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Economia dei mercati e degli intermediari finanziari

1 modulo: il sistema finanziario

Analizzato nella sua dimensione strutturale, il sistema finanziario è costituito


dall’insieme dei contratti finanziari, dei mercati in cui essi sono negoziati, degli
operatori e delle regole che presiedono al suo funzionamento. Considerato nella sua
dimensione funzionale, il sistema finanziario è riflesso ed infrastruttura del sistema
economico, dedicata al soddisfacimento dei bisogni finanziari degli operatori non
finanziari (famiglie, imprese, settore pubblico). Esso svolge il compito di rendere
effettiva la negoziazione di operazioni finanziarie e la circolazione degli strumenti
finanziari. Al sistema finanziario sono attribuite alcune funzioni:
a) Funzione monetaria, la creazione e circolazione dei mezzi di pagamento;
b) Funzione di intermediazione finanziaria, il trasferimento di risorse
finanziarie dalle unità economiche in avanzo finanziario a quelle in disavanzo
finanziario;
c) Funzione di trasmissione della politica monetaria, la trasmissione
all’economia degli impulsi di politica monetaria
d) La funzione di assicurazione e gestione dei rischi, ovvero la copertura di
rischi puri (contratti assicurativi) e la gestione di rischi speculativi mediante la
negoziazione di contratti derivati (diritto o impegno ad uno scambio futuro)
Funzione monetaria, che consiste nella produzione e circolazione della moneta e
dei mezzi di pagamento; si compendia nella gestione del sistema dei pagamenti e
trova espressione: nella messa a disposizione degli utenti dei mezzi di pagamento, in
quantità e qualità adeguate all’esigenza degli scambi (creazione di moneta), nella
prestazione di servizi per una effettiva circolazione della moneta stessa (servizi di
pagamento)

Funzione di intermediazione finanziaria, che consiste nel collegamento tra


risparmio e investimento. Essa riguarda il trasferimento e l’allocazione delle risorse
tra gli agenti economici attraverso operazioni di finanziamento, mediante la
negoziazione di contratti che prevedono l’esecuzione di prestazioni monetarie
contrapposte e distanziate nel tempo. Tra questi scambi figurano, in particolare,
quelli aventi natura creditizia, con i quali i fondi originariamente trasferiti sono
soggetti al vincolo di restituzione integrale ad una data futura prefissata. Le
operazioni di finanziamento consentono il trasferimento di risorse tra quelle
unità che manifestano bisogni finanziari contrapposti: d’impiego fruttifero da
un lato, e di copertura di fabbisogni di fondi dall’altro. L’esigenza di
riequilibrare i saldi tra entrate e uscite rende necessario un passaggio di
risorse dai soggetti in avanzo finanziario (prestatori finali di fondi) a quelli in
posizione di disavanzo finanziario (prenditori finali di fondi).

Struttura del sistema finanziario: i canali di finanziamento


Per giungere agli utilizzatori finali, le risorse finanziarie possono seguire percorsi
alternativi e utilizzare infrastrutture diverse. Sulla base della natura del legame che
si viene a stabilire tra i bilanci degli operatori finali si distinguono due tipologie
principali di canali di transito delle risorse: un canale di finanziamento diretto ed
uno indiretto.
Canale diretto: è definito diretto quando le attività e gli strumenti finanziari
primari (primary securities) emessi dalle unità elementari in disavanzo sono oggetto
di acquisto da parte dei soggetti in avanzo finanziario. Le passività dei prenditori
finali di fondi figurano, contemporaneamente, nell’attivo patrimoniale dei prestatori
finali di fondi. I bilanci degli operatori finali risultano tra loro direttamente collegati,
in quanto le eventuali inadempienze degli emittenti di strumenti finanziari primari
sono destinate a riflettersi in via immediata sull’economia dell’unità in avanzo, senza
schermi o filtri che ne possano ridurre i relativi effetti economici. Ad eccezione delle
rare occasioni in cui sono gli stessi operatori finali che provvedono, in prima
persona, a compiere tutti gli atti necessari a concludere la transazione, generalmente
gli scambi si perfezionano con l’intervento di istituzioni finanziarie. Tali istituzioni
sono rappresentate da operatori specializzati in grado di offrire servizi e
prestazioni destinati a ridimensionare l’influenza di quei fattori (costi di
transazione, asimmetrie informative, incertezza) che impediscono l’instaurarsi di
rapporti diretti ed autonomi tra prenditori e prestatori finali. La presenza o meno di
intermediari finanziari, pertanto, qualifica ulteriormente il canale di finanziamento
diretto come circuito intermediato, quando vi è l’assistenza di un intermediario
con funzioni come reperimento di informazioni o semplicemente della controparte, o
circuito autonomo quando non vi è nessun intervento da parte di operatori terzi
diversi dagli emittenti e dagli investitori.
Circuito autonomo: i datori di fondi e i prenditori di fondi si incontrano senza che
alcun intermediario assuma una propria posizione negli scambi, a credito o a debito;
Circuito intermediato: quando vi è l’assistenza di un intermediario con funzioni
come reperimento di informazioni o semplicemente della controparte. Nei circuiti
finanziari intermediati il passaggio di risorse tra operatori finali è assicurato da
mercati “organizzati”, definiti anche mercati aperti, in cui le unità in deficit emettono
e collocano strumenti finanziari negoziabili avvalendosi dell’opera di istituzioni
finanziarie, tra queste, in particolare, degli intermediari finanziari mobiliari
Canale indiretto: il canale di finanziamento è definito indiretto quando un
intermediario finanziario si interpone, con il proprio bilancio, tra i soggetti in
surplus finanziario (prestatore di fondi) e i soggetti in deficit finanziario (prenditori
di fondi).
L’intermediario pone in essere due separate operazioni finanziarie, realizzando uno
sdoppiamento del collegamento tra operatori finali. Il legame tra i bilanci degli
operatori finali risulta, in qualche modo, filtrato e schermato. L’intermediario si
interpone tra le due categorie di soggetti assumendo una propria posizione, a
credito nei confronti del prenditore di fondi e a debito verso il datore di fondi.
Gli strumenti primari, emessi dalle unità in disavanzo, figurano nell’attivo degli
intermediari, i quali, a loro volta, emettono proprie passività, denominate
“strumenti secondari o indiretti/secondary o indirect securities” che offrono
opportunità di investimento alle unità in avanzo finanziario. L’intervento degli
intermediari serve a conciliare le esigenze di finanziamento e d’investimento degli
operatori finali. In questo caso, gli effetti economici derivanti da eventuali
inadempienze delle unità in disavanzo finanziario, cioè degli emittenti di strumenti
primari, si riflettono in via immediata sull’intermediario finanziario.

Finanziamento, accumulazione del capitale e mobilità degli


impieghi finanziari: collegamento tra risparmio ed
investimento
L’organizzazione degli scambi finanziari realizzata dal sistema finanziario rende
possibile a certi gruppi di operatori di effettuare investimenti in misura superiore
a quanto sarebbe possibile in assenza di collegamento risparmio-investimento.
Tale attività configura lo svolgimento di una funzione d’intermediazione creditizia o
di collegamento risparmio-investimento.
Il sistema assicura continuità ai processi di finanziamento e di accumulazione del
capitale, ridistribuendo le risorse disponibili, anche mediante una valutazione ed una
selezione degli investimenti reali programmati dalle unità economiche in disavanzo.
Il sistema finanziario non si limita a contribuire alla creazione degli strumenti
finanziari, ma ne consente anche la circolazione in momenti successivi. Attraverso i
relativi mercati ed i servizi di intermediazione mobiliari, il sistema assicura
compiutezza alla funzione di trasferimento ed allocazione delle risorse, consentendo
agli operatori finali di modificare la composizione degli attivi finanziari. L’azione
combinata degli intermediari e dei mercati assicura anche la mobilità e la
liquidabilità degli impieghi finanziari, rendendo possibile il disinvestimento degli
attivi senza che ciò determini variazioni dell’entità dei finanziamenti
originariamente ricevuti dai prenditori. La cessione degli strumenti finanziari da
parte degli investitori originari ad altri operatori, non modifica le condizioni di
durata e di costo del finanziamento negoziate a suo tempo dall’emittente. La
mobilità degli impieghi finanziari costituisce peraltro un presupposto necessario
della gestione dei rischi da parte degli investitori.

Il sistema finanziario è l’insieme degli strumenti, dei


mercati, degli intermediari e delle istituzioni di controllo tra
loro in stretta relazione, le cui funzioni essenziali sono quelle
di trasferire il risparmio da operatori in avanzo ad operatori
in disavanzo, al fine di finanziare gli investimenti, perseguire
l’efficiente funzionamento del sistema dei pagamenti,
favorire la gestione dei rischi, produrre e favorire la
circolazione delle informazioni.

I contratti finanziari
Le operazioni finanziarie trovano espressione in un rapporto contrattuale in cui
entrambe le prestazioni delle parti in causa sono espresse in moneta e differenziate
nel tempo. Sono trasferimenti di potere d’acquisto nel tempo tra soggetti che
intendono soddisfare esigenze contrapposte di impiego e di raccolta di risorse
monetarie. La natura monetaria ed il fattore tempo costituiscono i principali
elementi qualificanti di una operazione finanziaria, imperniata sull’esecuzione di una
prestazione attuale in moneta, a fronte della promessa di una o più controprestazioni
future, sempre in moneta.
Sotto il profilo tecnico-giuridico, le operazioni finanziarie trovano espressione in
contratti finanziari, che sono “rappresentativi di accordi tra gli operatori per
definire diritti, obblighi, vincoli e divieti relativi all’esecuzione delle prestazioni di
trasferimento di potere di acquisto.”
A seconda che si sottolinei la natura patrimoniale dei diritti oppure degli obblighi
contrattuali, una operazione finanziaria è rispettivamente classificabile come
attività o passività finanziaria. Esse presentano la particolarità di figurare nel
bilancio di 2 operatori. Per sua natura, un’attività finanziaria è al tempo stesso una
componente dell’attivo di un operatore e un elemento passivo di un altro.
Attività finanziaria: è il termine generico con cui generalmente è individuata
qualsiasi specie di operazione finanziaria e contratto finanziario, sottolineandone le
comuni caratteristiche economico-finanziarie di scambio di prestazioni monetarie
contrapposte. Le attività finanziarie esistenti presentano elementi negoziali e
caratteristiche economico-tecniche assai diversificate, che riflettono la
differenziazione dei bisogni delle controparti dello scambio finanziario, infatti la
disponibilità delle parti a realizzare la transazione finanziaria è vincolata al
soddisfacimento di esigenze e di condizioni che trovano concreta espressione nelle
varie clausole contrattuali.

Caratteristiche fondamentali delle operazioni finanziarie:


1) Il tempo
2) Il rischio
3) L’informazione (input e output)
4) La durata
5) Remunerazione per chi cede potere d’acquisto e richiede
un compenso
6) Natura monetaria
7) La natura del contratto

Natura del contratto:


Le attività finanziarie possono essere ricondotte a 4 categorie principali di contratti
finanziari:
a) D’indebitamento, conseguenti ad operazioni di credito o di prestito
monetario (finanziamento con capitale di debito);
b) Di partecipazione, caratterizzati dalla piena condivisione dei risultati
economici e dei rischi dell’impresa finanziaria (finanziamento con capitale di
rischio);
c) Di assicurazione, relativi al procedimento assicurativo di trasferimento dei
rischi a istituzioni specializzate;
d) Derivati, in quanto rappresentativi di diritti e di obblighi relativi ad altre
attività finanziarie “sottostanti” da cui dipende la valorizzazione del contratto.

Contratti di indebitamento
Un’operazione creditizia, o d’indebitamento, consiste nell’esecuzione, da parte di un
primo contraente, detto creditore, di una prestazione monetaria attuale sulla base
di un contestuale impegno, assunto dalla controparte debitrice, comprendente
tanto la restituzione del capitale ad una scadenza futura, quanto la
corresponsione di un interesse, quale compenso riconosciuto al prestatore di
fondi. La misura del compenso è di norma fissata in via indipendente dai risultati
economici conseguiti dal debitore, al momento in cui l’operazione nasce. Rientrano
tra queste operazioni: l’emissione di titoli obbligazionari, la negoziazione di un
mutuo etc. l’operazione creditizia sottintende la presenza di un rapporto di natura
fiduciaria tra i soggetti dello scambio. Perciò, colui che cede potere d’acquisto fa
affidamento sulla promessa della controparte di adempiere agli impegni assunti. La
distanza temporale che separa le 2 prestazioni implica dunque una componente
aleatoria a carico del creditore, il quale prima di finanziaria la controparte dovrà
valutarne le capacità di rimborso a scadenza. Per instaurare un rapporto
d’indebitamento, così come per rinnovarlo, è necessario che i potenziali prestatori di
fondi possano disporre di informazioni in merito all’attività economica svolta dal
debitore per trarre giudizi fondati sul relativo grado di rischio d’inadempienza. La
possibilità di valutare i rischi di inadempienza contrattuale dipende tuttavia in modo
cruciale dalla qualità delle informazioni e dal modo in cui esse vengono rese
disponibili. Possiamo quindi capire che la valutazione del merito creditizio è
un’informazione determinante per l’instaurarsi del rapporto.

Contratti di partecipazione
I contratti di partecipazione sono rappresentativi di diritti relativi al
conferimento di quote di capitale di impresa. Questi contratti configurano un
rapporto finanziario tra 2 diversi soggetti giuridici: l’impresa emittente ed il
conferente. L’impresa emittente è tenuta ad adempiere ad alcuni obblighi e
all’esecuzione di determinate prestazione (distribuzione degli utili ad es.) mentre il
conferente diventa titolare di diritti patrimoniali (quota di utili) ed amministrativi
(possibilità di concorrere alla gestione). A differenza dei rapporti di credito, questa
categoria di contratti si caratterizza per l’interesse diretto ai risultati dell’attività
economica svolta dall’emittente e per il vincolo che lega i capitali investiti alla vita
d’impresa, per cui il prenditore di fondi non assume alcun impegno certo di
remunerazione e di restituzione futura del capitale originariamente ricevuto, c.d.
Capitale di rischio. Questi contratti sono rappresentati essenzialmente da azioni,
quote di società a responsabilità e in nome collettivo.

Contratti di assicurazione
I contratti di assicurazione prevedono che, dietro il pagamento di un premio,
l’assicuratore assuma un onere finanziario al verificarsi di un dato evento futuro ed
incerto, inerente al patrimonio (assicurazione ramo danni) o alla persona (ramo vita).
I premi rappresentano il compenso richiesto dall’assicuratore per l’assunzione di
rischi. Quest’ultimo trasferisce pertanto alla controparte l’onere di un accadimento
temuto. L’impresa di assicurazione, sfruttando le opportunità di diversificazione e
di frazionamento del rischio consentite dalle dimensioni operative, trasforma i
rischi individuali delle controparti assicurate in rischi collettivi. In tal modo, le
aziende assicuratrici compensano i rischi o, quantomeno, ridistribuiscono gli stessi
tra tutti i soggetti assicurati. Sotto il profilo della diversificazione, il rapporto tra
prestazione e controprestazione, più che nella singola negoziazione, trova
riferimento nell’insieme dei contratti della specie che fanno capo all’impresa
assicuratrice. Il debito di quest’ultima nei confronti dell’insieme degli assicurati,
tenendo conto della legge dei grandi numeri, è considerato certo. Il diritto del
singolo assicurato a ricevere la prestazione configura, invece, un credito aleatorio
verso l’impresa assicuratrice.

