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DIRITTO COMMERCIALE

LEZIONE 1 – L’IMPRESA E L’IMPRENDITORE

Il diritto commerciale è il diritto delle imprese commerciali.


Comprende in senso stretto:

 Il diritto dell’impresa;
 Il diritto delle società;
 Il diritto dei contratti commerciali [NO]
 Il diritto dei titoli di credito [NO]
Comprende in senso lato anche il diritto fallimentare, industriale, bancario, assicurativo e dei mercati
finanziari.

IL DIRITTO COMMERCIALE NEL CODICE DEL 1942


Con la codificazione del 1942 è venuto meno il codice di commercio, imperniato sul commerciante
visto come speculatore.
Le “membra” di tale codice si sono sparse nel libro V del Lavoro del Codice civile (impresa, società) e
nel libro IV delle obbligazioni (titoli di credito e contratti commerciali), oltre che nella legge fallimentare
(fallimento e altri istituti concorsuali).
La costituzione del 1947 ha espresso valori compatibili con quelli nel Codice civile, particolarmente
nell’art.41.
Dal 1990 in poi sono sopravvenute molte leggi speciali rilevanti nella materia, anche per l’impulso della
Comunità Europea (poi Unione Europea), nonché alcune riforme:
a) Del diritto delle società di capitali nel 2003 (non cambia il diritto però delle società di persone)
b) Della legge fallimentare, dal 2005 al 2007, e poi in più riprese negli anni successivi
Altra legge importante è il decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58, che emana il testo unico
della finanza (TUF). Autore fu fondamentalmente Mario Draghi.
Dal 1998 a oggi è stato aggiornato più volte, e nella parte IV c’è la disciplina degli emittenti
(società quotate).
La legge delega è una legge ordinario, e il legislatore delegato ne attua i principi.
Oggi il legislatore delega, ma se questa non funziona il legislatore la può correggere. Decreto correttivo
del 2007.
Vi sono stati altri interventi sulla legge fallimentare (nel 2019 viene approvato il codice della crisi di
impresa e dell’insolvenza, che non è però ancora entrato in vigore)

IMPRENDITORE E IMPRESA
La definizione giuridica di imprenditore, in applicazione del c.d. «metodo dell'economia», è imperniata
sul concetto economico di imprenditore, che si caratterizza per la funzione intermediatrice fra quanti
offrono capitale o domandano lavoro, e quanti richiedono beni o servizi per consumo (secondo
Schumpeter, una definizione passata).

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L'impresa non è invece definita nel Codice civile, anche perché la sua definizione era ed è controversa
tanto fra gli economisti (Pareto: è quell'ordinamento dei fattori della produzione, che li volge a
compierla), quanto fra i giuristi. Per i più coincide con l'attività caratteristica dell'imprenditore (v. infra),
per altri è l'organizzazione dei beni e delle energie umane al fine della produzione o dello scambio.
Quindi oggi l’impresa è prevalentemente vista come sopra. (fonte Libro V del lavoro del Codice civile).
Art. 2082 c.c.: È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata
al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. È una definizione che va saputa a
memoria, in quanto ogni parte ha un significato ben preciso.
Questa definizione esalta la funzione intermediatrice dell’imprenditore tra coloro che offrono capitale
e domandano lavoro e coloro che richiedono beni di servizio e consumo. Analizziamo ora la definizione
di imprenditore.

1) L’ATTIVITA’ AL FINE DELLA PRODUZIONE DI BENI E SERVIZI


È attività una serie di atti giuridici o materiali unificata dalla comunanza dello scopo.
Atto materiale è tipicamente diretto al fine della produzione.
Atto giuridico incide sul mondo giuridico (vendita della proprietà, ad esempio, assunzione di
un’obbligazione).
L'imputazione dell'attività secondo molti dipende dalla spendita del nome, ma questa è un criterio
adatto solo per gli atti giuridici (v. art. 1705 c.c.).
Un altro criterio di imputazione è: l'autore degli atti + i soggetti per conto del quale siano compiuti.
Attività al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi: è considerata ogni attività
creatrice di ricchezza (Io è anche lo scambio, in quanto determina l'allocazione del bene o servizio a
chi più è disposto a pagarlo). La O evidenziata in precedenza in grassetto fa sì che si generino
controversie se è imprenditore anche chi produce per conto proprio.
È imprenditore anche chi produce per conto proprio, ossia per il proprio consumo (e della famiglia), (ad
es. il coltivatore diretto); alcuni lo contestano, ma è preferibile la risposta affermativa, anche perché si
tratterà di un piccolo imprenditore.

2) ATTIVITA ECONOMICA
Indica qualcosa di diverso dal «fine della produzione o dello scambio ...»? Secondo alcuni si tratta di
requisiti coincidenti. Altre interpretazioni: l'economicità indica che:
A. Il bene o servizio è suscettibile di valutazione economica, ossia ha un mercato [qualcuno è
disposto a comprare];
B. L'operatore applica un «metodo economico», ossia tale che i ricavi possa almeno pareggiare i
costi (se fosse un «metodo lucrativo», sarebbe idoneo a procurare un utile) — ma come fa il
terzo a comprendere quale metodo stia impiegando l'operatore? Questo spiega perché siano
considerati imprenditori gli enti pubblici economici e le società cooperative [raggiungere almeno il
pareggio di bilancio, punto debole il metodo economico è una tecnica gestionale o è un profilo
oggettivo? Ovvero non è facile per il terzo capire se ci sono criteri di economicità];
C. Non abbiamo a che fare con un'attività di mero godimento, quale quella consistente nel concedere
in locazione cose, produttive e non, per ottenere frutti civili — ma se offro anche servizi collaterali
(pulizia camera e colazione inclusa nei residence; in questo caso vengo considerato imprenditore),
diventa un'attività economica, è difficile distinguere — in tal modo, anche la mera amministrazione
di patrimoni mobiliari o di quote di partecipazione rischia di non essere considerata attività
economica (tema controverso).

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3) ORGANIZZAZIONE
È da sempre il requisito più controverso, addirittura per alcuni uno pseudo requisito. Varie tesi:
1. Postula un'organizzazione di beni (l'azienda);
2. Postula un'organizzazione di lavoro altrui (rapporti di lavoro subordinato);
3. Postula o l'uno o l'altro tipo di organizzazione [basta che ci sia un apporto esterno];
L'organizzazione di mezzi necessari di cui all'art. 1655 c.c. sull'appalto, in contrapposizione all'art.
2222 sul contratto d'opera appare l'elemento distintivo. Si deve trattare di MEZZI NECESSARI
all'espletamento della prestazione di cose o servizi, non di mezzi solo utili.
Questo spiega perché il professionista intellettuale non sia di norma un imprenditore: perché la sua
attività intellettuale qualifica la prestazione come «personale». Altri sostengono invece che lo stesso
gode di un privilegio. In ogni modo, se esercita un'attività più complessa e organizzata (v. art. 2238
c.c.- l’esercizio di una professione intellettuale non costituisce un’impresa, a meno che questa non faccia
parte di un’attività più complessa e organizzata in forma di impresa) anch'egli può assumere la
qualifica di imprenditore.
La nozione di «impresa comunitaria» tende a non comprendere il requisito dell'organizzazione.

4) ESERCITARE “PROFESSIONALMENTE”
Non basta il compimento occasionale di atti di produzione e di scambio, ma neppure:
A. Occorre continuità temporale (ad es. sono professionali anche le attività stagionali);
B. Occorre la finalizzazione al compimento di più affari (anche uno può bastare, se molto impegnativo
e protratto nel tempo, ad es. la costruzione di un palazzo o di una diga)
C. Occorre che l'attività sia esercitata in esclusiva o con carattere di prevalenza. Basta insomma che
l'attività sia esercitata stabilmente, ovvero che gli elementi organizzati vi siano destinati
stabilmente.
La professionalità non richiede il perseguimento di un fine di lucro.

IMPRESE PUBBLICHE E DI ASSOCIAZIONI O FONDAZIONI


A) Gli enti pubblici possono assumere la qualifica di imprenditore, ma solo se l'attività economica
abbia carattere prevalente. Qualora esercitino attività di impresa in via secondaria rispetto
all'attività istituzionale, avremo invece (secondo alcuni) un'impresa senza imprenditore, come
sembrano fare intendere l'art. 2093, comma 2, e l'art. 2201 c.c. (l’imprenditore pubblico si ha solo
quando l’esercizio dell’attività economica sia prevalente o esclusivo)
L'impresa pubblica in forma di ente pubblico non è più molto diffusa, in quanto la «mano
pubblica» preferisce operare nel mondo economico assumendo partecipazioni maggioritarie o
totalitarie in società di capitali.
B) Associazioni e fondazioni di cui al Libro I del codice possono esercitare attività di impresa che
rimane però ancillare, anche se non accade con frequenza. Secondo alcuni questo implica sempre
l'acquisto della qualità di imprenditore. Secondo altri tale qualità non si acquista se l'attività di impresa
rimane ancillare all'attività istituzionale, per carenza del requisito della professionalità o in analogia a
quanto prevede l'art. 2201 c.c. per gli enti pubblici, ritenuto espressivo di un principio generale.

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LE IMPRESE SOCIALI – LA NORMATIVA
Con il d. Igs. 24 marzo 2006, n. 155, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento la figura
dell'"impresa sociale". In un quadro generale di promozione del c.d. Terzo settore, rispondente
all'attuazione del principio di sussidiarietà "orizzontale" sancito dall'art. 118 Cost., consistente
nell'attribuire alcuni dei compiti già svolti dallo Stato sociale a enti privati senza scopo di lucro,
all'impresa sociale è stato specificamente affidato il compito di soddisfare, con il supporto delle
comunità locali, bisogni di beni o servizi "di interesse generale" trascurati dalle tradizionali imprese
governate dallo logica del profitto ma anche dalle imprese riconducibili alla mano pubblica.
La materia ha poi formato oggetto di riforma, secondo le linee tratteggiate nella legge delega 6 giugno
2016, n. 106, preordinate alla complessiva riforma della normativa concernente il Terzo settore,
mediante il d. Igs. 3 luglio 2017, n. 112, recante "Revisione della disciplina in materia di impresa
sociale", rivisto con le disposizioni correttive di cui al d. Igs. 20 luglio 2018, n. 95.

REQUISITI E TRATTAMENTO DELL’IMPRESA SOCIALE


La qualifica di "impresa sociale" può essere acquisita da ogni ente privato, compresi tutti quelli di cui al
Libro V del Codice civile, che eserciti in via stabile e principale un'"attività d'impresa" non a scopo
di lucro: dunque, i fondatori possono scegliere la forma organizzativa di diritto privato che ritengano più
efficiente e consona agli obiettivi perseguiti, fra quelle disciplinate nel Libro I, ma anche nel Libro V.
Un altro requisito è che l'attività d'impresa sia "di interesse generale", ossia presenti uno degli oggetti
indicati nell'art. 2.
L'attività d'impresa rientrante in una di tali categorie si considera svolta in "via principale" se "i relativi
ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell'impresa sociale.
Il divieto dello scopo di lucro è stato in ogni modo temperato considerevolmente, nell'ottica di favorire
lo sviluppo delle imprese sociali. Il legislatore ha ritenuto di incentivare gli investitori a contribuire alla
capitalizzazione delle imprese sociali "a lucrativisi limitata" anche mediante l'introduzione di un regime
fiscale di favore.
I vantaggi correlativi sono però controbilanciati dall'assoggettamento a un rigoroso regime contabile e
dei controlli.

IL PICCOLO IMPRENDITORE NEL CODICE CIVILE


Nell'art. 2083 c.c. si riscontra la nozione di "piccolo imprenditore", rilevante in negativo per l'effetto di
sottrarre il medesimo alla maggior parte delle norme previste per le categorie generali
dell'imprenditore o dell'imprenditore commerciale.
Nella definizione codicistica l'elemento caratterizzante del piccolo imprenditore — per i più
operante anche per le figure di piccoli imprenditori ivi "nominate", ossia "i coltivatori diretti del fondo,
gli artigiani e i piccoli commercianti" — è espresso dalla locuzione finale "prevalentemente con il
lavoro proprio o dei componenti della famiglia".
Con tale requisito generale si intende che, pur essendo esercitata un'attività "professionale
organizzata", nel senso che il titolare si avvale di un'organizzazione di "mezzi necessari" capace di
incidere tipologicamente sull'oggetto dell'attività economica esercitata — e dunque si giustifica
l'applicazione della disciplina sulla circolazione dell'azienda e delle altre norme componenti il c.d.
statuto generale dell'imprenditore — il lavoro personale dell'imprenditore e dei suoi familiari rimane
comunque prevalente rispetto all'organizzazione di beni e al lavoro altrui (come è riscontrabile ad es.
nel caso del sarto su misura o del commerciante ambulante).

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L’IMPRENDITORE “MINORE” NELL’ART.1, CPV. DELLA LEGGE
FALLIMENTARE
Il soggetto identificato nell'art. 2083 c.c. era in origine escluso dal fallimento quand'anche esercitasse
un'attività commerciale, e coerentemente l'art. 1, cpv., I. fall., nella versione del 1942, prevedeva criteri
specificativi per agevolare l'identificazione dell'imprenditore commerciale non fallibile in quanto
"piccolo". Ma la riforma del 2007 ha così riformulato l'art. 11. fall.:
Il. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al
primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o
dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo
non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza
di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare
complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

L’INTERPRETAZIONE DELL’ART.1 L.F.


Emancipazione dall'art. 2083 c.c.: l'identificazione dell'imprenditore commerciale sottratto al fallimento
per "ragioni dimensionali" è ormai slegata dalla definizione dell'art. 2083 c.c.:
I tre parametri indicati operano sia per imprenditori individuali che per imprenditori collettivi.
L'onere della prova di essere «sotto-soglia» grava sul debitore.
Coloro che sono definiti come «artigiani» ai sensi di leggi speciali (in specie la legge quadro n.
443/1985) sono sottoposti agli stessi parametri, ai fini del fallimento.
I dati indicati nei tre parametri si caratterizzano per essere agevolmente estrapolabili dai bilanci
civilistici e fiscali.
L'imprenditore minore ai sensi dell'art. 1, cpv., I. fall. può accedere alle procedure "a concorsualità
minore" di cui agli artt. 6 ss. della I. 27 gennaio 2012, n. 3

LEZIONE 2 - L’IMPRESA E L’IMPRENDITORE

L’IMPRESA FAMILIARE
L'impresa familiare è disciplinata nell'art. 230-bis, il quale regolamenta i rapporti interni all'impresa
ogni qualvolta un familiare dell'imprenditore presti la sua opera in maniera continuativa
nell'impresa stessa, senza ricevere uno specifico inquadramento giuridico (senza
formalizzazione).
La finalità dell'istituto è di tutelare quei familiari che pur lavorando all'interno di un'impresa
familiare non si vedono riconosciuti adeguati diritti nei confronti dell'imprenditore, come può capitare
soprattutto nella realtà delle imprese agricole e minori.
I familiari specificamente tutelati dal legislatore sono quelli appartenenti al nucleo più ristretto: il
coniuge (anche separato); i parenti entro il terzo grado (compresi i figli adottivi e naturali); gli affini
entro il secondo grado.

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Sul piano dei diritti patrimoniali, detti familiari hanno diritto al mantenimento in rapporto alle condizioni
economiche della famiglia, nonché alla partecipazione agli utili (non alle perdite) e agli incrementi
dell'azienda in rapporto alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Sul piano dei diritti amministrativi, partecipano alle decisioni — assunte a maggioranza
determinata per teste —sull'impiego degli utili e degli incrementi nonché relative alla gestione
straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa. Dal canto suo, il capo dell'impresa
decide e compie in piena autonomia gli atti di gestione ordinaria.
Sono cause di perdita della complessiva "quota di partecipazione": la morte, il recesso, la cessazione
del rapporto familiare, l'impossibilità sopravvenuta di prestare il proprio lavoro.
La quota non può essere ceduta a estranei, ma solo ad altri membri della famiglia nucleare con il
consenso di tutti gli altri (fra quelli che concretamente partecipino all'impresa familiare).
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento d'azienda, i partecipanti all'impresa familiare
hanno diritto di prelazione sull'azienda (in misura proporzionale alla loro quota).
Alla cessazione dell’attività lavorativa per qualsiasi motivo e in caso di alienazione dell’azienda (per la
quale non sia stata esercitata la prelazione), ogni partecipante ha diritto di essere liquidato in denaro
(anche in più annualità).
L’impresa familiare deve considerarsi un’impresa individuale, in cui l’imprenditore è l’unico
responsabile dei debiti assunti nel suo esercizio nonché il destinatario delle norme correlate a tale
qualificazione (compresa l’eventuale assoggettabilità al fallimento).
I creditori personali dei partecipanti all’impresa non possono pignorare (vendere all’asta per soddisfare
un debito) i beni dell’impresa e neppure la quota di partecipazione del loro debitore, ma
unicamente gli utili che questo dovesse percepire

IL PRINCIPIO DI EFFETTIVITA’
La formulazione dell'art. 2082 fa capire che l'acquisto della qualità di imprenditore postula l'esercizio
concreto dell'attività, non essendo sufficiente la mera volontà di esercitarla.
L'operatività del c.d. "principio di effettività" è tuttavia incontroversa solo per quanto riguarda le
persone fisiche, mentre per le società alcuni sostengono che la qualità di imprenditore si acquisti già
con la costituzione, poiché nel loro oggetto sociale è già programmata l'attività economica.
La tesi "differenziale" — tuttora seguita da una parte della giurisprudenza — è tuttavia da
respingersi: deve comunque rinvenirsi l'esercizio di una "attività" in concreto. Nessun dato normativo
consente di superare il principio di effettività per le sole società, anche perché si determinerebbe una
disparità di trattamento immotivata: se non è giustificato far fallire una persona fisica che non ha
ancora operato, egualmente non ha senso far fallire una società che non abbia iniziato l'attività di
impresa. Si vuole evitare una diversità di trattamento tra persona fisica e società.

L’INIZIO DELL’ATTIVITA’ IMPREDITORIALE


L'oggetto dell'impresa è rappresentato dall'offerta - cioè dalla prestazione - di beni o servizi sul
mercato. Nondimeno, per arrivare a offrire la prima prestazione, è normalmente necessario approntare
l’"organizzazione per l'esercizio" dell'impresa, compiendo un'attività preparatoria tramite i c.d. "atti di
organizzazione", fra cui si comprende l'acquisto o la locazione di beni strumentali o di immobili,
l'assunzione di dipendenti e di massima pure l'acquisto di materie prime o delle merci da rivendere (da
una minoranza di studiosi diversamente annoverati nella categoria degli "atti di esercizio"). E anche
dopo il primo "atto di esercizio", con cui appunto si giunge a offrire la prima prestazione sul
mercato, occorreranno normalmente ulteriori atti di organizzazione.

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Qui si contrappongono principalmente due tesi: secondo alcuni Autori, dovendo riscontrare il requisito
della professionalità per attribuire la qualifica di imprenditore, occorre giungere alla fase del
compimento degli "atti di esercizio" (denominati anche "atti dell'organizzazione''), ed anzi ne
occorrerebbe un certo numero requisito in questione. Secondo altri, seguiti dalla giurisprudenza
prevalente, basta una pluralità di “atti di organizzazione", atteso che gli stessi sono anch'essi pertinenti
all'esercizio dell'impresa, e appunto continueranno a essere compiuti anche nella fase successiva.
La tesi più severa richiede un certo numero d atti di esercizio (per il principio di professionalità), la
risposta però preferibile è che rilevano già gli "atti di organizzazione" al pari degli "atti di
esercizio", in quanto anche i primi - che sono anzi quelli più idonei a prosciugare le risorse
finanziarie del titolare
- sollevano un'esigenza di tutela dei terzi (si vedrà in prosieguo che specialmente la qualifica di
imprenditore commerciale è funzionale all'applicazione di una disciplina prevalentemente diretta a
tutelare i terzi).

LA FINE DELL’ATTIVITA’ IMPRENDITRICE


Gli stessi principi vanno applicati in termini inversi alla fase terminale dell'impresa.
Quando l'imprenditore cessa di offrire le proprie prestazioni sul mercato, può dirsi che vi sia
"cessazione dell'esercizio dell'Impresa”, ma non ancora "cessazione dell'impresa”. La disgregazione
dell’impresa richiede infatti la liquidazione dell’azienda (impianti, magazzino, etc.) e più
ampiamente dell’"organizzazione per l'esercizio", compreso quindi lo scioglimento dei rapporti di
lavoro e degli altri contratti strumentali.
Per perdere la qualità di imprenditore non basta la cessazione degli "atti di esercizio", ma devono
essere stati compiuti anche gli "atti di liquidazione", se non proprio tutti, almeno in misura tale da far
ritenere ormai irreversibile lo smantellamento dell'"organizzazione per l'esercizio".
I terzi hanno modo di conoscere la data di verificazione di tale evento tramite l'adempimento che
vi dovrebbe immediatamente susseguire, ossia la cancellazione dal registro delle imprese. Su questa base,
l'art. 10, comma 1°, I. fall, ha preferito far decorrere il termine di un l'anno entro il quale l'imprenditore
cessato può ancora essere dichiarato fallito, tout court dalla data di siffatta cancellazione. Nel
capoverso della stessa norma il legislatore ha lasciato aperta la possibilità di provare che l'attività
di impresa sia continuata dopo la cancellazione e dunque la cessazione dell'impresa si sia compiuta in
un momento successivo, ma tale facoltà è concessa ai soli creditori e al pubblico ministero (non
all'imprenditore) "in caso di impresa individuale o di cancellazione d'ufficio degli imprenditori collettivi",
con esclusione dell'ipotesi della cancellazione volontaria delle imprese societarie.
Se l'impresa non è stata iscritta al registro delle imprese, la prova (del momento) della sua cessazione
è libera, sicché anche ai fini di far decorrere il termine annuale di cui all'art. 10 I. fall,
l’imprenditore avrà interesse a portarla a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
La cancellazione è solo una presunzione che l’impresa sia cessata, entro l’anno viene verificata, il
creditore può ad esempio provare il continuamento dell’attività.

LA CANCELLAZIONE DELLE SOCIETA’


NB la società è anche un soggetto giuridico distinto dai soci, quindi cancellandola c’è un tema di
certezza, un cambiamento da parte del legislatore
La perdita della qualità di imprenditore non comporta la perdita della qualità di debitore o di creditore
relativamente ai debiti e ai crediti contratti nell'esercizio dell'impresa. I debiti dovrebbero essere pagati
nella fase della liquidazione, ma questo non sempre succede (perché ad es. contestati, o maliziosamente
"dimenticati"). Nel caso della persona fisica, ciò non comporta seri inconvenienti, in quanto
perseguibile anche dopo la cancellazione della sua impresa dal registro.

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Il problema si pone invece per le società, atteso che la cancellazione ne determina l'estinzione come
soggetto giuridico. In questo senso si è orientata la Corte di Cassazione, alla luce del nuovo art. 2495,
comma 2.
In tal modo, l'unica tutela utilizzabile dal creditore rimasto insoddisfatto — a parte i casi in cui può agire
anche contro i soci illimitatamente responsabili o che abbiano ricevuto una quota di liquidazione, nei
limiti di questa — è l'attivazione della responsabilità dei liquidatori che abbiano colpevolmente
provveduto alla cancellazione senza averlo pagato.
In deroga, l'art. 28, d.lgs. n. 175/2014, ha previsto che, ai fini della validità e dell'efficacia degli atti
di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi,
l'estinzione della società ha effetto solo dopo cinque anni dalla cancellazione dal registro delle
imprese.
La soluzione dell'estinzione pone problemi anche relativamente alla sorte dei residui attivi non
distribuiti, nonché dei rapporti passivi e attivi che sopravvengano in capo alla società dopo la sua
cancellazione, oltre che all'incidenza di questa sui rapporti processuali. In questi ultimi anni la
giurisprudenza della S.C. ha dovuto affrontare tali questioni a più riprese.

L’IMPRESA ILLECITA
HP: l’esercizio dell’impresa avviene violando delle regole
L'osservanza delle regole legali e/o amministrative inerenti dell'esercizio di determinate imprese,
postulanti atti autorizzativi o addirittura implicanti divieti soggettivi, non integra un requisito postulato
dall'art. 2082. (non dice che per essere imprenditori vadano rispettate delle regole; si è
imprenditori anche se le si violano)
Ad es., chi commercia al minuto senza licenza o esercita attività bancaria senza autorizzazione
dell'Autorità di vigilanza, o ancora esercita un'impresa commerciale pur svolgendo una professione
incompatibile (avvocato, notaio) o rivestendo uno status impeditivo (l'interdizione o l'inabilitazione
temporanea quale pena accessoria conseguente a una condanna penale per bancarotta), assume
egualmente la qualità di imprenditore, salvo esporsi per ciò a specifiche sanzioni penali (art. 13b t.u.b.,
art. 234 I. fall.) o disciplinari. Si parla in queste ipotesi di "imprese illegali”. [meno gravi delle imprese
illecite, più gravi sono le imprese immorali]
Diverse secondo alcuni interpreti sarebbero le c.d. "imprese immorali", riscontrabili quando a essere
illecita - ossia contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume - sia in sé
l'attività economica esercitata, come nel caso dello spaccio di droga o dello sfruttamento della
prostituzione. Per queste viene proposta un'interpretazione "selettiva": la qualifica di imprenditore
rimane acquisita ai fini dell'applicazione di quei settori della disciplina, che-come nel caso della
soggezione al fallimento - sono preordinate a tutelare i terzi; non dovrebbero invece operare - in
virtù del principio della "non invocabilità della qualificazione per la non invocabilità del proprio
illecito" - quei settori di disciplina (relativi ad es. al trasferimento di azienda, alla tutela contro la
concorrenza sleale) che attribuiscono all'imprenditore particolari prerogative o diritti.
Questa tesi appare peraltro di difficile applicazione in quanto tutti i gruppi di regole connesse alla
qualità di imprenditore o di imprenditore commerciale considerano contemporaneamente e mediano fra
più interessi in gioco (ad es., le norme sulla cessione di azienda tutelano anche gli interessi dell'acquirente,
dei contraenti ceduti e dei creditori). Si deve dunque concludere che anche nelle "imprese immorali"
l'assunzione della qualità di imprenditore esplica pieni effetti.

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L’IMPUTAZIONE DELLA QUALITA DI IMPENDITORE. L’IMPRENDITORE
OCCULTO: LA FATTISPECIE
Un soggetto A (come ipotesi primaria una singola persona fisica) incarica altro soggetto B di esercitare
un'impresa per conto e nell'interesse di A, ma con l'accortezza di non far figurare quest'ultimo in alcun
atto giuridico inerente a tale attività. È un incarico che rientra nello schema del contratto di mandato.
B si impegna in primo luogo a concludere a proprio nome i necessari "atti di organizzazione" (in specie,
l'acquisto o la locazione di beni strumentali o di immobili, l'assunzione di dipendenti e racquisto di materie
prime o delle merci da rivendere). I capitali necessari per la conclusione di tali atti, o anche
direttamente i beni e rapporti strumentali che con essi verrebbero acquisiti, gli vengono somministrati
dal soggetto A; in subordine, vengono anticipati dallo stesso B.
Indi prende avvio il compimento di "atti di esercizio", ossia di produzione e scambio dei beni o servizi
che formano oggetto dell'impresa. Gli "atti di esercizio" a contenuto giuridico vengono compiuti a nome
del soggetto B (dal medesimo o dai suoi sostituti), mentre gli atti materiali (soprattutto atti relativi alla
produzione) vengono compiuti dallo stesso o per suo conto da altri lavoratori subordinati. Il soggetto B
dirige l'attività elei soggetti che ha assunto, ma è pur sempre sottoposto alla superiore direzione di A. I
mezzi che si rendono necessari per il compimento di "atti di esercizio" a integrazione della originaria
"organizzazione per l'esercizio" vengono parimenti somministrati dal soggetto A o anticipati da B.
Le pattuizioni fra le parti prevedono ancora, alternativamente, che:
A. Il prestanome riversi i ricavi dell'attività di impresa al mandante, il quale da parte sua si impegna -
ma si tratta di elementi naturali del contratto di mandato che operano anche in mancanza di
una specifica volontà delle parti - a somministrargli i mezzi necessari, a corrispondergli un
compenso e a rimborsarlo (sicché i ricavi andranno trasmessi al netto) delle anticipazioni fatte e
dei danni subiti in dipendenza dell'incarico;
B. Il prestanome riversi all'interessato (dominus) direttamente i soli "utili" derivati dall'attività di
impresa.

LA TESI MAGGIORITARIA
L'interrogativo che si pone è se la qualità di imprenditore e altresì la responsabilità per le obbligazioni
assunte nell'esercizio dell'impresa siano riscontrabili solo in capo al soggetto di cui viene speso il nome
(A), o anche in capo al soggetto di cui è effettivamente perseguito l'interesse (B). [Se l’impresa
comincia a fare perdite e il prestanome diventa insolvente? Anche il dominus è coinvolto o fallisce
solamente il prestanome?]
Le tesi che principalmente si contendono il campo sono due.
Secondo la dottrina dominante, esercita un'attività organizzata ed è responsabile per le
obbligazioni assunte negli atti inerenti all'esercizio dell'impresa il solo "prestanome". Se infatti
l'imputazione dell'attività dipende dall'imputazione degli atti giuridici e questa a sua volta dipende
dalla spendita del nome - come dimostrerebbe il disposto dell'art. 1705, ritenuto applicabile
indifferentemente da che il mandato abbia per oggetto il compimento di un singolo atto giuridico o
diversamente una serie di atti organizzati d'impresa - è la spendita del nome a essere decisiva ai
fini dell'attribuzione della qualità di imprenditore.

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LA TESI MINORITARIA
Secondo una corrente di pensiero minoritaria, viceversa, sia il prestanome sia l'imprenditore occulto
acquistano la qualità di imprenditore, sulla base di due criteri che si assumono operare in modo
concorrente (criteri aggiuntivi):
A. Il criterio formale della spendita del nome;
B. Il criterio sostanziale dell'Interesse gerito (ovvero “che viene gestito”) - ovvero (secondo altre
formulazioni) della titolarità del potere di direzione, o della sottoposizione al rischio di impresa
- operante cumulativamente nella sola materia dell'attività d'impresa.
Per la quasi totalità dei sostenitori di questa seconda corrente di opinione, l'interessato non solo
assume la qualità di imprenditore, ma deve ritenersi altresì corresponsabile per le obbligazioni
inerenti all'esercizio dell'impresa; e anzi correlativamente il fallimento del prestanome
comporterebbe il fallimento "in estensione" dell'interessato.

L’INTERPRETAZIONE DELL’ARTICOLO 147 L. FALL.


La soluzione che chiama a colpire anche l'"imprenditore occulto" è stata fondata su molteplici indici
normativi avvaloranti il criterio dell'interesse (o del potere gestorio), ma quello principale è
rappresentato dall'art. 147 I. fall. [dato normativo utilizzato per dire che fallisce in estensione anche il
dominus].
Nella versione antecedente alla riforma della legge fallimentare (riforma originaria), l'art. 147, comma
2°, I. fall, prevedeva che nel caso di fallimento di una società con soci illimitatamente responsabili,
fallissero anche questi ultimi, compresi quei soci "occulti" la cui esistenza fosse stata scoperta
successivamente. Secondo la dottrina in parola, la specifica soluzione per cui il fallimento di una "società
palese" si estende anche al socio occulto concreterebbe una forma di manifestazione del principio
generale per cui il titolare (o contitolare) dell'impresa è responsabile per i debiti dell'impresa
anche quando non si sia manifestato in tale veste attraverso la spendita del nome [si vuole
indurre i soci limitatamente responsabili a impedire il fallimento della società perché se no questo li
coinvolgerebbe].
Il nuovo art. 147 I. fall, ha replicato la stessa disposizione nel comma 4°, estendendo altresì, nel
comma 5°, la soluzione dell'estensione del fallimento a tutti i soci al caso in cui a essere occulta fosse
la stessa società, apparendo all'esterno un semplice imprenditore individuale: poiché dunque si
attribuisce alla "società occulta" e ai suoi soci la responsabilità per le obbligazioni assunte
dall'apparente imprenditore individuale, sembrerebbe trarsi conferma che la spendita del nome
non è veicolo necessario per la responsabilità d'impresa.
[CASO: imprenditore individuale che si scopre era in attività con altri soggetti; la dichiarazione di
fallimento colpisce allora non il singolo imprenditore, ma la società e i suoi soci]
La dottrina maggioritaria obietta però che la deroga al principio di imputazione della
responsabilità per le obbligazioni assunte nell'esercizio dell'impresa ha una sua specifica ragion
d'essere nell'ambito societario (poiché vi deve essere una parità di trattamento tra i soci), e non
può essere estesa alla fattispecie dell'imprenditore occulto.

10
LEZIONE 3 – L’AZIENDA E LA SUA
CIRCOLAZIONE

L’AZIENDA
L'azienda è definita dall'art. 2555 del Codice civile che stabilisce:
"L'azienda è il complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio di impresa".
Il rapporto tra azienda e impresa è un rapporto di mezzo e fine, ossia l'azienda è il mezzo per
esercitare il fine, cioè l'impresa. L'azienda è il complesso di beni strumentali al conseguimento
dell'"oggetto dell'impresa", corrispondente al bene prodotto e/o alla prestazione offerta sul
mercato.
C’è azienda anche quando l’esercizio dell’impresa non è attuale, poiché la definizione non vieta che un
soggetto organizzi un’azienda e prima di iniziarne l’esercizio la venda. Lo stesso quella si definisce
azienda.
Come scritto nella definizione possono far parte dell’azienda beni; questi possono essere:

 Beni MATERIALI (locali, macchinari, materie prime, etc.) o IMMATERIALI (marchi, brevetti, know-
how, diritti di privativa, etc.);
 Beni DI PROPRIETÀ dell'imprenditore o beni di cui l'imprenditore dispone a titolo DI
GODIMENTO, ovvero diritti reali (usufrutto) o personali (tipicamente diritti acquisiti dai
contratti di locazione, comodato o leasing).
Secondo alcuni i beni immateriali sarebbero diritti economici, ma essendoci l’articolo 813 del Codice
civile (distinzione dei diritti) che paragona i diritti ai beni, si possono comprendere nella nozione di
azienda anche i beni immateriali.
Il termine "beni" di cui all'art. 2555 dovrebbe avere lo stesso significato indicato nell'art. 810, ossia
designare le "cose che possono essere oggetto di diritti".
Nella definizione ci si ferma quindi ai beni, non ci si estende a contratti, debiti e crediti relativi ai
beni perché questi sono regolamentati nella disciplina.
Normalmente i beni che costituiscono l'azienda hanno un valore economico superiore a quello costituito
dalla somma algebrica del valore dei singoli beni, perché la loro unità funzionale incide sul c.d.
«avviamento».
AVVIAMENTO  è quell'importante elemento qualitativo della stessa azienda atto a misurarne
l'attitudine ad attrarre clientela e a generare reddito in futuro. Si parla di avviamento:

 Soggettivo: capacità personali dell'imprenditore (o ad esempio il giro di contatti del


vecchio proprietario) [non “segue” l’azienda in caso di trasferimento];
 Oggettivo (o aziendale): attitudine dell'azienda allestita dall'imprenditore a creare ricchezza e
generare profitti, a prescindere dal fatto che questo ne rimanga titolare.

11
TRASFERIMENTO DI AZIENDA
È prevista una disciplina speciale agli artt. 2556 e seguenti del Codice civile. La finalità generale è la
salvaguardia dell'"integrità" dell'intera impresa pur al mutare del titolare.
La disciplina concerne il trasferimento della proprietà ovvero del godimento (mediante concessione di
usufrutto o affitto) dell'azienda per atto tra vivi, ma, con i necessari adattamenti, può essere estesa
anche alle ipotesi di trasferimento mortis causa (successione), o di vendita coattiva in sede di esecuzione
forzata (per soddisfare quindi un creditore).
Nel caso, invece, di trasferimento dell'azienda all'interno di una procedura fallimentare (il debitore
è stato dichiarato fallito ed esiste la possibilità che la sua azienda sia venduta dal curatore
fallimentare), opera la disciplina speciale prevista dagli artt. 104-bis e 105 I. fall.
Art 2112 c.c.  norma sul contratto di lavoro subordinato. Vedremo che la sorte dei lavoratori in caso
di cessione dell’azienda è regolamentata da questo articolo. Al fine di conservare il più possibile
l’organizzazione tecnica e salvaguarda l’avviamento. La normativa oltre a questo interesse primario,
tutela anche il posto di lavoro

BENI OGGETTO DEL TRASFERIMENTO


Il trasferimento dell'azienda può concernere:

 La stessa nella sua interezza;


 Solo una parte della stessa (c.d. "ramo di azienda"), purché il complesso di beni trasferiti possa
essere di per sé idoneo, almeno potenzialmente, all'esercizio di attività di impresa.
Di norma le parti allegano al contratto inventari dettagliati dei beni ricompresi nel trasferimento;
in caso contrario, si intendono trasferiti tutti i beni facenti parte dell'azienda.
Per il trasferimento di alcuni elementi è necessaria un'espressa menzione (per es. per la ditta ai sensi
dell'art. 2565; o il marchio).

PREZZO DEL TRASFERIMENTO


Le parti possono indicare un importo globale oppure adottare un'indicazione analitica che si
riferisca specificamente ai vari elementi oggetto della cessione, per gruppi omogenei di essi (ad
es. mobili, materie prime, merci, attrezzature, locali).
Un valore specifico può essere indicato anche per l'avviamento (goodwill), a meno che di esso si
preferisca tener conto nella valutazione globale; è anche possibile che il valore sia negativo, laddove
negli ultimi esercizi si siano prodotte perdite consistenti (si parla in tal caso di badwill).
Se io vendo la proprietà dell’azienda si applicano le norme generali della vendita (garanzia per i
vizi ad esempio). All’affitto di azienda vanno quindi applicate anche le norme generali sull’affitto, e
in via subordinata anche le norme sulla locazione.
NB “Organizzati” nella citazione di azienda intende che: abbia i mezzi necessari, questi, dipendendo
dall’azienda possono essere anche solo beni immateriali.

12
NORME SPECIALI PER LE IMPRESE SOGGETTE A REGISTRAZIONE
Le norme che vedremo ora (da 2556 a 2561) sono applicabili a tutti i trasferimenti di azienda (cessioni
di proprietà e trasferimenti di godimento), ma alcune sono applicabili solo ad aziende commerciali
o ad aziende soggette a registrazione.

L'art. 2556 prevede regole specifiche per i contratti di trasferimento dell'azienda relativa a
"imprese soggette a registrazione" con riferimento:

 alla prova (profilo di forma): è richiesta la forma scritta ai fini della prova (forma ad probationem)
dell'esistenza e del contenuto di tali contratti, ma nel caso in cui la legge imponga forme particolari
ai fini della validità del trasferimento (forma ad substantiam) per singoli beni (ad es. beni immobili)
o alla natura del contratto (ad es. donazione) è necessario che il trasferimento dell'intera azienda
osservi le stesse forme (forma per relationem [forma ad substantium usata per relazione, si
estende il requisito di validità del singolo bene all’azienda]);
 alla pubblicità (profilo di pubblicità): il contratto deve essere redatto per scrittura privata a firme
autenticate o per atto pubblico e depositato per l'iscrizione nel registro ove è iscritto l'alienante
(ovvero in quello ove è iscritto l'acquirente se solo questo sia soggetto a registrazione) entro
30 giorni dalla stipulazione a cura del notaio rogante o autenticante [autenticato dal notaio e
depositato nel registro delle imprese dove è scritto l’alienante. È un atto che i terzi possono conoscere
con facilità.])
NB Ci possono essere situazioni di fatto in cui vi è trasferimento dell’azienda senza forma scritta
(azienda senza immobili).

ART. 2557 - DIVIETO DI CONCORRENZA A CARICO DELL'ALIENANTE


«Chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova
impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda
ceduta.»
Lo scopo è conservare il valore di avviamento a tutela dell'acquirente.
Le parti possono restringere la portata, eliminarlo del tutto, ma anche pattuire un divieto più ampio,
salvo i limiti di non impedire ogni "attività professionale" dell'alienante e di non superare i
cinque anni (se la durata è stabilita per un termine maggiore o non è stabilita, il patto si intende
valido per 5 anni).
È un articolo mirato al divieto di concorrenza, perciò le parti possono infine disciplinare obblighi
complementari al divieto di concorrenza per agevolare il "trasferimento" della clientela (es. obbligo di
trasmettere all'acquirente tutti i dati utili a tal fine).
Ai fini della violazione del divieto è sufficiente la mera potenzialità (non deve necessariamente
verificarsi un effetto quindi) che si verifichi un danno in conseguenza della condotta contraria
dell'obbligato: la tutela inibitoria nonché la risoluzione del contratto prescindono pertanto dalla prova
di un pregiudizio concreto (indispensabile ai soli fini del risarcimento dei danni subìti).
Le conseguenze possono quindi essere o

 conclusione del contratto e risarcimento del danno;


 il giudice in via cautelare inibisce la prosecuzione del nuovo esercizio concorrenziale
NB il divieto di concorrenza si applica anche nel caso di aziende agricole soltanto in relazione
alle attività connesse.

13
ART. 2558 — SUCCESSIONE NEI CONTRATTI
«Se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio
dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale»
In deroga alla disciplina generale sulla cessione del contratto (art. 1406)[ad esempio contrati di
fornitura etc.], non è richiesto il consenso del contraente ceduto; tuttavia, questo potrà esercitare (salvo
patto contrario) il diritto di recesso entro tre mesi dalla notizia del trasferimento dell'azienda ove
sussista una «giusta causa», con conseguente scioglimento ex nunc (da ora, il rapporto continua fino
a che non viene esercitato il diritto di recesso) del rapporto e possibilità di agire contro l'alienante
per scarsa cautela nella scelta del cessionario.
[Grazie a quest’articolo non è richiesto il consenso del contraente ceduto. Ha 3 mesi di tempo per
recedere ma soprattutto deve farlo per giusta causa, dovrebbe giustificare perché (non si continuano le
forniture perché ad esempio un soggetto è insolvibile)].
A questo articolo si affianca anche l’art. 2112 del c.c. secondo per cui i contratti di lavoro subordinato
vengono ceduti anch’essi con il trasferimento.
NB  Il contratto di locazione dell’immobile commerciale: Un’immobile può essere a uso abitativo a uso
commerciale. La normativa sulla locazione degli immobili commerciali si trova nella legge numero 392 del
1978. L’articolo 36 di questa legge dice che se viene ceduta l’azienda il contratto di locazione segue
l’azienda. Il locatore non può recedere per giusta causa entro 3 mesi, ma solamente per gravi motivi,
sempre entro 3 mesi. E recedendo dovrà pagare un’indennità di avviamento all’acquirente dell’azienda.
Dalla regola generale dell’articolo 2558 sono esclusi:
1) I contratti con prestazioni a carico di una sola parte e quelli a prestazioni corrispettive nei
quali una delle due prestazioni sia stata interamente eseguita (artt. 2559 e 2560);
2) I contratti che le parti abbiano espressamente pattuito di escludere dalla successione;
3) I contratti che abbiano "carattere personale", ovvero quelli in cui entrano in gioco rapporti fiduciari
che coinvolgono il commercialista dell’alienante ad esempio.
Infine, si reputa che la successione non operi quando il trasferimento dell'azienda sia conseguenza di
un fatto non avente natura negoziale, come nella vendita forzata.

ART. 2559 — CESSIONE DEI CREDITI


«La cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta, anche in mancanza di notifica a debitore o di sua
accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel
registro delle imprese. Tuttavia, il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all'alienante (il
quale dovrà rimborsare poi l’acquirente)»
Secondo l'opinione maggioritaria la cessione avrebbe ad oggetto i soli crediti funzionali all'esercizio
dell'azienda (crediti riguardanti la fornitura ad esempio) con esclusione dei crediti pecuniari verso i
clienti (c.d. crediti "commerciali").
Nella prassi, l'individuazione e la sorte dei crediti relativi all'azienda ceduta sono stabiliti dalle parti,
che possono convenirne il trasferimento solo parziale ovvero escluderlo del tutto.
[La cessione del credito è possibile senza il consenso del debitore, ma occorre che il debitore l’accetti
formalmente o gli sia stata notificata, secondo l’art. 2559 non è necessario notificare tutti i debitori, la
cessione ha effetto dal momento dell’iscrizione].

14
EFFETTI DEL TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ DELL'AZIENDA —
ART. 2560 — RESPONSABILITÀ PER I DEBITI
«L'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se
non risulta che i creditori vi hanno consentito. [comma 1]
Nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente dell'azienda se
essi risultano dai libri contabili obbligatori [quand'anche irregolarmente tenuti]». [comma 2]
Nonostante ciò, chi compra deve essere consapevole di eventuali debiti. Lo scopo del secondo comma
è quello di tutelare il creditore. Il creditore aveva difatti fatto affidamento alla garanzia patrimoniale
rappresentata dall’azienda se la vede portare via poiché l’alienante si separa dall’azienda.
Prevede un accollo ex lege (questa norma opera anche se nel contratto di cessione non è stato
stabilito che i debiti passino), indipendentemente da che lo stesso sia stato pattuito nei rapporti interni tra
cedente e cessionario; tuttavia, se l'accollo non è stato convenuto fra le parti, l'acquirente vanterà un
diritto di regresso nei confronti dell'alienante.
Nel caso di debiti l’acquirente ha due scelte:

 Visto che tanto dovrà rispondere per legge tanto vale che anche nei rapporti interni i debiti
passino a me. Il prezzo della cessione viene fortemente scomputato quindi (sottraendo i
debiti). Nel caso in cui il creditore saldi il debito con l’alienante quest’ultimo avrà un diritto di
regresso nei confronti dell’acquirente;
 Il creditore va a farsi pagare dall’acquirente, quest’ultimo è tenuto a pagarlo ma ha diritto
di regresso nei confronti dell’alienante. Si devono però ottenere delle garanzie nei
confronti dell’alienante (fideiussioni o altre forme) [disallineamento tra accollo ex lege e
accollo inter- partes].
Lo scopo è impedire la diminuzione della garanzia patrimoniale su cui abbia fatto affidamento il
creditore, che potrà aggredire i beni aziendali anche qualora gli stessi dovessero essere trasferiti a un
altro soggetto.

USUFRUTTO E AFFITTO D'AZIENDA


Abbiamo finito quindi la parte relativa al trasferimento di azienda; vediamo ora usufrutto e affitto.
USUFRUTTO: costituisce un diritto reale di godimento su tutti i beni componenti l'azienda di cui il
concedente abbia la proprietà, oltre a trasferire i diritti di godimento vantati sugli altri beni
(art.2561) [ammette che qualche bene possa essere trasferito solamente come diritto di godimento
personale; l’importante è che i beni dell’azienda siano trasferiti prevalentemente tramite usufrutto];
AFFITTO: si attribuisce tout court un diritto personale di godimento su tutti i beni aziendali (art. 2562). È
più usato dell’usufrutto nella prassi, permette all’affittuario di “collaudare” l’azienda.
Si applicano in entrambi i casi gli artt. 2557 e 2558 (divieto di concorrenza e successione dei contratti),
mentre l'art. 2559 (cessione dei crediti) si applica solo in caso di usufrutto.
Quanto ai debiti (art.2560), salvo diversa pattuizione comunque meramente a valenza interna,
usufruttuario e affittuario non diventano corresponsabili di tali debiti, quand'anche dovessero risultare
dalle scritture contabili obbligatorie [non si applica in entrambi i casi]. L’unica eccezione riguarda i
debiti di lavoro, a cui rispondono sia usufruttuario che affittuario (art.2112).

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Usufruttuario e affittuario hanno l'obbligo di:

 Gestire l'azienda sotto la ditta che la contraddistingue (senza cambiare nemmeno il nome
commerciale quindi), senza modificarne la destinazione, conservando l'efficienza
dell'organizzazione e degli impianti nonché le normali dotazioni di scorte atte a garantire
la capacità di far fronte alle domande del mercato;
 Sostituire gli impianti non più efficienti o tecnicamente superati e, in genere, tutti gli elementi
aziendali la cui sostituzione sia suggerita dall'esigenza di conservare l'avviamento [non è
compresa la manutenzione straordinaria, che andrebbe concordata con il proprietario].
L'inosservanza di tali obblighi o la cessazione arbitraria della gestione giustificano l'estinzione
dell'usufrutto ex art. 1015 o la risoluzione dell'affitto ex art. 1618.
Riconsegna dell'azienda alla scadenza del contratto (art. 2561, ult. Comma):
«la differenza tra le consistenze dell'inventario al termine e all'inizio dell'usufrutto è regolata in denaro sulla
base dei valori correnti al termine dell'usufrutto»
Se l'usufruttuario o l'affittuario ha accresciuto il valore delle componenti dell'azienda, ha diritto a un
conguaglio a suo favore; nel caso contrario dovrà corrisponderlo al proprietario.
Per quanto riguarda contratti, debiti e crediti; se questi erano presenti alla conclusione del contratto in
origine e sono proseguiti, il proprietario ri-subentra in carica.
Nel caso di contratti nuovi il proprietario non è supposto a subentrare a meno che non sia stato indicato
nel contratto.
I debiti verso i lavoratori ripassano in capo al proprietario (tutela del lavoratore secondo l’art.2112).

LEZIONE 4 – REGISTRO DELLE IMPRESE,


ATTIVITÀ AGRICOLE E COMMERCIALI

LE IMPRESE SOGGETTE A ISCRIZIONE NEL REGISTRO


Con riguardo alle caratteristiche dell’attività esercitata, l’ordinamento attribuisce specifica rilevanza sul
piano della disciplina alle imprese commerciali e alle imprese agricole, le quali rientrano nella più
ampia categoria delle imprese soggette a iscrizione nel registro delle imprese.
Il registro delle imprese consente a chiunque di ottenere celermente delle informazioni su atti e fatti
rilevanti compiuti dagli imprenditori operanti nel mercato. Con la pubblicità legale dei fatti che
tipicamente più possono rilevare nell’esercizio di attività economiche postulanti molteplici rapporti con i
terzi (anche lontani), si incrementano la rapidità e la sicurezza delle negoziazioni [è stato fatto per
questi motivi]. È usato anche in altri paesi, ma non esiste un registro “europeo”. Perciò per avere
informazioni su imprese tedesche si dovranno chiedere informazioni a operatori tedeschi.
Dopo un lungo regime transitorio, il registro delle imprese è entrato in funzione nel 1997, in forza
dell’art. 8, co. 5°, l. 29 dicembre 1993, n. 580, e del d.p.r. 7 dicembre 1995, n. 581 (e successivi
provvedimenti).

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SOGGETTI OBBLIGATI A ISCRIVERSI ALLA SEZIONE «ORDINARIA»
(C.D. IMPRESE «SOGGETTE A REGISTRAZIONE» IN SENSO STRETTO)
La sezione ordinaria non era prevista nel Codice civile del 1942, la distinzione è stata introdotta a
partire dal 1995. Le norme originali del Codice civile erano pensate solo per quanto riguarda la sezione
ordinaria. Secondo il testo originario del Codice civile, erano tenuti a iscriversi al registro delle imprese:
a) Gli imprenditori individuali esercenti un’attività commerciale;
b) Le società diverse dalla società semplice, anche se aventi un oggetto non commerciale (ad
esempio agricolo / la società semplice non si deve iscrivere nella sezione ordinaria);
c) Gli enti pubblici aventi per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale;
d) I consorzi fra imprenditori con attività esterna.
Nel 1995-97, fra i soggetti tenuti a iscriversi nella sezione “ordinaria”, sono stati aggiunti:
e) I gruppi europei di interesse economico (g.e.i.e.) con sede in Italia (figure giuridiche simili al
consorzio ma tra imprese di stati diversi);
f) Le società estere con sede amministrativa od oggetto principale dell’attività in Italia; poi anche:
g) Le società europee con sede in Italia (disciplina dettata principalmente dal diritto europeo);
h) Le reti di imprese con fondo comune.
Non è espressamente prevista l’iscrizione di associazioni e fondazioni esercenti un’impresa. In questo
elenco non sono presenti associazioni e fondazioni che esercitano attività di impresa (i loro proventi
saranno destinati all’attività istituzionale).

SOGGETTI OBBLIGATI A ISCRIVERSI ALLA SEZIONE SPECIALE


PRINCIPALE DEL REGISTRO DELLE IMPRESE
Nella Sezione speciale – successivamente diventata la “prima” (o la principale) sezione speciale – il
legislatore del 1995 ha prescritto si debbano iscrivere:
a) Gli imprenditori agricoli individuali;
b) I piccoli imprenditori commerciali;
c) Le società semplici;
d) Gli imprenditori artigiani.

LE ALTRE SEZIONI SPECIALI


Con provvedimenti più recenti sono state istituite altre sezioni speciali (dette anche “apposite”).
Nella seconda si iscrivono le società tra avvocati e le altre società tra professionisti.
La terza sezione speciale è funzionale alla pubblicità dei legami di gruppo, ossia all’indicazione ex
art. 2497-bis della società o ente che esercita attività di direzione e coordinamento su quella tenuta
alla comunicazione.
La quarta sezione speciale concerne le imprese sociali di cui al d.lgs. n. 112/2017.
Nella quinta le società di capitali hanno la facoltà di pubblicare la versione in lingua comunitaria diversa
dall’italiano degli atti da esse iscritti o depositati nella sezione ordinaria
Altre sezioni speciali sono state previste per:
6) Le imprese start-up innovative (che sviluppano prodotti innovativi a elevata tecnologia [incentivo del
legislatore]);
7) Per le p.m.i. innovative (ex art. 4, d.l. n. 3/2015);
8) Per l’iscrizione degli atti e provvedimenti inerenti alle procedure per la composizione delle crisi
da
sovraindebitamento dei debitori non fallibili regolamentate dalla l. 27 gennaio 2012, n. 3

17
EFFETTI DELL’ISCRIZIONE NELLA SEZIONE «ORDINARIA» DEL
REGISTRO
Le iscrizioni riguardanti la Sezione ordinaria producono effetti di pubblicità dichiarativa, fatta
eccezione per la costituzione delle società di capitali e delle società cooperative e per le modifiche del
loro statuto, per le quali l’iscrizione ha valore di pubblicità costitutiva (= senza l’iscrizione la società
non viene ad esistenza, ovvero tali modifiche non sono efficaci).
Ai sensi dell’art. 2193 c.c., la pubblicità dichiarativa si connota da un lato per la c.d. “ efficacia
negativa”, per cui in assenza dell’iscrizione di un fatto che sia prescritta dalla legge, l’imprenditore che
vi è tenuto – oltre a incorrere in una sanzione pecuniaria amministrativa – non può opporre tale fatto ai
terzi, salvo che fornisca la prova della loro effettiva conoscenza (presunzione relativa di non
conoscenza, iuris tantum, superabile).
A guisa invece della c.d. “efficacia positiva” l’iscrizione del fatto rende questo assolutamente opponibile
ai terzi con effetto immediato (presunzione assoluta di conoscenza); a meno che non riguardi una
S.p.A., nel qual caso opera la norma speciale di cui all’art. 2448 cpv., per cui nei primi quindici
giorni dall’iscrizione il terzo può provare di essere stato nell’impossibilità di prenderne conoscenza.

EFFETTI DELL’ISCRIZIONE NELLE SEZIONI «SPECIALI» DEL REGISTRO


Le iscrizioni alla sezione speciale principale e alle sezioni speciali “apposite” producono effetti di
mera pubblicità-notizia, ossia fondano la presunzione semplice che il fatto iscritto sia conosciuto dai
terzi, ai quali è riconosciuta la facoltà di fornire prova contraria; se difetta l’iscrizione, si applica la
stessa regola dell’efficacia negativa prevista per la pubblicità dichiarativa (mezzo idoneo a dare
pubblicità, ma dal punto di vista dell’efficacia positiva è meno efficace della pubblicità dichiarativa;
l’efficacia negativa è invariata rispetto la pubblicità dichiarativa).
Fanno eccezione le iscrizioni relative agli imprenditori individuali agricoli (anche piccoli) e alle società
semplici agricole, a cui il d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, ha attribuito gli effetti della pubblicità
dichiarativa, come se si trattasse di iscrizioni nella sezione ordinaria.

TERMINI E MODALITÀ PER LE ISCRIZIONI


Ai sensi dell’art. 2196, entro trenta giorni dall’inizio dell’impresa (venti giorni per gli atti costitutivi
delle società di capitali), l’imprenditore deve chiedere l’iscrizione dei principali dati dell’impresa
(ormai per via telematica; dati anagrafici o natura giuridica, ditta, sedi principale e secondarie,
oggetto sociale, organi, soggetti dotati di poteri di rappresentanza; e oggi anche l’indirizzo di posta
elettronica certificata).
Nello stesso termine deve chiedere l’iscrizione delle variazioni di tali dati e degli altri fatti salienti
per la vita dell’impresa (cessazione, liquidazione, fallimento, variazioni delle cariche, trasferimenti
d’azienda, etc.) espressamente previsti dalla legge (secondo il c.d. “principio di tipicità” sancito
nell’art. 2188, comma 1°).
Le iscrizioni sono eseguite dall’Ufficio preposto alla gestione del registro su domanda dell’interessato,
entro 10 giorni dalla sua protocollazione. L’Ufficio deve preliminarmente verificare che la domanda e
la documentazione siano formalmente regolari e che ricorrano le condizioni prescritte dalla legge per
l’iscrizione; salvo vizi clamorosi, il controllo dell’ufficio non si estende alla validità dell’atto iscritto. In
mancanza della domanda di un’iscrizione obbligatoria, l’Ufficio può invitare l’interessato a provvedere
entro un congruo termine.

