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RIFORMA DELLA CRISI D’IMPRESA

1. L’ENTRATA IN VIGORE DEL CODICE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA

1.1. Le peculiarità

[Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (D.lgs. n. 14/2019) emanato in attuazione della l. n. 155/2017
avente a oggetto la delega al Governo per la riforma della materia, SAREBBE DOVUTO ENTRARE IN VIGORE
il 1° settembre 2021.]

L'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (di seguito, anche C.C.I.I.) si caratterizza
per una serie di peculiarità. Innanzitutto, perché parte delle sue disposizioni, quelle relative alla vecchia
legge 3/2012, è stata già oggetto di elaborazione giurisprudenziale. Poi, perchè il testo del codice della crisi
è stato studiato per circa tre anni subendo diverse modifiche, mentre era già oggetto di esame da parte
degli operatori.

[Il 26 giugno 2019 è stata pubblicata nella G.U. dell’Unione europea la Direttiva 2019/1023 - c.d. Direttiva
Insolvency – contenente le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione,
insolvenza ed esdebitazione.

L’Italia avrebbe dovuto recepirla recepita entro il giorno 11 luglio 2021, ma a febbraio 2021 ha chiesto una
proroga di 1 anno.]

Travagliata è stata, invero, la formazione del C.C.I. sol si consideri che con il d.lgs. 17 giugno 2022 n.83 il
legislatore italiano ha apportato le ultime modifiche al Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII)
in vista della sua definitiva entrata in vigore il 15 luglio 2022, per recepire le indicazioni della Direttiva
Insolvency n.1023/2019, che imponeva agli Stati membri l'adeguamento della normativa nazionale.

[Viene poi pubblicato il D.Lgs 17 giugno 2022 che adegua il CCII alla Direttiva Insolvency.]

[Decreto Legge 24 agosto 2021, n. 118, art. 1 lett. b) convertito in legge 21 ottobre 2021, n. 147 RINVIA al
31 dicembre 2023 l’entrata in vigore del sistema dell’allerta RINVIA al 16 maggio 2022 l’entrata in vigore del
Codice della Crisi che INTRODUCE l’istituto della COMPOSIZIONE NEGOZIATA della CRISI (art. 2 e ss.) e il
CONCORDATO SEMPLIFICATO (art. 18).]

Inoltre, con il D.L. 118/2021 è stato introdotto l’istituto della “composizione negoziata della crisi”, al quale
possono accedere gli imprenditori. La nuova procedura è invece preclusa ai consumatori e a tutti coloro
che non sono imprenditori commerciali o agricoli (artigiani, professionisti, enti no profit).

[ARRIVIAMO COSI’ al 15 luglio 2022 data di entrata in vigore del C.C.I.I.]

Vi sono state una serie di modifiche importanti, dettate dalla richiesta proveniente dalla Corte di giustizia
europea e dal Consiglio d’Europa, sulla base di alcuni elementi.

Su tutti vi è il Considerando 22 della Direttiva Insolvency (2019/1023).

([Dall’esempio sulla Polonia…]

La segnalazione di soggetti pubblici qualificati ai sensi dell’art. 25novies CCII.)


[Il considerando 22 della Direttiva 14/ 2019.]

La Direttiva Insolvency, quindi, dice al Considerando 22: “Quanto prima un debitore (un imprenditore) è in
grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore sarà la
possibilità che eviti un’insolvenza imminente.”

Questo è diventato uno dei punti decisivi della Direttiva, ma anche dello stesso CCII, in quanto, cardine di
quest’ultimo, è per l’appunto far emergere anticipatamente la crisi d’impresa, poiché prima la crisi è
risolta dall’imprenditore, prima lo stesso avrà la possibilità di utilizzare gli asset aziendali o per la continuità,
quindi chiedendo di essere aiutato per tenere in vita l’impresa oppure per la liquidazione, quindi la vendita
dei beni aziendali per poter pagare i creditori dell’azienda.

Dunque, giacché reputata fondamentale tale emersione anticipata della crisi, vi sono state delle modifiche
del CCII, in virtù del Considerando 22.

La seconda parte (del Considerando 22) dice: “Nel caso invece in cui tutto è compromesso e l’imprenditore
non può portare avanti la continuità aziendale (tecnicamente la capacità per l’imprenditore di potersi
sostenere, pagando i propri debiti, per un arco temporale di 12 mesi) più ordinato ed efficace sarà il
processo di liquidazione.

Si arriva a luglio 2022, quando entra in vigore il CCII, i cui punti fondamentali, come detto, sono:
l’emersione anticipata della crisi e l’introduzione degli obblighi di salvaguardia per promuovere la
ristrutturazione dei processi in fase iniziale, cioè quanto prima possibile.

Ciò per evitare un fenomeno molto frequente, soprattutto qui in Italia, cioè molteplici fallimenti dichiarati
una volta che l’impresa ha già perso (si è liberata) ogni bene/asset a disposizione da poter liquidare in
favore dei propri creditori.

Quindi con la Liquidazione giudiziale (vecchio fallimento) il curatore vende all’asta i beni aziendali in
maniera da recuperare quanta più liquidità per i creditori.

Di conseguenza è evidente che se l’imprenditore non viene avvisato della crisi per tentare di governarla
nella fase iniziale, si avranno solamente fallimenti “vuoti”, cioè dove non vi sono asset e dove non vengono
soddisfatti i creditori.

La vecchia legge parlava di “imprenditore”, ma attualmente si parla di “impresa collettiva”. 🡪 es. pastificio
con passivo di 130 mln (s.p.a.), come curatore venduto a 15/16 mln, finendo con un attivo fallimentare di
circa 25/26 mln e un passivo di 130. Ciò significa che ci sono state decine di milioni di crediti che rimarranno
impagati. Ciò è accaduto perché i segnali di crisi non sono stati governati dall’imprenditore, esattamente ciò
che cerca di risolvere il nuovo CCII.

Tale operazione viene effettuata attraverso una serie di scopi che il legislatore si è preposto:

- favorire la diagnosi precoce;


- privilegiare la continuità aziendale;
- assicurare ai creditori un soddisfacimento, se pur parziale, del proprio credito (si intende che
l’imprenditore ha l’onere, non l’obbligo, di sopportare un peso per risolvere un problema, qualora
non lo faccia può andare in bancarotta).
Infatti, per il legislatore europeo e nazionale, è più importante salvaguardare l’azienda, piuttosto che
liquidarla, in quanto creatrice di posti di lavoro e ricchezza.

È stato previsto che l’imprenditore possa avvantaggiarsi di una serie di strumenti, quali la Composizione
negoziata della crisi (art.12 e ss.). Strumento principale che il legislatore della novella ha utilizzato per
aiutare l’imprenditore a risolvere la propria crisi.

L’imprenditore ha quindi l’onere di anticipare la propria crisi, dichiararla nell’interesse dei veri soci
dell’azienda, cioè i creditori. Quando un imprenditore inizia ad andare in uno stato di crisi che sta per
diventare irreversibile, l’azienda cessa di appartenergli, bensì diventa dei creditori.

Se quindi l’imprenditore non pone in essere uno degli strumenti fornitogli dal CCII, cioè una delle ipotesi
previste o per risolvere la propria crisi in continuità oppure, qualora ciò non sia possibile, accedere alla
liquidazione giudiziale, risponde di bancarotta semplice (verrebbe fornito ai terzi un apprezzamento di
solidità che, in realtà, tale non è), in quanto aggrava il proprio dissesto. Altrimenti i possibili stakeholder
sarebbero indotti a intavolare rapporti con un imprenditore già “morto”.

Uno dei temi molto cavalcati è anche l’abusiva concessione del credito, perché le banche hanno finanziato,
nel corso degli anni, imprenditori insolventi e ciò ha portato ad aggravare molti casi di imprese decotte.

Il CCII si propone quindi di risolvere una serie di criticità tipiche della nostra tradizione di fallimenti (es.
fino a pochi anni fa il fallimento poteva essere addirittura dichiarato d’ufficio, dando luogo a
comportamenti estorsivi). Da allora per poter fallire è necessario avere dei requisiti di fallibilità (art.15
CCII), delle condizioni previste proprio per evitare tali meccanismi.

Uno degli articoli più importanti, entrato in vigore nel gennaio 2019, è l’art. 2086 c.c. ((2) Comma
introdotto dal D. Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14.).

[Dispositivo dell'art. 2086 Codice Civile

L'imprenditore è il capo dell'impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori [2094, 2104]
(1).

L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo,
amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della
rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi
senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il
superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale (2).

(2) Comma introdotto dal D. Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14.

In vigore dal 16 marzo 2019, il 2° comma l’articolo 2086 c.c. sottolinea il dovere dell’imprenditore di
istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni
dell'impresa. Lo scopo è quello di rilevare con tempestività una possibile crisi, nonché di prevenire il
rischio di perdita della continuità aziendale ed infine di consentire l'adozione e l'attuazione di azioni
efficaci (favor per la continuità piuttosto che per la liquidazione).
Le disposizioni del 2° comma dell’art. 2086 c.c. (fondamentali, che non ammettono scusanti) trovano
riscontro nell’articolo 3 del D.lgs. n.83/2022 che modifica il Codice della crisi e dell’insolvenza –
Adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa.