Contratti derivati
Gli strumenti definiti “derivati/derivative securities “sono parte integrante
dell’ampio ed articolato insieme delle “operazioni a termine/forwards contracts”.
Sono rappresentati dalle options, dai financial futures, dai forward rate
agreements, dagli swap d’interesse e di valute/ interest rate swaps e currency
swaps. La denominazione strumenti derivati è dovuta al fatto che, il prezzo di uno
strumento derivato dipende da quello di un altro contratto finanziario o di un
bene reale sottostante (merci), a struttura generalmente più semplice e di
norma oggetto di scambio in un mercato a pronti (È il mercato nel quale lo
scambio dei prodotti trattati (merci, titoli, valute) avviene con liquidazione
(consegna dei titoli e pagamento del controvalore) immediata (cioè con un
differimento di pochi giorni). La negoziazione di strumenti derivati non ha come fine
ultimo quello di investire o disinvestire capitali, né ha come obiettivo preminente il
ritiro o la consegna dello strumento sottostante. I contratti derivati, di fatto,
sono strumentali alla copertura del rischio di variabilità dei prezzi degli
strumenti finanziari. Gli strumenti derivati sono quindi titoli che consentono
agli operatori di affrontare, sotto l’aspetto tecnico, i problemi di gestione del
rischio speculativo (rischio di interesse, di mercato e di prezzo, di cambio) e della
ottimizzazione di un portafoglio di investimenti finanziari.

I rischi dell’attività di intermediazione


Il rischio è connaturato a qualsiasi forma di attività economica: in campo finanziario,
esso assume una particolare importanza, in quanto l’oggetto stesso della produzione
(del rischio) sono le attività finanziarie. Agli operatori economici, il sistema
finanziario offre contratti di investimento e finanziamento con caratteristiche di
rendimento, di liquidità, scadenza e rischio ovviamente diverse, essendo differenti le
preferenze e le funzioni di domanda degli operatori in deficit (in genere imprese e
settore pubblico) e degli operatori in surplus finanziario (risparmiatori ed
investitori). Ogni operazione finanziaria è caratterizzata da più componenti o
tipologie di rischio che, complessivamente considerate, ne determinano il rischio
totale. A sua volta, la combinazione di più operazioni finanziarie (il c.d. portafoglio)
sia attive che passive concorre a definire le diverse classi di rischio e il rischio
complessivo dell’attività svolta dagli intermediari finanziari. Il trasferimento dei
fondi attuato dagli intermediari comporta quindi una serie di rischi, tra i quali:

a) Rischio di credito, qualsiasi attività di credito è esposta ad un rischio di


credito, cioè alla possibilità che il debitore non assolva alle obbligazioni
previste dal contratto di debito, come restituzione del capitale e pagamento
degli interessi. Esso rappresenta la componente più importante del rischio
complessivo dell’attività di intermediazione, in conseguenza del peso che
l’attività di finanziamento assume sul totale dell’attività complessiva. Il rischio
di credito riguarda l’attività di prestito, così come la sottoscrizione di
obbligazioni, nonché il rilascio di garanzie alla clientela. Alla base dell’attività
di finanziamento vi è pertanto la valutazione della capacità di rimborso del
potenziale prenditori di fondi, e in particolare, della sua capacità reddituale,
che costituiscono il fattore principale per definire il profilo del rischio
creditizio del debitore.

b) Rischio paese, il rischio paese è il rischio di credito che un operatore


(una banca) assume quando presta fondi o acquista un’attività finanziaria
emessa da una impresa che opera in un paese estero. La mancata restituzione
dei fondi prestati e il mancato pagamento degli interessi può non dipendere da
situazioni dell’impresa. Per esempio: scelte politiche dei governi, scarsità di
riserve valutarie.

c) Rischio di controparte, il rischio di controparte emerge quando un


operatore adempie alla sua prestazione prima di ricevere la controprestazione.
Il rischio riguarda il fatto che il contratto stipulato non venga chiuso. Tale
tipologia di rischio, come il rischio di credito, è causato dall’inadempienza di
una delle parti del contratto ma, in questo caso, non è collegato all’attività di
prestito, ma al funzionamento del sistema dei pagamenti e alle operazioni in
titoli e in cambi.

d) Rischio di liquidità, il rischio di liquidità è collegato alle difficoltà


della banca di far fronte tempestivamente ed economicamente alle uscite di
cassa. Questa tipologia di rischio è stata considerata come l’espressione per
eccellenza dei problemi di gestione della banca, poiché la banca è il principale
centro di produzione di moneta e, al contempo, garante della liquidità
dell’intero sistema economico. Le banche sono particolarmente esposte al
rischio di liquidità per un duplice ordine di motivi: innanzitutto il loro
passivo a vista, che rappresenta la componente fondamentale della
moneta detenuta dal pubblico, è per definizione soggetto ad un rischio
di prelievo a discrezione del depositante. In secondo luogo, una parte
fondamentale delle attività detenute in portafoglio, in particolare i
prestiti, non è negoziabile sui mercati secondari e quindi, anche se
formalmente caratterizzata da una scadenza a breve termine, non è
facilmente liquidabile a discrezione della banca. In questo modo, la
banca è soggetta al rischio di un ritiro non previsto di depositi e alla
necessità di reperire in modo tempestivo la corrispondente quantità di
monetà (breaking liquidity risk). Il rischio di liquidità può assumere 2
fattispecie: la prima è il c.d. funding liquidity risk, che si verifica quando
la banca trova difficoltà nel raccogliere risorse liquide, per esempio nel
mercato interbancario. La seconda è il market liquidity risk che si
manifesta quando vi sono difficoltà nel reperire la necessaria liquidità
sui mercati tramite la cessione di titoli. Per quanto concerne gli
strumenti finanziari, il problema è l’attitudine a trasformarsi in moneta
liquida senza perdita di valore, quindi il grado di negoziabilità sui
mercati, ed è questo l’esempio più lampante del market liquidity risk

e) Rischio di mercato, il rischio di mercato corrisponde al rischio di


fluttuazioni nei valori delle attività finanziarie, dovute ai mutamenti nelle
condizioni di mercato. Fattori che possono causare tali variazioni sono, ad
esempio, le variazioni nei tassi di interesse, nei tassi di cambio (nel caso di
titoli denominati in diverse valute), negli indici delle borse azionarie.
L’insieme di questi fattori espone il portafoglio di strumenti detenuto a fini di
negoziazione ad un rischio di posizione, noto come rischio di mercato.

E1) Rischio di cambio, per rischio di cambio si intende la variazione


di valore di un’attività finanziaria, denominata in valuta estera, che subisce
per effetto dell’oscillazione del tasso di cambio tra valuta nazionale e valuta
estera. Il processo di internazionalizzazione degli scambi ha accresciuto
l’intermediazione in strumenti denominati in valuta diversa da quella nazionale,
con la conseguente esposizione ai rischi di fluttuazioni nei tassi di cambio. Tali
rischi riguardano l’attività di negoziazione in valuta, l’erogazione di prestiti
denominati in una valuta estera, l’acquisto di titoli denominati in valuta etc. E’
bene precisare che il rischio di cambio è un particolare rischio di mercato.
E2) rischio di interesse, questo tipo di rischio è collegato al fatto che il
valore di mercato di un’attività finanziaria può variare per effetto di variazioni dei
tassi di interesse. Essendo il valore di un’attività finanziaria definito come la
somma dei flussi di cassa scontati a un tasso di interesse di mercato*,
variazioni nel valore di quest’ultimo determinano fluttuazioni nel valore
dell’attività, tanto maggiori quanto più è lontana la sua scadenza (importanza
del fattore tempo). Nell’ambito della funzione di intermediazione, la banca attua
una trasformazione delle scadenze e quindi, in generale, essa intermedia
emettendo passività con scadenza inferiore a quella delle attività. In tal caso essa
è esposta ad un rischio di aumento nei tassi di interesse*, in conseguenza del
fatto che il valore delle attività diminuisce in misura maggiore di quello
delle passività.

f) Rischio operativo, il rischio operativo riguarda il funzionamento


dell’impresa in generale. Nel caso specifico degli intermediari finanziari, si fa
riferimento a possibili perdite legate al malfunzionamento dei sistemi
operativi e a quelli di controllo interno, a catastrofi naturali, ad incapacità e/o
infedeltà del personale. Tra queste tipologie di rischio non va sottovalutato il
rischio di frode, che ha determinato, in periodi diversi anche recenti, casi
clamorosi di crisi bancarie/finanziarie. In una dizione più ampia nel rischio
operativo viene anche fatto ricadere il c.d. rischio legale e di reputazione
che consiste nella possibilità che una azione legale e/o un’inchiesta
giudiziaria nei confronti dell’intermediario causino perdite o minori
guadagni.

g) Rischio reputazionale, fa parte del rischio operativo e consiste nella


possibilità che la diffusione di notizie negative, veritiere o meno, concernenti
le modalità di gestione o le connessioni di una banca, intacchino la fiducia
nella sua integrità. Il rischio si concretizza nella flessione degli utili o del
capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine della banca da
parte dei portatori di interesse.

2 modulo: La regolamentazione e la vigilanza nel sistema


finanziario
Innanzitutto è bene distinguere tra la regolamentazione del sistema finanziario,
che è l’insieme di norme imposte agli operatori in via legislativa e/o in via
amministrativa da parte degli organi di vigilanza, mentre gli organi di vigilanza e
di controllo hanno l’obiettivo di verificare che i singoli intermediari operino in
modo conforme alle norme, intervenendo nei casi di inadempienza. L’insieme delle
norme regolamentari (cosiddette secondarie) dettate dagli organi di vigilanza e dei
controlli da essi svolti è comunemente definito funzione di vigilanza o controllo.
Essendo l’ambito regolamentare e di controllo strettamente connessi si usa la
dizione di regolamentazione e di vigilanza/controllo. Il settore finanziario, più
di ogni altro dell’economia, è oggetto d’interventi di regolamentazione e di
controllo, la ragione di ciò va ricercata nella natura delle funzioni assegnate al
sistema finanziario e nell’importanza che tali funzioni rivestono ai fini del buon
funzionamento dell’economia nel suo complesso, ma soprattutto, rispondono
all’esigenza di garantire condizioni di continuità, stabilità, e di efficienza allo
svolgimento di tali funzioni. I rischi cui è soggetta l’attività di intermediazione,
possono determinare il venire meno di tali condizioni, sino a causare situazioni
d’instabilità finanziaria. Queste possono coinvolgere non solo il singolo
intermediario, ma anche il sistema nel suo complesso (il c.d. rischio sistemico), con
un effetto domino che può avere gravi ripercussioni per tutta l’economia. Proprio
per questo motivo la regolamentazione mira in molti casi a limitare l’esposizione
degli intermediari ai diversi rischi e imporre presidi idonei all’assunzione dei
medesimi, in primo luogo sull’adeguatezza patrimoniale rispetto ai rischi assunti.
Infatti la crisi finanziaria iniziata nel 2007 ha le sue radici proprio nell’eccessiva
assunzione di rischi da parte di alcuni intermediari (crisi dei mutui subprime e
conseguente fallimento dei lehman brothers) rischi oltretutto non
adeguatamente individuati, valutati e presidiati. La crisi è avvenuta anche a causa di
una regolamentazione non adeguata e controlli insufficienti. A fronte di un contesto
finanziario internazionale sempre più complesso e integrato, si è propagata a livello
globale, assumendo caratteristiche sistemiche, sino a determinare una profonda crisi
economica, per poi sfociare in Europa (2011-2012) nella crisi del debito sovrano. La
crisi finanziaria ha messo in luce debolezze, aree grigie e carenze molto gravi
nell’assetto regolamentare e dei controlli di vigilanza a livello internazionale,
portando a un serio ripensamento e ad una vera e propria ri-regolamentazione.

Obiettivi sulla base delle funzioni svolte dal sistema


finanziario e dagli intermediari bancari.
Gli obiettivi della R&V sono da ricollegarsi alle funzioni svolte dal sistema
finanziario, e in particolare dagli intermediari bancari: monetaria, creditizia e
di trasmissione degli impulsi di politica monetaria. Tali obiettivi sono definiti in:
a) Tutela dei risparmiatori. I risparmiatori sono i contraenti deboli di ogni
transazione finanziaria e come tali meritevoli di tutela;
b) Stabilità dei singoli intermediari e del sistema finanziario nel suo
complesso. La stabilità a livello microeconomico, cioè del singolo
intermediario, come pure a livello macroeconomico, vale a dire del sistema
finanziario nel suo complesso, costituisce un obiettivo teso sia a rafforzare la
tutela dei risparmiatori, sia a evitare che la situazione di crisi di anche un
singolo intermediario finanziario, propagandosi a diversi intermediari con il
c.d. effetto domino (pensiamo al mercato interbancario, e alla crisi di un
intermediario che detenga passività che sono attività di un altro
intermediario) possa dare origine a crisi di natura sistemica e compromettere
la funzionalità del sistema finanziario stesso;
c) Efficienza. Tale obiettivo riguarda il buon funzionamento dei canali
d’intermediazione ed è strettamente collegato al grado di concorrenza. Può
assumere varie fattispecie:
1) L’efficienza allocativa, consiste nella capacità di destinare le risorse
finanziarie scarse ai programmi d’investimento più redditizie, a parità di
rischio; ciò richiede la valutazione corretta del merito creditizio delle
diverse alternative d’investimento.
2) L’efficienza tecnico-operativa, che riguarda la ricerca di minori costi
operativi da parte di intermediari e mercati finanziari, con l’obiettivo di
ridurre i costi di intermediazione per i clienti;
3) L’efficienza informativa e quella valutativa, che riguardano soprattutto
il mercato mobiliare. La prima indica la capacità dei prezzi delle attività
finanziarie di riflettere tutte le informazioni disponibili; la seconda fa
riferimento alla capacità del mercato di esprimere il valore fondamentale
del titolo attraverso il prezzo, superando l’ostacolo delle asimmetrie
informative.
d) Correttezza e trasparenza dei comportamenti degli intermediari. Questo
set di obiettivi è strettamente collegato a quello della tutela dei risparmiatori,
soprattutto per quanto riguarda il rischio di conflitti di interesse, che emerge
per comportamenti degli intermediari in cui l’interesse dell’investitore risulta
sacrificato.

