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DIRITTO COMMERCIALE ( APPUNTI )

CAPITOLO PRIMO

Il sistema legislativo
Il codice civile distingue diversi tipi di imprese e imprenditori in base a 3 criteri:
1 l’oggetto dell’impresa, che determina la distinzione fra imprenditore agricolo ( art. 2135 ) e
imprenditore commerciale ( art. 2195 );
2 la dimensione dell’impresa, in base alla quale è individuato il piccolo imprenditore ( art 2083 ) e di
riflesso l’imprenditore medio-grande;
3 la natura dell’oggetto che esercita l’impresa, che determina la tripartizione legislativa tra impresa
individuale, impresa costituita in forma di società ed impresa pubblica.
Tutti gli imprenditori sono assoggettati ad una disciplina base comune, LO STATUTO GENERALE
DELL’IMPRENDITORE che comprende per quanto ci interessa:
1 Parte della disciplina dell’azienda
2 i segni distintivi
3 la disciplina della concorrenza e dei consorzi
4 La disciplina a tutela della concorrenza e del mercato introdotta dalla legge 287/1990
Chi è imprenditore commerciale NON PICCOLO è poi assoggettato anche ad un ulteriore e specifico
statuto, integrativo di quello generale. Rientrano nello STATUTO TIPICO DELL’IMPRENDITORE
COMMERCIALE che comprende:
1 L’iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale;
2 La disciplina della Rappresentanza commerciale;
3 Le scritture contabili;
4 Il fallimento, e le altre procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare e l’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese insolventi.
L’scrizione a tale registro è stata estesa oggi anche agli imprenditori agricoli ed ai piccoli imprenditori sia
pur con rilievo diverso per entrambi.
La nozione generale di IMPRENDITORE
E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o
dello scambio di beni o di servizi ( art 2082 cod civ ). L ‘articolo 2082 fissa anche i requisiti minimi ( NON
QUELLI NORMALI ) che devono ricorrere affinché un dato soggetto sia esposto all’applicazione delle norma
del codice civile dettate per l’impresa e l’imprenditore. Sempre dall’articolo 2082 ricaviamo che l’impresa è
attività; ed attività caratterizzata sia da uno specifico scopo, sia da specifiche modalità di svolgimento.
Si discute se siano indispensabili altri requisiti finora non citati:
1 la liceità dell’attività svolta
2 l’intento dell’imprenditore di ricavare profitto
3 la destinazione al mercato dei beni o servizi prodotti
L’attività produttiva
L’impresa è attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o di servizi. E in breve attività
produttiva di nuova ricchezza. Può costituire attività di impresa anche la produzione di servizi esistenziali,
culturali o ricreativi ( case di cura, imprese di pubblici spettacoli ).
Non è impresa l’attività di mero godimento; l’attività cioè che non da luogo alla produzione di nuovi beni e
servizi. ( classico esempio del proprietario di immobili che può decidere se goderne i frutti semplicemente
concedendoli in locazione o investire ad esempio in alberghi ).
E’ da considerare imprenditore infine anche chi svolge attività illecita, fermo restando però che violando la
legge non si potrà avvalere delle norme che tutelano l’imprenditore nei confronti di terzi.
L’organizzazione. Impresa e lavoro autonomo
Non è concepibile attività di impresa senza l’impiego coordinato di fattori produttivi: senza l’impiego cioè di
capitale di lavoro propri e/o altrui. L’imprenditore crea un complesso produttivo, questo aspetto è
sottolineato quando il legislatore qualifica l’impresa come attività organizzata; quando disciplina il lavoro e
l’organizzazione del lavoro nell’impresa; quando definisce l’azienda come il complesso di beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
Non è necessario che l’attività organizzata dell’imprenditore si concretizzi in composti di beni mobili ed
immobili ( locali macchinari ) per essere imprenditore è sufficiente anche un impiego di soli mezzi finanziari
propri o altrui come ad esempio attività di finanziamento.
Concludendo bisogna poi dire che per essere imprenditore e per costituire impresa è necessario avere un
minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale, sia pur piccola. In mancanza di avrà semplice lavoro
autonomo non imprenditoriale.
Economicità dell’attività e scopo di lucro.
L’impresa è attività commerciale. Nell’articolo 2082 l’economicità è richiesta in aggiunta allo scopo
produttivo dell’attività. Ne consegue che per avere impresa è essenziale che l’attività produttiva sia
condotta con metodo economico; secondo modalità cioè che consentano quanto meno la copertura dei
costi con i ricavi, altrimenti si ha consumo e non produzione di ricchezza. D’altro canto non è imprenditore
chi produce beni o servizi che vengano erogati gratuitamente o a “prezzo politico”.
Perché l’attività possa dirsi economica però non è essenziale lo scopo di lucro come nel caso dell’impresa
pubblica che opera secondo criteri di economicità ma non è, né necessariamente né di regola preordinata
alla realizzazione di un profitto.
Particolarmente significativa è poi la figura dell’impresa sociale, che per definizione è un’impresa che
esercita un’attività di interesse generale senza scopo di lucro. Possiamo concludere dicendo che l’impresa
pubblica, cooperativa e sociale dimostrano che requisito essenziale per stabilire attività di impresa sia
l’economicità e non lo scopo di lucro.
La professionalità
L’ultimo dei requisiti espressamente richiesti dall’art 2082 è il carattere professionale dell’attività.
Professionalità significa esercizio abituale e non occasionale. La professionalità però non prevede che
l’attività sia svolta in modo continuato e senza interruzioni basta pensare alle ATTIVITA’ STAGIONALI. La
professionalità non prevede neanche che l’attività di impresa sia l’attività unica o principale.