[Art. 3

Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa

1. L'imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e
assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.

2. L'imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato


ai sensi dell'articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e
dell'assunzione di idonee iniziative.

3. Al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa, le misure di cui al comma 1 e gli
assetti di cui al comma 2 devono consentire di:

a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche

caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;

b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi
successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4;

c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test


pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, comma 2.

4. Costituiscono segnali per la previsione di cui al comma 3(quindi lo stato di crisi):

a) l'esistenza di debiti per retribuzioni scadute da almeno trenta giorni pari a oltre la metà
dell'ammontare

complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello
dei debiti non scaduti;

c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute
da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti
ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del
totale delle esposizioni;

d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1.]

Perciò, l’imprenditore, che sia individuale o collettivo, è chiamato ad adottare le misure necessarie per:

• rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche


caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;

• verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale per almeno dodici mesi
successivi, nonché rilevare i segnali di allarme previsti dal comma 4 del nuovo art.2 modificato dal D.lgs.
n.83/2022;

• ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata prevista sull’apposita


piattaforma telematica nazionale, dove sono contenute le indicazioni operative per la redazione dei piani di
risanamento. Questo allo scopo di verificare la ragionevole perseguibilità di questi ultimi tramite la
composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

Le modifiche introdotte dal D.lgs. n.83/2022 al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza marcano
l’obbligo di adottare un approccio preventivo alla gestione della crisi. E questo rende il ruolo degli
strumenti di programmazione e controllo di gestione ancora più centrale.

Codice della crisi e adeguati assetti: una strada efficace per rilevare e affrontare la crisi d’impresa

Dotare l’azienda di adeguati assetti è imprescindibile per metterla in sicurezza e rispettare le normative.
L’attuazione di tali misure dovrebbe contribuire a trasformare la crisi in un momento fisiologico della vita
dell’impresa. Ovvero, un rischio da presidiare con un efficace sistema di programmazione e controllo di
gestione, vero perno strategico per la continuità e crescita dell’impresa.

Spetta dunque all’imprenditore la responsabilità di far emergere la crisi con tempestività, ottemperando
all’obbligo di istituire un adeguato assetto organizzativo, contabile e amministrativo.

Per assetto adeguato si intende un organigramma aziendale che possa far emergere la crisi d’impresa, in
qualunque momento ciò sia necessario.

La Composizione negoziata

La Composizione negoziata (art.12 CCII), è attualmente uno degli istituti più importanti per la soluzione
della crisi d’impresa.

All’imprenditore collettivo o individuale in stato di crisi, (non decotto, ma secondo quanto previsto dal 1°
comma dell’art.2, lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con
l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi) quindi
quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la
crisi o l'insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa, il CCII offre la
possibilità di poter risolvere la propria crisi con una serie di strumenti, tra cui appunto la Composizione.

La Composizione negoziata è lo strumento più elementare che oggi il CCII appronta per poter risolvere la
crisi, in quanto non è una procedura concorsuale in senso stretto: c’è un intervento da parte del tribunale,
ma è comunque uno strumento molto veloce per poter affrontare e risolvere la crisi.

Venendo all’art.12 CCII.

[Art. 12

Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa

1. L'imprenditore commerciale e agricolo può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della
camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale
dell'impresa, quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne
rendono probabile la crisi o l'insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento
dell'impresa. La nomina avviene con le modalità di cui all'articolo 13, commi 6, 7 e 8.

2. L'esperto agevola le trattative tra l'imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine
di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, anche mediante il
trasferimento dell'azienda o di rami di essa.

3. Alla composizione negoziata non si applica l’articolo 38. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 38 nei
procedimenti di cui agli articoli 19 e 22.]

Secondo il comma 1 l’interlocuzione dell’imprenditore è prevista con la camera di commercio, una novità
assoluta (normalmente il documento inerente il concordato o la liquidazione si deposita presso il tribunale
fallimentare), dando quindi quell’idea di velocità di cui si accennava.

L’imprenditore può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della Camera di commercio,
dell’ambito territoriale della sede dell’impresa, quando è in tale condizione di squilibrio tale da rendere
probabile la crisi e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento.

La verifica di tale possibilità di risanamento è possibile anche grazie all’introduzione di un test pratico,
effettuabile sul sito della camera di commercio, in cui è possibile inserire varie voci (debiti, asset aziendali,
flussi). Risultato del test è un numero che indica il grado di difficoltà del risanamento.

L’imprenditore, quindi, al momento della presentazione dell’istanza, allega una serie di documenti e a
questo punto presenta la richiesta della nomina dell’esperto; quindi quest’ultimo viene poi nominato dalla
Camera di commercio.

Come documenti verranno inseriti: il bilancio degli ultimi 3 esercizi, un progetto di piano di risanamento,
l'elenco dei creditori e una dichiarazione sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della
liquidazione giudiziale.

Il ruolo dell’esperto sarà quello di coadiuvare l’imprenditore nel rapporto con i creditori per l’attuazione
del piano loro proposto.

[Art. 17

Accesso alla composizione negoziata e suo funzionamento

1. L'istanza di nomina dell'esperto indipendente è presentata tramite la piattaforma telematica di cui


all'articolo 13 mediante la compilazione di un modello, ivi disponibile, contenente le informazioni utili ai fini
della nomina e dello svolgimento dell'incarico da parte dell'esperto nominato.

2. Il contenuto del modello di cui al comma 1 è definito con il decreto dirigenziale del Ministero della
giustizia di cui all'articolo 13, comma 2.

3. L'imprenditore, al momento della presentazione dell'istanza, inserisce nella piattaforma telematica:

a) i bilanci degli ultimi tre esercizi , se non già depositati presso l'ufficio del registro delle imprese, oppure,
per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell'IVA degli
ultimi tre periodi di imposta, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre
sessanta giorni prima della presentazione dell'istanza;

b) un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui
all’articolo 13, comma 2, e una relazione chiara e sintetica sull'attività in concreto esercitata recante un
piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che intende adottare;

c) l'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e dell'esistenza di diritti
reali e personali di garanzia;

d) una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del
2000 sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per
l'accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale attesta di non avere depositato
ricorsi ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), e 54, comma 3;

e) il certificato unico dei debiti tributari di cui all'articolo 364, comma 1;


f) la situazione debitoria complessiva richiesta all'Agenzia delle entrate-Riscossione;

g) il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi di cui all'articolo 363, comma 1;

h) un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca d'Italia non anteriore
di tre mesi rispetto alla presentazione dell'istanza.

4. L'esperto, verificati la propria indipendenza e il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo
necessarie per lo svolgimento dell'incarico, entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina,
comunica all'imprenditore l'accettazione e contestualmente inserisce nella piattaforma la dichiarazione di
accettazione e una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n.
445 del 2000, sul possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 16, comma 1. In caso contrario ne
dà comunicazione riservata al soggetto che l'ha nominato perché provveda alla sua sostituzione. L'esperto
non può assumere più di due incarichi contemporaneamente.

5. L'esperto, accettato l'incarico, convoca senza indugio l'imprenditore per valutare l'esistenza di una
concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall'organo di controllo e
dal revisore legale, ove in carica. L'imprenditore partecipa personalmente e può farsi assistere da
consulenti. Se ritiene che le prospettive di risanamento sono concrete l'esperto incontra le altre parti
interessate al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi
incontri con cadenza periodica ravvicinata. Se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all'esito
della convocazione o in un momento successivo, l'esperto ne dà notizia all'imprenditore e al segretario
generale della camera di commercio che dispone l'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata
entro i successivi cinque giorni lavorativi. Nel corso delle trattative l'esperto può invitare le parti a
rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero
ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del
rapporto in ragione di circostanze sopravvenute. Le parti sono tenute a collaborare tra loro per
rideterminare il contenuto del contratto o adeguare le prestazioni alle mutate condizioni.

6. Entro tre giorni dalla comunicazione della convocazione le parti possono presentare osservazioni
sull'indipendenza dell'esperto al segretario generale della camera di commercio il quale riferisce senza
indugio alla commissione perché, valutate le circostanze esposte e sentito l'esperto, se lo ritiene opportuno
provveda alla sua sostituzione entro i successivi cinque giorni lavorativi. Allo stesso modo la commissione
procede se l’imprenditore e le parti interessate formulano osservazioni sull’operato dell’esperto.

7. L'incarico dell'esperto si considera concluso se, decorsi centottanta giorni dalla accettazione della
nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il
superamento delle condizioni di cui all'articolo 12, comma 1. L'incarico può proseguire per non oltre
centottanta giorni quando tutte le parti lo richiedono e l'esperto vi acconsente, oppure quando la
prosecuzione dell'incarico è resa necessaria dal ricorso dell'imprenditore al tribunale ai sensi degli articoli
19 e 22. In caso di sostituzione dell'esperto o nell'ipotesi di cui all'articolo 25, comma 7, il termine di cui al
primo periodo decorre dall'accettazione del primo esperto nominato.

