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Espansione semplificata
Diritto penale
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Elementi introduttivi del diritto penale
1 Il diritto penale
Il diritto penale è quel complesso di norme giuridiche (norme penali) con cui lo Stato proi-
bisce determinati comportamenti considerati contrari alla realizzazione e al mantenimento
della convivenza pacifica tra gli individui.
La norma penale, anche detta norma incriminatrice, si compone normalmente di due ele-
menti:
— il precetto, che vieta o comanda il compimento di una certa azione;
— la sanzione, cioè la conseguenza prevista dall’ordinamento giuridico per l’inosservanza del
precetto (pena o misura di sicurezza).
Proprio in base alla sanzione prevista dall’ordinamento, i reati si distinguono in:
— delitti, cioè i reati puniti con le pene della reclusione e della multa (ad es., violenza sessuale
e omicidio).
— contravvenzioni, ossia i reati puniti con le pene dell’arresto e dell’ammenda (ad es., ubria-
chezza e esercizio del gioco d’azzardo).
3 Il principio di legalità
Il principio di legalità ha lo scopo di tutelare i diritti di libertà del cittadino nei confronti di
eventuali arbitri del potere giudiziario (cioè dei giudici) e del potere esecutivo (cioè di chi governa).
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In base al principio di legalità in senso formale, un fatto non può considerarsi reato, né il suo
autore può essere sottoposto a pena o a misura di sicurezza se una legge non lo prevede come tale.
Fonti di tale principio sono l’art. 25 Cost. e gli artt. 1 e 199 c.p.
In base al principio di legalità in senso sostanziale, inoltre, affinché un fatto possa essere
considerato reato, deve ledere, in concreto, un bene giuridico costituzionalmente rilevante, come
la vita o la libertà personale (art. 27, comma 2, Cost. e art. 49 c.p.).
Il principio di legalità si articola in alcuni sottostanti principi interdipendenti:
— la riserva di legge, secondo la quale fonti del diritto penale possono essere soltanto la legge
o gli atti ad essa equiparati (ad es., i decreti legge convertiti);
— la tassatività o determinatezza, per cui la norma penale, tanto nella parte del precetto,
quanto in quella della sanzione, deve essere formulata in maniera precisa e determinata, in
modo da permettere al cittadino di conoscere i comportamenti vietati e da evitare interpre-
tazioni giurisprudenziali eccessivamente distanti dal significato letterale della stessa;
— il divieto di analogia, in virtù del quale i reati costituiscono un numero chiuso che non può
essere ampliato a piacimento dal giudice o dall’esecutivo;
— l’irretroattività della norma incriminatrice, per cui la legge penale non è applicabile ai fatti
commessi prima della sua entrata in vigore (art. 2, comma 1, c.p. e art. 25, comma 2, Cost.).
Inoltre, è vietata l’ultrattività della legge penale, ossia la sua applicazione a fatti commessi
dopo la sua abrogazione.
— la riserva di Codice, in base alla quale nuove disposizioni che prevedono reati possono essere
introdotte solo modificando il codice penale ovvero inserendole in leggi che disciplinano in
modo organico la materia (art. 3 c.p.).
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Il reato e la sua struttura
1 Il reato
Il reato è quel fatto umano cui la legge connette una sanzione penale e che può assumere
la forma di un’azione o di un’omissione.
Colui il quale commette il reato è detto soggetto attivo, mentre chi viene leso è detto soggetto
passivo.
L’oggetto giuridico del reato, invece, è il bene giuridico o interesse protetto dalla norma
penale violata.
All’interno del reato, è possibile individuare, inoltre:
— un elemento oggettivo o materiale, formato dalla condotta del soggetto, dall’evento da
essa scaturito e dal nesso di causalità tra i due elementi;
— un elemento soggettivo o psicologico, ossia il grado di previsione e volontarietà dell’even-
to da parte del soggetto attivo che può articolarsi nelle forme del dolo, della colpa e della
preterintenzione.
