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DIRITTO DELLA CRISI DI IMPRESA


Dal diritto fallimentare (LF)  al diritto della crisi di impresa MA la sostanza non cambia (CCI)
NOZIONE DI CRISI della S, essa può essere:
- patrimoniale: è determinata dallo sbilancio tra attivo e passivorilevata dal diritto societario (riduzione obb cap soc);
-economica: è determinata da un disallineamento tra costi e ricaviprima o poi si rifletterà sul patr della S;
finanziaria: è determinata da un disallineamento dei flussi di cassa anche se magari ho un attivo cospicuo
immobilizzato, non ho soldi per pagare i miei creditori e non mi aspetto che me ne arriveranno altri non viene
tracciata dal diritto societario ed è rilevante per in materia di crisi di impresa.

Cosa significa crisi di impresa? che il nostro imprenditore non è in grado di pagare tutti i suoi creditori tempestivamente
e integralmente.
Perché è importante il diritto della crisi di impresa?
la crisi non si può trattare solo con il 2740 cc (resp per debiti: il debitore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri
delle obbligazioni) dal punto di vista sostanziale e dal punto di vista processuale attivazione di singole procedure di
esecuzione forzata individuale (i creditori con titolo esecutivo vanno ad aggredire il patr del loro debitore)
e si privilegia il primo che arriva;

è importante perché l’imprenditore è un tipo particolare di debitore, cioè è il centro di una rete di relazioni che
costituisce l’organizzazione di impresa.
Se va tutto bene  si ha un sistema cooperativo di soggetti coinvolti direttamente o indirettamente dall’organizzazione
di impresa;
Se vanno malel’onda della crisi si ripercuote su tutti e si generano esternalità negative conseguenti alla crisi di impresa
> Si ha conflitto tra diverse categorie di interessi del sistema xckè il patr del debitore diventa una risorsa limitata.

 il diritto della crisi serve ad ovviare alle inefficienze del trattamento individuale dell’indebitamento
Obiettivo principale ma non esclusivo: è dare la migliore soddisfazione ai creditori
-valorizzando il più possibile il patr residuo del debitore conservando quello che c’è e magari incrementandolo (esigenza
di efficienza);
-suddividendo il patr fra i soggetti che sono rimasti coinvolti dalla crisi di impresa (esigenza di giustizia);

PROCEDURE CONCORSUALI IN GENERALE


Tendenza ultimi decenni:
concezione soggettiva dell’insolvenza: soddisfazione concorsuale sul patr dell’imprenditore problema dell’impresa
sottile da punto di vista patrimoniale il legislatore passa a una concezione oggettiva dell’insolvenza: si passa cioè dal
patr dell’imprenditore alla valorizzazione dell’organizzazione di impresa. E poi con la vendita dell'azienda in esercizio si
consente
*di monetizzare il valore dell’organizzazione di impresa (valorizzando anche le risorse che non appartengono
all’imprenditore o le risorse intangibili) per poi dare maggiore soddisfazione ai creditori;
*e conservare l'organizzazione di impresa riallocandola presso un nuovo imprenditore;
-non si conserva l’imprenditore insolvente o in crisi: ex 2558 cc l’organizzazione di impresa passa all’acquirente perché
questo subentra nei contratti già stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa.

 le procedure hanno una funzione conservativa dell’organizzazione di impresa, cioè si pone sempre più attenzione
sulla possibilità di avere continuità aziendale all’interno della procedura concorsuale, continuità intesa sia come
prosecuzione dell’A di impresa (possibile nel conco prev e ammin strao) sia come continuità attraverso la vendita
dell’azienda in esercizio (fall).
 questa concezione va a beneficio di tutto il sistema cooperativo, non solo dei creditori.

Quali sono le fonti: In giallo gli istituti disciplinati dalla LF; le prime 3 sono sicuramente procedure concorsuali.
1) IL FALLIMENTO /presupposto: stato di insolvenza/ iniziativa: ogni creditore, debitore, PM
2) IL CONCORDATO PREVENTIVO /presupposto: stato di crisi/ iniziativa: debitore
3) ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
4) PIANI ATTESTATI DI RISANAMENTO
5) LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA / presupposto: stato di insolvenza o situa di mala gestione
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+ leggi speciali + modifiche successive


6) L. 270 del 99: AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE IN CRISI /presupposto: stato di
insolvenza/
7) D.L. 347 2003: AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA SPECIALE
8) + procedure introdotte con la L. 3 del 2012 applicabili sia a imprenditori sia a non imprenditori (imprenditore
agricolo, consumatori, professionisti etc, cioè soggetti ai quali non si applicano le proce della LF o ammin strao).
quindi oggi le procedure concorsuali si applicano anche al sovraindebitamento del non imprenditore.

DIFFERENZE
I presupposti soggettivo e oggettivo sono diversi per ogni tipo di procedura concorsuale.
2, 3, 4 sono sono strumenti di regolazione negoziata della crisi di impresa, cioè sono istituti di diritto
concorsuale volti ad agevolare il raggiungimento di accordi tra il debitore e la massa dei creditori per regolare la
crisi del debitore.
1, 5, 6, 7 sono procedure concorsuali non negoziate.
1, 2 sono proce puramente giudiziali, cioè gestite dall’autorità giudiziaria.
5 è puramente amministrativa.
6, 7 sono miste, cioè c’è una convivenza dell’autorità giudiziaria e amministrativa.

+ il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCI) che entrerà in vigore il 1/09/21
in realtà è un codice che comprende anche le procedure di sovraindebitamento, quindi è un codice non di crisi di
impresa ma di procedure concorsuali.
NOVITA’ IMPORTANTI:
1--si ha nozione tipica di crisi all’art 2: la LF definisce lo stato di insolvenza ma contiene solo una nozione di crisi atipica
ex 160: è crisi tutto ciò che si manifesta nel cattivo andamento di una impresa e che non sia insolvenza.
Nel codice, invece, è la probabilità di insolvenza che si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa  è stata
adottata la nozione di crisi finanziaria come disallineamento di flussi quindi no crisi patr o economica.

2—si introducono le procedure di allerta, cioè strumenti atti a far emergere e affrontare tempestivamente la crisi
perché l’impresa gestita durante una crisi brucia ricchezza e risorse utili, quindi più passa il tempo più si disgrega
l’organizzazione di impresa e meno soddisfazione avranno i creditori e ci sarà meno probabilità che si conservi
l’organizzazione stessa.
Cosa sono e a quale scopo?
Sono procedure gestite da un organo amministrativo (quindi non giudiziale) presso la camera di commercio c.d. OCRI
al quale l’imprenditore si rivolge all’emersione di uno stato di crisi, poi tipizzato in base all’art. 13 CCI. La procedura di
allerta si attiva sia su iniziativa dell’imprenditore in crisi sia su sollecito dell’OCRI da parte dei creditori pubblici
qualificati. Questi ultimi hanno l’obbligo di segnalare all’OCRI quando l’imprenditore ha superato certe soglie di
indebitamento, altrimenti perdono il loro privilegio creditizio. Poi l’OCRI si occuperà di sentire l’imprenditore e magari
instaurare il procedimento riservato e confidenziale per regolare la crisi.
tutto ciò al fine di accelerare l’emersione dello stato di crisi.

Ma perché si introducono?
La resp limitata incentiva una irrazionale propensione al rischio, cioè a proseguire l’A anche se in crisi, perché i soci in
SDC rispondono nei limiti del loro investimento. Ovviamente questo in una SDP non avviene perché in una SDP più la S
si indebita più si indebitano i soci illimitatamente resp
+ oggi il fallito o l’ammin della S fallita non vede incisi i propri diritti civili dall’apertura del fall, ma rimane come
presupposto della bancarotta fraudolenta (da 3 anni a 10 anni) e bancarotta semplice (6 mesi)
per questi motivi la crisi emerge tardi.

Il CCI slitterà perché si prospetta che ci saranno moltissime imprese che dovranno fare ricorso alle procedure di
allerta, un numero insostenibile che non permetterebbe al sistema di funzionare.
PRIVATIZZAZIONE DELLE PROCEDURE CONCORSUALI cosa significa?
-gestione del fall ai creditori alcuni poteri del giudice delegato sono stati attribuiti al comitato dei creditori in modo
tale che nel fall chi è pregiudicato possa avere un ruolo centrale nella gestione della procedura;

-soluzioni negoziate dell’insolvenza si sono ampliate nel 2006 gli strumenti messi a disposizione del debitore per
raggiungere un accordo con la massa dei creditori;
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TRATTI COMUNI DELLE PRIME 3-> Non c’è una definizione di proce conco nella LF o CCI.
1.A che servono? Servono a disciplinare il concorso dei creditori sul patr del debitore, cioè sono state create dal legi per
dare un ordine alla partecipazione dei creditori alla liquidazione del patr del debitore.
Ci sono 2 regole cardine per gestire il concorso dei creditori:
-par condicio creditorum: cioè la parità di trattamento di tutti i creditori;
+ deroga alla par condicio: ordine FORTE delle cause di prelazione, se ci sono creditori privilegiati: chi sta sotto ha il
diritto di prendere qualcosa soltanto se chi sta sopra ha preso tutto ciò che doveva prendere.
2. I creditori non possono più aggredire individualmente ed egoisticamente il patr dell’imprenditore in crisi, ma devono
canalizzare le loro istanze all’interno della procedura concorsuale-> cioè si protegge/cristallizza il patr del debitore ( ! non
nell’interesse del debitore ma nell’interesse della valorizz e liquidazione del patr a beneficio dei creditori) grado di
protezione diverso a seconda del tipo di proce;

3. si ha uno spossessamento, cioè la governance della procedura sottrae all’imprenditore/ammin S la gestione


dell’impresa e del suo patr/patr S  MA il livello di privazione dei poteri di gestione varia a seconda del tipo di procedura
(rivedere poi chi sono sul riassunto);

4. tendenzialmente si ha un principio di universalità delle proce conco, cioè all’interno della proce convoglia l’intero patr
del debitore composto da masse attive e passive (cioè i creditori) principio assoluto (fall; liqui coatta; ammin strao);
realtivo nel conco prev.

Qual è lo scopo delle procedure concorsuali?


Varia a seconda dei tipi ma tendenzialmente è quello di dare soddisfazione ai creditori. Di fatto, l’impresa può andare
malissimo ma se i creditori sono tutti regolarmente pagati non si apre una proce conco.

Non solo, troviamo regole che mirano alla conservazione degli organismi produttivi:
-ammin strao: conservare gli organismi produttivi, alle volte anche in pregiudizio dell’interesse dei creditori;
-fall: soddisfare i creditori atraverso la liquidazione dell’attivo MA la LF afferma che come primo criterio che il curatore
fallimentare deve darsi nella liquidazione dell’attivo fallimentare è conservare il più possibile i valori dell’organizzazione
di impresa quindi è una liquidazione improntata anche a esigenze di conservazione dei maggiori aggregati possibili.

1) IL FALLIMENTO

Ha natura sostanzialmente liquidatoria:


1)Finalità: determinare i crediti e soddisfare i creditori concorrenti;
2)Finalità: conservare il valore produttivo del complesso aziendale attraverso:
a) l’esercizio provvisorio/affito dell’impresa
b) vendita dei maggiori aggregati possibili: se si può si vende l’azienda, se non si può un ramo di azienda, se non si
può dei blocchi di beni caratterizzati da una comune natura, e solo come ultima chance si consente la disgregazione
dell’organizzazione, quindi se vogliamo la vendita a peso dei cespiti che costituiscono l’attivo fallimentare.

È una procedura sicuramente giudiziale perché c’è un forte controllo e intervento dell’autorità giudiziaria + la governance
della procedura spossessa totalmente l’imprenditore fallito o gli ammin della S fallita della gestione dell’impresa e del
patr.

Presupposti di accesso alla procedura:

1) Presupposto oggettivo = lo stato di insolvenza del debitore ex art. 5 LF


2) Presupposto soggettivo = la qualità di imprenditore commerciale del debitore + superamento soglie

OGGETTIVO: Lo stato di insolvenza del debitore:  è l’incapacità (oggettiva) di regolare adempimento


dell’imprenditore.
L’insolvenza corrisponde a una situa di crisi finanziaria: l’imprenditore non ha soldi per pagare regolarmente le sue
obbligazioni. Non è che ha i soldi e non vuole pagare, non li ha proprio e di norma questo deriva dal disallineamento di
flussi di cassa (tanto esce, tanto entra). È quindi insolvente l’imprenditore che può pagare solo parzialmente i suoi debiti
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oppure che può adempiere a tutti i suoi debiti ma solo in un momento successivo alla scadenza degli stessi o in maniera
non regolare.

E’ fondamentale che si manifesti all’esterno, cioè che sia una incapacità percepibile da parte del mondo esterno
all’impresa e si può manifestare ad es attraverso inadempimenti, ad es. il debitore non paga o riesce a pagare solo
parzialmente oppure oltre la scadenza, ma anche attraverso altri sintomi, cioè con altri fatti esteriori.
L’art.7 della LF, cioè una norma dedicata all’iniziativa del PM, dice l’insolvenza può risultare o manifestarsi dalla fuga,
dalla irreperibilità, dalla latitanza dell’imprenditore.
Esistono però anche altri fattori esteriori che attengono maggiormente alla organizzazione di impresa e non solo
all’imprenditore persona fisica, ad es. la chiusura dei locali di impresa. Ovviamente se restano chiuse le saracinesche, c’è
qualcosa che non va. Poi ce ne possono essere altri, come i protesti, le notizie di stampa o un’indagine penale che
inizialmente non ha nulla a che fare con lo stato di crisi ma poi lascia intravedere lo stato di insolvenza.

C’è una particolare relazione tra stato di insolvenza e inadempimento delle obbligazioni.
Lo stato di insolvenza attiene a una situazione complessiva del patrimonio dell’imprenditore.
L’inadempimento attiene al singolo rapporto obbligatorio ed è la normale manifestazione dello stato di insolvenza,
cioè è un sintomo piuttosto frequente del fatto che le cose vanno male: un debitore che non paga, quindi è
inadempiente, è probabile, MA NON CERTO, che sia anche insolvente Quindi c’è una normale correlazione, ma non
necessaria correlazione.
Un imprenditore può essere insolvente senza essere inadempiente, pensiamo ad esempio quando paga con mezzi
anormali, ad es facendo ricorso a prestiti usurai.
Oppure un imprenditore può essere inadempiente senza essere insolvente, cioè c’è differenza tra incapacità di
regolare adempimento e mancanza di volontà di regolare adempimento. Si ha cioè un inadempimento volontario,
ad esempio l’imprenditore che non paga perché ritiene di non dover pagare magari perché ritiene che la fornitura è
viziata  non paga non perché non è in grado, ma perché non vuole pagare ed è un inadempimento NON
sintomatico dello stato di insolvenza.

L’art. 15 dice che il fallimento non si può dichiarare se l’ammontare dei debiti, scaduti e non pagati, è inferiore a
30.000 euro.
___tutto questo per quanto riguarda il presupposto oggettivo______-

SOGGETTIVO: cioè chi fallisce in presenza di uno stato di insolvenza? solo gli imprenditori commerciali, quindi che
esercitano A commerciale enumerate all’art. 2195 cc, esclusi gli enti pubblici (S partecipate da enti pubblici falliscono o
accedono alla proce di conco prev).

!! non si fa nessun riferimento al piccolo imprenditore ex 2083, quindi falliscono imprenditore piccoli e non piccoli.
Infatti nel 2006 il legislatore, per evitare dubbi circa quanto pesino i fattori della produzione coinvolti nel giudizio di
prevalenza dell’art. 2083 cc, ha introdotto il 2c dell’art.1 dove ha fissato delle soglie dimensionali.
gli imprenditori commerciali che dimostrano il possesso congiunto dei seguenti requisiti di non fallibilità, NON sono
soggetti al fallimento ed al concordato preventivo, :

a) aver avuto, nei 3 esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento(o dall’inizio dell’attività se
di durata inferiore), un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300.000 euro.
b) Aver realizzato nei 3 esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento(o dall’inizio dell’attività
se di durata inferiore), ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200.000 euro
c) Avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500.000 euro.

 è sufficiente superarne 1 per essere dichiarati falliti (se si svolge A commerciale e si è insolventi)
+ l’onere della prova è a carico del debitore, cioè è l’imprenditore che deve dimostrare di avere il possesso congiunto di
tutti e 3 i requisiti se l’imprenditore non lo dimostra, sarà dichiarato fallito.

RISULTATO: 200.000 euro di ricavi sono compatibili con un paio di dipendenti + l’imprenditore. Cioè sostanzialmente
le micro imprese falliscono con questi livelli dimensionali, anche se il fall è una procedura estremamente pesante per
queste, perché è costosa e coinvolge organi e risorse pubbliche.
 questa norma è inefficiente perché abbiamo tribunali fallimentari intasati da procedure fallimentari che riguardano
micro imprese, quando invece potrebbero avere una procedura molto più semplice del fall.
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ECCEZIONI al presupposto soggettivo fallimento di chi non sono è imprenditore commerciale


La cessazione dell’attività di impresa, la morte dell’imprenditore o la cancellazione della S non impediscono il
fallimento, infatti sia l’imprenditore cessato sia l’imprenditore defunto sia la S cancellata possono essere dichiarati falliti
solo se non è trascorso più di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Infatti, è necessario che lo stato di
insolvenza si sia manifestato prima di tali eventi o entro l’anno successivo.
In particolare:
Imprenditore cessato: La persona fisica che ha cessato l’A di impresa(quindi non è più imprenditore se ha cessato) rischia
di fallire, entro l’anno dall’iscrizione nel RDI della cessazione, se la sua insolvenza si riferisce a un momento anteriore alla
cessazione dell’A di impresa.
Lo stesso vale per le S cancellata dal RDI: possono fallire entro 1 anno dalla cancellazione dal RDI.
Ora una S quando è cancellata si estingue, entro l’anno successivo può ancora essere dichiarata fallita e avremo il
fallimento di un soggetto che non solo non è più imprenditore, ma non è più neppure un soggetto perché la S non esiste
più, quindi diciamo che si resuscita per dichiararla fallita.
Imprenditore defunto: entro un anno dalla morte anche la persona fisica defunta può essere dichiarato
fallito.
Nel caso di morte di imprenditore già dichiarato fallito la procedura fallimentare procede nei confronti dell’erede.
Il fallimento dell’imprenditore defunto può essere chiesto anche dall’erede, purché l’eredità non si sia già confusa nel
suo patrimonio in quanto accettata senza beneficio d’inventario.

Socio illimitatamente resp di una S fallita: ex art.147 LF con la S falliscono tutti i soci illimitatamente resp ( i soci illim
resp non sono imprenditori. E’ imprenditore la S, tuttavia abbiamo il fall di soggetti non imprenditori).

ATTENZIONE !!
Se l’imprenditore ha un debito superiore a 500.000 e al contempo ha un attivo pari o superiore al debito. In realtà
questi 500.000 non sono un presupposto oggettivo, ma sono un presupposto soggettivo. Ovvero, se il nostro debitore
non è insolvente (presupposto oggettivo) può avere anche 50.000.000 di debiti e non fallisce perché non è insolvente.
Ma se il nostro debitore è insolvente (ovvero è incapace di un regolare adempimento delle sue obb) e ha più di
500.000 di debiti, all’attivo può avere anche 5.000.000, ma cmq fallirà. Importa che sia insolvente (perché magari
questo attivo è immobilizzato e non riesce a trasformarlo in denaro) e intanto i creditori rompono. In questo caso
l’attivo non mi va a compensare i 500.000 euro di debiti, questi ultimi vanno ad integrare il presupposto soggettivo e
se c’è l’insolvenza, questi più di 500.000 euro di debiti sono sufficienti alla dichiarazione di fallimento, a prescindere
dalla misura dell’attivo.

INIZIATIVA X LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO


Il fallimento può essere richiesto:
1)Uno o più creditori
2)Dal debitore stesso o gli ammin della S insolvente: questi hanno l’obbligo (in base alle norme penali della LF in tema
di bancarotta semplice) di chiedere il proprio fallimento per evitare che si possa provocare
l’aggravamento del dissesto -> se ci si astiene, si è penalmente sanzionati.
3)Dal PM, quanto l’insolvenza risulta nell’ambito di un procedimento penale oppure dalla segnalazione proveniente da
un giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile
ratio: l’insolvenza genera esternalità negative e quindi c’è un c’è un interesse di sistema
alla eliminazione dal mercato dell’imprenditore insolvente.
Story: prima del 2006 il fall poteva essere dichiarato d’ufficio dal trib dichiarante; con il
CCI il PM ha iniziativa qualunque sia la fonte della notizia dell’insolvenza.

 POI si deve rivolgere al trib competente che è quello dove si esercita effettivamente l’A di impresa. Non è rilevante la
sede legale ma la vera e propria sede amministrativa.
+ se nell’anno precedente alla richiesta di fall si cambia sede, ciò non è rilevante ai fini della competenza perché si vuole
impedire che il trasferimento della sede dell’impresa serva da espediente per ostacolare o ritardare la dichiarazione
di fallimento ovvero per scegliere un Tribunale gradito.
POI presentata la richiesta di fallimentoIl Trib (in composizione collegiale) apre la fase dell’istruttoria
prefallimentare:
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Sostanzialmente il trib farà un accertamento dei presupposti quindi qualità di imprenditore commerciale; esistenza
dello stato di insolvenza e il superamento delle soglie dimensionali in capo al debitore.
Il tribunale ha potere inquisitori e può perciò compiere di ufficio tutte le indagini che ritiene opportune al fine di
accertare l’esistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento.
POI, a pena di nullità della sentenza, in questa fase si deve svolgere un contraddittorio tra debitore di cui si chiede il fall
e chi chiede il fall (ad es i creditori istanti) in udienza dinanzi al trib, e possono presentare memorie, depositare
documenti, nominare consulenti etc.
+ le parti possono chiedere al trib di emettere provvedimenti cautelari e conservativi per tutelare il patr o l’impresa del
debitore x la durata dell’istruttoria.

POI il trib dovrà decidere se accogliere con sentenza o rigettare con decreto motivato la richiesta di fallimento
La sentenza contiene alcuni provvedimenti che sono necessari per lo svolgimento della procedura ed in particolare:
a) nomina del Giudice Delegato e del Curatore fallimentare;
b) fissa l’udienza per l’accertamento dello stato passivo;
c) ordina al fallito di depositare, entro 3 giorni, i bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie,
nonché l’elenco dei creditori.
La sentenza viene notificata al debitore, PM, curatore, creditore che ha chiesto il fall, ed è resa pubblica mediante
annotazione nel RDI. La sentenza è immediatamente esecutiva tra le parti del processo alla data di deposito in
cancelleria, e per i terzi lo è dall’iscrizione nel RDI.
L’impugnazione non sospende gli effetti della dichiarazione di fallimento; la corte può tuttavia disporre la temporanea
sospensione della liquidazione dell’attivo, quando sussistono gravi motivi e gliene faccia richiesta una parte o il curatore.