8. Al termine dell'incarico l'esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e comunica
all'imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari di cui agli articoli 18 e 19, al
giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti. Eseguiti gli adempimenti di cui al primo periodo,
l’esperto ne dà comunicazione al segretario generale della camera di commercio per l'archiviazione
dell'istanza di composizione negoziata.

9. In caso di archiviazione dell'istanza di cui al comma 1, l'imprenditore non può presentare una nuova
istanza prima di un anno dall'archiviazione. Se l’archiviazione è richiesta dall’imprenditore con istanza
depositata con le modalità previste nel comma 1 entro due mesi dall’accettazione dell’esperto, il termine di
cui al primo periodo è ridotto, per una sola volta, a quattro mesi.

10. Ai costi che gravano sulle camere di commercio per consentire il funzionamento della procedura di
composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa si provvede mediante il versamento, a carico
dell'impresa che propone l'istanza, di diritti di segreteria determinati ai sensi dell'articolo 18 della legge 29
dicembre 1993, n. 580.]

Alla lettera e) dell’art.17 è disposta la necessità del “certificato unico dei debiti tributari”, che attesta tutti
i carichi pendenti e potenziali (qualsiasi tassa o imposta non pagata) allegando anche il relativo
ammontare.

Tale documento è necessario per attestare che il risanamento sia effettivamente perseguibile.

Quanto alla lettera f), una situazione debitoria complessiva richiesta dall'Agenzia delle entrate-
Riscossione, la quale se rileva eventuali discrasie dà la possibilità all’imprenditore di potersi adeguare, e lo
fa attraverso una richiesta di compliance, indicata nel certificato unico dei debiti tributari.

Alla lettera h) si parla di un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca
d'Italia. Centrale gestita da Banca d’Italia dove sono censiti tutti i possessori di un conto. Tale estratto è
utile all’esperto nominato per conoscere la situazione debitoria dell’impresa.

L’esperto quindi incontra l’Advisor (es. il legale dell’impresa) e viene presentato un piano industriale, tutto
ciò, fuori dal tribunale (è possibile obbligare gli stakeholder, i creditori, come le banche, a partecipare alle
riunioni). Alla fine di tali incontri, l’esperto, che è un terzo indipendente (non propende per nessuna delle
parti) che mette in collegamento le parti e le aiuta a trovare una soluzione, redige una relazione finale che
inserisce nella piattaforma e comunica all'imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e
cautelari di cui agli articoli 18 e 19, al giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti.

[Art. 18

Misure protettive

1. L'imprenditore può chiedere, con l'istanza di nomina dell'esperto o con successiva istanza presentata con
le modalità di cui all'articolo 17, comma 1, l'applicazione di misure protettive del patrimonio. L'istanza di
applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all'accettazione
dell'esperto e, dal giorno della pubblicazione, i creditori interessati non possono acquisire diritti di
prelazione se non concordati con l'imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e
cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa. Non sono
inibiti i pagamenti.

2. Con l'istanza di cui al comma 1, l'imprenditore inserisce nella piattaforma telematica una dichiarazione
sull'esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti e un aggiornamento sui ricorsi
indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera d).

3. Con l’istanza di cui al comma 1, l’imprenditore può chiedere che l’applicazione delle misure protettive sia
limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o
categorie di creditori. Sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori.

4. Dal giorno della pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o
all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale
o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga la
revoca delle misure protettive. Restano fermi i provvedimenti già concessi ai sensi dell’articolo 54, comma
1.

5. I creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare
l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o
modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto
alla pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1. I medesimi creditori possono sospendere l’adempimento
dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 fino alla conferma delle misure
richieste.]

Le misure protettive sono un altro utile strumento introdotto dal legislatore. Sono di due tipi:

- cautelari
- protettive (in senso stretto)

Le misure protettive sono quelle previste dalla legge, e fanno sì che i creditori non possano acquisire diritti
di prelazione, cioè non possono ad es. iscrivere ipoteca su un bene dell’impresa, altrimenti poi si avrebbero
problemi nelle trattative con la collettività degli altri creditori, in quanto alcuni ne risulterebbero
avvantaggiati, a danno degli altri. I creditori non possono inoltre iniziare o perseguire misure esecutive o
cautelari (es. pignoramenti o sequestri).

La novità più rilevante introdotta dal CCII in materia di misure protettive è l'abolizione del meccanismo
della loro concessione automatica alla presentazione della domanda introduttiva della procedura
concorsuale (c.d. “automatic stay”): il CCII prevede al massimo un meccanismo semi-automatico, soggetto
a conferma da parte del giudice.

Iniziamo col dire che la legge fallimentare non da una definizione di misure protettive e cautelari.

Le misure protettive hanno lo scopo di proteggere il complesso dei beni dell'imprenditore dall'aggressione
dei creditori, al fine di evitarne la disgregazione e assicurarne la destinazione alla soluzione concordata
della crisi o alla liquidazione.

Le misure cautelari, ricomprendenti anche la tutela atipica riconducibile all'art. 700 c.p.c., sono
strumentali ad evitare che durante il periodo necessario per arrivare al provvedimento di omologazione
dell'accordo di ristrutturazione o del concordato preventivo oppure alla sentenza di fallimento il diritto
fatto valere possa essere minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile.

[Art. 700 c.p.c.

Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il
tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio
imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono,
secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.]

Campi di applicazione prevalente di tali misure sono essenzialmente

1. il concordato preventivo

L'art. 168 l.fall., che vietava, tra l’altro, ai creditori per titolo o causa anteriore di iniziare o proseguire
azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e di acquisire titoli di prelazione dalla data di
pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso fino al momento in cui il decreto di omologa diviene
definitivo, realizzando quell'automatic stay che blocca ogni azione dei creditori, fin dalla presentazione
della domanda di concordato in bianco.
2. gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall.

Anche nel caso degli accordi di ristrutturazione dei debiti la legge fallimentare, all'art. 182 bis, prevedeva
l'automatic stay, dalla data di pubblicazione della domanda di omologa nel registro delle imprese e per i 60
giorni successivi. Divieto che poteva essere anticipato al momento delle trattative e prima della
formalizzazione dell'accordo qualora vi sia istanza dell'imprenditore corredata dalla documentazione di cui
all'art. 182-bis, comma 6, l.fall.: in tal caso il meccanismo di protezione non scatta automaticamente, ma
all'esito della verifica della sussistenza dei presupposti da parte del tribunale in apposita udienza.

Questi strumenti di soluzione della crisi sono finalizzati – in molte ipotesi - alla continuità aziendale,
pertanto necessitano - più della liquidazione giudiziale - di misure temporanee ed immediate di
conservazione del patrimonio aziendale.

I piani attestati di risanamento, previsti dall’art. 67, comma 2, lett. d), L.F. strumenti negoziali stragiudiziali
di regolazione della crisi di impresa sono esclusi dal meccanismo protettivo in quanto non aventi copertura
giurisdizionale e natura concorsuale: I l CCII introduce per la prima volta una definizione di misure
protettive e cautelari: art. 2, art. 54, art. 19

DEFINIZIONE: art. 2, comma 1, lett. p), CCII definisce le misure protettive art. 2 comma 1, lettera q)
definisce le misure cautelari.

Favor per la continuità aziendale ex art. 7 comma 2° CCII” 2. Nel caso di proposizione di più domande, il
tribunale esamina in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla
liquidazione giudiziale o dalla liquidazione.

L’imprenditore che è in crisi, se dimostra la capacità di poter sopravvivere, non è tenuto a pagare la
totalità dei debiti, ma può proporre una falcidia (es. si paga il 20%).

Ottenute le misure protettive l’imprenditore ha 120 giorni per illustrare a i creditori la bontà del piano.
La banca che finanzierà tale piano verrà pagata in prededuzione, cioè immediatamente, perché quella
finanza serve all’imprenditore a porre in atto il proprio piano (nonostante l’imprenditore abbia verso quello
stesso istituto di credito ulteriori e ingenti debiti).

Il Tribunale a questo punto emette il provvedimento, confermando per 120 giorni le misure protettive.
Qualora l’imprenditore non rispetti i termini previsti non sarà ulteriormente ritenuto meritevole di
protezione.

Il Ricorso (procedimento attualmente unitario, si deposita al tribunale concorsuale), dopo aver effettuato
tutti i passaggi finora descritti, viene quindi depositato.

L’art.23 dispone sulla conclusione delle trattive. Dopo aver domandato la Composizione della crisi, qualora
l’esito dovesse essere favorevole si conclude con un contratto tra le parti (in forza del fatto che si tratta di
una procedura non concorsuale), e alla presenza dell’esperto, si attesta la comune volontà, dei creditori e
dell’impresa, ad approvare il piano proposto (compito che spetterà poi al tribunale) oppure, qualora i
creditori non siano d’accordo, facendo opposizione in tribunale, rifiutano il piano proposto.