Elemento oggettivo ed elemento soggettivo costituiscono gli elementi essenziali del reato,
ossia elementi la cui presenza è necessaria affinché possa ritenersi integrato il reato; da questi
si distinguono gli elementi accidentali del reato, non indispensabili per la realizzazione del reato,
ma rilevanti per individuarne la gravità e quindi per determinare l’entità della pena (sono tali,
ad esempio, le circostanze aggravanti e attenuanti di cui agli artt. 61 e 62 c.p.).
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quando il soggetto si attiva (nei reati commissivi) o resta inerte (nei reati omissivi), in presenza
di un impulso volontario cosciente.
La colpevolezza non è solo un elemento essenziale del reato, ma è anche un criterio di
commisurazione della pena: infatti, dal grado di colpevolezza dipende l’entità della sanzione.
Presupposto per valutare l’esistenza o meno di una volontà colpevole è l’imputabilità, ossia
il possesso della maturità e dalla sanità mentale da parte del soggetto agente. Non è possibile,
infatti, considerare colpevole di un comportamento chi sia incapace di intendere e volere.
In base ai criteri di imputazione soggettiva disciplinati dal codice penale si distingue tra
delitto (art. 43 c.p.):
— doloso o secondo l’intenzione, quando l’agente ha previsto e voluto l’evento come conseguenza
della sua azione o omissione. Si considerano voluti tanto i risultati che costituiscono lo scopo
per il quale il soggetto ha agito (dolo diretto o intenzionale), tanto quei risultati che, pur non
rappresentando lo scopo per il quale il soggetto agisce, sono accettati come conseguenza
indiretta del comportamento (dolo indiretto o eventuale);
— colposo o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se previsto, non è voluto dal soggetto
agente e si realizza per negligenza, imprudenza, imperizia (colpa generica) ovvero per inos-
servanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline (colpa specifica);
Si distingue, inoltre, tra colpa cosciente, la quale ricorre quando l’agente, pur non avendo
voluto l’evento, lo ha previsto come conseguenza della propria condotta, e colpa incosciente,
che ricorre quando manca non solo la volontà di cagionare l’evento ma anche la previsione
dello stesso;
— delitto preterintenzionale o oltre l’intenzione, quando dall’azione o dall’omissione deriva
un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente. Il nostro ordinamento
disciplina solo due casi di delitto preterintenzionale: l’omicidio preterintenzionale (art. 584
c.p.) e l’aborto preterintenzionale (art. 593ter c.p.).
La responsabilità oggettiva, invece, sussiste quando il soggetto agente è ritenuto responsa-
bile del fatto realizzato in quanto conseguenza della sua azione o omissione (art. 42, comma 3,
c.p.), indipendentemente dall’esistenza di un elemento psicologico (dolo, colpa o preterintenzione).
L’evento, quindi, è addebitato all’autore soltanto perché esiste un nesso di causalità tra la
sua condotta e l’evento stesso. Un’ipotesi di responsabilità oggettiva è rappresentata dai reati
aggravati dall’evento, ossia quei delitti che subiscono un aumento di pena quando dalla loro
commissione deriva un ulteriore evento.
Ad esempio, il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p., oltre a punire i mal-
trattamenti prevede degli aumenti di pena quando dai maltrattamenti derivano lesioni gravi,
gravissime o addirittura la morte.
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Scriminati, scusanti e esimenti
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Le forme di manifestazione del reato
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aggravanti o solo attenuanti, si procede a tanti aumenti o diminuzioni di pena quante sono le
circostanze considerate. Quando, invece, il concorso è eterogeneo e, dunque, sono presenti sia
aggravanti che attenuanti, il giudice determina la prevalenza di una delle due categorie o, se le
ritiene equivalenti, applica solo la pena base.
L’ordinamento, inoltre, attribuisce al giudice la facoltà di valutare ulteriori elementi non
espressamente tipizzati dall’art. 62 c.p. al fine di modulare la pena in base al caso concreto. Tali
elementi, inerenti alle modalità di svolgimento del fatto e alla personalità del suo autore, sono
definiti circostanze attenuanti generiche.
