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LA FIDEIUSSIONE OMNIBUS

I SERVIZI DI CUSTODIA
24 marzo 2021
La fideiussione omnibus è una forma particolare di garanzia, non è una forma di esercizio del credito, ma è
comunque un’operazione attiva. È disciplina nel Capo XVII del Codice civile.
Per poter ridurre il rischio di inadempimento del debitore, è frequente l’acquisizione da parte della banca di
particolari garanzie che possono consentire di recuperare, in tutto o in parte, le somme prestate.
Queste garanzie hanno scopo di agevolare sia il recupero del credito, sia la concessione.
La fideiussione omnibus si chiama così perché è una garanzia personale, il fideiussore presta la garanzia con
il proprio patrimonio per tutte le obbligazioni, anche future assunte dal cliente garantito (per questo
“omnibus”). La fideiussione è una garanzia che trova la sua regolamentazione nelle Norme Bancarie
Uniformi.
L’articolo 1936 del Codice civile, ci dice che: la fideiussione assicura alla banca l’adempimento di qualsiasi
obbligazione, anche futura, assunta dal cliente garantito.
La peculiarità fondamentale, possiamo dire, fa riferimento al rapporto tra banca e cliente, che è un rapporto
duraturo in quanto è dettata da una situazione debitoria dal punto di vista qualitativo. Pertanto, è una
situazione debitoria molto duttile, non immutabile.
La posizione del fideiussore è particolarmente gravosa, in quanto deve garantire una serie di obbligazioni
non determinate al momento della concessione, sono determinabili per relationem rispetto alle operazioni
garantite.
Su questo è intervenuto il legislatore nel 1992 modificando l’articolo 1938 del Codice civile, che stabilisce
che per le fideiussioni per obbligazioni future deve essere stabilito l’importo massimo prestato.
In questo modo, il garante è consapevole degli impegni che assume.
Ci sono una serie di altre questioni sollevate dalla fideiussione omnibus, le norme bancarie uniformi tendono
a rafforzare la posizione della banca, la clausola che solleva più dubbi è quella che prevede: “Il fideiussore è
obbligato a pagare alla banca, a semplice richiesta scritta, quanto dovuto dal debitore principale”.
Il problema è che la fideiussione, nel diritto privato, ha carattere accessorio, perché è una garanzia sussidiaria
rispetto al soggetto garantito, perché c’è un’altra clausola salva il carattere accessorio: “Il fideiussore dopo
aver adempiuto al pagamento, ha la possibilità di opporre alla banca il fatto che l’eccezione garantita è
invalida e può richiedere la restituzione del pagamento”.
La fideiussione ha, solitamente, il carattere dell’accessorietà, pertanto, la fideiussione è una garanzia
sussidiaria rispetto al debitore principale, quindi il creditore deve soddisfarsi prima sul patrimonio del
debitore principale.
Di fatto, la banca non può continuare a erogare il credito verso un debitore che non può garantire il debito, se
la garanzia data dal fideiussore non è abbastanza, dunque, questa norma va a tutela del fideiussore. L’articolo
1956 del Codice civile, tutale il fideiussore.
Nella prassi, le banche si facevano rilasciare un’espressa rinuncia ad avvalersi della facoltà di liberazione.
Mediante la legge 154/1992 è stato aggiunto un ulteriore comma, all’articolo 1956: “Non è valida la
preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 240044 di settembre 2019, sulla validità del contratto di fideiussione
bancaria omnibus riguardo la violazione della validità concorrenziale, afferma che tali contratti siano affetti
da invalidità totale o parziale del negozio fideiussorio, sottoscritto tra banca e cliente.