A tal punto, l’imprenditore che si vede privato della possibilità di risanare la crisi attraverso la continuità
aziendale, avrà un’alternativa, che non è la liquidazione giudiziale, ma può essere (lettera c) art.23) un
concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, cioè una sorta di fallimento, dove però non vi è
né un curatore, né bancarotta, non si perde molto tempo e dove l’imprenditore che non ha avuto la
possibilità di continuare l’impresa, propone agli stessi creditori di liquidare il patrimonio dell’impresa, non
attraverso una vendita di tipo giudiziale, ma attraverso una vendita di tipo controllato (sempre con
l’ausilio del tribunale), veloce e poco onerosa. Spesso si propone infatti di vendere l’asset aziendale ad un
soggetto (es. un altro imprenditore) che ha posto in essere una proposta irrevocabile, ma resta necessaria
l’autorizzazione del tribunale, altrimenti si andrebbe incontro all’ipotesi di bancarotta per distrazione (i
beni sono dei creditori, ponendo in essere una vendita si depauperebbe il patrimonio aziendale a danno
degli stessi creditori). Il tribunale metterà quindi in vendita l’asset per il prezzo designato dal proponente;
questo perché la vendita deve necessariamente esserci, ed essere di tipo competitivo, in quanto
l’interesse è di vendere al miglior prezzo possibile. Se però non dovessero pervenire ulteriori offerte
concorrenti almeno pari alla cifra offerta dal proponente, quest’ultimo sarà autorizzato ad acquistare
l’asset.

Anche questa è quindi una soluzione regolata della crisi, dando la possibilità all’imprenditore di risolvere la
propria crisi non necessariamente attraverso la liquidazione, ma di risolverla bonariamente e
anticipatamente e nella peggiore delle ipotesi di risolverla alternativamente al fallimento tout court, ma
comunque con una procedura di liquidazione che possa soddisfare i creditori e con la possibilità di essere
reimmessi nel circuito produttivo.

Gli altri strumenti del nuovo CCII

Come anticipato, la Direttiva Insolvency (2019) ha reso necessarie modifiche al CCII ancor prima che lo
stesso entrasse in vigore. Ricordando quindi i due passaggi fondamentali della Direttiva, ovvero:

1. un debitore (un imprenditore) in crisi deve capire quanto prima che la propria attività è in crisi, per
anticipare la stessa, cercando di risolverla nell’ambito della continuità;
2. quando invece l’imprenditore è già in crisi, deve governare la propria crisi in modo tale da poter
soddisfare nel miglior modo possibile i propri creditori.

Entrambi risalenti al Considerando 22 della stessa Direttiva.

Quando un imprenditore è in stato di crisi, l’impresa cessa di essere di sua proprietà e diventa dei
creditori. Ciò significa che l’imprenditore dovrà gestire la crisi al fine del soddisfacimento migliore per la
categoria creditizia. L’imprenditore in crisi deve quindi evitare di ritardare il proprio fallimento
(liquidazione), e ciò per non aggravare ulteriormente il dissesto dell’impresa. In caso contrario ne risponde
penalmente (ipotesi di bancarotta).

Come detto la Direttiva va di pari passo con il disposto dell’art.2086 c.c., in particolare l’art.3 CCII è
speculare a quello del codice civile. Tali articoli sono fondamentali poiché vanno ad introdurre il concetto
di assetti adeguati: sia l’imprenditore individuale che quello collettivo devono munirsi di un’organizzazione
tale da permettere all’imprenditore stesso di cogliere la propria crisi. Questi segnali sono individuati proprio
dall’art.3 CCII.

In quest’ottica vengono introdotti altri due articoli molto importanti, cioè gli art. 25-octies e 25-novies.

Il primo è importante perché va ad onerare l’organo di controllo (organo che verifica l’andamento
aziendale) di alcuni compiti importanti. Tale organo, infatti, segnala per iscritto all’organo amministrativo
la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di cui all’art.12 CCII, cioè della
Composizione negoziata (che si ha quando l’imprenditore attraversa una situazione di squilibrio economico
finanziario) e risulta quindi fondamentale il punto in cui si richiedono concrete possibilità di risanare la crisi
nella continuità. La composizione riguarda sia l’imprenditore commerciale che quello agricolo, sovra e
sotto soglia, cioè stando all’art.2 CCII lettera d):

[Art.2 lettera d) «impresa minore»: l’impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo
patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi
antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività
se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo
non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura
della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche
non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila; i predetti valori possono essere aggiornati ogni tre
anni con decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell’articolo 348.]

Per poter accedere alle procedure concorsuali l’impresa deve dimostrare il possesso congiunto di una
serie di presupposti, tra i quali l’ammontare dei ricavi, dell’attivo e dei debiti indicati dall’art.2; qualora tali
valori siano inferiori o pari a quelli indicati, l’impresa sarà considerata “minore”, qualora invece siano
superiori “maggiore”. Fondamentali, in ogni caso, è che per fallire ricorrano alcuni requisiti: le società (e poi
gli imprenditori collettivi), che non hanno tali requisiti non falliscono. Tutti gli imprenditori, minori o
maggiori, possono accedere allo strumento della Composizione negoziata.

Quindi, tornando al 25-octies, che si collega agli art.2 e 17, disponendo in tal modo:

[Art. 25-octies

Segnalazione dell'organo di controllo

1. L'organo di controllo societario segnala, per iscritto, all'organo amministrativo la sussistenza dei
presupposti per la presentazione dell'istanza di cui all'articolo 17. La segnalazione è motivata, è trasmessa
con mezzi che assicurano la prova dell'avvenuta ricezione e contiene la fissazione di un congruo termine,
non superiore a trenta giorni, entro il quale l'organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative
intraprese. In pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all'articolo 2403 del codice
civile.

2. La tempestiva segnalazione all'organo amministrativo ai sensi del comma 1 e la vigilanza sull'andamento


delle trattative sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall'articolo 2407 del codice civile.]

Quindi l’organo di controllo, quando avverte che ci sono una serie di indicatori preoccupanti in azienda,
segnala all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di cui
all’art. 17 (accesso alla composizione negoziata). Ciò è importante proprio in virtù del principio di
emersione anticipata della crisi, per governarla al fine della continuità. Vi sono, infatti, delle sanzioni per i
collegi sindacali (organi di controllo) che non rispettano tale iter, sotto forma di azioni di responsabilità.

Vi è però una novità del nuovo CCII, indicata dal 2° comma del 25-octies. La tempestiva segnalazione
all'organo amministrativo ai sensi del comma 1 e la vigilanza sull'andamento delle trattative sono valutate
ai fini della responsabilità ex articolo 2407 del codice civile. Articolo che per l’appunto indica la
responsabilità economico-patrimoniale dei sindaci, i quali, se non adempiono in maniera corretta i loro
compiti, ne rispondono sotto il profilo civilistico. L’organo deve inoltre assistere l’imprenditore nelle
trattative con i creditori al fine di risolvere la crisi, altrimenti risponderà civilmente, quindi pagando il
risarcimento del danno (ex post azione di responsabilità) proporzionato all’incirca al deficit che si crea in
azienda.

L’altro articolo fondamentale è poi il 25-novies:

[Art. 25-novies

Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati

1. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle entrate-Riscossione segnalano all'imprenditore e, ove
esistente, all'organo di controllo, nella persona del presidente del collegio sindacale in caso di organo
collegiale, a mezzo di posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di
ricevimento inviata all'indirizzo risultante dall'anagrafe tributaria:

a) per l'Istituto nazionale della previdenza sociale, il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di
contributi previdenziali di ammontare superiore:

1) per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30 per cento di quelli dovuti nell'anno
precedente e all'importo di euro 15.000;

2) per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all'importo di euro 5.000;

b) per l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'esistenza di un debito per
premi assicurativi scaduto da oltre novanta giorni e non versato superiore all'importo di euro 5.000;

c) per l'Agenzia delle entrate, l'esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all'imposta sul valore
aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all'articolo 21-bis del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,
superiore all'importo di euro 5.000 e, comunque, non inferiore al 10 per cento dell'ammontare del volume
d'affari risultante dalla dichiarazione relativa all'anno d'imposta precedente; la segnalazione è in ogni caso
inviata se il debito è superiore all'importo di euro 20.000;

d) per l'Agenzia delle entrate-Riscossione, l'esistenza di crediti affidati per la riscossione, auto dichiarati o
definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all'importo
di euro 100.000, per le società di persone, all'importo di euro 200.000 e, per le altre società, all'importo di
euro 500.000.

2. Le segnalazioni di cui al comma 1 sono inviate:

a) dall'Agenzia delle entrate, contestualmente alla comunicazione di irregolarità di cui all'articolo 54-bis del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e, comunque, non oltre centocinquanta
giorni dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del
2010;

b) dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro e dall'Agenzia delle entrate-Riscossione, entro sessanta giorni decorrenti dal verificarsi
delle condizioni o dal superamento degli importi indicati nel medesimo comma 1.

3. Le segnalazioni di cui al comma 1 contengono l’invito alla presentazione dell’istanza di cui all'articolo 17,
comma 1, se ne ricorrono i presupposti.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano:

a) con riferimento all'Istituto nazionale della previdenza sociale e all’Istituto nazionale per l’assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro, in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022, per il primo, e
ai debiti accertati a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto per il secondo;

b) con riferimento all'Agenzia delle entrate, in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni di cui
all'articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 a decorrere da quelle relative al secondo trimestre 2022;

c) con riferimento all'Agenzia delle entrate-Riscossione, in relazione ai carichi affidati all'agente della
riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.]