Obiettivi in relazione al canale d’intermediazione (diretto ed


indiretto):
Gli obiettivi della R&V assumono valenza e rilevanza differenti, in relazione al
canale di intermediazione di cui si tratta: diretto e indiretto.
Nel canale indiretto, l’intervento regolamentare e di controllo risulta più incisivo
ed è in primo luogo mirato a conseguire la stabilità degli intermediari, in
particolare quelli bancari, finalizzata anche alla tutela dei risparmiatori. A tale
obiettivo si è aggiunto nel corso degli anni quello dell’efficienza e da ultimo quello
della correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali, a tutela dei clienti
degli intermediari. Per quanto concerne l’obiettivo della stabilità, essa si ricollega
alle funzioni che le banche hanno nei confronti dei risparmiatori, più precisamente
alla funzione creditizia e a quella monetaria.
a) Per quanto riguarda la funzione creditizia, il risparmio raccolto dal sistema
bancario sotto forma di depositi è definito risparmio inconsapevole, in
quanto le unità in surplus di fatto delegano la funzione di valutazione e
selezione di investimento alle banche, che si assumono in prima persona il
rischio di insolvenza delle unità in deficit. È evidente quindi che la tutela del
risparmio richiede un insieme di regole e controlli volti ad assicurare una
gestione bancaria sana, prudente e professionale, per evitare casi di
insolvenza delle banche stesse.
b) Per quanto riguarda la funzione monetaria, le passività con natura
monetaria emesse dalle banche sono accettate dal pubblico in virtù del c.d.
rapporto fiduciario che si instaura tra le banche e i risparmiatori, basato
appunto sulla fiducia del pubblico che le banche siano in grado di far fronte, in
qualsiasi momento, alla conversione delle loro passività in moneta legale. In
questo caso, liquidità e solvibilità del sistema bancario sono funzionali, non
solo alla tutela dei risparmiatori, ma anche al corretto operare dei sistemi di
pagamento. Qualora si insinui tra il pubblico dei depositanti una sfiducia circa
la convertibilità in moneta dei depositi, i depositanti potrebbero decidere di
procedere al ritiro dei depositi innescando il c.d. bank run (corsa agli
sportelli). Talvolta situazioni di (semplice) illiquidità possono essere confuse
con stati di insolvenza. Le asimmetrie informative tra banca e depositanti
rendono difficile osservare la qualità dell’attivo dell’intermediario. È
essenziale, quindi, che siano sempre garantiti l’equilibrio finanziario e la
liquidità della banca.
Nel canale diretto, gli obiettivi principali sono, da un lato, di assicurare agli
investitori le informazioni necessarie per effettuare in modo efficiente le decisioni di
investimento, avendo riguardo della specifica propensione al rischio; dall’altro lato,
di garantire correttezza e trasparenza nel comportamento degli intermediari. In
questo ambito la funzione di regolamentazione e controllo opera lungo 3 direttrici:
mercati, intermediari ed emittenti. Per quanto riguarda i mercati, l’obiettivo è di
assicurare la trasparenza, nonché l’ordinato ed efficiente svolgimento delle
negoziazioni e la tutela degli investitori. Nel caso della regolamentazione degli
intermediari mobiliari, l’obiettivo di stabilità è meno pregnante che nel caso degli
intermediari creditizi, in ragione delle diverse funzioni svolte. Assume invece
maggiore rilevanza gli obiettivi di trasparenza e di correttezza del comportamento a
tutela dei risparmiatori. Con riferimento agli emittenti, gli oneri regolamentari
imposti mirano a garantire che l’accesso al mercato finanziario sia consentito a chi
rispetta regole che la garantiscono la massima informazione da fornire agli
investitori, nonché trasparenza e correttezza nei comportamenti.
Gli strumenti della regolamentazione e vigilanza
Il set di strumenti a disposizione delle funzioni di regolamentazione e vigilanza
consta di 2 tipologie: strumenti e controlli ex ante, volti a prevenire l’insorgere
di casi di crisi; strumenti e controlli ex post, indirizzati a limitare l’effetto
contagio di crisi di singoli intermediari e a risolvere con interventi ad hoc
specifici casi di crisi aziendali, cercando in particolare di ridurre l’impatto sui
clienti-depositanti.

Gli interventi ex ante:


La funzione di vigilanza, nell’ambito degli interventi ex ante, utilizza strumenti e
controlli di 3 tipi: regolamentari, informativi e ispettivi.

1) La vigilanza regolamentare interviene, con norme e regolamenti, su


aspetti di struttura e operatività degli intermediari, con il fine di limitarne e
monitorarne l’assunzione di rischi. Gli strumenti che rientrano in questa area
della vigilanza sono di 3 tipologie: strutturali, prudenziali e di correttezza
e trasparenza.
a) Gli strumenti/controlli strutturali, sono utilizzati per definire o modificare
la morfologia del comparto finanziario interessato, in termini di condizioni di
entrata e uscita dal mercato, numero e dimensioni delle imprese operanti etc.
Mirano quindi a influenzare in modo diretto il grado di concorrenza. Questa
categoria di strumenti si suddivide in:
- Controlli all’entrata, costituiti da regole per l’accesso all’attività
(autorizzazioni per la costituzione di una banca o impresa di
investimento, limitazioni all’apertura di nuovi sportelli etc.)
- Vincoli all’operatività, che mirano a limitare o impedire alcune tipologie
di attività come l’assunzione di partecipazioni
- Restrizioni a operazioni di tipo straordinario, in quanto alterano la
struttura del mercato, come fusioni o acquisizioni.

b) Strumenti/controlli prudenziali, che costituiscono la c.d. prudential


regulation, sono utilizzati per monitorare i rischi assunti dagli intermediari e
limitarne l’esposizione, in una logica di sana e prudente gestione mirata a
rafforzarne la stabilità. Tali strumenti, in particolare rivolti alle banche, hanno
l’obiettivo di garantire la liquidità e la solvibilità degli intermediari. Rientrano
in questa categoria: i ratios patrimoniali, i ratios sulla liquidità, i limiti
sull’assunzione e concentrazione dei rischi. La prudential regulation ha
sostituito i controlli strutturali a partire dagli anni 80’. Può agire su
grandezze dell’attivo e del passivo dell’intermediario: il principale strumento
riguarda l’adeguatezza patrimoniale degli intermediari. A tal fine sono
utilizzati i c.d. coefficienti patrimoniali minimi previsti dagli Accordi di
Basilea

c) I controlli di trasparenza e correttezza, che costituiscono la c.d. fair play


regulation, sono effettuati principalmente in 2 ambiti. Il primo riguarda le
caratteristiche dei rapporti negoziali tra la clientela e l’intermediario, il
secondo è relativo in modo particolare alle operazioni in titoli: si pensi ai
prospetti informativi per le emissioni di titoli, alla definizione dell’eventuale
interesse diretto dell’intermediario nell’operazione, all’individuazione dei
rischi collegati all’operazione proposta.

2) La vigilanza informativa/off site supervision ha l’obiettivo di


monitorare costantemente l’operatività degli intermediari, soprattutto per
quanto riguarda i rischi che essi si assumono. Agli intermediari è richiesto
l’invio agli organi di vigilanza di flussi informativi periodici che consentono
l’analisi delle diverse situazioni aziendali, inoltre gli organi di vigilanza
possono richiedere ulteriori informazioni o approfondimenti.

3) La vigilanza ispettiva/on site supervision integra con


verifiche sul campo la vigilanza informativa. Le ispezioni hanno in primo
luogo natura periodica. Sono inoltre effettuate ispezioni non periodiche se ne
viene valutata l’esigenza, ad esempio sulla base di specifici accadimenti o solo
per verificare che le raccomandazioni di una precedente ispezione siano state
recepite.

Interventi ex post
Gli interventi ex post hanno l’obiettivo di risolvere in modo ordinato i casi di crisi
bancarie per scongiurare possibili effetti contagio e per limitare le ricadute in primis
sui depositanti, ma più in generale sull’intera economia. I provvedimenti in
questione sono definiti di “gestione delle crisi bancarie”. Le possibilità al
riguardo sono 2: la risoluzione o la liquidazione dell’intermediario in crisi.
Risoluzione: si intende un processo di ristrutturazione che mira a evitare
interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banche (per esempio,
depositi e servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica
della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti.
Liquidazione: nel nostro ordinamento l’istituto applicato è la liquidazione coatta
amministrativa, una procedura speciale per le banche e altri intermediari finanziari,
al posto del fallimento applicabile alle imprese di diritto comune.

L’assicurazione dei depositi


L’assicurazione dei depositi è un sistema di garanzia che offre tutela ai depositanti,
quali risparmiatori inconsapevoli e quindi non in grado di valutare lo stato di salute
delle banche cui affidano il proprio risparmio. L’obiettivo è di evitare ripercussioni
sui depositanti in caso di dissesto della banca, prevedendo il rimborso delle cifre
depositate entro limiti predefiniti. Si salvaguarda in tal modo sia il risparmio, sia la
funzione monetaria svolta dagli intermediari bancari. Tale garanzia risulta da un
lato un intervento ex ante, in quanto la sua esistenza disincentiva i risparmiatori al
ritiro dei depositi, in caso di possibili dubbi sulla solvibilità della banca, riducendo il
rischio di crisi di liquidità delle singole banche e l’effetto contagio con
conseguente crisi sistemica. Da un altro punto di vista è un intervento ex post in
quanto è una vera e propria rete di sicurezza (safety net) per i risparmiatori in caso
di dissesto della banca. Questo strumento opera in Italia come previsto dalle
direttive europee e prende il nome di FITD, Fondo Interbancario di tutela dei
depositi. Questo sistema di garanzia italiano, FITD, garantisce, nei limiti previsti
dallo statuto, i depositanti delle banche che siano consorziate. Oggetto di tutela
sono: conti correnti, depositi, assegni circolari etc per un limite massimo stabilito
per depositante di 100k. Per il calcolo basterà sommare i depositi dello stesso
individuo aperti presso lo stesso istituto (infatti si consiglia di depositare
massimo 100k, anche cumulati, presso un solo istituto. Somme eccedenti è
bene depositarle in un altro istituto). Nel caso di conto cointestato la garanzia è
di 100k per ciascun depositante, a condizione che i depositanti titolari del conto
cointestato non possiedano altri conti correnti presso lo stesso istituto.

L’assetto regolamentare in Italia


A partire dagli anni 90, in Italia le innovazioni normative e regolamentari in ambito
finanziario hanno seguito il processo di adeguamento legislativo alle direttive UE.
Per quanto riguarda il comparto creditizio si è passati da una vigilanza di tipo
strutturale ad una di tipo prudenziale, riducendo il peso della regolamentazione di
natura amministrativa e collegando l’operatività delle banche alla presenze di risorse
patrimoniali e manageriali idonee a fronteggiare i rischi assunti. Sono stati ampliati
gli ambiti operativi delle banche, ed è stato quindi introdotto nel nostro
ordinamento il modello di banca universale, superando la c.d. specializzazione
temporale. Nel contempo grazie alla legge Amato - Carli si è proceduto alla
trasformazione della banca pubblica in SPA, individuando in tale modello societario
la forma giuridica ottimale per l’esercizio del credito e riconoscendo la natura
imprenditoriale dell’attività bancaria. Per quanto riguarda il comparto mobiliare,
i diversi provvedimenti hanno mirato ad una sempre maggiore tutela dei c.d.
contraenti deboli. Esso è regolamentato dal TUF (Testo Unico della Finanza).
Per quanto riguarda il comparto assicurativo, il testo normativo di riferimento è
il Codice delle Assicurazioni Private.

TUB (Testo Unico Bancario)


Un ruolo importante nello sviluppo della normativa bancaria in Italia è stato svolto
dal processo di integrazione finanziaria europea. Il recepimento della II direttiva
comunitaria in materia creditizia ha rappresentato un punto di svolta e
rappresenta l’ossatura portante del nuovo TUB del 1993. La legislazione
comunitaria si è indirizzata a realizzare un’armonizzazione minima delle
normative dei singoli paesi, allo scopo ultimo di unificare i diversi mercati dei
servizi finanziari in un solo mercato. Il mercato unico, oltre alla libertà di
circolazione dei capitali, consente una piena libertà d’insediamento e di
prestazione dei servizi, assicurando al tempo stesso condizioni di concorrenza
tra gli intermediari. La possibilità di operare in tutti i paesi comunitari è
riconosciuta sulla base del criterio dell’autorizzazione unica, per cui un soggetto,
abilitato nel proprio paese di origine, acquisisce il diritto ad estendere l’attività
sull’intero territorio dell’UE. Con il recepimento della II direttiva è stato
introdotto nel nostro ordinamento il modello di banca universale, abilitata a
offrire tutti i servizi mutuamente riconosciuti. Gli effetti del recepimento della II
direttiva sul sistema bancario italiano sono stati di estremo rilievo:
Con l’introduzione del modello di banca universale è venuta a cadere la
distinzione, introdotta con la precedente legge bancaria del 1936, tra aziende
di credito, operanti nel breve termine, e istituti di credito speciale (ICS),
abilitati a operare a medio/lungo termine. Si è venuto quindi a creare un
modello di banca che opera su tutta la filiera dei finanziamenti e che
all’attività creditizia unisce la possibilità di offrire un’ampia gamma di servizi
di intermediazione mobiliare. Tuttavia, vi sono 2 principali aree di attività che
le banche non possono gestire direttamente: l’attività assicurativa, riservata
alle imprese di assicurazione, e la gestione collettiva del risparmio riservata
alle SGR.
Una ulteriore innovazione normativa è costituita dalla possibilità, ora
concessa alle banche, di assumere partecipazioni nel capitale delle imprese
non finanziarie. Viene quindi in parte eliminata la rigida separatezza tra banca
e impresa.
Con il TUB si è inoltre realizzato il definitivo passaggio da una azione di
vigilanza su controlli strutturali, ad una vigilanza prudenziale, che si basa su
requisiti oggettivi. Tale svolta è sancita dalle finalità stesse della funzione di
vigilanza che sono individuate nella sana e prudente gestione, nella stabilità
complessiva, nell’efficienza e la competitività del sistema finanziario.
Il nuovo corpo normativo si estende a 3 ambiti che non erano compresi nella
legge del 1936: gli intermediari finanziari non bancari (semplicemente
intermediari finanziari); il credito al consumo e la materia concernente la
trasparenza e le condizioni contrattuali.
Il legislatore ha conferito al TUB la natura di legge quadro, indicando quindi i
principi guida e rinviando alle autorità creditizie (di vigilanza nazionale) la
definizione degli aspetti più tecnici.
Per quanto riguarda le autorità creditizie, l’assetto istituzionale della
vigilanza rimane come era stato definito nella vecchia normativa, con il
Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) presidiato dal
Ministro del Tesoro e Banca d’Italia.
Nel titolo II il TUB riafferma la nozione di attività bancaria come esercizio
congiunto della raccolta del risparmio tra il pubblico e l’erogazione del
credito; ribadisce inoltre la natura imprenditoriale di tale attività, che viene
riservata alla banche. L’accesso al mercato bancario è subordinato
all’autorizzazione della Banca d’Italia, che verifica la sussistenza di alcune
condizioni volte a garantire la sana e prudente gestione della banca. Le
condizioni per l’autorizzazione all’attività bancaria (art.14 del TUB) sono le
seguenti:
1) La presentazione di un programma di attività iniziale, unitamente
all’atto costitutivo e allo statuto;
2) Il possesso da parte dei partecipanti al capitale dei requisiti di
onorabilità;
3) Il possesso da parte dei soggetti che svolgono funzioni di
amministrazione, direzione e controllo dei requisiti di professionalità e
onorabilità (definiti dal Ministro del Tesoro, su parere della banca
d’Italia);
4) L’adozione della forma di società per azioni;
5) L’esistenza di un capitale versato di ammontare non inferiore ai 10
milioni di euro.