CAPITOLO SECONDO
A. IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE
L’imprenditore agricolo. Le attività agricole essenziali.
Il testo originario dell’articolo 2135 codice civile stabiliva che << E’ imprenditore agricolo chi esercita
un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività
connesse>> ( 1 comma ); e specificava poi il 2 comma dello stesso articolo 2135 che <<si reputavano
connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano
nell’esercizio normale dell’agricoltura>>.
Le attività agricole possono essere distinte in due grandi categorie:
1 ATTIVITA’ AGRICOLE ESSENZIALI
2 ATTIVITA’ AGRICOLE PER CONNESSIONE
Questa distinzione è stata mantenuta anche dalla nuova nozione di imprenditore agricolo introdotta dal
decreto legislativo 228/2001, che ha tuttavia ampliato rispetto al testo originario entrambe le categorie.
L’attuale formulazione dell’articolo 2135 ribadisce infatti che è imprenditore agricolo chi esercita una delle
seguenti attività: coltivazione di fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Subito
specifica però nel 2 comma che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si
intende le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo
stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci,
salmastre o marine. Rientrano oggi nella nozione di coltivazione del fondo : l’orticoltura, le coltivazioni in
serra o in vivai e la floricultura. L’allevamento di animali è la forma di attività agricola essenziale e più ricca.
Rientrano in tale categoria anche gli animali domestici, animali da cortile e l’acquacultura. Rientrano oggi
anche l’imprenditore ittico, l’imprenditore che svolge pesca professionale.
Le attività agricole per connessione
Oggi il 3 comma dell’articolo 2135, con formula ben più ampia, ci dice che si intendono comunque
connesse:
1 le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola essenziale;
2 le attività dirette alla fornitura di beni o di servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o
risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, comprese quelle di valorizzazione del
territorio e del patrimonio rurale e forestale e le attività agrituristiche. Entrambe le attività sono
oggettivamente commerciali. Sono considerate per legge agricole quando sono esercitate in connessione
con una delle tre attività agricole essenziali.
Per far si che l’attività sia riconosciuta come agricola due sono le condizioni a riguardo:
1 Connessione soggettiva, è necessario che il soggetto che la esercita sia già imprenditore agricolo in
quanto svolge in forma di impresa una delle tre attività agricole essenziali e inoltre attività coerente con
quella connesse.
2 Connessione oggettiva , è necessario che ricorra anche una connessione oggettiva fra le due attività.
Necessario e sufficiente è solo che si tratti di attività aventi ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente
dall’esercizio dell’attività agricola essenziali, mediante l’utilizzo prevalente di attrezzature o risorse
dell’azienda agricola.
L’imprenditore commerciale
E’ imprenditore commerciale l’imprenditore che esercita una o più delle seguenti categorie di attività
elencate dall’articolo 2195, 1 comma:
1 Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi ( Industrie automobilistiche, chimiche, edili ).
2 Attività intermediarie nella circolazione dei beni ( settore del commercio ).
3 Attività di trasporto, per terra, acqua o aria
4 Attività bancaria o assicurativa
5 Altre attività ausiliare delle precedenti : impresa di agenzia di mediazione, di deposito, di commissione, di
spedizione, di pubblicità.