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I SERVIZI BANCARI DI CUSTODIA
Non è uno dei servizi tipici bancari, tuttavia si ritrova comunque disciplinato nel Codice civile.
I servizi bancari di custodia sono un’attività connessa e strumentale.
Fra i servizi che le banche tradizionalmente prestano alla clientela rientrano anche quelli di custodia e valori.
All’articolo 10 comma 3 del Testo Unico Bancario, si afferma che: “Le banche esercitino, oltre
all’amministrazione bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché
attività connesse e strumentali”.
Due figure sono regolate dal codice: depositi in titoli di amministrazione, che è una forma di deposito
bancario (articolo 1838) e servizi delle cassette di sicurezza, dopo il deposito bancario, alla stregua di un
contratto bancario (articoli dal 1839 al 1841).
Il deposito in titoli di amministrazione è disciplinato dall’articolo 1838 del Codice civile, il quale afferma
che: “nel deposito in titolo di amministrazione, il cliente deposita in banca dei titoli di credito (azioni o
strumenti finanziari)”.
L’articolo 1838 del Codice civile è posto a conclusione del deposito bancario ma è fuorviante perché non è
un’operazione di raccolta del risparmio.
Il deposito si realizza nella forma del deposito regolare, la banca non acquisisce la proprietà dei titoli
depositati e non può disporre a proprio piacimento, ma li custodisce e li garantisce provvedendo all’esercizio
di tutti i diritti inerenti ai titoli stessi.
Dunque, gli atti di riscossione e di normale tutela dei diritti sui titoli, con deposito sono posti in essere dalla
banca senza chiedere istruzioni al cliente, le somme riscosse vengono accreditate in conto corrente in favore
del depositante, per tutti gli altri atti di amministrazione, la banca deve chiedere istruzioni in tempo utile al
depositante, in tal caso, la banca è inoltre tenuta ad eseguire gli ordini dello stesso, solo se ha ricevuto i fondi
occorrenti (articolo 1438 comma 2 del Codice civile).
Oggi non c’è più l’incorporazione in titoli di credito degli strumenti di investimento, questo per la
dematerializzazione di tali strumenti. Quindi, le regole appena esposte sono dettate dalla
dematerializzazione. La custodia materiale dei titoli diventa annotazione degli strumenti finanziari del cliente
sul “conto titoli”, la custodia degli stessi assume un significato di controllo della funzionalità e della
sicurezza dell’annotazione, l’amministrazione dei titoli va intesa come effettuazione delle annotazioni in
conto in esecuzione degli ordini impartiti dal cliente.
Il servizio delle cassette di sicurezza è un’attività connessa svolta dalla banca in quanto residuale o
concettuale, ai sensi dell’articolo 10 comma 3 del Testo Unico Bancario. Si parla di attività connessa simil
attività connessa dell’imprenditore agricolo, è connessa in quanto l’attività secondaria, è residuale rispetto
all’attività bancaria.
Le cassette di sicurezza sono un servizio che la banca mette a disposizione del cliente in locali blindati, ossia
i cosiddetti “caveaux”, al cui interno il cliente può riporre: titoli, gioielli, banconote.
La cassetta è munita di doppia chiave, una cliente e una alla banca, pertanto per l’apertura c’è il rapporto
banca e cliente, in quanto, per aprirla servono entrambe. La banca non può assistere alle operazioni di
immissione e prelievo degli oggetti nella cassetta, pertanto, il contenuto resta ignoto alla banca, ovviamente
la verifica può avvenire solo per ragioni di sicurezza ossia di pericolo o illecito.
Alla base di questo c’è un contratto di abbonamento, e questo è: consensuale ossia con accordo delle parti, a
preazioni corrispettive la banca fa un’operazione di custodia e il cliente paga, ad esecuzione continuate ossia
più prelievi e immissioni, a tempo determinato perché va rinnovato ed è oneroso. Questo presuppone il
rispetto della trasparenza bancaria. Il tesserino è un contrassegno di legittimazioni.
La cassetta può essere cointestata, ognuno dei contestatari ha diritto di aprirla singolarmente, salvo che il
contratto prevede diversamente, come afferma l’articolo 1840 del Codice civile. In caso di morte, la banca
può consentire l’apertura della cassetta solo con il consenso di tutti gli aventi diritto, ossia degli eredi.
L’abbonato ha il principale obbligo di pagamento di un canone, se tale è in mora, la banca può rifiutarsi di
aprire la cassetta e può intervenire il giudice per un’apertura forzata.
Secondo la dottrina, il contratto di abbonamento sarebbe a tutti gli effetti un contratto di locazione e non ci
sarebbe un vero e proprio obbligo di custodia.
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In realtà, tale pensiero non è corretto perché non vi è solo il profilo locatario della prestazione locataria, ma
anche la prestazione di custodia che ha per oggetto non il contenuto della cassetta, ma solo i locali dove la
cassetta si trova. Dunque, è un contratto con funzione tipica non identificabile, né con la locazione e né con il
deposito. L’aspetto più delicato riguarda la responsabilità della banca. L’articolo 1839 del Codice civile, ci
dice che: “La banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della
cassetta, salvo caso fortuito”. La banca, dunque, ha una responsabilità indiritta, pertanto, può vincere solo
provando il caso fortuito giudicato inevitabile e imprevedibile: calamità naturali, incendio.
Se il cliente subisce un furto, la prova spetta al cliente che chiede il risarcimento dei danni, perché la banca
non conosce il contenuto della cassetta. La banca, ovviamente per tutelarsi ha stabilito un importo massimo
di risarcimento, ma questa clausola è stata dichiarata nulla perché per la banca il furto del contenuto è colpa
grave.
Un’altra considerazione posta dalle banche è quella della limitazione sul valore del contenuto della cassetta,
ovvero che il cliente non poteva introdurre nella cassetta oggetti con un valore superiore a un certo limite.
Anche questa condizione è stata dichiarata nulla, a causa di una violazione indiritta dell’articolo 1229 del
Codice civile primo comma.
Nel 1976 è stata modificata introducendo così un altro limite, ossia l’obbligo del cliente di non introdurre
nella cassetta valori superiori ad ammontare prestabilito di un milione di lire. Questa clausola è stata
dichiarata nulla perché violava indirettamente l’articolo 1229 del Codice civile.
Nel 1995, è stato introdotto l’articolo 2 nella Norme Bancarie Uniformi, che afferma: “l’utente è tenuto a
dichiarare, a richiesta della banca, il massimale assicurativo adeguato a coprire il rischio della banca
medesima per il risarcimento dei danni che dovessero eventualmente derivare all’utente la sottrazione, dal
danneggiamento o dalla distruzione delle cose contenute nella cassetta”.
Alcuni tribunali l’hanno definita vessatoria perché determina uno squilibrio, ed è in contrasto con l’articolo
1229 del Codice civile.

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LE ATTIVITÀ PARABANCARIE:
IL LEASING E IL FACTORING
25 marzo 2021