TUF
In Italia l’assetto istituzionale dell’intermediazione mobiliare ha la sua fonte
normativa nel Testo Unico Delle Finanze e le successive modifiche, effettuate
nel 2007, con il recepimento della direttiva MiFID (Market in Financial
Struments Directive). Il TUF ha ridefinito la disciplina dell’esercizio
professionale nei confronti del pubblico, dei servizi di investimento,
contribuendo al riordino del funzionamento dei mercati dei titoli e a
un’ulteriore liberalizzazione dell’attività degli intermediari finanziari.
La disciplina dei “servizi di investimento” e della “gestione collettiva del
risparmio” riguarda le attività che si svolgono sul mercato finanziario quali
negoziazione per conto proprio, esecuzione di ordini per conto dei clienti,
gestione di portafoglio etc. Nella disciplina rientrano anche altri servizi
accessori come consulenza finanziaria ad esempio.
La nuova disciplina perviene, inoltre, ad una definizione più puntuale delle
tipologie di attività finanziarie che possono essere oggetto di scambio
nell’ambito dei servizi di investimento. In particolare, nella nuova nozione di
strumento finanziario, vengono inclusi valori mobiliari quali azioni,
obbligazioni, oltre ad altre categorie di strumenti che hanno funzione di
copertura dai rischi finanziari (derivati). Più precisamente il TUF definisce:
a) Gli strumenti finanziari, quali:

1) Valori mobiliari, cioè valori che possono essere negoziati nel mercato dei
capitali, quali: azioni di società, obbligazioni e altri titoli di debito;

2) Strumenti del mercato monetario, quindi buoni del tesoro, certificati di


deposito

3) Quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;

4) A questi strumenti bisogna poi aggiungere derivati, indici finanziari


etc.

b) I servizi e le attività di investimento, quali:

1) Negoziazione per conto proprio;

2) Esecuzione di ordini per conto dei clienti;


3) Sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo, o con
assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente (l’intermediario
sottoscrive gli strumenti finanziari oggetto del collocamento, con
l’impegno di offrirli agli investitori (assunzione a fermo), oppure si
impegna a sottoscrivere tutti o parte degli strumenti finanziari non
collocati presso gli investitori (assunzione di garanzia);

4) Collocamento senza assunzione a fermo e né assunzione di garanzia


nei confronti dell’emittente;

5) Gestione di portafogli, si intende la gestione, su base discrezionale e


individualizzata, di portafogli di investimento che includono 1 o più
strumenti finanziari e nell’ambito di un mandato conferito dai clienti;

6) Ricezione e trasmissione di ordini;

7) Consulenza in materia di investimenti;

8) Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (MTF)

9) Gestione di sistemi organizzati di negoziazione (OTF)

L’assetto dei controlli di vigilanza nell’unione europea e in


Italia: SEVIF
Per superare il problema della frammentazione della vigilanza su base nazionale e
per porre rimedio ai problemi emersi con la crisi dei mutui subprime, nel 2011 l’UE
si è inizialmente indirizzata verso la costituzione di un primo assetto paneuropeo
della vigilanza, volto a ridurre le divergenze nazionali, mantenendo comunque la
vigilanza a livello dei singoli paesi. Operativa dal 1 gennaio 2011, la nuova
architettura paneuropea (SEVIF o ESFS, sistema europeo di vigilanza
finanziaria/ european system of financial supervisors) coinvolge l’intero sistema
finanziario, introducendo la distinzione tra vigilanza macro-prudenziale e vigilanza
micro-prudenziale e creando a tal fine 2 organi:

1) ESRB O CERS (european systemic risk board o


comitato europeo per il rischio sistemico) ha competenze di
vigilanza macro prudenziale relative all’intero sistema finanziario per limitare
il rischio di crisi sistemiche. I compiti principali dell’ESRB, privo di
personalità giuridica e supportato dal punto di vista logistico e operativo dalla
BCE, sono lo sviluppo di analisi sul sistema finanziario e la segnalazione di
aree di rischio e vulnerabilità del sistema finanziario europeo, c.d. risk
warnings. La possibilità di introdurre delle politiche macro prudenziali rimane
comunque prerogativa delle autorità nazionali competenti.

2) ESA o AES (european supervisory authorities o autorità


europea di vigilanza) Per quanto riguarda la vigilanza micro
prudenziale, ci riferiamo alla stabilità del singolo intermediario. È compito
delle ESA vigilare sui 3 comparti del sistema finanziario: bancario,
assicurativo e mobiliare. Distinguiamo quindi:

a) EBA o ABE (european banking authority o autorità


bancaria europea)

b) ESMA o AESFEM (european securities markets


authority o autorità europea degli strumenti finanziari e
dei mercati,

c) EIOPA o AEAP (European insurance and Occupational


Pensions Authority o autorità europea delle
assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali)

Nel 2011, quando la nuova struttura di vigilanza paneuropea aveva appena iniziato a
muovere i suoi passi, la crisi del debito sovrano sfociata nel 2011/2012 ha riproposto
con estrema urgenza il problema di una vigilanza frammentata nell’area euro. Nel
giugno 2012 ha preso avvio il processo per la creazione di una Unione Bancaria
Europea, con l’obiettivo di accelerare il processo di unificazione economica e
finanziaria. Essa è divenuta la condizione necessaria affinchè l’European Stability
Mechanism (ESM) possa ricapitalizzare direttamente le banche in difficoltà,
evitando il finanziamento degli stati sovrani ed il conseguente aumento di spesa
pubblica. L’unione bancaria europea consiste di 3 pilastri che si devono basare su un
set armonizzato di regole prudenziali, le c.d. single rulebook, e uno di pratiche di
vigilanza, le c.d. single supervisory handbook, la cui predisposizione è stata
affidata all’EBA:
PRIMO PILASTRO: Vigilanza integrata. Per garantire l’efficace
applicazione delle norme prudenziali, del controllo dei rischi e della prevenzione
delle crisi in tutta l’area. Questo pilastro ha dato vita alla c.d. “vigilanza unica
europea” che si fonda sul Single Supervisory Mechanism o Meccanismo Unico di
Vigilanza (SSM o MUV). L’SSM divenuto operativo nel 2014, assegna alla BCE la
responsabilità finale della vigilanza della Banche della sola area dell’euro.

SECONDO PILASTRO: Sistema di risoluzione europeo delle


crisi bancarie. Al fine di permettere una liquidazione ordinata degli istituti in
crisi irreversibile e in tal modo proteggere i fondi dei contribuenti. La Bank
Recovery and Resolution Directive (BRRD), in vigore dal 1 gennaio 2016,
introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi
di banche e imprese di investimento. La BRRD prevede che già in fase di operatività
normale delle banche vengano predisposti piani di risoluzione per individuare
strategie e azioni da mettere in atto in caso di crisi. Per evitare che il costo dei
salvataggi gravi sulle finanze pubbliche e quindi sui contribuenti, è stato
sostanzialmente vietato il meccanismo del bail – out che è percorribile solo in casi
limitati, ed è stato introdotto il meccanismo del bail – in, che consente alle autorità
di risoluzione di disporre la riduzione del valore delle azioni e di alcune categorie di
crediti o la loro conversione in azioni per ricapitalizzare la banca. Sono esclusi dal
bail in i depositi protetti dal FITD, cioè di importo sino ai 100k

TERZO PILASTRO: Sistema europeo di garanzia dei


depositi. Per introdurre una dimensione europea nei sistemi nazionali di
garanzia dei depositi per le banche oggetto di vigilanza europea. Allo stato attuale è
bene precisare che questo pilastro è ancora in fase di costruzione. Per ora si è limitati
ad una disciplina armonizzata.

Il Single Supervisory Mechanism o Meccanismo unico di


vigilanza (SSM o MUV)
Il SSM è un sistema di vigilanza unificato in carico alla BCE per le banche dei paesi
dell’area dell’euro, c.d. (19+) in quanto anche altri paesi dell’UE possono
parteciparvi. Il SSM si basa sulla suddivisione dei compiti tra BCE e autorità
nazionali competenti (National Competent Authorities NCA, o National Supervisory
Authorities NSA). La competenza del SSM riguarda la vigilanza prudenziale degli
intermediari creditizi, mentre la competenza delle altre materie (trasparenza e
correttezza, antiriciclaggio, usura) rimane in capo alle NCA. Fermo restando la
responsabilità ultima della BCE, nell’ambito dell’SSM vi sono competenze diverse
tra BCE e NCA:
1) Alla BCE spetta la vigilanza diretta sulle banche c.d.
signficative/significant, che presentano una delle seguenti caratteristiche:
a) Il valore delle attività supera i 30 miliardi di euro;
b) Il rapporto tra le attività totali e il PIL dello stato membro in cui l’istituto è
stabilito supera il 20%;
c) L’ente creditizio è uno dei 3 maggiori istituti di uno stato membro
partecipante;
d) L’ente creditizio ha richiesto o ricevuto gli aiuti dei Fondi di salvataggio
europei (ESM, European stability mechanism);
La BCE ha poteri di vigilanza prudenziale, sia informativa che ispettiva, e potere di
attuazione (c.d. Enforcement) delle decisioni e delle sanzioni. È suo compito il
coordinamento delle autorità nazionali nell’ambito dell’EBA. Deve operare in modo
indipendente nello svolgimento dei compiti di vigilanza e rendere conto del suo
operato a Parlamento e Consiglio Europeo. La BCE come supervisore unico può
decidere in ogni momento di esercitare direttamente i propri poteri nei riguardi di
qualunque altra banca, di qualunque dimensione se lo reputerà necessario per
assicurare una coerente applicazione degli standard di sorveglianza bancaria”.
Le autorità nazionali competenti (per l’Italia la Banca d’Italia) nell’ambito del
SSM mantengono la vigilanza diretta su tutte le altre banche non significative, less
significant, tranne per quelle per le quali la BCE ha deciso di esercitare direttamente
i propri poteri. Mantengono inoltre poteri relativi a materie che non riguardino la
vigilanza prudenziale, come antiriciclaggio, usura, correttezza e trasparenza.
Le banche significative sono sotto il diretto controllo della BCE che opera la
vigilanza informativa e ispettiva attraverso gruppi di specialisti dei diversi paesi
dell’UME (Unione Monetaria Europea): i c.d. Joint Supervisory Team (JTS).
Allo stato attuale, in Europa, vi è quindi una architettura dei controlli complessa,
frutto dello stratificarsi dei diversi interventi avviati con la crisi.

Gli organi di vigilanza in Italia


Banca d’Italia:
In Italia si è nel tempo definita una architettura dei controlli di vigilanza che
possiamo definire ibrida in quanto basata parzialmente sul modello per finalità, con
aspetti legati al modello istituzionale. Dal 2011, le Autorità di Vigilanza Italiana
partecipano agli organi di vigilanza micro-prudenziale e macro-prudenziale dell’UE,
mentre dal 2014 la Banca d’Italia partecipa al SSM. Tradizionalmente alla Banca
d’Italia sono spettati i controlli di stabilità, non solo per il sistema bancario, ma
anche per le società di gestione del risparmio e per le imprese di investimento. Dal
2014, la Banca d’Italia partecipa al SSM, nell’ambito del quale la responsabilità
ultima per la vigilanza prudenziale per tutte le istituzioni creditizie italiane spetta
alla BCE, che svolge vigilanza diretta sulle banche significant, mentre quella sulle
less significant spetta alla Banca d’Italia.
La Banca d’Italia mantiene per tutto il comparto bancario la competenza sui temi
non di vigilanza prudenziale (correttezza e trasparenza, applicazione della normativa
antiriciclaggio e quella di usura). È inoltre responsabile a livello nazionale delle
funzioni di vigilanza su altri intermediari (tra cui le SGR). Svolge inoltre funzioni
di supervisione sui mercati e, congiuntamente con la BCE, di sorveglianza sui
sistemi di pagamento. Nel caso dei mercati, sono attribuite funzioni di
vigilanza alla Banca d’Italia per i mercati all’ingrosso dei titoli di stato (MTS)
e dei fondi interbancari.
A partire dal 2005, le società europee (banche incluse) devono adottare gli
standard contabili internazionali (IFRS) per la presentazione del loro bilancio.
Recependo ed estendo tali principi alle banche italiane, lo Stato ha attribuito
alla Banca d’Italia il compito di uniformare le forme tecniche-contabili di
redazione dei bilanci bancari.

CONSOB:
I controlli sulla correttezza e trasparenza per operazioni su strumenti finanziari
competono invece alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa
(consob). Ha, inoltre, il compito di tutelare il pubblico risparmio svolgendo attività
di regolamentazione della prestazione dei servizi e delle attività di investimento da
parte degli intermediari e esercitando la vigilanza sulla trasparenza e la correttezza
dei comportamenti degli intermediari, con i relativi poteri sanzionatori. Per quanto
riguarda i mercati, l’attività di organizzazione e gestione dei medesimi, grazie al
superamento della tradizionale concezione di tale attività come pubblico servizio, è
stata affidata a soggetti privati, le c.d. società mercato, mentre alla consob
rimangono i poteri di vigilanza e supervisione generali.

IVASS:
Per quanto riguarda invece il comparto assicurativo, i controlli di varia natura
spettano all’IVASS, istituto di vigilanza assicurativa, che nel 2012 ha sostituito
L’ISVAP, e che è presieduto dal direttore generale della Banca d’Italia (Daniele
Franco). È un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico che opera per
garantire l’adeguata protezione degli assicurati perseguendo la sana e
prudente gestione delle imprese di assicurazione e la loro trasparenza e
correttezza nei confronti della clientela.

COVIP
I controlli sui fondi pensione spettano a un’apposita Commissione di Vigilanza sui
Fondi Pensione (covip), istituita presso il ministero del Lavoro, che si occupa di
aspetti relativi sia alla stabilità, sia alla trasparenza nei rapporti tra il fondo e i
partecipanti.

AGCM
Con la legge c.d. antitrust, è stata istituita l’Autorità Garante della concorrenza e
del mercato (AGCM) cui compete la vigilanza sul rispetto della normativa
antimonopolistica e che interessa quindi i diversi operatori.
Le autorità di vigilanza riflettono la scelta di un modello ibrido, che prevede
la coesistenza di organismi cui è assegnato il perseguimento di precise finalità
(banca d’italia, consob e agcm) e di organismi deputati al controllo di una
determinata categoria di intermediari (ivass e covip).

3 modulo: gli intermediari finanziari


Sono un insieme di operatori professionali che nel sistema finanziario,
utilizzando strumenti finanziari, contribuiscono allo svolgimento delle
funzioni finanziarie. Hanno precise caratteristiche di bilancio: nello SP le
componenti essenziali sono le attività e le passività finanziarie; i costi e i
ricavi originano da produzione e scambio di attività finanziarie e sono
rappresentati da interessi e commissioni. La loro attività è soggetta ai rischi
tipici delle operazioni finanziari. Secondo una classificazione basata sull’attività
dell’intermediario, essi vengono solitamente suddivisi in intermediari del canale
diretto e intermediari del canale indiretto:
Intermediari del canale indiretto: si caratterizzando per interventi volti a
conciliare le esigenze degli operatori finali (unità in surplus e in deficit) attraverso
l’offerta di proprie attività gradite ai prenditori finali di fondi (i richiedenti prestiti)
e, dall’altro lato, di proprie passività gradite ai prestatori finali di fondi (i
risparmiatori). L’intermediario assume i rischi di eventuali inadempienze dei
soggetti in deficit finanziario, contrapponendosi con il proprio bilancio.
Appartengono a questa categoria quelli che svolgono attività di
intermediazione creditizia, attività di assunzione di partecipazioni e
d’investimento e attività assicurativa. Gli intermediari creditizi, accomunati
dal fatto di porre in essere operazioni di credito (attivo/passivo), possono
assumere la qualifica di bancari (banca centrale e banche) e non bancari
(società di finanziamento, leasing, factoring, credito al consumo). L’attività di
assunzione di partecipazioni qualifica gli intermediari che effettuano impieghi
finanziari con lo scopo di esercitare il controllo di imprese non finanziarie
(holding). Gli intermediari assicurativi e previdenziali comprendono le
imprese di assicurazione, nonché gli istituti di previdenza e i fondi pensione.
È bene precisare che, in merito all’intermediazione creditizia della Banca
d’Italia è opportuno ricordare che l’attività svolta non è diretta a soddisfare i
bisogni di finanziamento e di investimento di risparmio delle famiglie e delle
imprese, ma è rivolta unicamente alla prestazioni di servizi a favore delle altre
banche e del Tesoro dello Stato.

