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RIASSUNTO DIRITTO COMMERCIALE

PARTE PRIMA – L’IMPRENDITORE


CAPITOLO 1 – L’IMPRENDITORE
1. Il sistema legisla<vo
Il codice civile dis+ngue diversi +pi di imprese e imprenditori in base a tre criteri:
a) l’ogge$o dell’impresa (dis+nzione imprenditore agricolo/commerciale);
b) la dimensione dell’impresa (dis+nzione piccolo imprenditore/imprenditore medio grande);
c) la natura del sogge<o (impresa individuale, società e impresa pubblica).
TuA gli imprenditori sono assogge<a+ allo statuto generale dell’imprenditore. Gli imprenditori
commerciali non piccoli sono poi assogge<a+ ad un ulteriore statuto specifico.
Rientrano nello statuto +pico dell’imprenditore commerciale: l’iscrizione nel registro delle imprese
con effeA di pubblicità legale; la disciplina della rappresentanza legale; le scri<ure contabili; il
fallimento e le procedure concorsuali.
2. La nozione generale di imprenditore
“E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’aAvità economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni e servizi” (art. 2082 c.c.).
Tale ar+colo fissa i requisi+ minimi che devono ricorrere perché un dato sogge<o sia esposto
all’applicazione delle norme del c.c. de<ate per impresa e imprenditore.
Dal medesimo ar+colo si ricava che l’impresa è aAvità (serie coordinata di aA) cara<erizzata sia da
uno specifico scopo, sia da specifiche modalità di svolgimento.
È controverso se siano indispensabili: a) la liceità dell’aAvità; b) lo scopo di lucro; c) des+nazione al
merca+ dei beni o servizi.
3. L’aFvità produFva
L’impresa è aAvità produAva di nuova ricchezza.
Non è impresa l’aAvità di mero godimento, ossia quell’aAvità che non dà luogo alla produzione di
nuovi beni e servizi (ad es. proprietario di beni loca+).
Un’aAvità può però cos+tuire allo stesso tempo godimento di beni preesisten+ e produzione di
nuovi beni o servizi, come ad es. il proprietario di un immobile che adibisca lo stesso ad albergo.
Gli aA di inves+mento, speculazione e finanziamento, quando coordina+ in modo da configurare
un’aAvità, possono dar vita ad impresa (commerciale) se ricorrono i requisi+ dell’organizzazione e
della professionalità.
È opinione diffusa che la qualità di imprenditore debba essere riconosciuta anche quando l’aAvità
produAva svolta è illecita. Vi possono essere due +pi diversi di impresa illecita:

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• impresa illegale: aAvità svolta in violazione di norme che disciplinano concessioni, licenze
o autorizzazioni (ad es. aAvità bancaria svolta senza autorizzazione);
• impresa immorale: è illecito l’ogge<o stesso dell’aAvità. L’illecito compiuto
dall’imprenditore immorale è più grave di quello dell’imprenditore illegale.
4. L’organizzazione. Impresa e lavoro autonomo
L’imprenditore crea un complesso produAvo, formato da persone e da beni strumentali (a.vità
organizzata).
È considerato imprenditore anche chi opera senza u+lizzare altrui prestazioni lavora+ve autonome
o subordinate (ad es. +tolare di servizi automa+zza+): la sempre più ampia fungibilità tra capitale e
lavoro ha determinato che l’organizzazione imprenditoriale può essere cos+tuita di soli capitali e
del proprio lavoro intelle<uale e/o manuale. Inoltre, sono di vitale importanza i mezzi finanziari.
La semplice organizzazione a fini produAvi del proprio lavoro, poi, non può essere considerata
organizzazione di +po imprenditoriale in quanto viene a mancare un minimo di
eteroorganizzazione, ossia la presenza di un minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale,
senza la quale deve negarsi l’esistenza di impresa.
In assenza di eteroorganizzazione, si avrà semplice lavoro autonomo e non imprenditoriale.
5. Economicità dell’aFvità e scopo di lucro
Per aversi impresa, è essenziale che l’aAvità produAva sia condo<a con metodo economico
(copertura dei cos+ con i ricavi, assicurando autosufficienza economica). Altrimen+ si ha consumo
e non produzione di ricchezza.
Perché l’aAvità possa dirsi economica non è essenziale il perseguimento di uno scopo di lucro. Se
si assumesse questo scopo come requisito essenziale dell’impresa, sarebbero di certo escluse le
imprese pubbliche e le imprese sociali, le quali non perseguono uno scopo lucra+vo.
6. Professionalità
La professionalità consiste nell’esercizio abituale e non occasionale di una data aAvità produAva.
Non è richiesto che l’aAvità sia svolta senza interruzioni, poiché sarebbero escluse le aAvità
stagionali come gli stabilimen+ balneari, ma è sufficiente il ripetersi costante di aA di impresa
secondo le cadenze proprie del +po di aAvità.
Non è nemmeno richiesto che l’aAvità sia unica o principale (ad es. impiegato che ges+sce un
albergo). È quindi possibile anche il contemporaneo esercizio di più aAvità di impresa.
Può cos+tuire impresa anche un “unico affare”, se questo comporta il compimento di operazioni
molteplici e l’u+lizzo di un apparato produAvo complesso.
Imprenditore può essere qualificato anche chi produce beni o servizi des+na+ ad uso o consumo
personale (imprese per conto proprio).
7. Impresa e professioni intelleOuali

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I liberi professionis+ (avvoca+, notai…) non sono mai imprenditori. Le disposizioni in tema
d’impresa si applicano alle professioni intelle<uali solo se “l’esercizio della professione cos+tuisce
elemento di una aAvità organizzata in forma di impresa” (art. 2238 c.c.).
È il caso del medico che ges+sce una clinica privata: si è in presenza di aAvità intelle<uale e di
impresa e troveranno perciò applicazione nei confron+ dello stesso sogge<o sia la disciplina
specifica de<ata per la professione intelle<uale, sia la disciplina dell’impresa.
Il professionista intelle<uale che si limita a svolgere la propria aAvità non diventa mai
imprenditore. Mo+vo di questa esclusione è l’esistenza di specifici statu+ per le diverse categorie
professionali che sono già una forma di tutela per il professionista. L’esonero dei professionis+
intelle<uali dallo statuto dell’imprenditore ha vantaggi (so<razione al fallimento) e svantaggi
(inapplicabilità della disciplina dell’azienda ad es.).

CAPITOLO 2 - LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI


A) Imprenditore agricolo e imprenditore commerciale
1. Il ruolo della dis<nzione
La dis+nzione è fa<a in base all’ogge<o dell’aAvità. Questa dis+nzione è necessaria al fine di
applicare la specifica norma+va.
Chi è imprenditore agricolo è so<oposto solo alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale.
È esonerato dall’applicazione della disciplina propria dell’imprenditore commerciale: tenuta delle
scri<ure contabili, assogge<amento al fallimento…
L’imprenditore agricolo gode di un tra<amento di favore rispe<o all’imprenditore commerciale,
anche grazie a incen+vi e agevolazioni.
2. L’imprenditore agricolo. Le aFvità agricole essenziali
L’art. 2135 c.c. stabilisce che: “E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguen+ aAvità:
col+vazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e aAvità connesse”, intendendosi
aAvità dire<e alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso,
che u+lizzano o possono u+lizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Rispe<o
alle aAvità agricole regolate nel c.c. del ’42, si sono aggiunte aAvità quali: allevamen+ in ba<eria,
agricoltura industrializzata e col+vazioni ar+ficiali o fuori terra. Queste aAvità possono prescindere
dall’u+lizzo del fondo e quindi non potevano essere considerate aAvità agricole dal vecchio c.c.. Si
può essere imprenditori agricoli anche per connessione, cioè quando l’aAvità la manipolazione, la
conservazione, la trasformazione, la commercializzazione dei prodoA delle aAvità agricole di
base. Le due aAvità devono essere omogenee e i prodoA u+lizza+ nell’aAvità connessa devono
provenire prevalentemente dall’aAvità agricola di base (criterio della prevalenza). Sono aAvità
agricole connesse anche i servizi svol+ a terzi u+lizzando prevalentemente il capitale dell’aAvità
agricola di base. È impresa agricola anche l’aAvità di valorizzazione rurale (ad es. agriturismo).
(Paragrafo 3 integrato in questo)
4. L’imprenditore commerciale
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È imprenditore commerciale l’imprenditore che esercita una o più delle seguen+ aAvità
disciplinate dall’ar+colo 2195 c.c.:
1) “AAvità industriale dire<a alla produzione di beni e servizi”;
2) “AAvità intermediaria nella circolazione dei beni”;
3) “AAvità di trasporto”;
4) “AAvità bancaria o assicura+va”;
5) “Altre aAvità ausiliarie alle preceden+”.
Dovrà essere considerata commerciale ogni impresa che non sia qualificabile come agricola.
B) Piccolo imprenditore. Impresa familiare
5. Il criterio dimensionale. La piccola impresa
Il piccolo imprenditore è so<oposto allo statuto generale dell’imprenditore, ma è esonerato, anche
se esercita aAvità commerciale, dalla tenuta delle scri<ure contabili e dall’assogge<amento al
fallimento.
“Sono piccoli imprenditori i col+vatori direA del fondo, gli ar+giani, i piccoli commercian+ e coloro
che esercitano un’aAvità professionale in cui sia prevalente il lavoro proprio e/o dei componen+
della famiglia” (art. 2083 c.c.).
Per aversi piccola impresa è perciò necessario che: a) l’imprenditore pres+ il proprio lavoro
nell’impresa; b) il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell’impresa
prevalgano sia rispe<o al lavoro altrui sia rispe<o al capitale proprio o altrui inves+to nell’impresa.
Inoltre, in base all’a<uale disciplina, non è sogge<o al fallimento l’imprenditore commerciale che
dimostri il possesso congiunto dei seguen+ requisi+:
• Aver avuto nei tre esercizi anteceden+ la data di deposito dell’istanza di fallimento, un
aAvo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300 mila euro;
• Aver realizzato nei tre esercizi anteceden+ la data di deposito dell’istanza di fallimento,
ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiori ai 200 mila euro;
• Avere un ammontare di debi+ anche non scadu+ non superiore a 500 mila euro.
Basta il superamento di un solo parametro per essere espos+ al fallimento.
Paragrafi 6 e 7 accorpa+ in questo.
8. L’impresa ar<giana
La definizione dell’impresa ar+giana è basata:
• Sull’ogge<o dell’impresa, che può essere cos+tuito da qualsiasi aAvità di produzione di
beni (anche semilavora+) o di prestazioni di servizi;

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• Sul ruolo dell’ar+giano nell’impresa, richiedendosi in par+colare che egli svolga in misura
prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produAvo, ma non che il suo
lavoro prevalga sui fa<ori produAvi.
L’esonero delle società ar+giane dal fallimento si deve ritenere poi cessato. Una società ar+giana
godrà delle provvidenze di cui godono le altre imprese ar+giane, ma in caso di dissesto fallirà al
pari di ogni altra società che esercita aAvità commerciale.

9. L’impresa familiare
È l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i paren+ e gli affini dell’imprenditore: la c.d. famiglia
nucleare (art. 230 – bis c.c.). Il legislatore ha voluto predisporre una tutela minima del lavoro
familiare nell’impresa al fine di evitare abusi e ingius+zie. Sono quindi riconosciu+ diriA sia sul
piano patrimoniale, sia sul piano amministra+vo.
Con riguardo al primo piano, sono riconosciu+: il diri<o al mantenimento; il diri<o di
partecipazione agli u+li dell’impresa in proporzione alla quan+tà di lavoro prestata; diri<o su beni
acquista+ con gli u+li; diri<o di prelazione sull’azienda.
Sul piano amministra+vo è poi previsto che le decisioni in merito alla ges+one straordinaria
dell’impresa e talune altre decisioni di rilievo “sono ado<ate a maggioranza dai familiari che
partecipano all’impresa stessa”.
Il diri<o di partecipazione è trasferibile solo a favore degli altri membri della famiglia nucleare e
con il consenso unanime dei familiari già partecipan+.
L’imprenditore ha la competenza esclusiva dei beni aziendali e il compito di provvedere alla
ges+one ordinaria. L’imprenditore agisce nei confron+ dei terzi in proprio e solo lui sarà
responsabile verso ques+ delle rela+ve obbligazioni di contra<o. Se l’impresa è commerciale, sarà
esposto al fallimento.
C) Impresa colleFva. Impresa pubblica
10. L’impresa societaria
Esistono diversi +pi di società e la società semplice è u+lizzabile solo per l’esercizio dell’aAvità non
commerciale.
Le società diverse da quest’ul+ma si definiscono società commerciali e possono essere
imprenditori agricoli o commerciali a seconda dell’aAvità esercitata.
11. Le imprese pubbliche
AAvità d’impresa può essere svolta anche dallo Stato e dagli altri en+ pubblici. Ciò è possibile in
tre diverse forme:
• Servendosi di stru<ure di diri<o privato (società, generalmente per azioni: è il caso delle società
a partecipazione statale);

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• En+ di diri<o pubblico che svolgono aAvità d’impresa (sono so<opos+ allo statuto generale
dell’imprenditore, con una solo eccezione: l’esonero dal fallimento);
• Svolgendo dire<amente aAvità d’impresa avvalendosi di proprie stru<ure organizza+ve (es. le
aziende municipalizzate che erogano pubblici servizi come acqua, gas e traspor+).
Dal 1990 quasi tuA gli en+ pubblici economici sono sta+ trasforma+ in società per azioni a
partecipazione statale (priva+zzazione formale); in tempi più recen+ è stata avviata la dismissione
delle partecipazioni pubbliche di controllo (priva+zzazione sostanziale).

12. AFvità commerciale delle associazioni e delle fondazioni


Le associazioni e le fondazioni, possono svolgere aAvità d’impresa. InfaA, per aversi impresa è
sufficiente che l’aAvità sia svolta con metodo economico e non necessariamente perseguendo un
lucro. Questo presupposto è in linea anche se si tra<a di un ente con finalità ideale. L’ente resta
so<oposto a tu<e le conseguenze dell’impresa commerciale, fallimento compreso. Può essere
svolta in modo esclusivo (es. fondazione cos+tuita per lo svolgimento di aAvità editoriale) o
accessorio (es. sindacato che ges+sce una casa editrice con la quale pubblica il materiale rela+vo
all’aAvità del sindacato). Gli eventuali guadagni devono essere necessariamente reinves++ e
l’aAvità d’impresa deve essere compa+bile con la finalità ideale dell’ente.
13. L’impresa sociale
“Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tu<e le organizzazioni private che esercitano in
via stabile e principale un’aAvità d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità
civiche, solidaris+che e di u+lità sociale”.
Sul patrimonio dell’impresa grava un vincolo di indisponibilità in quanto né durante l’esercizio
dell’impresa, né allo scioglimento, è possibile distribuire u+li, fondi o riserve a vantaggio di
fondatori, soci o associa+. Allo scioglimento dell’impresa sociale, il patrimonio residuo è devoluto
ad altre organizzazioni secondo quanto previsto dallo statuto.
Per quanto riguarda la responsabilità patrimoniale dei partecipan+ all’impresa sociale, questa è
limitata.
Le imprese sociali sono assogge<ate allo statuto dell’imprenditore commerciale ad eccezione del
fallimento, che viene sos+tuito dalla liquidazione coa<a amministra+va. Le imprese sociali si
cos+tuiscono per a<o pubblico (che deve determinare: ogge<o sociale, denominazione dell’ente,
modalità di ammissione ed esclusione dei soci, per dirne alcune cara<eris+che) e sono sogge<e
alla vigilanza del Ministero del Lavoro, che può procedere ad ispezioni per accertare la presenza
delle condizioni di riconoscimento. Con riferimento ai controlli interni, l’a<o cos+tu+vo deve
nominare uno o più sindaci, deputa+ al controllo della legalità della ges+one.

CAPITOLO 3 – L’ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI IMPRENDITORE


A) L’imputazione dell’aFvità d’impresa

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1. Esercizio direOo dell’aFvità d’impresa
Il criterio della spendita del nome stabilisce che è imprenditore il sogge<o il cui nome è
validamente speso nell’aAvità d’impresa. L’aAvità di impresa si può svolgere dire<amente o
indire<amente servendosi di un rappresentante che opera a<raverso un mandato. Il mandatario è
un sogge<o che agisce nell’interesse di un altro sogge<o e può porre in essere i rela+vi aA
giuridici sia spendendo il proprio nome (mandato senza rappresentanza) sia spendendo il nome
del mandante, se ques+ gli ha conferito il potere di rappresentanza (mandato con rappresentanza).
Mentre nel mandato con rappresentanza gli aA pos+ in essere dal mandatario si producono
dire<amente nella sfera giuridica del mandante, nel mandato senza rappresentanza il mandatario
che agisce in proprio nome acquista i diriA e assume gli obblighi derivan+ dagli aA compiu+ con i
terzi. Il criterio della spendita del nome è però importante solo per individuare il sogge<o
contraente e non l’effeAvo +tolare dell’interesse economico, che invece acquista la qualità di
imprenditore. Quindi, anche se l’aAvità di impresa è sostanzialmente esercitata dal mandatario, al
quale per esempio, il mandante - imprenditore ha concesso ampi poteri decisionali, imprenditore
rimarrà sempre il mandante.
2. Esercizio indireOo dell’aFvità d’impresa. L’imprenditore occulto
È diffuso l’esercizio dell’impresa tramite interposta persona. Uno è il sogge<o che compie in
proprio nome i singoli aA d’impresa (il c.d. imprenditore palese o prestanome); altro è il sogge<o
che somministra al primo i necessari mezzi finanziari, dirige di fa<o l’impresa e fa propri tuA i
guadagni, pur non palesandosi come imprenditore di fronte ai terzi, il reale dominus dell’impresa
(il c.d. imprenditore indire$o o occulto). Poiché il prestanome ha agito in proprio nome, ha
acquistato la qualità di imprenditore commerciale: i creditori potranno provocarne dunque il
fallimento. Non è difficile intuire che in questo modo il rischio d’impresa non sarà più sopportato
del reale dominus, che vedrà posto a riparo il suo patrimonio, ma dai creditori più deboli che in
caso di inadempimento del prestanome pur provocando il suo fallimento avranno ben poca cosa
da aggredire per rifarsi dei loro credi+.
Esistono due modi per coinvolgere nel fallimento il dominus:
• Teoria dell’imprenditore occulto: prevede che chi esercita il potere di direzione di
un’impresa se ne assuma necessariamente anche il rischio e risponda delle rela+ve
obbligazioni con la conseguenza che è responsabile verso i creditori assieme al prestanome
e in caso di fallimento dell’impresa, fallirebbe con lui.
• Con il potere gestorio chi esercita il potere deve rispondere degli aA compiu+ (in alcuni casi
anche con il proprio patrimonio).
Tu<avia, questa teoria ha trovato scarsa applicazione nella realtà: sia perché è priva di qualsiasi
fondamento norma+vo, sia perché verrebbe meno uno dei principi cardine delle società di capitali:
la responsabilità limitata. I soci di una società di capitali non possono essere chiama+ dal
legislatore in quanto tali a rispondere dei debi+ della società, né sorge su di essi la qualità di
imprenditore. Ne consegue che nel nostro ordinamento il dominio di fa<o di una società di capitali
non espone chi lo esercita a responsabilità o fallimento e non conferisce la qualità di imprenditore.

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È frequente poi, che il socio di comando di una società di capitali, traA la società come “cosa
propria”: la giurisprudenza ri+ene che ques+ comportamen+ possano dar vita ad un’autonoma
aAvità di impresa. Pertanto, il socio che ha abusato dello schermo societario risponderà come
+tolare di un’autonoma impresa commerciale individuale per le obbligazioni da lui contra<e nello
svolgimento dell’aAvità fiancheggiatrice della società di capitali.
È una tecnica che tutela in modo pieno e dire<o i creditori. Il fallimento della società di capitali
potrà richiedere all’impresa fiancheggiatrice di fornirle le somme necessarie per far fronte alle
obbligazioni contra<e nel suo interesse. In mancanza, potrà provocarne il fallimento.

B) Inizio e fine dell’impresa


3. L’inizio dell’impresa
La qualità di imprenditore si acquista con l’effeAvo inizio dell’esercizio dell’aAvità d’impresa.
In precedenza, si riteneva che l’aAvità iniziasse con l’iscrizione nel registro delle imprese: questa
regola è stata abbandonata, in quanto avrebbe portato al fallimento le società cosidde<e
“dormien+” (società già cos+tuite ma che non hanno ancora iniziato la propria aAvità). Si osserva
però, che anche l’aAvità organizza+va che precede l’effeAva aAvità gestoria dell’impresa possa
a<ribuire la qualità di imprenditore, in quanto è cos+tuita da un insieme di aA di ges+one
indirizza+ a un fine produAvo. Ebbene, tale impostazione è da ritenersi afferma+va nel caso in cui
l’aAvità organizza+va coinvolga un numero di uomini e di mezzi rilevante in funzione dell’impresa
che si intende avviare. Il che significa che prendere in locazione un locale e richiedere un fido
bancario non sono aAvità sufficien+ a gius+ficare la qualità di imprenditore, in quanto non sono
cara<erizzabili come aA direA alla realizzazione esclusiva di un’aAvità di impresa. Ben diversa è la
posizione delle società. Se queste, in quanto persone giuridiche preposte a porre in essere aAvità
d’impresa, iniziano l’organizzazione della stessa, ogni a<o si intende funzionale all’inizio dell’aAvità
e quindi conferisce la qualifica di imprenditore. Si pensi ad una società alberghiera che compra un
terreno edificabile.
4. La fine dell’impresa
In passato e solo per gli imprenditori individuali, la giurisprudenza applicava in maniera speculare il
principio di effe.vità, cioè: la cessazione dell’impresa si ha quando questa cessa la sua aAvità
produAva. La realtà però era ben diversa, in quanto era difficoltoso capire l’esa<o momento della
cessazione della produAvità, per via del fa<o che aA +pici della stessa con+nuavano a sussistere
anche nella fase di liquidazione che precede la chiusura dell’impresa. Individuare l’esa<o momento
della cessazione dell’impresa era importante per dare applicazione all’art. 10 leg. fall. che
disponeva, nella sua vecchia versione, l’esposizione dell’imprenditore al fallimento (ove ne
ricorressero i presuppos+) entro l’anno seguente a decorrere da quella data tanto difficile da
individuare. Si no+ inoltre, che la fase di liquidazione presuppone, tra le altre cose, il
soddisfacimento di tuA i creditori, rendendo così inu+le la procedura concorsuale anch’essa votata
in tal senso. Ben diversa era per contro la situazione delle società, per le quali la giurisprudenza era
irremovibilmente orientata nel dichiarare cessata l’aAvità di impresa solo dopo che era
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intervenuta la cancellazione dal registro imprese e la regolazione dei rappor+ penden+. In virtù di
questo a<eggiamento di favore verso le società intervenne persino la Corte Cost.le dichiarando in
un primo momento incos+tuzionale l’art. 10 della leg. fall. seppur con un’interpreta+va non
vincolante. Da qui scaturì l’intervento del legislatore che modificò la disciplina riformando l’art. 10:
la cessazione dell’impresa, per gli imprenditori sia individuali che colleAvi, si ha con la
cancellazione dell’impresa dal R.I., dalla quale decorre il termine di un anno per dichiarare il
fallimento dell’imprenditore cessato. Solo nei casi di cessazione di aAvità individuale e di
cancellazione d’ufficio di società (che interviene quando questa non deposita il bilancio per almeno
tre anni di fila) è necessario dichiarare l’effeAva cessazione dell’aAvità dimostrabile a<raverso lo
smantellamento aziendale, altrimen+ il termine annuale non decorre. Tu<avia, per ques+oni di
certezza del diri<o, al momento della cancellazione la cessazione è presunta, e spe<a quindi al
creditore e al PM dimostrare il contrario per o<enere il prolungamento del termine.
C) Capacità e impresa
5. Incapacità e incompa<bilità
La capacità all’esercizio di aAvità d’impresa si acquista con la piena capacità di agire e quindi al
compimento del dicio<esimo anno di età. Si perde in seguito a interdizione o a inabilitazione. Il
minore o l’incapace che eserci+ aAvità di impresa non acquista la qualità di imprenditore.
L’incompa:bilità si ha con il divieto di esercizio di impresa commerciale posto a carico di coloro che
esercitano determina+ uffici o professioni (ad es. impiega+ dello Stato, avvoca+, notai). La
violazione di tali divie+ non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale, ma
espone solo a sanzioni amministra+ve e ad un aggravamento delle sanzioni penali per bancaro<a
in caso di fallimento.
6. L’impresa commerciale degli incapaci
È possibile l’esercizio di aAvità d’impresa per conto di un incapace da parte dei rispeAvi
rappresentan+ legali: non vi sono par+colari regole per l’esercizio di aAvità agricola se non il
rispe<o del diri<o comune in materia di obbligazioni contraibili da incapaci; una specifica disciplina
è invece prevista per l’aAvità commerciale. Non è possibile iniziare una nuova impresa
commerciale in nome e nell’interesse dell’incapace, ma è consen+ta solo la con+nuazione
dell’esercizio di un’impresa commerciale preesistente (salvo che per il minore emancipato e per il
beneficiario dell’amministrazione di sostegno). La con+nuazione dell’aAvità di impresa deve essere
u+le per l’incapace e autorizzata dal tribunale. Chi ha la rappresentanza legale del minore o
dell’interde<o, può compiere tuA gli aA che rientrano nell’esercizio dell’impresa. L’inabilitato, in
seguito all’autorizzazione, può esercitare personalmente l’impresa, ma sempre assis+to dal
curatore. Il minore emancipato può essere autorizzato dal tribunale ad iniziare una nuova impresa
commerciale, acquistando la piena capacità di agire.

CAPITOLO 4 – LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE


A) La pubblicità legale
2. La pubblicità delle imprese commerciali

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L’imprenditore commerciale è des+natario di una peculiare disciplina dell’aAvità in parte comune
agli altri imprenditori (c.d. statuto generale dell’imprenditore), in parte propria e specifica (c.d.
statuto speciale dell’imprenditore commerciale).
Il mercato richiede informazioni veri+ere e non contestabili su faA e situazioni delle imprese con
cui entra in conta<o. Per le imprese commerciali questa esigenza è soddisfa<a con l’introduzione
di un sistema di pubblicità legale. È cioè previsto l’obbligo di rendere di pubblico dominio
determina+ aA o faA rela+vi alla vita dell’impresa, così da rendere le informazioni accessibili ai
terzi interessa+ (pubblicità no+zia) ed opponibili a chiunque (conoscibilità legale). Il registro delle
imprese è lo strumento di pubblicità legale previsto dal c.c. del 1942. Il nuovo registro delle
imprese è stato is+tuito nel 1993 (ma opera+vo dal ‘97) ed è l’unico strumento di pubblicità legale
delle imprese commerciali. La nuova disciplina ha però portato le seguen+ novità:
a) Il regime di pubblicità legale non è esteso a tuA gli imprenditori iscriA, ma solo alle
società, oggi anche alle società semplici e alle società agricole. Per gli altri è prevista la sola
pubblicità no+zia;
b) La tenuta dei registri delle imprese è affidata alle camere di commercio provinciali;
c) Il registro delle imprese è tenuto con tecniche informa+che. (Paragrafo 1 integrato in
questo)
3. Il registro delle imprese
Il registro delle imprese è is+tuito in ciascuna provincia presso la camera di commercio. L’aAvità è
svolta so<o la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale provinciale.
È diviso in 5 sezioni di cui una ordinaria e varie speciali. Nella sezione ordinaria sono iscriA gli
imprenditori (non agricoli) per i quali l’iscrizione produce effeA di pubblicità legale (imprenditori
commerciali): gli imprenditori individuali commerciali non piccoli; tuA i +pi di società, tranne la
società semplice; le società estere con sede amministra+va in Italia; i gruppi di interesse europeo
con sede in Italia; gli en+ pubblici che hanno per ogge<o esclusivo o principale l’aAvità
commerciale; i consorzi fra imprenditori con aAvità esterna.
Nelle sezioni speciali sono iscriA tuA gli imprenditori esonera+ dall’iscrizione dal legislatore del
‘42. Vale a dire: nella prima sezione speciale si iscrivono: gli imprenditori agricoli individuali; i
piccoli imprenditori; le società semplici; gli imprenditori ar+giani. Nella seconda sezione speciale si
iscrivono le società tra professionis+, tra le quali quelle tra avvoca+. La terza sezione speciale è
dedicata ai legami di gruppo tra società e vi si iscrivono gli en+ pubblici e le holding, oltre
ovviamente all’iscrizione delle rispeAve società controllate nella sezione ordinaria. Nella quarta
sezione speciale vi si iscrivono le imprese sociali. I faA e gli aA da registrare riguardano gli
elemen+ di individuazione dell’imprenditore e dell’impresa (da+ anagrafici dell’imprenditore, di<a,
ogge<o, sede, inizio e fine dell’aAvità, …) e la stru<ura organizza+va della società (a<o cos+tu+vo
e sue modificazioni, nomina e revoca degli amministratori, …). L’iscrizione è eseguita su domanda
dell’interessato, ma può avvenire anche d’ufficio se l’iscrizione è obbligatoria e l’interessato non vi
provvede. Prima di procedere all’iscrizione, l’ufficio del registro deve controllare che la
documentazione è formalmente regolare, nonché l’esistenza e la veridicità dell’a<o o del fa<o. A
seconda della sezione nella quale l’impresa o la società sono iscri<e, cambiano gli effeA
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dell’iscrizione. Se l’iscrizione avviene nella sezione ordinaria si hanno gli effeA della pubblicità
legale, cara<erizzata da tre +pi di efficacia: dichiara:va, cos:tu:va e norma:va. Di regola
l’iscrizione ha efficacia dichiara:va, da intendersi come efficacia dell’a<o iscri<o opponibile ai
terzi. Si concreta quindi la c.d. efficacia posi:va immediata dell’a$o, che è reso universalmente
conoscibile da chiunque vi abbia interesse, che non potrà quindi opporre nessuna prova della non
conoscibilità dell’a<o iscri<o. L’omessa iscrizione impedisce che il fa<o possa essere opposto a
terzi (efficacia nega:va). Questa regola ha però un temperamento offerto per gli aA delle società
di capitali che non sono conoscibili dai terzi se non dopo 15gg dall’iscrizione. La società non rimane
però senza tutela, se dimostra di aver comunicato al terzo interessato il contenuto dell’a<o iscri<o
ma non ancora conoscibile (magari inviandolo a<raverso raccomandata A/R). Gli aA iscriA in
regime di pubblicità legale possono avere anche efficacia cos+tu+va tra le par+ e per i terzi (c.d.
efficacia cos:tu:va totale) o solo verso i terzi (c.d. efficacia cos:tu:va parziale). Infine, abbiamo
l’efficacia norma:va. Questa si manifesta per quegli aA che, se registra+, garan+scono un regime
norma+vo altrimen+ escluso. È il caso dell’iscrizione dell’a<o cos+tu+vo di s.n.c. e s.a.s. che
sarebbero altrimen+ società irregolari sogge<e alla più gravosa (per i soci) disciplina della società
semplice. Per tu<e le altre sezioni speciali del R.I. viene meno la disciplina della pubblicità legale.
Per esse è prevista la sola pubblicità no+zia con funzione di cer+ficazione anagrafica
dell’imprenditore iscri<o che non prevede l’opponibilità a terzi. Si demarca quindi ne<amente la
differenza tra gli imprenditori soggeA allo statuto dell’imprenditore commerciale iscriA nella
sezione ordinaria e gli altri iscriA nelle sezioni speciali. A quest’ul+ma regola esiste però un
temperamento per gli imprenditori agricoli e per le società semplici esercen+ aAvità agricola
iscriA nella prima sezione speciale per i quali è stato successivamente previsto il regime della
pubblicità legale.
B) Le scriOure contabili
4. L’obbligo di tenuta delle scriOure contabili
Le scri<ure contabili sono quei documen+ che contengono la rappresentazione, in termini
quan+ta+vi e/o monetari, dei singoli aA d’impresa, della situazione del patrimonio
dell’imprenditore e del risultato economico dell’aAvità. Di regola sono tenute spontaneamente
dall’imprenditore (è un obbligo per l’imprenditore che esercita aAvità commerciale, con
l’esclusione dei piccoli imprenditori). Nella legislazione tributaria quest’obbligo è esteso anche ai
liberi professionis+.
5. Le scriOure contabili obbligatorie
La norma (art. 2214 c.c.) pone il principio generale che l’imprenditore deve tenere tu<e le scri<ure
contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. In ogni caso devono
essere tenu+ determina+ libri contabili: 1) il libro giornale è un libro contabile di natura
cronologico anali+ca. Esso deve contenere l’elenco delle operazioni giornaliere effe<uate
dell’imprenditore. L’iscrizione delle operazioni è però da intendersi in senso elas+co, poiché è
consen+ta la registrazione di tu<e le operazioni omogenee effe<uate nella giornata,
consentendosi inoltre che siano annotate anche in giorni successivi a quello di riferimento purché
venga rispe<ato l’ordine cronologico. Si no+ inoltre che il libro giornale può e deve essere diviso in
più par+ per meglio rappresentare la realtà imprenditoriale che racconta. 2) il libro degli inventari è
un registro periodico - sistema+co reda<o all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente
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ogni anno; fornisce il quadro della situazione patrimoniale dell’imprenditore e si chiude con il
bilancio e il conto dei profiA e delle perdite. Il bilancio si cara<erizza per la presenza: dello stato
patrimoniale, che aAene all’elencazione delle aAvità e delle passività riscontrate durante
l’esercizio; del conto economico, che evidenzia gli aspeA propriamente monetari palesando u+li e
perdite; della nota integra+va, che gius+fica i criteri secondo i quali viene reda<o il bilancio e le
deleghe alla legge in tal senso, gius+ficabili solo per evidenziare una maggiore chiarezza economica
del documento. Si no+ che la disciplina del bilancio è rimandata integralmente a quella prevista
per la S.p.A. (ar<. 2423 – 2435 c.c.) e tuA gli altri imprenditori si devono basare su quella disciplina
per la redazione del proprio. In o<emperanza al principio generale sopra esposto l’imprenditore
può e, a seconda dei casi, deve tenere altri +pi di scri<ure contabili, +po: il libro mastro (che
annota le operazioni in base al cliente o alla +pologia e quindi non cronologicamente), il libro cassa
(che registra le entrate e le uscite di denaro), il libro magazzino (che registra le entrate e le uscite
di merci), il libro dipenden:.
6. Regolarità delle scriOure contabili. Efficacia probatoria
Per garan+re la veridicità delle scri<ure contabili è imposta l’osservanza di determinate regole
formali e sostanziali nella loro tenuta. In par+colare, esse devono essere numerate foglio per
foglio, non devono presentare spazi bianchi tra una voce e l’altra, non devono contenere abrasioni
o danneggiamen+, le cancellazioni devono essere leggibili e più in generale devono essere tenute
nell’ordine consono al documento. L’inosservanza di tali regole rende le scri<ure contabili
giuridicamente irrilevan+. Inoltre, devono essere conservate per 10 anni, anche telema+camente,
insieme alla corrispondenza commerciale. Le sanzioni previste per la disordinata e poco chiara
tenuta delle scri<ure contabili è di natura amministra+vo - pecuniaria eccezion fa<a per la
cos+tuzione della prova nei casi bancaro<a semplice o fraudolenta. Il disordine delle scri<ure
contabili non cos+tuisce però un limite all’ammissione del concordato preven+vo. Le scri<ure
contabili sono u+lizzabili da chiunque vi abbia interesse per provare le proprie ragioni in giudizio
contro l’imprenditore. Non sono però scindibili in quanto l’interessato non può u+lizzare come
prova solo la parte a lui favorevole. Per essere invece u+lizzate dall’imprenditore come prova in un
processo devono ricorrere 3 presuppos+: 1) che le scri<ure siano regolarmente tenute; 2) che
l’altra parte del processo sia un altro imprenditore tenuto alle scri<ure contabili; 3) che il giudizio
sia inerente ai rappor+ interni evidenzia+ dalle scri<ure contabili. In ogni caso è rimandata
all’apprezzamento del giudice l’ammissione o meno delle scri<ure contabili.
C) La rappresentanza commerciale
7. Ausiliari dell’imprenditore commerciale e rappresentanza
Di regola l’imprenditore si avvale di collaboratori fissi che rientrano nella compagine
dell’organizzazione imprenditoriale delle risorse umane. I collaboratori possono essere di due
+pologie: collaboratori interni o subordina: assogge<a+ ad un rapporto di lavoro subordinato che
li vede costantemente presen+ tra i collaboratori dell’imprenditore; ausiliari esterni o autonomi ai
quali l’imprenditore può far ricorso occasionalmente o stabilmente. In entrambi i casi ques+ hanno
la rappresentanza dell’impresa insita nel loro compito e nel ruolo che rivestono. Il fenomeno della
rappresentanza è regolato da norme speciali, quando si traA di aA ineren+ all’esercizio di impresa
commerciale pos+ in essere da ins+tori, procuratori e commessi. La rappresentanza commerciale è
conferita a queste tre figure che collaborano in pianta stabile con l’imprenditore, che può con a<o
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espresso e reso pubblico nelle dovute forme, limitare. I terzi contraen+ potranno certamente
contrarre con queste figure regolarmente is+tuite nell’impresa, ma dovranno solo controllare
eventuali limi+ presen+ alla rappresentanza, e non l’esistenza della stessa che si dà per scontata.
8. L’ins<tore
L’ins:tore è un collaboratore interno preposto dall’imprenditore alla ges+one dell’impresa o di un
ramo della stessa. È nel linguaggio comune, colui che è conosciuto come dire<ore generale o di
filiale. È di regola posto al ver+ce del personale alle dipendenze dell’imprenditore e solo a lui
riferisce del suo operato, se è inves+to della ges+one generale dell’impresa, e solo da lui prende
direAve. È possibile altresì che gli ins+tori possano esser più d’uno: in tal caso, può accadere che
ques+ siano in ordine gerarchico (il dire<ore di filiale riferisce al dire<ore generale), oppure che
abbiano l’amministrazione disgiunta dell’impresa se nella procura non è disposto diversamente. È
inves+to congiuntamente con l’imprenditore dell’obbligo di iscrizione nel R.I. e della tenuta delle
scri<ure contabili, oltre ad essere esposto alle sanzioni penali derivan+ da rea+ fallimentari. Fermo
restando che solo l’imprenditore fallisce. È inves+to della rappresentanza sostanziale e processuale
dell’impresa. Gli sono inoltre imputabili tuA gli aA gestori +pici dell’imprenditore preponente nei
limi+ della procura. È infaA esonerato da aA che eccedono l’aAvità di impresa anche globalmente
intesa, come la vendita dell’azienda, il cambiamento dell’ogge<o sociale, ecc. salvo autorizzazione
in proposito. Il potere di rappresentanza dell’ins+tore è limitabile (all’a<o di inves+mento o con
a<o successivo) o revocabile. Ma per l’opponibilità ai terzi di tali aA, è richiesta l’iscrizione degli
stessi nel R.I. e in alterna+va sarà comunque possibile dimostrare che i terzi erano sta+ informa+
con altri mezzi. Si no+ che l’ins+tore è una figura preposta a rappresentare l’imprenditore che è
quindi, di regola, il reale dominus dell’impresa e di tuA gli affari che l’ins+tore pone in essere per
suo conto. Tu<o questo accade però solo se l’ins+tore spende effeAvamente il nome
dell’imprenditore. In caso contrario il legislatore ha deciso di tutelare il terzo contraente decidendo
che, qualora l’ins+tore agisca in maniera del tu<o innaturale rispe<o al ruolo che ricopre, senza
spendere il nome dell’imprenditore, è personalmente responsabile delle obbligazioni che assume;
a meno che queste ul+me, non siano obbligazioni di interesse dell’impresa, per le quali
risponderanno in solido l’ins+tore e l’imprenditore.
9. I procuratori
I procuratori sono dei collaboratori subordina+ dell’imprenditore, presen+ in pianta stabile nella
compagine dell’impresa, ai quali è affidato l’esercizio della stessa, senza però esservi prepos+
come nel caso dell’ins+tore al quale sono a loro volta subordina+. Sono le figure +piche del
dire<ore del se<ore acquis+, o del dire<ore del se<ore della pubblicità. Sono quindi impiega+
nella ges+one di un ramo dell’impresa. Il procuratore ha la rappresentanza generale del se<ore del
quale è inves+to, salvo possibili limitazioni opponibili ai terzi solo dopo la registrazione nel R.I.
delle stesse. Questo vuol dire che il dire<ore acquis+ può operare autonomamente nel suo se<ore
ma non può interferire in quello della pubblicità, il quale sarà affidato ad altro procuratore. Non
hanno la rappresentanza processuale, né aAva né passiva, dell’impresa né l’obbligo di iscrizione
nel R.I. e di tenuta delle scri<ure contabili come gli ins+tori. Infine, l’imprenditore non risponde
degli aA compiu+ dal procuratore senza la spendita del nome.
10. I commessi

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I commessi sono subordina+ dei procuratori e lavorano in stabile conta<o con i terzi e per questo
sono inves++ della rappresentanza dell’imprenditore anche se non è stata loro espressamente
conferita, in aggiunta allo svolgimento di mansioni esecu+ve e materiali derivan+ dal loro ruolo. È il
caso dei commessi di negozio, commessi viaggiatori…ecc.. In par+colare, i commessi non possono
modificare le condizioni generali di vendita e non possono concedere scon+ o dilazioni di
pagamen+ al di fuori degli usi. I loro compi+ possono essere amplia+ o diminui+ dall’imprenditore
senza bisogno di iscriverli nel R.I., ma ne dovrà essere data no+zia alla clientela, per esempio,
a<raverso affissioni nei locali dell’impresa.

CAPITOLO 5 – L’AZIENDA
1. La nozione di azienda. Organizzazione ed avviamento
“L’azienda è il complesso di beni organizza+ dell’imprenditore per l’esercizio dell’aAvità d’impresa”
(art. 2555 c.c.): tra l’azienda (conce<o sta+co) e l’impresa (conce<o dinamico) intercorre un
rapporto di mezzo a fine. Rientrano nell’azienda gli immobili, i macchinari, gli utensili, ecc.
impiega+ nella produzione. È quindi qualificabile come bene aziendale qualunque bene
effeAvamente impiegato nello svolgimento dell’impresa, al di là della proprietà dello stesso (del
proprietario o di terzi); inoltre, i beni aziendali, devono essere lega+ tra loro da un rapporto di
complementarietà e coordinamento. L’azienda è inoltre da intendersi come un’unità funzionale:
nel senso che l’insieme eterogeneo dei beni che la compongono, opportunamente organizza+
dell’imprenditore, sono funzionali alla posa in opera della produAvità. L’organizzazione dei beni
aziendali è l’elemento che trasforma un ammasso eterogeneo di beni in un’unità funzionale alla
produzione di ricchezza. È proprio questa aAtudine dell’azienda organizzata a produrre profiA
(eccedenza dei ricavi sui cos+) che definisce quel plus valore economico de<o avviamento.
Quest’ul+mo può essere ogge.vo o sogge.vo: il primo è rappresentato dalle potenzialità che
esprime il complesso dei beni aziendali; il secondo è interamente dipendente dall’imprenditore e
dalle sue capacità. L’unità economica dell’azienda è, entro cer+ limi+, tutelata dal legislatore
sopra<u<o in tema di trasferimento dell’azienda, sia defini+vo (vendita) che temporaneo (affi<o,
usufru<o). La funzione di alcune cautele imposte all’alienante o al locatore d’azienda è quella di
tutelare chi, per varie ragioni, ha fa<o affidamento sulla stessa (es. acquirente, condu<ore,
lavoratori, creditori). Per queste ragioni, al fine di non smembrare il complesso aziendale e
sopra<u<o il valore del suo avviamento, sono pos+ cer+ divie+ a carico dell’alienante o del
locatore come, per esempio, il divieto di concorrenza.
2. La circolazione dell’azienda. OggeOo e forma
È importante stabilire in concreto se un determinato a<o di disposizione dell’imprenditore sia da
qualificare come trasferimento di azienda o come trasferimento dei singoli beni aziendali. La
dis+nzione non è sempre agevole, sopra<u<o quando l’a<o di disposizione comprende solo parte
dei beni aziendali. È quindi possibile che l’imprenditore per so<rarsi ai divie+ derivan+ dal
trasferimento in blocco dell’azienda aggiri il problema vendendo i cespi+ in più tranche. È
comunque pacifico che per aversi trasferimento di azienda è necessario che i beni interessa+
abbiano una propria organicità opera+va, che consentano cioè di creare aAvità di impresa
autonoma, anche diversa, da quella del trasferente anche se l’acquirente deve integrare con alcuni
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fa<ori produAvi (es. materie prime). L’art. 2556 c.c. definisce i requisi+ per il trasferimento
dell’azienda:
• Forma negoziale: è operata una dis+nzione tra forma necessaria per la validità del
trasferimento (forma ad substan+am) e forma richiesta ai fini probatori e per l’opponibilità
ai terzi (forma ad proba+onem).
In merito alla prima forma, i contraA che hanno per ogge<o il trasferimento della proprietà
o la concessione in godimento dell’azienda sono validi solo se s+pula+ con l’osservanza
“delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono
l’azienda o per la par+colare natura del contra<o”. La disciplina è de<ata per tu<e le
imprese.
Facendo riferimento alla seconda forma, invece, solo per le imprese sogge<e a
registrazione è previsto che ogni a<o di disposizione dell’azienda debba essere provato per
iscri<o e debba essere iscri<o nel registro delle imprese (prova). A tal proposito i contraA
devono essere redaA tramite a<o pubblico ovvero scri<ura privata auten+cata.
• Pubblicità: il trasferimento di imprese sogge<e a registrazione deve essere iscri<o nel R.I.
entro 30 gg (tramite a<o pubblico o scri<ura privata auten+cata).
3. La vendita dell’azienda. Il divieto di concorrenza dell’alienante
La prima delle cautele imposte nel trasferimento d’azienda è il divieto di concorrenza dell’alienante.
È infaA previsto che per i 5 anni successivi alla vendita dell’azienda l’alienante non possa iniziare
un’aAvità imprenditoriale idonea allo sviamento della clientela dell’acquirente (se viene pa<uito
un termine superiore, tale termine viene ricondo<o ai cinque anni). Con questa formula si tutelano
2 diriA: quello dell’acquirente di godere e consolidare l’avviamento e il portafoglio clien+
acquistato, e quello dell’alienante di non veder eccessivamente compresso il suo diri<o ad
intraprendere una nuova impresa. Il divieto di concorrenza è derogabile e ha cara<ere rela+vo:
sussiste nei limi+ in cui la nuova aAvità d’impresa dell’alienante sia potenzialmente idonea a
so<rarre clientela all’azienda ceduta. Tale divieto si applica anche alle vendite coaAve (es. vendita
fallimentare).
Incertezze solleva invece l’applicazione del divieto di concorrenza in altre ipotesi non regolate:
a) Divisione ereditaria con assegnazione dell’azienda caduta in successione ad uno degli eredi;
b) Scioglimento di una società con assegnazione dell’azienda sociale ad uno dei soci quale
quota di liquidazione;
c) Vendita dell’intera partecipazione sociale o di una partecipazione sociale di controllo in una
società di persone o di capitali.
In sede di divisione ereditaria o nello stabilire la quota di liquidazione spe<ante a ciascun socio si
+ene conto anche del valore di avviamento dovuto alla clientela. Non è perciò senza fondamento
l’applicazione del divieto di concorrenza a favore dell’erede o del socio che subentra nell’azienda
ed a carico degli altri eredi o degli altri soci.
4. La successione nei contraF aziendali
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Di primaria importanza per il legislatore, è la tutela dell’unità funzionale dell’azienda e del valore
dell’avviamento. In tal senso, quindi, muove la disciplina di subentro nei contraA penden+ con
fornitori, lavoratori, ecc dell’acquirente dell’azienda. Derogando dalla disciplina generale della
cessione dei contraA si disciplina che “se non è pa<uito diversamente (effe<o naturale della
vendita), l’acquirente subentra in tuA i contraA dell’alienante salvo quelli a cara<ere stre<amente
personale, senza l’autorizzazione del terzo contraente”. Il terzo contraente però, potrà recedere del
contra<o entro 3 mesi dalla no+zia del trasferimento solo per giusta causa in responsabilità
dell’alienante fornendo la prova (non facile) che ques+ non ha osservato la giusta cautela nella
scelta dell’acquirente. Per la cessione dei contraA personali si osserva la disciplina generale della
cessione: espresso accordo scri<o tra alienante e acquirente con consenso del terzo.

5. I credi< e i debi< aziendali


La disciplina esposta nel paragrafo precedente trova applicazione per tuA i rappor+ penden+. Per i
rappor+ conclusi, come debi+ e credi+ (entrambi residui), operano altre disposizioni. È infaA
frequente che l’alienante abbia venduto della merce a pagamento differito, o viceversa, abbia
acquistato delle materie prime a pagamento differito. RispeAvamente, lascerà all’acquirente un
credito o un debito, subentrando questo nel contra<o per effe<o del trasferimento d’azienda. Nel
caso dei credi+ la disciplina generale - no+fica al debitore da parte del subentrante nel contra<o -
è derogata dall’iscrizione del trasferimento nel R.I. in regime di pubblicità legale. Mentre per tuA
gli altri casi rimane operante la disciplina generale. Disciplina diversa è de<ata per i debi+: il
principio generale secondo cui il debito può essere ceduto solo con il consenso del creditore resta
valido anche in questo caso, quindi l’alienante - debitore si libera solo se i creditori acce<ano la
cessione del debito (art. 2560 c.c. c. 1). Mentre è derogato, per le sole aziende commerciali, il
principio secondo cui ciascuno è tenuto a soddisfare solo le obbligazioni che si è personalmente
assunto (art. 2560 c.c. c. 2). Quindi pur mancando un regolare pa<o di accollo, questo si presume
come effe<o naturale della vendita di aziende commerciali e l’acquirente risponde in solido con
l’alienante solo nei confron+ dei creditori che non abbiano acce<ato la cessione e solo per i debi+
riporta+ nei registri obbligatori. Diversa sorte hanno invece i debi+ derivan+ da prestazioni
lavora+ve dei dipenden+. In questo caso l’acquirente è sempre obbligato in solido con l’alienante
anche se tali debi+ non risultano dalle scri<ure contabili obbligatorie. Nella successione dei credi+
aziendali, la no+fica al debitore ceduto o l’acce<azione da parte di ques+ è sos+tuita da una sorta
di no+fica colleAva: l’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese (art. 2559
c.c.). Da tale momento la cessione dei credi+ rela+vi all’azienda ceduta ha effe<o nei confron+ dei
terzi. Tu<avia, se il debitore ceduto paga in buona fede l’alienante è liberato. Per quanto riguarda i
debi+ è invece necessario il consenso del creditore: l’alienante non è infaA liberato se non risulta
che i creditori vi hanno consen+to. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei
debi+ suddeA anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
6. UsufruOo e affiOo dell’azienda
L’azienda può essere ogge<o di diriA reali (usufru$o) o personali (affi$o). In caso di concessione in
usufru<o, sorgono in testa all’usufru<uario una serie di poteri - doveri di conservazione
dell’azienda che dovrà essere sfru<ata secondo la stessa di<a e dovrà perseguire lo stesso fine
imprenditoriale. L’usufru<uario avrà inoltre il potere di godere e di disporre dell’azienda nei limi+
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della conservazione dell’efficienza della stessa. Al termine dell’usufru<o dovrà infine riconsegnare
quanto ricevuto, in cambio di un equo indennizzo per gli eventuali miglioramen+ apporta+, da
quan+ficarsi al momento della res+tuzione. La disciplina dell’affi<o d’azienda ricalca per volontà
del legislatore parte di quella prevista per l’usufru<o, in merito: alla conservazione dell’efficienza
aziendale, al potere di godimento e di disposizione del beneficiario e all’indennizzo da
corrispondere a fine rapporto. In entrambi i casi si applicano poi le discipline del divieto di
concorrenza (per tu<a la durata dell’affi<o e dell’usufru<o) e di subentro nei contraA. Si applica
solo all’usufru<o la disciplina dei credi+ aziendali, mentre non si applica la disciplina dei debi+.
Quindi per i debi+ preceden+ al contra<o risponderanno il locatore e il nudo proprietario.

CAPITOLO 6 – I SEGNI DISTINTIVI


1. Il sistema dei segni dis<n<vi
Esigenza del traffico giuridico è l’iden+ficazione nello stesso dei vari imprenditori, che hanno
l’interesse di farsi dis+nguere dalla clientela. A tale fine sono vota+ i segni dis:n:vi principali: di$a,
insegna e marchio. La di$a è il mezzo a<raverso il quale la clientela riconosce l’imprenditore
nell’impresa (c.d. nome commerciale). L’insegna contraddis+ngue i locali dove l’impresa è
esercitata e il marchio iden+fica i prodoA commercializza+. Nel moderno business sta acquisendo
un ruolo sempre più importante il c.d. domain name (nome a dominio), ossia il sito internet
aziendale. I segni dis+n+vi hanno quindi il compito di a<rarre e informare la clientela me<endola
nella posizione di fare scelte consapevoli. Per questo mo+vo vengono anche defini+ “colle<ori di
clientela”. Inoltre, molteplici sono gli interessi in gioco, che vanno dalla veridicità delle informazioni
richiesta dai consumatori al diri<o di esclusiva indispensabile per gli imprenditori. Infine, i segni
dis+n+vi, assolvono al grande compito di creare una concorrenza leale tra gli imprenditori proprio
perché sono parte integrante della più ampia disciplina della concorrenza. Di<a, marchio e insegna
sono diversamente disciplina+ dal codice della proprietà industriale (c.p.i.) in funzione della loro
rilevanza economica. È infaA da rilevare che, negl’ul+mi anni, il marchio ha acquisito
un’importanza centrale nell’u+lizzazione economica dei segni dis+n+vi, ragion per cui è tutelato
con più norma+ve. Tu<avia, è possibile individuare alcuni principi comuni alla disciplina dei 3 segni
dis+n+vi:
1) sono tuA liberamente cos+tuibili dall’imprenditore purché rispeAno i requisi+ della verità,
novità e capacità dis+n+va;
2) l’imprenditore ha diri<o all’uso esclusivo dei propri segni dis+n+vi. Ma questo principio non
è assoluto, bensì rela+vo, in quanto se non vi è sviamento della clientela altro imprenditore
è autorizzato all’u+lizzo dei medesimi segni;
3) l’imprenditore può concedere ad altri l’uso dei suoi segni dis+n+vi pur rispe<ando certe
cautele sull’effeAva coincidenza dei prodoA immessi sul mercato con i medesimi segni ma
da soggeA diversi.
A) La diOa

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2. Formazione e contenuto del diriOo sulla diOa
La di$a è il nome commerciale dell’imprenditore, che lo individua come sogge<o di diri<o. È
liberamente cos+tuibile purché rispeA i requisi+ di verità e novità. Se non è scelta si iden+fica nel
nome civile dell’imprenditore. La di<a può essere originaria o derivata. La prima è quella cos+tuita
dall’imprenditore che la usa e deve necessariamente contenere almeno il cognome o la sigla dello
stesso. Questo è bastevole per soddisfare il requisito della verità. La seconda è la di<a originaria
trasferita ad altro imprenditore che non ha l’obbligo di integrarla con il proprio cognome. In tal
caso il requisito di verità si riduce ad una semplice “verità storica”. Più complessa è invece
l’o<emperanza del requisito della novità, per via del fa<o che l’imprenditore +tolare di una di<a ha
diri<o ad u+lizzarla in esclusiva, senza che la sua clientela venga distra<a da di<e uguali o simili. E
si badi, tali divie+ sussistono solo se gli imprenditori sono in dire<a concorrenza tra di loro. Ne
consegue che l’uso esclusivo è un diri<o rela+vo e non assoluto. Inoltre, il requisito della novità
opera anche in rapporto ad altri segni dis+n+vi essendo vietato l’u+lizzo del marchio di altro
imprenditore se questo favorisce lo sviamento della clientela. Infine, la di<a è trasferibile per a<o
tra vivi solo insieme all’azienda con clausola espressa dell’alienante. Viceversa, può non essere
trasmessa insieme all’azienda per disposizione testamentaria.
B) Il marchio
3. Nozione e funzioni del marchio
Il marchio è segno dis+n+vo dei prodoA sul mercato. Esso è disciplinato da una legislazione sia
nazionale che internazionale. La legislazione nazionale include il c.c. e il codice il c.p.i. mentre
quella internazionale, sostanzialmente coincidente con quella nazionale, garan+sce una tutela
dello stesso in tu<a l’Unione europea a<raverso la registrazione, al fine di garan+rne l’uso
esclusivo. Funzione essenziale del marchio è quella di dis+nguere i prodoA di un dato
imprenditore da una massa di prodoA similari lancia+ nel mercato moderno; quindi, cos+tuisce il
punto di conta<o tra la clientela e il produ<ore acquisendo un’importanza centrale nel commercio.
È infaA frequente imba<ersi nella preferenza di prodoA equivalen+ solo in funzione del marchio,
a dimostrazione del grande valore a<raAvo del principe dei segni dis+n+vi. È comprensibile quindi
come alcuni marchi celebri siano tutela+ oltre il divieto di confusione fra prodoA affini.
4. I <pi di marchio
In base al +po di aAvità svolta dal +tolare, è possibile dis+nguere tra:

➢ marchio di fabbrica: marchio apposto dal fabbricante del prodo<o (es. Fiat);
➢ marchio di commercio: marchio apposto dal commerciante (distributore intermedio o
rivenditore finale);

➢ marchio di servizi: marchio apposto dalle imprese che erogano servizi (es. Atac).
Inoltre, è possibile dis+nguere tra:

➢ marchio generale: è il marchio che contraddis+ngue tuA i prodoA (ad es. Barilla);
➢ marchi speciali: l’imprenditore u+lizza più marchi per diversi prodoA [ad es. Fiat
(marchio di fabbrica) chiama una sua auto Fiat 500].
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Ancora, in base alla composizione del marchio, è possibile dis+nguere tra:

➢ marchio denomina:vo: cos+tuito da sole parole e può coincidere con la stessa di<a o
col nome civile dell’imprenditore;

➢ marchio figura:vo: cos+tuito da figure, le<ere, suoni, cifre, disegni o colori (ad es.
Burberry con la sua fantasia tartan oppure Ferrari con il cavallino rampante);

➢ marchio di forma: cos+tuito dalla forma del prodo<o o dalla confezione dello stesso.
Non possono essere registrate come marchio le forme imposte dalla natura stessa del prodo<o,
quelle necessarie per o<enere un risultato tecnico e quelle che danno un valore sostanziale al
prodo<o (art. 9 c.p.i.).
Infine, troviamo il marchio colle.vo: il +tolare di questo è un sogge<o (ad es. consorzio) che
svolge la funzione di garan+re l’origine, la natura o la qualità di determina+ prodoA o servizi; tale
marchio non viene u+lizzato dall’ente che ne ha o<enuto la registrazione, ma viene concesso in
uso a produ<ori o commercian+ consocia+ (ad es. Grana Padano).
5. I requisi< di validità del marchio
Requisi+ del marchio sono: liceità, verità, originalità e novità.