Sono le attività parabancarie più conosciute, hanno in comune che sono due contratti parabancari rivolti
all’imprenditore, inoltre c’è l’assenza di queste due discipline nel Codice civile.
Nel Codice civile non hanno regolamentazione, per il fatto che sono più recenti.
Il leasing e il factoring sono nati in America e sono stati ripresi qui, ma ancora tuttora non trovano una
regolamentazione ben specifica. Ma comunque il legislatore ha fatto emergere una disciplina pubblicistica di
settore, per evitare che queste attività venissero svolte senza controllo.
Da qui l’emanazione dagli anni Novanta di una serie di leggi speciali dedicate all’attività bancaria di
intermediazione finanziaria non bancaria, confluite poi negli articoli 106 – 114 del Testo Unico Bancario, nel
Titolo V.
Il leasing, insieme con il factoring è la principale operazione di intermediazione finanziaria. È un contratto
innominato, non tipizzato dal Codice civile ed è un contratto atipico che nasce per soddisfare un determinato
interesse imprenditoriale. Consente agli imprenditori di disporre di beni strumentali all’esercizio
dell’impresa, senza essere obbligati a sostenere investimenti in capitali immobilizzati.
Il leasing è uno strumento alternativo ad altri contratti che perseguono uno scopo simile:
 Locazione: strada facilmente impraticabile quando il bene in questione (es: impianto) ha un valore
molto significativo, il fornitore è restio a concedere il bene in locazione, perché preferisce venderlo e
riottenere celermente l’investimento;
 Acquisto a rate: spesso, pagata l’ultima rata, l’imprenditore si trova ad essere proprietario di un bene
che ha perso il suo valore nel continuo utilizzo (obsolescenza);
 Acquisto in contanti: previo ottenimento di un finanziamento bancario, il finanziamento è una strada
onerosa.
Il leasing è una combinazione di questi possibili strumenti e rappresenta una facilitazione finanziaria per
l’imprenditore.
Il leasing si può distinguere in base all’oggetto del contratto e alle tecniche operative di rateizzazione
dell’operazione:
In relazione
 Leasing di impresa: ha per oggetto beni strumentali di impresa;
all’oggetto del
 Leasing di consumo: beni di consumo durevoli (elettrodomestici, automobili); contratto
 Leasing di beni immobili: stabilimenti industriali o studi professionali (unità abitative);
 Leasing finanziario: disciplina in “legge concorrenza” 124/2017; In relazione
 Leasing operativo; alle tecniche
operative di
 Lease – back (o leasing di ritorno). realizzazione
Il leasing finanziario un’intermediazione finanziaria pur non bancaria, alla quale partecipano
soggetti:
1- Società di leasing – concedente;
2- Impresa che intende utilizzare il bene – utilizzatore;
3- Impresa che produce o distribuisce il bene – fornitore.
Il contratto di leasing prevede che il concedente conceda in godimento un determinato bene all’utilizzatore
dietro il pagamento di un corrispettivo. Il bene in questione rispecchia e risponde alle caratteristiche
dell’utilizzatore prossimo. I contenuti tipici del contratto sono:
 Il godimento del bene è concesso per un periodo di tempo determinato, il tempo determinato, di
regola, coincide con la vita tecnica del bene, pertanto, a fine contratto il bene è quasi obsoleto e ha
perso il suo valore;
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 Il corrispettivo del godimento del bene è rappresentato da un canone, che è di importo superiore
rispetto ad un comune canone di locazione commerciale, il bene è stato acquistato dalle società di
leasing secondo direttive dell’utilizzatore (bene “personalizzato”), ovviamene la società anticipa e il
canone rimborsa con gli interessi;
 L’utilizzatore, alla scadenza del contratto, può acquistare la proprietà del bene pagando un prezzo
predeterminato.
Secondo alcuni si può associare alla vendita con riserva di proprietà, chi acquista, con pagamento rateale del
prezzo, diventa proprietario del bene al momento del pagamento dell’ultima rata, articolo 1523 del Codice
civile.
Ma nel leasing finanziario, l’utilizzatore, al termine del contratto, potrà decidere alternativamente se:
- Acquistare il bene (opzione di acquisto) pagando un prezzo predeterminato, pari al valore di mercato
attualizzato del bene;
- Restituire il bene;
- Rinnovare il contratto di leasing.
L’altra ipotesi è la locazione a cui si accompagna un patto di acquisto della futura proprietà.
Nella locazione, al termine del contratto, la proprietà della casa sia acquistata dal conduttore per effetto del
pagamento dei canoni pattuiti (articolo 1526 del Codice civile comma 3)
Nella locazione il fornitore si fa carico dei rischi, affinché il conduttore possa godere effettivamente del
bene.
Ma nel leasing finanziario, con specifiche clausole, l’impresa di leasing pone a carico dell’utilizzatore tutti i
rischi connessi al godimento del bene:
- L’utilizzatore deve pagare i canoni pattuiti anche in caso di mancata o ritardata consegna del bene da
parte del fruitore;
- In deroga all’articolo 1588 del Codice civile, l’utilizzatore è responsabile per la perdita o perimento
del bene anche se dovuti a causa a lui non imputabile.
L’inversione del rischio di perimento del bene  deroga al res perit domino.
Il contratto di leasing prevede clausole che riconoscono all’impresa di leasing, in caso di inadempimento da
parte dell’utilizzatore:

 Diritto di chiedere la risoluzione giudiziale del contratto, anche in caso di mancato pagamento di un
solo canone (qualsiasi importo);
 Diritto di trattenere integralmente i canoni riscossi, salvo riconoscimento di ulteriori danni.
Qui c’è una deroga alle norme degli articoli 1525 e 1526 del Codice civile, che prevedono che il mancato
pagamento di una sola rata non comporta la risoluzione del contratto e il venditore deve restituire le rate
riscosse, salvo il diritto a un equo compenso, stabilito dal giudice, per l’uso della cosa, oltre il risarcimento
del danno se la risoluzione conviene per l’inadempimento del compratore.
Tuttavia, la clausola del mancato pagamento di una sola rata è valida. La clausola che deroga all’articolo
1526 del Codice civile è stata oggetto di controversie tra dottrina e giurisprudenza. La dottrina maggioritaria
e la giurisprudenza di merito, sostengono che il contratto di leasing finanziario è riconducibile alla vendita
con riserva di proprietà. La dottrina minoritaria e la giurisprudenza di legittimità qualificano il leasing
finanziario come un contratto di credito o contratto atipico di finanziamento, valida clausola dell’articolo
1526 del Codice civile.
Nel leasing di beni strumentali d’impresa, si deve ritenere che il concedente ha la possibilità di trattenere i
canoni riscossi e pretendere quelli ancora dovuti sia una soluzione equa, perché il bene al termine del
contratto avrà valore poco significativo, visto che la durata del contratto è pari alla vita del bene e persegue
l’interesse del concedente di recuperare il finanziamento con gli interessi.
Nel leasing di beni di consumo durevoli non una soluzione equa, perché il contratto ha durata inferiore alla
vita utile del bene, ricollocabile sul mercato. Il prezzo finale d’acquisto è alto, invece, l’incasso di tutti i