Intermediari del canale diretto: gli intermediari del canale diretto, ovvero, gli
intermediari mobiliari, offrono agli operatori finali un’ampia gamma di servizi a
supporto delle scelte di investimento/disinvestimento del proprio portafoglio e
dell’emissione, del collocamento e della negoziazione di strumenti primari. Essi
mirano a prospettare soluzioni per la copertura dei fabbisogni finanziari, a risolvere
problemi di natura tecnica e gestionale come la ricerca delle controparti,
l’acquisizione di informazioni etc. A seconda della tipologia di attività svolta,
possono essere ulteriormente distinti in:
1) Imprese d’intermediazione mobiliare dedite alla prestazione di servizi
collegati al mercato primario e rivolto alle unità in deficit, come
collocamento di strumenti finanziari o attività riferiti alla corporate finance
(finanza straordinaria, come ad esempio il supporto alle operazioni di fusioni
e/o acquisizioni tra imprese);

2) Imprese d’intermediazione mobiliare dedite ai servizi relativi al mercato


secondario, cioè di negoziazioni di strumenti finanziari già emessi, parliamo
quindi di trading e servizi come broking, dealing;

3) Imprese d’intermediazione mobiliare che offrono servizi per le unità in


surplus, ovvero della gestione del risparmio (asset management), come
servizi di amministrazione e custodia, consulenza e gestione del portafoglio. Il
servizio di gestione del risparmio si suddivide a sua volta in gestione
individuale e gestione collettiva. La gestione individuale può essere
svolte dalle banche e dalle imprese d’investimento, ma più generalmente
dalle SGR (Società di gestione del risparmio). Nella gestione collettiva
sono, invece, le sole SGR ad offrire questo tipo di servizio, che
gestiscono tra l’altro gli Oicr (organismi di investimento collettivo del
risparmio) che comprendono SICAV E SIICAF (rispettivamente società
di investimento a capitale variabile, a capitale fisso).
Il ruolo degli intermediari finanziari: le imperfezioni dei
mercati e la funzione allocativa
Mercati finanziari e intermediari sono le componenti del sistema finanziario cui è
affidata l’allocazione di risorse scarse ed usi alternativi. La canalizzazione delle
risorse verso destinazioni produttive si fonda sulla valutazione e sulla selezione
sistematica di impieghi finanziari caratterizzati da profili di rendimento e di rischio
attesi differenti. Oltre a questo ruolo ex ante, alle istituzioni in questione è
riconosciuta anche una funzione di sorveglianza (monitoring) e di controllo
finanziario sull’attività dei prenditori finali. Il processo di selezione e di controllo
svolto dai mercati organizzati si basa sui prezzi degli strumenti negoziati. Ai prezzi
viene riconosciuta la capacità di esprimere giudizi di merito e valutazioni sulla
qualità dell’allocazione delle risorse. Sempre attraverso i prezzi, i mercati
provvedono a fornire indicazioni e segnali come disponibilità e costo delle risorse,
valore di mercato dell’impresa etc. per orientare le decisioni d’investimento dei
prenditori di fondi. I prezzi sono quindi uno strumento fondamentale di
comunicazione delle informazioni, infatti attraverso di essi quelli più informati
trasmettono l’informazione a coloro che sono meno informati.
I processi di selezione e controllo esercitati dagli intermediari finanziari assumono
modalità e caratteri diversi a seconda che tali operatori intervengano nel canale
diretto o indiretto. È bene precisare che le finalità sono sempre le medesime.
Nel primo caso, l’intermediario finanziario opera nei mercati aperti e concorre
al processo di aggregazione delle informazioni e alla qualità dei meccanismi di
formazione dei prezzi, aumentando le informazioni e aiutando nelle
valutazioni gli operatori finali.
Nel secondo caso, gli intermediari finanziari esercitano le proprie funzioni di
valutazione, di screening, di sorveglianza e di controllo, principalmente sulla
base di elementi tipici di un rapporto bilaterale: informazioni confidenziali,
esperienza, tecniche. In questo contesto, i prezzi originano da una
negoziazione bilaterale e assumono un ruolo secondario, essendo che, dato il
rapporto personalizzato, c’è la possibilità di imporre ai prenditori di fondi un
preciso comportamento. Tale possibilità si configura in modo diverso:
a) Se l’intermediario finanziario partecipa direttamente al capitale di
rischio, in genere è anche in grado di esercitare un potere di indirizzo
sulle decisioni strategiche e decisionali dell’impresa;

b) Se invece assume le vesti di creditore, l’intermediario è chiamato a


valutare periodicamente sulle prospettive d’insolvenza del debitore. In
questo caso l’elemento su cui può far leva l’intermediario è costituito
dalla conferma o meno dei finanziamenti.
Sottoporre a giudizio di merito i propri debitori ed esercitare controlli sulla
qualità del proprio attivo sono azioni che assumono un’importanza
fondamentale per l’intermediario finanziario, poiché la sua solvibilità, più
precisamente la sua continuità funzionale dipende dall’efficacia di tali
processi.

Ragione di esistenza degli intermediari finanziari


L’instaurazione di rapporti diretti autonomi deve superare diversi ostacoli,
riconducibili a costi di transazione, incertezza, e asimmetrie informative. La
contemporanea presenza di questi elementi strutturali costituisce da un lato,
un limite alla conclusione degli scambi tra gli operatori finali, dall’altro
costituisce la condizione principale dell’affermazione degli intermediari
finanziari. L’intervento degli intermediari trova una giustificazione nel fatto che,
essendo operatori specializzati, sono in grado di offrire vantaggi in termini di costo,
di affrontare adeguatamente le incertezze, di superare i problemi di natura
informativa.

Gli intermediari finanziari e i costi di transazione


Occorre rilevare che il trasferimento delle risorse dalle unità in surplus a quelle in
deficit, non può realizzarsi senza sostenere oneri derivanti da costi di transazione di
varia natura. Esistono varie fattispecie:
1) Costi collegati alla divisibilità degli strumenti finanziari, riguardanti la
difficoltà di poter conciliare le esigenze di controparti riguardo alla
quantità di risorse scambiate;

2) Costi di ricerca della controparte, che risultano elevati quando chi


richiede i fondi non è particolarmente conosciuto ad esempio;

3) Costi contrattuali. È attraverso la definizione di specifiche clausole che


le controparti cercano di tutelarsi;

4) Costi informativi sostenuti per l’acquisizione delle informazioni, per le


pratiche di screening e successivamente di monitoring

La presenza e l’incidenza di questi costi può rendere non eseguibili le operazioni


autonome di finanziamento diretto, mentre il livello di tali oneri risulta inferiore
qualora intervenga un intermediario. Questa circostanza è confermata dal fatto che
la maggior parte dei costi operativi e d’informazione appartiene alla categorie di
costi fissi. Per cui, l’attività di soggetti dediti sistematicamente allo scambio e alla
detenzione di strumenti finanziari, se sostenuta da volumi operativi consistenti, è
in grado di conseguire economie di scala e quindi offrire alla clientela servizi di
intermediazione a costi inferiori. Gli intermediari creditizi, possono superare i
vincoli posti dall’indivisibilità degli strumenti finanziari e adattare i contratti alle
esigenze delle controparti.
Anche gli intermediari del canale diretto sono in grado di modificare i rischi
complessivi dell’investimento in attività finanziarie, applicando i principi di
diversificazione e frazionamento. Si tratta di intermediari mobiliari che svolgono
una funzione di gestione delegata dell’investimento. Questi operatori offrono
agli investitori un servizio di gestione di un portafoglio di attività finanziarie di cui
gli investitori finali nella veste di deleganti rimangono titolari, assumendosi tutti i
rischi dell’investimento. A differenza degli intermediari creditizi, gli intermediari
delegati o investitori delegati non assumono in proprio i rischi dell’investimento
mobiliare, ma li attenuano. Più precisamente, l’investitore delegato s’impegna a
rimborsare fondi per importi pari al valore di mercato del portafoglio investito, a
differenza dell’intermediario creditizio che deve fronteggiare le richieste di
restituzione delle passività emesse al loro valore nominale.

Gli intermediari finanziari e l’incertezza


Per quanto riguarda l’incertezza, è opportuno sottolineare che è un elemento
connaturato a tutte le operazioni finanziarie e che riguarda la conoscenza
limitata di quelli che possono essere i risultati derivanti dallo scambio di
risorse finanziarie nel tempo. Ciò non è privo di effetti per gli operatori che
traducono l’incertezza in rischio. Questo spiega il perché dell’esistenza degli
intermediari finanziari, in particolare quelli creditizi, in quanto, essendo
operatori specializzati, possono meglio affrontare i rischi collegati
all’intermediazione finanziaria, attraverso una diversificazione e un frazionamento
dei rischi stessi (attraverso appropriate scelte di dimensione e di composizione
dell’attivo/passivo, coerente grado di capitalizzazione), non realizzabile da parte
degli investitori individuali.
La trasformazione dei rischi non è patrimonio esclusivo degli intermediari
creditizi. All’attività di intermediazione svolta da quest’ultima è assimilabile
quella delle compagnie assicurative. Questi operatori attuano un processo di
trasformazione dei rischi individuali in rischi collettivi. Sotto il profilo finanziario, il
procedimento assicurativo, per effetto dell’acquisizione di risorse monetarie
anticipate (premi) rispetto al regolamento dei sinistri, dà luogo alla formazione di un
debito verso gli assicurati (riserve tecniche) determinando la necessità di realizzare,
come corrispettivo, investimenti in attività reali e finanziarie.

Gli intermediari finanziari e le asimmetrie informative


La terza condizione che consente di spiegare l’esistenza degli intermediari finanziari
è quella della presenza di asimmetrie informative. La possibilità di agire in modo
consapevole dipende in misura rilevante dallo stato d’informazione (quantità e
qualità), dal costo di acquisizione della stessa. In questo ambito non è tanto
importante l’onere di raccolta e di diffusione delle informazioni, tipico consto di
transazione, quanto l’accesso all’informazione da parte degli operatori. Lo stato di
informazione, in genere, non è omogeno, poiché non tutte le fonti sono ugualmente
accessibili a tutti i soggetti, è infatti distribuita in modo asimmetrico tra i diversi
agenti economici. Tra questi, gli intermediari finanziari, sempre per la natura di
operatori specializzati, sono in posizione di vantaggio rispetto gli altri operatori.
Nell’ambito del collegamento diretto, l’investitore viene a trovarsi in condizione di
inferiorità informativa rispetto l’emittente, in quanto opera sulla base d’informazioni
“esterne” che per loro natura sono incomplete. Il prenditore di fondi ha certamente
una migliore conoscenze della propria situazione economica, patrimoniale e
finanziaria ed è in grado di determinare in maniera più attendibili i rischi e le
prospettive economiche future. La principale conseguenza di informazioni
insufficienti o mancanti, può indurre l’investitore a errori di valutazione e
quindi ad assumere rischi più elevati del previsto: tale fenomeno è definito
come selezione sfavorevole o adverse selection. Occorre comunque rilevare
che la condizione di inferiorità dell’investitore non necessariamente è
superabile con una maggiore disponibilità di informazioni. Infatti non sempre
i destinatari sono in grado di controllare le affermazioni della controparte e/o
sono in possesso delle capacità e conoscenze per analizzare e valutare le
informazioni stesse. Si pone cioè un problema di Moral Hazard, ovvero
sussiste il rischio di comportamenti opportunistici da parte dell’emittente una
volta concluso il contratto finanziario.
Questa condizione d’inferiorità vale anche per gli intermediari, i quali, per la
specializzazione, la continuità e la sistematicità dell’attività svolta, sono in
grado di acquisire le informazioni necessarie. Essi sono in grado di eliminare o
colmare il divario d’informazione.
Nell’ambito dei circuiti indiretti, al problema di asimmetria informativa tra
operatori finali si sostituisce quello tra intermediario e operatori finali.
Tuttavia, la capacità di offrire passività caratterizzate da bassi livelli di
rischio rende meno stringente per i prestatori finali il problema informativo,
ad esempio il bilancio è sempre consultabile.
Quando il rischio del trasferimento di fondi rimane a carico degli operatori
finali, l’intervento dell’intermediario finanziario consente di colmare le
differenze d’informazione tra prenditori e prestatori finali. Infatti gli
intermediari possono godere di vantaggi informativi anche rispetto gli
emittenti. Quest’ultimi infatti hanno un grado di conoscenza del mercato,
delle procedure, delle funzioni di domanda inferiore a quelle degli operatori
specializzati. Ciò giustifica il ricorso all’assistenza dell’intermediario
mobiliare per definire prezzi, tempistiche etc.
La prerogativa di raccogliere e diffondere informazioni è dunque patrimonio comune
di tutte le istituzioni finanziarie. Alcune istituzioni, come le agenzie di rating,
sono specializzate nella valutazione e nel controllo della qualità degli
strumenti finanziari, in funzione del grado di affidabilità degli emittenti
(standing creditizio). Il rating consiste nella classificazione dei titoli di debito
emessi sul mercato in base a un criterio di tipo ordinale, che prevede
l’assegnazione a ciascuna emissione di un simbolo alfanumerico,
corrispondente ad un differente livello di rischio (tripla A, tripla B etc.). I
risultati dell’analisi sono comunicati agli investitori interessati. Il servizio di rating è
rivolto anche agli emittenti, che in questo modo possono comunicare al mercato il
grado di rischio delle proprie passività. Alcuni emittenti hanno un particolare
interesse ad alimentare il flusso di informazioni. Questo avviene da parte degli
emittenti “migliori” che cercano di differenziarsi da coloro che presentano uno
standing creditizio inferiore, segnalando al mercato la diversità di status. La
credibilità delle valutazioni e l’apprezzamento delle stesse da parte del
mercato viene, in questo caso, a dipendere esclusivamente dalla reputazione
dell’agenzia di rating.

Gli intermediari del canale indiretto creditizi, di


partecipazione e assicurativi
Intermediari creditizi bancari:
Gli intermediari creditizi sono il gruppo principale per il peso quantitativo e per la
qualità dell’attività svolta. Le attività e le passività finanziarie che figurano nel loro
SP sono tipicamente strumenti di debito/credito fruttiferi d’interessi. L’attività
d’intermediazione finanziaria si compendia nella gestione di attività fruttifere e di
passività onerose: queste generano costi e ricavi da interessi, che si aggiungono ai
costi di struttura e ai costi operativi. Il risultato economico della gestione
caratteristica è rappresentato dal margine di interesse (interessi attivi –
interessi passivi). Al risultato complessivo della gestione economica
concorrono anche altre importanti componenti di ricavo o costo derivanti
dalla prestazione di servizi diversi dall’erogazione del credito e dalla raccolta
fondi (servizi di pagamento, negoziazione di strumenti finanziari o
negoziazioni in valute, varie rettifiche e dividendi etc.) che sommati al
margine d’interesse costituiscono il margine d’intermediazione.
In merito all’intermediazione creditizia della Banca d’Italia è opportuno
ricordare che l’attività svolta non è diretta a soddisfare i bisogni di
finanziamento e di investimento di risparmio delle famiglie e delle imprese,
ma è rivolta unicamente alla prestazioni di servizi a favore delle altre banche e
del Tesoro dello Stato.
Le banche sono imprese autorizzate, sulla base delle disposizioni del TUB
art.10, allo svolgimento dell’attività bancaria, definita come raccolta del
risparmio tra il pubblico e esercizio del credito. La raccolta del risparmio è
intesa come acquisizione di fondi, con obbligo di restituzione, sia sotto forma
di deposito, sia sotto altra forma.
L’attività caratteristica si esplica attraverso l’esercizio congiunto della
concessione di prestiti ai soggetti in disavanzo, della raccolta di fondi dalle
unità in avanzo e della produzione di proprie passività a vista, sostitutive della
moneta legale nei pagamenti (funzione monetaria). La trasformazione dei
rischi si basa sull’offerta di passività che, data la loro natura monetaria,
presentano un grado di liquidità più elevato di quello delle attività e un
rischio particolarmente limitato. Oltre alle passività monetarie, la raccolta
bancaria si basa anche su strumenti a medio e lungo termine, tra cui
obbligazioni e certificati di deposito oltre il breve termine.