18
LA GESTIONE DEL REGISTRO DELLE IMPRESE
Il registro delle imprese è gestito dalle Camere di commercio di tutta Italia (una per ogni provincia)
secondo tecniche informatiche che garantiscono la tempestività dell’informazione su tutto il territorio
nazionale. L’accesso all’interrogazione dei registri provinciali al fine di ottenere visure, bilanci, altri tipi
di atti o dati presenti negli archivi camerali è possibile anche in tempo reale via internet.
L’operato dell’Ufficio è sottoposto alla vigilanza del giudice del registro, che è un giudice delegato
dal presidente del Tribunale del capoluogo di provincia nel quale ha sede la Camera di
commercio territorialmente competente. Qualora il conservatore del registro rifiuti un’iscrizione non
conforme alla legge, l’interessato ha facoltà di ricorrere al giudice del registro; così come questo può
ordinare: a) di procedere a un’iscrizione d’ufficio nel caso in cui l’imprenditore non abbia aderito
all’invito a effettuarla entro il termine assegnatogli; b) di cancellare una precedente iscrizione non
conforme a legge. I decreti del giudice del registro possono essere a loro volta essere impugnati
avanti al Tribunale dal quale lo stesso dipende.

L’IMPRENDITORE AGRICOLO: LA DEFINIZIONE ORIGINARIA


La definizione risultante dal testo originario dell’art. 2135 c.c. era la seguente:
“1. È imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura,
all’allevamento del bestiame e attività connesse.
2. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quanto
rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”.

LA NUOVA DEFINIZIONE: 2135 C.C., MODIF. DAL D. LGS. 228/2001:


LE ATTIVITÀ AGRICOLE ESSENZIALI
Il comma 1° del nuovo art. 2135 (dal 2001) ha riproposto le stesse macrocategorie di attività agricole
di cui al testo previgente (agricoltura, allevamento del bestiame – ora di animali – e
silvicoltura). L’unica novità è data dalla sostituzione del vocabolo “animali” al più ristretto termine
“bestiame” – che includeva i soli animali tipicamente nutriti con i prodotti della terra, ossia animali da
carne, da latte, da lana e da lavoro.
Il comma 2° del nuovo art. 2135 chiarisce il perimetro della fattispecie, mediante il criterio individuante
fondato sul “ciclo biologico”, sicché le attività agricole essenziali si caratterizzano oggi più
ampiamente per essere “dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria
del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o
le acque dolci, salmastre o marine”. Con l’espresso riferimento alle “acque”, vengono ad essere incluse
l’acquacoltura e la piscicoltura, ossia l’allevamento o la coltura di pesci. Il “possono” è importante, difatti
si può coltivare ad esempio in serra o in idroponica. Questo termine include anche queste colture
differenti, al fine che si potrebbero ottenere dalla normale gestione del fondo.
Figura diversa (in quanto non cura e sviluppa un ciclo biologico), ma equiparata a quella
dell’imprenditore agricolo (da un punto di vista giuridico) ex art. 2 d.lgs. n. 226/2001, è quella
dell’“imprenditore ittico”, definito come il soggetto che esercita essenzialmente “un’attività diretta alla
cattura e alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri e dolci».

(SEGUE) LE ATTIVITÀ AGRICOLE CONNESSE


Il comma 3 del nuovo art. 2135 ha ampliato notevolmente l’ambito delle attività agricole “connesse”,
ossia le attività che l’imprenditore agricolo può esercitare senza perdere tale qualifica (quand’anche le
stesse potessero ritenersi commerciali), finanche con l’ausilio di un’organizzazione distinta, purché interna
all’impresa agricola.

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La qualifica non si perde anche se più imprenditori agricoli costituiscono un consorzio o una
cooperativa per l’esercizio delle attività connesse, purché impieghino prevalentemente prodotti dei soci
o offrano servizi ai soci.
Le attività connesse sono state raggruppate in due categorie, descritte tramite parametri generali che
sembrano lasciare poco spazio alla configurabilità oggi di attività connesse “atipiche”.

LA «CONNESSIONE» CORRELATA AL PREVALENTE IMPIEGO DEI


PROPRI PRODOTTI AGRICOLI
La prima categoria di attività connesse vede un ampliamento rispetto al previgente art. 2135, 2°:
1) alla attività di “trasformazione” dei prodotti agricoli si sono aggiunte le attività di “manipolazione” e
“conservazione”.
2) l’utilizzo dei termini “commercializzazione” e “valorizzazione” al posto di “alienazione” fa capire
che chi esercita attività agricole primarie rimane imprenditore agricolo non più solo se si limita a
collocare i suoi prodotti sul mercato vendendoli all’industriale o al commerciante, o al minuto – ma
anche se appresti una separata organizzazione (comprendente ad es. magazzini, spacci) idonea ad
assicurargli il valore aggiunto della fase della distribuzione ai consumatori.
3) al requisito per cui le attività dovevano rientrare “nell’esercizio normale dell’agricoltura” è subentrato
il meno selettivo requisito della prevalenza: basta cioè che le attività menzionate nel nuovo art.
2135, comma 3°, prima parte, abbiano ad oggetto “prodotti ottenuti prevalentemente dalla
coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali”, il che permette un apporto marginale
di prodotti derivanti da fondi altrui (acquistati sul mercato).

LA «CONNESSIONE» CORRELATA AL PREVALENTE IMPIEGO DELLA


PROPRIA AZIENDA AGRICOLA
La seconda categoria di attività connesse è individuata nella seconda parte dell’art. 2135, comma 3°,
con riferimento alle attività “dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di
attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le
attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità
come definite dalla legge”. (ad esempio giri a cavallo etc.)
Anche qui è impiegato il requisito della prevalenza (“aziendale”), ma temperato dal richiamo al criterio
della normalità.
Il legislatore ha praticamente voluto attribuire “rango codicistico” alla qualifica in termini di attività
agricola per connessione dell’attività agrituristica e di altre attività affini di prestazione di servizi, già
riconosciuta in precedenti leggi speciali (in specie nell’art. 2, comma 1°, l. 5 dicembre 1985, n. 730).

DISCIPLINA DELL’IMPRENDITORE AGRICOLO


Nel codice troviamo una scarna disciplina dell’imprenditore agricolo (2137-2139). Non ci interessa
saperli.
La definizione di cui all’art. 2135 ha però la rilevanza in negativo di escludere in capo all’imprenditore
agricolo, per il fatto che corre il rischio ambientale/biologico, l’applicazione dello statuto
dell’imprenditore commerciale e in specie, l’assoggettabilità al fallimento. Questa soluzione è però oggi
criticata da molti, per cui in molti casi il rischio in questione è «controllabile».
La definizione codicistica è il punto di riferimento per l’applicazione di svariate norme extra-
codicistiche. Ad es., su di essa è stata costruita (dall’art. 1 d.lgs. n. 99/2004) la figura
dell’“imprenditore agricolo professionale” – a cui si correla una cospicua normativa di favore –
corrispondente a colui che dedica alle attività agricole di cui all’art. 2135, direttamente o in qualità
di socio di società, almeno la metà del suo tempo lavorativo e che ricavi dalle attività medesime
almeno la metà del proprio reddito.
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L’IMPRENDITORE COMMERCIALE. LE ATTIVITÀ COMMERCIALI
RICAVATE IN NEGATIVO
In dottrina risulta prevalente la tesi secondo cui per verificare se un’attività sia “commerciale”, invece di
esaminare se ricada all’elenco di cui all’art. 2195, basta limitarsi a constatare se essa presenti i
caratteri propri di alcuna delle attività agricole primarie elencate nell’art. 2135, dovendosi in caso
contrario concludere che l’attività è “commerciale” (prima corrente di pensiero). Questa interpretazione
implica che:
A. Non esiste un tertium genus di imprenditori “civili”, ossia esercenti un’attività che non sia
qualificabile né come agricola né come commerciale;
B. Poiché l’ambito caratterizzante dell’impresa agricola è precisamente definito in positivo con
l’elencazione delle attività agricole essenziali di cui all’art. 2135, non vi è ragione di affaticarsi
nell’analisi delle più “nebulose” tipologie di cui all’art. 2195. In sostanza, l’area delle attività
commerciali si ricava per esclusione dal novero delle attività agricole “primarie”; mentre le
attività agricole “connesse” possono determinare l’acquisizione della qualità di imprenditore
commerciale solo se il loro esercizio sia disgiunto dallo svolgimento delle attività agricole
essenziali.

LE ATTIVITÀ COMMERCIALI RICAVATE IN POSITIVO


Una seconda corrente di pensiero sostiene invece che esistono tipologie di attività non rientranti nelle
categorie di cui agli artt. 2135 e 2195 (dunque “civili”), e argomenta che, se la definizione delle
attività commerciali è stata data in positivo nell’art. 2195, non si capisce perché il perimetro delle
stesse attività commerciali dovrebbe essere ricavato “per sottrazione”.
Una terza opinione concorda su quest’ultimo punto, ma sostiene che la vera contrapposizione è fra
attività commerciali e non commerciali. Dal canto loro, le attività “agricole” definite nell’art. 2135
rientrano con maggiore frequenza fra le attività “non commerciali”; ma non si può escludere che
in alcuni casi cumulino anche la qualifica di “commerciali.
Alla luce di entrambe le opinioni, è commerciale un’attività che ex art. 2195 sia:
1) Industriale diretta alla produzione di beni o di servizi (industrialità: uso di macchine? È un tema
controverso, ad esempio l’industria cinematografica si avvale di macchine ma non è attività
industriale);
2) Intermediaria nella circolazione dei beni (commerciale in senso stretto, colui che compra per
rivendere);
3) Di trasporto per terra, per acqua o per aria (v. art. 1678);
4) Bancaria o assicurativa (v. art. 1882 – definizione contratto di assicurazione);
5) Ausiliaria delle precedenti (ad es. agenti, mediatori; assumono un rischio «di riflesso»).
NB  1) Holding svolge attività ausiliaria rispetto alle controllate.
2) “delle precedenti” indica dei primi 4 punti.

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LEZIONE 5 – LO STATUTO
DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE

LE «PARTI» DELLO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE


Lo «statuto» dell’imprenditore commerciale, ossia i gruppi di norme previsti per tale figura, comprende:
1) La disciplina sui poteri di rappresentanza dei suoi ausiliari (è ispirata all’idea che occorra facilitare
le negoziazioni, aiuta il terzo a capire i poteri di rappresentanza);
2) La normativa relativa alle scritture contabili «civilistiche»
3) La soggezione alle procedure concorsuali «maggiori» (ad esempio il fallimento etc. ispirata
all’idea di un rischio di impresa maggiore);
4) Le disposizioni sulla capacità all’esercizio dell’impresa commerciale (nel libro I del c.c., non dal solito
libro V).
Le norme sull’efficacia dell’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese
rappresentavano un quinto gruppo, ma oggi, come si è visto, non sono più specifiche all’imprenditore
commerciale.
Difatti l’imprenditore commerciale affronta un rischio di impresa maggiorato (presupposto della
disciplina), perciò l’idea che l’imprenditore commerciale abbia norme ad hoc aggiuntive riguarda la
difficoltà di gestione tra flussi in entrata e uscita, che lo sottopongono a un rischio maggiore (gestire ai
propri flussi).

1) I POTERI DI RAPPRESENTANZA DEGLI AUSILIARI


Alcuni fra i collaboratori dell’imprenditore commerciale sono destinati a entrare sistematicamente in
rapporto con i terzi e a trattare affari in nome e per conto del titolare.
Secondo le norme di diritto comune in tema di rappresentanza (art. 1387 ss.) occorre che al
prestatore di lavoro gestorio sia stato conferito il potere di agire in nome del datore di lavoro tramite
una procura (rappresentanza significa conferire poteri a un soggetto in modo che questo possa agire in
nome e per conto del rappresentato). Se il terzo contraente tratta con una persona sfornita di
adeguati poteri di rappresentanza, l’interessato non viene vincolato dal contratto concluso dal falsus
procurator, al quale il terzo può solo chiedere il risarcimento del danno subito (c.d. interesse negativo)
per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto (art. 1398).
In ragione dell’esigenza dell’impresa commerciale di contrattare con i terzi in tempi rapidi, esimendo il
terzo dal dover chiedere la c.d. “giustificazione dei poteri” (art. 1391), gli artt. 2203 ss. disciplinano tre
figure tipiche di ausiliari cui si presume attribuito un potere rappresentativo commisurato alla loro
collocazione nell’organizzazione dell’impresa, nel senso che la loro legittimazione a agire in
nome e per conto dell’imprenditore non si fonda sulla procura, bensì discende ex lege dallo
svolgimento delle mansioni loro tipicamente affidate.
Vi sono 3 tipi di ausiliari (dell’imprenditore commerciale):

 L’institore;
 Il procuratore;
 I commessi.

L’INSTITORE: DEFINIZIONE E POTERI


L’ausiliario più importante è l’institore. Secondo l’art. 2203, egli è il soggetto preposto all’esercizio
di un’impresa commerciale, ovvero di una sede secondaria (ad es., una succursale bancaria) o di
un ramo dell’impresa.

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L’institore è sotto-ordinato all’imprenditore (quale lavoratore subordinato o autonomo), ma è
sovraordinato a tutti gli altri collaboratori di questo (secondo posto nella catena gerarchica).
Conformemente, l’art. 2205 gli impone l’obbligo, in concorrenza con il titolare, di adempiere alle
disposizioni concernenti le iscrizioni nel registro delle imprese e alla tenuta delle scritture contabili.
L’art. 2204, co. 1°, fissa il contenuto dei poteri di rappresentanza sostanziale dell’institore, stabilendo
che può porre in essere “tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa” – ovvero del ramo particolare
o della sede secondaria – salva la necessità di un’espressa autorizzazione per l’alienazione di
immobili strumentali compresi nell’azienda (pleonastica qualora l’impresa eserciti l’attività di
commercio di tali beni, e si tratti quindi di beni-merce) o la costituzione di ipoteca su di essi.
[rappresentanza sostanziale]
Ai sensi degli artt. 2204, co. 2°, c.c. e 77, comma 2°, c.p.c., l’institore può stare in giudizio in nome del
preponente per le obbligazioni discendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa, del ramo o della
sede a cui è preposto. L’institore può quindi, dal lato attivo, promuovere giudizi di cognizione, processi
di esecuzione e procedimenti prefallimentari; dal lato passivo, può resistere in giudizio avanti a
qualsiasi Autorità giurisdizionale. [rappresentanza processuale]

L’INSTITORE: LIMITI E RESPONSABILITÀ


Gli artt. 2206 e 2207 (questi articoli valgono anche per il procuratore) prevedono l’iscrizione nel
registro delle imprese della procura conferita all’institore con sottoscrizione autenticata del preponente,
e altresì degli atti con cui la procura venga successivamente modificata, limitata o revocata. In
mancanza di iscrizione della procura – e quindi anche in mancanza di procura tout court – la
rappresentanza si presume generale. Ogni limitazione dell’estensione legale di tali poteri,
contestuale o successiva alla preposizione, così come la revoca della procura, sono opponibili ai terzi solo
se iscritte nel registro delle imprese, a meno che l’imprenditore – o l’institore – non provi che i terzi ne
fossero a conoscenza al momento della conclusione dell’affare.
L’institore è tenuto a palesare ai terzi con i quali venga in contatto la propria qualità, e che
compie l’atto in nome e per conto del preponente. Qualora renda nota la propria qualifica
institoria, ma non dichiari che l’affare è compiuto in nome e per conto dell’imprenditore, così da creare
un’incertezza circa il destinatario degli effetti dell’atto, ex art. 2208 è personalmente obbligato, ma,
superando il criterio ordinario della spendita del nome, è tenuto responsabile anche
l’imprenditore se l’atto è obiettivamente pertinente all’esercizio della sua impresa. La finalità
della norma è quella di non creare remore in capo al terzo contraente in presenza di indici
contraddittori circa l’identificazione dell’effettivo dominus dell’affare.

IL PROCURATORE (ART. 2209 C.C.)


La seconda figura di ausiliario dell’imprenditore commerciale disciplinata dal Codice civile è il
procuratore, identificato da tre requisiti: a) l’esistenza di un rapporto continuativo con l’imprenditore; b)
l’attribuzione del potere di compiere atti pertinenti all’esercizio dell’impresa; c) l’assenza di una
preposizione all’esercizio dell’impresa, di un ramo dell’impresa o di una sede secondaria. Il procuratore
è insomma titolare di poteri gestori e di un’autonomia decisionale qualitativamente non difformi da
quelli dell’institore, ma limitati a determinati settori assegnatigli (ad es. il dirigente del settore
acquisti, il direttore del personale, il direttore amministrativo).
Dal punto di vista della disciplina, si applicano anche qui gli artt. 2206 e 2207, sicché il potere
rappresentativo del procuratore è effetto naturale della sua collocazione nell’organizzazione di
impresa; in difetto di iscrizione della procura, ha poteri rappresentativi – sostanziali ma non
processuali – di portata generale, beninteso in relazione allo specifico settore affidatogli.
A differenza dell’institore, il procuratore non è tenuto agli adempimenti concernenti la tenuta delle
scritture contabili e le iscrizioni nel registro delle imprese; né – non essendo richiamato l’art. 2208 –
qualora manchi di effettuare la contemplatio domini, delle obbligazioni dallo stesso assunte è chiamato
a rispondere anche il titolare dell’impresa.

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È disciplinato in modo più sintetico rispetto all’institore, la cosa più complessa è identificarlo (è una via
di mezzo tra institore e commesso). Non ha rappresentanza processuale.

I COMMESSI (ART. 2210 SS. C.C.)


L’ultima figura tipizzata di ausiliario dell’imprenditore commerciale è il commesso, il quale identifica
in linea generale un collaboratore subordinato privo di attribuzioni gestorie, a cui sono affidate
mansioni esecutive che implicano, secondo una valutazione di normalità e tipicità sociale ed
economica, il compimento di atti con i terzi (ad es. impiegati di banca addetti agli sportelli; commessi
di negozio; camerieri; operatori di telemarketing e teleselling).
Ai sensi dell’art. 2210, comma 1°, i poteri rappresentativi del commesso comprendono – senza che
occorra uno specifico atto di conferimento della procura – gli atti che “ordinariamente”, ossia
secondo prassi, ineriscono alle operazioni di cui sono incaricati. In mancanza di un regime di
pubblicità legale, le limitazioni ai poteri del commesso, anche originarie, sono opponibili ai terzi
solo se portate a conoscenza con mezzi idonei (ad es. avvisi nei locali o altre forme di comunicazione
alla clientela) o se ne venga provata l’effettiva conoscenza.
Gli artt. 2210, comma 2°, 2211 e 2213 dettano diversi limiti legali ai poteri rappresentativi dei
commessi per quanto attiene alla fase della conclusione degli affari ad essi affidati. In compenso,
l’art. 2212 stabilisce che, per gli affari da essi conclusi, possono ricevere le dichiarazioni relative
all’esecuzione del contratto e i reclami relativi alle inadempienze contrattuali. È una figura di minor
rango, il terzo può presumere che abbia anche rappresentanza.
NB  1) “Non c’è per i commessi un regime di pubblicità legale?”
La regola è che le limitazioni al potere del commesso sono opponibili ai terzi solo se portati a conoscenza
con i mezzi idonei.
2) Se il pagamento avviene in una consegna a domicilio occorre una specifica autorizzazione. Si deve
verificare che il corriere sia rappresentate dell’imprenditore.

2) L’OBBLIGO DELLA TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI


L’art. 2214 prescrive l’obbligo della tenuta delle scritture contabili in capo a tutti gli imprenditori
commerciali non piccoli, in forma individuale come societaria. Poiché peraltro le norme societarie
estendono l’obbligo in parola a tutte le società diverse dalla società semplice che abbiano per oggetto
attività non commerciali, si spiega perché la normativa riguardi tutte le “imprese soggette a registrazione”
(formula che nel Codice civile comprende appunto gli imprenditori commerciali non piccoli e le società
soggette a registrazione nella Sezione ordinaria del registro delle imprese).
Le scritture contabili possono essere definite come l’insieme ordinato della documentazione scritta
inerente all’impresa, comprensiva sia dei singoli documenti che contengono le registrazioni contabili, sia
della relativa documentazione di supporto quali lettere, telegrammi, e-mail, fatture, contratti e ulteriori
documenti. L’imprenditore deve tenerle per attuare un monitoraggio dell’andamento dell’impresa, ma
anche per consentire la ricostruzione dei movimenti in caso di crisi e conseguente accesso a una procedura
concorsuale (se non lo fa, si espone al reato di bancarotta documentale).
Le scritture contabili recepiscono a loro volta i fatti di gestione, cioè le operazioni poste in essere
dall’imprenditore, quali una vendita, un acquisto, un incasso, un pagamento. Dai fatti di gestione possono
derivare variazioni numerarie positive o negative. Le scritture contabili hanno dunque la funzione di
rilevare, al momento della loro manifestazione finanziaria (normalmente coincidente con l’emissione o
il ricevimento della fattura o di documento equipollente), la consistenza quantitativa e monetaria delle
operazioni poste in essere.

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LE SCRITTURE CONTABILI OBBLIGATORIE: LIBRO GIORNALE E LIBRO
DEGLI INVENTARI
L’inventario è l’anticamera del bilancio. La sua struttura può essere semplificata in base alla
dimensione dell’impresa.
L’imprenditore iscrive nelle scritture contabili i valori dei fatti di gestione. La rilevazione deve avvenire,
in primo luogo, nel libro giornale, nel quale sono indicate giorno per giorno le operazioni sia attive che
passive relative all’esercizio dell’impresa (art. 2216). Caratteristica primaria del libro giornale è dunque
la cronologicità e l’analiticità delle annotazioni.
In contrapposizione alla visione dinamica delle operazioni quotidiane dell’impresa propria del libro
giornale, il libro degli inventari fornisce una visione statica e a carattere riepilogativo degli elementi
del patrimonio attivi e passivi dell’imprenditore. L’inventario, che deve essere redatto sia all’inizio
dell’esercizio dell’impresa (inventario iniziale), sia, successivamente, al termine di ogni anno
(inventario annuale), “deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative
all’impresa” (art. 2217).
Attraverso la redazione dell’inventario l’imprenditore verifica la consistenza del patrimonio aziendale,
a cui si aggiunge, per espressa disposizione di legge, quella del patrimonio extra-aziendale, dovendo
l’inventario contenere anche l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività
dell’imprenditore estranee all’impresa. Nella redazione dell’inventario l’imprenditore deve valutare le
attività e le passività attenendosi, in quanto applicabili, “ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per
azioni”. L’inventario “si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite” (vale a dire,
oggi, con il bilancio d’esercizio comprensivo di tutte le componenti di cui consta).

(SEGUE) FASCICOLO DELLA CORRISPONDENZA E ALTRE SCRITTURE


CONTABILI OBBLIGATORIE
Con riguardo al fascicolo della corrispondenza, l’art. 2214 impone all’imprenditore di “conservare
ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute,
nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite” (oggi anche e-mail e PEC).
Lo stesso articolo, al co. 2°, stabilisce che l’imprenditore “deve altresì tenere le altre scritture contabili che
siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa”. Le scritture contabili obbligatorie c.d.
“innominate” possono comprendere: il libro mastro, nel quale le operazioni vengono annotate e
ordinate, anziché in ordine cronologico, in scritture omogenee secondo un criterio sistematico,
predeterminato dal “piano dei conti” con il metodo della partita doppia; il registro di magazzino, in
cui vengono annotate l’entrata e l’uscita delle merci, delle materie prime, etc.; il libro cassa, ove si
registrano le operazioni che hanno dato luogo a pagamenti e incassi; il registro dei cespiti
ammortizzabili; lo scadenzario delle scadenze cambiarie; il libro paghe; il libro matricola; il libro fidi
(nelle banche); etc. A queste vanno aggiunte le scritture contabili imposte da leggi fiscali (ad es. i
registri i.v.a. degli acquisti, delle vendite, dei corrispettivi, riepilogativi, etc.), che assumono spesso
rilievo assorbente.

LA TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI


Le scritture contabili devono essere tenute rispettando formalità “intrinseche” ed “estrinseche”.
Formalità «intrinseche»: le scritture contabili devono essere tenute “secondo le norme di un’ordinata
contabilità”, evitando spazi in bianco, interlinee e trasporti a margine. Sono espressamente vietate
abrasioni e cancellazioni; qualora una correzione si renda proprio necessaria, essa va effettuata in
modo che le parole cancellate siano leggibili, cioè per incasellamento. La finalità è di garantire la
tendenziale contemporaneità tra fatti di gestione e relativa rilevazione contabile, e soprattutto di
impedire successive manipolazioni e artificiose ricostruzioni della contabilità.

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Formalità “estrinseche”: le disposizioni del codice del 1942 prevedevano la numerazione progressiva
delle pagine, da effettuarsi prima dell’uso delle scritture, unitamente alla bollatura, a cura del registro
dell’imprese o di un notaio; per il libro giornale e per il libro degli inventari era inoltre prevista una
vidimazione iniziale e poi annuale. Oggi rimane fermo solo l’obbligo di numerazione progressiva.
Un’altra formalità estrinseca consiste nell’obbligo per l’imprenditore di sottoscrivere l’inventario entro
tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette.
Dal 2009 le scritture contabili possono essere tenute su supporti informatici, con regole tecniche
egualmente volte a impedire manipolazioni a posteriori (tema ormai parzialmente superato).

LA CONSERVAZIONE DELLE SCRITTURE CONTABILI


Ai sensi dell’art. 2220, tutte le scritture contabili in senso lato, compreso il fascicolo della
corrispondenza, devono essere conservate per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione,
termine coincidente con quello della prescrizione ordinaria (art. 2946).
La conservazione è da ritenersi obbligatoria anche nelle ipotesi di cessazione dell’impresa, di morte
dell’imprenditore individuale (il relativo obbligo trasferendosi agli eredi) e di trasferimento dell’azienda
(ove l’obbligo passa in capo al cessionario). Devono quindi essere conservate per ogni controversia in
cui possano avere un ruolo.

L’EFFICACIA PROBATORIA DELLE SCRITTURE CONTABILI


L’ordinamento tutela l’interesse dell’imprenditore – finché è in bonis – a mantenere il segreto sui fatti di
gestione della propria impresa. Ma tale principio può subire un’eccezione nel corso di un processo civile
di cui sia parte l’imprenditore, nel quale le scritture possono assumere rilevanza esterna quali mezzi di
prova documentali, anche a vantaggio di soggetti terzi, sul presupposto che nessuno predispone
liberamente attestazioni a sé sfavorevoli ove non rispondano a verità.
Le modalità di acquisizione delle scritture contabili al processo sono due: la comunicazione e l’esibizione.
La comunicazione (art. 2711, comma 1°) ha per oggetto le scritture contabili nella loro integralità. Può
essere ordinata dal giudice solo su istanza di parte e in tre soli tipi di controversie, tassativamente
indicate: a) scioglimento della società; b) scioglimento della comunione dei beni; c) successione per causa
di morte.
L’esibizione (art. 2711, comma 2°), invece può essere disposta dal giudice anche d’ufficio, in qualsiasi
controversia, ma limitatamente a singole scritture o pezze giustificative concernenti la stessa. L’esibizione
è funzionale a estrarre le registrazioni pertinenti. Per la formazione degli estratti il giudice può
nominare un notaio o un esperto (art. 212 c.p.c.). Qualora vengano direttamente esibiti gli estratti, il
giudice potrà disporre l’esibizione in giudizio degli originali.

(SEGUE) LA PROVA CONTRO L‘IMPRENDITORE


Dispone l’art. 2709: “I libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova
contro l’imprenditore. Tuttavia, chi vuol trarne vantaggio non può scinderne il contenuto”.
La norma consente a chiunque – ossia anche a soggetti non imprenditori – di trarre dalle scritture
contabili dell’imprenditore soggetto a registrazione, mezzi di prova a proprio favore, ma stabilisce il
divieto di scinderne il contenuto; le scritture vanno cioè lette ed interpretate nella loro globalità.
Si tratta di una presunzione legale iuris tantum (fino a prova contraria), sicché è consentito
all’imprenditore di contrastare le registrazioni contabili con qualunque mezzo di prova; inoltre, le stesse
fanno prova contro di lui solo per quanto in esse figura, sicché la mancata registrazione in contabilità di
un fatto di gestione (ad es., un credito) non può costituire prova “negativa” dell’inesistenza di tale fatto,
ma solo rappresentare un elemento indiziario sfavorevole all’imprenditore.
NB  Vale anche se le scritture contabili non sono tenute bene; viceversa, si possono usare a favore
solo se tenute bene.

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(SEGUE) LA PROVA A FAVORE DELL’IMPRENDITORE
Ai sensi dell’art. 2710, le registrazioni contabili, purché regolarmente tenute, possono fare prova anche
a vantaggio dell’imprenditore soggetto a registrazione – tipicamente a dimostrazione dell’esistenza di
un suo credito – nei confronti di altri imprenditori parimenti soggetti a registrazione, per “i
rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa”. In ipotesi, l’esattezza delle annotazioni contenute nelle
scritture del preteso creditore non trova smentita nelle scritture contabili del controinteressato.
L’utilizzo delle scritture contabili a favore delle imprese soggette a registrazione in controversie con
soggetti privi della qualità di imprenditore è possibile soltanto a limitati fini indiziari, potendo le
registrazioni contabili costituire presunzioni semplici (art. 2729), la cui valutazione è lasciata alla
prudente valutazione del giudice.
In compenso, i soli imprenditori esercenti un’attività commerciale, per i crediti relativi a
somministrazioni di merci e di danaro o a prestazioni di servizi anche a soggetti non imprenditori,
possono ottenere un’ingiunzione di pagamento o di consegna sulla base degli estratti autentici delle
scritture contabili, in quanto l’art. 634, comma 2°, c.p.c. le considera prove scritte idonee a tal fine,
purché regolarmente tenute.
NB  Decreto ingiuntivo  ingiunzione di pagamento che arriva, non è definitiva, ci si può opporre.

3) LA SOGGEZIONE AL FALLIMENTO E AGLI ISTITUTI VOLTI AD


EVITARLO
L’imprenditore commerciale non «minore», se in stato di crisi o di insolvenza, per le sue specifiche
caratteristiche, postula la configurazione di particolari procedure di insolvenza e di crisi, oggi
contemplate nel r.d. (regio decreto) 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare) e in futuro
all’interno del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza.
La più importante di tali procedure è il «fallimento» (termine che, con l’entrata in vigore del
Codice della crisi, verrà sostituito con «liquidazione giudiziale”), che si caratterizza per una tutela
rafforzata dei creditori rimasti insoddisfatti, chiamati a concorrere sul ricavato della liquidazione di
tutti i beni dell’imprenditore. Le altre procedure o istituti contemplati nella legge fallimentare,
tendenzialmente diretti a evitare il fallimento, concernono pure solo l’imprenditore commerciale non
«minore». Fa eccezione la liquidazione coatta amministrativa, che ha finalità pubblicistiche e può
colpire anche imprese non commerciali.
La l. 27 gennaio 2012, n. 3, ha introdotto procedure concorsuali «minori» cui possono accedere i soggetti
non assoggettabili a fallimento, le quali tuttavia presentano connotati nettamente differenti da
quelle contemplate per l’imprenditore commerciale non «minore». Il Codice della crisi è destinato a
inglobarne la regolamentazione, senza tuttavia mutare tale aspetto.
Esiste un progetto di riforma della materia di codice di crisi impresa e insolvenza, approvato nel
gennaio 2019, l’entrata in vigore è stata differita inizialmente a gennaio 2020, ri-differita
nuovamente a settembre 2021.
La parte relativa alle procedure di allerta riguarda una serie di obblighi di segnalare la situazione
di crisi (precedentemente alla situazione di insolvenza). I criteri per capire se c’è crisi sono controversi,
ma il problema è che essendo consapevoli di un’eventuale crisi, tutti i creditori vorrebbero farsi
pagare, e la metà delle imprese italiane andrebbe in allerta. Perciò probabilmente verrà rinviato oltre
settembre 2021, o si esonereranno solo le procedure di allerta dal resto della legge.

27
4) LA CAPACITÀ ALL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA COMMERCIALE
A rigori le regole relative alla capacità all’esercizio dell’impresa commerciale si limitano a adattare
la regolamentazione generale sulla capacità di agire (contemplata nel libro I del Codice civile) alla
fattispecie dell’impresa commerciale, ma in senso lato vengono normalmente fatte rientrare nello
statuto dell’imprenditore commerciale non piccolo.
In primo luogo, di norma, è precluso l’avvio di un’impresa commerciale per l’incapace legale,
ritenendosi che l’alea gravante su di essa sia troppo elevata. Ma se l’impresa commerciale esiste già
nel patrimonio dell’incapace e l’esperienza passata consente di giudicare che la stessa possa ancora
essere “profittevole”, la sua continuazione può essere autorizzata dall’Autorità giudiziaria.
In secondo luogo, l’autorizzazione all’esercizio dell’impresa viene concessa a priori e una tantum,
superando il principio generale per cui ogni atto gestorio eccedente l’ordinaria amministrazione deve
essere autorizzato previo il vaglio del requisito della “necessità o utilità evidente”: tale principio sarebbe
infatti inefficiente (poiché l’esercizio di un’impresa commerciale richiede stretti tempi decisionali e il
compimento di molti atti di straordinaria amministrazione) e incongruo (poiché la valutazione
comparativa dei profitti ritraibili e dei rischi insiti nell’esercizio di un’impresa commerciale ha senso sia
effettuata, non nella prospettiva del singolo atto gestorio, bensì rispetto all’esercizio dell’impresa nel
suo complesso)
NB  1) La capacità di agire è legata alla maggiore età.
2) Un anziano non più sano di mente che possiede un patrimonio deve essere interdetto, implicando
così la nomina di un tutore.
3) L’incapace legale (interdetto e minorenne), l’incapace parziale (minore emancipato, maggiore di 16
anni che contrae il matrimonio);
4) Un adulto che si trova in una situazione meno compromessa, ragiona ancora bene ma ha perso ad
esempio la memoria a breve termine è inabilitato; gli viene quindi affidato l’amministratore di sostegno.

SEGUE) GLI INCAPACI TOTALI


Più in dettaglio, relativamente ai soggetti totalmente incapaci, non è consentito iniziare un’impresa
commerciale nell’interesse del minore non emancipato come pure dell’interdetto.
Diversamente, ex artt. 320, comma 5°, e 371, comma 1°, n. 3, e comma 2°, in caso di successione
ereditaria o di donazione di un’azienda commerciale in capo al minore non emancipato o all’interdetto,
o qualora l’impresa commerciale preesistesse all’interdizione, il suo esercizio può essere continuato da
parte dei genitori o del tutore quali rappresentanti legali (i primi anche usufruttuari legali dell’azienda),
purché consti l’autorizzazione del Tribunale, su parere conforme del giudice tutelare, fondata su un
vaglio dell’utilità che ne possa ricavare l’incapace; il giudice tutelare può consentire nel frattempo
l’esercizio provvisorio dell’impresa sino a che si pronunci il Tribunale.

(SEGUE) GLI INCAPACI PARZIALI


Con riguardo agli incapaci parziali, anche l’inabilitato ex art. 425 non può iniziare un’impresa
commerciale, ma può continuarla personalmente (con l’assistenza del curatore per il compimento
degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione) o avvalendosi di un institore, sempre con
l’autorizzazione del Tribunale.
Diversamente, il minore emancipato – ossia maggiore di sedici anni che abbia contratto matrimonio –
ex art. 397 può, se autorizzato dal Tribunale, persino iniziare un’impresa commerciale e, in tal caso,
compiere personalmente gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, quand’anche estranei
all’esercizio dell’impresa.

28
INCAPACE E QUALIFICA DIIMPRENDITORE COMMERCIALE
Gli atti di autorizzazione e revoca devono essere iscritti nel registro delle imprese ex art. 2198.
In mancanza della prescritta autorizzazione o qualora essa non potesse essere neppure concessa (ad
es. nel caso dell’inizio dell’impresa da parte di un minore o di un interdetto), i singoli atti negoziali
compiuti sono annullabili e i genitori e il tutore che abbiano omesso di vigilare risponderanno dei danni
cagionati all’incapace e ai terzi, ma – in ragione del principio di effettività – l’impresa
commerciale sussiste comunque.
La qualità di imprenditore compete in ogni caso – anche nei casi anomali appena accennati –
all’incapace ma, nell’ipotesi di fallimento, sul medesimo graveranno solo le conseguenze patrimoniali.
Quanto alle conseguenze personali, quelle penali, correlate alla commissione di reati fallimentari,
verranno addebitate a chi ha “gestito” l’impresa o, se questo fosse non imputabile, a chi doveva vigilare
su di esso; quelle civili e amministrative ricadranno sui rappresentanti legali dell’incapace, ma solo se
l’esercizio dell’impresa commerciale non fosse stato autorizzato.

LEZIONE 6 – CONTRATTO DI SOCIETA’ E


FIGURE AFFINI, SOC. PERS. E DI CAPITALI

LA DEFINIZIONE DEL CONTRATTO DI SOCIETÀ (ART. 2247) – LA


PLURALITÀ DEI SOCI
“Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di
una
attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.
È un contratto plurilaterale con comunione di scopo, in cui, se un vizio colpisce l’adesione di un contraente,
non si estende all’intero contratto, a meno che la partecipazione di quel contraente non fosse
essenziale.
La rubrica originaria dell’articolo era "Nozione di società". Secondo il sistema del Codice civile del
1942, le società di ogni tipo dovevano costituirsi con una pluralità di soci. La mancanza della pluralità
dei soci in sede di costituzione della società determinava la nullità della stessa. Oggi è invece ammesso
che le s.r.l. e le S.p.A. si costituiscano anche per atto unilaterale; e che, anche nel caso in cui le già
menzionate società restino con un solo socio continuino a rispondere per le obbligazioni sociali
esclusivamente con il proprio patrimonio.
Dunque, l’unico azionista od unico quotista mantiene la responsabilità limitata alla propria quota
di partecipazione, purché concorrano entrambe le seguenti condizioni:
A) la situazione di unipersonalità della società risulti pubblicata nel registro delle imprese, e risulti
nella corrispondenza della società;
B) il capitale sociale sottoscritto dal socio unico, o del quale esso sia divenuto il solo titolare, sia
interamente versato (artt. 2325, comma 2°, e 2462, comma 2°), e siano state osservate tutte le norme
sui conferimenti.
Nel caso del mancato rispetto di una di queste condizioni sopravvive per il socio unico il regime di
responsabilità illimitata preesistente alla riforma del 2003 (artt. 2325, comma 2°).

29
IL CONFERIMENTO DI BENI O SERVIZI
Il conferimento fa scattare l’obbligo di effettuare prestazioni di dare o di fare funzionali
all’esercizio dell’attività economica.
In virtù dei conferimenti diversi dal conferimento d’opera viene costituito un patrimonio autonomo a
garanzia delle obbligazioni sociali.
I conferimenti di beni in proprietà e di crediti sono conferimenti di capitale. Il capitale nominale
rappresenta la parte fissa del patrimonio sociale, che rimane vincolata, sino allo scioglimento della
società, all’esercizio dell’impresa, nonché a tutela dei creditori sociali, secondo regole diverse a
seconda dei tipi societari.
Il conferimento di beni in godimento è considerato un conferimento di servizi. I conferimenti d’opera sono
ammessi solo in alcuni tipi societari.
I conferimenti possono essere funzionali anche allo svolgimento di uno o più affari determinati, sicché
possono considerarsi società in senso tecnico anche le cd. «società occasionali». Le medesime è dubbio
se assumano la qualità di imprenditore: il requisito della professionalità però ricorre certamente se gli
affari determinati programmati hanno una certa consistenza economica e implicano una complessità
organizzativa e lunghi tempi di realizzazione (ad. es., costruzione di una diga).
NB  Il capitale sociale è scritto a passivo e individua la parte che rimane vincolata fino allo
scioglimento della società (a tutela dei creditori sociali).

L’ESERCIZIO IN COMUNE DI UN’ATTIVITÀ ECONOMICA


La nozione di «attività economica» è la stessa che abbiamo visto nell’art. 2082 c.c. L’attività economica
programmata individua l’»oggetto sociale».
Non c’è necessariamente coincidenza fra società e impresa, poiché non sembrano richiamati anche gli
altri elementi indicati nell’art. 2082 c.c., in particolare l’organizzazione e la professionalità.
«Esercizio in comune». Non è chiaro se faccia riferimento a:

 Patrimonio comune;
 Gestione comune (gli scarsi poteri del socio di minoranza di S.p.A. lo smentiscono);
 Spendita di un nome collettivo o comune;
 Risultato in comune.
Sappiamo che non c’è esercizio dell’attività in comune nell’associazione in partecipazione (con il quale,
ex art. 2549, l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o
di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto), poiché qui l’attività è imputata al solo
associante. È questo che gestisce, mentre l’associato può solo controllare.
NB  Nonostante la partecipazione agli utili e al rischio, l'associazione in partecipazione si distingue
nettamente dal contratto di società per il fatto che l'attività di impresa è esclusivamente
demandata all'associante, che assume a sé i relativi diritti ed obblighi.

30
LE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI
In passato non erano ammesse, ritenendosi non possibile, per la natura personale della prestazione,
l’esercizio in comune dell’attività professionale nei rapporti con i clienti, ma solo la suddivisione dei
costi (c.d. mere associazioni professionali alla base di «studi associati»).
Dopo l’abrogazione del divieto di svolgere attività professionali in forma societaria (contenuto nell’art.
2 della l. n. 1915/1939), disposta dall’art. 24, comma 1, l. 7 agosto 1997, n. 266, occorreva però una
disciplina apposita. Il legislatore ha quindi regolamentato:
A. Le società tra avvocati ex d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, art. 16 ss., emanato in attuazione
della direttiva comunitaria 16 febbraio 1998, n. 98/5/Ce, cui poi sono seguite le società per
l’esercizio della professione forense” di cui all’art. 4-bis, legge n. 247/2012, introdotto
dall’art. 1, comma 141, lett. b), legge 4 agosto 2017, n. 124 (che non si è curata di abrogare il già
menzionato decreto n. 96/2001);
B. Le società tra professionisti (s.t.p.), nella l. 12 novembre 2011, n. 183, art. 10, con riguardo alle
c.d. professioni liberali (ovvero professioni protette), come completata dal relativo regolamento di
attuazione approvato con d.m. Giustizia 8 febbraio 2013, n. 34; e nella l. 14 gennaio 2013, n.
4, con riguardo alle professioni non organizzate.

DISCIPLINA DELLE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI


La società tra professionisti non costituisce un tipo sociale a sé stante. A tal fine possono
essere utilizzati tutti i tipi sociali previsti dall’ordinamento: quelli cioè della società semplice, delle
società commerciali e della società cooperativa (in quest’ultimo caso i soci cooperatori non possono
essere meno di tre).
Nella ragione o denominazione sociale, comunque formate, deve comparire la dicitura “società tra
professionisti”. Inoltre, le società in questione devono essere iscritte nel registro delle imprese, in una
sezione speciale, nonché in una sezione speciale degli albi o dei registri tenuti presso gli ordini o i
collegi professionali di appartenenza dei soci professionisti.
Queste società hanno per oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività professionale da parte dei
soci. È tuttavia possibile che esistano società professionali multidisciplinari, ossia società tra
professionisti esercenti più attività professionali (ad es. tra ingegneri, architetti e geometri).
Nelle s.t.p. a fianco di soci professionisti iscritti nei rispettivi ordini, albi e collegi, sono ammessi a
partecipare alla compagine sociale anche soci non professionisti, per prestazioni tecniche (ad es., gli
incaricati dell’amministrazione di una società tra farmacisti) o per finalità di investimento (soci
capitalisti). In tal caso però i soci professionisti dovranno avere una duplice maggioranza – per teste
e per quote di partecipazione al capitale sociale – che consenta loro di disporre dei due terzi dei voti
per l’assunzione delle deliberazioni assembleari o delle decisioni dei soci; il venir meno di tale
condizione, se non ripristinata nel termine perentorio di sei mesi, è causa di scioglimento della
società.
L’incarico professionale può essere conferito alla società; peraltro, l’esecuzione di tale incarico
compete soltanto ai soci professionisti in possesso dei requisiti di legge: professionisti che devono
essere quelli designati dai clienti o, in mancanza di designazione espressa, che devono essere indicati
per iscritto ai clienti stessi da parte della società prima dell’inizio della prestazione, in modo che i clienti
possano eventualmente esprimere la loro opzione a non essere seguiti da questi.
Le società tra professionisti non hanno sin qui avuto molto successo. Se costituite in forma di società di
persone, non è gradita la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali (comprese quelle
ingenerate dalla mala esecuzione della prestazione da parte di altri soci). Se costituite in forma di
società di capitali, non è gradita la trasparenza connessa all’obbligo di rendere pubblici i bilanci.

31
SCOPO LUCRATIVO E SCOPO CONSORTILE
Gli utili, in via semplificata, rappresentano la differenza fra ricavi e costi.
Con il contratto di società non solo si persegue lo scopo obiettivo di conseguire utili mediante il
«metodo lucrativo», ma anche lo scopo di dividerli fra i soci (c.d. «lucro subiettivo»). È questo secondo
elemento che distingue la società dall’associazione di cui al Libro I del Codice civile. Quest’ultima può
esercitare un’attività economica, e anche conseguire utili, ma deve destinarli all’attività istituzionale per
cui è stata costituita.
Lo scopo di lucro può coesistere con lo scopo mutualistico (v. slide sulle cooperative) e con lo scopo
consortile. In quest’ultimo caso la «società consortile» persegue sia lo scopo di dividere gli utili, sia lo
scopo tipico del contratto di consorzio, con il quale, ex art. 2602, più imprenditori istituiscono
un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive
imprese. Se viene istituito un ufficio per l’esercizio di attività con i terzi, si parla di consorzio con attività
esterna, che deve iscriversi nel registro delle imprese.
Scopi consimili al consorzio hanno il Gruppo Europeo di interesse economico (G.E.I.E.) e la rete di imprese
(che prevede anche lo scambio di informazioni fra i contraenti), che però hanno scarsa diffusione.
L’Associazione temporanea di impresa (A.T.I.) è invece una mera aggregazione contingente alla
partecipazione a un appalto.
Il legislatore riconosce casi di società di diritto speciale, in cui è escluso lo scopo di lucro (ad. es.,
società sportive, società di gestione del mercato, «imprese sociali»). Occorre tuttavia sempre una
norma apposita (in genere ispirata all’obiettivo di permettere di impiegare lo schema societario, in
quanto più efficiente).

SOCIETÀ E COMUNIONE
L’art. 2248 c.c. fa intendere che, se anche un contratto presenta tutti i requisiti tipici del contratto
di società, se il solo scopo delle parti è quello di godere delle cose messe in comune, prevale la
disciplina della comunione.
La disciplina della comunione, contenuta nel Titolo VII del Libro III, è meno adeguata allo sviluppo delle
imprese, per quanto attiene a: a) le regole sulla gestione; b) l’uso delle cose; c) la stabilità del vincolo,
poiché si può sempre chiedere lo scioglimento della comunione, mentre lo scioglimento della società è
subordinato a casi tassativi.
Non c’è comunione ma società di fatto, se i coeredi continuano la gestione del bene produttivo (ad es.
un cinematografo) del de cuius, senza pattuire nulla in proposito. Il problema della sovrapposizione
delle due fattispecie si pone invece per le c.d. società immobiliari di comodo, per cui dovrebbe
prevalere la disciplina della comunione.
Un’altra ipotesi è quella della società holding c.d. «cassetto» o «pura», la quale si limiti ad
amministrare le partecipazioni di controllo e a incassare i dividendi. Tuttavia, se esse svolge anche
attività di direzione e coordinamento, probabilmente si fuoriesce dal perimetro della
comunione.

32
TIPI DI IMPRESA CONIUGALE
Non è sempre facile distinguere dalla società, e si avvicina alla comunione, la figura dell’“impresa o
azienda coniugale”, disciplinata nel libro I c.c., che si caratterizza per essere gestita da entrambi i
coniugi (e non anche da altri soggetti), oltre a non richiedere alcuna formalità di costituzione. Ne
esistono due tipologie.
Secondo l’art. 177, comma 1°, lett. d), rientrano nella comunione legale dei beni tra i coniugi (salvo che
questi abbiano optato per il regime della separazione dei beni o per un regime di comunione
convenzionale) “le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio”.
In questo caso si tende a ritenere che la fattispecie corrisponda a un particolare tipo di impresa
collettiva (come conferma l’art. 191, comma 2°, che per il suo scioglimento richiede l’accordo dei
coniugi), sottratta alle norme sulla società di fatto.
L’art. 177, comma 2°, precisa invece che, “qualora si tratti di aziende appartenenti a uno dei coniugi
anteriormente al matrimonio, ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi”.
Qui è invece prevalente la tesi che l’impresa sia individuale, ossia che ne rimanga titolare il coniuge
cui apparteneva l’azienda prima del matrimonio; altri sostengono invece che l’azienda deve ritenersi
conferita in società, con l’applicazione suppletiva delle norme societarie.

DISCIPLINA DELL’IMPRESA CONIUGALE


In entrambe le ipotesi, l’amministrazione dei beni ricadenti nella comunione e la rappresentanza in
giudizio per gli atti ad essi relativi spetta disgiuntamente a ciascun coniuge, fatta eccezione per gli
atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e per gli atti con cui si concedano o acquistino diritti di
godimento (ex art. 180), per i quali è necessario invece il consenso di entrambi (che, se rifiutato
immotivatamente, può essere surrogato dall’autorizzazione del giudice in forza dell’art. 181). Qualora
in linea generale tale soluzione appaia inadeguata a una gestione efficiente dell’impresa, ex art. 182,
comma 2°, “uno dei coniugi può essere delegato dall’altro al compimento di tutti gli atti necessari all’attività
dell’impresa”.
Dall’applicazione delle norme sulla comunione legale dei beni deriva che i beni della comunione (e
dunque anche l’azienda, o solo i suoi incrementi e utili, nei due casi esaminati) garantiscono le
obbligazioni contratte congiuntamente dai coniugi (ex art. 186, lett. d); ma anche che, laddove tali
beni risultassero insufficienti a soddisfare i debiti “comuni”, i creditori possono agire in via sussidiaria
sui beni personali di ciascuno dei coniugi nella “misura della metà del credito” (art. 190).
Dunque, persino nel primo tipo di impresa coniugale (collettiva) i coniugi possono godere del beneficio
di una responsabilità parzialmente limitata, a differenza di quanto discenderebbe dall’applicazione
della disciplina sulle società personali, la quale prevede tendenzialmente la responsabilità illimitata e
solidale di tutti i soci per le obbligazioni comuni.

IL SISTEMA DEI TIPI SOCIETARI


I tipi di società lucrative sono sei (s.s. – s.n.c. – s.a.s. – s.r.l. – s.p.a. – s.a.p.a.).
Vige un principio di tassatività in deroga al principio dell’autonomia privata, in quanto molte delle norme
integranti la disciplina di ciascun tipo sono dirette a tutelare interessi di soggetti terzi rispetto alla
società, ossia riguardano solo i rapporti fra le parti.
Tuttavia, all’interno di ciascun tipo, ferme le norme imperative e caratterizzanti, l’autonomia statutaria
ha molti spazi per conformare la disciplina alle esigenze concrete, derogando alle c.d. norme dispositive.
Ex art. 25 l. n. 218/1995 alle società costituite in Italia, o che hanno in Italia la sede amministrativa
o l’oggetto principale dell’impresa, si applica interamente la disciplina societaria italiana. Le
società estere che hanno una sede secondaria in Italia devono iscriversi nel registro delle imprese
precisando i poteri di rappresentanza dei preposti.

33
Nel caso di rapporti societari di fatto, si applica di default la disciplina della società in nome collettivo
se l’attività esercitata è commerciale, la disciplina della società semplice se l’attività esercitata è non
commerciale.

LA SOCIETÀ DI FATTO
La prova dell‘esistenza di una società di fatto, se data dai soci, implica la dimostrazione della
concorrenza di tre elementi concomitanti:
a) L’apporto, da parte dei soci, di capitali – pecuniari o in natura – o di altre utilità suscettibili
di valutazione economica, con la formazione di un fondo comune;
b) La partecipazione ai profitti e alle perdite dell’attività svolta in comune;
c) L’affectio societatis, consistente nella volontà di costituire un vincolo di collaborazione fra i soci
comportamento concludente dei soci di agire come tali – uti socii, appunto – cioè in concreto
Se però la prova dell’esistenza della società di fatto deve essere data dai terzi, basta dimostrare solo:
che i soci si comportano «come tali», partecipando al finanziamento dell’attività, all’assunzione delle
decisioni imprenditoriali, all’attività gestoria nei confronti di clienti, fornitori, banche ed altri soggetti con
cui occorra entrare in contatto: è la teoria della società apparente, che secondo la giurisprudenza può
ritenersi esistente almeno nei rapporti esterni, quand’anche non esistente nei rapporti interni.
La società di fatto si distingue dalla società irregolare, in quanto nel primo caso manca un atto scritto,
nel secondo c’è ma difetta l’iscrizione nel registro delle imprese.

SOCIETÀ DI PERSONE (SP) E DI CAPITALI (SC)


È una contrapposizione che ha radici storico-economiche e si fonda sui seguenti elementi:
A. SP: tendenziale responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali
SC tendenziale irresponsabilità dei soci per le obbligazioni sociali
B. SP: il trasferimento delle quote di partecipazione vuole di norma il consenso degli altri soci
SC: il trasferimento di quote o azioni è libero (ma possono essere posti dei limiti)
C. SP: soci e amministratori tendono a coincidere – si applica il principio unanimistico
SC: principio della specializzazione e della ripartizione delle competenze, che determina
un’organizzazione corporativa: organo amministrativo separato dall’assemblea + eventuale organo
di controllo. Si applica il principio maggioritario per assumere le decisioni.
Queste differenze giustificano per i più l’attribuzione della personalità giuridica solo alle SC (cui si
riconosce «figurativamente» un proprio interesse separato), mentre alle SP compete solo la
soggettività giuridica. Le SC sono rivolte a un numero più ampio di investitori, le SP postulano un gruppo
di soci coeso.

PARTECIPAZIONE DI SOCIETÀ DI CAPITALI IN SOCIETÀ DI PERSONE


Prima della riforma del 2003, la giurisprudenza non l’ammetteva. Dopo la riforma del 2003 è consentita
dall’art. 2361 c.c. sulla S.p.A., a condizione che, se la partecipazione comporta una responsabilità
illimitata per le obbligazioni sociali della SP, sia autorizzata da una delibera assembleare. La
norma non è richiamata nella disciplina della s.r.l., ma sembra ad essa applicabile analogicamente. Se
manca l’autorizzazione dell’assemblea, si configura la responsabilità degli amministratori della SC che
non l’hanno richiesta, ma l’assunzione di partecipazione è ritenuta valida.
Gli amministratori della SC devono dare specifica notizia nella nota integrativa del bilancio delle
partecipazioni acquisite in SP.

34
Se tutti i soci della SP sono persone giuridiche, e la SP sia una s.n.c. o una s.a.s., essa deve depositare il
suo bilancio ordinario nel registro delle imprese. In questa ipotesi amministratore della SP sarà
necessariamente una persona giuridica, che designerà un proprio rappresentante per operare
materialmente.
In tal modo il nostro ordinamento si è allineato ad altri (Germania e USA in particolare), in cui da tempo
l’intreccio fra SC e SP è realizzabile.
La giurisprudenza ammette che la partecipazione nella SP possa anche instaurarsi in via di fatto,
dando luogo a una (super-)società di fatto, ossia a una società di persone di fatto di cui sia socia la SC,
anche insieme a persone fisiche. Alcuni giudici hanno in particolare configurato una società di fatto fra
una SC dichiarata fallita e il socio tiranno che l’abbia spogliata di tutte le risorse, per l’effetto che
anche quest’ultimo può essere dichiarato fallito in estensione sulla base di un’applicazione analogica
dell’art. 147, comma 5, l. fall.

LEZIONE 7 e 8 – SOCIETÀ DI PERSONE:


SS, SNC E SAS

LE SOCIETÀ DI PERSONE
1) SOCIETÀ SEMPLICE  artt. 2251 - 2290

 solo attività non commerciale (scarsa diffusione);


2) SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO (S.N.C.)  artt. 2291 - 2312

 sia attività commerciale che attività non commerciale;


 tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali e non è ammesso
patto contrario (2291 c.c.);
3) SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (S.A.S.)  artt. 2313 – 2324

 due tipologie di soci:


o accomandatari: rispondono solidalmente ed illimitatamente;
o accomandanti: rispondono limitatamente alla quota conferita (2312 c.c.).

SOCIETÀ DI FATTO, SOCIETÀ OCCULTA, SOCIETÀ APPARENTE


Società di fatto: contratto sociale si perfeziona non per iscritto ma per fatti concludenti; se attività non
commerciale = norme sulla ss.; se attività commerciale = norme sulla s.n.c. irregolare.
Società occulta: costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non rivelarne l’esistenza
all’esterno, può essere una società di fatto o risultare da atto scritto (segreto); il rapporto effettivamente
esiste tra i soci ma è segreto;
Società apparente (creazione giurisprudenziale): una società, ancorché non esistente nei rapporti tra i
presunti soci, deve considerarsi esistente all’esterno quando due o più persone operino in modo da
generare nei terzi l’incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva della società.

35
LA SOCIETÀ SEMPLICE
NOZIONE E FORME (ART. 2251)
 Può esercitare solo attività non commerciale.
 Rappresenta il regime residuale dell’attività societaria non commerciale e il prototipo normativo
delle società di persone.
 Nella pratica non ha avuto una significativa diffusione.
 Il contratto di società semplice «non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura
dei beni conferiti» (ad es., se uno dei soci conferisca un immobile)
 Non sono dettate disposizioni specifiche per quanto riguarda il contenuto, ferme restando le regole
generali di cui agli artt. 1346 ss. (per cui il contratto deve avere oggetto possibile, lecito e
determinato/determinabile).