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canoni (anche non scaduti) e il ricavato del prezzo di vendita sono molto più alti delle somme ottenibili dalla
regolare esecuzione del contratto.
La Cassazione nel 1989 introduce una distinzione che è di fatto rimasta tra:
- Leasing tradizionale o di godimento (beni strumentali d’impresa);
- Leasing impuro o traslativo (beni di consumo durevoli).
Nel leasing tradizionale, l’articolo 1526 del Codice civile non è applicabile. L’impresa tradizionale può
trattenere i canoni di leasing riscossi ed esigere a titolo di risarcimento danni, i canoni da riscuotere e il
prezzo d’opzione.
Nel leasing impuro, deve applicarsi in via analogica l’articolo 1526 del Codice civile. Il concedente dovrà
restituire le rate riscosse e l’utilizzatore dovrà corrispondere al concedente solo un equo compenso per l’uso
del bene, oltre al risarcimento danni quantificato dal giudice.
Nella contrattualistica vigente, si tende a ricorrere all’utilizzatore il diritto alla restituzione del ricavo della
vendita del bene al netto delle rate ancora da pagare.
Nel 2017, il legislatore è intervenuto con la “Legge Concorrenza” 124/2017 comma 137 dell’articolo 1 legge
124/2017: “Costituisce grave inadempimento dell’utilizzatore il mancato pagamento di almeno sei canoni
mensili o due canoni trimestrali, anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari,
ovvero quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente per gli altri contratti di
locazione finanziaria”.
Gli effetti della norma:
1. obbligo dell’utilizzatore di restituire il bene;
2. il concedente deve provvedere a liquidare il bene “a valore di mercato”;
3. conseguito ricavato, la società di leasing potrà decurtare i canoni scaduti e non pagati, quelli a
scadere, il prezzo di esercizio dell’opzione;
4. se residui una parte del ricavato dalla liquidazione, questa deve essere accreditata all’utilizzatore.
Il leasing operativo, con questo contratto i beni sono concessi in godimento direttamente dal produttore
all’utilizzatore. Ha per oggetto beni strumentali all’attività d’impresa/ lavoro autonomo di tipo standardizzato
(es: fotocopiatrici, calcolatori). La durata del contratto è commisurata alla breve vita utile del bene e
l’importo dei canoni è proporzionale al valore d’utilizzo del bene. Si ritiene sia assimilabile allo schema del
contratto di locazione con opzione di futuro acquisto alla scadenza.
Il leasing di ritorno o lease back, è un contratto bilaterale, ossia, un imprenditore vende i propri beni ad
un’azienda di leasing che paga il prezzo e retrocede in leasing finanziario lo stesso bene al precedente
proprietario. I beni saranno nella disponibilità e godimento del venditore che pagherà i canoni di leasing e
potrà riacquistarli esercitando l’opzione di acquisto. È uno strumento di finanziamento utile per trasformare
l’attivo immobilizzato in disponibilità liquide, e per sopperire ad eventuali crisi finanziarie. Si è dubitato
sulla legalità di tale operazione perché è ritenuta assimilabile alla vendita a scopo di garanzia, la quale è
illecita perché in violazione del divieto di patto commissorio.
Ma non è assimilabile alla vendita a scopo di garanzia perché non esiste un credito preesistente del venditore
verso il concedente da garante e il bene resta nella disponibilità del venditore. L’operazione non ha funzione
esclusiva di rafforzare la garanzia patrimoniale del creditore. L’ammontare del credito garantito
rappresentato dai canoni è sempre proporzionale al valore dei beni acquistati dalle società di leasing. Il lease
back sarà nullo solo quando ci sarà un evidente sproporzione tra credito garantito e valore del bene
acquistato dalla società di leasing.
Il factoring è una tipologia contrattuale nata negli USA con la funzione di aiutare le imprese di piccole e
medie dimensioni nella gestione della loro notevole massa di crediti. La gestione del portafoglio crediti può
comprendere operazioni di:
- gestione contabile dei crediti;
- recupero in contenzioso dei crediti insoluti;
- monetizzazione anticipata di parte dei propri crediti;
- assicurazione contro i rischi di insolvenza del debitore.
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Questo contratto fa risparmiare sui costi di queste operazioni alle piccole e medie imprese.
Con un unico contratto di durata offrono alcuni servizi:

 tenuta della contabilità dei debitori;


 gestione crediti ed eventuale contenzioso;
 eventuale concessione di anticipazioni sull’importo dei crediti;
 eventuale assunzione a proprio carico del rischio di insolvenza.
Il contratto di factoring non è disciplinato dal Codice civile, ma sulla base dell’istituto della cessione del
credito. La legge 52/1991 che si applica alle società di factoring.
L’attività di factoring può essere esercitata professionalmente solo da banche o intermediari finanziari
disciplinati dal Testo Unico Bancario.
Il contratto di factoring ha per oggetto la cessione globale di crediti pecuniari anche futuri dietro
corrispettivo.
Si applica la legge numero 52/1991 se:
- il cedente è un imprenditore;
- i crediti ceduti sorgono da contratti stipulati nell’esercizio;
- il cessionario è una banca o intermediario finanziario che abbia per oggetto sociale l’acquisto dei
crediti d’impresa.
L’imprenditore cedente cede in massa al factor tutti i suoi crediti d’impresa presenti e futuri.
Il factor si collega a gestire e custodire i crediti cedutigli, svolgendo ulteriori servizi collaterali.
L’istituto della cessione dei crediti è specificato per crediti già esistenti al momento della stipula del
contratto, ma il factoring fa riferimento anche a crediti futuri. La cessione dei crediti futuri è valida solo se:
 nel contratto di factoring è specificato il futuro debitore ceduto;
 i crediti ceduti sorgeranno da contratti da stipulare entro 24 mesi.
Nella prassi il cedente si obbliga a comunicare al factor l’elenco dei clienti attuali e man mano acquisiti. La
stipula del contratto di cessione globale determina l’automatico trasferimento dei crediti futuri gradualmente
al momento in cui verranno ad esistere.
La cessione può avvenire:
 PRO SOLVENDO (come sconto bancario): è la più usata, il cedente garantisce, nel limite del
corrispettivo ricevuto, la solvibilità del debitore ceduto;
 PRO SOLUTO: è il corrispettivo più oneroso, il factor assicura al fornitore il pagamento del credito
anche in caso di inadempimento del debitore ceduto.
Il factor può, in aggiunta, concedere anticipazioni sull’ammontare dei crediti ceduti e applicare i relativi
interessi.