Sia la sentenza sia il decreto possono essere impugnati da chiunque vi abbia interesse con reclamo dinanzi alla Corte
d’Appello. Questa con sentenza:
- o non lo accoglierà confermando il fall (sentenza ricorribile in Cass)
- o accoglierà il reclamo revocando il fall (e restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi
fallimentari) + l’ex fallito può agire nei confronti del creditore per ottenere la condanna al risarcimento dei danni e
pagamento delle spese di procedura e compenso del curatore, se la dichia di fall è stata proposta per sua colpa.
Altrimenti le spese di proce sono a carico dell’ex fallito.

GLI ORGANI DEL FALLIMENTO sono:


1) il Curatore
2) il Giudice Delegato
3) il Comitato dei Creditori
4) il Tribunale fallimentare
Con la riforma del 2006 alcuni poteri del giudice delegato sono stati attribuiti al curatore e al comitato dei creditori. In
particolare, la funzione di alta direzione che aveva prima della riforma, oggi è attribuita al curatore.
Cosa fanno?

1) Il Curatore diventa il motore della proce di fall, di norma è un professionista ad es commercialista, e ha la


funzione di conservare, gestire e realizzare il patrimonio fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e
comitato dei creditori + per gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione è necessaria l’autorizzazione del
comitato dei creditori e del giudice delegato (se di valore superiore a 50.000 euro).
E’ sostanzialmente l’ammin del patr del fallito, anche in caso di prosecuzione dell’A di impresa.
Entro 60 gg dalla dichia di fall, il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle
cause del dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito, indicando fra l’altro gli atti dello stesso che intende
impugnare.

Può essere revocato dal Trib stesso con decreto, in ogni tempo, anche d’ufficio.
Contro gli atti del Curatore il fallito ed ogni interessato possono proporre reclamo al Giudice Delegato che si esprime
con decreto ricorribile davanti al trib.
Il curatore deve adempiere con diligenza i doveri del proprio uffici. È tenuto al risarcimento dei danni causati dalla sua
gestione, anche se si tratta di atti compiuti previa autorizzazione del giudice delegato o del comitato dei creditori.
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2) Il Giudice delegato ha una funzione di vigilanza sulle operazioni del fall e di controllo sulla regolarità della
procedura, anche se in realtà in alcuni momenti interviene per orientare la gestione della procedura, ad esempio:
a) nomina e revoca i componenti del Comitato dei Creditori;
b) forma lo stato passivo del fallimento e lo rende esecutivo;
c) decide sui reclami proposti contro gli atti del Curatore e del Comitato dei Creditori;
d) autorizza il Curatore a stare in giudizio;
e) emette o provoca l’emissione di provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio;

3) Il Comitato dei creditori è nominato dal giudice delegato SUCCESSIVAMENTE alla dichiarazione di fall, cioè
quando si ha consapevolezza di quali siano i creditori ammessi al passivo. E’ composto da 3 a 5 membri scelti fra i
creditori in modo da rappresentare in misura equilibrata la quantità e qualità dei crediti.
(anche se non sono molti i creditori che danno la propria disponibilità, visto che è un lavoro non retribuito e con resp).
Tutte le decisioni dell’organo sono prese a maggioranza dei suoi membri.
Le funzioni di tale organo sono di tre tipi:
1)Funzione di vigilanza (vigilando sull’operato del curatore ed ispezionando tutti i documenti del fallimento)
2)Funzioni autorizzative (autorizza gli atti del Curatore soprattutto quelli di straordinaria amministrazione, il subentro
del curatore nei rapporti contrattuali pendenti)
3)Funzioni consultive (esprime pareri obbligatori anche vincolanti ad es in caso di continuazione temporanea
dell’esercizio dell’attività di impresa e affitto d’azienda)
è quindi sia un organo di alta amministrazione sia un organo di controllo.

Contro gli atti del Comitato dei Creditori, il fallito ed ogni interessato possono proporre reclamo al Giudice Delegato
che si esprime con decreto ricorribile davanti al trib.
+ Può presentare istanza al tribunale per la revoca del curatore ed esercitare l’azione di responsabilità contro il
curatore revocato. I componenti sono a loro volta soggetti a responsabilità secondo le regole previste per i sindaci di
società per azioni, ad eccezione per culpa in vigilando.

4)Il Tribunale fallimentare, si può dire che è un organo di ultima istanza, esso sovraintende al corretto svolgimento
di tutta la procedura:
a) I decreti motivati del giudice delegato(monocratico) possono essere impugnati con reclamo davanti al trib
fallimentare (in sede collegiale: 3 giudici) e questo decide, in particolare a proposito dell’esercizio provvisorio
dell’impresa all’interno del fall.
b) nomina il Giudice Delegato ed il Curatore ne sorveglia l’operato e può sostituirli;
c) decide le controversie relative alla procedura che non sono di competenza del Giudice Delegato;

LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO E’ LO SPARTIACQUE DEL FALL


Cosa succede poi con la dichiarazione di fallimento? si propagano degli EFFETTI che toccano più soggetti (fallito,
contrenti in bonis, creditori) infatti segna un passaggio drastico tra il momento anteriore all’ingresso nella procedura e la
procedura stessa.
 tutto si ferma alle ore 00 della giornata in cui viene depositata in cancelleria della sentenza dichia di fall:

X IL FALLITO
a) il fallito e gli ammin della S subiscono in maniera drastica lo “spossessamento” dei beni, cioè perdono la capacità di
amministrare e disporre dei beni che compongono il patr. Il potere di disposizione e amministrazione passa al curatore.
Con la dichia di fall l’imprenditore persona fisica non può decidere cosa fare dei suoi beni, ad es alienarli, ma cmq non
perde la proprietà dei beni oggetto di spossessamento finchè non si vendono e non perde la capacità di agire.
-gli ammin della S fallita restano cmq in carica xckè la dichia di fall non determina la cessazione degli incarichi di
governance societaria, ma semplicemente sono messi da parte perché c’è il curatore al loro posto;
il curatore fa un inventario dei beni, cioè individua , elenca, descrive e valuta i beni della massa e appone i sigilli.

Lo spossessamento colpisce tutti i beni e diritti esistenti nel patrimonio del fallito alla data di dichia di fall e si estende
anche ai beni che pervengono al fallito durante il fallimento a titolo gratuito od oneroso(es. eredità, donazioni,
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vincite), ad eccezione di alcuni beni ad es beni e diritti strettamente personali (diritto di abitazione); assegni alimentari
(stipendi, pensioni); cose che non possono essere pignorate x legge (cose sacre).
Però il curatore fallimentare può decidere di non acquistare i beni sopravvenuti quando ritenga che il loro valore sia
inferiore alle passività da soddisfare ed ai costi per la loro conservazione.

b) se il debitore compie degli atti di disposizione dopo la dichia di fall, questi sono radicalmente inefficaci, cioè il patr è
insensibile a questi atti, è come se fosse cristallizzato, ed è come se il fallito non avesse compiuto nulla.
Inefficace vuol dire che il curatore può anche andare a recuperare quanto il fallito abbia pagato presso il terzo.

c)Perde la capacità processuale


I rapporti processuali si interrompono immediatamente con l’apertura del fall, e nelle cause relative ai rapporti
patrimoniali compresi nel fallimento, al posto del fallito nel processo subentra il curatore fallimentare.

d)In seguito alla dichiarazione di fallimento è previsto che:


a) Il fallito persona fisica consegni al curatore la corrispondenza riguardante i rapporti compresi nel fallimento; in
caso contrario, decade dal beneficio dell’esdebitazione.
b) Il fallito nonché gli amministratori o i liquidatori della società fallita devono comunicare al curatore ogni
cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio, pena sanzione penale.

e)La dichiarazione di fallimento espone il fallito a sanzioni penali per fatti compiuti prima del fallimento, o anche dopo
(bancarotta fraudolenta; bancarotta semplice; ricorso abusivo del credito).

X I CREDITORI
a)AUTOMATIC STAY: cioè la dal giorno della dichiarazione di fall nessuna azione individuale esecutiva o cautelare può
essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fall.
Ad es i creditori, anche se sono muniti di un titolo esecutivo, non possono procedere esecutivamente sui beni del fallito
e, anche se avessero incominciato una procedura esecutiva PRIMA della dichia di fall, la procedura esecutiva si arresta.
 Il fallimento ha come effetto quello di aprire il concorso dei creditori al fine di garantire il pari trattamento delle
pretese creditorie. Tutti i creditori possono partecipare al fallimento solo se sono accertati tramite la procedura di
ammissione al passivo.

CI SONO POI EFFETTI DELLA SENTENZA DI FALL NEI CONFRONTI DI TERZI IN RELAZIONE AD ATTI PREGIUDIZIEVOLI X I
CREDITORI (REVOCATORIE)
Abbiamo visto che gli atti di disposizione compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fall sono radicalmente inefficaci
come conseguenza del suo spossessamento.

Il Curatore, per ricostruire il patr del fallito, può chiedere al Giudice di rendere “inefficaci” gli atti (pur validi)
pregiudizievoli rispetto ai creditori che sono stati compiuti dal fallito PRIMA della dichia di fall.
 l’inefficacia consentirà al curatore semplicemente di disporre dei beni che pur sono usciti dal patr del fallito come se
mai fossero usciti.

Abbiamo:
1- l’art. 64 LF ci dice che c’è una categoria di atti che è senz’altro priva di effetti nei confronti dei creditori per il solo
fatto della sopravvenuta dichiarazione di fallimento, cioè sono atti automaticamente inefficaci gli atti a titolo gratuito
(donazioni, ma anche garanzie concesse dal fallito a titolo gratuito, quindi è sufficiente che non ci sia una contropartita)
e i pagamenti anticipati di debiti se compiuti dal fallito nei 2 anni anteriori alla dichiarazione di fall. Questi sono
chiaramente dispersivi del patr del fallito.
 Per questi atti il curatore non ha bisogno di agire in giudizio per l’accertamento della loro inefficacia, il terzo è
tenuto a restituire al fallimento quanto ricevuto.
I beni oggetto degli atti sono acquisiti al patrimonio del fallimento con trascrizione della sentenza dichiarativa di
fallimento. E non sarà neanche necessario accertare l’insolvenza dell’imprenditore per la revoca o che siano stati
compiuti x danneggiare i creditori.
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2-poi il curatore (e anche il creditore) è legittimato ex art. 66LF a esercitare l’azione revocatoria ordinaria dell’art.
2901 cc e servono 2 presupposti:
1-eventus damni: l’atto deve recare un pregiudizio al patrimonio del fallito;
2- consilium fraudis: l’atto è stato compiuto in frode ai creditori, quindi ci deve essere consapevolezza del fallito e anche
del terzo che l’atto è pregiudizievole al creditore.
Spetta al Curatore fornire l’onere della prova dell’esistenza di questi due presupposti.

3- poi il curatore, per revocare alcuni atti, può promuovere un’azione propria della proce fall,
cioè l’azione revocatoria fallimentare prevista dall’art 67 LF.

 presupposto fondamentale: in generale, gli atti oggetto dell’azione revocatoria fallimentare possono essere
revocati se sono stati compiuti in un momento in cui la controparte del debitore(cioè il soggetto nei confronti del
quale il curatore esercita l’azione rev fall) ne conosceva lo stato di insolvenza;
quindi è un’azione che presuppone che il fallito fosse già insolvente prima della dichia di fall e che il terzo lo
sapesse.

Gli atti soggetti a revocatoria sono distinti in due categorie:


1-nella prima rientrano atti a titolo oneroso anormali, cioè caratterizzati da una notevole sproporzione fra la
prestazione a carico del fallito e a quello a carico della controparte (ad es la vendita di un immobile a prezzo irrisorio)
compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento SE le prestazioni eseguite e le obbligazioni assunte dal
fallito sorpassano di OLTRE 1/4 ciò che a lui è stato dato o promesso.
Quindi occorre questo pregiudizio minimo che il legislatore quantifica in almeno il 25% del valore della transazione.
Ad esempio il fallito ha venduto un bene che valeva 100 facendosi pagare 70. Visto che 30 è superiore al 25% di 100,
questo è un atto che rientra nella possibilità di revocatoria fall ai sensi del 1c dell’art.67.
MA ANCHE i pagamenti di debiti pecuniari scaduti ed esigibili effettuati con mezzi anormali di pagamento se compiuti
nell’anno anteriore alla dichiarazione di fall. Tipico mezzo anomalo è la datio in solutum: non sono in grado di pagare,
allora ti consegno un bene che magari vale molto di più del debito che viene estinto.
MA ANCHE garanzie volontarie costituite per debiti preesistenti non scaduti (forte il sospetto che il creditore sapesse
dello stato di insolvenza e ha avvertito il bisogno di tutelarsi).
MA ANCHE garanzie per debiti preesistenti ma scaduti (sospetto minore per il fatto che il creditore doveva pagare dei
debiti scaduti) se compiuti nei 6 mesi anteriori alla dichia di fall.

 gli atti per cui la conoscenza dello stato di insolvenza si presume, cioè si presume che la controparte del
fallito/debitore conoscesse lo stato di insolvenza quindi spetterà al terzo provare la sua ignoranza (non facile).
il 1c dell’art. 67 ha una funzione di ripristino, cioè di reintegrazione del patr leso perché colpisce gli atti squilibrati,

2- nella seconda categoria rientrano gli atti normali per i quali è il curatore a dover provare che il terzo conosceva lo
stato di insolvenza del fallito(atti normali) quando l’atto fu compiuto.
Cioè Atti a titolo oneroso, pagamenti di debiti liquidi(fatti con moneta corrente) ed esigibili, e garanzie che non
presentino anormalità, compiuti nei 6 mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
-> questo maggior rigore nella prova si spiega col fatto che questi atti sono considerati normali nel esercizio
dell'attività commerciale e, quindi, non necessariamente compiuti in stato d'insolvenza.
il 2c dell’art. 67 ha una funzione doppiamente di ripristino, cioè aspira ad un ripristino non soltanto del patr del fallito
ma anche della par condicio creditorum. Questo perché colpisce tutti gli atti di disposizione del patr di per sé validi,
anche equilibrati dal punto di vista patrimoniale, quindi anche in sé non pregiudizievoli, che però sono stati disposti a
beneficio di un creditore tra tanti creditori, quindi si ha avuto una violazione della par condicio.

Un caso tipico è il pagamento di un debito da parte del fallito. Dal punto di vista patrimoniale il pagamento ha un
effetto neutro perché esce della cassa, cioè esce dell’attivo, ma si toglie anche la stessa misura dal passivo, quindi il
pagamento non incide sulla misura del patr netto del debitore.

 Qualora il curatore abbia successo con l’azione revoc fallimentare, il terzo che ha subito l’ azione dovrà restituire al
fallimento quanto in precedenza ricevuto dal fallito e presentare domanda di ammissione al passivo. Quindi tornerà ad
essere nella stessa situa in cui si sono trovati quei creditori che invece non erano stati pagati prima della dichiarazione di
fallimento.
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!!!!!! Tutte le azioni revocatorie esercitate dal curatore devono essere promosse a pena di decadenza entro 3 anni dalla
dichiarazione di fallimento e comunque non oltre 5 anni dal compimento dell’atto.

QUINDI il periodo sospetto si riduce sempre di più:


-2anni per gli atti a titolo gratuito escono soltanto risorse e nulla entra.
-1anno per gli atti effettivamente dannosi il periodo sospetto si riduce da 2 a 1 anno perché qualcosa è entrato
in cambio nel patr del fallito.
-6mesi per atti non dannosi;
-> + si riduce il periodo più significa che è entrato qualcosa nel patr del fallito in cambio dell’atto compiuto.

+ il legislatore già con il decreto 35 del 2005 ha introdotto un 3c dell’art. 67 che oggi prevede notevoli ipotesi di esonero
dall’azione revocatoria fallimentare, sono inclusi nella lista:
- i pagamenti di beni effettuati nell’esercizio dell’A di impresa ad es forniture, stipendi;
- le rimesse effettuate su un conto corrente bancario;
-le vendite degli immobili destinati ad uso abitativo dell’acquirente cioè destinati a costituire l’abitazione principale
dell’acquirente;
- gli atti compiuti in esecuzione degli strumenti di regolazione negoziata della crisi, conco preventivo, accordi di
ristrutturazione dei debiti; etc).
+ i tempi del 2c e 1c dell’art. 67 in realtà, prima del 2005 erano il doppio, ovvero 2 anni per gli atti effettivamente
pregiudizievoli e 1 anno per gli atti equilibrati  quindi si è dimezzato il periodo sospetto.

CONSEGUENZE del 3c art 67


1) ha determinato una sterilizzazione degli effetti dell’azione revocatoria fallimentare, cioè le controparti
dell’imprenditore fallito sempre più sono in grado di conservare gli effetti degli atti compiuti anche subito
prima della dichiarazione di fallimento.

2) si sa che l’imprenditore insolvente genera esternalità negative che si ripercuotono su tutto il sistema
cooperativo, perciò esiste l’esigenza di isolare l’imprenditore insolvente, ed è proprio quello che faceva la rev
fallimentare quando funzionava -> si è fatto un passo indietro perché nel momento in cui il fornitore sa che se
fornisce rischia o di non incassare o, se incassa, rischia di dover restituire ad un curatore fallimentare quanto
incassato come conseguenza di un’azione revo fallimentare, allora il fornitore si dovrebbe astenere dal fornire
e l’imprenditore, se non ha le forniture, se non ha i finanziamenti della banca, se non ha il modo di acquisire
fattori della produzione non riesce a fare impresa. Oggi il fornitore che somministra beni, fattori della
produzione all’imprenditore pur già insolvente, non subisce più li rischio dell’azione revocatoria fallimentare.
Questo perché non sono soggetti a revocatoria i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’A di
impresa nei termini d’uso.

Nel CCI l’unica cosa che cambia è che il periodo sospetto decorre, non dalla istanza di apertura della liquidazione
giudiziale(sostanzialmente dalla dichiarazione di fall), ma dalla data della istanza di apertura della liquidazione
giudiziale, perché precedentemente il periodo dell’istruttoria pre-fallimentare consumava periodo sospetto.
+ se il fall consegue all’insuccesso di una proce di conc prev, il termine decorre a ritroso dal deposito della
domanda di concordato preventivo piuttosto che dalla dichiarazione di fall.

Atti compiuti fra coniugi:


Il coniuge di un imprenditore difficilmente ignora lo stato di insolvenza di questi. Gli atti compiuti fra coniugi:
1) A titolo oneroso: compiuti da quando ha avuto inizio l’attività di impresa(quindi senza limite
temporale), si presumono pregiudizievoli per i creditori e sono revocati di diritto, salvo che il coniuge provi che non
era a conoscenza dello stato di insolvenza del fallito.
2) Gli atti a titolo gratuito: compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, si presumono pregiudizievoli
per i creditori e sono revocati di diritto.

EFFETTI DELLA SENTENZA DI FALLIMENTO SUI CONTRATTI PENDENTI


Nell’art. 72 abbiamo una disci generale che si applica a tutti i contratti non contemplati nelle norme successive.
Le norme seguenti invece si riferiscono a specifici tipi contrattuali ad es finanziamenti destinati ad uno specifico affare,
leasing etc.
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I contratti pendenti, cioè che siano ancora bilateralmente ineseguiti o non compiutamente eseguiti al momento della
dichiarazione di fall,
si collocano in una situa di sospensione, che può sfociare:
- nello scioglimento del contratto su decisione del curatore fallimentare il 4c dell’art 72ci dice che il contraente in
bonis non ha diritto al risarcimento del danno conseguente all’inadempimento del contratto, ma ha diritto di far valere
nel passivo il credito.

- nel subentro del contratto su decisione del curatore ma con l’autorizzazione del comitato dei creditori.
Se non decide nulla il curatore può essere messo in mora dal contraente in bonis, cioè quest’ultimo si rivolge al
giudice delegato, il quale assegna un termine non superiore ai 60 gg al curatore per decidere.
Se entro questo termine il curatore continua a non decidere, il contratto si intende sciolto.

La disci prevista dalle successive norme per speciali tipi contrattuali:


-può prevedere lo scioglimento automatico del contratto con la dichiarazione di fallimento: avviene per il contratto di
mandato, di conto corrente, appalto etc.

-oppure la prosecuzione del contratto, salvo recesso, con subingresso del curatore perché tali contratti sono ritenuti
vantaggiosi per la massa de creditori. Avviene per il contratto di lavoro subordinato (il contratto di lavoro subordinato
è insensibile alla dichiarazione di fall del datore di lavoro), locazione di immobili etc.

Come si attua il concorso? ACCERTAMENTO DELLO STATO PASSIVO

Ma perché è importante l’accertamento del passivo?


Perché si accerta quali creditori hanno diritto di partecipare alle ripartizioni dell’attivo, quindi l’ammissione al passivo è
funzionale alla partecipazione al concorso fallimentare, cioè è funzionale alla possibilità di partecipare ai risultati del fall,
al riparto del patr monetizzato.

La procedura di accertamento del passivo si apre con la domanda di ammissione dei creditori, previo sollecito del
curatore con avviso + ricordiamo che il trib con la sentenza di fall fissa l’udienza per l’accertamento dello stato passivo.
quindi i creditori anteriori rispetto alla dichia di fall depositano in cancelleria 30 gg prima dell’udienza una domanda di
ammissione al passivo, che contiene: i documenti che giustificano il credito, l’ammontare del proprio credito, l’esistenza
di eventuali cause di prelazione.
+ I terzi presentano negli stessi termini la domanda di restituzione o rivendicazione di beni della massa fallimentare.

sulle domande il Curatore esprime una sua opinione con un progetto di stato passivo e lo deposita nella cancelleria
del Trib almeno 15 gg prima dell’udienza di accertamento dello stato passivo.
Il progetto di stato passivo prevede due elenchi, uno dei creditori ed uno dei terzi.
Nell’ elenco dei creditori devono essere indicati:
-i crediti ammessi distinti in crediti chirografari e crediti privilegiati;
- i crediti non ammessi in tutto o in parte per i quali non si intende riconoscere la natura privilegiata;
- i crediti ammessi con riserva come quelli sottoposti a condizione e quelli per i quali non è stato presentato il titolo per
fatto non imputabile al creditore.
+ In un separato elenco sono poi inclusi i titolari di diritti su beni di proprietà o in possesso del fallito. Per ciascun diritto
riconosciuto o non, il curatore deve motivare le proprie conclusioni.

si svolge poi un veloce contraddittorio tra curatore, creditore e con la partecipazione del debitore e con la
partecipazione anche degli altri creditori (perché ogni creditore ha interesse a non vedere ammessi al passivo soggetti
che non sono effettivamente creditori perché tendenzialmente se il fallito è insolvente il patr è insufficiente all’integrale
soddisfacimento di tutte le ragioni di credito).
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Si arriva così all’udienza di accertamento dello stato passivo, cioè alla fase di esame dello stato passivo, in cui il
Giudice Delegato esamina le domande di ammissione al passivo e il progetto di stato passivo e decide con decreto di
esecutività dello stato passivo e provvede alla nomina del comitato dei creditori.
!! Non c’è una decisione di un trib perché questo è un procedimento endoconcorsuale, cioè siamo sempre all’interno di
un procedimento che appartiene alla procedura di fallimento.