4 Il concorso di reati
Si ha concorso di reati quando il soggetto agente, violando più volte la legge penale, com-
mette una pluralità di reati.
In particolare, il concorso di reati si distingue in:
— materiale (art. 71 e ss c.p.), se i reati realizzati scaturiscono da più azioni o omissioni. In
questo caso, si applica la disciplina del cd. cumulo materiale delle pene, la quale prevede
l’irrogazione di tante pene quanti sono i reati realizzati, entro una soglia massima stabilita
dalla legge. Sono esempi di concorso materiale i plurimi omicidi commessi da un serial killer
(concorso materiale omogeneo) o i delitti commessi dal soggetto che prima ruba un’arma da
fuoco, in seguito la usa per commettere una rapina e, successivamente, un omicidio (cumulo
materiale eterogeneo);
— formale (art. 81, comma 1, c.p.), se i reati realizzati scaturiscono da una sola azione o omissione.
In questo caso, si applica la disciplina del cd. cumulo giuridico delle pene, la quale prevede
l’irrogazione della pena prevista per il reato più grave realizzato aumentata fino al triplo. Ad
esempio, un automobilista investe e uccide più persone (cumulo formale omogeneo) o investe
più persone, uccidendone alcune e provocando solo ferite in altre (cumulo formale eterogeneo).
5 Il reato continuato
Il reato continuato si realizza quando con più azioni o omissioni, esecutive di un medesimo
disegno criminoso, si commettono, anche in tempi diversi, più violazioni di legge (art. 81,
comma 2, c.p.).
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Qualità inerenti al reo
1 L’imputabilità
L’imputabilità è la capacità di intendere e volere del soggetto al momento in cui commette
il fatto (art. 85 c.p.).
La capacità di intendere è la capacità del soggetto di rendersi conto dell’atto che sta compiendo
e delle conseguenze che esso produce sulla realtà in cui egli agisce.
La capacità di volere è l’idoneità della persona a determinarsi in modo autonomo, resistendo
agli impulsi derivanti dal mondo esterno e dai moti del suo animo.
L’imputabilità è presupposto necessario per l’applicazione della pena al reo: se questi, invece,
risulta incapace di intendere e volere, potrà essergli applicata soltanto una misura di sicurezza.
La pena viene comunque applicata quando il soggetto agente si pone volontariamente in
stato di incapacità, ad esempio assumendo sostanze stupefacenti, allo scopo di commettere un
reato o di prepararsi una scusa (cd. incapacità preordinata o actio libera in causa, art. 87 c.p.).
3 La capacità a delinquere
La capacità a delinquere consiste nella tendenza o inclinazione dell’individuo a commet-
tere reati e si desume da una serie di elementi: i motivi a delinquere del reo e dal suo carattere;
i precedenti penali e giudiziari, la condotta e la vita del reo antecedente al reato; la condotta
contemporanea o susseguente al reato; le condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
La capacità a delinquere rientra tra gli elementi che il giudice deve valutare quando determina
la pena da infliggere all’autore di un reato (art. 133, comma 2, c.p.). Pertanto, essa consente al
giudice di scegliere e quantificare la pena in maniera più accurata.
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4 La pericolosità criminale
La pericolosità criminale è un grado particolarmente intenso di capacità a delinquere, che
designa colui il quale è probabile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reato, anche
se è non imputabile o non punibile (art. 203 c.p.).
Pertanto, la dichiarazione di pericolosità criminale comporta un aumento della pena o, in
caso di soggetto non imputabile, l’applicazione di una misura di sicurezza.