LE MODIFICAZIONI DEL CONTRATTO SOCIALE


«Il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto
diversamente» (art. 2252).
La regola è l’unanimità, ma può essere derogata dai soci.
Il consenso di tutti (a meno che sia pattuito che basti la maggioranza o addirittura nessun consenso) è
necessario anche per il trasferimento della quota sociale sia per atto tra vivi che a causa di morte. Il
consenso può essere dato anche preventivamente o risultare da comportamenti concludenti.
Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, la trasformazione in soc. di capitali, la fusione o
scissione sono approvate dalla maggioranza calcolata secondo e quote di partecipazione agli utili,
salvo il diritto di recesso del socio non consenziente (riforma diritto societario 2003).

PRINCÌPI DI ORGANIZZAZIONE: UNANIMITÀ E MAGGIORANZA


Diverse norme attribuiscono ai soci una decisione senza specificare se essa debba essere adottata
all’unanimità o a maggioranza.
Una prima tesi è che il principio generale è l’unanimità, salvo diversa pattuizione nel contratto sociale
su singole questioni.
Per una seconda tesi l’unanimità è necessaria, quando la decisione tocca le basi organizzative (legali o
convenzionali) della società (es. revoca amministratore nominato nell’atto costitutivo, cambio del modello
organizzativo, etc.); basta invece la maggioranza quando le decisioni attengono alla gestione
dell’impresa comune (es. nomina e revoca amministratori nominati per atto separato, approvazione
rendiconto, etc.).

IL METODO COLLEGIALE
Altra questione: se le delibere sociali debbano essere adottate osservando il metodo collegiale o
assembleare (convocazione soci, riunione, discussione, votazione), ovvero nella più assoluta libertà di
forme nel silenzio dell’atto costitutivo. Secondo l’opinione prevalente, il metodo collegiale non è
necessario nelle società di persone, ma non mancano opinioni contrarie.
Non è infondato ritenere che anche nelle società di persone i soci debbano rispettare un sia pur
embrionale metodo assembleare (convocazione, riunione, discussione, votazione contestuale), e che tale
regola sia inderogabile almeno per le decisioni di maggior rilievo (modifiche atto costitutivo, operazioni
che modificano l’oggetto sociale o i diritti dei soci).

36
In ogni caso, il metodo collegiale può essere previsto (e regolato) nell’atto costitutivo (anche in questo
caso, però, sono dubbie le sanzioni applicabili in caso di violazione).

I CONFERIMENTI IN GENERALE (ART. 2253)


Per l’acquisto della qualità di socio, è essenziale l’obbligo di conferimento: «il socio è obbligato a
eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale» (art. 2253). Se il contratto sociale non
prevede diversamente:

 Si presume che tutti i conferimenti siano da eseguirsi in denaro (art. 2342, comma 1);
 Si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti uguali tra loro, quanto è
necessario
per il conseguimento dell’oggetto sociale (art. 2253, comma 2).
Può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica ed utile per il
conseguimento dell’oggetto sociale (qualsiasi prestazione di dare, fare e non fare). Non occorre che
almeno un conferimento sia di capitale.

I CONFERIMENTI IN NATURA
CONFERIMENTO DI BENI IN PROPRIETA’: «la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono
regolati dalle norme sulla vendita» (art. 2254, comma 1) = il socio è tenuto alla garanzia per evizione
e per vizi; su di lui grava il rischio del perimento per caso fortuito della cosa fino al passaggio di
proprietà; il socio può essere escluso se la cosa perisce prima di essere acquistata dalla società;
CONFERIMENTO DI BENI IN GODIMENTO: il rischio resta a carico del socio che le ha conferite (art.
2254, comma 2), il quale potrà essere escluso in caso di perimento della cosa o impossibilità di
godimento non imputabile agli amministratori. La garanzia per vizi è regolata dalle norme sulla
locazione. Allo scioglimento della società, il socio ha diritto alla restituzione del bene nello stato in cui si
trova, ma se il bene è perito/si è deteriorato per causa imputabile agli amministratori ha diritto al
risarcimento del danno.

USO DELLE COSE SOCIALI E CONFERIMENTO DI CREDITI


Uso delle cose conferite in natura: Art. 2256: «Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri
soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società».
CONFERIMENTO DI CREDITI: il socio «risponde dell’insolvenza del debitore nei limiti indicati dall’art.
1267 per il caso di assunzione convenzionale della garanzia» (art. 2255)  in caso di insolvenza del
debitore ceduto, il socio risponde ex lege nei confronti della società nei limiti del valore assegnato
al suo conferimento (generalmente inferiore al nominale del credito); sarà inoltre tenuto al rimborso
delle spese ed a corrispondere gli interessi (a pena di esclusione dalla società).
ES  A un credito di 100, viene assegnato un valore inferiore, ad esempio 85. Il socio dovrà
rispondere allora per 85 e alle spese per il recupero del credito e gli interessi.

IL SOCIO D’OPERA
Il conferimento può avere ad oggetto anche l’obbligo del socio di prestare la propria attività lavorativa
(manuale o intellettuale) a favore della società. Il socio d’opera:

 non è un lavoratore subordinato;


 il suo compenso è rappresentato dalla partecipazione ai guadagni della società;
 può essere escluso dagli altri soci per sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita (art.
2286 comma 2);
 in sede di liquidazione di regola partecipa – in proporzione alla sua parte nei guadagni – solo
alla ripartizione dell’eventuale attivo residuo, dopo il rimborso del valore nominale dei
conferimenti degli altri soci.

37
L’INVALIDITÀ DEL CONTRATTO SOCIALE
Il codice non detta disposizioni specifiche  valgono le cause di nullità (art. 1418) e annullabilità (artt.
1425 ss.) prevista dalla disciplina generale dei contratti.
NULLITA’: quando il contratto è contrario a norme imperative, l’oggetto è impossibile o illecito, o è
illecito il motivo comune determinante.
ANNULLABILITA’: in caso di incapacità delle parti o di consenso viziato per errore, violenza o dolo.
È necessario distinguere:

 invalidità che colpiscono l’intero contratto (es. oggetto illecito);


 invalidità che colpiscono direttamente solo la singola partecipazione (es. partecipazione
minore non autorizzato).
Nel primo caso si possono applicare in via analogica alcune parti dell’art. 2332 dettato per le società
per azioni:
1) La sentenza di nullità intervenuta dopo l’inizio dell’attività opererà come causa di scioglimento
della società;
2) È sanare la nullità, ma la relativa delibera deve essere adottata col consenso di tutti i soci.

LA RIPARTIZIONE DEGLI UTILI E DELLE PERDITE


Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della gestione sociale.
Godono della massima libertà nella determinazione della parte a ciascuno spettante (non è obbligatorio
che sia proporzionale ai conferimenti).
Unico limite: divieto di patto leonino («è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da
ogni partecipazione agli utili o alle perdite» art. 2265).
Criteri legali, nel caso in cui l’atto costitutivo nulla disponga a riguardo (art. 2263):
1) I soci partecipano ad utili e perdite proporzionalmente ai conferimenti;
2) Se neppure il valore dei conferimenti è determinato, le parti si presumono uguali;
3) Se è determinata solo la parte di ciascuno nei guadagni, si presume la stessa misura anche nelle
perdite (e viceversa).
La parte spettante al socio d’opera, se non determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo
equità (art. 2263, comma 2).
La determinazione della parte di ciascun socio in utili e perdite può essere anche demandata a un terzo
che opera come arbitratore (art. 2264).
DIRITTO AGLI UTILI: nasce automaticamente, con l’approvazione del rendiconto (art. 2262), che deve
essere predisposto dai soci amministratori al termine di ogni anno salvo che il contratto stabilisca un
termine diverso.
PARTECIPAZIONE ALLE PERDITE: le perdite (= minusvalenza del patrimonio netto rispetto al
capitale sociale) incidono direttamente sul valore della singola partecipazione sociale riducendolo
proporzionalmente, con la conseguenza che in sede di liquidazione verrà rimborsata al socio una somma
inferiore al valore originario del capitale da esso conferito. All’atto di scioglimento della società i
liquidatori potranno addirittura chiedere ai soci le somme necessarie per pagare i debiti sociali in
proporzione alla parte di ciascuno nelle perdite.

38
L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ: DISGIUNTIVA E CONGIUNTIVA
AMMINISTRAZIONE: il potere di amministrare è il potere di decidere e compiere tutti gli atti che
rientrano nell’oggetto sociale, salvo quelli per cui occorra il potere di rappresentanza.
Secondo il modello legale, tutti i soci illimitatamente responsabili sono amministratori della società,
tuttavia l’atto costitutivo può riservare l’amministrazione solo ad alcuni di essi. Non è ammessa la
nomina di un amministratore terzo.
Quando l’amministrazione spetta a più soci (tutti o alcuni), l’amministrazione può essere disgiuntiva o
congiuntiva. I due tipi di amministrazione possono anche essere combinati tra loro.
I diritti e obblighi degli amministratori, per quanto non previsto, sono regolati dalle norme sul mandato.
Ma gli amministratori non sono soggetti a istruzioni.
L’amministrazione disgiuntiva:

 è il modello legale;
 ciascun socio amministratore è investito del potere di intraprendere da solo tutte le operazioni
rientranti nell’oggetto sociale, senza bisogno di chiedere il consenso o il parere agli altri soci
amministratori, né deve informarli preventivamente;
 l’ampio potere individuale è temperato dal diritto di opposizione riconosciuto a ciascuno degli altri
soci amministratori; l’opposizione deve essere esercitata prima che l’operazione sia compiuta e, se
tempestiva, paralizza il potere decisorio del socio agente in ordine all’operazione contestata;
 sulla fondatezza dell’opposizione decide la maggioranza dei soci per quote di interesse oppure –
se previsto dall’atto costitutivo - la questione può essere rimessa a uno o più terzi.
L’amministrazione congiuntiva:

 deve essere espressamente convenuta dai soci nell’atto costitutivo o con modificazione dello stesso;
 è sempre necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali;
 tuttavia, l’atto costitutivo può prevedere che per l’amministrazione o per determinati atti sia
sufficiente il consenso della maggioranza dei soci amministratori calcolata per quote o per testi. Se
però l’atto costitutivo non dice nulla, la regola è l’unanimità;
 i singoli amministratori possono agire individualmente quando vi sia urgenza di evitare un danno
alla società.

NOMINA E REVOCA DEGLI AMMINISTRATORI


Come detto, l’atto costitutivo può riservare l’amministrazione solo ad alcuni soci. In tal caso, i soci
amministratori possono essere nominati direttamente nell’atto costitutivo, oppure con atto separato.
Amministratore nominato nell’atto costitutivo  la revoca deve essere deliberata all’unanimità e
deve sussistere una giusta causa (in mancanza, l’amministratore revocato può adire l’autorità
giudiziaria);
Amministratore nominato per atto separato  revocabile secondo le norme del mandato, quindi
revocabile all’unanimità anche senza giusta causa (salvo il diritto al risarcimento dei danni). Se ci fosse
giusta causa, per alcuni potrebbe bastare la maggioranza per quote.
La revoca per giusta causa può essere in ogni caso chiesta giudizialmente da ciascun socio (art. 2259,
comma 3) anche in via d’urgenza  potere di iniziativa del singolo socio in caso di inerzia della
società o di disaccordo dei soci).

39
RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI
In caso di violazione di uno dei numerosi obblighi imposti dalla legge/dall’atto costitutivo (sintetizzabili
nel dovere generale di amministrare la società con la diligenza del mandatario), gli amministratori sono
solidalmente responsabili verso la società con conseguente obbligo di risarcirle i danni.
Gli amministratori sono tutti solidalmente responsabili verso la società, ad eccezione degli
amministratori che dimostrino di essere esenti da colpa.
L’azione di responsabilità è diretta a reintegrare il patrimonio sociale danneggiato dal comportamento
illecito degli amministratori e si prescrive in 5 anni (art. 2949).

IL CONTROLLO DEI SOCI SULLA GESTIONE


Quando l’amministrazione della società è riservata solo ad alcuni soci, ai soci non amministratori sono
riconosciuti ampi poteri di informazione e controllo (art. 2261), ossia:
1. Il diritto di avere degli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali;
2. Il diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione (comprese le scritture contabili);
3. Il diritto di ottenere il rendiconto degli affari sociali (che anzi secondo alcuni dovrebbe essere
approvato all’unanimità) quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti ovvero
al termine di ogni anno, salvo diverso termine indicato nel contratto.

RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETÀ


Fra le funzioni attribuite agli amministratori dalla legge vi è anche quella di rappresentanza della
società, sia sostanziale che processuale.
Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società, dando luogo
all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa (art. 2266 comma 1).
Salvo che l’atto costitutivo disponga diversamente, la rappresentanza spetta a tutti i soci
amministratori, disgiuntamente o congiuntamente, e si estende a tutti gli atti rientranti nell’oggetto
sociale senza distinzione tra amministrazione ordinaria e amministrazione straordinaria.
Dai poteri degli amministratori restano esclusi soltanto gli atti che comportano una modificazione del
contratto sociale (es. non possono cambiare radicalmente il tipo di attività previsto dall’atto costitutivo).
Quanto all’opponibilità di eventuali limitazioni convenzionali, il codice rinvia alla disciplina di diritto
comune (art. 1396), rendendo necessaria una distinzione tra:
a) Limitazioni originarie  sempre opponibili ai terzi, sicché incombe su di loro l’onere di accertare
se il socio che agisce in nome della società abbia effettivamente il potere di rappresentanza;
b) Limitazioni successive / estinzione del potere di rappresentanza –> devono essere portate a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei, altrimenti sono opponibili solo se la società dimostra
che questi ne erano a conoscenza.

LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DELLA SOCIETÀ E DEI SOCI


I creditori possono soddisfarsi su più patrimoni: quello della società e quello dei soci illimitatamente
responsabili per le obbligazioni sociali.
Questi rispondono in solido fra loro, ma in via sussidiaria rispetto alla società (beneficio di preventiva
escussione).

40
Nella s.s. il creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile, e
sarà questo a dover invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando i beni sui quali
il creditore può agevolmente soddisfarsi (a differenza di quanto accade nella s.n.c.).
Il socio che ha pagato può rifarsi sul patrimonio sociale, se capiente, ovvero esercitare il diritto di
regresso verso gli altri soci, secondo la partecipazione di ciascuno nelle perdite.

LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEI SOCI


Nella s.s., la responsabilità personale di tutti i soci è principio parzialmente derogabile  art.
2267: per le obbligazioni sociali rispondono (oltre alla società) personalmente e solidalmente i soci che
hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci».
«Salvo patto contrario»  la responsabilità personale dei soci non investiti del potere di
rappresentanza (o anche solo, secondo la giurisprudenza, di amministrazione) può quindi essere
esclusa o limitata; la limitazione è però opponibile solo se portata a conoscenza con mezzi idonei
(anche nella sezione speciale del registro delle imprese), salvo che si dimostri che comunque i terzi ne
erano a conoscenza.
«Tutti i soci» –> a) i nuovi soci rispondono con gli altri soci per le obbligazioni sociali assunte
prima dell’acquisto della qualità di socio (art. 2269); b) ex soci/eredi che subentrato a soci defunti:
continuano a rispondere con gli altri soci per le obbligazioni sociali assunte fino allo scioglimento del
rapporto, se questo è stato portato a conoscenza con mezzi idonei, altrimenti lo scioglimento non è
opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato.

I CREDITORI PERSONALI DEL SOCIO (ART. 2270-2271)


l patrimonio della società è (parzialmente) insensibile alle obbligazioni personali dei soci ed
(parzialmente) intangibile da parte dei creditori di questi ultimi;
I debiti del terzo verso la società non possono essere in alcun modo compensati con i crediti che il
primo vanta nei confronti del socio;
Il creditore personale del socio può soltanto:

 aggredire gli utili spettanti al socio;


 compiere atti conservativi (ad es. sequestro) sulla quota di liquidazione spettante al socio;
 chiedere la liquidazione della quota senza aspettare lo scioglimento della società, purché provi
che gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti ( causa di esclusione
del socio); dovrà essere pagato entro 3 mesi dalla domanda.

SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO. CAUSE


Morte del socio = di default occorre liquidare la quota agli eredi con denaro sociale
i soci superstiti possono in alternativa decidere di sciogliere la società, oppure di continuare la società
con gli eredi del defunto (è necessario però il consenso di tutti), che diverranno responsabili anche per
le vecchie obbligazioni sociali.
Fra le clausole statutarie nella prassi più diffuse:
a) Clausola di consolidazione (gli altri soci acquisiscono in proporzione la quota del defunto e
corrispondono agli eredi il valore, con loro denaro);
b) Clausole di continuazione con gli eredi: i soci manifestano in via preventiva il trasferimento
della quota mortis causa precludendosi le altre due alternative (liquidazione della quota o
scioglimento della società); viene previncolato anche il consenso degli eredi, stabilendo che,
se questi non vorranno continuare, dovranno pagare una sorta di penale (è invece
invalida la
«successione automatica», perché in violazione del diritto deli eredi di accettare l’eredità con
beneficio d’inventario).
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Recesso del socio (scioglimento del rapporto per volontà del socio)

 Società a tempo indeterminato / contratta per tutta la vita del socio (= se il termine scade in epoca
successiva all’aspettativa di vita media, tenuto conto dell’età effettiva del socio): il socio può
recedere liberamente con un preavviso di 3 mesi;
 Società a tempo determinato: il recesso è ammesso solo per giusta causa (inerenti a condizioni
oggettive, non soggettive), ma ha effetto immediato;
Il contratto sociale può prevedere altre ipotesi di recesso oltre a quelle stabilite per legge (c.d. recesso
convenzionale); non può invece privare il socio della facoltà di recedere nelle ipotesi previste ex lege.
Esclusione del socio

 di diritto:
o Fallimento personale del socio;
o Liquidazione della quota della quota chiesta e ottenuta dal creditore del socio;
 facoltativa (art. 2286):
o Gravi inadempienze degli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale (es.
mancata esecuzione dei conferimenti, comportamento ostruzionistico del socio, ecc.)
o Interdizione, inabilitazione del socio o sua condanna ad una pena che comporti l’interdizione
anche temporanea dai pubblici uffici;
o Sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento (= inidoneità a svolgere
l’opera,
ovvero il bene conferito in godimento perisce per causa non imputabile agli amministratori).
L’esclusione è deliberata a maggioranza dei soci calcolata per teste, senza contare il socio da escludere,
deve essere motivata e comunicata al socio escluso il quale ha 30 giorni per opporsi davanti al
tribunale. Decorsi questi 30 giorni, la delibera ha effetto, ma il tribunale può sospenderne
l’esecuzione. Nella società con soli due soci, l’esclusione è richiesta al giudice, e ha efficacia dalla
sentenza definitiva.

SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO. DIRITTI


In tutti i casi in cui il rapporto sociale di scioglie limitatamente ad un socio, questi/i suoi eredi
hanno diritto alla liquidazione della quota, o meglio ad una «somma di denaro che rappresenti il valore
della quota» (art. 2289, comma 1).
Il socio o l’erede non può quindi pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà né dei
beni conferiti in godimento (salvo non sia stato diversamente pattuito).
Valore della quota: determinato in base alla situazione patrimoniale della società ad hoc, riferita al
giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto (art. 2289, comma 2), da determinare attribuendo
ai beni il loro valore effettivo e tenendo del valore di avviamento dell’azienda e dell’esito (=
probabili utili o perdite) di eventuali operazioni ancora in corso. Il pagamento deve essere effettuato
entro 6 mesi dal verificarsi dello scioglimento.

SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ


Cause di scioglimento (art. 2272):
1) Decorso del termine fissato all’atto costitutivo (possibile proroga sia espressa che tacita; in
quest’ultimo caso è a tempo indeterminato);
2) Conseguimento dell’oggetto sociale (se attività soggetta a esaurimento) o sopravvenuta impossibilità
di conseguirlo (giuridica: ad es., revoca della concessione; materiale: ad es., insanabile discordia
tra i soci);
3) Volontà di tutti i soci (salvo che l’atto costitutivo non preveda che lo scioglimento anticipato possa
essere deliberato a maggioranza);
4) Venir meno della pluralità dei soci, se nel termine di 6 mesi essa non viene ricostituita;
5) Altre cause previste dal contratto sociale.
42
Le cause di scioglimento:

 operano automaticamente per il solo fatto di essersi verificate;


 ogni socio può agire giudizialmente per il loro accertamento (gli effetti decorrono comunque da
quando la causa si è verificata e non da quando è stata accertata);
 va iscritta nel registro delle imprese, come poi anche la nomina dei liquidatori (con eventuali
limitazioni al loro potere di rappresentanza
Verificatasi una causa di scioglimento, la società entra in stato di liquidazione: la società non si estingue
immediatamente –> prima si procede al soddisfacimento dei creditori sociali ed alla distribuzione fra i
soci dell’eventuale residuo attivo.

PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE
Lo scopo della società diventa dunque quello di trasformare i beni in denaro, salvo portare a
termine gli affari già intrapresi, per cui:

 i poteri degli amministratori sono limitati agli affari urgenti;


 i liquidatori (anche non soci; nominati con il consenso di tutti i soci o dal Tribunale in caso di disaccordo
tra i soci; revocati all’unanimità o dal Tribunale per giusta causa su richiesta di uno o più soci) non
possono intraprendere nuove operazioni e rispondono personalmente e solidalmente per gli affari
intrapresi in violazione del divieto;
 «passaggio delle consegne»: a) gli AMM consegnano beni e documenti sociali ai LIQ; b) gli AMM
redigono il conto della gestione per l’ultimo periodo; c) AMM e LIQ insieme predispongono un
inventario delle attività e passività al momento dello scioglimento;

LIQUIDAZIONE ED ESTINZIONE
 I liquidatori possono compiere tutti gli atti necessari per la liquidazione dei beni sociali, comprese
vendite in blocco (salvo diverso accordo fra i soci).
 I liquidatori pagano i creditori alle scadenze. Se i fondi sociali appaiono insufficienti, devono
chiedere ai soci di effettuare i versamenti ancora dovuti e, se non basta, coprire le perdite
nella misura della loro partecipazione.
 I liquidatori redigono rendiconti annuali e poi un rendiconto finale, che deve essere approvato dai
soci, unitamente al piano di riparto dell’attivo residuo.
 L’attivo residuo è destinato alla restituzione dei conferimenti, poi ripartito tra i soci in proporzione
alla partecipazione di ciascuno nei guadagni.
 Terminata la liquidazione, il liquidatore deve chiedere la cancellazione della società dal registro
delle imprese, che ne acclara l’estinzione.

SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO


LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEI SOCI VERSO I CREDITORI
 Tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali;
 Beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale: ex art. 2304, i creditori hanno l’obbligo
di rivolgersi prima alla società e solo dopo ai soci (≠ 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑒𝑡à 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑒);
 Responsabilità inderogabile: il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi (≠
𝑠𝑜𝑐𝑖𝑒𝑡à 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑒);
 «Tutti i soci» –> i nuovi soci rispondono con gli altri soci per le obbligazioni sociali assunte
prima dell’acquisto della qualità di socio; ex soci/eredi soci defunti: continuano a rispondere con gli
altri soci per le obbligazioni sociali assunte fino allo scioglimento del rapporto, purché portato
a conoscenza con mezzi idonei.

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DIRITTI DEI CREDITORI PARTICOLARI DEI SOCI
Il patrimonio della società è insensibile alle obbligazioni personali dei soci e dunque intangibile da
parte dei creditori personali.
I debiti di un terzo verso la società non possono essere in alcun modo compensati con i crediti che il primo
vanti verso il socio.
Il creditore personale del socio può soltanto:

 aggredire gli utili spettanti al socio;


 compiere atti conservativi (ad es., sequestro) sulla quota spettante al socio;
 In nessun caso può chiedere la liquidazione della quota prima dello scioglimento della società
(≠𝑠𝑜𝑐𝑖𝑒𝑡à 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑒 e s.n.c. irregolare); ma può chiederla alla scadenza del termine, in
caso di proroga tacita (la quale inoltre legittima ogni socio a recedere dalla società);
 se la proroga è espressa, il creditore particolare può fare opposizione entro 3 mesi
dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese e, se l’opposizione è accolta, dovrà
essere liquidato entro 3 mesi dalla notificazione della sentenza.

L’ATTO COSTITUTIVO E IL REGIME DI PUBBLICITÀ


Sono previsti requisiti di forma per l’atto costitutivo, ma solo ai fini dell’iscrizione della società nel
registro delle imprese; in particolare, l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico o scrittura
privata autenticata e depositato dal notaio o dagli amministratori nel registro competente secondo la
sede entro 30 gg. dalla stipula.
L’iscrizione al registro delle imprese è condizione di regolarità della società, non di esistenza della
stessa. La mancata iscrizione incide solo sulla disciplina, che sarà quella della s.n.c. «irregolare».

L’ATTO COSTITUTIVO IN PARTICOLARE


L’atto costitutivo deve contenere le seguenti indicazioni:
1) Generalità, domicilio e cittadinanza dei soci (l’incapace può partecipare alle stesse condizioni
dell’esercizio dell’impresa commerciale);
2) Ragione sociale (=nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale s.n.c.; il nome
può essere conservato in caso di recesso o morte, col consenso del socio receduto o degli eredi);
3) Soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza;
4) Sede della società ed eventuali sedi secondarie (se vi è preposto un rappresentante stabile, un
estratto dell’atto costitutivo deve essere depositato nel registro delle imprese competente per
la sede sec.);
5) L’oggetto sociale;
6) Conferimenti di ciascun socio, valore ad essi attribuito e modo di valutazione;
7) Prestazioni cui sono obbligati i soci d’opera;
8) Norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili
e nelle perdite;
9) Durata della società.
È richiesta la forma scritta a pena di nullità quando i conferimenti hanno ad oggetto beni immobili o
diritti reali immobiliari.

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LE MODIFICHE DELL’ATTO COSTITUTIVO
Le modifiche dell’atto costitutivo sono soggette a pubblicità legale: deve essere iscritte nel registro
delle imprese entro 30 gg. dalla delibera, prima non sono opponibili ai terzi salvo che si dimostri che
questi ne erano a conoscenza. Nei rapporti interni la modifica è produttiva di effetti
indipendentemente dall’iscrizione ed è, di regola, subito esecutiva (salvo la legge preveda
diversamente).
S.n.c. irregolare: le modifiche devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei e non sono
opponibili a coloro che le abbiano ignorate senza colpa (come nella società semplice).

IL CAPITALE SOCIALE
La funzione di garanzia dei creditori sociali è meno marcata nelle società di persone, perché soccorre
la responsabilità illimitata dei singoli soci.
Tre regole relative al capitale sociale nelle s.n.c.:
1) è vietata la ripartizione fra i soci di utili non realmente conseguiti (art. 2303);
2) se si verifica una perdita del capitale sociale, non si può procedere alla ripartizione di utili fino
a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente;
3) è vietato rimborsare ai soci i conferimenti eseguiti o liberarli dall’obbligo di ulteriori versamenti, in
assenza di una specifica deliberazione di riduzione del capitale sociale che:
 va adottata secondo le norme che regolano le modifiche all’atto costitutivo;
 deve essere iscritta nel registro delle imprese;
 può essere opposta dai creditori sociali entro 3 mesi dall’iscrizione della delibera nel registro
delle imprese, decorsi i quali la delibera può essere eseguita.

IL DIVIETO DI CONCORRENZA
Su tutti i soci (amministratori e non) delle s.n.c. incombe uno specifico obbligo di non esercitare «per conto
proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società» e di non partecipare «come socio
illimitatamente responsabile ad altra società concorrente» (art. 2301).
La violazione del divieto espone il socio al risarcimento dei danni nei confronti della società e legittima
gli altri soci ad escluderlo.
Il divieto non ha carattere assoluto: può essere rimosso dagli altri soci e il consenso si presume se la
situazione concorrenziale preesisteva al contratto sociale e gli altri soci ne erano a conoscenza.

LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO IRREGOLARE


S.N.C. REGOLARE: iscritta nel registro delle imprese  integralmente disciplinata dalle norme della
s.n.c.
S.N.C. IRREGOLARE: le parti non hanno provveduto ad iscrivere l’atto costitutivo nel registro delle
imprese 

 i rapporti interni sono disciplinati dalle norme sulla s.n.c.;


 i rapporti con i terzi sono disciplinati dalle norme sulla società semplice.
In ogni modo tutte le s.n.c., regolari e non, commerciali e non, devono tenere le scritture contabili
obbligatorie.

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LA S.N.C. IRREGOLARE. NORME SPECIFICHE
Due norme particolari sono poste nell’art. 2297:
1) Nonostante nei rapporti con i terzi si applichino le norme sulla società semplice, rimane ferma la
regola per cui tutti i soci sono illimitatamente responsabili delle obbligazioni sociali e non è
possibile il patto contrario;
2) Norma speciale in tema di rappresentanza: si presume che ciascun socio che agisce per la società
abbia la rappresentanza sociale e processuale, senza che il terzo sia tenuto a verificarlo; e che la
rappresentanza si estenda a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. Il conferimento
della rappresentanza solo ad alcuni soci o le limitazioni dei poteri di rappresentanza (che nella
s.n.c. regolare sono opponibili ai terzi purché iscritte nel registro) sono opponibili ai terzi solo se ne
provi l’effettiva conoscenza.

SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE DELLA SOCIETÀ


Oltre alle cause previste anche per le s.s., esiste una causa di scioglimento specifica delle s.n.c.: il
fallimento della società o il provvedimento dell’autorità governativa con cui si dispone la liquidazione
coatta amministrativa (art. 2308).
Verificatasi una causa di scioglimento, la società entra nello stato di liquidazione: nella s.n.c. questa
situazione deve essere espressamente indicata in atti e corrispondenza (art. 2250, 3 comma). La nomina
dei liquidatori deve essere pubblicata nel registro delle imprese entro 30 gg. dalla notizia della nomina.
Compiuta la liquidazione della s.n.c., i liquidatori redigono e comunicano ai soci con raccomandata il
bilancio finale di liquidazione e il piano di riparto, che si intendono approvati se non impugnati entro 2
mesi. In caso di impugnazione, i liquidatori possono chiedere di scindere le questioni relative ai due
documenti e anzi di rimanere estranei alla divisione.
Una volta approvato il bilancio di liquidazione:

 per la s.n.c. regolare  cancellazione dal registro delle imprese; i creditori sociali possono
chiedere il fallimento della società (se esercitava attività commerciale) entro un anno dalla
cancellazione.
 per la s.n.c. irregolare  estinzione con la cessazione di fatto dell’impresa, che può essere provata
in qualunque modo; anche qui la società può essere dichiarata fallita entro un anno.
Estinta la società, i creditori sociali rimasti insoddisfatti possono agire nei confronti dei soci e anche nei
confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. Le scritture contabili
sono depositate presso la persona designata dalla maggioranza, e conservate per dieci anni dalla
cancellazione/estinzione di fatto.

SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE


NOZIONE
La s.a.s. (artt. 2313-2324) è una società di persone che si differenzia dalla s.n.c. per la presenza di due
categorie di soci:

 soci accomandatari: rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali (=


soci s.n.c.);
 soci accomandanti: rispondono limitatamente alla quota conferita e sono esclusi
dall’amministrazione della società, che spetta esclusivamente ai soci accomandatari.

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L’ATTO COSTITUTIVO E LA RAGIONE SOCIALE
ATTO COSTITUTIVO: stesse regole delle s.n.c., con la precisazione che l’atto costitutivo dovrà specificare
quali sono i soci accomandatari e quali i soci accomandanti;
RAGIONE SOCIALE (ART. 2314):

 deve contenere il nome di almeno uno dei soci accomandatari e l’indicazione del tipo sociale
s.a.s.;
 non può essere inserito il nome dei soci accomandanti  il socio accomandante che consente che
il suo nome compaia nella ragione sociale perde il beneficio della responsabilità limitata, senza
acquisire il diritto di partecipare all’amministrazione (comma 2);
CONFERIMENTI: non sono previste disposizioni specifiche  si applica la disciplina delle s.n.c. per i
conferimenti effettuati tanto dai soci accomandatari quanto dai soci accomandanti.

L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ


«L’amministrazione della società può essere conferita soltanto ai soci accomandatari» (art. 2318). Agli
accomandanti sono tuttavia riconosciuti ex lege, e possono essere anche riconosciuti per contratto, alcuni
diritti e poteri:

 concorrono con gli accomandatari alla nomina degli amministratori e alla revoca di quelli fra essi
nominati con atto separato: occorre il consenso di tutti gli accomandatari e di tanti accomandanti
che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto (art. 2319);
 possono trattare o concludere affari in nome della società, sia pure solo in forza di una
procura speciale per singoli affari (art. 2320, comma 1);
 possono prestare la loro opera, manuale o intellettuale, all’interno della società sotto la direzione
degli amministratori (art. 2320, comma 2);
 possono (se l’atto costitutivo lo consente) dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni
(anche categorie di operazioni purché individuate con precisioni), nonché compiere atti di
ispezione e controllo (art. 2320, comma 2);
 hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto economico e di controllarne
l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società (art. 2320, comma 3);
 non sono tenuti a restituire gli utili fittizi eventualmente riscossi, purché ricorra la duplice
condizione che essi siano in buona fede e gli utili risultino da bilancio regolarmente approvato
(art. 2321);
Al di là di questi confini, scatta il divieto di immistione e le relative sanzioni.

IL DIVIETO DI IMMISTIONE
I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione oltre i confini sopra descritti.
Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi
per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'articolo 2286». All’accomandante è
dunque preclusa, in linea di principio, sia la partecipazione all’amministrazione interna della società sia
la possibilità di agire per la società nei rapporti esterni.

IL DIVIETO DI IMMISTIONE. RIEPILOGO


 Amministrazione interna  l’accomandante è privo di ogni potere decisionale autonomo in merito
alla condotta degli affari sociali, salve pareri e autorizzazioni su specifiche questioni.
 Attività esterna  l’accomandante può trattare e concludere affari solo in virtù di una procura
speciale per singoli affari; non può, in ogni caso, agire di fronte a terzi come procuratore generale
o institore.
 In caso di violazione del divieto  perdita del beneficio della responsabilità limitata nei
confronti
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dei terzi, per l’effetto che l’accomandante:

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o risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente per tutte le obbligazioni sociali
(presenti, passate e future);
o in caso di fallimento, sarà automaticamente dichiarato fallito in estensione al pari degli
accomandatari.

TRASFERIMENTO DELLA PARTECIPAZIONE SOCIALE


Soci accomandatari:

 stessa disciplina prevista per le s.n.c.  se l’atto costitutivo non prevede diversamente, il
trasferimento fra vivi può avvenire solo con il consenso di tutti i soci (accomandatari e
accomandanti), e per la trasmissione mortis causa è necessario anche il consenso degli eredi.
Soci accomandanti (art. 2322):

 quota liberamente trasferibile per causa di morte senza che sia necessario il consenso dei soci
superstiti;
 per il trasferimento inter vivos, invece è necessario il consenso di tutti i soci (accomandatari e
accomandanti) che rappresentino la maggioranza del capitale sociale, salvo che l’atto
costitutivo non disponga diversamente.

LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA IRREGOLARE


È irregolare la s.a.s. il cui atto costitutivo non sia stato iscritto nel registro delle imprese.
Resta ferma la distinzione fra soci accomandatari e soci accomandanti: anche nella s.a.s. irregolare i
soci accomandanti rispondono limitatamente alla loro quota, salvo che abbiano «partecipato alle
operazioni sociali».
Si ritiene che il divieto di immistione abbia portata più ampia, avendo carattere assoluto per quanto
riguarda l’attività esterna.
Per il resto, vale la stessa disciplina vista per le s.n.c. irregolari.

SCIOGLIMENTO ED ESTINZIONE
Oltre alle cause di scioglimento previste per la s.n.c., la s.a.s. si scioglie anche quando viene meno una
delle due categorie di soci «sempreché nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è
venuto meno» (art. 2323). Durante il periodo di sei mesi:

 se sono venuti meno i soci accomandanti, l’attività sociale continua normalmente;


 se sono venuti meno i soci accomandatari, è necessario nominare un amministratore provvisorio
(anche terzo) i cui poteri sono limitati al «compimento degli atti di ordinaria amministrazione» e
che non assume la qualità di socio accomandatario.
Decorsi 6 mesi senza che venga ricostituita la categoria di soci mancante e senza che si dia inizio alla
liquidazione, la società si trasforma in s.n.c. irregolare, sempreché vi siano ancora almeno due soci
della categoria superstite.
Se la società si estingue (anche per altre cause), i creditori sociali possono aggredire i soci accomandatari
e i liquidatori alle stesse condizioni previste per la s.n.c., nonché gli accomandanti limitatamente alla
quota di liquidazione da essi percepita (art. 2324).

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LEZIONE 9 – SPA, TRATTI GENERALI,
COSTITUZIONE E CONFERIMENTI

ELEMENTI CARATTERIZZANTI LA SPA


Art. 2325: «Nella S.p.a. per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio».
Art. 2346: «La partecipazione sociale è rappresentata da azioni».
La società per azioni è il tipo societario più evoluto, tendenzialmente adottato dalla grande impresa,
ma nella realtà italiana è forma spesso utilizzata anche per la media impresa. Inoltre, dal 2003 si
ammette che sia costituita da una sola persona (S.p.A. «unipersonale»), che mantiene il beneficio della
responsabilità limitata se rispetta le norme sulla pubblicità e sui conferimenti.
Nella «denominazione sociale» deve essere ricompresa l’espressione «S.p.A.» («s.p.a. unipersonale», se
costituita da una sola persona); per il resto può essere formata liberamente (a differenza della ragione
sociale). È tutelata come segno distintivo, postulante i requisiti della novità e non confondibilità.

EVOLUZIONE NORMATIVA DOPO IL CODICE CIVILE DEL 1942


In ordine:

 Miniriforma del 1974, con l’introduzione della CONSOB


 Molti provvedimenti attuativi di Direttive comunitarie in materia societaria
 T.U.F. del 1998: disciplina speciale della società per azioni quotata (non è un tipo a sé)
caratterizzata da un maggior tutela dell’investitore;
 Alcune leggi speciali prevedono l’utilizzo della S.p.a. anche in assenza di scopo di lucro (ad. es., le
società calcistiche), ma anche con altre deviazioni dagli elementi strutturali: si parla per questo di
«neutralità» del modello organizzativo della S.p.a.
 Nel 2003 è stata interamente riformata la disciplina di tutte le società di capitali: pluralità di modelli
di amministrazione e controllo, maggiore autonomia statutaria, incremento strumenti di
finanziamento, nuova disciplina su patti parasociali e gruppi, incremento casi di recesso, ammissione
della S.p.A. unipersonale.

IL DIBATTITO IN AMBITO INTERNAZIONALE


In ambito internazionale la SPA, la corporation americana etc. sono viste come la veste giuridica della
grande impresa. I temi riguardanti la grande impresa sono centrali. Vengono accennate diverse
tipologie di tematiche:

 Teoria dello shareholder value vs. teoria della corporate social responsibility → contrapposizione
storica tra le due teorie. La prima teoria si basa sulla volontà di guardare all’interesse degli azionisti
a massimizzare la reddittività e il valore della propria partecipazione. (gli amministratori della
grande impresa devono ispirare la loro linea di condotta a questa teoria: massimizzare l’interesse
degli azionisti). Per il momento sul piano normativo è questa la teoria dominante.
Secondo la 2^ teoria, invece, gli amministratori della grande impresa dovrebbero già ispirare la
loro condotta a una mediazione tra gli interessi degli azionisti alla massimizzazione del profitto e gli
interessi della collettività in senso ampio. (es. pensiamo alla realizzazione dei vaccini in questi tempi).

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 La società come «rete di contratti» o come istituzione:
o Come istituzione: significa che l’interesse della società andrebbe perseguito tenendo conto
anche di interessi diversi da quelli degli azionisti.
o Come rete di contratti: è un involucro in cui gli amministratori rispondono del loro operato
secondo la teoria dell’agency rispetto ai loro azionisti → hanno fiduciary duties (doveri
fiduciari) in relazione ai quali devono preoccuparsi di remunerare l’investimento (visione
contrattualistica).
 La normativa sul «bilancio di sostenibilità»: d. lgs. n. 254/2016 → impone ad alcune imprese (molto
poche) di dirigere anche un bilancio di sostenibilità.
 Il superamento della personalità giuridica (lifting the veil): viene citata questa teoria poiché in una
SPA il superamento della personalità giuridica è un possibile schema per consentire ai giudici di
intervenire in casi specifici.
 Teoria della Business judgement rule: il principio della Business Judgement Rule corrisponde al
principio di insindacabilità della gestione da parte degli amministratori, secondo cui le decisioni
gestorie appannaggio, per legge, degli amministratori non possono essere contestate né dai soci,
né dai creditori sociali e neppure dagli organi giurisdizionali.
 La separazione della proprietà dal controllo: la corporation americana è una società caratterizzata
da una separazione della proprietà (soci di maggioranza) dal controllo (potere di gestione).
 Le public company e gli investitori istituzionali (watchdogs) – voice vs. exit (diritti di voice e diritti di
exit. (queste due punti sono riferiti al regolamento giudiziario americano, in Italia abbiamo altre norme).
 Le società per azioni a proprietà concentrata tipiche del capitalismo familiare italiano.
 Le società che fanno ricorso al mercato dei capitali: max. o min. imperatività? In Italia il mercato dei
capitali è molto ristretto.

I TRE LIVELLI DELLA DISCIPLINA


Società per azioni «chiuse»: disciplina base Codice civile (2325
ss.) Spa «aperte», che «si rivolgono al mercato del capitale di
rischio»:
a) società per azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante (req. quantitativi, qualitativi e
dimensionali ex art. 2-bis Reg. Consob emittenti): disciplina base del Codice civile, oltre ad alcune
norme ad hoc contemplate nello stesso Codice civile;
b) società per azioni quotate in mercati regolamentati: T.U.F., parte IV, e in via sussidiaria la
disciplina base del Codice civile + codice di autodisciplina su base volontaria.

IL PROCEDIMENTO DI COSTITUZIONE
La costituzione di una S.p.a. è una fattispecie a formazione progressiva, che richiede necessariamente
tre fasi:
A. formazione dell’atto costitutivo (contratto sociale o atto unilaterale, se costituita da un’unica persona)
in forma di atto pubblico;
B. controllo da parte del notaio rogante;
C. iscrizione nel registro delle imprese.
La legge prevede due procedimenti alternativi:
1) costituzione simultanea;
2) costituzione per pubblica sottoscrizione.

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I CONTENUTI DELL’ATTO COSTITUTIVO
Art. 2328: indica molti elementi, occorre conoscere i più rilevanti:
1) generalità dei soci, denominazione, sedi, durata (anche a tempo indeterminato);
2) descrizione oggetto sociale: l’attività economica programmata (il c.d. core business) e quelle
connesse: individua il perimetro dei poteri di rappresentanza degli amministratori; un suo
cambiamento significativo legittima il recesso del socio assente o dissenziente;
3) ammontare capitale sociale: il minimo legale è di € 50.000,00;
4) numero e valore nominale delle azioni;
5) conferimenti di ciascun socio e valore ad essi attribuito;
6) norme sulla distribuzione degli utili;
7) modello di amministrazione; nome amministratori (indicando RAPP), sindaci, revisore.

LO STATUTO DELLA SOCIETÀ


Anche se riportato in atto separato, forma parte integrante dall’atto costitutivo: ne riproduce gli elementi
essenziali, e aggiunge tutte le norme dirette a regolamentare il funzionamento della società (ad. es., le
maggioranze per le delibere dei vari organi), soggette a successiva modifica.
In caso di difformità fra atto costitutivo e statuto, prevale il secondo.

LA COSTITUZIONE SIMULTANEA (CONDIZIONI, CONTROLLO DEL


NOTAIO, ISCRIZIONE)
Condizioni previste nell’art. 2329 c.c.:
1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
2) che siano state rispettate le norme sui conferimenti (nel caso di conferimenti in denaro, che sia
stato versato il 25%, o il 100% se S.p.A. unipersonale; nel caso di conferimenti di beni o crediti,
che sia stata giurata la perizia di stima di cui infra);
3) che sussistano le autorizzazioni governative o le altre condizioni richieste dalla legge per l’esercizio
di particolari attività economiche (ad. es., bancaria).
Il notaio controlla queste condizioni, nonché la legittimità delle clausole dello statuto. In caso
positivo, egli accetta di rogare l’atto costitutivo in forma di atto pubblico e provvede al suo deposito nel
registro delle imprese entro 20 giorni.
L’Ufficio del registro, verificata solo la regolarità formale della documentazione, deve accettare
l’iscrizione nel registro (entro 90 giorni dalla stipula, altrimenti l’atto costitutivo perde di efficacia). Con
l’iscrizione la società acquista la personalità giuridica.

(SEGUE) OPERAZIONI ANTECEDENTI ALL’ISCRIZIONE NEL REGISTRO


DELLE IMPRESE
Per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione nel registro delle imprese (ad
es., per pagare in notaio od ottenere le autorizzazioni necessarie) sono illimitatamente e
solidalmente responsabili coloro che hanno agito, nonché il socio unico fondatore, e quelli fra i soci
che hanno deciso, autorizzato o consentito l’operazione. Dopo l’iscrizione, la società può approvare
l’operazione, tenendo indenni i già menzionati soggetti delle sue conseguenze, e anzi, se le spese era
già state programmate in apposita voce dell’atto costitutivo, è obbligata a farlo.
Prima dell’iscrizione, è vietato emettere azioni, né esse possono formare oggetto di una sollecitazione
all’investimento.

LA COSTITUZIONE PER PUBBLICA SOTTOSCRIZIONE


È una tipologia impiegata raramente (più che altro per le cooperative) e prevede più fasi:

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1) i “promotori” redigono un “programma di adesione”;
2) il programma viene depositato da un notaio e reso pubblico insieme a una nota informativa;
3) viene effettuata la raccolta delle adesioni, che implica la sottoscrizione delle azioni e il versamento
del 25% dei conferimenti in denaro entro un mese dall’ultima sottoscrizione;
4) i promotori convocano l’assemblea dei sottoscrittori;
5) l’assemblea delibera a maggioranza per teste sull’atto costitutivo e nomina gli amministratori;
6) viene stipulato l’atto costitutivo per atto pubblico, con successiva iscrizione nel registro.
I promotori rispondono verso i terzi e le società, ma possono riservarsi un privilegio sugli utili.

LA NULLITÀ DELLA SOCIETÀ PER AZIONI: TRATTI GENERALI


La disciplina recata in materia dall’art. 2332 c.c. presenta tre essenziali elementi differenziali rispetto
alla disciplina di diritto comune sulla nullità del contratto:
A. restrizione del novero dei possibili vizi;
B. la nullità opera ex nunc (ossia per l’avvenire) come fosse scioglimento;
C. il vizio è sempre sanabile.
Della disciplina generale della nullità rimangono:
1) l’imprescrittibilità dell’azione;
2) la legittimazione «aperta» (di chiunque abbia interesse a farla valere)

(SEGUE) LE CAUSE DI NULLITÀ


1) mancata stipula in forma di atto pubblico;
2) illiceità dell’oggetto sociale (unica ipotesi non «di scuola», che si ha quando l’attività economica
programmata viola norme imperative o l’ordine pubblico o il buon costume, o difetta
l’autorizzazione prescritta);
3) mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione sulla denominazione sociale, sui conferimenti,
sull’ammontare del capitale sociale, sull’oggetto sociale.
L’elenco è tassativo, il che sembra far ritenere che ogni altro vizio, anche molto grave, o addirittura una
clausola «fuori tipo» (ad es., che preveda la divisione del capitale in quote in luogo che in azioni),
determini solo un’invalidità parziale, circoscritta alla singola clausola, senza estendersi all’intera
società.
Similmente, i vizi che colpiscono la singola partecipazione, anche se questa fosse essenziale, non
invaliderebbero l’intera società.

(SEGUE) GLI EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI NULLITÀ


La nullità della società opera come causa di scioglimento, ossia:

 non pregiudica gli effetti degli atti compiuti in nome della società prima del suo accertamento;
 i soci rimangono tenuti a effettuare i conferimenti fino a che non siano soddisfatti i creditori;
 la sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori della società;
 il dispositivo della sentenza deve essere iscritto nel registro delle imprese.

(SEGUE) LA SANATORIA DELLA NULLITÀ


La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è
stata data pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese. A tal fine può bastare una delibera
dell’assemblea straordinaria con la maggioranza richiesta per le modifiche statutarie.
La norma consente al «gruppo di comando» di ovviare alla nullità, favorendo la continuità dell’impresa
societaria, nonché l’affidamento dei terzi sulla validità dei negozi conclusi con la società (evitando che
siano travolti da una successiva dichiarazione di nullità della società), in ultima analisi incentivandoli a
trattare con essa senza remore.
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La disciplina sulla nullità della S.p.A. è estendibile alla s.a.p.a., e, in via analogica, anche alla s.r.l.; alle
società di persone solo nei limiti già indicati (nelle slides nn. 7-8).

I CONFERIMENTI NELLA S.P.A.: TRATTI GENERALI E CONFERIMENTO


IN DENARO
A differenza che nelle società di persone, vi sono limiti ai possibili oggetti del conferimento e ai valori
ad essi attribuibili, in ragione dell’esigenza di tutela dei terzi. In particolare, non possono essere
conferiti opere e servizi, preferendosi conferimenti che vanno a costituire il «capitale sociale». I beni
materiali o immateriali conferiti devono essere inoltre suscettibili di valutazione economica.
Art. 2342: «se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in denaro».
Chi conferisce in denaro, prima che il notaio roghi l’atto costitutivo, deve versare il 25% (il 100%
se unico socio) dell’importo in banca in un conto vincolato intestato alla (non ancora esistente) società. Dopo
l’iscrizione, gli amministratori potranno impiegare le somme depositate su quel conto, e chiedere ai
soci di completare l’esecuzione dei conferimenti nei tempi richiesti dall’attuazione dell’oggetto sociale.
Se l’iscrizione non avviene nei 90 gg. dalla stipula dell’atto costitutivo, le somme vanno restituite
ai sottoscrittori.

LA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI IN NATURA DI BENI E DI CREDITI


Il pericolo che si vuole prevenire è quello di una sopravvalutazione dei beni e crediti, che andrebbe a
svantaggio dei creditori, e altresì altererebbe i rapporti fra i soci o meglio la misura dei loro diritti.
Questo secondo interesse è tuttavia disponibile, nel senso che un socio può ottenere più azioni di
quelle che gli spetterebbero sulla base del valore del suo conferimento, se gli altri soci accettano di
riceverne meno.
Perciò, oltre a trovare applicazione in forza di apposito richiamo gli artt. 2254 e 2255 c.c. in tema
di disciplina delle garanzie e vizi nei conferimenti di beni in proprietà e in godimento, e nei
conferimenti di credito, l’art. 2343 prevede le seguenti regole aggiuntive:
a) le azioni corrispondenti ai conferimenti in natura devono essere «interamente liberate» al
momento della sottoscrizione, ossia il bene o credito deve passare subito nella disponibilità della
società;
b) beni e crediti conferiti devono essere sottoposti a un procedimento di valutazione, in 2 fasi.

IL PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE DEI BENI IN NATURA E DEI


CREDITI
Art. 2343, comma 1: «Chi conferisce beni in natura o crediti, deve presentare la relazione giurata di un
esperto nominato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei
beni e dei crediti conferiti, l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello a essi attribuito ai fini
della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo e i criteri di valutazione seguiti.
La relazione deve essere allegata all’atto costitutivo».
La valutazione può essere complessa, se oggetto sia un’azienda o un pacchetto azionario.
In caso di relazione inveritiera, il perito risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi.
Come accennato, è normale che il numero di azioni attribuito al socio conferente sia proporzionale al
valore del conferimento, ma potrebbe anche essere superiore qualora gli altri soci accettino (in ragione
della infungibilità del bene conferito) di ricevere meno azioni.

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(SEGUE) LA REVISIONE DELLA STIMA
Art. 2343, comma 3: «Gli amministratori [e anche i sindaci, specie nelle società quotate] devono, nel
termine di 180 giorni dalla iscrizione della società, controllare le valutazioni contenute nella relazione
e, se sussistono fondati motivi, devono procedere alla sua revisione. Fino a quando le valutazioni non
sono state controllate, le azioni corrispondenti sono inalienabili» [se vendo, il negozio ha effetti solo
inter-partes].
Art. 2343, comma 4: «Se risulta che il valore dei beni e dei crediti conferiti era inferiore di oltre
un quinto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il
capitale sociale, annullando le azioni che risultano scoperte. Tuttavia, il socio conferente può versare la
differenza in denaro o recedere dalla società; il socio recedente ha diritto alla restituzione del
conferimento, qualora sia possibile, in tutto o in parte in natura».
In pratica, la soluzione più frequente è che il socio versi il conguaglio in denaro; in subordine, che
receda (se non ha interesse a rimanere in società con una percentuale più bassa sul capitale). Se non
opta per alcuna delle due, si procede all’annullamento delle azioni pro quota.

CONFERIMENTI DI BENI IN NATURA E CREDITI SENZA RELAZIONE DI


STIMA
Casi di esenzione dall’obbligo della stima ex art. 2343-ter e 2343-quater:
1) conferimento di valori mobiliari o strumenti del mercato monetario, se il valore che il conferente vi
attribuisce non è superiore al prezzo medio ponderato calcolato sulle quotazioni del semestre
precedente;
2) conferimento di un bene iscritto nel bilancio del conferente al fair value, se il bilancio sia stato
sottoposto a revisione legale il cui esito non abbia dato luogo a rilievi;
3) conferimento di un bene già valutato nei sei mesi precedenti da un esperto indipendente secondo
principi e criteri generalmente accettati.

GLI «ACQUISTI PERICOLOSI»


L’art. 2343-bis è stato concepito per evitare aggiramenti alla disciplina dei conferimenti in natura:
L’acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di
beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione
della società nel registro delle imprese:
1) deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria dei soci (che dunque ne vengono edotti);
2) l’alienante deve presentare una relazione giurata di stima attestante che il valore del bene non è
inferiore al corrispettivo, la quale deve rimanere depositata presso la sede della società per la
visione degli altri soci, nei 30 gg. precedenti l’assemblea, e nei 30 gg. successivi a questa deve
essere iscritta nel registro delle imprese.

(SEGUE) ECCEZIONI E LIMITI


La disciplina sopra descritta non si applica:
A. (per espressa previsione) se gli acquisti sono effettuati a condizioni normali nell’ambito delle
operazioni correnti della società, o avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo
dell’autorità giudiziaria o amministrativa;
B. (per lacuna legislativa) se gli acquisti sono avvenuti entro i due anni dall’iscrizione nel registro delle
imprese di aumenti di capitale;
In caso di violazione dell’art.2343-bis, gli amministratori e l’alienante sono solidalmente responsabili per
i danni causati alla società, ai soci e ai terzi, ma il negozio di acquisto è valido.

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IL SOCIO «MOROSO» (ART. 2344)
Il socio deve versare i conferimenti residui in denaro su richiesta degli amministratori. Se diventa socio
unico, deve comunque provvedere al versamento integrale entro 90 giorni.
Se il socio non provvede, gli amministratori si attengono a una procedura a più stadi:
1) diffida a adempiere entro 15 gg. pubblicata sulla G.U.; se la mora permane,
2) azione per l’adempimento od offerta delle azioni «non liberate» agli altri soci in proporzione alla
loro quota, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti;
3) in mancanza di offerte dei soci, vendita coattiva delle azioni per conto del socio moroso,
tramite una banca o un intermediario finanziario;
4) se nessuno vuole comprare le azioni, gli amministratori dichiarano la decadenza del socio e
trattengono le somme già riscosse, salvo il risarcimento del maggior danno;
5) se entro l’esercizio di pronuncia della decadenza le azioni non possono essere rimesse in circolazione,
devono essere estinte con corrispondente riduzione del capitale sociale.

DIRITTI E OBBLIGHI SULLE AZIONI NON LIBERATE


Il socio «moroso» non può esercitare il diritto di voto. È controverso se possa esercitare gli altri diritti;
sicuramente no, se la società invoca l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.
Se il socio che non ha ancora eseguito i conferimenti (moroso o no) cede le sue azioni («non
interamente liberate»):
1) l’acquirente è obbligato per i versamenti ancora dovuti;
2) il cedente è anch’egli obbligato in solido per il periodo di tre anni dall’annotazione del trasferimento
nel libro dei soci;
3) gli amministratori devono prima domandare il pagamento ai possessori delle azioni, poi ai soggetti
sub 1-2.

LE AZIONI CON PRESTAZIONI ACCESSORIE


L’art. 2345 c.c. prevede la possibilità che l’atto costitutivo imponga ai soci l’obbligo di eseguire
«prestazioni accessorie» non consistenti in denaro [prevalentemente d’opera: è un modo per acquisirle
alla S.p.A.], determinandone contenuto, durata, modalità e compenso e stabilendo particolari sanzioni
in caso di inadempimento. Nella determinazione del compenso devono essere osservate le norme
applicabili ai rapporti aventi per oggetto prestazioni similari.
Le azioni CPA sono nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori.
Salvo diversa disposizione dello statuto, gli obblighi relativi alle prestazioni accessorie non possono
essere modificati, se non con il consenso di tutti i soci. È unico caso in cui nella disciplina della S.p.A. è
imposta l’unanimità.
Si instaura un rapporto ulteriore a quello sociale, sia pure collegato? No, visto che, se lo statuto
ammette la modificabilità a maggioranza, la modifica potrebbe essere decisa anche senza il
consenso dell’obbligato.

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LEZIONE 10 – LE AZIONI

CARATTERI DELLE AZIONI


Sono le quote di partecipazione dei soci nella S.p.A.; caratteri tipizzanti:
1) UGUAGLIANZA DI VALORE E DIRITTI: devono avere tutte uguale valore (art. 2348), e cioè
rappresentare un’identica frazione del capitale sociale nominale, attribuendo uguali diritti verso la
società;
2) INDIVISIBILITA’: ogni azione è indivisibile;
3) AUTONOMIA: ciascuna azione costituisce una partecipazione tendenzialmente distinta e
autonoma rispetto alle altre possedute dallo stesso soggetto;
4) CIRCOLAZIONE: sono liberamente trasferibili e spesso sono rappresentate da documenti (c.d.
titoli azionari) che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito.