Il 25-novies parla quindi di questi soggetti (A. Entrate, A. Entrate-Riscossione, INAIL e INPS) che segnalano
all’imprenditore, e ove esistente all’organo di controllo, degli allert.
Per quanto riguarda l’INPS l’allert è rappresentato dal ritardo, di oltre 90 giorni, del versamento dei
contributi previdenziali, di ammontare superiori a determinati importi. Tale allert deve costituire un
segnale per l’imprenditore, che dovrebbe prenderne atto e capire come affrontare tale stato di crisi. Ciò è
possibile o “pagando” o uscendo definitivamente dal mercato (per questo il fallimento veniva considerato
in passato come l’”eliminazione dal mercato di un’impresa non sana”).

[(Dall’esempio sul pastificio Amato: il curatore fallimentare paga, attraverso un piano di riparto, i vari
creditori ammessi al passivo, stando ad una precisa graduazione, infatti, i soggetti ammessi al passivo
vengono pagati in virtù della natura del loro credito: alcuni saranno privilegiati (es. detentori di ipoteca),
altri chirografari (pagati, eventualmente, in ultima istanza). Proprio per tale motivo risulta fondamentale
l’emersione anticipata della crisi.]

Un allert molto importante è quello inerente l’IVA, poiché fornisce parametri utili. Alla lettera c) dello
stesso articolo: “per l'Agenzia delle entrate, l'esistenza di un debito scaduto e non versato relativo
all'imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui
all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 2010, n. 122, superiore all'importo di euro 5.000 e, comunque, non inferiore al 10 per cento
dell'ammontare del volume d'affari risultante dalla dichiarazione relativa all'anno d'imposta precedente; la
segnalazione è in ogni caso inviata se il debito è superiore all'importo di euro 20.000.

Quindi, superata tale soglia, come si legge al comma terzo, l’Agenzia delle entrate fa una segnalazione
all’organo di controllo e invita la presentazione dell’istanza di cui all’art. 17 (che disciplina l’accesso alla
piattaforma; l’art.12 invece parla della Composizione negoziata). A questo punto l’organo di controllo
dovrebbe comunicare la notizia all’imprenditore ed invitarlo ad avviare una Composizione negoziata ai
sensi dell’art. 17, in modo da evitare la crisi dell’impresa e, a cascata, quella dei terzi coinvolti.

La Composizione è stata introdotta con il d.l. 118/agosto 2021, che entra poi in vigore il 15 novembre
2021, come istituto del tutto nuovo e figlio della Direttiva Insolvency.

Il Concordato preventivo e gli Accordi di ristrutturazione della crisi omologati

Istituti (esistenti già pre riforma) che rappresentano le alternative che un imprenditore in stato di crisi può
adottare (quindi quando le soglie degli allert sono state abbondantemente superate e i debiti sono più
ingenti).

Ci sono due tipi di Concordato, uno in continuità e l’altro liquidatorio, ma in ogni caso l’imprenditore
dovrà pagare e ciò chiaramente sarà possibile solo se lo stesso dispone di una provvista, poiché poi vi sono
anche determinate percentuali da dover rispettare.

Come già detto il legislatore ha privilegiato massimamente l’ipotesi della continuità aziendale, quindi con il
concordato liquidatorio (prima cesseo bonorum) l’imprenditore che è in crisi e non ha la possibilità di
continuare l’impresa può evitare il fallimento (liquidazione) cedendo integralmente i propri beni ai
creditori, perciò liquidatorio.

Il legislatore della novella ha inoltre ritenuto che il concordato liquidatorio non dovesse essere una
modalità da adottare con facilità, in quanto sostanzialmente non ci sono molte differenze con la
liquidazione, se non per il fatto che qualora l’impresa venga liquidata e gli amministratori hanno esercitato
male i loro compiti potranno essere esercitate le relative azioni di responsabilità, andando incontro ad una
serie di problematiche. Questo è il motivo per il quale, in tema di concordato preventivo di tipo
liquidatorio, sono stato previste delle soglie di sbarramento (pagare almeno il 20% ai creditori chirografari
e che ci sia un apporto di nuova finanza esterna almeno pari al 10% del patrimonio, secondo l’art. 84
comma 4), diversamente è possibile accedere a quello in continuità.
Il CCII ha quindi dato all’imprenditore una serie di potenti strumenti per risolvere, anche in una fase
fortemente preventiva, la crisi della propria impresa. In tal senso la possibilità di poter addirittura iniziare
la procedura del concordato “in bianco” (con riserva), quindi anche non avendo tutti i documenti necessari,
l’imprenditore può depositare una domanda di concordato con riserva e godere di tutti gli strumenti di
protezione.

In proposito, l’art. 44:

[Art. 44

Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza con riserva di deposito di
documentazione

1. Il debitore può presentare la domanda di cui all’articolo 40 con la documentazione prevista dall’articolo
39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi. In tale caso il tribunale pronuncia
decreto con il quale:

a) fissa un termine compreso tra trenta e sessanta giorni, prorogabile su istanza del debitore in presenza di
giustificati motivi e in assenza di domande per l'apertura della liquidazione giudiziale, fino a ulteriori
sessanta giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo con il piano,
l'attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all'articolo 39, commi 1 e 2,
oppure la domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, con la documentazione di
cui all’articolo 39, comma 1, oppure la domanda di omologazione del piano di ristrutturazione di cui
all’articolo 64-bis, con la documentazione di cui all’articolo 39, commi 1 e 2;

b) nomina un commissario giudiziale, disponendo che questi riferisca immediatamente al tribunale su ogni
atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore
tali da pregiudicare una soluzione efficace della crisi. Si applica l'articolo 49, comma 3, lettera f);

c) dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all'attività
compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con
periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, sino alla scadenza del termine
fissato ai sensi del comma 1, lettera a). Con la medesima periodicità, il debitore deposita una relazione sulla
situazione patrimoniale, economica e finanziaria che, entro il giorno successivo, è iscritta nel registro delle
imprese su richiesta del cancelliere;

d) ordina al debitore il versamento, entro un termine perentorio non superiore a dieci giorni, di una somma
per le spese della procedura, nella misura necessaria fino alla scadenza del termine fissato ai sensi del
comma 1, lettera a).

2. Il tribunale, su segnalazione di un creditore, del commissario giudiziale o del pubblico ministero, con
decreto non soggetto a reclamo, sentiti il debitore e i creditori che hanno proposto ricorso per l’apertura
della liquidazione giudiziale e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, revoca il
provvedimento di concessione dei termini adottato ai sensi del comma 1, lettera a), quando accerta una
delle situazioni di cui al comma 1, lettera b) o quando vi è stata grave violazione degli obblighi informativi di
cui al comma 1, lettera c). Nello stesso modo il tribunale provvede in caso di violazione dell’obbligo di cui al
comma 1, lettera d).

3. I termini di cui al comma 1, lettere a), c) e d) non sono soggetti a sospensione feriale dei termini.]

Il debitore può quindi presentare la domanda di cui all’art.40 (quella per regolare la propria crisi)
riservandosi di presentare proposta, piano e accordi.
Quando si vuole richiedere un concordato va fatta una domanda (ovvero un ricorso) presso il tribunale (a
differenza della composizione che si richiede in piattaforma e si continua sempre in via stragiudiziale con la
cooperazione di un esperto mediatore nominato dal tribunale, e allo stesso tribunale l’imprenditore si
rivolgerà soltanto per richiedere le misure protettive) facendo una proposta di risoluzione della crisi ed un
piano, cioè un accordo in cui si spiega ai creditori come si evolverà la situazione.

Gli accordi (accordi di ristrutturazione descritti però dall’art. 57) invece non attengono alla procedura del
concordato, infatti, con il disposto dell’art. 44 si intende che l’imprenditore può depositare il concordato,
piuttosto che gli accordi di ristrutturazione omologati (un altro istituto) in bianco, riservandosi di integrare
successivamente i documenti necessari. Ciò è di fondamentale importanza in quanto il legislatore offre
all’imprenditore in crisi una serie di opportunità in una fase massimamente preventiva (normalmente un
piano dura circa 5 anni).

Nel mentre che i documenti necessari siano consegnati (termine massimo di 120 giorni), l’imprenditore
può godere delle misure protettive, quindi, secondo l’art. 54 del CCII, quelle finalizzate a gestire la crisi in
serenità nelle more. Concesso quindi un grande favor all’imprenditore.

Nel Concordato poi il giudice chiede (in quanto procedura concorsuale in senso stretto) che il debitore, che
conserva l’amministrazione ordinaria della propria impresa, predisponga delle informative, mensili o
bimestrali, finalizzate a tenere sotto controllo la situazione.