 Il decreto di esecutività dello stato passivo non preclude la possibilità di presentare nuove domande di ammissione al
passivo (cd. domande tardive): sono tardive le domande trasmesse al curatore oltre il termine di 30 giorni, però possono
essere presentate senza preclusioni entro un anno dal deposito del decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
Dopo i 12 mesi, la domanda tardiva è ammessa solo se il creditore prova che il ritardo è dipeso da causa a lui
non imputabile e sempre che l’attivo fallimentare non sia stato già interamente ripartito.

Contro il decreto possono essere proposte al Trib opposizioni e impugnazioni:


1)L’opposizione viene proposta dai creditori non ammessi al fine di ottenere l’ammissione del proprio credito o il
riconoscimento di una causa di prelazione (o dai terzi esclusi, per vedere riconosciuto il loro diritto su un bene della
massa.), ma anche dai creditori ammessi con riserva per ottenere l’ammissione definitiva.
2)L’impugnazione viene proposta dai creditori ammessi, dai terzi titolari di diritti sui beni della massa, nonchè
dal Curatore, per ottenere l’eliminazione della massa passiva di o uno o più crediti della relativa causa di prelazione.

Il Trib fallimentare decide, sentite le parti, con decreto contro cui è ammesso SOLO ricorso in Cassazione.

+ è poi possibile proporre istanza di revocazione al Giudice Delegato, se prima della chiusura del fallimento si
scopre che l’accoglimento o il rigetto di una domanda di ammissione al passivo, è stato determinato da falsità ,
dolo, errore essenziale di fatto ovvero si rinvengono documenti decisivi prima ignorati per causa non imputabile

ATTENZIONE !!
Visto che il fall non ha in sé una efficacia esdebitatoria, ovvero la chiusura del fall non determina l’estinzione delle
obbligazioni che siano rimaste non ancora integralmente adempiute nonostante il riparto fallimentare, quindi i
creditori che non sono stati integralmente soddisfatti mantengono intatte le loro residue ragioni di credito nei confronti
del fallito che sia tornato in bonis (il fall di per sé non ripulisce dei debiti). Questo rileva soprattutto se fallisce una
persona fisica, perché questa auspicabilmente sopravvive alla chiusura della procedura di fall, e rileva molto meno se
fallisce una S perché, alla chiusura del fall, una S che ancora abbia obbligazioni inadempiute deve essere cancellata dal
RDI Quindi magari non si estinguono le obbligazioni ma si estingue il debitore.
Questo significa che il fatto che un creditore non abbia presentato domanda di ammissione al passivo non gli
impedisce dopo il fall di ripresentarsi al fallito proprio perché il procedimento di accertamento del passivo e la
domanda di ammissione al passivo è funzionale soltanto alla partecipazione al concorso fallimentare. Chiuso il concorso
fallimentare il creditore potrà ripresentarsi anche se non ha mai presentato domanda di ammissione al passivo.

Poi c’è un procedimento di esdebitazione ulteriore rispetto al fallimento che può andare a beneficio della persona
fisica ma che si aggiunge agli effetti del fall.

LE FASI DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE


1) Istruttoria pre-fallimentare
2) Fase dell’accertamento del passivo
3) Fase della liquidazione dell’attivo
4) Fase della ripartizione dell’attivo

LA LIQUIDAZIONE DELL’ATTIVO, in particolare di modalità conservative della liquidazione fallimentare

Con la liquidazione dell’attivo si trasforma il patr del fallito in denaro per poi ripartire quest’ultimo tra i creditori
ammessi al passivo, ovviamente in base all’ordine delle cause di prelazione e alle regole di riparto.
Di fatto, il fall consiste nel soddisfacimento più ampio possibile dei creditori, ma sempre nel limite delle capacità
patrimoniali del fallito.
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Tuttavia, specialmente con la riforma del 2006, in larga parte confermata nel CCI, nel fall e poi nella liquidazione
giudiziale entra una finalità conservativa, cioè una finalità di conservazione dell’organizzazione di impresa. Attenzione!
Conservazione dell’impresa e non certo dell’imprenditore( dimensione soggettiva).
Questa finalità cerca cmq di dare prevalente rilievo agli interessi dei creditori, infatti la conservazione dell’impresa nel fall
è possibile in quanto sia coerente con le finalità liquidatorie. Quindi il curatore cmq ha l’obiettivo di vendere ma può
scegliere cosa vendere, cioè se vendere pezzi disgregati e disorganizzati(vendita dei singoli beni) o se vendere
un’organizzazione che ancora mantenga una vitalità quale organismo produttivo(quindi vendere l’azienda in esercizio).

Il legislatore dà una indicazione di priorità nell’art. 105 LF, il quale dà le grandi linee dei criteri di liquidazione e le
priorità che devono essere rispettate dagli organi della procedura e quindi dal curatore.
questa norma fornisce al curatore un criterio di liquidazione per aggregati decrescenti : lascia capire che la liquidazione
dei singoli beni è l’ultima scelta per il curatore. Bisogna prima di tutto cercare di vendere l’intera azienda in esercizio,
altrimenti singoli rami di azienda, poi si va sempre a ridurre gli aggregati di beni o rapporti giuridici individuabili in
blocco, e SOLO in ultima fase la vendita dei singoli beni, quindi alla vendita atomistica.
 QUINDI il legislatore dà un’indicazione agli organi della procedura circa la necessità di provare prima di tutto a
vendere l’azienda in esercizio.

PER FARE CIO’, prima di tutti l’azienda deve essere conservata in esercizio, cioè non deve cessare o arrestarsi, perché
se no si disperde l’avviamento, se ne vanno i dipendenti, clienti e restano solo beni senza vita.
Gli strumenti che il curatore per conservare l’azienda in esercizio sono contenuti negli art. 104 e 104 bis, ovvero:
- all’esercizio provvisorio dell’impresa: ll curatore, nonostante la dichiarazione di fall, viene autorizzato dal trib a
proseguire l’A di impresa. L’imprenditore resta il fallito perché il patr continua ad essere di sua proprietà (perché lo
spossessamento non si traduce in un trasferimento di proprietà dei beni del fallito a qualcun altro ) e il curatore diventa
un soggetto che gestisce per conto di altri, soprattutto nell’interesse dei creditori, l’impresa e il patr del fallito.

- all’affitto d’azienda endo-fallimentare: ovvero stipulato successivamente alla dichiarazione di fall attraverso il quale un
terzo gestisce l’azienda e paga un canone. Ma l’affitto è disposto dal curatore sempre in funzione conservativa, ovvero
affinchè il curatore, quando se ne presenta l’occasione, possa venderla effettivamente mantenendola in esercizio.

Quindi sia l’esercizio provvisorio sia l’affitto di azienda fungono da ponti tra la dichiarazione di fall e la vendita
dell’azienda.
l’obiettivo del curatore rimane sempre VENDERE il prima possibile al miglior prezzo possibile.

ESERCIZIO PROVVISORIO DELL’IMPRESA


Infatti, l’esercizio provvisorio può essere disposto:
1) dal Trib nella sentenza che dichiara il fallimento, anche limitatamente a specifici rami, A 2 CONDIZIONI:
una condizione positiva: se dall’interruzione dell’A di impresa può derivare un danno grave ed irreparabile
(ovviamente si presuppone che l’impresa sia ancora in esercizio e non sia già cessata)
una condizione negativa: e purché non arrechi pregiudizio ai creditori.
Quindi anche se c’è un danno grave derivante dall’interruzione, se l’esercizio provvisorio arreca pregiudizi ai creditori,
non si può disporre l’esercizio provvisorio.
occorre mettere insieme entrambe queste condizioni.
Capire quando il trib debba disporre l’esercizio provvisorio, analizzando queste 2 condizioni, non è semplice a dirsi.
Nella LF del 1942 con l’art. 90 il danno grave era riferito alla massa dei creditori. Oggi con l’art. 104 ciò non ha senso
perché ’interesse dei creditori non è tutelato dal riferimento al danno grave ma è tutelato dal fatto che deve mancare
un pregiudizio per il creditore, cioè dalla condizione 2. Quindi chi è oggi il destinatario del danno grave?
La giuri dà risposte plurime, trib potrà individuare danni dalla cessazione dell’A di impresa che si riferiscono sia alla
tutela dei creditori sia ad altre categorie di interessi (ad es ci può essere un danno subito dalla cittadinanza se la S
che fa raccolta rifiuti non prosegue l’A di impresa)
 QUINDI il danno grave corrisponde alla perdita di valore, da un punto di vista sistemico e non soltanto a beneficio
dei creditori, conseguente alla disgregazione dell’organismo produttivo.
MA il danno grave da cessazione dell’A di impresa c’è se l’organizzazione dell’impresa ha un valore, cioè se è la
sommatoria dei costi di transazione che sono stati sostenuti dall’imprenditore per mettere insieme l’organizzazione di
impresa (relazioni contrattuali è considerevole e non facilmente rimpiazzabile.
Allora, se tutto questo ha un valore, il legislatore anziché disperdere questo valore al vento, consente la conservazione
dell’organizzazione dell’impresa grazie all’esercizio provvisorio e il danno grave può corrispondere anche soltanto alla
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dispersione di questo valore organizzativo.

Poi c’è sempre la condizione negativa “purchè non arrechi pregiudizio ai creditori”. Questa non è neanche essa così
semplice da verificare perché al momento della dichiarazione di fall non c’è lo stato passivo, quindi il trib non sa
precisamente chi sono i creditori. Ci sarà SOLO se il fallimento è in proprio perché il fallito deve depositare anche un
elenco dei creditori. Quindi il trib deve ragionare in termini prospettici e soprattutto deve valutare se l’azienda
mantenuta in esercizio effettivamente possa essere ricollocata, perché l’azienda è completamente fuori dal mercato,
quindi non appetibile, non può essere venduta e i creditori non avranno neanche la possibilità di sperare nella
realizzazione del plusvalore derivante dalla monetizzazione dell’avviamento con la vendita dell’azienda in esercizio.

2) È possibile disporlo successivamente, con autorizzazione del Giudice Delegato, su proposta del Curatore,
previo parere favorevole vincolante del Comitato dei Creditori.
! La decisione postuma di disporre l’esercizio provvisorio cmq non può avvenire mesi dopo la dichiarazione di fall
perché se per mesi si ha la saracinesca abbassata, non si può pensare di rialzarle e ripartire come se nulla fosse accaduto.
quindi un esercizio provvisorio aperto su autorizzazione del giudice delegato avviene poco dopo la dichia di fall.
 il legislatore impone un c.d. manage a trois degli organi della procedura, cioè tutti e 3 gli organi della procedura:
-il curatore che fa la proposta;
- il comitato dei creditori che esprime un PARERE VINCOLANTE FAVOREVOLE;
- e il giudice delegato che autorizza;
--devono essere d’accordo nel senso di proseguire cmq l’A di impresa.

Nel CCI si chiama“esercizio dell’impresa del debitore” sparisce il provvisorio ma non cambia niente, sempre
provvisorio è perché è un esercizio dell’impresa funzionale alla vendita dell’azienda in esercizio.
+ Con il decreto correttivo dell’ottobre 2020 sparisce l’esigenza del danno grave, quindi sarà di default la prosecuzione
dell’A di impresa, cioè la prosecuzione sarà l’effetto naturale dell’apertura della liquidazione giudiziale, pur restando
ancora solo la condizione negativa “purchè la prosecuzione non arrechi pregiudizi ai creditori”.
Quindi sparisce l’esigenza di intercettare un danno grave a chiunque si riferisca derivante dalla cessazione dell’A di
impresa.
Nella LF, INVECE, l’interruzione dell’A di impresa è l’effetto naturale della dichiarazione di falle e serve l’intervento del
trib per impedire la cessazione dell’A di impresa.

Una volta poi che sia aperto l’esercizio provvisorio, la gestione dell’impresa endo-fallimentare è di competenza del
curatore ma sono ben precisati i flussi informativi dal curatore al comitato dei creditori e al giudice delegato .
C’è un controllo molto serrato, e c’è sempre la possibilità in ogni momento di cessarlo, purchè lo voglia o il comitato
dei creditori o il trib, di disporre la cessazione dell’esercizio provvisorio.
Quindi occorre l’adesione dei 3 organi per farlo partire ma è sufficiente il dissenso del comitato dei creditori per farlo
interrompere.

L’APERTURA DELL’ESERCIZIO PROVVISORIO INCIDE ANCHE SUI RAPPORTI PENDENTI


si sostituisce la disci generale dell’art. 72 e ss con una regola netta: proseguono tutti i rapporti pendenti.
la prosecuzione dei contratti è l’effetto naturale della dichia di fall con esercizio provvisorio, anche se resta salva la
possibilità del curatore di decidere la sospensione dell’esecuzione o lo scioglimento, che però non è l’effetto naturale ex
art. 72 LF ma è l’effetto di una decisione del curatore.

Ciò permette al curatore di rimodulare i contratti pendenti e consente anche un reset organizzativo, cioè di migliorare
l’organizzazione con l’esercizio provvisorio perché si eliminano ad es i contratti “sbagliati” precedentemente stipulati
dell’imprenditore( ad es un contratto onerosissimo come un leasing a tassi iniqui)  il curatore semplicemente può
sciogliersi, non subisce alcuna conseguenza perché non c’è un risarcimento del danno a favore del contraente in bonis
che subisce lo scioglimento, e quindi riorganizza, cioè rende più efficiente l’organizzione di impresa.

Poi la disci degli art. 72 e seguenti entra in gioco quando cessa l’esercizio provvisorio SE ANCORA NON E’ STATA
VENDUTA L’AZIENDA, perché la vendita dell’azienda comporta poi che l’acquirente si porta dietro tutti i contratti
pendenti.
E noi sappiamo che con la vendita dell’azienda in esercizio, grazie all’art. 2558 cc che si applica anche alla vendita di
azienda all’interno del fall, chi compra un’azienda si porta via un’impresa perché si trascina tutti i rapporti pendenti nei
quali subentra l’acquirente dell’azienda anche se vende un curatore fallimentare. Quindi, attraverso la vendita
dell’azienda in esercizio, si conserva l’impresa.
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PROBLEMI
1….Infatti, l’inconveniente dell’esercizio provvisorio è che se nel fall si fa A di impresa questa si porta dietro con sé un
rischio di impresa, ovvero il rischio alla fine di incassare meno di quanto si spende. E se c’è un disavanzo generato dalla
prosecuzione dell’A di impresa, questo disavanzo non è pagato dall’imprenditore fallito o dai soci della S fallita, ma è
pagato dai creditori del fallito, cioè i creditori concorsuali, cioè anteriori al fall. Maggiore è il disavanzo, minore è il
risultato che i creditori potranno realizzare dalla vendita dell’azienda in esercizio perché da quel prezzo di vendita
dell’azienda si dovrà dedurre il disavanzo, cioè si è speso per proseguire l’A di impresa ( i dipendenti, la luce, i fornitori,
i contributi imps, assicurazioni etc).

2….Un altro problema è anche che i creditori che nascono durante il fall, quindi anche nel corso dell’esercizio provvisorio,
devono essere pagati in prededuzione, cioè sono soddisfatti prima di tutti i creditori concorsuali (se non fosse così non ci
sarebbe nessun fornitore disposto a erogare fattori della produzione a un esercizio provvisorio endo-fallimentare).

3….Un altro PROBLEMA è che i curatori sono professionisti e non imprenditori di mestiere, non hanno dimestichezza.

AFFITTO DI AZIENDA
 il curatore lo propone e il Giudice Delegato lo autorizza, previo parere favorevole del Comitato dei Creditori, quando
appare utile ad una più proficua vendita dell’azienda.
OBIETTIVO: viene stipulato solo per conservare l’azienda in esercizio al fine di realizzare la sua più proficua vendita.

PARTICOLARITA’: L’affitto endo-fallimentare non si basa su uno scambio tipico di un normale affitto, cioè godimendo
dell’azienda vs canoni. Il curatore è interessato a che qualcuno gli conservi in esercizio l’azienda, quindi lo scambio sarà:
conservazione dell’azienda vs godimento dell’azienda e dei risultati derivanti dallo svolgimento dell’A di impresa.
-> più frequente rispetto all’esercizio provvisorio perché in questo caso il rischio di impresa non lo corre il curatore ma lo
corre l’affittuario dell’azienda in esercizio

SCELTA DELL’AFFITTUARIO: Il 2c 104 bis ci dice che la scelta dell’affittuario, fatta all’esito di un procedimento
competitivo, deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate, dell’attendibilità
del piano di prosecuzione delle A imprenditoriali (quindi anche al pagamento degli stipendi, contributi, canoni,
liberazione dei locali in caso di recesso del curatore dal contratto di affitto) con riguardo alla conservazione dei livelli
occupazionali non si sceglie sulla base di chi offre il canone più alto, quindi il legislatore non ha come unico interesse il
soddisfacimento dei creditori, questo è primario ma non esclusivo, ci sono altri interessi da considerare, come l’interesse
alla conservazione degli organismi produttivi e dei livelli occupazionali.

DURATA: deve avere un termine ragionevole, di norma pochi mesi, sostanzialmente quanto serve per organizzare l’asta
per la vendita dell’azienda.
RECESSO DEL CURATORE: E’ chiaro che il curatore non può restare imbrigliato da un affitto di azienda da cui non può
uscire, quindi è importante avere una clausola di recesso ad nutum da parte del curatore, cioè un recesso anticipato
dietro giusto indennizzo per l’affittuario.
L’affittuario rimane però unico debitore per le obbligazioni che assume e quindi i creditori concorsuali sono così al riparo,
almeno in parte, dalle conseguenze di una cattiva gestione da parte dell’affittuario.

PROBLEMI DELL’AFFITTO, per i quali è meglio optare per l’esercizio provvisorio:


1- l’affitto non si stipula con la dichia di fall. Quindi se si vuole proseguire l’A di impresa senza cessarla, serve l’eserc.
Provv.
2-L’affitto rischia di disincentivare la partecipazione da parte di soggetti terzi ad un’asta per la vendita dell’azienda: se
c’è stato affitto di azienda, in sede di gara per la vendita dell’azienda, tutti i concorrenti non saranno sullo stesso piano
perché l’affittuario nel frattempo sarà diventato un insider che avrà un patrimonio informativo (ad es il know how, il
pacchetto clienti, la retta degli agenti, )su quella azienda molto più diffuso rispetto a quanto non abbiano i concorrenti.
Saprà benissimo qual è il vero valore dell’azienda e questo lo agevola.
La gara quindi resta deserta, NON perché gli altri potenziali acquirenti presumono che l’azienda sarà venduta
all’affittuario, ma presumono che l’affittuario abbia già estratto con l’affitto d’azienda tutto quel valore immateriale che
poi è il valore aggiunto dell’organizzazione di impresa.
 X RIMEDIARE: ci sarà l’opportunità di raccogliere già con l’affitto di azienda una proposta irrevocabile di acquisto da
parte dell’affittuario;
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INVECE nell’esercizio provvisorio tutti questi problemi non ci sono perchè il curatore non si appropria di niente,
semplicemente una volta che ha finito il suo esercizio provvisorio, mette l’azienda in vendita a favore del migliore
offerente. La disci dell’affitto è sostanzialmente identica anche nel CCI.

LIQUIDAZIONE DELL’ATTIVO
La liquidazione dell’attivo è rivolta a convertire in danaro i beni del fallito per soddisfare i creditori e nell’interesse di
questi la NORMA FONDAMENTALE 1c art. 105: impone al curatore di vendere per aggregati discendenti per evitare la
disgregazione del complesso aziendale, cioè il primo obbiettivo è la vendita dell’azienda in esercizio, poi di suoi rami,
oppure di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco (aggregati), l’ultima chance è la vendita di singoli beni aziendali.

Il Curatore predispone entro 60 gg dalla redazione dell’inventario, un programma di liquidazione, che deve indicare le
modalità di vendita, ciò che c’è da vendere, le azioni che si vogliono intraprendere (ad es le azioni di resp a carico degli
ammin, azione revocatoria etc), le aspettative che si possono attendere i creditori e il livello di soddisfazione finale e i
termini per la liquidazione dell’attivo.
 deve essere poi approvato dal Comitato dei Creditori e il Giudice Delegato autorizzata l’esecuzione dei singoli atti
previsti dal programma di liquidazione.

La vendita dei beni mobili e immobili avviene secondo le modalità indicate dal curatore nel programma di liquidazione .
Le vendite fallimentari avvengono con procedure competitive, quindi attraverso aste, dove l’unico criterio è il miglior
prezzo e che ne sia data massima informazione, allo scopo di consentire la partecipazione di tutti gli interessati.

l’acquirente dell’azienda non subentra nei debiti del fallito, cioè i debiti sorti prima del trasferimento dell’azienda,
anche perché nessuno si comprerebbe un’azienda del fallito se dovesse accollarsi tutta la massa passiva Quindi il 2560
è disinnescato, non si applica. Noi sappiamo che di norma chi si compra un’azienda si accolla i debiti risultanti dalle
scritture contabili. Questo non avviene se si compra da un fall.
MA c’è la possibilità di una diversa convenzione (soprattutto per TFR), ma l’accollo dei debiti è il frutto di un accordo e
non un effetto del trasferimento di azienda come avviene invece con l’art. 2560.

anche nella vendita delle aziende endo-fallimentari si impongono le consultazioni sindacali per andare a negoziare
le condizioni del subentro dell’acquirente dell’azienda nei rapporti di lavoro subordinato e nei rispetto dei diritti dei
lavoratori: l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono decidere un trasferimento solo parziale dei lavoratori,
quindi una riduzione dei livelli occupazionali, però è una riduzione negoziata e non una riduzione che può essere
liberamente fatta dal curatore.  questa rigidità potrebbe comportare dei problemi perché c’è il rischio che l’azienda si
porti dietro l’inefficienza derivante da una mole di rapporti di lavoro inadeguata rispetto a una riduzione dei ricavi.

 Il giudice delegato su istanza del fallito/comitato dei creditori o qualunque interessato, può sospendere la vendita
quando ricorrono gravi e giustificati motivi o impedire il perfezionamento della vendita quando ritiene che il prezzo
offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto dell’andamento del mercato.

OGGI con la LF non si danno poteri al curatore per andare ad incidere sull’organizzazione societaria, MA questi poteri li
troveremo nel CCI C’è quindi un’esigenza di andare oltre la mera vendita all’asta dei beni che compongono il patr
del fallito. La disci della liquidazione giudiziale di S darà al curatore della liquidazione giudiziale il potere di incidere
anche sulla struttura finanziaria e sulla struttura societaria dell’organizzazione di impresa per consentire nelle situa più
complesse delle modalità di liquidazione che vadano oltre la semplice organizzazione di procedure competitive
attraverso il portale delle vendite pubbliche, cioè attraverso un’asta.

RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO si attua sulla base del progetto di riparto del curatore
Le somme che si rendono via via disponibile sono ripartite fra i creditori qui assume rilievo la distinzione fra crediti
prededucibili, privilegiati e chirografari, e si prenderanno in considerazione I creditori ammessi al passivo, cioè i creditori
concorrenti. (tutti i creditori che subiscono gli effetti del fall, in particolare i creditori anteriori alla dichia di fall, si dicono
concorsuali).

1)Si soddisfano PER INTERO prima di tutti i CREDITI PREDEDUCIBILI dei c.d. creditori della massa, cioè quei crediti che
maturano DOPO la dichiarazione di fall e sono appunto quelle obbligazioni sorte in occasione o in funzione della
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procedura concorsuale. Questi pescano ancora prima dei creditori ammessi al passivo (perché magari sono stati dei
dipendenti che hanno lavorato durante l’esercizio provv, fornitori, o semplicemente i costi della procedura).