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LE ATTIVITÀ PARABANCARIE:
IL CREDITO AL CONSUMO
30 marzo 2021
Sono operazioni creditizie molto diffuse nella pratica, dove il ricorso al credito è fatto dai consumatori per
finanziare l’acquisto di beni o servizi destinati al consumo (es: elettrodomestici).
La peculiarità di questo non risiede nella natura giuridica, quanto nella finalità. Le forme possono essere
varie:

 Concessioni di dilazioni di pagamento da parte del fornitore;


 Prestiti da parte delle banche o società finanziarie specificatamente concessi per l’acquisto.
Dal punto di vista di chi eroga queste particolari forme di credito si applicano le logiche del fido bancario.
Essendo le operazioni rivolte ai consumatori, queste necessitano di più tutela, pertanto, questa disciplina è
stata introdotta con la legge del 19 dicembre 1992 numero 114, confluita, poi, negli articoli 121 – 126 del
Testo Unico Bancario.
Quindi, il credito al consumo è la concessione di credito, o l’impegno a concedere un credito, sottoforma di
dilazione di pagamento, di prestito, o di altra facilitazione finanziaria a favore di un consumatore.
Il consumatore è una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale
svolta. L’esercizio del credito al consumo è riservato a:

 Banche;
 Intermediari finanziari;
 Soggetti autorizzati alle vendite di beni o servizi;
I soggetti che erogano si chiamano finanziatori, e sono coadiuvanti nella concessione del credito da
“intermediari del credito”.
È una disciplina di trasparenza rivolta al consumatore, e pertanto, sorge una prima esigenza, ossia quella che
viene soddisfatta dagli annunci pubblicitari che è una fase precontrattuale.
L’articolo 123 del Testo Unico Bancario afferma che la pubblicità deve indicare informazioni minime in
forma chiara, coincisa e graficamente evidenziata con esempio rappresentativo.
Le informazioni minime sono:

 Tasso di interesse (fisso o variabile) e le spese;


 Importo totale del credito;
 TAEG (tasso annuo effettivo globale);
 Eventuali servizi accessori (non contenuti nel TAEG) necessari per l’ottenimento del credito (es:
polizza assicurativa);
 Durata del contratto;
 Importo totale dovuto dal consumatore, nonché l’ammontare delle singole rate.
L’articolo 124 del Testo Unico Bancario prevede una serie di obblighi precontrattuali di informazione e
consulenza in capo al finanziatore o intermediario del credito.
Il finanziatore deve fornire le informazioni necessarie al consumatore, prima della stipula del contratto, per
consentire il confronto delle diverse offerte di credito sul mercato, in modo tale da prendere decisioni in
maniera consapevole. Le informazioni sono fornite su supporto cartaceo o altro supposto durevole con
apposito modulo, queste informazioni si chiamano “Informazioni Europee di base sul credito ai
consumatori”, si tratta di una disciplina armonizzata.
Il contratto dev’essere redatto in forma scritta a pena di nullità relativa, ossia, solo il cliente può agire a pena
di nullità, inoltre, l’articolo 125 del Testo Unico Bancario, prevede che una copia deve essere consegnata al
consumatore.
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Il contratto si ritiene nullo nel momento in cui al suo interno non contiene:

 Il tipo di contratto, cioè la forma giuridica;


 Parti del contratto, ossia chi è il finanziato e il finanziatore;
 Importo totale del finanziamento e le condizioni di prelievo e rimborso.
Inoltre, se sono assenti gli oneri e il TAEG a carico del consumatore, questi sono sostituiti di diritto, ossia, si
applica il tasso minimo dei BOT (Buoni Ordinari del Tesoro) a 12 mesi e se manca la durata, questa viene
stabilita a 36 mesi.
È poi previsto dall’articolo 125 – ter del Testo Unico Bancario, il consumatore può recedere liberamente dal
contratto entro quattordici giorni che decorrono dal giorno informativo (ius poenitendi).
Il consumatore per poter recedere deve dare una comunicazione prima del termine di quattordici giorni ed
entro settanta giorni deve restituire il capitale e pagare gli interessi maturati.
Nei contratti a tempo indeterminato, il consumatore può recedere in ogni momento senza penalità o spese. Il
contratto può stabilire un termine di preavviso non superiore a un mese.
La disciplina del credito si completa di una serie di disposizioni che tutelano il consumatore durante il
rapporto.
Ai contratti di credito si applica l’articolo 118 del Testo Unico Bancario, per l’inadempimento del fornitore
di beni o servizi, il consumatore ha diritto di risolvere il contratto di credito, il finanziatore deve rimborsare
al consumatore le rate pagate. Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento
l’importo dovuto al finanziatore e ha diritto a una riduzione del costo totale del credito.
La cessione del quinto, tra i più diffusi strumenti di concessione del credito ai consumatori, si collocano la
cessione del quinto dello stipendio o pensione.
Si tratta di una tipologia di prestito che si fonda sulla particolare modalità di rimborso, trattenute dirette sul
salario fino ad un massimo di un quito dell’emolumento. La concessione è una modalità tutta italiana, non
rintracciabile in altri paesi dell’Unione Europea, è stata introdotta con il DPR 180/1950, nel secondo
dopoguerra, al fine di agevolare l’accesso al credito dei salari dei dipendenti statali. Con la legge 80/2005
resa disponibile per dipendenti privati e pensionati. In base all’articolo 106 del Testo Unico Bancario,
possono erogare questa forma le banche e gli intermediari finanziari.
La cessione del quinto è una tipologia di finanziamento a tasso fisso con rimborso a rate costanti, con la
particolarità che:
 Il rimborso delle rate viene effettuato dal datore di lavoro;
 Il relativo importo è trattenuto direttamente al netto in busta paga/ pensione.
Il nome “cessione del quinto” deriva dal fatto che ha in oggetto parte del salario e l’importo della rata non
può superare il valore di un quinto del salario netto.
A questa forma di finanziamento possono accedere dipendenti pubblici, privati o pensionati.
Il principale vantaggio è la sicurezza per l’Istituto finanziatore, la garanzia è data dal TFR maturato dal
dipendente o nella pensione spettante al pensionato che devono essere vincolati.
Inoltre, è prevista la sottoscrizione obbligatoria di un’assicurazione rischio vita e/o rischio impiego che
garantisca, in caso di mancato pagamento, la copertura dell’importo ancora dovuto, ossia il TFR più
l’assicurazione.
La cartolarizzazione dei crediti è un’operazione che le banche realizzano non in regime di riserva e
indirettamente, avvalendosi di società terze.
La cartolarizzazione deriva da un termine anglosassone, e prevede la trasformazione di un’entità
immateriale, ossia i crediti, in un documento cartaceo. L’operazione è spesso fatta dalle banche per
smobilizzare il loro portafoglio di crediti, illiquidi (in regime di sofferenza), trasferendoli in prodotti
finanziari circolabili.
Lo schema prevede che si costituisca una società veicolo da parte del titolare di un portafoglio di crediti. La
società cedente trasferisce il proprio portafoglio alla società veicolo, dietro pagamento corrispettivo.