➢ Liceità: il marchio non deve contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al
buon costume; stemmi o altri segni proteA da convenzioni internazionali, senza
l’autorizzazione dell’autorità competente; i segni lesivi di un altrui diri<o di autore o di
proprietà industriale;

➢ Verità: è vietato inserire nel marchio segni idonei ad ingannare il pubblico, in par+colare
sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodoA o dei servizi.

➢ Originalità: il marchio deve essere originale. Deve cioè consen+re di dis+nguere i prodoA
su cui è apposto da tuA i prodoA dello stesso genere immessi sul mercato.
Non possono perciò essere u+lizza+ come marchi:

❖ Le denominazioni generiche o la figura generica del prodo<o o servizio (ad es.


marchio “scarpa” per una linea di calzature);

❖ Le indicazioni descriAve dei cara<eri essenziali, delle prestazioni;


❖ I segni dis+n+vi divenu+ di uso comune nel linguaggio corrente (come le parole
“super”, “extra” e “lusso”).
È infine possibile usare come marchio denominazioni generiche o parole di uso comune modificate
o combinate tra loro in modo fantasioso (c.d. marchio di fantasia). Sul punto si dis+ngue tra:

❖ Marchi deboli: denominazioni generiche o parole di uso comune modificate in modo


fantasioso; sono dota+ di scarsa capacità dis+n+va e basteranno lievi modifiche per
escludere la confondibilità con altri marchi (ad es. Melinda è un marchio debole) ;

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❖ Marchi for:: marchi di pura fantasia; gli stessi, pertanto, sono dota+ di alta capacità
dis+n+va e modifiche notevoli non basteranno ad evitare la contraffazione (ad es. Apple è
un marchio forte).
• Secondary meaning: un marchio debole, può diventare forte a seguito dell’uso che ne è
stato fa<o e della notorietà acquisita (il lilla della cioccolata Milka);
• Volgarizzazione: un marchio, può perdere la sua capacità dis+n+va quando nel
consumatore avviene l’iden+ficazione del nome commerciale con il prodo<o (ad es.
scotch).
Ul+mo dei requisi+ di validità è la novità: il marchio scelto non deve essere stato u+lizzato da altro
imprenditore dire<amente concorrente. Il dife<o dei requisi+ fin qui espos+ provoca la nullità del
marchio o anche di parte di esso.
6. Il marchio registrato
I marchi che osservano i requisi+ sopra espos+ sono registrabili presso l’Ufficio breveA e marchi
is+tuito presso il Ministero dello sviluppo economico. Ovviamente la tutela offerta è diversa a
seconda che si traA di marchi registra+ o meno, di marchi ordinari o celebri. Il marchio registrato
garan+sce il diri<o di uso esclusivo su tu<o il territorio nazionale. La tutela si estende anche sui
prodoA simili o affini rivol+ alla stessa clientela. Resta fermo, in ogni caso, che il divieto opera per
imprenditori in dire<a concorrenza; quindi, l’imprenditore che u+lizza lo stesso marchio per
tu<’altro prodo<o è in regola con la legge. Tutela più accentuata è is+tuita nel 1992 per i marchi
celebri. È infaA fuori dubbio che la divulgazione di prodoA, seppur non affini merceologicamente,
con marchi celebri nel paese posseden+ grande capacità a<raAva, può creare fonda+ dubbi sulla
qualità e sulla provenienza dei prodoA stessi e ge<are discredito sul marchio. È quindi sancito che
se un prodo<o trae vantaggio dal potere a<raAvo di un marchio celebre ivi apposto, si palesa una
violazione della rela+va disciplina. La registrazione dura 10 anni dal giorno di deposito della
domanda ed è rinnovabile in perpetuo. La tutela è quindi eterna, salvo i casi di sopraggiunta nullità
o decadenza del marchio (inu+lizzo per 5 anni). Altra causa di decadenza può essere la
volgarizzazione del prodo<o al quale consegue che il marchio non lo dis+ngue più. È il caso dei
marchi: Biro, Cellophane, Nylon, che sono ormai entra+ nel linguaggio e nella cultura di tuA i
giorni. Se il diri<o di esclusiva garan+to dalla registrazione viene leso, il +tolare del marchio può
promuovere un’azione di contraffazione. Tale azione ha come conseguenze: l’interruzione degl’aA
lesivi, l’eliminazione degli effeA degli stessi (distruggendo e+che<e, cartelloni, ecc) ed espone il
contraffa<ore a risarcimento dei danni qualora sussista dolo o colpa dello stesso.
7. Il marchio non registrato
Il marchio non registrato è u+lizzabile, qualora intervenga la registrazione dello stesso operata da
altri, nei limi+ del preuso e della notorietà da ques+ raggiunta.
Il +tolare di un marchio non registrato con notorietà nazionale, potrà impedire l’u+lizzo dello
stesso marchio per gli stessi prodoA, ma non per prodoA affini; il +tolare di un marchio non
registrato con notorietà locale, invece, non potrà impedire l’u+lizzo dello stesso marchio.
8. Il trasferimento del marchio

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Oggi il marchio è trasferibile senza che con esso venga necessariamente trasferita l’azienda o il
corrispondente ramo produAvo. Può essere quindi trasferito per tuA i prodoA per i quali è
registrato o per parte di essi. Può esser trasferito defini+vamente o temporaneamente (c.d. licenza
di marchio). Consistente novità introdo<a con la riforma del ’92 è la non esclusività della licenza di
marchio. È infaA possibile me<ere sul mercato prodoA della stessa +pologia merceologica e con
lo stesso marchio ma provenien+ da fon+ diverse. Sono però pos+ limi+ ai potenziali abusi in
danno della clientela. È infaA previsto che i licenziatari imme<ano sul mercato prodoA della
medesima qualità del produ<ore principale: la violazione di tali regole espone alla decadenza,
eventualmente parziale, del marchio.
C) L’insegna
9. Nozione e disciplina
L’insegna contraddis+ngue ed iden+fica i locali del complesso aziendale. Deve presentare i requisi+
della novità, della verità e deve essere sufficientemente dis+n+va (originalità). Nel caso in cui
l’originalità non sia rispe<ata (è il caso di bar, pizzeria, ecc) questa non è tutelata contro imitazioni.
A meno che l’originalità non risieda in componen+ grafiche. La circolazione è consen+ta
rispecchiando la disciplina del marchio. È quindi consen+to il couso e la licenza.
È pacifico che il diri<o sull’insegna può essere trasferito.
CAPITOLO 7 – OPERE DELL’INGEGNO. INVENZIONI INDUSTRIALI
1. Le creazioni intelleOuali
Ne<a è la dis+nzione dei 2 grandi gruppi delle creazioni intelle$uali: 1) le opere dell’ingegno sono
dei prodoA intelle<uali concernen+ il campo della cultura, da dis+nguersi dai loro rispeAvi mezzi
di diffusione. Tipici esempi sono la poesia, la canzone e i film, differen+ sul piano della definizione
giuridica, e non solo, dal libro, cd - rom, o TV. Sono tutela+ dal diri<o d’autore previsto nel c.c. (art.
2575 -2583); 2) le invenzioni industriali sono invece delle creazioni intelle<uali nel campo della
tecnica, che possono presentare molteplici usi della medesima idea. Sono tutelate da: a) breve<o
per le invenzioni industriali; b) breve<o per i modelli di u+lità; c) registrazione per disegni e
modelli. Tu<e presen+ sia nel codice, ma sopra<u<o, nel c.p.i..
A) Il diriOo d’autore
2. OggeOo e contenuto
Formano ogge<o del diri$o d’autore le opere dell’ingegno scien+fiche, le<erarie, musicali,
cinematografiche, ecc. Requisito essenziale perché ad un’opera dell’ingegno sia riconosciuto il
diri<o d’autore è l’originalità oggeAva dell’opera rispe<o ad altre dello stesso genere. Tale
originalità può consistere anche nell’ada<amento cinematografico di opere già esisten+ o in un
modo di interpretare una raccolta di altre opere (per esempio una raccolta di leggi). L’acquisto del
diri<o si ha dal momento stesso che l’opera dell’ingegno viene ad esistenza in modo
sufficientemente compiuto. È il caso del romanziere che iniziando a fissare le sue idee su carta o
nastro registrato acquisisce il diri<o quando il romanzo inizia ad avere corpo. Tu<e le opere sono
registrate nel registro pubblico generale delle opere prote<e mentre quelle musicali e
cinematografiche sono registrate nel registro della S.I.A.E. (Società Italiana Autori ed Editori). Tali
21
registrazioni non hanno però cara<ere cos+tu+vo del diri<o. Il diri<o d’autore riconosce 2
categorie dis+nte di diriA: i diriA morali e i diriA patrimoniali. Diri<o morale per eccellenza è il
riconoscimento della paternità dell’opera all’autore che ha diri<o di rivendicarla contro chiunque la
usurpa. Altri diriA morali sono:
1) il c.d. diri<o di inedito che consente la facoltà di pubblicare o meno la propria opera e di
farlo con il proprio nome o in anonimato;
2) il diri<o di ri+rare l’opera dal pubblico qualora venga alterata o possano derivare dalla
pubblicazione alterazioni dell’onorabilità del nome dell’autore. Si puntualizza però, che nel
caso l’opera venga ri+rata dal commercio, l’autore deve indennizzare equamente i detentori
dei diriA di u+lizzazione economica.
Ques+ diriA sono inalienabili e irrinunciabili, oltre ad essere esercitabili anche dal coniuge dopo la
morte dell’autore (eccezion fa<a per i diriA di u+lizzazione economica). L’autore ha diri<o
esclusivo di u+lizzazione economica in ogni forma e ad ogni +tolo originario e derivato. Sono
minuziosamente elenca+ negli ar<. 13-18 bis della l. aut.. Il diri<o d’autore si es+ngue in 70 anni
dopo la morte dell’autore.
3. Trasferimento del diriOo di u<lizzazione economica
Il diri<o d’autore è liberamente trasferibile, sia per a<o fra vivi che mor+s causa. Se è trasferito per
a<o fra vivi questo deve farsi per iscri<o, e si possono scegliere tuA gli schemi contra<uali offer+
dell’ordinamento, +pici e a+pici. In genere però i contraA scel+ sono il contra<o di edizione e il
contra<o di rappresentazione e di esecuzione. Con il contra<o di edizione l’autore concede in
esclusiva ad un editore la possibilità di stampare, divulgare e vendere l’opera dell’ingegno ogge<o
del contra<o a spese dell’editore stesso. In genere si pa<uisce il compenso dell’autore in base al
successo delle vendite ma, sopra<u<o se l’opera è realizzata in collaborazione con l’editore, si può
preferire un compenso a forfait. La durata non può superare i 20 anni. Con il contra<o di
riproduzione e di esecuzione l’autore concede, non in esclusiva, di poter riprodurre in pubblico, a
spese di chi vi provvede, della propria opera dell’ingegno. Per il residuo della disciplina è
applicabile la medesima stru<ura del contra<o di edizione. Per tutelare l’autore da possibili plagi
opera+ all’estero, l’Italia ha aderito alla Convenzione di Berna e alla Convenzione di Ginevra per
estendere la tutela del diri<o anche all’estero.
B) Le invenzioni industriali
4. OggeOo e requisi< di validità
Le invenzioni industriali sono ingegnose soluzioni di problemi riscontra+ nell’abito della tecnica,
applicabili nella produzione di beni e servizi. Ne<a è perciò la differenza con le opere dell’ingegno
(concernen+ l’ambito della cultura e tutelate dal diri<o d’autore). Anche la tutela delle invenzioni è
differente, essa si concreta nel breve<o o<enibile presso l’ufficio breveA e marchi tenuto presso il
Ministero dello Sviluppo Economico. Possono essere ogge<o di breve<o le invenzioni di maggior
rilievo tecnologico che si possono suddividere in: 1) Invenzioni di prodo<o: hanno per ogge<o
l’invenzione di un nuovo prodo<o come macchine o compos+ chimici; 2) Invenzioni di
procedimento: hanno per ogge<o l’invenzione di un nuovo procedimento per creare prodoA già
no+ in modo più facile, veloce ed economico; 3) Invenzioni derivate: possono consistere
22
nell’ingegnosa combinazione di più invenzioni per o<enere una novità tecnica derivata (invenzioni
di combinazioni), oppure possono perfezionare delle invenzioni già esisten+ (invenzioni di
miglioramento) ed infine possono scoprire una nuova u+lizzazione di un’invenzione già esistente
(invenzione di traslazione). Non sono soggeA alla tutela dei breveA, per scelta del legislatore:
a) Le scoperte scien+fiche, i metodi matema+ci;
b) I piani e i principi di gioco, di aAvità commerciali;
c) Le prestazioni di informazioni,
d) I souware (tutela+ dal diri<o d’autore);
e) I metodi di diagnosi medica (come la TAC).
I requisi+ dell’invenzione breve<abile sono: liceità, novità, aAvità inven+va ed applicazione
industriale. È nuova l’invenzione non ancora divulgata sia in Italia che all’estero. Un’invenzione è
dotata di aAvità inven+va se non è facilmente intuibile da un tecnico medio esperto del se<ore. Il
progresso può essere anche di piccola en+tà, purché presen+ le cara<eris+che crea+ve prima
elencate, fru<o della geniale intuizione. L’applicazione industriale è indispensabile perché
l’invenzione sia breve<abile.
5. L’invenzione breveOata
La tutela giuridica offerta ai breveA è sia morale che materiale. Il primo diri<o morale è il
riconoscimento dell’autore dell’opera che ne acquista la paternità solo per il fa<o che l’invenzione
è venuta ad esistenza. L’autore ha diri<o all’assegnazione del breve<o che conferisce anche il
diri<o di u+lizzazione economica. Il breve<o è concesso dall’ufficio breveA e marchi su domanda
del richiedente. Tale domanda deve contenere una spiegazione de<agliata u+lizzabile da
qualunque esperto del se<ore corredata da eventuali disegni che ne favoriscano l’intelligenza. Il
breve<o dura 20 anni dalla data di deposito della domanda e non è rinnovabile. Può decadere (ad
es. per mancata a<uazione) o può essere dichiarato nullo nel caso venga meno uno dei requisi+
essenziali sopra descriA. Il +tolare del breve<o gode del diri<o di esclusiva in merito alla di
fabbricazione, circolazione e commercializzazione dello stesso. Si no+ che per quanto riguarda i
breveA di procedimento, sono tutela+ nei limi+ dello stesso. Sarà quindi passibile di azione di
contraffazione solo colui che produce e commercializza gli stessi prodoA u+lizzando lo stesso
metodo breve<ato e non invece chi produce con altri metodi non breve<a+. Il breve<o è
liberamente trasferibile sia inter vivos che mor+s causa. È trasferibile anche separatamente
dall’azienda. È possibile anche trasferire la sola u+lizzabilità del breve<o (c.d. licenza d’uso) con o
senza l’esclusiva di fabbricazione. È proprio con la licenza non esclusiva che le grandi industrie dei
paesi industrializza+ esportano breveA in altri paesi arretra+ creando dipendenza industriale e
commerciale. Il breve<o è tutelato con l’azione di contraffazione proponibile sia dal +tolare che dal
licenziatario del breve<o. L’azione può avere conseguenze sia civili che penali e inizia con
l’inibitoria di tu<a la contraffazione già in circolazione e delle apparecchiature di produzione. Il
materiale contraffa<o può essere riconosciuto in proprietà del +tolare o distru<o. Il diri<o di
esclusiva opera solo in Italia. Per la tutela internazionale esiste il breve<o comunitario rilasciato
dall’ufficio breveA di Monaco e valevole per tuA gli sta+ dell’Unione europea. Si no+ però che la
legge comunitaria che creò il breve<o internazionale, seppur ra+ficata in Italia, non ha ancora
23
valore. Inoltre, il breve<o comunitario annulla la tutela prestata dagli sta+ nazionali per fare posto
a quella comunitaria.
6. L’invenzione non breveOata
Chiunque, inventore o terzo avente causa, abbia fa<o uso dell’invenzione da altri breve<ata nella
propria azienda nei 12 mesi preceden+ al deposito della domanda di breve<o può con+nuare a
sfru<are l’invenzione stessa nei limi+ del preuso. Il preutente può altresì trasferire la facoltà di
u+lizzo, ma solo insieme all’azienda in cui l’invenzione è u+lizzata, restando a suo carico la prova
del preuso e dell’ampiezza dello stesso.
C) I modelli industriali
7. Modelli di u<lità. Disegni e modelli
I modelli industriali sono creazioni intelle<uali applicate ad un’industria di minor rilievo rispe<o
alle invenzioni industriali. Possono essere modelli di u+lità o disegni e modelli. I primi migliorano
un’invenzione dal punto di vista della funzionalità (si rende più comoda una poltrona da den+sta) i
secondi ne migliorano solo la forma e l’aspe<o (es. un nuovo e innova+vo modello di sedia). La
disciplina ricalca sostanzialmente quella dei breveA, con i dovu+ ada<amen+ per i criteri di novità
e originalità. L’unica differenza è nella durata: 10 anni per i modelli di u+lità, invece di 20.
Per i disegni e modelli il d.lgs. 95/2001, ha modificato la previgente disciplina: la tutela avviene
mediante la registrazione che è subordinata al ricorrere dei requisi+ della novità e del cara<ere
individuale, vale a dire che il disegno o modello da registrare devono suscitare nell’u+lizzatore
un’impressione diversa da quella generata da altri prodoA. La registrazione dura 5 anni, ma può
essere prorogata per periodi di 5 anni, fino ad un massimo di 25.

CAPITOLO 8 – LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA


1. Concorrenza perfeOa e monopolio
Contemporanea presenza sul mercato di numerose imprese in compe+zione tra loro, nessuna delle
quali sia singolarmente in grado di condizionare il prezzo delle merci vendute. Questo è il modello
ideale di funzionamento del mercato: la concorrenza perfe$a (ideale perché spinge verso una
riduzione dei cos+ e dei prezzi di vendita; assicura la naturale eliminazione dal mercato delle
imprese meno compe++ve; s+mola il progresso tecnologico e l’accrescimento dell’efficienza
produAva). La concorrenza perfe<a è solo un modello ideale e teorico. Nei se<ori strategici della
produzione, la tendenza è verso un regime di mercato sempre più lontano dalla concorrenza
perfe<a. Si vengono così spesso a creare situazioni di oligopolio. Gli imprenditori riescono a
sfru<are questa situazione s+pulando intese volte a limitare la reciproca concorrenza, arrivando
anche al punto da controllare l’intera offerta di un dato prodo<o (monopolio di fa<o). La legge
italiana:
• consente limitazioni legali della libertà di concorrenza per fini di u+lità sociale ed anche la
creazione di monopoli legali in specifici se<ori di interesse generale;
• consente limitazioni negoziali della concorrenza;
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• assicura l’ordinato e corre<o svolgimento della concorrenza a<raverso la repressione degli
aA di concorrenza sleale.
Per lungo tempo il sistema italiano della concorrenza è stato sprovvisto di una norma+va
an+monopolis+ca. Questo vuoto è stato colmato dalla legge 287/1990.
A) Legislazione an<monopolis<ca
2. La disciplina italiana e comunitaria
La libertà di inizia+va economica e la compe+zione fra imprese non possono tradursi in aA e
comportamen+ che pregiudicano la stru<ura concorrenziale del mercato (principio generale della
disciplina an+monopolis+ca dell’U.E.) La legge 287/1990 is+tuisce l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (AGCM), affidandogli il compito di a<uare la legislazione ispirata al
principio generale sopraesposto, autorizzando l’irrogazione di sanzioni sia amministra+ve che
pecuniarie. I comportamen+ an+concorrenziali sono per definizione: le intese, l’abuso di posizione
dominante e le concentrazioni. È tu<avia u+le ricordare che la norma+va italiana è valevole solo in
via residuale per la sola concorrenza locale, in quanto a livello comunitario vige la disciplina
europea.
3. Le singole faFspecie
Le intese sono accordi tra imprese (operan+ anche a<raverso stru<ure giuridicamente riconosciute
come consorzi, associazioni), vol+ a limitare la libertà di azione delle stesse sul mercato. Chiari
esempi sono la pa<uizione di un prezzo unitario o il con+ngentamento della produzione. Non tu<e
le intese sono vietate; solo quelle che alterano considerevolmente il gioco delle concorrenze nei
merca+. Sono quindi consen+te le c.d. intese minori, quelle cioè che per porzione di mercato
interessato, natura degli accordi e cara<eris+che non incidono in maniera rilevante. È l’autorità
garante che riceve la denuncia di chiunque vi abbia interesse, accerta le circostanze e se è il caso
dichiara nulle le intese an+concorrenziali. Può capitare che la stessa autorità autorizzi un’intesa o
delle intese altrimen+ vietate solo temporaneamente, magari per poter superare un periodo di
crisi. Ma tale autorizzazione è concessa solo se è a vantaggio dei consumatori. Inoltre, qualsiasi
danneggiato dall’a<uazione di un’intesa vietata può agire per il risarcimento davan+ alla
magistratura ordinaria: il diri<o al risarcimento si prescrive in 5 anni dal momento della cessazione
del comportamento illecito, ma il termine inizia a decorrere solo dopo che il danneggiato sia
venuto a conoscenza del fa<o lesivo e dell’iden+ficazione dell’autore della violazione.
La seconda aAvità an+concorrenziale disciplinata dal codice è l’abuso di posizione dominante di
una o più imprese: il divieto non investe il fa<o che un’impresa si sia meritatamente e lealmente
conquistata una posizione dominante sul mercato; vietato è lo sfru<amento abusivo di tale
posizione con comportamen+ capaci di pregiudicare la concorrenza effeAva. In par+colare, è
vietato: a) Imporre prezzi ed altre condizioni contra<uali ingius+ficatamente gravosi come l’obbligo
di acquisto dell’intera fornitura senza la possibilità di poterla dilazionare; b) Rifiutarsi di eseguire
delle prestazioni ad altre imprese solo perché non sono nella rete di vendita dell’impresa
dominante; c) Offrire servizi iden+ci a prezzi ingius+ficatamente diversifica+.
Il divieto di abuso è a sua volta constatabile dall’autorità garante in prima persona o dietro
segnalazione di chiunque vi abbia interesse. L’autorità ha il potere di far cessare il comportamento
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an+concorrenziale e di irrogare sanzioni pecuniarie e amministra+ve fino alla sospensione
dell’aAvità per 30gg nei casi più gravi (comportamen+ reitera+).
È inoltre possibile l’esistenza di rappor+ di dipendenza economica che palesano la posizione
dominante di un’impresa nei confron+ di un’altra, senza che ci sia posizione dominante sul
mercato generale, ma par+colareggiata a quello specifico rapporto. Si intende per dipendenza
economica “la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare, […], un eccessivo squilibrio
di diriA e obblighi”. Anche in questo caso sono riscontrabili gli abusi sopra indica+ e l’impresa
dominante è sanzionabile con il risarcimento dei danni oltre che con le sanzioni che le vengono
accordate dall’autorità.
Terzo e ul+mo fenomeno an+concorrenziale è rappresentato delle concentrazioni, che possono
essere: 1) Giuridiche: quando 2 o più imprese decidono di fondersi in un’unica grande impresa; 2)
Economiche: quando 2 o più imprese non si fondono giuridicamente, ma lo sono economicamente
per via della fi<a rete di rappor+ commerciali intra<enu+; 3) 2 o più imprese si cos+tuiscono in
società.
Vista la grande quan+tà di opzioni giuridiche che possono palesare delle concentrazioni (fusioni,
scissioni, partecipazioni di società, ecc) queste non sono in linea di principio vietate anzi, se fa<e
con sano spirito concorrenziale possono migliorare il mercato accrescendo la compe++vità delle
imprese. Diventano però illecite quando alterano gli equilibri e il gioco delle concorrenze, che
ovviamente si verificano per le concentrazioni di grandi dimensioni. È quindi rilevante l’en+tà della
concentrazione, e quando questa supera certe soglie; per procedere alla concentrazione, si deve
richiede preven+vamente l’autorizzazione all’autorità garante o alla Commissione Ue. Tale
autorizzazione può essere negata o concessa con delle limitazioni in modo da impedire che generi
una posizione dominate sul mercato tale da determinare il fenomeno an+concorrenziale sopra
descri<o. È tu<avia possibile che vengano concesse delle concentrazioni altrimen+ vietate se
queste rispe<ano delle intese precedentemente pa<uite con il governo. Pesan+ possono essere le
sanzioni infli<e per la cos+tuzione di concentrazioni non autorizzate (anche il 10% del fa<urato) o
per la mancata a<uazione di contromisure volte ad evitare comportamen+ an+concorrenziali.
B) Le limitazioni della concorrenza
4. Limitazioni pubblicis<che e monopoli legali
La libertà di inizia+va privata e la libertà di concorrenza sono diriA cos+tuzionalmente stabili+ ma
altre<anto limitabili per ragioni di pubblica u+lità. Tu<avia, tale pra+ca è scoraggiata
dall’armonizzazione al diri<o europeo che predilige la filosofia della priva+zzazione. Quindi,
quando è previsto un regime imprenditoriale di monopolio, il legislatore è obbligato ad imporre al
monopolista dei comportamen+ al fine di impedire il danno dei consumatori. Tali comportamen+
sono:
1) Obbligo di contrarre a chiunque ne faccia richiesta e di accontentare tu<e le richieste del
cliente nei limi+ delle possibilità e della natura dell’impresa monopolista;
2) Parità di tra<amento tra tuA i contraen+, da operarsi anche tra fasce differenziate di clien+
purché si contragga ogni qualvolta siano soddisfaA i requisi+.

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La parità di tra<amento non implica però che le condizioni contra<uali debbano essere
necessariamente le stesse per tuA gli uten+.
5. Limitazioni convenzionali della concorrenza
Gli accordi limita+vi della concorrenza sono possibili purché rispeAno tre requisi+:
1) Forma scri<a;
2) Limitazione del pa<o ad un determinato territorio o ad una determinata aAvità;
3) Durata non superiore ai 5 anni.
In passato era possibile la cos+tuzione di monopoli di fa<o, che è però stata vietata dalla legge
287/1990 che ha introdo<o il divieto di intese abusive e di abuso di posizione dominante. Esempi
classici di aA limita+vi della concorrenza sono i consorzi aA alla produzione di cartelli quan+ta+vi,
di prezzo e di zona. È poi possibile che il pa<o limita+vo della concorrenza sia inserito in un
contra<o di subfornitura o simili, per esempio, imponendo la determinazione del prezzo di vendita
(gela+ Algida). In quest’ul+mo caso l’accordo si presume che duri per tu<a la durata del contra<o,
e non solo per 5 anni.
C) La concorrenza sleale
6. Libertà di concorrenza e disciplina della concorrenza sleale
Il danno che un imprenditore subisce a causa della so<razione della sua clientela operata da altro
imprenditore non è un danno ingiusto e quindi non è risarcibile. È quindi una necessità sociale
determinare quali siano gli aA di concorrenza leale e quali di concorrenza sleale. I traA salien+ di
tale disciplina possono essere così riassun+. Sono aA di concorrenza sleale tuA quelli non
conformi alla corre<ezza professionale, alcuni dei quali sono elenca+ dal codice come: campagna
denigratoria, aA di confusione e aA di vanteria. Tali comportamen+ sono puni+ anche se non vi è
dolo o colpa ed anche se non hanno effeAvamente danneggiato un concorrente. È infaA punito il
danno potenziale con sanzioni che partono dall’inibitoria degl’aA pos+ in essere con l’eliminazione
degli effeA, per finire con il risarcimento nei casi in cui sussista l’elemento psicologico o il danno.
Gli interessi in gioco non si esauriscono nel solo diri<o degl’imprenditori di operare in un mercato
leale, ma si va ben oltre; è tutelato, innanzitu<o, l’interesse dei consumatori a non essere
inganna+ da aA di concorrenza sleale. Alla tutela dai comportamen+ sleali si è giun+ finalmente
con il d.lgs. 146/2007 che ha introdo<o l’aAvabilità degli organismi di accertamento dell’autorità
garante da parte dei consumatori, par+colarmente colpi+ da pra+che di pubblicità ingannevole. È
quindi aAvabile da chiunque vi abbia interesse o d’ufficio ed ha come conseguenze l’inibitoria
degl’aA di concorrenza sleale.
7. Gli aF di concorrenza sleale
Gli a. di concorrenza sleale sono indica+ dall’ar+colo 2598 c.c.. Sono qualificabili come aA che
tendono alla distrazione della clientela, aArando la stessa con l’inganno o con l’intento di
confondersi con altri imprenditori che hanno avuto successo. Il legislatore individua 2 gruppi di
comportamen+ sleali:

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• 1° gruppo (aA di distrazione della clientela): a) L’uso degli stessi segni dis+n+vi in modo da
produrre distrazione della clientela; b) La riproduzione servile del prodo<o altrui (involucro,
forma, confezionamento, ecc) in modo da indurre la clientela a supporre che provengano
dallo stesso imprenditore.
• 2° gruppo: a) AA denigratori di altri imprenditori o dei loro prodoA. Arma fondamentale in
questo senso è la pubblicità (denigratoria o iperbolica); b) AA di vanteria. Consistono
nell’appropriarsi di meri+ appartenen+ ad altri concorren+.
Tipico esempio di a<o denigratorio è la pubblicità iperbolica, cioè quella pubblicità che esalta
delle qualità soggeAve del prodo<o facendo credere che questo sia l’unico a possederle.
Diventa quindi implicito che i prodoA concorren+ vengano denigra+ (es. il caffè X è il solo che
non fa male al cuore). È invece consen+ta l’affermazione semplice ed onesta della superiorità
del proprio prodo<o (es. il pane<one M non è un pane<one ma il pane<one). DibaAto
interessante è nato in do<rina in merito all’ammissione o meno della pubblicità compara+va. Si
è infine deciso che questa è ammessa purché si fondi su da+ veri+eri oggeAvamente
verificabili, non geA discredito sui concorren+ e non si tragga vantaggio dall’altrui fama.
Ulteriori forme di concorrenza sleale possono essere:

➢ Pubblicità menzognera: consiste nell’a<ribuire ai prodoA sponsorizza+ qualità


inesisten+ e non appartenen+ a nessun altro prodo<o concorrente (per questo non è
qualificabile come a<o di confusione o di vanteria);

➢ Concorrenza parassitaria: che consiste nell’imitazione di prodoA e strategie di mercato,


appena dis+nguibili per non confondere la clientela, ma evidentemente nascen+
nell’ombra dell’idea altrui;

➢ Dumping: sistema+ca vendita di prodoA so<ocosto per sviare la clientela;


➢ Storno di dipenden+: so<razione sleale di dipenden+ specializza+.
CAPITOLO 9 – I CONSORZI TRA IMPRENDITORI
1. Nozioni e <pi
“Con il contra<o di consorzio più imprenditori is+tuiscono un’organizzazione comune per la
disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispeAve imprese” (art. 2602). Il consorzio
è quindi uno strumento di cooperazione interaziendale tra imprenditori, non necessariamente
concorren+, che il legislatore inquadra in due +pologie generali:
• i consorzi an:concorrenziali: finalizza+ alla cos+tuzione di paA concorrenziali vol+ a
limitare la concorrenza tra imprenditori che svolgono uguali/simili aAvità (art. 2603 c.c.);
• i consorzi con funzione di coordinamento (de. anche di cooperazione interaziendale):
finalizza+ alla realizzazione di quelle “determinate fasi delle rispeAve imprese” disciplinate
nell’art. 2602. È quindi la compartecipazione alle aAvità imprenditoriale fra i consorzia+ ad
essere protagonista in questo +po di consorzi, poiché perme<e di ridurre i cos+ di ges+one
delle singole imprese consorziate e risponde all’esigenza di accrescere la compe++vità delle
imprese che vi partecipano.

28
Ai fini civilis+ci le due forme di consorzio godono della medesima disciplina.
È evidente però che la disciplina delle due +pologie solleva problemi diversi. Per i consorzi
an+concorrenziali sussiste il problema della formazione dei monopoli di fa<o, che però è
efficacemente contrastata dalla norma+va an+monopolis+ca nella faAspecie del divieto di intese.
Per quel che riguarda invece i consorzi di cooperazione interaziendale la loro disciplina è
decisamente guardata con favore del legislatore, per via del fa<o che la loro finalità è quella di
accrescere la compe++vità tra imprese. Seppur sul piano priva+s+co la disciplina delle 2 +pologie è
pressoché unitaria, il codice dis+ngue tra consorzi con aAvità esterna ed interna: la differenza tra i
due sta nel fa<o che mentre i consorzi con aAvità interna prevedono la sola regolazione dei
rappor+ interni tra consorzia+ (art. 2603 – 2611 c.c.), nei consorzi con aAvità esterna sono previs+
dei rappor+ con i terzi assun+ dal consorzio come persona giuridica ed espressamente regola+ da
un’apposita sezione del codice (ar<. 2612 - 2615 c.c.).
2. Il contraOo di consorzio. L’organizzazione consor<le
Il contra$o di consorzio è riservato a coloro che possiedono la qualità di imprenditori, in quanto
solo ques+ ul+mi possono avere interesse all’organizzazione comune di par+ delle rela+ve imprese.
Tu<avia, en+ pubblici e priva+ di ricerca, possono consorziarsi grazie all’intervento di una
legislazione speciale di ausilio. Il contra<o deve essere eseguito per iscri<o a pena di nullità (art.
2603 c.c. c. 1) e deve indicare par+colarmente l’ogge<o, gli obblighi assun+ e le eventuali cifre
dovute dai consorzia+. È inoltre un contra<o di durata per definizione, e questa può essere
liberamente fissata, anche se non è indispensabile in quanto se non è apposta si considera fissata
in 10 anni. È diba<uto se sia valevole anche in deroga ai 5 anni previs+ per gli accordi limita+vi
della concorrenza. Il contra<o di consorzio è un contra<o aperto: è possibile entrare nel consorzio
senza l’approvazione di tuA i consorzia+; è però necessario che le condizioni e la possibilità
d’ingresso siano inseri+ nel contra<o. Resta fermo, inoltre, il diri<o dei consorzia+ di escludere il
nuovo entrato per giusta causa. Il contra<o di consorzio può sciogliersi per recesso del socio e per
esclusione dello stesso. Tipica causa di esclusione è l’inadempimento delle obbligazioni consor+li.
Ben diverse sono però le cause di scioglimento dell’intero consorzio, che può aversi: per decisione
maggioritaria quando sussiste una giusta causa; per decisione unanime in tuA gli altri casi.
L’organizzazione consor+le è volta ad assicurare lo svolgimento dello scopo consor+le espresso nel
contra<o, e consta di 2 organi: l’assemblea di tuA i consorzia+ (con funzioni delibera+ve) e un
organo direAvo (con funzioni gestorie).
3. I consorzi con aFvità esterna
Disciplina integra+va di quella fin qui esposta, prevede l’is+tuzione di un ufficio per svolgere
aAvità con terzi e per dare forma al fine +picamente imprenditoriale di tali consorzi. È poi prevista
una forma di pubblicità legale da realizzarsi a<raverso il deposito del contra<o di consorzio presso
il R. I., delle sue eventuali future modificazioni, entro 30gg dalla s+pula (art. 2612 c.c.). L’organo
direAvo è composto dalla presidenza e dalla direzione. Il contra<o deve quindi indicare le persone
alle quali sono a<ribuite tali cariche oltre quelle alle quali è a<ribuita la rappresentanza. Tali
indicazioni devono essere iscri<e nel R.I. le persone preposte alla direzione hanno l’obbligo di
redigere la “situazione patrimoniale” annuale secondo quanto previsto in tema di bilancio S.p.A. e
devono depositarlo nel R.I. È inoltre obbligatoria la cos+tuzione di un fondo patrimoniale (c.d.
fondo consor+le) composto da beni inizialmente e successivamente conferi+ dai consorzia+ e da
29
beni con ques+ acquista+. Lo scopo di tale formazione è quello di garan+re un’en+tà patrimoniale
aggredibile dai creditori consor+li (e solo da ques+) posta a garanzia dei loro credi+. Le
obbligazioni consor+li sono dal codice divise in 2 categorie:
1. Obbligazioni consor+li assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentan+: per tali
obbligazioni risponderà solo il consorzio con il fondo consor+le;
2. Obbligazioni assunte dagl’organi del consorzio in favore di uno solo o di alcuni consorzia+:
per tali obbligazioni risponderanno in solido sia il fondo consor+le che il consorziato. In
caso di insolvenza di quest’ul+mo risponderanno tuA i consorzia+ in proporzione delle loro
quote.
4. Le società consor<li
Società e consorzi possono essere, a seconda dei casi, organismi dell’autonomia privata affini o
discordan+. Sono decisamente discordan+ quando il consorzio svolge solo aAvità interna,
mancando in tal caso l’esercizio in comune di un’aAvità economica. Ben diversa e più soAle è la
differenza che intercorre tra le società e i consorzi con aAvità esterna. Tale differenza è da
ricercarsi nello scopo perseguito, perché la natura imprenditoriale volta alla realizzazione di uno
interesse economico (c.d. scopo egois+co) è la stessa. L’obieAvo dei consorzi è quello di realizzare
un c.d. vantaggio patrimoniale dire<o per gli imprenditori consorzia+, per esempio, a<raverso la
circolazione all’interno del consorzio di merci e materie prime necessarie ai consorzia+ nella loro
aAvità di impresa. L’interesse dei consorzia+, in questo caso, si realizza a<raverso un risparmio di
spesa. Per contro le società acquistano merci per rivenderle ad un prezzo maggiorato. Tale
maggiorazione comprende gl’u+li che vogliono distribuire tra i soci. Quindi lo scopo delle società
non è quello di guadagnare risparmiando sull’acquisto, ma di lucrare sulla vendita. È infaA
altre<anto soAle la differenza che intercorre tra lo scopo consor+le e quello +picamente
perseguito dalle coopera+ve: lo scopo mutualis+co. Quest’ul+mo è specifico e +pico e si
cara<erizza nel risparmio di spesa (delle coopera+ve di produzione) o punta alla maggiore
retribuzione del lavoro (nelle coopera+ve di lavoratori). Diversa è invece la natura +picamente
imprenditoriale dello scopo consor+le, che ha come obieAvo quello di offrire un risparmio globale
di spesa che si rifle<e singolarmente nelle imprese preesisten+ al consorzio. Nonostante l’evidente
differenza fra i consorzi e le società (sia lucra+ve che mutualis+che), il legislatore con la riforma del
’76 ha consen+to che una società possa perseguire uno scopo +picamente consor+le: l’art. 2615 –
ter dispone infaA che tu<e le società lucra+ve, ad eccezione della società semplice, “possono
assumere come ogge<o sociale gli scopi indica+ dall’art. 2602”.
È quindi lecito cos+tuire una S.p.A. nel cui a<o cos+tu+vo si dichiari espressamente l’esclusiva
finalità consor+le perseguita e la non persecuzione di conseguire u+li da distribuire ai soci.
5. Il Gruppo europeo di interesse economico (Geie)
Funzione iden+ca a quella dei consorzi di coordinamento con aAvità esterna può essere realizzata
in campo transnazionale a<raverso la cos+tuzione di un gruppo europeo di interesse economico.
Il Geie è un is+tuto giuridico predisposto dall’Unione Europea per favorire la cooperazione tra
imprese appartenen+ a diversi Sta+ membri, rimuovendo gli ostacoli frappos+ dalle legislazioni
nazionali.
30
La disciplina di base del Geie è fissata dal regolamento comunitario 2137/1985.
La stru<ura del Geie ricalca quella dei consorzi di cooperazione con aAvità esterna.
Par+ del contra<o cos+tu+vo del gruppo possono essere persone fisiche o giuridiche che svolgono
un’a.vitá economica. Al pari dei consorzi con aAvità esterna, il Geie è un centro autonomo di
rappor+ giuridici dis+nto dai suoi membri, ma privo di personalitá giuridica. Ha infaA “la capacità,
a proprio nome, di essere +tolare di diriA e di obbligazioni di qualsiasi natura” ed è dotato di
capacità processuale.
Il gruppo “non ha lo scopo di realizzare profiA per sé stesso”, dato che la sua finalitá è quella di
agevolare e di sviluppare l’aAvitá economica dei suoi membri.
Il contra<o cos+tu+vo del Geie deve essere reda<o per iscri<o a pena di nullitá: nel contra<o
devono essere indica+ almeno la denominazione del gruppo preceduta dalla sigla Geie; la sede,
che deve essere situata nell’UE; l’ogge<o; il nome dei membri e infine la durata, che può essere
anche indeterminata.
Il contra<o è sogge<o a pubblicità legale, mediante iscrizione nel R.I. e sempre con questa acquista
la capacitá di essere +tolare di diriA ed obbligazioni.
Sono previs+ due organi: un organo collegiale (assemblea) composto da tuA i membri ed un
organo amministra+vo. I membri del gruppo possono ado<are collegialmente qualsiasi decisione
per la realizzazione dell’ogge<o del gruppo. Le decisioni più importan+ devono essere prese
all’unanimità.
La ges+one del Geie è affidata a uno o più amministratori. Può essere nominato amministratore
anche una persona giuridica, la quale esercita le rela+ve funzioni tramite un proprio
rappresentante, persona fisica.
Il Geie deve tenere le scri<ure contabili previste per gli imprenditori commerciali,
indipendentemente dalla natura commerciale o meno dell’aAvità esercitata. Gli amministratori
redigono il bilancio, lo so<opongono all’approvazione dei membri e provvedono a depositarlo nel
R.I..
Rispe<o al consorzio, il Geie è cara<erizzato da una maggiore stabilità patrimoniale e gestoria,
dalla inderogabile responsabilità illimitata e solidale dei suoi membri e quindi da una più ampia e
sicura affidabilità sul mercato: la responsabilità citata è solo in parte mi+gata dall’esclusione dal
fallimento dei membri del gruppo in conseguenza del fallimento del Geie. La responsabilità dei
membri è tu<avia sussidiaria rispe<o a quella del Geie: i creditori possono infaA agire nei
confron+ dei membri “soltanto dopo aver chiesto al gruppo di pagare e qualora il pagamento non
sia stato effe<uato entro un congruo termine”.
Una peculiarità per quando riguarda i nuovi membri è che essi debbono rispondere anche delle
obbligazioni anteriori al loro ingresso, mentre per i membri uscen+, ques+ debbono con+nuare a
rispondere delle obbligazioni anteriori.
ATI: associazioni temporanee o raggruppamen< temporanei di imprese

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Si tra<a di un fenomeno di cui il legislatore ha preso a<o specialmente nella disciplina degli aA
pubblici. L’art. 34 del d.lgs. 163/2006 (codice per gli appal+ pubblici), amme<e a presentare offerte
per gli appal+ “i raggruppamen+ temporanei di concorren+ che, prima della presentazione
dell’offerta, abbiano conferito un mandato colleAvo speciale con rappresentanza ad uno di essi,
qualificato mandatario, il quale esprime l’offerta in nome e per conto proprio e dei mandan+”.
Si tra<a di ipotesi nelle quali, pur essendo il contra<o d’appalto e l’opera da eseguire unici, in esso
è espressamente previsto che la sua esecuzione sia a<uata da imprese diverse in relazione alle
diverse par+ dell’opera, u+lizzando le singole imprese nel se<ore in cui esse sono specializzate.

PARTE SECONDA – LE SOCIETA’


CAPITOLO 10 – LE SOCIETA’
1. Il sistema legisla<vo
Le società sono organizzazioni di persone e di mezzi create dall’autonomia privata per l’esercizio in
comune di un’aAvità produAva. Sono le forme +piche e più importan+ di espressione dell’impresa
colleAva, a<raverso le quali vengono cos+tuite le medie e grandi imprese. I +pi di società che la
legislazione me<e a disposizione dell’autonomia privata sono o<o, e solo all’interno di ques+ si
può scegliere. Queste +pologie sono: società semplice, società in nome colleAvo, società in
accomandita semplice, società per azioni, società in accomandita per azioni, società a
responsabilità limitata, coopera+ve e mutue assicuratrici. Tali +pi possono essere diversi gli uni
dagl’altri e per iniziare possiamo già definire 2 categorie di società: la s.s., la s.n.c. e la S.a.s. sono
definibili società di persone; la S.p.A., la s.a.p.a. e la s.r.l. sono definite società di capitali.
Nonostante queste differenze la nozione di società, derivante da quella di contra<o sociale, è
unitaria ed è fornita dall’art. 2247. E da questa bisogna necessariamente par+re.

A) La nozione di società
2. Il contraOo di società
“Con il contra<o di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune
di aAvità economica allo scopo di dividerne gli u+li” (art. 2247). È questa la nozione legisla+va del
contra<o di società. Diversamente dal passato è oggi possibile cos+tuire delle società unipersonali,
precisamente s.r.l. ed S.p.A. Tre sono quindi gli elemen+ che cara<erizzano una società e la
dis+nguono dagl’altri asseA associa+vi (associazioni, consorzi, ecc), e sono:
1) La presenza dei conferimen+;
2) L’esercizio in comune di aAvità economica (c.d. scopo - mezzo);
3) Lo scopo della divisione degl’u+li (c.d. scopo - fine).
3. I conferimen<

32
I conferimen: sono le prestazioni cui le par+ del contra<o di società si obbligano. La finalità di tali
obbligazioni è quella di dotare la società di un patrimonio iniziale. I conferimen+ cos+tuiscono il
c.d. capitale di rischio delle par+, che potrebbero non veder remunerato il loro inves+mento se la
società non consegue u+li o subisce perdite, che potrebbero “consumare” in tu<o o in parte i
conferimen+. Qualsiasi bene o servizio susceAbile di valutazione economica è conferibile alla
società; i beni e i servizi possono essere di qualsiasi natura (mobili, immobili, materiali,
immateriali, prestazioni d’opera e intelle<uali, ecc). Tu<avia, tale ampia libertà di conferire, trova
opportuni temperamen+ in alcuni +pi di società di capitali come la S.p.A. o le coopera+ve dove è
espressamente vietato conferire prestazioni d’opera.
4. Patrimonio sociale e capitale sociale
Il patrimonio sociale è il complesso dei rappor+ giuridici aAvi e passivi facen+ capo alla società.
All’inizio è composto solo dai conferimen+, per poi subire mutamen+ qualita+vi e quan+ta+vi a
seconda delle vicissitudini economiche della società. La differenza posi+va tra le aAvità e le
passività è definito patrimonio ne<o. Il patrimonio sociale è la garanzia principale dei creditori
sociali qualora con la società rispondono alcuni soci illimitatamente responsabili. Mentre è
garanzia esclusiva nel caso in cui la società risponda delle obbligazioni sociali con il solo patrimonio
sociale. Il capitale sociale nominale esprime invece l’ammontare monetarizzato dei conferimen+.
Questo è calcolato sommando sia i conferimen+ effeAvamente versa+ (capitale versato) sia i
conferimen+ per i quali si sono obbliga+ i soci (capitale so<oscri<o). Il capitale sociale nominale
rimane invariato durante la vita della società, ma può essere sia aumentato (es. per nuovi
conferimen+) o diminuito (es. per perdite). Rappresenta quindi un valore storico della società ed
assolve a 2 funzioni fondamentali: la funzione vincolis+ca e la funzione organizza+va. Essendo il
C.S.N. un valore storico, questo deve rimanere immutato per tu<o l’arco della vita della società.
Quindi per comprendere davvero la funzione vincolis:ca del C.S.N. possiamo dire che è
rappresentato da una frazione del patrimonio ne<o (esa<amente corrispondente all’ammontare
dei conferimen+) che non può essere ridistribuita tra i soci (c.d. capitale reale). Per questo mo+vo
si è soli+ riportare il C.S.N. tra le passività. È evidente che la funzione vincolis+ca serve a conferire
una garanzia ulteriore per i creditori, i quali potranno contare su un ammontare eccedente le
passività almeno pari al C.S.N.
La funzione organizza:va del C.S.N. si esplica innanzitu<o a<raverso il calcolo di u+li e/o perdite
risultan+ dal bilancio. Il calcolo degl’u+li si ricava dalla so<razione dalle aAvità delle passività
aumentate del C.S.N. Di conseguenza: se le aAvità sono 600, le passività sono 300 e il C.S.N. è 100
gli u+li si ricaveranno secondo la formula 600 – (300+100) = 200. Solo 200 saranno gli u+li
distribuibili, oltre tale cifra si avrebbe redistribuzione vietata dei conferimen+. Analogo principio si
applica per il calcolo delle perdite. Altra esplicazione della funzione organizza+va del C.S.N. si ha,
per esempio, nelle società di capitali dove a<raverso la quota di partecipazione del socio si
determinano i suoi diriA amministra+vi (diri<o al voto) e patrimoniali (partecipazione negl’u+li e
nelle perdite). In defini+va il c.s.n. è una cifra numerica, ma allo stesso tempo un fondamentale
parametro di riferimento per un corre<o e ordinato svolgimento della vita sociale.
5. L’esercizio in comune di aFvità economica
L’esercizio in comune dell’a.vità economica altro non è che lo scopo - mezzo, ossia il veicolo
a<raverso il quale si vogliono realizzare gli u+li da distribuire. Lo scopo-mezzo si consta anche
33
dell’ogge<o sociale che più esa<amente iden+fica l’aAvità economica che i soci si propongono di
svolgere. Tale ogge<o deve essere espressamente riportato nel contra<o sociale ed è modificabile
“in corso d’opera” applicando le disposizioni che regolano le modificazioni del contra<o. L’aAvità
in ques+one, altro non è che l’aAvità produAva, condo<a con metodo economico e finalizzata allo
scambio di beni e servizi, +picamente imprenditoriale.
La società non è un is+tuto dell’autonomia privata a<o al solo scopo di consen+re il godimento dei
beni conferi+ dai soci. La disciplina in tal caso applicabile è infaA quella della comunione e ciò
comporta che i creditori personali dei singoli comproprietari potranno aggredire anche la cosa
comune per soddisfare il proprio credito, dato che la comunione non gode dell’autonomia
patrimoniale delle società. Vietate sono solo le società di mero godimento: pertanto, saranno
vietate e nulle le c.d. società di comodo immobiliari, società la cui aAvità si esaurisce nel
concedere immobili in locazione a terzi o agli stessi soci, senza produrre o fornire alcun servizio
collaterale. È possibile che dalla comunione si passi alla società: si verifica quando più figli
ereditano l’azienda paterna e proseguono in comune l’aAvità d’impresa.
6. Le società tra professionis<
L’aAvità dei professionis+ intelle<uali è aAvità economica, ma non è considerata aAvità
d’impresa (art. 2247). Per lungo tempo l’ammissibilità della società tra professionis+ è stata
controversa, prima che il legislatore intervenisse per regolarne la figura.
La società tra professionis+ va dis+nta da alcuni fenomeni con+gui, che pure vedono la
partecipazione di professionis+ ad una società: la società di mezzi tra professionis: e la società di
servizi imprenditoriali. La c.d. società di mezzi è una società cos+tuita da professionis+ per
l’acquisto e la ges+one in comune di beni strumentali all’esercizio individuale delle rispeAve
professioni. Ad esempio, due medici, per dividersi le spese di studio, cos+tuiscono una società.
Le società di servizi imprenditoriali sono società che offrono sul mercato un servizio complesso, per
la cui realizzazione sono necessarie anche prestazioni professionali dei soci o dei terzi.
Veniamo ora alle vere società tra professionis+: in base all’art. 10 della legge 183/2011 è oggi
consen+ta la cos+tuzione di società per l’esercizio di aAvità professionali il cui esercizio è riservato
agli iscriA negli albi professionali. Può essere u+lizzato qualsiasi +po di società regolato dal c.c..
L’a<o cos+tu+vo della società tra professionis+ deve prevedere l’esercizio in via esclusiva
dell’aAvità professionale da parte dei soci; può tra<arsi anche di più aAvitá professionali, se i soci
svolgono professioni diverse (c.d. Società mul:professionali). La partecipazione ad una società è
incompa+bile con la partecipazione ad altre società tra professionis+ (principio di esclusività della
partecipazione). La cancellazione del socio dall’albo di appartenenza ne comporta anche
l’esclusione dalla società.
La società tra professionis+ è tenuta ad iscriversi in un’apposita sezione del R.I., con funzione di
cer+ficazione anagrafica e pubblicità no+zia.
Regole speciali valgono infine per l’esercizio in forma societaria della professione di avvocato. In
base alle regole introdo<e dalla legge 124/2017, la società tra avvoca+ può essere cos+tuita in
forma di società di persone, di capitali o coopera+ve. Possono diventare soci non solo avvoca+, ma
anche iscriA negli albi di altre professioni o soggeA privi di requisi+ professionali: i soci
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professionis+ devono però essere +tolari di almeno i 2/3 del capitale e dei diriA di voto, pena lo
scioglimento della società.
La società tra avvoca+ è iscri<a in una sezione speciale dell’albo degli avvoca+ ed alla stessa si
applicano le norme professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato. La
ragione sociale deve contenere l’indicazione società tra avvoca+ (s.t.a.) o società tra professionis+.
Non è sogge<a a fallimento in quanto non svolge aAvità di impresa.
7. Lo scopo – fine delle società
Unico scopo - fine riconosciuto dal codice per le società è la divisione degl’u+li tra i soci (art. 2247),
ambizione imprenditoriale +pica dello scopo di lucro, che non è affa<o l’unico perseguibile.
Quest’ul+mo si dis+ngue in lucro ogge.vo, ovverosia l’u+le o<enuto dalla società, e lucro
sogge.vo che definisce le quote di u+li spe<an+ ai soci. A tal senso sono quindi votate le società
di persone e le società di capitali, definite quindi anche società lucra+ve. Diverso è lo scopo
mutualis:co imposto per legge alle società coopera+ve. Tale scopo - fine si cara<erizza nella
realizzazione di un vantaggio patrimoniale dire<o per i soci coopera+, che o<engono condizioni
migliori di compravendita di merci e retribuzione del lavoro intra<enendo rappor+ con la
coopera+va. A dimostrazione del variegato panorama della classificazione delle società in virtù
dello scopo - fine, abbiamo infine lo scopo consor:le ogge<o appunto delle società consor+li. Tale
scopo, presentando affinità con lo scopo mutualis+co, prevede la realizzazione di un vantaggio
patrimoniale dire<o che però è +picamente imprenditoriale rispe<o al mutualis+co. È infaA
realizzato a<raverso la sopportazione di minori cos+ per le imprese consorziate o nella maggiore
realizzazione di u+li individuali delle imprese preesisten+ al consorzio. In sintesi, lo scopo - fine, sia
esso lucra+vo, mutualis+co o consor+le deve essere perseguito con metodo economico in quanto
economico è il vantaggio ricercato. La classificazione è quindi completata, e si ar+cola in società
lucra+ve, mutualis+che e consor+li. Tale classificazione dimostra in defini+va come le società siano
en+ a cara<ere essenzialmente egois+co in quanto i vantaggi sono sempre e comunque riserva+ ai
soli soci. È questo il criterio della c.d. auto des+nazione dei risulta+. Cara<ere di eccezionalità ha
poi la legislazione speciale di alcuni +pi di società, per lo più per azioni, che non perseguono lo
scopo egois+co descri<o finora. È il caso delle società che ges+scono i merca+ regolamenta+,
società di ges+one accentrata di strumen+ finanziari. Tali società erano un tempo ges+te dallo
Stato e come tali perseguivano un interesse pubblico.
Oggi, poi, la legge consente alle società che intendono agire in modo socialmente responsabile di
segnalarlo all’esterno aggiungendo alla propria ragione o denominazione sociale l’espressione
“società benefit”: queste, sono società che perseguono, oltre allo scopo lucra:vo o mutualis:co,
anche una o più finalitá di beneficio comune.
B) I <pi di società
8. Nozione. Classificazioni
Molteplici sono le classificazioni dei +pi societari. A seconda dello scopo perseguito si classificano
le società lucra+ve, le società mutualis+che e le società consor+li. Le società lucra+ve, a loro volta
sono classificabili in altri due +pi: 1) società commerciali e non commerciali, dove la società
semplice è l’unica che non è u+lizzabile per intraprendere aAvità commerciali a dispe<o delle
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altre; 2) società di persone e società di capitali a seconda che abbiano o meno la personalità
giuridica, prevista solo per le seconde. Cara<eris+che generali dis+n+ve delle società di capitali
sono:
a) L’organizzazione corpora+va obbligatoria (salvo che per le s.r.l.), in tre organi con funzioni
compenetran+ rappresenta+vi della compagine societaria: l’assemblea dei soci (con
funzioni delibera+ve), l’organo amministra+vo (con funzioni gestorie ed amministra+ve),
l’organo di controllo (delegato al controllo interno);
b) Le decisioni di tuA gli organi collegiali vengono prese rispe<ando il criterio di maggioranza
secondo maggioranze diverse a seconda dell’organo in ques+one e della natura della
decisione. Il calcolo delle maggioranze è effe<uato in funzione della partecipazione al
capitale sociale e non per teste, in o<emperanza di un criterio +picamente capitalis+co;
c) Il singolo socio (salvo che nella s.r.l.) non ha poteri specifici di amministrazione, ma può far
valere il peso della sua partecipazione al capitale sociale nell’elezione degl’organi prepos+
all’organizzazione corpora+va. La quota di partecipazione è, di regola, liberamente
trasferibile.
Nelle società di persone invece:
1) Non è prevista un’organizzazione corpora+va in più organi;
2) I soci a responsabilità illimitata sono per legge anche amministratori e le modificazioni
dell’a<o cos+tu+vo sono possibili solo con il consenso di tuA i soci;
3) Se un solo socio è illimitatamente responsabile, è inves+to dell’amministrazione e della
rappresentanza della società al di là del capitale conferito, per accentuare il cara<ere
personale dei soci. Quindi la partecipazione societaria è trasferibile solo con il consenso di
tuA i soci.
In virtù della responsabilità dei soci si possono ulteriormente classificare:
1) Società che rispondono delle obbligazioni sociali con il proprio patrimonio e con quello dei
soci illimitatamente responsabili. Inderogabilmente (s.n.c.) o con deroga ai soli soci non
amministratori (s.s.);
2) Società in cui coesistono soci che rispondono illimitatamente e soci a responsabilità limitata
a quanto conferito (S.a.s. e s.r.l.);
3) Società con responsabilità limitata a quanto conferito (società di capitali).
9. Personalità giuridica ed autonomia patrimoniale delle società
Il legislatore del ’42 ha deciso che la personalità giuridica spe<a soltanto alle società di capitali,
fermo restando che le società di persone godono comunque dell’autonomia patrimoniale.
Quest’ul+ma è quindi il fulcro della poli+ca messa in a<o dal legislatore, e ciò per due mo+vazioni:
1) Si cerca di dare le maggiori garanzie possibili ai creditori sociali, i quali sono in via di
principio, gli unici autorizza+ ad aggredire il patrimonio sociale per soddisfare i loro credi+;

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2) Si crea un diaframma tra il patrimonio personale dei soci e quello della società per
contenere, almeno fino ad un certo punto, il rischio d’impresa senza lasciare i creditori
sociali sprovvis+ delle dovute garanzie.
Tali due finalità vengono conseguite in modo dire<o e lineare con l’a<ribuzione della personalità
giuridica alle società di capitali. Queste, acquisendo un’iden+tà giuridica autonoma e dis+nta dai
soci, o<engono una piena e perfe<a autonomia patrimoniale oltre alla concessione di specifici
diriA come l’assunzione dire<a di obbligazioni sociali. È quindi evidente come l’aggredibilità dei
patrimoni di società e soci sarà, di regola, consen+ta solo ai rispeAvi creditori. In sintesi, la
personalità giuridica rende autonomo il patrimonio della società rispe<o a quello dei soci e
viceversa. Per le società di persone non è concessa la personalità giuridica, quindi la società deve
per forza riconoscersi nelle persone che la compongono. È però concessa l’autonomia patrimoniale
a<raverso una serie di apposite disposizioni:
a) I creditori del socio non possono aggredire il patrimonio sociale, ma possono al massimo
vantare dei diriA sugl’u+li spe<an+ al socio e possono proporre delle azioni conserva+ve
della quota societaria dello stesso. È tu<avia prevista l’eccezione della liquidazione coaAva
della quota del socio quando i creditori dimostrano di aver escusso infru<uosamente il
patrimonio personale del socio (art. 2270 e 2307 c.c.);
b) Parimen+, i creditori sociali non possono aggredire dire<amente il patrimonio personale
dei soci illimitatamente responsabili senza aver prima dimostrato di aver escusso
infru<uosamente il patrimonio sociale.
Come meglio si vedrà tali disposizioni hanno una diversa tempra a seconda dei casi, ma in linea
generale si può concludere che l’autonomia patrimoniale rende rela+vamente autonomo il
patrimonio sociale rispe<o a quello dei soci e viceversa. L’art. 2266 dispone inoltre che anche le
società di persone assumono obbligazioni sociali a<raverso la rappresentanza dei soci, la quale si
esprime anche nello stare in giudizio degli stessi per conto della società. Tale tesi è inoltre
avvalorata da altre disposizioni che concedono la +tolarità del diri<o di proprietà immobiliare
anche alle società di persone autonomamente iden+ficate rispe<o ai soci. Oltre al fa<o che i
conferimen+ si intendono trasferi+ in proprietà della società. Il quadro è quindi così riassumibile:
1) I beni sociali non sono in comproprietà speciale tra i soci ma sono di proprietà della società;
2) Le obbligazioni sociali sono dire<amente riferibili in capo alla società;
3) La qualità di imprenditore è a<ribuibile dire<amente alla società.
10. Tipi di società ed autonomia privata
Chi cos+tuisce una società può liberamente scegliere fra tuA i +pi di società previs+ dalla
legislazione nazionale se l’aAvità non è commerciale (tuA tranne la società semplice se l’aAvità è
commerciale). Se l’aAvità non è commerciale la scelta del +po è necessaria solo se le par+
vogliono so<rarsi al regime della società semplice. Anche quando l’aAvità è commerciale
un’esplicita scelta del +po non è tu<avia necessaria. InfaA, il silenzio delle par+ in merito è
interpretato come implicita opzione per il regime della società in nome colleAvo. I modelli
organizza+vi per i singoli +pi di società non sono rigidi e consentono un parziale ada<amento alle
esigenze del caso concreto (clausole compa+bili con la disciplina del +po di società prescelto). È
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invece inammissibile la creazione di un +po di società del tu<o inconsueto e stravagante, che non
corrisponde ad alcuno dei modelli legisla+vi previs+.