+ I crediti prededucibili che sono liquidi, esigibili e non contestati, possono essere soddisfatti con disponibilità liquide,
al di fuori del procedimento di riparto, se l’attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tale
credito, con l’autorizzazione del comitato dei creditori o giudice delegato. (ad es per pagare un lavoratore subordinato
alla fine del mese, durante un esercizio provvisorio, non bisogna aspettare la formazione del piano di riparto)

POI IN GENERALE, nella ripartizione dell’attivo, si devono rispettare le 2 regole fondamentali:


2)-il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione:ORDINE FORTEQUINDI SI SODDISFANO I PRIVILEGIATI perché
hanno un diritto di prelazione: Questo vale per i privilegi generali, che si soddisfano integralmente, i privilegi speciali
invece vengono soddisfatti integralmente con il valore di vendita del bene oggetto della loro garanzia (pegno, ipoteca o
privilegio),e successivamente se non sono soddisfatti integralmente per il residuo, concorrono alla pari con i creditori
chirografari (ad es il creditore ipotecario ha un credito ipotecario di 100 ma il bene immobile sul quale è iscritta ipoteca
viene venduto a 80, in realtà egli è soddisfatto x 80 e x gli altri 20 partecipa come creditore chirografario al concorso.
Quindi il privilegio non è pari a 100 ma è pari al valore di liquidazione del bene).

-Ma accanto all’ordine forte c’è la PAR CONDICIO CREDITORUM, cioè tratto allo stesso modo i creditori che hanno lo
stesso privilegio o lo stesso non privilegio(come i chirografari e i postergati). E’ una parità di trattamento che è
orizzontale, cioè vengono soddisfatti tutti allo stesso momento con la stessa %. Ad es i dipendenti sono si tutti privilegiati
ma non è che pago prima tizio, poi pago caio poi forse pago sempronio anche se sono tutti dipendenti. I dipendenti
saranno soddisfatti o a riparto parziale (ho crediti di dipendenti, allora do il 50% a tutti i dipendenti privilegiati), il
restante 50% poi lo pagherò in un altro momento ma pago contestualmente tutti. Poi riesco a pagare anche i creditori
chirografari? Li soddisfo tutti allo stesso momento con la stessa %.

3)dopo i privilegiati SI SODDISFANO I CREDITORI CHIROGRAFARI partecipano solo alla ripartizione dell’attivo
fallimentare non gravato da vincoli, in proporzione del loro credito.

La distribuzione delle somme avviene con ripartizioni periodiche parziali in base al piano di riparto parziale del
curatore, che non possono superare l’80% delle somme disponibili, in quanto il restante 20% viene riservato ad
eventuali imprevisti e sarà distribuito in sede di riparto finale.

 Esaurita la liquidazione dell’attivo, il curatore rende al giudice delegato il conto della sua gestione; questo è
approvato dal giudice in un’apposita udienza, nella quale i creditori ed il fallito possono presentare osservazioni;
in caso di dissenso, si apre un giudizio contenzioso dinanzi al trib fallimentare.
Approvato il conto della gestione, viene liquidato il compenso al curatore.

CHIUSURA DEL FALLIMENTO


Nel momento in cui il curatore ha monetizzato tutto e ha distribuito tutti gli euro ricavati dalla liquidazione dell’attivo, il
fall si avvia alla sua logica conclusione.
Abbiamo un numero chiuso di ipotesi di chiusura del fallimento ex art. 118 LF
+ si aggiunge un’ipotesi di cessazione: concordato fallimentare.

4 ipotesi:
1) Non sono state presentate domande di ammissione al passivo: Ciò si verifica solitamente quando tra fallito e
creditori è raggiunto un accordo extragiudiziario per il pagamento dei crediti. Il fall si chiude perché la sua
funzione è dare soddisfazione ai creditori, visto che non ci sono domande di ammissione, non il fall non serve.

2) Pagamento integrale dei creditori ammessi al passivo e prededucibili prima che sia compiuta la
ripartizione finale dell’attivo. Qui il fall ha pagato tutti: ha pagato i prededucibili, privilegiati, chirografari,
postergati, ha pagato tutte le spese vive, i compensi al curatore, le imposte etc. Non c’è più un debito , anzi
potrebbe rimanere un residuo attivo.
Ipotesi alquanto rara ma può capitare, ad es l’imprenditore non riesce a pagare i suoi debiti ma ha un attivo
immobilizzato che è superiore al passivo. Il fall non può durare più di 6 anni, però in questo periodo se si arriva
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alla migliore liquidazione dell’attivo fallimentare è possibile mettere insieme quel gruzzolo che è necessario ma
anche sufficiente per pagare integralmente tutti i crediti.

3) E’ stata compiuta la ripartizione di tutto l’attivo, cioè il curatore ha venduto tutto e distribuito tutto MA i
creditori non sono stati integralmente soddisfatti ->E’ l’ipotesi più frequente.
Visto che il fall NON ha un’efficacia esdebitatoria, i creditori insoddisfatti, salvo la disci dell’esdebitazione,
potranno ripresentarsi alla porta dell’ex fallito persona fisica MA NON alla porta della S fallita perché l’art. 118
2c ci dice che nei casi di cui n°3 e 4, ove si tratti di fall di S, il curatore ne chiede la cancellazione dal RDI. Quindi i
debiti non spariscono ma sparisce il debitore, perché se è S viene cancellata dal RDI.

4) Non c’è la possibilità di dare ai creditori la minima soddisfazione: non si può ripartire l’attivo perché non c’è
l’attivo.

La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del Trib, su istanza del Curatore o del fallito o
d’ufficio ed è impugnabile con reclamo dinanzi alla Corte di Appello e successivamente in Cassazione.
Il decreto di chiusura ha effetto quando non è più impugnabile oppure se l’eventuale reclamo è stato rigettato.

Con la chiusura del fallimento decadono gli organi preposti alla procedura e cessano gli effetti del fallimento sia per
il fallito che per i creditori.

 è frequente che si arrivi alla chiusura di fall avendo ancora in pendenza azioni promosse dal curatore fallimentare, il
che dovrebbe o imporre agli organi della procedura di mantenere aperto il fall per vedere come va a finire oppure
imporre al curatore di abbandonare le cause già promosse perché occorre chiudere il fall.
SOLUZIONE: il curatore mantiene la legittimazione processuale nonostante la chiusura del fall, quindi in realtà si chiude il
fall ma restano in vita gli organi del fall utili per il compimento degli atti funzionali a soddisfare i creditori.
QUINDI abbiamo la prosecuzione dei processi in capo al curatore nonostante la chiusura del fall.

RIAPERTURA DEL FALLIMENTO


Il fallimento chiuso per ripartizione integrale dell’attivo o per mancanza di attivo può essere successivamente
riaperto con sentenza emessa dal Tribunale su domanda del fallito o di uno dei creditori, SE:
1) non sono trascorsi più di 5 anni dal decreto di chiusura
2) nel patrimonio del fallito si rinvengono nuove attività (preesistenti o sopravvenute)
3) il fallito offre garanzie di pagare almeno il 10% ai creditori vecchi e nuovi

ESDEBITAZIONE
FUNZIONE: è una disci introdotta nel 2006 per agevolare il c.d. fresh start ovvero consentire agli imprenditori falliti una
nuova ripartenza, tuttavia una ripartenza non gravata dalla massa dei debiti che non siano stati soddisfatti dal fall.
Questo è un problema che riguarda le persone fisiche piuttosto che quelle giuridiche, perché una S che fallisca e durante
il fall non consenta il soddisfacimento integrale dei debiti, alla fine alla chiusura del fall viene cancellata dal RDI.
Le persone fisiche invece falliscono, magari anche come soci illimitatamente resp di S fallite, falliscono e si portano dietro
la massa passiva dei debiti non soddisfatti dal fall, e questo imprenditore fa fatica a intraprendere una nuova iniziativa
imprenditoriale se deve ancora pagare i vecchi creditori.
Il fall in sé continua a non avere efficacia esdebitatoria, cioè i creditori, dopo la chiusura del fall, riacquistano il libero
esercizio delle azioni esecutive individuali verso il debitore per la parte dei loro crediti che non è stata soddisfatta con il
riparto fallimentare.
Allora il fallito persona fisica, dopo la chiusura del fall, può procurarsi l’esdebitazione, cioè può liberarsi dei debiti
residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti per intero, a 2 condizioni:
1-il fallito sia considerato “meritevole” (ad es se collabora con gli organi della procedura; non ha ritardatolo svolgimento
della procedura; non ha beneficiato di esdeb nei 10 anni precedenti, non si stato condannato x bancarotta fraudolenta );

2-la procedura fallimentare abbia consentito il soddisfacimento almeno di una parte dei creditori concorsuali (come ha
confermato la Cass, è sufficiente che alcuni creditori abbiano ricevuto una anche solo parziale soddisfazione. Quindi non
sarà necessario che anche i creditori chirografari abbiano ottenuto una seppur parziale soddisfazione).
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In presenza di queste condizioni e dopo un contraddittorio con i creditori, il Trib in CDC con lo stesso decreto di
chiusura del fallimento dichiara inesigibili nei confronti del fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente.
+ il fallito può presentare istanza di esdebitazione al Tribunale entro un anno dalla chiusura del fall.

!! l’esdebitazione NON è una modalità di estinzione delle obbligazioni alternativa all’adempimento, ma è una causa di
INESIBILITA’ solo nei confronti del fallito  e visto che non si è estinta l’obbligazione, quel credito continua ad essere
esigibile nei confronti degli eventuali coobbligati (ad es se c’era un fideiussore del fallito, il creditore che non ha trovato
soddisfazione nel fall, può rivolgersi nei confronti del fideiussore).

CREDITI CHE RESTANO ESCLUSI DALL’ESDEBITAZIONE:


-crediti relativi ad obblighi di mantenimento alimentare;
- obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa: quando fallisce una persona fisica la massa passiva
ha una formazione eterogenea, cioè vi sono anche debiti personali dell’imprenditori e della sua famiglia ad es bollette di
casa  l’esdebitazione essendo funzionale ad agevolare una ripartenza dell’A imprenditoriale del fallito, colpisce
soltanto i crediti che son nati nel corso dell’A di impresa.
- i debiti derivanti da fatto illecito, cioè i c.d. crediti involontari: creditore che non ha potuto negoziare la sua posizione di
credito ma avendo subito l’evento dannoso del fallito, ha maturato un diritto al risarcimento del danno di natura
extracontrattuale (ad es il fornitore è un debito volontario, conosce le conseguenze del fall per l’imprenditore e le
accetta; il pedone investito sulle strisce investito con il camion dell’impresa non ha negoziato la sua posizione).

COLPISCE ANCHE I CREDITORI CONCORSUALI NON CONCORRENTI: cioè tutti quelli anteriori alla dichia di fall che non
hanno presentato domanda di ammissione al passivo e non hanno concorso ai risultati del fall.
Abbiamo detto che i cooncorrenti hanno incassato qualcosa dal fall e con l’esdebitazione non possono incassare più nulla
dall’ex fallito.
I creditori concorsuali non concorrenti, invece, con l’esdebitazione dell’ex fallito sono posti nella stessa condizione in cui
si trovano i concorrenti, cioè possono ottenere dall’ex fallito la loro stessa % ricavata dal fall.
Ad es il fall abbia pagato un 25% ai creditori chirografari. C’è un creditore chirografario concorsuale che però non ha
presentato domanda di ammissione al passivo. Quel creditore, dopo la chiusura di fall, dopo che il fallito abbia ottenuto
l’esdebitazione, potrà continuare a pretendere nei confronti dell’ex fallito il 25% del suo credito, ovvero ciò che avrebbe
incassato se avesse partecipato alla procedura di fall.

FALLIMENTO DELLE S O DEI GRUPPI -> ipotesi più frequente perché normalmente l’imprenditore si presenta in forma
societaria (SDC o SDP): sono molte più le S che falliscono che le persone fisiche.
In realtà LF è ritagliata sulle persona fisica del fallito ed è inesistente la disci della crisi del gruppo (nel CCI ci sarà).

EFFETTI DEL FALL DI UNA SDC


Sul socio:
1-rientro dei rimborsi: se il socio ha ricevuto il rimborso del finanziamento nell’anno anteriore alla dichiarazione di
fall e il credito era postergato, a quel punto il socio deve restituire quanto incassato al curatore fallimentare (senza che
il curatore debba provare la conoscenza del socio dello stato di insolvenza della S).

2-riscossione dei conferimenti ancora dovuti: Sappiamo che nelle SDC i conferimenti in denaro devono essere versati
almeno per il 25% ma possono poi per il restante 75% essere richiamati se e quando lo vogliono gli ammin. Può capitare
che si arrivi alla dichiarazione di fall della S con conferimenti in denaro che ancora devono essere versati dai soci  il
giudice delegato pronuncia un decreto ingiuntivo x riscuoterli.

3-garanzie prestazioni d’opera SRL: il giudice delegato dispone l’escussione della garanzia fideiussoria lasciata dal socio
nella SRL che ha conferito prestazioni d’opera o di servizio.

Sull’organizzazione della S:
1-gli organi della S sopravvivono al fall ma sono stati completamente depotenziati (ci sono solo per operazioni
straordinarie)

2-il fall NON è causa di scioglimento di una SDC, cioè una SDC che fallisce non si scioglie (tornerà ad essere causa di
scioglimento di SDC con il CCI).
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3-una volta chiuso il fall, il curatore normalmente cancella la S dal RDI, quindi anche se non si scioglie è cmq destinata
all’estinzione. Con il CCI il curatore della liquidazione giudiziale avrà la possibilità di apportare modifiche alla struttura
organizzativa e finanziaria dell’impresa sociale e gli potranno essere attribuiti anche i poteri dell’assemblea. dunque
potrà creare percorsi di gestione dell’attivo fallimentare più sofisticati.

4-con il 3c art. 76 si sono introdotti i casi di esonero da revocatoria. Una compensazione a ciò per permettere al curatore
di ricostruire l’attivo sono le azioni di responsabilità: il curatore avrà la possibilità di esercitare un’azione contro gli
amministratori e sindaci. Un’azione che cumula in sé le caratteristiche dell’azione della S (2393) e l’azione dei creditori
sociali (2394). Questo sia che falliscano SPA, sia che falliscano SRL (da marzo 2019, anche nella SRL è prevista l’azione dei
creditori sociali come nella SPA). E visto che siamo arrivati al fall, si può dire che nel corso degli anni la S ha perso soldi e
non ne ha guadagnati, tutti i soldi persi diventano danno risarcibile che viene chiesto agli ammin e ai sindaci della S fallita.

GRUPPI
Se fallisce una S che appartiene ad un gruppo di S, visto che ci saranno sempre e cmq dei rapporti infragruppo non
sempre cristallini, il curatore fallimentare può esercitare l’azione di resp sia ai sensi dell’art. 146 LF contro ammin e
sindaci sia contro la S controllata e gli ammin della S controllante.

SDP
Per i soci:

1-se fallisce la S, falliscono in estensione anche i soci illimitatamente resp della S fallita, anche se non sono imprenditori
commerciali o che siano insolventi o no DEROGA IMPORTANTE SI PRESUPPOSTI DEL FALL
Quindi:
SNC falliscono tutti i soci;
SASfalliscono i soci accomandatari e i soci accomandanti che hanno violato il divieto di ingerenza nella gestione perché
in questo caso gli accomandanti perdono il beneficio della resp limitata;
SAPA falliscono gli accomandatari;
 La domanda di ammissione al passivo presentata nel fall della S dispiega i suoi effetti anche nel fall dei soci
illimitatamente resp. Quindi avremo tante procedure fallimentari quanti sono i soggetti falliti, con un coordinamento
derivante dalla unicità degli organi della procedura, cioè il curatore fallimentare e giudice delegato.

Sull organizzazione della S:


-il fall è causa di scioglimento di una SDP ;

IL CONCORDATO PREVENTIVO
E’ una procedura concorsuale che consente all’imprenditore commerciale in difficoltà economica di evitare la gravosa
procedura del fallimento, e consiste in una sorta di “accordo” fra debitore e la massa dei creditori volto a regolare i
rapporti con i creditori.
Propriamente previene la dichia di fall ed è una procedura alternativa al fall o c’è conco prev o c’è fall.
Si contrappone al concordato fallimentare perché anche se in questo c’è una sorta di accordo fra il debitore e i creditori,
un terzo e i creditori, esso presuppone che sia già stato aperto un fall, e all’interno di questo fall si cala la
proposta di conco fallimentare e perciò il fall può cessare con l’omologazione del il conco fallimentare.
Ha un corso di funzionamento che non giustifica la procedura per insolvenze di piccole dimensioni. È dunque una valida
alternativa alle insolvenze di medie e grandi dimensioni.

Chi può accedere al concordato preventivo?


1)Presupposto oggettivo  lo stato di crisi dell’impresa e lo stato d’insolvenza
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Lo stato di crisi nella LF non è definito. Mentre l’insolvenza è chiaramente definita dall’art. 5 della LF come incapacità
di regolare adempimento delle obbligazioni. Allora cosa è lo stato di crisi?
Nel CCI è stato concepito e definito come una situa meno grave dell’insolvenza, appunto come probabilità di
insolvenza quindi sono 2 cose diverse e c’è alterità tra queste nel CCI.
Nella LF queste nozioni si sovrappongono, cioè si intendono come la stessa cosa, perché all’art. 160 è chiarito che ai
fini dell’accesso alla procedura di conco, per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.
 In realtà le imprese che accedono al conco preventivo, per quell’azzardo morale già citato, normalmente saranno
insolventi, anche gravemente insolventi.

2)Presupposto soggettivo  qualità di imprenditore commerciale del debitore + superamento soglie di fallibilità
MAAAAA in realtà, il presupposto soggettivo del conco è più ampio rispetto a quello del fall perché il conco si pone in
alternativa anche alla procedura di amministrazione strao delle grandi imprese insolventi

L’unico legittimato a chiedere l’apertura del conco prev è il debitore, infatti deve presentare con ricorso la domanda di
ammissione al Trib competente i creditori non possono proporlo perché la proce si rivolge proprio a creditori, i quali
dovranno esprimere il loro giudizio sulla proposta di conco.

La domanda (rivolta al trib perché il trib decide se aprire la proce) contiene al suo interno la proposta di concordato prev
e un piano di concordato (rivolti ai creditori).

LA PROPOSTA DI CONCO
deve indicare l’utilità individuate ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun
creditore  sostanzialmente il debitore propone una rimodulazione del rapporto obbligatorio preesistente.
 Ma si possono indicare qualunque utilità, ad es ci può essere anche la conservazione di un rapporto contrattuale
come utilità promessa ad alcuni creditori
QUINDI c’è massima autonomia negoziale nella proposta di rimodulazione dell’originario rapporto obbligatorio.
se il conco si chiude con l’omologazione ci sarà la sostituzione dell’obbligazione preesistente con quella concordataria.
ESEMPIO: l’obbligazione preesistente, cioè il creditore deve incassare 100 dal debitore, il debitore propone un
pagamento di 30, oppure propone l’assegnazione di azioni, con l’omologazione del concordato il creditore non avrà più
diritto al pagamento di 100, ma avrà diritto a ricevere l’obbligazione promessa dal debitore.

TEMPI
-della procedura: si dovrebbe chiudere in 12 mesi al massimo tra la domanda e l’omologazione.
-dell’esecuzione del concordato (perché i creditori vengono soddisfatti solo dopo l’omologazione) anche questo è
previsto dalla proposta di concordato, quindi anche i tempi rientrano nell’ambito dell’autonomia negoziale del debitore
ad es “pagherò a 60 gg dalla omologazione”. Tendenzialmente si arriva ad ammettere un tempo per l’adempimento del
concordato omologato massimo di 5 anni.

Come si arriva all’adempimento di questa obbligazione? E’ descritto nel PIANO DI CONCO


E’ il programma di azione che il debitore ha predisposto per realizzare quelle risorse necessarie all’adempimento delle
obbligazioni concordatarie. Cioè sostanzialmente mi dice come rimedio le risorse e può prevedere la ristrutturazione
dei debiti, la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma anche, e ma non soltanto, mediante cessione dei beni,
dilazione dei pagamenti, oppure proseguo l’A di impresa etc. etc.
anche in questo caso c’è una massima autonomia e libertà nella costruzione del piano di concordato.
***deve essere accompagnato ad una RELAZIONE REDATTA DA UN PROFESSIONISTA INDIPENDENTE(ma scelto dal
debitore) che attesti, oltre alla veridicità dei dati aziendali, anche la fattibilità del piano di concordato è un allegato
necessario per qualunque domanda di conco prev.

Il fatto di offrire il 20% rientra nella proposta di conco. Come il debitore tira fuori quel 20% rientra nel piano di conco.

Possiamo avere 3 tipi di piano:


-PIANO LIQUIDATORIO: sostanzialmente si vende tutto quello che appartiene al debitore insolvente.
Non molto diverso dal fall, infatti nel CCI saranno ammissibili conco liquidatori solo se qualcuno diverso dal debitore,
immette ulteriori risorse per un +10% rispetto alle risorse già a disposizione del debitore QUINDI oggi il conco
liquidatorio si può fare con i soli beni del debitore, domani con il CCI il conco liquidatorio si potrà fare soltanto se si
apporta c.d. nuova finanza.
!!!! In caso di concordato liquidatorio, bisogna riconoscere almeno il 20% ai creditori chirografari.
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Se poi, si offre il 40% sono inammissibili proposte concorrenti.

-PIANO IN CONTINUITA’ AZIENDALE: 2 TIPI

-piano in continuità aziendale indiretta: si realizza con la vendita dell’azienda in esercizio, quindi non si vendono i beni
disorganizzati ma si vende il complesso aziendale del debitore.
C’è continuità indiretta perché è l’acquirente dell’azienda che prosegue l’A di impresa.

+ un’altra manifestazione in continuità indiretta è il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più S anche di nuova
costituzione: cioè piuttosto che vendere l’azienda, la si conferisce in una S di nuova costituzione).

-piano in continuità aziendale diretta (tratto distintivo del conco prev rispetto al fall): consiste nella prosecuzione
dell’A di impresa da parte del debitore sia durante la procedura di concordato sia successivamente alla fase di
omologazione e di esecuzione del concordato.
QUINDI l’imprenditore all’interno della proce risana e ristruttura il suo debito, esce dalla procedura con un monte di
obbligazioni da adempiere che però saranno obbligazioni concordatarie e non obbligazioni preesistenti. Con questo
rinnovato equilibrio economico e patrimoniale potrà proseguire A di impresa, e anche attraverso i risultati della
prosecuzione dell’A di impresa, dare soddisfazione ai creditori concorsuali. In questo modo non solo si conserva
l’impresa ma si conserva anche l’imprenditore
->99 volte su 100 un imprenditore in forma societaria.

 Non sono molti i concordati in continuità aziendale. Molti sono conco liquidatori.