DIRITTI DEGLI AZIONISTI


Ogni azione attribuisce un complesso unitario di diritti e poteri di natura amministrativa (= diritto
di voto, diritto di esaminare determinati libri sociali) e di natura patrimoniale (= diritto di
partecipare proporzionalmente agli utili, diritto alla quota di liquidazione, diritto di opzione, diritto
di recesso).
UGUAGLIANZA DEI DIRITTI: le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti (art. 2348) –>
uguaglianza relativa, non assoluta (è possibile creare azioni fornite di diritti diversi) ed oggettiva, non
soggettiva (= uguali sono i diritti attribuiti dall’azione, non i diritti di cui dispone globalmente l’azionista).
La disuguaglianza «soggettiva» si spiega perché esistono:
a) diritti indipendenti dal numero di azioni possedute (es. diritto di intervento in assemblea);
b) diritti che spettano solo se si possiede una determinata percentuale di capitale sociale (ad es., diritto
di chiedere la convocazione dell’assemblea);
c) diritti che spettano solo se si possiede una partecipazione azionaria per un certo periodo (ad es.,
diritti di maggiorazione del dividendo);
d) diritti che spettano a ciascuna azionista in proporzione al numero di azioni possedute (ad es.,
diritto di voto, diritto di opzione).

COMPROPRIETA’ DELLE AZIONI


Per tale ipotesi l’art. 2347 prevede le seguenti regole:
a) i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune, nominato a
maggioranza o dall’autorità giudiziaria;
b) in mancanza di nomina del rappresentante comune, le comunicazioni della società a uno dei
comproprietari sono efficaci nei confronti di tutti;
c) gli obblighi connessi alle azioni (ad. es., versamenti) gravano su tutti i comproprietari
solidalmente;

CATEGORIE SPECIALI DI AZIONI


Sono categorie di azioni fornite di diritti diversi da quelli tipici previsti dalla disciplina legale: si
contrappongono alle azioni «ordinarie» e possono essere creato con lo statuto o con successiva
modificazione dello stesso.
Se esistono diverse categorie di azioni, le deliberazioni dell’assemblea «generale» che pregiudicano i
diritti di una di esse devono essere approvate anche dall’assemblea «speciale» della categoria
interessata  i diritti di categoria vengono considerati diritti del gruppo di azionisti e non degli individui.

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La società gode di ampia autonomia nel modellare il contenuto delle azioni, nei limiti imposti dalla legge
o desumibili dal sistema (art. 2348, comma 2).
Vi sono:
1. AZIONI SENZA VOTO;
2. AZIONI CON VOTO LIMITATO A PARTICOLARI ARGOMENTI;
3. AZIONI CON DIRITTO DI VOTO SUBORDINATO AL VERIFICARSI DI CONDIZIONI NON
MERAMENTE POTESTATIVE (ad es., azioni senza voto che acquistano però tale diritto se la società
non consegua/distribuisca utili per un certo periodo);
Le azioni senza voto, con voto limitato e a voto condizionato non possono complessivamente superare la
metà del capitale sociale.
4. AZIONI A VOTO PLURIMO (attribuiscono più di un voto ciascuna): ammesse solo nelle società
non quotate e per un massimo di 3 voti per ciascuna azione (possono trovarsi anche nelle quotate, ma
solo se sono state emesse prima della quotazione); il voto può anche qui essere limitato o
subordinato.
5. AZIONI A VOTO MAGGIORATO:

 ammesse solo nelle società quotate che non abbiano conservato azioni a voto plurimo emesse
prima della quotazione;
 non sono una vera e propria categoria di azioni, ma una sorta di «premio fedeltà» per i soci di
lungo periodo (non inferiore a 24 mesi)  perdono il privilegio con la cessione, che però
si mantiene in caso di successione mortis causa;
 limite: massimo due voti per azioni.
6. AZIONI A VOTO LIMITATO AD UNA MISURA MASSIMA (ad es., fino al 10% del capitale
posseduto ogni azione attribuisce un voto, mentre per l’eccedenza non è riconosciuto diritto di voto);
7. AZIONI A VOTO SCALARE (ad es., fino al 10% del capitale spetta un voto per azione, dal 10 al
20% un voto per ogni due azioni, dal 20 al 30% un voto ogni tre azioni, ecc.).
8. AZIONI PRIVILEGIATE: attribuiscono un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel
rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società (nel limite del divieto del
patto leonino).
9. AZIONI «CORRELATE»:
 attribuiscono diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore
(ad es., un ramo d’azienda) anche quando non si dia vita a patrimoni separati destinati ad uno
specifico affare;
 lo statuto deve stabilire i criteri di individuazione dei costi e ricavi imputabili al settore, le
modalità di rendicontazione, i diritti attribuiti a tali azioni, nonché le eventuali condizioni di
conversione in azioni di altra categoria;
 in ogni caso non possono essere corrisposti dividendi in misura superiore agli utili risultanti dal
bilancio generale della società.
10. AZIONI DI RISPARMIO:
 Sono prive di diritto di voto, ma a differenza delle azioni senza voto devono necessariamente
accordare privilegi patrimoniali (liberamente modellabili);
 possono essere al portatore (assicurando l’anonimato);
 possono essere emesse solo dalle società le cui azioni ordinarie sono quotate in mercati
regolamentati italiani o di altri paesi UE;
 non possono superare, in concorso con le altre azioni a voto limitato, la metà del capitale sociale;
 non attribuiscono il diritto di intervento in assemblea, né il diritto di impugnare le delibere
assembleari invalide, salvo il diritto di risarcimento del danno recato all’azionista;

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 salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, in caso di aumento del capitale a pagamento gli
azionisti di risparmio hanno diritto di ricevere azioni di risparmio della stessa categoria o,
in mancanza e in ordine: azioni di risparmio di altra categoria, azioni privilegiate o azioni
ordinarie;
 è prevista un’organizzazione di gruppo per la tutela degli interessi comuni, composta da
un’assemblea speciale e dal rappresentante comune.
11. AZIONI A FAVORE DEI PRESTATORI DI LAVORO (per assegnare loro utili)
12. AZIONI DI GODIMENTO: assegnate ad alcuni soci in caso di riduzione reale del capitale mediante
sorteggio e annullamento di un certo numero di azioni, rimborsate al solo valore nominale, che può
essere di gran lunga inferiore al valore reale; sono postergate sotto il profilo patrimoniale
(concorrono agli utili solo dopo che gli altri soci hanno preso un dividendo pari almeno al tasso di
interesse legale, e al residuo attivo della liquidazione solo dopo che gli altri soci sono stati
rimborsati delle loro azioni al valore nominale) e non prevedono il diritto di voto.

VINCOLI SULLE AZIONI


Le azioni possono essere costituite in pegno o usufrutto e possono formare oggetto di misure cautelari
ed esecutive (sequestro giudiziario o conservativo, pignoramento).
Quando le azioni sono gravate da vincoli:
 il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio o
all’usufruttuario (che dovranno esercitarlo comunque senza ledere gli interessi del socio, che avrà
altrimenti diritto al risarcimento del danno), e al custode in caso di sequestro delle azioni;
 gli altri diritti amministrativi spettano disgiuntamente sia al socio che al creditore
pignoratizio/usufruttuario se dal titolo non risulta diversamente; mentre nel caso di sequestro
sono di regola esercitati dal custode;
 il diritto di opzione spetta al socio;
 usufrutto, pegno e sequestro si estendono alle azioni di nuova emissione in caso di aumento
gratuito di capitale;
 quanto al versamento delle somme dovute sulle azioni non liberate, o in esecuzione di un
aumento di capitale a pagamento:
 in caso di pegno, compete al socio, ma se questo non provvede almeno 3 giorni prima
della scadenza, il creditore pignoratizio può far vendere le azioni tramite una banca o
altro intermediario autorizzato, con trasferimento del pegno sul ricavato.
 in caso di usufrutto, compete all’usufruttuario, salvo il suo diritto alla restituzione di tale
somma al termine dell’usufrutto.

I TITOLI AZIONARI
Se emessi, i certificati azionari (in forma cartacea) devono indicare (art. 2354):
1. denominazione e sede della società;
2. data dell'atto costitutivo e della sua iscrizione, e l'ufficio del registro delle imprese dove la
società è iscritta;
3. valore nominale o, se si tratta di azioni senza valore nominale, il numero complessivo delle azioni
emesse, nonché l'ammontare del capitale sociale;
4. ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate;
5. diritti e obblighi particolari ad essi inerenti.
Inoltre, devono fare menzione di eventuali limiti statutari alla circolazione delle azioni (art. 2355
bis, comma 4).
I certificati azionari possono essere semplici o multipli, a seconda che rappresentino una sola o più
azioni  il possessore di un titolo multiplo può chiederne il frazionamento in più titoli in ogni momento,
così come è possibile anche il raggruppamento di più titoli semplici in un titolo multiplo.

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Ai titoli azionari è di regola collegato un «foglio cedole»  le cedole consentono di esercitare i
diritti che maturano durante la vita della società (ad es., diritto di opzione) senza dover esibire il
titolo azionario; sono di regola al portatore e possono formare oggetto di autonoma circolazione
una volta staccate dal titolo principale.

NATURA GIURIDICA DEI TITOLI AZIONARI


Le azioni rientrano nella categoria dei titoli di credito causali, ma non godono delle caratteristiche
di letteralità e di autonomia (o astrattezza):
- i titoli azionari costituiscono veicolo necessario per il trasferimento della partecipazione
sociale, e chi acquista in buona fede il possesso del titolo non è soggetto a rivendicazione;
- il titolo azionario svolge una funzione di legittimazione nei rapporti con la società: il possessore
del titolo può esercitare i diritti sociali senza essere tenuto a provare la proprietà del titolo
e la qualità di socio;
- per determinare la posizione del socio è necessario far riferimento non solo al titolo azionario,
ma anche ad altre fonti (atto costitutivo e delibere assembleari)  no letteralità;
- La disciplina generale dei titoli di credito stabilisce che al terzo portatore del titolo non
sono opponibili le eccezioni personali ai precedenti possessori e in particolare quelli
fondati sul rapporto causale che ha dato luogo all’emissione (astrattezza o autonomia del
diritto cartolare); nel caso di titoli azionari, invece, la società può:
1. opporre erga omnes eventuali vizi del procedimento di creazione delle azioni;
2. opporre al terzo acquirente l’intervenuto annullamento del titolo azionario non risultante dal
documento;
3. richiedere al terzo acquirente i versamenti dei conferimenti ancora dovuti, anche se dal
titolo non risulta che le azioni non sono interamente liberate;
4. opporre le limitazioni statutarie alla circolazione delle azioni non risultanti dal titolo.

LA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI


Le azioni nominative devono essere intestate al nome di una persona fisica o giuridica e
l’intestazione deve risultare anche da apposito registro (libro dei soci)  mentre per gli effetti inter-
partes basta lo scambio del consenso ex art. 1376, perché il trasferimento abbia efficacia verso la
società è necessario il mutamento della doppia intestazione sul titolo azionario e sul libro dei
soci.
Il trasferimento può avvenire mediante transfert o girata.
a) TRANSFERT (circolazione onerosa e complessa)
 implica il cambiamento contestuale delle due intestazioni a cura della società emittente;
 se chiesto dall’alienante, questi deve esibire il titolo e provare la propria identità e capacità di
agire mediante certificazione di un notaio/altro soggetto abilitato;
 se chiesto dall’acquirente, questi deve esibire il titolo e provare il suo diritto mediante atto con
firma autenticata o atto pubblico.
b) GIRATA (più snella e diffusa)
 la duplice annotazione è eseguita da soggetti diversi in tempi diversi:
o l’annotazione sul titolo (girata) è fatta dall’alienante;
o l’annotazione nel libro dei soci è fatta dagli amministratori dalla società, ed è
necessaria solo quando l’acquirente voglia esercitare i diritti sociali;
o medio tempore, l’acquirente può rivendere le azioni mediante ulteriore girata;
 forma  la girata deve: essere datata; contenere il nome del giratario (non può essere in
bianco); essere sottoscritta da girante e anche dal giratario se le azioni non sono liberate; essere
autenticata da un notaio o da altro soggetto autorizzato;
 effetti  secondo la teoria generale dei titoli di credito, la girata non abilita ancora all’esercizio
dei relativi diritti, ma, a seguito della riforma del 2003, questa regola non vale più per i titoli

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azionari: colui che dimostri di essere possessore del titolo può già esercitare tutti i diritti 
pertanto, l’annotazione nel libro soci non ha più efficacia legittimante ma solo informativa.
Le azioni al portatore non sono intestate ad alcuna persona (c.d. titoli a legittimazione reale), e il loro
trasferimento avviene mediante semplice consegna del titolo all’acquirente  qui, il possessore del
titolo legittimato all’esercizio dei relativi diritti in base alla semplice presentazione del titolo.
Devono però essere ammesse espressamente dalla legge, che oggi le consente solo in casi limitati (ad
es., per le azioni di risparmio) per ragioni fiscali.

LE AZIONI DEMATERIALIZZATE
È sempre maggiore la tendenza alla cd. «dematerializzazione»  soluzione che consente una
circolazione più veloce ed evita il rischio di smarrimento o furto del titolo.
In caso di azioni dematerializzate:

 il trasferimento si basa su registrazioni contabili e può essere effettuato solo tramite


intermediari autorizzati;
 l’esercizio dei diritti patrimoniali è svincolato dall’esibizione dei titoli;
 la legittimazione all’esercizio dei diritti amministrativi è attribuita grazie ad apposite
certificazioni degli intermediari autorizzati.

LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI


Le azioni sono in linea di principio liberamente trasferibili, ma tale libertà è limitata o esclusa dalla
legge in alcune ipotesi, ad es.:
A. le azioni liberate con conferimenti diversi dal denaro sono inalienabili prima del controllo sulla
stima (art. 2343, comma 3);
B. le azioni con prestazioni accessorie non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori
(art. 2345, comma 2), così come le azioni delle società fiduciarie;
C. ulteriori limiti sono previsti quando il trasferimento riguardi partecipazioni rilevanti o di controllo (ne
parleremo).
Ai limiti legali possono aggiungersi limiti convenzionali risultanti dallo statuto  se introdotti/rimossi nel
corso della vita delle società con delibera dell’assemblea straordinaria, il socio ha diritto di
recedere se non ha concorso all’approvazione della delibera.
Art. 2355-bis: «Nel caso di azioni nominative ed in quello di mancata emissione dei titoli azionari, lo
statuto può sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento e può, per un periodo non superiore
a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto, vietarne il
trasferimento.»
È dunque possibile prevedere:

 un divieto assoluto ma temporaneo (di 5 anni) di trasferimento;


 clausole finalizzate a limitare la circolazione delle azioni; esse possono assumere le formulazioni
più varie, tuttavia le più diffuse sono:
1) Clausola di prelazione: impone al socio che intende vendere le azioni di offrirle preventivamente
agli altri soci e preferirli ai terzi a parità di condizioni. Può essere strutturata in vari modi, anche
in combinazione con la «clausola di gradimento».
2) Clausola di riscatto: prevede un potere di riscatto delle azioni da parte della società o dei soci
al verificarsi di determinati eventi (es. in caso di morte); in caso di riscatto da parte della
società, trova applicazione la disciplina dell’acquisto di società proprie.
3) Clausole di gradimento: subordinano il trasferimento:
a. al possesso di determinati requisiti obiettivi dell’acquirente (es. appartenenza ad una
determinata categoria professionale);

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b. al consenso (placet) di un organo sociale (di solito il c.d.a.)  c.d. clausole di mero
gradimento: in questo caso, la clausola è efficace solo se prevede, a carico della società
o degli altri soci, un obbligo di acquisto, oppure il diritto di recesso a favore
dell’alienante, nel caso di diniego del gradimento; il corrispettivo o la quota di
liquidazione saranno determinati secondo il valore reale delle azioni ex art. 2437-ter.
La regola appena menzionata (obbligo di acquisto/recesso) si applica sempre, quando il
trasferimento mortis causa sia subordinato al verificarsi di particolari condizioni, «salvo che sia
previsto il gradimento e questo sia concesso». Le limitazioni al trasferimento delle azioni devono
risultare dai titoli azionari emessi (se le azioni sono materializzate)  ma, in mancanza, purché
risultanti dallo statuto (depositato e dunque consultabile presso il registro delle imprese) siano
egualmente opponibili al terzo possessore, che potrà solo agire contro gli amministratori per il
risarcimento dei danni subiti.

LEZIONE 11 – PATTI PARASOCIALI,


OBBLIGAZIONI, STRUMENTI FINANZIARI

I PATTI PARASOCIALI: TRATTI GENERALI


I patti parasociali sono accordi tra i soci situati al di fuori della veste formale dello statuto ed
efficaci solo tra di loro (efficacia obbligatoria: la violazione del patto comporta il risarcimento del
danno). Sono generalmente validi (riforma del 2003) a meno che non siano congegnati in modo tale da
violare norme interattive della disciplina degli organi della SPA. (es. vendita del voto a un altro
socio dietro corrispettivo).
Tipologie di patti parasociali (quando sono strutturati in modo stabile vengono anche definiti sindacati):
1. Sindacati di voto: due o più soci si mettono d’accordo per votare in modo uniforme;
2. Sindacati di blocco: i soci si impegnano a rimanere uniti tra loro anche rispetto all’ipotesi di
vendere le azioni.
3. Sindacati di mera consultazione: i soci sono obbligati a consultarsi, ma non hanno l’obbligo di
individuare una linea comune nell’esercizio del voto. (forma più leggera di sindacato)
Possono esserci intrecci tra queste tre tipologie. Prendendo come esempio il sindacato di voto, i soci
devono votare in assemblea come ha determinato il sindacato → possiamo avere due possibilità:

 Sindacati a maggioranza: (più rilevanti) il principio maggioritario assicura il valido funzionamento


del sindacato. Questa tipologia di sindacato la si trova principalmente nelle società quotate. Il ruolo
del presidente del sindacato è importante.
 Sindacati all’unanimità: simile al sindacato di mera consultazione → i soci si riuniscono prima e se
raggiungono l’unanimità di come votare, sono tenuti a votare tutti in quel modo.
Sul sindacato a mera efficacia obbligatoria è possibile innestare strumenti per assicurare efficacia reale
(es. mettere in comunione le azioni; conferire le azioni in una società holding, etc.) alle scelte del sindacato
→ rafforzare il ruolo del sindacato ai fini di garantire che la decisione presa su come si voterà
venga rispettata.
La disciplina dei patti parasociali si colloca su tre livelli con riferimento alle tre tipologie di società
→ società chiuse, società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante e società quotate in
mercati regolamentati.

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I PATTI PARASOCIALI NELLE SOCIETA’ CHIUSE
Art. 2341-bis. I patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o
il governo della società:
a) hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le
controllano;
b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le
controllano;
c) hanno per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società,
Non possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se
le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza.
Qualora il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con
un preavviso di centottanta giorni.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella
produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti
all'accordo.

I PATTI PARASOCIALI NELLE SOCIETA’ «APERTE»


Art. 2341-ter. Pubblicità dei patti parasociali.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono essere
comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve essere trascritta nel
verbale e questo deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese.
In caso di mancanza della dichiarazione prevista dal comma precedente i possessori delle azioni cui si
riferisce il patto parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate
con il loro voto determinante sono impugnabili a norma dell'articolo 2377.
Questa norma si applica alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante e alle società
quotate, per cui opera anche la disciplina speciale di cui alle slides successive.

I PATTI PARASOCIALI NELLE SOCIETA’ QUOTATE: ART. 122 TUF


1. I patti, in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società con
azioni quotate e nelle società che le controllano entro cinque giorni dalla stipulazione sono: a)
comunicati alla Consob; b) pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana; c) depositati presso il registro
delle imprese del luogo ove la società ha la sua sede legale ….
2. In caso di inosservanza degli obblighi previsti dal comma 1 i patti sono nulli.
3. Il diritto di voto inerente alle azioni quotate per le quali non sono stati adempiuti gli obblighi previsti
dal comma 1 non può essere esercitato. Anche qui le deliberazioni assembleari adottate con il loro
voto determinante sono impugnabili (pure dalla CONSOB entro 180 gg.)
4. Il presente articolo si applica anche ai patti, in qualunque forma stipulati: a) che istituiscono obblighi di
preventiva consultazione per l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle
società che le controllano; b) che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di strumenti
finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse; c) che prevedono
l'acquisto delle azioni o degli strumenti finanziari previsti dalla lettera b); d) aventi per oggetto o per
effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società; d-bis) volti a favorire o a
contrastare il conseguimento degli obiettivi di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio, ivi inclusi gli
impegni a non aderire ad un'offerta.

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DURATA E RECESSO EX ART. 123 TUF
1. I patti indicati nell'articolo 122, se a tempo determinato, non possono avere durata superiore a tre anni
e si intendono stipulati per tale durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti
sono rinnovabili alla scadenza.
2. I patti possono essere stipulati anche a tempo indeterminato; in tal caso ciascun contraente ha diritto di
recedere con un preavviso di sei mesi. Al recesso si applica l'articolo 122, commi 1 e 2.
3. Gli azionisti che intendano aderire a un'offerta pubblica di acquisto o di scambio promossa ai sensi degli
articoli 106 o 107 possono recedere senza preavviso dai patti indicati nell'articolo 122. La
dichiarazione di recesso non produce effetto se non si è perfezionato il trasferimento delle azioni.
Questa disciplina rafforza l’informazione e aumenta il grado di «contendibilità» della società. È
forte in specie il rischio che il gruppo di controllo subisca una «scalata» se le partecipazioni in capo a
soggetti terzi superano il 50%.

LE OBBLIGAZIONI
Le obbligazioni sono titoli di credito (nominativi o al portatore) che rappresentano frazioni di uguale
valore nominale e con uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo:
 conferiscono la situazione di creditore perché rappresentano sostanzialmente un contratto di
finanziamento (lo schema di riferimento è il contratto di mutuo: io do un capitale, che deve essermi
restituito) ≠ 𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑖𝑠𝑐𝑜𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑜.
 gli obbligazionisti hanno diritto ad una remunerazione periodica fissa (interessi) normalmente
svincolata dai risultati economici della società, e al rimborso del valore nominale del capitale prestato
alla scadenza pattuita ≠ azionisti (cd. residual claimants) 𝑐ℎ𝑒 ℎ𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑖𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 𝑎𝑙 𝑟𝑖𝑚𝑏𝑜𝑟𝑠𝑜 𝑑𝑒𝑙
𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑖𝑛 𝑓𝑎𝑠𝑒 𝑑𝑖 𝑙𝑖𝑞𝑢𝑖𝑑𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑒𝑡à e sempre che residui un attivo
netto dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori (compresi gli obbligazionisti); inoltre, la
quota di liquidazione dell’azionista può essere pari, superiore o inferiore al valore nominale del
conferimento eseguito.

COMPETENZA E LIMITI ALL’EMISSIONE DI OBBLIGAZIONI


Dopo la riforma del 2003, l’emissione di obbligazioni non è più di competenza dell’assemblea
straordinaria, ma dell’organo amministrativo (salvo che lo statuto preveda diversamente). Tuttavia, la
delibera deve comunque essere assunta con le modalità tipiche dell’assemblea straordinaria (= verbale
redatto da notaio ed iscrizione nel registro delle imprese). La legge pone un LIMITE QUANTITATIVO
all’emissione di obbligazioni (art. 2412, comma 1): l’ammontare delle obbligazioni non può superare il
doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio
approvato (ai fini del calcolo concorrono anche gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla
società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere).
ECCEZIONI  Il limite quantitativo può essere superato quando:
1) le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori
professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali (i quali rispondono, in
caso di successiva circolazione delle obbligazioni, nei confronti degli acquirenti che non siano
investitori professionali);
2) le obbligazioni sono garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società,
sino a due terzi del valore degli immobili medesimi;
3) le obbligazioni sono destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali
di negoziazione;
4) le obbligazioni danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni (obbligazioni convertibili,
obbligazioni on warrant);
5) ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale acclarate con apposito
provvedimento governativo.

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L’ORGANIZZAZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI
La legge prevede un’organizzazione di gruppo degli azionisti articolata in due organi: assemblea
e rappresentante comune (artt. 2415-2418).
1. ASSEMBLEA DEGLI OBBLIGAZIONISTI
Competenze:
1) nomina e revoca del rappresentante comune;
2) modificazioni delle condizioni del prestito;
3) proposta di concordato preventivo;
4) costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e
approvazione rendiconto relativo;
5) altri oggetti d'interesse comune degli obbligazionisti.
Funzionamento:
 è convocata dal consiglio di amministrazione, dal consiglio di gestione o dal rappresentante
degli obbligazionisti, quando ritenuto necessario o ne sia fatta richiesta da tanti obbligazionisti
che rappresentino il ventesimo dei titoli emessi e non estinti;
 si applicano le disposizioni relative all'assemblea straordinaria dei soci;
 le delibere sono iscritte, a cura del notaio che ha redatto il verbale, nel registro delle imprese;
 per le delibere di modificazione delle condizioni del prestito, è necessario anche in seconda
convocazione il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentino la metà delle
obbligazioni emesse e non estinte;
 possono assistere gli amministratori, i sindaci e i componenti del consiglio di gestione e di
sorveglianza.
2. RAPPRESENTANTE COMUNE
Nomina:
 è nominato dall’assemblea degli obbligazionisti o, se questa non provvede, dal Tribunale su
domanda di uno o più obbligazionisti o amministratori;
 non è necessariamente scelto tra gli obbligazionisti e può essere una persona fisica o giuridica
autorizzata all’esercizio dei servizi di investimento, nonché una società fiduciaria; non può essere
eletto rappresentante comune un amministratore, un sindaco o un dipendente della società.
Durata della carica: dura in carica per un periodo non superiore a 3 esercizi, ma può essere rieletto;
può essere revocato dall’assemblea anche senza giusta causa salvo il diritto al risarcimento dei danni.
Compenso: viene deliberato dall’assemblea degli obbligazionisti e deve ritenersi a carico della stessa
organizzazione degli obbligazionisti e non della società.
Funzioni: tutelare gli interessi degli obbligazionisti nei confronti della società e dei terzi:
1) esegue le deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti;
2) assiste alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni (nulle se svolte in sua assenza o in assenza
di un notaio);
3) ha diritto di assistere alle assemblee dei soci;
4) ha diritto di esaminare il libro delle obbligazioni, quello delle adunanze e delle deliberazioni
dell’assemblea dei soci e ottenerne estratti;
5) ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti, anche nelle procedure concorsuali.

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TIPI SPECIALI DI OBBLIGAZIONI
1. OBBLIGAZIONI A PREMIO: prevedono l’attribuzione di utilità aleatorie (in denaro o in natura) da
assegnare mediante sorteggio o con altro sistema;
2. OBBLIGAZIONI INDICIZZATE: ancorano il tasso di interesse e/o il valore di rimborso ad indici di
varia natura, interni o (più spesso) esterni alla società (es. in base all’andamento dei prezzi di
azioni, indici azionari o valute estere);
3. OBBLIGAZIONI POSTERGATE (O SUBORDINATE): rimborsabili solo dopo l’integrale
soddisfacimento degli altri creditori (ma prima delle azioni);
4. OBBLIGAZIONI CON WARRANT: (o diritto di opzione su azioni), attribuiscono all’obbligazionista
il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni della società emittente o di altra società, ferma restando
la posizione di creditore per le obbligazioni possedute (e ciò le distingue dalle azioni convertibili in
azioni);
5. OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI IN AZIONI: attribuiscono all’obbligazionista la facoltà di
trasformare il proprio credito in una partecipazione azionaria della società emittente (procedimento
diretto) o di altra società alla prima collegata (procedimento indiretto)  l’art. 2420-bis
prevede una disciplina ad hoc per le obbligazioni convertibili con procedimento diretto:
 a differenza delle obbligazioni ordinarie, devono essere emesse previa delibera
dell’assemblea straordinaria (e non dell’organo amministrativo, salvo delega di funzioni
prevista in statuto);
 la deliberazione non può essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato;
 contestualmente deve essere deliberato l’aumento del capitale sociale per un ammontare
corrispondente alle obbligazioni convertibili in azioni;
 per l’emissione di obbligazioni convertibili devono essere rispettate le condizioni richieste per
l’emissione di nuove azioni;
 rapporto di cambio, periodo e modalità di conversione vengono decisi dall’assemblea
straordinaria, ma l’art. 2420-bis stabilisce una disciplina dispositiva:
o il primo mese di ciascun semestre gli amministratori provvedono all'emissione delle
azioni spettanti agli obbligazionisti che hanno chiesto la conversione nel semestre
precedente, ed entro il mese successivo gli amministratori devono depositare per
l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione dell'aumento del capitale sociale
in misura corrispondente al valore nominale delle azioni emesse;
 in pendenza del periodo di conversione:
o la società non può deliberare né la riduzione volontaria del capitale sociale, né la
modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione degli utili,
salvo che ai possessori di obbligazioni convertibili sia stata data la facoltà di
conversione anticipata;
o nei casi di aumento del capitale mediante imputazione di riserve e di riduzione del
capitale per perdite, il rapporto di cambio è modificato in proporzione alla misura
dell'aumento o della riduzione.
Infine, anche nei casi di fusione/scissione, agli obbligazionisti spetta il diritto di conversione anticipata
o, se non se ne avvalgono, diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione/scissione, salvo
che la modifica dei loro diritti sia approvata dall’assemblea degli obbligazionisti.

STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI


Sono strumenti finanziari che attribuiscono dei diritti patrimoniali o anche diritti amministrativi nella società,
salvo il diritto di voto nell’assemblea degli azionisti (anche se potrebbe essere statutariamente prevista
l’attribuzione del diritto di voto su specifiche materie).
La loro emissione è stata prevista dalla riforma del 2003, anche al fine di consentire l’acquisizione da
parte di soci o terzi di apporti patrimoniali che non possono formare oggetto di conferimento e non
sono perciò non imputabili a capitale sociale (in specie, le prestazioni di opera o servizi).

66
Per quanto riguarda la disciplina degli strumenti finanziari partecipativi è applicabile, in quanto
compatibile, la disciplina sulle obbligazioni.
Solo agli strumenti che attribuiscono anche diritti amministrativi si applica inoltre la disciplina delle
assemblee speciali (art. 2376); per il resto è riconosciuto ampio spazio all’autonomia statutaria quanto
a modalità e condizioni di emissione, diritti, sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e legge
di circolazione.
A differenza delle azioni, gli strumenti finanziari partecipativi:
 non rappresentano parti del capitale sociale;
 non attribuiscono la qualità di azionista;
 possono essere forniti solo di diritti patrimoniali o anche amministrativi, ma non possono attribuire il
diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti (se non su specifiche materie).
[per quanto riguarda le obbligazioni] Entrambi sono emessi a fronte di un apporto non imputato a
capitale, però:
- le obbligazioni: sono titoli di massa e attribuiscono il diritto al rimborso, che non può dipendere
dall’andamento economico della società, né può essere escluso o soppresso (solo gli interessi
possono variare in base all’andamento economico della società);
Gli strumenti finanziari partecipativi, invece:
a) possono condizionare anche il rimborso del capitale all’andamento della gestione o escluderlo del
tutto;
b) anche se prevedono il diritto incondizionato al rimborso del capitale alla scadenza, come le
obbligazioni, possono attribuire diritti amministrativi (ad es., il diritto di voto su specifiche materie).

PATRIMONI DESTINATI
Esistono due tipologie di patrimoni destinati:
1) PATRIMONI DESTINATI OPERATIVI  decisione unilaterale della società di creare un patrimonio
destinato ad uno specifico affare, entro i limiti del 10% del proprio patrimonio netto e purché
non si tratti di affari attinenti ad attività riservate in base a leggi speciali;
2) FINANZIAMENTI DESTINATI  contratto di finanziamento, in cui il finanziatore eroga
finanziamenti per un singolo affare, pattuendosi che i proventi dell’affare (o parte di essi) sono
destinati al rimborso totale o parziale del finanziamento.

PATRIMONI DESTINATI OPERATIVI


COSTITUZIONE:
la costituzione avviene con apposita delibera dell’organo amministrativo della società a maggioranza
assoluta (art. 2447-ter). La delibera deve contenere:
1) l’affare al quale è destinato il patrimonio;
2) beni e rapporti giuridici inclusi nel patrimonio destinato;
3) eventuali apporti di terzi;
4) le regole di rendicontazione dello specifico affare, nonché la nomina di un revisore contabile
(a meno che la società non sia già assoggettata alla revisione legale). Alla delibera va
allegato un piano economico finanziario da cui risulti che il patrimonio destinato è congruo alla
realizzazione dell’affare.
La delibera deve essere verbalizzata da un notaio ed è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese.

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EFFETTI:
1) sul patrimonio destinato e sui proventi dell’affare possono soddisfarsi solo i creditori del singolo
affare, e non anche gli altri creditori della società (nemmeno quelli preesistenti alla creazione del
patrimonio destinato);
2) i creditori del singolo affare non possono soddisfarsi solo sul patrimonio sociale «ordinario», salvo
che la delibera di costituzione del patrimonio destinato preveda diversamente, e fatta comunque
eccezione per i creditori da fatto illecito.
Si producono una volta decorsi 60 giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese
(ed entro tale termine i creditori sociali preesistenti possono fare opposizione al tribunale). Condizione
perché la separatezza patrimoniale operi è che gli atti compiuti in relazione a quello specifico
affare rechino espresso menzione del vincolo di destinazione; in mancanza, risponde la società con
tutto il suo patrimonio.
STRUMENTI FINANZIARI DI PARTECIPAZIONE ALL’AFFARE:
 se la società ha emesso strumenti finanziari di partecipazione all’affare, deve tenere un libro
indicante le caratteristiche, i possessori (se nominativi) e i vincoli ad essi relativi;
 per i possessori è prevista un’organizzazione (assemblea e rappresentante comune).
RENDICONTO FINALE:
 quando l’affare si esaurisce, giunge a compimento o diventa impossibile da eseguire, gli
amministratori devono redigere un rendiconto finale da depositare presso l’ufficio del registro delle
imprese;
 se permangono creditori dell’affare insoddisfatti, questi hanno sempre diritto alla liquidazione del
patrimonio destinato; se quest’ultimo non sarà sufficiente, non avranno modo di agire sul
patrimonio ordinario della società;
 se nessuno chiede la liquidazione del patrimonio destinato, i beni e i rapporti di quest’ultimo
confluiscono nel patrimonio generale (fermo restando che i creditori insoddisfatti del patrimonio
destinato conservano i propri diritti).

FINANZIAMENTI DESTINATI
Il contratto deve indicare i seguenti elementi essenziali dell’operazione:
 l’oggetto dell’affare;
 modalità e tempi di realizzazione;
 costi previsti e ricavi attesi;
 i beni strumentali alla realizzazione dell’operazione;
 il relativo piano finanziario.
Il finanziamento viene rimborsato in tutto o in parte con i proventi generati dall’affare, entro il tempo
massimo indicato nel contratto.
Il patrimonio separato è formato dai proventi dell’affare, dai relativi frutti e dagli investimenti
eventualmente effettuati, a garanzia del rimborso del finanziatore.
Perché operi la separatezza patrimoniale è necessario che:
 copia del contratto sia iscritta nel registro delle imprese;
 la società adotti sistemi di incasso e contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i
proventi dell’affare e a tenerli separati dal patrimonio della società.

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EFFETTI:
1. I creditori della società non possono esercitare azioni sui beni oggetto del patrimonio separato, né
possono aggredire i beni strumentali alla realizzazione dell’operazione, ma solo esercitare sui
secondi «azioni conservative»;
2. Il finanziatore non ha azione sul residuo patrimonio della società, salva l’ipotesi di garanzia
parziale di rimborso offerta dalla società stessa. Se però la società fallisce prima della
realizzazione dell’affare, egli può insinuarsi al passivo del fallimento della società  viene meno
la separatezza patrimoniale. Se però il curatore preferisce portare a termine l’affare o lo cede ad
un terzo disposto a portarlo a termine  rimane la separatezza patrimoniale.

LEZIONE 12 – ASSEMBLEA DEI SOCI

GLI ORGANI DELLA S.P.A.


Nella S.p.A., è necessaria la presenza di 3 organi:
1. ASSEMBLEA DEI SOCI: funzioni esclusivamente deliberative;
2. ORGANO AMMINISTRATIVO: gestione dell’impresa con ampi poteri decisionali; rappresentanza
legale della società; attuazione alle delibere dell’assemblea;
3. ORGANO DI CONTROLLO INTERNO: controllo sull’amministrazione della società.

SISTEMI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO


 TRADIZIONALE  modello applicato se lo statuto non prevede diversamente; due organi di
nomina assembleare:
o organo amministrativo (amministratore unico o cda);
o collegio sindacale.
 DUALISTICO  di ispirazione tedesca;
o consiglio di sorveglianza (nomina assembleare);
o consiglio di gestione (nominato direttamente dal consiglio di sorveglianza)
 MONISTICO  di ispirazione anglosassone;
o consiglio di amministrazione (nomina assembleare)
o comitato per il controllo sulla gestione costituito all’interno del cda.
Per tutti e tre i modelli, è previsto il controllo contabile esterno. I modelli così come previsti sono
tendenzialmente rigidi: tutti gli organi sono necessari e le loro funzioni attribuite per legge sono in larga
parte inderogabili e non modificabili dall’autonomia statutaria. Tuttavia, è possibile un’ulteriore
concentrazione di poteri deliberativi in seno all’organo amministrativo, attraverso la delega allo stesso
di alcune decisioni proprie dell’assemblea. L’autonomia statutaria può inoltre decidere la struttura
dell’organo amministrativo e l’articolazione delle funzioni in seno allo stesso.

L’ASSEMBLEA
L’assemblea è un organo collegiale:

 composto dai soci;


 con la funzione di formare la volontà della società nelle materie riservate di sua competenza;
 che decide secondo il principio maggioritario (maggioranza di capitale) la volontà espressa
dalla maggioranza del capitale vale come volontà della società e vincola tutti i soci (anche se
assenti o dissenzienti);
 con competenze che variano a seconda del sistema di amministrazione e controllo adottato.

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COMPETENZE DELL’ASSEMBLEA
ASSEMBLEA ORDINARIA 
Nel modello tradizionale e nel modello monistico, l’assemblea in sede ordinaria:
1) approva il bilancio;
2) nomina e revoca amministratori, sindaci, presidente del collegio sindacale e, quando previsto,
revisore legale dei conti;
3) determina il compenso di amministratori e sindaci;
4) delibera sulla responsabilità di amministratori e sindaci;
5) delibera su altri oggetti di competenza dell’assemblea ex lege, autorizzazioni eventualmente
richieste dallo statuto per il compimento degli atti degli amministratori (ferma la responsabilità
di questi);
6) approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari.
Nel modello dualistico: 1) nomina e revoca membri consiglio di sorveglianza; 2) ne determina compenso;
3) delibera su loro responsabilità; 4) delibera su distribuzione utili; nomina revisore.
ASSEMBLEA STRAORDINARIA 
1) modificazioni dello statuto;
2) nomina, sostituzione e poteri dei liquidatori;
3) ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge (art. 2365, comma 1).
DELEGA DI FUNZIONI: lo statuto può attribuire alla competenza dell’organo amministrativo specifiche
materie per legge riservate alla competenza dell’assemblea straordinaria:

 aumento del capitale sociale a pagamento ed emissione di obbligazioni convertibili;


 fusione tra controllante e controllata nei casi di cui agli artt. 2505 e 2505 bis;
 indicazione degli amministratori con potere di rappresentanza;
 istituzione/soppressione sedi secondarie e trasferimento sede sociale nel territorio nazionale;
 riduzione del capitale sociale per recesso del socio;
 adeguamento dello statuto a disposizioni normative.

CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA
L’assemblea è di regola convocata dall’organo amministrativo ogni qualvolta lo ritenga opportuno,
tuttavia è obbligatoria:
1) almeno una volta all’anno entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale (o, entro 180, se
così previsto dallo statuto in ragione di particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto
della società);
2) quando ne sia fatta richiesta dalla minoranza:
a. in particolare, da tanti soci che rappresentino almeno 1/10 del capitale (1/20 se la società
fa ricorso al mercato del capitale di rischio) o la minor % prevista dallo statuto;
b. in tal caso, se gli amministratori, o in loro vece i sindaci, non provvedono, la convocazione
è ordinata con decreto dal tribunale;
c. non può essere richiesta per argomenti sui quali l’assemblea non può deliberare o deve
deliberare su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o relazione da essi
predisposta (ad., es. approvazione bilancio, progetto di fusione).
d. nelle sole società quotate, la minoranza composta da tanti soci che rappresentino almeno
1/40 del capitale può chiedere che venga integrato l’ordine del giorno (entro 5/10 gg.
dalla pubblicazione dell’avviso);
3) in altri casi particolari (ad es., ex art 2446 quando si registrano perdite per oltre 1/3).

70
L’assemblea deve essere convocata dal collegio sindacale quando:
a. è obbligatoria e gli amministratori non vi hanno provveduto;
b. vengono a mancare tutti gli amministratori o l’amministratore unico;
c. il collegio sindacale può inoltre convocarla quando ravvisi dei fatti censurabili di rilevante
gravità e vi sia necessità di provvedere.
La convocazione è disposta dal tribunale nei casi previsti dall’art. 2409 c.c.
LUOGO: se lo statuto non prevede diversamente, l’assemblea è convocata nel Comune dove ha sede la
società.
AVVISO DI CONVOCAZIONE:

 Non quotate  pubblicazione nel Gazzetta Ufficiale della Repubblica almeno 15 giorni
dell’assemblea prima, oppure pubblicazione in almeno un quotidiano indicato dallo statuto. Lo
statuto può anche consentire la convocazione mediante avviso ai soci almeno 8 giorni prima con
mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento (raccomandata a.r., fax, PEC);
 Quotate  pubblicazione almeno 30 giorni prima dell’assemblea sul sito internet della società,
nonché con le altre forme ed entro i termini previsti dalla Consob.
 Contenuto  giorno, ora, luogo e ordine del giorno (più altre indicazioni per le quotate);
può indicare già anche la data della seconda convocazione (che non può avere luogo lo
stesso giorno della prima); in assenza, va convocata entro 30 gg. dalla prima (con distinto
invito da pubblicarsi entro il termine ridotto di 8 gg. per le non quotate e 21 giorni per le
quotate).
ORDINE DEL GIORNO: elenco specifico delle materie da trattare; impedisce che si possa deliberare
su argomenti ulteriori e diversi, salvo le delibere consequenziali ed accessorie rispetto a quelle assunte
in conformità all’ordine del giorno.
ASSEMBLEA TOTALITARIA: pur in assenza di convocazione (o di convocazione nelle forme di
legge), l’assemblea è regolarmente costituita quando è rappresentato l’intero capitale sociale (con
diritto di intervento) e partecipa all’assemblea la maggioranza dei componenti degli organi
amministrativi e di controllo, purché le delibere siano tempestivamente comunicate agli assenti;
L’assemblea totalitaria può deliberare su qualsiasi argomento, però ciascuno degli intervenuti può
opporsi alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato, impedendo
la deliberazione sul punto.

IL SISTEMA DEI QUORUM


QUORUM COSTITUTIVO: parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in assemblea
perché questa sia regolarmente costituita.
QUORUM DELIBERATIVO: parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di una
determinata deliberazione perché questa sia approvata.
La disciplina è diversa per l’assemblea ordinaria e straordinaria nelle diverse convocazioni e cerca di
bilanciare due obiettivi di fondo:

 da un lato, agevolare la capacità decisionale dell’assemblea (quorum non eccessivamente


elevati);
 dall’altro lato, tutelare adeguatamente le minoranze (quorum non eccessivamente bassi).

71
ASSEMBLEA ORDINARIA:
I. Prima convocazione
Costitutivo: 50% del capitale sociale con diritto di voto;
Deliberativo: 50% + 1 (maggioranza assoluta) del capitale rappresentato in assemblea*.
II. Seconda convocazione (ed eventuali successive)
Costitutivo: non previsto;
Deliberativo: 50% + 1 del capitale rappresentato in assemblea*.
* Non si tiene conto delle azioni a voto sospeso e del capitale rappresentato da chi si è astenuto per conflitto
di interessi.
ASSEMBLEA STRAORDINARIA SOCIETÀ CHIUSE:
I. Prima convocazione
Costitutivo: non previsto;
Deliberativo: 50% + 1 (maggioranza assoluta) del capitale sociale (indipendentemente da quello
rappresentato in assemblea)
II. Seconda convocazione (ed eventuali successive)
Costitutivo: 1/3 + 1 del capitale sociale;
Deliberativo: 2/3 del capitale rappresentato in assemblea*.
* Non si tiene conto delle azioni a voto sospeso e del capitale rappresentato da chi si è astenuto per conflitto
di interessi.
ASSEMBLEA STRAORDINARIA SOCIETÀ APERTE:
I. Prima convocazione
Costitutivo: 50% del capitale sociale;
Deliberativo: 2/3 del capitale rappresentato in assemblea*.
II. Seconda convocazione
Costitutivo: 1/3 + 1 del capitale sociale;
Deliberativo: 2/3 del capitale rappresentato in assemblea*.
III. Convocazioni successive
Costitutivo: 20% del capitale sociale;
Deliberativo: 2/3 del capitale rappresentato in assemblea*.
* Non si tiene conto delle azioni a voto sospeso e del capitale rappresentato da chi si è astenuto per conflitto
di interessi.
Lo STATUTO può prevedere maggioranze rafforzate:
 sempre, per la prima convocazione dell’assemblea ordinaria e per tutte le convocazioni
dell’assemblea straordinaria;
 anche per la seconda convocazione dell’assemblea ordinaria, ma NON per l’approvazione del
bilancio e per la nomina e revoca di componenti di organi sociali.
QUORUM SPECIALI (SOLO DELIBERATIVI):
1) Modifica oggetto sociale, trasformazione, scioglimento anticipato, proroga, revoca
liquidazione, trasferimento sede all’estero, emissione azioni a voto limitato  1/3 + 1 del
capitale (solo per società chiuse);
2) Introduzione/soppressione clausola compromissoria  2/3 del capitale;
3) Trasformazione eterogenea  2/3 aventi diritto + consenso dei soci che acquistano
responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.
SISTEMA A CONVOCAZIONE UNICA (solo per società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio,
se previsto nello statuto)
I. Assemblea ordinaria
Costitutivo: non previsto;
Deliberativo: 50% + 1 del capitale sociale rappresentato in assemblea.
II. Assemblea straordinaria
Costitutivo: 20% del capitale sociale;
Deliberativo: 2/3 del capitale rappresentato in assemblea*.
* Non si tiene conto delle azioni a voto sospeso e del capitale rappresentato da chi si è astenuto per conflitto
di interessi.

72
DIRITTO DI INTERVENTO
Possono intervenire in assemblea coloro ai quali spetta il diritto di voto (art. 2370):

 sono compresi gli azionisti con diritto di voto sospeso (le loro azioni sono infatti conteggiate ai
fini del raggiungimento del quorum costitutivo);
 sono esclusi tutti gli azionisti senza diritto di voto, ad eccezione del socio che abbia dato
le proprie azioni in pegno o usufrutto;
 partecipano inoltre i componenti degli organi di amministrazione e controllo e i rappresentanti
comuni degli azionisti di risparmio, degli obbligazionisti e dei titolari di strumenti finanziari
di partecipazione ad uno specifico affare.
La condizione (titolarità azioni, pegno, etc.) che legittima l’intervento deve sussistere:

 il giorno stesso dell’adunanza nelle non quotate (salvo diversa previsione statutaria);
 al settimo giorno feriale precedente l’adunanza (c.d. sistema della data di registrazione) nelle
quotate.

SVOLGIMENTO DELL’ASSEMBLEA
L’assemblea è presieduta da un presidente indicato nello statuto o, in mancanza, eletto a maggioranza
dei presenti, e il verbale è redatto da un segretario, a meno che non vi sia la presenza di un
notaio (obbligatoria nelle quotate e per le assemblee straordinarie).
Fasi:
I. Accertamento: presidente verifica se l’assemblea è validamente costituita, invita i partecipanti a
identificarsi, ecc.; è più complesso in distance;
II. Discussione: fermo restando che tutti i votanti hanno diritto di partecipare alla discussione, è il
presidente a regolamentare questa fase (es. può fissare una durata massima per gli interventi e
decidere «quanto» verbalizzare);
III. Votazione: la modalità di votazione (alzata di mani, schede, ecc.) può essere liberamente stabilita
(dallo statuto o dall’assemblea, e in subordine dal presidente), ma il voto deve essere palese;
IV. Verbalizzazione: le delibere devono constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal
segretario/notaio, che deve essere trascritto nell’apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni
dell’assemblea tenuto a cura degli amministratori.

DIRITTO DI VOTO
Alcune problematiche particolari riguardano il diritto di voto:
1. Voto divergente: un socio titolare di più azioni può votare in modo diverso per alcune di esse?
SI di massima;
2. Voto segreto: NO, il verbale deve consentire l’identificazione di coloro che hanno votato, ai fini
di poter attribuire la legittimazione ad impugnare;
3. Voto di lista: sistema di elezione degli organi sociali che consente alla minoranza di ottenere
una propria rappresentanza in seno all’organo (nelle quotate c’è anche l’amministratore di
minoranza).
4. Voto per corrispondenza: lo statuto può prevedere un sistema di voto a distanza.
5. Deleghe di voto: azionisti ed altri legittimati con diritto di voto possono farsi rappresentare
in assemblea.

73
DELEGHE DI VOTO
Solo nelle società chiuse lo statuto può escludere o limitare la facoltà di delega. Nelle società aperte la
delega può essere data solo per singole assemblee.
DELEGA:

 deve essere conferita per iscritto e i documenti devono essere conservati dalla società;
 deve necessariamente indicare il nome del delegato (e, nelle quotate, anche del sostituito)  il
delegato può a sua volta frasi sostituire solo se la delega lo prevede; se il la delega è
conferita a una società o un ente, questi possono delegare un proprio
dipendente/collaboratore;
 è sempre revocabile.
Società chiuse o con azioni diffuse fra il pubblico (CADP):
1) LIMITI SOGGETTIVI  la delega non può essere conferita a membri degli organi amministrativi o
di controllo e dipendenti della società/di società controllate; né alla società di revisione
contabile ed al responsabile della revisione;
2) LIMITI QUANTITATIVI  uno stesso soggetto non può rappresentare più di 20 soci nelle società
chiuse, mentre nelle società CADP il limite numerico cresce in funzione del valore del capitale sociale
(limiti quantitativi).
Società quotate:
1) possibile anche la delega per via elettronica (modalità previste dallo statuto);
2) la società è tenuta a designare per ciascuna assemblea un soggetto al quale gli azionisti possono
conferire senza spese una delega con istruzioni di voto per tutte o alcune proposte all’ordine
del giorno;
3) non valgono i limiti soggettivi e quantitativi previsti per le non quotate;
4) sollecitazione: richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta da uno o più soggetti
(«promotori») a più di 200 azionisti su specifiche proposte di voto, ovvero accompagnata
da raccomandazioni/dichiarazioni idonee a influenzarne il voto;
5) raccolta di deleghe: richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuata da associazioni di
azionisti nei confronti dei propri consociati.

SINDACATI DI VOTO [riepilogo]


 Sono accordi (patti parasociali) con i quali alcuni soci si impegnano a concordare preventivamente
il modo in cui votare in assemblea;
 possono avere carattere occasionale o permanente, a tempo determinato o indeterminato, e possono
riguardare tutte le delibere assembleari o solo quelle di un certo tipo (ad. es. quelle per la nomina
amministratori);
 come votare: può essere deciso all’unanimità o a maggioranza dei soci sindacati;
 si può decidere che il voto in assemblea sarà esercitato direttamente dai soci, oppure che questi
rilascino una delega ad un comune rappresentante;
 sono produttivi di effetti solo tra le parti e non nei confronti della società  il voto in
assemblea resta valido anche se espresso in violazione dei patti.

CONFLITTO D’INTERESSI DEL SOCIO


Versa in una situazione di conflitto d’interessi chi in una determinata delibera ha - per conto proprio o
altrui - un interesse personale contrastante con l’interesse della società (ad es., assemblea chiamata
ad autorizzare, in quanto previsto dallo statuto, l’acquisto di un immobile di proprietà del socio o di un
suo parente).

74
Al socio in conflitto d’interessi non è vietato votare (salvo quanto previsto nell’art. 2373 comma 2, che
vieta al socio-amministratore di votare nelle delibere riguardanti la sua responsabilità); ma se vota e la
delibera viene approvata con il suo voto determinante, la stessa è impugnabile qualora possa recare
danno alla società  due condizioni dunque per l’annullabilità:

 che il suo voto sia stato determinante (c.d. «prova di resistenza»);


 che la delibera possa danneggiare la società.

INVALIDITÀ DELLE DELIBERAZIONI


Le cause di invalidità possono dipendere da:
1) vizi sostanziali (che hanno a che fare con il contenuto della delibera);
2) vizi procedurali (violazione delle regole delle norme che regolano il procedimento assembleare).
L’invalidità delle delibere prevede due categorie: nullità e annullabilità.
A differenza che nel diritto dei contratti, la regola è l’annullabilità (la nullità è fattispecie
eccezionale, in quanto la nullità di una delibera potrebbe inficiare anche gli atti compiuti nei
confronti dei terzi, i quali si troverebbero in una situazione di incertezza nel trattare con la
società).

ANNULLABILITÀ
Sono annullabili «tutte le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto»
(art. 2377, comma 2).
Si specifica che danno luogo ad annullabilità (e non a «inesistenza», come sostenuto in passato):
a. la partecipazione all’assemblea di persone non legittimate, se tale partecipazione sia stata
determinante per la regolare costituzione dell’assemblea;
b. l’invalidità dei singoli voti o il loro inesatto conteggio, se determinanti per il raggiungimento
della
maggioranza;
c. Incompletezza/inesattezza del verbale, ma solo quando impedisce l’accertamento del contenuto,
degli effetti e della validità della delibera.
L’impugnativa può essere proposta solo dai seguenti soggetti espressamente legittimati:
1. soci assenti, dissenzienti o astenuti (con le aliquote di cui infra);
2. amministratori (anche singolarmente);
3. collegio sindacale o consiglio di sorveglianza;
4. rappresentante comune degli azionisti di risparmio.
In casi tassativi, ad es. in tema di partecipazioni rilevanti, sindacati di voto e di blocco e di bilancio
di società quotate, può essere proposta anche da Consob, Banca d’Italia e Ivass.
Legittimati a impugnare sono gli azionisti con diritto di voto che rappresentino, anche congiuntamente,
l’1 x 1000 nelle società aperte e il 5% nelle società chiuse, ma lo statuto può limitare/escludere questo
limite. Ai soci non legittimati a impugnare la delibera annullabile (ossia «sotto soglia») è riconosciuto il
risarcimento dei danni loro cagionati.
L’impugnativa o l’azione di risarcimento danni deve essere proposti entro 90 gg. dalla data della
deliberazione o dall’iscrizione/deposito nel registro delle imprese.
L’annullamento ha efficacia generale, salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede in base ad atti
compiuti in esecuzione della delibera.
L’annullamento non ha luogo se la delibera è sostituita con altra conforme alla legge o allo statuto
adottata dall’assemblea competente (cd. «sanatoria»).

75
NULLITÀ
Ricorre in tre casi tassativamente indicati dall’art. 2379:
(Vizio di contenuto)
I. OGGETTO IMPOSSIBILE O ILLECITO (= contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o
al buon costume). Distinzione non semplice fra illiceità (che comporta nullità) e illegittimità (che
comporta annullabilità):
a. se la norma violata presidia interessi ulteriori rispetto a quelli dei soci (es. interessi dei
terzi o interesse generale che trascende a quello particolare dei soci), si tratta di
violazione di norma imperativa  l’oggetto è illecito e si avrà nullità;
b. se le norme violate sono poste a tutela dei soci, si tratta di violazione di norma
non imperativa  l’oggetto è illegittimo e si avrà annullabilità.
(Vizi procedurali)
II. MANCATA CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA, con due precisazioni:
1. deve trattarsi di mancanza assoluta  nel caso di irregolarità dell’avviso, es. se
questo proviene da chi non è competente, ma l’avviso è idoneo a consentire, a chi ne
ha diritto, di intervenire, si ha mera annullabilità e non nullità;
2. l’azione di nullità non può essere esercitata da chi, anche successivamente, abbia
manifestato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea.
III. MANCANZA DEL VERBALE, anche qui con due precisazioni:
1. il verbale non si considera mancante se contempla la data della deliberazione e il suo
oggetto, ed è sottoscritto dal presidente dell’assemblea o dal presidente del cda o del
consiglio di sorveglianza nonché dal segretario o dal notaio;
2. la nullità per mancanza del verbale è sanata con effetto retroattivo mediante
verbalizzazione eseguita prima dell’assemblea successiva, salvi i diritti dei terzi che in
buona fede ignoravano la deliberazione.
LEGITTIMAZIONE: la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere anche
rilevata d’ufficio dal giudice.
EFFETTI: la delibera nulla è considerata inefficace dal giorno della sua adozione, con conseguente
obbligo per gli amministratori di non darvi attuazione; ma anche qui è ammessa la «sanatoria»
mediante la sostituzione della delibera.
LIMITI TEMPORALI:

 possono essere impugnate senza limiti di tempo le delibere che modificano l’oggetto sociale,
prevedendo attività illecite o impossibili;
 in tutti gli altri casi, è previsto un termine di decadenza di 3 anni dall’iscrizione/deposito nel
registro delle imprese o dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea.