CAPITOLO 11 – LA SOCIETA’ SEMPLICE. LA SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO


1. La società di persone
La società semplice (s.s.) è il +po di società valido (senza che sia specificato nell’a<o cos+tu+vo),
per esercitare aAvità non commerciale. Parimen+ accade nella società in nome colleAvo quando
si vuole svolgere aAvità commerciale. Inoltre, nella s.n.c. tuA i soci sono illimitatamente
responsabili delle obbligazioni sociali (non è ammesso pa<o contrario in tal senso), e deve essere
iscri<a nel R.I. (salvo il caso della s.n.c. irregolare). Se viene scelta per esercitare aAvità non
commerciale deve essere specificatamente indicato. La società in accomandita semplice (sas) è un
+po di società che deve essere esplicitamente scelto dai soci quale che sia l’aAvità posta in essere,
quindi non vale mai residualmente. Si cara<erizza per la presenza di due categorie di soci: i soci
accomandatari che sono personalmente e illimitatamente responsabili delle obbligazioni sociali, e i
soci accomandan+ che rispondono nel limite del loro conferimento. Si osserva che la s.s. (società
semplice) è una +pologia molto limitata nell’applicazione pra+ca, già solo per il fa<o che è
u+lizzabile solo per le società non commerciali. È quindi per+nente affermare che è rimasta per la
maggior parte nelle pagine del codice, essendo stata pra+camente u+lizzata solo per la
cos+tuzione di aziende agricole quando non scelgono la +pologia delle società di capitali o delle
coopera+ve. Per questo mo+vo la tra<azione è unitaria con la s.n.c. e insieme cos+tuiscono una
sorta di statuto generale delle società di persone.
2. La cos<tuzione della società
Il contra<o di società semplice non è sogge<o a par+colari requisi+ di forma, eccezion fa<a per la
natura dei conferimen+ (art. 2251). Il legislatore prevede che il contra<o si possa stringere anche
verbalmente e il silenzio delle par+ sui pun+ salien+ del contra<o è colmato da norme supple+ve.
Importante è ricordare che l’iscrizione al R.I. è divenuta obbligatoria ed ha effeA di sola pubblicità
no+zia, eccezion fa<a solo per le s.s. che svolgono aAvità agraria sogge<e invece al regime della
pubblicità legale. Regole parzialmente analoghe sono valevoli per la s.n.c., in quanto questa
presenta dei requisi+ formali dell’a<o cos+tu+vo necessari per la registrazione dello stesso nel R.I.
Tale registrazione non è requisito di esistenza della società, come nelle società di capitali, ma è
requisito di sola regolarità. È infaA prevista la s.n.c. irregolare (cioè non iscri<a) per la quale si
dispone che i rappor+ con i terzi sono regola+ dalle norme della s.s. ben più gravose per i soci. Più
esa<amente: è irregolare sia la società cos+tuita senza la redazione dell’a<o (società di fa<o) che
quella regolarmente s+pulata per iscri<o ma non iscri<a nel R.I. È quindi pacifico che, ai soli fini
della regolarità, la s.n.c. deve essere cos+tuita mediante la redazione di a<o pubblico o scri<ura
privata auten+cata, i quali devono contenere:
1. Generalità dei soci: dopo la riforma del 2003, possono essere soci anche le società
di capitali;
2. Ragione Sociale: che deve essere cos+tuita dal nome di uno o più soci e deve
contenere la sigla s.n.c.;
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3. Amministrazione e rappresentanza: si devono indicare quali soci hanno
l’amministrazione e la rappresentanza sociale;
4. Sede delle società più eventuali sedi secondarie;
5. Ogge<o sociale;
6. Conferimen+: comprensivi di valore e metodo di valutazione;
7. Soci d’opera e prestazioni alle quali sono obbliga+;
8. U+li e Perdite;
9. Durata della società.
Si no+ che i pun+ 3 e 8 possono anche essere non appos+ in quanto la legge supplisce tale
mancanza. La forma scri<a è richiesta, ai fini della validità, del solo conferimento immobiliare.
InfaA, la società di fa<o è valida anche se irregolare e se questa beneficia di un conferimento
immobiliare fa<o per iscri<o, anche quello è valido.
3. Società di faOo. Società occulta. Società apparente
La società di fa$o si ha quando i soci presentano comportamen+ concluden+ a tale conclusione. Se
la società di fa<o svolge aAvità non commerciale è esposta alla disciplina della s.s., viceversa se
svolge aAvità commerciale sarà esposta alla disciplina della s.n.c. irregolare dove tuA i soci sono
personalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali. Anche la società di fa<o
commerciale è esposta al fallimento, che qualora intervenga, causa il fallimento di tuA i soci, sia
palesi (no+ alla data di dichiarazione di fallimento) che occul+ (esisten+ nei soli rappor+ interni ed
igno+ ai terzi indoA a credere che ques+ concludessero contraA in nome proprio e non in nome
della società). Fenomeno ben dis+nto dal socio occulto è la società occulta. Questa si cos+tuisce
a<raverso la conclusione di un accordo, verbale o per iscri<o, regolarmente efficace tra i soci, che
ha per ogge<o l’esercizio di aAvità d’impresa senza però spendere il nome della società. Quindi,
ciascun socio agisce in nome proprio, tenendo occulto il nome della società esistente solo nei
rappor+ interni. La finalità di tale pra+ca è da ricercarsi nel grande contenimento dei rischi, in
quanto i soci non espongono il loro patrimonio al soddisfacimento delle obbligazioni sociali; in
genere è esposto il solo (e di regola modesto) patrimonio del gestore. Si osserva che tali finalità
(responsabilità limitata e non esposizione al fallimento) sono perseguibili anche alla luce del sole:
non è vietato che una società di persone cos+tuisca e comandi una società di capitali anche
unipersonale per realizzare gli obieAvi sopraindica+. Tramite la società occulta i soci mirano invece
a conseguire tali benefici segretamente al di fuori di ogni regola e controllo. È inoltre rilevante che
la società occulta può fallire, coinvolgendo nella procedura tuA i soci, sia palesi e occul+. È
sufficiente in tal senso provare l’esistenza dei rappor+ interni fra i soci che agivano in nome proprio
o di un terzo, ma nell’interesse della società. Non è quindi necessaria l’esteriorizzazione della
qualità di socio, poiché questa è desumibile da alcuni comportamen+ +pici: ingerenza sistema+ca
nei rappor+ con i fornitori, garanzia omnibus prestata sistema+camente da un socio occulto
all’altro, e così via. A questo punto è necessario chiarire la differenza che intercorre tra socio
occulto di società palese e società occulta. Nel primo caso la società non solo esiste ma spende il
suo nome e quindi gli aA sono imputabili alla stessa; solo in caso di fallimento questo è esteso
anche al socio occulto che non risulta tra i soggeA facen+ parte della società e pertanto agisce in
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proprio nome, ma nell’interesse della società. Nel secondo caso gli aA non sono imputabili alla
società occulta perché questa non è esteriorizzata, quindi tuA i soggeA agiscono in nome proprio,
ma nell’interesse della società. A ben vedere si ripropone uno dei nodi cruciali del diri<o
commerciale, ossi l’imputabilità delle obbligazioni sul vero dominus dell’affare. Come visto in
precedenza, in questo senso, resta fermo il criterio formale secondo cui: se non c’è spendita del
nome del dominus, l’obbligazione non è ad esso imputabile. In questo caso è quindi applicabile la
disciplina del mandato senza rappresentanza, dove il mandatario, che si vede negato
l’adempimento delle azioni contra<e in nome proprio ma in nome della società che non adempie,
può, in accordo con i creditori, proporre l’ac+o manda+ contraria come unica difesa al di fuori del
fallimento. Può capitare però, che un giudice di un tribunale fallimentare, indagando
sull’insolvenza o nel dichiarare il fallimento di un imprenditore, si convinca che dietro di questo ci
sia una società. Se è davvero convinto, può fare ricorso al principio dell’apparenza, che recita: “una
società, ancorché non esistente nei rappor+ tra i presun+ soci, è dichiarata apparente se ingenera
nei rappor+ con i terzi il sospe<o fondato che 2 o più persone siano in società tra loro”. Nasce così
il fenomeno della società apparente, che può fallire coinvolgendo tuA i soci apparen+. Tale scelta
della giurisprudenza ha subito diverse cri+che in quanto: la legge fa fallire una società che esiste
nei rappor+ interni, ma che è inesistente per i terzi (la società occulta); la giurisprudenza fa fallire
una società che esiste per i terzi ma non nei rappor+ interni (società apparente).
4. I conferimen<
Con la cos+tuzione della società tuA i soci si obbligano a conferire quanto risulta dal contra<o
sociale. Tu<avia, la determinazione dei conferimen: non è necessario che sia specificata. In
assenza supplisce la legge, de<ando che per i conferimen+ tuA i soci sono obbliga+ in par+ uguali
fra loro (art. 2253). Qualsiasi bene o servizio susceAbile di valutazione economica (senza
limitazioni per le società di persone) è conferibile. Tu<avia, per i conferimen+ diversi dal denaro è
de<ata un’apposita disciplina. Per il trasferimento di beni in proprietà, il socio trasferente avrà
l’obbligo di offrire tu<e le garanzie della vendita: garanzia per evizione, garanzia per i vizi, per il
perimento. Tu<o questo, fino a quando la cosa non sarà passata in proprietà della società.
Passaggio che avviene in sede di cos+tuzione della società, per effe<o del consenso se la cosa è
determinata, della specificazione nel caso la cosa è determinata solo nel genere. Per il
conferimento di beni in godimento, il socio conferente rimane il proprietario del bene concesso in
godimento alla società, che non ne può disporre, ma solo godere. Le norme che si osservano in
questo rapporto sono quelle sulla locazione, quindi sul socio - proprietario incombono: il caso
fortuito, il perimento della cosa, l’impossibilità di godimento. Si no+ infine, che il proprietario ha
diri<o alla res+tuzione della cosa al termine della società, nello stato in cui si trova. Il socio che
conferisce credi+ si fa garante degli stessi. Se il debitore ceduto è inadempiente e il socio non paga
per quanto garan+to può essere escluso dalla società. Ul+ma +pologia di conferimento è il socio
d’opera. Ques+ si obbliga ad eseguire prestazioni manuali o intelle<uali a +tolo di conferimento. È
quindi un socio e non un lavoratore dipendente della società, pertanto non ha diri<o al
tra<amento salariale e previdenziale +pico di quest’ul+mi. Il socio d’opera rischia di lavorare
invano, in quanto il suo compenso è rappresentato dalla sua partecipazione agl’u+li e rischia di
essere escluso per la sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita.
5. Patrimonio sociale e capitale sociale

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I conferimen+ dei soci formano l’aAvo patrimoniale iniziale. Quanto rientrante in tale aAvo non è
più nelle disponibilità dei soci, ma è stato acquisito in proprietà dalla società: ciò significa, che i
soci non possono più servirsi dei beni conferi+, eccezion fa<a che per interessi societari o salvo
autorizzazione di tuA i soci per l’u+lizzo egois+co. Si no+ che la s.s. non è necessario che sia dotata
di patrimonio sociale, sopra<u<o per il fa<o che non può svolgere aAvità commerciale e non è
tenuta a scri<ure contabili e redazione del bilancio. Situazione diversa è invece prevista per la
s.n.c. che presenta una specifica disciplina, seppur molto frammentaria. È disposto che il
patrimonio sociale deve essere specificatamente elencato nell’a<o cos+tu+vo, con par+colare
a<enzione all’indicazione del valore dei conferimen+ diversi dal denaro e dai criteri u+lizza+ in tal
senso. A differenza che per le società di capitali, tale valutazione è rimessa all’accordo tra le par+.
Tale norma fa da specchio ai 2 limi+ enuncia+ negli ar<. 2303 e 2306. L’art, 2303 vieta la
distribuzione degl’u+li non realmente presen+ nel patrimonio ne<o (aAvità meno passività). Se il
capitale sociale è stato intaccato dalle perdite, gli u+li non sono distribuibili finché questo non
viene reintegrato o rido<o in misura equivalente. L’art. 2306 vieta agli amministratori di rimborsare
i conferimen+ ai soci o di liberarli dall’obbligo di versarli senza una contemporanea riduzione del
capitale sociale, ado<ata secondo le norme che regolano le modificazioni dello statuto sogge<e a
trascrizione sul R.I. L’iscrizione serve a dare ai creditori sociali la possibilità di opporsi alla riduzione
del capitale che potrebbe pregiudicare la garanzia che questo offre. Pertanto, possono presentare
opposizione, anche se il giudice può concedere lo stesso la riduzione qualora la società offra
idonea garanzia alle esigenze dei creditori.
6. La partecipazione dei soci agl’u<li e alle perdite
Non esistono par+colari vincoli nella pa<uizione di divisione di u+li e perdite. È concessa la
massima libertà a tali decisioni. L’unico limite imposto in tal senso è il divieto di pa<o leonino,
ossia: è nullo ogni accordo che esclude, anche sostanzialmente, uno o più soci dalla partecipazione
agl’u+li e perdite (art. 2265). È tu<avia nullo solo il pa<o leonino e non il contra<o sociale o le
altre disposizioni in materia di divisione degl’u+li. Se non esistono disposizioni sulla suddivisione di
u+li e perdite:
a. Si presumono proporzionali ai conferimen+;
b. Se i conferimen+ non sono specifica+ si presumono divise in par+ uguali;
c. Se è presente solo la divisione degl’u+li, altre<anto si applica per la divisione delle
perdite;
d. Infine, la parte spe<ante al socio d’opera è determinata dal giudice secondo equità.
Nella società semplice il diri<o agl’u+li si acquista con l’approvazione del rendiconto annuo da
parte dei soci, ma l’a<o cos+tu+vo può pa<uire cadenze di approvazione e distribuzione diverse.
Nella s.n.c. il documento ufficiale da approvare per dare il via libera alla distribuzione degl’u+li è il
bilancio d’esercizio, reda<o secondo le regole valevoli per la S.p.A. Quest’ul+mo è reda<o dagli
amministratori e so<oposto all’approvazione di tuA i soci che approvano a maggioranza di
partecipazione negl’u+li. È infine precisato che, diversamente da quanto disposto per le società di
capitali, il diri<o agl’u+li è acquisito dai soci con la semplice approvazione del bilancio; quindi, per
aversi la pra+ca dell’autofinanziamento (reinves+mento degl’u+li nella società) è necessario il
consenso unanime di tuA i soci. Le perdite sono definite come minusvalenze del patrimonio ne<o
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rispe<o al capitale sociale. Esse incidono dire<amente sulla quota di partecipazione di ciascun
socio, in funzione di quanto a ques+ gli sia accordato di partecipare alle stesse. Di conseguenza, in
caso di liquidazione della quota, questa sarà decurtata delle perdite. Ma vi è di più, le perdite avute
nel corso della vita della s.n.c. hanno valore solo indire<o in quanto, anche grazie al divieto di
distribuzione degl’u+li in caso di perdita, è concessa la possibilità di risanare il bilancio prima che la
società entri in stato di liquidazione a<raverso il risanamento del capitale sociale.
7. La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali
Prima garanzia dei creditori sociali è senza dubbio il capitale sociale. Garanzia però non esclusiva,
poiché in seconda ba<uta rispondono i soci illimitatamente responsabili. Le discipline però non
sono totalmente coinciden+ per la s.s. e per la s.n.c. Nella s.s. la responsabilità dei soci è
subordinata all’inves+mento del potere di rappresentanza degli stessi. Se un socio non possiede
tale potere non è responsabile o lo è limitatamente alle obbligazioni sociali. L’opponibilità ai terzi di
tali paA limita+vi si fa però dipendere dalla pubblicazione degli stessi nel R.I. Ovviamente non tuA
i soci possono essere senza rappresentanza. Nella s.n.c. la responsabilità illimitata e solidale di tuA
i soci è inderogabile, ed ogni pa<o contrario è nullo. La responsabilità delle obbligazioni contra<e è
estesa anche ai nuovi soci, che risponderanno come se avessero sempre fa<o parte della
compagine societaria. Delle obbligazioni contra<e prima dello scioglimento del rapporto sociale
(per morte, recesso o esclusione) rimane obbligato l’ex socio. L’accertamento e l’opponibilità ai
terzi di tali circostanze sono possibili se gli even+ causan+ lo scioglimento sono regolarmente
registra+ nel R.I.
8. Responsabilità della società e responsabilità dei soci
Per soddisfare i propri credi+ sono a disposizione dei creditori più patrimoni: quello della società e
quello dei soci illimitatamente responsabili. Si ricorda però, che il patrimonio di ques+ ul+mi, è
u+lizzabile solo in via sussidiaria: gode cioè del c.d. beneficio di escussione; il creditore deve
dimostrare di aver escusso infru<uosamente il patrimonio sociale per poter aggredire il patrimonio
del socio. Tale beneficio opera però diversamente nella s.s., nella colleAva irregolare e nella s.n.c.
regolare. Nella s.s. e nella colleAva irregolare il creditore si deve rivolgere dire<amente al socio
per il soddisfacimento del suo credito, ma ques+ ha il diri<o di indicare quale dei beni della società
possa essere aggredito per adempiere all’obbligazione. Ne consegue che il bene sociale indicato
deve essere non solo sufficiente, ma anche agevolmente esigibile, in quanto se così non fosse, sarà
il patrimonio personale del socio ad essere esposto. Nella colleAva regolare invece il beneficio di
escussione è un diri<o più forte, per via del fa<o che opera automa+camente. È difaA preclusa la
possibilità del creditore di chiedere l’adempimento al socio se prima non dimostra di aver escusso
infru<uosamente il patrimonio sociale (art. 2304); tale escussione è dimostrabile solo quando si
avrà infru<uosamente esperito un’azione esecu+va sul patrimonio sociale. Non basta quindi aver
richiesto il credito alla società o aver o<enuto sentenza di condanna. Nel caso si dimostrasse
l’escussione, il creditore potrà essere soddisfa<o per l’intero da ciascun socio, in quanto ques+
sono solidalmente responsabili per i credi+ sociali.
9. I creditori personali dei soci
Il patrimonio sociale non è liberamente aggredibile da parte dei creditori personali dei singoli soci.
Per questo mo+vo, se una persona vanta un credito personale nei confron+ di un socio e,
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contemporaneamente, ha un debito verso la società, non può operare l’is+tuto della
compensazione. Sarebbe come se la società, rinunciando al suo credito, pagasse il debito
personale del socio. Tu<avia, i creditori personali dei soci non sono privi di tutela, infaA possono:
1) vantare diriA sugl’u+li spe<an+ al socio, 2) procedere con azioni conserva+ve della quota in
sede di liquidazione. Nella s.s. e nella colleAva irregolare, il creditore del socio può chiedere la
liquidazione della quota di quest’ul+mo soltanto dopo aver dimostrato l’infru<uosità
dell’escussione del patrimonio dello stesso. La liquidazione della quota, opera come causa di
esclusione di diri<o del socio. È in ogni caso valida la regola che il creditore non può aggredire
dire<amente il patrimonio sociale, in quanto è la società che si impegna a liquidare la quota al
creditore entro 3 mesi dalla delibera di esclusione. Diversa è la situazione nella colleAva regolare:
è infaA preclusa la possibilità del creditore di chiedere la liquidazione della quota, anche se
dimostra l’escussione insufficiente del patrimonio personale del socio, finché dura la società. Alla
scadenza fissata nell’a<o cos+tu+vo, se non viene prorogata la vita della società e questa procede
come società di fa<o, è possibile applicare la disciplina sopra esposta.
10. L’amministrazione della società
L’amministrazione della società è definita come il potere - dovere di amministrare e ges+re l’aAvità
d’impresa dedo<a dall’ogge<o sociale. Gli aA congeniali al raggiungimento di quest’ul+mo sono
+pici aA di amministrazione. Per legge, ogni amministratore illimitatamente responsabile è anche
amministratore della società. È possibile nominare nell’a<o cos+tu+vo i soci amministratori e i soci
non amministratori. Quando l’amministrazione è affidata a più soci, e l’a<o cos+tu+vo non dispone
diversamente, la società si intende amministrata in modo disgiun+vo. Ogni amministratore può
porre in essere tuA quegl’aA idonei al raggiungimento dell’ogge<o sociale senza chiedere il
permesso o il parere degl’altri amministratori. Tu<avia, è possibile che altro amministratore si
opponga all’a<o di ges+one che si sta realizzando, purché questo avvenga prima che lo stesso sia
compiuto. Sul merito saranno poi tuA i soci (amministratori e non) a decidere, con maggioranza
calcolata in funzione della quota di partecipazione agl’u+li. Anche se snella e rapida, i rischi
dell’amministrazione disgiun+va sono senza dubbio da ricercarsi nel pericolo che un socio possa
prendere decisioni dannose per la società all’insaputa degl’altri. In tal senso è quindi possibile
optare per un’amministrazione congiun+va, che deve essere espressamente indicata nell’a<o
cos+tu+vo. Può essere sia unanime che maggioritaria (in funzione della partecipazione agl’u+li), a
seconda del sistema di votazione scelto. Si può anche prevedere il voto unanime per le decisioni
più rilevan+ e la maggioranza per altre di minor rilievo. La rigidità dell’amministrazione congiunta è
però temperata dal riconoscimento ai singoli amministratori del potere di agire individualmente
quando vi sia urgenza di evitare un danno alla società (art. 2258 c.c.). È infine possibile combinare
amministrazione congiun+va e disgiun+va prevedendo sistemi differenzia+ a seconda della
decisione.

11. Amministrazione e rappresentanza


Fra le funzioni degli amministratori rientra per legge quella della rappresentanza (c.d. potere di
firma). La rappresentanza è il potere di contrarre con terzi obbligazioni sociali, che si differenzia dal
semplice potere gestorio, aAnente solo ai rappor+ interni. In mancanza di diversa disposizione
dell’a<o cos+tu+vo, il potere di rappresentanza spe<a a ciascun amministratore, ed a seconda del
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+po di amministrazione scelto la firma sarà disgiun+va o congiun+va; non vi è differenza tra aA di
ordinaria e di straordinaria amministrazione, la rappresentanza della società è concessa in senso
lato, e si estende quindi anche a quella processuale, sia aAva che passiva. Vista la molteplicità dei
modelli legali espos+, si conclude che ques+ possono essere variamente combina+ tra loro.
Possiamo fare degli esempi di tali combinazioni che devono in ogni caso risultare dallo statuto: si
può limitare il potere di rappresentanza disgiunta agl’aA di ordinaria amministrazione prevedendo
l’amministrazione congiunta per quelli di straordinaria amministrazione; si può a<ribuire la
rappresentanza processuale solo ad alcuni amministratori, si può limitare il potere di ges+one di
ciascun amministratore… Salta subito agl’occhi il problema dell’opponibilità ai terzi di sudde<e
limitazioni della responsabilità, del potere di ges+one e del modello legale prescelto. Diverse sono
quindi le soluzioni per la colleAva regolare, irregolare e per la s.s. come sempre accade in tema di
opponibilità. Nella colleAva regolare la soluzione è lineare: l’opponibilità si oAene registrando le
limitazioni nel R.I. o dimostrando che i terzi ne erano venu+ a conoscenza con mezzi idonei
(raccomandata A/R). Nella colleAva irregolare invece i paA modifica+vi del potere di
rappresentanza non sono opponibili ai terzi in quanto questa si presume a<ribuita in pieno a
ciascun socio, a meno che non si dimostri che i terzi ne erano venu+ a conoscenza con mezzi
idonei. Più complicata è la situazione della s.s. da quando è stato previsto il regime di pubblicità
legale. InfaA, le limitazioni originarie sono sempre opponibili ai terzi, sui quali incombe l’onere di
accertarsi dell’effeAvo potere di rappresentanza dell’amministratore della s.s. Successive
limitazioni o es+nzioni della rappresentanza devono essere pubblicate con mezzi idonei.
12. I soci amministratori
L’a<o cos+tu+vo può indicare quali sono i soci amministratori e quali non amministratori, in deroga
al principio che tuA soci limitatamente responsabili sono amministratori. La nomina da a<o
cos+tu+vo o da a<o separato acquista rilievo in caso di revoca in quanto, per revocare dall’incarico
di amministratore un socio nominato tale dall’a<o cos+tu+vo, si deve provvedere alla modifica di
quest’ul+mo, che di regola avviene con il voto unanime (salvo quanto diversamente stabilito) e
solo per giusta causa. Invece, se la nomina è per a<o separato la carica è revocabile secondo le
norme previste per il mandato ed è bastevole, di regola, una maggioranza. Per quel che concerne i
poteri degl’amministratori, la regola generale vuole che ques+ siano inves++ dei poteri del
mandatario generale, ma in realtà godono di poteri ben più ampi. Possono porre in essere tuA
quegl’aA congeniali al conseguimento dell’ogge<o sociale (sia di ordinaria che di straordinaria
amministrazione) senza però discostarsi da quest’ul+mo. Non possono quindi modificare lo statuto
o modificare l’ogge<o sociale. Molteplici sono poi i doveri, tra i quali ricordiamo (nella s.n.c.): la
redazione delle scri<ure contabili, l’adempimento di tuA i doveri pubblicitari, la redazione del
bilancio di esercizio. Sono inoltre previste specifiche sanzioni penali in caso di fallimento. Dei
molteplici doveri, riassumibili nell’amministrazione e ges+one della società, sono solidalmente
responsabili verso la società, in quanto devono operare con la diligenza professionale del
mandatario. Ne consegue che sono obbliga+ al risarcimento in caso trasgrediscano con
intenzionalità i loro doveri, ma è in ogni caso fa<o salvo il loro diri<o di essere esen+ da colpa. In
o<emperanza della disciplina del mandato, hanno diri<o ad un compenso per il loro ufficio che
può essere rappresentato anche in una partecipazione maggiore agl’u+li.
13. I soci non amministratori. Il divieto di concorrenza

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I soci non amministratori conservano penetran+ poteri di informazione, che si concretano in: a)
potere di richiesta di informazioni sull’andamento della società al quale i soci amministratori non
possono eccepire il segreto aziendale; b) potere di controllare in qualunque momento le scri<ure
contabili; c) potere di o<enere un rendiconto de<agliato alla fine di ogni esercizio. È inoltre
imposto (nella s.n.c.), per amministratori e non, il divieto di concorrenza: è cioè imposto di non
potersi inserire in una compagine societaria, o più in generale in un’impresa concorrente. La
violazione a tale divieto è punita con l’esclusione per giusta causa.
14. Le modificazioni dell’aOo cos<tu<vo
Nella s.s. e in quella colleAva le modificazioni dell’a$o cos:tu:vo devono essere approvate
all’unanimità, salvo diversa disposizione dello statuto. Fra le modificazioni del contra<o sociale
rientrano quelle rivoluzioni radicali della natura stessa della società: o dal punto di vista
organizza+vo (trasformazioni, fusioni o scissioni) o dal punto di vista dell’ogge<o sociale. Ad
evidenziare il rapporto personale e fiduciario che intercorre tra i soci, se non è disposto
diversamente nell’a<o cos+tu+vo, il trasferimento della quota (sia tra vivi che mor+s causa) deve
essere approvato dall’unanimità. Le modificazioni devono essere pubblicate, nella s.n.c. regolare e
oggi anche nella s.s. sul R.I. per essere opponibili ai terzi, mentre nella colleAva irregolare la
pubblicità è fornita con mezzi idonei, a scapito dell’opponibilità in caso di ino<emperanza. Nella
pra+ca l’unanimità non è mai scelta dalla compagine societaria, ma si osserva che debbano
comunque essere rispe<a+ dei limi+: parità di tra<amento tra i soci e l’esercizio secondo buona
fede.
15. Scioglimento del singolo rapporto sociale
Il singolo rapporto sociale cessa: per morte, recesso, esclusione. In nessun caso la cessazione di
uno o più rappor+ è causa di scioglimento della società, fermo restando che questa può essere
sciolta per volontà dei soci supers++. Il problema consiste soltanto nella definizione dei rappor+
patrimoniali tra il socio uscente o gli eredi del socio defunto e i soci supers++. Anche quando la
pluralità dei soci viene meno, la società non si scioglie, restando ferma la possibilità del singolo
socio supers+te di ricos+tuire la pluralità nei sei mesi successivi e di con+nuare. Se un socio muore,
la regola generale vuole, che la sua quota debba essere liquidata agli eredi entro 6 mesi dalla
morte. È quindi sancita la possibilità di non dover subire per forza l’ingresso degli eredi nella
compagine societaria. Sono possibili anche altre alterna+ve:
a) La con+nuazione della società con gli eredi. Ma sia ques+ ul+mi che i soci devono esser
d’accordo all’unanimità. Tu<avia, può non essere necessario il consenso degl’uni e degl’altri
se nell’a<o cos+tu+vo è espressamente prevista la clausola di con+nuazione della società
con gli eredi;
b) Lo scioglimento an+cipato della società. In tal caso gli eredi non avranno più diri<o alla
liquidazione della quota nel termine di sei mesi, ma dovranno a<endere che si concludano
le operazioni della liquidazione. È parere del Campobasso che agli eredi non speA la
partecipazione a u+li e perdite intervenute dopo la morte.
Si definisce recesso lo scioglimento del rapporto sociale operato per volontà del socio (art. 2285).
Se la società è a tempo indeterminato o è cos+tuita per tu<a la vita di uno dei soci, il recesso è
liberamente concesso a tuA i soci, fermo restando un preavviso di tre mesi al termine dei quali il
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recesso sor+sce i suoi effeA. Se la società è a tempo determinato il recesso è concesso solo per
giusta causa. Ed in ogni caso, alla presenza della giusta causa, il recesso ha effe<o immediato. Il
contra<o sociale può prevedere ipotesi di recesso ulteriori rispe<o a quelle previste per legge, ma
non può limitare i diriA concessi dalla stessa. L’esclusione del socio avviene invece per volontà
della società. Ve ne sono di 2 +pi: di diri<o e facolta+va. È escluso di diri<o il socio che è fallito (al
giorno in cui questo è dichiarato) e il socio il cui creditore ha o<enuto la liquidazione della quota.
In questo secondo caso gli effeA dell’esclusione si hanno dal giorno dell’esecuzione materiale della
liquidazione a favore del creditore. Le cause di esclusione facolta+va sono così riassumibili:
a) Gravi inadempienze degl’obblighi derivan+ dalla legge o dal contra<o sociale: +pico
esempio è il mancato versamento dei conferimen+ promessi;
b) L’interdizione o l’inabilitazione del socio, nonché una condanna penale che lo interdice
dall’esercizio dei pubblici uffici;
c) Sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile al
socio. È classico il caso del perimento dell’ogge<o conferito in proprietà, prima ancora che
il passaggio di questa sia avvenuto.
L’esclusione avviene previa delibera della maggioranza dei soci per teste, con l’esclusione del
conteggio del socio escluso. Ha effe<o decorsi 30gg dalla comunicazione della stessa al socio. Entro
tale termine il socio escluso può fare ricorso al tribunale per o<enere la sospensione della
delibera. Tale procedimento non è aAvabile quando la società è cos+tuita da 2 soli soci. In tal caso,
su richiesta di uno di essi, sarà il tribunale a provvedere, e si avranno gli effeA quando la sentenza
passa in giudicato.
16. La liquidazione della quota
In tuA casi in cui il rapporto del singolo socio si scioglie, ques+ o i suoi eredi hanno diri<o al
pagamento in denaro del corrispondente valore della quota (art. 2289). Solo in denaro si può
corrispondere la quota ed è esclusa la res+tuzione del bene conferito in proprietà o godimento,
salvo diversa disposizione dell’a<o cos+tu+vo. Il calcolo del valore della quota è effe<uato
considerando il valore effeAvo nel giorno in cui è accreditato lo scioglimento e non quello
prudenziale risultante dal bilancio. Si +ene poi conto delle operazioni ancora in corso e degl’u+li o
delle perdite da esse derivan+ nonché del valore dell’avviamento. Il pagamento deve essere
effe<uato entro 6 mesi dal giorno dello scioglimento del rapporto, ed entro 3 mesi nel caso di
creditore subentrato al socio per la liquidazione. Resta ferma la responsabilità per le obbligazioni
contra<e fino al momento dello scioglimento del rapporto, sia per l’ex socio che per gli eredi del
socio defunto.

17. Scioglimento della società


Le cause di scioglimento della s.s., valide anche per la colleAva sono così fissate:

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1) Decorso del termine di durata, salvo proroga, sia espressa che tacita. La proroga tacita si ha
quando l’esercizio della società con+nua nonostante la scadenza del termine, in tal caso la
proroga si intende a tempo indeterminato;
2) Raggiungimento dell’ogge<o sociale o sopravvenuta impossibilità dello stesso. In
quest’ul+mo caso è ricompresa l’insanabile discordia tra i soci che ingenera la paralisi
societaria;
3) Volontà di tuA i soci. Salvo che l’a<o cos+tu+vo non preveda una maggioranza;
4) Venir meno della pluralità dei soci, qualora tale situazione si protragga per sei mesi.
Decorso tale termine opera lo scioglimento;
5) Altre cause previste dallo statuto.
Sono altresì cause di scioglimento della s.n.c. il fallimento e la liquidazione coa<a amministra+va.
Verificatasi una clausola di scioglimento, la società entra automa+camente in stato di liquidazione,
che deve risultare dagl’aA e dalla corrispondenza. La società non si scioglie istantaneamente, ma si
deve procedere alla liquidazione, volta alla soddisfazione dei creditori, alla regolazione dei rappor+
penden+ e alla eventuale redistribuzione del residuo tra i soci in proporzione di quanto da loro
conferito. In questa direzione si svolge anche l’aAvità degli amministratori che si limitano al
compimento dei soli affari urgen+ (art. 2274).
18. Il procedimento di liquidazione. L’es<nzione della società
Primo a<o del procedimento è la nomina dei liquidatori (che possono essere anche non soci),
operata dall’unanimità dei soci o dal presidente del tribunale competente in caso di disaccordo
(art. 2275). Tali liquidatori sono revocabili da tuA i soci o dal tribunale per giusta causa, su
richiesta di uno o più soci. Compito degli amministratori è la consegna nelle mani dei liquidatori
delle scri<ure contabili, dei beni della società e di un bilancio infrannuale che rendiconta l’ul+mo
periodo di ges+one. Gli amministratori, in collaborazione con i liquidatori redigono un inventario
(c.d. bilancio di apertura della liquidazione) nel quale si accerta lo stato aAvo e passivo della
società e si ricostruisce lo storico delle obbligazioni sociali per determinare le rela+ve
responsabilità degli amministratori. Terminato l’inventario, il compito degli amministratori si
esaurisce. Compito dei liquidatori è accertare tuA i rappor+ sociali e procedere al pagamento dei
creditori e alla redistribuzione dell’eventuale residuo aAvo. Possono quindi compiere tuA gli aA
richies+ nel compimento di queste operazioni, nei limi+ dei poteri loro concessi dai soci. Esistono 2
specifici divie+ per i liquidatori:
a) Non possono intraprendere “nuove operazioni”, che non sono in rapporto di mezzo - fine
per la liquidazione, altrimen+ rispondono personalmente (art. 2279);
b) Non possono ridistribuire il residuo se non hanno prima soddisfa<o tuA i creditori o non
abbiano accantonato le somme per farlo (art. 2280)
Per il resto hanno gli stessi obblighi valevoli per gli amministratori. Paga+ tuA i debi+, la
liquidazione si avvia all’epilogo prevedendo la redistribuzione del residuo rispe<ando innanzitu<o
il valore dei conferimen+ e per l’eventuale eccedenza, la proporzionalità negl’u+li. Nella s.s. non ci
sono par+colari procedure da effe<uarsi per la chiusura della liquidazione. Diversamente, nella
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s.n.c., i liquidatori devono redigere il bilancio finale della liquidazione e il piano di riparto (art.
2311). Il primo evidenzia le entrate e le uscite della liquidazione, l’operato dei liquidatori nonché lo
stato patrimoniale della liquidazione (denaro e beni in natura), mentre il secondo è una proposta
di riparto dei residui tra i soci. Approvato il bilancio finale, i liquidatori sono libera+ nei confron+
della società e il procedimento di liquidazione ha fine. La colleAva irregolare cessa di esistere con
la chiusura della liquidazione, sempre che il procedimento sia stato rispe<ato e tuA i creditori
paga+. Per la regolare è diverso. Una volta approvato il bilancio finale, i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal R.I. che può avvenire anche d’ufficio quando questo
rilevi par+colari comportamen+ (mancata a<uazione di qualsiasi a<o di ges+one per 3 anni
consecu+vi, mancato ripris+no della pluralità di soci nel termine di 6 mesi, ecc). Intervenuta la
cancellazione la società non esiste più, anche se sopravvivono creditori insoddisfaA, sia per
ignoranza degli stessi da parte dei liquidatori, sia perché è stato trasgredito il divieto di
redistribuzione degl’u+li prima del risanamento dei debi+. I creditori non rimangono senza tutela:
infaA, i soci illimitatamente responsabili rimangono tali anche dopo la cancellazione della società.
È accordata anche la possibilità per i creditori di rifarsi nei confron+ dei liquidatori che abbiano
ignorato il loro credito con dolo o colpa grave (art. 2312). Entro un anno dalla cancellazione dal
registro delle imprese della s.n.c., i creditori ne possono richiedere il fallimento. Quando la società
è cancellata d’ufficio, è fa<a salva la facoltà dei creditori o del PM di dimostrare che l’aAvità non è
cessata e quindi il termine di un anno è prorogato in funzione di questa.

CAPITOLO 12 – LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE


1. Nozione e caraOeri dis<n<vi
La società in accomandita semplice è una società di persone la cui disciplina ricalca quella della
s.n.c., con i dovu+ ada<amen+ alla sua peculiarità principale: la presenza di due categorie di soci.
Tali categorie sono rappresentate dai soci accomandatari, soggeA ad una disciplina coincidente
con quella dei soci illimitatamente responsabili della s.n.c., e i soci accomandan: sui quali ricade il
solo obbligo di eseguire i conferimen+ promessi. Tale +pologia di società è l’unica che consente alla
categoria dei soci accomandan+ di far parte della società, ma di non essere espos+ a fallimento. È
quindi chiaro come tale asse<o societario si pres+ a notevoli abusi qualora si nominino dei soci
accomandatari di paglia (ovviamente nullatenen+), per consen+re il comando ai reali dominus
della società. È quindi prevista una rigida disciplina della ragione sociale e del divieto di immis+one
imposto agli accomandan+.
2. La cos<tuzione della società. La ragione sociale
La cos+tuzione della s.a.s. ricalca quella della s.n.c. con l’aggiunta dell’indicazione dei soci
accomandan+ ed accomandatari. Anche questo +po di società è sogge<o all’iscrizione nel R.I.,
fermo restando che se questa è mancante, la società è valida ma irregolare. Significa+ve deviazioni
dalla disciplina della s.n.c. si hanno nella definizione della ragione sociale: questa deve contenere
obbligatoriamente il nome di almeno uno dei soci accomandatari e la denominazione di s.a.s. Tale
contromisura è ado<ata per informare i terzi contraen+ sull’iden+tà del sogge<o contraente e per
escludere da tale possibilità tuA i soci accomandan+. L’accomandante che viola il divieto di
inserimento del proprio nome nella ragione sociale è so<oposto ad una peculiare sanzione:
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diventa illimitatamente responsabile di tu<e le obbligazioni sociali (oltre il limite del conferimento
da lui promesso in qualità di accomandante) senza però acquisire la qualità di socio
accomandatario della società e quindi di amministratore di diri<o della stessa.
L’insorgere della responsabilità illimitata dell’accomandatario presuppone che l’inserimento del
suo nome nella ragione sociale sia avvenuto con il suo consenso espresso o tacito.
3. I soci accomandan< e l’amministrazione della società
La disciplina della s.a.s. ricalca quella della s.n.c., eccezion fa<a che per l’amministrazione: questa è
interamente affidata ai soli soci accomandatari (ges+one e rappresentanza) ed è preclusa agli
accomandan+ (divieto di immis+one). Il divieto di immis+one pervade tuA gli aA della società, sia
interni che esterni, ma è derogabile. InfaA, il socio accomandante può essere inves+to da una
delega speciale per il compimento di singoli affari. Tale divieto incontra due temperamen+ diversi a
seconda che si traA di rappor+ interni o esterni:

➢ Nei rappor+ interni è fa<o divieto perentorio di immis+one in qualsiasi decisione degli
amministratori;

➢ Nei rappor+ esterni è conferibile una procura speciale per compiere uno specifico affare
nell’interesse della società.
È preclusa, in ogni caso, la possibilità che l’accomandante possa essere nominato procuratore
generale o ins+tore della società. La trasgressione del divieto d’immis+one è molto pesante e del
tu<o sproporzionata: costringe l’accomandante ad essere obbligato illimitatamente in solido con
gli accomandatari per tu<e le obbligazioni sociali senza esserne partecipe, in quanto è escluso
dall’amministrazione. Questo significa che può anche fallire al pari di tuA gli accomandatari; può
anche essere mo+vo di esclusione dalla società. Par+colari poteri amministra+vi (in senso lato)
possono comunque essere riconosciu+ al socio accomandante:
a) Concorre alla nomina e alla revoca degli amministratori con a<o separato. Ques+, infaA,
sono nomina+ all’unanimità dei soci accomandatari, ma la validità è postergata
all’approvazione dei soci accomandatari che rappresentano la maggioranza del capitale
sociale da loro so<oscri<o;
b) Possono contrarre con i terzi previa procura speciale per singoli affari;
c) Possono prestare la loro opera manuale o intelle<uale so<o la supervisione dei soci
amministratori;
d) Possono, qualora l’a<o cos+tu+vo lo consenta, esprimere giudizi e pareri su par+colari
decisioni, ed inoltre possono richiedere il controllo delle scri<ure contabili sempre entro il
generale divieto di ingerenza.
Per quel che concerne questo ul+mo aspe<o, è parere condiviso che oltre ad aver diri<o di
comunicazione annuale del bilancio (che peraltro possono paragonare con le scri<ure contabili per
controllarne l’esa<ezza), essi concorrano all’approvazione di esso. In quanto esclusi
dall’amministrazione della società, gli accomandan+ non sono tenu+ a res+tuire gli u+li fiAzi
eventualmente riscossi, purchè essi siano in buona fede e gli u+li risul+no da un bilancio approvato
(art. 2321).
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4. Trasferimento della partecipazione sociale
Diversa è la disciplina per i due +pi di soci:

➢ Per i soci accomandatari, vale la disciplina esposta per la s.n.c. Quindi la trasmissione della
quota (sia inter vivos che mor+s causa) è sogge<a all’approvazione di tuA i soci
(accomandatari ed accomandan+), se l’a<o cos+tu+vo non dispone diversamente.

➢ Per i soci accomandan+, la quota è liberamente trasferibile mor+s causa, ma per il


trasferimento inter vivos è sogge<a all’approvazione di quan+ soci (accomandatari e
accomandan+) rappresentano la maggioranza del capitale so<oscri<o.
5. Lo scioglimento della società
Alle cause di scioglimento già viste per la s.n.c. e sempre valevoli anche per la s.a.s., si aggiunge
che la presenza delle 2 categorie di soci deve essere sempre rispe<ata, e nel caso venga meno
deve essere ripris+nata nei 6 mesi successivi, altrimen+ causa lo scioglimento. Se sono venu+
meno tuA gli accomandatari, gli accomandan+ nominano un amministratore provvisorio (che può
essere anche un accomandante autorizzato a compiere solo aA di ordinaria amministrazione). Tale
figura non diventa socio accomandatario e non è quindi illimitatamente responsabile per gli aA
che pone in essere. Il procedimento ricalca poi esa<amente quello previsto per la s.n.c., con la sola
differenza che al termine del procedimento, i creditori insoddisfaA potranno soddisfarsi solo sulla
quota di liquidazione dei soci accomandan+, dato che essi non erano soci a responsabilità
illimitata.
6. La società in accomandita irregolare
È irregolare la s.a.s. il cui a<o cos+tu+vo non è stato iscri<o nel R.I.
L’omessa registrazione non impedisce la nascita della società. Inoltre, resta ferma la dis+nzione fra
soci accomandatari e soci accomandan+: anche nell’accomandita irregolare “i soci accomandatari
rispondono limitatamente alla loro quota, salvo che abbiano partecipato alle operazioni sociali”.
Neppure il rilascio di una procura speciale per singoli affari esonera perciò l’accomandante da
responsabilità illimitata verso i terzi per tu<e le obbligazioni sociali.
Per il resto vale la stessa disciplina della s.n.c. irregolare.