Principali voci di bilancio di una banca


A partire dal 2005, le società europee (banche incluse) devono adottare gli standard
contabili internazionali (internacional financial reporting standard, IFRS) per la
presentazione del loro bilancio. Recependo ed estendo tali principi alle banche
italiane, lo stato italiano ha attribuito a Banca d’Italia il compito di uniformare le
forme tecniche contabili di redazione dei bilanci bancari.
Stato patrimoniale:
L’attivo dello SP è costituito dagli impieghi dei fondi raccolti, rappresentativi della
componente caratteristica espressa dai prestiti alla clientela. Tra i prestiti è
ricompresa una componente rappresentata da crediti deteriorati, cioè prestiti
caratterizzati da esiti incerti circa la loro rimborsabilità. Sempre tra gli impieghi
sono classificati gli investimenti in titoli, i rapporti interbancari e la liquidità
rappresentate dalle c.d. riserve bancarie.
Al totale delle attività si contrappongono le passività verso terzi e il netto
patrimoniale. Le prime sono costituite dalla raccolta fiduciaria, articolata secondo le
diverse forme di deposito, dalla raccolta interbancaria, nonché dalle obbligazioni
emesse. Il netto patrimoniale è rappresentato dal capitale sociale e dalle riserve
patrimoniali.
Conto economico
I ricavi tipici sono rappresentati dagli interessi attivi sugli impieghi e i titoli, dagli
utili derivanti da operazioni finanziarie, dalle commissioni e dalle provvigioni
derivanti dalla prestazione di servizi di pagamento, di negoziazione per conto di
terzi di altri servizi finanziari, tra cui quelli di risparmio gestito (asset management).
Per quanto riguarda i costi, oltre alla componente interessi passivi, e gli oneri per
servizi finanziari ricevuti, particolare rilievo assumono i costi operativi, costituiti da
spese per il personale, spese amministrative e generali.
Il risultato economica dell’attività di raccolta e impiego è rappresentato dal
margine di interesse (int att – int pass); il valore aggiunto della banca è
espresso dal margine di intermediazione che si calcola sommando al margine
di interesse i ricavi da dividendi e proventi, ricavi netti per servizi
(commissioni), profitti o perdite per operazioni finanziarie etc.

Assetti societari – organizzativi


La banca può svolgere direttamente tutte le attività mutuamente riconosciute,
assumendo come riferimento il modello organizzativo della banca universale;
può però svolgere le attività in questione attraverso unità giuridicamente
indipendenti e distinte, funzionalmente specializzate. Queste unità sono tra
loro collegate attraverso legami societari dipendenti da una azienda
capogruppo, svolgente o meno attività bancaria, assumendo il modello del
gruppo bancario che trova definizione nel TUB e può essere definito in base alla
sua composizione. La definizione normativa fa riferimento a due possibili modelli
gestionali la cui scelta dipende dalle strategie che la banca intende adottare in merito
alla produzione e offerta di strumenti e servizi finanziari:
1) In un primo modello la società capogruppo coincide con la banca, che si avvale
di controllate sia bancarie che non bancarie per meglio gestire la propria
presenza territoriale e per offrire servizi finanziari specialistici attraverso
unità giuridicamente distinte;
2) In un secondo modello vede invece prevalere una soluzione giuridica –
organizzativa secondo la quale la capogruppo è una società finanziaria con
compiti di indirizzo, coordinamento e controllo di una pluralità di controllate,
con un ruolo prevalente assunto dalla società bancaria controllata.

Gli intermediari creditizi non bancari


Gli altri intermediari creditizi sono istituzioni non bancarie rappresentate
essenzialmente da società di leasing, società di factoring, società finanziarie di
credito al consumo e società finanziarie di credito rateale. Dal punto di
normativo questi intermediari, si collocano nella categoria prevista dall’art.106 del
TUB con la denominazione di Intermediari finanziari, sono operatori
specializzati nella produzione e offerta di specifici servizi finanziari, con il
divieto di raccolta di risparmio tra il pubblico, attività riservata alle sole
banche. La categoria include le imprese finanziarie diverse dalle banche che
hanno per oggetto prevalente la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi
forma (ad esempio, leasing, factoring, credito al consumo etc.) o anche che
esercitano altre attività tra cui l’assunzione di partecipazioni (holding,
merchant banks, società di private equity), prestazione di garanzia (Confidì)
etc.

Le società di leasing
L’attività di intermediazione finanziaria delle società di leasing si caratterizza per il
finanziamento di acquisti di beni di consumo durevole (automobili) e di beni di
investimento rappresentati da macchinari, impianti etc. attraverso una formula
contrattuale che prevede la cessione in uso dei beni. Le operazioni leasing, dette
anche di locazione finanziaria, sono infatti rappresentative di contratti mediante i
quali un intermediario finanziario concede a un altro soggetto, per un tempo
determinato, il godimento di un bene, al quale è attribuito anche la facoltà di
acquistare la proprietà del bene a condizioni prefissate (riscatto). A fronte della
cessione in uso del bene, il locatore riceve il pagamento periodico di un prezzo
(canone).

Le società di factoring
Sono intermediari finanziari il cui oggetto sociale prevede l’eservizio dell’attività di
acquisto dei crediti di impresa. Ad esse devono aggiungersi le banche che possono
svolgere direttamente attività di factoring. L’intermediario finanziario acquista da
un’impresa dei crediti commerciali, notificando al debitore l’avvenuta cessione e
assumendo, al tempo stesso, gli oneri derivanti dall’incasso, dalla contabilizzazione
e, talvolta, quelli di un’eventuale insolvenza. Sotto questo profilo l’attività del factor
si caratterizza da un lato, per l’offerta di un servizio di gestione crediti, dall’altro per
la prestazione di un servizio assicurativo. La società di factoring infatti può
assicurare anche il buon esito dei crediti amministrati assumendo su di sé i
rischi di insolvenza. L’impresa cedente può ricevere il netto ricavo alla
scadenza del credito ceduto, oppure in via anticipata. Solo quando ricorre
quest’ultima circostanza la società di factoring svolge una funzione creditizia,
concedendo un finanziamento di smobilizzo dei crediti ceduti.

Le società di credito al consumo


L’attività delle società di credito al consumo e delle società di credito rateale
è rivolta essenzialmente all’erogazione di prestiti alle famiglie, destinati a
finanziarie l’acquisto di beni di consumo e quelli di natura durevole e
semidurevole (come le automobili). Il credito al consumo è definito come la
concessione, nell’esercizio di un’attività commerciale o professionale, di
credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra
analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per
scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta
(consumatore). Può essere erogato attraverso diverse forme tecniche di prestito:
1) Una prima tipologia è quella del credito collegato, ovvero un contratto di
credito finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di un bene o
l’erogazione di un servizio, imperniata sul venditore del bene, il quale, sulla
base di una convenzione con la società finanziaria concedente, agisce da
tramite tra quest’ultima e l’acquirente beneficiario del prestito.
2) Una seconda tipologia è rappresentata dal c.d. prestito personale, non
finalizzato in quanto non collegato a un acquisto specifico del soggetto
richiedente.
3) Una terza tipologia è rappresentata dalla cessione del quinto dello
stipendio, cioè sulla base di una particolare modalità di rimborso, consistente
l’effettuazione di trattenute sullo stipendio da parte del datore di lavoro e del
successivo versamento alla società finanziaria.
Il costo totale del credito per il consumatore è espresso dal TAEG (Tasso
annuo effettivo globale).

Altri intermediari non bancari:


1) Confidì, sono prevalentemente cooperative o consorzi che esercitano
attività di garanzia collettiva dei finanziamenti in favore delle imprese socie o
consorziate.

2) Gli istituti di moneta elettronica (IMEL), sono imprese che


svolgono in via esclusiva l’attività di emissione di moneta elettronica. Possono
anche svolgere attività connesse e strumentali a quella esercitata e offrire
servizi di pagamento.

3) Gli istituti di pagamento sono intermediari abilitati, insieme a


banche e IMEL, alla prestazione di servizi di pagamento in regime di mutuo
riconoscimento.

4) Le società di microcredito che possono concedere finanziamenti di


importo limitato per l’avvio o l’esercizio di lavoro autonomo o di
microimpresa, o all’inserimento nel mercato del lavoro.

Gli intermediari finanziari di partecipazione


Nel TUB, il termine intermediari finanziari è usato anche per indicare
istituzione che svolgono un’attività d’intermediazione imperniata
sull’assunzione di partecipazioni azionarie in imprese industriali, commerciali
e di servizi. Questa tipologia di intermediari è rappresentata in prevalenza da
società di capitali, società per azioni che effettuano investimenti mobiliari con
il fine di esercitare il controllo di altre imprese (Holding); e in secondo luogo
da istituzioni finanziarie che svolgono attività di promozione dello sviluppo di
imprese industriali, commerciali e di servizi (merchant banks o le società di
private equity).

Le holding finanziarie
Il tratto distintivo delle società di holding è rappresentato dal fatto di essere uno
strumento per esercitare il controllo di più imprese, mediante l’acquisizione di
azioni, o di quote di capitale, realizzando altresì una diversificazione del portafoglio.

Le merchant banks
L’acquisizione, la detenzione e la gestione di partecipazioni al capitale di
rischio di imprese è alla base anche di altri intermediari, diversi dalle holding,
in quanto non perseguono il fine ultimo del controllo. È il caso delle società
d’intermediazione finanziaria, denominate anche merchant banks. Anche le
società di intermediazione mobiliari e le banche possono esercitare attività connesse
al merchant banking. L’attività di merchant banking riguarda sia operazioni di
finanziamento, sia prestazione di servizi di consulenza e assistenza finanziaria alle
imprese etc. la partecipazione al capitale di rischio dei soggetti finanziati ha natura
temporanea e strumentale. Infatti lo scopo, come detto in precedenza, non è quello
del controllo ma quello di favorire la crescita dimensionale delle imprese non
finanziarie in quanto connesso a precise strategie finanziarie (quotazione in borsa,
allargamento della base azionaria e quindi frazionamento dei rischi).

Le società di private equity


Le società di private equity svolgono una funzione di sostegno finanziario
dello sviluppo delle imprese industriali attraverso la fornitura di capitale di
rischio e di servizi di assistenza. L’intervengo può avere luogo nelle fasi iniziali di
costituzione e di avvio dell’attività di impresa, venendosi a configurare come attività
di venture capital, caratterizzata, oltre che dall’apporto di capitale di rischio, anche
da attività di consulenza al management in merito alla gestione finanziaria e
commerciale. Un segmento importante del private equity riguarda imprese già
affermate che richiedono capitale per sostenere importanti processi di
crescita.
Scopo delle società di private equity è dunque quello di intervenire nel
finanziamento di iniziative imprenditoriali che presentano buone prospettive
di sviluppo, procedendo, poi, in epoca successiva, al disinvestimento e alla
realizzazione delle plusvalenze sul valore iniziale delle partecipazioni.
L’attività di intermediazione delle società di private equity si caratterizza per
il fatto di presentare rischi assai elevati, sia perchè l’intervento finanziario è
attuato in una fase critica e delicata, sia perché in questa maniera la società è
legata al rischio di impresa.

Gli intermediari del canale diretto


Sono intermediari in grado di offrire una serie di servizi funzionali alla realizzazione
degli scambi

I servizi di intermediazione mobiliare


L’intervento degli intermediari mobiliari, cioè della categoria di intermediari che
offrono servizi di assistenza al funzionamento dei mercati, si articola in 3 principali
aree operative:

1) Servizi all’emissione e al collocamento di titoli sul


mercato primario

2) Servizi di ricerca della controparte e di liquidità sul


mercato secondario

3) Servizi di consulenza e di gestione dell’investimento

Gli intermediari mobiliari


Secondo la normativa che regola l’attività di intermediazione mobiliare, l’esercizio
professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento è
riservato alle imprese di investimento e alle banche. Sono inoltre previste riserve di
attività per altre categorie di operatori, tra cui:
1) Le società di gestione del risparmio (SGR) che possono prestare servizi di
gestione su base individuale di portafogli e di consulenza in materia di
investimento;
2) I consulenti finanziari, cioè persone fisiche in possesso dei requisiti di
professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali (stabiliti con
regolamento adottato dal MEF, sentiti banca centrale e consob) che possono
prestare la consulenza in materia di investimento, senza detenere somme di
denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.

Le imprese di investimento
Tra le imprese di investimento sono comprese le società di intermediazione
mobiliare (SIM), le imprese di investimento comunitarie e le imprese di
investimento extra comunitarie.

La società di intermediazione mobiliare


La SIM è la tipologia di impresa, costituita in forma azionaria, che ha sede
legale e direzione generale in Italia e rappresenta l’impresa di investimento.
Può svolgere servizi come consulenza, attività di negoziazione in conto
proprio (dealing), attività per conto di terzi (brokerage), custodia e
amministrazione.

La società di gestione del risparmio (SGR)


Fra le innovazioni introdotte dalla nuova normativa del TUF, quella che ha
avuto maggiore influenza sul settore del risparmio gestito ha riguardato la
creazione di un nuovo soggetto, la società di gestione del risparmio (SGR). A
tale tipologia di intermediario è attribuita la facoltà di svolgere il servizio di
gestione collettivo del risparmio. Le SGR devono essere iscritte in un
apposito albo tenuto presso la Banca d’Italia, che ne è l’autorità di vigilanza.
La prestazione di servizi di gestione collettiva del risparmio è riservato anche
alle Sicav e alle Sicaf (rispettivamente società di investimento a capitale
variabile e fisso). Le SGR possono:
a) Promuovere, istituire, organizzare fondi comuni di investimento;
b) Gestire il patrimonio degli organismi di investimento collettivo del
risparmio (OICR), cioè fondi comuni di investimento, Sicav e Sicaf.
Con la creazione delle SGR è stata in sostanza introdotta nel nostro
ordinamento una figura di gestore unico, autorizzato a svolgere le diverse
attività di asset management. Le Sim e le banche continuano a poter prestare
in via diretta il solo servizio di gestione individuale.

Gli organismi di investimento collettivo del risparmio (oicr)


Nel TUF gli OICR sono definiti come organismi istituiti per la prestazione del
servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una
pluralità di investitori mediante l’emissione e l’offerta di quote o azioni, gestito in
monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi, nonché investito
in strumenti finanziari, crediti, partecipazioni etc. in base ad una politica di
investimento predeterminata.
I principali aspetti contrattuali, normativi e gestionali che portano alla
differenziazione degli OICR sono:

A) FORMA GIURIDICA

I fondi contrattuali utilizzano lo schema del contratto di trust che prevede


l’instaurarsi di un rapporto fra tre parti: i partecipanti che effettuano le
sottoscrizioni, la società di gestione che gestisce il patrimonio del fondo e
l’intermediario finanziario che esegue le operazioni di gestione del patrimonio del
fondo.
I fondi statutari sono costituiti nella forma giuridica della spa e sono quindi
regolati dalle leggi sulle spa. I risparmiatori diventano azionisti ed eleggono il
consiglio di amministrazione che si occupa della gestione del patrimonio del fondo.

B) VARIABILITA’ DEL PATRIMONIO

Nei fondi aperti il patrimonio del fondo si modifica in relazione all’ingresso di


nuovi sottoscrittori o al recesso dei vecchi. In ogni momento il risparmiatore ha il
diritto di sottoscrivere nuove quote o azioni, o di chiedere il rimborso di quelle in
suo possesso. Il valore della quota e definito sulla base del valore di mercato delle
attività finanziarie in cui il patrimonio del fondo e investito. Questi fondi sono
appunto detti “a capitale variabile” perché il numero delle quote che sono in
circolazione non può essere prefissato.
Nei fondi chiusi il numero delle quote o azioni e fisso e queste possono essere
quotate su un mercato organizzato. Il prezzo dipende dall’andamento della domanda
e dell’offerta delle quote o azioni medesime.
Sono detti “a capitale fisso” ed essendo strumenti meno liquidi risultano più
rischiosi dei fondi aperti.