CASI SPECIALI di NULLITA’


I. Nel caso di aumento del capitale sociale, riduzione reale del capitale ed emissione di
obbligazioni, è previsto un termine di decadenza di 180 gg. per far valere la nullità (90
dall’approvazione del bilancio relativo all’esercizio nel corso del quale la delibera è stata
parzialmente eseguita nel caso di mancata convocazione);
II. nelle «società aperte», anche se i già menzionati termini non sono ancora trascorsi, la nullità
della delibera di aumento del capitale non può più essere pronunciata dopo l’esecuzione
anche parziale della delibera;
III. La delibera di approvazione del bilancio ordinario non è più impugnabile dopo l’approvazione
del bilancio relativo all’esercizio successivo.
IV. Per le delibere di fusione, scissione e trasformazione vi sono regole diverse.

76
LEZIONE 13 – ORGANO AMMINISTRATIVO
S.P.A. – POTERI E RESPONSABILITA’

LA FUNZIONE AMMINISTRATIVA NELLA S.P.A.


Nella S.p.a. il potere discrezionale degli amministratori è soggetto al vincolo del perseguimento
dell’interesse sociale, ma è molto ampio (teoria dell’agency). A contrappeso è sempre previsto un organo
di controllo, a differenza che negli altri tipi societari.
Non esiste un modello di gestione societaria più efficiente in assoluto, poiché esso va commisurato alla
dimensione della società, agli assetti proprietari, al ricorso o meno al mercato dei capitali.
Come già detto, il legislatore del 2003 ha affiancato al modello tradizionale di gestione e
controllo, i modelli dualistico e monistico.
Esaminiamo prima le norme sull’organo amministrativo nel modello tradizionale, che sono applicabili
negli altri due, salvo deroga.

RAPPORTI FRA ORGANO AMMINISTRATIVO E ASSEMBLEA


L’Organo Amministrativo ha il potere di gestione della società, ossia ha il potere di compiere tutte
le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, con il solo limite degli atti eccedenti
l’oggetto sociale.
Il potere di gestione riconosciuto all’Organo Amministrativo nelle S.p.A. è esclusivo (2380-bis c.c.).
→ la gestione spetta esclusivamente all’organo amministrativo e l’assemblea non può compiere o
decidere atti gestori, può soltanto autorizzarli se lo statuto prevede la sua autorizzazione.
L’assemblea non può compiere atti gestori, potendo lo statuto unicamente demandarle ex art. 2364 n.
5 c.c., l’autorizzazione per determinati atti gestori, senza che tuttavia l’autorizzazione possa integrare
un obbligo per l’Organo Amministrativo di porli in essere.
Il rapporto di amministrazione è un rapporto di lavoro autonomo, più complesso del contratto di
mandato e non soggetto a istruzioni.

ORGANO AMMINISTRATIVO UNIPERSONALE O COLLEGIALE


Anche nella SPA possiamo avere un amministratore unico, ma solo nel modello tradizionale. Negli altri
casi è richiesto un organo amministrativo collegiale.
L’organo amministrativo collegiale è il consiglio di amministrazione. I lavori sono coordinati da un
Presidente nominato dall’assemblea, o dal CdA (consiglio di amministrazione) se non lo ha nominato
l’assemblea.
Lo statuto può limitarsi a indicare il numero massimo e minimo dei membri del CdA, e in tal caso spetta
all’assemblea determinarne il numero.

LA NOMINA DEGLI AMMINISTRATORI


La nomina spetta all’assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono nominati nell’atto
costitutivo. Lo statuto può però riservare la nomina di singoli membri del CdA a:
A. i portatori degli strumenti finanziari di cui agli artt. 2346 co. 6 e 2349 co. 2 e 2351 co. 3;
B. allo Stato e ad altri enti pubblici, che abbiano o meno una partecipazione nella società.

77
Gli amministratori rimangono in carica per 3 esercizi sociali e di norma scadono in occasione
dell’assemblea che approva il bilancio relativo al terzo esercizio. Salvo diversa disposizione statutaria,
sono rieleggibili.
Non è eleggibile chi sia stato sottoposto a interdizione, inabilitazione, fallimento, condanna a una pena
interdittiva dai pubblici uffici o determinante l’incapacità a esercitare uffici direttivi. Lo statuto può anche
prevedere requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
La nomina deve essere accettata entro 30 giorni da quando ne hanno avuto notizia e deve essere iscritta
nel registro delle imprese, indicando chi di essi abbia i poteri di rappresentanza. Dopo l’iscrizione,
l’eventuale invalidità della nomina non può essere opposta ai terzi, a meno che non si provi che questi
avevano concreta conoscenza della causa di invalidità.

LA RAPPRESENTANZA DEGLI AMMINISTRATORI


Il potere di rappresentanza (ossia di vincolare la società nei rapporti con i terzi) c.d. istituzionale (PER
LE PROCURE VOLONTARIE SI APPLICANO GLI ARTT. 1388 ss. e 2203 ss.) in capo agli amministratori cui
è attribuito dallo statuto e dal CdA ‒ in genere il Presidente e l’Amministratore delegato ‒ è generale e
si estende anche agli atti che eccedono l’oggetto sociale (salva la responsabilità interna degli AMM).
Infatti, ex art. 2384 c.c., le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto – ivi
appunto incluso il limite dell’oggetto sociale ‒ o da una decisione degli organi competenti non sono
opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a
danno della società (art. 2384 c.c.). REGOLA IPERGARANTISTA, CHE NON SI APPLICA:
1. alle limitazioni del potere di rappresentanza (PR) derivanti dalla legge (ad es.; violazione
norme su conflitto di interessi art. 1394, violazione art. 2343-bis, violazione 2361 co. 2);
2. nel caso in cui il PR sia condizionato al previo esercizio del potere deliberativo di altro organo
(caso della c.d. delibera-presupposto; ma se questa è invalida e viene tempestivamente
impugnata, sono salvi i diritti acquisiti dai terzi di buona fede);
3. se nello statuto il PR era attribuito in forma congiunta (per tutti gli atti), e abbia compiuto l’atto solo
uno dei due AMM.

COMPENSO DEGLI AMMINISTRATORI


È stabilito all’atto della nomina dall’assemblea. La remunerazione degli amministratori investiti di
particolari cariche è stabilita dal CdA, sentito il collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l’assemblea
può determinare un plafond complessivo per il compenso di tutti gli amministratori, compresi i delegati.
Il compenso può avere una parte variabile, commisurata agli utili o concretantesi nel diritto di
sottoscrivere azioni di futura emissione a prezzo predeterminato (stock options). Sussiste il diritto al
compenso, ma questo può essere rinunciato.

LA REVOCA DEGLI AMMINISTRATORI


L’assemblea può revocare gli amministratori in ogni momento, compresi quelli nominati dai portatori di
strumenti finanziari; non anche quelli nominati dallo Stato o da enti pubblici, che devono essere
revocati dallo stesso ente.
La revoca senza giusta causa comporta però l’obbligo della società di risarcire all’amministratore il
danno subito, corrispondente ai compensi che avrebbe percepito nel resto del mandato, e all’eventuale
danno reputazionale.
Vi è giusta causa, ad es., quando l’amministratore violi il divieto di concorrenza enunciato nell’art. 2390
c.c., nel caso assuma la qualità di socio illimitatamente responsabile o diventi amministratore o
direttore in società concorrenti o eserciti un’attività concorrente per conto proprio o di terzi, salvo che
sia stato autorizzato dall’assemblea. In tal caso può anche essere condannato a risarcire il danno
subito dalla società.

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ALTRE CAUSE DI CESSAZIONE DALLA CARICA
 Decesso;
 Decadenza per sopravvenienza di cause di ineleggibilità;
 Rinunzia (dimissioni): deve essere comunicata per iscritto al CdA e al Presidente del collegio
sindacale: a) ha effetto immediato se permane in carica la maggioranza del CdA; b) altrimenti, ha
effetto dal momento in cui la maggioranza è stata ricostituita, attraverso l’accettazione dei
nuovi amministratori;
 Scadenza del termine: la cessazione ha effetto dal momento in cui il CdA è stato ricostituito; sino
ad allora l’amministratore resta in carica in regime di prorogatio, tanto nell’ipotesi di rinnovo
dell’intero CdA, quanto nell’ipotesi di rinnovo parziale.

SOSTITUZIONE DI UN SINGOLO AMMINISTRATORE IN CORSO DI


MANDATO
1) se rimane in carica la maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea, si dà luogo alla
c.d. «cooptazione», con delibera del CdA approvata dal collegio sindacale; gli amministratori cooptati
restano in carica sino alla successiva assemblea, che avrà la possibilità di confermarli o nominarne
altri;
2) se è venuta meno la maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea, quelli rimasti
convocano l’assemblea affinché provveda alla sostituzione; se non diversamente previsto dallo statuto,
i nuovi amministratori restano in carica sino alla scadenza dell’intero consiglio;
3) quando cessano tutti gli amministratori o l’amministratore unico, il collegio sindacale convoca l’urgenza
l’assemblea per la nomina e compie nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione;
4) clausola simul stabunt simul cadent (struttura/finalità) gli amministratori rimasti in carica o, se
lo prevede lo statuto, il collegio sindacale, convocano d’urgenza l’assemblea per la nomina del nuovo
consiglio.

IL FUNZIONAMENTO DEL CDA


Il CDA funziona sulla base di un metodo collegiale e la partecipazione deve essere personale, in
presenza/a distanza (non è consentito delegare un soggetto terzo).
Il Presidente: ha un ruolo di garanzia, ha compiti di informazione e di «mediazione»; potere di
convocazione; potere di firma (istituzionale).
Riunioni: 1 per approvazione bozza di bilancio; 1 altra durante l’anno se ci sono organi delegati
affinché il consiglio venga informato del loro operato. (il consiglio si riunisce molto più spesso
rispetto all’assemblea – anche mensilmente). I quorum sono più semplificati:

 Quorum costitutivo: maggioranza degli amministrstori in carica, salvo statuto.


 Quorum deliberativo: maggioranza assoluta dei presenti, salvo statuto.

DELIBERE DEL CDA INVALIDE


Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere
impugnate solo dal collegio sindacale e dagli amministratori assenti o dissenzienti entro novanta giorni
dalla data della deliberazione.
Possono essere altresì impugnate dai soci le deliberazioni lesive dei loro diritti (ad es., in caso di
negazione del diritto di recesso, o di scorretta applicazione dei criteri di valutazione delle azioni
nei casi previsti dalla legge, o di ingiusta esclusione del diritto di opzione)
In ogni caso, sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione
delle deliberazioni.
NB: per le delibere del CDA esiste solo annullabilità.

79
COMITATO ESECUTIVO E CONSIGLIERI DELEGATI (art. 2381, co. 2-5)
2. Se lo statuto e l’assemblea lo consentono, il CdA può delegare proprie attribuzioni ad un comitato
esecutivo composto di alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti (TRE LIVELLI)
3. Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della
delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega.
Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e
contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società;
valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.
4. Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli articoli 2420-ter (EMISSIONE OBB.
CONVERTIBILI), 2423 (PROGETTO DI BILANCIO), 2443 (AUMENTO DI CAPITALE DELEGATO), 2446,
2447 (RIDUZIONE PER PERDITE), 2501-ter (PROGETTO DI FUSIONE) e 2506-bis (PROGETTO DI
SCISSIONE).
5. Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla
natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio
sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale
andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per
le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.

CONFLITTO DI INTERESSI EX ART. 2391 [per art.2391-bis rinvio a


L.17]
A. Il singolo consigliere deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni
interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società,
precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata, POI PUO’ ANCHE VOTARE;
B. L’amministratore delegato in conflitto deve astenersi dal compiere l'operazione e informare
l’organo collegiale, che deciderà se attuarla;
C. L’amministratore unico in conflitto può compiere l’operazione, se non dannosa per la società, ma
deve darne notizia alla prima assemblea utile (e, EX ART. 1394, SE IL TERZO POTEVA
RICONOSCERE IL CONFLITTO, L’ATTO È ANNULLABILE ENTRO 5 ANNI).
Nei casi sub A/B la deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare
le ragioni e la convenienza per la società dell'operazione (TRACCIABILITÀ).
Nei casi di inosservanza delle regole sopra indicate, ovvero nel caso di deliberazioni del consiglio o del
comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell'amministratore interessato, le deliberazioni
medesime, qualora possano recare danno alla società, possono essere impugnate dagli
amministratori e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro data; l'impugnazione non può
essere proposta da chi ha consentito con il proprio voto alla deliberazione, purché siano stati
adempiuti gli obblighi di informazione previsti nei casi sub A/B.

L’ORGANO AMMINISTRATIVO NEL SISTEMA MONISTICO


Il modello monistico è un modello semplificato che consente risparmi di tempi e costi nella circolazione
delle informazioni fra organo amministrativo e organo di controllo (che è interno al primo), ma si
espone ai pericoli di una loro maggiore contiguità.
Il CdA segue le stesse regole che nel sistema tradizionale, salvo che:
1. Almeno un terzo dei suoi membri deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per
i sindaci dall’art. 2399 c.c. (v. slides L. 15/16) e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo
previsti da codici di comportamento. Fra tali membri indipendenti, purché non esecutivi, il CdA deve
scegliere i componenti del «comitato di controllo sulla gestione», con almeno 2 membri;
2. Al momento della nomina vanno rese note le cariche presso altre società.

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L’ORGANO AMMINISTRATIVO NEL SISTEMA DUALISTICO: IL
CONSIGLIO DI GESTIONE (CG)
Il modello dualistico è il modello che sulla carta meglio realizza la separazione fra proprietà (soci)
e controllo (managers).
Il CG deve essere composto di almeno due membri, anche non soci, designati dal Consiglio di
sorveglianza (CS) ‒ salve anche qui «riserve» a favore dei portatori di strumenti finanziari e dello
Stato/enti pubblici, ai quali cui compete anche il potere di revoca. La revoca anche qui se difetta giusta
causa, dà diritto al risarcimento dei danni.
Il CS determina anche il compenso dei membri del CG e può deliberare a maggioranza assoluta
l’azione di responsabilità nei loro confronti (in aggiunta all’assemblea e ai soci di minoranza: v. slides
infra).
I membri del CG durano in carica tre anni e sono rieleggibili. Il CG può delegare proprie attribuzioni a
uno o più componenti, ma non nominare un comitato esecutivo.
Al CG si applicano le norme che abbiamo visto sul CdA, salve alcune norme speciali:
A. la sostituzione dei suoi membri spetta sempre al CS, che provvede senza indugio;
B. i suoi componenti non possono essere contemporaneamente membri del CS;
C. lo statuto può sottrarre al CG competenze gestorie (in specie di «alta direzione») a vantaggio del
CS.

LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI: VERSO CHI E DI CHI


Per il loro operato gli Amministratori assumono responsabilità (risarcitoria, non patrimoniale):
1. verso la società;
2. verso i creditori sociali;
3. verso singoli soci o terzi;
Sono responsabili tanto gli amministratori di diritto. quanto gli amministratori di fatto. Si ha
amministratore di fatto nel caso di nomina invalida, e nel caso di stabile ingerenza nella gestione
(teoria dello shadow director).

LA RESPONSABILITÀ VERSO LA SOCIETÀ: PRESUPPOSTI GENERALI


Art. 2392: Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con
la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente
responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di
attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più
amministratori.
Gli amministratori non possono essere ritenuti responsabili per il solo fatto che la gestione dell’impresa
sociale non abbia avuto buon esito, cioè perché una determinata scelta imprenditoriale si sia rivelata
sbagliata e dannosa. La loro responsabilità si basa sulla mancata adozione di quelle cautele e/o
sull’inosservanza di quelle regole di comportamento che il dovere di diligente gestione
ragionevolmente impone agli amministratori di società di capitali (business judgement rule). Le scelte
imprenditoriali sono soggette a un sindacato giudiziario limitato che tiene conto delle condizioni
conoscitive in cui si trovavano gli amministratori al momento in cui la decisione gestoria è stata assunta,
secondo un giudizio prognostico svolto secondo la situazione ex ante e non secondo la situazione ex post
(c.d. prognosi postuma). Di fatto, però, perché il sindacato giudiziario sia limitato, occorre che l’azione
degli amministratori soddisfi determinate condizioni.

81
Affinché l’azione compiuta dall’Amministratore sia sottoposta un sindacato giudiziale «limitato» occorre:
1. che si tratti di una scelta imprenditoriale;
2. che sia stata compiuta nell’interesse della società, ovvero non in conflitto di interesse (= art. 2391,
co. 4 e 5: L'amministratore risponde dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione.
L'amministratore risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a vantaggio
proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio del suo incarico
(CORPORATE OPPORTUNITIES);
3. che sia stata assunta sulla base di informazioni commisurate alle circostanze e disponibili;
4. che la condotta dell’amministratore non sia stata dolosa o gravemente colposa.
In ogni caso, gli Amministratori sono responsabili nel caso di violazione di norme puntuali che impongono
determinate azioni (in particolar modo, se omettono di portare alla luce che il capitale sociale è sceso
sotto il minimo legale per perdite di oltre un terzo, sì da dover convocare ex art. 2447 c.c. l’assemblea
straordinaria per deliberare la ricapitalizzazione, la trasformazione o la messa in liquidazione).

LA RESPONSABILITA’ VERSO LA SOCIETÀ PER «FATTO DI ALTRI


AMMINISTRATORI»
Art. 2381, co. 6: Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato (I CONSIGLIERI
«SEMPLICI» DEVONO ANDARE OLTRE QUANTO COMUNICATO DAGLI ORGANI DELEGATI); ciascun
amministratore
può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della
società.
Art. 2392, co. 2: In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'articolo
2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto
quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
Art. 2392, co. 3: La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra
essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle
adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del
collegio sindacale.

L’ESERCIZIO DELL’AZIONE SOCIALE DA PARTE DELL’ASSEMBLEA E DEL


COLLEGIO SINDACALE
1) La deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori può essere presa
dall’assemblea ordinaria in occasione della discussione del bilancio, anche se non è indicata
nell'elenco delle materie da trattare, quando si tratta di fatti di competenza dell'esercizio cui si
riferisce il bilancio. (È RARO AVVENGA, SE NON QUANDO VI SIA STATO CAMBIO DEL GRUPPO DI
«CONTROLLO»; L’ALTRO CASO RISCONTRABILE È CHE L’AZIONE SIA PROMOSSA DAL CURATORE
FALLIMENTARE)
2) L'azione di responsabilità può anche essere promossa a seguito di deliberazione del collegio
sindacale, assunta con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.
L’azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica.
La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro
cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In
questo caso, l'assemblea provvede alla sostituzione degli amministratori.
(ANCHE NEL CASO DI AZIONE PROMOSSA DA CO.SIN.) La società può rinunziare all'esercizio
dell'azione di responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione siano approvate con
espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario di una minoranza di soci
che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato
del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale, ovvero la misura prevista nello

82
statuto per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità ai sensi dell'articolo 2393-bis (v. slide
successiva).

83
L’ESERCIZIO DELL’AZIONE SOCIALE DA PARTE DI SINGOLI SOCI (ART.
2393-BIS)
ISPIRATA DAGLI ORDINAMENTI ANGLOSASSONI per dare voce alle minoranze HA AVUTO SCARSO
SUCCESSO
L'azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno:
a. un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore
al terzo;
b. ovvero, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, un quarantesimo del
capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto.
È UN’AZIONE PER CONTO DELLA SOCIETA’, sicché la società deve essere chiamata in giudizio e l'atto
di citazione è ad essa notificato anche in persona del presidente del collegio sindacale. I soci che
intendono promuovere l'azione nominano, a maggioranza del capitale posseduto, uno o più
rappresentanti comuni per l'esercizio dell'azione e per il compimento degli atti conseguenti. I SOCI
ATTORI DEVONO MANTENERE IL POSSESSO DELLE AZIONI PER TUTTA LA DURATA DELLA CAUSA.
In caso di accoglimento della domanda, la società rimborsa agli attori le spese del giudizio e
quelle sopportate nell'accertamento dei fatti che il giudice non abbia posto a carico dei soccombenti o
che non sia possibile recuperare a seguito della loro escussione. «SE VA MALE», DOVRANNO PAGARE
LE SPESE DI LITE.
Gli attori possono rinunciare all'azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione
deve però andare a vantaggio della società. Rinuncia e transazione possono anche essere approvati
dalla società.

LA RESPONSABILITÀ VERSO I CREDITORI SOCIALI (ART. 2394 C.C.)


a. Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla
conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.
b. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al
soddisfacimento dei loro crediti (INFATTI È QUASI SEMPRE ESERCITATA DAL CURATORE FALL.).
È una responsabilità che colpisce un sottoinsieme dei comportamenti considerati illeciti ai fini della
responsabilità verso la società, in quanto rilevano solo le condotte che comportano un danno
emergente, non anche un lucro cessante.
È dubbio se si tratti di un’azione contrattuale o aquiliana, e soprattutto se sia autonoma o surrogatoria
(preferibile: REINTEGRA IL PATRIMONIO SOCIALE - NON PUO’ AVERSI DUPLICE CONDANNA – NON
SONO OPPONIBILI ECCEZIONI RELATIVE AI RAPPORTI PERSONALI CON I CREDITORI) di quella sociale.
La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori
sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria
quando ne ricorrono gli estremi.
L’azione si prescrive in 5 anni dal momento in cui i creditori potevano avere percezione
dell’incapienza patrimoniale, momento che, in assenza di precedenti bilanci disvelanti un patrimonio
netto negativo, si presume coincidere con la data della pubblicazione della dichiarazione di fallimento
(mentre, come si è visto, l’azione sociale si prescrive in 5 anni dalla cessazione della carica, ossia spesso
prima: PERTANTO IL CURATORE FALLIMENTARE HA INTERESSE A ESERCITARE ENTRAMBE LE AZIONI).

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LA RESPONSABILITÀ VERSO SINGOLI SOCI O TERZI (ART. 2395)
Le disposizioni dei precedenti articoli non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno spettante al
singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli
amministratori.
È una norma che conferma l’applicazione in questo ambito della regola generale della responsabilità
extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c.
Si deve trattare di un danno recato direttamente alla sfera patrimoniale del socio o terzo, che ad
es. sia stato indotto a investire nella società sulla base di un bilancio falso.
L'azione può essere esercitata entro cinque anni dal compimento dell'atto che ha pregiudicato il socio
o il terzo. Può anche essere estesa alla società ex art. 2049 c.c., sul presupposto che fra gli
amministratori e la società corre un rapporto di immedesimazione organica.

DIRETTORI GENERALI E DIRETTORI FINANZIARI


Art. 2396: Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai
direttori generali nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti
loro affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società.
Art. 154-bis, co. 6: Le stesse disposizioni si estendono al dirigente preposto alla redazione dei
documenti contabili societari (DF), di cui si devono dotare le società quotate, il quale:
a. attesta la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri e alle scritture contabili, degli atti
e delle comunicazioni della società diffusi al mercato, e relativi all'informativa contabile anche
infrannuale della stessa società;
b. predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di
esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato, nonché di ogni altra comunicazione di carattere
finanziario.
Il consiglio di amministrazione è tenuto a vigilare affinché il DF disponga di adeguati poteri e mezzi per
l'esercizio dei compiti a lui attribuiti. In ogni modo, la responsabilità degli amministratori non è di per sé
attenuata dalla sua presenza.

LEZIONE 14 – CONTROLLO E GRUPPI DI


SOCIETÀ

LA NOZIONE DI CONTROLLO SOCIETARIO ex art. 2359


Sono considerate società controllate nel Codice civile (esistono altre nozioni in leggi speciali):
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea
ordinaria (CONTROLLO DI DIRITTO);
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante
nell'assemblea ordinaria (CONTROLLO DI FATTO);
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli
contrattuali con essa (CONTROLLO ESTERNO).
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti
a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti
per conto di terzi. È discussa la rilevanza del cd. «dominio-controllo congiunto».

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Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole.
L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei
voti. ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.
I RAPPORTI CON LE SOCIETA’ CONTROLLATE E COLLEGATE DEVONO ESSERE INDICATI NEL BILANCIO

CONTROLLO TOTALITARIO: si applica anche la disciplina del socio


unico
Quando le azioni risultano appartenere ad una sola persona o muta la persona dell'unico socio, ex art.
2362 gli amministratori devono depositare per l'iscrizione del registro delle imprese una dichiarazione
contenente l'indicazione del cognome e nome o della denominazione, della data e del luogo di nascita
o lo Stato di costituzione, del domicilio o della sede e cittadinanza dell'unico socio.
Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare apposita
dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle imprese.
Anche l'unico socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità di cui sopra.
Le già menzionate dichiarazioni degli amministratori devono essere depositate entro trenta giorni
dall'iscrizione nel libro dei soci e devono indicare la data di iscrizione.
I contratti della società con l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono opponibili ai
creditori della società, solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio
di amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.

I RAPPORTI FRA CONTROLLO E GRUPPO (ART. 2497 SS. C.C.)


Il «controllo» individua un’influenza dominante potenziale sulla società. Se tale influenza viene
esercitata in concreto mediante la nomina della maggioranza degli amministratori (e dei sindaci), e a
questi sono impartite stabilmente direttive (anche solo di indirizzo) sulla gestione della controllata, si ha
un «gruppo», caratterizzato dall’»attività di direzione e coordinamento».
Nel nostro ordinamento è disciplinato solo il gruppo di fatto, di cui siano a capo «società o enti».
Art. 2497-sexies. Presunzioni. (GRUPPO VERTICALE O GERARCHICO)
Ai fini di quanto previsto nel presente capo, si presume salvo prova contraria che l'attività di direzione
e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che
comunque le controlla ai sensi dell'articolo 2359.
Art. 2497-septies. Coordinamento fra società. (GRUPPO ORIZZONTALE O PARITETICO)
Le disposizioni del presente capo si applicano altresì alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi di cui
all'articolo 2497-sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un
contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti.

TIPI DI HOLDING E ARTICOLAZIONE DEL GRUPPO


Occorre scegliere fra holding «pura» e holding «mista» (che esercita anche attività operative): nel
primo caso, è discussa la stessa qualità di imprenditore commerciale.
È bene creare tante subholding (non «pure»), quanti sono i rami economici operativi. Occorre valutare
se lasciare l’ADR alla H o a una SUB-H o a entrambe
I gruppi aprono problemi di tutela dei «soci esterni» e dei creditori delle società eterodirette, ma si
vuole anche dare spazio al c.d. «interesse di gruppo» (v. infra)

86
VANTAGGI DELLA STRUTTURA DI GRUPPO
 Separazione fra proprietà (indirizzi e conflitti della «famiglia di controllo» confinati nella
holding) e gestione delle controllate (ove collocare manager esterni)
 È più agevole mantenere il controllo da parte della famiglia in caso di quotazione (anche della
società operativa più «appetibile»)
 Diversificazione dei settori economici, magari con collocazione nelle controllate di esponenti
dei diversi rami familiari
 Effetto di leverage finanziario moltiplicato dai livelli di controllo.
 Più facile stabilire partnership con altri gruppi
 Centralizzazione di attività di servizio alle controllate: ad es., marketing strategico, gestione del
personale, etc.
 Tesoreria accentrata: gestione unitaria dei rapporti con le banche, emissione di obbligazioni o
di altri titoli da parte della holding (v. art. 2497-quinquies, infra)
 Consolidato fiscale e altre opportunità fiscali (pianificazione fiscale di gruppo)
 Gestione accentrata della politica dei dividendi, con possibilità di creare un fondo dividendi
per facilitare l’exit di alcuni rami familiari

SVANTAGGI della STRUTTURA DI GRUPPO


 Costi di creazione e organizzazione del gruppo (conferimenti, scorpori, etc.).
 Incremento complessivo degli organi e delle cariche (non essendo in genere opportune le «unioni
personali»; ma è questione discussa) e quindi incremento dei costi correlativi.
 La creazione di unità giuridiche distinte pone il problema di gestire i conflitti di interesse
societari.
 La proprietà, specie se in mano a un’unica famiglia, è concentrata nella holding: nel caso di
«deriva generazionale» occorrono patti di famiglia e parasociali particolarmente solidi.

LA PUBBLICITA’ DEL GRUPPO EX ART 2497-BIS


La società deve indicare la società o l'ente alla cui attività di direzione e coordinamento è soggetta
negli atti e nella corrispondenza, nonché mediante iscrizione, a cura degli amministratori, presso la sezione
del registro delle imprese di cui al comma successivo.
È istituita presso il registro delle imprese apposita sezione nella quale sono indicate le società o gli enti che
esercitano attività di direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette.
Gli amministratori che omettono l'indicazione di cui al comma primo ovvero l'iscrizione di cui al comma
secondo, o le mantengono quando la soggezione è cessata, sono responsabili dei danni che la
mancata conoscenza di tali fatti abbia recato ai soci o ai terzi.
La società deve esporre, in apposita sezione della nota integrativa, un prospetto riepilogativo dei dati
essenziali dell'ultimo bilancio della società o dell'ente che esercita su di essa l'attività di direzione e
coordinamento. Parimenti, gli amministratori devono indicare nella relazione sulla gestione i rapporti
intercorsi con chi esercita l'attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette,
nonché l'effetto che tale attività ha avuto sull'esercizio dell'impresa sociale e sui suoi risultati.

LA TRASPARENZA DELLE OPERAZIONI «INDOTTE»: ART. 2497-TER


Le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa influenzate,
debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui
valutazione ha inciso sulla decisione. Di esse viene dato adeguato conto nella relazione di cui
all'articolo 2428.
È norma speciale rispetto all’art. 2391 c.c. volta a favorire la tracciabilità. Vanno escluse
dall’ambito
applicativo le operazioni «quotidiane». Non è facile dire quando vi sia «influenza»
87
LA RESPONSABILITA’ DELLA CAPOGRUPPO EX ART. 2497
Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell'interesse
imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei princìpi di corretta gestione societaria e imprenditoriale
delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio
arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali
per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società. ….
Presupposti sostanziali: operazione pregiudizievole e negligente + «condizionamento» colpevole
Distribuzione degli oneri probatori: responsabilità contrattuale o extracontrattuale?
Legittimati attivi: socio + creditore + soggetti di cui al comma 4 (ossia curatori e commissari)
Condizione dell’azione (piuttosto discussa) di cui al comma 3: …possono agire contro la società o
l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società
soggetta alla attività di direzione e coordinamento.

INTERESSE DI GRUPPO E VANTAGGI COMPENSATIVI


Art. 2497, comma 1, ultima frase: …Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del
risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a
seguito di operazioni a ciò dirette.

 Cosa si intende per «interesse di gruppo»?


 Compensazione complessiva o compensazione puntuale?
 Obbligo di indicazione dei VC ai sensi dell’art. 2497-ter?
 Entro quale orizzonte temporale è ammessa la compensazione?
 Scarsa giurisprudenza, dottrina molto divisa.

GLI ALTRI SOGGETTI RESPONSABILI EX ART. 2497 COMMA 2 C.C.


Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi
ne abbia consapevolmente tratto beneficio.
Parte prima: amministratori della H o SUB-H esercente ADR; soci di maggioranza della stessa (se
SRL, opera anche l’art. 2476, comma 7: soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il
compimento di atti dannosi); membri organo di controllo della H o SUB-H
Parte seconda: contraente avvantaggiato nell’operazione

LA TUTELA PREVENTIVA ex art. 2497-quater


Il socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento può recedere:
a. quando la società o l'ente che esercita attività di direzione e coordinamento ha deliberato una
trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale, ovvero ha deliberato una modifica
del suo oggetto sociale consentendo l'esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le
condizioni economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione e
coordinamento;
b. quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita
attività di direzione e coordinamento ai sensi dell'articolo 2497; in tal caso il diritto di recesso può
essere esercitato soltanto per l'intera partecipazione del socio;
c. all'inizio ed alla cessazione dell'attività di direzione e coordinamento, quando non si tratta di
una società con azioni quotate in mercati regolamentati e ne deriva un'alterazione delle
condizioni di rischio dell'investimento e non venga promossa un'offerta pubblica di acquisto.
SONO CASI RARI E NON DEL TUTTO GIUSTIFICATI

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FINANZIAMENTI «INFRAGRUPPO»
Art. 2497-quinquies. Ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione
e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti si applica l'articolo 2467.
Il richiamo all’art. 2467 implica che il rimborso del finanziamento è postergato al soddisfacimento
di tutti gli altri creditori se: a) concesso in un momento di eccessivo squilibrio nell’indebitamento
rispetto al patrimonio netto, o b) in una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato
ragionevole un conferimento. Il legislatore vuole incentivare i conferimenti da parte dei soci in luogo
dei finanziamenti.
Dal 16 marzo 2019 l’art. 2467 non contempla più anche la regola secondo cui, se il finanziamento
è stato rimborsato nell’ultimo anno prima della dichiarazione di fallimento, la somma rifusa deve essere
restituita alla società; e dunque anche ai fini dell’art. 2497-quinquies questa regola non opera più.

LA RESPONSABILITA’ DELLA H PER LE OBBLIGAZIONI DELLE


CONTROLLATE
Le responsabilità «patrimoniale» della H e dei soci di comando in caso di fallimento di una società
controllata:
Dalla teoria del socio tiranno alla teoria della «super società»: l’art. 147, comma 5, l. fall. seconda
parte della giurisprudenza (caso Deiulemar)
Art. 256, co. 5 CCII (non ancora in vigore): Allo stesso modo si procede quando, dopo l’apertura della
procedura di liquidazione giudiziale nei confronti di un imprenditore individuale o di una società, risulta che
l'impresa è riferibile ad una società di cui l’imprenditore o la società è socio illimitatamente responsabile.
Ma devono effettivamente sussistere i presupposti della «società di fatto»

L’INSOLVENZA NEI GRUPPI


 Accertamento «individualizzato» per ogni società componente del gruppo.
 Separatezza delle masse attive e passive anche nelle procedure concorsuali, pur nella
considerazione unitaria del gruppo sul piano delle scelte strategiche.
 Presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza (o di crisi) delle società affiliate da parte
della sola capogruppo.
 Complessa nuova disciplina nel CCII (non ancora entrata in vigore)

LEZIONE 15 – AZIONI PROPRIE O DELLA


CONTROLLANTE – SOCIETÀ EUROPEA

DISCIPLINA ACQUISTO AZIONI PROPRIE: INTERESSI IN GIOCO


L’operazione di acquisto di azioni proprie può ledere diversi interessi:
A. dei creditori sociali, poiché l’effetto pratico è simile a quello di un rimborso dei conferimenti, con
conseguente annacquamento del capitale sociale;
B. della società, in relazione al rischio che gli amministratori effettuino operazioni speculative
sulle azioni della società stessa, con danno di questa (e, nel caso delle quotate, senza
osservare la parità di trattamento dei venditori: sul punto, però l’art. 132 TUF demanda alla
CONSOB una regolamentazione ulteriore);
C. dei soci di maggioranza, in relazione alla possibilità che il diritto di voto sulle azioni acquistate
venga esercitato dagli amministratori.

89
Tuttavia, si tratta di un’operazione che non necessariamente ha carattere frodatorio e che può giovare
alla società, ad esempio al fine di stabilizzare i corsi azionari o per assicurare ai soci un ritorno
finanziario alternativo agli utili. Pertanto, non è radicalmente vietata, ma sottoposta a varie condizioni.

CONDIZIONI GENERALI PER L’ACQUISTO DELLE PROPRIE AZIONI


(ART. 2357)
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve
disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto
azioni interamente liberate.
L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea (ordinaria), la quale ne fissa le modalità,
indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore ai diciotto
mesi, per la quale l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo.
Il valore nominale delle azioni acquistate dalle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio non può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenendosi conto a tale fine anche delle
azioni possedute da società controllate (PER IMPEDIRE CHE L’OPERAZIONE VENGA IMPIEGATA PER
«BLOCCARE UNA SCALATA»).
Le azioni acquistate in violazione delle regole che precedono devono essere alienate secondo
modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve
procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora
l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta
dal tribunale; se non lo fanno, la richiesta può essere fatta anche da un singolo socio.

(SEGUE) ECCEZIONI EX ART. 2357-BIS


Le limitazioni sopra indicate non si applicano quando l’acquisto di azioni proprie avvenga:
1. in esecuzione di una deliberazione dell'assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi mediante
riscatto e annullamento di azioni;
2. a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate;
3. per effetto di successione universale o di fusione o scissione;
4. in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che si
tratti di azioni interamente liberate.
Se il valore nominale delle azioni proprie supera il limite della quinta parte del capitale per effetto
di acquisti avvenuti a norma dei numeri 2), 3) e 4), la parte eccedente deve essere alienata entro tre
anni.

DISCIPLINA DELLE AZIONI PROPRIE (2357-TER)


Gli amministratori non possono disporre delle azioni regolarmente acquistate se non previa
autorizzazione dell'assemblea, la quale deve stabilire le relative modalità. A tal fine possono essere
previste operazioni successive di acquisto ed alienazione.
Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono
attribuiti proporzionalmente alle altre azioni. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono
computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e le
deliberazioni dell'assemblea.
L'acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite
l'iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo.

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DIVIETO DI SOTTOSCRIZIONE DELLE PROPRIE AZIONI (ART. 2357-
QUATER)
NORMA CHE INTRODUCE DELLE PRESUNZIONI EX LEGE MOLTO PARTICOLARI
In linea di principio, la società non può sottoscrivere azioni proprie.
Le azioni sottoscritte in violazione di tale divieto si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai
promotori e dai soci fondatori o, in caso di aumento del capitale sociale, dagli amministratori, a meno
che gli stessi non dimostrino di essere esenti da colpa.
Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della società, azioni di quest'ultima, è
considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni rispondono
solidalmente, a meno che non dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori, i soci fondatori e, nel
caso di aumento del capitale sociale, gli amministratori.

ALTRE OPERAZIONI SULLE PROPRIE AZIONI (ART. 2358)


La società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto
o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni che seguono (IN QUANTO GLI
AMMINISTRATORI POTREBBERO AVVALERSI DI TALI OPERAZIONI PER INFLUIRE SUI CORSI DELLE AZIONI
O PER FAVORIRE MUTAMENTI NELLA COMPAGINE AZIONARIA).
Tali operazioni devono essere preventivamente autorizzate dall'assemblea straordinaria.
Gli amministratori predispongono una relazione che illustri, sotto il profilo giuridico ed economico,
l'operazione, descrivendone le condizioni. Nella relazione gli amministratori devono attestare che
l'operazione ha luogo a condizioni di mercato. La relazione è depositata presso la sede della società
durante i trenta giorni che precedono l'assemblea. Il verbale dell'assemblea, corredato dalla relazione
degli amministratori, è depositato entro trenta giorni per l'iscrizione nel registro delle imprese.

L'importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite per l’operazione non può
eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio
regolarmente approvato, tenuto conto anche dell'eventuale acquisto di azioni proprie. Una riserva
indisponibile pari all'importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite è iscritta al
passivo del bilancio.

ACQUISTO DI AZIONI O QUOTE DELLA CONTROLLANTE (ART. 2359-


BIS)
DISCIPLINA SIMILE A QUELLA DELL’ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE PER STRUTTURA E SCOPI: 1)
PRECLUDERE L’ANNACQUAMENTO DEL CAPITALE; 2) IMPEDIRE CHE GLI AMMINISTRATORI DELLA
CONTROLLANTE POSSANO INFLUIRE SULLA MAGGIORANZA ASSEMBLEARE DI QUESTA ATTRAVERSO
IL VOTO DELLE AZIONI POSSEDUTE DALLE CONTROLLATE.
La società controllata non può acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli
utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.
Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate.
L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea con le stesse modalità che per le azioni proprie.
Il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale della società
controllante qualora questa sia una società che faccia ricorso al mercato del capitale di rischio, tenendosi
conto anche delle azioni possedute dalla medesima società controllante e dalle società da essa
controllate.

91
Una riserva indisponibile, pari all'importo delle azioni o quote della società controllante iscritto
all'attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta nel passivo finché le azioni o quote non siano
trasferite.
La società controllata da altra società non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee di questa.

ALIENAZIONE O ANNULLAMENTO DELLE AZIONI O QUOTE


DELLA CONTROLLANTE (2359-TER)
Le azioni o quote acquistate in violazione delle condizioni di cui sopra devono essere alienate secondo
modalità da determinarsi dall'assemblea entro un anno dal loro acquisto.
In mancanza, la società controllante deve procedere senza indugio al loro annullamento e alla
corrispondente riduzione del capitale, con rimborso del valore di mercato delle azioni alle società
controllate. Qualora l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la
riduzione sia disposta dal tribunale; se non lo fanno, la richiesta può essere fatta anche da un singolo
socio.

ECCEZIONI EX ART. 2359-QUATER


Le limitazioni dell'articolo 2359-bis (v. slide n. 24) non si applicano quando l'acquisto avvenga ai sensi
dei non. 2, 3 e 4 del primo comma dell'articolo 2357-bis (v. slide n. 20).
Le azioni o quote così acquistate, che superino il limite del quinto del capitale sociale della controllante,
devono tuttavia essere alienate, secondo modalità da determinarsi dall'assemblea, entro tre anni
dall'acquisto.
Se il limite del quinto è superato per effetto di circostanze sopravvenute, la società controllante, entro
tre anni dal momento in cui si è verificata la circostanza che ha determinato il superamento del limite,
deve procedere all'annullamento delle azioni o quote in misura proporzionale a quelle possedute da
ciascuna società, con conseguente riduzione del capitale e rimborso alle società controllate. Qualora
l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta
dal tribunale; se non lo fanno, la richiesta può essere fatta anche da un singolo socio.

SOTTOSCRIZIONE DI AZIONI O QUOTE DELLA


SOCIETÀ CONTROLLANTE (ART. 2359-QUINQUIES)
NORMA MOLTO SIMILE A QUELLA SULLA SOTTOSCRIZIONE DI AZIONI PROPRIE
La società controllata non può sottoscrivere azioni o quote della società controllante.
Le azioni o quote sottoscritte in violazione del comma precedente si intendono sottoscritte e devono
essere liberate dagli amministratori, che non dimostrino di essere esenti da colpa.
Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della società controllata, azioni o quote
della società controllante, è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della
liberazione delle azioni o quote rispondono solidalmente gli amministratori della società controllata che
non dimostrino di essere esenti da colpa.

ALTRI LIMITI ALL’ASSUNZIONE DI PARTECIPAZIONI


Art. 2360: È vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca
di azioni, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.
Art. 2361, comma 1: L'assunzione di partecipazioni in altre imprese, anche se prevista genericamente
nello statuto, non è consentita, se per la misura e per l'oggetto della partecipazione ne risulta
sostanzialmente modificato l'oggetto sociale determinato dallo statuto, alterando il tipo di rischio
d’impresa accettato dai soci (che in caso di modifica formale avrebbero diritto di recedere).

92
Comma 2 [già menzionato]: l'assunzione di partecipazioni in altre imprese comportante una
responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere deliberata dall'assemblea; di
tali partecipazioni gli amministratori danno specifica informazione nella nota integrativa del bilancio.
Altri limiti si riscontrano nell’ambito della disciplina sulle società quotate (artt. 120 e 121 TUF): li
esamineremo quando tratteremo dei tratti essenziali di tale disciplina.

LA SOCIETA’ EUROPEA
È un tipo di società per azioni che si caratterizza per il fatto di operare in più paesi dell’Unione Europea
con regole «di diritto comune» autonome da quelle previste dalle singole legislazioni nazionali in
materia della S.p.A.
La Società Europea (SE) non trova le sue principali fonti normative nella legge nazionale, bensì nel
Regolamento comunitario n. 2157/2001 del Consiglio dell’8.10.2001 e nella Direttiva 2001/86/CE
del Consiglio, sempre del 8.10.2001, che completa lo statuto della Società europea per quanto
riguarda il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione della società, coinvolgimento indispensabile affinché
possa costituirsi una SE.

LA SOCIETA’ EUROPEA – LE FONTI


La fonte principale è Il Regolamento n. 2157/2001, entrato in vigore in IT nell’ottobre 2004 e in
subordine:
1. ove espressamente previsto dal Regolamento, le disposizioni dello statuto della SE;
2. le disposizioni di legge adottate dagli Stati membri in attuazione di provvedimenti
comunitari concernenti le SE;
3. le disposizioni di legge degli Stati membri che si applicherebbero a una società per azioni
costituita in conformità della legge dello Stato membro in cui la SE ha la sede sociale;
4. le disposizioni dello statuto della SE, alle stesse condizioni previste per una società per azioni
costituita conformemente alla legge dello Stato membro in cui la SE ha la sede sociale.

MODI DI COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’ EUROPEA


1) Fusione: le società per azioni costituite secondo la legge di uno Stato membro e aventi la sede
sociale e l'amministrazione centrale nella UE, possono costituire una SE mediante fusione se almeno
due di esse sono soggette alla legge di Stati membri differenti.
2) Costituzione di una holding: due o più società possono costituire una SE holding quando sono soggette
alla legge di Stati membri differenti, oppure hanno da almeno due anni un'affiliata soggetta
alla legge di un altro Stato membro o una succursale situata in un altro Stato membro.
3) Società Affiliata: due o più società costituite conformemente alla legge di uno Stato membro e
aventi la sede sociale e l'amministrazione centrale nell’UE, possono costituire, sottoscrivendone le
azioni, una SE affiliata se: sono soggette alla legge di Stati membri differenti, oppure hanno
da almeno due anni un'affiliata soggetta alla legge di un altro Stato membro o una succursale
situata in un altro Stato membro.
4) Trasformazione: una società per azioni costituita conformemente alla legge di uno Stato membro e
avente la sede sociale e l'amministrazione centrale nell’UE, può trasformarsi in una SE se ha da
almeno due anni un'affiliata soggetta alla legge di un altro Stato membro.
5) Costituzione da parte di una SE già esistente: una SE già esistente può costituire altre SE affiliate.

93
SISTEMI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO DELLA SE
Non è previsto, come per nostre S.p.a. il sistema tradizionale, con l’assemblea, il consiglio di
amministrazione e il collegio sindacale.
Si deve scegliere piuttosto tra un sistema dualistico e un sistema monistico. La struttura della SE
comprende cioè, secondo la scelta formalizzata nello statuto:
A) un'assemblea generale degli azionisti;
B’) un organo di direzione affiancato da un organo di vigilanza (sistema dualistico) o
B’’) un organo di amministrazione (sistema monistico).
La norma per noi di maggiore interesse è quella che prevede che una persona giuridica possa
assumere la qualità di componente dell’organo di dir/vig/amm. A tale scopo essa deve nominare
un suo rappresentante persona fisica.

LA DIRETTIVA EUROPEA SULLA «COGESTIONE»


Per dare maggiore impulso alla partecipazione dei lavoratori, le norme relative al ruolo degli
stessi nella SE formano oggetto della Direttiva 2001/86/CE del Consiglio dell'8 ottobre 2001 che
completa lo statuto della SE per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori.
Le disposizioni della Direttiva costituiscono un complemento del regolamento CE e devono essere
applicate contemporaneamente. Questo nesso indissociabile ha però determinato l’insuccesso della SE.
La Direttiva prevede una «delegazione di negoziazione», che rappresenta i lavoratori delle
società partecipanti e delle affiliate, la quale viene formata in modi diversi secondo i vari modi di
costituzione della SE.
Le trattative tra la delegazione dei lavoratori e gli organi della SE dovrebbero durare non oltre 6 mesi
e sfociare in un accordo. In mancanza di questo, i rappresentanti dei lavoratori hanno il diritto di:
1) essere informati e consultati riguardo all’evoluzione dell’attività della SE;
2) incontrare l’organo amministrativo almeno una volta l’anno;
3) ricevere gli ordini del giorno delle riunioni degli organi sociali e tutti i documenti presentati
all’assemblea;
4) essere informati nel caso in cui si verifichino circostanze eccezionali che incidano notevolmente sugli
interessi dei lavoratori.

LEZIONE 16/17 - controlli interni ed


esterni NELLA S.P.A.

SISTEMA TRADIZIONALE - IL COLLEGIO SINDACALE


Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno delle S.p.A. nel sistema tradizionale, con funzioni
di vigilanza sull’amministrazione della società.

COMPOSIZIONE E NOMINA
COMPOSIZIONE:
 composto da 3 o 5 membri effettivi (soci o non soci), e 2 supplenti;
 nelle società quotate il numero dei sindaci può essere determinato liberamente, purché ci
siano almeno 3 sindaci effettivi e 2 supplenti;

94
NOMINA:
 i primi sindaci sono nominati nell’atto costitutivo, i successivi dall’assemblea ordinaria;
 la legge o lo statuto possono riservare la nomina di uno o più sindaci allo Stato o ad enti
pubblici che abbiano partecipazioni nella società;
 lo statuto può altresì riservare la nomina di un sindaco ai possessori di strumenti finanziari
partecipativi;
 nelle quotate, un membro effettivo deve essere nominato dai soci di minoranza [L.20].

REQUISITI DI PROFESSIONALITÀ
Tutti i sindaci devono devono essere scelti tra i professori universitari in materie giuridiche o economiche,
oppure tra gli iscritti in albi professionali, individuati da un Decreto del Ministro della giustizia (=
avvocati, commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro);
Almeno un sindaco effettivo ed un supplente devono essere iscritti nel registro dei revisori contabili;
ma, se lo statuto affida al consiglio sindacale anche la revisione legale dei conti, tutti i sindaci devono
essere iscritti nell’apposito registro dei revisori dei conti;
La legge consente una composizione diversificata (sindaci con qualità professionali diverse), affinché
nell’organo siano presenti le necessarie competenze tecniche.

REQUISITI DI INDIPENDENZA
Per assicurarne l’efficienza e l’indipendenza, non può essere nominato sindaco (ex art. 2399):
a) chi sia interdetto, inabilitato, fallito, o condannato a una pena che importa interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi (come già previsto per
gli amministratori dall’art. 2382);
b) il coniuge, i parenti o gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società o di
società facenti parte del gruppo;
c) coloro che sono legati alla società o a società facenti parte del gruppo da un rapporto di lavoro
subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera
retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che possano comprometterne
l'indipendenza.
Lo statuto può prevedere ulteriori cause di ineleggibilità.

COMPENSO E CUMULO DI INCARICHI


COMPENSO: sempre nell’ottica di garantire l’indipendenza dei sindaci, il loro compenso deve essere
predeterminato (dallo statuto o dall’assemblea all’atto della nomina), e non variare nel corso di carica.
CUMULO DI INCARICHI: per favorire l’efficacia della vigilanza:

 prima di accettare la nomina, i soggetti designati come sindaci devono rendere noti tutti
gli incarichi di amministrazione e controllo ricoperti in altre società;
 lo statuto può prevedere limiti al cumulo di incarichi da parte dei sindaci;
 nelle società quotate o con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico è fissato un limite massimo
dalla Consob a pena di decadenza dalla carica (L.20).

95
CESSAZIONE DALLA CARICA
DURATA: i sindaci restano in carica per tre esercizi sociali e sono rieleggibili.
CAUSE DI CESSAZIONE:
1. MORTE;
2. REVOCA: postula una deliberazione dell’assemblea ordinaria motivata per giusta causa, nonché
l’approvazione del Tribunale;
3. RINUNCIA;
4. DECADENZA: a) se sopraggiunge una causa di ineleggibilità; b) se è sospeso o cancellato dal
registro dei revisori; c) se, senza giustificato motivo, non assiste alle assemblee o, nel corso di un
esercizio sociale, a due riunioni consecutive del cda o del comitato esecutivo ovvero a due riunioni
anche non consecutive del collegio sindacale.

SOSTITUZIONE DEI SINDACI


IPOTESI:
 Quando un sindaco cessa dalla propria carica, subentra automaticamente un supplente; i
supplenti subentrano in ordine di età, fermo restando che un componente del collegio deve
essere iscritto nel registro dei revisori legali dei conti; i supplenti restano in carica fino alla
successiva assemblea, che provvede alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per
integrare l’organo;
 L’assemblea deve essere convocata subito se con il subingresso dei supplenti non si completa il
collegio; i nuovi nominati scadono insieme con i sindaci rimasti in carica.

FUNZIONI GENERALI
Il collegio sindacale:
 vigila sulla legalità dell’amministrazione: verifica che l’attività sociale sia svolta nel rispetto
della legge e dello statuto, nonché dei principi di corretta amministrazione;
 vigilia altresì sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato
dalla società e sul suo concreto funzionamento;
 ha il potere-dovere di intervenire alle riunioni dell’assemblea, del cda e del comitato esecutivo
e di impugnarne le delibere se illegittime;

FUNZIONI CONTABILI
Il collegio sindacale:
 vigila sull’adeguatezza e sull’affidabilità del sistema amministrativo-contabile affidato al
revisore legale;
 nelle società non quotate, il suo consenso è necessario per l’iscrizione all’attivo di alcune voci di
bilancio;
 ha il potere-dovere di formulare proposte all’assemblea in ordine al bilancio e alla sua
approvazione;
 può svolgere la revisione legale dei conti in luogo del revisore esterno, se previsto dallo statuto.

FUNZIONI VICARIE
Al collegio sindacale (CS) sono inoltre devolute per legge funzioni di consulenza propositiva e di
amministrazione attiva (ad es., deve esprimere il proprio parere sulla determinazione da parte dal cda
della remunerazione degli amministratori investiti di particolari compiti). Come si è visto, quando tutti gli
amministratori vengono meno, il CS svolge eccezionalmente funzioni di amministrazione ordinaria e ha
l’obbligo di convocare l’assemblea.

96
Il CS può assumere anche le funzioni dell’organismo di vigilanza (O.d.V.) previsto dalla disciplina sulla
«responsabilità amministrativa degli enti» di cui al d. lgs. n. 231/2001.

CARATTERI DELLA VIGILANZA


La vigilanza del collegio sindacale è:

 salvo specifici atti previsti per legge, di carattere globale e sintetico;


 le modalità sono rimesse alla sua discrezionalità tecnica, peraltro limitata da alcuni principi
messi a punto dal CNDCEC;
 non ha carattere puramente formale: non è limitata al mero riscontro della legittimità estrinseca
dell’operato degli amministratori, ma deve incentrarsi anche sul rispetto sostanziale degli
specifici obblighi di condotta loro imposti, nonché dei principi di corretta amministrazione.
Il collegio sindacale ha il potere-dovere di segnalare all’organo amministrativo e all’assemblea fatti e
comportamenti che a suo avviso esprimono una linea di gestione imprudente e non avveduta.

POTERI DI INFORMAZIONE
Per consentire al collegio l’efficace svolgimento della propria attività, la legge stabilisce a favore
del
collegio sindacale diversi poteri di informazione:
a) non solo i sindaci devono assistere alle riunioni del cda e del comitato esecutivo, ma possono
chiedere notizie sulle operazioni sociali agli amministratori, i quali non possono rifiutarsi di
fornirle;
b) il CS ha il potere-dovere di «scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società
controllate in merito ai sistemi di amministrazione e di controllo e sull’andamento generale
dell’attività sociale»;
c) è espressamente previsto lo scambio tempestivo di informazioni tra il collegio sindacale e i
soggetti incaricati della revisione legale.

POTERI DI SOSTITUZIONE
I sindaci hanno specifici poteri-doveri di iniziativa, in sostituzione dell’assemblea e/o degli
amministratori. In particolare, devono:
a) convocare l’assemblea ed eseguire le pubblicazioni prescritte per legge in caso di omissione
da parte degli amministratori;
b) chiedere al tribunale competente che venga disposta la riduzione del capitale sociale
obbligatoria per legge, qualora l’assemblea non vi provveda e gli amministratori restino inerti.

POTERI ISPETTIVI E PROPULSIVI


I sindaci hanno il potere-dovere di procedere in qualsiasi momento, anche individualmente, ad atti di
ispezione e di controllo.
Il collegio sindacale può, previa comunicazione al presidente del cda, convocare l’assemblea «qualora
nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgenza necessità
di provvedere».
Infine, il CS può promuovere azione sociale di responsabilità contro gli amministratori e sollecitare il
controllo giudiziario sulla gestione se ha fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto
gravi irregolarità nella gestione.

FUNZIONAMENTO DEL COLLEGIO SINDACALE


PRESIDENTE: nominato dall’assemblea; nelle quotate deve essere scelto tra i sindaci eletti dalla
minoranza; se è necessario sostituirlo, la presidenza è assunta sino alla prima assemblea utile dal sindaco
più anziano;
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COLLEGIALITA’: l’organo opera di regola collegialmente, anche se, come si è visto, non mancano specifici
poteri individuali dei sindaci (atti di ispezione e controllo, intervento alle riunioni degli altri organi
sociali). Spetta, in ogni caso, al collegio adottare le decisioni che si rendano necessarie in seguito
ad atti individuali.

RIUNIONI DEL COLLEGIO SINDACALE


RIUNIONI:

 il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni 90 giorni;


 le riunioni possono svolgersi anche con mezzi telematici, se lo statuto lo consente;
 il collegio è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera
a maggioranza assoluta dei presenti;
 deve essere redatto un verbale delle riunioni, sottoscritto da tutti gli intervenuti e trascritto nel
libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale;
 il sindaco dissenziente può far iscrivere a verbale i motivi del suo dissenso.

COLLABORATORI DEI SINDACI


COLLABORATORI:

 i sindaci possono avvalersi, sotto la propria responsabilità e a proprie spese, di dipendenti


e ausiliari per lo svolgimento di specifiche operazioni di ispezione e controllo;
 dipendenti e ausiliari non devono versare in una delle situazioni di ineleggibilità previste
per gli stessi sindaci;
 le società può tuttavia rifiutare a tali collaboratori l’accesso a informazioni riservate (a
differenza che se agissero i sindaci personalmente).

DENUNZIA DEI SOCI DI MINORANZA


Ogni socio può denunciare I fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, che però è obbligato solo
a tenerne conto nella relazione annuale all’assemblea.
Quando tuttavia la denuncia provenga da tanti soci che rappresentino il 5% del capitale sociale (il 2%
per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) o la minor percentuale prevista dallo
statuto, il collegio sindacale deve:

 indagare senza ritardo e presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all’assemblea;


 convocare immediatamente l’assemblea qualora ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e
vi sia urgente necessità di provvedere.