CAPITOLO 13 - LA SOCIETA’ PER AZIONI


1. Nozione e caraOeri essenziali
La società per azioni insieme alla s.a.p.a. e alla s.r.l. forma la categoria delle società di capitali.
Cara<eris+che eviden+ di tale +po si società sono: a) la società risponde solo con il suo patrimonio
per le obbligazioni sociali; b) la quota di partecipazione sociale è rappresentata da azioni. A parte
l’evidente differenza dalle altre 2 società per azioni, la S.p.A. ha sicuramente un asse<o
organizza+vo di grande successo, per via del fa<o che è quello prescelto dalle imprese di medie e
grandi dimensioni. I mo+vi di tale successo sono da ricercarsi nei suoi elemen+ cara<erizzan+:
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1) personalità giuridica: si riconosce la qualità di imprenditore alla sola società, alla quale è
garan+ta una piena e perfe<a autonomia patrimoniale;
2) responsabilità limitata dei soci: tuA i soci non sono mai personalmente o illimitatamente
responsabili delle obbligazioni sociali, neanche in via sussidiaria. Unica garanzia per i
creditori è il patrimonio sociale per via del fa<o che i soci decidono quanto della loro
ricchezza vogliono rischiare nella società;
3) organizzazione corpora+va: la responsabilità limitata trova il suo contrappeso
nell’organizzazione corpora+va in tre dis+n+ organi, ossia: l’assemblea, l’organo di ges+one,
e l’organo di controllo;
4) quote rappresentate da azioni: queste sono definibili come partecipazioni - +po omogenee
e standardizzate. InfaA, sono par+zioni uguali della società, che a<ribuiscono uguali diriA
ai loro possessori. Possedere una par+zione sociale (ossia un’azione o un pacche<o
azionario) vuol dire avere un complesso unitario di diriA e poteri omogeneo rispe<o
agl’altri possessori. Tali cara<eris+che rendono le azioni liberamente trasferibili ed
assogge<abili alla disciplina dei +toli di credito.
Si rende così comprensibile il mo+vo del grande successo di questo asse<o organizza+vo
par+colarmente performante per le società di grandi dimensioni. Gli interessi di se<ore sono
efficacemente perseguibili: limitazione della responsabilità, raccolta del patrimonio tra il pubblico e
pronta mobilitazione di esso. In funzione degli interessi che animano un’azionista, si può
dis+nguere tra azionis+ imprenditori e azionis+ risparmiatori. I primi hanno effeAvo interesse alla
partecipazione della vita sociale e in genere sono i soggeA agen+ che pongono in essere l’aAvità
necessaria al raggiungimento dell’ogge<o sociale, i secondi si disinteressano completamente della
società avendo solo il singolo interesse di speculare sulla compravendita dei +toli azionari. Dando
un’occhiata alla realtà, ci si rende conto che le società di grandi dimensioni che fanno raccolta di
capitale fra il pubblico, sono rela+vamente poche seppur molto rilevan+ socialmente ed
economicamente. Ciò comporta che molteplici sono le S.p.A. di modeste dimensioni che non
raccolgono capitale fra il pubblico se non in piccola parte. Nonostante la ristre<a base azionaria, i
problemi della disciplina rimangono gli stessi: tutela delle minoranze e dei creditori. Essendo
queste, società composte da soli soci imprenditori (o prevalentemente da ques+), che si
interessano all’aAvità sociale e si adoperano per far funzionare tuA gli organi sociali, la risposta
all’esigenza risiede nel principio cardine del corre<o funzionamento della S.p.A.: chi più ha
conferito e più rischia ha più potere, ma proprio perché più rischia è pensabile che il potere sia
esercitato in modo oculato. Evidentemente differente è la situazione delle grandi S.p.A. dove la
compagine azionaria è eterogenea e spesso il comando è affidato ad un piccolo gruppo di
minoranza che ha il potere di avventurarsi in ges+oni rischiose e spericolate, tanto coloro che
rischiano di più sono la grande massa degli azionis+ di risparmio (incompeten+ e disinteressa+). In
ques+ casi l’interesse da tutelare non è solo quello dei piccoli azionis+ risparmiatori, che anzi si
rendono colpevoli di non aver evitato il dissesto non avendo azionato i mezzi di autotutela forni+
dalla legge, ma l’intero mercato che vede minacciato il suo equilibrio da tali amministrazioni
spericolate. L’evoluzione della disciplina ha cercato di dare soluzione a tuA ques+ problemi,
rimas+ irrisol+ dal legislatore del ’42.
2. L’evoluzione della disciplina
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Preso a<o che il dominio delle minoranze sia impossibile da evitare nelle società di capitali, senza
alterarne irreversibilmente la natura, il legislatore ha varato una serie di riforme volte a concedere
un’eterotutela agli azionis+ di minoranza e ai risparmiatori. Nel 1974 arriva la prima riforma, che
porta le seguen+ novità: 1) autorizza l’emissione di azioni di risparmio (senza voto ma con diriA
patrimoniali migliori); 2) cer+fica i bilanci is+tuendo il controllo esterno; 3) is+tuisce la CONSOB. Si
con+nua con la riforma del 1998 che crea la figura degli inves+tori is+tuzionali: tali sono coloro che
raccolgono capitale tra il pubblico (fondi di inves+mento, fondi pensione, ecc) per poi reinves+rli in
virtù di una notevole competenza del se<ore, nella scelta delle società e nell’aAvazione degli
strumen+ di tutela degli inves+tori. Non detengono maggioranze in genere, ma neanche delle
quote insignifican+. L’idea di controbilanciare lo strapotere dei gruppi minoritari di controllo alle
figure degli inves+tori is+tuzionali è il principio cardine del TUF, emanato nel 1998 che mandò
defini+vamente in pensione la vecchia norma+va. Il 1° gennaio 2004 entra in vigore la nuova e
ul+ma disciplina delle società di capitali. Questa le divide in: società quotate, non quotate e società
che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (che comprendono le società quotate e quelle
che fanno appello al pubblico risparmio).
A) Cos<tuzione
3. Procedimento
Il procedimento di cos+tuzione di una S.p.A. si ar+cola in 2 fasi: 1) la s+pula dell’a<o cos+tu+vo; 2)
l’iscrizione nel R.I. della società, obbligatoria perché questa venga ad esistenza e acquis+ la
personalità giuridica. La s+pulazione dell’a<o cos+tu+vo può, a sua volta, avvenire secondo 2
procedimen+:
1. S+pulazione simultanea: con questo procedimento i soci contraen+ vengono defini+ soci
fondatori, e sono tenu+ a so<oscrivere integralmente il capitale sociale iniziale;
2. S+pulazione per pubblica so<oscrizione: a<raverso un procedimento lungo e macchinoso,
alcuni soci deA promotori si assumono l’inizia+va di proporre un piano di raccolta di
risparmio fra il pubblico per cos+tuire il capitale sociale iniziale. Tale pra+ca è però desueta
per la sua macchinosità.
È frequente che i soci fondatori non abbiano i capitali necessari per la cos+tuzione di una S.p.A.
sufficientemente grande da soddisfare le loro esigenze. In ques+ casi, per evitare la macchinosa
procedura del punto 2, si procede alla cos+tuzione simultanea, ma dire<amente nell’a<o
cos+tu+vo si inserisce una clausola che autorizza gli amministratori ad aumentare il capitale
sociale, in una o più volte, collocando le nuove azioni emesse fra il pubblico.
4. L’aOo cos<tu<vo: forma e contenuto
La società può essere cos+tuita per contra<o o per a<o unilaterale (in caso di S.p.A. unipersonale)
reda<o in forma scri<a nella forme dell’a<o pubblico a pena di nullità. Deve contenere:
1) Le generalità dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a
ciascuno di essi;
2) La denominazione sociale, la sede principale e le eventuali sedi secondarie: la
denominazione può essere liberamente scelta, ma deve contenere la denominazione
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“S.p.A.” e non deve essere uguale o simile ad altre in modo da creare distrazione della
clientela. La sede principale della società è il luogo in cui ha sede l’organo amministra+vo e
gli uffici direAvi. Essa è anche il riferimento per individuare il registro imprese presso il
quale la società deve essere registrata;
3) L’ogge<o sociale: ossia il +po di aAvità economica che la società ha intenzione di svolgere.
È frequente che si indichi l’aAvità economica principale più altre secondarie o collaterali;
4) L’ammontare del capitale sociale so<oscri<o e versato;
5) Il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, nonché le cara<eris+che di emissione
e circolazione delle stesse;
6) Il valore dei conferimen+ in natura e dei credi+, sempre che ve ne siano;
7) I criteri di distribuzione degl’u+li, solo se differen+ da quelli sanci+ legalmente;
8) I vantaggi a<ribui+ a soci fondatori e promotori, i vantaggi dei secondi possono essere solo
patrimoniali nella maggiorazione della partecipazione agl’u+li non superiore al 10% del
capitale ne<o risultante da bilancio, per i primi non ci sono limi+;
9) Il sistema di amministrazione ado<ato, il numero degli amministratori e loro poteri
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;
10) Il numero dei componen+ del collegio sindacale;
11) La nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del revisore legale dei
con+;
12) L’ammontare, almeno approssima+vo, delle spese per la cos+tuzione della società, ad
esempio le spese notarili e di registrazione;
13) La durata della società, in caso venga cos+tuita a tempo indeterminato, se le azioni non
sono quotate, i soci possono recedere soltanto dopo tempo fissato dall’a<o cos+tu+vo non
superiore ad un anno dalla cos+tuzione, e con un preavviso di almeno 180gg che lo statuto
può allungare fino ad un anno.
L’omissione di una o più indicazioni, sempreché essenziali, legiAma il rifiuto del notaio di s+pulare
l’a<o. Nella realtà l’a<o cos+tu+vo è ben più ampio della forma minima richiesta dalla legge in
quanto con+ene anche tu<e le informazioni aAnen+ al funzionamento della s.p.a. È quindi
consuetudine produrre un secondo a<o, valido solo se anch’esso è s+pulato per a<o pubblico: lo
statuto. La differenza tra i 2 aA sta nel fa<o che l’a<o cos+tu+vo è più stringato e con+ene le
informazioni di massima che iden+ficano e cos+tuiscono la società; lo statuto invece aAene di più
al funzionamento della società e dei suoi organi. È da ricordare che qualora vi siano disposizioni
cozzan+ tra i 2 aA, prevalgono quelle dello statuto.
5. Le condizioni per la cos<tuzione
Altre condizioni necessarie alla cos+tuzione della S.p.A. sono:
1) Capitale minimo non inferiore a 50.000 € (più elevato se l’impresa è bancaria, è una SIM,
una SGR);
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2) Capitale interamente so<oscri<o;
3) Versamento presso una banca del 25% del capitale o in caso unilaterale, l’intero
ammontare;
4) Rispe<o delle norme sui conferimen+ e la regolarità delle autorizzazioni a seconda
dell’ogge<o sociale perseguito.
I conferimen+ in denaro devono essere effe<ua+ prima della s+pula dell’a<o cos+tu+vo e restano
vincola+ presso la banca fino a quando gli amministratori non provano l’esistenza della società
esibendo l’iscrizione della stessa nel R.I. (art. 2331). Tale iscrizione deve essere fa<a entro 90gg
dalla s+pula del contra<o, a pena di decadenza dello stesso previa res+tuzione dei conferimen+ già
effe<ua+.
6. L’iscrizione nel registro delle imprese
Il notaio che riceve l’a<o cos+tu+vo deve, entro ven+ giorni, provvedere al deposito dello stesso
presso il R.I. territorialmente competente. Se ques+ non vi provvede, l’obbligo ricade sugli
amministratori e nell’inerzia di ques+ ul+mi vi può provvedere qualsiasi socio a spese della società,
ed è comminata una sanzione amministra+va e pecuniaria a carico degl’iner+ (ar<. 2630 e 2330).
Essendo stata soppressa l’omologazione del tribunale, tale controllo legale è affidato al notaio che
roga l’a<o. Il controllo notarile è sia formale che sostanziale in merito all’aderenza dell’a<o
cos+tu+vo e dello statuto alla legge, al buon costume nonché alla disciplina della S.p.A. Può altresì
rifiutarsi di depositare l’a<o al R.I. se riscontra irregolarità. Se il controllo dà esito posi+vo, il notaio
oltre al deposito richiede anche l’iscrizione al R.I. L’ufficio del registro, può e deve effe<uare un
semplice controllo formale di regolarità della documentazione. Accertate tu<e le condizioni, la
società è iscri<a e viene ad esistenza. Acquista la capacità giuridica e si palesano gli effeA
dell’efficacia cos+tu+va della pubblicità legale, sia tra le par+ che per i terzi. Non è ovviamente
possibile la cos+tuzione di S.p.A. irregolare. È frequente che in questa fase di cos+tuzione la
società non ancora esistente assuma obblighi. Di ques+ non risponde la società, ma i soggeA
agen+ in solido tra loro. È previsto che rispondano anche i soci fondatori insieme a coloro che
hanno agito o consen+to. Per le obbligazioni necessarie, l’accollo da parte della società è
automa+co (per es. spese notarili). Per le spese non necessarie, anche se poste in essere dai futuri
amministratori, è necessario un a<o che anche implicitamente ne accolli la responsabilità alla
società, fermo restando che ne restano responsabili i soggeA agen+. È vietata l’emissione di azioni
prima che la società venga ad esistenza, eccezion fa<a per la cos+tuzione per pubblica
so<oscrizione. L’a<uale disciplina non prevede però la nullità di tali azioni, e non vieta nemmeno i
trasferimen+ della quota.
7. La nullità della società per azioni
È possibile che l’a<o cos+tu+vo e il procedimento di cos+tuzione presen+no vizi e difeA. La
reazione dell’ordinamento è però diversa a seconda che sia intervenuta o meno l’iscrizione nel
registro delle imprese. Se questa non è intervenuta, l’a<o ha solo autonomia tra le par+ e come
qualunque contra<o tra priva+ può presentare i classici vizi del contra<o. Ben diversa è la
situazione della società invalidamente cos+tuita, ma iscri<a nel R.I. In questo caso la società è
venuta ad esistenza, come en+tà viva e vitale entrando nel traffico giuridico, tessendo una
ragnatela di rappor+ dire<amente imputabili sulla stessa. Non si può però ignorare che la legalità è
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stata violata, e ne può pagare le conseguenze solo la società - organizzazione a<raverso lo
scioglimento della stessa. Senza però dimen+care di tutelare i terzi contraen+ con l’invalida
società. Vediamo quindi in successione cosa prevede la disciplina speciale in merito alle cause di
nullità, agli effeA e alla sanabilità. Sono cause di nullità della società per azioni iscri<a:
1) La mancanza della forma dell’a<o pubblico per la redazione dell’a<o cos+tu+vo;
2) L’illiceità dell’ogge<o sociale;
3) La mancanza di ogni riferimento in merito: alla denominazione sociale, ai conferimen+, al
capitale sociale, all’ogge<o sociale.
Non sono cause di nullità: la mancanza dell’a<o cos+tu+vo (basta lo statuto), l’incapacità di tuA i
soci fondatori, il mancato versamento dei conferimen+ in denaro. La nullità resta perciò circoscri<a
a pochi vistosissimi casi. La disciplina degli effeA ricalca la bipar+zione vista in precedenza in
merito all’iscrizione della S.p.A. al R.I.. È infaA previsto che se l’iscrizione non è intervenuta, la
nullità è retroaAva e coinvolge tuA gli aA della società. Se invece l’iscrizione è avvenuta, gli aA
pos+ in essere rimangono tuA validi, anche quelli in cui la società o i terzi erano a conoscenza
(mala fede) della causa di nullità. La società con+nua ad essere obbligata per le obbligazioni
contra<e, quindi i soci non hanno diri<o alla ripe+zione dei conferimen+, anzi sono tenu+ a
versarli, finché non siano sta+ paga+ tuA i debi+. La nullità è dichiarata con sentenza del giudice,
che nomina anche i liquidatori ed è pubblicata sul R.I. Per il resto si segue il normale procedimento
di liquidazione poiché in questo caso la nullità ha operato come causa di scioglimento. Mentre la
nullità di un contra<o è insanabile, una società nulla è sanabile eliminando la causa di nullità e
pubblicando tale azione prima che intervenga la sentenza del giudice (art. 2332). Ciò che rimane
della classica disciplina della nullità dei contraA è: l’imprescriAbilità dell’azione e la proposizione
della stessa da parte di chiunque vi abbia interesse compreso il giudice che la può rilevare d’ufficio.
B) La società per azioni unipersonale. I patrimoni des<na<
8. La società per azioni unipersonale
La riforma del 2003 introduce la S.p.A. e la s.r.l. unipersonali. È consen+ta la formazione per a<o
unilaterale e il regime della responsabilità limitata anche per l’unico socio. Tu<avia, tale limitazione
della responsabilità non opera in alcuni casi par+colari. Innanzitu<o, per le obbligazioni assunte
prima dell’iscrizione, rispondono solidalmente il fondatore e i soggeA agen+. La limitazione opera
solo dopo l’iscrizione, e quindi l’esistenza, della società. Una disciplina più severa è senz’altro
predisposta in tema di conferimen+: sia in sede di cos+tuzione che in sede d’aumento di capitale
devono essere integralmente versa+ dall’unico socio per garan+rne l’effeAvità nelle sostanze del
patrimonio sociale. Anche quando la pluralità dei soci viene meno, per aversi la trasformazione in
società unipersonale, bisogna che i conferimen+ ancora dovu+ siano versa+ entro 90gg a pena
dell’esclusione dalla responsabilità limitata in favore di quella illimitata del socio unico. Infine, si
prevede che l’unipersonalità della società risul+ dalla corrispondenza commerciale e nella
denominazione sociale, ma non nella ragione sociale. Si necessita, inoltre, che i da+ anagrafici
dell’unico socio siano iscriA nel registro imprese a cura degli amministratori o del socio stesso.
Tu<o questo a pena dell’esclusione dal beneficio della responsabilità limitata. È chiaro il rischio di
aA in confli<o di interessi e confusione di patrimoni. È quindi sancito che qualunque a<o della
società a favore del socio deve risultare dal libro delle adunanze e dalle deliberazioni del c.d.a.
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Esistono solo 2 eccezioni che esonerano il socio dalla responsabilità illimitata: 1) il mancato
versamento dell’intero capitale sociale in denaro come prescri<o nella disciplina dei conferimen+;
2) la mancanza di iscrizione nel registro delle imprese. Entrambi ques+ casi sono sanabili per
o<enere la limitazione della responsabilità.
9. I patrimoni des<na<
La S.p.A. unipersonale esiste sostanzialmente per limitare il rischio d’impresa mol+plicando i
soggeA a cui è riferibile l’aAvità d’impresa. Tale finalità è conseguibile anche a<raverso il
nuovissimo mezzo fornito dalla riforma del 2003: i patrimoni des+na+ ad un singolo affare. In
questo modo non si mol+plicano i soggeA per limitare la responsabilità, ma si opera dire<amente
sul patrimonio sociale risparmiando i problemi e i cos+ della S.p.A. unipersonale. Sarà quindi
possibile des+nare uno o più par+ del patrimonio a singoli affari di incerta riuscita (come una
nuova linea di prodoA). 2 sono i modelli di patrimonio des+nato che la legge consente di formare:
1. La des+nazione di una par+zione del patrimonio ne<o (non più del 10%) ad un singolo
affare;
2. La richiesta di finanziamento a terzi, il rimborso del quale si prevede con i fruA dell’affare
nel quale si investe (per es. la nuova linea di prodoA).
Per la cos+tuzione di un patrimonio des+nato è necessaria la delibera a maggioranza dei membri
dell’organo amministra+vo. In par+colare, la delibera deve contenere: l’iden+ficazione dell’affare, i
beni des+na+ e l’eventualità di partecipazione di terzi nonché la possibilità di eme<ere strumen+
partecipa+vi all’affare stesso. Tale delibera deve essere verbalizzata da un notaio e iscri<a nel
registro delle imprese. Solo dopo 60gg dall’iscrizione, sarà efficace, poiché in tale termine i
creditori anteriori possono proporre opposizione innanzi al tribunale che può autorizzare lo stesso
la delibera previa prestazione di idonea garanzia da parte della società. Per le obbligazioni
contra<e in a<uazione dell’affare, la società risponderà col solo patrimonio des+nato purché vi sia
espressione del vincolo di des+nazione nella documentazione dell’affare. L’affare e
l’amministrazione del patrimonio separato fanno ges+one a sé. InfaA, sono reda<e scri<ure
contabili apposite e devono risultare da bilancio tuA i rappor+ soggeA al vincolo di des+nazione.
Realizzato l’affare o divenuto impossibile, gli amministratori devono redigere un rendiconto finale
che deve essere iscri<o nel R.I. Più snella è la procedura per un finanziamento di terzi ad uno
specifico affare. Si s+pula un contra<o di finanziamento che deve includere: le coordinate
dell’affare, la natura e la quan+tà dei mezzi strumentali necessari, la parte coperta dal
finanziamento e quella coperta dalla società e il piano finanziario di rientro. Si rende altresì
necessaria la contabilità e il sistema d’incasso separa+ oltre all’iscrizione del contra<o nel R.I; delle
obbligazioni verso il finanziatore, si risponde con la sola separazione patrimoniale aAnente ai
fruA, salvo diversa garanzia prestata dalla società in caso di mancato realizzo. I creditori
preesisten+ al finanziamento non potranno aggredire i beni strumentali des+na+ all’affare, ma
soltanto gli eventuali u+li spe<an+ alla società.
C) I conferimen<
10. Conferimen< e capitale sociale

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L’ammontare dei conferimen+ ha il compito di dotare la società di capitale di rischio iniziale. La
disciplina dei conferimen+, è il punto di partenza per definire il capitale sociale che si consta di
conferimen+ in denaro più i conferimen+ diversi dal denaro la cui valutazione risulta dall’a<o
cos+tu+vo. La finalità di questa disciplina è duplice: 1) si vuole garan+re che tuA i soci versino
effeAvamente quanto promesso; 2) che il capitale reale sia effeAvamente veri+ero rispe<o a
quanto risulta dall’a<o cos+tu+vo.
11. I conferimen< in denaro
Se l’a<o cos+tu+vo non stabilisce diversamente, i conferimen+ si effe<uano solo in denaro. È
previsto poi l’obbligo (per dare un minimo di garanzie), del versamento del 25% dei conferimen+ in
denaro presso una banca, o del totale se si tra<a di S.p.A. unipersonali. Il resto della disciplina è
concepita perché si rendano effeAvi gli altri conferimen+. InfaA, dopo la cos+tuzione, gli
amministratori possono richiedere il versamento di quanto promesso ai soci in ogni momento e
senza l’obbligo di preavviso. Se l’azione non è liberata deve risultare dal +tolo e, malgrado questo,
è trasferibile. L’obbligo di conferire grava sia sull’acquirente che sull’alienante, che però risponde in
via residuale e per i soli tre anni successivi alla registrazione del trasferimento sul libro dei soci. Se
il socio è moroso la società può, in alterna+va alla classica condanna all’adempimento e
all’esecuzione forzosa, procedere alla vendita coaAva delle azioni. Tale vendita deve essere prima
proposta ai soci in proporzione della quota da loro posseduta (diri<o di opzione) per un
ammontare non inferiore dei conferimen+ dovu+. Se tale vendita è infru<uosa, si possono offrire a
terzi. Se anche questa è infru<uosa la società può dichiarare decaduto il socio, tra<enere i
versamen+ già effe<ua+ e tentare di vendere ancora le azioni non liberate. Se l’esito non dovesse
essere quello sperato deve annullare tali azioni e ridurre il capitale sociale in egual misura.
12. I conferimen< diversi dal denaro
È espressamente vietato conferire prestazioni d’opera o di servizi (art. 2342), poiché queste mal si
conciliano con l’esigenza di garan+re un capitale certo ed immediatamente esigibile. Possono
formare ogge<o solo di prestazioni accessorie (dis+nte dai conferimen+) o di appor+ non
imputabili al capitale sociale, ma che possono provocare l’emissione di strumen+ finanziari diversi
dalle azioni. Limitazioni sono poi esposte per il conferimento di beni in natura e dei credi+, che per
il resto seguono la stessa disciplina esposta per le società di persone (vendita o locazione e
garanzie per vizi e perimento). Si so<olinea che, nel momento in cui si verifica il trasferimento di
proprietà del bene conferito, le corrisponden+ azioni sono interamente liberate. È inoltre imposto
il divieto di conferire obbligazioni, come quella di riscuotere prestazioni periodiche (non si può
conferire il canone di una locazione). Quindi sono escluse le cose generiche, future o altrui. È
pacifico che sono conferibili diriA di godimento in quanto la società acquista l’immediata
disponibilità del bene. Ulteriori limitazioni sono da escludersi, sopra<u<o se si muove dalla
convinzione che il capitale sociale è conferito alla società per dotarla dei mezzi, a<raverso i quali
questa tenta di conseguire l’ogge<o sociale. Diventano così conferibili tu<e le prestazioni di dare
susceAbili di valutazione economica oggeAva e di immediatamente disponibile, anche
immateriale come i breveA e i marchi.
13. La valutazione

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TuA i conferimen+ diversi dal denaro sono so<opos+ ad una valutazione oggeAva e veri+era per
evitare che il valore nominale del capitale sociale sia superiore a quello reale. Tale valutazione è un
procedimento de<ato dall’art. 2343 che si ar+cola in più fasi:
1) Chiunque voglia conferire credi+ o beni in natura, deve presentare una relazione di s+ma di
un esperto nominato dal tribunale, il quale deve a<estare che il valore reale del bene o del
credito è almeno corrispondente a quello del conferimento. La relazione è allegata all’a<o
cos+tu+vo e trascri<a nel registro imprese;
2) Entro 180gg dalla cos+tuzione, è obbligo degli amministratori provvedere alla verifica delle
s+me dei beni, e nel fra<empo le azioni rimangono depositate presso la società e sono
inalienabili;
3) Se dalla verifica risulta che il valore reale del conferimento è inferiore di oltre 1/5 di quanto
pa<uito in precedenza le azioni corrisponden+ all’eccedenza scoperta devono essere
annullate e il capitale sociale si deve ridurre in proporzione. Tu<avia, il socio ha 2 possibilità
per non vedersi rido<a la quota: o copre lo scoperto in denaro o recede dal contra<o di
società. In caso di recesso avrà diri<o, se possibile, alla res+tuzione del conferimento in
natura, altrimen+ ad un rimborso in danaro equivalente.
Non si richiede la s+ma del perito quando il valore a<ribuito al conferimento in natura, è pari o
inferiore:
1) Per i +toli quota+ nel mercato dei capitali e per gli strumen+ quota+ nel mercato
monetario, al prezzo medio ponderato al quale tali strumen+ finanziari sono sta+ negozia+
nei 6 mesi preceden+ il conferimento;
2) Al fair value iscri<o nel bilancio dell’esercizio precedente, quello nel quale è effe<uato il
conferimento. È però necessario che il bilancio sia so<oposto a revisione;
3) Quando si tra<a di beni o credi+ s+ma+ da un professionista indipendente dal conferente.
Gli amministratori possono comunque so<oporre i beni al normale procedimento di s+ma quando
in fase di verifica riscontrano incongruenze derivan+ da un’alterazione del valore. Tali accertamen+
devono essere presi entro 30gg dalla cos+tuzione della società. Nel medesimo termine possono
acce<are le s+me con una dichiarazione scri<a a<estante che il valore dei beni corrisponde
almeno al valore a<ribuito nel conferimento. Iscrivendo tale documento nel registro imprese le
azioni corrisponden+ diventano alienabili. Il procedimento di s+ma era facilmente aggirabile in
passato a<raverso un ingegnoso espediente: il socio si obbligava a conferire una somma in denaro;
successivamente vendeva un bene in natura ad un prezzo corrispondente al conferimento di modo
che questo era soddisfa<o per compensazione. Tale procedimento è vietato oggi dall’art 2343 bis
che impone delle condizioni. Sono necessarie la preven+va autorizzazione dell’assemblea ordinaria
e la relazione giurata di s+ma di un esperto designato dal tribunale per l’acquisto da parte della
società di beni o credi+ dai promotori, dai fondatori, dai soci a<uali o dagli amministratori quando:
• il corrispeAvo pa<uito è pari o superiore al decimo del capitale sociale;
• l’acquisto è compiuto nei due anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese.
14. Le prestazioni accessorie
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L’a<o cos+tu+vo può obbligare i soci ad eseguire prestazioni accessorie diverse dai conferimen+ a
favore della società, determinandone anche contenuto, durata, modalità e compenso. In cambio la
società eme<e delle azioni par+colari che sono nomina+ve e non trasferibili senza il consenso di
tuA gli amministratori, per via del fa<o che anche sull’acquirente grava il compito di eseguire le
prestazioni accessorie. Inoltre, tali obblighi possono essere modifica+ solo con il consenso di tuA i
soci.

CAPITOLO 14 – LE AZIONI
1. Nozione e caraOeri
Le azioni sono quote di partecipazione dei soci nella società per azioni. Sono quote di
partecipazione omogenee e standardizzate, liberamente trasferibili e di regola rappresentate da
documen+ (+toli azionari) che circolano secondo la disciplina dei +toli di credito. Le azioni sono
quindi par+zioni del capitale sociale so<oscri<o di iden+co ammontare che iden+ficano la quota
minima possedibile e l’unità di misura dei diriA sociali. Esse sono perciò indivisibili e se
appartengono a 2 soggeA diversi ques+ devono nominare un rappresentante comune. Anche
quando più azioni appartengono ad una stessa persona queste conservano in ogni caso la loro
autonomia. Uguaglianza di valore e di diriA, indivisibilità, autonomia e circolazione in forma
cartolare sono quindi i cara<eri +pizzan+ le azioni.
2. Azioni e capitale sociale
Le azioni devono essere tu<e di ugual valore (art. 2348), devono quindi rappresentare una egual
frazione del capitale sociale. Tale frazione rappresenta appunto il c.d. valore nominale delle azioni.
Tale valore rimane inalterato per tu<a la vita della società così come il capitale sociale; può essere
specificato o meno nell’a<o cos+tu+vo (1.000.000 € di capitale/100.000 azioni = ogni azione vale
10 €), ma non possono essere emesse contemporaneamente azioni con e senza valore nominale.
Tale valore è inoltre modificabile modificando l’a<o cos+tu+vo. Le azioni senza valore nominale si
esprimono in percentuale e non in numero di azioni. Così se il capitale sociale è di 1.000.000€ ed è
diviso in 100.000 azioni, so<oscrivendo 1000 azioni si avrà l’1% del capitale sociale. Vale sempre la
regola che in nessun caso il capitale sociale nominale (diviso in azioni) deve avere un ammontare
inferiore al valore reale dei conferimen+. Semmai è possibile il contrario, cioè è possibile eme<ere
delle azioni con un sovrapprezzo rispe<o al valore nominale. È infaA differente il valore di
emissione delle azioni rispe<o al valore reale delle stesse. È quindi definito valore di bilancio, la
suddivisione del patrimonio ne<o della società per il numero di azioni. Vi è infine il c.d. valore di
mercato, determinato quo+dianamente nei merca+ regolamenta+ delle azioni quotate. Esso +ene
conto non solo del valore di bilancio, ma anche delle prospeAve della società nel futuro. È più
preciso del valore di bilancio ed è considerato un riferimento dal legislatore nella definizione di
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alcuni rappor+ della società (+po l’emissione di azioni senza diri<o d’opzione). È poi fuori dubbio il
valore aggiunto dei paccheA azionari che consentono il controllo della società; tale possibilità
conferisce un valore spesso notevolmente maggiore di quello della sommatoria dei singoli valori di
mercato delle azioni che compongono il pacche<o (c.d. premio di maggioranza).
3. La partecipazione azionaria
Ogni azione a<ribuisce al suo +tolare una pluralità di diriA di diversa natura: diriA amministra+vi
(diri<o al voto); diriA patrimoniali (diriA agl’u+li); diriA amministra+vo - patrimoniali (diri<o di
opzione). Per il momento ci soffermiamo su una cara<eris+ca peculiare delle azioni: l’uguaglianza.
Questa è da intendersi come rela+va e non assoluta e come oggeAva e non soggeAva: è rela+va
perché è possibile creare categorie di azioni (ordinarie e speciali) che hanno diversi diriA tra loro;
è oggeAva per via dell’uguaglianza dei diriA che ogni azione a<ribuisce, non per quelli di cui ogni
azionista globalmente dispone. In questo secondo senso avrà importanza sia il numero che il +po
di azioni possedute. Conseguenza di queste cara<eris+che è la disuguaglianza soggeAva degli
azionis+. Si badi che tale disuguaglianza è perfe<amente giusta, in quanto è conserva+va ed
espressiva di uno dei principi cardine di un’economia a base capitalis+ca: chi più rischia ha più
poteri e può imporre la sua volontà, sempre nel rispe<o della legalità, alle minoranze. Si osserva
infine che nelle società che svolgono un’aAvità aAnente ad un interesse pubblico, possono essere
riconosciu+ dei diriA allo Stato (come il diri<o di veto su alcune pregnan+ decisioni) a prescindere
dalla quota posseduta o addiri<ura dalla qualità di azionista.
4. Le categorie speciali di azioni
Le categorie speciali di azioni, sono create con lo statuto e si contrappongo a quelle ordinarie. Si
creano così diversi gruppi di azionis+ che hanno interessi parzialmente non coinciden+. È
predisposta così un’organizzazione delle azioni speciali volta conciliare la compresenza delle varie
categorie. È infaA stabilito che le azioni speciali devono avere un’assemblea speciale di categoria.
Tale assemblea si riunisce e delibera secondo le regole dell’assemblea straordinaria (se le azioni
non sono quotate, art 2376) o secondo le regole degli azionis+ di risparmio (se le azioni sono
quotate). Una delle sue funzioni è quella di autorizzare le decisioni dell’assemblea generale che
peggiorano la posizione degli azionis+ speciali. È quindi evidente come i diriA speciali siano diriA
di gruppo e non individuali. Lo statuto può modellare, entro i limi+ legali, le categorie di azioni a
seconda dei bisogni della società. Fra i limi+ si ha il divieto di voto plurimo: un’azione corrisponde a
un voto, non è possibile decidere che un’azione possa esprimere più di un voto. Possono essere
emesse:
1) Azioni senza diri<o di voto;
2) Azioni a voto limitato (es. votano solo per approvare il bilancio);
3) Azioni a voto condizionato (es. votano solo se non vengono distribui+ gli u+li).
Le tre categorie sopra elencate non possono raggiungere complessivamente più della metà del
capitale. Questo per non consen+re il comando della società con pochissime azioni a voto pieno.
Per tu<e le S.p.A., è possibile concepire il diri<o di voto nei seguen+ modi: 1) rapportare il voto ad
una data percentuale di azioni possedute (es. un voto ogni 5% del capitale posseduto); 2) con il
voto scalare (dall’1 al 10% un voto per ogni azione, dall’11 al 20% ogni 2 azioni un voto, e così via).
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Le azioni privilegiate prevedono migliori diriA patrimoniali o nella distribuzione degl’u+li o nel
rimborso della quota in caso di liquidazione. Non esistono limi+ ai privilegi a<ribuibili se non il
limite del pa<o leonino. Le azioni correlate sono azioni i cui privilegi patrimoniali si fanno
dipendere dai risulta+ raggiun+ in generale dalla società o in un determinato se<ore, senza che
venga creato un patrimonio des+nato. Tu<avia, la disciplina prevede un’a<enta descrizione
nell’a<o cos+tu+vo per individuare con esa<ezza quali risulta+ possano formare ogge<o degli
eventuali vantaggi patrimoniali. È chiaro però, che se ci sono perdite non si avranno i privilegi
spera+.
5. Le azioni di risparmio
Le azioni di risparmio rispondono a quell’esigenza delle società quotate di raccogliere capitale e di
creare categorie di azionis+ disinteressa+ alla vita della società. Le azioni di risparmio possono
essere emesse solo da società quotate e non possono superare la metà del capitale sociale in
concorso con le azioni a voto limitato. Sono completamente prive di voto, ma a differenza delle
altre azioni senza voto, devono necessariamente avere dei privilegi patrimoniali descriA nello
statuto. Possono essere emesse al portatore (per incen+vare gli inves+men+) e dopo un certo
periodo di tempo può essere prevista la loro conversione in azioni ordinarie. Non sono computate
nel calcolo per la cos+tuzione dei quorum in assemblea. L’a<uale disciplina, si limita a stabilire che
le azioni di risparmio sono “dotate di par+colari privilegi di natura patrimoniale” e che l’a<o
cos+tu+vo “determina il contenuto del privilegio, le condizioni, i limi+, le modalità e i termini per il
suo esercizio”.
È prevista l’organizzazione di gruppo per la tutela degli azionis+ risparmiatori. Tale organizzazione
prevede la creazione di 2 organi:
• l’assemblea speciale: delibera sugli oggeA di interesse della categoria, in par+colare
approva o respinge le decisioni dell’assemblea generale che peggiorano la posizione degli
azionis+ di risparmio e delibera sulle controversie con la società;
• il rappresentante comune: è nominato dall’assemblea ed ha il compito di dare a<uazione
alle delibere. Ha inoltre la facoltà di assistere alle assemblee generali e di impugnare le
decisioni di quest’ul+ma, prese contro la legge o lo statuto.
6. Le azioni a favore dei prestatori di lavoro
Il legislatore vede con favore l’interessamento dei lavoratori della società alla partecipazione nella
stessa in qualità di soci. È possibile che vengano emesse delle azioni, imputabili a capitale, poi
assegnate gratuitamente ai lavoratori (art. 2349). Tali azioni hanno un regime di trasferimento
vincolato e sono nomina+ve. Lo stesso procedimento è valevole anche se le azioni sono a
pagamento. In questo caso, per procedere deve essere escluso il diri<o di opzione dei soci, e solo
allora le azioni di nuova emissione potranno essere assegnate ai dipenden+ della società. Un
medesimo meccanismo si ri+ene valido anche per l’assegnazione ai dipenden+ di strumen+
finanziari diversi dalle azioni. Anche in questo caso tali strumen+, possono essere nomina+vi e
vincola+. È altresì possibile, concepire un piano di compensi per i dipenden+, amministratori e
collaboratori che preveda l’assegnazione di strumen+ finanziari partecipa+vi come compenso per il
loro lavoro svolto. In questo caso la trasparenza deve essere assoluta, ed è regolata dalla CONSOB.

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7. Azioni e strumen< finanziari partecipa<vi
Gli strumen+ finanziari partecipa+vi, introdoA dalla riforma del 2003, sono delle partecipazioni
societarie diverse dai conferimen+ e quindi non imputabili a capitale. Non essendo conferimen+,
non sono assogge<a+ alla rela+va disciplina e non conferiscono la qualità di socio. Tu<avia,
accrescono il patrimonio sociale e possono essere u+lizza+ come alterna+va alle azioni per
corrispondere le prestazioni accessorie o di lavoro. Seppure estremamente scarna, la disciplina
prevede che tali strumen+ possono conferire diriA amministra+vi (con l’esclusione del diri<o di
voto nell’assemblea generale) e patrimoniali. Hanno infaA la possibilità di nominare un
amministratore o un sindaco. Si deve però dis+nguere: se tali strumen+ sono rimborsabili entro un
certo tempo, o a seconda delle sor+ economiche della società, essi saranno soggeA alla disciplina
delle obbligazioni; se invece godono di diriA amministra+vi, sono soggeA alla disciplina delle
assemblee speciali. Quel che è certo, è che lo statuto deve appurarne: le modalità di emissione e di
circolazione, i diriA da essi derivan+ e le sanzioni in caso di inadempimento.

8. La circolazione delle azioni


Di regola, le azioni sono dei documen+ assogge<a+ alla disciplina dei +toli di credito. Ma nelle
società non quotate, tali documen+, potrebbero non essere rilascia+. In tal caso la qualità di socio
si prova con l’iscrizione nel libro dei soci e il trasferimento è sogge<o alla classica disciplina della
cessione. Nelle società quotate invece, la circolazione dei cer+fica+ azionari in forma di
documento, è stata abolita con la riforma del 1998. È infaA prevista la ges+one accentrata
dematerializzata delle azioni che si basa su semplici annotazioni contabili per dimostrare un
trasferimento. Tale sistema è obbligatorio, oltre che per le società quotate, anche per quelle che
hanno azioni e obbligazioni diffuse in larga misura fra il pubblico (anche se non sono quotate in
merca+ regolamenta+), secondo quanto stabilito dalla CONSOB. È pacifico che le azioni circolano
secondo la disciplina dei +toli di credito e, come meglio si vedrà, le azioni sono +toli causali.
Possono essere inoltre sia nomina+ve che al portatore, fornendo una valida forma di inves+mento
fiscalmente compe++va in concorrenza con i +toli del debito pubblico tradizionalmente al
portatore. Questa dis+nzione è rimasta solo sulle pagine del codice. Nella realtà, con una legge
antecedente il codice, è stata imposta la nomina+vità obbligatoria delle azioni. Tale regola ha solo
2 temperamen+: le azioni di risparmio e le azioni delle SICAV e delle SICAF, che possono essere sia
nomina+ve che al portatore a scelta dell’azionista.
9. I vincoli sulle azioni
Le azioni possono essere cos+tuite in usufru<o, pegno e possono formare ogge<o di sequestro. Il
diri<o di voto compete all’usufru<uario, al creditore pignora+zio e al custode, ma deve essere
espresso nell’interesse del socio. Gli altri diriA amministra+vi saranno esercita+ disgiuntamente
tra tali soggeA e il socio. Tu<o questo, se non risulta diversamente dal +tolo. Il diri<o di opzione è
esercitabile dal socio purché versi 3gg prima della scadenza le somme necessarie per esercitarlo. In
caso le azioni ad esso spe<an+ non vengano optate, possono essere vendute in merca+
regolamenta+ servendosi di un intermediario specializzato. In caso di aumento gratuito del
capitale, le nuove azioni entreranno nella disponibilità dell’usufru<uario, del creditore pignora+zio
o del custode. Se le azioni non sono liberate, si sono scelte soluzioni opposte a seconda dei casi. In
62
caso di pegno, il creditore pignora+zio non è tenuto a versare e quindi può far vendere le azioni
(ancora da liberare) facendo valere il suo pegno sul ricavato. In caso di usufru<o sarà
l’usufru<uario a dover versare le somme necessarie per liberare le azioni, salvo il suo diri<o di
res+tuzione delle stesse al termine dell’usufru<o.
10. I limi< alla circolazione delle azioni
Limi+ legali al trasferimento delle azioni sono:
1) Le azioni liberate con conferimen+ diversi dal denaro non sono alienabili prima della
verifica del valore del conferimento da parte degli amministratori;
2) Le azioni assegnate in virtù di prestazioni accessorie non sono trasferibili senza il consenso
di tu<o il c.d.a.
Oltre i limi+ legali si possono convenire limi+ convenzionali alla circolazione delle azioni da
dis+nguersi in: limi+ statutari (riporta+ nello statuto) e paA parasociali (con a<o separato). I paA
parasociali sono generalmente defini+ sindaca+ di blocco, vol+ ad evitare l’ingresso in società di
persone sgradite. La violazione dei paA parasociali non pregiudica la validità della vendita, ma
espone il socio inadempiente al risarcimento degl’altri soci. L’inopponibilità ai terzi dei paA
parasociali spinge i soci a consacrare tali accordi nello statuto, che invece è opponibile ai terzi. In
tal modo le clausole limitatrici vincolano tuA i soci. Tali limi+ possono essere di varia natura, ma i
più ge<ona+ sono: clausole di prelazione, clausole di gradimento e clausole di risca<o. La clausola
di prelazione opera nel caso in cui un socio voglia vendere la sua partecipazione. Tale socio deve
prima offrire le sue azioni agl’altri soci e li deve preferire a parità di condizioni di vendita. La
trasgressione a tale clausola comporta che la vendita a terzi non gradi+ è inefficace. Tale inefficacia
si manifesta in 2 direzioni: sia nei confron+ dei soci che si rifiutano di iscrivere l’acquirente nel libro
dei soci; sia perché i soci aven+ la prelazione acquistano il diri<o di risca<are le azioni
ingiustamente vendute a terzi.
Le clausole di gradimento, queste si ar+colano in 2 +pologie:
1) Fissano le cara<eris+che che il nuovo socio deve avere (es. ci<adinanza italiana,
appartenenza ad una par+colare categoria di professionis+, ecc);
2) Condizionano l’ingresso del nuovo socio al placet di un organo sociale, in genere il c.d.a.
Le prime sono sicuramente valide, le seconde molto diba<ute in quanto si blocca il diri<o del socio
di uscire dalla società senza recedere. InfaA nel 2003 il legislatore vieta le clausole di mero
godimento, temprando tale divieto: si prevede che se l’acquirente non piace alla società, questa è
tenuta ad acquistare le azioni del socio alienante o a consen+re il recesso dello stesso secondo la
normale procedura di liquidazione della quota. Le azioni risca<abili sono quelle che vengono
acquistate dalla società al verificarsi di da+ even+ come la morte del socio per evitare che
subentrino gli eredi. Il valore di rimborso è determinato applicando le disposizioni in tema di diri<o
di recesso dell’azionista. Le clausole limita+ve si possono decidere in sede di cos+tuzione, ma
anche successivamente. In questo secondo caso, se lo statuto non prevede diversamente, i soci
assen+ astenu+ o dissenzien+ possono recedere.
11. Le operazioni della società sulle proprie azioni
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Queste operazioni sono guardate con estremo sfavore del legislatore per via dei numerosi pericoli
da esse derivan+, come: integrità del capitale sociale, eccessivo potere nelle mani del gruppo di
comando e del C.d.A.; disses+ finanziari in conseguenza di manovre finanziarie spericolate, ecc. Per
ques+ mo+vi sono in via generale vietate, ma ci sono dei temperamen+ ai vari divie+. Esse sono di
tre +pi: so<oscrizione, acquisto di azioni proprie, e altre operazioni sulle stesse. L’auto -
so<oscrizione è in via generale vietata in modo assoluto, eccezion fa<a per una parziale deroga per
l’esercizio del diri<o di opzione su azioni proprie. Per il resto, sono vietate sia in sede di
cos+tuzione che in sede di aumento di capitale, ed il divieto opera anche per gli acquis+ indireA
per interposta persona che acquista in nome proprio ma nell’interesse della società. Sarebbe
assurdo che la società sia creditrice di sé stessa per il versamento dei conferimen+, che in
defini+va non avverrebbe, lasciando scoperta una parte del capitale. Le sanzioni sono del tu<o
singolari: le azioni rimangono valide, ed il conferimento lo deve effe<uare il/i sogge<o/i che ha
materialmente so<oscri<o, cioè i soci fondatori o promotori in caso di cos+tuzione, e gli
amministratori in caso di aumento del capitale (so<oscrizione dire<a). Stesso discorso per gli
acquis+ indireA dove, invece, sarà il terzo, in solido con i soci fondatori o promotori o con gli
amministratori ad effe<uare il conferimento. Meno rigido è il divieto di acquisto di azioni proprie.
Prima però bisogna spiegare i pericoli che si celano dietro l’acquisto di azioni proprie: se una
società con capitale sociale 1000 e patrimonio ne<o 1000 (significa nell’esempio che dispone dei
soli conferimen+ iniziali) acquista azioni proprie per un ammontare di 1000, sta pra+camente
rimborsando i conferimen+ ai soci dai quali acquista le azioni. In questo modo, il patrimonio ne<o
si trasforma in un cumulo di pezzi di carta che non valgono nulla, in quanto il loro valore è stato
integralmente rimborsato. De<o questo bisogna dire che, se la società intende reinves+re gli u+li
distribuibili tra i soci acquistando sue azioni, lo può fare, ma devono ricorrere 4 condizioni:
1) Le somme impiegate per l’acquisto devono essere solo u+li disponibili e riserve disponibili;
2) Le azioni devono essere del tu<o liberate;
3) L’operazione deve essere approvata dall’assemblea ordinaria con delibera minuziosamente
descriAva delle condizioni di vendita;
4) Solo nelle società che fanno riscorso al mercato del capitale di rischio l’acquisto di azioni
proprie non può essere superiore ad 1/5 del capitale sociale.
Le sanzioni previste sono: la messa in vendita entro un anno delle azioni proprie che, se si rivela
infru<uosa, comporta l’annullamento delle stesse e la riduzione del capitale. Il divieto è esteso
anche agli acquis+ indireA. Sono tu<avia consen++ acquis+ da parte della società quando si tra<a
di a<uare una delibera assembleare che ordina la riduzione del capitale sociale che avviene così in
modo palese, rimborsando ai soci i conferimen+ e annullando le azioni acquistate riducendo il
capitale (art. 2357 – bis). Si no+, però, che le azioni legiAmamente possedute dalla società si
dicono sterilizzate, sono prive cioè di ogni diri<o amministra+vo, malgrado siano conteggiate per la
cos+tuzione dei quorum assembleari. U+li e perdite vengono proporzionalmente distribuite tra gli
altri soci. Infine, gli amministratori non possono vendere le azioni proprie senza l’autorizzazione
dell’assemblea, che peraltro può essere contestuale all’autorizzazione all’acquisto.
La società non può acce<are azioni proprie in garanzia (art. 2358). I contraA di assistenza
finanziaria s+pula+ senza autorizzazione assembleare sono inefficaci in quanto realizza+ in
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violazione di un limite legale al potere di rappresentanza degli amministratori. L’acce<azione in
garanzia di azioni proprie è invece nulla per violazione di norma impera+va inderogabile.
12. Le partecipazioni reciproche
Pericoli eviden+ ed aAnen+ a quelli espos+ nel paragrafo precedente si hanno quando 2 società,
una controllante ed una controllata, acquistano reciprocamente proprie azioni. In questo caso si
avrà una mol+plicazione illusoria di ricchezza in quanto il capitale sociale nominale sarà molto più
grande di quello reale e le 2 società avranno quote di controllo in entrambe. Tale pericolo è stato
risolto vietando le partecipazioni reciproche. Ed è stato inoltre affiancato da un’altra disciplina in
merito alle so<oscrizioni delle azioni della società controllante da parte della controllata, che sono
assolutamente vietate. Un pericolo simile si registra anche quando 2 società acquistano a vicenda
azioni già in circolazione. In questo modo, non si aumenta fiAziamente il capitale sociale nominale,
ma si svuota quello reale. InfaA, se la società A compra le azioni della società B e viceversa, si
oAene pra+camente il rimborso dei conferimen+, dando vita al fenomeno della carta contro carta.
Coerenza vorrebbe che l’acquisto reciproco di azioni già in circolazione sia so<oposto alla disciplina
dell’acquisto di azioni proprie (cioè quelle acquistabili nella misura degl’u+li), ma così non è.
Tu<avia, è concepita una disciplina per l’acquisto di azioni della controllante, che prevede varie
faAspecie:
1) L’acquisto reciproco è previsto senza alcun limite, quando tra le 2 società non intercorre
alcun rapporto di controllo;
2) Se l’incrocio avviene tra controllante e controllata, l’acquisto è imputato alla controllante ed
è parzialmente sogge<o alla disciplina di azioni proprie. È quindi previsto:
a) Che l’acquisto non può eccedere gli u+li distribuibili;
b) Possono essere acquistate solo azioni interamente liberate;
c) Deve essere deliberato dall’assemblea ordinaria della controllata;
d) Non può eccedere la quinta parte del capitale considerando nel conteggio anche le
azioni possedute dalla controllante;
e) Le azioni comprate dalla controllata sono sterilizzate dei diriA amministra+vi.
3) Ben diversa è la situazione delle società quotate. Queste possono fare acquis+ reciproci, e
se non sono in rapporto di controllo valgono le seguen+ regole: il te<o max acquistabile
delle azioni di una società quotata è il 5% del capitale con diri<o di voto; per le non quotate
tale te<o è elevato al 10%. Se si procede oltre, per l’eccedenza la società non potrà
esercitare il diri<o di voto per le azioni possedute in eccedenza rispe<o alla percentuale
consen+ta, dovrà provvedere alla vendita entro 12 mesi, salvo annullamento in caso di
infru<uosità.

CAPITOLO 15 - LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI. I GRUPPI DI SOCIETÀ


A) Le partecipazioni rilevan<

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1. L’informazione sulle partecipazioni rilevan<
È problema comune capire chi siano effeAvamente i +tolari di partecipazioni rilevan+ delle S.p.A.
Tale obbligo di trasparenza è necessario per il regolare andamento del mercato azionario. InfaA,
problemi più rilevan+ si hanno con le società quotate. Il problema è stato risolto dall’a<uale
disciplina, imponendo un obbligo di comunicazione della quan+tà di azioni possedute e del
sogge<o che realmente le de+ene alla CONSOB e alla società partecipata. L’obbligo di
comunicazione sca<a nei seguen+ casi:
a) Quando chi partecipa in misura superiore al 5%, se la partecipata è una PMI;
b) Quando le S.p.A. quotate partecipano in società non quotate o in s.r.l. con una quota
superiore al 10%.
Il calcolo delle azioni è u+le sia per reprimere l’applicazione della disciplina degli incroci, ma
sopra<u<o per individuare con certezza chi sono i soggeA che controllano le S.p.A. A tal fine, nel
calcolo rientrano solo le azioni con diri<o di voto, e ne rimangono quindi escluse le azioni di
risparmio e simili; sono invece computate quelle possedute per interposta persona. Le sanzioni
comminate per la violazione dell’obbligo di comunicazione sono: sanzioni pecuniarie e
l’annullamento dei diriA di voto delle azioni non comunicate. Le decisioni prese in violazione di
comunicazione sono impugnabili a norma dell’art. 2377; sogge<o legiAmato è, oltre quelli indica+
nell’art. 2377, anche la CONSOB nel termine allungato di 180gg. Una norma+va parite+ca è
imposta per le S.p.A. non quotate che però operano in se<ori di pubblico interesse (banche,
assicurazioni, SICAV, SIM, SGR). In ques+ casi la comunicazione è estesa anche alla Banca d’Italia,
all’Ivass e alla CONSOB che hanno altresì la possibilità di impugnare le delibere assembleari
invalide entro 180gg.
2. L’acquisto di partecipazioni rilevan< in società quotate
In passato, per acquistare una partecipazione rilevante accadeva che il +tolare della stessa la
vendesse al di fuori della borsa. Si ricorda che una partecipazione rilevante che consente il
controllo di una S.p.A., ha un valore superiore della sommatoria dei valori delle azioni, proprio in
virtù del potere che concede (c.d. premio di maggioranza). Con la tecnica che prima si elencava,
tale premio veniva percepito solo dal +tolare della partecipazione di controllo, a discapito di tuA
gli altri azionis+. Quando invece il gruppo di comando non voleva vendere, si procedeva
all’acquisto in massa dei +toli in forma anonima, così che a poco a poco il gruppo di comando
perdesse consistenza in favore del compratore, che non dovrà fare altro che manifestarsi quando
l’opera sarà compiuta (c.d. scalate os+li). Ed anche in questo caso gli azionis+ (in questo caso tuA)
perdono il premio di maggioranza. Per venire incontro all’interesse di tuA gli azionis+ di
conseguire un guadagno adeguato dalla vendita delle loro azioni, entra in gioco il meccanismo
dell’offerta pubblica d’acquisto (l’OPA). Questa viene lanciata nei confron+ della società bersaglio,
palesandosi fin da subito l’intenzione d’acquisto che è rivolta a tuA gli azionis+ della società.
Questo meccanismo innesca una vera e propria lo<a all’offerta tra la società che lancia l’OPA e il
gruppo di comando che ricorre a varie tecniche per difendersi (aumento del capitale, acquisto di
azioni proprie, ecc). Per risolvere la sregolatezza degli scontri finanziari, intervenne la legge
149/1992, che disciplinava il meccanismo dell’OPA secondo i seguen+ principi cardine:

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1) L’OPA è l’unico metodo applicabile per la vendita di partecipazioni di controllo di società
quotate (essendo l’unica procedura che consente a tuA gli azionis+ di godere del beneficio
del premio di maggioranza in sede di disinves+mento delle proprie azioni);
2) L’OPA si svolge secondo delle precise regole di corre<ezza e trasparenza inderogabilmente
fissate.
Iniziamo dai casi in cui l’OPA diviene obbligatoria: questa è l’OPA successiva totalitaria. Tale
procedura è obbligatoria quando un sogge<o, tramite acquis+, arriva a detenere più del 30% dei
+toli azionari con diri<o di voto, oppure quando viene ad essere in grado di esercitare delle
significa+ve influenze sulla ges+one. L’offerta deve riguardare tuA i +toli ancora in circolazione, ed
il prezzo minimo di scambio è fissato nel prezzo più alto raggiunto nelle acquisizioni preceden+
all’obbligo di OPA nei 12 mesi preceden+ per tu<e le categorie di azioni acquistate. Per le altre
categorie, precedentemente non acquistate, è pa<uito il prezzo medio ponderato degl’ul+mi 12
mesi. È possibile so<rarsi alla rigida disciplina dell’OPA successiva totalitaria lanciando un’OPA
preven+va facolta+va prima che intervengano i presuppos+ di quella obbligatoria. L’OPA preven+va
facolta+va può essere totalitaria o parziale. Nel primo caso non ci sono par+colari vincoli e il prezzo
è liberamente determinabile per ciascuna categoria di azioni, ed anche nel caso si venga a
detenere più del 30% l’obbligo di OPA successiva totalitaria non sussiste. Più complicata è la
disciplina di quella parziale: questa deve colpire almeno il 60% di ciascuna categoria di azioni e la
CONSOB deve espressamente autorizzare l’esonero dall’OPA successiva totalitaria. È poi
appositamente congeniato l’obbligo di acquisto delle azioni residuali quando l’OPA ha raggiunto un
tale successo ove l’offerente arriva a detenere la quasi totalità delle azioni. È così riconosciuto un
equo compenso per il disinves+mento delle azioni dei soci di minoranza, senza che però sia
lanciata un’apposita OPA (de<a in passato OPA residuale). Si riscontrano 2 casi di obbligo di
acquisto residuale:
1) L’offerente che arriva a detenere, a seguito di un’OPA totalitaria il 95% dei +toli con diri<o
di voto, è obbligato ad acquistare il restante da chiunque gliene faccia richiesta;
2) Se l’offerente in seguito ad OPA e ad altre procedure arriva a detenere il 90% dei +toli
quota+ è tenuto ad acquistare i restan+ +toli quota+ se non ripris+na un flo<ante so<o la
soglia limite entro 90gg.
Entrambe le ipotesi restano valide per qualunque categoria di azioni vengano raggiunte tali soglie.
Con la stessa ra+o, è inoltre concessa la possibilità della vendita coaAva nel caso in cui ve ne sia
espressa richiesta nell’offerta preven+va o totalitaria che raggiunga il 95% delle azioni. Il prezzo
delle vendite coaAve è quello proposto nella precedente OPA, salvo diverse disposizioni della
CONSOB. Le sanzioni previste sono par+colarmente dissuaden+ dall’obbligo di acquisto o di OPA
successiva totalitaria:
1) Tu<e le azioni detenute in conseguenza dell’OPA non hanno diri<o di voto, e tu<e le
decisioni prese con voto determinante del socio che si deve astenere sono impugnabili ai
fini dell’art. 2377 anche dalla CONSOB;
2) I +toli ecceden+ le percentuali previste per l’innesco dell’OPA successiva totalitaria devono
essere alienate entro 12 mesi;

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3) Sono previste anche sanzioni pecuniarie.
3. Le offerte pubbliche di acquisto e di scambio
L’offerta pubblica d’acquisto (corrispeAvo in danaro contro strumen+ finanziari) o di scambio
(strumen+ finanziari contro strumen+ finanziari) è un’offerta irrevocabile dire<a a pari condizioni a
tuA i soggeA che ne formano ogge<o. Ampio è lo spazio regolamentare concesso alla CONSOB
sulla materia, in quanto l’ente vigila su tu<a la procedura e la può interrompere in conseguenza di
qualunque violazione. Chiunque voglia proporre un’OPA preven+va, deve darne immediata
comunicazione alla CONSOB, ed entro 20gg deve promuovere l’offerta secondo le modalità
pubblicitarie stabilite. Il documento di offerta deve essere ben de<agliato al fine di favorire la
corre<a formazione di un fondato giudizio da parte dei des+natari. In seguito alla pubblicazione
dell’offerta, la società bersaglio deve fare un comunicato generale in cui esprime l’apprezzamento
dell’offerta a<raverso una relazione degli amministratori. A questo punto inizia la fase delle
adesioni all’OPA, secondo quanto stabilito dalla CONSOB. Ma, che succede se la società bersaglio
viene aggredita da un’OPA os+le e vuole difendersi? In questo caso sono applicabili, a differenza
del passato, una serie di tecniche difensive, come: l’aumento gratuito o a pagamento del capitale,
fusione con una società amica, scissione, ecc. Si badi che, tali tecniche sono applicabili solo se
osservano 2 regole fondamentali: la regola della passività (passivity rule) e la regola della
neutralizzazione.
La passivity rule è il divieto per gli amministratori di porre in essere aA che contrastano con il
regolare svolgimento dell’OPA. Tale divieto è removibile a<raverso l’autorizzazione delle assemblee
ordinarie e straordinarie (a seconda dei +pi di aA che devono autorizzare per contrastare l’OPA),
oppure è derogabile in tu<o o in parte dire<amente dallo statuto. La regola della neutralizzazione
(d.lgs. 229/2007), serve a rendere inefficaci nei confron+ dell’offerente tu<e quelle regole che
limitano il trasferimento dei +toli, come i paA parasociali o le clausole di gradimento. Nel caso in
cui l’OPA raggiungesse il 75% del capitale con voto, la neutralizzazione opera anche per la prima
assemblea convocata dopo il lancio dell’OPA per sos+tuire gli amministratori. Sarà la nuova
compagine societaria ad avere questo diri<o, in seguito a quanto conseguito dall’OPA. Le uniche
limitazioni sempre valide sono quelle determinate dalla divisione in azioni ordinarie e speciali.
La passivity rule e la regola della neutralizzazione non operano se l’offerente non vi è so<oposto
(clausola di reciprocitàj. Quindi se non c’è reciprocità di condizioni le due regole non valgono. Ma
in caso di mancanza di reciprocità, la società bersaglio deve farsi autorizzare tuA gli aA di difesa
dalle assemblee nei 18 mesi preceden+ l’OPA. Tra le tecniche di difesa, una nota di rilievo l’acquista
l’OPA concorrente. Questa può essere lanciata da una società amica della società bersaglio. A sua
volta l’offerente originario può rilanciare con un’altra OPA ad un prezzo più alto, ovvero che
richiede un capitale maggiore. Scaduto il termine dell’offerta indicato sul documento, se questa ha
raggiunto almeno il minimo ivi riportato, diventa irrevocabile. Se le adesioni hanno superato il
limite, l’offerente dovrà specificare se intende ridurre l’offerta o se vuole confermare le acquisizioni
in eccesso del limite fissato.
B) I gruppi di società
4. Il fenomeno di gruppo. I problemi

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Non è vietata la partecipazione di società in altre società per azioni. È questo il metodo più
importante, anche se non è l’unico, che favorisce la creazione dei gruppi di società. Un gruppo di
società è rappresentato da una serie di imprese societarie concatenate tra loro so<o più profili e
rappor+ giuridici, che formalmente sono dis+nte e indipenden+, ma realmente fanno capo ad
unica società de<a capogruppo, che le coordina secondo uno scopo unitario. Si usa
tradizionalmente affermare: ad un’unica impresa so<o il profilo economico, corrispondono tante
imprese so<o il profilo giuridico. I vantaggi sono eviden+: snellezza ed autonomia decisionale con il
riparto del rischio sulle varie unità opera+ve. La conformazione del gruppo può essere, tra le tante,
a catena (società A dirige B, la quale dirige C), a stella, a raggiera (società A dirige tu<e le società) e
in combinazione intrecciata tra loro. Il legislatore non ostacola tale pra+ca, ma è comunque ben
disciplinata al fine di evitare comportamen+ patologici per il mercato.
La disciplina risponde ad una triplice esigenza: a) Assicurare informazione e trasparenza del gruppo
unitariamente considerato; b) Evitare l’alterazione dell’aAvità d’impresa delle società coinvolte nel
gruppo (criterio di corre<ezza delle decisioni della capogruppo); c) Tutelare i creditori delle società
figlie che fanno affidamento solo sul patrimonio di queste.
5. Le società controllate e direzione unitaria
È società controllata quella che si trova, dire<amente o indire<amente, so<o l’influenza
decisionale di altra società (controllante), che è perciò in grado di indirizzare l’aAvità della
controllata (art. 2359). Tale influenza è esercitabile in vari modi: a) È controllata la società in cui
altra società controlla più della metà delle azioni con voto nell’assemblea ordinaria; b) Quando
altra società de+ene una percentuale predominante delle azioni con diri<o di voto nell’assemblea
ordinaria, pur essendo una minoranza. Tale è il caso in cui essa de+ene il 30% dei vo+ e il restante
70% è polverizzato in partecipazioni microscopiche; c) L’ul+ma forma di controllo è de<a del
controllo contra<uale. È il caso di società vincolate ad altre non per partecipazioni, ma per vincoli
contra<uali dai quali dipende persino la sopravvivenza delle controllate (A fornisce a B materie
prime che nessun altro vende). Nei gruppi di società con schema a catena, si ha la figura del
controllo indire<o: se A controlla B, che a sua volta controlla C, ne consegue che A controlla
indire<amente C. Un’agevole modalità di riconoscimento delle società appartenen+ ad un gruppo
si ha nella presunzione di partecipazione, che si verifica quando una società intraAene rappor+
partecipa+vi o statutari con altra società tenuta alla redazione del bilancio consolidato (art. 2497 –
sep+es). Si definisce infine la società collegata: tale è la società che subisce un’influenza non
dominante, ma soltanto di notevole interesse di altra società che de+ene un massimo del 20%
nelle non quotate e il 10% nelle quotate.
6. La disciplina dei gruppi
Le società che presentano le cara<eris+che prima elencate sono sogge<e alla disciplina dei gruppi
di società e alla disciplina delle holding introdo<a con la riforma del 2003. La disciplina prevede
obblighi di informazione e pubblicità. È infaA prevista una sezione speciale del R.I. nella quale
vengono iscri<e le holding e le controllate. Queste ul+me, devono riportare nella corrispondenza
commerciale la soggezione ad altra società per tu<o il periodo in cui questa è operante. La
trasgressione a tale obbligo espone gli amministratori a responsabilità nei confron+ dei terzi
contraen+. Come visto, in presenza di un gruppo, sca<a il divieto delle controllate di detenere più
del 10% complessivo della controllante. Ovviamente sca<a anche l’obbligo di riportare nei singoli
69
bilanci il complesso dei rappor+ intercorren+ all’interno del gruppo. Tale obbligo trova poi il suo
coronamento nella redazione del bilancio consolidato, ossia di un documento contabile che tenga
conto di tuA i rappor+ e di tu<e le sostanze del gruppo unitariamente considerato.
7. La tutela dei soci e dei creditori delle società controllate
È frequente che la società capogruppo imponga delle decisioni svantaggiose per una società figlia,
ma vantaggiose per il gruppo nel suo complesso. Queste decisioni sono ovviamente dannose per i
creditori delle società controllate e per i soci esterni delle stesse. A tutela di ques+ soggeA giunge
la disciplina che parte dal consolidamento di 2 principi cardine: la dis+nta soggeAvità e la formale
indipendenza giuridica. In o<emperanza del primo, nonostante l’ingerenza della capogruppo, le
obbligazioni svantaggiose sono dire<amente imputabili alla società figlia (anche quando la
capogruppo è l’unico socio). Il secondo invece stabilisce che la capogruppo non può imporre
decisioni alla controllata che siano svantaggiose per questa, separatamente considerata.
Rimangono quindi aAvabili tu<e le tutele volte a limitare i comportamen+ di soci e amministratori
in confli<o di interessi, coinvolgendo la responsabilità dire<a degli agen+. C’è da dire che questa
tutela è parzialmente inefficace e controproducente, se la si immagina come un freno alla poli+ca
di gruppo, legiAmamente perseguibile. Come al solito si è cercato di tutelare l’interesse di tuA
con scarsi risulta+. Comunque, analizziamo la disciplina:
1) Le decisioni delle controllate prese con l’ingerenza della capogruppo devono essere
de<agliatamente mo+vate, spiegando quindi il perseguimento dell’interesse di gruppo (art.
2497 – ter);
2) Per i finanziamen+ della capogruppo alle controllate trova applicazione la disciplina de<ata
in tema di finanziamento dei soci nella s.r.l. (il rimborso del finanziamento è postergato alla
soddisfazione degl’altri debi+ ed è so<oposto a revocatoria fallimentare);
3) La capogruppo è tenuta a indennizzare dire<amente i danni arreca+ a soci e creditori delle
controllate, in conseguenza di un comportamento scorre<o e non professionale. Con essa
sono responsabili in solido coloro che hanno agito concretamente (gli amministratori della
capogruppo in primis) e i soggeA infragruppo che hanno beneficiato del danno arrecato
alla controllata. L’azione di risarcimento è dire<amente esperibile dai soci e dai creditori, in
quanto soggeA dire<amente lesi, ma solo se non sono sta+ soddisfaA dalla controllante.
In caso di fallimento, liquidazione coa<a amministra+va e amministrazione straordinaria,
l’azione spe<ante ai creditori è esercitata dal curatore o dal commissario (art. 2497)
4) Infine è riconosciuto il diri<o di recesso ai soci nei seguen+ casi: a) Nel caso in cui l’ingresso
o la presenza in un gruppo determinano una trasformazione della natura e del rischio
imprenditoriale della società controllata (sempre che non venga proposta un’OPA che
consen+rebbe al socio di liberarsi della sua partecipazione sociale alienandola); b) Quando
è la capogruppo a trasformarsi ingenerando altre<an+ profondi cambiamen+ nelle
controllate; c) Quando il socio abbia avuto ragione giudiziaria nell’intentare l’azione di
responsabilità nei confron+ della capogruppo.
8. Il gruppo insolvente

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Se la capogruppo genera l’insolvenza di una società figlia, in o<emperanza di quanto disposto in
tema di amministrazione straordinaria, gli amministratori della capogruppo che hanno abusato
della loro ingerenza, rispondono in solido con gli amministratori della società controllata dei danni
causa+ alla stessa; responsabilità che si somma a quella per abuso di direzione dominante
disciplinata dall’art. 2497.