CARATTERISTICHE DEL PIANO IN CONTINUITA’ AZIENDALE

1-L’ATTESTAZIONE DI MIGLIORE SODDISFACIMENTO: il professionista nella relazione deve attestare che la prosecuzione
dell’A di impresa prevista dal piano di concordato è funzionale, quindi offre, un migliore soddisfacimento dei creditori
rispetto all’alternativa del fall (quindi migliore rispetto a ciò che risulterebbe ai creditori dalla liquidazione fallimentare
dell’intero patr, cioè di tutti i beni del debitore). In termini cumulativi, parliamo di una maggiore provvista di risorse
messe a disposizione nel concordato rispetto a quella che potrebbe creare il fall.
E inoltre il piano di conco deve essere accompagnato da un business plan, cioè un PIANO ECONOMICO FINANZIARIO,
per l’intera prosecuzione del piano stesso che preveda un’analitica indicazione dei costi e ricavi attesi dalla
prosecuzione dell’A di impresa.

 è una condizione di ammissibilità del concordato importante e ulteriore rispetto alle condizioni di ammissibilità
generali per il conco.

In questo modo il legislatore mitiga il rischio che i creditori corrono con prosecuzione dell’A di impresa
è un rischio di impresa limitato se parliamo di un conco in continuità indiretta attraverso la cessione dell’azienda
perché tutto sommato il rischio di impresa è limitato al periodo di gestione dell’azienda che costituisce un ponte tra la
domanda di concordato e la vendita dell’azienda in esercizio.
Se invece parliamo di un conco in continuità diretta, il rischio di impresa è molto più gravoso perché i creditori
saranno soddisfatti con i risultati della prosecuzione dell’A di impresa, il che significa che se l’impresa va male i
creditori non troveranno soddisfazione dal concordato.
In un conco prev liquidatorio, invece, i creditori decidono liberamente se sia conveniente il concordato rispetto
all’alternativa del fall anche se non c’è un’attestazione di migliore soddisfacimento del conco rispetto al fall.

!!!! In caso di concordato in continuità aziendale, se si offre almeno il 30% ai creditori chirografari, sono inammissibili
proposte concorrenti.

2-c’e’ la possibilita’ di non pagare immediatamente i creditori privilegiati;


3- si sterilizzano tutte le clausole risolutive espresse collegate all’apertura di procedure concorsuali nei contratti
pendenti perché per proseguire l’A di impresa il debitore deve avere la possibilità di avvalersi dei contratti pendenti che
quindi non si possono risolvere per l’apertura in sé del conco prev;
4-si consente la prosecuzione dei contratti stipulati con la PA, a ≠ del fall, quindi al debitore che accede alla procedura di
conco in continuità aziendale non si impone una gestione meramente conservativa, ma si impone una gestione
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speculativa che guardi al futuro, affinchè con un’efficace prosecuzione dell’A possa ricavare le risorse necessarie per
soddisfare le obbligazioni concordatarie.
5- si possono effettuare operazioni sulla struttura finanziaria, a ≠ del fall, ad es un aumento del cap soc.

LIMITI ALL’APPROVAZIONE DELLA PROPOSTA DI CONCORDATO


1-SI DEVE RISPETTARE LA PAR CONDICIO CREDITORUM: quindi occorre offrire lo stesso tipo di trattamento ai creditori
che si trovino allo stesso livello dell’ordine delle cause di prelazione: lo stesso trattamento a creditori chirografari, lo
stesso trattamento ai creditori privilegiati con privilegio generale etc.
ESEMPIO: Se la proposta di concordato, immaginiamo che a tutti i creditori chirografari offro il 20% e tutti i chirografari
devono ricevere una proposta del 20% (non posso dire a tizio che do 19%, a caio 10% se sono entrambi chirografari).
MA QUESTA REGOLA SI PUÒ ALTERARE CON LA COSTITUZIONE DI CLASSI DI CREDITORI.
A cosa servono?
Ad attribuire alle classi di creditori trattamenti differenziati.
Cosa sono?
Sono dei sotto insiemi di creditori che si trovano allo stesso livello delle clausole di prelazione, sotto insiemi che sono
caratterizzati da una omogeneità di posizione giuridica e di interessi economici. Ad es il sotto insieme dei creditori
bancari, creditori banche tutti creditori chirografari ma solo banche in classe; creditori fornitori tutti creditori
chirografari ma solo fornitori in una classe, etc.-> sono sempre tutti chirografari ma hanno posizione e interessi diversi e
allora verranno disposti in classi diverse in base all’omogeneità di posizione e interessi.
ESEMPIO: Tizio, caio e sempronio sono 3 creditori chirografari. Se non costruisco classi devo offrire a tutti e 3 lo stesso
trattamento20% tutti. Tizio e caio sono banche, sempronio è un fornitore. A questo punto posso mettere tizio e caio in
una classe e sempronio in un’altra classe ancora. Allora avrò i creditori chirografari suddivisi in 2 classi. A questo punto
alla classe di creditori bancari posso offrire il 15% e alla classe di fornitori possono offrire il 25%. L’importante è che i
creditori inseriti all’interno delle classi abbiano una posizione di omogeneità quanto ad interessi economici e posizione
giuridica.
la LF dà dunque la possibilità al debitore di costituire classi, ed infatti il debitore può trarne beneficio perché le classi
consentono al debitore di allocare in maniera più efficiente le poche risorse disponibili. Ad es anziché dare a tutti i
creditori il 25% e magari non arrivo a 25% ma arrivo a un 20%, con il rischio che i creditori non mi votino il concordato,
potrò suddividere in classi i creditori e dare 15 alle banche (perché hanno garanzie collaterali sul loro credito quindi ad
es una fideiussione di altri soggetti diversi dal debitore) e 25 ai fornitori (perché questi, non avendo garanzie collaterali,
trovano soddisfazione solo nel concordato, quindi se offro troppo poco magari mi votano contro la proposta).

 il trib dovrà verificare la congruità dei criteri di formazione delle classi, quindi verificare se effettivamente all’interno
ad es della classe banca ci siano soltanto delle banche, che non ci sia qualcuno di eterogeneo all’interno dei fornitori.

SE CI SONO LE CLASSI SI ALTERA IL MECCANISMO DI APPROVAZIONE DELLA PROPOSTA CONCORDATARIA:


la proposta di concordato si approva a maggioranza di crediti (e non di creditori), e se ci sono delle classi, anche a
maggioranza delle classi. Se ci sono 3 classi di creditori occorrerà la maggioranza dei crediti all’interno di 2 classi su 3
perché la proposta sia approvata

IN BREVE:
-se non c’è la formazione di classi si applica rigorosamente la par condicio creditorum;
-la par condicio può essere alterata dalla formazione di classi, cioè la suddivisione di creditori che si trovano tutti allo
stesso livello dell’ordine delle cause di prelazione in differenti classi caratterizzate da omogeneità.

2-I CREDITI PRIVILEGIATI DEVONO RICEVERE UNA PROPOSTA DI INTEGRALE SODDISFAZIONE Quindi un creditore
privilegiato non può essere pagato in %, ma deve essere pagato al 100%, cioè soddisfatto integralmente. MA CE’
UN’ECCEZIONE: si può riconoscere ai creditori privilegiati un trattamento non inferiore al soddisfacimento che
otterrebbero dalla liquidazione del bene sul quale insiste la clausola di prelazione.
 ad es. un creditore ipotecario che ha un credito di 100, l’ipoteca è iscritta su un bene che vale 70. Dalla vendita del
bene quale potrebbe risultare anche nell’ambito di un fall, il creditore incasserebbe 70 e non 100. SE il bene vale meno
del credito (ad es credito 100 e bene 70), il debitore deve quantomeno offrire al creditore ipotecario il valore del bene,
quindi il 70% del credito. Mentre il restante 30% è trattato come credito chirografario.
 ma il debitore non può andare al di sotto del bene: quindi se il bene vale più del credito (bene 120 e credito 100) il
debitore deve orrire 100, cioè l’integrale soddisfacimento del credito ipotecario.
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MA PER FARE CIO’: il debitore deve allegare alla domanda di concordato anche una relazione giurata redatta da un
professionista indipendente che attesti che quel bene vale 120, QUINDI il valore di liquidazione del bene viene
certificato in questa relazione.
INVECE, nell’ordinamento anteriore alla riforma del 2005, tutti i creditori privilegiati di qualunque grado dovevano
essere soddisfatti integralmente.

3- la libertà di determinare la proposta concordataria è limitata dal fatto che il debitore non può decidere quali beni
mettere a disposizione dei creditori  ll debitore risponde dei suoi debiti con tutti i beni presenti futuri, quindi con
l’intero suo patrimonio.
Ad es se il conco è liquidatorio o in continuità indiretta il debitore non può decidere di tenersi qualcosa da parte.
In ipotesi di conco in continuità diretta il debitore può tenere dei beni per sé perché questi sono funzionali alla
prosecuzione dell’A di impresa. quindi il debitore non mette a disposizione l’intero suo patr MA DEVE OFFRIRE un
livello di soddisfazione non inferiore a quello che otterrebbero dalla ideale liquidazione dell’intero suo patrimonio.
Quindi non si mettono a disposizione dei beni in concreto, ma un valore astratto corrispondente al valore del patr, che
poi dovrà essere consegnato ai creditori attraverso la prosecuzione dell’A di impresa.

COME SI ACCEDE ALLA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO? CON LA DOMANDA DI CONCO


Si accede con una domanda che ha forma di ricorso rivolta al trib dove l’imprenditore ha la sede principale (competenza
trib: regole uguali a quelle del fall).
+ nelle SDC, la decisione sull’accesso al concordato è rimessa all’organo di ammin.
 poi viene iscritta entro le 24h successive nel RDI

!! Una S cancellata può ancora essere dichiarata fallita entro 1 anno dalla cancellazione ma una S cancellata non può
chiedere di accedere al conco, e questo sarà confermato nel CCI.

Con l’iscrizione della domanda nel RDI si spiegano una serie di EFFETTI che si hanno per tutto il tempo della proce di
conco, cioè dalla data di pubblicazione nel RDI e fino all’omologazione del conco:

1-AUTOMATIC STAY: si ha un effetto protettivo sul patr del debitore, quindi i creditori per titolo o causa anteriore alla
procedura, non potranno esercitare azioni esecutive o cautelari né costituire diritti di prelazione (ad es iscrizione di
ipoteche giudiziali) sul patr del debitore pena l’inefficacia;
 Questo è un effetto che legale che consegue al deposito nel RDI della domanda, il trib non è ancora intervenuto.
Lo spossessamento nel fall non dipende dal deposito della notifica di istanza di fall, ma dipende da una dichiarazione di
fall, cioè da una sentenza dell’autorità giudiziaria che accerta l’esistenza dei presupposti per l’apertura del fall. Nel
conco prev invece l’autorità giudiziaria si deve ancora pronunciare sulla domanda ma intanto abbiamo una protezione
sul patr del debitore  nel CCI, però, l’automatic stay si avrà solo su pronuncia dell’autorità giudiziaria.

+ il legislatore dispone una inefficacia retroattiva delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 gg anteriori al deposito della
domanda di concordato nel RDI non è una revocatoria ma è un’inefficacia di diritto  quindi un creditore che pur sia
privilegiato perché iscritto a ipoteca giudiziale ma nei 90 gg anteriori al deposito della domanda, nella proposta di conco
viene considerato come chirografario e trattato come i chirografari.

2-si ha la cristallizzazione del patr del debitore (invece nel fall la cristallizzazione dipende dalla dichia di fall), quindi si
distingueranno creditori anteriori al deposito della domanda, che sono i creditori concorsuali, e creditori successivi.
QUALI SONO GLI EFFETTI DEL CONCO OMOLOGATO? È la falcidia concordataria, cioè la sostituzione dell’obbligazione
concordataria all’obbligazione piena e preesistente alla domanda di concordato. E questo effetto di falcidia riguarda
soltanto i creditori anteriori al deposito della domanda. I creditori successivi non subiscono gli effetti del concordato.
La falcidia delle pretese dei creditori anteriori è una esdebitazione ex lege, che non si ha nel fall.
I creditori anteriori mantengono però intatte le loro pretese nei confronti di eventuali fideiussori o coobbligati.
 quindi abbiamo semplicemente una inesigibilità nei soli confronti del debitore.

3-se il conco si arresta (il conco può essere dichiarato inammissibile: ad es il debitore deposita la domanda ma manca la
relazione di attestazione; oppure i creditori a maggioranza votano contro la proposta di conco etc) e c’è una istanza di
fall pendente (e ci può essere perchè magari è stata messa da parte, alla luce di quanto ha affermato la Cass a sezioni
unite nel 2015 occorre innanzitutto dare la preferenza alla soluzione concordataria, però la soluzione di fall è lì che resta
da parte ma si può tirar fuori nel momento in cui il conco si arresta per X motivo) in questo caso il trib, oltre ad arrestare
il conco, decide sull’istanza di fall, ed è abbastanza frequente che ad una inammissibilità o un rigetto di una proposta
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di conco si abbini la dichia di fall del debitore già in procedura di conco QUINDI si verifica una situa di c.d.
CONSECUZIONE DI PROCEDURE: il fall sostanzialmente si incastra dentro una procedura di concordato prev senza
soluzione di continuità. QUINDI, in questa situa il periodo sospetto per l’esercizio dell’azione revocatoria (che non si
può esercitare nel conco) decorre dal deposito della domanda di conco piuttosto che dalla dichia di fall.
DUNQUE, decorre molto prima rispetto alla dichiarazione di fall, addirittura decorre neanche dall’apertura della
procedura di conco ma dal deposito della domanda di conco.
Con il CCI anche nel fall, che si chiamerà liquidazione giudiziale, il periodo sospetto non decorrerà dall’apertura della
liquidazione giudiziale (dichia di fall) ma dal deposito dell’istanza di apertura della liqui giudiziale (istanza di fall)
quindi con il CCI non si consumerà periodo sospetto nel periodo dell’istruttoria pre-fallimentare, cioè il periodo che
va dalla domanda di apertura della liqui giudiziale e la sentenza effettivamente di apertura.
Mentre oggi questo è un periodo che si consuma tra la domanda di fall e la sentenza di fall perché il periodo sospetto
ai fini della revocatoria decorre dalla dichia di fall.

4-con la riforma del 2012, se si deposita una domanda di conco o una domanda di omologazione dell’accordo di
ristrutturazione dei debiti, si sospendono le norme a presidio dell’integrità del cap soc previste x SPA e SRL e la
causa di scioglimento prevista quando sussiste un patr netto superstite inferiore o negativo al minimo legale del cap
soc.
E il deposito della domanda di conco, o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutt è riconosciuto come
un provvedimento opportuno con il quale la S può rimediare a queste situa.
QUINDI oggi, per far fronte a questo squilibrio patrimoniale, che si ha quando abbiamo una perdita qualificata
superiore a 1/3 e un patr netto inferiore al minimo legale, si può:
-ricostituire il cap soc attraverso riduzione e aumento al minimo;
-disporre la trasformazione regressiva se c’è cmq un patr netto positivo;
-disporre lo scioglimento della S;
-oppure depositare una domanda di conco o, più probabilmente, una domanda di omologazione dell’accordo di
ristrutturazione che presuppone che l’accordo sia stato già fatto.
(Gli artt. 2446 e 2447 della SPA, 2482 bis e 2482 ter per l’SRL + n°4 dell’art. 2484 cc)

Perché tutto questo? Perché il conco può essere una valida possibilità per ritornare ad un equilibrio patrimoniale.
Come? riducendo i debiti. La falcidia concordataria fa si che ad es se pago il 20% ai creditori chirografari, al passivo non
ho più iscritto 100 ma vado a iscrivere 20. E quindi se ho una perdita di 80 ripristino l’equilibrio patrimoniale senza
incidere sul cap soc.
 quindi tra la domanda di concordato e l’omologazione, si tiene tutto in standby, non si incide sul cap soc e
soprattutto non c’è una causa di scioglimento della S.

5-spossessamento limitato del debitore: non è come nel fall, perché il debitore sia nella fare si pre-concordato, quindi
dopo il deposito della domanda di conco in bianco, sia dopo l’ammissione al conco potrà compiere liberamente gli atti di
ordinaria ammin mentre dovrà essere autorizzato prima dal trib e poi dal giudice delegato solo per gli atti eccedenti
l’ordinaria ammin.

DOMANDA DI CONCO IN BIANCO (O CON RISERVA)


La modalità standard di accesso alla proce di conco consiste nel presentare una domanda di conco completa di proposta,
piano, relazione di attestazione patrimoniale, elenco dei creditori.
MA visto che per costruire un piano di conco ci vuole spesso tempo, con la riforma del 2012, il legislatore ha offerto al
debitore un’alternativa per accedere a questa procedura: la possibilità di presentare una domanda di conco senza piano
e senza proposta. Una domanda pura in cui semplicemente si chiede al trib di concedere un termine per il deposito
del piano della proposta di concordato. Un termine che va dai 60 ai 120 gg, ulteriormente prorogabile di altri 60 gg.

Questa è una vera e propria domanda di concordato con la quale il debitore dice chi è, quindi denominazione sociale,
legale rappresentante, CF, iscrizione RDI, confessa un generico stato di crisi, e la vera peculiarità è che dalla data di
pubblicazione nel RDI, partono subito gli effetti protettivi Tutte le conseguenze che abbiamo visto dipendere da una
domanda di conco c.d. piena, dipendono anche da una domanda di conco c.d. in bianco, cioè una domandina in cui non
si scrive niente di quello che sarà la soluzione concordataria, ma si chiede al trib semplicemente tempo.
oggi la domanda di conco in bianco è la regola per accedere a un conco prev. Nessuno presenta la domanda piena, a
meno che nei 2 anni anteriori già si è fruito di questa possibilità e a questa domanda in bianco non si è fatto conseguire
nel termine il deposito del piano e proposta.
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Perché è importante l’effetto protettivo anche della domanda in bianco?


Perché prima del 2012 appena si iniziavano le operazioni per la preparazione del piano e quindi i creditori venivano a
sapere che la S era in crisi, iniziavano ad arrivare le istanze di fall oppure le iscrizioni ipotecarie attraverso ipoteche
giudiziali, e questo non agevolata la proposta di ammissione al conco.

 alla fine del termine concesso (dai 60 ai 120 +60) il debitore ha la possibilità di seguire un percorso a Y, nel senso
che può sia depositare effettivamente una proposta di conco, sia depositare una domanda di omologazione di un accordo
di ristrutturazione dei debiti.
il trib poi decide poi con decreto se ammettere o no il debitore alla proce di conco prev.
MA nella fase di pre-concordato, cioè tra la domanda di conco in bianco e il deposito della proposta sull’ammissione del
conco, si ha:
- automatic stay
-spossessamento limitato del debitore: non è come nel fall, perché il debitore sia nella fare si pre-concordato, quindi
dopo il deposito della domanda di conco in bianco, sia dopo l’ammissione al conco potrà compiere liberamente gli atti di
ordinaria ammin mentre dovrà essere autorizzato prima dal trib e poi dal giudice delegato solo per gli atti eccedenti
l’ordinaria ammin.

Alla fine il trib, o sulla base di una domanda di conco piena, o dopo il deposito della proposta e del piano di conco,
terminata la fase di pre-concordato aperta con una domanda di conco in bianco, deve decidere sull’ammissione del
debitore alla procedura di concordato.
 non è una valutazione di merito sulla convenienza della proposta oppure un giudizio di meritevolezza del conco da
parte del debitore(come avveniva prima della riforma del 2005). Il Trib accerta solo se ricorrono ci sono i presupposti di
ammissione al concordato preventivo (soprattutto la completezza della domanda e la razionalità del piano, ad es se il
debitore offre ai creditori privilegiati un trattamento che non corrisponde all’integrale soddisfacimento abbiamo la
violazione di una regola, e quindi questa è una causa di inammissibilità del conco) e quindi se la fattispecie concreta
(domanda, proposta, piano) è conforme alle regole della LF, e può alternativamente:

1)emettere decreto di non accoglimento non soggetto a reclamo  e su istanza dei creditori o del PM dichiara con
separata sentenza il fallimento se ne ricorrono i presupposti.
Prima della riforma, al rigetto della domanda di concordato conseguiva NECESSARIAMENTE la dichia di fall d’ufficio.

2)emettere decreto di accoglimento non soggetto a reclamo, e nomina gli organi della procedura: giudice delegato,
direzione della procedura; commissario giudiziale, vigilanza e controllo.

POI tutte le valutazioni sulla meritevolezza e soprattutto la convenienza della proposta concordataria sono rimesse
alla decisione dei creditori che si esprime attraverso il voto sulla proposta di concordato.

IL TRIB TENDE A VALUTARE ANCHE LA FATTIBILITA’ DEL PIANO


Ed è importante distinguere tra:
-FATTIBILITA’ GIURIDICA: se quindi c’è un problema giuridico nella esecuzione di quel piano: ad es il piano prevede la
vendita di un bene che però è inalienabile Il trib valuta e se ritiene non fattibile il piano, è inammissibile il conco.

-FATTIBILITA’ ECONOMICA: il debitore ritiene che dalla vendita del capannone si otterrà quel milione di euro
necessario all’adempimento della proposta di conco. Il trib incarica un suo perito che va a valutare il capannone e
ritiene che più di 500.000 non verranno fuori.
Il che significa che non posso offrire il 20%, ma i creditori hanno al massimo un’aspettativa sul 10%, cioè la metà di
quanto offerto dal debitore. Il trib allora dice che quel piano non è fattibile, ma non perché non posso vendere il
capannone, ma perché dalla vendita del capannone il trib si aspetta meno di quanto si aspetta di ottenere il debitore.

Dopo anni di dibattito, è intervenuto anche la Cass a SU nel 2013 per stabilire che il trib non si deve occupare di
fattibilità economica ma si deve occupare solo di fattibilità giuridica.
I trib che invece optavano per poter esprimersi anche sulla fattibilità economica, perché obbiettivamente non ha
senso mandare avanti un conco sapendo ex ante che non si potrà dare la corretta esecuzione alle obbligazioni
concordatarie.
In realtà, la governance del conco è oggi strutturata nel senso che sulla fattibilità economica decidono i creditori
attraverso il loro voto. Quindi i creditori, votando a favore del conco, accettano sia la falcidia concordataria e quindi la
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proposta di concordato, sia esprimono un giudizio positivo sulla possibilità che effettivamente quel piano sia messo in
esecuzione. E i creditori in questa decisione sono agevolati da un docu fondamentale, cioè la relazione di attestazione
del professionista indipendente che, per l’appunto, deve attestare la fattibilità del piano.
Allora la Cass ha detto che, visto che c’è un professionista indipendente che deve fare questo, il trib non si deve
occupare di fattibilità economica.
Nel CCI, il trib si occuperà anche di fattibilità economica del piano di conco, quindi ci sarà un filtro importante
dell’autorità giudiziaria sui piani di conco prev.
Questo perché con la riforma del 2006 si è data la possibilità ai creditori di decidere sul concordato, ma nella prassi è
difficile che i creditori abbiano il tempo e le risorse economiche per fare una valutazione lucida del concordato. Perciò
si è deciso di ritornare all’impostazione precedente, anche se il trib non giudica la meritevolezza del piano, ma la sua
fattibilità.

