pregiudizialità
tra parti diverse è un problema che si pone perché è con riferimento a questo settore che
l’ordinamento introduce, offre all’interprete una serie di previsioni fra le quali si riscontrano delle
evidenti contraddizioni, cioè noi nel panorama normativo troviamo una serie di disposizioni che
trattano il tema della opponibilità della sentenza resa tra le parti del rapporto pregiudiziale nei
confronti del terzo titolare di un rapporto giuridicamente dipendente, offrendo soluzioni diverse,
addirittura opposte. Alcune di queste disposizioni ve le ho già richiamate, cerchiamo di formulare
un quadro più completo che costituirà un po' il punto di riferimento per la illustrazione delle teorie
che sono state offerte in dottrina, perché la dottrina e diversi autori non hanno fatto altro che
generalizzare le soluzioni offerte dal legislatore con riferimento alle diverse fattispecie. Allora, ci
sono una serie di disposizioni in cui troviamo chiaramente affermato che il terzo titolare del
rapporto giuridicamente dipendente è soggetto ad una efficacia riflessa forte della sentenza resa
sul rapporto pregiudiziale tra le parti di esso.
La prima disposizione è certamente l’art. 1595 c.c. in tema di sublocazione, che abbiamo letto
precedentemente, una disposizione analoga la ritroviamo nell’ambito della disciplina della
trascrizione delle domande giudiziali, si tratta delle domande avente ad oggetto le azioni di
impugnativa negoziale, nell’art. 2652 c.c., sia pure con scelte differenziate da una ipotesi all’altra, il
legislatore prevedere chiaramente che la sentenza di accoglimento della domanda produce
un’efficacia riflessa forte nei confronti del terzo avente causa che ha trascritto il proprio acquisto
all’indomani della trascrizione della domanda giudiziale.
Ancora, una efficacia riflessa di tipo forte è presupposta, come si diceva precedentemente,
dall’art. 404 secondo comma, quindi dalla norma che si occupa dell’opposizione di terzo
revocatoria, se il terzo avente causa può opporsi di terzo alla sentenza resa tra le parti facendo
valere il dolo e la collusione a suo danno appare chiaro che questo terzo deve essere soggetto ad
un’efficacia riflessa forte, altrimenti non si spiegherebbe la limitatezza dei presupposti cui il
legislatore ha ancorato la possibilità di esperire questo rimedio.
Ci sono poi una serie di ipotesi in cui il legislatore ha adottato una regola diversa: quella regola che
possiamo definire una regola di efficacia riflessa debole, il prototipo è offerto dall’art. 1485 del c.c.
che abbiamo visto precedentemente, quindi si tratta della regola dettata in tema di garanzia per
evizione, laddove si legge che il venditore può dimostrare che esistevano ragioni sufficienti per
ottenere il rigetto della domanda, quindi è un’ipotesi in cui si prevede che il terzo come principio è
soggetto all’efficacia della sentenza resa inter partes però ne può dimostrare l’ingiustizia, quindi è
un’efficacia riflessa non forte, ma debole, perché la può rimettere in discussione e una
disposizione perfettamente analoga la ritroviamo anche negli artt. 2859 e 2870 in tema di terzo
datore di ipoteca e terzo acquirente dell’immobile ipotecato.
Ci sono poi una serie di disposizioni in cui il legislatore non prevede niente cioè prevede delle
forme di connessione per pregiudizialità dipendenza ma non si occupa di stabilire il tipo di efficacia
a cui il terzo titolare del rapporto giuridicamente dipendente è soggetto. A questo riguardo penso
che sia interessante andare a leggere le disposizioni in tema di azione di impugnativa negoziale, se
voi per es. prendete il c.c. e andate a leggere l’art. 1415 in tema di simulazione trovate scritto che:
“La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai
creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare
apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione.
I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro
diritti.” Allora, se voi vi soffermato un momento nell’art. 1415 vedete che la norma mi dice che la
simulazione non è opponibile ai terzi che in buona fede hanno acquistato i diritti dal titolare
apparente, quindi mi dice che se il terzo ha acquistato un diritto dal simulato acquirente, quindi
dal titolare apparente in buona fede, non è soggetto alla simulazione quindi la simulazione non gli
è opponibile, ma nel caso in cui il terzo non ha acquistato in buona fede la disposizione non mi
dice niente. Come vedete poi nella parte finale c’è un richiamo alla disciplina della trascrizione
della domanda di simulazione quindi questa è una disciplina che va limitata, che va letta, alla luce
di quanto previsto dalle norme sulla trascrizione delle domande giudiziali, in modo particolare
dall’art. 2652 n° 4 con riferimento ai casi in cui la domanda può essere trascritta, vi ricordo che la
trascrizione è una disciplina tipica, quindi può essere effettuata solo nei casi previsti dalla legge.