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La società veicolo li acquista, attraverso il ricavato ottenuto dall’emissione e dal collocamento di titoli sul
mercato, il cui rimborso a sua volta, sarà realizzato vincolandovi solo i flussi finanziari derivanti dagli
incassi dei crediti.
Questa pratica è disciplinata dalla Legge numero 130 del 30 aprile 1999, “Disposizioni alla cartolarizzazione
dei crediti”. Per poi subire una modifica a febbraio 2020 con il D.lgs. 162.
Questa legge dice l’articolo 1: la legge trova applicazione alle operazioni cartolarizzazione mediante
cessione di titolo oneroso di crediti pecuniari alla società cessionaria il cui unico oggetto è quello di
realizzare operazioni di cartolarizzazione.
Le somme corrisposte dai debitori ceduti sono destinate in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti
incorporati nei titoli emessi, la società cessionaria redige un prospetto informativo, se i titoli sono offerti a
investitori non professionali, l’operazione deve essere sottoposta alla valutazione del merito di credito.
I crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato da patrimonio di società veicolo e
altri patrimoni di altre cartolarizzazioni.
L’istituto a cui si fa riferimento per questa operazione è quello della cessione dei crediti (articolo 1260 del
Codice civile), per la cartolarizzazione si applicano le disposizioni del Testo Unico Bancario dettate in
materia di cessione a banche di rapporti giuridici in blocco.
Nel diritto privato, la cessione del credito avviene con la notifica nei confronti dei debitori, in questo caso
invece diventa efficace con la pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella gazzetta ufficiale.
Nella stessa data, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti, sono ammesse azioni a
tutela dei diritti dei possessori dei titoli.

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I SOGGETTI DEL MERCATO FINANZIARIO
31 marzo 2021

Il compito principale delle regole dettate dall’ordinamento bancario e finanziario è di favorire


l’accumulazione del risparmio provato e la crescita degli investimenti delle imprese.
Esiste una modalità di finanziamento delle imprese, attraverso la quale il risparmiatore destina direttamente il
proprio denaro agli investimenti delle imprese. Acquistando le azioni di un’impresa, il soggetto diventa socio
e si assume i rischi d’impresa, può esserci una remunerazione.
Quella principale è lucrare sulla differenza dei prezzi rivendendo le azioni. Questo avviene in un mercato
dove questi strumenti vengono scambiati, qui possono essere scambiati, oltre alle azioni, le obbligazioni.
Ad oggi, se ne sono aggiunte molte altre, sempre oggetto di scambi nel mercato finanziario tra investitori e
imprese. Comunque, questo settore è regolamentato perché vi è una finalità d’investimento e una parte
speculativa, ci sono dei rischi per gli investitori che vengono limitati con la legge fatta ad hoc per questo
settore. Il principio di fondo della disciplina dei mercati finanziari è l’ingresso nel mercato consentito ai soli
investitori autorizzati.
Le norme che regolano le materie incluse nel diritto del mercato finanziario sono contenute soprattutto nel
Testo Unico della Finanza suddiviso in sei parti:
I. Disposizioni generali;
II. Intermediari: soggetti autorizzati ad operare nel mercato;
III. Mercati: insieme di regole che governano le sedi per scambi;
IV. Emittenti: società quotate;
V. Sanzioni;
VI. Disposizioni finali.
Per comprendere la disciplina del testo unico della finanza dedicata ai soggetti e alle attività da loro svolte,
un aiuto specifico proviene dalle definizioni contenute nell'articolo 1.
L'articolo uno è una norma definitoria, procede all' individuazioni di una serie di definizioni, utili al fine di
interpretare il testo di legge. L'articolo 1 del testo unico della finanza contiene un lungo elenco di definizioni,
non ha un contenuto precettivo ma serve a fornire un lessico per una chiara comprensione.
Il comma uno dell'articolo uno del testo unico della finanza si apre con la seguente frase: “nel presente
decreto legislativo si intendono per” le nozioni hanno rilevanza sono nell'ambito del decreto legislativo in
questione. questa è una tecnica normativa recente, tant'è che è molto utilizzata dal legislatore europeo.
L'articolo uno comma uno del testo unico della finanza nella lettera r si riferisce ai soggetti, cioè a tutti gli
intermediari finanziari.
Le definizioni sono spesso contenute in un elenco, i soggetti abilitati sono:
 Le imprese di investimento: SIM, Società Intermediazione Mobiliare, quelle dell’Unione Europea e
di paesi terzi, devono essere autorizzate in Italia;
 Le società di gestione collettiva del risparmio: SGR servizio di gestione collettiva del risparmio e le
società di gestione dell'unione europea;
 SICAV e SICAF, società di investimento a capitale variabile/fisso, queste operano nel risparmio
collettivo con il loro patrimonio;
 Gestori di fondi comuni di investimento alternativo (GEFIA), operano nella gestione collettiva del
risparmio.
Rientrano anche le banche sia italiane che dell'unione europea, autorizzata allo svolgimento dei servizi e
delle attività di investimento. gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco tenuto dalla Banca d'Italia ai sensi
dell'articolo 106 del testo unico bancario.
Questi soggetti abilitati possono svolgere i servizi e le attività di investimento di cui all'articolo uno comma 5
del testo unico della finanza.