Sono previste quattro forme specifiche di pericolosità criminale (artt. 99-105 c.p.):
— il delinquente abituale, cioè colui che, con la sua ripetuta attività criminosa, dimostra di
aver acquistato una notevole attitudine a commettere reati;
— il delinquente professionale, ossia il soggetto che vive abitualmente, anche solo in parte,
con il frutto dei proventi dei reati da lui commessi. Per la dichiarazione di professionalità, non
è necessario che il reo sia già stato dichiarato delinquente abituale, ma si richiede che i vari
reati commessi forniscano ad esso una fonte stabile di mantenimento;
— il delinquente per tendenza, ossia colui che, per l’indole particolarmente malvagia (ad es.,
dovuta all’ambiente nel quale è cresciuto e vive), dimostra una speciale inclinazione alla
commissione di delitti;
— il recidivo, cioè chi dopo essere stato condannato per un delitto non colposo (ad es., il reato
di violenza sessuale) ne commette un altro. La recidiva può essere semplice, aggravata o
reiterata.
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Le sanzioni
1 La pena
La pena è la sanzione che consegue alla commissione di un reato. Essa viene irrogata
dallo Stato, cioè dall’autorità giudiziaria attraverso il processo, a carico di colui che ha violato
una norma penale. Essa è:
— personale, poiché, ai sensi dell’art. 27 Cost., la responsabilità penale è personale;
— disciplinata dalla legge (cd. principio di legalità della pena);
— inderogabile, nel senso che deve essere sempre applicata se viene commesso un reato;
— proporzionata al reato (cd. proporzionalità della pena).
La pena per i singoli reati è solitamente indicata tra un minimo e un massimo e spetta al
giudice, caso per caso, determinarla.
2 Le tipologie di pena
Esistono diverse categorie di pena. In particolare, distinguiamo le pene:
— principali, inflitte dal giudice con la sentenza di condanna. L’ordinamento prevede per i
delitti le pene dell’ergastolo, della reclusione e della multa, mentre per le contravvenzioni
le pene dell’arresto e dell’ammenda;
— sostitutive, le quali, in presenza di determinate circostanze, sostituiscono quelle principali.
Le più importanti sono la semidetenzione e la libertà controllata;
— accessorie, ossia sanzioni che determinano per il condannato una limitazione di capacità,
attività o di funzioni ovvero aggravano gli effetti della pena principale.
Sono pene accessorie per i delitti: l’interdizione dai pubblici uffici; l’interdizione legale;
l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; l’interdizione da una
professione o da un’arte; l’incapacità a contrattare con la P.A.; l’estinzione del rapporto di lavoro
o di impiego; la decadenza dalla responsabilità genitoriale e la sospensione del suo esercizio.
Sono pene accessorie per le contravvenzioni: la sospensione dall’esercizio di una professione
o un’arte e la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Una pena accessoria comune sia ai delitti sia alle contravvenzioni è la pubblicazione della
sentenza di condanna (art. 36 c.p.).
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Tra le prime, si ricordano: la morte del reo precedente alla condanna; l’amnistia; la prescri-
zione; l’oblazione; le condotte riparatorie; la sospensione condizionale della pena; la sospensione
del procedimento con messa alla prova; il perdono giudiziale.
Tra le seconde, vi sono: la morte del reo dopo la condanna; l’amnistia impropria; la prescrizio-
ne della pena; l’indulto, la grazia, la liberazione condizionale; la riabilitazione; la non menzione
della condanna.
4 Le misure di sicurezza
Le misure di sicurezza sono speciali provvedimenti che hanno la funzione di curare e rieducare
un soggetto socialmente pericoloso, anche se non imputabile, impedendogli contemporane-
amente la commissione di nuovi reati. Le misure di sicurezza si distinguono in patrimoniali,
quando incidono soltanto sul patrimonio del soggetto (ad es., la confisca), e personali, se
limitano la sua libertà personale.
Le misure di sicurezza personali possono essere, a loro volta, detentive, come il ricovero in
ospedale psichiatrico giudiziario (ora residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza) e
non detentive, come il divieto di soggiorno, che consiste nel divieto di soggiornare in uno o più
Comuni o in una certa Provincia ed è applicabile facoltativamente per alcuni reati come i reati
contro l’ordine pubblico.
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