RESPONSABILITÀ DEI SINDACI


Art. 2407: «I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla
natura dell'incarico: è quindi loro richiesta una diligenza professionale.
«sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui
documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio»  RESPONSABILITÀ ESCLUSIVA
dei sindaci.
«sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il
danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro
carica»  RESPONSABILITÀ CONCORRENTE con gli amministratori.
Per le azioni di responsabilità verso i sindaci della società, dei creditori sociali o di singoli soci o terzi si
applicano le norme che già abbiamo visto per gli amministratori.

98
SISTEMA DUALISTICO - IL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA
IL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA IN GENERALE
Ricordiamo che il sistema dualistico prevede la presenza di un consiglio di gestione (che svolge le funzioni
tipiche del cda nel sistema tradizionale) e di un consiglio di sorveglianza.
La revisione legale dei conti è affidata, senza eccezioni, ad un revisore o ad una società di revisione.
Al consiglio di sorveglianza sono attribuite sia le funzioni di vigilanza proprie del collegio sindacale, sia
alcune funzioni che, nel sistema tradizionale, sono proprie dell’assemblea (in specie, è competente per
la nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione e per l’approvazione del bilancio).

COMPOSIZIONE E NOMINA
I componenti del consiglio di sorveglianza:

 possono essere soci o non soci;


 il loro numero, non inferiore a 3, è fissato dallo statuto;
 i primi componenti sono nominati nell’atto costitutivo, i successivi dall’assemblea ordinaria;
tuttavia, la legge o lo statuto possono possono riservare la nomina di uno o più consiglieri di
sorveglianza allo Stato o a enti pubblici che abbiano partecipazioni nella società, nonché
a possessori di strumenti finanziari partecipativi;
 nelle quotate almeno un componente deve essere eletto dalla minoranza.

REQUISITI DI ELEGGIBILITA’
La legge prevede requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza dei consiglieri di sorveglianza.
Nelle società chiuse:
1. almeno un componente deve essere iscritto nel registro dei revisori legali dei conti;
2. non possono essere eletti i componenti del consiglio di gestione, nonché coloro che sono
legati alla società, o a società appartenenti allo stesso gruppo, da un rapporto di lavoro o
continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita che ne possa compromettere
l’indipendenza;
3. operano le cause di ineleggibilità e decadenza previste dall’art. 2382 per gli
amministratori, estese dall’art. 2399 ai sindaci (inabilitato, interdetto, fallito, condannato
ad una pena che importa interdizione dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici
direttivi).
4. Lo statuto può prevedere altri limiti o criteri per il cumulo di incarichi.
Nelle società aperte:
 trovano applicazione in aggiunta i limiti al cumulo di incarichi determinati con regolamento
dalla Consob.
Nelle sole società quotate:
 i consiglieri di sorveglianza devono essere altresì in possesso dei requisiti di professionalità e
onorabilità fissati per decreto dal Ministro della Giustizia;
 si applicano le cause di ineleggibilità suppletive previste per i sindaci dal T.U.F. (= rileva ogni
rapporto patrimoniale capace di comprometterne l’indipendenza: per le sole quotate
opere, quindi, anche la regola dell’ineleggibilità del coniuge, dei parenti e affini entro il
quarto grado degli amministratori).
Lo statuto può prevedere ulteriori requisiti e cause di ineleggibilità o decadenza.

COMPENSO, DURATA E REVOCA


COMPENSO: come per i sindaci, il compenso deve essere predeterminato (dallo statuto o
dall’assemblea), e non può variare in corso di carica.

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DURATA: i consiglieri di sorveglianza restano in carica 3 esercizi sociali (quindi per un triennio) e sono
rieleggibili, salvo diversa disposizione nell’atto costitutivo; la cessazione per scadenza ha effetto dal
momento in cui l’organo è stato ricostituito.
REVOCA: i consiglieri di sorveglianza sono revocabili dall’assemblea anche in assenza di giusta
causa, salvo il diritto al risarcimento dei danni; tuttavia, è necessario che la delibera di revoca sia
approvata con il voto favorevole di almeno 1/5 del capitale sociale.
Non sono previsti supplenti, né altri meccanismi di reintegrazione del collegio; l’assemblea deve sostituire
senza indugio i consiglieri di sorveglianza venuti a mancare per qualsiasi ragione.

ATTRIBUZIONI
1. POTERI E FUNZIONI DEL C.SORV. TIPICHE DEL COLLEGIO SINDACALE:
 vigilanza sull’amministrazione, con i medesimi poteri e diritti di informazione del collegio
sindacale;
 potere-dovere di assistere alle assemblee; potere (ma non dovere) di assistere alle adunanze
del consiglio di gestione (tuttavia nelle società quotate è obbligatoria la presenza di almeno un
consigliere di sorveglianza);
 potere di convocare l’assemblea, previa comunicazione al presidente del consiglio di gestione,
qualora ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgenza di provvedere;
 potere-dovere di sostituirsi agli amministratori in caso di omesso o ingiustificato ritardo nella
convocazione dell’assemblea e nell’esecuzione delle pubblicazioni prescritte ex lege;
 riceve le denunzie dei soci;
 riferisce per iscritto almeno una volta all’anno all’assemblea sull’attività di vigilanza svolta;
 può presentare denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c.;
 a differenza del collegio sindacale non è riconosciuto il potere individuale ai singoli consiglieri
di sorveglianza di esercitare atti di ispezione e controllo; tale potere spetta infatti all’intero
consiglio di sorveglianza, che può esercitarlo tramite un componente appositamente delegato.
L’intera l’attività del consiglio di sorveglianza deve essere documentata in un apposito libro.
2. FUNZIONI del C.SORV. TIPICHE DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA:

 nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione e ne determina il compenso, salvo che lo
statuto attribuisca questa competenza all’assemblea;
 approva il bilancio di esercizio (ma, se la delibera è negativa ovvero un terzo dei consiglieri di
gestione o di sorveglianza lo chiedono, l’approvazione è demandata all’assemblea ordinaria),
fermo restando che la distribuzione degli utili compete all’assemblea;
 promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di
gestione (competenza che comunque conserva anche l’assemblea).
3. FUNZIONI DEL C.SORV. TIPICHE DEL CDA:

 se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni strategiche ed ai piani industriali e
finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione.

100
FUNZIONAMENTO
PRESIDENTE: eletto dall’assemblea; i suoi poteri sono determinati dallo statuto.
RIUNIONI:

 come il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza deve riunirsi almeno ogni 90 giorni,
anche con mezzi di telecomunicazione, se lo statuto lo consente; nelle società quotate deve riunirsi
ogni volta che un componente ne faccia richiesta al presidente, indicando gli argomenti da
trattare;
 il consiglio è validamente costituito con la presenza della maggioranza dei componenti, mentre
le deliberazioni sono assunte a maggioranza assoluta dei presenti; nessuna decadenza è
prevista per gli assenteisti, anche se l’ingiustificata assenza può costituire causa di
decadenza;
 alle deliberazioni del consiglio di sorveglianza si applicano le regole sulla validità e
impugnabilità previste per le delibere del CdA nel modello tradizionale.

RESPONSABILITÀ
È costruita sulle stesse regole che abbiamo visto per il collegio sindacale, salvo il fatto che non è
richiamata la norma sui casi di «responsabilità esclusiva».
I componenti del consiglio di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza
richiesta dalla natura dell’incarico. Essi sono solidalmente responsabili con i componenti del consiglio
di gestione per i fatti e le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe verificato se
avessero vigilato in conformità dei doveri della loro carica.
L’assemblea delibera in merito all’azione sociale di responsabilità nei loro confronti, ma sono
configurabili anche la responsabilità verso i creditori sociali e i singoli soci o terzi, se ne ricorrono
le condizioni.

SISTEMA MONISTICO - Il COMITATO PER IL CONTROLLO


SULLA GESTIONE
IL COMITATO PER IL CONTROLLO SULLA GESTIONE IN GENERALE
Il sistema monistico si caratterizza per la mancanza di un «organo» di vigilanza in senso stretto; le
funzioni di vigilanza che nel sistema tradizionale abbiamo visto proprie del collegio sindacale sono
infatti assegnate a un comitato per il controllo sulla gestione, costituito all’interno del consiglio di
amministrazione. Anche nel sistema monistico, la revisione legale dei conti è affidata, senza eccezioni, a
un revisore o una società di revisione.
Ricordiamo che al c.d.a. del monistico si applicano, in quanto compatibili, le norme dettate per esso nel
sistema tradizionale, con una differenza: almeno 1/3 dei componenti deve possedere i requisiti di
indipendenza previsti per i sindaci nonché, se previsto dallo statuto, quelli previsti da codici di
comportamento redatti da associazioni di categoria o società di gestione di mercati regolamentati.

COMPOSIZIONE DEL COMITATO DI CONTROLLO


 Salvo diversa disposizione statutaria, i componenti (che possono essere anche solo 2) sono nominati
dal c.d.a. fra i consiglieri dotati dei requisiti di indipendenza;
 Almeno uno deve essere iscritto nel registro dei revisori legali dei conti;
 I componenti non possono svolgere, anche di fatto, funzioni esecutive nella società o in società
appartenenti allo stesso gruppo;
 Nelle società aperte, operano i limiti al cumulo di incarichi fissati dalla Consob;
 Nelle quotate, devono essere rispettati anche i requisiti di professionalità e onorabilità fissati
dal Ministro della Giustizia; inoltre è sempre membro del comitato l’amministratore
101
indipendente nominato dalla minoranza.

102
REVOCA DEI COMPONENTI
 Si ritiene, nel silenzio della legge, che lo stesso consiglio di amministrazione possa revocare i
componenti del comitato anche senza giusta causa;
 Concorre, con tale potere, il potere dell’assemblea di revocare (anche senza giusta causa) gli
amministratori, che comporta anche la cessazione dalla carica di componente del comitato per il
controllo sulla gestione eventualmente ricoperta;
 Il c.d.a. provvede alla sostituzione dei componenti del comitato venuti a mancare, per qualsiasi
ragione, scegliendo fra gli amministratori dotati dei requisiti di indipendenza; se non vi sono
amministratori eleggibili, il c.d.a. provvede a cooptare nuovi consiglieri/componenti del comitato,
che restano in carica sino alla prima assemblea (che dovrà confermarli o meno sino alla scadenza
del triennio).

ATTRIBUZIONI
Sostanzialmente, le funzioni sono coincidenti con quelle del collegio sindacale, ossia il Comitato di
controllo:

 vigila sulla legittimità e correttezza dell’amministrazione, nonché sull’adeguatezza della


struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema
amministrativo e contabile;
 è destinatario delle denunzie dei soci e può a sua volta presentare denunzia al tribunale ex art.
2409 c.c. ove riscontri gravi irregolarità o fatti di gestione potenzialmente dannosi;
 i suoi componenti devono assistere alle assemblee, alle adunanze del consiglio di
amministrazione e del comitato esecutivo, ma (a differenza che per i sindaci) non è causa di
decadenza automatica l’assenza ingiustificata, a meno che non si verifichi ripetutamente;
 deve scambiarsi le opportune informazioni con il revisore legale dei conti. Ha verso gli organi
delegati gli stessi poteri di informazione che spettano in generale ai consiglieri di
amministrazione nel modello tradizionale.
Inoltre, nelle società quotate:

 ha gli stessi poteri e diritti di informazione del collegio sindacale;


 può procedere collegialmente in ogni momento ad atti di ispezione e controllo;
 può avvalersi della collaborazione di dipendenti della società e convocare il c.d.a. o il comitato
esecutivo (ma non l’assemblea)  questi poteri sono anche esercitabili individualmente da
ciascun membro.

FUNZIONAMENTO
PRESIDENTE: eletto dal comitato al suo interno.
RIUNIONI:

 il comitato deve riunirsi almeno ogni 90 giorni;


 è regolarmente costituito con la presenza (assicurata anche con mezzi di telecomunicazione)
dalla maggioranza dei componenti;
 delibera a maggioranza assoluta dei presenti;
 nelle quotate, ciascun componente può chiedere al presidente la convocazione del comitato,
indicando gli argomenti da trattare.

103
LA REVISIONE LEGALE DEI CONTI
La revisione legale è esercitata da un revisore legale o da una società di revisione iscritti nel Registro
dei revisori legali dei conti, oppure, se lo statuto lo prevede nel modello tradizionale delle
società chiuse, dal collegio sindacale.
 Il Ministero dell’Economia e delle finanze esercita la vigilanza sugli iscritti nel Registro, può
comminare sanzioni proporzionate alla gravità delle irregolarità od omissioni accertate, e
sottopone almeno ogni 6 anni i revisori a controllo della qualità.
 Il revisore esterno è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo; successivamente
l’incarico è conferito dall’assemblea su proposta motivata dell’organo di controllo.
 La disciplina della revisione legale dei conti è fortemente implementata con riguardo alle
società quotate (L. 20).

INDIPENDENZA DEL REVISORE


Il revisore legale o la società di revisione devono essere soggetti indipendenti dalla società e non
devono essere in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale:
 la legge prevede che fra la società revisionata e il revisore, o la rete professionale di cui fa
parte, non devono sussistere relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro, o di altro genere,
anche indirette, tali da indurre un terzo informato, obiettivo e razionale a concludere
che l’indipendenza del revisore è compromessa;
 il revisore deve dotarsi di procedure idonee a prevenire e rilevare tempestivamente situazioni
che possano compromettere la sua indipendenza e, qualora si verifichino, di procedure idonee
a ridurne il rischio;
 nei casi più gravi, deve astenersi dall’effettuare la revisione legale (= non accettare
l’incarico/rinunciarvi).

COMPENSO
Il compenso del revisore:
 è determinato dall’assemblea all’atto di nomina per l’intera durata dell’incarico, in misura
sufficiente a garantire la qualità e l’affidabilità dei lavori;
 può essere adeguato durante l’incarico sulla base di criteri oggettivi predeterminati
dall’assemblea all’atto di nomina;
 non può essere subordinato ad alcuna condizione, né dipendere dall’esito della revisione;
 non può infine dipendere in alcun modo dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte del
revisore o della rete professionale di cui fa parte.

DURATA E CESSAZIONE
L’incarico ha durata triennale (di 3 esercizi sociali), con scadenza alla data dell’assemblea per
l’approvazione del bilancio, ed è rinnovabile senza limiti. Cause di cessazione prima della scadenza:
1. REVOCA: possibile, da parte dell’assemblea, solo per giusta causa, ricorrendo una delle
circostanze individuate nella normativa regolamentare (= d.m. economia e finanze n. 261 del
18.12.2012);
2. RINUNCIA: la normativa regolamentare individua anche i casi in cui il revisore può dimettersi;
3. SCIOGLIMENTO DEL CONTRATTO: società e revisore possono decidere di porre fine al
rapporto di comune accordo o prevedendo cause di recesso.
In ogni caso, la società provvede tempestivamente a nominare un nuovo revisore; fino a quel momento
resta in carica il vecchio revisore.

104
FUNZIONI GENERALI
Funzione principale (ma non esclusiva) è quella di controllare la regolare tenuta della contabilità ed
esprimere un giudizio sul bilancio d’esercizio e sul bilancio consolidato; in particolare, il revisore deve:

 verificare nel corso dell’intero esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta
rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture;
 verificare che il bilancio di esercizio (e quello consolidato) siano conformi alle registrazioni e
alle norme contabili, per l’effetto di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale e finanziaria, e il risultato economico dell’esercizio  il giudizio sul bilancio lascia
impregiudicato il potere dell’assemblea di approvare o meno il bilancio, tuttavia incide
sulla disciplina dell’impugnativa della deliberazione di approvazione del bilancio.
Al revisore sono inoltre affidate funzioni di consulenza per particolari operazioni.

FLUSSI INFORMATIVI
Il revisore ha diritto di ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili per la revisione e può
procedere autonomamente ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione.
Revisore e il collegio sindacale si scambiano tempestivamente le informazioni rilevanti per l’espletamento
dei propri compiti.
Speciali poteri di informazione (verso gli amministratori e i revisori delle società controllate) sono
attribuiti al revisore della capogruppo, in quanto responsabile per il giudizio espresso dal bilancio
consolidato. Il revisore deve conservare i documenti e le carte di lavoro per 10 anni dalla data
della relazione di revisione, in modo da consentire successive verifiche da parte dell’organo di
controllo.

RESPONSABILITÀ
Al pari di quanto abbiamo visto per i sindaci, il revisore deve adempiere i propri doveri con
diligenza professionale; è responsabile della verità delle sue attestazioni e deve conservare il segreto
su fatti e documenti di cui abbia conoscenza per ragioni del suo ufficio.
Nei confronti della società che ha conferito l’incarico, dei suoi soci e dei terzi, il revisore risponde in
solido con gli amministratori per i danni derivanti dall’inadempimento dei loro doveri.
L’azione di responsabilità si prescrive in 5 anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio
emessa al termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione.

L’ORGANISMO DI VIGILANZA
L’organismo di vigilanza previsto nel d.lgs. n. 231/2001 è un organo incaricato di vigilare sul
funzionamento, l’osservanza e l’aggiornamento dei modelli di organizzazione e di gestione (MOG)
predisposti dagli amministratori al fine di prevenire la commissione di reati dai quali può conseguire la
«responsabilità amministrativa» della società.
La sua costituzione è facoltativa; tuttavia, la mancata adozione ed attuazione di un modello di
prevenzione dei reati, nonché la mancata istituzione dell’O.d.V., comportano la responsabilità degli
amministratori verso la società, per il danno da questa subìto in seguito alla sanzione amministrativa
da reato.
Nelle società di capitali l’O.d.V. può anche identificarsi con l’organo di controllo; negli enti di
piccole dimensioni i compiti dell’organismo di vigilanza possono essere svolti direttamente dallo stesso
organo amministrativo; altrimenti, è diffusa una composizione mista (= un membro dell’organo di
controllo + il responsabile delle funzioni di controllo interno + un professionista esterno).
La legge stabilisce che, laddove costituito, l’O.d.V. deve essere dotato di autonomi poteri di iniziativa e
controllo.
105
I CONTROLLI «ESTERNI»
FORME DI CONTROLLO «ESTERNO» SULLA GESTIONE
Il controllo giudiziario è una delle forme di controllo esterno.
Il controllo esterno può essere i due tipi:

 affidato ad un’autorità giurisdizionale (controllo giudiziario, previsto per tutte le S.p.A.);


 affidato ad un’autorità amministrativa (Consob, BCE/Banca d’Italia, IVASS, nei settori con forte
interesse pubblico).
Il controllo giudiziario è una forma di intervento dell’autorità giudiziaria nella vita della società volta
a ripristinare la legalità dell’amministrazione.

IL CONTROLLO GIUDIZIARIO: PRESUPPOSTI E LEGITTIMATI


PRESUPPOSTO OGGETTIVO: fondato sospetto di gravi irregolarità nella gestione da parte degli
amministratori, che possano arrecare danno alla società o a società da questa controllate.
LEGITTIMATI ATTIVI:
a. soci che rappresentino almeno 1/10 del capitale sociale (5% nelle soc. aperte);
b. collegio sindacale/altro organo di controllo;
c. Pubblico Ministero (solo per le società aperte);
d. Consob (solo per società quotate);
e. commissario giudiziale o straordinario (nelle proc. conservative dell’impresa).

IL CONTROLLO GIUDIZIARIO: IL PROCEDIMENTO


Fase iniziale: il Tribunale deve sentire gli amministratori e può fare eseguire un’ispezione
dell’amministrazione da un consulente delegato; la società può però evitare l’ispezione sostituendo
amministratori e sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che accertino ed eventualmente
eliminino le irregolarità, riferendo poi in proposito al Tribunale;
Se le violazioni non vengono eliminate: il Tribunale può adottare gli opportuni provvedimenti provvisori
per evitare il ripetersi di irregolarità e, nei casi più gravi, revocare tutti gli amministratori ed
eventualmente anche i sindaci, nominando un amministratore giudiziario, il quale può promuovere
l’azione di responsabilità verso i vecchi amministratori e sindaci;
Chiusura della procedura: l’amministratore giudiziario deve rendere conto al Tribunale e convocare
l’assemblea per la nomina di nuovi amministratori e sindaci, la messa in liquidazione della società o
l’ammissione a una procedura concorsuale.

IL SISTEMA DEI CONTROLLI ESTERNI NELLE S.P.A. QUOTATE: LA


CONSOB
La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) è stata istituita con la legge n. 216 del
7 giugno 1974.
La CONSOB è:
 un’autorità amministrativa indipendente;
 dotata di personalità giuridica;
 con piena autonomia organizzativa.
Il suo compito principale è regolamentare e vigilare i mercati finanziari italiani con l’obiettivo precipuo
di tutelare gli investitori, promuovere l’efficienza e la trasparenza del mercato dei capitali e del
controllo.

106
LE FUNZIONI DI REGOLAMENTAZIONE DELLA CONSOB
La Consob provvede, nel quadro dei principi posti dal legislatore nel T.U.F., alla disciplina, fra l’altro:

 dei servizi di investimento;


 della redazione e pubblicazione dei prospetti informativi;
 delle procedure per lo svolgimento delle OPA e delle OPV/S;
 degli obblighi informativi delle società quotate verso il mercato, tra cui l’informativa periodica
(approvazione del bilancio, relazione semestrale e trimestrale) e sui fatti rilevanti (fusioni,
aumenti di capitale, etc.).

LE FUNZIONI DI VIGILANZA DELLA CONSOB


La CONSOB:
 controlla la completezza delle informazioni contenute nei documenti contabili e informativi delle
società quotate e nei documenti redatti dai revisori legali dei conti;
 verifica l’informativa che le società quotate forniscono al mercato su temi cd. price sensitive;
 analizza e autorizza le operazioni di sollecitazione del pubblico risparmio (in specie le offerte
pubbliche di acquisto e scambio).

I SOGGETTI VIGILATI DALLA CONSOB


La Consob attua una vigilanza cd. cartolare, ispettiva e sanzionatoria, fra l’altro:

 sulle società di gestione dei mercati, sui mercati regolamentati, sugli scambi organizzati di
strumenti finanziari;
 sulle società quotate;
 sui soggetti che prestano servizi di investimento;
 sui soggetti che effettuano contrattazioni nei mercati regolamentati;
 sui promotori finanziari;
 sui soggetti che promuovono sollecitazioni all’investimento di strumenti finanziari.

LEZIONE 18 - IL BILANCIO

LIBRI SOCIALI OBBLIGATORI


Libri sociali obbligatori per le S.p.A. (art. 2421):
1. libro dei soci  numero di azioni emesse, nome e cognome dei titolari delle azioni
nominative, trasferimenti e vincoli, versamenti eseguiti; annullamenti dei titoli azionari,
eventuale ammortamento e rilascio di duplicati;
2. libro delle obbligazioni  ammontare obbligazioni emesse e obbligazioni estinte, nome e
cognome titolari di obbligazioni nominative, trasferimenti e vincoli;
3. libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee  tutti i verbali, anche se redatti
per atto pubblico;
4. libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione;
5. libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale (ovvero del consiglio di
sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione);
6. libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo (se tale organo è stato
istituito);
7. libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti;
8. libro degli strumenti finanziari di partecipazione ad uno specifico affare.

107
Tutti i libri devono essere numerati progressivamente per ogni pagina e bollati in ogni foglio.

BILANCIO DI ESERCIZIO
Il BILANCIO DI ESERCIZIO è il documento contabile che rappresenta in modo chiaro, veritiero e corretto,
la situazione patrimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio, nonché il risultato
economico dell’esercizio stesso (ossia gli utili conseguiti o le perdite subite nell’esercizio).
La sua funzione è accertare periodicamente la situazione del patrimonio (aspetto statico) e la
redditività (aspetto dinamico) della società.
Nelle S.p.A. costituisce allo stesso tempo uno strumento essenziale di informazione dei soci e dei terzi.

EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA SUL BILANCIO


 La disciplina civilistica è stata profondamente innovata dal d.lgs. 9.04.1991 n. 127 per
dare attuazione alla 4° e alla 7° direttiva comunitaria;
 ulteriori modifiche nel 2003;
 da ultimo altre modifiche sono state recate dal d.lgs. 18.08.2015 n. 139, per dare
attuazione alla direttiva 2013/34/UE (che sostituisce le direttive precedenti), con efficacia a
partire dai bilanci relativi all’esercizio 2016.
Con tali riforme è stato aggiunto un 4° documento (oltre a conto economico, stato patrimoniale e nota
integrativa) per le società più importanti, ossia il rendiconto finanziario.
Inoltre, è stata introdotta una nuova categoria (le cd. microimprese) per le quali non solo non è necessario
il rendiconto finanziario, ma non è richiesta nemmeno la nota integrativa, purché ci siano alcune
informazioni particolari nello stato patrimoniale.

PRINCIPI CONTABILI
NAZIONALI: è espressamente riconosciuto il ruolo dell’Organismo italiano di contabilità (OIC)
nell’emanare i principi contabili nazionali  regole tecniche ispirate alle migliori prassi operative; non
hanno valore regolamentare e non sono vincolanti, ma forniscono utili ed autorevoli indicazioni per la
corretta applicazione delle norme di cui al c.c.
INTERNAZIONALI: già dal 2005 alcune società (società con azioni/altri strumenti finanziari quotati o
diffusi in maniera rilevante tra il pubblico e società che svolgono particolari attività specificate
dalla legge) sono obbligate/hanno la facoltà, di redigere i bilanci in base ai principi contabili
internazionali.
I principi contabili internazionali riconosciuti dall’UE sono emanati dall’International Accounting
Standard Board (IASB): IAS (International Accounting Standard), IFRS (International Financial Reporting
Standard); interpretazioni degli stessi sono elaborate dallo IASB.

LE «CLAUSOLE GENERALI»
Art. 2423, 2° comma: «Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in
modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato
economico dell'esercizio.»
Chiarezza dell’informazione e rappresentazione veritiera e corretta costituiscono vere e proprie clausole
generali sovraordinate, che integrano e completano la normativa di dettaglio:
1. è obbligatorio fornire le informazioni ulteriori necessarie, se quelle richieste da specifiche
disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non sono sufficienti a dare una
rappresentazione veritiera e corretta;
2. le specifiche disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non devono essere
applicate se, in casi eccezionali, la loro applicazione è incompatibile con la rappresentazione
veritiera e corretta (in tal caso le deroghe vanno motivate).
108
ALTRI PRINCIPI DI REDAZIONE DEL BILANCIO
1. La valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva
di continuazione dell’attività, al fine di evitare che dal bilancio risultino utili non
effettivamente realizzati alla chiusura dell’esercizio (disciplina nazionale e principi internazionali
danno attuazione a tale principio in modo non sempre coincidente);
2. allo stesso tempo, si deve tener conto «della sostanza dell’operazione o del contratto» al fine di far
prevalere quest’ultima nel caso di contrasto con i criteri formali di iscrizione in bilancio (c.d. principio
di prevalenza della sostanza sulla forma);
3. si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio (= quelli di cui si è
verificata la causa durante l’esercizio) indipendentemente dalla data di incasso o di pagamento,
nonché dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio anche se conosciuti dopo la chiusura
dello stesso ma prima della redazione del bilancio;
4. i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro (c.d. principio di
continuità), se non in casi eccezionali e con l’obbligo degli amministratori di motivare la deroga
nella nota integrativa e illustrarne l’influenza;
5. gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente;
6. è possibile non rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e
informativa, quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di fornire una
rappresentazione veritiera e corretta (c.d. principio di rilevanza).

STRUTTURA DEL BILANCIO SECONDO IL C.C.


Il bilancio di esercizio si articola in quattro documenti:
STATO PATRIMONIALE: rappresenta in modo sintetico la composizione del patrimonio sociale (attività
e passività) e la situazione finanziaria al momento della chiusura dell’esercizio.
CONTO ECONOMICO: espone il risultato economico dell’esercizio (utile o perdita) attraverso la
rappresentazione dei costi e degli oneri sostenuti, nonché dei ricavi e degli altri proventi conseguiti
nell’esercizio (dice «cosa è successo» durante l’esercizio sociale).
NOTA INTEGRATIVA: dà informazioni di dettaglio ed esplicative, per una migliore comprensione degli
altri due documenti «numerici» (ad es., sui rapporti con le imprese controllanti, compensi degli
amministratori, composizione finanziamenti soci, ecc.).
RENDICONTO FINANZIARIO: consente di analizzare la dinamica finanziaria (cash flows, flussi in
entrata e in uscita) di un’impresa.
1. Le singole voci devono essere inserite nello stato patrimoniale e nel conto economico secondo l’ordine
tassativo fissato per legge;
2. le voci sono organizzate in grandi categorie omogenee, a loro volta articolate in sottocategorie, in
voci e in alcuni casi anche in sotto voci;
3. per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo della
voce corrispondente dell’esercizio precedente;
4. è vietato il compenso di partite (cioè la somma algebrica di attività e passività o costi e ricavi che
per legge devono essere iscritti distintamente);
5. il bilancio deve essere redatto in unità di euro senza cifre decimali; tuttavia, la nota integrativa può
essere redatta in migliaia di euro.

109
STATO PATRIMONIALE SECONDO IL C.C.
STATO PATRIMONIALE: deve essere redatto nella forma a colonne contrapposte; vanno iscritte
prima le attività, poi il patrimonio netto e le passività (art. 2424).
A. ATTIVO:
A. CREDITI VERSO SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI;
B. IMMOBILIZZAZIONI (=vengono utilizzati nell’impresa per più di un anno) distinte in 3
sottocategorie:
B-I) IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI: articolate in 7 voci tra cui, ad es., costi di impianto e
di ampliamento (B-I-1) e avviamento (B-I-5);
B-II) IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI: articolate in 5 voci tra cui, ad es., terreni e fabbricati
(B-II-1) e attrezzature industriali e commerciali (B-II-3);
B-III) IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE: comprendono partecipazioni azionarie e non
(articolate in 5 sotto voci), crediti (articolati in 5 sotto voci), altri titoli finanziari e derivati attivi;
A. ATTIVO CIRCOLANTE a sua volta distinto in:
C-I) RIMANENZE: articolate in 5 voci tra cui, ad es., rimanenze di materie prime, sussidiarie e
di consumo (C-I-1), di prodotti in corso di lavorazione (C-I-2) e di prodotti finiti e merci (C-I-4);
C-II) CREDITI che non costituiscono immobilizzazioni, articolati in 8 voci con distinta
indicazione dei crediti tributari e delle imposte anticipate;
C-III) ATTIVITÀ FINANZIARIE che non costituiscono immobilizzazioni, fra le quali vanno
inserite le partecipazioni, strumenti finanziari, derivati attivi e altri titoli di cui si prevede
l’alienazione in tempi brevi;
C-IV) DISPONIBILITÀ LIQUIDE, distinte in 3 voci tra cui i depositi bancari e il denaro in cassa.
A. RATEI E RISCONTI (ATTIVI): ratei attivi = quote di proventi comuni a più esercizi, di competenza
dell’esercizio ma esigibili in esercizi successivi; risconti attivi = quote di costi comuni a più esercizi,
sostenuti nell’esercizio, ma di competenza di esercizi successivi.
B. PASSIVO:
A. PATRIMONIO NETTO composto da capitale sociale nominale (A-I) e i diversi tipi di riserve,
distinte a seconda della fonte.
B. FONDI PER RISCHI ED ONERI: accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti incerti o
probabili, ma dei quali alla chiusura dell’esercizio risulta ancora indeterminato l’ammontare o
la data di sopravvenienza;
C. TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO;
D. DEBITI, distinti in 15 voci;
E. RATEI E RISCONTI (PASSIVI).

CONTO ECONOMICO SECONDO IL C.C.


CONTO ECONOMICO: deve essere redatto in forma espositiva scalare (art. 2425), con esposizione in
un’unica sequenza prefissata dei componenti positivi e negativi del reddito. È articolato in 4 sezioni
scalari:
A. VALORE DELLA PRODUZIONE (voci 1-5);
B. COSTI DELLA PRODUZIONE (voci 6-14 con sotto voci);
C. PROVENTI ED ONERI FINANZIARI (voci 15-17-bis con sotto voci);
D. RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITÀ E PASSIVITÀ FINANZIARIE (voci 18-19 con sotto voci).
Con la riforma del 2015 è stata soppressa la quinta sezione (proventi ed oneri straordinari), che
va quindi ricompresa nelle altre voci.
La somma algebrica dei totali parziali dà il risultato globale di esercizio, che va indicato prima al lordo,
poi al netto delle imposte sul reddito: così si ottiene l’utile o la perdita di esercizio da riportare
nello stato patrimoniale.

110
RENDICONTO FINANZIARIO SECONDO IL C.C.
RENDICONTO FINANZIARIO: i flussi finanziari devono essere raggruppati in tre classi (art. 2425-ter):
A. FLUSSI FINANZIARI DELL’ATTIVITÀ OPERATIVA (flussi relativi all’esercizio dell’attività
produttiva principale, es. incassi della vendita di beni e servizi, pagamenti a fornitori e
dipendenti, ecc.);
B. FLUSSI FINANZIARI DERIVANTI DALL’ATTIVITÀ DI INVESTIMENTO (flussi relativi alla
realizzazione o smobilizzazione di investimenti: ad es. acquisto/sottoscrizione di partecipazioni
o incassi per vendita di partecipazioni);
C. FLUSSI FINANZIARI DERIVANTI DALL’ATTIVITÀ FINANZIARIA (incassi derivanti dalle
operazioni con cui la società si procura nuovo capitale o nuovi finanziamenti, nonché
pagamenti per la corresponsione di dividendi o interessi, per la restituzione e il rimborso di
prestiti).
I flussi derivanti da operazioni con i soci devono avere autonoma indicazione.

NOTA INTEGRATIVA E RELAZIONE SECONDO IL C.C.


NOTA INTEGRATIVA: il contenuto è fissato dagli artt. 2427, 2427-bis e numerose altre norme.
Fornisce informazioni integrative su: situazione patrimoniale e finanziaria, risultato economico di
esercizio, compensi di amministratori e sindaci, azioni e altri strumenti finanziari emessi dalla società,
finanziamenti dei soci, operazioni con parti correlate. si chiude con la proposta degli amministratori
all’assemblea sulla destinazione degli utili o sulle modalità di copertura delle perdite.
RELAZIONE SULLA GESTIONE: allegato «esterno» al bilancio con funzione di resoconto sulla gestione
della società e sulle sue prospettive; deve contenere un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente della
situazione della società e dell’andamento della gestione della società nel suo complesso e nei vari settori,
oltre della gestione delle controllate nel suo complesso.

CRITERI DI VALUTAZIONE NEL C.C.


La redazione del bilancio comporta, per molti cespiti, stime da parte degli amministratori per
determinare il valore da iscrivere a bilancio  per ridimensionare la discrezionalità, sono dettati principi
generali (prudenza e continuità), ma anche criteri di valutazione. Il criterio base accolto dal c.c. è
quello del costo storico di acquisto o produzione del bene.
• IMMOBILIZZAZIONI (di ogni tipo): costo storico, nel quale vanno computati anche i costi
accessori;
• AMMORTAMENTI: il valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali il cui impiego è
limitato nel tempo deve essere ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua
possibilità di utilizzazione, attraverso la riduzione del valore iscritto all’attivo dello stato
patrimoniale;
• PARTECIPAZIONI: le immobilizzazioni costituite da partecipazioni in imprese controllate o
collegate possono essere valutate, anziché al costo, col metodo del patrimonio netto
(iscrivendo a bilancio un importo pari alla corrispondente quota, opportunamente rettificata, del
patrimonio netto della società partecipata risultante dall’ultimo bilancio);
• TITOLI: le immobilizzazioni finanziarie costituite da titoli sono valutate con il criterio del costo
ammortizzato (applicabile in generale a crediti e debiti), ove le caratteristiche del titolo lo
consentano;
• COSTI PLURIENNALI: i costi di impianto, ampliamento e sviluppo possono essere iscritti all’attivo
solo se hanno utilità pluriennale; devono essere ammortizzati in un periodo non superiore a 5
anni, salvo che per i costi di sviluppo; fino a quando l’ammortamento non è completato, non si
possono distribuire dividendi se non residuano riserve disponibili sufficienti a coprire la parte
non ancora ammortizzata;
• AVVIAMENTO: può essere iscritto all’attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del
costo per esso sostenuto;
• CREDITI: valutati sempre secondo il valore di presumibile realizzo;

111
• RICAVI E COSTI GENERATI DA UN CREDITO O DEBITO (es. interessi, sconti, premi, ecc.):
devono essere ripartiti in parti uguali su tutta la durata di quel rapporto ed imputati pro
quota ad ogni esercizio (criterio del costo ammortizzato);
• STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI: iscritti al fair value (se determinabile in modo attendibile);
• ATTIVO CIRCOLANTE: i cespiti diversi da crediti e debiti devono essere iscritti al costo di
acquisto o di produzione oppure, se minore, al valore di realizzo desumibile
dall’andamento del mercato (quest’ultimo non può però essere mantenuto nei successivi
esercizi se ne vengono meno i motivi); i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti
sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza (in tal caso le
oscillazioni del prezzo di mercato sono irrilevanti);
• OPERAZIONI IN VALUTA STRANIERA: attività e passività monetarie devono essere iscritte
al tasso di cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio; quelle non monetarie (che non
hanno ad oggetto crediti pecuniari) devono essere iscritte al tasso di cambio alla data di
acquisto;
• DEROGHE: se l’applicazione di tali principi, in casi eccezionali, non permette la
rappresentazione veritiera e corretta, la legge impone di derogarvi, purché ne sia data
motivazione nella nota integrativa e gli eventuali utili risultanti dalla deroga siano iscritti in
un’apposita riserva (non distribuibile finché il maggior valore iscritto non si sia realizzato).

MODELLI DI BILANCIO SEMPLIFICATI


A. BILANCIO IN FORMA ABBREVIATA (art. 2435-bis)  società che non hanno emesso titoli
quotati in mercati regolamentari e che, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi di
fila non abbiano superati due dei seguenti limiti:
a) totale attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;
b) ricavi di vendite e prestazioni: 8.800.000 euro;
c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità.
Nel bilancio in forma abbreviata:

 è ridotto il numero di voci di stato patrimoniale e conto economico, nonché le indicazioni richieste
nella nota integrativa;
 il rendiconto finanziario può essere omesso, così come la relazione sulla gestione a condizione
che la nota integrativa contenga le informazioni richieste dai nn. 3 e 4 dell’art. 2428;
 sono semplificati i criteri di valutazione di titoli, crediti e debiti.
B. BILANCIO DELLE MICRO-IMPRESE (art. 2435-ter, introdotto nel 2015)  società che non hanno
emesso titoli quotati in mercati regolamentari e che, nel primo esercizio o, successivamente, per
due esercizi di fila non abbiano superati due dei seguenti limiti:
 totale attivo dello stato patrimoniale: 175.000 euro;
 ricavi di vendite e prestazioni: 350.000 euro;
 dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.
Oltre alle semplificazioni previste per il bilancio in forma abbreviata, ed altre concernenti i criteri di
valutazione, nel bilancio delle microimprese è consentito omettere anche la nota integrativa, purché in
calce allo stato patrimoniale risultino le informazioni richieste dai nn. 9 e 16 dell’art. 2427.

STRUTTURA DEL BILANCIO SECONDO I PRINCIPI CONTABILI


INTERNAZIONALI
Il bilancio redatto secondo i principi internazionali ha una struttura più articolata; oltre al prospetto
della situazione patrimoniale-finanziaria (equivalente allo stato patrimoniale), al conto economico
complessivo (equivalente al conto economico) e alle note di bilancio (equivalente alla nota integrativa),
si compone di un ulteriore documento: il prospetto delle variazioni del patrimonio netto.

112
A differenza della disciplina del c.c., però, non sono previsti schemi rigidi di bilancio, ma solo le
informazioni minime da esporre in ciascuna parte. Spetta agli amministratori raggruppare tali
informazioni in voci omogenee in modo tale da fornire un’indicazione che sia il più possibile chiara ed
attendibile.

CRITERI DI VALUTAZIONE NEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI


FAIR VALUE: corrispettivo al quale un bene potrebbe essere scambiato, o un debito estinto, in una
transazione fra parti consapevoli ed indipendenti (valore di scambio o di mercato); ampiamente
utilizzato.

 INVESTIMENTI IN IMMOBILI: rilevati per la prima volta in bilancio al costo storico di acquisto,
comprensivo dei costi accessori; nei bilanci successivi gli amministratori possono scegliere se
conservare tale valore, oppure optare per il fair value (in ogni caso, tutti con lo stesso criterio);
 IMPIANTI, MACCHINARI E IMMOBILI PER USO PROPRIO: rilevati per la prima volta in bilancio
al costo storico di acquisto o produzione, comprensivo dei costi accessori; in seguito, vanno
rivalutati in base al fair value (obbligatoriamente);
 BENI IMMATERIALI: ove non diversamente previsto da criteri speciali, devono essere iscritti a
bilancio quando è probabile che generino futuri benefici economici ed è possibile determinarne il
costo in modo attendibile (al valore di costo);
 AVVIAMENTO: può essere iscritto all’attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo
sostenuto; non deve essere ammortizzato, ma solo svalutato in caso di perdita durevole di valore;
 ATTIVITÀ FINANZIARIE (crediti, partecipazioni, strumenti finanziari derivati): iscritte al fair value
alla data di riferimento del bilancio o, se non è possibile determinarlo, al costo. Eccezioni:
partecipazioni in società controllate o collegate (i due criteri sono alternativi) e finanziamenti, crediti
e investimenti che la società intende possedere fino alla loro scadenza (fair value solo per la prima
iscrizione);
 RIMANENZE: costo di acquisto o produzione oppure, se minore, valore di realizzo;
 LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE: sulla base di costi e ricavi attendibilmente stimati in
base allo stato di avanzamento dei lavori;
 OPERAZIONI IN VALUTA ESTERA: a) se contabilizzate al valore del costo storico, iscritte al tasso
di cambio del momento di acquisto; b) se contabilizzate al fair value, iscritte al tasso di cambio in
vigore al momento in cui è stato determinato il fair value; c) se attività o passività in denaro, iscritte
al tasso di cambio in vigore alla data di riferimento del bilancio;
 DEROGHE: deroga obbligatoria se, in casi eccezionali, l’applicazione conduca ad una
presentazione non corretta e veritiera, purché la deroga sia motivata e gli eventuali utili
risultanti dalla deroga siano iscritti in apposita riserva non distribuibile.

PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL BILANCIO


1. REDAZIONE: il progetto di bilancio è redatto dagli amministratori (che nelle quotate si avvalgono
del «dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili»);
a. Allegati: se si tratta di società capogruppo, al bilancio devono essere allegati copie
integrali dell’ultimo bilancio approvato delle controllate ed un prospetto riepilogativo
dei dati essenziali delle società collegate; nelle quotate, va allegata anche una relazione
sul bilancio sottoscritta da amministratori e dirigente preposto che attesti la conformità del
bilancio rispetto alle risultanze delle scritture contabili e ai principi contabili internazionali,
e che le procedure di formazione del bilancio sono adeguate e sono state effettivamente
applicate;
2. CONTROLLO: progetto e relazione sul bilancio devono essere previamente comunicati (30 gg. prima
dell’assemblea) all’organo di controllo e/o al revisore dei conti, che devono riferire all’assemblea
le loro valutazioni e formulare osservazioni e proposte in merito all’approvazione  agli
allegati al bilancio si aggiungono dunque la relazione dell’organo di controllo e la relazione
dell’organo di revisione contabile (se separato dall’organo di controllo);

113
3. DEPOSITO: progetto di bilancio, allegati e relazioni devono essere depositati presso la sede della
società 15 giorni prima dell’assemblea ed essere consultabili dai soci finché il bilancio non viene
approvato; nelle quotate sono inoltre pubblicati sul sito internet della società e con le modalità
previste dalla Consob almeno 21 giorni prima dell’assemblea;
4. APPROVAZIONE: l’assemblea può approvare il bilancio o respingerlo, o modificarlo su punti
circoscritti (per modifiche più marcate, si riavvia il procedimento); l’approvazione del bilancio non
implica la liberazione di amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione di
documenti contabili e sindaci da eventuali responsabilità;
5. PUBBLICITÀ: entro 30 gg. dall’approvazione, copia del bilancio con relazioni e verbale di
approvazione deve essere depositata a cura degli amministratori presso il registro delle imprese.
Nelle società quotate, va redatta anche la relazione finanziaria semestrale (e spesso anche quella
trimestrale).

INVALIDITÀ DELLA DELIBERA DI APPROVAZIONE


a) Vizi/irregolarità di procedimento (es. omesso deposito presso la sede sociale)  delibera di regola
annullabile, nulla in caso di mancanza di convocazione o del verbale.
b) Vizi/irregolarità di contenuto  opinioni discordanti, tende a prevalere la tesi della illiceità
del contenuto e quindi della nullità della delibera, purché si tratti di violazioni rilevanti (in grado
di compromettere la funzione informativa del bilancio). Inoltre, per promuovere l’azione di
nullità è necessario che sussista un concreto ed attuale interesse ad agire.
Termine per impugnare: la delibera di approvazione del bilancio può essere impugnata solo prima che
sia stato approvato il bilancio dell’esercizio successivo.
Legittimati attivi: se il revisore ha emesso un giudizio privo di rilievi, la delibera, anche se viziata da
nullità, può essere impugnata solo da tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale; nelle
quotate può essere impugnata anche dalla Consob entro 6 mesi dal deposito del bilancio presso il
registro delle imprese.
Effetti della dichiarazione di nullità: prevale la tesi per cui gli amministratori debbano redigere
nuovamente il bilancio impugnato e quelli degli esercizi intermedi affetti dal medesimo vizio.

UTILI, RISERVE E DIVIDENDI


L’assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili, con ulteriore e distinta
delibera. Non tutti gli utili sono distribuibili sotto forma di dividendi, in quanto:
1. se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale sociale, gli utili non possono
essere ripartiti fino a che il capitale non sia stato reintegrato o ridotto in misura corrispondente;
2. il 5% degli utili non assorbiti da perdite deve essere accantonato a riserva legale, fino a che
la stessa non abbia raggiunto il 20% del capitale sociale;
3. parte degli utili deve poi essere accantonata a riserva statutaria (prevista dallo statuto, che
stabilisce anche la quota di utili da destinare alla stessa);
4. possono essere disposte dall’assemblea ordinaria che approva il bilancio delle riserve
facoltative; di queste l’assemblea può liberamente disporre per distribuire utili ai soci negli
esercizi successivi, purché le stesse non siano state erose da perdite;
5. infine, vincoli di destinazione degli utili possono derivare da norme statutarie che prevedano
privilegi nella partecipazione agli utili a favore di promotori, soci fondatori o amministratori.
Nelle società di capitali non esiste un diritto agli utili (a differenza delle società di persone); si tratta di
una scelta discrezionale dell’assemblea, che non è tenuta a motivare la mancata distribuzione  se la
maggioranza continua a negare la distribuzione degli utili, la decisione non è attaccabile a meno che
non si ravvisino gli estremi dell’»abuso di maggioranza».

114
La società non può pagare dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti
dal bilancio regolarmente approvato  l’inosservanza di tale disposizione dà luogo alla
distribuzione di utili fittizi: la relativa delibera assembleare è nulla per illiceità dell’oggetto e gli
amministratori sono esposti a responsabilità penale.
Tuttavia, gli azionisti NON sono tenuti a restituire i dividendi non realmente esistenti quando: a) erano
in buona fede al momento della riscossione; b) i dividendi sono stati distribuiti in base a un
bilancio regolarmente approvato; c) dal bilancio in questione risultavano utili netti corrispondenti.

ACCONTI SUI DIVIDENDI


Solo con la chiusura dell’esercizio e l’approvazione del bilancio è possibile sapere per certo se vi sono
utili distribuibili ai soci sotto forma di dividendi. Tuttavia, è possibile distribuire acconti sui dividendi
(AsD) con le limitazioni e le condizioni previste dall’art. 2433-bis:

 facoltà accordata solo alle s.p.a. il cui bilancio sia soggetto a revisione legale dei conti secondo
il regime previsto per gli enti di interesse pubblico;
 la distribuzione di AsD deve essere prevista dallo statuto;
 può essere deliberata dagli amministratori solo dopo il rilascio da parte del revisore o
della società di revisione di un giudizio positivo sul bilancio dell’esercizio precedente e
l’approvazione dello stesso;
 non è ammessa quando dall’ultimo bilancio approvato risultino perdite;
 la misura dell’acconto non può superare la minor somma fra l’importo degli «utili di
periodo» conseguiti dalla chiusura dell’esercizio precedente (diminuiti delle quote da destinare
a riserva legale e statutaria) e l’importo delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio
approvato;
 la delibera spetta agli amministratori.
Gli acconti erogati nel rispetto di tali condizioni sono in ogni caso irripetibili se i soci li hanno riscossi in
buona fede.

BILANCIO CONSOLIDATO
Il bilancio consolidato è un bilancio redatto dalla capogruppo in aggiunta al proprio bilancio d’esercizio,
in cui viene rappresentata la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo considerato
nella sua unità, sulla base dei bilanci di esercizio delle singole società opportunamente rettificati.
È obbligatorio per le società di capitali che controllano altre imprese (anche non societarie) e per le
società cooperative che controllano società di capitali, ad esclusione di:

 gruppi che, nel complesso, non abbiano superato, per due esercizi consecutivi, almeno due
dei seguenti limiti: a) 20 milioni di euro nel totale degli attivi degli stati patrimoniali; b) 40
milioni di euro nel totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni; c) 250 dipendenti
occupati in media durante l’esercizio, purché nessuna delle imprese sia un ente di interesse
pubblico;
 gruppi in cui tutte le controllate siano irrilevanti, oppure possano essere escluse dall’area di
consolidamento per altre ragioni;
 subholding, in caso di gruppi a catena (ossia, è obbligata solo la società al vertice).
AREA DI CONSOLIDAMENTO:
a) secondo i criteri contabili internazionali, deve includere tutte le società controllate;
b) secondo la disciplina nazionale (d.lgs. 127/1991), vi sono casi in cui l’esclusione di una controllata
è facoltativa: (i) quando si tratta di partecipazioni irrilevanti o possedute solamente per essere
alienate; (ii) in presenza di gravi e durature restrizioni all’esercizio effettivo dei diritti della
controllante; (iii) per impossibilità o eccessiva onerosità di ottenere informazioni dalla controllata;
iv) quando l’attività della controllata sia del tutto avulsa dal core business del gruppo.

115
DATA DI RIFERIMENTO: data di chiusura del bilancio di esercizio della controllante; se non coincide
con la data di chiusura di esercizio delle controllate, queste sono tenute a redigere un bilancio annuale
intermedio riferito alla data del bilancio annuale consolidato.
STRUTTURA: uguale a quella del bilancio di esercizio; però, il bilancio consolidato deve essere
corredato da una relazione degli amministratori più ampia, contenente un’analisi fedele ed esauriente
della situazione del gruppo delle imprese comprese nel consolidamento.
PRINCIPI E CRITERI: coincidono con quelli previsti per il bilancio di esercizio, con gli opportuni
adattamenti dovuti al fatto che il bilancio consolidato deve rappresentare la situazione del gruppo come
se si trattasse di un’unica impresa. Non sono inseriti nel bilancio consolidato:
1. le partecipazioni della controllante in imprese incluse nel consolidamento e la corrispondente
frazione del patrimonio netto;
2. crediti e debiti intercorrenti fra le imprese incluse nel consolidamento;
3. proventi e oneri relativi ad operazioni effettuate tra le stesse, e conseguenti utili e perdite.
PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE: segue lo stesso procedimento previsto per il bilancio di esercizio
della controllante ed è sottoposto ai medesimi controlli e forme di pubblicità, ma, poiché non ha
«valenza organizzativa» (sulla distribuzione degli utili), non è prescritta l’approvazione
dell’assemblea; se lo si vuole approvare egualmente, non si applica la disciplina sull’invalidità delle
delibere assembleari, ma solo (per alcuni) quella delle delibere del c.d.a.
Nelle società quotate i soci che rappresentino almeno il 5% del capitale (o la Consob entro 6 mesi dal
deposito) possono chiedere al Tribunale di accertare la conformità del bilancio consolidato alle
norme di legge e ai principi contabili; si reputa dai più che dovrebbero però anche allegare di
avere subìto un danno e chiederne il risarcimento.

LEZIONE 19 - MODIFICHE STATUTARIE –


RECESSO - OPERAZIONI SUL CAPITALE

ORGANO COMPETENTE PER LE MODIFICHE STATUTARIE


1) DELIBERA DELL’ASSEMBLEA STRAORDINARIA, ovvero
2) DELIBERA DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA (o del consiglio di sorveglianza), per la riduzione del
capitale sociale per perdite ex art. 2446, comma 2, ovvero
3) DELIBERA CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE, se previsto dallo statuto ex art. 2365, comma 2, per:
a. aumento del capitale sociale a pagamento ed emissione di obbligazioni convertibili;
b. fusione tra controllante e controllata nei casi di cui agli artt. 2505 e 2505 bis;
c. indicazione degli amministratori con potere di rappresentanza;
d. istituzione/soppressione sedi secondarie e trasferimento sede sociale nel territorio
nazionale;
e. riduzione del capitale sociale per recesso del socio;
f. adeguamento dello statuto a disposizioni normative.

116
MODIFICHE STATUTARIE: I COMPITI DEL NOTAIO
Le deliberazioni devono risultare da verbale redatto da notaio (n.q. di segretario), il quale, subito dopo
la riunione, deve verificare se le modifiche sono conformi a legge e sono state precedute dalle
autorizzazioni necessarie, da allegarsi al verbale (CONTROLLO DI LEGITTIMITA’ «SUCCESSIVO», a
differenza che nella costituzione), indi, entro 30 gg.:
1) se la verifica è positiva, provvede a chiedere l’iscrizione della delibera nel registro delle imprese,
unitamente a un testo dello statuto aggiornato. L’Ufficio, se formalmente è tutto a posto, iscrive nel
registro la delibera e lo statuto aggiornato; solo a quel punto, la delibera diventa efficace
(PUBBLICITA’ COSTITUTIVA), e con essa le eventuali delibere consequenziali;
2) se la verifica è negativa, ne dà comunicazione agli amministratori, i, quali, nei 30 gg. successivi,
possono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, oppure ricorrere al tribunale (il
quale, fatta a sua volta la verifica di legittimità e sentito il PM, rigetta il ricorso, o lo accoglie allora
ordinando l’iscrizione della delibera nel registro con decreto soggetto a reclamo); in mancanza, la
delibera è inefficace.

DIRITTO DI RECESSO - FINALITÀ


È RICONOSCIUTO AI SOCI ASSENTI, DISSENZIENTI O ASTENUTI:
Rappresenta un temperamento del principio maggioritario, nonché uno strumento essenziale di
disinvestimento.
Il codice del 1942 aveva previsto pochi casi e imposto criteri di valutazione poco convenienti per il
socio recedente, per non impoverire le risorse della società.
La riforma ha ampliato i casi e migliorato i criteri di valutazione, allo scopo di rafforzare le
minoranze anche nel senso di dare alle stesse uno strumento di pressione sulla maggioranza:
«Exit» in luogo di
«Voice», ma in realtà non sono incompatibili.
Non è facile trovare un minimo comune denominatore di tutte le cause di recesso: si può pensare
all’alterazione del rischio e/o della struttura societaria, ma allora non si comprende perché manchi la
fusione (diversamente prevista per le s.r.l.)

RECESSO – CAUSE LEGALI INDEROGABILI (NON ELIMINABILI DALLO


STATUTO)
a) la modifica della clausola dell’oggetto sociale quando consente un cambiamento significativo
dell'attività della società;
b) la trasformazione della società;
c) il trasferimento della sede sociale all'estero;
d) la revoca dello stato di liquidazione;
e) l'eliminazione di una o più cause di recesso «derogabili» o previste dallo statuto;
f) la modifica dei criteri di determinazione del valore dell'azione in caso di recesso;
g) le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
È nullo ogni patto volto a escludere o rendere più gravoso il recesso in questi
casi.

RECESSO – CAUSE LEGALI DEROGABILI E SPECIALI


Se lo statuto non prevede diversamente, sono anche cause di recesso:
a) la proroga del termine;
b) l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Se la società è costituita a tempo indeterminato (e forse anche se è contratta per una durata che
117
supera la vita del socio), e le azioni non sono quotate, il socio può recedere dando un preavviso di
almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un preavviso maggiore, ma non superiore ad un
anno.

118
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori
cause obiettive di recesso (non però il recesso ad nutum).
Altre cause di recesso sono previste a favore dei soci di:
1) società eterodirette (art. 2497-quater);
2) società quotate (art. 2437-quinquies: in caso di delisting);
3) società in cui lo statuto preveda clausole di mero gradimento, in alternativa all’obbligo di acquisto
degli altri soci (2355-bis);
4) in caso di revisione della stima dei conferimenti in natura (2343 comma 4).

RECESSO – TERMINI E MODALITÀ


FATTO=DELIBERAZIONE: entro 15 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese della stessa.
FATTO DIVERSO DALLA DELIBERAZIONE: (ad es., in caso di revisione della stima): entro 30 giorni dalla
sua conoscenza.
Per le società a tempo indeterminato opera il preavviso di 180 giorni.
Modalità: occorre spedire raccomandata in cui siano indicati:
A. le generalità del socio;
B. il domicilio per le comunicazioni;
C. numero e categoria di azioni per cui si esercita il recesso (possibile recesso «parziale»), che
non devono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale
(disincentivante).
Se entro 90 giorni, la società revoca la delibera o delibera lo scioglimento della società stessa, ciò
impedisce il recesso o, se già esercitato, lo rende inefficace.