CAPITOLO 16 - L’ASSEMBLEA
1. I modelli organizza<vi
La S.p.A. si è ar+colata in tre organi con funzioni dis+nte:
a) L’assemblea dei soci: organo con funzioni esclusivamente delibera+ve, aAvo per decidere
quanto di più rilevante a<enga alla vita della società;
b) Organo amministra+vo: demandato alla ges+one della società, me<e in a<o quanto si è
deciso in assemblea, so<o la responsabilità degli amministratori che lo compongono;
c) Organo di controllo interno: controlla l’aAvità amministra+va della società.
Questo asse<o è +pico del c.d. sistema tradizionale disciplinato dal codice e ribadito dalle riforme,
in par+colare quella del 2003, che ha introdo<o il controllo contabile esterno, operato da un
revisore o da una società di revisione per tu<e le S.p.A. (art. 2409 – bis). La stessa riforma ha
introdo<o la possibilità di dare forma all’organizzazione corpora+va della S.p.A. con altri 2 modelli:
• Il sistema dualis+co: di ispirazione tedesca, prevede che l’assemblea possa nominare un
consiglio di sorveglianza inves+to con compi+ di amministrazione e controllo, che a sua
volta nomina un consiglio di ges+one. Peculiare è la scelta di consen+re al consiglio di
sorveglianza di deliberare su alcuni argomen+ riserva+ all’assemblea dei soci nel sistema
tradizionale (es. l’approvazione del bilancio).
• Il sistema monis+co: di origine anglosassone, prevede la nomina assembleare di un
consiglio di amministrazione inves+to dell’amministrazione, e di un comitato per il controllo
della ges+one nominato al suo interno.
Per entrambi i sistemi è previsto il controllo contabile esterno.
2. Nozione e dis<nzioni
L’assemblea è l’organo composto dalle persone dei soci ed ha il compito di formare la volontà della
società nelle materie ad essa riservate dalla legge e dallo statuto. È un organo collegiale che decide
secondo il criterio maggioritario vincolando tuA i soci, anche quelli assen+ o dissenzien+, purché
si rispeAno i quorum cos+tu+vi e delibera+vi determina+ per legge o nello statuto. A seconda
dell’ogge<o della decisione si divide in assemblea ordinaria e straordinaria. L’assemblea ordinaria:
1) Approva il bilancio;
2) Nomina e revoca amministratori, sindaci, presidente del collegio sindacale e, quando
previsto, il revisore legale dei con+;

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3) Determina il compenso di amministratori e sindaci;
4) Delibera sulla responsabilità di amministratori e sindaci;
5) Prende le altre decisioni imposte dalla legge, in par+colare autorizza gli amministratori a
compiere aA di par+colare importanza, ferma restando la responsabilità degli stessi;
6) Approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari;
7) Su tu<e le materie non a<ribuite all’assemblea straordinaria.
Le decisioni di cui al punto 5, sono possibili solo nel caso in cui sia dire<amente lo statuto a
decidere che gli amministratori debbano chiedere l’autorizzazione all’assemblea per compiere
determina+ aA. L’amministrazione è per il resto affidata agli amministratori, senza che ques+ di
loro inizia+va possano chiedere autorizzazioni all’assemblea. L’assemblea straordinaria delibera:
1) Sulle modifiche dello statuto;
2) Sulla nomina e i poteri dei liquidatori;
3) Sulle altre materie a<ribuitele dalla legge.
Diversamente da quanto prevedeva la precedente disciplina, molte sono le decisioni che
l’assemblea può demandare all’organo amministra+vo: aumento del capitale a pagamento,
emissione di obbligazioni conver+bili, ecc. Diversi sono i quorum cos+tu+vi e delibera+vi richies+
per l’assemblea ordinaria e quella straordinaria; per evitare che l’assenteismo degli azionis+
impedisca di deliberare, è poi prevista una seconda convocazione con quorum inferiori, per
l’assemblea sia ordinaria che straordinaria. L’assemblea è unica e generale se la società ha emesso
solo azioni ordinarie; se invece ha emesso altre categorie di azioni o di strumen+ finanziari con
poteri amministra+vi, ognuna di esse deve avere un’assemblea speciale. Tale assemblea seguirà il
modello dell’assemblea straordinaria se le azioni speciali non sono quotate, quello degli azionis+ di
risparmio in caso di quotazione delle stesse.
3. Il procedimento assembleare
La convocazione dell’assemblea è effe<uata dall’organo amministra+vo ogni qualvolta ve ne sia la
necessità. È tu<avia prevista la convocazione obbligatoria nei seguen+ casi:
a) Per l’approvazione del bilancio almeno una volta all’anno, entro il termine di 120gg dalla
chiusura dell’esercizio (180gg in caso si traA di società obbligate al bilancio consolidato o
nel caso le dimensioni e la natura delle stesse lo impongano);
b) Nel caso in cui i soci che rappresentano il 10% del capitale sociale o la minor percentuale
prevista dallo statuto richiedano la convocazione indicando anche gli argomen+ da tra<are.
In caso di inerzia di amministratori e sindaci, è il tribunale che convoca l’assemblea
determinando anche il sogge<o che la presiede, soltanto dopo aver sen+to i soggeA iner+
e le loro mo+vazioni, onde evitare abusi da parte delle minoranze.
Entro 10gg dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione, i soci che rappresentano 1/40 del
capitale sociale possono presentare integrazione all’ordine del giorno, purché questa non riguardi

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materie riservate alla sola competenza degli amministratori (es. proge<o di fusione). Il collegio
sindacale può convocare l’assemblea:
1) Quando è obbligatoria e l’organo amministra+vo non provvede;
2) Quando ravvisa gravi irregolarità riscontrate nell’esercizio della sua funzione di controllo,
avvisando preven+vamente il presidente del C.d.A. (art. 2406) (nelle quotate tale potere è
esercitabile anche da soli 2 membri del collegio).
La convocazione assembleare di società non quotate avviene tramite convocazione dell’avviso sulla
Gazze<a Ufficiale, o su altro quo+diano concordato sullo statuto, 15gg prima dell’adunanza. In
alterna+va, la comunicazione deve essere personale per ogni socio e dimostrabile, almeno 8gg
prima (es. raccomanda A/R). Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la
pubblicazione deve avvenire sul sito internet della società almeno 30gg prima e deve contenere
data, ora, luogo e argomen+ (ordine del giorno). Lo stesso avviso può contenere la data della
seconda convocazione che non può effe<uarsi lo stesso giorno della prima. Se il capitale sociale è
interamente rappresentato e sono presen+ la maggioranza degl’organi amministra+vi e di
controllo, l’assemblea si dice totalitaria, ed è regolarmente cos+tuita. Tu<avia nell’ambito della
discussione, chiunque si può opporre alle decisioni ritenendosi non sufficientemente informato
sull’argomento del dibaAto. L’assemblea è presieduta da un presidente nominato nello statuto o
ele<o a maggioranza dei presen+. Pari procedimento è previsto per il segretario. I compi+ del
presidente consistono nel garan+re il regolare svolgimento dell’assemblea, nel controllare l’iden+tà
e il +tolo di partecipazione dei soci e nel controllare la regolarità delle votazioni di cui se ne darà
conto nel verbale. 1/3 dei soci intervenu+ può o<enere il rinvio dell’assemblea di non oltre 5
giorni, asserendo di non essere sufficientemente informato. Tale rinvio è esercitabile una sola volta
per ogge<o (art. 2374). Il verbale deve essere so<oscri<o dal presidente e dal segretario (o dal
notaio). Nelle assemblee straordinarie è necessaria la firma di un notaio. I verbali devono poi
essere trascriA nel libro delle adunanze, tenuto a cura degli amministratori. Il verbale deve essere
quanto più anali+co possibile. Deve indicare specificamente: 1) l’iden+tà dei partecipan+ e il
capitale che ciascuno di essi rappresenta; 2) le modalità ed il risultato delle votazioni; 3) la ra+o
scelta per ogni +po di votazione; 4) l’iden+ficazione dei soci favorevoli, astenu+ o dissenzien+. È
necessario che il verbale debba essere reda<o senza ritardo all’assemblea.

4. Cos<tuzione dell’assemblea. Validità delle deliberazioni


La disciplina delle maggioranze (o quorum) assembleari è però un sistema complesso che cerca di
realizzare un punto di equilibrio fra l’esigenza di agevolare la formazione delle delibere e quella
opposta di tutelare le minoranze.
L’evoluzione legisla+va ha poi portato a diversificare le regole dei quorum valevoli per le società
che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio: per queste società l’a<uale disciplina prevede
che l’assemblea si tenga in unica convocazione, con quorum ridoA. Per le società che non
ricorrono al mercato del capitale di rischio vige un sistema di maggioranze “a pluralità di
convocazioni.
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Si definisce quorum cos:tu:vo, quella parte di capitale sociale che deve essere rappresentata in
assemblea perché questa sia regolarmente cos+tuita. Il quorum delibera:vo è invece quello
necessario per l’approvazione di ogni delibera. Tali quorum sono differen+ a seconda che
l’assemblea sia ordinaria o straordinaria, in prima o seconda convocazione o che la società sia
quotata o meno. Ma procediamo per ordine: l’assemblea ordinaria ha le stesse regole per tu<e le
S.p.A. quotate o meno. È regolarmente cos+tuita se interviene almeno la metà del C.S. con diri<o
di voto, e delibera con il 50%+1 dei prenden+ parte al voto. La seconda convocazione non ha
quorum cos+tu+vo, e delibera con la maggioranza del capitale intervenuto per evitare la paralisi
dell’organo. L’assemblea straordinaria si differenzia a seconda che si traA di società che fanno o
meno ricorso al mercato del capitale di rischio:
• Società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. L’assemblea straordinaria in
prima convocazione non ha quorum cos+tu+vi, ma il quorum delibera+vo, fissato nella
metà del capitale sociale con diri<o di voto (e non solo di quello intervenuto). In seconda
convocazione il quorum cos+tu+vo è di 1/3 del capitale sociale e quello delibera+vo è di
2/3 del capitale intervenuto in assemblea. Tu<avia, è prevista una maggioranza di almeno
1/3 del C.S. con diri<o di voto per alcune rilevan+ decisioni, e del 50%+1 per l’esclusione
del diri<o di opzione.
• Società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. I quorum cos+tu+vi sono: per la
prima convocazione la metà del capitale, per la seconda più di un terzo. I quorum
delibera+vi sono, per entrambe le convocazioni, fissa+ nei 2/3 del capitale intervenuto.
Non sono più previste le maggioranze rafforzate viste in precedenza, eccezion fa<a per
l’esclusione del diri<o di opzione sempre fissata al 50%+1 dei consensi. Lo statuto può
modificare solo in aumento le maggioranze legali di tu<e le assemblee, e può anche
prevedere norme speciali per la nomina delle cariche sociali. È possibile infine procedere a
convocazioni successive alla seconda, alle quali si applicano le regole della seconda
convocazione. Tu<avia, se la società fa ricorso al mercato del capitale di rischio, per le
convocazioni successive alla seconda dell’assemblea straordinaria è previsto un quorum
cos+tu+vo di 1/5 del C.S. fermi restando i 2/3 dell’intervenuto per deliberare. Nelle società
che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio si può prevedere una convocazione
unica dire<amente con le maggioranze più basse, senza il bisogno che preceden+
convocazioni vadano deserte.

5. DiriOo di intervento. DiriOo di voto.


Il diri<o di intervento in assemblea, oltre ad amministratori, sindaci e rappresentante comune
degli azionis+ di risparmio e degl’obbligazionis+, è accordato a chiunque possa validamente
esercitare il diri<o di voto. Ricordiamo che anche l’usufru<uario e il creditore pignora+zio hanno il
diri<o di voto, di conseguenza diri<o di voto e di intervento non compete agli azionis+ senza diri<o
di voto, come gli azionis+ di risparmio. L’a<uale disciplina differenzia poi i soggeA legiAma+ al
voto e all’intervento a seconda che si traA di società non quotate o società con azioni negoziate in
merca+ regolamenta+. Nel primo caso, la condizione che legiAma il diri<o di voto e d’intervento è
il possesso delle azioni il giorno dell’adunanza. A tal proposito lo statuto può imporre l’obbligo di
non alienare le azioni per un tempo stabilito, precedente all’adunanza, e di depositarle presso la
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sede della società o presso le banche indicate nell’avviso di convocazione. Se i +toli sono
dematerializza+, si può disporre un deposito presso una banca o una SIM, che custodiranno le
azioni rendendole inalienabili fino all’adunanza, e rilasceranno delle cer+ficazioni per a<estare la
legiAmazione. Diversa è invece la situazione nelle società quotate, per le quali vale la regola del
record date: hanno diri<o di voto in assemblea coloro che, alla chiusura della giornata contabile
del seAmo giorno di mercato aperto precedente all’adunanza, possedevano gli strumen+ finanziari
con diri<o di voto. Le azioni restano alienabili anche dopo tale data, ma i trasferimen+ delle azioni
avvenu+ successivamente al termine di riferimento, “non rilevano ai fini della legiAmazione
all’esercizio del diri<o di voto in assemblea”.Lo statuto può anche consen+re la videoconferenza e
il voto per corrispondenza, secondo quanto disciplina la CONSOB.
6. La rappresentanza in assemblea
Gli azionis+ possono farsi rappresentare per partecipare all’assemblea (art. 2372). La funzione
dell’is+tuto della rappresentanza in assemblea è quella di favorire il formarsi delle maggioranze in
quanto, gli azionis+ di minoranza possono farsi rappresentare tuA da un unico rappresentante che
potrà validamente far valere i loro diriA. Ovviamente tale pra+ca si presta a notevoli abusi:
a<raverso il rastrellamento delle deleghe il gruppo minoritario di comando della società e/o gli
amministratori possono rafforzare le proprie posizioni di potere a spese dei piccoli azionis+. Per
questo mo+vo nel ‘74 il legislatore intervenne dando la possibilità di limitare il diri<o di delega. A
tal proposito il codice offre la seguente tutela: le società che non fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio possono limitare o escludere il diri<o di delega. La delega deve essere per
iscri<o e deve necessariamente indicare il nome del rappresentante (non è valida in bianco). Nelle
non quotate la delega deve indicare anche il sos+tuto del rappresentante. Le società o en+
possono delegare solo propri dipenden+ o collaboratori. Non possono essere nomina+
rappresentan+ coloro che sono espressione del gruppo di comando della società (amministratori,
sindaci, dipenden+, ecc). Sempre nelle non quotate, il numero dei soci rappresentabili è 20, nelle
quotate è 50, 100 o 200 a seconda che la società superi i 5.000.000€ o i 25.000.000€, o superi
anche tale cifra e la delega è valida per una sola assemblea. Come spesso accade, tan+ vincoli non
hanno portato ad un risultato apprezzabile. Rendendo solo un po’ più macchinoso e costoso il
rastrellamento, non sono sta+ impedi+ abusi da parte dei gruppi di comando. La via scelta è stata
quella sbagliata, si doveva procedere verso un incoraggiamento degli azionis+ di minoranza a
delegare, ma costringendoli a farlo consapevoli dei rischi, dei vantaggi e degli svantaggi per loro e
per la società. Ed è proprio in questa direzione che si muove la più recente norma+va (d.lgs
27/2010):
1) È stato permesso di conferire delega per via ele<ronica;
2) È is+tuito un rappresentante nominato dalla società a cui gli azionis+ possono rilasciare le
deleghe con le disposizioni di voto in merito all’ordine del giorno, tu<o senza spese;
3) Vengono soppressi i limi+ di cumulabilità delle deleghe per il rappresentante e decadono
anche tuA i divie+ vis+ in precedenza per le non quotate.
4) Se il sogge<o rappresentante è in confli<o di interessi, la delega deve avere specifiche
istruzioni di voto.

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Nelle quotate esistono 2 pra+che volte ad incoraggiare la rappresentanza del voto, e sono: la
sollecitazione e la raccolta di deleghe. I c.d. promotori, a<raverso la diffusione di un prospe<o e di
un modulo di delega, si propongono come rappresentan+ di più di 200 azionis+. Il prospe<o deve
informare de<agliatamente l’azionista che deve compiere una scelta consapevole. La raccolta di
deleghe è invece effe<uata all’interno di associazioni di azionis+ ed è rivolta ai soli associa+. Non
rappresenta mai una sollecitazione, è revocabile fino all’ul+mo e deve contenere precise istruzioni
di voto senza che siano presen+ tuA gli elemen+ informa+vi della sollecitazione.
7. Limi< all’esercizio del voto. Il confliOo di interessi
L’esercizio del voto che crea danno alla società genera una delibera annullabile. Tipico è il caso del
confli<o di interessi, dove il socio ha interessi personali in merito ad una delibera assembleare (es.
si delibera sull’acquisto di un’immobile del socio). Al socio in confli<o non è fa<o divieto di votare,
ma se la decisione risulta presa a danno della società (danno potenziale) con voto determinante
del socio (prova di resistenza) in confli<o questa è annullabile a norma dell’art. 2377. Si badi che
devono ricorrere entrambi i requisi+. Tipico caso è quello dei soci amministratori che devono
votare per decidere della loro responsabilità. In questo caso interviene l’art. 2373 che dispone il
divieto di voto per gli stessi in questo caso. Sudde<o ar+colo non è invece invocabile per gli abusi
alle sole minoranze. Tipico caso è quello in cui la maggioranza impone un aumento di capitale a
pagamento sapendo che il piccolo socio non può acquistare altre azioni così che la sua quota si
deprime. Solo la do<rina e la giurisprudenza offrono una via d’uscita per la minoranza. Sanciscono
infaA che sono annullabili tu<e quelle delibere ado<ate in contrasto con il principio della
corre<ezza e della buona fede. Ma questo accade raramente in quanto è molto difficile dimostrare
che la decisione è stata presa al solo fine di danneggiare il piccolo socio.
8. I sindaca< di voto
I sindaca+ di voto sono paA parasociali. Ques+ possono essere occasionali o permanen+, a tempo
determinato o indeterminato oppure possono riguardare solo alcune delibere (es. solo per la
nomina degli amministratori). Sopra<u<o la volontà dei sindaca+ può formarsi all’unanimità, o
come spesso accade, a maggioranza. La funzione è quella di dare un indirizzo unitario all’azione dei
soci sindaca+ e se ques+ vengono a cos+tuire il gruppo di comando, il pa<o di sindacato consente
di dare stabilità di indirizzo alla condo<a della società. Vi sono, però, anche dei pericoli: i sindaca+
di comando cristallizzano il gruppo di controllo, sopra<u<o se s+pula+ a lungo termine o a tempo
indeterminato. Con i sindaca+ di comando il procedimento assembleare finisce con l’essere
rispe<ato solo formalmente, dato che le decisioni vengono prese prima e fuori dell’assemblea. Il
sindacato di voto, come pa<o parasociale, è vincolante solo tra le par+. La trasgressione allo stesso
espone solo chi l’ha commessa a risarcire gli altri sindaca+, ma quanto ha votato in assemblea
rimane valido. Ciascun pa<o parasociale, di blocco o di voto, è cos+tuibile per 5 anni rinnovabile o
a tempo indeterminato, ma che consente di uscirne con un semplice preavviso di 180gg. Iden+ca
disciplina è valevole anche per le società quotate, dove però la durata non può superare i 3 anni.
Tali paA sono so<opos+ ad un regime di pubblicità diversificato a seconda del +po di società:
Per le società che raccolgono capitale fra il pubblico ma non sono quotate, i paA devono essere
comunica+ alla società e in apertura d’assemblea per poi essere riporta+ sul verbale che verrà
pubblicato sul R.I. L’omissione comporta l’inibizione del voto con conseguente impugnazione della
delibera se i sindaca+ votano lo stesso e le decisioni vengono prese con voto determinante. Nelle
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società quotate i paA devono essere comunica+ alla CONSOB, pubblica+ sulla stampa quo+diana e
deposita+ nel R.I. L’omissione comporta la nullità dei paA e la sterilizzazione delle azioni sindacate,
oltre all’impugnazione delle decisioni prese con voto determinante di queste. Nessuna forma di
pubblicità è prevista per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
9. Le deliberazioni assembleari invalide
Le delibere assembleari, esa<amente come i contraA, possono essere dichiarate nulle ed
annullabili, a seconda che i vizi colpiscano il procedimento di formazione della volontà sociale o il
contenuto della delibera. Ad una conclusione legisla+va in merito a tuA i problemi di questa
disciplina ci si è giun+ solo con la riforma del 2003, che ha sancito il principio della tassa+vità delle
cause di invalidità di una delibera assembleare. Sono annullabili le deliberazioni che non sono state
prese in conformità con la legge o con lo statuto. Possono dar vita solo ad annullabilità:
a) La partecipazione di soggeA privi di voto e di intervento, ma solo se hanno condizionato la
cos+tuzione dell’assemblea;
b) L’invalidità dei singoli vo+ o l’errato conteggio, ma solo se sono sta+ determinan+ ai fini
della maggioranza;
c) L’incompletezza o l’inesa<ezza del verbale ma solo se la deliberazione non sia desumibile in
alcun modo.
LegiAma+ all’impugna+va sono: i soci assen+, dissenzien+ o astenu+; gli amministratori; i sindaci;
il rappresentante comune degl’azionis+ di risparmio e degl’obbligazionis+ ed in alcuni casi
tassa+vamente previs+, la CONSOB, la Banca d’Italia e l’Ivass. Per evitare inizia+ve pretestuose, i
soci che procedono all’impugna+va devono possedere, anche congiuntamente, almeno l’uno per
mille del C.S. in quelle che ricorrono al mercato del capitale di rischio, e il 5% le altre. I soci non
legiAma+ possono sempre chiedere il risarcimento se hanno subito danni dalla delibera invalida. Il
termine per presentare l’impugna+va è di 90gg dalla delibera o dall’iscrizione della stessa al R.I. se
prevista. È allungato a 180gg per la CONSOB, banca d’Italia e Ivass. Il procedimento è così
ar+colato:
1) I soci che detengono la percentuale di C.S. prevista devono presentare l’azione al tribunale
competente territorialmente in relazione alla sede;
2) Se la percentuale di capitale imposta non è conservata durante il procedimento dai
richieden+, l’azione decade, salvo per il risarcimento se richiesto;
3) Proporre l’azione di impugnazione non sospende gli effeA della delibera. Tale sospensione
deve essere richiesta dagli opponen+ e sarà concessa solo dopo che il giudice avrà
accertato i danni potenziali per la società e il socio e avrà sen+to amministratori e sindaci.
Gli effeA della sentenza coinvolgono tuA i soci, ed obbligano gli amministratori ad eseguire il
disposi+vo giudiziario. Sono faA salvi i diriA acquista+ in buona fede dai terzi in esecuzione della
delibera invalida. L’annullamento non opera se la delibera “sospe<a” è sos+tuita con altra delibera
conforme alla legge e allo statuto. Restano salvi i diriA acquista+ da terzi in funzione della delibera
sos+tu+va.
10. Le deliberazioni nulle
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Per queste è stata creta una disciplina apposita senza rinvio a quella generale della nullità dei
contraA. La nullità è quindi dichiarata nei casi di: ogge<o illecito o impossibile, nei casi in cui la
delibera è contraria a norme impera+ve (si delibera l’abolizione del collegio sindacale); ogge<o
lecito nella forma, ma illecito nella sostanza (approvazione di un bilancio falso); è altresì nulla nei
casi di:
a) Mancata convocazione dell’assemblea: per evitare la nullità basterà pubblicare con mezzi
idonei data, ora e luogo dell’adunanza;
b) Mancanza del verbale: è sanabile verbalizzando prima dell’assemblea successiva.
La richiesta può essere fa<a da chiunque vi abbia interesse o può essere rilevata d’ufficio dal
giudice. L’azione di nullità è imprescriAbile solo per le modifiche che rendono l’ogge<o sociale
illecito o impossibile, per tuA gli altri casi è esperibile nei 3 anni successivi all’iscrizione della
delibera nel R.I. dove richiesta, altrimen+ dalla trascrizione nel libro delle adunanze. Sono infine
faA salvi tuA i diriA acquista+ in buona fede dai terzi in forza della delibera nulla e la nullità è
sanabile con una nuova delibera che sana i vizi della precedente.
Una specifica disciplina è poi prevista per: aumento del capitale sociale, riduzione reale del
capitale, emissione delle obbligazioni. Per tali delibere, l’azione di nullitá è sogge<a al più breve
termine di 180gg e in caso di mancanza di convocazione, il termine è di 90gg dall’approvazione del
bilancio nel corso del quale la delibera è stata anche parzialmente eseguita.

CAPITOLO 17 – AMMINISTRAZIONE E CONTROLLI


1. Sistemi di amministrazione e controllo
I sistemi applicabili sono 3: tradizionale (composto da organo amministra+vo e collegio sindacale),
dualis+co (prevede la presenza di un consiglio di sorveglianza e un consiglio di ges+one) e
monis+co (nel quale amministrazione e controllo sono svol+ da un C.d.A e da un comitato per il
controllo sulla ges+one). In tuA e tre i casi è previsto il controllo contabile esterno da parte di un
revisore contabile o di una società di revisione iscriA nell’apposito albo. Se non vi sono indicazioni
il sistema scelto è il tradizionale, per gli altri si deve esplicitamente indicare nello statuto la scelta
effe<uata.

A) Gli amministratori
2. StruOura e funzioni dell’organo amministra<vo
Nelle non quotate l’organo amministra+vo può essere composto da un amministratore unico o da
un consiglio di amministrazione. Nelle quotate l’amministrazione pluripersonale è imposta, in
modo da consen+re la nomina di almeno un amministratore ele<o delle minoranze ed un
amministratore indipendente. Il C.d.A. può a sua volta dividersi in un comitato esecu+vo e degli
amministratori delega+ (art. 2381). Il numero può essere liberamente determinato. Quest’organo è
quindi liberamente conformabile a seconda della natura e delle esigenze della società. La funzione
principale degli amministratori è di porre in essere tuA quegl’aA congeniali al perseguimento
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dell’ogge<o sociale, aAvità questa di cui sono inves++ in via esclusiva. Ma vi sono anche ulteriori
funzioni:
a) Potere gestorio: è questo il potere di deliberare su tuA gli argomen+ loro riserva+ dalla
legge, ed esclusi dalla competenza dell’assemblea;
b) Sono inves++, tuA o alcuni, del potere di rappresentanza, che si consta nell’esprimere
all’esterno la volontà della società formatasi in assemblea o all’interno dell’organo
amministra+vo stesso;
c) Danno impulso all’aAvità dell’assemblea convocandola e stabilendo l’ordine del giorno.
Hanno oltretu<o il potere - dovere di impugnare le delibere contrarie allo statuto o alla
legge;
d) Hanno l’obbligo di tenuta delle scri<ure contabili, di redazione del bilancio e di adempiere
agl’obblighi pubblicitari;
e) Hanno il compito di prevenire il compimento di aA pregiudizievoli per la società.
Di tu<e queste funzioni sono inves++ per legge e ne sono personalmente responsabili sia
civilmente che penalmente.
3. Nomina. Cessazione dalla carica
I primi amministratori sono nomina+ nell’a<o cos+tu+vo, i successivi dall’assemblea ordinaria. Lo
statuto può riservare anche la possibilità di nomina di un amministratore indipendente ai detentori
di strumen+ finanziari emessi dalla società. Nelle società che non ricorrono al capitale di rischio, è
possibile riservare la nomina di un amministratore allo Stato, purché questo sia +tolare di
partecipazioni sociali. Viceversa, per quelle che vi ricorrono è possibile a<ribuire allo Stato degli
strumen+ partecipa+vi speciali per consen+re la nomina di amministratori, ma in questo caso non
oltre il limite di un amministratore.
Nelle società quotate almeno un amministratore deve essere scelto dalle minoranze a<raverso un
procedimento disciplinato dalla CONSOB de<o voto di lista. Inoltre, è previsto l’obbligo di nomina
di un amministratore indipendente (2 se il C.d.A. è composto da più di 7 membri), ossia una
persona in possesso dei requisi+ di indipendenza previs+ per i sindaci. Il numero degli
amministratori deve esser stabilito nello statuto; è però possibile che questo fissi solo un massimo
e un minimo, in modo da lasciare libertà all’assemblea che nominerà e revocherà a seconda delle
esigenze. Amministratori possono essere soci o non soci, ma requisi+ di professionalità e
onorabilità sono previs+ da numerose leggi speciali per società par+colari come le banche le
assicurazioni ecc., ma tali requisi+ speciali possono essere inseri+ anche nello statuto. Ineleggibili
sono l’interde<o, l’inabilitato e colui che è stato interde<o dai pubblici uffici in conseguenza di una
sentenza penale. Incompa+bili sono, invece, coloro che oltre alla carica di amministratore
cumulano anche un’altra carica come quella di parlamentare. La nomina non è invalida, ma il
sogge<o deve scegliere tra le 2 cariche. La durata della carica non può essere superiore ai tre
esercizi, e si conclude con l’approvazione dell’ul+mo bilancio di esercizio del periodo di
riferimento. Gli amministratori cessano dal loro ufficio per:

79
1) Revoca, che può essere esercitata dall’assemblea in ogni tempo, salvo risarcimento per
l’amministratore revocato senza giusta causa;
2) Rinuncia, dimissioni;
3) Decadenza, che interviene qualora si verifichi una delle cause di ineleggibilità o
incompa+bilità oltre che per decorso del tempo;
4) Morte.
Se scade il termine, l’amministratore rimane in carica con pienezza dei poteri fino all’effeAva
sos+tuzione (is+tuto della proroga+o). In caso di dimissioni, queste hanno effe<o immediato solo
se rimane in carica la maggioranza degli amministratori, altrimen+ si dovrà a<endere che
quest’ul+ma venga ricos+tuita. Nei casi in cui gli effeA della cessazione non sono differibili nel
tempo (morte, decadenza o dimissioni della minoranza) le soluzioni offerte per la sos+tuzione sono
3:
a) Se vengono a mancare meno della metà degli amministratori, lo stesso C.d.A. nomina altri
amministratori con il placet del collegio sindacale che rimangono in carica fino alla
prossima assemblea che deciderà se mantenerli o sos+tuirli;
b) Se viene a mancare più della metà degli amministratori, i supers++ convocano l’assemblea
d’urgenza per ricos+tuire il C.d.A.;
c) Se mancano tuA gli amministratori o l’amministratore unico, è il collegio sindacale che
convoca d’urgenza l’assemblea e supplisce il C.d.A. solo per l’ordinaria ges+one.
Lo statuto può prevedere il decadimento di tuA gli amministratori in conseguenza del
decadimento di alcuni par+colari amministratori. In questo caso i supers++ o i sindaci convocano
l’assemblea per eleggere i nuovi amministratori. In ogni caso, la nomina e la cessazione di ogni
amministratore è sogge<a ad iscrizione nel R.I.
4. Compenso. Divie<
Per la loro aAvità gli amministratori hanno diri<o ad un compenso (art. 2389) che può
corrispondere in tu<o o in parte con una quota degl’u+li della società. Può anche essere prevista la
c.d. stock op+ons, ossia dei diriA di acquisto a prezzo determinato su azioni di futura emissione. Il
compenso è stabilito nello statuto, che può anche prevedere un ammontare complessivo des+nato
a tuA gli amministratori. Mentre il compenso per gli amministratori delega+ è deciso dire<amente
nel C.d.A. sen+to il collegio. La centralità degli amministratori ispira alcuni specifici obblighi e
divie+ pos+ a loro carico. È imposto, ovviamente, il divieto di concorrenza per tuA gli
amministratori di A.p.A., in par+colare è vietato che ques+ ricoprano ruoli che prevedono la
responsabilità illimitata, amministrazione, direzione e simili di società concorren+. Ques+ divie+
sono validi salvo autorizzazione generale dell’a<o cos+tu+vo o dell’assemblea. La trasgressione è
punita con la revoca per giusta causa e con il risarcimento dei danni eventualmente arreca+ alla
società.
5. Il consiglio di amministrazione

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L’amministrazione può essere esercitata da un amministratore unico, in cui si concentrano tuA i
poteri, o da un consiglio di amministrazione. In tal caso l’aAvità è esercitata collegialmente,
a<raverso le riunioni del C.d.A., che elegge il suo presidente (se non è nominato dallo statuto), alle
quali devono assistere i sindaci. L’a<uale disciplina riformata nel 2003, oltre a consen+re la
partecipazione alle riunioni con mezzi di telecomunicazione, disciplina che:
1) Il C.d.A. è convocato dal presidente (se lo statuto non prevede diversamente) che ne dirige i
lavori e ne fissa l’ordine del giorno;
2) Per la validità delle riunioni è prevista la presenza della maggioranza degli amministratori,
salvo che lo statuto non preveda quorum più al+. Le deliberazioni sono valide con la
maggioranza assoluta (voto per teste) dei presen+. Ogni deliberazione deve essere iscri<a
nell’apposito registro delle adunanze consiliari;
3) Per le impugnazioni l’a<uale disciplina sancisce che le delibere del C.d.A. possono essere
solo annullabili e mai nulle. L’impugnazione può essere legiAmamente proposta dagli
amministratori assen+ o dissenzien+ o dal collegio sindacale (e basta!) entro 90gg dalla
delibera. Le cause di annullabilità sono semplicemente tu<e le circostanze in cui la delibera
è stata assunta in contrasto con la legge o lo statuto. L’annullamento della delibera non
pregiudica i diriA acquista+ in buona fede;
4) L’amministratore in confli<o di interessi deve:
a) Darne no+zia al C.d.A. e all’assemblea spiegando la natura, i termini, l’origine la
portata (mo+vazione);
b) Se l’amministratore è unico deve incaricare gli altri organi collegiali di prendere la
decisione in merito al rapporto in confli<o (astensione);
c) La società deve in entrambi i casi mo+vare i mo+vi che la portano a concludere aA
in confli<o di interessi con un amministratore (trasparenza).
In ogni caso, la delibera presa a danno della società è impugnabile sia se il voto dell’amministratore
in confli<o non si è rivelato determinante, sia se ha trasgredito gli obblighi di trasparenza,
astensione e mo+vazione sopra elenca+. L’impugnazione è proponibile dal collegio sindacale, dagli
amministratori assen+ o dissenzien+ e da quelli consenzien+ e non informa+ del confli<o. È
ovviamente previsto il risarcimento a carico dell’amministratore che trasgredisce nella misura dei
danni arreca+.
Cautele sono imposte alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio per quanto
riguarda le operazioni con par+ correlate: vale a dire, operazioni aven+ come controparte uno dei
soggeA indica+ dalla Consob. Per tali operazioni, l’ar+colo 2391 - bis prevede che l’organo di
amministrazione adoA, procedure che assicurino la trasparenza e la corre<ezza delle decisioni.
6. Comitato esecu<vo. Amministratori delega<
È frequente nelle grandi società che il consiglio di amministrazione affidi parte dei compi+ della
ges+one ad un comitato esecu+vo o a degli amministratori delega+. Il comitato esecu+vo è un
organo collegiale che si riunisce alla presenza dei sindaci (art. 2405) ed iscrive tu<e le sue delibere
nel libro delle adunanze del comitato esecu+vo tenuto dallo stesso organo. L’amministratore
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delegato è un organo unipersonale inves+to degli stessi poteri del comitato esecu+vo, e se sono
più d’uno essi agiscono congiuntamente o disgiuntamente a seconda di quanto stabilisce l’a<o di
nomina o lo statuto. È tu<avia possibile la nomina di entrambi gli organi con competenze ripar+te.
Comitato esecu+vo e amministratori delega+ hanno la rappresentanza della società e sono
nomina+ dal C.d.A. al completo. Non sono tu<avia delegabili: 1) la redazione del bilancio; 2)
l’aumento di capitale per delega; 3) l’osservanza dei provvedimen+ da ado<are in sede di riduzione
del capitale; 4) redazione dei progeA di fusione e scissione. La delega delle funzioni comporta che
gran parte del potere amministra+vo è nelle mani degl’organi delega+. Questo comporta un
mutamento della responsabilità degli amministratori non delega+. InfaA, gli organi delega+ hanno
il compito di curare l’asse<o organizza+vo idoneo in funzione della natura dell’impresa e devono
periodicamente informare amministratori e sindaci del loro operato (almeno ogni sei mesi) e delle
previsioni per il futuro.
L’a<uale disciplina a<ribuisce al consiglio di amministrazione il potere - dovere di: valutare
l’adeguatezza dell’asse<o organizza+vo, amministra+vo e contabile della società; esaminare i piani
strategici, industriali e finanziari della società; valutare sulla base delle relazioni degli organi
delega+, il generale andamento della ges+one.
7. La rappresentanza della società
Fra le funzioni di cui gli amministratori sono inves++, c’è ovviamente l’inves+mento della
rappresentanza della società. Lo statuto deve indicare, in caso di C.d.A., a quali amministratori è
affidata la rappresentanza, e se questa è affidata congiuntamente o disgiuntamente a più
amministratori (anche se di regola è affidata al presidente del C.d.A.). La rappresentanza è in
genere conferita in via generale, ed investe anche la rappresentanza processuale sia aAva che
passiva. Peculiare è la disciplina studiata, vediamone i principi cardine:
a) È inopponibile ai terzi di buona fede la mancanza di potere rappresenta+vo dovuta ad
invalidità dell’a<o di nomina. Intervenuta nel registro delle imprese l’iscrizione dell’a<o di
nomina, le cause di nullità ed annullabilità della nomina degli amministratori con
rappresentanza non sono opponibili ai terzi, salvo che la società provi che i terzi ne erano a
conoscenza;
b) le limitazioni del potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi anche se registrate,
salvo che non si provi che abbiano agito in danno della società. Si deve provare l’accordo
fraudolento tra l’amministratore e il terzo, non è sufficiente la malafede di questo.
Restano fermi i limi+ legali a carico degli amministratori. Ques+, quindi, non potranno contrarre in
regime di confli<o di interessi e resta valido il divieto di concorrenza.
8. La responsabilità degli amministratori verso la società
La responsabilità degli amministratori è protesa in 3 direzioni: verso la società (2392 – 2932 – bis),
verso i creditori sociali (2394), verso i soci o i terzi (2935).
Iniziamo dalla responsabilità verso la società. Gli amministratori incorrono in responsabilità verso
la società, quando pongono in essere aA in contrasto con la professionalità e la diligenza richieste
dalla carica sociale che rivestono e sono tenu+ al risarcimento dei danni dalla stessa subi+ quando
non adempiono i doveri ad essi impos+ dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla
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natura dell’incarico. Ne consegue che ad essi non sono imputabili gli eventuali deluden+ risulta+
economici della ges+one, se non dire<amente imputabili ad un dife<o di professionalità. Se gli
amministratori sono più, sono responsabili in solido verso la società. Un regime di responsabilità
apposito, è studiato per gli amministratori non delega+. Ques+ hanno il compito di valutare
l’andamento della ges+one e hanno sempre l’obbligo di agire informa+. Quindi, se i delega+
cagionano danni alla società, che erano evitabili o a<enuabili, se solo i non delega+ si fossero
aAva+, ques+ ul+mi risponderanno in solido con i delega+. Nell’ipotesi in cui venga accertata la
loro dire<a responsabilità per non essersi aAva+, risponderanno solo per culpa in vigilando,
avendo quindi la possibilità di rifarsi per l’intero sui delega+. La responsabilità degli amministratori
è sempre per colpa, non è mai oggeAva. È esonerato l’amministratore che abbia fa<o registrare il
suo dissenso nel libro delle adunanze e ne abbia dato comunicazione per iscri<o al presidente del
collegio sindacale. LegiAma+ all’esercizio dell’azione di responsabilità verso gli amministratori
sono: l’assemblea ordinaria e il collegio sindacale con i 2/3 dei vo+ favorevoli e può essere
proposta entro 5 anni dalla cessazione dell’incarico. Nel momento in cui l’azione viene proposta,
l’amministratore decade dal suo incarico di diri<o, salvo che l’azione sia approvata da almeno 1/5
del C.S. In caso contrario si dovrà procedere alla revoca con a<o separato. L’azione di
responsabilità è quindi l’ennesima espressione di potere del gruppo di comando, a discapito delle
minoranze. Le cose cambiano quando la società cade in dissesto ed è dichiarata fallita o
assogge<ata a liquidazione coa<a amministra+va o ad amministrazione straordinaria. In tal caso, la
legiAmazione a promuovere l’azione sociale di responsabilità compete al curatore fallimentare, al
commissario liquidatore o al commissario straordinario. Una tutela limitata ed indire<a delle
minoranze è prevista anche quando la società è in bonis: la società infaA può rinunciare
all’esercizio dell’azione di responsabilità o pervenire ad una transazione con gli amministratori,
purché non vi sia il voto contrario del 20% del capitale sociale, rido<o ad 1/20 nelle società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
Esiste anche la tutela delle minoranze qualificate e ben organizzate (operan+ sopra<u<o grazie
agl’inves+tori is+tuzionali). Si prevede che l’azione di responsabilità possa essere promossa anche
dal 20% del capitale sociale nelle non quotate o da 1/40 nelle quotate. Tale azione è promossa per
reintegrare il patrimonio sociale, non a colpire il patrimonio dei soggeA agen+ per o<enere un
risarcimento. Quindi tu<e le disposizioni devono essere a solo vantaggio della società, che viene
chiamata in causa.
9. La responsabilità verso i creditori sociali (art. 2394)
I creditori sociali possono esperire l’azione di responsabilità contro gli amministratori solo quando
vedono compromesso il capitale sociale che è l’unica garanzia per i loro credi+. LegiAma+ sono
quindi i suddeA creditori sociali, eccezion fa<a per i casi in cui si è avviata una procedura
concorsuale, dove è il curatore ad essere legiAmato. È opinione prevalente che l’azione proposta
dai creditori è azione dire<a. Essi non si surrogano alla società per o<enere il reintegro del capitale
sociale, che poi aggrediranno per rifarsi del credito; il risarcimento degli amministratori andrà
dire<amente ai creditori. Per questo mo+vo l’azione di responsabilità dei creditori entra in
concorrenza con quella eventualmente proposta dalla società. E se quest’ul+ma ha effe<o per
prima (o magari si ricorre ad una transazione) l’azione dei creditori decadrà in quanto gli
amministratori possono pagare una sola volta per i loro errori.

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Anche la transazione intervenuta con la società paralizzare azione dei creditori sociali. Invece, la
rinuncia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori
sociali.
10. La responsabilità verso i singoli soci o terzi
Perché i soci o i terzi possano proporre azione di responsabilità contro gli amministratori, devono
ricorrere 2 presuppos+: 1) a<o illecito degli amministratori nell’esercizio del loro ufficio; 2) la
produzione di un danno dire<o al patrimonio del singolo socio o terzo. Casi +pici sono la
falsificazione del bilancio per o<enere un fido dalle banche, o per aumentare il capitale con prezzo
maggiorato delle azioni di nuova emissione.
11. I direOori generali
Sono delle figure poste al ver+ce della gerarchia dei lavoratori subordina+. Lavorano a stre<o
conta<o con gli amministratori di cui eseguono le direAve di ges+one ed ai quali sono quindi
parifica+ nella responsabilità penale. Se sono nomina+ dallo statuto o dall’assemblea hanno anche
la stessa responsabilità civile degli amministratori limitatamente ai compi+ loro a<ribui+ (art.
2936).
B) Il collegio sindacale
12. Premessa
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno delle società per azioni, con funzioni di vigilanza
dell’amministrazione della società. Dal 1998 è esonerato dal controllo contabile affidato ad un
revisore esterno, che dal 2003 è esteso a tu<e le S.p.A.
13. Composizione. Nomina. Cessazione
Il collegio sindacale delle società non quotate ha una stru<ura semirigida in quanto si compone di
3 o 5 membri più 2 supplen+. I membri possono essere soci o non soci. Questa stru<ura ostacola
parzialmente l’operato dei sindaci sopra<u<o nelle società di grandi dimensioni. Questo ostacolo è
stato rimosso nelle S.p.A. quotate che possono nominare tuA i sindaci che vogliono, fermo
restando il minimo di 3 membri più 2 sos+tu+. I primi sindaci sono nomina+ nell’a<o cos+tu+vo, gli
altri dall’assemblea ordinaria. Si può prevedere la nomina di un sindaco da parte dello Stato
qualora questo partecipa alla compagine societaria. È altresì possibile che sia nominato un sindaco
anche dai possessori di altri strumen+ finanziari partecipa+vi diversi dalle azioni. Si no+ che il
collegio è nominato dallo stesso organo che nomina gli amministratori, dimostrando la scarsa
funzionalità del collegio sindacale, dato che controllan+ e controlla+ sono espressione dello stesso
gruppo di comando. Parziale soluzione è stata trovata per le sole società quotate che devono
obbligatoriamente prevedere la nomina di un sindaco da parte delle minoranze al fine di
rappresentare tu<a la compagine societaria nel collegio. Nella stessa direzione si muove la
disciplina dei requisi+ fissa+ per la nomina di sindaco di una S.p.A. Nelle non quotate almeno 1
sindaco e 1 supplente devono essere iscriA nel registro dei revisori contabili; gli altri devono
essere iscriA in uno degl’albi tenu+ presso il Ministero della Gius+zia, oppure tra i professori
universitari in materie economiche o giuridiche. Per le società quotate, i requisi+ di onorabilità
sono fissa+ periodicamente dal Ministero prima citato. Al registro dei revisori contabili possono
iscriversi le persone fisiche che presen+no degli specifici requisi+ di onorabilità e professionalità
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previo il superamento di un esame; nonché società di revisori con specifici requisi+. Per garan+re
l’indipendenza dei sindaci sono previste, oltre a quelle valevoli per gli amministratori, ulteriori
cause di ineleggibilità (art. 2399): a) non possono essere nomina+ sindaci il coniuge, i paren+ e gli
affini entro il 4° grado degli amministratori, nonché gli amministratori dello stesso gruppo; b)
altre<anto vale per gli amministratori di società che intra<engono qualunque rapporto che
potrebbe comprome<ere l’indipendenza. Per garan+re l’indipendenza dei sindaci sono imposte le
seguen+ regole:
1) Il compenso deve essere predeterminato per tu<a la durata dell’incarico e deve risultare
nell’a<o cos+tu+vo o di nomina;
2) La durata dell’incarico non può essere superiore ai 3 esercizi, ed è rinnovabile. Anche per i
sindaci opera l’is+tuto della proroga+o dei poteri;
3) Possono essere revoca+ solo per giusta causa e la revoca deve essere approvata dal
tribunale che accerta la giusta causa;
4) Decade dall’ufficio se interviene una delle cause di incompa+bilità o di ineleggibilità,
nonché se diserta 2 volte di seguito e senza un gius+ficato mo+vo un’assemblea, una
riunione del C.d.A. o del collegio;
5) In caso di morte, rinuncia o decadenza il sindaco viene sos+tuito dal supplente più anziano
fermo restando che si deve rispe<are la presenza di almeno uno dei revisori contabili. La
normalità sarà poi ristabilita nella successiva assemblea;
6) La nomina e la cessazione devono essere iscriA nel R.I.
14. Il controllo sull’amministrazione
Compito principale, ma non esclusivo, del collegio sindacale è il controllo globalmente inteso
dell’amministrazione della società. In par+colare, deve vigilare sull’adeguatezza dell’asse<o
organizza+vo scelto e sull’efficienza dello stesso (art. 2403). In genere la revisione legale dei con+ è
affidata ad un revisore esterno. Tale controllo può essere affidato al collegio sindacale qualora tuA
i membri siano iscriA nel registro dei revisori legali. Questo è consen+to in tu<e le società salvo: le
S.p.A. obbligate alla redazione del bilancio consolidato e quelle di interesse pubblico e quelle
so<oposte a regime intermedio. Il controllo esercitato dal collegio è da intendersi di cara<ere
globale e sinte+co e si estende in tu<e le direzioni. I doveri dei sindaci si concretano quindi nella
presenza alle riunioni dell’assemblea, del C.d.A. e del comitato esecu+vo, nonché nel potere -
dovere di impugnare le delibere invalide. Molto fi<a è la rete di comunicazione che si deve
obbligatoriamente imbas+re tra il collegio sindacale e tuA gli altri organi sociali, a cominciare
ovviamente dagli amministratori che devono dare pronta comunicazione (in ogni caso almeno ogni
3 mesi) della loro aAvità, sopra<u<o in merito alle operazioni in confli<o di interessi. Più ampi
sono i poteri informa+vi forni+ al collegio dalla riforma del 2003 per le società quotate nelle quali,
se si dovessero riscontrare irregolarità, il collegio ha l’obbligo di avver+re tempes+vamente la
CONSOB. I sindaci hanno, quindi, il potere di ispezionare e controllare ogni “angolo” della società
a<raverso la richiesta di informazioni anche aAnen+ a società controllate. Il collegio sindacale può
anche, previa comunicazione al presidente del C.d.A., convocare l’assemblea qualora riscontra faA
censurabili ai quali bisogna porre rimedio (nelle quotate tale potere è esercitabile anche da 2 soli
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sindaci) (art. 2406). Eguale potere è previsto per la convocazione del C.d.A. o del comitato
esecu+vo, esercitabile anche da un solo sindaco. Infine, può aAvare il controllo giudiziario sulle
società se ha il fondato sospe<o di irregolarità. Nelle quotate tale diri<o spe<a anche alla
CONSOB.
15. Il funzionamento del collegio sindacale
Il presidente del collegio è ele<o dall’assemblea ordinaria (art. 2398), e nelle quotate è scelto tra i
membri eleA dalle minoranze. Il collegio si deve riunire almeno ogni 90gg, è regolarmente
cos+tuito con la maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presen+. I verbali
devono essere riporta+ nel libro delle adunanze del collegio e il sindaco dissenziente può far
annotare il suo dissenso e le rela+ve mo+vazioni. L’aAvità di controllo può essere sollecitata dai
soci, a<raverso una segnalazione, di cui tu<avia i sindaci sono solo obbliga+ a tenerne conto. Ben
diverso è invece se è il 5% del capitale (2% in quelle che rischiano il capitale) a chiedere l’indagine,
che deve avvenire tempes+vamente e, se del caso, si deve convocare l’assemblea per risolvere i
faA censurabili eventualmente riscontra+ (art. 2408).
16. La responsabilità dei sindaci
Al pari degli amministratori, i sindaci sono responsabili della professionalità e della diligenza del
loro operato, da valutarsi sempre in funzione della società in cui lavorano. In par+colare sono
penalmente responsabili della veridicità di quanto affermano. L’obbligo di risarcimento è
imputabile solo ai sindaci (in solido tra loro) quando il danno subito dalla società è conseguenza
del solo comportamento dei sindaci. Tale responsabilità esclusiva decade, in favore della
responsabilità in solido con gli amministratori, se il comportamento dei sindaci è conseguenza di
aA dolosi o colposi degli amministratori a danno della società.
C) La revisione legale dei con<
17. Il sistema
Si definisce ente di interesse pubblico una società emi<ente valori mobiliari quota+, nonché altre
S.p.A. disciplinate da leggi speciali come le banche, le assicurazioni ecc..
Una parte della disciplina della revisione degli en+ di interesse pubblico si applica anche ad un
gruppo di società che erano a loro volta qualificate come ente di interesse pubblico, ma poi in
occasione dell’a<uazione della direAva 56 del 2014 dell’Unione Europea si è preferito
assogge<are ad un regime intermedio. Sono en+ so<opos+ a regime intermedio le società
emi<en+ strumen+ finanziari diffusi tra il pubblico in maniera rilevante, nonché alcune società
operan+ nel campo dell’intermediazione finanziaria e mobiliare.
La revisione legale di entrambi gli en+ Deve essere esercitata da un revisore legale esterno.
18. Conferimento e cessazione dell’incarico
La revisione legale esterna è effe<uata da un revisore legale iscri<o nel registro dei revisori o da
una società di revisione o dal collegio sindacale quando previsto. I primi revisori sono nomina+
nell’a<o cos+tu+vo, mentre i successivi vengono nomina+ dall’assemblea ordinaria su proposta
mo+vata del collegio sindacale. Sulla stessa delibera di nomina si deve indicare l’intero ammontare
del compenso. L’indipendenza è l’elemento cara<erizzante del revisore. Questa si deve manifestare
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sia nel fa<o che non devono, ovviamente, intercorrere rappor+ di alcun genere tra controllante e
controllato ed inoltre, qualora tale indipendenza sia compromessa durante l’incarico, il revisore
deve tentare di porvi rimedio, e se ciò non è possibile deve astenersi dall’effe<uare il controllo.
Specifica a<enzione viene riservata ai rischi connessi all’eventuale trasferimento di personale tra
l’organizzazione del revisore e la società revisionata, e viceversa (cosidde<o divieto delle porte
girevoli).
La durata dell’incarico è fissata nei tre esercizi. La scadenza avviene con l’approvazione del bilancio
dell’ul+mo esercizio, ed è rinnovabile senza limi+. La revoca è ammissibile solo per giusta causa,
a<raverso una delibera dell’assemblea ordinaria su proposta del collegio. Della revoca bisogna
darne comunicazione tempes+va all’autorità controllante, che può essere il MEF o la CONSOB se si
tra<a di en+ di interesse pubblico.
In caso di dimissioni del revisore, la società deve provvedere a conferire l’incarico ad uno nuovo:
fino ad allora il vecchio resta in carica in regime di proroga+o, ma comunque non oltre sei mesi.
19. La revisione legale degl’en< di interesse pubblico
La disciplina della revisione legale degl’en+ di interesse pubblico è disciplinata da leggi speciali e da
regolamen+ della CONSOB. Tu<avia, il rigore e l’indipendenza di queste revisioni è sicuramente più
rigida di quella applicata alle altre società. L’a<uale disciplina stabilisce il principio della rotazione
periodica del revisore: la durata dell’incarico è di 9 esercizi per le società di revisione e di 7 per le
persone fisiche, non rinnovabili se non sono decorsi almeno 3 esercizi.
È rimesso alla Consob stabilire le situazioni che possono comprome<ere l’indipendenza del
revisore e le misure da ado<are per rimuoverle. È fa<o inoltre divieto alle società di revisione di
prestare alla società revisionata servizi ulteriori rispe<o all’organizzazione e revisione contabile. Ed
il divieto opera anche nei confron+ dei soggeA che fanno parte della rete del revisore.
In presenza di gius+fica+ mo+vi, il revisore di un ente di interesse pubblico può essere rimosso
anche dal tribunale, su richiesta dei soci che rappresentano il 5% del capitale sociale, oppure
dell’organo di controllo o della Consob.
20. Funzioni e responsabilità del revisore legale dei con<
Funzione principale del revisore legale dei con+ è quella di controllare la regolarità della contabilità
e quella di esprimere un parere sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato. L’aAvità di
revisione si incardina sostanzialmente su 2 controlli incrocia+: 1) la rappresentazione veri+era dei
faA di ges+one delle scri<ure contabili; 2) la coincidenza tra i faA riporta+ sul bilancio di esercizio
e consolidato, oltre alla loro corre<ezza legale. L’aAvità del revisore si concreta nel giudizio che
questo esprime nella relazione che accompagna il bilancio di esercizio. Tale giudizio può essere:
senza rilievi (se è tu<o regolare), con rilievi (se si sono riscontra+ dubbi o irregolarità); nega+vo;
impossibile. Negl’ul+mi tre casi, ne deve dare no+zia alla CONSOB. Il giudizio posi+vo modifica
sensibilmente l’impugna+va del bilancio. I poteri del revisore consistono in sostanza nell’o<enere
tu<e le informazioni u+li dagl’organi sociali per portare a termine il suo controllo. È previsto che il
sogge<o incaricato, oltre a scambiare informazioni con il collegio sindacale, possa reperire
autonomamente il materiale informa+co a lui occorrente con aA di ispezione autonomi. Negli EIP
(En+ Interesse Pubblico) o ESRI (En+ So<opos+ a Regime Intermedio), il revisore deve inoltre
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denunciare alla Consob qualsiasi illegiAmità di cui sia venuto a conoscenza. Poteri par+colari di
ispezione sono previs+ per il revisore della capogruppo, tenuto a revisionare il bilancio consolidato.
Al pari del collegio, il revisore deve essere professionale e diligente nello svolgimento del suo
incarico, essendo anche esposto a responsabilità in merito alla veridicità di quanto afferma. Il
revisore che danneggia la società per aver male operato, è responsabile in solido con gli
amministratori per il danno cagionato. L’azione di responsabilità si prescrive in 5 anni dalla data
della relazione.
D) I sistemi alterna<vi
21. Il sistema dualis<co
Il sistema dualis+co (art. 2409 – oc+es – art. 2409 quin – quiesdecies), di ispirazione tedesca,
prevede la presenza di un consiglio di ges+one e di un consiglio di sorveglianza. Il controllo
contabile è affidato ad un revisore contabile o ad una società di revisione. Il consiglio di ges+one
svolge le funzioni proprie del C.d.A nel sistema tradizionale. Per quanto riguarda il consiglio di
sorveglianza invece, gli sono a<ribuite sia le funzioni di controllo proprie del collegio sindacale, sia
le funzioni di indirizzo della ges+one propria dell’assemblea dei soci (nomina e revoca dei
componen+ del consiglio di ges+one e approvazione del bilancio; in più, approvazione delle
operazioni strategiche e dei piani industriali finanziari). La presenza del consiglio di sorveglianza
riduce le competenze dell’assemblea ordinaria: nomina e revoca i componen+ del consiglio di
sorveglianza; nomina il revisore; decide sulla distribuzione degli u+li. I componen+ del consiglio di
sorveglianza possono essere soci o non soci (non meno di tre); i primi componen+ sono nomina+
nell’a<o cos+tu+vo, successivamente dall’assemblea ordinaria. Almeno un componente effeAvo
del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra gli iscriA nel registro dei revisori contabili e non
possono essere eleA i componen+ del consiglio di ges+one né coloro che sono lega+ alla società
da un rapporto che ne comprome<a l’indipendenza.
I componen+ del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili
(revocabili dall’assemblea anche senza giusta causa). L’assemblea provvede a sos+tuire senza
indugio i componen+ del consiglio di sorveglianza che vengono a mancare per qualsiasi ragione nel
corso dell’esercizio. Le competenze del consiglio di sorveglianza sono le stesse del collegio
sindacale nel sistema tradizionale, in par+colare: riferisce per iscri<o almeno una volta all’anno
all’assemblea sull’aAvità di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui faA censurabili rilevan+ ed è
des+natario delle denunce dei soci. Ha, inoltre, poteri e diriA di informazione nei confron+ del
consiglio di ges+one e del sogge<o che esercita la revisione dei con+. Al consiglio di sorveglianza è
a<ribuita la nomina e la revoca dei componen+ del consiglio di ges+one, il compenso, salvo che la
rela+va competenza a<ribuita dallo statuto all’assemblea, approva il bilancio di esercizio e il
bilancio consolidato e infine promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confron+ dei
componen+ del consiglio di ges+one. Il presidente del consiglio di sorveglianza è ele<o
all’assemblea. I componen+ del consiglio di sorveglianza devono operare con diligenza e sono
solidalmente responsabili con i componen+ del consiglio di ges+one per i faA e le omissioni di
ques+ quando il danno non si sarebbe prodo<o se avessero vigilato in conformità dei doveri della
loro carica. Le funzioni del consiglio di ges+one coincidono con quelle del C.d.A del sistema
tradizionale. È cos+tuito da almeno due componen+ (i primi nomina+ nell’a<o cos+tu+vo,
successivamente dal consiglio di sorveglianza). Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o
88
più componen+ del consiglio di ges+one, il consiglio di sorveglianza provvede senza indugio alla
loro sos+tuzione. Specificamente disciplinata è l’azione sociale di responsabilità contro i consiglieri
di ges+one: la rela+va deliberazione è assunta a maggioranza dei componen+ e comporta la revoca
di ufficio dei consiglieri di ges+one se è raggiunta la maggioranza dei 2/3 dei componen+.
22. Il sistema monis<co
Il sistema monis+co, di ispirazione anglosassone, si cara<erizza per la soppressione del collegio
sindacale. L’amministrazione e il controllo sono esercita+ dal C.d.A e da un comitato per il controllo
sulla ges+one (cos+tuito da membri del C.d.A in possesso di requisi+ di indipendenza che non
siano membri del comitato esecu+vo e che non svolgano funzioni gestorie). Il comitato svolge le
funzioni del collegio sindacale (vigila sull’adeguatezza della stru<ura organizza+va della società, del
sistema di controllo interno e del sistema amministra+vo e contabile) e il numero dei suoi
componen+ è determinato dal C.d.A.: non può essere inferiore a 3 nelle quotate. Il controllo
contabile è affidato ad un revisore contabile o ad una società di revisione. Il comitato per il
controllo sulla ges+one è des+natario delle denunce dei soci di faA censurabili e può a sua volta
presentare denuncia al tribunale ove riscontri gravi irregolarità di ges+one potenzialmente
dannose. Nelle società quotate, vengono riconosciute al comitato per il controllo sulla ges+one,
dei poteri e diriA di informazione del collegio sindacale nei confron+ degli altri amministratori; è
inoltre riconosciuto il potere del comitato di procedere in ogni momento ad ispezioni e controlli. Il
comitato elegge al suo interno il presidente; deve riunirsi almeno entro novanta giorni, è
regolarmente cos+tuito con la presenza della maggioranza dei componen+ e delibera a
maggioranza assoluta dei presen+. È evidente che il punto debole di questo sistema consiste nel
fa<o che i controllori sono dire<amente nomina+ dai controlla+, siedono insieme a ques+ ul+mi e
votano nel C.d.A.
E) I controlli esterni
23. Il sistema
Il sistema dei controlli esterni ha il compito di tutelare la colleAvità dagli abusi delle S.p.A., che a
volte raggiungono dimensioni e importanza tali da poter causare danni di grande en+tà per tuA,
se agissero senza controllo. È evidente come i controlli esterni siano di diversa natura a seconda
della S.p.A. in ques+one. Comune a tu<e le società è il controllo giudiziario, aAvabile quando si
verificano situazioni patologiche ineren+ alla ges+one. Controlli di diversa natura sono poi
concepi+ per società di interesse pubblico come le banche. Nel contempo, è stata is+tuita la
CONSOB con la riforma del ‘74 per fungere da “guardiana” dei merca+ regolamenta+ e mobiliari
dove si concentra il traffico giuridico delle società quotate e di ges+one del risparmio, oltre a
tutelare gli inves+tori.
24. Il controllo giudiziario sulla ges<one
Il controllo giudiziario sulla ges+one delle S.p.A. è una forma di intervento dell’autorità giudiziaria
nella vita della società volta a ripris+nare la legalità dell’amministrazione delle stesse. L’a<uale
disciplina prevede che il procedimento può essere a<uato se ricorre il sospe<o che gli
amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità volte al danneggiamento della società. Esempi
+pici sono: la falsificazione del bilancio, il compimento di aA in confli<o di interessi. L’inizia+va
compete:
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1) Ai soci che rappresentano almeno il 10% del C.S. nelle non quotate, il 5% nelle quotate;
2) Al collegio sindacale;
3) Se la società è quotata, al PM e alla CONSOB.
Il tribunale non può procedere d’ufficio. Il procedimento si ar+cola in 2 fasi: la prima, di cara<ere
istru<orio, volta all’accertamento delle irregolarità che il tribunale esegue esaminando in camera
di consiglio amministratori e sindaci, ed eventualmente disponendo un’ispezione della società da
parte di un professionista a spese dei soggeA richieden+. Tu<avia l’istru<oria può essere sospesa
se la società dichiara di sos+tuire amministratori e sindaci con soggeA di adeguata professionalità
con il compito di accertare e risolvere le irregolarità, tenendo informato il tribunale dell’operato.
Se l’intervento della società si dovesse rivelare infru<uoso, il giudice può seguire 2 strade a
seconda della gravità delle irregolarità accertate: può convocare l’assemblea per guidare la
risoluzione dei problemi, oppure per i casi più gravi, può nominare un amministratore giudiziario
per sanare le irregolarità. I poteri e la durata dell’amministratore giudiziaria vengono decisi dal
giudice nel decreto di nomina, ma ques+ rimane inves+to per legge della legiAmazione a proporre
l’azione di responsabilità nei confron+ di amministratori e sindaci. Egli ha inoltre la rappresentanza
processuale aAva e passiva della società, ma non può compiere aA ecceden+ l’ordinaria
amministrazione senza il permesso del presidente del tribunale. Prima della scadenza dell’incarico,
l’amministratore giudiziario deve convocare l’assemblea per poter nominare nuovi amministratori
e sindaci, o in alterna+va può proporre la messa in stato di liquidazione della società o la
so<oposizione ad una procedura concorsuale. In ogni caso l’assemblea può deliberare in senso
opposto a quanto propone di fare l’amministratore. (Paragrafi 25 e 26 sul libro)