Figura molto importante del Concordato è il commissario giudiziale, organo della procedura nominato dal
tribunale che riceve un compenso in base all’attivo e al passivo dell’impresa. È un soggetto fondamentale
perché costituisce il raccordo tra il tribunale fallimentare (concorsuale) e l’impresa, in quanto relaziona il
contenuto delle informative periodiche al tribunale ed ha un compito estremamente importante, cioè
quello di risolvere il concordato. Ciò è possibile attraverso una relazione in cui il commissario redige,
prospetticamente, le possibilità che il concordato sia effettivamente realizzato. Ciò è importante perché
qualora l’imprenditore abbia posto in essere atti decettivi, (ad es. cercando di nascondere o abbellire il
proprio patrimonio) e il commissario li abbia rilevati (deve esserci anche almeno uno dei creditori che insta
per il fallimento), può far cadere immediatamente il concordato e a quel punto si aprirà automaticamente
la procedura di liquidazione giudiziale.

L’art. 47 dispone:

[Art. 47

Apertura del concordato preventivo

1. A seguito del deposito del piano e della proposta di concordato, il tribunale, acquisito il parere del
commissario giudiziale, se già nominato, verifica:

a) in caso di concordato liquidatorio, l’ammissibilità della proposta e la fattibilità del piano, intesa come non
manifesta inattitudine del medesimo a raggiungere gli obiettivi prefissati;

b) in caso di concordato in continuità aziendale, la ritualità della proposta. La domanda di accesso al


concordato in continuità aziendale è comunque inammissibile se il piano è manifestamente inidoneo alla
soddisfazione dei creditori, come proposta dal debitore, e alla conservazione dei valori aziendali.

2. Compiute le verifiche di cui al comma 1, il tribunale, con decreto:

a) nomina il giudice delegato;

b) nomina ovvero conferma il commissario giudiziale;


c) stabilisce, in relazione al numero dei creditori, alla entità del passivo e alla necessità di assicurare la
tempestività e l’efficacia della procedura, la data iniziale e finale per l’espressione del voto dei creditori, con
modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione, anche utilizzando le strutture
informatiche messe a disposizione da soggetti terzi, e fissa il termine per la comunicazione del
provvedimento ai creditori;

d) fissa il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale il debitore deve depositare nella
cancelleria del tribunale la somma, ulteriore rispetto a quella versata ai sensi dell’articolo 44, comma 1,
lettera d), pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura ovvero la
diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal tribunale.

3. Il decreto è comunicato e pubblicato ai sensi dell’articolo 45.

4. Il tribunale, quando accerta la mancanza delle condizioni di cui al comma 1, sentiti il debitore, i creditori
che hanno proposto domanda di apertura della liquidazione giudiziale e il pubblico ministero, con decreto
motivato dichiara inammissibile la proposta. Il tribunale può concedere al debitore un termine non
superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Il tribunale
dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione giudiziale quando è presentato ricorso da parte di uno
dei soggetti legittimati.

5. Il decreto di cui al comma 4 è reclamabile dinanzi alla corte di appello nel termine di trenta giorni dalla
comunicazione. La corte di appello, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato.
Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile.

6. La domanda può essere riproposta, decorso il termine per proporre reclamo, quando si verifichino
mutamenti delle circostanze.]

Il tribunale attua un controllo di legalità, mentre il controllo di fattibilità è riservato ai creditori. Come
enunciato dal successivo art.48, fatta la domanda in tribunale, la decisione finale verrà poi presa in sede di
omologa, un provvedimento emesso dal tribunale che prende atto della volontà della maggioranza dei
creditori. Questi ultimi, infatti, sono una parte fondamentale del concordato: il concordato preventivo
viene omologato quando riceve la maggioranza semplice (50% + 1), il tribunale invece verifica la
legittimità. Infatti, alla lettera b) dell’art. 47 troviamo la seguente disposizione: “il tribunale verifica che la
domanda, quindi il piano proposto, sia idoneo a soddisfare i creditori”.

Vi sono poi delle spese, infatti, una volta consegnata la domanda il tribunale richiederà un deposito pari al
50% delle spese che si ritengono necessarie per la gestione della procedura (in particolare quelle per il
commissario giudiziale).

Secondo l’art. 2740 c.c. (un dogma, di matrice napoleonica) “ogni debitore risponde delle obbligazioni
contratte con il suo intero patrimonio”. C’è però un articolo del CCII che ha violato tale dogma, prevedendo
addirittura che il debitore possa pagare i creditori sovvertendo l’ordine dei privilegi. Privilegi che
consistono in delle preferenze d’ordine rispetto ad altri creditori (diritto di prelazione) nel pagamento (es.
ipotecari, dipendenti, professionisti, lo stato, spese di giustizia come quelle del commissario).

Quando un imprenditore presenta un concordato in continuità, sostanzialmente, va ad assicurare alla


massa dei creditori che la sua proposta sia assolutamente migliorativa rispetto alla liquidazione giudiziale.
Esiste quindi un criterio, cioè “del miglior soddisfacimento” (rispetto alla liquidazione). Questo perché è
diverso liquidare dei beni quando non si hanno debiti (quindi vendendoli normalmente sul libero mercato)
rispetto a quando invece si è in una posizione di forte indebitamento nota al mercato (i beni verranno
quindi svenduti). Vendere quindi un’azienda in bonis è un conto, venderla in sede di esecuzione è tutt’altra
cosa (vi sono gare, aste, ribassi dei beni).
L’interesse è quindi a mantenere in vita l’impresa perché i creditori risulteranno sicuramente
maggiormente soddisfatti, viene mantenuto il livello occupazionale, si avrà continuità, producendo
ricchezza sia per l’impresa che per il mercato. Diversamente, se l’impresa dovesse fallire, subirà un chiaro
ribasso di valore, con delle conseguenze per i creditori, il mercato etc. -> La proposta deve quindi essere, in
linea di massima, migliorativa rispetto a quella “fallimentare”.

Dopo la domanda e le spese, si arriva al procedimento di omologazione (art.109 CCII).

Secondo quanto stabilito dall’art. 109 la maggioranza è quella del “50% + 1” (semplice), anche se sono
previste anche determinate classi tra i creditori. Quando viene richiesto un concordato vengono infatti
stabilite delle classi (es. debito di tot classe ipotecaria/privilegiata immobiliare/dipendenti/erario ecc.),
questo perché ad ogni classe si può proporre una differente percentuale di pagamento. Quindi oltre alla
maggioranza semplice generale occorrono anche delle maggioranze specifiche all’interno delle singole
classi.

In proposito di maggioranza, si diversifica l’Accordo di ristrutturazione, dove quella richiesta è del 60%.

Accordo di ristrutturazione

È un’altra possibilità per l’imprenditore di poter risolvere la propria crisi. Ne parla l’art.57.

[Art. 57

Accordi di ristrutturazione dei debiti

1. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore, anche non commerciale e
diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza, con i creditori che rappresentino almeno il
sessanta per cento dei crediti e sono soggetti ad omologazione ai sensi dell’articolo 48.

2. Gli accordi devono contenere l’indicazione degli elementi del piano economico-finanziario che ne
consentono l’esecuzione. Il piano deve essere redatto secondo le modalità indicate dall’articolo 56. Al piano
debbono essere allegati i documenti di cui all’articolo 39, commi 1 e 3.

3. Gli accordi devono essere idonei ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei nei seguenti
termini:

a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione.

4. Un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
L’attestazione deve specificare l’idoneità dell’accordo e del piano ad assicurare l’integrale pagamento dei
creditori estranei nel rispetto dei termini di cui al comma 3.]

Gli Accordi possono essere pattuiti con tanti creditori che rappresentino almeno il 60%. Quindi mentre il
concordato è l’istituto principe di natura concorsuale, gli Accordi invece nascono esternamente al tribunale
(vengono fatti dei veri e propri contratti con i singoli creditori) e una volta raccolto il 60% dei consensi (per
iscritto) si potrà richiedere l’omologazione dell’accordo presso il tribunale.

Sia nel concordato che negli accordi c’è una figura fondamentale che è quella dell’attestatore, cioè un
soggetto pagato dall’imprenditore (che non riveste la qualifica di pubblico ufficiale) che risponde
gravemente e anche penalmente di falsa attestazione. Questo perché sia il concordato che gli accordi
prevedono che i numeri proposti all’interno del piano vengano attestati: “Un professionista indipendente
deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano”. Quindi è necessario attestare che ciò
che viene proposto potrà essere effettivamente realizzato.

Cram down (art. 63)

[Art. 63

Transazione su crediti tributari e contributivi

1. Nell'ambito delle trattative che precedono la stipulazione degli accordi di ristrutturazione di cui agli
articoli 57, 60 e 61 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei
relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di
forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei
relativi accessori. In tali casi l'attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti fiscali e
previdenziali, deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione
giudiziale; tale circostanza costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale.

2. La proposta di transazione, unitamente alla documentazione di cui agli articoli 57, 60 e 61 è depositata
presso gli uffici indicati all’articolo 88, comma 3. Alla proposta di transazione deve essere allegata la
dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal suo legale rappresentante ai sensi dell'articolo 47 del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la documentazione di cui al periodo
precedente rappresenta fedelmente e integralmente la situazione dell'impresa, con particolare riguardo
alle poste attive del patrimonio. L'adesione alla proposta è espressa, su parere conforme della competente
direzione regionale, con la sottoscrizione dell'atto negoziale da parte del direttore dell'ufficio. Per i tributi
amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli l’adesione alla proposta è espressa dalla competente
direzione interregionale, regionale e interprovinciale con la sottoscrizione dell’atto negoziale. L'atto è
sottoscritto anche dall'agente della riscossione in ordine al trattamento degli oneri di riscossione di cui
all'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L'assenso così espresso equivale a
sottoscrizione dell'accordo di ristrutturazione. Ai fini del comma 2-bis, l’eventuale adesione deve
intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta di transazione.