RECESSO – CRITERI PER IL RIMBORSO


Il socio receduto ha diritto alla liquidazione del valore reale delle azioni per cui recede.
CRITERI ORDINARI: Il valore di liquidazione delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il
parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto
conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché
dell'eventuale valore di mercato delle azioni. Lo statuto può però stabilire criteri diversi di
determinazione del valore di liquidazione, indicando gli elementi dell'attivo e del passivo del bilancio
che possono essere rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica,
nonché altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione.
CRITERIO SPECIALE: Il valore di liquidazione delle azioni quotate è determinato facendo riferimento
alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione ovvero la
ricezione dell'avviso di convocazione dell'assemblea le cui deliberazioni legittimano il recesso. Lo
statuto può prevedere che il valore di liquidazione sia determinato secondo i criteri ordinari di cui
sopra, ma tale valore non può essere inferiore al valore che sarebbe determinato in applicazione
del criterio speciale.

RECESSO – ACCORDO O CONTROVERSIA PER IL RIMBORSO DELLE


AZIONI
I soci hanno diritto di conoscere la determinazione del valore di rimborso delle azioni nei quindici giorni
precedenti alla data fissata per l'assemblea (o per il CDA); ciascun socio ha diritto di prenderne visione
e di ottenerne copia a proprie spese.
In subordine, il valore deve essere comunicato dagli amministratori successivamente all’assemblea.

119
Se il socio non concorda con il valore determinato dagli amministratori, deve contestarlo contestualmente
alla dichiarazione di recesso (ossia nella stessa raccomandata).
Può anche capitare che gli amministratori comunichino il valore dopo il recesso (poiché manca una
vera sanzione).
Se non si arriva a un accordo, il valore di liquidazione è determinato entro novanta giorni dall'esercizio
del diritto di recesso tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche
sulle spese, su istanza della parte più diligente. La determinazione dell’esperto può essere impugnata
avanti al tribunale solo per manifesta erroneità o iniquità.

RECESSO – PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE


Nelle società di persone, il recesso determina sempre la riduzione del capitale sociale, mentre nella
società per azioni si prospettano varie alternative in successione:
1) Gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci in proporzione al
numero delle azioni possedute. L'offerta di opzione è depositata presso il registro delle imprese
entro quindici giorni dalla determinazione definitiva del valore di liquidazione. Per l'esercizio
del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a trenta giorni dal
deposito dell'offerta. Coloro che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale
richiesta, hanno diritto di prelazione nell'acquisto delle azioni che siano rimaste non optate.
2) Qualora i soci non acquistino in tutto o in parte le azioni del recedente, gli amministratori possono
collocarle presso terzi; nel caso di azioni quotate, il loro collocamento avviene mediante offerta
nei mercati medesimi.
3) In caso di mancato collocamento entro centottanta giorni dalla comunicazione del recesso, le
azioni del recedente dovrebbero essere rimborsate mediante acquisto da parte della società
utilizzando riserve disponibili (anche in deroga all’art. 2357, comma 3).
4) In assenza di utili e riserve disponibili, deve essere convocata l'assemblea straordinaria per
deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società. Alla
deliberazione di riduzione del capitale può essere fatta opposizione dai creditori; se l'opposizione
è accolta (qualora la situazione patrimoniale sia critica), la società si scioglie.

AUMENTO DEL CAPITALE GRATUITO


Le delibere di modificazione dello statuto più importanti sono quelle che variano l’importo del capitale
sociale nominale (ossia la parte indisponibile del patrimonio sociale).
Si può innanzitutto avere un aumento di capitale gratuito (che non implica l’effettuazione di nuovi
conferimenti), imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili.
In questo caso, non si ha un accrescimento del patrimonio sociale, ma solo un cambiamento della
funzione contabile dei beni/cespiti che lo compongono, con un incremento della parte di patrimonio
indisponibile.
Le azioni di nuova emissione devono avere le stesse caratteristiche di quelle in circolazione, e devono
essere assegnate gratuitamente agli azionisti in proporzione di quelle da essi già possedute.
IN ALTERNATIVA, l'aumento di capitale può attuarsi mediante aumento del valore nominale delle
azioni in circolazione, o, se sono state emesse azioni senza valore nominale, con la mera variazione
della percentuale di capitale rappresentata dalle azioni stesse.

AUMENTO DEL CAPITALE MEDIANTE NUOVI CONFERIMENTI (a


pagamento)
Qui si ha anche un incremento del patrimonio sociale, in quanto vengono emesse nuove azioni, da offrire
in sottoscrizione ai soci o a terzi, che dovranno effettuare i relativi conferimenti per liberare le
nuove azioni. Dunque, le fasi sono tre: deliberazione, sottoscrizione, esecuzione.

120
L’aumento è di norma inscindibile, ossia deve essere sottoscritto integralmente per poter procedere,
altrimenti si dà per non avvenuto, ma la delibera può prevedere che l’aumento avvenga anche solo per
un importo pari alle sottoscrizioni raccolte (c.d. aumento scindibile).
La disciplina dei conferimenti è la stessa che abbiamo già visto in sede di costituzione (ma non è
richiamato l’art. 2343-bis sugli «acquisti sospetti»). Chi conferisce denaro, deve versare all’atto della
sottoscrizione il 25% (100% se socio unico) del valore nominale delle azioni sottoscritte, oltre, se non
era già socio, l’intero sovrapprezzo (rapportato al valore reale delle azioni).
L’aumento non può essere eseguito, fino a che le azioni precedentemente emesse non siano state
interamente liberate; la violazione della regola comporta la responsabilità degli amministratori, ma
rimangono fermi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle nuove azioni.
Nei trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione delle azioni di nuova emissione gli amministratori devono
depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione che l'aumento del capitale è stato
sottoscritto. Fino a che l'iscrizione nel registro non sia avvenuta, l'aumento del capitale non può essere
menzionato negli atti della società.

DIRITTO DI OPZIONE: FINALITÀ


Le azioni di nuova emissione (e le obbligazioni convertibili in azioni) devono essere offerte in opzione
ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute. Il diritto di opzione spetta a tutte le
categorie di azionisti, anche quando le azioni di nuova emissione appartengono a un’unica categoria.
In genere è bene emettere diverse categorie di azioni, riproducendo le proporzioni esistenti.
Se vi sono obbligazioni convertibili, il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in
concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.
Interessi del socio attuale o potenziale tutelati dalla normativa:
a) conservare i «rapporti di forza», ossia impedire un’alterazione della percentuale di
partecipazione nella società, in genere correlata anche all’esercizio di determinati diritti
amministrativi;
b) garantirgli il vantaggio patrimoniale di sottoscrivere le nuove azioni al valore nominale anche
quando il valore reale è superiore (perché il patrimonio netto > capitale sociale), o in
alternativa di cedere il diritto di opzione stesso.

ESERCIZIO DIRITTO DI OPZIONE: PROCEDURA


L'offerta di opzione deve essere depositata presso l'ufficio del registro delle imprese e contestualmente
resa nota mediante un avviso pubblicato sul sito internet della società (con modalità atte a garantire la
sicurezza del sito medesimo, l'autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione), o, in
mancanza, mediante deposito presso la sede della società.
Per l'esercizio del diritto di opzione deve essere stabilito (nella delibera assembleare o consiliare) un
termine non inferiore a quindici giorni dalla pubblicazione dell'offerta.
Coloro che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di
prelazione nell’acquisto delle azioni e delle obbligazioni convertibili in azioni che siano rimaste non
optate.
Se le azioni sono quotate, i diritti di opzione non esercitati devono essere invece offerti nel
mercato regolamentato dagli amministratori, per conto della società, entro il mese successivo alla
scadenza del termine stabilito, per almeno cinque sedute, fatto salvo che i diritti di opzione siano
già stati integralmente venduti; se non vengono collocati, potranno essere offerti liberamente ai soci o
ai terzi.

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ESCLUSIONE O LIMITAZIONE DEL DIRITTO DI OPZIONE
1) Il diritto di opzione non spetta per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione
di aumento del capitale, devono essere liberate mediante conferimenti in natura (ma ci deve
essere un interesse concreto ad acquisire un determinato bene).
2) Quando l'interesse della società lo esige (ad es., interesse ad acquisire un nuovo socio che
possa aprire nuovi mercati ai prodotti della società, ovvero interesse ad aumentare il flottante
necessario per accedere alla quotazione), il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la
deliberazione di aumento di capitale.
In entrambi i casi le proposte di aumento di capitale sociale devono essere illustrate dagli
amministratori con una relazione, nella quale devono risultare le ragioni dell’esclusione o della
limitazione, ovvero, qualora l'esclusione derivi da un conferimento in natura, le ragioni di questo, e
in ogni caso i criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione (il sovrapprezzo qui deve
compensare i soci del danno derivante dalla diminuzione della percentuale della loro
partecipazione).
La relazione deve essere comunicata al collegio sindacale e al revisore almeno trenta giorni prima di
quello fissato per l'assemblea. Entro quindici giorni il collegio sindacale deve esprimere il proprio
parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni. Il parere del collegio sindacale e,
nell'ipotesi sub 1), la relazione giurata dell'esperto designato dal Tribunale, devono restare depositati
nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l'assemblea e finché questa non abbia
deliberato; i soci possono prenderne visione. La deliberazione determina il prezzo di emissione delle
azioni in base al valore del patrimonio netto, tenendo conto, per le azioni quotate in mercati
regolamentati, anche dell'andamento delle quotazioni nell’ultimo semestre.
3) Con deliberazione dell'assemblea assunta con la maggioranza richiesta per le assemblee
straordinarie può essere escluso il diritto di opzione per le azioni di nuova emissione, se queste
sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società che la controllano o che
sono da essa controllate. È un «privilegio»: l’emissione può infatti essere alla pari e non occorre
specifica motivazione.
4) Nelle società con azioni quotate lo statuto può escludere il diritto di opzione nei limiti del dieci
per cento del capitale sociale preesistente, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al
valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato in apposita relazione da un revisore legale
o da una società di revisione legale. Non occorre la relazione degli amministratori, etc.: la finalità è
assicurare flessibilità nel reperimento dei mezzi finanziari, anche per assicurare il requisito del
«flottante minimo».
SINDACATI DI COLLOCAMENTO: Non si considera escluso né limitato il diritto di opzione qualora la
deliberazione di aumento di capitale preveda che le azioni di nuova emissione siano sottoscritte da
banche, da enti o società finanziarie soggetti al controllo della CONSOB, ovvero da altri soggetti
autorizzati all'esercizio dell'attività di collocamento di strumenti finanziari, con obbligo di offrirle
agli azionisti della società in conformità alla PROCEDURA già descritta (slide n. 14). Nel periodo
di detenzione delle azioni offerte agli azionisti e comunque fino a quando non sia stato esercitato il
diritto di opzione, i già menzionati intermediari non possono esercitare il diritto di voto. Le spese
dell’operazione sono a carico della società e la deliberazione di aumento del capitale deve indicarne
l'ammontare.

AUMENTO DI CAPITALE CON DELEGA AGLI AMMINISTRATORI


Lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale sociale
fino a un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data dell'iscrizione della
società nel registro delle imprese. Tale facoltà può essere estesa all'adozione di deliberazioni con
esclusione o limitazione del diritto di opzione, nei casi di cui sopra sub 1) e 2), e con la procedura
speciale imperniata sulla relazione degli amministratori (cfr. slide n. 15).
Detta facoltà può essere attribuita anche mediante apposita modificazione dello statuto per il periodo
massimo di cinque anni dalla data della deliberazione dell’assemblea straordinaria.
122
Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il capitale deve essere redatto da
un notaio e deve essere depositato e iscritto secondo la procedura ordinaria (cfr. slide n. 3).

VERSAMENTI IN CONTO CAPITALE E FINANZIAMENTI SOCI


A volte occorre acquisire con urgenza risorse per la società, anche per coprire delle perdite, senza
dovere attendere l’avvio e l’espletamento della (non corta) procedura di aumento del capitale sociale.
In questi casi i soci possono effettuare dei versamenti anticipati «in conto capitale».
Possono anche effettuare versamenti a fondo perduto.
Diversa ipotesi è che i soci effettuino finanziamenti alla società, non dunque in conto capitale, ma come
semplici creditori. Nella s.p.a. questa pratica non è disincentivata, in quanto non trova diretta
applicazione l’art. 2467 c.c. (prevista per la s.r.l. e che abbiamo visto operare anche con riguardo
ai finanziamenti infragruppo: art. 2497- quinquies), anche se per alcuni la prima norma potrebbe
esservi estesa in via analogica.

RIDUZIONE DEL CAPITALE «REALE»


Implica un decremento del patrimonio e può aver luogo: a) mediante liberazione dei soci dall'obbligo
dei versamenti ancora dovuti; b) mediante rimborso del capitale ai soci, riducendo il valore nominale di
tutte le azioni, o annullando le azioni dei soci che vi consentono e assegnando loro «azioni di godimento».
È sempre facoltativa e viene normalmente deliberata per esuberanza «sopravvenuta» del capitale
sociale rispetto all’oggetto sociale (se questo ha subìto un ridimensionamento di fatto). Limiti:
a) il capitale sociale non può scendere sotto il minimo legale;
b) non deve essere superata la proporzione di 1 a 2 nel rapporto con le obbligazioni
in circolazione;
c) le azioni proprie possedute (dalla società e dalle sue controllate) dopo la riduzione non devono
eccedere la quinta parte del capitale sociale.
TUTELA SOCI: L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della
riduzione.
TUTELA CREDITORI: La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni
dall'iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale
anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione. Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di
pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che
l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione.

RIDUZIONE DEL CAPITALE PER PERDITE


È una riduzione del capitale nominale, per adeguarlo alla misura effettiva del patrimonio netto.
Comporta un mutamento del regime contabile nel senso che implica una diversa disciplina degli utili
futuri, che non dovranno essere destinati alla copertura delle perdite. Questo è uno svantaggio per
i creditori, ma oltre un certo limite (del 1/3) il legislatore ritiene che i valori del capitale sociale
nominale e reale debbano essere riallineati. È quindi una riduzione obbligatoria (al SECONDO
STEP).
PRIMO STEP: Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli
amministratori o, e nel caso di loro inerzia, il collegio sindacale, devono senza indugio convocare
l'assemblea per gli opportuni provvedimenti. All'assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla
situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale. La relazione e le
osservazioni devono restare depositate in copia nella sede della società durante gli otto giorni che
precedono l'assemblea, perché i soci possano prenderne visione. Nell'assemblea gli amministratori
devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione. Si aprono varie
alternative:

123
1) l’assemblea vota l’immediata riduzione del capitale e/o la ricapitalizzazione;
2) le perdite vengono eliminate mediante versamenti dei soci a fondo perduto o rinunce a crediti;
3) l’assemblea sostituisce gli amministratori; 4) si soprassiede a ogni decisione.
SECONDO STEP: Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un
terzo, l'assemblea ordinaria (o il consiglio di sorveglianza) che approva il bilancio di tale esercizio deve
ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza, gli amministratori e i sindaci
devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite
risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a
reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori.

RIDUZIONE DEL CAPITALE PER PERDITE CON DISCESA SOTTO IL


MINIMO LEGALE
Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo legale di €
50.0 , il legislatore prevede uno STEP UNICO, ossia la riduzione è subito obbligatoria.

Gli amministratori o il consiglio di gestione o, in caso di loro inerzia, il collegio sindacale o il comitato di
sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea – presentando le relazioni e le osservazioni
previste per il caso più generale (cfr. slide n. 20, PRIMO STEP). L’assemblea straordinaria (a meno
che le perdite non siano state eliminate medio tempore, magari mediante versamenti a fondo perdute o
rinunce dei soci a propri crediti) deve:
A. deliberare la riduzione del capitale (se è interamente perduto, l’azzeramento) e il
contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al detto minimo (con
sottoscrizione dei soci immediata); oppure
B. se il patrimonio netto non è negativo, la trasformazione della s.p.a. in s.r.l. o in altro ente;
C. in mancanza, si verifica una causa di scioglimento della società, che deve essere messa in
liquidazione. Se gli amministratori nascondono la situazione alterando i bilanci, saranno
responsabili per i danni cagionati alla società e ai creditori sociali.

LEZIONE 20 – SOCIETÀ QUOTATE

LE AUTORITA’ DI VIGILANZA
• Vigilanza regolamentare, informativa, ispettiva (e sugli organi)
• Vigilanza sul gruppo attraverso la capogruppo quotata
• sugli intermediari e relative attività di investimento: CONSOB per trasparenza e
correttezza comportamenti; BAIT (BCE per banche più «significative») per contenimento
rischio, stabilità patrimoniale, sana e prudente gestione;
• sui mercati e sugli emittenti: CONSOB, salvo che i mercati all’ingrosso dei titoli di Stato (BAIT)
• Irregolarità: poteri interdittivi BA/CO - amm. str./liq. co. (BA)
• M.Economia: requisiti membri org. amm./contr.
• E.S.M.A. European Securities and Markets Authority

124
I SOGGETTI DEL MERCATO
• Emittenti quotati nei mercati regolamentati
• Emittenti strumenti fin. diffusi fra il pubb. in misura rilevante (art. 2-bis Reg. Emitt.: 500 x 5%)
• Gli investitori: gestione individuale o gestione collettiva del risparmio attraverso gli O.I.C.R.
(Org. di Inv. Coll. del Risparmio), aperti o chiusi
• I fondi comuni di investimento: SGR e depositaria
• SICAV e SICAF: l’investitore-socio
• I fondi pensione
• Gli intermediari: banche, SIM, imprese inv. Estere

PRODOTTI E ATTIVITA’ DEL MERCATO


• Strumento finanziario: elenco art. 1, co. 2 TUF. comprende valori mobiliari negoziabili, etc.
• Prodotto finanziario: categoria residuale, comprende ogni altra forma di inv. di natura
finanziaria
• Servizi e attività di investimento di SIM e banche (1, co. 5, TUF): regole organizzative, su
comportamenti, contratti e conflitti di interesse.
• La classificazione della clientela
• L’offerta fuori sede: prevede tutela aggiuntiva

APPELLO AL PUBBLICO RISPARMIO


• Scopi della normativa – quando è «al pubblico» - informazioni da dare su base di gruppo
• Fasi: preparatoria, esecutiva, successiva.
• Le OP di sottoscrizione e vendita: redazione prospetto, approvazione CONSOB, diffusione.
• Le OP di acquisto e scambio: documento d’offerta, approvato da CONSOB con silenzio-assenso,
comunicato emittente, difese consentite (reciprocità), «cavaliere bianco», rilanci, offerte
concorrenti.

LE OPA OBBLIGATORIE
• Scopi: estendere premio maggioranza, etc.
• Riduzione dei casi per > la contendibilità
• OPA totalitaria: > il 30% (25% nelle BIG)
• L’»azione di concerto»
• Il prezzo di offerta non può essere inferiore alla media aritmetica tra il prezzo medio ponderato
di mercato degli ultimi 12 mesi e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall'offerente
per acquisti di azioni ordinarie
• OPA preventiva sul 60%: evita la totalitaria
• OPA residuale: > 95%
• Squeeze-out se 98%

L’ORGANIZZAZIONE DEI MERCATI


• Mercati primari e secondari (dopo emissione)
• MSecondari regolamentati e sistemi di negoziazione diversi (trading on line)
• La società di gestione del mercato: Borsa Italiana S.p.a. e la vigilanza CONSOB
• MTA (blue chips e STAR), Mercato dei derivati, Nuovo mercato, etc.
• Requisiti, ad es. per quotare azioni: cap. 40 mil., diffusione fra il pubblico 25%, libera circolaz.,
ultimo bilancio con giudizio positivo del revisore

125
LA TUTELA DEL MERCATO MOBILIARE
• «Abusi di mercato»: sanzioni amm. (CONSOB o BAIT) e penali (PROCURA).
• «Aggiotaggio» (art. 501 c.p.): divulgazione notizie false o artifici che alterano le quotazioni.
• «Manipolazione del mercato»: alterazione del prezzo di strumenti finanziari (art. 185 TUF) – le
prassi di mercato ammesse – le operazioni di stabilizzazione post quotazione – il ruolo
degli analisti di mercato e delle agenzie di rating.

(SEGUE) l’INSIDER TRADING


«Abuso di informazioni privilegiate»: art. 181 ss. TUF: prevenzione:
a) tenuta registro persone che hanno accesso alle informazioni privilegiate;
b) obblighi di comunicazione alla CONSOB e al pubblico di tutte le operazioni su azioni dell’emittente
da parte di insider primari (= amministratori o soci emittente o controllata/ante);
c) obbligo degli intermediari di segnalare operazioni sospette.

IL SOTTOTIPO SOCIETA’ QUOTATA


• Storia dello «scalino normativo» e riforma del 2003
• Sottotipi di società per azioni (art. 2325-bis c.c.)?
• Sistema fonti: c.c. – TUF parte IV - Reg. emittenti
• Quotazione: no recesso - Delisting: sì recesso
• Translisting (passaggio da un listino all’altro (da borsa italiana a ny ad esempio), si può
fare: occorre ok ass. straord. alle condizioni di cui all’art. 133 TUF
• Scelta delle società da quotare nel gruppo: in relazione alle esigenze economiche e alle
conseguenze giuridiche: subholding od operativa più rilevante?
Scalino normativo  differenza di regolamentazione tra spa chiuse e aperte; si è accentuato nel
2003. Da un lato si vorrebbe favorire la quotazione, dall’altro l’incremento di trasparenza delle
società quotate va nel senso opposto
NB  Le azioni di risparmio possono essere emesse solo da società quotate.

IL CODICE DI AUTODISCIPLINA DI BORSA ITALIANA S.P.A.


• Le ragioni del codice di autodisciplina.
• Cenni al codice attuale (gennaio 2020).
• Criterio del comply or explain.
• La comunicazione al mercato dell’adesione e degli scostamenti (art. 124-bis).
• La vigilanza dell’organo di controllo e della CONSOB (art. 124-ter).

DISCIPLINA DEGLI EMITTENTI: DISPOSIZIONI GENERALI


Art. 91: «La CONSOB esercita i poteri previsti della presente parte avendo riguardo alla tutela degli
investitori nonché all’efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei
capitali».
Art. 92: «Gli emittenti quotati assicurano il medesimo trattamento a tutti i portatori degli strumenti finanziari
quotati che si trovino in identiche condizioni».
Art. 93: definizione speciale di «controllo» che attribuisce specifica rilevanza ai patti parasociali.

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L’INFORMAZIONE SOCIETARIA
• Informazione periodica di bilancio, su base semestrale.
• Informazioni finanziarie periodiche «aggiuntive» secondo le prescrizioni CONSOB (art. 82-ter
Reg. Emitt.).
• Informazione su cariche sociali e su eventi straordinari: fusioni, scissioni, modifiche statutarie;
emissioni obbligazioni; cessioni azienda; situazioni critiche, etc.
• Informazione permanente sugli eventi price-sensitive: criteri per la redazione del comunicato,
ritardo ammesso se: non fuorviante, viene mantenuta riservatezza e soccorre interesse
legittimo (ad es., trattative)
• Capogruppo quotata «interfaccia»: art. 114, comma 2
• Informazioni ridotta sulle controllanti non quotate

SOCIETA’ QUOTATE: TRASPARENZA ASSETTI PROPRIETARI


• Obblighi di comunicazione alla società e alla CONSOB delle partecipazioni rilevanti: 3%
(o 5% se PMI-UE), 5% e successivi multipli fino al 30%, poi 50%, 66,6% 90%.
• Chi ha partecipazioni al 10%, 20% e 24% deve dichiarare gli obiettivi che ha intenzione di
perseguire nei sei mesi a seguire.
• Sanzioni inadempimento obblighi informativi: diritto di voto sospeso e delibera annullabile.
• Per la disciplina dei patti parasociali v. slide n. 11. (sottotipo soc. quotata).

(SEGUE) PARTECIPAZIONI «RECIPROCHE» E «POTENZIALI»


• Disciplina delle partecipazioni «reciproche»: se due società, anche controllante o controllata,
eccedano la soglia 3% (o 5% PMI), elevabile al 5% (10% PMI) se l’accordo è autorizzato dalle
assemblee: la seconda acquirente deve alienare l’eccedenza entro 12 mesi – il voto è
sterilizzato nel frattempo.
• Vi sono regole complesse per il computo dei voti da patti parasociali.
• Disciplina delle partecipazioni «potenziali» (warrant, etc.).

LA «RELAZIONE SUL GOVERNO SOCIETARIO» (ART. 123-BIS TUF)


Prevista come sezione della relazione sulla gestione annuale. Comprende molte informazioni, fra cui:
a) struttura capitale sociale e tipi di azioni;
b) partecipazioni rilevanti comunicate;
c) patti parasociali resi pubblici.

OBBLIGHI INFORMATIVI PERIODICI IN MERITO AI COMPENSI


Art. 123-ter: annuale, in ordine alle politiche di remunerazione, e ai compensi concretamente corrisposti
ai membri degli organi, che devono essere congrui con tali politiche.
Art. 114-bis: annuale, in ordine alle stock options e ad altri piani di compensi basati su strumenti finanziari
corrisposti ad amministratori, dipendenti, collaboratori, anche di controllate o controllanti.

REGOLE SPECIALI IN MATERIA DI AZIONI


• Azioni «a voto plurimo» ex 2351, co. 4 (max. 3 voti): se emesse prima della quotazione,
possono essere mantenute.
• Premio «fedeltà» ex art. 127-quater TUF: lo statuto può prevedere la maggiorazione del
dividendo max 10% se azioni possedute da 1 anno, non sindacate; no per soglia sopra 0,5%
capitale.
• Art. 127-quinquies TUF: voto maggiorato fino a 2 voti, per possessori azioni oltre 24 mesi;
la cessione delle azioni fa perdere il privilegio.

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AZIONI DI RISPARMIO E PROPRIE
Azioni di risparmio: non hanno diritto voto (non valgono per il controllo), hanno privilegio variabile, sono
al portatore; organi: assemblea AzRis e rappresentante comune (v. slide n. 10).
Acquisto di azioni proprie: non oltre il quinto del capitale (v. slide n. 15 – società quotate
trasparenza e assetti proprietari) + in conformità alle disposizioni della CONSOB per assicurare
parità di trattamento.

SOCIETA’ QUOTATE: I MODELLI DI AMMINISTRAZIONE E


CONTROLLO
• Memento: organi e competenze nel modello «dualistico»: assemblea, consiglio di gestione e
consiglio di sorveglianza.
• Nel consiglio di sorveglianza con «alta direzione» possono sedere gli esponenti dei rami
familiari, con un presidente di garanzia; nel consiglio di gestione i soli managers.
• Organi e competenze nel modello «monistico»: costi e controlli ridotti del consiglio di
amministrazione, ma il mix fra esecutivi e indipendenti non è adatto alla H.

SOCIETA’ QUOTATE: CONVOCAZIONE E INFORMAZIONE


ASSEMBLEA
• Convocazione sul sito internet con molte informazioni (art. 125-bis TUF) anche sulle procedure
per votare e sui diritti di chi partecipa.
• Vanno pubblicizzati anche: relazione sulle materie poste all’ordine del giorno + documenti che
saranno sottoposti ad approvazione (presso la sede e sul sito) + dati relativi a capitale, numero
azioni e categorie.
• Sul sito nei 5 giorni dopo l’assemblea: rendiconto sommario delle votazioni. Entro 30 giorni il
verbale.

(SEGUE) SVOLGIMENTO ASSEMBLEA


• Ciascun socio può porre domande sulle materie all’ordine del giorno prima dell’assemblea:
obbligo di risposta prima della fine.
• I soci pari un quarantesimo del capitale possono: a) chiedere per iscritto l’integrazione
dell’ordine del giorno; b) presentare proposte di deliberazione su materie già presenti
all’ordine del giorno, con relazione accompagnatoria.
• Quorum: v. slide n. 12. (codice di autodisciplina di borsa italiana SPA).

(SEGUE) LEGITTIMAZIONE ED ESPRESSIONE DEL VOTO


• Record date: fa fede la titolarità delle azioni nel settimo giorno di Borsa aperta, antecedente la
data di prima convocazione.
• Chi vende dopo può ancora votare; chi compra dopo può solo impugnare e recedere.
• Ammessi voto per corrispondenza e con modalità telematiche.
• Delega: su supporto informatico, anche a componenti organi amm./controllo; anche, con
istruzioni, al «rappresentante istituzionale» scelto dalla società, senza spese.
• Sollecitazione delle deleghe (a + di 200 azionisti).
• Raccolta deleghe mediante associazioni azionisti (>50).

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COMPOSIZIONE ORGANO AMMINISTRATIVO
• Inammissibile «amministratore unico».
• L’»amministratore di minoranza», mediante voto di lista regolamentato dallo statuto: almeno 1
membro CdA va alla prima «vera» lista di minoranza.
• Occorre anche 1 (2 se CDA + di 7) «amministratore indipendente», ossia munito dei requisiti
indip. per sindaci.
• L’OAmm. nei modelli: a) dualistico: voto di lista solo nel CdSorv, nel CGest occorre l’AIND solo
se più di 4 membri; b) monistico: AMIN e AIND coincidente, che entra nel comitato di controllo.
• Il tema dei requisiti di onorabilità.
• «Quote di genere» (1/3) per 3 mandati (dal 2011 al 2020).

L’ORGANO AMMINISTRATIVO: GESTIONE E CONFLITTI INTERESSI


Forte procedimentalizzazione dell’attività gestionale (molte istruttorie e pareri).
Più flussi informativi verso l’organo di controllo su andamento e principali operazioni della società e
delle controllate: ogni tre mesi. Il codice di autodisciplina prevede comitati controllo e rischi, nomine,
remunerazioni.

(SEGUE) OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE


Art. 2391-bis + Reg. CONSOB 12.3.2010, n. 17721 (oneri minori per società da poco quotate).
Operazioni fra la società e soggetti a vario titolo legati agli amministratori e ai soci di
maggioranza:
a) disciplina di trasparenza – comunicato al mercato se operazione price sensitive;
b) presidi di correttezza formale e sostanziale: per operazioni minori: occorre parere comitato ad hoc
composto in max da AIND – se negativo info al mercato; per operazioni più rilevanti: passa anche
in CdA + parere comitato diventa vincolante

COMPOSIZIONE ORGANO DI CONTROLLO


Almeno un sindaco o membro CSorv scelto dai soci di minoranza con voto di lista regolamentato
dalla CONSOB. Il presidente dell’organo è scelto fra i SMin solo nel modello tradizionale. Nel monistico
basta l’amministratore di minoranza, che siede nel comitato di controllo
• Cause di ineleggibilità e di decadenza.
• Requisiti di onorabilità e professionalità più severi.
• Rafforzati i requisiti di indipendenza (art. 148 TUF).
• Anche qui (c’erano) «quote di genere».
• Limiti al cumulo degli incarichi: Reg. CONSOB.

POTERI E DOVERI ORGANO DI CONTROLLO


• Rafforzamento controllo di legalità sostanziale e sulla correttezza gestoria (anche nei gruppi).
• Obbligo di comunicare alla CONSOB le irregolarità.
• Diritti informativi verso organi controllate.
• Potere di convocare assemblea, CdA e comitato esecutivo.
• Potere di formulare proposte sul bilancio.
• Controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.: attivabile anche dal PM e dalla CONSOB

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EIP ED ESARI: REVISIONE
• D.lgs. 39/2010: art. 16: definisce gli «Enti di interesse pubblico» (quotate, banche, assicurazioni)
= EIP
• Enti sottoposti a regime intermedio (emittenti «minori», SGM, SIM, SGR, SICAV, SICAF, etc.)
= ESARI
• Revisione per EIP ed ESARI: da affidarsi a soggetti iscritti in apposito albo, revisori legali, ma
più che altro «società di revisione» (SdR).
• Vigilanza CONSOB su SdR: poteri informativi e ispettivi. Cancellazione dall’albo e sanzioni
minori.
• Obbligo revisione esteso alle società controllate dalla società quotata.

LA REVISIONE NELLE SOCIETA’ QUOTATE


• Nomina: assemblea – Revoca: assemblea, con giusta causa; oppure CONSOB se ravvisa
irregolarità.
• Durata incarico: 9 o 7 anni; rinomina non prima di 4 anni.
• Compenso determinato a priori.
• Compiti e regole di comportamento più dettagliate.
• possibili giudizi sui bilanci: POS/POSconrilievi /NEG/IMPOSS/novità: POS con richiami
d’informativa)
• Competenze in occasione di aumenti capitale e fusione.
• Rapporti con gli altri organi.
• Resp. civile (estesa a resp. /esec.) e penale.

QUOTARSI O NO?
La scelta di quotare una società, ricorrendo al mercato dei capitali, va soppesata adeguatamente,
tenendo conto delle motivazioni economiche, ma anche delle conseguenze giuridiche.
Soprattutto va ricordato che maggiore trasparenza e maggiori controlli esterni richiedono una accorta
gestione della comunicazione e un «adeguamento culturale» non sempre agevole, specie se il gruppo
di controllo fa capo a una famiglia divisa in più rami, con equilibri delicati.

LEZIONE 21 – SAPA – SCIOGLIMENTO E


LIQUIDAZIONE DELLE SOCIETA’ DI CAPITALI

S.A.P.A.: NOZIONE E FUNZIONI


La s.a.p.a. si identifica sulla base di due elementi:
1) le due categorie dei soci accomandanti (obbligati nei limiti della quota sottoscritta) e dei
soci accomandatari (responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali, con
beneficio di escussione);
2) le quote di partecipazione sono rappresentate da azioni.
Anche nella denominazione sociale della s.a.p.a. occorre inserire il nome di almeno uno degli
accomandatari. La s.a.p.a. viene impiegata spesso come «cassaforte di famiglia», ossia come
capogruppo di gruppi a controllo familiare accentrato, in quanto, pur variando il numero dei componenti
della famiglia, l’organo amministrativo è «stabile».

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Alla s.a.p.a. si applicano le norme sulla s.p.a., in quanto compatibili con le poche disposizioni speciali
dettate per il tipo, dirette a rafforzare l’indipendenza e i poteri degli accomandatari.

GLI ACCOMANDATARI – AMMINISTRATORI


Gli accomandatari sono di diritto amministratori a tempo indeterminato.
È una relazione biunivoca. Chi cessa dalla carica di amministratore perde la qualifica di
accomandatario e non risponde per le obbligazioni sociali sorte posteriormente alla iscrizione nel
registro delle imprese della cessazione.
La revoca di uno o più amministratori deve essere deliberata con le maggioranze previste per
l’assemblea straordinaria di s.p.a.; se non c’è giusta causa, l’amministratore revocato ha diritto al
risarcimento del danno.
La sostituzione dell’amministratore cessato dall’ufficio per qualunque causa (anche per rinuncia o
morte) deve essere sempre deliberata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria;
occorre altresì il consenso di tutti gli amministratori rimasti in carica. Il nuovo amministratore assume la
qualità di accomandatario dal momento dell’accettazione della nomina.

ALTRE NORME SPECIALI SUGLI ACCOMANDATARI


Le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere approvate con le maggioranze previste per
l’assemblea straordinaria di s.p.a., e devono inoltre essere approvate da tutti i soci accomandatari.
Per bilanciare tutte le prerogative e i poteri sopra descritti, gli accomandatari non possono votare
in assemblea in merito alle deliberazioni concernenti la nomina e la revoca dei sindaci (o dei
componenti del consiglio di sorveglianza), e a quelle concernenti l’azione di responsabilità nei confronti
dei medesimi.
In caso di cessazione dall’ufficio di tutti gli amministratori, occorre ricostituire la categoria dei soci
accomandatari entro sei mesi, altrimenti la società si scioglie. Durante tale periodo, il compimento dei
soli atti di ordinaria amministrazione è affidato a un amministratore provvisorio, scelto dal collegio
sindacale fra i soci accomandanti o anche esterno alla società. L’amministratore provvisorio non
assume la qualità di socio accomandatario.
La s.a.p.a. invece non si scioglie se vengono meno tutti i soci accomandanti.

LE CAUSE DI SCIOGLIMENTO DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI


Le società di capitali si sciolgono:
1) per il decorso del termine;
2) per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (come
nelle società di persone), salvo che l’assemblea, a tale scopo convocata senza indugio, non
deliberi le opportune modifiche statutarie;
3) per l’impossibilità di funzionamento o per la portata avanti inattività dell’assemblea;
4) per la riduzione del capitale sociale al disotto del minimo legale per perdite di oltre un terzo, a
meno che con urgenza l’assemblea deliberi la ricapitalizzazione o trasformazione;
5) nei casi in cui è previsto lo scioglimento a seguito del recesso del socio o di opposizione dei creditori
alla delibera di riduzione del capitale sociale, se l’opposizione sia accolta;
6) per deliberazione dell’assemblea straordinaria;
7) per le altre cause previste dalla legge (ad es. nella s.a.p.a. se non è ricostituita nei sei mesi la
categoria dei soci accomandatari) o dall’atto costitutivo.

EFFICACIA DELLO SCIOGLIMENTO NELLE SOCIETÀ DI CAPITALI


Il fallimento della società non è previsto tra le cause di scioglimento, ma l’attuale art. 118 l. fall. dispone
che, con la chiusura del fallimento, qualora non residui più alcun attivo, il curatore deve chiedere la
cancellazione della società dal registro delle imprese.
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A differenza che nelle società di persone, gli effetti dello scioglimento non sono istantanei al verificarsi
della causa di scioglimento, bensì si producono solo in seguito a un formalizzato accertamento della
stessa.
L’accertamento formalizzato consiste di regola nell’iscrizione nel registro delle imprese della
dichiarazione/delibera consiliare con cui gli amministratori accertano la sussistenza della causa di
scioglimento, oppure nell’iscrizione della delibera dell’assemblea nel caso sub n. 6, o di un decreto del
tribunale su istanza di singoli o amministratori o sindaci nel caso sub n. 4.
Nei casi di accertamento con delibera dell’assemblea straordinaria, o qualora questa fosse già stata
convocata per tentare di scongiurare i casi sub nn. 2 e 4, a seguire l’assemblea stessa può provvedere
direttamente alla nomina dei liquidatori.

DOVERI DEGLI AMMINISTRATORI DOPO LO SCIOGLIMENTO


Al verificarsi di una causa di scioglimento, gli amministratori:

 devono accertare e dichiarare senza indugio la causa di scioglimento. In mancanza, sono


responsabili per i danni conseguenti subiti dalla società o dai soci o dai creditori sociali o da terzi,
ad es., se accumulano ulteriori perdite con «nuove operazioni», occultando nei bilanci la causa sub
n. 4; e può surrogarvi il decreto del tribunale;
 hanno il potere-dovere di gestire la società, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore
del patrimonio sociale. Anche sotto questo profilo, se inadempienti (anche solo per condotta
omissiva), sono responsabili per i danni conseguenti subiti dalla società, dai soci o dai creditori sociali
o terzi;
 salvo i casi di cui all’ultima frase della precedente slide, e salvo che lo statuto preveda delle regole
particolari, devono subito convocare l’assemblea straordinaria affinché questa, con le maggioranze
previste per le modifiche statutarie, provveda alla nomina di uno o più liquidatori e alla
determinazione dei loro poteri (anche di rappresentanza). In mancanza, provvede con decreto il
tribunale, su istanza di singoli soci, amministratori o sindaci.

ANCORA SULLA NOMINA E SUI POTERI DEI LIQUIDATORI


Qualora l’assemblea straordinaria non riesca a costituirsi validamente o a raggiungere il quorum
deliberativo necessario per la nomina dei liquidatori, su istanza di singoli soci o amministratori o
sindaci, provvede alla nomina il tribunale, scegliendo fra i professionisti iscritti in un apposito albo.
L’assemblea può sempre modificare, con le maggioranze previste per le modifiche statutarie, le regole
di funzionamento del collegio dei liquidatori («volontari» come «giudiziali»), e soprattutto i loro poteri,
nella prospettiva sia della mera liquidazione (cessione dell’azienda o di rami, o di singoli beni o diritti,
o di blocchi di essi), sia dell’eventuale esercizio provvisorio dell’impresa o di singoli rami (che sia
giustificato dall’esigenza di conservare i valori aziendali per un miglior realizzo finale).
La nomina dei liquidatori e la determinazione dei loro poteri, nonché le loro modificazioni, devono
essere iscritti, a cura dei medesimi, nel registro delle imprese. Da quel momento, anche nella
corrispondenza, alla denominazione sociale deve aggiungersi l’indicazione «in liquidazione».

REVOCA DEI LIQUIDATORI O DELLO STATO DI LIQUIDAZIONE


L’assemblea straordinaria può revocare i liquidatori, tanto volontari quanto giudiziali, anche senza
giusta causa (salvo il diritto al risarcimento dei danni); se soccorre giusta causa, la revoca può essere
disposta pure dal tribunale, su istanza di singoli soci o sindaci o del PM.

132
In passato prevaleva l’opinione che lo stato di liquidazione non potesse essere revocato, se non con il
consenso unanime dei soci. Oggi, l’art. 2487-ter prevede invece che l’assemblea straordinaria può in
ogni momento revocare lo stato di liquidazione, occorrendo previa eliminazione della causa di
scioglimento, e purché la delibera sia assunta con le maggioranze previste per le modifiche statutarie.
Come già visto, i soci assenti o dissenzienti o astenuti possono recedere dalla società.
La delibera di revoca dello stato di liquidazione deve essere iscritta nel registro delle imprese e ha
effetto solo dopo 60 giorni dall’iscrizione, a meno che non consti il consenso dei creditori sociali o il
pagamento dei dissenzienti. Nei 60 giorni i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono fare
opposizione, con le stesse regole e conseguenze previste per l’opposizione alla riduzione facoltativa
del capitale sociale.

FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI SOCIALI


Durante la liquidazione:

 continua a operare, all’occorrenza, l’assemblea dei soci (nella s.r.l. le regole sulle decisioni dei soci);
 continua a esercitare le sue funzioni l’organo di controllo;
 gli amministratori cessano dalla carica dal momento in cui viene iscritta nel registro delle imprese
la nomina dei liquidatori, ai quali devono: a) consegnare i beni e libri sociali (con apposito
verbale/inventario); b) inviare con sollecitudine una situazione dei conti alla data in cui ha
avuto effetto lo scioglimento; c) trasmettere un rendiconto della loro gestione relativo al periodo
successivo all’ultimo bilancio approvato.

POTERI E OBBLIGHI DEI LIQUIDATORI


Abbiamo detto che l’assemblea o il giudice che abbia provveduto alla nomina, determina anche i poteri
dei liquidatori. Quando questi non fossero stati specificati, né alcunché preveda lo statuto, si intende
che i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società.
I liquidatori devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla
natura dell’incarico. La loro responsabilità per i danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri è
regolamentata secondo le norme in tema di responsabilità degli amministratori.
I liquidatori devono cercare in tempi brevi di rendersi conto, previa una verifica delle attività e passività
della società, se i fondi disponibili siano sufficienti per il pagamento dei creditori sociali:
1) in caso affermativo, potranno liquidare gli assets e pagare i creditori secondo le scadenze; se c’è
un buon margine risultante dai bilanci, potranno persino corrispondere acconti ai soci sulla quota di
liquidazione;
2) in caso negativo, devono chiedere proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti e, se ciò
non è sufficiente, presentare domanda di fallimento o di concordato preventivo se la società
ha i requisiti di «fallibilità», altrimenti dovranno pagare i creditori in misura proporzionale.

BILANCI IN FASE DI LIQUIDAZIONE


I liquidatori, nel primo bilancio successivo alla loro nomina (in genere concernente una parte dell’anno
sino alla scadenza virtuale dell’esercizio), indicano le variazioni nei criteri di valutazione delle poste
suggerite dall’abbandono del principio del going concern, e le ragioni e le conseguenze di tali
variazioni. A tale primo bilancio deve essere allegata la documentazione consegnata dagli
amministratori, con le eventuali osservazioni degli stessi liquidatori.
Poi, ogni anno, in concomitanza con le scadenze previste per i bilanci di esercizio, i liquidatori devono
redigere il bilancio (sempre secondo i criteri appropriati alle imprese in liquidazione) e presentarlo
(come il precedente) per l’approvazione all’assemblea ordinaria (o ai soci nella s.r.l.). Essi nella relazione
devono illustrare l’andamento e le prospettive della liquidazione. Nella nota integrativa devono indicare
e motivare gli specifici criteri di valutazione adottati.

133
Se è prevista una continuazione, anche parziale, dell’attività di impresa, da giustificarsi nella relazione,
le relative poste di bilancio devono avere un’indicazione separata. La nota integrativa deve anche qui
indicare e motivare i criteri di valutazione adottati.
Se per tre anni consecutivi i liquidatori non depositano il bilancio, la società viene cancellata d’ufficio
dal registro delle imprese.

IL BILANCIO FINALE DI LIQUIDAZIONE


Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale, indicando la parte spettante a
ciascun socio o azione nella divisione dell’attivo. Tale bilancio, con la relazione dei sindaci e del
revisore, deve essere depositato nel registro delle imprese.
Entro 90 giorni dall’iscrizione dell’avvenuto deposito, ogni socio può proporre reclamo al tribunale in
contraddittorio dei liquidatori. Tutti i reclami confluiscono in un unico giudizio. La sentenza pronunciata
a esito di questo fa stato anche nei confronti dei soci non reclamanti né intervenuti.
Se non sono proposti reclami, il bilancio finale si intende tacitamente approvato e i liquidatori,
salvi i loro obblighi relativi alla distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio stesso, sono liberati di
fronte ai soci. Il bilancio, indipendentemente dalla decorrenza del termine, si intende pure approvato,
se, all’atto del pagamento dell’ultima quota di riparto, viene rilasciata quietanza senza riserve.
Le somme spettanti ai soci non riscosse nei 90 giorni, devono essere depositate presso una banca con
l’indicazione dell’avente diritto o dei numeri delle azioni, se queste sono al portatore.

CANCELLAZIONE DELLA SOCIETÀ


Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società
dal registro delle imprese.
Dopo la cancellazione, ferma restando l’estinzione della società, i creditori sociali non soddisfatti possono
far valere i loro crediti:
a) nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio di
liquidazione; e
b) nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
La domanda giudiziale, entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede
della società.
Circa la fallibilità della società, le prerogative dell’Agenzia delle Entrate e la sorte delle sopravvenienze
passive e attive, dopo la cancellazione, si rinvia alla trattazione fatta sulla «fine dell’impresa»
nelle slides nn. 1-2 (SAPA, nozioni e funzioni).
Presso l’ufficio del registro delle imprese devono essere depositati e conservati per 10 anni i libri della
società. Chiunque dimostri di averne legittimo interesse, può esaminarli, a sue spese.

LEZIONE 22 – LA SOCIETÀ A
RESPONSABILITÀ LIMITATA

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TRATTI IDENTIFICATIVI
La S.r.l. (artt. 2462-2483) è una società di capitali nella quale:
a) per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio;
b) le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate da azioni, né possono
essere oggetto di offerta al pubblico;
c) è vietato emettere obbligazioni, anche se dalla riforma del 2003 è possibile emettere titoli di debito
(suscettibili di essere sottoscritti solo da banche e altri investitori qualificati).

VANTAGGI E SVANTAGGI
È il tipo di società di capitali più diffuso per le seguenti ragioni:
1) Requisiti di capitale minimali: il capitale sociale minimo richiesto è 10.000 euro, ma dal 2003
basta anche solo un euro; il requisito del «capitale minimo» resta vincolante per le norme sulla
riduzione del capitale;
2) Tutti i soci beneficiano della responsabilità limitata (salvo il socio unico che violi le regole su
pubblicità e conferimenti);
3) Minori costi di costituzione e funzionamento: l’organo di controllo è obbligatorio solo per le s.r.l.
che superano determinate dimensioni (e comunque è sufficiente la nomina di un solo sindaco o
revisore);
4) Maggiore flessibilità organizzativa: maggiore spazio all’autonomia privata.
CONTRO: è una disciplina con parecchie lacune, che non sempre possano essere colmate mediante
l’applicazione in via analogica di norme sulla s.p.a.

COSTITUZIONE
Viene ampiamente richiamata la disciplina per la costituzione della s.p.a. con alcune variazioni:
a) non è ammessa la stipulazione dell’atto costitutivo per pubblica sottoscrizione, non trova quindi
applicazione la disciplina prevista per i promotori;
b) il capitale minimo richiesto dalla legge è € 10.000, ma per la s.r.l. semplificata è sufficiente un euro;
c) la denominazione sociale può essere liberamente formata come nella S.p.A., salvo dover contenere
l’indicazione s.r.l.;
d) anche la s.r.l. può essere costituita a tempo indeterminato.
È possibile la costituzione di s.r.l. con un unico socio («unipersonale»).

SRL SEMPLIFICATA
La s.r.l. semplificata è un sottotipo di s.r.l. introdotto nel 2012 e disciplinato nell’art. 2463-bis c.c.;
si applicano, in quanto compatibili, le norme generali sulla s.r.l., salvo poche ma significative
differenze, di seguito illustrate. Può essere costituita con contratto o atto unilaterale solo da persone
fisiche.
L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità a un modello standard tipizzato e
deve indicare:
1) cognome, nome, data, luogo di nascita, domicilio, cittadinanza di ciascun socio;
2) denominazione sociale, contenente l'indicazione di società a responsabilità limitata semplificata, e
del comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;
3) ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore all'importo di 10.000 euro,
sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione (il conferimento deve farsi in denaro
ed essere versato all'organo amministrativo);
4) i requisiti già previsti dai numeri 3), 6), 7) e 8) del secondo comma dell'articolo 2463;
5) luogo e data di sottoscrizione;
6) generalità degli amministratori.

135
DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
Dopo la riforma del 2003, come nelle società di persone, «possono essere conferiti tutti gli elementi
dell’attivo suscettibili di valutazione economica» (art. 2464, 2 comma), ma di regola, se lo statuto non
stabilisce diversamente, i conferimenti devono farsi in denaro.
Se il capitale è determinato in misura inferiore al minimo di € 10.000, può essere conferito solo denaro
e i conferimenti devono essere interamente versati al momento della costituzione (in luogo che versati
nella misura del 25%).
È espressamente consentito il conferimento di opere o di servizi purché l’intero valore assegnato a tale
conferimento sia garantito da una polizza di assicurazione o da fideiussione bancaria.
I conferimenti in natura devono essere interamente liberati al momento della sottoscrizione, ma
l’esperto chiamato a valutarli non deve necessariamente essere designato dal Tribunale e non è necessaria
alcuna revisione della stima.

SOCIO MOROSO (art. 2466)


Se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori diffidano il socio moroso
ad eseguirlo nel termine di trenta giorni.
Decorso il termine di 30 giorni, gli amministratori, qualora non ritengano utile promuovere azione per
l'esecuzione dei conferimenti dovuti, possono vendere agli altri soci in proporzione alla loro
partecipazione la quota del socio moroso; in mancanza di offerte per l'acquisto, la quota è
venduta all'incanto se l'atto costitutivo lo consente (carattere personalistico). In mancanza di
compratori, gli amministratori escludono il socio, trattenendo le somme riscosse e il capitale deve essere
ridotto in misura corrispondente.
Il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci. Tutto ciò vale anche nel caso in cui sia scaduta
o divenuta inefficace la polizza assicurativa o la garanzia bancaria prestata dal socio.

FINANZIAMENTO SOCI (art. 2467)


«Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla
soddisfazione degli altri creditori [e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento
della società, deve essere restituito: inciso abrogato dal 16 marzo 2019]»
Finanziamenti dei soci: quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in
cui, anche in considerazione del tipo di attività economica esercitata dalla società, risulta un eccessivo
squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto, o comunque sarebbe stato ragionevole un
conferimento.

TITOLI DI DEBITO
L’atto costitutivo delle s.r.l. può prevedere l’emissione di titoli di debito (art. 2483):
EMISSIONE: a differenza delle obbligazioni, i titoli di debito possono essere emessi solo se previsto
dallo statuto, che ne determina eventuali limiti, modalità e maggioranze necessarie;
CONTENUTO: ampia libertà concessa all’autonomia statutaria, ma la legge precisa che tali titoli sono
emessi a fronte di un prestito (= il diritto al rimborso non può essere condizionato all’incremento
del risultato economico della società);
SOTTOSCRIZIONE: non sono previsti limiti quantitativi all’emissione, ma i titoli emessi possono essere
sottoscritti solo da «investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale» (che rispondono della
solvenza della società in caso di successiva circolazione dei titoli a soggetti che non sono investitori
professionali).

136
QUOTE SOCIALI
Il capitale della s.r.l. è diviso in parti in base al numero dei soci; il numero iniziale delle quote
corrisponde al numero dei soci che partecipano alla costituzione della società e ciascun socio diventa
titolare di un’unica quota di partecipazione.

 Mentre le azioni sono necessariamente di uguale valore, le quote possono essere di diverso
ammontare (e normalmente lo sono), se è diverso l’ammontare del capitale sottoscritto da ciascun
socio.
 Se l’atto costitutivo non prevede diversamente, il valore delle quote è determinato in misura
proporzionale al conferimento.
 La quota resta unica ed esprime in modo unitario la posizione del socio nella società; l’acquisto di
altre quote non rende il socio titolare di più quote distinte, ma determina un incremento di
quella originaria (salvo che non si tratti di quote che attribuiscono diritti od obblighi diversi).
 Di converso, mentre l’azione è indivisibile, la quota è divisibile; tuttavia, l’atto costitutivo può
escludere la divisibilità della quota.
 Se la quota diviene proprietà comune di più persone, deve essere nominato un rappresentante
comune per l’esercizio dei diritti sociali.
 Le quote (al contrario delle azioni) non possono essere rappresentate da titoli di credito, né possono
essere oggetto di offerta al pubblico.
 La quota non è un bene mobile materiale, ma ha un proprio valore patrimoniale oggettivo e viene
per questo assimilata (non senza contrasti) ai beni immateriali.

DIRITTI SOCIALI
Di regola, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione posseduta.

 L’atto costitutivo può tuttavia prevedere l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti
l’amministrazione della società o la distribuzione di utili, o anche (secondo l’opinione prevalente)
altre materie.
 Questi diritti particolari possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci (salvo che lo
statuto preveda diversamente), e non si trasferiscono automaticamente in caso di alienazione.

LIMITI AL TRASFERIMENTO DELLE QUOTE


Le quote sono per legge liberamente trasferibili, per atto fra vivi e per successione a causa di morte;
tuttavia, l’atto costitutivo può:

- limitare o addirittura escludere del tutto il trasferimento (accentuando il carattere personale);


- subordinare il trasferimento al gradimento di organi sociali, soci o terzi, senza prevedere
condizioni o limiti (c.d. mero gradimento), ma in tal caso il socio e i suoi eredi possono
recedere (e il diritto di recesso è in questi casi inderogabile);
- prevedere clausole di prelazione, di riscatto o di covendita delle quote;
- prevedere che il recesso non possa essere esercitato prima di un certo termine (non maggiore
di 2 anni) dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della quota.
Il trasferimento in violazione dei limiti previsti dall’atto costitutivo è inefficace nei confronti della società.

137
MODALITÀ DI TRASFERIMENTO DELLE QUOTE
Il trasferimento:
- deve risultare da scrittura privata con sottoscrizione autenticata da notaio, oppure da un
documento informatico sottoscritto delle parti mediante firma digitale semplice;
- l’atto di trasferimento deve essere depositato entro 30 giorni nel registro delle imprese (dal notaio
o da commercialista abilitato);
- il trasferimento è valido ed efficace fra le parti per effetto del semplice consenso, mentre produce
effetti nei confronti della società solo dal momento del deposito presso il registro delle imprese;
- se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, prevale chi per primo effettua l’iscrizione
nel registro delle imprese, purché sia in buona fede;
- non è più richiesta ex lege l’annotazione nel libro dei soci (ma può essere prevista dall’atto
costitutivo).

ALTRE REGOLE RELATIVE ALLE QUOTE


Responsabilità dell’alienante: se la quota non è interamente liberata, l’alienante risponde in solido con
l’acquirente per i versamenti ancora dovuti, per il periodo di 3 anni dall’iscrizione del trasferimento nel
registro delle imprese, ma la società è tenuta a chiedere preventivamente il pagamento al socio
attuale.
Diritti frazionati: la quota può costituire oggetto di pegno, usufrutto e sequestro; in tal caso vale la
disciplina dettata per le azioni (v. L. 10), al fine di determinare i diritti sociali spettanti al socio ed
al titolare del diritto frazionato.
Non sono invece regolate le modalità di costituzione dei diritti frazionati sulla partecipazione sociale: si
ritiene che per pegno, usufrutto e sequestro convenzionale valgano le regole dell’art. 2470 in tema di
trasferimento delle quote, mentre per il sequestro conservativo le norme in tema di pignoramento.
Espropriazione della quota: la quota può formare oggetto di espropriazione da parte dei creditori
personali del socio (con conseguente vendita forzata o assegnazione della stessa al creditore
procedente).
Se la quota non è liberamente trasferibile, però, la vendita all’incanto può avere luogo solo se il
creditore, il socio e la società non raggiungano un accordo sulle modalità di vendita; e comunque, la
vendita è priva di effetto se, entro 10 giorni dall’aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente
che offra lo stesso prezzo.

CAUSE DI RECESSO
RECESSO (art. 2473):
L'atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità. In
ogni caso il diritto di recesso è garantito:

- se la società è a tempo indeterminato, in ogni momento (con preavviso di 180 giorni);


- se la società è a tempo determinato quando il socio non abbia dato il proprio consenso a: 1)
cambiamento dell’oggetto sociale/tipo di società; 2) fusione o scissione; 3) revoca dello stato di
liquidazione; 4) trasferimento della sede sociale all’estero; 5) eliminazione di una o più cause
di recesso previste dall’atto costitutivo; 6) compimento di operazioni che comportano una
sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei soci; 7)
aumento del capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione.
- A questi casi si aggiunge il caso (già visto) di limitazioni al trasferimento delle quote.
Operazioni sulle proprie quote: alla S.r.l. è vietato in modo assoluto l’acquisto o la sottoscrizione di proprie
quote. Inoltre, in nessun caso la società può accettare in garanzie proprie quote, ovvero accordare
prestiti o fornire garanzie per il loro acquisto/sottoscrizione.