CAPITOLO 18 - IL BILANCIO
1. Il bilancio di esercizio
Come ogni imprenditore assogge<ato all’obbligo di tenuta delle scri<ure contabili, la società per
azioni è tenuta a redigere il bilancio annuale. La disciplina consente di redigere un bilancio secondo
le norma+ve internazionali per poter consen+re un agevole confronto tra società. Tale disciplina
internazionalis+ca è sancita dell’Interna+onal Accoun+ng Standard Board (IASB). I principi
ispiratori di sudde<a disciplina devono obbligatoriamente essere segui+ nella redazione del
bilancio di esercizio o consolidato di tu<e le società cha fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio. Viceversa, alle società obbligate al bilancio abbreviato (più semplice e prudente) non è
consen+to di sfru<are la norma+va internazionale. Per tu<e le altre società, l’adozione dei principi
contabili internazionali è facolta+va, ma se si scelgono sono irrevocabili, salvo casi eccezionali
(questo al fine di non rendere agevole il cambiamento dei principi che potrebbe agevolare la
falsificazione del bilancio).
Nozione: il bilancio di esercizio è un documento contabile che rappresenta in modo chiaro,
veri+ero e corre<o la situazione patrimoniale e finanziaria al termine di ogni esercizio, nonché i
risulta+ economici consegui+ (u+li e perdite). È cos+tuito da: 1) stato patrimoniale; 2) conto
economico; 3) nota integra+va; 4) rendiconto finanziario. Deve inoltre essere corredato dalle
relazioni degli amministratori, del collegio sindacale e del revisore contabile esterno. Funzione
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principale del bilancio è quella di tenere informa+ gli interessa+ sulla situazione patrimoniale
(sta+ca) e reddi+zia (dinamica) della società. In par+colare soci e creditori sociali possono fare
affidamento solo sul bilancio per avere le informazioni di cui necessitano, essendo questo l’unico
vero documento reda<o secondo i criteri della chiarezza e della veridicità, rispeAvamente per
esigenze di informazione e di garanzia. Si osserva inoltre che il bilancio rappresenta altresì l’unico
riferimento per l’applicazione della norma+va tributaria, in quanto cos+tuisce per il fisco il termine
di riferimento per la tassazione periodica del reddito della società (Ires). Le clausole generali
scolpite nella disciplina del bilancio sono: il principio di chiarezza (applicato nelle norme che
regolano stru<ura e contenuto del bilancio) e la rappresentazione veri+era e corre<a (che trova
applicazione nella valutazione dei cespi+). È necessario precisare che anche rispe<ando tu<a la
disciplina del bilancio, questo potrebbe risultare lo stesso non conforme ai criteri di chiarezza,
verità e corre<ezza. Il che significa che è obbligatorio aggiungere tu<e le informazioni del caso
perché ques+ criteri siano soddisfaA.
A tal proposito, la norma+va si propaga sancendo ulteriori principi:
a) La redazione del bilancio deve essere effe<uata secondo prudenza e deve prevedere la
con+nuazione dell’esercizio dell’aAvità di impresa. In quest’oAca si realizza il c.d. principio
della prevalenza della sostanza sulla forma, nel senso che è più importante descrivere la
realtà economica piu<osto che il rispe<o della disciplina;
b) Il bilancio di esercizio è un bilancio di competenza e non di cassa. Deve riportare tu<e le
voci competen+ l’esercizio al di là dell’effeAvo incasso;
c) I criteri di valutazione non possono essere modifica+ tra un bilancio e l’altro, se non in casi
eccezionali mo+va+ dagli amministratori nella nota integra+va.
È consen+to non rispe<are gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e
informa+va quando la loro osservanza abbia effeA il rilevan+ al fine di dare una rappresentazione
veri+era e corre<a (cosidde<o principio di rilevanza, art. 2423).
2. La struOura del bilancio
Il bilancio si consta di 3 par+: lo stato patrimoniale, il conto economico, la nota integra+va ed il
rendiconto finanziario; ed i risulta+ in essi espressi spesso si intrecciano. In o<emperanza del
principio di chiarezza sono de<a+ dei criteri di redazione del bilancio univoci per tu<e le società
(art. 2423 -ter), congenia+ in modo da poter consen+re anche un raffronto con i bilanci preceden+:
a) È tassa+vo e fissato per legge l’ordine di inserimento delle voci, che di conseguenza gli
amministratori non possono cambiare a loro piacimento;
b) Le voci sono suddivise in categorie omogenee (le<ere maiuscole), so<ocategorie (numeri
romani), voci (numeri arabi) ed eventualmente so<ovoci (le<ere minuscole). In questo
modo la rappresentazione è chiara e corre<a;
c) Per ogni voce deve essere indicata anche quella corrispondente del bilancio precedente per
favorire il confronto;
d) È vitata la c.d. somma di par+te, cioè la somma algebrica di cos+ e ricavi che per legge
devono esser iscriA diversamente.
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Alcune società piccole o micro - imprese possono redigere il bilancio in forma abbreviata, purché
rimangano al di so<o dei criteri dimensionali fissa+ dalla legge in merito all’aAvo patrimoniale,
fa<urazione e numero dei dipenden+. Tale bilancio impone un minor numero di voci nello stato
patrimoniale e nel conto economico, nonché è meno rigido in merito alla nota integra+va che può
contenere anche la relazione degli amministratori. Lo stato patrimoniale rappresenta lo stato
qualita+vo e quan+ta+vo del patrimonio sociale e della situazione finanziaria, al momento della
chiusura dell’esercizio. Deve essere rappresentato a colonne e deve riportare prima le voci
dell’aAvo, poi il patrimonio ne<o (del quale se ne riconosce l’ammontare) ed infine le voci del
passivo.
Le voci dell’a.vo sono inserite in quest’ordine:
A. Credi+ verso i soci per versamen+ ancora dovu+;
B. Immobilizzazioni, ossia beni des+na+ a rimanere durevolmente nella disponibilità della
società. Sono a loro volta divise in 3 so<ocategorie: B-I Immobilizzazioni immateriali (valore
dell’avviamento); B-II Immobilizzazioni materiali (fabbricato e macchinari); B-III
Immobilizzazioni finanziarie (azioni des+nate a rimanere in pianta stabile nella società);
C. AAvo circolante ar+colato in 4 so<ocategorie: C-I Rimanenze (residui di materie prime); C-
II Credi+ (che non cos+tuiscono immobilizzazioni, come le imposte già pagate); C-III AAvità
finanziarie (azioni ed altri strumen+ finanziari des+na+ ad essere vendu+ in tempi brevi); C-
IV Disponibilità liquide (deposi+ bancari e denari in cassa);
D. Ratei e riscon+ (aAvi): i ratei aAvi sono dei proven+ per+nen+ a questo esercizio ma
esigibili nel prossimo; i riscon+ aAvi sono cos+ del prossimo esercizio già sostenu+ in
questo esercizio.
Le voci del passivo sono:
A. Patrimonio ne<o, composto da: Capitale sociale nominale + le riserve + U+li (sia vecchi non
distribui+ che nuovi) – perdite (sia vecchie che nuove). È così cos+tuito il patrimonio ne<o
che è riportato tra le passività solo per convenzione (c.d. passivo ideale);
B. Fondi per rischi e oneri, sono accantonamen+ in previsione di futuri cos+ previs+ e non;
C. Tra<amento di fine rapporto di lavoro subordinato, l’ammontare di tu<e le “liquidazioni”
dei dipenden+;
D. Debi+, dis+n+ in ben 14 voci;
E. Ratei e riscon+ (passivi), i ratei sono cos+ di competenza di questo esercizio che però si
sosterranno nel prossimo, i riscon+ sono proven+ del prossimo esercizio già incassa+ in
questo.
In calce allo stato patrimoniale, si riportano i c.d. con+ d’ordine che rendicontano impegni e rischi
futuri non ancora sostenu+ nell’esercizio ogge<o del bilancio. Il conto economico consente invece
di evidenziare il risultato economico dell’esercizio (u+li e perdite) e deve essere reda<o in forma
scalare. Riporterà quindi cos+, oneri e ricavi secondo una forma esposi+va scalare che espone in
sequenza unica i componen+ posi+vi e nega+vi. A<raverso questo sistema di totali parziali, si
92
riesce a tener dis+n+ i risulta+ della ges+one ordinaria da quelli derivan+ da rappor+ di altra
natura (straordinari).
A tal fine, il conto economico è ar+colato in 4 sezioni scalari:
A. Valore della produzione: somma dei ricavi dell’aAvità produAva +pica, comprese le
variazioni, posi+ve e nega+ve, delle rimanenze di magazzino;
B. Cos+ della produzione: dal totale della le<era A si detraggono l’ammontare dei cos+
comprensivi di ammortamen+, svalutazioni e accantonamen+. Dalla differenza di A-B si
oAene il risultato lordo della ges+one;
C. Proven+ e oneri finanziari: in questa voce vanno somma+ algebricamente proven+ ed oneri
non provenien+ dall’aAvità +pica della società (es. u+li e perdite derivan+ da altre
partecipazioni sociali). Segue il rela+vo totale;
D. ReAfiche di valore delle aAvità finanziarie: valutazioni e svalutazioni delle aAvità
finanziarie. Segue il rela+vo totale.
Con la riforma del 2015 è stata invece soppressa una quinta sezione in cui venivano iscriA proven+
ed oneri straordinari. La somma algebrica dei diversi totali parziali evidenzia il risultato globale di
esercizio che deve essere riportato al lordo e al ne<o della tassazione così da evidenziare u+li o
perdite da riportare nello stato patrimoniale. Si specifica che tu<e le voci devono essere riportate
nella data di avvenimento.
La riforma del 2015 ha prescri<o anche la redazione del rendiconto finanziario, assegnando al
bilancio una più ampia funzione informa+va: quella di rappresentare anche i flussi finanziari (cash
flows), cioè incassi e pagamen+ che hanno determinato una variazione delle disponibilità liquide
della società nel corso dell’esercizio. A tal fine, il nuovo ar+colo 2425 – ter precisa che i flussi
finanziari devono essere raggruppa+ in 3 classi:
a) I flussi finanziari rela+vi all’esercizio dell’aAvità produAva principale dell’impresa (c.d.
flussi fin.ri dell’aAvità opera+va);
b) I flussi finanziari rela+vi alla realizzazione o smobilizzazione di inves+men+ (c.d. flussi fin.ri
derivan+ dall’aAvità di inves+mento);
c) I flussi fin.ri derivan+ dall’aAvità finanziaria.
Sono ancora 2 i documen+ che devono redigere gli amministratori: la nota integra+va e la
relazione sulla ges+one.
La nota integra:va (art. 2427, 2427-bis), serve a spiegare i criteri di valutazione, le variazioni
intervenute negli stessi, composizioni delle voci principali ed altre informazioni di questo genere,
che a<engono cioè alla ra+o seguita nella redazione del bilancio. Per fare alcuni esempi, la nota
integra+va fornisce informazioni integra+ve su: situazione economica e finanziaria, risultato
economico, numero dei dipenden+, compensi di amministratori e sindaci, e così via. In par+colare
deve contenere le quote di partecipazione in società controllate.

93
La relazione sulla ges:one è un rendiconto sulla ges+one esterno al bilancio. Si esprime un’analisi
fedele, equilibrata ed esaus+va dei risulta+ raggiun+ e di quelli che si prevedono per il futuro. In
par+colare, deve elencare tuA i faA avvenu+ dopo la chiusura dell’esercizio.
3. I criteri di valutazione
Considerando la massa eterogenea di beni che compongono il patrimonio sociale, capita spesso
che gli amministratori si trovino a dover effe<uare una serie di s+me per riportarle nel bilancio. Il
criterio che ques+ seguono per effe<uare tali s+me è importan+ssimo per l’esa<a definizione di
u+li (che potrebbero risultare gonfia+) e perdite (che potrebbero risultare ridimensionate). Per
sopperire a tali distorsioni giunge in soccorso degli amministratori, oltre alla disciplina generale
della prudenza e della con+nuità dei criteri di valutazione, anche il criterio base del costo storico
anali+camente disciplinato a seconda delle varie faAspecie.
Le immobilizzazioni di ogni +po vengono riportate secondo il loro costo storico, che sarebbe il
prezzo di acquisto iniziale. Tale criterio, non +ene conto delle evoluzioni successive e quindi il
valore riportato sarà sempre notevolmente inferiore a quello reale. A differenza delle finanziarie, le
immobilizzazioni materiali e immateriali perdono il loro valore col passare del tempo per l’usura
tecnica e per effe<o dell’obsolescenza. È quindi previsto un c.d. piano di ammortamento che
evidenzia, appunto, la perdita di valore di tali beni. Se il costo storico è il criterio base u+lizzato per
la valutazione delle immobilizzazioni, regole speciali valgono per alcune di esse:
a) Le immobilizzazioni finanziarie partecipa+ve di società controllate o collegate, anziché al
costo storico, possono essere valutate col metodo del patrimonio ne<o, vale a dire
iscrivendo in bilancio un importo pari alla corrispondente quota del patrimonio ne<o della
società partecipata risultante dall’ul+mo bilancio della stessa. Le eventuali plusvalenze
rispe<o al precedente esercizio devono essere iscri<e in un’apposita riserva non
distribuibile. Esse così varieranno nel tempo e saranno più veri+ere;
b) I cos+ di impianto, ampliamento e pubblicità possono essere iscriA nell’aAvo, solo se
hanno un’u+lità pluriennale;
c) Anche l’avviamento può essere iscri<o nell’aAvo se acquistato a +tolo oneroso ed
ammor+zzato in 5 anni.
Quanto disposto nei pun+ b e c è possibile solo nelle non quotate e su autorizzazione del collegio
sindacale. I credi+ che gli amministratori ritengono di difficile realizzazione dovranno essere iscriA
per la minor somma che si prevede di realizzare. I ricavi ed i cos+ genera+ da un credito o da un
debito devono essere ripar++ in par+ uguali su tu<a la durata di vita del rapporto ed imputa+ pro
quota ad ogni esercizio sul valore del rispeAvo credito o debito principale (cosidde<o criterio del
costo ammor+zzato). I cespi+ dell’aAvo circolante devono essere iscriA al costo d’acquisto o
produzione oppure, se minore, al valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato. Se,
invece il costo di acquisto è inferiore, dovrà essere iscri<o. I criteri fin qui espos+ sono ispira+ dal
principio di prudenza, ma sono derogabili in favore di una maggiore chiarezza e veridicità, in casi
eccezionali. Inoltre, gli eventuali u+li risultan+ dalla deroga devono essere iscriA in un’apposita
riserva NON distribuibile fin quando il maggior valore iscri<o non sia stato realizzato.
4. Il procedimento di formazione del bilancio
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Il bilancio nel sistema tradizionale è un documento della società al quale collaborano tuA e 3 gli
organi sociali più il revisore contabile esterno. Deve essere approvato dall’assemblea ordinaria
entro 120gg dalla chiusura dell’esercizio, termine prolungabile a 180gg in caso di bilancio
consolidato o qualora la natura e le dimensioni della società lo richiedano. Gli amministratori sono
obbligatoriamente prepos+ alla redazione del bilancio, senza possibilità di delega al comitato
esecu+vo e agli amministratori delega+. Il C.d.A. delle quotate, in genere si avvale di un dirigente
responsabile della preparazione di tu<e le scri<ure contabili e della conformità a queste, di tu<e le
informazioni della società divulgate sul mercato. Tale dirigente è responsabile al pari degli
amministratori limitatamente alle sue funzioni. Allega+ al bilancio devono essere:
a) La relazione degli amministratori;
b) La relazione del collegio sindacale, che ha ricevuto il proge<o di bilancio prima che questo
giunga in assemblea. Tale documento aAene all’asse<o organizza+vo scelto, ai risulta+
raggiun+ ed in par+colare si riferisce ai criteri di valutazione scel+ nel bilancio;
c) La relazione del revisore legale dei con+, che esprime un “giudizio sul bilancio” e può
essere eseguita anche dal collegio sindacale nei casi previs+.
Il bilancio ed i suoi allega+ devono essere deposita+ presso la sede della società, in modo che i soci
ne possano prendere visione, entro i 15 giorni che precedono l’assemblea convocata per
l’approvazione. Nelle quotate il deposito deve avvenire sul sito della società almeno 21gg prima
dell’adunanza. È fuori dubbio che l’assemblea possa approvarlo o respingerlo, ed altre<anto sicuro
che possa contribuire a modificarlo. Si so<olinea che il bilancio approvato, non libera da
responsabilità amministratori, sindaci e revisore legale dei con+ (art. 2434). Entro 30gg
dall’approvazione, il bilancio, gli allega+ ed il verbale di approvazione devono essere deposita+
presso il R.I. Il diri<o di impugnazione della delibera di approvazione (sia per nullità che per
annullabilità) è esercitabile entro l’approvazione del bilancio successivo. È riservato a tan+ soci che
rappresentano almeno il 5% del C.S. (e dalla CONSOB nelle quotate) se il revisore esterno non ha
formulato rilievi (nelle quotate anche se ha espresso un giudizio posi+vo con rilievi).
5. U<li. Riserve. Dividendi
L’assemblea che approva il bilancio delibera anche sulla ripar+zione degl’u+li, in quanto non tuA
possono essere ripar++ so<o forma di dividendi. Innanzitu<o, se negli esercizi preceden+, il
capitale sociale ha registrato delle perdite, queste devono essere reintegrate o si deve operare una
riduzione dire<amente proporzionale. Il 5% degl’u+li neA annui deve essere accantonato in una
forma di autofinanziamento obbligatoria: la riserva legale. Tale riserva può arrivare, anno dopo
anno, ad un massimo del 20% del C.S. e serve appunto a proteggere quest’ul+mo dall’aggressione
dire<a dei creditori sociali che dovranno prima rifarsi sulla riserva.
Ovviamente i beni rientran+ nella riserva sono costantemente inves++ nella società
(autofinanziamento), ma non sono distribuibili tra i soci. Eguale disciplina è prevista per la riserva
statutaria, con l’unica differenza che questa viene determinata dallo statuto ed anch’essa non è
distribuibile, se non dopo una delibera modifica+va dello statuto operata dall’assemblea
straordinaria. Sono inoltre possibili delle riserve facolta+ve, che la società sceglie di distribuire in
futuro (c.d. u+li al nuovo). Ulteriori limi+ sono rappresenta+ dalla quota ulteriore di u+li

95
eventualmente spe<ante ai soci fondatori, promotori o agli amministratori. Tale quota è calcolata
al solo ne<o della riserva legale. Gli u+li distribuibili ai soci diventano quindi:
a) Gli u+li distribuibili non grava+ da limi+;
b) Gli u+li porta+ a nuovo degli esercizi preceden+.
A differenza delle società per azioni, l’approvazione del bilancio di esercizio non consente
l’assegnazione degl’u+li, che deve essere disposta con apposita delibera successiva. Si privilegia
così l’autofinanziamento della società. Questo potere di distribuzione degl’u+li dell’assemblea può
essere limitato dalle disposizioni dello statuto che potrebbero imporre una distribuzione minima
degl’u+li. E, sempre nel rispe<o del divieto di pa<o leonino, gli u+li sono diversamente distribui+ a
seconda dei privilegi patrimoniali assegna+ dalle rela+ve categorie di azioni. Nelle quotate, si
possono prevedere delle maggiorazioni dei dividendi premiando la permanenza nel possesso di
azioni per oltre un anno. Questo beneficio è accordabile a tu<e le categorie di azionis+, quindi non
genera una categoria speciale. È vietata la distribuzione di u+li fiAzi o in caso di perdite. La
delibera che trasgredisce questo divieto è nulla per illiceità dell’ogge<o. Gli u+li fiAzi distribui+,
non si devono res+tuire se i beneficiari ignoravano in buona fede la natura fiAzia degli stessi. Negli
en+ pubblici so<opos+ al rela+vo controllo legale dei con+, si può prevedere la distribuzione di
accon+ sugl’u+li prevista dallo statuto e deliberata successivamente dal C.d.A. sulla base di un
prospe<o contabile e di una relazione che ne a<estano la possibilità.
6. Il bilancio consolidato di gruppo
Il bilancio consolidato è un ulteriore bilancio reda<o dalla capogruppo oltre al bilancio di esercizio.
Esso +ene conto dei bilanci delle singole società controllate. È un u+le strumento di informazione,
ma non autorizza la distribuzione di u+li che già sono distribui+ dalle singole società. Il bilancio
consolidato deve essere reda<o dalle società di capitali che controllano altre imprese e dalle
società coopera+ve che controllano società di capitali. L’area di consolidamento investe tu<e le
società partecipate ed esclude quelle che si rapportano secondo legami di altra natura. Altre
esclusioni possono tu<avia avere luogo: sono esonera+ i piccoli gruppi purché nessuna delle
società sia quotata e le subholding nei gruppi a catena purché non siano sta+ emessi +toli di borsa.
Il bilancio consolidato è reda<o dagli amministratori della capogruppo e si ar+cola proprio come il
normale bilancio, con l’unica differenza che deve contenere un’analisi fedele ed esauriente delle
imprese comprese nel consolidamento. I principi e i criteri ispiratori sono gli stessi del bilancio di
esercizio, ma il gruppo deve essere considerato come un’unica impresa. Non deve essere un
riassunto dei vari bilanci di esercizio.
In par+colare non sono inserite nel bilancio consolidato:
a) Le partecipazioni della capogruppo in imprese del consolidamento, né tantomeno le
rispeAve quote del patrimonio ne<o che sono sos+tuite dal valore delle aAvità e delle
passività della controllata;
b) I debi+ e i credi+ di imprese incluse nel consolidamento;
c) I proven+ e gli oneri derivan+ da operazioni effe<uate tra le stesse;
d) Gli u+li e le perdite consegui+.
96
Per il resto segue le stesse tempis+che e procedure del bilancio di esercizio ed è so<oposto agli
stessi controlli e forme di pubblicità. L’unica differenza è che non essendo so<oposto
all’approvazione dell’assemblea, rimane soltanto un a<o degli amministratori.
Nelle quotate, i soci che rappresentano almeno il t% del C.S. possono richiedere al tribunale o alla
Consob (entro 6 mesi) di accertare la conformità del bilancio consolidato alle norme che ne
disciplinano i criteri di redazione.

CAPITOLO 19 – LE MODIFICAZIONI DELLO STATUTO


1. Nozione. Procedimento
Per modificazione dello statuto si intende il mutamento delle clausole statutarie che può
intervenire ponendo in essere un apposito procedimento. I mutamen+ possono sopprimere,
cambiare o aggiungere delle clausole statutarie. Di regola, le modificazioni dello statuto sono
affidate all’assemblea riunita in sede straordinaria, ma restano ferme le maggioranze rafforzate
richieste per talune delibere. Il procedimento è analogo a quello di formazione dello statuto per
cer+ versi, in quanto il verbale d’assemblea è reda<o da un notaio che sos+tuisce il controllo
giudiziario sostanziale e formale (che si può sempre chiedere) ed ha l’obbligo di depositare e
richiedere l’iscrizione presso il R.I. L’impiegato adde<o controllerà la sola regolarità formale dei
documen+ prima di procedere all’iscrizione. Se il notaio si rifiuta di procedere ne da
comunicazione agli amministratori, che possono seguire 2 strade: o entro 30gg convocano un’altra
assemblea per risolvere le problema+che riscontrate dal notaio, o si rivolgono al tribunale per far
acce<are la delibera così com’è perché la ritengono evidentemente valida ed esente da vizi. È
tu<avia facile intuire come siano rari i casi in cui ci si rivolga al tribunale per l’omologazione. La
delibera assembleare è eseguibile solo dopo che sia intervenuta l’iscrizione, che per chiarezza deve
pubblicare tu<o lo statuto dopo ogni modificazione nella sua versione aggiornata.
2. Il diriOo di recesso
Limi+ al potere della maggioranza sono, per definizione, la buona fede nell’a<uazione del contra<o
sociale e la parità di tra<amento dei soci. Quindi, se il singolo socio, in seguito a modificazioni
significa+ve dell’aAvità o dell’asse<o della società, vede modificata la sua posizione (anche di
rischio), ha diri<o di recedere dal contra<o sociale. Le cause di recesso sono state notevolmente
ampliate con la nuova disciplina, che le ha suddivise in gruppi: cause inderogabili, cause derogabili
dallo statuto, cause statutarie. Il diri<o di recesso è concesso, anche per parte delle azioni, dai soci
che non hanno concorso alle delibere riguardan+ (art. 2437) [queste in basso sono le cause
inderogabili]:

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a) Modificazioni dell’ogge<o sociale purché consistano in un cambiamento significa+vo
dell’aAvità sociale;
b) Trasformazione della società;
c) Trasferimento della sede all’estero;
d) Revoca dello stato di liquidazione;
e) Eliminazione di una o più cause di recesso;
f) Modificazione dei criteri di valutazione in caso di recesso;
g) Modificazione dei diriA patrimoniali;
h) Introduzione di una clausola compromissoria dello statuto:
i) (per le sole quotate) si delibera l’esclusione dalla quotazione.
Per tu<e queste cause il diri<o di recesso non è derogabile dallo statuto e non valgono limi+
all’esercizio.
Il diri<o di recesso spe<a ancora, salvo che lo statuto non disponga diversamente, ai soci che non
hanno concorso all’approvazione delle delibere riguardan+ [queste di fianco sono le cause
derogabili]: a) la proroga del termine di durata della società; b) l’introduzione o la rimozione di
limi+ alla circolazione delle azioni. Per queste cause non si può recedere per una parte delle azioni
ma solo per l’intera partecipazione. Inoltre, nelle sole società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio, lo statuto può prevedere altre cause di recesso. Nelle società a tempo
indeterminato non quotate, per una regola generale della disciplina dei contraA, se ques+ sono
s+pula+ a tempo indeterminato, i contraen+ devono avere il diri<o di recedere; ed il contra<o
sociale non è esonerato da tale principio. È concesso ai soci il diri<o di recesso salvo un preavviso
di 180gg allungabile dallo statuto fino ad un anno. Si deve anche indicare dopo quanto tempo dalla
cos+tuzione o modifica si può esercitare il diri<o di recesso (comunque non meno di un anno). Il
diri<o di recesso è esercitabile tramite comunicazione per le<era raccomandata alla società entro
15gg dalla delibera, oppure, se la causa che concede il diri<o di recesso non è una delibera, entro
30gg dalla no+zia della stessa. Le azioni per le quali è esercitato il diri<o di recesso non sono
alienabili e rimangono depositate presso la società, a meno che non venga eliminata la causa del
recesso o non venga stabilito lo scioglimento della società. La valutazione delle azioni ogge<o del
recesso, nelle non quotate, è deliberata dagli amministratori sen+to il collegio e il revisore,
tenendo conto delle prospeAve economiche della società e del valore delle azioni sul mercato.
Fermo restando che lo statuto può imporre criteri di valutazione più anali+ci. Nelle quotate la
valutazione è molto più semplice, basta fare la media aritme+ca delle quotazioni delle azioni
degl’ul+mi sei mesi. I soci hanno diri<o di sapere la quotazione delle azioni entro i 15gg prima
della convocazione di ogni assemblea, in modo che possano proporre contestazione in sede di
recesso se la considerano troppo bassa. La rivalutazione è effe<uata a<raverso una relazione
giurata di un esperto nominato dal tribunale. Molto macchinosa è la procedura di rimborso al fine
di non comprome<ere il capitale sociale. Innanzitu<o, le azioni devono essere offerte in opzione
agl’altri soci rispe<ando le proporzioni delle loro quote, e l’eventuale residuo non optato deve
essere offerto a terzi. In caso anche la vendita a terzi si riveli infru<uosa, la società è costre<a ad
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acquistare le proprie azioni liquidando il socio recedente, sempre nei limi+ degl’u+li distribuibili e
delle riserve. Se ques+ non ci sono o risultano insufficien+, la società convoca l’assemblea
straordinaria per decidere una riduzione del capitale o per sciogliersi. La prima decisione può
essere impugnata dai creditori, e se l’impugnazione ha successo, la società si scioglie.
3. Le modificazioni del capitale sociale
Una specifica disciplina è de<ata per le modificazioni dello statuto rela+ve al capitale sociale:
aumento e diminuzione (ar+coli 2438-2447).
L’aumento del capitale sociale può essere reale (o a pagamento) oppure nominale (o gratuito). Nel
primo caso si ha un aumento del capitale sociale nominale e del patrimonio della società per
effe<o di nuovi conferimen+. Nel secondo caso si incrementa solo il capitale nominale, mentre il
patrimonio della società resta invariato.
4. L’aumento reale del capitale sociale
Con l’aumento reale del capitale sociale si vogliono fornire nuovi mezzi finanziari alla società che
accresceranno sia il capitale che il patrimonio sociale, ossia nuovi conferimen+. Questo
comporterà l’emissione di nuove azioni, che saranno offerte nel rispe<o del diri<o di opzione
innanzitu<o ai soci ed in seconda ba<uta ai terzi. Condizione imposta dalla legge per indire un
aumento di capitale a pagamento è l’intera liberazione delle azioni precedentemente emesse (per
non caricare la società di credi+ verso i soci). Tu<avia, si lascia intendere, che la delibera
assembleare di so<oscrizione di nuovi conferimen+ non è invalida, anche se il “vecchio” capitale
non è ancora interamente liberato. Restano obbliga+ solidalmente gli amministratori nella
corresponsione di eventuali danni.
La competenza a deliberare l’aumento è dell’assemblea ordinaria, ma è delegabile agli
amministratori purché ne sia determinato nello statuto l’ammontare massimo e la delega non duri
per più di 5 anni (rinnovabile). Il verbale della delibera del consiglio di amministrazione di aumento
del capitale sociale deve essere reda<o da un notaio. La deliberazione di aumento deve fissare il
termine, non inferiore a 15 giorni dalla pubblicazione dell’offerta, entro il quale le so<oscrizioni
devono essere raccolte. Può però verificarsi che l’aumento di capitale non sia integralmente
so<oscri<o: in tal caso, il capitale è aumentato di un importo pari alle so<oscrizioni raccolte
soltanto se la deliberazione di aumento lo abbia espressamente previsto. In mancanza, L’aumento
di capitale è inscindibile e la so<oscrizione parziale perciò non vincola nella società nei
so<oscri<ori. Ques+ ul+mi sono libera+ dall’obbligo di conferimento e hanno diri<o alla
res+tuzione delle somme già versate.
Per i conferimen+ in sede di aumento del capitale sociale vale la disciplina per i conferimen+ al
momento della cos+tuzione della società. Tu<avia, il versamento del 25% dei conferimen+ in
danaro deve essere effe<uato dire<amente alla società e non presso una banca. Inoltre, se le
azioni sono emesse con sovrapprezzo, questo deve essere integralmente versato all’a<o della
so<oscrizione. I conferimen+ in natura possono essere so<opos+ ad uno dei metodi di valutazione
alterna+vi a quello della s+ma giurata: gli amministratori devono controllare il valore dei
conferimen+ entro 30 giorni dalla data di esecuzione del conferimento.

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Entro questo termine, i soci che rappresentano il 5% del capitale possono chiedere che gli
amministratori facciano realizzare una nuova valutazione secondo l’ar+colo 2343.
Il diri<o della minoranza di chiedere una nuova valutazione del conferimento è riconosciuto anche
in caso di aumento di capitale delegato.
5. Il diriOo di opzione
Il diri<o di opzione è il diri<o dei soci di so<oscrivere le azioni di nuova emissione con una
prelazione sui terzi. La funzione di questo diri<o sta nella conservazione delle proporzioni delle
quote societarie dei rela+vi diriA amministra+vi e patrimoniali. Tu<avia, per notevole valore che
questo diri<o viene ad avere, capita spesso che viene ceduto dai soci a terzi, quando i primi non
possono o non vogliono concorrere all’aumento del capitale sociale. Ogge<o del diri<o di opzione
sono le azioni di nuova emissione di tu<e le categorie e le obbligazioni conver+bili in azioni. Esso è
a<ributo in proporzione della quota posseduta a tuA gli azionis+ ed ai possessori di obbligazioni
conver+bili. È concesso un termine di 30gg (15gg nelle quotate) per esercitarlo dal deposito della
richiesta di opzione nel R.I. Le azioni non optate non possono essere liberamente collocate. InfaA:
a) se le azioni non sono quotate, quelle non optate possono essere a loro volta assegnate agli
azionis+ che in sede di esercizio del diri<o di opzione abbiano dichiarato di voler acquistare le
azioni eventualmente non optate; b) se le azioni sono quotate, gli amministratori possono offrire il
diri<o di opzione nei merca+ regolamenta+ per almeno 5 riunioni ed il ricavato della vendita va a
beneficio del patrimonio sociale. Solo se tali procedure sono infru<uose possono essere
liberamente collocate sul mercato. Il diri<o di opzione si può escludere nelle seguen+ circostanze:
a) Quando le azioni devono essere liberate mediante conferimen+ in natura. L’interesse
sociale prevale su quello individuale;
b) Può essere escluso o limitato con la delibera di aumento del capitale “quando l’interesse
della società lo esige”;
c) Nel caso in cui si vogliano offrire nuove azioni ai dipenden+ della società.
Le azioni non optabili devono essere emesse obbligatoriamente con un sovrapprezzo, liberamente
stabilito dalla società sen+to il parere del collegio (nelle non quotate) o del revisore esterno (nelle
quotate).
Il diri<o di opzione non si considera però escluso o limitato quando le azioni di nuova emissione
sono so<oscri<e da banche o da soggeA autorizza+ al collocamento di strumen+ finanziari (ad es.
SIM), con l’obbligo di offrirle successivamente agli azionis+.
6. L’aumento nominale del capitale sociale
Cos+tuisce aumento di capitale gratuito, ma non incrementa il patrimonio sociale, l’inves+mento
so<o forma di autofinanziamento di tuA i fondi disponibili iscriA nel bilancio, eccezion fa<a per la
riserva legale. Tale aumento è deliberato dall’assemblea straordinaria e comporta uno
spostamento di fondi all’interno del patrimonio sociale, che non aumenta, poiché l’aumento stesso
è realizzato u+lizzando valori già esisten+ nel patrimonio. Le conseguenze sono la riduzione o
l’azzeramento della distribuzione dei fondi disponibili. L’aumento è a<uato aumentando il valore

100
delle azioni già esisten+ o eme<endo nuove azioni dalle stesse cara<eris+che e con le stesse
proporzioni di quelle già esisten+ da assegnare gratuitamente.
7. La riduzione del capitale sociale. La riduzione reale
La riduzione può a sua volta essere reale o nominale, a seconda che dia luogo o meno al rimborso
dei conferimen+, o sia accompagnata da una riduzione del patrimonio sociale. È riduzione reale del
capitale sociale disciplinata dall’ar+colo 2445, mentre è riduzione nominale la riduzione del
capitale sociale per perdite. Fermo restando che con l’a<uale disciplina può essere a<uata anche
per ragioni diverse dall’esuberanza, è sicuramente una pra+ca so<oposta a delle limitazioni in
quanto è pericolosa per i creditori sociali e per i soci di minoranza. Il C.S. non può scendere so<o il
limite legale di 50.000€ e deve sempre rispe<are la proporzione con le eventuali obbligazioni
emesse. Nella convocazione dell’assemblea che delibera la riduzione, devono essere ben illustrate
le cause e le modalità in modo che i soci siano opportunamente informa+. La delibera è approvata
con le maggioranze richieste per le modificazioni dello statuto ed ha effe<o solo dopo 90gg
dall’iscrizione della stessa nel R.I. Entro tale termine i creditori preceden+ alla delibera di riduzione
possono proporre opposizione dinanzi al tribunale. La delibera è sospesa fino alla fine del giudizio.
Tu<avia, il giudice accertando l’esistenza delle preoccupazioni dei creditori può disporre lo stesso
l’esecuzione della delibera se la società presta idonea garanzia o se ri+ene infondata la
mo+vazione dei creditori. La riduzione può avvenire: liberando i soci dall’obbligo dei conferimen+,
rimborsando i conferimen+, acquistando le azioni per poi annullarle, rimborsando il solo valore
nominale.
Le modalità di riduzione prescelte devono comunque assicurare la parità di tra<amento degli
azionis+.
8. La riduzione del capitale per perdite
È un semplice adeguamento nominale del C.S.N. eroso dalle perdite. La riduzione non è
obbligatoria fin quando le perdite non erodono più di 1/3 del capitale sociale. Questo implica non
solo che anche tu<e le riserve sono state erose, ma anche che fin quando non si raggiunge tale
limite, la riduzione può essere facolta+va per conservare poi il diri<o di distribuire gli u+li
altrimen+ inibito fino al rientro nel terzo delle perdite. È deliberata secondo le modalità di modifica
dello statuto, sempre rispe<ando la proporzione con le obbligazioni eventualmente emesse. La
disciplina della riduzione obbligatoria è diversa a seconda se il minimo legale di 50.000 € è stato
intaccato o meno. Se non è stato toccato, gli amministratori (o i sindaci se i primi sono iner+)
devono convocare d’urgenza l’assemblea, e nella convocazione vi deve essere un vero e proprio
bilancio infrannuale che evidenzia la situazione patrimoniale della società, depositato almeno 8gg
prima dell’adunanza. L’assemblea così convocata prende gli opportuni provvedimen+, che possono
consistere nel rime<ere al nuovo delle perdite. Queste però, se entro l’anno successivo non
rientrano nel terzo del C.S., l’assemblea ordinaria o il tribunale, su richiesta di amministratori e
sindaci, deve operare la riduzione obbligatoria. Se le perdite erodono il C.S. minimo, l’assemblea
deve essere convocata rispe<ando le modalità prima elencate e deve immediatamente stabilire
una riduzione del capitale sociale o un contestuale aumento almeno fino al limite legale, o in
alterna+va si può sciogliere o trasformare. Se l’assemblea non ado<a uno di tali decisioni, la
società si scioglie ed entra in stato di liquidazione.

101
CAPITOLO 20 - LE OBBLIGAZIONI
1. Nozione e <pologia
La società per azioni può u+lizzare le obbligazioni per raccogliere capitale. Queste so<ostanno alla
disciplina dei +toli di credito e contraddis+nguono la figura dell’obbligazionista che ben si
differenzia dall’azionista. Il primo è un creditore della società, cha ha o<enuto i +toli obbligazionari
in cambio di pres++ eroga+ alla società a +tolo di mutuo. Ques+ ha quindi diri<o al rimborso
periodico degli interessi oltre che al rimborso del pres+to alla scadenza pa<uita. Come visto,
l’azionista gode innanzitu<o della qualità di socio e di altri diriA amministra+vi e patrimoniali a suo
tempo elenca+. Meno ne<a è la dis+nzione tra obbligazioni e altri +toli partecipa+vi non
imputabili a capitale. Le obbligazioni si dis+nguono per i seguen+ traA +pici: a) sono +toli di
massa, ossia frazioni di un’unica operazione finanziaria; b) concedono il diri<o al rimborso che in
nessun caso può essere escluso; al massimo può variare nei tempi e nell’ammontare degli
interessi. Molto stre<a la somiglianza con gli strumen+ finanziari, so<opos+ alla medesima
disciplina delle obbligazioni in quanto compa+bile. Vari sono i +pi di obbligazioni che si possono
eme<ere:
a) Le obbligazioni partecipa+ve, il cui rimborso si fa dipendere dalle sor+ economiche della
società;
b) Obbligazioni indicizzate, sono queste obbligazioni che mirano a contenere la svalutazione
economica del mercato, seguendo la stessa e relazionandosi anche ai risulta+ economici
della società;
c) Obbligazioni conver+bili in azioni: obbligazioni che a<ribuiscono la facoltà
all’obbligazionista di trasformare il suo credito in azioni (procedimento dire<o), o in azioni
di società controllate (procedimento indire<o);
d) Obbligazioni con warrant (o con diri<o di opzione su azioni), che a<ribuiscono il diri<o di
so<oscrivere azioni pur conservando la qualità di obbligazionista;
e) Obbligazioni subordinate, che vengono rimborsate solo dopo gli altri credi+ sociali (ma non
le azioni) se la società entra in liquidazione o viene so<oposta ad una procedura
concorsuale.
Le subordinate e le partecipa+ve devono avere una durata non inferiore a 36 mesi, quando sono
emesse da società non quotate di medie o grandi dimensioni.
Dopo la riforma del 2003, tu<e le s.p.a. possono eme<ere obbligazioni.
2. I limi< all’emissione di obbligazioni
In base all’a<uale disciplina, la s.p.a. può eme<ere obbligazioni per somma complessivamente non
eccedente il doppio del capitale sociale (so<oscri<o), della riserva legale e delle riserve disponibili
risultan+ dall’ul+mo bilancio approvato. Oltre tale limite si possono eme<ere obbligazioni solo nei
seguen+ casi:
102
a) Se le obbligazioni vengono so<oscri<e da inves+tori is+tuzionali so<opos+ al regime
prudenziale (banche, finanziarie, ecc), per le quali garan+scono in caso di trasferimento;
b) Se le obbligazioni sono garan+te da un immobile di proprietà della società entro i 2/3 del
valore di bilancio;
c) Se ricorrono par+colari necessità di cara<ere nazionale e la società è autorizzata
dall’autorità governa+va;
d) Quando le obbligazioni sono des+nate ad essere quotate in merca+ regolamenta+ o in
sistemi mul+laterali di negoziazione.
Resta ferma la possibilità per le società quotate di eme<ere obbligazioni quotate senza limi+, e per
le banche l’emissione senza limite è estesa a tuA i +pi di obbligazioni. Per le altre società il
rapporto tra capitale + riserve ed obbligazioni (art. 2413) deve permanere anche in caso di
riduzione per perdite obbligatoria del capitale sociale, e se queste intaccano le riserve, la
distribuzione degl’u+li è bloccata finché non vengono ricos+tuite.
3. Il procedimento di emissione
Con l’a<uale disciplina, l’emissione di obbligazioni cessa di essere materia di competenza
dell’assemblea straordinaria.
L’emissione delle obbligazioni, se lo statuto non prevede diversamente, è affidata alla delibera degli
amministratori, che deve essere reda<a da un notaio adde<o al controllo di legalità ed alla
pubblicazione della stessa che la rende effeAva. Tu<e le obbligazioni devono risultare da apposito
libro che riporta gli estremi e i diriA dei vari obbligazionis+ nomina+vi nonché le obbligazioni
es+nte.

4. Le obbligazioni conver<bili
Le obbligazioni conver+bili danno al +tolare la possibilità di so<oscrivere azioni di futura emissione
della stessa società ad un rapporto di cambio prestabilito u+lizzando le somme già versate come
conferimen+. Esercitando il diri<o di conversione, l’obbligazionista diventa azionista. Condizioni
per l’emissione delle obbligazioni conver+bili sono:
1) Devono essere offerte in opzione agli azionis+ e agli obbligazionis+ conver+bili preesisten+
all’emissione;
2) Il capitale deve essere interamente liberato;
3) Non possono essere emesse per ammontare minore del loro valore nominale;
4) Devono rispe<are il limite quan+ta+vo imposto (il doppio del C.S.+riserve).
Al pari dell’aumento di capitale, l’emissione delle obbligazioni conver+bili è affidata all’assemblea
straordinaria oppure è delegabile agli amministratori per un ammontare massimo e per non oltre 5
anni. La delibera di emissione deve contestualmente contenere l’aumento del C.S. e il rapporto di
103
cambio con le rela+ve modalità; L’aumento di capitale così deliberato sarà so<oscri<o man mano
che gli obbligazionis+ eserciteranno il diri<o di conversione. Durante il periodo in cui è esercitabile
il diri<o di conversione, sono limita+ alcuni aA della società che potrebbero comprome<ere la
futura posizione di azionis+ degli obbligazionis+ conver+bili. Tali limi+ seguono 3 principi:
a) Il diri<o di opzione su azioni di nuova emissione si estende anche agli obbligazionis+
conver+bili così che possano mantenere la loro futura partecipazione azionaria inalterata;
b) In caso di aumento gratuito del capitale o di riduzione dello stesso per perdite, il rapporto
di cambio è modificato in proporzione alla misura dell’aumento o della riduzione del
capitale. Nel primo caso, la società dovrà quindi aumentare proporzionalmente il numero
delle azioni offerte in conversione. Nel secondo caso, sarà rido<o il valore nominale o il
numero delle azioni offerte in conversione;
c) Infine la società non può diminuire volontariamente il capitale, fondersi, scindersi o
trasformarsi. Tali divie+ non sono assolu+, in quanto può essere concessa la conversione
an+cipata.
5. L’organizzazione degli obbligazionis<
L’emissione di obbligazioni, comporta nelle s.p.a. la conseguente organizzazione degli
obbligazionis+, che si concreta nella formazione di 2 organi a ciò prepos+: l’assemblea degli
obbligazionis+ e il rappresentante comune. L’assemblea delibera:
1) Sulla nomina e revoca del rappresentante comune;
2) Sulle modificazioni delle condizioni del pres+to (es. riduzione degli interessi);
3) Sulle proposte di amministrazione controllata e di concordato preven+vo;
4) Sulla cos+tuzione di un fondo per sostenere eventuali spese sostenute per la tutela degli
interessi;
5) Su altri interessi degli obbligazionis+.
L’assemblea segue le regole dell’assemblea straordinaria ed è convocata dagli amministratori o dal
rappresentante comune. La convocazione è obbligatoria quando richiesta da tan+ obbligazionis+
che rappresentano 1/20 dei +toli emessi e non es+n+. Per le modificazioni delle condizioni di
pres+to, anche in seconda convocazione, è necessario il consenso di almeno la metà dei +toli
emessi e non es+n+. Tu<e le delibere devono essere reda<e da un notaio e devono essere iscri<e
nel R.I. È estesa alle delibere dell’assemblea degli obbligazionis+ l’intera disciplina delle
impugnazioni de<ata per le delibere assembleari nulle e annullabili. Il rappresentante comune è
nominato dall’assemblea, o nell’inerzia di quest’ul+ma dal tribunale su richiesta degli
obbligazionis+ o degli amministratori. La nomina è iscri<a nel R.I. ed è revocabile in qualunque
momento senza giusta causa, salvo risarcimento in questo caso. La sua carica dura per un periodo
non superiore a tre esercizi ed è rieleggibile. Oltre a quella generale di curare gli interessi degli
obbligazionis+, le funzioni del rappresentante comune sono: 1) dare esecuzione alle delibere
dell’assemblea; 2) assistere all’es+nzione delle obbligazioni per sorteggio (senza la sua presenza o
quella di un notaio sono nulle); 3) ha la rappresentanza processuale degli obbligazionis+ anche
nelle procedure concorsuali.
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L’organizzazione di gruppo non priva il singolo obbligazionis+ del potere di tutelare i propri diriA
nei confron+ della società.

CAPITOLO 21 - LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ PER AZIONI


1. Le cause di scioglimento (art. 2484-2496)
La disciplina dello scioglimento della s.p.a. è in generale ada<ata a tu<e le società di capitali, ma
per il momento ci occupiamo solo della s.p.a. La società per azioni si scioglie ed entra in stato di
liquidazione per le seguen+ cause:
a) Per il decorso del termine di durata, anche se l’assemblea straordinaria votando con
maggioranze rafforzate, può prorogare a tempo indeterminato la durata della s.p.a. In
questo caso deve essere concesso il diri<o di recesso ai soci previo preavviso;
b) Conseguimento dell’ogge<o sociale o sopravvenuta impossibilità, tale causa non opera se
l’assemblea straordinaria fa le modifiche necessarie per proseguire l’aAvità;
c) Impossibilità di funzionamento o con+nua inaAvità dell’assemblea, che si deve manifestare
nell’inerzia dell’organo (per esempio non vengono nomina+ gli amministratori per
assenteismo o per insanabile discordia);
d) Riduzione del capitale per perdite al di so<o del minimo legale, salvo aumento del capitale
al di sopra del minimo o trasformazione della società;
e) Scioglimento conseguente all’impossibilità di liquidare il socio recedente;
f) Scioglimento an+cipato per decisione dell’assemblea straordinaria, con maggioranze
rafforzate nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio;
g) Altre cause inserite nello statuto, che deve anche precisare i soggeA che le accertano e che
deliberano lo scioglimento, puntualizzando le rela+ve modalità.
Non è più causa di scioglimento il fallimento. Al verificarsi di una causa di scioglimento questa deve
essere verificata dagli amministratori che devono pubblicare sul R.I. la rela+va delibera che
dichiara lo scioglimento. Nell’inerzia di ques+, i soci, alcuni amministratori ed i sindaci, possono
fare richiesta al tribunale affinché accer+ e dichiari con proprio decreto lo scioglimento.
Dall’iscrizione della delibera di accertamento della causa di scioglimento del C.d.A. o della delibera
di scioglimento dell’assemblea nel R.I., decorrono gli effeA dello scioglimento, tra i quali vi è la
modifica della denominazione sociale che deve riportare lo stato di liquidazione (art. 2487 – bis).
In caso di ritardo o di omissione dell’accertamento nell’iscrizione, gli amministratori sono
personalmente e solidalmente responsabili per i danni subi+ dalla società, dai creditori sociali ed ai
terzi (art. 2485).
2. La società in stato di liquidazione
Il verificarsi di una causa di scioglimento non comporta l’es+nzione della società che deve
necessariamente passare per la liquidazione. ObieAvo di quest’ul+ma è in primis la soddisfazione
di tuA i creditori sociali per poi dividere l’eventuale residuo tra i soci. Gli amministratori restano in
105
carica fino alla nomina dei liquidatori. Al solo verificarsi di una causa di scioglimento (quindi prima
dell’iscrizione della stessa nel R.I.) gli amministratori devono, in aggiunta ad una tempes+va
convocazione dell’assemblea per prendere le rela+ve contromisure, limitarsi a conservare il
patrimonio sociale fino alla consegna nelle mani dei liquidatori. Per eventuali aA pos+ in essere in
violazione di questa limitazione, sono responsabili personalmente in solido nei confron+ di soci,
creditori, e terzi danneggia+. Gli organi sociali vengono certamente travol+ dalla dichiarazione di
scioglimento, e non vi sono par+colari problemi per gli amministratori (dei quali si è già de<o) e
per il collegio sindacale che con+nuerà nella sua opera di controllo. Problema+ca è invece la
situazione dell’assemblea, per la quale è incerta e diba<uta la possibilità di ado<are talune
delibere configgen+ con lo stato di liquidazione, come: riduzione/aumento del C.S., scissione,
fusione trasformazione, ecc. È sicuramente concessa la fusione, fin quando non sia iniziata la
distribuzione dell’aAvo (art. 2501). Lo stato di liquidazione è revocabile con delibera
dell’assemblea straordinaria, che nelle società che non fanno riscorso al mercato del capitale di
rischio deve essere ado<ata con una maggioranza rafforzata di almeno 1/3 del capitale. La delibera
è iscri<a nel R.I. ed ha effe<o solo dopo 60gg, termine entro il quale è concessa la tutela dei
creditori sociali preceden+ la delibera, che potranno opporsi secondo le modalità di impugnazione
della riduzione del capitale. In ogni caso, è concesso ai soci assen+, dissenzien+ o astenu+ il diri<o
di recesso.
3. Il procedimento di liquidazione. L’es<nzione della società
Il procedimento di liquidazione si apre con la nomina dei liquidatori, salvo diverse disposizioni
dello statuto; ques+ sono nomina+ dall’assemblea straordinaria che ne fissa i poteri, il
funzionamento e de<a alcune par+colari regole in merito: all’esercizio provvisorio, alla
conservazione del patrimonio ed alla vendita in blocco della società o di alcuni rami di essa.
Nell’inerzia della nomina vi provvede il tribunale su istanza di soci, amministratori o sindaci. I
liquidatori rimangono in carica per tu<a la durata del procedimento, salvo la fissazione di un
termine per questo, e per essi valgono le stesse cause di incompa+bilità e di ineleggibilità viste per
gli amministratori. Sono revocabili dall’assemblea con le maggioranze prescri<e o dal tribunale per
giusta causa. I provvedimen+ di nomina e revoca sono soggeA ad iscrizione nel R.I. Con l’iscrizione
dei liquidatori, gli amministratori cessano dal loro incarico e devono consegnare: 1) i libri contabili;
2) i beni della società; 3) una situazione aggiornata dei con+ nel giorno in cui viene dichiarata la
liquidazione; 4) la redazione di rendiconto che riassume quanto accaduto dalla dichiarazione di
liquidazione in poi. I poteri dei liquidatori possono essere così riassun+:
a) Devono agire con la professionalità e la diligenza consoni all’incarico;
b) Devo prendere in consegna i beni e le scri<ure contabili per poi redigere un inventario
insieme agli amministratori;
c) Possono porre in essere tuA gli aA necessari alla liquidazione nei limi+ di quanto stabilito
nella delibera di nomina.
Il primo obieAvo dei liquidatori è la soddisfazione dei creditori, alla quale segue il riparto
dell’eventuale residuo. È possibile che i soci ricevano degli accon+ sul residuo durante la
procedura, ma di ques+ sono personalmente e solidalmente responsabili i liquidatori. Se le somme
disponibili non sono sufficien+, i liquidatori possono richiedere il versamento dei conferimen+
106
ancora dovu+. I liquidatori sono tenu+ alla redazione annuale del bilancio di esercizio che deve
essere approvato dall’assemblea. Completata la realizzazione in denaro dell’aAvo, i liquidatori
devono redigere il bilancio finale di liquidazione e il piano di riparto per l’a<ribuzione a ciascun
socio della sua quota di residuo. Tale piano deve essere approvato da ciascun socio (prevale
l’interesse individuale su quello sociale) a<raverso un meccanismo di acce<azione tacita.
Approvato il bilancio finale, i liquidatori chiedono la cancellazione della società dal R.I. depositando
i libri presso lo stesso. La cancellazione avviene anche d’ufficio se per 3 anni consecu+vi non viene
depositato il bilancio in liquidazione. I creditori rimas+ insoddisfaA potranno rifarsi nei confron+
dei soci anche dopo la cancellazione della società dal R.I. per la parte loro spe<ante della quota di
residuo. La no+fica di tale intenzione deve essere fa<a nell’ul+ma sede della società. I creditori
infine possono richiedere il fallimento della società entro 1 anno dalla cancellazione della stessa
dal R.I. Sopravvenuta la cancellazione la società è defini+vamente es+nta.