APERTURA DELLA PROCEDURA


Diciamo che se le cose sono tutte apposto, il trib con decreto ammette il debitore alla procedura di conco, fissa la
somma che ritiene necessaria come acconto sulle spese della procedura ed il termine entro il quale il debitore deve
depositarla nella cancelleria del tribunale, pena la revoca dell’ammissione alla procedura , e nomina un giudice delegato
e un commissario giudiziale.
Il commissario giudiziale è ≠ dal curatore del fall, perché il curatore amministra il patr del fallito, il commissario giudiziale
non amministra niente perché l’amministrazione continua a spettare al debitore o agli ammin della S debitrice,
semplicemente svolge una funzione di controllo e vigilanza sul rispetto delle regole di concordato.

L’APERTURA DELLA PROCEDURA NON HA EFFETTI SUI CONTRATTI PENDENTI


Sia la domanda di conco, sia l’ammissione al conco, non incidono sui contratti pendenti, quindi i contratti proseguono
indifferentemente rispetto a domanda e ammissione al conco, a differenza di ciò che avviene nel fall con gli artt. 72 e ss
LF perché i contratti si sospendono con la dichia fallimentare(regola generale) e poi il curatore decide se subentrare o
scioglierli e poi abbiamo speciali disci riferite a speciali tipi contrattuali.
Qui invece proseguono, PERO’ dal 2012, il debitore può chiedere al tribunale di essere autorizzato allo scioglimento dei
contratti, e può richiedere ciò anche in fase di pre-concordato, cioè può chiedere al trib di essere autorizzato a
sciogliersi dai contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti alla data di presentazione del ricorso.
 Questa è una facoltà importante del debitore gli permette di scrollarsi contratti sbagliati, magari troppo onerosi e che
comportano costi inutili, soprattutto in un momento di crisi, quindi gli permettono di
rendere più efficiente l’organizzazione di impresa (come si può fare nell’esercizio provv del fall).

 E a seguito dell’eventuale scioglimento del contratto, il contraente in bonis ha diritto a un indennizzo che però sarà
trattato come un credito concorsuale, quindi subisce la falcidia concordataria pur essendo un credito maturato
successivamente al deposito della domanda di conco
 il contraente in bonis si trova esposto al possibile scioglimento del contratto con degradazione del diritto
soggettivo alla conservazione della relazione contrattuale ad una sorta di interesse legittimo di diritto privato.

OFFERTE CONCORRENTI
Come nel fall, la scelta del contraente del debitore, si svolge attraverso gare per la vendita dei beni, quindi con
competizioni fra più offerenti.
Queste gare si svolgono sia in occasione di un conco liquidatorio, sia in occasione di un onco in continuità aziendale
perché anche in quest’ultimo il piano può prevedere che si venda qualcosa, ad es vendere quei cespiti che non sono più
utili e necessari allo svolgimento dell’A di impresa.

in realtà molti piani di conco venivano confezionati già con una proposta irrevocabile di acquisto da parte di un terzo,
questo per assicurare la fattibilità del piano di conco perché il debitore con il piano e la proposta di conco deposita già
anche una proposta di acquisto del bene la cui vendita consente la generazione delle risorse che consentono poi
l’adempimento dell’obbligazione concordataria. In questo caso, però, avevamo a che fare con dei c.d. conco chiusi, cioè
quel bene era offerto in vendita necessariamente, anche con contratti preliminari di compravendita, a quell’offerente.
in questo modo non ci sarebbe una gara

Casi importanti (ad es La Perla) hanno indotto il legislatore a prevedere una disci in presenza di un conco chiuso.
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La Perla, impresa di moda entrata in conco, l’azienda ha presentato un piano di conco chiuso, quindi già con un’offerta
vincolante e il trib non se l’è sentita di chiudere il conco sulla base di quell’offerta. Diciamo che ha disinnescato
l’offerta vincolante aprendo una gara che effettivamente ha portato ad un rilancio sul prezzo di acquisto dell’azienda,
quindi ad un risultato ottimale per i creditori.

 quando il debitore fa la sua propo di conco sulla base di un’offerta di acquisto (dell’azienda o di specifici beni deel patr
del debitore) irrevocabile da parte di un terzo ben individuato, il trib non si accontenta di quell’offerta e dispone
l’apertura di un procedimento competitivo, cioè una gara sulla base di quell’offerta e può essere che arrivi il miglior
offerente.
Se all’esito della gara, il risultato della vendita dell’azienda è molto superiore all’offerta, allora il piano deve
essere migliorato perché ci saranno più risorse da mettere a disposizione dei creditori e questo miglioramento
si deve fare prima della votazione dei creditori
 Ed è possibile che il primo offerente venga messo da parte e il migliore offerente entri nel piano di
Conco che è sempre quello predisposto dal debitore.
quindi il debitore deve rivolgersi al mercato quando la proposta di concordato si accompagna ad un offerta vincolante.
Perchè?
Perché l’apertura al mercato riduce l’asimmetria informativa. L’azienda oggetto dell’offerta viene messa all’asta, se
l’offerta del debitore non era congrua ci sarà sempre qualcuno disposto ad offrire di più. QUINDI con la reazione del
mercato all’offerta, tramite l’asta, i creditori possono capire meglio il valore dell’azienda oggetto dell’asta, quindi avere
degli elementi in più per contrattare sul giusto prezzo della proposta perché poi il prezzo corrisponde al sacrificio che
sono disposti ad accettare  in questo modo si colma l’asimmetria informativa.

PROPOSTE CONCORRENTI -> sono un modo diverso di aprire il conco al mercato rispetto alle offerte concorrenti.

Una volta aperta la proce di conco sulla base della domanda del debitore, si possono poi presentare soggetti terzi che
formulano una proposta di conco alternativa a quella del debitore, quindi soggetti terzi che si inseriscono all’interno di
una proce introdotta dalla domanda del debitore, ma con una proposta concorrente con quella del debitore.
anche in questo caso è il mercato a consente effettivamente di verificare se la proposta del debitore sia congrua o ci
possono essere spazi di miglior trattamento per i creditori.

LEGITTIMAZIONE: hanno la possibilità di presentare proposte concorrenti soltanto i creditori che rappresentano
almeno il 10% dei crediti della massa passiva (quindi possono solo i creditori particolarmente qualificati).
 Quindi non c’è in realtà una apertura a chiunque sia interessato, come avviene invece per le offerte concorrenti.

NON SONO AMMISSIBILI SE LA PROPOSTA DEL DEBITORE OFFRE:


- almeno il 30% ai creditori chirografari se si tratta di un piano in continuità aziendale;
- almeno il 40% se si tratta di un piano liquidatorio.
(in questa differenza di % troviamo la preferenza del legislatore per il piano di conco in continuità aziendale rispetto a
quello liquidatorio)
 ad es una proposta in continuità diretta di prosecuzione dell’A di impresa, offre il 35% ai crediti chirografari, in queste
condizioni con l’attestatore che si spende sulla possibilità che effettivamente i creditori ottengano questo livello di
soddisfacimento, in queste condizioni la proposta concorrente è inammissibile.
 Quindi le proposte concorrenti sono funzionali da un lato a stimolare il debitore ad offrire il più possibile perché se il
debitore supera queste soglie non c’è la possibilità di una concorrenza di proposta.
Ma se il debitore resta al di sotto di queste soglie allora la sua proposta si espone al rischio di proposte concorrenti.

CARATTERISTICHE:
 il creditore che formula la proposta di conco ha massima libertà negoziale;
 Il creditore che formula la proposta può votare sulla sua proposta concorrente
A CONDIZIONE CHE il creditore sia collocato all’interno di una propria classe (unipersonale) di creditori.
Il conflitto di interessi viene superato con l’onere di formazione della classe: se il creditore che formula la
proposta concorrente vuole votare sulla sua proposta, allora deve prevedere una specifica classe in cui lui solo
sarà collocato. Se non vuole votare, non fa la classe.
 la proposta può essere:
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1-completamente autonoma rispetto a quella del debitore, ad es 5% proposta del debitore in continuità aziendale
diretta; 20% proposta concorrente con conco liquidatorio è una proposta completamente diversa rispetto a quella del
debitore ed è in grado di estrarre dal patr del debitore risorse superiori a beneficio dei creditori.
il legislatore non obbliga a preferire a prescindere una proposta in continuità aziendale se non consente il miglior
soddisfacimento dei creditori. Saranno i creditori a scegliere.
2-derivata dalla proposta del debitore, cioè la fa propria ma la migliora in alcuni aspetti.
3-parassitaria, la proposta ovviamente è diversa da quella del debitore, ma il piano è uguale, ad es stesso piano in
continuità aziendale dove si dice “il debitore ha in testa di esercitare l’A di impresa nei prossimi anni. Con i risultati che il
debitore incasserà nei primi 5 esercizi, andrà a pagare il 15% ai crediti chirografari”. Un creditore formula una proposta
concorrente pari al 20%. In questo caso la proposta conco sfrutta il piano del debitore, ma adegua le cifre a ciò che può
risultare dai risultati della prosecuzione dell’A di impresa.
4-una proposta acquisitiva, cioè un soggetto chiamato ASSUNTORE offre di sostituirsi al debitore nell’adempimento
delle obbligazioni concordatarie acquisendo l’intero attivo concordatario.
Quindi non ci sarà più il debitore che si impegna nei confronti dei creditori, ma c’è un terzo in bonis che si offre di pagare
l’X % ai creditori e in cambio si tiene tutto l’attivo concordatario, cioè tutto l’attivo che appartiene al debitore.
4-oppure x SRL o SPA, una proposta sempre acquisitiva, che preveda l’aumento di cap soc con esclusione del diritto di
opzione e sottoscrizione offerta al soggetto che formula la proposta concorrente, in modo da scacciare i vecchi soci,
diventare proprietario della S debitrice e pagare i creditori con il conferimento i creditori concorsuali.
è considerata una nuova causa del diritto di opzione

APPROVAZIONE DELLA PROPOSTA DI CONCO


Il punto focale della procedura è consentire ai creditori di votare sulla proposta di conco in modo consapevole e
informato.
Prima di tutto, con il decreto di ammissione alla procedura di conco si convocano i creditori e si fissa un’adunanza oggi
ancora fisica, cioè i creditori si presentano in trib, oppure tramite PEC. Con il CCI, il voto sarà espresso solo in maniera
telematica.

RIDURRE AL MINIMO L’ASIMMETRIA INIFORMATIVA: mercato e relazione del commissario giudiziale


i creditori devono esercitare il loro voto in maniera consapevole e informata, anche perché con il voto favore alla
proposta falcidiano la loro pretesa di credito. Per fare ciò, il commissario giudiziale redige una RELAZIONE sulle cause del
dissesto, sulla condotta del debitore, contenuto della proposta di conco, garanzie offerte, e poi ancora deve illustrare le
utilità che in caso di fall possono essere apportate dalle azioni risarcitorie o revocatorie che potrebbero essere
promosse nei confronti dei terzi  QUINDI la piena informazione dei creditori consiste nella consapevolezza di ciò che
potrebbero ottenere da una proce alternativa al concordato, quale è il fall.
 Almeno 45 gg prima dell’adunanza il commissario giudiziale deve depositare questa relazione;
 Fino a 30 gg prima dell’adunanza si possono presentare proposte concorrenti;
 Fino a 15 gg prima dell’adunanza tutte le proposte possono essere modificate;

DURANTE L’ADUNANZA
▪ C’è una discussione sul contenuto della proposta di conco tra debitore, creditori, commissario giudiziale.
▪ Nel conco prev, a ≠ del fall, non esiste una fase endoconcorsuale di accertamento del passivo e non si
interrompono i rapporti processuali e pendenti, quindi se esistono contestazioni sull’entità e sulla consistenza dei
crediti, queste contestazioni sono risolte all’esito di un ordinario processo di cognizione.
Se c’è contestazione sull’esistenza, sull’importo, sulla qualità del credito chirografario o privilegiato, non si può
aspettare il passaggio in giudicato della sentenza che decide il processo di cognizione.
QUINDI il giudice delegato, ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, deve decidere se ammettere
al voto un credito contestato e per quale importo ammetterlo, ma è una decisione che non ha effetti fuori dalla
procedura di conco prev, quindi non contamina il processo di cognizione sull’accertamento del credito.
▪ I creditori votano: Tendenzialmente votano solo i creditori chirografari. I creditori privilegiati non votano solo
se sono destinatari di una proposta di integrale soddisfacimento: il debitore deve offrire ai privilegiati un
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integrale soddisfacimento se effettivamente il privilegio insiste su un bene capiente. Se il bene non copre l’intero
ammontare del credito, e il credito deve essere soddisfatto per un valore pari al valore del bene, per la differenza
verrà trattato come credito chirografario, e il privilegiato per quella parte c.d. degradata vota come se fosse un
creditore chirografario.
La proposta si dice approvata se viene raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto, e se ci sono
delle classi, anche a maggioranza delle classi. Non rilevano le teste dei creditori ma rilevano solo gli importi dei
crediti.
Quindi la minoranza subisce le decisioni della maggioranza e subisce dunque la falcidia concordataria.
È proprio per l’esistenza del principio di maggioranza che il conco è un simil accordo e non un vero
accordo(contratto), perché il contratto chiede la volontà delle parti, mentre il principio di maggioranza prescinde dalla
volontà della minoranza sulla base della assunzione che la maggioranza effettivamente sia in grado di meglio
selezionare per tutti qual è la proposta più soddisfacente. Quindi è qualcosa di diverso rispetto al contratto.

VALORE DEL SILENZIO DEI CREDITORI


LF 1942 il silenzio era considerato dissenso. Nel 2012 il silenzio diventa un silenzio-assenso. Nel 2015 si ritorna al
silenzio-dissenso: i creditori che non votano sono considerati come se avessero votato contro.
La questione nasce per regolare il peso degli astenuti nella fase di voto: cioè quelli che non votano, sono calcolati al
denominatore. Al denominatore abbiamo la massa dei crediti ammessi al voto, ad es. 4.000.0000 milioni di crediti
ammessi al voto, il che significa che il conco deve essere approvato da tanti voti che rappresentino 2.000.000 milioni +
1 euro di crediti ammessi al voto. Ma gli astenuti sono calcolati in questi 4.000.000 milioni. Questo impone al
legislatore di decidere dove devono andare a finire non solo al denominatore, ma anche al numeratore.
 la soluzione più equa o rappresentativa dell’effettiva volontà dei creditori sarebbe quella di non calcolarli al
denominatore e al numeratore, perché così non pesano nella formazione del quorum deliberativo.

CONFLITTO DI INTERESSI
Sono esclusi dal voto:
-coniuge, parenti e affini fino al 4° grado;
-la S che controlla la S debitrice, le S da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo, cioè sostanzialmente
tutte le S che appartengono al gruppo a cui appartiene la S in conco, anche se sono creditrici, non votano sulla proposta
di conco;
 in questi casi il conflitto di interessi si presume;

REVOCA DELL’AMMISSIONE DEL DEBITORE ALLA PROCE DI CONCO


Il trib, anche se è già stata approvata la proposta di conco può revocare il decreto di apertura. Ipotesi:
1) la prima riguarda una falsa rappresentazione della situa patrimoniale o qualunque atto di frode che sia in
grado di alterare la reale percezione della consistenza non solo del patr ma anche della proposta concordataria
da parte dei creditori, ad es quando il commissario giudiziale nell’esercizio della sua A di vigilanza accerta che il
debitore abbia occultato o dissimulato parte dell’attivo, quindi si è nascosto qualcosa dell’attivo. Oppure ha
esposto passività insussistenti, quindi ha ingigantito il passivo per far intravedere ai creditor la possibilità di
incassare poco, e quindi indurre i creditori ad accettare una proposta a basso prezzo rispetto a quello che
effettivamente il patr del debitore potrebbe offrire.
la falsa rappresentazione da parte del debitore incide sull’adeguatezza dell’informazione dei creditori che è
presupposto fondamentale per il corretto esercizio del diritto di voto.
Il conco prev è cmq una proce nella quale i creditori si devono poter fidare del debitore: c’è una sorta di etica nella proce
di conco. Se il debitore non merita di proseguire nella proce, l’ammissione alla procedura viene revocata dal trib.

2) La seconda è il compimento di atti non autorizzati. Il debitore subisce uno spossessamento limitato, ovvero
deve munirsi dell’autorizzazione del giudice delegato per il compimento di atti eccedenti l’ordinaria ammin. SE il
debitore compie atti eccedenti l’ordinaria ammin senza l’autorizzazione del giudice delegato, anche in questo
caso ha tradito la fiducia degli organi della procedura e violato le regole concordatarie e quindi viene revocata
l’ammissione. In realtà poi questa violazione viene mitigata dalla giuri, perché se il debitore ha compiuto un atto
eccedente l’ordinaria ammin ma senza autorizzazione MA tutto sommato innocuo dal punto di vista della
consistenza del patr in buona fede, allora c’è tendenza a chiudere un occhio sulla revoca dell’ammissione.

3) Se il trib, in qualunque momento della proce, si rende conto che mancano alcune condizioni di ammissibilità
del conco, ad es l’imprenditore è un imprenditore commerciale, è in stato di crisi, supera le soglie di fallibilità,
non c’è la relazione di attestazione etc.
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ESITO
A)Se la proposta non è approvata e c’è istanza di fall da parte dei creditori o del P.M., il trib dichiara il fallimento se ne
ricorrono i presupposti. Se non c’è un’istanza di fallimento, il debitore, anche se dichiaratamente in crisi, torna in bonis.
Può presentare lui stesso un’istanza di fall in proprio.
**la domanda di conco, oltre ad essere iscritta nel RDI, deve essere anche trasmessa all’ufficio del PM perché sia
presente per reagire anche a situazioni di stallo che si possono verificare se mancano altre istanze di fall.

B)Se la proposta è approvata, il Trib, verifica la regolarità della proce e l’esito della votazione, e omologa il conco con
decreto reclamabile in Corte di Appello.
Nel giudizio di omologazione però si possono introdurre anche delle OPPOSIZIONI di qualunque interessato.
-Se fa opposizione un creditore contestando la non ammissione o ammissione di un credito, l’opposizione diventa
rilevante i fini dell’omologazione solo se il voto del creditore sarebbe stato determinante ai fini della non approvazione
del conco.
ad es non è stato ammesso al voto un creditore che avrebbe votato contro la proposta di conco e il suo voto sarebbe
stato determinante per rigettare la proposta di conco, allora il trib se c’è l’opposizione del creditore contestato, può
riesaminare il provvedimento del giudice delegato. Se va di contrario avviso, ammettendo al voto il creditore contestato
e opponente, può constatare che non si sarebbe approvata in realtà la proposta di conco, quindi rigettare
l’omologazione.
- se un creditore dissenziente che appartiene a una classe dissenziente oppure, senza classi, i creditori dissenzienti che
rappresentano il 20% dei crediti ammessi al voto, propongono un’opposizione di omologazione riguardo la
convenienza della proposta di conco, allora il trib può giudicare sulla convenienza della proposta di conco in sede di
omologazione (anche se il trib non valuta normalmente la convenienza della proposta, né in sedee di ammissione né in
sede di omologazione)  E in questo caso il trib decide omologando il conco qualora ritenga che il credito possa
risultare soddisfatto dal conco in misura NON inferiore rispetto e al risultato atteso dal fall.

 Il conco prev termina con il decreto di omologazione. Dopo l’omologazione segue l’ESECUZIONE, cioè la fase in cui i
creditori incassano l’obbligazione concordataria.
è sempre un’esecuzione diversa a seconda del piano di concordato. Quindi gli atti di esecuzione dipendono
strettamente dal contenuto del piano.
--Se è un piano liquidatorio si dovrà procedere a gare per la selezione del miglior offerente.
--Se è un piano in continuità indiretta che prevede la cessione dell’azienda si farà lo stesso soltanto che oggetto della
vendita non saranno i singoli beni ma sarà l’intero complesso aziendale.
--Se invece il piano è in continuità diretta la S viene sostanzialmente restituita ai pieni poteri di ammin dell’organo di
ammin che dovrà proseguire la sua A di impresa in maniera coerente con quanto previsto nel piano, in maniera tale che
sia profittevole e quindi consenta anche l’adempimento delle obb concordatarie.

DURATA: massimo 5 anni dalla omologazione del conco.

 SE IL CONCO VIENE OMOLOGATO SULLA PROPOSTA CONCORRENTE, il debitore deve dare esecuzione al conco
omologato sulla proposta concorrente.
Ad es in caso di proposta concorrente che prevede l’aumento del cap soc con esclusione del diritto di opzione, un
aumento di cap soc richiede una deliberazione dell’ass straordinaria, e quest’ultima deve essere convocata dagli
ammin, allora ci troviamo in una situa in cui per dare esecuzione alla proposta concorrente occorre una collaborazione
degli organi della S debitrice, organi che magari non sono molto disponibili per il fatto che la loro proposta, cioè quella
della S debitrice, è stata superata dalla proposta concorrente.
si prevede proprio in questo caso una speciale disci sull’esecuzione del conco per cui sia il commissario giudiziale, sia
il creditore che ha formulato la proposta concorrente, a fronte dell’inerzia del debitore e degli organi della S
debitrice, possono rivolgersi al trib per:
-chiedere l’attribuzione dei poteri necessari al commissario per compiere gli atti che non compie il debitore;
-e per nominare un amministratore giudiziario, previa revoca degli ammin della S in procedura, attribuendogli i poteri
che riguardano la convocazione dell’ass straordinaria avente ad oggetto la delibera di aumento, e l’esercizio del voto.
Quindi il trib attribuisce all’amministratore giudiziario sia il potere degli ammin di convocare l’ass, sia il potere dei
soci di votare in ass per l’approvazione dell’aumento del cap soc. Quindi attraverso questa figura si supera l’inerzia
degli organi della S.
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IN CASO DI INADEMPIMENTO DEL DEBITORE ALLE OBB CONCORDATARIE SI HA RISOLUZIONE DEL CONCO
è risolvibile un conco al quale il debitore:
-non adempie in maniera importante
-nei confronti di più creditori
-ed è necessario che i creditori facciano domanda entro 1 anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo
adempimento previsto dal conco.
 senza l’iniziativa di alcun creditore, decorso l’anno, a quel punto il conco non può più essere risolto e al contempo
non viene eseguito.
MA è pacifico che si proponga un’istanza di fall del debitore anche senza aver la risoluzione del conco.
se il conco viene risolto, l’effetto è che il creditore torna titolare dell’originaria obbligazione.
 Quindi se c’è risoluzione di conco e al contempo c’è una istanza di fall, alla risoluzione del conco consegue il fall
del creditore. Nel fall i creditori portano, con la domanda di ammissione al passivo, l’originario credito anteriore
alla falcidia disposta dall’omologazione del conco.

MA, come nella disci dei contratti, oltre alla risoluzione si può chiedere l’adempimento: Ad es il creditore al quale è
stato promesso un pagamento del 20% potrà munirsi di un decreto ingiuntivo o di un titolo esecutivo per aggredire il
patr del debitore relativamente a questo 20%. Quindi può agire per l’esecuzione in alternativa all’azione per la
risoluzione. La risoluzione ha ad oggetto l’intero concordato, l’esecuzione viene promossa relativamente a singole obb
concordatarie.