B. PICCOLO IMPRENDITORE. IMPRESA FAMILIARE


Il criterio dimensionale. La piccola impresa
La dimensione dell’impresa è il secondo criterio di differenziazione della disciplina degli imprenditori.
Il piccolo medio imprenditore è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore. E’ esonerato, anche se
esercita attività commerciale, dalla tenuta delle scritture contabili; e altresì esonerato dal fallimento e dalle
altre procedure concorsuali dell’imprenditore commerciale, potendo usufruire solo delle procedure
concorsuali da sovraindebitamento. Inoltre l’iscrizione nel registro delle imprese, solo di recente prevista,
non ha funzione di pubblicità legale.
Il piccolo imprenditore nel codice civile
Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che
esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti
della famiglia. Questa è la nozione del piccolo imprenditore data dall’articolo 2083 del codice civile.
L’articolo 2083 va letto come se dicesse: la prevalenza del lavoro proprio e familiare costituisce carattere
distintivo del piccolo imprenditore.
Per aversi piccola impresa è perciò necessario che:
1 L’imprenditore presti il suo lavoro nell’impresa;
2 il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell‘impresa prevalga sia rispetto al lavoro
altrui sia rispetto al capitale proprio o altrui investito nell’impresa.
Non è perciò mai piccolo imprenditore chi investe ingenti somme di danaro.
Piccolo imprenditore nella legge fallimentare
L’articolo 2083 del Codice Civile non era la sola norma a definire il piccolo imprenditore. Anche la legge
fallimentare fissava una definizione di piccolo imprenditore che era totalmente contrastante con la legge
2083. Oggi la disposizione fallimentare non definisce più chi è piccolo imprenditore, ma semplicemente
individua alcuni parametri dimensionali dell’impresa, al di sotto dei quali l’imprenditore commerciale non
fallisce. Secondo l’attuale disciplina, non è soggetto a fallimento l’imprenditore commerciale che dimostri il
possesso congiunto dei seguenti requisiti:
1 aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, un attivo patrimoniale
di ammontare complessivo annuo non superiore a trecentomila euro.
2 aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di
fallimento, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a duecentomila euro.
3 avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a cinquecento mila euro.
Basta aver superato anche solo uno degli indicati limiti dimensionali per essere esposto a fallimento.
L’impresa artigiana
Fra i piccoli imprenditori rientra anche l’imprenditore artigiano.
L’impresa familiare
E’ impresa familiare l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini
entro il secondo grado dell’imprenditore: cosiddetta famiglia nucleare. Il legislatore ha voluto predisporre
una tutela minima del lavoro familiare nell’impresa. La tutela legislativa è realizzata riconoscendo ai
membri della famiglia nucleare che lavorino in modo continuato nella famiglia o nell’impresa determinati
dirtti patrimoniali e amministrativi. Sul piano patrimoniale sono riconosciuti:
1 diritto al mantenimento
2 diritto di partecipazione gli utili dell’impresa in proporzione alla quantità di lavoro prodotto
3 diritto sui beni acquistati con gli utili
4 diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di strasferimento dell’azienda stessa.
Sul piano amministrativo invece:
1 Gestione straordinaria dell’impresa sono adottate a maggioranza dei familiari partecipanti
2 trasferimento della partecipazione a votazione unanime dei partecipanti
L’impresa familiare resta un’impresa individuale. Ne consegue che:
1 i beni aziendali restano di proprietà esclusiva dell imprenditore- datore di lavoro
2 i diritti patrimonali dei partecipanti costituiscono semplici diritti di credito nei confronti dell imprenditore
3 gli atti di gestione ordinaria spettano all’imprenditore
4 l’imprenditore deve agire a proprio nome essendo tale e non a nome d iterzi
5 solo lui saranno imputabili gli effetti degli atti posti in essere
6 se l’impresa è commerciale e NON PICCOLA solo il capo famiglia – imprenditore è soggetto a fallimento.

C. IMPRESA COLLETTIVA. IMPRESA PUBBLICA


L’impresa socetaria

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