CAPITOLO 22 - LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI


1. CaraOeri dis<n<vi
Come nella semplice, anche nell’accomandita per azioni avremo 2 +pi di soci: i soci accomandatari
(responsabili illimitatamente e amministratori per legge) ed i soci accomandan+ (responsabili solo
nei limi+ di quanto conferito). Si osserva che questo +po di società non è un ibrido tra le società di
capitali e le società di persone, in quanto la s.a.p.a. è so<oposta a tu<a la disciplina della s.p.a. con
i dovu+ accorgimen+ per la presenza dei soci accomandatari. Esiste un nesso indissolubile tra la
qualità di socio accomandatario, la carica di amministratore e la responsabilità per le obbligazioni
sociali. InfaA, nell’accomandita per azioni:
a) I soci accomandatari sono tuA per legge amministratori (art. 2455);
b) Il socio accomandatario che cessa dall’ufficio di amministratore non risponde per le
obbligazioni della società sorte posteriormente all’iscrizione nel registro delle imprese della
cessazione dall’ufficio. Da quel momento cessa di essere socio accomandatario e diventa
socio accomandante;
c) Viceversa, il socio che assume la carica di amministratore diventa socio accomandatario ed
è responsabile solo degl’aA compiu+ dall’iscrizione del decreto di nomina.

2. La disciplina
L’a<o cos+tu+vo deve indicare quali sono i soci accomandatari. Tale indicazione rende inu+le la
nomina dei primi amministratori in quanto tale carica è contemporanea a quella di socio
accomandatario. La denominazione sociale deve contenere il nome di almeno uno degli
accomandatari e l’indicazione s.a.p.a. La responsabilità per le obbligazioni sociali illimitatamente,
personalmente e solidalmente è a<ribuita agli amministratori accomandatari. Essa è valida però in
via residuale, per via del fa<o che i creditori sociali prima di aggredire il patrimonio personale degli
accomandatari dovranno dimostrare di aver infru<uosamente escusso il patrimonio sociale (art.
2461). L’assemblea è so<oposta a par+colari vincoli nella sua aAvità delibera+va, vediamoli:
107
a) È escluso il diri<o di voto dei soci accomandatari, in quanto anche amministratori, per la
nomina dei sindaci e per la proposta di azione di responsabilità contro i sindaci e gli
amministratori stessi;
b) Le modificazioni dell’a<o cos+tu+vo devono essere approvate dalle maggioranze prescri<e
dall’assemblea straordinaria ed in più anche da tuA gli accomandatari (potere di veto).
Par+colari norme vigono per l’organo amministra+vo. Gli amministratori accomandatari sono
nomina+ a tempo indeterminato, ma non sono inamovibili. Possono essere revoca+ dall’assemblea
straordinaria con le maggioranze del caso anche senza giusta causa, salvo risarcimento. La stessa
assemblea può anche nominare nuovi amministratori, ma tale nomina deve essere approvata
anche da tuA gli amministratori già in carica che devono quindi gradire la persona scelta
dall’assemblea. Per il collegio sindacale l’unica deviazione dalla disciplina delle società per azioni
consiste nel divieto per gli accomandatari di votare nelle deliberazioni riguardan+ la nomina e la
revoca dei sindaci e del sogge<o incaricato della revisione legale dei con+. Lo scioglimento opera
per le stesse cause viste per la s.p.a. più una: la cessazione dall’incarico di tuA gli amministratori.
In questo caso lo scioglimento non è istantaneo, in quanto l’organo amministra+vo può essere
ripris+nato in 180gg, durante i quali il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio
adde<o alla sola ordinaria ges+one che non assume la qualità di socio accomandatario (art. 2458).
È causa di scioglimento dell’accomandita per azioni il venir meno di tuA gli accomandatari e la
conseguente impossibilità di funzionamento protra<a per 180 giorni.

CAPITOLO 23 – LA SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA


1. CaraOeri dis<n<vi
La società a responsabilità limitata è una società di capitali cara<erizzata da 2 peculiarità: a) per le
obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo capitale; b) le quote partecipa+ve non
possono essere rappresentate da azioni e non possono essere ogge<o di offerta al pubblico
(questo divieto non vale più per le PMI). Seppur in questo modo si rende difficoltosa la raccolta del
capitale tra il pubblico, la s.r.l. può eme<ere +toli di massa assimilabili alle obbligazioni, ma senza
poterli collocare presso il pubblico dei risparmiatori. Molto più basso che per le altre società di
capitali è il capitale minimo: 10.000€.
Per quanto riguarda l’organizzazione della società, la riforma delle società di capitali ha poi
revisionato la disciplina della s.r.l.. Secondo il codice del 1942, la s.r.l. ricalcava il modello della
s.p.a., pur cara<erizzandosi per la possibilità di una più snella ar+colazione e di una più aAva
partecipazione dei soci alla vita della società: sono ques+ ul+mi profili ad essere messi in rilievo
dall’a<uale disciplina. L’obieAvo delle riforme legisla+ve è quello di accentuare il distacco della
s.r.l. dalla s.p.a. e di farne un modello societario elas+co.
2. La cos<tuzione della società. La s.r.l. unipersonale
La cos+tuzione della s.r.l. è conformata su quella dalla s.p.a.:
a) Il capitale minimo è di 10.000€ (o comunque pari a 1€);

108
b) La denominazione sociale è liberamente cos+tuibile purché ripor+ l’indicazione di s.r.l.;
c) Può essere cos+tuita a tempo indeterminato, salvo il diri<o di recesso dei soci in questo
caso.
La disciplina della s.r.l. unipersonale coincide in pieno con la disciplina della s.p.a. unipersonale.
3. I conferimen<. Le altre forme di finanziamento
La disciplina dei conferimen+ della s.r.l. è molto simile a quella prevista per le società di persone in
quanto sono conferibili tuA i beni o servizi susceAbili di valutazione economica. Inoltre, l’obbligo
di versamento del 25% del capitale e dell’intero sovrapprezzo (o dell’intero capitale in caso di s.r.l.
unipersonale), si effe<ua dire<amente agli amministratori e può essere sos+tuito da una polizza
assicura+va o da una fideiussione bancaria (art. 2464). È infine espressamente previsto il
conferimento del socio d’opera purché assis+to da polizza assicura+va o fideiussione bancaria.
Anche la disciplina dei conferimen+ in natura è semplificata: basta una s+ma di un revisore o di
una società di revisione, e non è ammessa verifica della s+ma. Analoga semplificazione della s+ma
è prevista per gli acquis+ pericolosi la cui disciplina per il resto coincide con quella della s.p.a.
Specifica disciplina è de<ata per il socio moroso, in par+colar modo quando decade la garanzia
offerta dalla polizza assicura+va o dalla fideiussione bancaria. Anche nella s.r.l., in alterna+va
all’azione giudiziaria è prevista la vendita coaAva della quota. Se questa è infru<uosa, e se prevista
dallo statuto, si può procedere alla vendita agli incan+. Se anche questa è infru<uosa la società
dovrà ridurre il capitale sociale della quota corrispondente in quanto la s.r.l. non può mai
acquistare quote proprie. Frequente è la so<ocapitalizzazione delle s.r.l. (sopra<u<o di quelle a
base familiare) che operano con il costante finanziamento di uno dei soci. Quindi in queste
circostanze, se l’indebitamento verso il socio supera il capitale sociale o se si creano le circostanze
in cui sarebbe stato più opportuno un conferimento, il pagamento del pres+to è postergato al
soddisfacimento degl’altri credi+ sociali. Non solo, i finanziamen+ eroga+ nell’anno precedente il
fallimento sono so<opos+ a revocatoria fallimentare. L’a<uale disciplina dell’emissione delle
obbligazioni della s.r.l. si discosta da quella della s.p.a. È sicuramente consen+to alla s.r.l. di
eme<ere +toli di debito simili alle obbligazioni, ma lo statuto deve determinare l’organo
competente all’emissione, se l’assemblea o gli amministratori, oltre alle rela+ve maggioranze e alle
modalità di emissione. La delibera di emissione deve essere iscri<a nel R.I. e può prevedere che
condizioni di pres+to e modalità di rimborso siano modificate con il consenso dei creditori, fermo
restando che il taglio minimo è di 50.000€. Non possono essere liberamente colloca+ fra il
pubblico, ma soltanto ad inves+tori is+tuzionali so<opos+ al regime prudenziale che garan+scono
per la circolazione (banche). L’iden+tà e l’ammontare del garante devono essere riporta+ sul +tolo
e sugli eventuali registri.
4. Le quote sociali
La s.r.l. è divisa in quote, che inizialmente corrispondono al numero dei soci. Ciascuna quota avrà
poi le dimensioni del conferimento eseguito, ma ne rimarrà una per ogni socio. Tale divisione si
dice operata secondo il criterio personale. Quindi, mentre le azioni sono tu<e uguali tra loro, le
quote possono essere di diverso ammontare. Ad esempio, se per la cos+tuzione sono previs+
conferimen+ da 1 euro o suoi mul+pli, se un socio conferisce dieci euro non avrà 10 quote da 1
euro, ma una sola quota da 10 euro. I diriA sociali scaturen+ dalla divisione delle quote, se non è
109
diversamente disposto nello statuto, sono proporzionali all’en+tà delle stesse. La natura disposi+va
e derogabile di questa norma fa sì che le quote possano avere o meno, a discrezione dei soci,
prestazioni accessorie, diriA amministra+vi par+colari e privilegi patrimoniali nella divisione
degl’u+li (per i quali serve l’approvazione di tuA i soci). Le quote non sono so<oposte alla
disciplina dei +toli di credito e non sono quindi trasferibili secondo la specifica disciplina ad essi
riservata. È possibile che la società rilasci dei cer+fica+ che a<estano la qualità di socio senza
concedere contemporaneamente la trasferibilità della quota.
In merito alla trasferibilità lo statuto può prevedere:
a) L’esclusione o la limitazione del trasferimento delle quote per accentuare il cara<ere
personale della società;
b) L’apposizione di clausole di mero gradimento;
c) In caso si verifichi l’ingresso di soci non gradi+ deve essere concesso il diri<o di recesso;
d) Che il diri<o di recesso possa essere esercitato decorso un certo tempo dalla cos+tuzione
della società.
Bisogna innanzitu<o osservare che il diri<o di recesso è molto importante nella s.r.l. in quanto
rappresenta l’unico mezzo a disposizione del socio per liberarsi della sua quota, che in teoria non
ha mercato. Vediamo quindi le cause di recesso:
1. Se la s.r.l. è a tempo indeterminato il diri<o di recesso è concesso a tuA i soci con un
preavviso di 180gg che lo statuto può allungare fino ad un max di un anno;
2. Se la società è a tempo determinato possono inderogabilmente recedere i soci assen+,
dissenzien+ o astenu+ alle seguen+ decisioni: a) Cambiamento dell’ogge<o sociale; b)
Fusione o scissione; c) Revoca dello stato di liquidazione; d) Trasferimento della sede
all’estero; e) Eliminazione di una o più cause di recesso; f) Compimento di operazioni che
modificano la compagine societaria o le condizioni del singolo socio; g) Aumento del
capitale sociale con esclusione del diri<o di opzione.
Il socio recedente ha diri<o al rimborso della sua quota entro 180gg dal giorno in cui ne fa richiesta
esercitando il recesso. La valutazione della quota deve essere concorde tra la società e il socio, se
ciò non è possibile è nominato appositamente un esperto designato dal tribunale. Come per la
s.p.a., la quota deve essere prima offerta in opzione ai soci o ad un terzo concordato, ma se questo
tenta+vo si rivela infru<uoso, la quota non può essere offerta al pubblico e deve quindi essere
liquidata aAngendo agli u+li e alle riserve disponibili. Se ciò non è possibile si deve provvedere ad
una riduzione del capitale, alla quale se i creditori vi si oppongono, la società si scioglie. Infine,
come per le società di persone, lo statuto può prevedere specifiche cause di esclusione per giusta
causa, per le quali si applica la disciplina del recesso con esclusione della riduzione del capitale.
5. Il trasferimento delle quote sociali
Il trasferimento per a<o fra vivi può avvenire a<raverso scri<ura privata auten+cata dalla firma di
un notaio o tramite trasferimento informa+co firmato digitalmente. Il trasferimento è valido tra le
par+ per effe<o del consenso, ma è effeAvo nei confron+ della società quando, il notaio per la
scri<ura privata o un commercialista in caso di transazione digitale, iscrivono il trasferimento nel
110
R.I. entro 30 gg. Se la quota è trasferita a più persone, vale quella che effe<ua prima la
registrazione, purché sia in buona fede. La s.r.l. non può mai acquistare proprie quote e non può
nemmeno acce<arle come garanzia per pres++ o finanziamen+. La quota può essere espropriata
dal creditore personale del socio, che subentra. Se la quota non è trasferibile, la società può
presentare un terzo acquirente entro 10gg, altrimen+ la quota è assegnata al creditore
procedente.
6. Gli organi sociali. Le decisioni dei soci
Anche in questa società di capitali è prevista una tripar+zione degl’organi, ma è molto diversa dalla
s.p.a. Sono rimesse alle decisioni dei soci:
1) L’approvazione del bilancio e la distribuzione degl’u+li;
2) La nomina di amministratori, sindaci, presidente del collegio e revisore contabile esterno;
3) Modificazioni dell’a<o cos+tu+vo;
4) Decisione di compiere operazioni rilevan+ per la vita sociale come il cambiamento
dell’ogge<o sociale;
5) Tu<e le altre decisioni in cui è richiesta la delibera dei soci. Anche nei casi in cui siano
dire<amente gli amministratori o 1/3 del C.S. a richiedere il loro parere.
Tali decisioni, che nella s.p.a. sono prese dall’assemblea, nella s.r.l. lo statuto può prevedere che
vengano prese dai soci a<raverso un sistema di votazione per iscri<o con la maggioranza di
almeno la metà del capitale sociale. Il voto per iscri<o deve indicare con chiarezza i limi+ della
delibera e la maggioranza espressa. L’assemblea è tu<avia necessaria quando si vuole modificare lo
statuto o l’ogge<o sociale o quando il suo intervento è richiesto dagli amministratori a 1/3 del C.S.
Questa è disciplinabile per intero dallo statuto e in mancanza è convocata per le<era
raccomandata dagli amministratori almeno 8gg prima dell’adunanza e per la rappresentanza in
assemblea non operano le limitazioni viste per la s.p.a. Le maggioranze richieste per l’approvazione
delle deliberazioni sono più elevate che nella società per azioni. L’assemblea è regolarmente
cos+tuita con la presenza di tan+ soci che rappresentano almeno la metà del capitale e delibera a
maggioranza assoluta del capitale intervenuto.
TuA i soci possono intervenire e le maggioranze sono calcolate a seconda del capitale sociale
rappresentato dalle varie quote. Le decisioni dei soci difformi dalla legge o dallo statuto, nonché le
decisioni prese in confli<o di interesse, possono essere impugnate dai soci assen+, astenu+ o
dissenzien+, dagli amministratori e dai sindaci entro 90gg dall’iscrizione delle stesse nel libro dei
soci. Il tribunale dispone che, non oltre 180gg dall’impugnazione, l’assemblea deve provvedere
all’eliminazione della causa di nullità della decisione impugnata. Come per la s.p.a., la nuova
delibera sana retroaAvamente gli effeA prodoA da quella invalida salvando quanto da questa
prodo<o medio tempore. Si prescrive in tre anni, l’azione di nullità delle delibere di cambiamento
dell’ogge<o sociale in uno impossibile o illecito o quelle prese in assenza di assoluta informazione.
Tu<avia, solo le delibere di aumento di capitale, riduzione reale e impugnazione del bilancio sono
opponibili a nullità.
7. Amministrazione e controlli
111
Ampia autonomia è concessa allo statuto, che può sopprimere completamente l’assemblea e
concedere tuA i poteri gestori ai soci a<ribuendo ad essi anche l’amministrazione. In assenza di
questa previsione statutaria, la legge prevede che l’amministrazione sia affidata a uno o più soci a
tempo indeterminato. Ovviamente si può cos+tuire anche un C.d.A., che non è de<o che operi
collegialmente. Si può scegliere che gli amministratori operino congiuntamente o disgiuntamente
come nelle società di persone, ed in tal caso so<ostanno alla rela+va disciplina. In ogni caso,
collegialmente si deve deliberare: la redazione dei progeA di bilancio, fusione e scissione; nonché
l’aumento del capitale per delega. La rappresentanza è conferita in via generale a tuA gli
amministratori, nel rispe<o dell’inopponibilità ai terzi in buona fede dei limi+ della rappresentanza
(ecce<o l’excep+o doli) e dell’invalidità della nomina. Le operazioni concluse dall’amministratore
rappresentante in confli<o di interessi, o con il voto determinante in consiglio dello stesso, sono
impugnabili ed annullabili dal collegio sindacale o dal revisore esterno, purché arrecan+ danno alla
società ed impugnate entro 90gg. Non è tu<avia previsto che l’amministratore comunichi il
confli<o all’assemblea. L’azione di responsabilità nei confron+ degli amministratori trova una
singolare disciplina:
a) La responsabilità degli amministratori è solo nei confron+ della società, dei soci e dei terzi,
e non nei confron+ dei creditori sociali;
b) Responsabili solidalmente con gli amministratori sono anche i soci che hanno consen+to
aA a danno della società;
c) Infine, la responsabilità nei confron+ degli amministratori può essere proposta anche dal
singolo socio, che può chiedere anche la revoca al tribunale degli amministratori.
Il collegio sindacale è obbligatorio nei seguen+ casi:
1) Quando la società è controllata da un ente pubblico;
2) Quando la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
3) Quando non ricorrono le condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata;
4) Quando controlla una società obbligata alla revisione legale dei con+.
Il collegio sindacale è so<oposto alle stesse norme previste per la s.p.a., ed esercita anche il
controllo legale dei con+ in quanto il revisore legale è imposto solo se la s.r.l. controlla o è
controllata da un ente di interesse pubblico.
Ogni socio non amministratore ha diri<o di avere dagli amministratori no+zie sullo svolgimento
degli affari sociali e di consultare i libri sociali e i documen+ rela+vi all’amministrazione.
8. Altri aspeF della disciplina
La redazione del bilancio di esercizio e la distribuzione degli u+li risultano iden+ci alla disciplina
delle s.p.a. Norme speciali sono previste per le modificazioni dello statuto: è espressamente
prevista la delega agli amministratori per l’aumento del capitale sociale a pagamento ed i limi+ e le
modalità sono integralmente decise dallo statuto, fermo restando che il verbale deve risultare da
apposito registro e deve essere reda<o da un notaio. L’aumento del capitale reale è disciplinato in
conformità con la s.p.a. L’esclusione del diri<o di opzione deve essere espressamente prevista,
112
fermo restando il diri<o di recesso dei soci che non gradiscono l’ingresso in società di nuovi soci. Il
diri<o di opzione non può essere escluso in sede di aumento di capitale per raggiungere il capitale
minimo. La riduzione del capitale e lo scioglimento della s.r.l. ricalcano la disciplina della s.p.a.
Anche per la riduzione del capitale per perdite, il limite massimo da rispe<are è di 10.000 €, salvo
che la società sia stata cos+tuita con un capitale inferiore al minimo legale (un euro).
9. La società a responsabilità limitata semplificata
La società a responsabilità limitata “semplificata” è un +po speciale di società a responsabilità
limitata disciplinata dall’ar+colo 2463 - bis. Si tra<a di un modello societario disciplinato dalle
norme della società a responsabilità limitata, in quanto compa+bili.
La società può essere cos+tuita con contra<o o a<o unilaterale solo da persone fisiche. La
denominazione sociale deve contenere l’indicazione di s.r.l.s.
Il capitale sociale deve essere pari almeno ad un euro ed inferiore a 10.000 €: sono perciò ammessi
soltanto conferimen+ in denaro ed il capitale deve essere interamente so<oscri<o e versato nelle
mani dell’organo amministra+vo alla data della cos+tuzione.
La s.r.l.s. deve essere cos+tuita per a<o pubblico, ma l’a<o cos+tu+vo e l’iscrizione nel registro
delle imprese sono esen+ da diriA di bollo e di segreteria e persino dal pagamento di onorari
notarili. In compenso di questo risparmio economico, però, viene sacrificata l’autonomia statutaria.

CAPITOLO 24 – LE SOCIETA’ COOPERATIVE


1. Il sistema legisla<vo
In base all’a<uale disciplina, le società coopera+ve sono società di capitali a capitale variabile che
perseguono uno specifico scopo d’impresa: lo scopo mutualis+co.
2. Le società con scopo mutualis<co
La tra<azione della disciplina di questo +po di società, deve necessariamente aprirsi con la
dis+nzione tra lo scopo lucra+vo e lo scopo mutualis+co. I 2 scopi hanno decisamente in comune il
c.d. scopo - mezzo, ovverosia la conduzione di un’aAvità di impresa con metodo economico;
quello che certamente cambia è il c.d. scopo - fine, inquadrato nella realizzazione di u+li (c.d. lucro
oggeAvo) nelle società lucra+ve e nello scopo mutualis+co per le coopera+ve. La relazione
originaria del codice civile, definiva scopo mutualis+co “l’aAvità prevalente delle coopera+ve di
fornire beni, servizi o condizioni lavora+ve ai soci, migliori di quanto ques+ potessero trovare sul
mercato”. Quest’oggi tale definizione è sicuramente rudimentale, e si può dis+nguere tra:
coopera+ve di consumo, in cui tendenzialmente coincidono i soci ed i soggeA che u+lizzano i beni
e servizi prodoA dalla società (supermerca+), e le coopera+ve di produzione e di lavoro, dove i
fa<ori produAvi necessari all’aAvità di impresa sono forni+ dai soci (can+ne sociali). Si usa dire,
che l’aAvità di impresa è cara<erizzata dalla c.d. ges+one di servizio, consistente nell’u+lizzazione
da parte dei soci di beni e servizi prodoA o nella soddisfazione del fabbisogno di fa<ori produAvi
necessari. A<raverso la ges+one di servizio si realizza il c.d. vantaggio mutualis+co, che a differenza
di quanto accade nelle società lucra+ve dove l’interesse è quello di realizzare il maggior lucro
113
soggeAvo possibile, nelle coopera+ve tale scopo non è (o non è prevalentemente) perseguito.
InfaA, il vantaggio economico che si mira a realizzare si consta in un risparmio di spesa o nel
trovare condizioni di realizzazione migliori di quelle che offre il mercato. Accanto ai soci
cooperatori la legge consente che si affianchino anche i soci sovventori. Ques+ ul+mi non sono
interessa+ all’aAvità mutualis+ca, ma si limitano a fornire i mezzi necessari per realizzarle. La legge
si occupa di non far prendere il sopravvento nella ges+one a tali figure.
3. Scopo mutualis<co e scopo di lucro
È consen+to che la coopera+va offra a terzi gli stessi beni e servizi offer+ ai soci ed alle stesse
condizioni. Tale offerta è dire<a, nonostante la mutualità dell’impresa, alla realizzazione di u+li
(+pici dello scopo lucra+vo). E ben può verificarsi che tale aAvità sia prevalente, in quanto lo
sfru<amento da parte dei soci dei servizi offer+ può essere solo eventuale. Nonostante la
coesistenza dei 2 scopi, è vietata l’integrale distribuzione ai soci degl’u+li realizza+ (per scoraggiare
chi si accosta alle aAvità mutualis+che animato dal solo scopo di lucro), prevedendo dei limi+
massimi. Quindi lo scopo mutualis+co (realizzato a<raverso la ges+one di servizio) e quello
lucra+vo (realizzato a<raverso la parziale distribuzione degl’u+li) possono ben coesistere nelle
coopera+ve.
4. Le coopera<ve a mutualità prevalente
Il codice divide le coopera+ve in 2 grandi gruppi: le coopera+ve a mutualità prevalente e le altre
coopera+ve. Solo le prime godono di tuA i vantaggi della disciplina, mentre le seconde sono
escluse dai vantaggi tributari pur mantenendo gli altri (lavora+vi, finanziari, ecc). Elemen+
cara<erizzan+ le coopera+ve a mutualità prevalente sono:
a) La presenza nello statuto di clausole che limitano la distribuzione di u+li e riserve
disponibili ai soci cooperatori;
b) L’aAvità deve esser prevalentemente a favore dei soci (coopera+va di consumo) oppure
deve prevalentemente sfru<are prestazioni lavora+ve dei soci o beni e servizi dagli stessi
apporta+ (coopera+ve di produzione e lavoro). Tali prevalenze devono essere specificate da
amministratori e sindaci nella nota integra+va del bilancio.
Le società che per 2 esercizi non rispe<ano ques+ parametri perdono la qualifica di coopera+ve a
mutualità permanente (art 2545-oc+es). Tu<e le coopera+ve devono essere iscri<e in un apposito
albo (diviso in sezioni a seconda delle +pologie di coopera+ve iscri<e) tenuto presso il MISE.
Ciascuna coopera+va deve dare comunicazione del bilancio all’organo amministra+vo
corrispondente. L’a<o cos+tu+vo deve contenere le regole per l’esercizio dell’aAvità mutualis+ca
con i soci nel rispe<o della parità di tra<amento, oltre a delineare l’aAvità con i terzi.

5. I caraOeri struOurali
Le coopera+ve medie e grandi sono conformate sulla disciplina delle società per azioni. Per quelle
più piccole, precisamente per quelle con meno di 20 soci e con un aAvo dello stato patrimoniale
inferiore a 1.000.000€, si preferisce la forma della s.r.l., in ogni caso obbligatoria so<o i 9 soci. Per
evitare il solo interessamento a scopi lucra+vi sono concepi+ i seguen+ cara<eri stru<urali:
114
a) I soci devono essere in possesso di par+colari requisi+ iden+fica+vi della loro propensione
allo scopo mutualis+co ed è sancito il numero minimo degli stessi;
b) Sono fissa+ i limi+ massimi raggiungibili da ciascuna quota nonché la percentuale di u+li da
assegnare;
c) L’ingresso di nuovi soci e le modificazioni del capitale sociale non sono soggeA alla
modificazione dell’a<o cos+tu+vo, in quanto la coopera+va è una società aperta
all’ingresso di nuovi soci interessa+ ed al recesso di quelli disinteressa+;
d) Il peso del voto è uguale per tuA i soci: una testa un voto. Si accentua così il cara<ere
personale dei soci;
e) Tu<e le coopera+ve sono so<oposte al controllo dell’autorità governa+va che ne accerta le
cara<eris+che di mutualità.
6. La cos<tuzione della società
La società coopera+va si può cos+tuire con un numero minimo di 9 soci, rido<o a 3 se si sceglie la
forma della s.r.l. Se il numero dei soci scende so<o il minimo, e non è reintegrato entro un anno, la
società si scioglie e deve essere posta in liquidazione. Par+colari requisi+ sono previs+ per i soci
de<agliatamente riporta+ nell’ar+colata legislazione speciale. Uno solo è il dato certo: che i soci
non possono appartenere ad organismi imprenditoriali di qualsiasi genere, che pra+cano aAvità
d’impresa in concorrenza con la coopera+va. Inoltre, suddeA requisi+ non valgono per i soci
sovventori. L’a<o cos+tu+vo è conformato alla disciplina della s.p.a., ma deve contenere anche le
seguen+ indicazioni:
a) deve indicare l’ogge<o sociale, con riferimento ai requisi+ e agli interessi dei soci;
b) procedure di ingresso di nuovi soci e disciplina dei conferimen+;
c) procedure di recesso ed esclusione;
d) regole per la ripar+zione degl’u+li e dei ristorni.
La denominazione sociale è liberamente determinabile purché contenga l’indicazione di
coopera+va e se questa è a mutualità prevalente deve riportare il numero di iscrizione nel rela+vo
albo anche nella corrispondenza. L’a<o cos+tu+vo deve essere iscri<o nel R.I. perché la società
acquis+ la personalità giuridica. Il funzionamento di queste società è demandabile anche a forme
di regolamento da aggiungere allo statuto.
7. I conferimen<. La responsabilità dei soci
La disciplina dei conferimen+ è interamente assogge<ata al +po di società prescelto
nell’organizzazione della coopera+va, che risponde delle obbligazioni sociali solo con il suo
patrimonio. Il socio moroso che non esegue in tu<o o in parte i conferimen+ è sogge<o ad
esclusione per giusta causa (art. 2531). È inoltre tenuto a rispondere verso la società per un anno
dal recesso. La quota liquidata è sogge<a a revocatoria fallimentare in caso intervenga il fallimento
entro un anno. Il creditore del socio non ha diri<o a farsi liquidare la quota.
8. Le quote. Le azioni
115
A seconda che la società coopera+va sia per azioni o responsabilità limitata le quote, ovviamente,
possono essere rappresentate rispeAvamente da azioni o quote di partecipazione. Il limite
massimo per ciascuna quota appartenente a persona fisica è di 100.000€, per consen+re
l’allargamento della base azionaria. Per le coopera+ve con più di 500 soci tale limite è innalzato al
2% del C.S. Il limite non opera per i conferimen+ in natura, credi+ e per le persone giuridiche. Le
quote non sono liberamente trasferibili se non a<raverso l’autorizzazione degli amministratori.
Quest’ul+ma può essere accordata anche tacitamente entro 60gg dalla richiesta, ma sarà
sicuramente negata se il socio beneficiario del trasferimento non possiede i requisi+ impos+ per
legge o dallo statuto. La negazione deve essere mo+vata e può essere reclamata innanzi al
tribunale. Lo statuto può anche escludere la cessione delle quote, ma in tal caso deve essere
concesso il recesso con preavviso di 90gg, purché il socio sia entrato in società da almeno 2 anni.
L’a<o cos+tu+vo può autorizzare gli amministratori ad acquistare o rimborsare quote o azioni della
società con l’osservanza di un duplice limite:
• Il rapporto tra patrimonio ne<o e indebitamento complessivo della società deve essere
superiore a ¼;
• L’acquisto o il rimborso deve essere effe<uato nei limi+ degli u+li e delle riserve
distribuibili.
9. Le nuove forme di finanziamento
Tu<o il complesso di limi+ descriA rendeva in passato par+colarmente difficoltosa la raccolta di
capitali, oggi agevolata con la creazione della figura dei soci sovventori e delle azioni di
partecipazione coopera+va. La figura dei soci sovventori nasce per consen+re la raccolta di capitale
di rischio anche a persone che non posseggono i requisi+ stabili+ dalla legislazione speciale per
diventare soci cooperatori. Il Campobasso è dell’opinione che il limite delle quote dei sovventori
sia lo stesso imposto per gli altri soci. Di regola, quanto inves+to dai sovventori è liberamente
trasferibile, salvo limi+ alla circolazione impos+ dallo statuto. Quest’ul+mo può consen+re una
migliore remunerazione nell’assegnazione degl’u+li ai sovventori, comunque non oltre il 2% in più
degl’altri soci. Limi+ alla partecipazione dei sovventori consistono: a) la loro quota non può fru<are
più di 5 vo+ e complessivamente non possono avere più di 1/3 dei vo+ totali; b) possono essere
nomina+ amministratori, ma la maggioranza del C.d.A. deve essere composta da soci cooperatori.
Le azioni di partecipazione coopera+va presentano affinità con le azioni di risparmio: sono prive
del diri<o di voto ed hanno migliori diriA patrimoniali. Non possono superare l’ammontare delle
riserve indivisibili o del patrimonio ne<o e per la metà devono essere offerte in opzione ai soci.
Possono essere emesse al portatore se interamente liberate, e sono liberamente trasferibili. Sono
privilegiate so<o il profilo patrimoniale in quanto: a) hanno ex lege un diri<o alla partecipazione
agl’u+li maggiorato del 2% rispe<o agl’altri soci; b) hanno la precedenza in sede di liquidazione per
il valore nominale; c) le perdite possono intaccarle solo nella misura che eccede il valore nominale
complessivo delle altre. Sono organizzate con l’assemblea speciale ed il rappresentante comune
come le azioni di risparmio. Alle soc. coopera+ve è consen+ta l’emissione di obbligazione secondo i
limi+ della disciplina della società per azioni più quelli fissa+ dal Cicr (Comitato interministeriale
credito e risparmio).
Il quadro è poi completato dalla riforma del 2003 che consente a tu<e le soc. coopera+ve
l’emissione di strumen+ finanziari secondo la disciplina prevista per le s.p.a. (art. 2526). Le
116
coopera+ve, tu<avia, hanno optato per la disciplina delle s.r.l., con la quale possono offrire
strumen+ finanziari privi di diriA di amministrazione “solo ad inves+tori qualifica+”.
10. Gli organi sociali. L’assemblea
Parziale temperamento alla disciplina dell’assemblea è applicato nelle coopera+ve. Sopra<u<o nel
calcolo dei vo+, in quanto rimangono fermi i principi secondo i quali ogni persona fisica, a
prescindere dall’en+tà della sua partecipazione, può di disporre di un solo voto (una testa – un
voto); mentre le persone giuridiche massimo 5 vo+ a seconda della/e quota/azioni posseduta/e.
L’a<uale disciplina consente poi che nelle coopera:ve consor:li il diri<o di voto sia a<ribuito in
ragione della partecipazione allo scambio mutualis+co.
Valgono inoltre le seguen+ regole:
a) hanno diri<o di voto i soci entra+ nella società da almeno 90gg;
b) i soci possono farsi rappresentare da altri soci, ma ogni socio non ne può rappresentare più
di 10;
c) il voto può essere espresso per corrispondenza o telema+camente se lo statuto lo
consente.
Deroghe alla disciplina della s.p.a. si possono avere anche in merito al procedimento assembleare.
I quorum sono liberamente stabili+ dallo statuto, tanto per l’assemblea ordinaria che per quella
straordinaria e può derogare in aumento o in diminuzione le maggioranze stabilite per la s.p.a.; è
previsto anche un meccanismo di approvazione diviso tra assemblee generali e separate. Tale
sistema è imposto quando la società raggiunge proporzioni imponen+.
Le deliberazioni delle assemblee separate non possono essere autonomamente impugnate. Quelle
dell’assemblea generale, invece, lo possono essere anche dai soci assen+ o dissenzien+ quando,
senza i vo+ espressi dai delega+ delle assemblee separate irregolarmente tenute, verrebbe meno
la necessaria maggioranza.
11. Amministrazione. Controlli. Collegio dei probiviri
I primi amministratori sono nomina+ dallo statuto, gli altri dall’assemblea. Lo statuto può
liberamente derogare la formazione e l’organizzazione dell’organo amministra+vo, purchè res+ di
competenza assembleare e in par+colare: può consen+re che vengano nomina+ amministratori
soci scel+ tra le diverse categorie; può prevedere che i possessori di strumen+ finanziari scelgano
dei membri del C.d.A. (non oltre 1/3), può concedere la nomina allo Stato di alcuni amministratori,
e così via. L’importante è che la maggioranza degli amministratori sia composta da soci cooperatori
o indicata da soci cooperatori persone giuridiche, in modo da garan+re che l’organo amministra+vo
sia per la maggior parte propenso al perseguimento dello scopo mutualis+co. Il collegio sindacale
si rende obbligatorio negli stessi casi previs+ per la s.r.l. (nomina di organo di controllo o revisione),
oppure quando sono sta+ emessi strumen+ finanziari non partecipa+vi. Il collegio è ele<o
dall’assemblea, ma la maggioranza si calcola in funzione dell’ampiezza delle quote possedute da
ciascun socio con diri<o di voto (decade la votazione per teste). I possessori di strumen+ finanziari
con diriA amministra+vi possono eleggere fino ad 1/3 dei membri. È prassi comune la nomina del

117
collegio dei probiviri: ha il compito di dirimere le controversie nascen+ tra soci, o tra i soci e la
società, evitando che ques+ finiscano dinanzi all’autorità giudiziaria.
12. La vigilanza governa<va. Il controllo giudiziario
Le società coopera+ve sono so<oposte, almeno ogni biennio, al controllo governa+vo per
l’accertamento dei requisi+ mutualis+ci da parte del MISE. Tale controllo è esercitabile tramite
revisioni ed ispezioni, ma anche in via eccezionale qualora si ritenga opportuno. In tale controllo
possono essere espressamente coinvolte delle associazioni di se<ore che portano avan+ degli
scopi ideali e poli+ci. L’autorità governa+va, se riscontra la mancanza dei requisi+ della mutualità o
irregolarità di vario genere, può sollevare dai rispeAvi incarichi amministratori e sindaci
sos+tuendoli con un commissario giudiziario del quale decide durata della carica e poteri; inoltre,
ha il potere di sciogliere la coopera+va se alle irregolarità riscontrate non si è posto adeguato
rimedio, se non è in grado di raggiungere gli scopi per cui è stata cos+tuita, oppure se non viene
depositato il bilancio per 2 anni o se non vengono compiu+ aA di ges+one per lo stesso periodo. Il
controllo giudiziario previsto per le s.p.a. è a sua volta aAvabile anche per le coopera+ve.
LegiAma+ sono i soci che rappresentano almeno il 10% del capitale, oppure 1/10 del totale dei
soci (1/20 se la coop. ha più di 3000 soci). L’autorità vigilante viene sen+ta dal tribunale durante
l’istru<oria oltre alle par+ in causa. Si precisa che il procedimento si interrompe se l’autorità
vigilante ha già nominato un ispe<ore o un commissario giudiziario, e viceversa la vigilanza si
interrompe se il tribunale ha già nominato un ispe<ore o un amministratore giudiziario.
13. Bilancio. U<li. Ristorni
Il bilancio viene reda<o seguendo la disciplina de<ata per la s.p.a., e la revisione contabile dei
con+ è obbligatoria quando la coopera+va è di grandi dimensioni e quando ha emesso
obbligazioni. Per rafforzare la consistenza del patrimonio sociale, la riserva legale cos+tuta sugl’u+li
neA è sei volte più grande: 30% anziché 5%, ed inoltre non ha limi+, deve essere accantonata ogni
anno. Il 3% dell’u+le ne<o annuo deve essere obbligatoriamente des+nato alle associazioni del
movimento coopera+vo al fine della sponsorizzazione dello stesso. Nelle coopera+ve non quotate,
gli u+li sono distribuibili se il rapporto tra patrimonio ne<o e indebitamento è superiore a ¼, così
che gli u+li siano interamente des+na+ all’autofinanziamento per ridurre l’indebitamento. Tale
limite non vale per le quotate e per i possessori di strumen+ finanziari. La ripar+zione dei dividendi
è diversamente disciplinata nelle coopera+ve a mutualità prevalente e nelle altre coopera+ve. In
queste ul+me, i dividendi possono essere divisi secondo quanto dispone lo statuto, che ne fissa la
percentuale massima distribuibile ai soci cooperatori, salvo l’intangibilità delle riserve indivisibili.
Nelle coopera+ve a mutualità prevalente, gli statu+ devono prevedere:
a) il divieto di a<ribuire dividendi in misura superiore all’interesse max dei buoni fruAferi
postali maggiorato di 2 pun+ e mezzo rispe<o al capitale effeAvamente versato;
b) nello stesso limite sancito al punto a è vietata la remunerazione degli strumen+ finanziari
emessi;
c) divieto di distribuire riserve ai soci cooperatori;

118
d) l’obbligo di devolvere, in caso di scioglimento, l’intero patrimonio sociale detra<o del C.S. e
dei dividendi matura+ alle associazioni di categoria (già des+natarie dei fondi di
promozione).
Quanto residua dal rispe<o dei preceden+ pun+ può essere distribuito tra i soci (perdendo le
agevolazioni fiscali), assegnato a delle riserve facolta+ve o des+nato a fini mutualis+ci. Dagli u+li
vanno tenu+ dis+n+ i ristorni: ques+ possono rappresentare il rimborso parziale ai soci dei beni e
servizi acquista+ dalla società (coop. di consumo), oppure l’integrazione alla remunerazione per le
prestazioni lavora+ve apportate alla coopera+va (nelle coop. di produzione e lavoro). Il ristorno
diventa così il mezzo a<raverso il quale si realizza l’obieAvo del vantaggio mutualis+co (risparmio
o maggiore remunerazione). Per questo mo+vo, le cifre assegnate come ristorni, non sono
so<oposte agli stessi limi+ previs+ per gli u+li. I ristorni possono essere a<ribui+ anche mediante
aumento gratuito del capitale o con l’assegnazione di strumen+ finanziari.
14. Variazione dei soci e del capitale sociale
Le società coopera+ve sono società a capitale variabile. Il capitale sociale non è determinato in un
ammontare prestabilito. La variazione del numero delle persone dei soci non comporta
modificazione dell’a<o cos+tu+vo (art. 2524). Estremamente semplificato è quindi il procedimento
per l’ammissione di nuovo soci (cooperatori), non dovendosi ogni volta procedere ad una modifica
dell’a<o cos+tu+vo (c.d. porta aperta). L’ammissione è deliberata dagli amministratori su domanda
dell’interessato, che deve versare l’importo delle quote e delle azioni so<oscri<e (e l’eventuale
sovrapprezzo). Vi è una categoria speciale di soci cooperatori che devono seguire un periodo di
formazione (massimo cinque anni) prima di esser ammessi a godere dei diriA che spe<ano agli
altri soci cooperatori. Nelle società coopera+ve cos+tuiscono cause di riduzione del numero dei
soci e del capitale:
• il recesso (art. 2532), ammesso quando l’a<o cos+tu+vo vieta la cessione delle quote o
delle azioni e nei casi previs+ per la s.p.a.;
• esclusione (art. 2533), in caso di mancato pagamento delle quote o delle azioni, nei casi
previs+ per le società di persone, per gravi inadempienze del socio, per mancanza o perdita
dei requisi+ previs+ per la partecipazione alla società. La deliberazione di esclusione deve
essere comunicata al socio, che può proporre l’opposizione dinnanzi al tribunale;
• la morte del socio (art. 2534), con la quale il rapporto sociale si scioglie, salvo che l’a<o
cos+tu+vo non disponga la con+nuazione della società con gli eredi.
La liquidazione della quota avviene secondo i criteri stabili+ nell’a<o cos+tu+vo e il pagamento
deve essere effe<uato entro 180 giorni dall’approvazione del bilancio.
15. Il gruppo coopera<vo parite<co
Il gruppo coopera+vo parite+co è un’organizzazione di gruppo delle società coopera+ve volto a dar
vita ad una strategia imprenditoriale comune ed unitaria. Trova fondamento in un accordo
contra<uale (art. 2602), che deve indicare: durata, coopera+va cui è affidata la direzione del
gruppo e rela+vi poteri, nonché i criteri di compensazione e l’equilibrio nella distribuzione dei
vantaggi derivan+ dall’aAvità comune. Ogni coopera+va può recedere senza oneri di alcun +po. Il
contra<o deve essere depositato in forma scri<a presso l’albo delle società coopera+ve.
119
16. Lo scioglimento della società
Valgono per le coopera+ve le cause di scioglimento previste per le società di capitali, con la sola
differenza che solo la perdita totale del capitale è causa di scioglimento. Sono poi cause specifiche
di scioglimento: la riduzione dei soci al di so<o del numero minimo di 9, se questo non è
reintegrato entro 1 anno, la liquidazione coa<a amministra+va disposta dall’autorità governa+va.
17.Le mutue assicuratrici
Le mutue assicuratrici o società di mutua assicurazione (art. 2546 – 2548) sono società coopera+ve
cara<erizzate dalla stre<a interdipendenza che per legge esiste tra la qualità di socio e la qualità di
assicurato: “non si può acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso la società” e,
viceversa, “si perde la qualità di socio con l’es+nguersi dell’assicurazione” (art. 2546). Per le
obbligazioni sociali risponde solo la società con il proprio patrimonio. I soci assicura+ sono
obbliga+ verso la società al pagamento di contribu+, che cos+tuiscono nel contempo conferimento
e premio di assicurazione (paga+ periodicamente). Quando il patrimonio sociale (formato dai
contribu+) è insufficiente per l’esercizio dell’aAvità assicura+va, l’a<o cos+tu+vo può prevedere la
cos+tuzione di fondi di garanzia per il pagamento delle indennità, mediante speciali conferimen+
da parte di soci assicura+ o di terzi, a<ribuendo anche a quest’ul+mi la qualità di socio (art. 2548).
Di regola, perciò, coesistono due categorie di soci: soci assicura+ e soci sovventori (i quali si
limitano a conferire il capitale necessario per l’aAvità della società senza essere assicura+). La
legge si preoccupa che ques+ ul+mi non prendano il sopravvento nella ges+one; ques+ possono
essere anche nomina+ amministratori, ma la maggioranza deve essere cos+tuita da soci assicura+.

CAPITOLO 25 – TRASFORMAZIONE, FUSIONE E SCISSIONE


A) La trasformazione
1. Nozione e limi<
La riforma del 2003 ha modificato ambito di opera+vità e disciplina della trasformazione. Occorre
dis+nguere fra trasformazione omogenea (fra società) e trasformazione eterogenea (da società di
capitali in altri en+ o viceversa). La trasformazione omogenea è il cambiamento del +po di società;
è il passaggio da un +po ad altro +po di società. Non si ha però es+nzione della società
preesistente: è la stessa società che “conserva i diriA e gli obblighi e prosegue tuA i rappor+
dell’ente che ha effe<uato la trasformazione” (art. 2498). La trasformazione è uno strumento che
serve ad ada<are l’asse<o organizza+vo della società alle nuove esigenze sopravvenute durante la
vita della stessa. È espressamente vietata la trasformazione di una società coopera+va a mutualità
prevalente in società lucra+va. La trasformazione può avvenire anche in pendenza di una
procedura concorsuale.
2. La trasformazione omogenea: il procedimento di trasformazione
Per a<uare la trasformazione da società di persone in società di capitali è sufficiente il consenso
della maggioranza dei soci determinata secondo la partecipazione a<ribuita a ciascuno negli u+li.
Per le società di capitali è necessaria una delibera dell’assemblea straordinaria da ado<are nelle
s.p.a. non quotate con le maggioranze rafforzate. Per la trasformazione di società coopera+ve
120
(diverse da quelle a mutualità prevalente) in società di persone o di capitali è richiesto il voto
favorevole di almeno la metà dei soci, elevato a 2/3 quando i soci sono meno di 50. La delibera di
trasformazione fissa le basi organizza+ve della nuova veste giuridica della società; deve rispondere
perciò ai requisi+ di forma e contenuto previs+ per l’a<o cos+tu+vo del +po di società prescelto.
Nel caso di trasformazione di società di capitali, gli amministratori devono predisporre una
relazione per illustrare mo+vazione ed effeA della trasformazione. Nel caso di trasformazione di
società di persone in società di capitali la delibera deve risultare da a<o pubblico. Alla delibera di
trasformazione deve essere allegata una relazione giurata di s+ma del patrimonio sociale.
La delibera di trasformazione in soc. di capitali è sogge<a a controllo di legiAmità da parte del
notaio che ha reda<o il verbale e ad iscrizione nel R.I. Con tale iscrizione il procedimento di
trasformazione si completa.
Per quanto riguarda infine le soc. coopera+ve diverse da quelle a mutualità prevalente, l’a<uale
disciplina ne consente la trasformazione in soc. lucra+ve, imponendo però di devolvere ai fondi
mutualis+ci per la promozione e lo sviluppo della coop. Il valore effeAvo del C.S. e i dividendi non
distribui+.
3. La responsabilità dei soci
È sempre richiesto il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata per le obbligazioni
sociali in seguito alla trasformazione. Nell’ipotesi inversa (viene meno la responsabilità illimitata), i
soci non sono libera+ dalla responsabilità per le obbligazioni sociali anteriori alla trasformazione. È
stabilito che:
• il consenso dei creditori alla trasformazione vale come consenso alla liberazione di tuA i
soci a responsabilità illimitata;
• il consenso alla trasformazione si presume se ai singoli creditori è stata comunicata per
raccomandata ed essi non hanno negato espressamente al loro adesione.
4. La trasformazione eterogenea
Una società di capitali può trasformarsi in consorzio, società consor+li, società coopera+ve,
comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni. Per questo +po di
trasformazione è richiesto il voto favorevole di almeno i due terzi degli aven+ diri<o. La disciplina
della trasformazione eterogenea in società di capitali è più ar+colata, de<ando una specifica
disciplina per ogni singola trasformazione. Le trasformazioni eterogenee hanno effe<o solo dopo
che siano decorsi 60 gg dall’ul+mo adempimento pubblicitario: entro tale termine, i creditori
possono opporsi alla trasformazione.
B) La fusione
5. Nozione. Dis<nzioni
La fusione è l’unificazione di due o più società in una sola, e può essere realizzata in due diversi
modi:
• con la cos+tuzione di una nuova società, che prende il posto di tu<e le società che si
fondono (fusione in senso stre<o);
121
• mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società (fusione per
incorporazione); è la forma di fusione più diffusa.
La fusione può aver luogo sia fra società dello stesso +po (fusione omogenea), sia fra società di
+po diverso (fusione eterogenea: comporta anche la trasformazione di una o più delle società che
si fondono). La partecipazione alla fusione non è consen+ta alle società che si trovano in stato di
liquidazione e abbiano già cominciato la distribuzione dell’aAvo. La fusione è uno strumento di
concentrazione delle imprese societarie che consente di ampliarne la dimensione e la
compe++vità sul mercato. Il passaggio da una pluralità di società ad una sola, determina la
riduzione ad unità dei patrimoni delle singole società e la confluenza dei rispeAvi soci in un’unica
stru<ura organizza+va che con+nua l’aAvità di tu<e le società preesisten+, mentre queste ul+me
si es+nguono. La società incorporante o che risulta dalla fusione, “assume i diriA e gli obblighi
delle società partecipan+ alla fusione, proseguendo in tuA i loro rappor+, anche processuali,
anteriori alla fusione” (art. 2504 – bis). I creditori delle società es+nte potranno quindi far valere i
loro diriA sull’unitario patrimonio della società risultante dalla fusione.
6. Il progeOo di fusione
Il procedimento di fusione si ar+cola in tre fasi essenziali: il proge<o, la delibera e l’a<o. Gli
amministratori delle diverse società devono redigere il proge<o, che deve contenere le seguen+
indicazioni:
• il +po, la denominazione e la sede delle società partecipan+;
• l’a<o cos+tu+vo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante;
• il rapporto di cambio delle azioni o quote (rapporto in base al quale saranno assegnate ai
soci delle società che si es+nguono le azioni o quote della società incorporante o della
nuova società).
Il proge<o di fusione dev’essere iscri<o nel R.I.
È prevista la redazione preven+va di altri tre documen+:
• la situazione patrimoniale, reda<a dagli amministratori di ciascuna delle società
partecipan+. Si tra<a di un vero e proprio bilancio infrannuale (c.d. bilancio di fusione), la
cui funzione è quella di dare informazione ai creditori per una consapevole opposizione alla
fusione. Inoltre, legge si preoccupa anche dei soci di minoranza, i quali possono essere
viAme di abusi, imponendo un’adeguata informazione.;
• la relazione degli amministratori, unica per tu<e le società, la quale illustri e gius+fichi il
proge<o di fusione e in par+colare del rapporto di cambio (art. 2501 – quin-quies);
• la relazione degli esper+: uno o più esper+ per ciascuna società, scel+ tra revisori o società
di revisione, hanno il compito di redigere una relazione sulla congruità del rapporto di
cambio ed esprimere un parere sull’adeguatezza del metodo seguito dagli amministratori
per l’adeguatezza dello stesso. Il revisore o la società di revisione, è scelto/a dal tribunale se
la soc. è una s.p.a. o una s.a.p.a.

122
Si può fare a meno di tuA ques+ documen+ quando i soci vi rinunciano all’unanimità; sempre
ques+ documen+ devono restare in deposito per 30 gg nelle sedi di ciascuna delle società prima
dell’assemblea.
7. La delibera di fusione
La fusione viene decisa da ciascuna delle società che vi partecipa mediante l’approvazione del
rela+vo proge<o (art. 2502). Nelle soc. di persone è sufficiente la maggioranza dei soci calcolata
secondo la parte a<ribuita a ciascuno negli u+li. Nelle soc. di capitali la fusione deve essere invece
deliberata dall’assemblea straordinaria con le normali maggioranze. In caso di fusione eterogenea,
i soci che non hanno concorso alla deliberazione avranno diri<o di recesso. Le delibere di fusione
delle singole società devono essere iscri<e nel registro delle imprese.
8. La tutela dei creditori sociali
La fusione può pregiudicare la posizione dei creditori delle società partecipan+ dato che, a<uata la
fusione, tuA concorreranno sull’unico patrimonio risultante dall’unificazione dei patrimoni delle
singole società (questo può danneggiare i creditori delle società più solide). La fusione è a<uata
trascorsi 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese. Entro tale termine, ciascun creditore
anteriore alla pubblicazione del proge<o di fusione può proporre opposizione alla fusione. Il
tribunale può disporre che la fusione abbia ugualmente luogo, previa prestazione da parte della
società di idonea garanzia a favore dei soli creditori opponen+. La garanzia non è necessaria se la
relazione degli esper+ sia reda<a da una soc. di revisione la quale dichiari che la situa patrimoniale
e fin.ria delle soc. partecipan+ non la rende necessaria (art. 2503).
9. L’aOo di fusione
Il procedimento di fusione si conclude con la s+pulazione dell’a<o di fusione (reda<o per a<o
pubblico) da parte dei legali rappresentan+ delle società interessate. L’a<o di fusione deve essere
iscri<o nel R.I. Una volta eseguite le iscrizioni dell’a<o di fusione prescri<e per legge, l’invalidità
dell’a<o di fusione non può essere pronunciata; resta salvo solo il diri<o al risarcimento dei danni
eventualmente spe<ante ai soci o ai terzi danneggia+ dalla fusione. La fusione è dunque
ina<accabile.
C) La scissione
10. Nozione. Forme
Con la scissione il patrimonio di una società è scomposto e assegnato (trasferito) in tu<o o in parte
ad altre società, con la contestuale assegnazione ai soci della prima di azioni o quote delle società
beneficiarie del trasferimento patrimoniale. Si ha quindi la suddivisione di un unico patrimonio
sociale e di un’unica compagine societaria in più società. Le azioni o quote delle società
beneficiarie del trasferimento patrimoniale sono acquisite dire<amente dai soci della società che si
scinde. La scissione può essere totale o parziale. Nella scissione totale, l’intero patrimonio della
società che si scinde viene trasferito a più società (la prima società, perciò, si es+ngue senza che
però si abbia la liquidazione della stessa), dato che l’aAvità con+nua tramite le società beneficiarie
della scissione. Nella scissione parziale invece solo parte del patrimonio della società che si scinde
viene trasferita ad una o più altre società (la società scissa resta in vita con un patrimonio rido<o).
Le società beneficiarie possono essere:
123
• società di nuova cos+tuzione, che nascono per gemmazione dalla società che si scinde
(scissione in senso stre<o);
• una o più società preesisten+ (scissione per incorporazione), che vedono nel contempo
incrementa+ il loro patrimonio e la compagine sociale per l’ingresso dei soci della società
scissa.
11. Il procedimento
Il procedimento di scissione ricalca quello de<ato per la fusione.
Gli amministratori delle società partecipan+ alla scissione devono redigere un unitario proge<o di
scissione, che deve contenere: a) l’esa<a descrizione degli elemen+ patrimoniali da trasferire a
ciascuna delle società beneficiarie e dell’eventuale conguaglio in denaro; b) i criteri di distribuzione
ai soci delle azioni o quote delle società beneficiarie. In merito al primo punto, la legge specifica la
sorte degli elemen+ aAvi e passivi la cui des+nazione non è desumibile dal proge<o di scissione,
ma ispirate dalla comune finalità di salvaguardare le esigenze di tutela dei creditori sociali. In
merito al secondo punto, non è fa<o obbligo alla società che si scinde di a<ribuire a ciascun socio
un pacche<o di azioni o quote di tu<e le società beneficiarie della scissione.
Rinvio alla disciplina della fusione sia anche per le altre fasi del procedimento di scissione, che
devono essere percorse anche dalle società beneficiarie qualora si traA di società preesisten+.
Se invece beneficiarie della scissione sono società di nuova cos+tuzione, l’a<o di scissione vale
anche come a<o cos+tu+vo delle stesse.la scissione diventa efficace a par+re dalla data in cui è
stata eseguita l’ul+ma iscrizione dell’a<o di scissione nel registro delle imprese in cui sono iscri<e
le società beneficiarie.
A tutela dei creditori è stato stabilito che ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limi+
del valore effeAvo del patrimonio ne<o ad essa assegnato o rimasto, dei debi+ della società scissa
non soddisfaA dalla società cui fanno carico (in sostanza, tu<e le società coinvolte nella scissione
sono garan+ in via sussidiaria di quella il cui debito è stato trasferito).