ANNULLAMENTO DEL CONCO


anche l’annullamento rimuove gli effetti dell’omologazione del condo.
Il presupposto è una falsa rappresentazione della situa patrimoniale che ha indotto in errore i creditori, che non è stata
percepita durante la procedura, se no avrebbe provocato la revoca dell’ammissione del debitore.
Questa falsa rappresentazione legittima solo i creditori ad invocare l’annullamento del concordato.

RAPPORTO TRA CP E FALL


1) la cass SU nel 2015 ha affermato la prevalenza del CP al fall, quindi prima di tutto occorre provarci con il conco.
-se si presenta prima istanza di fall e poi la domanda di conco prev
-o si presenta la domanda di conco e poi l’istanza di fall
->l’istanza di fall viene accantonata, messa da parte, intanto per vedere come va la procedura di conco.
->se la proce di conco non va, si torna a prendere in considerazione il fall e ci può essere la consecuzione del fall al
concordato.

2)Mentre nel fall lo spartiacque tra prima e dopo, ad es tra i creditori concorsuali e i creditori non concorsuali, è la
dichiarazione di fall Nel concordato preventivo lo spartiacque è la data di deposito della domanda di concordato.

3)Il fall non ha efficacia esdebitatoria. Il debitore, a certe condizioni può chiedere l’esdebitazione.
Nel conco l’imprenditore viene invece liberato dei debiti che vanno oltre la percentuale concordataria.
si ha una esdebitazione del debitore che non corrisponde a una estinzione delle obbligazioni, ma
corrisponde amuna causa di inesigibilità del credito ulteriore rispetto a ciò che viene offerto al creditore con la
proposta di concordato prev che si è approvata. MA restano invariati i diritti contro i coobbligati.

CONCORDATO FALLIMENTARE

A COSA SERVE:Mentre il conco prev è alternativo al fall e lo previene, il conco fall invece presuppone la dichiarazione di
fall (l’imprenditore è già dichiarato fallito), cioè si cala all’interno di una procedura di fall già aperta e serve a chiuderla in
maniera alternativa alle 4 ipotesi previste dall’art. 118 LF.
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INIZIATIVA:Nel conco prev solo il debitore può chiedere l’accesso al conco. Poi una volta che il debitore ha con la sua
domanda provocato l’apertura della proce di conco prev, all’interno della proce possono essere calate anche proposte
concorrenti.
Invece la proposta di conco fall può essere presentata con ricorso al Giudice Delegato:
-da uno o più creditori oppure da un terzo.
-Anche il fallito può presentare una proposta di conco, MA solo:
1 decorso 1 anno dallla dichia di fall;
2 e purche’ non siano decorsi 2 anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
 Quindi: i creditori e un terzo la possono presentare sempre; il fallito solo in questa finestra temporale.

La proposta “normale” di conco fall è la proposta ACQUISITIVA, cioè una proposta con la quale sostanzialmente un
terzo (assuntore), che può essere il proponente stesso, o il soggetto indicato dal proponente, si sostituisce al debitore nel
dare soddisfazione ai creditori concorsuali durante la procedura fallimentare e in cambio rileverà tutto l’attivo
fallimentare (ad es pagherà x% ai creditori chirografari; il 100% ai creditori privilegiati (perché anche nel conco fall i
creditori privilegiati devono essere trattati come nel conco prev, quindi pagati integralmente salvo che il bene sul quale
insiste la causa di prelazione non abbia capienza).

STRUTTURA: Strutturalmente è molto simile al conco prev (= contenuto proposta; modalità di votazione; omologazione;
esecuzione; risoluzione; annullamento);
IMPORTANTI DIFFERENZE nelle fasi essenziali:
1)La proposta
Il contenuto della proposta può essere molto ampio e può prevedere:
- il pagamento in percentuale e dilazionato dei creditori;
- soddisfacimento dei creditori in qualunque forma(es. cessione di beni);
- suddivisione di creditori in classi;
- trattamenti differenziati fra i creditori appartenenti a classi diverse;

nel conco fall c’è l’accertamento del passivo fallimentare, quindi il proponente (≠ dal fallito ma = a uno o più creditori
o il terzo) può impegnarsi solo nei confronti dei creditori concorrenti, cioè quei creditori che sono stati ammessi al
passivo: quindi avere resp limitata.
La proposta può avere ad oggetto anche le azioni esercitabili dal curatore fallimentare solo a seguito della dichia di fall
e non già presenti nel patr del fallito, quali tipicamente sono le azioni revocatorie fall.
Queste possono essere trasmesse all’assuntore proponente del conco fall, che ovviamente lo voglia, e questo andrà a
incrementare il valore dell’attivo che viene trasferito e quindi tendenzialmente anche quanto viene pagato o promesso
dal proponente in cambio dell’attivo.
Anche nel conco fall è possibile che ci sia una concorrenza di più proposte. Le proposte concorrenti possono essere
presentate da qualunque creditori, qualunque sia il credito e qualunque terzo può proporre la proposta. Quindi non c’è
il requisito del 10% dei crediti per poter fare una proposta concorrente, come nel conco prev.
Nel momento in cui ci siano più proposte, quelle meritevoli saranno ammesse al voto e ci sarà competizione tra
proposte, quella che prende più voti sarà la proposta vincente.
!!! Si parla di proposte concorrenti perché sono tutte proposte in competizione tra di loro che però non concorrono con
la proposta del debitore ma con la proposta di altri soggetti terzi o creditori.

2)L’approvazione:
Il giudice delegato deve esaminare la proposta valutando la sua ammissibilità con il fine poi di trasmetterla ai creditori
per l’espressione del diritto di voto. Il giudice delegato valuta avendo cmq già acquisito i pareri del curatore e quello
favorevole e vincolante del comitato dei creditori, quindi entrano in gioco ancora una volta i 3 organi della proce di fall.
Quindi valuta e decide x la ammissibilità della proposta, e poi la trasmette ai creditori.
 Quindi i 3 organi vagliano la proposta e, se la ritengono ammissibile e conveniente, essa viene trasmessa ai creditori.

I creditori ricevono la proposta, e votano: quindi sola maggioranza dei crediti ammessi al voto (c’è un’ammissione dei
creditori alla procedura perché il debitore è già fallito, quindi è già nella procedura fallimentare) + maggioranza di classi
se sono state costituite le classi.
E nel conco fall, a differenza del conco prev, il silenzio vale assenso, quindi i creditori che non votano contribuiscono
all’approvazione del conco fall.
Perché c’è silenzio-assenso?
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Perché nel conco fall la proposta passa attraverso un filtro di merito degli organi della procedura, i quali valutano anche
la convenienza del conco fall, un filtro che non nel conco prev.
Nel conco prev il trib valuta soltanto l’ammissibilità della proposta, cioè la sua conformità alla fattispecie astratta
richiesta dal legislatore ai fini dell’ammissione. Quindi il giudizio di convenienza è completamente rimesso al voto dei
creditori.

LA CONVENIENZA nel conco fall può riguardare:


-sia il migliore soddisfacimento dei creditori;
-sia l’accelerazione della chiusura della proce di fall, perché proposta di conco fall si approva con le stesse regole di
maggioranza e voto che abbiamo visto nel conco prev e all’approvazione della proposta consegue l’omologazione del
conco fall, allora si chiude la proce di fall e i creditori non troveranno soddisfazione nella proce di fall che si è chiusa ma
nella successiva esecuzione del conco fall omologato.

3) L’omologazione
Una volta approvato, il concordato deve essere sottoposto al giudizio di omologazione del Tribunale che ne valuta la
legittimità(valuta se ci sono i presupposti) ed emette “decreto di omologazione” non ricorribile.
L’omologazione segue il rito del conco prev e un effetto importante dell’omologazione è quello dell’ESDEBITAZIONE.
Il fallito viene esdebitato, cosa che non avviene con la chiusura del fall, ma invece avviene con l’omologazione del conco
fall e del conco prev.
Per quanto riguarda esecuzione, risoluzione e annullamento ha disci identica a quella del conco prev, in particolare:
-L’esecuzione del concordato spetta al fallito sotto la sorveglianza del Giudice Delegato, del Curatore e del Comitato dei
Creditori.
-Risolto: su domanda dei creditori, in caso di inadempimento degli obblighi da parte del fallito.
Annullato: su richiesta del Curatore o di un creditore se si scopre una esagerazione dolosa del passivo o una sottrazione
o dissimulazione dell’attivo.
Con la risoluzione o l’annullamento del concordato si riapre automaticamente la procedura fallimentare.

L’ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI

PRESUPPOSTO:
In materia di contratti si prevede che con il contratto non solo si costituisce ma anche si modifica un rapporto
contrattuale, quindi si modificherà il precedente rapporto contrattuale. Quindi se c’è un rapporto in crisi, è sufficiente un
successivo contratto per rimodulare le obbligazioni preesistenti.
Ad es se non riesco a rimborsare il mutuo e ho un contratto stipulato con una banca, posso andare in banca e chiedere
una modifica del piano di ammortamento, quindi un allungamento delle rate. Quello che vado a stipulare è un contratto
che modifica il contenuto di un preesistente contratto.

QUINDI è sostanzialmente come un vero e proprio accordo tra il debitore e uno o più creditori che esplica effetti
tipicamente contrattuali, cioè si fa veramente riferimento ad un contratto tra il debitore e il creditore funzionale alla
ristrutturazione del debito che vuol dire rimodulazione dei rapporti obbligatori (che sia una rimodulazione che comporta
soltanto una rateizzazione dei pagamenti, una falcidia degli interessi, etc, questo è tutto rimesso alla libera volontà delle
parti.
INFATTI A COSA SERVE L’ARD? a consentire al debitore di superare il suo stato di crisi.

Cosa fa in più questo accordo se inserito all’interno della convenzione prevista dall’art. 182 bis LF?
In più assicura, a certe condizioni, che gli atti, pagamenti, costituzioni di garanzia, compiuti in esecuzione di un accordo
di ristrutturazione di debiti omologato, sono esonerati da revocatoria fallimentare. Sostanzialmente, se il debitore
fallisce, il curatore fallimentare non può esercitare azioni di revocatoria fallimentare relativamente agli atti compiuti in
esecuzione dell’accordo di ristrutturazione.
Questo effetto si produce nell’ipotesi di fall del debitore e quindi nel caso di insuccesso dell’accordo di ristrutturazione
dei debiti, quindi solo se le cose vanno male e se l’accordo si dimostra ex post inidoneo al superamento della crisi e il
debitore fallisce.
Questo è un effetto ulteriore rispetto all’effetto del contratto e che riguarda soggetti esterni al contratto, cioè è un
effetto che va al di là del contratto perché incide sulla massa dei creditori, quindi sui terzi e non sulle parti dell’accordo.
Immaginiamo che l’accordo di ristrutturazione preveda il pagamento di un creditore aderente all’accordo per l’80%. Il
debitore paga quanto promesso al creditore, poi le cose vanno male, il debitore fallisce e quel pagamento, anche se
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avvenuto subito prima della dichia di fall, non può essere revocato dal curatore fallimentare perché è stato compiuto in
esecuzione di un accordo di ristrutt dei debiti.
Ora, il fatto che quel pagamento non possa essere aggredito con l’azione revocatoria fallimentare determina un danno
per i creditori concorrenti al fall che non potranno recuperare quanto è stato pagato dal debitore in condizioni in cui
l’azione revocatoria fallimentare si sarebbe potuta esercitare se il pagamento non fosse stato oggetto di ARD.

Quali sono le condizioni previste dall’art 182 bis il quale disciplina gli accordi di rist debiti?
UN PRESUPPOSTO OGGETTIVO: è il generico stato di crisi (presupposto = del conco prev).
UN PRESUPPOSTO SOGGETTIVO: semplicemente dell’imprenditore che si trova in stato di crisi (non si specifica che deve
essere commerciale) quindi sia l’imprenditore commerciale sia l’agricolo può avvalersi dell’ARD.
Un istituto analogo è previsto anche dalla legge 3 del 2012 sul sovraindebitamento, che è una legge speciale che
prevede procedure concorsuali a beneficio di soggetti non fallibili, quindi l’imprenditore agricolo può anche
usufruire di questi istituti.
ADESIONE MINIMA: è necessario che aderiscano all’ARD almeno il 60% dei crediti.
questa % è importante non per l’l’efficacia dell’accordo tra le parti ( ad es la rimodulazione del mutuo è efficace tra il
debitore e la banca, però ha effetto solo tra le parti, non ha effetto anche per i terzi). Per arrivare ad avere effetto anche
per i terzi, occorre un accordo al quale aderiscano almeno il 60% dei crediti (non teste dei creditori).
 il 60% non è una maggioranza, ma se vogliamo è una % di serietà dell’accordo: qui non si applica il principio
maggioritario come invece si applica nel conco prev. Qui i creditori sono aderenti o non aderenti. Ci sta chi ci vuole stare,
chi non ci vuole stare non ci sta. Quindi al contrario del conco prev, il creditore non aderente non subisce gli effetti
dell’ARD. È un accordo che può essere composto da un accordo soltanto se aderisce un creditore soltanto che pesa il
60% oppure da un fascio di accordi per arrivare al 60% dei crediti aderenti, quindi se è necessario coinvolgere più
creditori. % destinata a scendere al 30% con il CCI.

CONTENUTO LIBERO + DOCC ALLEGATI: il 182 bis non prevede un particolare contenuto dell’accordo quindi
l’imprenditore è libero di pattuire con i creditori aderenti le modalità più opportune di ristrutturazione dei debiti
(pagamento in percentuale, dilazione o rateizzazione dei pagamenti, ecc.) è rimesso alla volontà del debitore e dei
creditori MA l’accordo deve essere accompagnato da gran parte dei docu da allegare alla domanda di conco prev quindi
bilanci, elenco dei creditori e soprattutto dalla relazione di attestazione redatta da un professionista indipendente ma
nominato dal debitore, che ancora una volta attesti la veridicità dei dati aziendali, la fattibilità e attuabilità dell’accordo e
idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori non aderenti. Quindi sostanzialmente c’è un professionista che
ci mette la faccia attestando che effettivamente quell’accordo può essere eseguito e consente l’uscita del debitore dalla
crisi.

INTEGRALE PAGAMENTI DEI NON ADERENTI: i creditori che non ci stanno devono essere pagati integralmente o entro
120 gg dalla data di omologazione dell’ARD o scadenza del credito, quindi i crediti scaduti prima del deposito nel RDI
dell’ARD devono essere pagati dopo 120 gg dalla omologazione dell’accordo.

TRATTATIVE: Il debitore ha la possibilità di chiedere una maggiore protezione sul proprio patr anche nella fase delle
trattative funzionali alla stipulazione dell’ARD, perché il suo patr si trova esposto alle possibili aggressioni dei creditori
soprattutto quando il debitore va a trattare con i creditori, quindi prima che si sia formato l’accordo. In questo contesto il
debitore non può che confessare la propria crisi ai creditori con i quali va a trattare per ottenere un risultato di
ristrutturazione del debito. Allora ci sarà sempre qualcuno che presenta un’istanza di fall, oppure ottiene un decreto
ingiuntivo funzionale all’iscrizione di una ipoteca giudiziale etc.
Allora il legislatore consente al debitore di chiedere, prima ancora della formazione dell’accordo, una protezione (cioè
di essere posto al riparo dalle azioni cautelari o esecutive individuali dei creditori) depositando presso il trib una proposta
di ARD (senza piano) con una autocertificazione dell’imprenditore che dichiara di avere rapporti con i creditori che
aderiranno almeno per il 60% dei crediti e con la relazione di attestazione sull’idoneità della proposta.
L’istanza di sospensione è pubblicata nel registro delle imprese e da quel momento preclude provvisoriamente l’inizio o
la prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari.
Il tribunale verifica i presupposti e se la verifica ha esito positivo, concede con proprio decreto all’imprenditore la
protezione dai creditori, consolidando gli effetti prodotti dalla pubblicazione dell’istanza. Inoltre, fissa un termine non
superiore a sessanta giorni per il deposito dell’accordo raggiunto e della documentazione.

DOMANDA DI OMOLOGAZIONE:
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Dopo la stipulazione dell’accordo, il debitore deve fare domanda di omologazione al tribunale, corredando il ricorso con
la relazione del professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali, l’attuabilità dell’accordo e la sua idoneità ad
assicurare l’integrale pagamento ai creditori estranei.
L’accordo è pubblicato nel RDI, e dal giorno della pubblicazione acquista efficacia dalla pubblicazione dell’accordo
scatta anche il divieto per creditori anteriori di intraprendere azioni cautelari o esecutive individuali per 60
gg(AUTOMATIC STAY)

I creditori ed ogni altro interessato possono presentare opposizione contro l’omologazione entro trenta giorni dalla
pubblicazione dell’accordo; questo perché i creditori estranei, in caso di fallimento, sarebbero pregiudicati
dall’irrevocabilità degli atti esecutivi.
Trascorso il termine per la presentazione di opposizioni, il tribunale decide sull’omologazione con decreto motivato.
Con l’omologazione dell’accordo da parte del trib, si chiude la proce di ARD. Ci sarà l’adempimento dell’obbligazione
dedotta nell’accordo.
Se il debitore non adempie all’accordo, sia i creditori che hanno sottoscritto l’accordo che gli altri possono
riprendere ad esperire azioni esecutive individuali o richiesta di fallimento.
QUINDI nell’ARD prima abbiamo l’accordo e poi abbiamo la procedura, ma è una procedura estremamente ridotta
limitata all’omologazione.
Nel conco prev invece abbiamo prima la domanda di conco, e soltanto con l’approvazione dei creditori la proposta può
essere accettata, quindi nel conco prev il simil accordo si forma all’interno della proce.

In caso di fallimento dopo l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione, si pone il problema se le obbligazioni assunte
dal fallito diano origine a crediti prededucibili. Bisogna dare risposta positiva.

RISOLUZIONE:Si dubita della possibilità di invocare la risoluzione in sé dell’ARD nel caso di inadempimento perché non
c’è una norma analoga a quella per la risoluzione del conco prev Non esiste quindi la risoluzione dell’accordo
complessivo ma ci saranno singoli rimedi contrattuali come reazione all’inadempimento delle obbligazioni del debitore
che però riguarderanno i singoli rapporti obbligatori rimodulati attraverso l’accordo di ristrutt dei debiti.

SVANTAGGIO: È un procedimento piuttosto farraginoso anche perchè richiede il contraddittorio con tutti i creditori.
Inoltre, è piuttosto frequente che la protezione funzionale alla stipulazione dell’ARD sia ottenuta dal debitore attraverso
una domanda di conco in bianco, perché questa da sola produce gli effetti dell’automatic stay,
MA con gli svantaggi tipici però della fase di pre-concordato, tra i quali ci può essere:
1-non è obbligatorio ma è frequente, la nomina di un commissario giudiziale, mentre con l’accordo puro questa nomina
non c’è, quindi non c’è vigilanza dell’organo nominato dal trib;
2- c’è lo spossessamento attenuato per cui il trib deve autorizzare gli atti eccedenti l’ordinaria ammin, che non ci sarebbe
nell’accordo puro;
3- il debitore deve trasmettere informazioni periodiche al trib;
 quindi se il debitore vuole proteggere in maniera facile ed efficace il suo patr deposita la domanda di conco in bianco
e nel frattempo durante la fase di pre-concordato coltivare le trattative per arrivare a un ARD, può farlo ma paga un
costo in termini di maggiore rigidità gestionale.
Da questo punto di vista si parla di un percorso a Y.
Il debitore può uscire dalla fase di pre-concordato sia depositando una proposta di conco prev, sia depositanto una
domanda di omologazione di ARD.

Se invece vuole mantenersi libero: o fa le trattative senza protezione oppure ricorre al procedimento previsto dall’art
182 bis con il deposito al trib di una proposta di ARD.
+ si parla di percorso a doppia Y perché anche dalla proposta di ARD, se il trib concede la protezione, si può uscire con
conco prev al posto dell’ARD.

 QUANDO E’ UTILE: L’accordo di ristrutt è il tipico strumento che si utilizza quando ci sono pochi creditori ma
importanti che mettono insieme la massa dei crediti del 60% perchè altrimenti comporterebbe dei costi di transazione
inaccettabili di tempo, risorse etc.
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Quindi quando ci sono molti creditori l’istituto da utilizzare è il conco prev perché il principio maggioritario schiaccia i
creditori piccoli e dissenzienti che alla fine vanno a rappresentare la minoranza dei crediti ammessi al voto.
VANTAGGIO DELL’ARD: rispetto al conco prev c’è una libertà di confezionamento dell’accordo superiore.
Nel conco prev i creditori privilegiati devono essere soddisfatti integralmente, allora è difficile da attuarsi quando c’è un
patr immobiliare tutto ipotecato. E’ chiaro che il valore derivante dalla liquidazione di quel patr sarà messo a
disposizione solo dei creditori ipotecari e non anche degli altri creditori.
Quindi quando ci sono le crisi delle grandi società immobiliari non si usa il conco prev ma si usa l’accordo di
ristrutturazione dei debiti dove la falcidia del creditore privilegiato non è limitata come invece è limitata nel conco prev.

EVOLUZIONENel 2006 il legislatore ha posto anche questo istituto per la regolazione della crisi di impresa, è stato
più volte riformato nel corso del tempo ed oggi (ad es previsione della protezione sul patr del debitore nel corso del
giudizio di omologazione), nonostante non sia un conco, la giuri gli riconosce la natura di proce concorsuale. Secondo
Rossi è veramente un istituto di natura negoziale e non una proce concorsuale.
Qui il trib interviene nel breve lasso temporale di 60 gg tra la domanda di omologazione e l’omologazione stessa. Una
volta che l’accordo è stato omologato abbiamo una successiva fase di esecuzione, ma non c’è neanche un commissario
giudiziale chiamato a sorvegliare sull’esecuzione dell’ARD.

Quali conseguenze ha il fatto che sia ritenuta una proce conco?


-si ha la prededuzione dei crediti (sorti in occasione e in funzione delle proce della LF) nell’eventuale fall successivo 
si ha quindi CONSECUZIONE TRA ARD E FALL.
In realtà la cassa voleva semplicemente ammettere l’applicazione analogica di alcune norme sul conco prev
all’omologazione dell’accordo di ristrutt (art. 162 LF).

MA cosa differisce l’accordo di ristrutt da una vera e propria proce concorsuale?


1- non c’è alcuna forma di spossessamento del debitore, neanche attenuato. Il debitore mantiene intatto il potere di
disposizione e di amministrazione del suo patrimonio nonostante il deposito della domanda di omologazione. E lo
spossessamento del debitore è un effetto tipico di qualunque proce conco.
2- Poi non è necessario rispettare una parità di trattamento tra i creditori, non esiste un concorso dei creditori, quindi
non devo offrire l’X % a tutti i creditori chirografari, ma ci sarà qualcuno che si accontenta del 20%, qualcun altro del
40%, un altro vuole tutto ma no gli interessi.
3- c’è massima libertà del contenuto dell’accordo, da ciò si deduce che non abbiamo a che fare con una vera e propria
proce conco.