Ancora se voi andata a leggere per es. l’art. 1445 in tema di annullamento del contratto, trovate
scritto che: “L'annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti
acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda
di annullamento.” Allora, cosa si capisce dall’art. 1445? Che se l’annullamento dipende da
incapacità legale evidentemente l’annullamento è opponibile al terzo avente causa, ma se
l’annullamento non dipende da incapacità legale e quindi sarà questa l’ipotesi più diffusa,
l’annullamento non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso e in un buona fede,
quindi in questo caso evidentemente l’annullamento non è opponibile al terzo significa che la
sentenza non produce effetti nei confronti del terzo, mentre la norma non mi dice niente nei casi
in cui il terzo ha acquistato in mala fede oppure ha acquistato a titolo gratuito, quindi in questa
ipotesi il testo normativo non mi da alcuna indicazione. Anche in questa ipotesi l’inciso finale fa
salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento, per cui se si tratta di una
domanda giudiziale che deve essere trascritta in base al 2652 allora si applica la disciplina
contemplata nell’art. 2652 al n° 6. Lo stesso vale con riferimento all’art. 2901 che si occupa invece
dell’azione revocatoria. L’art. 2901 prevede che, all’ultimo comma, il quarto comma: “L'inefficacia
dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti
della trascrizione della domanda di revocazione." Allora, se il terzo ha acquistato a titolo oneroso
ed è in buona fede non è soggetto alla efficacia dell’azione revocatoria, quindi l’inefficacia dell’atto
non gli è opponibile, ma la norma non mi dice niente in ordine all’ipotesi in cui il terzo ha
acquistato a titolo gratuito oppure è in mala fede. Anche in questa ipotesi vedete che l’inciso finale
fa salvi gli effetti della trascrizione della domanda giudiziale, per cui se si tratta di un’azione
revocatoria che deve essere trascritta in base all’art. 2652 allora la disciplina si ritrova nell’art.
2652 al n° 5. Quindi vedete che si tratta di previsioni parziali, cioè previsioni in cui il legislatore
talvolta mi esprime la regola di efficacia della sentenza nei confronti del terzo ma che lascia
scoperte un ventaglio piuttosto ampio di ipotesi.
Allora come vedete il panorama normativo è estremamente articolato, estremamente eterogeneo
e questo ci consente di comprendere le difficoltà che ha incontrato la dottrina, ci consente di
capire perché anche la dottrina si è sentita libera di affermare tutto e il contrario di tutto e vedete
che faccio riferimento agli autori più famosi, ai più noti processualcivilisti italiani. Come ho cercato
di dire fin dall’inizio è un tema questo che ha trovato soluzioni diverse nel tempo anche perché nel
tempo è maturata una diversa sensibilità nei confronti di un principio fondamentale che ha un
peso necessariamente molto importante su questo tema ed è la garanzia del diritto di difesa del
terzo, voi capite che affermare che il terzo è soggetto all’efficacia della sentenza resa sul rapporto
pregiudiziale fra le parti, quindi ad esito di un processo a cui lui non ha preso parte significa
limitare il diritto di difesa di questo terzo, quindi tutte le tesi autorevolmente sostenute che hanno
portato avanti l’idea di una efficacia riflessa generalizzata di questa sentenza nei confronti del
titolare del rapporto giuridicamente dipendente sono tesi che si sono dovute confrontare e
scontrare con le esigenze legate al principio di difesa, soprattutto all’indomani dell’entrata in
vigore della carta costituzionale come vi dicevo e alla giurisprudenza della corte costituzionale che
nel tempo con il passare degli anni ha attribuito sempre maggiore rilevanza a questa
fondamentale esigenza. Questa, vi dico subito è un osservazione che ci può consentire di
comprendere l’evoluzione delle sensibilità che si riscontrano nel tempo e la posizione su cui si sta
assestando non soltanto la giurisprudenza ma direi anche la dottrina che al giorno d’oggi è
propensa a ritenere che come regola generale il terzo non sia soggetto all’efficacia della sentenza
resa inter partes, salvo espresse previsioni di legge e salvo alcuni peculiari settori in cui si
avvertono delle esigenze di certezza particolarmente forte che giustificano una regola di efficacia
forte.

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