C) PROFILI DI GESTIONE E
COMMERCIALIZZAZIONE DEI FONDI DI
INVESTIMENTO

Per quanto riguarda le politiche di investimento, la principale differenziazione dei


fondi e riconducibile alla segmentazione normativa avvenuta a livello europeo con le
due direttive in materia di gestione e commercializzazione dei fondi di investimento:

a) la prima e intervenuta sulla struttura dei fondi, imponendo requisiti di


diversificazione e limitazione dei rischi;

b) la seconda, in materia di risparmio gestito, ha definito due nuove categorie di


fondi: i fondi di investimento alternativi e i fondi di investimento alternativi riservati
ad investitori professionali.
I principali tipi di OICR del diritto Italiano sono:

1) FONDI COMUNI MOBILIARI APERTI


Sono fondi di tipo contrattuale promossi da una SGR
Per il funzionamento di un fondo comune d’investimento occorrono quattro distinti
soggetti:
1) La società di gestione, che ha il compito di impiegare i capitali dei
sottoscrittori e gestirli nel migliore modo possibile attraverso un’accorta
selezione delle politiche di investimento (segue con cura la scelta iniziale dei
titoli da acquistare e successivamente monitora la composizione del
portafoglio finanziario in relazione all’andamento dei mercati e agli obiettivi
di rischio e rendimento perseguiti);

2) I partecipanti possono essere sia persone fisiche che investitori istituzionali e


possiedono quote di partecipazione di uguale valore o diritti.

3) La banca depositaria, che esegue le operazioni disposte dalla società di


gestione, custodisce il patrimonio del fondo, vigila sull’effettiva esistenza delle
attività finanziarie e accerta la legittimità delle operazioni di emissione e di
rimborso delle quote del fondo.

4) La rete di vendita, che costituisce il collegamento tra la società di gestione e i


partecipanti perché attraverso essa le domande di sottoscrizione e di rimborso
di quote del fondo da parte degli investitori pervengono alla società di
gestione.

2) FONDI COMUNI MOBILIARI CHIUSI


Sono fondi di tipo contrattuale promossi da una SGR
Nascono con l’obiettivo di apportare capitale di rischio alle imprese non quotate,
sostenendone lo sviluppo nelle diverse fasi della loro vita. Particolarità del fondo
chiuso e che la sottoscrizione delle quote di investimento ha luogo nel solo periodo
di apertura del fondo. Successivamente inizia la fase di investimento del capitale
raccolto che verrà rimborsato nella fase finale di vita del fondo. A differenza dei
fondi aperti non prevedono la possibilità per i partecipanti di entrare mediante la
sottoscrizione di nuove quote e uscire con il riscatto delle medesime in qualsiasi
momento. Tali caratteristiche rendono questo strumento particolarmente idoneo a
investimenti di medio/lungo periodo. I capitali raccolti vengono indirizzati verso le
piccole/medie aziende, solitamente non quotate.

3) FONDI COMUNI IMMOBILIARI


Sono fondi di tipo contrattuale a capitale variabile
L’oggetto di investimento e costituito prevalentemente da beni immobili, da diritti
reali di godimento sugli stessi e da partecipazioni in società immobiliari quotate e
non. E’ consentito inoltre l’investimento dei conferimenti raccolti in strumenti
finanziari di rapida e sicura liquidazione.

4) SOCIETA’ DI INVESTIMENTO A CAPITALE VARIABILE (SICAV) E


CAPITALE FISSO (SICAF)
Le SICAV sono organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di tipo
statutario a capitale variabile.
Non sono previste tra le attività esercitabili dalla SICAV la gestione patrimoniale su
base individuale e la gestione di fondi pensione. La vera differenza con i fondi
comuni e nella struttura giuridico/organizzativa in quanto le SICAV adottano il
modello statutario e non quello contrattuale previsto invece per i fondi.
Dal punto di vista giuridico sono costituite sotto forma di spa (hanno una forma
aperta) e hanno lo stesso oggetto sociale dei fondi comuni cioè la gestione di un
portafoglio di valori mobiliari. Chi acquista quote di fondi comuni attribuisce il
proprio risparmio a una società di gestione e non ha alcun diritto di influire
sull’attività effettuata mentre chi invece acquista azioni della SICAV ne e socio a
tutti gli effetti e può partecipare alle decisioni aziendali.
Il loro capitale sociale e soggetto a continue variazioni, in relazione all’emissione di
nuove azioni e al rimborso di quelle per cui viene chiesto il riscatto.

Le SICAF adottano la stessa forma statutaria ma si differenziano per la forma chiusa


del capitale e per investimenti prevalenti in attività finanziarie non negoziate sui
mercati. Inoltre a differenza delle SICAV possono raccogliere capitale sia con azioni
sia con altri strumenti finanziari di tipo partecipativo

4 modulo: I mercati finanziari


L’insieme delle negoziazioni di attività e di strumenti finanziari definisce il mercato
finanziario, cioè il luogo in cui l’interazione tra compratori e venditori determina il
prezzo e, specularmente, il rendimento delle risorse finanziarie scambiate. Il mercato
finanziario si articola in più luoghi di scambio, differenziati per tipologia
contrattuale (mercato delle azioni, delle obbligazioni e così via) o per scadenza degli
strumenti negoziati (a breve, a medio o a lungo termine) per la funzione svolta dal
mercato etc. Tra i molteplici fattori di differenziazione, le modalità di svolgimento
degli scambi occupano una posizione rilevante. Una distinzione significativa è quella
tra mercati a negoziazione diretta e mercati aperti.
Nel primo caso (mercati a negoziazione diretta), le transazioni sono basate su un
confronto diretto tra le controparti, di natura bilaterale e personalizzata. Nella fase
di contrattazione e di definizione delle condizioni di scambio assumono una
particolare rilevanza fattori e considerazioni soggettive, ad esempio in base alle
esigenze degli scambisti o in base alla diversa forza contrattuale. Classico esempio di
mercati a negoziazione diretta sono il mercato dei depositi, dei prestiti bancari a
breve termine, dei mutui, del leasing etc. Questi contratti appartengono alla
categoria degli strumenti finanziari indiretti (secondary securities). Tipici
mercati a negoziazione diretta sono il mercato creditizio e quello assicurativo.
Le caratteristiche di personalizzazione di tali contratti limita fortemente la
loro trasferibilità ad altri agenti economici, così che i mercati a negoziazione
diretta si configurano come, di creazione delle attività finanziarie mercati
primari.
Nel secondo caso (mercati aperti) le negoziazioni sono realizzate secondo
regole codificate e mediante l’adesione degli scambisti a condizioni
contrattuali prefissate. Classico esempio sono il mercato delle azioni, delle
obbligazioni, dei titoli di stato e delle valute. Tipicamente il mercato
mobiliare è un mercato aperto in quanto si caratterizza per il fatto che gli
strumenti finanziari in esso scambiati sono negoziabili prima della loro
scadenza naturale e sono frazionabili.

Mercato primario e mercato secondario


Le funzioni allocativa e di liquidità dei mercati trovano riflesso nella
distinzione tra mercato primario e mercato secondario.

1) Mercato primario è costituito dall’insieme delle nuove emissioni di


strumenti finanziari alla ricerca del primo collocamento nei portafogli
degli investitori.

2) Mercato secondario riguarda invece le negoziazioni di strumenti


finanziari già in circolazione.

Mentre sul mercato primario si incontrano emittenti (stato sovrano, impresa,


banche etc.) e investitori, sul mercato secondario si incontrano 2 investitori
che desiderano modificare la composizione dei propri portafogli. Sui mercati
secondari gli operatori possono smobilizzare gli investimenti in titoli godendo
così della possibilità di rendere indipendente il c.d. holding period (periodo di
possesso dell’attività finanziaria) dalla sua scadenza.
La funzionalità del mercato primario dipende in misura rilevante dal modo in
cui il mercato secondario assicura la liquidità. Scambi ordinati, facilità di
liquidazione degli strumenti nel mercato secondario sono un riferimento
fondamentale sia per gli emittenti di nuovi strumenti finanziari che per gli
investitori in quanto rappresentano rischi di investimento inferiori.

ALTRE CLASSIFICAZIONI DEI MERCATI FINANZIARI

Secondo il criterio di classificazione basato sulla scadenza contrattuale degli


strumenti scambiati, i mercati possono essere suddivisi in:
-MERCATO FINANZIARIO: dove sono compresi gli scambi finanziari a medio e
lungo termine;
-MERCATO MONETARIO: qui sono comprese le transazioni di strumenti
finanziari a breve termine, che sono quelli avente durata o vita residua a 12mesi.

Un altro tipo di classificazione si riferisce alla tipologia degli operatori e distingue:

- MERCATO ALL’INGROSSO: sono riservati ad operatori professionali che vi


operano per grandi quantità e con modalità organizzative adeguate alle loro
esigenze;
- MERCATO AL DETTAGLIO: vi può accedere la generalità degli investitori e
sono caratterizzati da volumi unitari e contenuti delle transazioni.

Un’ulteriore distinzione si collega alla natura degli strumenti finanziari e allo


svolgimento temporale dello scambio e ritroviamo:

- MERCATI CASH (a pronti): sono quelli in cui l’oggetto di negoziazione sono gli
strumenti finanziari base (azioni, obbligazioni) e in cui le transazioni prevedono uno
scambio tra titolo e denaro con consegna e pagamento immediati;
- MERCATI DERIVATI (a termine): hanno per oggetto contratti che derivano da
sottostanti strumenti finanziari base. L’oggetto di questi contratti può essere una
delle componenti di uno strumento base (flusso di interessi di un obbligazione)
oppure il diritto o l’obbligo a vendere o acquistare a termine un certo strumento.

L’informazione e l’efficienza dei mercati


I mercati aperti, attraverso la determinazione dei prezzi dei titoli esprimono una
valutazione delle società emittenti e delle loro prospettive economiche e finanziarie.
Così, ad esempio, nel caso di un titolo azionario emesso da un’impresa, il prezzo
rifletterà direttamente le schede di domanda e di offerta degli investitori che
partecipano agli scambi.

1) Efficienza valutativa
Quando il prezzo del titolo riflette il valore attuale dei flussi di cassa
prospettici associati al titolo, si è in presenza di una situazione di efficienza
valutativa del mercato. La possibilità che il mercato esprima il valore
fondamentale del titolo attraverso il prezzo è subordinata all’esistenza di una
serie di condizioni non sempre riscontrabili nell’effettivo funzionamento dei
mercati aperti. Un requisito richiesto da questa efficienza e connesso alla
disponibilità di tutta l’informazione rilevante per esprimere, attraverso il
prezzo, il valore fondamentale del titolo. Non si ha efficienza valutativa,
quindi, quando esiste un’informazione riservata sull’impresa che non sia resa
disponibile al pubblico degli investitori, ciò accade in presenza di asimmetrie
informative.
2) EFFICIENZA INFORMATIVA
Un secondo requisito alla base dell’efficienza valutativa riguarda la capacita
degli investitori di utilizzare in modo razionale le informazioni. È una
condizione collegata alla capacita degli investitori di reagire prontamente alla
nuova informazione. Questo tipo di efficienza si ha quando l’informazione
disponibile non è tutta informazione rilevante, ma un suo sottoinsieme. Per
fama un mercato presenta efficienza informativa se i prezzi sono basati su una
corretta valutazione di tutte le informazioni disponibili in quel momento. In
un mercato caratterizzato da efficienza informativa l’utilizzo al meglio di tutta
l’informazione disponibile non consente di conseguire extra profitti. Ci sono
pero numerosi fattori di imperfezione in grado di allontanare il funzionamento
dei mercati da condizioni di efficienza, come i costi di transazione associati
alla negoziazione dei titoli e la razionalità limitata degli investitori.
3) EFFICIENZA TECNICO-OPERATIVA
I concetti di efficienza valutativa e informativa portano inevitabilmente a
trascurare le modalità di funzionamento microeconomico dei mercati. Esse
appaiono invece rilevanti nel trasformare gli ordini di acquisto e vendita in
negoziazioni effettive, e al pari dell’efficienza informativa, sono necessarie
affinché l’allocazione delle risorse tra gli operatori avvenga al minor costo
possibile e quindi in condizione di efficienza tecnico operativa.

Gli elementi di microstruttura del mercato secondario:


Tipologie di mercato = mercati fisici e telematici
Strutture di intermediazione = mercati a ricerca autonoma, dei broker, dei
dealer etc.
Sistemi di negoziazione = mercati quote driven o order driven
Caratteristica del mercato e dei suoi ordini = ampiezza, spessore, elasticità
Regole comuni di svolgimento degli scambi = quantitativi minimi, formazione
del prezzo etc.
Sedi di negoziazione = mercati regolamentati, MTF, OTF
Le tipologie di mercato: mercati fisici e mercati telematici
I mercati possono essere fisici o telematici. Nella storia dei mercati finanziari è
possibile identificare 2 tipologie fondamentali. La prima ha qualificato alcuni secoli
di storia dei mercati, la seconda sta caratterizzando sempre di più gli anni recenti.
All’origine la negoziazione veniva effettuata nelle piazze d’affari, con il c.d. metodo
alle grida, che consisteva nel condurre le negoziazioni tramite segnali come alzate di
mano, grida vere e proprie.
Oggi tuttavia, con l’avvento della contrattazione telematica, il metodo alle grida è
caduto pressoché in disuso. La prima borsa telematica è il NASDAQ, dove si avviano
gli scambi nel 1971. Nel sistema telematico transitano le informazioni necessarie per
effettuare gli scambi, permette di concludere le transazioni in tempo reale, inoltre
permette di far accedere al mercato tutti gli operatori alle medesime condizioni.