138
RECESSO ED ESCLUSIONE
LIQUIDAZIONE: i soci che recedono (nei termini indicati nello statuto; in mancanza di applicano quelli
previsti per la s.p.a.) hanno diritto di ottenere il rimborso della partecipazione in proporzione del
patrimonio sociale entro 180 gg. dalla comunicazione del recesso, a meno che l’assemblea non
revochi la delibera che ha legittimato il recesso o voti lo scioglimento. In caso di disaccordo, il
valore è determinato da un esperto nominato dal tribunale su istanza della parte più diligente.
La quota del socio receduto deve essere offerta in opzione agli altri soci, oppure ad un terzo
individuato dai soci stessi; se non si appalesano acquirenti per il rimborso, si attinge alle riserve
disponibili o, in assenza, si riduce il capitale; se i creditori fanno opposizione entro 90 gg. e
l’opposizione è accolta, la società si scioglie.
ESCLUSIONE: come nelle società di persone, l’atto costitutivo può prevedere specifiche cause di
esclusione del socio per giusta causa e per il rimborso si applicano le stesse regole previste in caso di
recesso.

LE DECISIONI DEI SOCI


ART. 2479: i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall'atto costitutivo, nonché
sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del
capitale sociale sottopongono alla loro approvazione. In ogni caso, sono riservate ai soci:
1) l'approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;
2) la nomina degli amministratori;
3) la nomina nei casi previsti dall'articolo 2477 dei sindaci e del presidente del collegio sindacale
o del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;
4) le modificazioni dell'atto costitutivo;
5) la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto
sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci.
Di regola, su queste materie delibera l’assemblea (con i quorum di cui alla slide che segue).
Tuttavia, l’atto costitutivo può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate con una procedura più
snella, mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, purché tutti i soci
siano messi in condizione di partecipare, ma in tal caso le decisioni devono essere adottate con il voto
favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale.
In ogni caso, devono essere deliberate dall’assemblea:
1) le modificazioni dell’atto costitutivo,
2) le decisioni che comportano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modifica
dei diritti dei soci,
3) la riduzione del capitale per perdite;
4) gli argomenti che le sono sottoposti su richiesta di uno o più amministratori o dai soci che
rappresentano almeno 1/3 del capitale sociale.

FUNZIONAMENTO DELL’ASSEMBLEA
Le modalità di convocazione sono previste dallo statuto; in assenza, è convocata dagli amministratori
tramite lettera raccomandata spedita ai soci almeno 8 giorni prima.
L’assemblea si riunisce presso la sede sociale (salvo diversa disposizione statutaria).
Possono intervenire tutti i soci. Il socio può liberamente farsi rappresentare (a meno che lo statuto non
lo vieti); in tal caso, la società è tenuta a conservare le deleghe (che devono essere rilasciate per
iscritto).
Il voto di ogni socio è computato in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione.

139
Quorum costitutivo: la metà del capitale sociale; quorum deliberativo: la maggioranza assoluta del
capitale intervenuto. È però necessario il voto favorevole della maggioranza del capitale sociale (e non
solo di quello intervenuto) per le modificazioni all’atto costitutivo e per le decisioni che comportano una
sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci.
È ammessa l’assemblea totalitaria: si richiede la presenza del 100% del capitale sociale, e che tutti gli
amministratori e i sindaci siano presenti o almeno informati; essa può deliberare solo sugli argomenti
alla cui trattazione nessuno degli intervenuti si sia opposto.

L’INVALIDITÀ DELLE DECISIONI DEI SOCI


1) ANNULLABILITÀ: le decisioni non conformi alla legge o all’atto costitutivo possono essere impugnate
da ciascun socio che non vi abbia consentito, nonché da ciascun amministratore e dall’organo di
controllo, entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Nelle stesse forme
sono impugnabili le delibere prese col voto determinante di soci in conflitto di interessi, se possono
recare danno alla società.
2) NULLITÀ: possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, entro 3 anni, le delibere aventi
oggetto impossibile o illecito e quelle prese in assenza assoluta di informazione.
3) NULLITÀ IMPRESCRITTIBILE: possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che
modificano l’oggetto sociale, prevedendo attività illecite o impossibili.
4) PROCEDIMENTO: è regolato come nella corrispondente disciplina della s.p.a. In particolare,
l’invalidità della decisione ha effetto nei confronti di tutti i soci, ma non pregiudica i diritti acquistati
in buona fede da terzi; l’invalidità inoltre non può essere pronunciata se la decisione impugnata sia
stata sostituita con altra presa in conformità della legge e dell’atto costitutivo.

LA GESTIONE DELLA SOCIETÀ


La ripartizione di competenze fra assemblea e amministratori in merito alla gestione dell’impresa è
rimessa all’autonomia statutaria, ma in mancanza di previsione la gestione spetta all’organo
amministrativo.
La regola generale è che l’amministrazione venga affidata a uno o più soci, ma possono essere
nominati amministratori anche soggetti esterni. Gli amministratori sono designati nell’atto
costitutivo, o successivamente dai soci.
La legge non prevede cause di ineleggibilità o incompatibilità (spetta quindi allo statuto
prevederle). Salvo diversa previsione, gli amministratori restano in carica a tempo indeterminato.
Nella s.r.l. è frequente l’amministratore unico, ma qualora l’amministrazione sia affidata a più persone,
queste costituiscono il consiglio di amministrazione.

AMMINISTRAZIONE E RAPPRESENTANZA
Il metodo collegiale non è inderogabile, anzi è più frequente che si usino le due alternative «informali»
della consultazione scritta o del consenso espresso per iscritto (su uno specifico argomento).
Lo statuto potrebbe prevedere anche i sistemi tipici delle società di persone (amministrazione congiuntiva
o disgiuntiva).
Come nella s.p.a., per gli amministratori cui è attribuito il potere di rappresentanza, questo si estende
in generale a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale; ed eventuali limiti a tale potere - anche se
risultanti dallo statuto - non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che il terzo abbia agito
intenzionalmente a danno della società.
I contratti conclusi dagli amministratori con rappresentanza in conflitto di interessi possono essere
annullati entro 5 anni su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.

140
RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI
1) Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti
dall'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l'amministrazione
della società. Non rispondono quelli che dimostrino di essere esenti da colpa e che comunque,
essendo a conoscenza che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constare il proprio dissenso.
a. Per esonerarsi da responsabilità, l’amministratore deve altresì avere fatto quanto possibile
per impedire il compimento dell’atto o eliminarne/attenuarne le conseguenze dannose.
b. Responsabili solidalmente con gli amministratori sono anche i soci che hanno intenzionalmente
deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.
c. L'azione di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa, oltre che dalla
società, da ciascun socio individualmente. Essa può essere oggetto di rinuncia o transazione
da parte della società, purché vi consenta una maggioranza dei soci rappresentante
almeno i due terzi del capitale sociale e purché non si oppongano tanti soci che
rappresentino almeno il decimo del capitale sociale.
d. Se, a seguito di azione di responsabilità, interviene la revoca giudiziaria
dell’amministratore, sarà la società (e non il giudice) a dover nominare il nuovo
amministratore.
e. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento, il ricavato va a vantaggio della
società, che è tenuta a rimborsare al socio agente le spese di lite.
2) In virtù di un nuovo comma dell’art. 2476 entrato in vigore il 16.3.2019, gli amministratori
rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione
dell'integrità del patrimonio sociale.
a. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente
al soddisfacimento dei loro crediti.
b. La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte
dei creditori sociali.
3) Infine, il singolo socio e i terzi che siano stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi
degli amministratori, hanno diritto al risarcimento dei danni subiti.

L’ORGANO DI CONTROLLO
L’atto costitutivo può prevedere la nomina di un organo di controllo o di un revisore determinandone
competenze e poteri. Se lo statuto non prevede diversamente, l’organo di controllo è composto da un
solo membro effettivo.
Nelle s.r.l. la nomina di un organo di controllo/di un revisore è obbligatoria solo quando la società:
a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:
a. totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro;
b. ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro;
c. dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 20 unità.
Nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul
collegio sindacale previste per le società per azioni. A partire del 16.3.2019 anche nella s.r.l. è
possibile ricorrere al controllo giudiziario ex art. 2409.

IL CONTROLLO DEI SOCI


I soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto:

 di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali;


 di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi
all'amministrazione.

141
L’atto costitutivo può regolare l’esercizio di tali diritti per conciliarli con l’esigenza di non intralciare
eccessivamente l’attività sociale, ma non può sopprimerli.
In ogni caso, i soci devono esercitare i controlli nel rispetto del principio di correttezza e buona fede e
senza divulgare a terzi le informazioni ricevute, esponendosi a responsabilità in caso di abuso.

IL BILANCIO
Il bilancio è predisposto dall’organo amministrativo (con delibera necessariamente collegiale),
approvato dai soci (anche senza assemblea, se lo statuto lo consente) e depositato entro 30 giorni nel
registro delle imprese.
Dagli utili netti annuali deve essere dedotta una quota per formare la riserva legale. Se il capitale
è inferiore al minimo legale (perché è stata costituita una s.r.l. semplificata), deve essere dedotto
1/5 degli utili di ciascun esercizio, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al
capitale, l’ammontare di 10.000 euro.
La decisione dei soci che approva il bilancio decide anche sulla distribuzione degli utili; in caso di
distribuzione di utili fittizi, i dividendi non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede in base
ad un bilancio regolarmente approvato da cui risultano utili netti corrispondenti.

MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO


Le modificazioni dell’atto costitutivo sono di competenza inderogabile dell’assemblea con il voto
favorevole di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.
Tuttavia, le modificazioni divengono efficaci solo a seguito dell’iscrizione della stessa nel registro delle
imprese su richiesta del notaio verbalizzante, deputato a effettuare il controllo di legittimità. Se il notaio
si rifiuta di procedere all’iscrizione, gli amministratori possono promuovere il giudizio di omologazione
presso il tribunale.

AUMENTO DEL CAPITALE SOCIALE


A PAGAMENTO: L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale,
determinandone limiti e modalità di esercizio; la decisione, che deve risultare da verbale redatto senza
indugio da notaio, deve essere depositata a norma dell’art. 2436.

 La decisione di aumentare il capitale sociale non può essere attuata fin quando i conferimenti
precedentemente dovuti non siano stati integralmente eseguiti.
 Modalità e termine (non inferiore a 30 giorni) per l’esercizio del diritto di sottoscrizione - e sua
eventuale limitazione/esclusione giustificata in nome dell’interesse della società (con diritto di
recesso dei soci non consenzienti e sovrapprezzo) - sono determinati nella delibera di aumento del
capitale.
 Entro 30 giorni dalla sottoscrizione, gli amministratori depositano l’attestazione dell’esecuzione
dell’aumento di capitale per l’iscrizione nel registro delle imprese.
 Per i conferimenti x aumento capitale = stessa disciplina dei conferimenti x costituzione.
GRATUITO: la società può aumentare il capitale, imputando ad esso le riserve e gli altri fondi iscritti in
bilancio in quanto disponibili. In questo caso la quota di partecipazione di ciascun socio resta
immutata.

RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE


RIDUZIONE REALE DEL CAPITALE: può avere luogo mediante rimborso ai soci delle quote pagate o
mediante liberazione di essi dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti. La decisione dei soci di ridurre
il capitale sociale può essere eseguita solo dopo 90 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese,
purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione.

142
RIDUZIONE DEL CAPITALE PER PERDITE: se le perdite sono di oltre 1/3 del capitale; gli amministratori
devono convocare senza indugio l'assemblea alla quale deve essere sottoposta una relazione degli
amministratori con le osservazioni del sindaco/revisore. Tali documenti devono essere depositati nella
sede della società almeno 8 giorni prima dell'assemblea, perché i soci possano prenderne visione.
Nell’assemblea i soci possono assumere provvedimenti o anche non. Se la perdita non rientra entro
l’esercizio successivo, l’assemblea deve deliberare la riduzione del capitale sociale; in subordine,
provvede il tribunale su richiesta degli amministratori o dei sindaci (se ci sono).
Se il capitale scende per perdite di oltre 1/3 sotto il minimo legale, l’assemblea deve invece
essere convocata con urgenza per decidere se votare la ricapitalizzazione o la trasformazione (se
possibile); altrimenti la società si scioglie.

LEZIONE 23 – FUSIONE E SCISSIONE

TIPOLOGIE DI OPERAZIONI STRAORDINARIE


Fusione –> unificazione di due o di una pluralità di enti precedentemente distinti.
Scissione –> all’opposto è una frammentazione del patrimonio di un soggetto giuridico in precedenza
unitario.
Trasformazione –> modifica della forma giuridica, ovvero dell’assetto organizzativo con mantenimento
di stato di attività, passività e rapporti senza soluzione di continuità.
Queste operazioni richiedono il rispetto delle regole sulle modificazioni del contratto sociale nei diversi
tipi societari (ad eccezione che nelle società di persone, ove dovrebbe operare il principio
dell’unanimità, ma in deroga si applica il criterio della maggioranza).
Nelle s.p.a. tali decisioni sono rimesse alla competenza dell’assemblea straordinaria.
Nelle s.r.l. tali decisioni sono rimesse alla competenza dell’assemblea secondo il criterio della
maggioranza qualificata rafforzata (e con contestuale verbalizzazione notarile).

LA FUSIONE IN GENERALE
La fusione è un fenomeno concentrativo: consente l’unificazione di due o più soggetti giuridicamente
distinti.
Diverso è il concetto di unificazione economica. Se la fusione avviene tra soggetti giuridici già legati da
un rapporto di controllo, nel quadro di una semplice riorganizzazione dell’assetto strutturale del gruppo,
non si ha anche concentrazione economica, che forma oggetto della disciplina antitrust.
La fusione è un istituto che consente di unificare due o più enti partecipanti alla procedura di fusione
estinguendoli:

 in favore della costituzione di una nuova società (fusione in senso stretto);


 oppure una delle società incorpora l’altra o le altre (fusione per incorporazione).
Possono partecipare a procedure di fusione anche le società in stato di liquidazione, purché non sia
ancora iniziata la fase della distribuzione dell’attivo.
A seguito della fusione i soci ricevono una partecipazione (quota o azioni) nella nuova società o nella
società incorporante, in base a un rapporto di cambio negoziato tra gli organi amministrativi delle
società partecipanti alla fusione, e approvato dalle rispettive assemblee.

143
FUSIONE = SUCCESSIONE UNIVERSALE
La società scaturente dalla fusione o l’incorporante succede a titolo universale alle società partecipanti
nei diritti e negli obblighi di queste, proseguendo nei rapporti (anche processuali) anteriori la fusione =
successione universale nel patrimonio delle società partecipanti o incorporate estinte.
Si parla di fusione omogenea tra società tutte lucrative e di fusione trasformativa od eterogenea
nel caso opposto, che può riguardare anche la fusione di una con enti molto diversi dalla stessa. Ma
non si possono aggirare i limiti di legge sulla trasformazione eterogenea: ad es., una s.p.a. non può
incorporare una soc. coop a MP (visto che questa non potrebbe trasformarsi in s.p.a.: v. L. 24). Esiste anche
la fusione transfrontaliera riguardante le società di differenti stati UE (regolamentata da una Direttiva
del 2005 volta a promuovere l’integrazione imprenditoriale a livello comunitario).

IL PROCEDIMENTO DI FUSIONE: 3 FASI


a) FASE PREPARATORIA = Progetto di fusione
b) FASE DELIBERATIVA = Deliberazione dei soci e possibile opposizione dei creditori
c) FASE ATTUATIVA = Atto di fusione e sua iscrizione nel registro delle imprese

IL CONTENUTO DEL PROGETTO DI FUSIONE


Il progetto di fusione, negoziato dagli organi amministrativi delle società partecipanti, deve prevedere:
1. il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla fusione;
2. l’atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante, con le
eventuali modificazioni derivanti dalla fusione;
3. il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l’eventuale conguaglio in danaro (non superiore
al dieci per cento del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate);
4. le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della società che risulta dalla fusione o di
quella incorporante;
5. la data [operativa] dalla quale le azioni o quote partecipano agli utili [ai fini del «godimento» degli
utili];
6. la data [contabile] a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla
fusione sono imputate al bilancio della società che risulta dalla fusione o di quella
incorporante;
7. il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di titoli diversi
dalle azioni;
8. i vantaggi particolari eventualmente proposti a favore dei soggetti cui compete l’amministrazione
delle società partecipanti alla fusione.

GLI ALLEGATI AL PROGETTO DI FUSIONE


Documenti da allegare al progetto di fusione:
A. situazione patrimoniale delle società partecipanti riferita a periodo antecedente non oltre 120
giorni dall’iscrizione o pubblicazione del progetto di fusione; alla relazione può sostituirsi la
presentazione dell’ultimo bilancio di esercizio (se non è anteriore di oltre 6 mesi l’iscrizione o
pubblicazione del progetto di fusione); + relazione degli amministratori sulla situazione
patrimoniale; nel caso di società quotate, può presentarsi la relazione finanziaria semestrale,
sempre che non sia precedente di oltre 6 mesi alla data di deposito e iscrizione del progetto di
fusione;
B. relazione dell’organo di amministrazione sui motivi (giuridico/economici) e le conseguenze della
fusione, e sui criteri di determinazione del rapporto di cambio;
C. relazione degli esperti (iscritti nel registro del revisore legale dei conti) sulla congruità del rapporto
di cambio, nel caso delle società quotate affidata alla società di revisione contabile che ne certifica
i bilanci;
D. bilanci degli ultimi tre esercizi di tutte le società partecipanti alla fusione, accompagnati
dalle relazioni sulla gestione e degli organi di controllo (e del revisore legale dei conti).

144
IL RAPPORTO DI CAMBIO
Art. 2501 ter. Il rapporto di cambio è un elemento del procedimento di fusione che sintetizza uno dei
conflitti tipici della fusione. È quel numero che individua quante azioni della società di nuova
costituzione (o, in caso di fusione per incorporazione, quante azioni della società incorporante)
spetteranno ai soci delle società che si fondono, per ogni vecchia azione. Esso rispecchia il rapporto
tra il patrimonio netto delle due o più società che partecipano alla fusione.
Se la società A ha un patrimonio di 100 e B ha un patrimonio di 50, per dare luogo alla società C,
nel progetto di fusione si dovrà indicare il rapporto di cambio per cui i soci della società A e della
società B riceveranno un certo numero di azioni della società C. Nell’esempio il capitale sociale di C
dovrebbe essere 150, di cui 100 corrispondente ad azioni spettanti ai soci di A e 50 ai soci di B.
Se nell’ambito della determinazione del rapporto di cambio non si riesce a raggiungere una perfetta
suddivisione, ossia un rapporto di cambio esatto per cui a tutti i vecchi soci viene attribuito un numero
finito e congruo di azioni, si deve prevedere un conguaglio in denaro per i «resti».

ISCRIZIONE DEL PROGETTO DI FUSIONE


Il progetto di fusione deve essere iscritto nei registri delle imprese dei luoghi dove si trovano le sedi
principali delle società partecipanti alla procedura di fusione.
In alternativa, si può pubblicare il progetto di fusione direttamente sul sito internet della società,
secondo modalità che però garantiscano sicurezza, veridicità dei contenuti documentali e certezza
della data di pubblicazione.
La pubblicità deve avvenire almeno 30 giorni prima dell’adunanza dei soci.
I soci, all’unanimità, possono rinunciare al termine dei 30 giorni di pubblicazione del progetto di
fusione (e documentazione allegata) antecedenti la deliberazione.

LA DELIBERA DI FUSIONE
La fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante approvazione del relativo
progetto.
Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, tale approvazione avviene, nelle
società di persone, con il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte
attribuita a ciascuno negli utili (maggioranza proporzionale). Questa adozione a maggioranza della
delibera di fusione nell’ambito della società di persone viene accompagnata al diritto di recesso in
favore del socio dissenziente. Nelle società di capitali la decisione è presa con la maggioranza prevista
per le modificazioni statutarie. Essa legittima il recesso del socio non consenziente solo nelle s.r.l.
La decisione di fusione può apportare al progetto di cui all’articolo 2501-ter solo le modifiche
che non incidono sui diritti dei soci o dei terzi. In pratica, ai soci non è consentito apportare modifiche
incidenti sulla determinazione del rapporto di cambio, perché richiederebbero di rinegoziare il contenuto del
progetto di fusione, riprendendo la procedura dall’inizio.
In ogni modo, le modifiche ammesse devono essere approvate da tutte le assemblee delle società
partecipanti chiamate ad approvare la fusione. Ogni delibera deve essere iscritta nel registro delle
imprese delle società partecipanti, insieme a tutti i documenti depositati prima dell’assemblea.

145
L’OPPOSIZIONE DEI CREDITORI ALLA FUSIONE
Prima di 60 giorni dall’iscrizione della decisione di fusione, non è possibile procedere alla redazione dell’atto
di fusione a meno che non constino, alternativamente:

 il consenso dei creditori anteriori all’iscrizione del progetto di fusione – ossia, se i soci e gli
amministratori riescono ad ottenere l’immediato consenso dei creditori la fusione può essere
perfezionata subito;
 il pagamento dei creditori dissenzienti (dunque, va anche bene che si sia acquisito il consenso di alcuni
creditori e siano pagati gli altri creditori);
 il deposito presso una banca delle somme necessarie per pagare i creditori;
 l’asseverazione di una società di revisione nominata in qualità di esperto per valutare la situazione
patrimoniale delle società partecipanti, se, all’esito, essa dichiara non necessaria la prestazione di
garanzie da parte di queste ultime a favore dei terzi creditori.
Queste situazioni eliminano i rischi di pregiudizio per i creditori e consentono di procedere con la fusione.
Se viene proposta opposizione dai creditori, valgono le stesse regole previste per l’opposizione alla
riduzione del capitale sociale, quindi con la possibilità di non dar corso alla fusione se non si provveda
al pagamento dei creditori o a rilasciare idonea garanzia.

L’OPPOSIZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI


Anche i possessori di obbligazioni delle società partecipanti alla fusione possono fare opposizione a
norma dell’articolo 2503, a meno che la fusione non sia stata approvata dall’assemblea degli
obbligazionisti.
Ai possessori di obbligazioni convertibili deve essere invece data la facoltà, mediante avviso da
pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana almeno novanta giorni prima della
iscrizione del progetto di fusione, di esercitare il diritto di conversione nel termine di trenta giorni
dalla pubblicazione dell’avviso.
Ai possessori di obbligazioni convertibili che non abbiano esercitato la facoltà di conversione devono
essere assicurati diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione, salvo che la
modificazione dei loro diritti sia stata approvata dall’assemblea degli obbligazionisti convertibili.

L’ATTO DI FUSIONE E LA SUA PUBBLICITÀ


L’atto di fusione è il documento che chiude il procedimento di fusione, e rappresenta l’attuazione delle
decisioni sulla fusione assunte dalle società partecipanti.
L’atto di fusione è l’atto pubblico con il quale si costituisce la società risultante dalla fusione con effetti
«reali». Nella fusione in senso stretto il riferimento è all’atto costitutivo della nuova società risultante
dalla fusione.
L’atto di fusione deve essere iscritto nel termine di 30 giorni presso i registri delle imprese in tutti i
luoghi in cui avevano sede le società partecipanti, a cura del notaio o degli amministratori della
società incorporante o risultante dalla fusione. L’ultima iscrizione deve essere quella nel registro del
luogo in cui ha sede la società incorporante o risultante dalla fusione.
Dall’iscrizione, infatti, si determina l’estinzione delle altre società partecipanti e operano gli effetti
della fusione nei confronti dei terzi, salva la possibilità per la fusione per incorporazione di stabilire
una data posteriore. Nei rapporti interni, date anteriori possono essere stabilite in ordine agli effetti
operativi (di godimento) e contabili.
Una volta compiuto l’ultimo adempimento pubblicitario, si determina l’effetto sanante di ogni eventuale
vizio della procedura di fusione e non potrà più essere dichiarata l’invalidità dell’atto di fusione, salvo
il diritto dei soci o terzi al risarcimento dei danni subiti.

146
AVANZO O DISAVANZO DI FUSIONE
Nel primo bilancio successivo alla fusione le attività e le passività sono iscritte ai valori risultanti
dalle scritture contabili alla data di efficacia della fusione medesima.
Se dalla fusione emerge un disavanzo (=quando il valore netto delle attività e passività
dell’incorporata è inferiore all’importo per cui la partecipazione in essa era iscritta nel bilancio
della partecipata), esso deve essere imputato, ove possibile, agli elementi dell’attivo e del passivo
delle società partecipanti alla fusione e, per la differenza e nel rispetto delle condizioni previste dal
numero 6 dell’articolo 2426, ad avviamento.
Se dalla fusione emerge un avanzo, esso è invece iscritto in apposita voce del patrimonio netto, ovvero,
qualora sia dovuto a previsione di risultati economici sfavorevoli, in una voce dei fondi per rischi
ed oneri.
Quando si tratta di società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio, devono altresì essere
allegati alla nota integrativa specifici prospetti contabili indicanti i valori attribuiti alle attività e
passività delle società che hanno partecipato alla fusione e la relazione degli esperti.

FUSIONI SPECIALI
Nei casi di coinvolgimento di interessi «minori» il legislatore ha previsto procedure semplificate di
fusione. I CASI SONO TRE:
A. Incorporazione di società interamente posseduta;
B. Incorporazione di società posseduta al 90%;
C. Fusione tra società il cui capitale sia rappresentato esclusivamente da quote partecipative e non
da azioni.

INCORPORAZIONE DI SOCIETA’ POSSEDUTA AL 100%


La prima semplificazione dipende dal fatto che non ci sono soci dell’incorporata che possono avere
interesse a mettere in discussione il rapporto di cambio. Quindi la procedura può essere attuata
interamente dall’organo amministrativo dell’incorporante.
Tuttavia, tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale della incorporante entro 8 giorni
dal deposito del progetto di fusione possono reclamare l’adozione della decisione sulla fusione
secondo la procedura di fusione ordinaria.
Il progetto di fusione è semplificato: non sono necessarie le indicazioni sul rapporto di cambio, sulle
modalità di assegnazione delle quote o azioni e sulla data operativa.
Inoltre, non sono necessarie le relazioni dell’organo degli amministratori e quelle degli esperti sulla
congruità del rapporto di cambio.
Rimangono valide le disposizioni sui termini minimi (30 giorni) tra l’iscrizione del progetto di
fusione e la data della decisione e quelli sul deposito presso la sede sociale o la necessaria
pubblicazione su sito del progetto di fusione. Rimane necessaria la documentazione di bilancio e
contabile per rendere nota la situazione patrimoniale delle società partecipanti.

147
INCORPORAZIONE DI SOCIETA’ POSSEDUTA ALMENO AL 90%
Se lo statuto lo prevede, la decisione può essere assunta dall’organo amministrativo dell’incorporante.
Anche qui i soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale dell’incorporante entro 8 giorni dal
deposito del progetto di fusione possono reclamare l’adozione della decisione sulla fusione secondo la
procedura di fusione ordinaria.
Rimane fermo il rispetto delle regole sul progetto di fusione, sui termini (30 giorni prima della decisione)
per iscrizione, deposito o pubblicazione sul sito dello stesso, sulla presentazione e deposito delle
relazioni di amministratori e dei bilanci del triennio precedente.
Se ai soci della incorporata viene offerta la possibilità di fare acquistare dall’incorporante le proprie
azioni o quote secondo un corrispettivo stabilito facendo ricorso a criteri utilizzati per il
recesso, vengono meno anche gli obblighi sulla presentazione delle relazioni dell’organo di
amministrazione, degli esperti sul rapporto di cambio e quelli sul deposito della documentazione
patrimoniale e contabile prevista.

FUSIONE TRA SOCIETA’ SENZA AZIONI


Le società partecipanti possono procedere alla fusione anche se in stato di liquidazione
e persino (in deroga al divieto ordinario) se hanno già iniziato la distribuzione (liquidazione)
dell’attivo.
Alcuni termini sono dimezzati –>

 15 (non 30) giorni devono trascorrere tra l’iscrizione del progetto di fusione (o la sua pubblicazione
sul sito) e la decisione da assumersi.
 15 (non 30) giorni devono rimanere depositare tutti gli atti necessari prima della data prevista
per la decisione da assumersi sulla fusione.
 Dopo il deposito della deliberazione sulla fusione nel registro delle imprese (allegandovi tutta la
documentazione necessaria), la fusione potrà essere attuata non prima di 30 giorni (non 60) per
dare modo ai creditori di manifestare il loro consenso o di opporsi.

MERGER LEVERAGED BUY OUT


È una fattispecie particolare di fusione, in quanto è il punto di arrivo di una operazione di acquisizione
del capitale di una società tramite il ricorso all’indebitamento.
Si individua una società Target, cioè una società che abbia un plusvalore non espresso, che potrebbe
essere valorizzato con una migliore gestione. Quindi si costituisce una Newco che mira ad
acquisire il controllo della società bersaglio. A questo scopo essa s’indebita con dei finanziatori,
lancia un’OPA, e acquisisce il controllo della Target. Indi Newco incorpora Target, il cui patrimonio
rappresenta per il finanziatore la garanzia per la restituzione dei suoi soldi.
Il legislatore italiano non ha vietato le fusioni a seguito di acquisizione con indebitamento, ma le ha
sottoposte a una serie di cautele:
1) Il progetto di fusione deve prevedere anche le risorse finanziarie previste per il
soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione;
2) Nella relazione degli amministratori devono essere indicate le ragioni che giustificano l’operazione
e previsto un piano economico finanziario, con menzione delle fonti delle risorse finanziarie;
3) Nella relazione degli esperti deve essere (anche) attestata la ragionevolezza delle indicazioni
contenute nel progetto di fusione.
4) Se la società Target è sottoposta a revisione contabile obbligatoria, al progetto di fusione occorre
allegare anche una relazione favorevole all’operazione della società di revisione incaricata.

148
LA SCISSIONE IN GENERALE
La scissione provoca, a seconda della tipologia, la frammentazione di un patrimonio originariamente
unitario facente capo a una società A in favore di una o più società beneficiarie (B, C), preesistenti o di
nuova costituzione, con correlativa assegnazione delle azioni o quote di tali società ai soci di A.
Può prestarsi a vari scopi: ad es., risolve problemi organizzativi in un gruppo, o conflitti fra soci;
Scissione totale: la società che si scinde si scioglie senza liquidazione, e il suo patrimonio viene diviso
fra due o più società, preesistenti o di nuova costituzione.
Scissione parziale: la società scissa continua ad esistere sia pure con un patrimonio ridotto; il restante
patrimonio viene assegnato a una (o più) società, preesistenti o di nuova costituzione. Diverso è lo
«scorporo» di azienda, che postula il conferimento della stessa in altra società.
Scissione proporzionale: si ha quando i soci di A partecipano nelle società beneficiate nella stessa
identica proporzione che avevano nella società scissa. Scissione non proporzionale è invece la
scissione che non fa conservare ai soci la stessa percentuale che avevano nella società partecipante.

Il PROCEDIMENTO DI SCISSIONE: LE REGOLE SUPPLETIVE


Sotto il profilo procedimentale la normativa ricalca il procedimento di fusione, con alcune norme speciali:
Destinazione degli elementi dell’attivo e del passivo. Nella scissione è importante delineare
attentamente che cosa viene assegnato a una o all’altra società fra le scissa e le beneficiarie. Nel progetto
di scissione, l’organo amministrativo deve quindi fornire l’esatta indicazione degli elementi patrimoniali
da assegnare a ciascuna società e dell’eventuale conguaglio di denaro.
Operano anche delle regole suppletive in caso in cui il progetto di scissione non fosse chiaro: se non
è possibile desumere la destinazione di elementi dell’attivo (ad es. un credito), nella scissione totale questo
viene suddiviso in proporzione al patrimonio netto assegnato a ciascuna delle società, se la scissione è
parziale rimane in capo alla trasferente scissa.
Invece, degli elementi del passivo (ad es., un debito), la cui destinazione non sia desumibile dal
progetto, rispondono in solido, nella scissione totale, le società beneficiarie, nella scissione parziale la
società scissa e le società beneficiarie. La responsabilità solidale è però limitata entro il valore effettivo
del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria.

LA DISTRIBUZIONE DELLE QUOTE O AZIONI NELLA SCISSIONE


Ai fini dell’attribuzione di quote e azioni, non opera un rapporto di cambio in senso stretto, quanto
un criterio di distribuzione.
ll progetto di scissione deve indicare i criteri di distribuzione delle azioni o delle quote delle
società beneficiarie ai soci della società scissa, basandosi sul valore effettivo del patrimonio netto
assegnato a ciascuna di esse e di quello che rimanga alla società scissa, come addotto nella
relazione degli amministratori:

 se la scissione è proporzionale, il rapporto fra i netti assegnati determina lo stesso criterio di


distribuzione delle quote di B, C ai vecchi soci di A, e allora non occorre la relazione degli esperti
sul rapporto di cambio (se beneficiarie sono società di nuova costituzione);
 se la scissione non è proporzionale, non solo rimane comunque la relazione degli esperti, ma anche
nel progetto di scissione si deve prevedere il diritto dei soci dissenzienti dalla deliberazione
di fare acquistare la propria quota da soggetti da indicarsi, per un corrispettivo pari a quello che
sarebbe determinato applicando le regole sul recesso.
Nel determinare nel progetto di scissione le quote spettante ai soci della scissa, è possibile anche
usare lo strumento del conguaglio di denaro nella misura non superiore al 10% del valore nominale
delle partecipazioni possedute.

149
ALTRE NORME SPECIALI SULLA SCISSIONE
Con il consenso unanime dei soci e dei possessori di strumenti finanziari con diritto di voto, l’organo
amministrativo delle società che si scinde può essere esonerato dal predisporre la situazione
patrimoniale e la relazione accompagnatoria (e può evitarsi anche quella degli esperti nei casi in
cui era prescritta).
Pure la scissione ha efficacia e non può più essere invalidata dall’ultima delle iscrizioni nel registro
delle imprese nell’atto di scissione (fermo restando il diritto al risarcimento per chi ha subito danni da
eventuali vizi procedurali). Per gli effetti reali, può anche essere stabilita una data posteriore, tranne
che nel caso di scissione mediante costituzione di società nuove. L‘anticipazione degli effetti contabili e
operativi è sempre possibile.
FIDEIUSSIONE EX LEGE a tutela dei creditori nel caso venissero create delle bad company: ciascuna
società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa
assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società a carico della quale
sono stati posti.

LEZIONE 24 – TRASFORMAZIONE –
SOCIETÀ COOPERATIVE

LA TRASFORMAZIONE IN GENERALE
Consente di modificare la struttura organizzativa. Determina una diversa veste organizzativa conservando
ogni obbligo, diritto e rapporto precedente. Sul piano patrimoniale (a differenza di quanto accade in
caso di fusione e scissione) non cambia nulla, perché la trasformazione avviene rispettando la
proporzionalità di quote e azioni già possedute (appunto in quanto cambia solo l’assetto organizzativo).
Prima della riforma del 2003: trasformazione solo tra società (no s.p.a. –> fondazione) e la società
cooperativa non poteva trasformarsi in una società a scopo lucrativo (solo viceversa).
Dopo la riforma sono possibili:
a) trasformazione omogenea: fra diverse tipologie di società lucrative;
b) trasformazione eterogenea: tra società di capitali (e viceversa) in enti consortili o cooperative non
a mutualità prevalente e altri enti non societari, come consorzi, comunioni d’azienda e perfino
fondazioni e associazioni.
L’impresa individuale invece non può essere oggetto di trasformazione. Non si verifica una trasformazione
nel passaggio di una società da unipersonale a plurilaterale, perché non muta l’assetto organizzativo.

PROCEDIMENTO ED EFFETTI DELLA TRASFORMAZIONE IN GENERALE


La trasformazione è ammessa in qualunque momento (anche qualora la società fosse in procedura
concorsuale, però entro i limiti delle finalità previste).
L’atto di trasformazione ha lo stesso contenuto e le forme di quello costitutivo (quindi per la trasformazione
in una società di capitali occorre un atto pubblico) e vi si applicano le norme previste per la disciplina
del tipo.

150
Pubblicità ed efficacia –>

 La trasformazione acquista efficacia con il compimento degli adempimenti pubblicitari. La pubblicità è


la medesima richiesta per il tipo, più gli adempimenti richiesti per la pubblicità riguardante
la cessazione del tipo di ente effettuante la trasformazione.
 La pubblicità garantisce un effetto sanante di qualunque vizio anche grave della procedura (es. vizi
riguardanti la delibera di trasformazione, iscrizioni nonostante le avanzate opposizioni, carenza
sugli elementi essenziali della trasformazione, ecc.).
 L’efficacia è immediata nella trasformazione omogenea, mentre si verifica dopo 60 giorni
nell’eterogenea. Dopodiché, i soggetti lesi possono chiedere solo il risarcimento dei danni subiti.
 L’unica chance per i soggetti eventualmente lesi di bloccare una procedura di trasformazione è quella
di impugnarla immediatamente per ottenere il prima possibile un provvedimento di sospensione
dell’esecuzione della trasformazione.

TRASFORMAZIONE OMOGENEA «PROGRESSIVA»


Da soc. di persone a soc. di capitali (es. migrazione da s.n.c. a s.r.l.)
Viene derogato il principio dell’unanimità per le modificazioni del contratto sociale: si decide,
salvo diversa previsione statutaria, con la maggioranza in proporzione alle quote (nella stessa
proporzione verranno assegnate le azioni o le nuove quote).
I soci dissenzienti/non concorrenti alla decisione sulla trasformazione hanno diritto di recedere.
È necessaria una relazione di stima (vedi norme sui conferimenti in natura nelle società di capitali) per
l’accertamento del valore reale del capitale sociale.
Se i creditori non prestano il loro consenso, i soci della società trasformata rimangono comunque
responsabili personalmente e illimitatamente per le obbligazioni sorte prima della trasformazione
viziata. Il consenso però si presume in caso di mancata opposizione nel termine di 60
giorni dalla comunicazione scritta o con altri mezzi comprovanti il ricevimento.
L’opposizione nella trasformazione omogenea, quindi, non impedisce la trasformazione (che opera dal
momento dell’adempimento pubblicitario), ma mantiene la responsabilità illimitata in capo ai soci della
ex-società di persone.

TRASFORMAZIONE OMOGENEA «REGRESSIVA»


Da soc. di capitali a società personali. La procedura richiede:
1) relazione illustrativa delle motivazioni ed effetti della trasformazione (a disposizione dei soci:
viene depositata nella sede sociale nei 30 gg. antecedenti all’adunanza).
2) quorum: maggioranza prevista per modifiche dello statuto.
3) consenso (a pena di invalidità dell’operazione di trasformazione) dei soci privati della
responsabilità limitata, quindi non richiesto agli accomandanti.
Anche qui i soci non consenzienti hanno il diritto di recedere. Tutti i soci hanno diritto di vedersi assegnata
una quota di partecipazione proporzionale al valore della quota o delle azioni possedute nella ex-
società di capitali.

TRASFORMAZIONE ETEROGENEA E TUTELA DEI CREDITORI


Come già accennato, la pubblicità ha un effetto sanante non immediato –> solo trascorsi 60
giorni dall’ultimo adempimento pubblicitario si determina l’effetto sanante.
Nei 60 giorni si accorda ai creditori la possibilità di promuovere opposizione alla procedura di
trasformazione. La trasformazione può procedere prima del termine di 60 giorni solo se vi
è consenso esplicito dei creditori o consta il pagamento di quelli che non hanno prestato il consenso.

151
Anche in caso di opposizione il tribunale può autorizzare la trasformazione (se ad esempio la società
presta idonea garanzia o il bilancio lo consente, cioè se il pericolo di pregiudizio per i creditori
risulta infondato).

TRASFORMAZIONE ETEROGENEA «REGRESSIVA»


Da società di capitali in: consorzi; società consortili; cooperative non AMP; comunioni di azienda;
associazioni non riconosciute; fondazioni. Requisiti:
1) relazione illustrante motivazioni ed effetti della trasformazione depositata 30 gg. prima
dell’assemblea straordinaria;
2) quorum: maggioranza qualificata dei 2/3 degli aventi diritto (quorum aggiuntivo a quello previsto
per l’assemblea straordinaria, perché sembra implicare un conteggio per teste). I soci
dissenzienti/non concorrenti alla decisione sulla trasformazione hanno diritto di recedere.
3) consenso di tutti i soci che verranno privati del beneficio della responsabilità limitata (ad. es., di chi
diverrà presidente dell’associazione non riconosciuta).

TRASFORMAZIONE ETEROGENEA «PROGRESSIVA»


Quorum: le maggioranze per la deliberazione sono diversificate in relazione alla tipologia di ente:

 Società cooperative NON A MP: di norma almeno la metà dei soci; in alcune leggi speciali
sono previsti quorum diversificati in relazione al numero dei soci;
 Consorzi: maggioranza assoluta dei consorziati;
 Società consortili: maggioranza prevista per lo scioglimento anticipato;
 Comunioni di azienda: unanimità;
 Associazioni riconosciute: maggioranza prevista per lo scioglimento anticipato (di norma ¾
degli associati ex art. 21, u.c.);
 Fondazioni: l’autorità governativa può disporre la trasformazione su proposta dell’organo della
fondazione competente.
Però per alcune associazioni (ad es. costituitesi prima del 2004 o che hanno ricevuto donazioni, oblazioni
o altri contributi pubblici) la legge vieta la trasformazione. Pure nel caso delle fondazioni, sussistono
divieti speciali (ad. es. per fondazioni bancarie) od occorre il pagamento di un’imposta. Anche lo statuto
dell’associazione o della fondazione può vietare la trasformazione. Si cerca di evitare lo sviamento
dalle originarie finalità per enti che si sono giovati anche di contributi di terzi.

LE SOCIETA’ COOPERATIVE E LO SCOPO MUTUALISTICO


Le cooperative società in cui lo scopo comune non è SOLO il profitto, bensì ANCHE quello il fine
mutualistico, rappresentato dal vantaggio che i soci conseguono grazie al fatto che l’attività economica
della società, invece che verso i terzi, è direttamente svolta a loro favore.
Le cooperative si formano per avvantaggiare i soci, grazie alla cessione dei beni o servizi prodotti
direttamente per loro, a condizioni più favorevoli di quelle che abitualmente si trovano sul mercato. Ad
es., le cooperative edilizie. Lo scopo mutualistico può però realizzarsi anche in altri modi, ad es. fornendo
direttamente ai soci della cooperativa occasioni di lavoro (ad es., cooperative di facchini o di tassisti).
Una soluzione frequente è che la cooperativa vendendo ai soci i beni alle stesse condizioni
economiche accordate agli altri clienti, ma distribuisce ai primi i c.d. "ristorni", cioè la differenza tra
costi e ricavi in proporzione agli atti di scambio compiuti dai soci con la cooperativa, e non in
proporzione del capitale posseduto, come accade per gli utili. Esistono cooperative che destinano la
loro produzione anche a soggetti estranei, divenendo così simili alle società lucrative. Tipiche sono le
cooperative di consumo che vendono i propri beni non solo ai soci, ma anche a terzi. In questo caso il
vantaggio dei soci non sarà dato solo dai ristorni, ma anche dagli utili conseguiti: lo scopo sarà anche
lucrativo e non solo mutualistico.

152
Le società cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico. Nell’economia italiana
hanno una certa rilevanza, particolarmente in certe regioni.

LE TIPOLOGIE DI COOPERATIVE
Rispetto al passato è scomparsa la differenza tra cooperative a responsabilità limitata e illimitata. Oggi
stabilmente nelle cooperative delle obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo
patrimonio.
Con la riforma del 2003 nell’art. 2512 si è introdotto il nuovo concetto di «società cooperative a
mutualità prevalente», che sono quelle che svolgono la loro attività economica prevalentemente in
favore di soci o con risorse fornite ai o dai soci (prestazioni lavorative o apporti di beni o servizi).
Le cooperative non a mutualità prevalente hanno egualmente lo status di cooperativa, ma ricevono un
trattamento normativo leggermente diverso (in particolar modo meno favorevole sul piano fiscale).
L'introduzione della differenziazione non ha incrinato il favore del legislatore nei confronti del fenomeno
cooperativo (che trova fondamento nell'art. 45 della Costituzione), ma denota un cambio di
orientamento del legislatore, che vuole favorire di più il primo tipo di cooperative rispetto a quelle
«impure».
Le cooperative AMP, oltre che nel registro delle imprese, devono iscriversi in un apposito albo tenuto
dal Min. delle Attività produttive (presso cui depositano pure i propri bilanci), e che esercita su di esse
forme di vigilanza.

LA MUTUALITÀ PREVALENTE
1° REQUISITO QUANTITATIVO: la prevalenza si ricava dai dati di bilancio ed è attestata nella
nota integrativa:
A. per le cooperative di consumo: ricavi vendite ai soci > 50% totale dei ricavi;
B. per le cooperative di lavoro: costo del lavoro dei soci > 50% totale costi per lavoratori;
C. per le cooperative di produzione: costo servizi ricevuti dai soci o dei beni forniti dai soci > 50%
costi totali;
2° REQUISITO STATUTARIO: devono esserci clausole statutarie che prevedano:
A. il divieto di distribuire dividendi > interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di 2
punti e mezzo;
B. il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori >
2 punti oltre il limite dei dividendi;
C. il divieto di distribuire riserve fra i soci cooperatori;
D. l’obbligo di devolvere, in caso di scioglimento della società, l’intero patrimonio, dedotti solo
capitale sociale e dividendi, ai «fondi mutualistici per lo sviluppo della cooperazione».

LIMITI ALLA DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI PER LE COOPERATIVE NAMP


Anche le cooperative non a mutualità prevalente hanno vincoli, ma minori, per la distribuzione degli utili:
a) Il 30% degli utili annuali deve essere destinato alla riserva legale;
b) altra quota del 30% degli utili gode di esenzione fiscale se destinata a riserva statutaria
indivisibile;
c) altra quota (oggi il 3%) deve essere vincolata statutariamente a favore dei fondi mutualistici;
d) Il residuo può essere distribuito ai soci cooperatori (nella percentuale massima indicata nello
statuto), a condizione che il rapporto fra patrimonio netto e indebitamento sia > ¼ (limite non
operante per le quotate).

NORME APPLICABILI ALLE COOPERATIVE


Le cooperative, pur caratterizzandosi per lo scopo mutualistico, sono comunque delle società. Si sarebbe
potuta prevedere per esse una disciplina specifica e diversa rispetto alle altre società, ma si è preferito
153
mantenere la struttura normativa delle società di capitali (s.p.a. e s.r.l.), derogata dalle specifiche
norme

154
del Codice civile di cui agli artt. 2511 e ss., e da leggi speciali previste per particolari tipi di
cooperative.
Quindi la normativa applicabile alle società cooperative è:
a) la normativa del Codice civile in tema di s.p.a. o s.r.l. (a seconda che le quote sia
rappresentate da azioni o meno);
b) le regole di «categoria» previste dagli artt. 2511 e ss. c.c.
c) le norme di leggi speciali previste per determinati tipi di cooperative (ad. cooperative di
credito).
Questo complesso di norme non si applica agli enti mutualistici diversi dalle società. Le cooperative
devono contemplare nella denominazione la sigla «soc. coop.».

COSTITUZIONE DELLA COOPERATIVA


La cooperativa si costituisce in maniera analoga alla società per azioni o alla s.r.l.: stipulazione dell'atto
costitutivo e statuto per atto pubblico con il contenuto previsto dall' art. 2521 c.c. + iscrizione nel
registro delle imprese. Il numero dei soci non deve essere inferiore a nove. Leggi speciali possono
prevedere un maggior numero di soci.
Il valore nominale di ciascuna azione o quota non può essere inferiore a venticinque euro. Il valore
nominale di ciascuna azione non può essere superiore a cinquecento euro. Nessun socio può avere
una quota superiore a € 100.000, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma. Nelle
società con meno o pari a 500 soci nessun socio può avere più del 2% del capitale sociale.

CAPITALE SOCIALE
Uno degli scopi della società cooperativa è quello di favorire l'ingresso di nuovi soci; se il capitale della
cooperativa fosse fisso, l'ingresso o l'uscita di nuovi soci dovrebbe essere accompagnata dalle
deliberazioni di aumento o di riduzione del capitale sociale, con le inevitabili lentezze di questi
procedimenti.
PRINCIPIO DELLA «PORTA APERTA»: L'art. 2524 c.c. ha stabilito che il capitale delle cooperative è
variabile proprio per consentire l'ingresso o l’uscita dei soci senza che sia necessario modificare l'atto
costitutivo. Anche nella società cooperativa il capitale sociale è formato da quote o azioni e alle stesse
si applica la disciplina ordinaria prevista per le une o per le altre.
La società può acquistare proprie azioni o quote, ma solo se il rapporto tra il patrimonio netto e il
complessivo indebitamento della società è superiore ad un quarto, e sempre nei limiti degli utili
distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.

CATEGORIE DI SOCI
Soci cooperatori: sono la categoria ordinaria di soci direttamente interessati alla attività mutualistica.
Nella costituzione e nell’esecuzione dei rapporti mutualistici deve essere rispettato il principio di parità
di trattamento. Le quote e le azioni non possono essere cedute con effetto verso la società, se la cessione
non è autorizzata dagli amministratori.
Soci finanziatori: l'atto costitutivo può prevedere l'emissione di strumenti finanziari, se si applica la
disciplina prevista per le società per azioni. Per evitare che la presenza di finanziatori possa snaturare
l'indole mutualistica della società è stato però previsto un limite invalicabile al totale dei voti attribuibili
a questa categoria (non oltre 1/3).
Sottoscrittori di titoli di debito: per le stesse ragioni sono stati previsti altresì limiti alla collocazione dei
titoli di debito emessi da cooperative in forma di società a responsabilità limitata.

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AMMISSIONE E RECESSO DEI SOCI
L'atto costitutivo stabilisce i requisiti per l'ammissione dei nuovi soci e la relativa procedura, secondo
criteri non discriminatori coerenti con lo scopo mutualistico e con l'attività economica svolta. Non possono
in ogni caso divenire soci quanti esercitano in proprio imprese in concorrenza con quella della
cooperativa.
L'ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazione degli amministratori su domanda
dell'interessato. Se la domanda è rigettata, è previsto un obbligo di motivazione del rigetto della
domanda del terzo, con la previsione di una specie di «appello» all’assemblea da parte del terzo non
ammesso.
La dichiarazione di recesso, consentita nei casi previsti dalla legge (ossia quelli previsti per la s.p.a. o
della s.r.l., a seconda se sia coop. con azioni o quote + quando l’atto costitutivo vieti la cessione delle
azioni o quote dopo che siano decorsi due anni dall’ingresso del socio nella società) e dallo statuto,
che contempla a volte gli stessi casi previsti per le società di persone) deve essere comunicata
con raccomandata alla società ed esaminata dagli amministratori. Se non sussistono i presupposti per
il recesso, gli amministratori devono darne immediata comunicazione al socio, che, entro sessanta
giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi il tribunale.
Per quanto riguarda il rapporto sociale il recesso ha effetto dalla comunicazione del provvedimento di
accoglimento della domanda o dalla decisione del tribunale che accolga l’opposizione. Per i rapporti
mutualistici tra socio e società il recesso ha invece effetto con la chiusura dell'esercizio in corso.

ESCLUSIONE E MORTE DEL SOCIO


ESCLUSIONE: cause: mancati versamenti su quote o azioni, altre gravi inadempienze, altri casi
stabiliti dall'atto costitutivo, fallimento del socio (esclusione di diritto)
Quando non ha luogo di diritto, l'esclusione deve essere deliberata dall'assemblea o, se previsto
dall'atto costitutivo, dagli amministratori, e comunicata al socio.
MORTE: Gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota, salvo che l'atto costitutivo non preveda la
continuazione con loro. Il rapporto può continuare solo quando gli eredi posseggano i requisiti per
partecipare alla società; se vi sono più eredi, questi devono nominare un rappresentante comune.
LIQUIDAZIONE QUOTA (per recesso, esclusione o morte): viene fatta sulla base del bilancio
dell’esercizio in corso. Se la società cade in stato di insolvenza entro un anno dal pagamento al socio
della quota di liquidazione, l'ex socio o gli eredi dovranno restituire alla società l'importo ricevuto a
titolo di liquidazione della quota.

L’ASSEMBLEA DELLA COOPERATIVA


Hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno 90 gg. nel libro dei soci.
PRINCIPIO DEL VOTO CAPITARIO: ogni socio ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero
delle azioni. Ai soci persone giuridiche lo statuto può attribuire più voti, ma non oltre 5.
Le maggioranze richieste per la regolarità della costituzione e per la validità delle deliberazioni
sono calcolate secondo il numero dei voti spettanti ai soci.
Sono previste, per le società che svolgono attività in più province e con minimo di 3000 soci,
assemblee separate. L'atto costitutivo può prevedere assemblee separate anche rispetto a specifiche
materie, ovvero in presenza di particolari categorie di soci. Nelle assemblee separate sono eletti
dei delegati che parteciperanno all'assemblea generale.
Nelle cooperative disciplinate dalle norme sulla società per azioni ciascun socio può rappresentare
sino ad un massimo di dieci soci. È ammesso il voto per corrispondenza se previsto dall’atto
costitutivo.

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L’ORGANO AMMINISTRATIVO NELLA COOPERATIVA
La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori che
sono nominati nell'atto costitutivo e fatto salvo il caso in cui la nomina di alcuni di essi sia stata
attribuita dall'atto costitutivo allo Stato o a enti pubblici; in tal caso, l'assemblea conserva in ogni
modo il diritto di nominare la maggioranza degli amministratori. Ai possessori di strumenti finanziari
non può essere attribuito il diritto di eleggere più di un terzo degli amministratori. La maggioranza dei
componenti del consiglio di amministrazione è scelta tra i soci cooperatori, ovvero tra le persone
indicate dai soci cooperatori persone giuridiche, ma l'atto costitutivo può prevedere che uno o più
amministratori siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie dei soci, in proporzione
dell'interesse che ciascuna categoria ha nell'attività sociale.
Qualunque sia il modello di amministrazione adottato, le più importanti decisioni relative alla
ammissione ed esclusione dei soci e quelle relative ai rapporti mutualistici non possono essere oggetto
di delega.

«CONTROLLO» E SCIOGLIMENTO DELLA COOPERATIVA


Organo di controllo: la nomina del collegio sindacale (art. 2453 c.c.) è obbligatoria negli stessi
casi previsti per la s.r.l., nonché quando la cooperativa emette strumenti finanziari non partecipativi.
Nelle cooperative cui si applica la disciplina delle società per azioni è attribuito un diritto di esame del
libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione ai soci che rappresentino un
decimo del capitale sociale, esercitabile anche tramite professionisti di fiducia. Nelle cooperative cui si
applica in via residuale la disciplina della s.r.l. i poteri dei soci sono invece quelli previsti per tale ultimo
tipo di società.
È previsto il controllo giudiziario «tipo art. 2409» richiedibile da tanti soci che rappresentino 1/10
del capitale sociale (1/20 nelle società che hanno più di 3000 soci). Vi è poi il controllo pubblico
esercitato dal Ministero delle Attività produttive, specie sulle cooperative AMT. Scioglimento e
liquidazione sono disciplinati come per le società di capitali, ma il Ministero AP può anche porre la
cooperativa in liquidazione coatta amministrativa. Le cooperative che hanno per oggetto un’attività
commerciale, in caso di insolvenza, possono essere dichiarate fallite; tra fallimento e LCA vale il
principio di prevenzione.

MUTUE ASSICURATRICI E PICCOLE COOPERATIVE


MUTUE ASSICURATRICI: hanno come oggetto l'esercizio dell'attività assicurativa della quale
beneficiano gli stessi soci. Si acquista la qualità di socio solo assicurandosi presso la società, e si
perde la qualità di socio con l'estinguersi dell'assicurazione (= soci assicurati). Per la costituzione di
fondi di garanzia, possono contribuire anche terzi non assicurati che acquistano egualmente la qualità
di soci, e a cui si possono attribuire fino a 5 voti (= soci sovventori)
PICCOLE COOPERATIVE: È una forma semplificata di cooperativa: deve essere composta quali soci
esclusivamente da persone fisiche in numero non inferiore a tre e non superiore ad otto. L’amministrazione
può essere attribuita all'assemblea, che deve nominare un presidente a cui è attribuita la
rappresentanza legale. L’organo di controllo interno è necessario solo nei casi previsti per la s.r.l.

COOPERATIVE SOCIALI E CONSORZI DI COOPERATIVE


COOPERATIVE SOCIALI. Perseguono l'interesse generale della comunità alla promozione umana e
all'integrazione sociale dei cittadini attraverso la gestione di servizi sociosanitari e educativi o
attraverso lo svolgimento di attività diverse finalizzate all'inserimento lavorativo di persone
svantaggiate (v. legge
n. 381\1991). Oltre ai soci ordinari, gli statuti possono prevedere la presenza di soci volontari che
prestino la loro attività gratuitamente. Possono essere ammesse come soci persone giuridiche nei cui
statuti sia previsto il finanziamento e lo sviluppo delle cooperative sociali. Si applicano alle cooperative
sociali le norme relative al settore in cui le stesse operano, se non derogate dalla normativa in tema di
cooperative sociali (legge n.381\1991); in subordine, si applicano le norme del Codice civile.
CONSORZI DI COOPERATIVE (legge n. 127/1971): due ipotesi: a) cooperative che si consorziano per
coordinare le loro attività economiche; b) cooperative che si consorziano per svolgere in comune fasi

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delle loro attività economiche. Va infine menzionata la COOPERATIVA EUROPEA, regolamentata dal
d.lgs. n. 48/2012.

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