2-bis. Il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte
dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando
l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli articoli 57, comma 1, e 60,
comma 1, e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di
soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza
obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria.

3. La transazione conclusa nell'ambito degli accordi di ristrutturazione è risolta di diritto se il debitore non
esegue integralmente, entro sessanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle agenzie fiscali e
agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.]

(A proposito del concordato preventivo e degli accordi)

Il Cram down è uno strumento molto importante, poiché dà la possibilità di poter imporre a determinati
soggetti l’approvazione del concordato o degli accordi.

(Dall’esempio sull’Agenzia delle entrate)

Come detto, per il concordato è necessaria una maggioranza del 50% + 1, mentre per gli accordi del 60%.
Quando un creditore (es. Agenzia delle entrate o banche) non presenzia alle discussioni per approvare o
meno una proposta di concordato o di accordi, vengono a crearsi problemi, impedendo al concordato o
agli accordi di ricevere le maggioranze necessarie e di fatto bloccandoli.

(Quando si domanda un concordato, secondo quanto disposto dall’art. 38 CCII, vanno chiarite ai creditori
le modalità del piano e devono essere fornite, agli stessi, le motivazioni per cui una tale scelta risulterebbe
migliorativa rispetto alla liquidazione).

Se ad esempio è l’Agenzia delle entrate a determinare il blocco dei concordati o degli accordi vi è la
possibilità che i dipendenti rispondano per i danni causati allo stato (responsabilità erariale).

Il legislatore, prendendo atto di tali dinamiche, introduce il Cram down, che stando all’art. 63 comma 2-bis,
permette al tribunale di omologare comunque gli accordi quando la proposta di soddisfacimento è
conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, anche in mancanza di adesione da parte di determinate
categorie di soggetti creditori (es. Agenzia delle entrate, INPS), quando l’adesione è determinante ai fini
del raggiungimento delle percentuali previste dai relativi articoli (57 comma 1 e 60 comma 1).

(Prima, qualora uno dei soggetti chiamati in causa non avesse partecipato a tali discussioni (impedendo agli
accordi di avere la maggioranza necessaria) ne avrebbe risposto dei danni.)

Le stesse modalità speculari in tema di concordato all’art.88.

Conclusioni

Il CCII impone l’emersione anticipata della crisi. Qualora tale emersione si verifichi, l’art. 25-octies
prevede che l’organo di controllo (o il collegio sindacale) comunichi all’amministrazione la necessità di
doversi attivare secondo la procedura fornita dall’art. 17 (Composizione negoziata). Ci sono poi, al
raggiungimento del mancato pagamento di alcune soglie di IVA o di retribuzioni, le segnalazioni dei
soggetti pubblici qualificati e in virtù di tali segnalazioni invitano anche l’imprenditore ad accedere alla
Composizione.

Nelle crisi più complesse vi sono invece due ulteriori istituti: Concordato preventivo e Accordi di
ristrutturazione. Istituti che differiscono in quanto il concordato è tipicamente concorsuale, mentre gli
accordi di ristrutturazione sono accordi esterni. Entrambi gli istituti devono però essere omologati
(concordato: 50% + 1 e maggioranza all’interno delle classi, mentre accordi 60%). Nel concordato vi è la
figura del Commissario giudiziale, mentre negli accordi no. Secondo, poi, il disposto dell’art. 44 è data la
possibilità, sia per il concordato che per gli accordi, di essere depositati con riserva (di consegna del piano,
della domanda e di altri documenti necessari, entro 30/60/120 giorni).

(Dall’ultimo esempio sulla domanda con riserva di concordato preventivo)

[Art. 46

Effetti della domanda di accesso al concordato preventivo

1. Dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, anche ai sensi dell’articolo 44, e
fino al decreto di apertura di cui all’articolo 47, il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria
amministrazione previa autorizzazione del tribunale. In difetto di autorizzazione gli atti sono inefficaci e il
tribunale dispone la revoca del decreto di cui all’articolo 44, comma 1.

2. La domanda di autorizzazione contiene idonee informazioni sul contenuto del piano. Il tribunale può
assumere ulteriori informazioni, anche da terzi, e acquisisce il parere del commissario giudiziale, se
nominato.
3. Successivamente al decreto di apertura e fino all’omologazione, sull’istanza di autorizzazione provvede il
giudice delegato.

4. I crediti di terzi sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili.

5. I creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo
che vi sia l’autorizzazione prevista dai commi 1, 2 e 3. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che
precedono la data della pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso sono inefficaci
rispetto ai creditori anteriori.]

Quindi, proprio perché il focus del legislatore è sulla continuità aziendale, vi è un favor straordinario in tal
senso (la concessione della domanda con riserva). L’art. 46 autorizza addirittura il debitore a compiere atti
urgenti di straordinaria amministrazione, previa autorizzazione del tribunale, prima ancora di redigere il
piano (la proposta per i creditori), se quell’atto è congruente con la soluzione della crisi.

(Dall’esempio: la vendita stessa dell’azienda può costituire uno di tali atti. Ciò è di estrema importanza, in
quanto una vendita in bonis risulterà sicuramente più remunerativa)

Tali atti possono essere posti in essere se si dimostra di poter salvare l’impresa indirettamente (nel caso di
vendita dell’intero complesso aziendale), evitando una serie di conseguenze negative, nonché la possibilità
di farlo ancor prima che la procedura venga aperta (art. 46).

In questi casi (sempre tornando all’esempio del terzo che compra integralmente il complesso) il terzo pone
in essere una proposta irrevocabile di acquisto. A questo punto il debitore si reca presso il tribunale, e
approvata la vendita, viene applicato il disposto dell’art. 91.

[Art. 91

Offerte concorrenti

1. Il tribunale o il giudice da esso delegato, esclusivamente quando il piano di concordato comprende


un’offerta irrevocabile da parte di un soggetto già individuato e avente ad oggetto il trasferimento in suo
favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso,
dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, dispone che dell’offerta stessa sia data idonea
pubblicità al fine di acquisire offerte concorrenti. La stessa disciplina si applica in caso di affitto d’azienda.

2. La medesima disciplina si applica quando, prima dell’apertura della procedura di concordato, il debitore
ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del
ramo d’azienda o di specifici beni aziendali.

3. Se pervengono manifestazioni di interesse, il tribunale o il giudice da esso delegato, dispone con decreto
l’apertura della procedura competitiva.

4. Il decreto di cui al comma 3 stabilisce le modalità di presentazione di offerte irrevocabili, prevedendo che
ne sia assicurata in ogni caso la comparabilità, i requisiti di partecipazione degli offerenti, le forme e i tempi
di accesso alle informazioni rilevanti, gli eventuali limiti al loro utilizzo e le modalità con cui il commissario
deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta, le modalità di svolgimento della procedura competitiva,
l’aumento minimo del corrispettivo che le offerte devono prevedere, le garanzie che devono essere
prestate dagli offerenti, le forme di pubblicità e la data dell’udienza per l’esame delle offerte se la vendita
avviene davanti al giudice.

5. La pubblicità è in ogni caso disposta sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 del codice di
procedura civile, nelle forme di pubblicità di cui al predetto articolo per quanto compatibili.
6. Le offerte, da presentarsi in forma segreta, non sono efficaci se non conformi a quanto previsto dal
decreto e, in ogni caso, quando sottoposte a condizione.

7. Le offerte sono rese pubbliche nel giorno stabilito per la gara alla presenza degli offerenti e di qualunque
interessato. Se sono state presentate più offerte migliorative, si procede alla gara tra gli offerenti. La gara
deve concludersi almeno venti giorni prima della data fissata per il voto dei creditori, anche quando il piano
prevede che la vendita o l’aggiudicazione abbia luogo dopo l’omologazione.

8. Con la vendita o con l’aggiudicazione, se precedente, a soggetto diverso dall’originario offerente indicato
nel piano, questi e il debitore sono liberati dalle obbligazioni reciprocamente assunte. In favore
dell’originario offerente il commissario dispone il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la
formulazione dell’offerta entro il limite massimo del tre per cento del prezzo in essa indicato.

9. Il debitore modifica la proposta ed il piano in conformità all’esito della gara.

10. Nel caso in cui, indetta la gara, non vengano presentate offerte, l’originario offerente rimane vincolato
nei termini di cui all’offerta indicata al comma 1.

11. Il presente articolo si applica, in quanto compatibile, nel caso in cui il debitore abbia chiesto
l’assegnazione del termine previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera a).]

(l’ultimo comma intende che l’articolo si applica anche alle domande in bianco).

Tale articolo quindi è il coronamento della possibilità dell’imprenditore di risolvere la propria crisi senza
depositare piano e offerta, ma soltanto cedendo o affittando l’azienda ad un terzo, prima ancora che si
apra la procedura.