Le strutture di intermediazione
In base alle modalità di negoziazione e al ruolo degli intermediari mobiliari nel
funzionamento dei mercati è possibile distinguere diverse strutture di
intermediazione:
A) MERCATI A RICERCA AUTONOMA
All’interno di questo mercato gli scambi avvengono in forma non organizzata
attraverso un incontro diretto tra domanda e offerta. Il soggetto che desidera
comprare/vendere un titolo deve ricercare direttamente le controparti
potenzialmente interessate allo scambio. La ricerca della controparte comporta
svantaggi in materia di costi-oneri dello scambio perché tale ricerca può essere
lunga, complessa, costosa e non dare luogo al prezzo desiderato. Infatti questo
modello è tipico dei segmenti di mercato dove i flussi di domanda-offerta sono poco
frequenti e ridotti in termini dimensionali. Questo mercato si sviluppa quando il
numero delle transazioni è così ridotto da non rendere conveniente per nessun
operatore l’intervento sul mercato.
B) MERCATI DEI BROKER
Il broker e un intermediario specializzato nel duplice servizio di ricerca di una
controparte della negoziazione e di contrattazione del prezzo per conto del suo
cliente. In cambio di una commissione il broker si assume i costi di individuazione
della controparte e di gestione della negoziazione. Perseguendo l’obiettivo di far
incontrare domanda e offerta questo intermediario non assume una posizione in
titoli, ma si limita a colmare i vuoti di informazione che non consentono il realizzarsi
della transazione. È quindi un intermediario che vive di commissioni senza correre
alcun rischio finanziario non avendo un portafoglio in titoli. L’esistenza del broker
presuppone che il costo della transazione per compratore e venditore sia inferiore
alla somma dei costi che avrebbero dovuto sostenere in sua assenza.
C) MERCATI DEI DEALER
Il dealer e un intermediario che offre un servizio di liquidita immediata al cliente
ponendosi come controparte dell’eventuale acquisto o vendita di titoli. A differenza
del broker opera in conto proprio, assumendo una posizione in titoli, per rispondere
prontamente alle esigenze espresse dalla clientela. L’impegno a negoziare è generico
e riflette valutazioni di convenienza che sono basate sullo spread è che il dealer e in
grado di conseguire dalla combinazione di acquisti e vendite di titoli. Quando il
dealer assume un impegno formale a negoziare uno o più titoli esercita la
funzione di market maker. Questo mercato e di tipo quote driven perche sono i
prezzi indicati dal dealer a guidare il flusso di ordini di acquisto e di vendita dei
titoli.
D) MERCATI AD ASTA
Con il sistema dell’asta gli ordini di acquisto e di vendita dei titoli
confluiscono sul mercato rendendo noti a tutti gli operatori partecipanti le
diverse combinazioni di quantità e prezzo. Esistono due principali tecniche con
cui vengono canalizzati e incrociati gli ordini contrapposti:
1) asta a chiamata, un banditore raccoglie in un determinato momento della
giornata tutte le richieste di acquisto e di vendita relative ai singoli titoli, fissando
poi il prezzo al livello in grado di soddisfare la parte prevalente degli operatori.
2) asta continua, gli ordini arrivano sul mercato nel corso di tutta la giornata di
contrattazione, dando luogo alla formazione di una serie di prezzi fissati in relazione
alla progressione temporale degli incroci degli ordini di acquisto e di vendita.
In questo mercato la formazione del prezzo è il risultato di un processo
definito order driven in quanto scaturisce dalle regole automatiche di priorità
con cui vengono incrociati gli ordini.

I SISTEMI DI NEGOZIAZIONE: QUOTE DRIVEN E ORDER DRIVEN


Un’ulteriore classificazione si ha per i sistemi di negoziazione che si distinguono in:
1) QUOTE DRIVEN (guidati dalle quotazioni) sono i mercati in cui operano i
dealers e si contrappongono ai mercati ad asta. L’intermediario si afferma
come dealer perché opera in conto proprio e quando è specializzato su un
certo titolo si configura come market maker in quanto è lui a fissare il prezzo.
Più specificatamente, questo intermediario espone, contestualmente ed in via
continuativa, bid e ask, letteralmente quota denaro e lettera. Essi
rappresentano rispettivamente: il prezzo massimo che il dealer è disposto a
pagare per acquistare uno strumento finanziario, e il prezzo minimo disposto
a ricevere per vendere uno strumento finanziario. Lo spread (differenziale) bid
– ask è il margine di profitto lordo di tale intermediario, ed è l’elemento
essenziale affinché il dealer operi;

2) ORDER DRIVEN (guidati dagli ordini) In questo sistema di negoziazione


non è presente alcun intermediario che svolge istituzionalmente le funzioni di
dealer o di market maker. In questo caso gli scambi si concludono attraverso
l’interazione immediata di soggetti appartenenti ai lati opposti del mercato. La
formazione del prezzo e quindi guidata da tutti i partecipanti al mercato
attraverso la trasmissione delle proprie volontà negoziali nella forma degli
ordini.

LE CARATTERISTICHE DEGLI ORDINI: AMPIEZZA,


SPESSORE ED ELASTICITA’ DEI MERCATI
Le caratteristiche degli ordini di acquisto e vendita in termini di volumi e di
frequenza degli scambi si sintetizzano in 3 principali concetti caratteristici del
mercato:
A) AMPIEZZA, situazione in cui sul mercato pervengono ordini di acquisto e di
vendita di strumenti finanziari caratterizzati da volumi consistenti. A loro
volta tali volumi riflettono gli operatori che partecipano al mercato;

B) SPESSORE, riguarda la presenza di domanda ed offerta sufficientemente


articolate, esprimendo Con una certa continuità diverse combinazioni di
prezzi e quantità per ogni titolo oggetto dello scambio. Si ha un mercato
spesso quando eventuali squilibri di domanda ed offerta trovano espressione
in un prezzo maggiore o inferiore a quello realizzato nella precedente
situazione di equilibrio. La mancanza di questo requisito può tradursi in vuoti
di domanda ed offerta, quindi impossibilità di concludere ordini di acquisto o
vendita, oppure può creare eccesive variazioni di prezzo (se la variazione dei
prezzi e contenuta ci sarà poco spessore);

C) ELASTICITA’, si ha un mercato elastico quando i possibili squilibri tra


domanda ed offerta, con conseguenti tensioni dei prezzi, attraggono nuovi
ordini che riportano il mercato in equilibrio. Questo concetto è strettamente
collegato con la rapidità con cui l’informazione sui prezzi e sui flussi di ordini
viene resa disponibile agli operatori, mettendoli in condizione di reagire con
nuovi ordini;

Le sedi di negoziazione (mercato secondario)


Negli anni recenti, attraverso un profondo riordino normativo che ha
coinvolto i mercati finanziari, si è compiuto il passaggio verso la
privatizzazione dei mercati dei titoli. Ciò ha determinato la creazione di
società private di gestione dei mercati finanziari. Sempre negli anni recenti,
accanto ai circuiti regolamentati si sono andati sviluppando circuiti di
negoziazione alternativi che prevedono la possibilità di scambiare titoli non
quotati o quotati in altri circuiti senza sottostare alle regole tipiche dei
mercati regolamentati. In Italia il passaggio decisivo verso la privatizzazione
dei mercati si è avuto con il recepimento delle Direttive comunitarie
attraverso il decreto legislativo Eurosim. Parlando invece di innovazioni
riguardanti i mercati, la diretttiva MIFID (Market in Financial Instruments
Directive) 1 ha introdotto modifiche sostanziali:
1) L’eliminazione dell’obbligo di concentrare gli scambi sui mercati
regolamentati;
2) Le nuove figure di sedi di negoziazione.
Con riferimento al primo punto lo scopo del legislatore è chiaramente stato quello di
aumentare la concorrenza attraverso la moltiplicazione dei circuiti di negoziazione.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, i primi anni di vita della MIFID I hanno
tuttavia coinciso con una fase di instabilità dei mercati finanziari: le continue
evoluzioni, l’aumento degli investitori e degli strumenti offerti, in concomitanza con
la crisi finanziaria, hanno evidenziato la necessità di aumentare la trasparenza, la
tutela dei risparmiatori, ed il rafforzamento della fiducia nei confronti del sistema
finanziario, includendo settori non regolamentati. Tali azioni sono state intraprese
tramite l’adozione della direttiva MIFID II. L’obiettivo della MIFID II è lo sviluppo
di un mercato unico dei servizi finanziari in Europa, nel quale siano assicurate la
trasparenza e la protezione degli investitori. La MIFID II ha previsto sedi di
negoziazione su base multilaterale, ovvero:

1) MERCATI REGOLAMENTATI
Il mercato regolamentato è definito come un sistema multilaterale amministrato e
gestito da un gestore del mercato, che consente o facilita l’incontro di interessi
multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, ammessi alla
negoziazione conformemente alle regole e ai sistemi del mercato stesso, in modo da
dare luogo a contratti, e che sono gestiti da una società di gestione;

2) SISTEMI MULTILATERALI DI NEGOZIAZIONE (MTF)


Costituiscono sistemi di negoziazione alternativi ai mercati regolamentati, è un
sistema multilaterale il cui esercizio è riservato ad imprese di investimento, banche e
gestori dei mercati, che consentono l’incontro, al suo interno ed in base a regole non
discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti
finanziari;

3) I SISTEMI ORGANIZZATI DI NEGOZIAZIONE (OTF)


È un sistema multilaterale diverso da un mercato regolamentato o da un sistema
multilaterale di negoziazione che permette l’interazione tra interessi multipli di
acquisto e di vendita di terzi relativi ad obbligazioni, strumenti finanziari strutturati,
quote di emissione e strumenti derivati.
Le prime 2 sedi di negoziazioni erano presenti anche nella MIFID I, mentre
una delle novità più rilevante della MIFID II è l’OTF. L’impostazione
originale della MIFID I aveva lasciato, infatti, alcune falle nel sistema, tanto
da permettere che intere famiglie di prodotti potessero essere scambiate al di
fuori di mercati ufficiali e dei sistemi multilaterali

I PRINCIPALI MERCATI APERTI DEL SISTEMA


FINANZIARIO ITALIANO
I mercati regolamentati Italiani, autorizzati dalla CONSOB, sono quelli gestiti da
Borsa Italiana Spa e MTS Spa.

BORSA ITALIANA SPA


Borsa Italiana spa nasce dalla privatizzazione dei mercati di borsa e dal 1998 si
occupa dell’organizzazione, della gestione e del funzionamento dei mercati
finanziari. Il suo obiettivo principale è quello di sviluppare i mercati e massimizzare
la liquidità, la trasparenza, la competitività e l’efficienza. Le sue responsabilità
principali sono:
- vigilare sul corretto svolgimento delle negoziazioni;
- definire i requisiti e le procedure di ammissione e di permanenza sul mercato per le
società emittenti;
- definire i requisiti e le procedure di ammissione per gli intermediari;
- gestire l’informativa delle società quotate.
Gli emittenti, che possono chiedere l’ammissione alla quotazione ufficiale di borsa
dei propri strumenti finanziari, sono rappresentati da società, enti nazionali o esteri,
stati ed enti sovranazionali. Dal 1 ottobre 2007 l’integrazione tra il Gruppo Borsa
Italiana e il Gruppo London Stock Exchange (LSE) ha dato vita al mercato leader in
Europa per quanto riguarda gli scambi azionari, gli scambi ETF, i covered warrant
e i covered certificates. Gli strumenti finanziari ammissibili alla negoziazione sono:
a) azioni, certificati rappresentativi di esse e altri titoli di capitale di rischio;
b) obbligazioni, euro-obbligazioni e altri titoli di debito;
c) warrant e altri titoli ad essi assimilabili.
Borsa Italiana spa regolamenta, sviluppa e gestisce i seguenti mercati
regolamentati:
- mercato telematico azionario (MTA);
- mercato telematico degli EFT, degli OICR aperti degli ETC / ETN (ETFplus);
- mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di stato (MOT);
- mercato telematico degli investment vehicles (MIV);
- mercato Italiano dei derivati azionari (IDEM).

MTA
Tra i mercati gestiti da Borsa Italiana Spa quello azionario è uno dei più
importanti in considerazione dell’ampia articolazione di emittenti che
accedono ad esso per la raccolta di nuovi mezzi finanziari e per la notevole
gamma di strumenti finanziari in esso negoziati.
Oltre ad essere un mercato aperto ed organizzato è il comparto di borsa su cui sono
quotati e negoziati azioni, obbligazioni convertibili. Risulta così organizzato:
* MTA STAR (Segmento Titoli Alti Requisiti) include società con capitalizzazione
inferiore al miliardo di euro e superiore a 40 milioni di euro che si impegnano a
soddisfare requisiti di eccellenza in termini dinelevata trasparenza, alta vocazione
comunicativa, ed elevata liquidita (flottante minimo = 35%).
* MTA, dedicato a tutte le altre società di mercato con capitalizzazione pari ad
almeno 40 milioni di euro (flottante minimo = 25%).
Oltre a questi è importante ricordare anche la presenza dell’MTA international,
ovvero il segmento di Borsa Italiana dedicato ad azioni di emittenti di diritto estero
già negoziate in altri mercati regolamentati comunitari, questo segmento permette
di negoziare sull’MTA alcuni dei titoli più liquidi dell’area euro.
La capitalizzazione è calcolata moltiplicando il numero di titoli azionari che
compongono il capitale sociale per il prezzo di tali titoli ed esprime il valore
di mercato dei titoli quotati.
Il flottante è la quantità di azioni di una società disponibili e negoziabili in
borsa, cioè quanto risulta effettivamente in circolazione sul mercato azionario.

MOT
Sul mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di stato (MOT) vengono
negoziati i contratti di compravendita relativi ai titoli di stato e obbligazioni
diverse da quelle convertibili. Si tratta di un mercato al dettaglio il cui taglio
minimo di negoziazione e pari a 1000€ e multipli di tale cifra. Il mercato è
organizzato in due segmenti:
- domesticMOT, caratterizzato da strumenti finanziari liquidati presso sistemi di
liquidazione nazionali (gli strumenti finanziari si dividono in classe “titoli di stato
nazionali” e classe “titoli di debito in euro o altre valute”);
- euroMOT, caratterizzato da strumenti finanziari liquidati presso sistemi di
liquidazione esteri (prevede un’unica classe di mercato rappresentata da euro-
obbligazioni, asset backed Securities, titoli di emittenti esteri e altri titoli di debito).

I SISTEMI MULTILATERALI DI NEGOZIAZIONE


GESTITI DA BORSA ITALIANA SPA (MTF)
Gli MTF sono sistemi di negoziazione alternativi ai mercati regolamentati di tipo
multilaterale il cui esercizio è riservato ad imprese di investimento, banche e gestori
dei mercati regolamentati. In Italia sono presenti diversi sistemi riconosciuti come
MTF:

1) AIM Italia
Mercato di Borsa Italiana dedicato alle imprese di piccole e medie dimensioni. Il suo
obiettivo è quello di razionalizzare l’offerta dei mercati dedicati alle PMI e proporre
un unico mercato, rendendo più immediato l’accesso ai capitali e dare certezza
regolamentare agli operatori, proponendo un rapporto equilibrato alle società e
all’investitore.
Il requisito fondamentale di ammissione è la presenza di un nomad (nominated
advisor), ovvero di un soggetto responsabile nei confronti di Borsa Italiana, che
svolga un’attività continua di tutoring e monitoraggio, per tutto il periodo di durata
sul mercato, affinché la società rispetti sempre gli adempimenti previsti dal
regolamento di mercato. Non sono previsti requisiti economici o finanziari
specifici; inoltre non è prevista una dimensione minima o massima della
società in termini di capitalizzazione, ma è prevista invece una soglia minima
di azioni sul mercato in termini di flottante (10%).
È da precisare che nel dicembre del 2017 borsa italiana ha comunicato che
AIM Italia è divenuto mercato di crescita per le PMI. La nuova categoria di
MTF è stata ideata dalla Commissione Europea all’interno della direttiva
MIFID II, come parte del piano per l’integrazione dei mercati dei capitali.

2) ExtraMOT
Mercato dedicato alla negoziazione di obbligazioni già quotate su un altro mercato
regolamentato. Amplia l’offerta obbligazionaria di Borsa Italiana, favorisce gli
investitori e consente un facile accesso alla compravendita di obbligazioni emesse da
aziende Italiane ed estere. La struttura organizzativa e la modalità di negoziazione
sono analoghe a quelle dell’euroMOT. Il mercato è over driven con la presenza di
specialisti che sostengono la liquidita degli strumenti negoziati.

Il Mercato Telematico Secondario dei Titoli di Stato (MTS)


Una delle principali piattaforme elettroniche per la negoziazione dei titoli di
stato italiani e altri titoli a reddito fisso è il gruppo MTS Società per il
Mercato dei Titoli di Stato SPA. L’MTS e il più importante mercato europeo
elettronico di negoziazione dei titoli di stato. E’ un mercato regolamentato,
disciplinato dal ministero dell’economia sotto la supervisione della banca
d’Italia e della CONSOB. La differenza con il MOT è che nell’MTS la vendita
è all’ingrosso con tagli minimi di importo pari a 2 milioni di euro con multipli
aggiuntivi di mezzo milione. Nel MOT si negoziano titoli di stato come
sappiamo a importo minimo di 1000 euro.

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