DAL 2015, l’ art.182 septies prevede la disci dell’accordo di ristrutturazione che è caratterizzato dalla maggioranza di
debiti nei confronti di banche e intermediari finanziari.
Quando si ha una situa di questo tipo, nell’ARD può entrare l’applicazione del principio maggioritario, principio che
invece nell’ARD puro non esiste, infatti abbiamo visto che il 60% dei crediti non è una maggioranza. Se un creditore
aderisce subisce gli effetti dell’accordo non perché lo ha deciso la maggioranza ma perché quel creditore l’ha voluto. Se
un creditore non aderisce, il maggior effetto che subisce è dover aspettare 120 gg dall’omologazione per essere
integralmente pagato.
 L’art. 182 septies invece, prevede l’applicazione del principio di maggioranza anche nell’accordo di ristrutturazione dei
debiti purchè abbiano un peso prevalente i creditori bancari o finanziari.
Perché?
Intanto perché è frequente che in un ARD sia prevalente il peso dei creditori bancari e degli intermediari finanziari perché
normalmente sono degli importanti creditori. Quindi queste si coordinano tra loro per partecipare come aderenti ad un
ARD facendo un sacrificio per ottenere un risultato superiore rispetto a quello che otterrebbero dal fall E POI
tutti gli altri creditori come fornitori, dipendenti etc vengono pagati alla fine.
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Si applica il principio maggioritario per evitare 2 tipi di situazioni:


- abbiamo l’esigenza di disinnescare il dissenso opportunistico del creditore: ci può essere il comportamento
opportunistico del creditore: le banche decidono tutte di sedersi attorno a un tavolo con il debitore e accettano tutte di
fare lo stesso sacrificio (attenzione! Non è una parità di trattamento voluta ed imposta dal legi; è voluta dai creditori)
Le banche dicono “noi accettiamo di sottoscrivere l’accordo MA TUTTE DOBBIAMO RICEVERE LO STESSO
TRATTAMENTO”. In questa condizione ci può essere il creditore che va ad iscrivere un ipoteca giudiziale o ad ottenere un
decreto ingiuntivo perchè non ci sta. Sostanzialmente rompe il tavolo.
Per evitare o meglio per ridurre al minimo atteggiamenti opportunistici, il legislatore con l’art. 182 septies consente
di far prevalere la volontà di una maggioranza qualificata su una minoranza di creditori che tengono questi
comportamenti opportunistici.

-abbiamo l’esigenza di superare l’inerzia di alcuni creditori bancari e intermediari finanziari: Abbiamo delle banche,
magari reduci da loro crisi, che hanno dei processi deliberativi estremamente farraginosi, per i quali si allungano i tempi
ed è difficile trovare qualcuno (funzionario, direttore generale, etc) che si prenda la resp di accettare una falcidia del
credito della banca sperando in un migliore soddisfacimento rispetto all’alternativa fallimentare. Quindi è possibile avere
a che fare con un inerzia dei creditori bancari. Questo significa che al tavolo delle trattative ci sarà una sedia vuota e
invece magari le banche richiedono che tutti i creditori bancari siedano al tavolo delle trattative. Quindi questa sedia
vuota diventa un ostacolo all’adesione all’ARD.
per reprimere questi comportamenti il legislatore SOLO NEI CONFRONTI dei creditori banche e intermediari finanziari
ha previsto l’applicazione del principio maggioritario.

CONDIZIONI X IL FUNZIONAMENTO DI QUESTO PRINCIPIO NELL’ARD:


-i debiti verso banche e intermediari finanziari devono essere pari o superiori alla metà dell’indebitamento complessivo

-si devono creare categorie di crediti omogenei: da un punto di vista strutturale sono come le classi dei creditori nel
conco prev (cioè categorie all’interno delle quali si inseriscono creditori che abbiamo fra loro posizione giuridica e
interessi economici omogenei) ma funzionalmente sono una cosa diversa, perché non servono ad alterare il principio
della parità di trattamento, ma servono soltanto a consentire l’applicazione del principio maggioritario.

-all’interno della categoria si deve formare una maggioranza di almeno il 75% di adesioni (75% non dell’intera massa
del credito, ma dei crediti inseriti nella categoria). Qui non parliamo di voti ma di adesioni.
A questo punto i crediti inseriti nella categoria ma dissenzienti o assenti devono mandar giù l’efficacia dell’accordo.

 Alle fine, se vengono accertate queste condizioni, con l’omologazione dell’ARD il trib dispone anche l’estensione degli
effetti dell’accordo ai creditori non aderenti (MA SEMPRE solo banche e intermediari finanziari)  si deroga alla regola
per cui il contratto ha forza di legge tra le parti.

Nell’ ARD del CCI questa norma si applicherà a prescindere della natura dei crediti, quindi non soltanto relativamente
ai crediti di banca e intermediari finanziari.

EROGAZIONE DI NUOVA FINANZA – 182 quater e quinques


La disci della nuova finanza riguarda trasversalmente il conco prev e l’ARD: si prevede infatti la erogazione di nuova
finanza al debitore che accede al conco prev o presenta una domanda di omologazione di un ARD.

PRESUPPOSTO: Il fatto che un debitore prosegua l’A di impresa nonostante la situa di crisi, nell’ambito di un conco prev
(ad es in continuità aziendale), o durante l’omologazione dell’accordo di ristrtt, normalmente richiede che quel debitore
faccia ricorso a nuova finanza. E qualunque impresa ha bisogno di liquidità per pagare fornitori, dipendenti etc. È anche
normale che in una situa di crisi le banche non facciano più credito all’imprenditore in crisi, quindi è normale che la crisi
sia accelerata dalla contrazione del credito.

SOLUZIONE: x arrivare all’obbiettivo di conservazione l’impresa (di cui beneficia l’organizzazione stessa ma anche i
creditori), il legislatore prevede che possa essere erogata nuova finanza durante la procedura e il finanziatore è poi
soddisfatto in prededuzione, spendibile anche nel fall eventualmente successivo (con la prededuzione anche
nell’eventuale fall, nonostante questo finanziamento sia un credito che nasce al di fuori e prima del fall, il legislatore
mette in conto che le cose possano anche andare male).
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 Se le cose andranno bene della prededuzione non ci sarà bisogno perché il debitore sarà in grado di rimborsare
integralmente il credito derivante da erogazione di nuova finanza.

+ sempre sia per conco prev e ARD si prevede la sospensione degli obblighi di ricostituzione del cap soc e la
sospensione della causa di scioglimento conseguente alla perdita di cap soc, e questo standby che abbiamo detto va
dal deposito della domanda di conco all’omologazione, in realtà vale anche per l’accordo di ristrutt dei debiti, perché
alla fine il risultato di ristabilimento di una situa patrimoniale equilibrata si potrà avere sia con la falcidia imposta dal
conco omologato, sia con la falcidia dell’accordo di ristr omologato.

Allora quando viene convocata un ass di SPA o SRL perché c’è stata una perdita superiore all’1/3 del cap soc, oppure il
cap soc ha patr netto inferiore al minimo legale, si potrà risp a questa situa non soltanto con una ricostituzione del cap,
oppure con uno scioglimento della S, oppure con la trasformazione regressiva, ma anche con il deposito di una
domanda di conco prev o una domanda di omologazione di un accordo di ARD o il deposito di una proposta di ARD.

PIANO ATTESTATO DI RISANAMENTO


NON è una procedura concorsuale ma è uno strumento negoziale stragiudiziale di regolazione della crisi di impresa che
consente all'imprenditore in stato di crisi o di insolvenza di proporre un progetto, rivolto ai creditori, che possa risanare
i debiti dell’impresa e ripristinare un equilibrio della situazione finanziaria.
È semplicemente un programma di azione che dia la possibilità di fruire dell’esonero della revocatoria fallimentare.

Non è disciplinato dalla LF, avrà poi una specifica disci nel CCI. Si accenna soltanto all’art. 67 LF in materia appunto di
revocatoria fall.
Si prevede infatti che non sono soggetti all’azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del
debitore, purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della
esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.

Inoltre, sempre l’art. 67 prevede che un professionista indipendente, designato dal debitore, attesti la veridicità dei dati
aziendali e la fattibilità del piano.
INFINE, su richiesta del debitore, il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese.

LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA – è ok, ma magari rivedere su compendio o leggere su internet


La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale a carattere amministrativo cui sono assoggettate
determinate categorie di imprese.
Emerge dalle leggi speciali che la liquidazione coatta può essere disposta non solo quando vi è lo stato di insolvenza, ma
anche per gravi irregolarità di gestione o per violazione di norme di legge o regolamentari.
Inoltre, a differenza delle altre procedure, l’autorità competente a disporre la liquidazione coatta non è mai l’autorità
giudiziaria, bensì l’autorità amministrativa.

Diverso è il fine specifico della liquidazione coatta amministrativa rispetto al fallimento, in quanto l’obiettivo è eliminare
dal mercato l’impresa colpita dal relativo provvedimento, attraverso un procedimento amministrativo di liquidazione
che assicura anche il soddisfacimento dei creditori come passaggio per arrivare alla soppressione dell’azienda.

I presupposti sono:
1)Presupposto soggettivo: Sono soggette a liquidazione coatta amministrativa
1)le imprese commerciali soggette a vigilanza dell’autorità amministrativa in
quanto esercenti attività in settori di rilevo pubblicistico (es. banche, assicurazioni,
ecc.) e pertanto non sottoponibili a fallimento.
2)altre imprese che possono essere soggette sia a fallimento che amministrazione coatta
amministrativa.(es. imprese cooperative). In questo caso fra le due procedure si applica
quella che sia stata richiesta per prima.

2)Presupposto oggettivo: 1)stato di insolvenza


2)gravi irregolarità nell’amministrazione o gravi violazioni di disposizioni legislative,
amministrative o statuarie
3)motivi di pubblico interesse che giustifichino la soppressione dell’ente
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 Anche solo uno di questi tre presupposi è sufficiente.

La liquidazione coatta amministrativa è disposta d’ufficio con decreto dell’autorità governativa che ha la vigilanza
sull’impresa, ed entro 10 gg il decreto deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
La stessa autorità governativa nomina gli organi della procedura:

-Il commissario liquidatore è l’organo deputato a svolgere l’attività di liquidazione, secondo le direttive impartite
dall’autorità di vigilanza, e trova applicazione nei suoi confronti in tema di responsabilità del curatore.
-Il comitato di sorveglianza è composto da tre o cinque membri scelti fra persone esperte nel ramo di attività esercitato
dall’impresa, ha funzione consultive e controllo.
-L’autorità amministrativa sovrintende all’intera procedura e riassume le funzioni svolte nel fallimento dal tribunale e
dal giudice delegato;
-L’eventuale stato di insolvenza viene accertato sempre però per via giudiziale dal Tribunale competente con sentenza.

L’accertamento preventivo dello stato di insolvenza di un’impresa soggetta a liquidazione coatta di regola può essere
richiesto da uno o più creditori, dallo stesso imprenditore o dall’autorità governativa.
Prima di provvedere il tribunale deve sentire il debitore; la sentenza che accerta lo stato di insolvenza è comunicata
all’autorità governativa che dispone la liquidazione entro tre giorni.
L’accertamento dello stato di insolvenza di un’impresa che si trova già in liquidazione coatta può essere invece richiesto
solo dal commissario liquidatore o dal pubblico ministero, non dai creditori.
Anche in questo caso lo stato di insolvenza è dichiarato con sentenza.

Gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa:


-si ha lo spossessamento del debitore e se l’impresa è una società restano sospese le funzioni degli organi sociali.
- Divieto x i creditori di esperire azioni esecutive individuali
-stessi effetti del fall sui rapporti giuridici.
+ Solo se è stato accertato lo stato di insolvenza è possibile promuovere l’azione revocatoria fallimentare per reintegrare
il patrimonio dell’imprenditore.
La liquidazione coatta amministrativa di una società non si estende in alcun caso ai soci illimitatamente responsabili della
stessa.

La liquidazione coatta amministrativa si sviluppa, attraverso le fasi (tutte queste svolte in sede amministrativa):
- dell’accertamento dello stato passivo: non è necessaria una domanda di ammissione dei creditori e lo stato passivo è
formato d’ufficio dal commissario liquidatore sulla base delle scritture contabili, documenti dell’impresa e delle eventuali
osservazione od istanze dei creditori. Successivamente il commissario deposita in cancelleria del trib e questo diventa
esecutivo.
Se in questa fase nascono controversie la loro risoluzione è giudiziale e viene rimessa al Tribunale.

-della liquidazione dell’attivo compiuta dal commissario liquidatore;


-e del riparto del ricavato fra i creditori concorrenti che avviene con criteri analoghi al fall e può concludersi o con un
riparto finale o un concordato (senza che sia richiesta l’approvazione del conco da parte dei creditori) direttamente
approvato dal trib. I creditori possono però presentare opposizione prima della sua approvazione.

La proposta di concordato, va presentata al Tribunale dal debitore (ma anche da un creditore o da un terzo), previo
autorizzazione dell’Autorità Amministrativa di Vigilanza e con il parere favorevole del Commissario
Liquidatore e sentito il Comitato di Sorveglianza. Il Tribunale valuta la legittimità ed emette “decreto di
omologzione” del concordato, ricorribile in Corte d’Appello.

L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELL GRANDI IMPRESE IN CRISI -fatta per sommi capi
è una procedura concorsuale, nel contempo giudiziaria ed amministrativa che tende a conciliare le pretese dei
creditori con il salvataggio del complesso produttivo e del livello occupazionale.
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Excursus Legislativo: L’istituto in esame trova la sua prima definizione nel nostro ordinamento negli anni 80 con la
c.d. “Legge Prodi”, a causa della crisi di importanti gruppi industriali italiani. Negli anni successivi alla sua entrata in
vigore ci si è resi conto tuttavia, che non solo tale procedura non tutelava adeguatamente i creditori, ma aveva
finito col favorire la permanenza in vita di aziende prive di qualsiasi prospettiva di una futura ripresa, determinando
effetti distorsivi della concorrenza tali da indurre la Commissione europea ad avviare un procedimento di infrazione
nei confronti dell’Italia, volto ad ottenere una rivisitazione dell’istituto.

Nel 1999, per il perdurare di contrasti con l’ordinamento comunitario è stata introdotta con il D.lgs. n. 270 dell’8
luglio 1999 noto anche come Legge Prodi – bis, la “nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria” che
abrogava quella previgente. Nel tempo si sono susseguiti numerosi altri interventi, si pensi, ad esempio, al c.d.
Decreto Marzano, poi convertito nella legge 18-2-2004, n.39, che ha introdotto una speciale procedura per le
imprese di maggiori dimensioni dopo lo scoppio della crisi del gruppo “Parmalat”.

SCOPO:
Ha come scopo la conservazione degli organismi produttivi con conservazione di posti di lavoro, quindi non solo il
soddisfare i creditori.
DUNQUE nell’ammin strao l’interesse dei creditori non è un interesse primario, sta li insieme ad altri interessi, anzi è
subordinato all’interesse della conservazione degli organismi produttivi.

I presupposti:
1)Presupposto soggettivo:
Sono soggette ad ammin straordinaria, le imprese commerciali non piccole e non agricole.
1)Con minimo 200 dipendenti;
2)hanno un ammontare di debiti non inferiori a 2/3 dell’attivo patrimoniale.

2)Presupposto oggettivo:
1) Stato di insolvenza;
2) Concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico ( si accertano nella seconda fase della procedura);

STRUTTURA: E’ una procedura “bifasica” nel contempo giudiziaria e amministrativa, articolata in due subfasi:
FASE 1-la prima in cui il trib d’ufficio o su richiesta dei creditori o del debitore o del P.M., deve accertare lo
stato di insolvenza, e in presenza dei requisiti dimensionali e occupazionali, sopra descritti, il trib NON deve
dichiarare il fallimento MA deve emettere una sentenza dichiarativa dello stato d’insolvenza. Con la sentenza
dichiarativa dello stato d’insolvenza il trib nomina il giudice delegato e uno o tre commissari giudiziali (su
indicazione del Ministero dello sviluppo economico), nonché si dà avvio al procedimento per la formazione dello
stato passivo, che avviene secondo le regole proprie del fallimento.
EFFETTI della dichiarazione dello stato d’insolvenza (molto simili a quelli del conco prev):
-si ha uno spossessamento attenuato e l’imprenditore è sotto la supervisione del commissario giudiziale;
- i creditori non possono più esperire azioni esecutive individuali nei confronti dell’imprenditore insolvente.

FASE 2- sempre il trib, una volta accertato lo stato di insolvenza, accerta le “concrete possibilità di recupero
dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali”, per poi eventualmente aprire la procedura.
Il Commissario Giudiziale, entro 30 giorni dalla dichiarazione dello stato di insolvenza, predispone una relazione sulle
cause del dissesto e se vi sono concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’azienda, quindi
sostanzialmente accerta in termini prognostici se l’impresa ha reali possibilità di sopravvivere e la presenta al Trib.
In Pratica l’amministrazione straordinaria deve potersi realizzare in via alternativa nei seguenti modi:
1)Tramite un programma di cessione aziendale, con finalità liquidatorie, di durata massima di 1 anno;
2)Tramite un programma di ristrutturazione aziendale, con finalità conservative, di durata di 2 anni.
La relazione è trasmessa ai creditori e al Ministero dello Sviluppo Economico, che esprime parere non vincolante. Il
trib assume decide, tenuto conto del parere del Ministero e delle eventuali osservazioni dell’imprenditore, dei
creditori e di ogni interessato, ed emette un decreto di apertura della procedura di ammin straordinaria, oppure, se
non intravede alternative può dichiarare il fall. Il decreto è iscritto nel RDI.

Con l’apertura dell’amministrazione straordinaria si passa dalla fase propriamente giudiziaria, a quella di natura
amministrativa “gestita” dal Ministero dello Sviluppo economico, il quale è tenuto ad un’attività di controllo sullo
svolgimento della procedura Il Ministero dello Sviluppo Economico nomina due organi:
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1)I Commissari Straordinario (da 1 a 3 membri in casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura) a cui è
affidata la gestione dell’impresa, l’amministrazione dei beni dell’imprenditore insolvente oltre che la predisposizione
ed attuazione di 1 dei 2 programmi esaminati sotto la direzione del Ministero dello Sviluppo Economico;
2)Il Comitato di Sorveglianza composto da 3 a 5 membri con funzioni consultive.

FINALITÀ:
1)Liquidazione dell’azienda mediante il programma di cessione salvaguardando l’unita dell’azienda ed il
mantenimento dei livelli occupazionali  solo in questo caso commissario straordinario può promuovere azioni
revocatorie.

2)Ristrutturazione dell’azienda con ritorno “in bonis” dell’imprenditore.

EFFETTI DELL’APERTURA DELLA PROCE: (non sono tutti)


- i creditori vi è il divieto assoluto di azioni esecutive individuali;
-i contratti continuano ad avere esecuzione fino a quando il commissario straordinario non esercita la facoltà di
scioglimento.
- I crediti dei terzi derivanti dalla continuazione dell’esercizio dell’impresa e della gestione del patrimonio sono
crediti prededucibili anche se la procedura si converte in fallimento.

L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA SPECIALE(c.d. decreto Marzano)


L’amministrazione straordinaria speciale è una procedura concorsuale nella sostanza uguale
all’amministrazione straordinaria ma caratterizzata da una maggiore rapidità e volta a privilegiare
l’attuazione di un programma di ristrutturazione rispetto a quello di cessione dei complessi aziendali.

I presupposti dell’amministrazione straordinaria speciale:


1) presupposto soggettivo: a)abbia non meno di 500 dipendenti
b)abbia una esposizione debitoria non inferiore ai 300 milioni di euro

2) presupposto oggettivo: a) stato di insolvenza


L’impresa che si trovi in tale situazione può:
a) presentando ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al Tribunale.
b) chiedendo contestualmente e direttamente al Ministero dello Sviluppo Economico l’ammissione
immediata alla procedura di amministrazione straordinaria speciale

Il Ministero dello Sviluppo Economico valuta i requisiti e ammette l’impresa alla procedura di
amministrazione straordinaria e nomina il Commissario Straordinario.
L’imprenditore viene immediatamente spossessato e la gestione dell’impresa viene assunta dal Commissario
Straordinario.
Il Commissario Straordinario presenta il “programma di ristrutturazione” o in alternativa il “programma di cessione”
dell’impresa al Ministero dello Sviluppo Economico per ricevere l’autorizzazione.
Se i programmi non sono autorizzati il Tribunale, sentito il Commissario Straordinario, converte la procedura in
fallimento.

SOCI OCCULTI, SOCIETÀ OCCULTA, E SOCIETÀ APPARENTE

Il fallimento ha un'efficacia estensiva non solo nei confronti dei soci che appaiono essere tali, ma anche nei confronti di
quelli che ufficialmente non risultano far parte della società, ma, in realtà sono dei veri propri soci, in quanto di fatto
hanno tale veste, svolgendo le funzioni tipiche della figura del socio, come, ad es. partecipare alla divisione degli utili o
effettuare conferimenti. In ogni caso è il tribunale che accerta l'esistenza del rapporto sociale e anche la posizione del
socio occulto, se cioè questi è limitatamente o illimitatamente responsabile. Ciò detto possiamo meglio interpretare il
comma quarto dell'art. 147 l.f. secondo cui
lOMoARcPSD|2237786

SOCI OCCULTI DI S PALESE

Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l'esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su
istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi

S OCCULTA

apparentemente esiste un imprenditore individuale sottoposto al fallimento, ma poi si scopre l'esistenza di soci e,
quindi, di una società occulta
Le conseguenze della "scoperta" saranno il fallimento della società occulta e di tutti i soci illimitatamente responsabili e
gli effetti del fallimento cominceranno a decorrere dalla data della sentenza pronunciata nei confronti del solo
imprenditore.

Questa ipotesi non era prevista dall'art. 147 l.f., ma frutto di una interpretazione estensiva del quarto comma del 147; la
riforma del 2006, però, ha espressamente previsto tale ipotesi al comma 5, ipotesi che possiamo così riassumere:

quando dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l'impresa è riferibile ad una società di
cui il fallito è socio illimitatamente responsabile fallirà anche la società occulta di cui l'imprenditore (palese) ne faceva parte
come socio e i soci di tale società illimitatamente responsabili
Molte discussioni sono sorte sull'applicabilità dell'art. 147 anche all'ipotesi del cosiddetto imprenditore occulto, cioè al
caso di chi si serva di un prestanome per gestire la società;
la dottrina è per la maggior parte, contraria all'applicazione dell'art. 147 a questa ipotesi, vista la diversità della situazione
rispetto a quanto previsto dall'art. 147 ( l'imprenditore occulto non è certamente socio dell'imprenditore palese, cioè del
prestanome), mentre la giurisprudenza ha spesso fatto rientrare questo caso nell'art. 147.

S APPARENTE

Secondo l'orientamento costante della Corte di cassazione è soggetta a fallimento la società apparente insieme a coloro
che appaiono essere soci.
Questa si avrebbe quando due o più soggetti si comportino in maniera tale da ingenerare nei terzi il convincimento,
giustificato ed immune da colpa, che essi agiscano come soci.
L'elemento fondamentale della società apparente non è l'effettiva esistenza del rapporto sociale, ma ciò che appare
all'esterno, tale da ingenerare nei terzi la convinzione di trattare con una società. La tutela dell'affidamento, quindi,
prevale su un'eventuale diversa realtà.

pag 49 3 libro C su fallimento del socio occulto di S palese.

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