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Quindi i soggetti abilitati sono coloro ai quali è consentito di svolgere i servizi e le attività di investimento
secondo i punti elencati nel testo unico della finanza e sono:
a. Negoziazione per conto proprio;
b. esecuzione di ordini per conto dei clienti;
c. assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti
dell'emittente;
c-bis. Collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente;
d. Gestione di portafoglio di investimenti;
e. ricezione trasmissioni di ordini nonché mediazione;
f. consulenza in materia di investimenti;
g. gestione di sistemi multilaterali di negoziazione;
g-bis. gestione di sistemi organizzati di negoziazione;

Questi soggetti abilitati sono disciplinati nel capo primo del titolo secondo ed è intitolato “soggetti e
autorizzazioni”. le norme contenute sono dedicate ai soggetti, alle autorizzazioni e all'albo della Consob. Il
principio generale dettato dall' articolo 18 è: “l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi
di investimento e riservato alle imprese di investimento alle banche”.
Le banche sono i principali intermediari finanziari del sistema finanziario italiano.
A partire dagli anni ‘90 le banche si sono sempre più spostate verso le attività finanziarie dallo svolgere le
attività tipiche perché più redditizie.
Bisogna precisare però, che ci sono delle eccezioni, alcuni servizi di investimento possono essere svolti
anche da altri soggetti:

 SGR, possono svolgere servizi di investimento di gestioni di portafogli individuali di investimento,


consulenza in materia di investimenti e servizio di ricezione e trasmissione di ordini entro certi
limiti.
 intermediari finanziari (articolo 106 del tub), possono esercitare i servizi relativi alla negoziazione
per conto proprio ed esercitare l'esecuzione di ordini per conto dei clienti per gli strumenti finanziari
derivati e collocamento, assunzione a fermo e oh collocamento sulla base di un impegno
irrevocabile nei confronti dell'emittente, collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti
dell'emittente.
Ai sensi degli articoli 18 bis e 18 ter del testo unico della finanza che sono stati aggiunti recentemente, è
possibile che il servizio di consulenza in materia di investimenti sia prestata dalle persone fisiche e società
per azioni e società responsabilità limitata, impossessò di requisiti, i quali sono: professionalità, onorabilità,
indipendenza e patrimoniali. le società per azioni e le società a responsabilità limitata sono stabiliti con
regolamento adottato dal ministero dell'economia e della finanza ed iscritti in un apposito albo.
L'accesso al mercato dello svolgimento dei servizi di investimento è riservato alle sole imprese munite di
autorizzazione, la relativa disciplina e armonizzata a livello europeo.
Le SIM sono imprese di investimento italiane e l'autorizzazione è rilasciata dalla Consob, in base all'articolo
19 comma uno del testo unico della finanza con le relative condizioni.
Le banche già autorizzate in Italia a svolgere l'attività bancaria viene rilasciata l'autorizzazione per i servizi
di investimento dalla Banca d'Italia.
entro sei mesi dalla presentazione della domanda completa, La Consob, sentita la Banca d'Italia, rilascia le
autorizzazioni alla SIM solo se:
1- La forma è la società per azioni;
2- la denominazione sociale comprende alle parole “società di intermediazione mobiliare”;
3- sede legale e direzione generale in Italia;
4- capitale versato non ammontare minore prestabilito dalla Banca d'Italia;
5- presentare il programma di attività iniziale e struttura organizzativa;
6- esponenti aziendali con requisiti di professionalità, indipendenza e onorabilità;
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7- partecipanti al capitale devono disporre del requisito di onorabilità e la non sussistenza delle
condizioni per il divieto di cui all'articolo 15 comma due;
8- struttura del gruppo non pregiudica l'esercizio di vigilanza;
9- rispetto i requisiti del titolo terzo per gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.
I requisiti come: la forma della società per azioni, capitale versato non ammontare in minore prestabilito
dalla Banca d'Italia, presentazione programma attività aziendale struttura organizzata, esponenti aziendali
con requisiti di professionalità, indipendenza e onorabilità, questi requisiti sono per le banche ossia per
l'attività bancaria tipica.
Le condizioni appena enunciate richiedono alcuni commenti:
1- l'adozione della società per azioni prevede il ricorso a tipi societari diversi, svolgimento attività
persone fisiche;
2- la denominazione necessaria SIM è conseguenza della riserva di attività;
3- le Sim sono italiane, ma con una sede diversa la Consob non è tenuta ad autorizzazione;
4- la dotazione del capitale delle Sim dipende dalla tipologia di servizio attività di investimento svolti;
5- il programma per risposto in modo tale da consentire la valutazione delle modalità concrete
attraverso le quali le Sim intende procedere.
in presenza di tutte le condizioni previste dall' articolo 19, l'autorizzazione deve essere concessa,
l'autorizzazione è negata seppur in presenza dei requisiti non risulti garantita la sana e prudente gestione o
assicurata la capacità di esercitare correttamente i servizi e attività.
1.