Il tribunale, quindi, quando il piano di concordato prevede un’offerta irrevocabile (di vendita o affitto di un
ramo di azienda o dell’intera azienda), da parte di un soggetto già individuato, anche prima
dell’omologazione (quindi prima che sia sottoposto all’approvazione dei creditori) può aprire (sotto
richiesta dell’interessato) una procedura di vendita competitiva. Questo perché, quando non sono in gioco
interessi esclusivamente privatistici, ma si tratta di interessi che coinvolgono una collettività, allora la
vendita dovrà essere competitiva (si mettono i beni in vendita e si fa una gara), quindi tesa a vendere al
miglior prezzo possibile (lo scopo è proprio questo). Una volta ricevuta l’autorizzazione il proponente può
partecipare alla gara e, qualora non vi siano offerte almeno pari alla propria, si aggiudicherà il bene. Tale
meccanismo è messo in atto proprio per evitare una possibile svendita dei beni aziendali e per la tutela di
un interesse pubblico.

(Il curatore, in caso di liquidazione giudiziale o comunque di ipotesi di cessione del complesso, può porre in
essere molteplici vendite competitive, attraverso una richiesta di manifestazione di interesse. Ciò era
possibile anche prima dell’entrata in vigore del CCII, anche se non espressamente previsto. Il legislatore ha
infatti adottato una “tipizzazione dei comportamenti”, convertendo in legge un comportamento diffuso
nella prassi, poiché ritenuto meritevole di tutela).

Liquidazione Giudiziale

Il rischio di trovarsi in crisi di liquidità, e il conseguente ricorso al debito, incombe su ogni azienda: può
essere l’inevitabile conseguenza di lunghi periodi di crisi economica o il risultato della cattiva gestione dei
flussi di cassa. In ogni caso, quando si finisce in situazioni del genere le conseguenze sul bilancio aziendale
possono essere pesanti. Tanto che, in casi estremi, l’impresa rischia la sua stessa sopravvivenza. Quando
coprire i debiti di un’azienda diventa una soluzione impossibile, a chi sta al timone dell’impresa non resta
che far ricorso alla liquidazione giudiziale. Una decisione non certo piacevole, ma talvolta necessaria. Ma
che cosa si intende per liquidazione giudiziale? Quando si apre questa fase all’interno di un processo di
crisi? A fare luce sull’argomento è il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (Decreto Legislativo
12 gennaio 2019, n. 14) che entrerà in vigore il prossimo 15 luglio 2022, destinato a sostituire la legge
fallimentare di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267. Vediamo gli aspetti principali della riforma, che sta per
entrare in vigore.

Che cosa vuol dire liquidazione giudiziale


Quando si parla di liquidazione giudiziale ci si riferisce a quella procedura che, con l’entrata in vigore del
nuovo Codice della crisi d’impresa, sostituirà il fallimento e il cui fine è quello liquidare il patrimonio
dell’imprenditore insolvente, ripartendo il ricavato in favore dei creditori sulla base della graduazione dei
loro crediti. Si tratta in pratica di uno degli strumenti previsti dal legislatore per far fronte, in ultima istanza,
a situazioni di crisi e di insolvenza degli imprenditori. Premesso che la riforma è stata sviluppata nell'ottica
di favorire la diagnosi tempestiva della crisi per la salvaguardia della continuità aziendale, in alcune
circostanze i sistemi di allerta e di intervento preventivo non sono sufficienti per evitare il peggio. Ecco
dunque che in casi estremi l'imprenditore è costretto a far ricorso alla liquidazione giudiziale. Si tratta
comunque di una procedura da considerarsi come "l'ultima spiaggia", da attivarsi qualora tutte le altre
strade previste dal Codice di Crisi dell'impresa non abbiano sortito l’effetto desiderato.

Quando si apre una liquidazione giudiziale: presupposti soggettivi e oggettivi


Nonostante la procedura di liquidazione giudiziale contemplata dal nuovo Codice di Crisi dell'impresa sia
destinata a sostituire la procedura fallimentare sino ad oggi conosciuta, i presupposti oggettivi e soggettivi
richiesti per la sua apertura rimangono invariati rispetto a quelli previsti dalla Legge Fallimentare.

Pertanto l’avvio della procedura di liquidazione giudiziale è richiesto solo quando il debitore, che sia un
imprenditore commerciale e che non possa essere definito come “impresa minore”, versi in uno stato
di insolvenza.

Escludendo le imprese minori, l’accesso alla liquidazione giudiziale è limitata alle aziende che abbiano
superato almeno uno dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 2, comma 1 del Codice, ovvero che
dispongano di:

 un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo superiore a euro trecentomila nei tre
esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o
dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
 ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro
duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della
liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
 un ammontare di debiti anche non scaduti superiore a euro cinquecentomila.

Questi sono i criteri soggettivi. L’apertura della liquidazione giudiziale richiede altresì, da un punto di vista
oggettivo, la sussistenza dello stato di insolvenza dell’imprenditore, che si può manifestare quando il
debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Tuttavia, non qualsiasi insolvenza legittima l’apertura della liquidazione giudiziaria. Tale procedura
giudiziale è ammessa quando la somma complessiva dei debiti scaduti e non pagati dal debitore risulti
superiore a € 30.000,00.

Chi può richiedere la liquidazione giudiziale


Una volta accertata la presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi che abbiamo visto nel paragrafo
precedente, l’azienda in crisi può dunque accedere alla liquidazione giudiziaria. Ma chi può attivare la
procedura? Ai sensi dell’art. 37 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, la domanda di
liquidazione giudiziaria può essere avanzata, nella forma del ricorso, da:
 il debitore;
 il pubblico ministero quando ha notizia dello stato di insolvenza, anche su segnalazione di altra
autorità giudiziaria;
 i creditori;
 gli organi di controllo e di vigilanza.

A chi rivolgersi per richiedere la liquidazione giudiziale


La domanda per poter avere accesso alla procedura di liquidazione giudiziaria deve essere depositata al
Tribunale delle Imprese territorialmente competente in base al luogo ove l’imprenditore svolge la sua
attività imprenditoriale e cioè:

 la sede legale,
 qualora la sede legale non risulti dal Registro delle Imprese, il luogo ove si trova la sede effettiva
dell’attività.

Quali sono gli organi della liquidazione giudiziale


Assieme al debitore e ai creditori, altri soggetti partecipano alla procedura di liquidazione giudiziaria. In
particolare:

 il Giudice delegato: il cui ruolo è quello di vigilare su tutto l’iter per evitare che i creditori subiscano
eventuali danni;
 il Curatore: viene nominato direttamente dal Tribunale e viene investito della qualifica di pubblico
ufficiale. La sua funzione è quella di amministrare il patrimonio del debitore, nonché a eseguire
tutte le operazioni necessarie ai fini dell’espletamento della procedura sotto la direzione e il
controllo del Giudice delegato e del Comitato dei creditori;
 il Comitato dei creditori: viene nominato dal Giudice delegato entro trenta giorni dall’apertura
della liquidazione giudiziaria ed è costituito da tre o cinque creditori, scelti in base a particolari
criteri di valutazione dei loro crediti e ha il compito di vigilare sull’attività svolta dal curatore,
autorizzandone le attività stesse.

Come avviene la liquidazione dell'attivo


Come funziona concretamente la liquidazione dell'attivo, ovvero la vendita del patrimonio del debitore per
ripagare i creditori? Il processo si sviluppa in due fasi.

Nella prima, il curatore predispone il programma di liquidazione al cui interno sono indicate le modalità
attraverso le quali verrà operata la liquidazione dei beni, indicando costi e tempi di realizzazione. Il
programma di liquidazione verrà approvato dal Comitato dei creditori e autorizzato dal Giudice delegato.

Esaurita questa fase, si passa alla vendita dei beni e, quindi, alla fase di ripartizione tra i creditori.
Attenzione, nella liquidazione giudiziaria i creditori non sono tutti uguali: sono divisi in “classi”, di modo che
i creditori della classe inferiore vengono soddisfatti solo se residuano somme dalla soddisfazione dei
creditori della classe superiore (tra questi ultimi spiccano i dipendenti). Liquidata e ripartita tutta la massa
fallimentare, la procedura di liquidazione può dirsi chiusa.

Conclusioni
Quelle evidenziate in questo articolo sono situazioni economiche particolarmente gravi. Nel ciclo di vita
della tua azienda, può infatti accadere di dover far fronte a uno o più debiti, magari anche per via di
una gestione della liquidità poco attenta. Questo però non basta perché si possa parlare di fallimento. Ad
ogni modo, è bene ricordare che lo stato di insolvenza di un’azienda non arriva all’improvviso. Al contrario,
è spesso il risultato di scelte sbagliate nell’ambito della gestione del flusso di cassa. E quando si manifesta
porta inevitabilmente conseguenze sul conto economico o sullo stato patrimoniale. Tutto ciò impone
all’imprenditore e all’organo amministrativo di “giocare d’anticipo” ispirandosi ai principi di buona
governance. Come? Tenendo sempre sotto controllo i flussi di cassa, magari aggiungendo un sistema di
previsione efficiente in grado di anticipare possibili problemi.

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