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I SERVIZI DI INVESTIMENTO
1 aprile 2021
Così come per i soggetti abilitati, anche per i servizi di investimento il legislatore ha optato per la forma
dell'elenco. questi sono raccolti nell'articolo uno comma 5 del tuf. questo articolo ha subito numerose
modifiche a seguito della MIFID e MIFID II; dove prima si contemplava una nozione, ora vi è un elenco che
enuncia i singoli servizi e attività che hanno ad oggetto strumenti finanziari.
Questi sono:
a) negoziazione per conto proprio;
b) esecuzione di ordini per conto di clienti;
c) assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti
dell'emittente;
c-bis) collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente;
d) gestione di portafogli;
e) ricezione trasmissione di ordini;
f) consulenza in materia di investimenti;
g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione;
g-bis) gestione di sistemi organizzati di negoziazione.
Un'ulteriore modifica a seguito della Mifid ha aggiunto, con il comma 5 bis, una definizione per ogni singolo
servizio attività di investimento.
la negoziazione per conto proprio, e l'attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in contropartita
diretta. Gli elementi qualificati sono:
- l'oggetto consiste nell'acquisto e nella vendita di strumenti finanziari, precedentemente emessi da
società emittenti e collocati per investitori, oggetto del servizio sono operazioni mercato secondario
perché già emessi.
- la modalità di esecuzione, ossia in contropartita diretta, la controparte dell'investitore è la stessa,
l'intermediario si assume il rischio.
Una particolare figura di negoziazione per conto proprio e il market maker, e un soggetto che si propone sul
mercato, in modo continuo, per acquisto o vendita a prezzi da esso definiti.
L'esecuzione di ordini per conto dei clienti, nel tuf non è presente una definizione di questo servizio, anche
se è presente nella direttiva Mifid, che afferma che: “servizio che consiste nella conclusione di accordi di
acquisto o vendita di uno o più strumenti finanziari per conto dei clienti”.
L'oggetto dell'attività è lo stesso della negoziazione per conto proprio, ma non vi è contropartita diretta.
L'intermediario non impegna posizioni proprie, fa da tramite tra due investitori. non guadagna con la
differenza di vendita. questa attività non deve necessariamente avvenire su mercati regolamentati.
Prima che questa attività fosse introdotta nella legge, la dottrina cercava di inquadrare il servizio in una
tipologia contrattuale del Codice civile, e l’accostava alla commissione, articolo 1731 del Codice civile che
rientra nello schema generale del mandato.

I servizi di collocamento, per effetto della Mifid è stato scisso in due tipologie di servizi: senza impegno
irrevocabile nei confronti dell'emittente e con impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente.
il servizio, anche se non ha una definizione, si traduce nell'offerta a terzi di strumenti finanziari ed è una
definizione della Consob. Il servizio si svolge su mercati primari e l'oggetto sono gli strumenti finanziari di
nuova emissione da collocare presso investitori. Tale servizio in concreto svolto dall' intermediario:
1. la società delibera un aumento del capitale sociale;
2. la società emette le azioni e in più i soci possono vendere le loro azioni;

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3. offre le azioni agli investitori in sottoscrizioni diventando soci.
Le differenze rispetto al servizio di esecuzione e che il collegamento non prevede l'acquisto degli strumenti
ma solo la sottoscrizione e vendita. Il servizio di collocamento con l'intermediario offre gli strumenti in
vendita o sottoscrizione, non l'acquisto. l'offerta avviene con modalità standardizzata, perché un'operazione
di massa.
c'è un accordo già stabilito e l'acquirente può decidere se accettare o no, nell'altro caso non c'è questo
contratto già stabilito.
Senza impegni, il rischio del mancato collocamento e sopportato dall'emittente o dal soggetto venditore.
Con impegno ci sono due ipotesi, la prima ipotesi è che collocatore deve acquisire al termine dell'offerta di
strumenti finanziari non collocati, nella seconda ipotesi, invece, il collocatore assume subito gli strumenti
oggetti del collocamento assumendo l'impegno di offrirli agli investitori, chiamata anche assunzione a fermo.

La gestione del portafogli, la gestione su base discrezionale e individualizzata di portafogli di investimento,


che includono uno più strumenti finanziari e nell'ambito di un mandato conferito dai clienti.
È un contratto tipizzato del tuf, assimilabile al mandato, a caratterizzare il servizio dell'individuazione, si
basa sul rapporto personale che si instaura fra intermediario e cliente e i patrimoni si mantengono distinti.
Si è discusso se questo rapporto sia riconducibile al contratto tipizzato del mandato, ma il servizio è dotato di
sua specificità. C'è un ampio valore aggiunto fornito all' intermediario le scelte di investimento le fa
l'intermediario stesso, una volta che cliente gli ha affidato il patrimonio, il portafoglio di investimenti può
comprendere beni e attività diversi dagli strumenti finanziari.
questo servizio differisce con la gestione collettiva del risparmio, in quanto:
- nella gestione collettiva del risparmio ci sono tre soggetti distinti: investitore, gestore E Banca
depositaria;
- nella gestione collettiva il gestore opera nell'interesse di una massa di investitori;
- nella gestione collettiva il singolo investitore non può ordinare al gestore di eseguire singole
operazioni su sua indicazione, a differenza della gestione individuale.
La ricezione trasmissione degli ordini consiste nella ricezione e trasmissione di ordini, quindi l'attività di
mettere in contatto due o più investitori, rendendo cosa probabile la conclusione di un'operazione tra di loro.
l'intermediario non esegue direttamente l'ordine, ma lo ritrasmette ad un soggetto negoziatore.
questo perché non è autorizzato oppure perché l'operazione avviene in un altro mercato dove non c'è
l'intermediario.

La consulenza in materia di investimento, e la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente


dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore di servizio, riguardo a una o più operazioni relativa a
strumenti finanziari. i tratti distintivi sono: personalizzazione della raccomandazione o consiglio, che è un
rapporto personale apposta per il cliente, e natura determinata perché riferiti a singole operazioni.

La gestione dei sistemi multilaterali di negoziazione e organizzati, la gestione di sistemi multilaterali


consentono la negoziazione nel loro interno, in base a regole non discrezionali, di interessi molteplici di
acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti.
è simile ad un contratto regolamentato, e si affiancano a questi come trading venues.

I servizi accessori, ai sensi dell'articolo uno comma sei del tuf i principali servizi accessori sono:
1. custodia e amministrazione strumenti finanziari per conto del cliente e i relativi servizi connessi;
2. la concessione di finanziamenti per concludere operazioni nelle quali interviene il finanziatore;
3. La consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni
connesse, nonché la consulenza dei servizi concernenti concentrazioni e acquisto di imprese;
4. servizio di cambio legato alle forniture di servizi di investimento;
5. la ricerca in materia di investimenti, analisi finanziaria.
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sono accessori perché sono simili ai servizi di investimento. i servizi accessori non sono soggetti a riserva
possono essere svolti da tutti i soggetti abilitati.

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