CAPITOLO 26 – LE SOCIETA’ EUROPEE


1. Dall’armonizzazione dei diriF societari al diriOo societario sovranazionale
Dalla cos+tuzione della Comunità europea gli Sta+ membri si sono impegna+ a coordinare i propri
ordinamen+ nazionali circa le garanzie richieste per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi.
L’obieAvo dell’azione legisla+va dell’UE è volta a creare un diri<o societario sovranazionale,
introducendo +pi societari dire<amente disciplina+ dal regolamento comunitario. A tal fine, sono
state predisposte la società europea (SE, è una s.p.a., CE n. 2157/2001) e la società coopera+va
europea (SCE, è una soc. coop. a scopo mutualis+co, CE n. 1435/2003). Per le materie non
disciplinate dal regolamento si fa riferimento alle leggi interne che disciplinano le SE e le SCE; se
l’ordinamento ne è sprovvisto, ci si basa sulle disposizioni de<ate per le s.p.a. e le soc. coop. a
scopo mutualis+co.

124
Mediante la cos+tuzione di una società di +po europeo, società di Sta+ diversi possono dare vita
ad una fusione transfrontaliera: questo +po di società ha quindi anche la funzione di favorire la
nascita di inprese di dimensioni comunitarie.
Cara<eris+ca delle società di +po europeo è poi la facilità di trasferimento della sede da uno Stato
membro ad un altro, senza bisogno di porre in liquidazione la società nel Paese di cos+tuzione per
ricos+tuirla in quello di des+nazione: questo aspe<o perme<e ai soci di poter insediare la società
nello stato membro che offre la disciplina più vantaggiosa.
A) La società europea
2. La cos<tuzione
La SE è una s.p.a., dotata di personalità giuridica, in cui ogni socio risponde delle obbligazioni solo
nei limi+ del capitale so<oscri<o. Il capitale minimo è di 120mila euro. La cos+tuzione di una SE è
consen+ta solo in 5 casi previs+ dal Regolamento:
• quando si fondono s.p.a. sogge<e alla legge di Sta+ membri differen+ (cos+tuzione per
fusione);
• quando due o più s.p.a. promuovono la cos+tuzione di una società europea holding al fine
di so<oporsi ad una direzione unitaria;
• quando due o più en+ presentano un collegamento stabile con ordinamen+ comunitari
diversi;
• quando viene s+pulato un pa<o unilaterale di cos+tuzione di società da parte di un’altra
società europea;
• in caso di trasformazione di una s.p.a. cos+tuita secondo la legge di uno stato membro.
3. Gli organi
La stru<ura interna della SE è cara<erizzata dalla presenza dell’assemblea dei soci, da
un’amministrazione e controllo basa+ sul sistema dualis+co (organo di direzione e organo di
vigilanza) o monis+co (organo di amministrazione). Per quanto riguarda l’assemblea, le
competenze, l’organizzazione e le procedure di voto sono regolate dalla legge dello Stato della
sede in tema di assemblea delle s.p.a. L’assemblea deve tenersi, dunque, almeno una volta l’anno
entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio.
Gli organi di direzione e vigilanza, nonché il C.d.A. e infine gli azionis+ che rappresentano il 10% del
C.S., possono richiedere la convocazione o integrare l’ordine del giorno.
Le deliberazioni vengono prese di regola a maggioranza semplice, ma per le modificazioni dello
statuto è necessaria una maggioranza di almeno i 2/3.
4. La ges<one
Nel sistema dualis+co, i componen+ dell’organo di vigilanza sono nomina+ dall’assemblea
generale. L’organo di vigilanza esercita il controllo sulla ges+one: per fare ciò è tenuto in costante
aggiornamento (ogni 3 mesi) dall’organo di direzione sull’andamento generale degli affari sociali.
L’organo di direzione ges+sce la società so<o la propria responsabilità. I componen+ sono nomina+
125
e revoca+ dall’organo di vigilanza e nessun membro può cumulare le cariche di entrambi gli organi,
salvo casi eccezionali.
Il sistema monis+co prevede solo un organo di amministrazione a cui è a<ribuita la ges+one della
società. I suoi componen+ sono nomina+ e revoca+ dall’assemblea e restano in carica per il
periodo stabilito dallo statuto, comunque non superiore a 6 anni, ma sono rieleggibili. Non
possono essere nomina+ amministratori i soggeA che la legge dello Stato o della sede considera
non eleggibili. La disciplina locale della s.p.a. viene richiamata anche in tema di redazione,
controllo e pubblicità del bilancio d’esercizio e consolidato.
5. Il coinvolgimento dei lavoratori nella ges<one
La società europea si cara<erizza per la presenza di forme di coinvolgimento dei lavoratori nella
ges+one, affinché non vengano elusi i loro diriA di partecipazione alla stessa.
Il coinvolgimento dei lavoratori può consistere nell’obbligo di consultare e informare
periodicamente o in circostanze speciali un organo di rappresentanza dei dipenden+, e nulla più.
Può all’opposto arrivare fino al riconoscimento del potere di nomina da parte dei lavoratori di
alcuni componen+ degli organi di ges+one o di controllo della società. È prevista la cos+tuzione di
un organo di rappresentanza dei lavoratori i cui componen+ sono eleA o designa+ dai dipenden+
della SE. L’organo di rappresentanza ha il diri<o di essere informato e consultato almeno una volta
l’anno dai competen+ organi della SE in merito all’evoluzione delle aAvità e delle prospeAve della
società. Deve inoltre essere informato quando si verificano circostanze eccezionali che incidono
notevolmente sugli interessi dei lavoratori. Vi è un più incisivo coinvolgimento dei lavoratori se è
prevista una forma di partecipazione dei dipenden+ alla ges+one nelle società che partecipano alla
cos+tuzione della SE: se in tali società è riconosciuto ai dipenden+ il potere di eleggere,
raccomandare od opporsi alla designazione di alcuni membri dell’organo di amministrazione o di
vigilanza.
In tal caso, si devono conservare nella società europea le stesse forme di partecipazione dei
lavoratori preesisten+ alla cos+tuzione (c.d. principio “prima/dopo”).
6. Altri aspeF della disciplina
Come già de<o in precedenza, la legislazione a livello europeo in materia di SE è lacunosa. Si
rimandano perciò agli ordinamen+ interni delle s.p.a., alle discipline in tema di scioglimento,
liquidazione, insolvenza e procedure concorsuali.
B) La società coopera<va europea
7. Cos<tuzione
La SCE è una società coopera+va ,dotata di personalità giuridica, in cui i soci rispondono
limitatamente o illimitatamente alle obbligazioni sociali a seconda di quanto previsto dallo statuto.
Se questo non prevede nulla, la responsabilità è limitata. La SCE è cara<erizzata da scopo
mutualis+co e la sua cos+tuzione deve essere eseguita da almeno 5 soci che presen+no un legame
con almeno due ordinamen+ nazionali diversi. In alterna+va la SCE può nascere:
• per fusione fra coopera+ve cos+tuite secondo la legge di uno stato membro, che abbiano
sede nella Comunità e che siano sogge<e ad almeno due ordinamen+ nazionali diversi;
126
• per trasformazione di una coopera+va che possegga da almeno due anni una succursale o
una controllata sogge<a alla legge di un altro stato membro.
I fondatori redigono l’a<o cos+tu+vo e lo statuto della società coopera+va europea, nel quale va
indicato il capitale so<oscri<o che non può essere inferiore a 30mila euro. Per quanto riguarda i
conferimen+, possono essere conferi+ gli elemen+ dell’aAvo susceAbili di valutazione economica,
ad eccezione delle prestazioni di opere o servizi. I conferimen+ in denaro devono essere versa+ per
il 25% al momento della so<oscrizione e il residuo entro 5 anni (disciplina delle s.p.a.).
8. Le partecipazioni sociali
Le partecipazioni dei soci nella SCE sono rappresentate da quote nomina+ve. È ammessa la
creazione di categorie speciali di quote, dotate di diriA diversi (nella stessa categoria, le quote
hanno stesso valore nominale e stessi diriA). Questo consente la presenza di soci sovventori, ai
quali è possibile riservare privilegi nella partecipazione agli u+li e una rappresentanza negli organi
di ges+one e di vigilanza. L’ingresso di nuovi soci avviene con il trasferimento delle quote esisten+,
oppure so<oscrivendo quote di nuova emissione: in questo caso, il rela+vo aumento di capitale
non richiede modifica dello statuto, poiché il capitale della SCE è variabile. La qualità di socio si
perde per morte, recesso o esclusione. Il diri<o di recedere è riconosciuto ai soci che si sono
oppos+ a nuovi conferimen+ o prestazioni o al prolungamento di preavviso ad oltre 5 anni. Il
recesso va dichiarato entro due mesi dalla delibera contestata. L’esclusione colpisce di diri<o il
socio fallito e gli en+ che si sciolgono, ma può essere estesa anche al socio gravemente
inadempiente ai propri obblighi o che compie aA in contrasto con l’interesse della società. In caso
di scioglimento del rapporto sociale per morte, recesso o esclusione, il socio ha diri<o
esclusivamente al rimborso del valore nominale della quota al ne<o di eventuali perdite di
capitale. La società coopera+va può finanziarsi anche mediante l’emissione di obbligazioni e di altri
+toli che non a<ribuiscono la qualità di socio.
9. Gli organi
La SCE può essere organizzata secondo il sistema dualis+co o monis+co, e conserva la disciplina
de<ata per la SE in materia di organi di amministrazione e controllo e coinvolgimento dei
lavoratori. Se ne discosta la disciplina dell’assemblea, nella quale vige la regola del voto per teste,
in linea con i principi tradizionali del diri<o coopera+vo. Tu<avia, possono essere a<ribui+ vo+ in
ragione della partecipazione dei soci allo scambio mutualis+co, ma non più di 5 vo+ a testa.
L’assemblea deve riunirsi almeno una volta l’anno, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio per
l’approvazione del bilancio e la des+nazione degli u+li, oppure quando se ne ravvisi la necessità. I
quorum assembleari sono fissa+ dallo statuto.
10. Des<nazione degli u<li. Scioglimento
La SCE può a<ribuire ristorni ai propri soci in proporzione degli scambi mutualis+ci realizza+ con
ciascuno, mentre viene limitata la remunerazione del capitale mediante la distribuzione degli u+li.
Le SCE con sede in Italia devono rispe<are i vincoli impos+ dall’ordinamento interno
(accantonamento del 30% degli u+li a riserva legale, devoluzione del 3% ai fondi mutualis+ci per la
promozione e lo sviluppo della cooperazione). Per quanto riguarda il bilancio, la revisione
contabile, lo scioglimento e le procedure di insolvenza, si fa riferimento all’ordinamento de<ato

127
dallo stato della sede. Il residuo aAvo di liquidazione viene devoluto per finalità altruis+che,
dedo<o solo quanto necessario per il rimborso del capitale ai soci.

PARTE TERZA – I CONTRATTI


CAPITOLO 27 – LA VENDITA
1. Nozione e <pi
La vendita è il contra<o che ha per ogge<o il trasferimento di proprietà di una cosa o di un altro
diri<o verso corrispeAvo di un prezzo (art 1470). Il corrispeAvo deve essere cos+tuito
necessariamente dal prezzo, ossia da denaro; se invece è cos+tuito da altri beni, si avrà una
permuta (art. 1552). A<raverso la s+pula di contraA di compravendita, industriali e commercian+
si procurano larga parte dei beni necessari per lo svolgimento della loro aAvità; a<raverso altri
contraA di compravendita collocano sul mercato larga parte dei beni prodoA o acquista+.
2. Vendita reale e vendita obbligatoria
La vendita è un contra<o consensuale, si perfeziona cioè col semplice accordo delle par+. È inoltre
un contra<o con effeA reali: il consenso delle par+ è sufficiente perché la proprietà della cosa si
trasferisca dal venditore al compratore, con conseguente passaggio a quest’ul+mo del rischio di
perimento fortuito della cosa (art. 1456). Si parla di vendita obbligatoria nel caso in cui gli effeA
reali della vendita si producono in un momento successivo alla s+pulazione del contra<o (al
verificarsi di determina+ even+).
Nella vendita di cose determinate solo nel genere, la proprietà passa al compratore con
l’individuazione (art. 1378), che consente di isolare le cose ogge<o della vendita. Nella vendita di
cose future il compratore ne acquista la proprietà non appena la cosa viene ad esistenza (art.
1472). Questa +pologia di vendita è nulla se le cose ogge<o della vendita stessa non vengono ad
esistenza: non c’è aleatorietà, ad eccezione della “vendita di speranza”. Nella vendita di cosa altrui,
il venditore è obbligato a procurare l’acquisto della cosa al compratore e ques+ ne diventa
proprietario nel momento stesso in cui il venditore acquista dal terzo. Se il venditore non provvede
e il compratore sapeva dell’altruità della cosa al momento della s+pula, la risoluzione del contra<o
rimane subordinata al decorso di un termine stabilito dalle par+ o da un giudice.
3. Le obbligazioni del venditore
Le obbligazioni principali del venditore sono: consegnare la cosa al compratore; fargliene
acquistare la proprietà; garan+re il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa (art. 1476).
La cosa deve essere consegnata al compratore nel luogo e nella scadenza convenu+ e, se il
contra<o nulla dispone circa il tempo della consegna, il compratore potrà esigerla
immediatamente (art. 1183). Il luogo della consegna sarà invece quello nel quale le cose si trovano
all’a<o della vendita, se noto, ovvero il domicilio del venditore e, se imprenditore, la sede
dell’impresa. Devono essere consegna+ altresì i documen+ rela+vi, sì da consen+re al compratore
di esercitare il diri<o di proprietà che ha acquistato.
128
Una disciplina par+colare della consegna è prevista nel caso in cui la vendita abbia ad ogge<o cose
o merci che devono essere trasportate da un luogo ad un altro. L’obbligo della consegna viene
adempiuto con la consegna della cosa al ve<ore o allo spedizioniere, e le spese di trasporto sono a
carico del compratore. In sintesi, con la consegna della cosa al ve<ore, viene spostato il rischio di
perimento o danneggiamento del bene.
Tu<avia, ci sono delle clausole deroga+ve:
a) Le clausole che spostano sul venditore le spese di trasporto (in tu<o o in parte) [ad es.
franco stazione, franco arrivo];
b) Le clausole che modificano la disciplina legale in relazione al luogo di consegna, ponendo a
carico del venditore anche il rischio del trasporto (ad es. consegna all’arrivo, consegna al
domicilio ecc.)
La vendita su documen+ riguarda merci già consegnate ad un ve<ore per il trasporto o depositate
in magazzini generali, per le quali il ve<ore o il magazzino abbiano rilasciato un +tolo di credito
rappresenta+vo, quale ad es. una fede di deposito (il possesso dei documen+ consente al
compratore di ri+rare la merce o rivenderla ulteriormente). Salvo pa<o o uso contrario, il
compratore è a sua volta obbligato a pagare la merce alla consegna dei documen+.
4. La garanzia per evizione
Il venditore è tenuto a garan+re il compratore contro l’evizione. Si ha evizione quando il
compratore perde in tu<o o in parte la proprietà della cosa acquistata o subisce una limitazione
nel libero godimento della stessa, a seguito dell’azione giudiziaria di un terzo che vanta diriA sulla
cosa. Se l’evizione è stata totale (il terzo rivendica vi<oriosamente la proprietà della cosa
acquistata dal compratore), il venditore dovrà rimborsare al compratore il prezzo pagato e le spese
sostenute, anche se immune da colpa ed è tenuto inoltre al risarcimento integrale del danno se il
fa<o è imputabile a un suo comportamento doloso o colposo. Se invece l’evizione è stata parziale
(il terzo rivendica la proprietà di una parte di una cosa acquistata dal compratore), il compratore ha
diri<o solo ad una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento dei danni.
In caso di esclusione della garanzia per evizione, il venditore non è tenuto al risarcimento del
danno, ma solo alla res+tuzione della somma ed al rimborso delle spese. Secondo l’art. 1488 anche
questo obbligo viene meno se la vendita avviene “a rischio e pericolo del compratore”.
5. Vizi. Mancanza di qualità. Buon funzionamento
Il venditore deve garan+re che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendono inidonea all’uso
cui è des+nata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore (art. 1490). La garanzia copre di
regola solo i vizi occul+ (non conosciu+ o non facilmente riconoscibili dal compratore al momento
dell’acquisto). Copre anche i vizi facilmente riconoscibili quando il venditore ha dichiarato che la
cosa era esente da vizi e i vizi apparen+ quando si tra<a di cose che il compratore non ha potuto
esaminare al momento della conclusione del contra<o. In presenza di vizi coper+ dalla garanzia, il
compratore può chiedere o la risoluzione del contra<o o la semplice riduzione del prezzo: la scelta
tra le due azioni è irrevocabile quando fa<a giudizialmente. L’esercizio delle azioni derivan+ dalla
garanzia per vizi è sogge<o al termine di decadenza di 8 giorni dalla scoperta del vizio a meno che
non venga riconosciuto o occultato dal venditore e prescrizione di 1 anno dalla consegna. Nel caso
129
par+colare in cui la cosa venduta non ha le qualità promesse o essenziali per l’uso cui è des+nata
(art 1497), il compratore ha diri<o ad o<enere la risoluzione del contra<o. L’azione di risoluzione
per inadempimento non è invece sogge<a a termini di decadenza e soggiace all’ordinaria
prescrizione decennale quando la cosa consegnata sia completamente diversa da quella pa<uita o
difeA delle qualità necessarie ad assolvere la funzione che le par+ hanno assunto come essenziale
(aliud pro alio). Con la garanzia di buon funzionamento (cose mobili), durante il periodo coperto
dalla garanzia, il compratore ha diri<o di o<enere la sos+tuzione o riparazione della cosa per difeA
di funzionamento anche se non sono dovu+ a vizi o mancanza di qualità. Il compratore deve
denunziare i difeA di funzionamento entro 30 gg dalla scoperta. Inoltre, la rela+va azione si
prescrive entro 6 mesi dalla scoperta.
6. Garanzia di conformità
Quando la vendita ha per ogge<o beni di consumo, il venditore ha l’obbligo di consegnare al
consumatore beni conformi al contra<o di vendita ed è responsabile nei confron+ dello stesso per
qualsiasi dife<o di conformità esistente al momento della consegna del bene (il consumatore può
richiedere: riparazione del bene o sos+tuzione, riduzione del prezzo o anche la risoluzione del
contra<o). Il venditore è responsabile se il dife<o si manifesta entro due anni dalla consegna e può
a sua volta agire contro gli altri soggeA della catena distribu+va (produ<ore, preceden+ venditori).
7. Clausole sulla qualità della merce
Sono diffuse sopra<u<o nelle vendite commerciali, volte ad assicurare la presenza nella cosa
venduta delle specifiche qualità desiderate dal compratore. La vendita con riserva di gradimento
(art. 1520) è una vendita che si perfeziona solo dopo che il compratore ha esaminato la merce ed
ha comunicato al venditore che la stessa è di suo gradimento. Nella vendita a prova (art. 1521), il
contra<o è so<oposto alla condizione sospensiva che la merce abbia le qualità pa<uite o sia
idonea all’uso cui è des+nata. Nella vendita su campione (art. 1522), dalla merce ogge<o della
vendita (olio, vino…) viene prelevato un campione che deve servire come esclusivo paragone per la
qualità della merce.
8. Le obbligazioni del compratore
Obbligazione principale è quella di pagare il prezzo convenuto (art. 1498). Se non è pa<uito
diversamente, sono a carico del compratore anche le spese del contra<o di vendita e quelle
accessorie, comprese le spese di trasporto.
Se il contra<o nulla dice al riguardo e se non ci sono usi da applicare, il pagamento deve avvenire
al momento della consegna e nel suo luogo. Il pagamento può anche essere effe<uato a rate, ma
alla rateizzazione corrisponde la riserva di proprietà da parte del venditore fino al pagamento
dell’ul+ma rata (art. 1523)
9. La vendita con riserva di proprietà
La vendita con riserva di proprietà (art. 1523 e ss.) ricorre +picamente nelle vendite a rate
(pagamento del prezzo frazionato nel tempo). Offre un’efficace tutela al venditore contro
l’inadempimento del compratore e nel contempo lo libera immediatamente dai rischi ineren+ al
perimento del bene. Il compratore diventa il proprietario della cosa acquistata solo col pagamento
dell’ul+ma rata del prezzo. I rischi del perimento della cosa sono a carico del compratore fin dal
130
momento della consegna, dato che egli è così messo in grado di godere del bene (tenuto a pagare
tu<e le rate anche se la cosa perisce). A tutela del compratore è stabilito che il mancato
pagamento di una sola rata, che non superi l’o<ava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione
del contra<o. In caso contrario, il venditore può o<enere la risoluzione e ha diri<o alla res+tuzione
della cosa, anche se tenuto alla res+tuzione delle rate riscosse, salvo il diri<o a un equo compenso
per l’uso della cosa oltre al risarcimento dei danni.

CAPITOLO 28 – IL CONTRATTO ESTIMATORIO. LA SOMMINISTRAZIONE. I CONTRATTI DI


DISTRIBUZIONE
1. Il contraOo es<matorio
Il contra<o es+matorio è il contra<o con il quale una parte (denominata tradens) consegna uno o
più cose all’altra parte (denominata accipiens) e questa si obbliga a pagarne il prezzo entro un
termine stabilito, salvo che res+tuisca le cose nello stesso termine (art 1556). È u+lizzato nei
rappor+ fra fornitori e rivenditori in luogo del contra<o di vendita, quando il rivenditore vuole
evitare il rischio di dover pagare al fornitore la merce che gli rimane invenduta dopo un certo
tempo. Il contra<o es+matorio è un contra<o reale: si perfeziona con la consegna della merce
all’accipiens. Solo l’accipiens può disporre delle cose ricevute, benché queste res+no di proprietà
del tradens fin quando il primo non le ha rivendute o non ne ha pagato il prezzo (art. 1558).
L’accipiens ha l’obbligo di pagare il prezzo di s+ma stabilito nel contra<o. All’accipiens è
riconosciuta la facoltà di liberarsi di tale obbligo res+tuendo le cose nel termine pa<uito.
Il decorso del termine per la res+tuzione impone all’accipiens di adempiere la propria obbligazione
con il pagamento del prezzo; in caso di impossibilità di res+tuzione dei beni nella loro integrità, la
parte che li ha ricevu+ in consegna non è liberata dall’obbligo di pagarne il prezzo, anche se la
res+tuzione di esse nella loro integrità è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile (art.
1557).
Infine, l’art. 1558 prevede che, fino a quando il prezzo non sia stato corrisposto, le cose non
possono essere so<oposte a sequestro o a pignoramento da parte dei creditori dell’accipiens.
2. La somministrazione
La somministrazione è il contra<o con il quale una parte (somministrante) si obbliga, verso
corrispeAvo di un prezzo, ad eseguire a favore dell’altra parte (somministrato) prestazioni
periodiche o con+nua+ve di cose (art. 1559). È un contra<o +picamente di durata: consente di
soddisfare un bisogno durevole del somministrato assicurando regolarità delle forniture nel tempo
e la stabilità dei prezzi. La somministrazione è un contra<o che può avere per ogge<o solo la
prestazione di cose. Il contra<o che ha invece per ogge<o la prestazione periodica (prestazione
svolta a intervalli di tempo costan+ o variabili) o con+nua+va dei servizi cos+tuisce appalto.
Il fenomeno della somministrazione si riferisce a diverse figure:
• La somministrazione di consumo, in cui le cose date al somministrato vengono trasferite in
proprietà;
• La somministrazione a +tolo d’uso, ossia trasferimento del semplice godimento della cosa;
131
• La somministrazione periodica (ad es. Somministrazione di gasolio annuale);
• La somministrazione con+nua+va, come quella dell’energia ele<rica.
Il cara<ere con+nua+vo / periodico delle prestazioni, dis+ngue ne<amente tra somministrazione di
consumo e vendita a consegne ripar+te: la prima ha per ogge<o una pluralità di prestazioni dire<e
a soddisfare il bisogno del somministrato, mentre la vendita a consegne ripar+te ha per ogge<o
un’unica prestazione, oltretu<o frazionata nel tempo (ad es. le collane enciclopediche che escono
a volumi).
Il prezzo, se non stabilito dal contra<o, si determina secondo le regole della vendita.
Nella somministrazione periodica, il prezzo viene corrisposto all’a<o delle singole prestazioni ed in
loro proporzione; in quella con+nua+va, invece, il pagamento deve avvenire secondo le scadenze
d’uso.
Una par+colare disciplina è poi de<ata per quanto riguarda la risoluzione per inadempimento, il
quale se rela+vo a singole prestazioni di una delle par+, non legiAma la controparte a chiedere la
risoluzione. Ciò è possibile quando ricorrono due condizioni: se esso ha notevole importanza ed è
tale da menomare la fiducia per i successivi adempimen+ (art. 1564).
Per quanto riguarda la disciplina di tale faAspecie, bisogna analizzare la norma+va specifica e
quella di rinvio. Della norma+va specifica fanno parte:
A. En+tà della prestazione c.d. a piacere. Con questa il somministrante è vincolato a fornire la
quan+tà di cose pretesa di volta in volta dalla controparte e, qualora non sia determinata
l’en+tà della somministrazione, essa s’intende determinata in base al normale fabbisogno
della parte che vi ha diri<o (art. 1560);
B. Scadenza delle singole prestazioni. Il termine stabilito per le singole prestazioni si presume
pa<uito nell’interesse di entrambe le par+ e se l’avente diri<o alla somministrazione ha la
facoltà di fissare la scadenza delle singole prestazioni, egli deve comunicare la data al
somministrante con un congruo preavviso;
C. Pa<o di preferenza. Quel pa<o con cui il somministrato si obbliga a preferire lo stesso
somministrante qualora intenda s+pulare un successivo contra<o di somministrazione per
lo stesso ogge<o. La durata dell’obbligo non può eccedere i 5 anni;
D. Pa<o di esclusiva in favore di una delle par+:
• A favore del somministrante (art. 1567). L’altra parte non può ricevere da terzi
prestazioni della stessa natura di quelle offerte dal somministrante;
• A favore del somministrato (art. 1568). Il somministrante non può compiere nella
zona per cui l’esclusiva è concessa e per la durata del contra<o, prestazioni della
stessa natura contra<uale.
Secondo la norma+va di rinvio, invece, si possono applicare alla somministrazione anche le regole
che disciplinano il contra<o a cui corrispondono le singole prestazioni (art. 1570): alla
somministrazione d’uso è applicabile la disciplina sulla locazione, mentre per la somministrazione
di consumo trova applicazione la disciplina sulla vendita.
132
3. I contraF di distribuzione
Sono accordi che prevedono clausole che consentono al produ<ore una penetrante ingerenza nella
sfera decisionale dei propri rivenditori e un coordinamento unitario della rete distribu+va. Nel
contempo sono offerte ai venditori possibilità più sicure di guadagno a<raverso la concessione di
una posizione di privilegio (ad es. esclusiva di rivendita per una certa zona). È questo il fenomeno
della distribuzione integrata, diffuso per la commercializzazione di prodoA di serie a larga
diffusione o di marchi celebri.
Clausole +piche di questo contra<o consistono:
• nell’impegno del distributore di acquistare periodicamente quan+ta+vi minimi a condizioni
predeterminate nel contra<o;
• nell’impegno del distributore di promuovere la rivendita dei prodoA acquista+ secondo
modalità previste dal produ<ore.
Quest’ul+mo aspe<o può essere realizzato in due modalità: la concessione di vendita e il contra<o
di affiliazione commerciale (franchising di distribuzione).
4. Concessione di vendita
Nella concessione di vendita sono previste clausole che impongono ai rivenditori: un’efficiente
organizzazione di vendita, l’acquisto di quan+ta+vi minimi di merce a scadenze determinate, la
pra+ca di prezzi prestabili+ dal produ<ore, la fornitura di assistenza tecnica alla clientela, controlli
periodici da parte del concedente sull’efficienza dell’organizzazione di vendita.
La concessioni di vendita è un contra<o a+pico e ad esso può essere applicata per analogia la
disciplina della somministrazione.

5. L’affiliazione commerciale (franchising)

133
L’affiliazione commerciale (o franchising) è un contra<o tra imprenditori per la distribuzione di
servizi e/o beni. Tale contra<o viene concluso tra un affiliante (franchisor) e una società/persona
fisica affiliata (franchisee)
Con il contra<o di affiliazione commerciale, l’affiliante:
• concede verso corrispeAvo all’affiliato un insieme di diriA di proprietà industriale o
intelle<uale rela+vi a marchi, insegne, diriA di autore, breveA, assistenza o consulenza
tecnica e commerciale;
• inserisce l’affiliato in un sistema di più affilia+ distribui+ sul territorio.
Il contra<o può riguardare la vendita di beni (franchising di distribuzione), la produzione di beni
(franchising di produzione) o la distribuzione di servizi (franchising di servizi). L’affiliato è tenuto ad
u+lizzare i segni dis+n+vi dell’affiliante e ad adeguarsi completamente ai modelli opera+vi
prefissa+ secondo la formula commerciale voluta dall’affiliante. Il contra<o di affiliazione deve
precisare gli inves+men+ e le spese richieste all’affiliato prima dell’inizio dell’aAvità (entrance fee),
le percentuali che deve versare all’affiliante (royal:es), nonché l’incasso minimo che l’affiliato si
impegna a realizzare. Il contra<o può essere a tempo indeterminato o determinato, ma con una
durata mai inferiore a 3 anni.
L’affiliante è tenuto a mantenere la massima riservatezza sul know – how che gli viene comunicato
e tale obbligo permane anche dopo lo scioglimento del contra<o.
L’eventuale trasmissione di informazioni false da parte dell’affiliante può condurre all’annullamento
del contra<o. Tu<avia, non è agevole definire la sorte contra<uale nel caso di omissioni o
re+cenze.

CAPITOLO 29 – L’APPALTO
1. Nozione. CaraOeri essenziali
L’appalto è il contra<o con il quale una parte (appaltatore) assume con organizzazione dei mezzi
necessari e con ges+one a proprio rischio, il compimento di un’opera o per lo svolgimento di un
servizio, verso un corrispeAvo in denaro (art. 1655). In questo si dis+ngue ne<amente l’appalto
d’opera dal contra<o d’opera. Ne<a in teoria è la dis+nzione tra appalto e vendita e
somministrazione, in quanto il primo ha per ogge<o una prestazione di fare, a differenza delle
seconde che invece presuppongono una prestazione di dare. Nella realtà tale differenza può essere
molto minuziosa, ad esempio: se si commissiona ad un fabbricante di mobili la realizzazione di una
credenza, il contra<o s+pulato sarà appalto o vendita? La giurisprudenza risolve la controversia
introducendo il criterio della prevalenza: si ha appalto se la prestazione di fare prevale su quella di
dare, viceversa in caso di vendita. Puntualizza la più recente giurisprudenza sancendo che la
prevalenza dev’essere valutata con riguardo allo scopo del negozio: si avrà vendita quando i beni
richies+ rientrano nella normale produzione del venditore ed al massimo vengono richieste
modifiche marginali; si s+pulerà un contra<o di appalto se la produzione è del tu<o difforme da
quella ordinaria (es. un’automobile fuori serie).

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Commi<ente dell’opera o del servizio può essere sia un sogge<o privato, sia lo Stato o un ente
pubblico. La disciplina de<ata dal c.c. è tu<avia applicabile integralmente solo agli appal+ priva+.
2. Le obbligazioni dell’appaltatore (art. 1658 ss.)
Obbligazione principale dell’appaltatore è quella del compimento dell’opera o dello svolgimento
del servizio ogge<o del contra<o. Di regola, i materiali sono forni+ dall’appaltatore ma, in caso
contrario, ques+ dovrà prontamente denunciare al commi<ente eventuali vizi o difformità degli
stessi per esonerarsi da responsabilità in caso i suddeA vizi comprome<ano il risultato finale della
prestazione promessa. Incaricato dell’esecuzione è l’appaltatore. Le modalità della stessa sono, di
regola, concordate con il commi<ente e trascri<e su un documento de<o “capitolato”. Si precisa
che, mentre l’opera è in corso di svolgimento, l’appaltatore è tenuto ad informare il commi<ente di
eventuali difeA del proge<o o delle istruzioni che possono pregiudicane la riuscita; fermo restando
che il modus operandi imposto è “la regola d’arte”. Molto ar+colata è la disciplina delle variazioni
in corso d’opera. In via generale possiamo affermare che l’appaltatore non può modificare il
proge<o iniziale senza approvazione scri<a del commi<ente e, se non previsto fin dal principio,
non può richiedere nemmeno un supplemento del compenso. Tale rigida disciplina subisce tu<avia
un parziale temperamento nel caso in cui le modifiche si rendano necessarie per la realizzazione “a
regola d’arte” o su richiesta del commi<ente. Il commi<ente, durante il proseguo dei lavori, può
verificare l’o<emperanza della pa<uizione, nonché il rispe<o della posa in opera a regola d’arte
servendosi, a sue spese, di esper+ e/o nominando un dire<ore dei lavori. In caso tali controlli
evidenzino difformità rispe<o a quanto pa<uito, il commi<ente concederà all’appaltatore un
termine entro il quale dovrà conformare l’opera a quanto risulta dal capitolato. All’inu+le spirare
del termine il contra<o si risolve. Una volta completata l’opera, e solo quando l’appaltatore lo
consente, il commi<ente ha diri<o ad una verifica finale dei requisi+ de<a “collaudo”. Eseguita la
verifica il commi<ente è tenuto a comunicare, qualora riscontrato, l’esito nega+vo della stessa e il
conseguente rifiuto dell’opera. L’opera si considera invece acce<ata quando: a) il commi<ente non
informa l’appaltatore del risultato della verifica entro brevi termini o non la esegue affa<o; b)
quando l’appaltatore consegna l’opera senza riserve, ancorché non si sia proceduto alla verifica.
Tali procedure sono par+colarmente importan+ perché all’acce<azione dell’opera si subordinano 3
effeA:
1) i rischi del perimento della cosa passano dall’appaltatore al commi<ente;
2) l’appaltatore è esonerato da responsabilità per i vizi che si potevano palesare con il
collaudo;
3) l’appaltatore ha diri<o al corrispeAvo, salvo diversa pa<uizione.

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3. Difformità e vizi dell’opera
Una volta che l’opera sia stata compiuta e consegnata al commi<ente l’appaltatore è tenuto “alla
garanzia per le difformità e i vizi dell’opera” (art. 1667). Se l’opera è stata acce<ata senza riserve, la
garanzia copre solo i vizi e le difformità occul+, nonché quelli taciu+ in mala fede dall’appaltatore.
L’azione del commi<ente è sogge<a a un breve termine di decadenza: ques+ deve denunziare
all’appaltatore il palesarsi di eventuali vizi occul+ entro 60gg dalla scoperta degli stessi, e
comunque non oltre i 2 anni dalla consegna. Tu<avia, nella gamma dei rimedi offer+ al
commi<ente (art. 1668), spicca la possibilità di richiedere la risoluzione del contra<o solo quando i
vizi siano talmente gravi da rendere l’opera inservibile. In caso contrario le strade percorribili dal
commi<ente sono 2:
a) può pretendere che l’appaltatore sani i vizi a sue spese;
b) può o<enere una riduzione del prezzo.
Essendo ques+ effeA derivan+ da responsabilità contra<uale, per la quale la legge presume la
colpa dell’appaltatore, il commi<ente maturerà quindi il diri<o al risarcimento dei danni soffer+.
Per gli appal+ ineren+ alla costruzione di edifici o altri immobili des+na+ a lunga durata, la tutela
fin qui esposta diviene decennale soltanto nel caso di rovina totale o parziale del fabbricato. La
denunzia all’appaltatore può essere fa<a entro 1 anno dalla scoperta e la possibilità di esperire
l’azione decade in 1 anno dalla denunzia.
4. Le obbligazioni del commiOente
Obbligazione fondamentale del commi<ente è quella di pagare un corrispeAvo in denaro. Il
contra<o resta valido anche se le par+ non hanno né concordato un prezzo né le modalità per
stabilirlo. In ques+ casi ci si accorda secondo gli usi o si lascia decidere al giudice (art. 1657). Il
prezzo può essere determinato a corpo, a misura o in una modalità mista. Quando è determinato a
corpo (o a forfait), di regola e salvo pa<o contrario, l’appaltatore non ha diri<o a supplemen+ di
prezzo ineren+ a supplemen+ d’opera anche se approva+ dal commi<ente (art. 1659). Se il prezzo
è concordato a misura (ad es. tot al metro cubo), l’importo sarà calcolato alla consegna, fermo
restando che il contra<o deve riportare una s+ma approssima+va della stessa. Sono possibili forme
miste. Cara<eris+ca peculiare del contra<o di appalto è la revisione del prezzo in corso d’opera (art
1664). Due sono i casi in cui si può verificare: il primo caso riguarda l’eventualità in cui il costo dei
materiali e della manodopera lievita o diminuisce a tal punto da far crescere/diminuire il costo
della posa in opera più del 10% (revisione chiesta da entrambe le par+). In questo caso
l’appaltatore potrà o<enere una revisione del corrispeAvo per l’eccedenza del 10%; che si ri+ene
sia l’alea rientrante nel rischio. Il secondo caso è inerente alla sfortunata circostanza in cui
l’appaltatore, nel corso dei lavori, vada incontro ad imprevis+ causa+ da disses+ idrogeologici
assolutamente non prevedibili dalle par+ al tempo della s+pula, che rendono decisamente più
onerosa la posa in opera (revisione a favore dell’appaltatore). In questo caso l’appaltatore ha diri<o
ad un equo compenso svincolato dalla franchigia del 10%. Si so<olinea che quanto fin qui esposto
ha cara<ere disposi+vo e quindi derogabile in sede contra<uale. Ne deriva che è possibile fissare il
corrispeAvo e renderlo immodificabile, al di là degli imprevis+ (c.d. prezzo bloccato).
5. Es<nzione del rapporto

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Per definizione l’appalto è un contra<o des+nato a durare nel tempo, e questo comporta che
l’appaltatore adempie all’obbligazione quando l’opera è completamente eseguita. Per questo
mo+vo si usa definire tale prestazione indivisibile. Cara<eris+ci sono quindi alcuni casi che
comportano lo scioglimento del rapporto. Il primo caso in esame, è l’impossibilità sopravvenuta
per causa non imputabile a nessuna delle par+. Per tale eventualità la legge prevede che il
commi<ente dovrà comunque pagare per la parte dell’opera realizzata che è ancora servibile dallo
stesso (art. 1672). Solo il commi<ente ha diri<o di recedere in qualunque momento dal contra<o,
fermo restando che dovrà pagare per quanto già eseguito dall’appaltatore indennizzandolo anche
del mancato guadagno (art. 1671). In caso di morte dell’appaltatore, il contra<o di regola non si
scioglie, ecce<o nel caso in cui sia stato s+pulato intuitu personae (appaltatore infungibile).
Tu<avia, il commi<ente potrà recedere dal contra<o qualora ritenga che gli eredi non diano
sufficien+ garanzie per la corre<a realizzazione dell’opera (art. 1674), essendo tenuto in questo
caso al solo pagamento del valore dell’opera già realizzata più le spese sostenute, sempre entro il
limite dell’u+lità (art. 1675).
Ovviamente il rapporto di appalto si es+ngue, anche, per effe<o dell’esecuzione dell’opera o della
prestaziome del servizio ogge<o del contra<o.
Queste due faAspecie cos+tuiscono l’ipotesi fisiologica di es+nzione, mentre impossibilità
sopravvenuta, recesso (anche ingius+ficato) e morte cos+tuiscono le ipotesi patologiche del
rapporto.
6. Il subappalto
Il subappalto è un contra<o di appalto s+pulato dall’appaltatore ed un terzo per la realizzazione
totale o parziale dell’opera originariamente commissionata dal primo commi<ente. L’appaltatore
assume perciò la veste di commi<ente (subcommi<ente) nei confron+ del subappaltatore. Tale
eventualità deve essere espressamente concessa dal commi<ente nel primo contra<o d’appalto,
al fine di garan+re che l’impresa scelta sia quella che effeAvamente eseguirà il lavoro (art. 1656). I
due contraA, anche se collega+, restano dis+n+. Così sarà sempre e solo l’appaltatore ad essere
responsabile nei confron+ del commi<ente di quanto eseguito dal subappaltatore. È tu<avia
concesso all’appaltatore (subcommi<ente) di agire in regresso nei confron+ del subappaltatore in
caso di difformità o vizi riscontra+ dal commi<ente. Ed è altresì obbligo dell’appaltatore quello di
comunicare entro 60gg dalla no+zia, eventuali azioni intentate dal commi<ente.
7. La subfornitura
Capita spesso, nelle grandi aziende (contraente forte), che queste demandino una parte o la
totalità del ciclo di produzione ad altre imprese in genere medio-piccole. Questo +po di rapporto è
in via generale inquadrabile nello schema contra<uale dell’appalto o della somministrazione.
È questo il fenomeno della subfornitura: si cara<erizza per il fa<o che il subfornitore (contraente
debole) agisce secondo le direAve del commi<ente, si avvale delle sue tecnologie ed è
assogge<ato a controlli più o meno invaden+ sulla qualità dei prodoA/servizi, venendo così a
crearsi una vera e propria dipendenza economica. Proprio l’esigenza di tutelare le imprese
subfornitrici dagli abusi dei commi<en+ è il mo+vo ispiratore della legge 192/1998. Ai fini di legge
si è in presenza di un contra<o di subfornitura quando:

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a) un imprenditore si impegna ad effe<uare per conto di un’impresa commi<ente lavorazioni
su prodoA semilavora+ o su materie prime fornite dal commi<ente medesimo
(subfornitura di lavorazione); oppure si impegna a fornire prodoA o servizi che entrano nel
circuito economico della commi<ente o nel ciclo di produzione della stessa (subfornitura di
prodo<o/servizio);
b) le prestazioni del subfornitore devono essere eseguite “in conformità a progeA esecu+vi,
conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o proto+pi forni+ dall’impresa commi<ente“.
In presenza di queste 2 preroga+ve sca<a una disciplina apposita volta ad esaltare la trasparenza
dei rappor+ tra commi<ente e subfornitore, nonché a tutelare gli interessi del secondo da possibili
abusi del primo. La forma scri<a è obbligatoria a pena di nullità, sopra<u<o quando il rapporto è
ad esecuzione con+nuata o periodica. Tu<avia, è previsto che in caso di nullità per dife<o di forma,
il subfornitore ha diri<o alla remunerazione di quanto svolto nell’esecuzione del contra<o in buona
fede. Per assicurare trasparenza, il contra<o deve ovviamente contenere: 1) requisi+ dei beni e
servizi richies+ dal commi<ente; 2) prezzo pa<uito (determinato o determinabile); 3) modalità di
consegna, di collaudo e di pagamento. In merito ai termini di pagamento, la legge prescrive che
questo deve avvenire non oltre i 60gg dalla consegna o dalla no+fica di esecuzione della
prestazione. La violazione di ques+ termini innesca una serie di conseguenze par+colarmente
favorevoli al subfornitore. Sono nulle per legge le seguen+ clausole: 1) modifica unilaterale di
qualsiasi condizione contra<uale; 2) per i contraA periodici e/o con+nua+vi è inibita la facoltà di
recesso senza congruo preavviso; 3) è vietata la concessione dell’esclusività industriale ed
intelle<uale a favore del commi<ente senza che ques+ paghi un equo corrispeAvo. Il subfornitore
è e rimane solo responsabile del bene o servizio ogge<o del contra<o, rimanendo esonerato da
eventuali difformità dei materiali forni+ dal commi<ente, salvo tempes+va no+fica.

CAPITOLO 30 – IL CONTRATTO DI TRASPORTO


1. Nozione e <pi
Con il contra<o di trasporto, una parte (ve<ore) si obbliga, verso corrispeAvo, a trasportare
persone o cose da un luogo a un altro (art.1678). Ogge<o del contra<o di trasporto è quindi
l’esecuzione di un servizio qualificato: il trasferimento nello spazio di persone (ar<. 1681 – 1682) o
cose (ar< 1683 – 1702). Il codice civile è integralmente applicabile solo al trasporto terrestre su
strada in quanto il trasporto mariAmo e il trasporto aereo sono specificamente regola+ dal codice
della navigazione e il trasporto ferroviario è disciplinato da apposite leggi speciali.
2. Pubblici servizi di linea
I servizi di linea sono ges++ da imprese (pubbliche e private) in regime di concessione
amministra+va. Per assicurare il servizio alla generalità degli uten+ e per evitare abusi, per le

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imprese che ges+scono pubblici servizi di linea valgono le stesse limitazioni che colpiscono le
imprese che operano in regime di monopolio (art. 2597).
Il concessionario, infaA:
• è obbligato ad acce<are le richieste di trasporto che siano compa+bili con i mezzi ordinari
dell’impresa;
• deve rispe<are la parità di tra<amento fra i diversi richieden+.
Specifica dei pubblici servizi di linea è la disposizione secondo cui, in caso di più richieste
simultanee, deve essere preferita quella di percorso maggiore.
3. Il trasporto di persone
La disciplina si esaurisce in quella della responsabilità del ve<ore. La conclusione del contra<o è di
regola accompagnata dal rilascio di un biglie<o di viaggio (è un documento di legiAmazione). Il
ve<ore si obbliga, oltre a trasportare l’avente diri<o, anche a farlo arrivare indenne al luogo di
arrivo e ad evitare perdite o avaria alle cose che il viaggiatore porta con sé. Ne consegue che il
ve<ore:
• è responsabile per il ritardo o la mancata esecuzione del trasporto;
• è responsabile dei sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il trasporto e della perdita/
avaria del bagaglio se non prova di aver ado<ato tu<e le misure idonee ad evitare il danno.
Il ve<ore potrà liberarsi provando che il sinistro è dovuto:
• A caso fortuito;
• A fa<o del danneggiato (ad es. sceso dall’autobus in corsa);
• A fa<o di terzi.
Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità del ve<ore per i sinistri che colpiscono la
persona del viaggiatore.
La disciplina delineata si applica anche al trasporto gratuito, che va dis+nto da quello amichevole:
nel primo, sussiste un interesse del ve<ore (ad es. trasporto dei dipenden+ nella fabbrica), mentre
nel secondo si tra<a di una pura cortesia (ad es. autostoppista).
4. Il trasporto di cose
Il trasporto di cose è contra<o consensuale concluso fra il mi<ente e il ve<ore. Il mi<ente è tenuto
a fornire al ve<ore tu<e le indicazioni necessarie per l’individuazione della cosa da trasportare e
per l’esecuzione del trasporto (c.d. le<era di ve<ura) (art. 1683): il ve<ore è tenuto a rilasciarne un
duplicato allo scopo di provare il ricevimento della merce da trasportare. Obbligo fondamentale
del mi<ente è quello di pagare il corrispeAvo del trasporto, salvo che con apposita clausola questo
non sia stato posto a carico del des+natario (porto assegnato). Obbligazione fondamentale del
ve<ore è quella di eseguire il trasporto secondo le modalità convenute e di consegnare la merce al
des+natario, dandogli prontamente avviso dell’arrivo (art. 1687). Il ve<ore risponde per la mancata
esecuzione del trasporto o per il ritardo nell’esecuzione ed è inoltre responsabile per la perdita e
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per l’avaria delle cose consegnategli, dal momento in cui le riceve al momento in cui le consegna al
des+natario (responsabilità ex recepto).
Per so<rarsi al risarcimento danni il ve<ore è tenuto a fornire la prova posi+va e specifica che la
perdita o l’avaria sono dovute ad una delle seguen+ cause a lui non imputabili: caso fortuito,
natura o vizi delle cose trasportate o del loro imballaggio, fa<o del mi<ente o del des+natario.
5. Trasporto con pluralità di veOori
Non sempre un singolo ve<ore è in grado di eseguire l’intero trasporto dalla partenza all’arrivo. È
necessaria, perciò, la cooperazione di altri ve<ori. Questa cooperazione può avvenire con il
subtrasporto, il trasporto con rispedizione e trasporto cumula+vo. Nel trasporto con subtrasporto
il primo ve<ore si impegna dire<amente verso il mi<ente ad eseguire l’intero trasporto. Per la
parte di percorso cui non può provvedere dire<amente si avvale però di altri ve<ori (subve<ori),
con i quali s+pula altre<an+ contraA di trasporto in nome e per conto proprio, assumendo così nei
loro confron+ la veste giuridica del mi<ente (submi<ente). Nel trasporto con rispedizione il ve<ore
si obbliga verso il mi<ente a eseguire il trasporto per una parte del percorso e a s+pulare poi per i
traA successivi uno o più contraA di trasporto con altri ve<ori, in nome proprio ma per conto del
mi<ente (ogni ve<ore è responsabile del trasporto solo per il proprio percorso). Nel trasporto
cumula+vo, più ve<ori si obbligano con un unico contra<o ad eseguire il trasporto fino al luogo di
des+nazione, ciascuno per un tra<o dell’intero percorso. Nel trasporto cumula+vo di persone è
agevole accertare in quale percorso si è verificato un eventuale sinistro; in quello di cose invece,
per la difficoltà di provare in quale tra<o di percorso si è verificato il sinistro, i ve<ori sono
responsabili in solido dell’intero percorso.

CAPITOLO 31 – DEPOSITO NEI MAGAZZINI GENERALI


Introduzione al contraOo di deposito
“È il contra<o reale col quale una parte (depositario) riceve dall’altra (deponente o depositante)
una cosa mobile com l’obbligo di custodirla e di res+tuirla in natura” (art. 1766).
La funzione del deposito consiste nell’assicurare la custodia di una cosa, garantendone la vigilanza
necessaria per la sua conservazione ai fini della res+tuzione. Al depositario non solo non passa la
proprietà, ma nemmeno il possesso della cosa: egli de+ene la cosa soltanto nell’interesse del
depositante e non ne può disporre e nemmeno servirsene (art. 1770).
Nel deposito gratuito la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore. Il depositario deve
res+tuire la cosa quando il depositante gliela richiede salvo non sia convenuto um termine
nell’interesse del depositario e il primo può domandare di esse liberato dall’obbligo della custodia
in qualunque momento.
Se il bene ogge<o del deposito proviene da reato e la persona derubata è nota, il depositario deve
denunciarne il deposito fa<o presso di sé (art. 1778).
Si parla di deposito irregolare quando ogge<o del deposito è una quan+tà di denaro o di altre cose
fungibili, delle quali viene concessa al depositario la facoltà di servirsi: il depositario acquista allora
la proprietà delle cose ed è tenuto a res+tuire non le stesse cose, ma la stessa quan+tà di esse.
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1. Nozione e disciplina
I magazzini generali sono imprese di custodia di merci sogge<e a specifica regolamentazione e a
controllo della pubblica amministrazione. Il magazzino assume l’obbligo di custodire le cose mobili
ricevute e di res+tuirle in natura. Le merci depositate che hanno la medesima natura (ad es.
carbone), sono immagazzinate negli stessi locali previo consenso (deposito “alla rinfusa”). Il
magazzino generale è responsabile, a meno che non provi che la perdita, del calo o dell’avaria della
merce che siano deriva+ da caso fortuito, dalla natura delle merci o da vizi delle stesse o
dell’imballaggio. Perciò i danni derivan+ da cause ignote sono a suo carico.
2. Fede di deposito e nota di pegno
A richiesta del depositante, i magazzini generali devono rilasciare una fede di deposito della merce
cui è unita la nota di pegno. La fede di deposito è un +tolo di credito all’ordine rappresenta+vo
della merce depositata. A<ribuisce al possessore legiAmo il diri<o alla riconsegna della merce e
può anche essere trasferito tramite girata. La nota di pegno a<esta che sulla merce depositata non
sussiste diri<o di pegno. La nota di pegno può essere u+lizzata dal possessore del doppio +tolo per
o<enere un finanziamento garan+to da pegno sulle merci depositate e a tal fine stacca la nota di
pegno dalla fede di deposito e la me<e in circolazione mediante girata a favore del finanziatore.
La fede di deposito priva della nota di pegno indica che sulla merce è stato cos+tuito un diri<o di
pegno: il possessore della sola fede di deposito potrà perciò ri+rare la merce solo depositando
presso i magazzini generali la somma dovuta al creditore pignora+zio (art. 1795).
Il possessore della nota di pegno è a sua volta tutelato da due azioni: può far vendere la merce
depositata e soddisfarsi sul ricavato, oppure, se dopo la vendita rimane insoddisfa<o, può agire
contro il debitore principale, nonché contro i giran+ della fede di deposito e gli altri giran+ della
nota di pegno.

CAPITOLO 32 – IL MANDATO
1. Nozione e <pi
Il mandato è il contra<o con il quale una parte (mandatario) si obbliga a compiere uno o più aA
giuridici per conto dell’altra parte (mandante) (art. 1703). Ad esempio: acquistare o vendere beni;
assumere obbligazioni; eseguire pagamen+ o riscuotere credi+. Il tu<o per conto del mandante,
sul quale ricadono gli effeA nega+vi e posi+vi dell’aAvità gestoria del mandatario. Il mandato è
quindi un contra<o di cooperazione giuridica esterna, cui +picamente si ricorre quando un
sogge<o non può o non vuole provvedere di persona alla cura dei propri interessi. Il mandato può
essere conferito a più mandatari. Ciascun mandatario agisce disgiuntamente dagli altri, salvo che
non sia indicato che devono agire congiuntamente. Il mandato può essere anche colleAvo, cioè
conferito da più mandan+ ad uno stesso mandatario con a<o unico e per un affare di interesse
comune. Il mandato è di regola conferito nell’interesse del mandante, ma può essere conferito
anche nell’interesse del mandatario (mandato in rem propriam).

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Il mandato poi, può essere generale o speciale: nel primo caso, il mandatario può compiere solo gli
aA di ordinaria amministrazione, mentre per quelli rientran+ nella straordinaria è necessario che
siano specifica+ nel mandato; nel secondo caso, ha ad ogge<o uno o più aA giuridici individua+.
2. Mandato con e senza rappresentanza
Il mandato è con rappresentanza quando il mandatario è legiAmato ad agire in nome e per conto
del mandante. TuA gli effeA degli aA pos+ in essere dal mandatario si producono dire<amente in
testa al mandante. Per abilitare il mandatario ad agire in nome del mandante è necessaria la
procura.
Il mandato è di per sé senza rappresentanza (il mandatario agisce per conto del mandante ma in
nome proprio): il mandatario acquista diriA e assume obblighi derivan+ dagli aA compiu+ con i
terzi, anche se ques+ hanno avuto conoscenza del mandato (i terzi non hanno alcun rapporto col
mandante). Per i credi+ il mandante, sos+tuendosi al mandatario, può esercitare i diriA di credito
derivan+ dall’esecuzione del mandato, senza pregiudicare i diriA che spe<ano al mandatario.
Quando il mandato ha per ogge<o l’acquisto di beni mobili, il mandante può rivendicare le cose
mobili acquistate per suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio. In caso di acquisto
del mandatario dal terzo si ha un doppio trasferimento automa+co e contestuale (dal terzo al
mandatario e dal mandatario al mandante).
Quando invece il mandato ha per ogge<o l’acquisto di beni immobili o mobili registra+, il
mandatario è obbligato a ritrasferire al mandante le cose acquistate ed in caso di inadempimento
si osservano le norme rela+ve all’esecuzione dell’obbligo a contrarre. Il mandante può tu<avia
agire in via giudiziale per o<enere il trasferimento del bene mediante sentenza cos+tu+va.
3. Obbligazioni del mandatario
Egli deve eseguire il mandato con diligenza del buon padre di famiglia, rispe<ando i limi+ fissa+ nel
mandato (art. 1710 ss.). Deve rispe<are le istruzioni ricevute dal mandante, operando in modo da
realizzare al meglio l’interesse del mandante, rendendo note a tal fine le circostanze sopravvenute
che facciano pensare che il mandante avrebbe approvato. Eseguito il mandato, deve darne
comunicazione al mandante, anche per consen+rgli di valutare se l’incarico è stato eseguito
corre<amente. Conclusa l’aAvità gestoria, il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo
operato. Il mandatario non risponde verso il mandante delle obbligazioni assunte dai terzi con i
quali ha contra<ato. Il mandatario può eseguire il mandato anche a mezzo di un’altra persona
(sos+tuto). Il mandante però non rimane senza tutela (art. 1717). InfaA:
• Il mandante può agire dire<amente contro il sos+tuto;
• Il mandatario è sempre responsabile delle istruzioni impar+te al sos+tuto;
• Il mandatario è responsabile anche dell’operato del sos+tuto, quando la sos+tuzione non
sia stata autorizzata dal mandante.
4. Obbligazioni del mandante
Oltre a corrispondere al mandatario il compenso pa<uito, il mandante:
• deve somministrare i mezzi necessari al mandatario per l’esecuzione del mandato;
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• deve rimborsargli le somme dallo stesso an+cipate con gli interessi legali;
• deve risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico.
Il mandatario ha diri<o di privilegio sulle cose del mandante che de+ene per l’esecuzione del
mandato.
5. Es<nzione del mandato
Il mandante può revocare in ogni momento l’incarico conferito al mandatario, dandogli un congruo
preavviso se il mandato è a tempo indeterminato. Il mandato è revocabile anche se le par+ hanno
stabilito che è irrevocabile. È invece ex lege irrevocabile il mandato in rem propriam: a differenza
della revoca senza giusta causa nel mandato convenzionale che espone solo al risarcimento danni,
nel mandato in rem propriam l’assenza di giusta causa rende improduAva di effeA la revoca. Se il
mandato è colleAvo, la revoca non ha effe<o se non è fa<a da tuA i mandan+.
Il mandatario può rinunziare al mandato conferitogli, ma deve risarcire i danni al mandante se non
ricorre una giusta causa.
Il mandato si es+ngue in caso di morte, interdizione o inabilitazione del mandante o del
mandatario. Vi sono però eccezioni a questa regola:
• il mandato non si es+ngue quando ha per ogge<o aA per+nen+ all’esercizio dell’impresa e
questa è con+nuata (art. 1723);
• non si es+ngue per la morte o la sopravvenuta incapacità del mandante quando è stato
conferito anche nell’interesse del mandatario o di un terzo (rem propriam) (art. 1723).
Il mandato si es+ngue anche in caso di fallimento del mandatario.
6. Commissione e spedizione
Sono so<o+pi di mandato senza rappresentanza. La commissione è un mandato che ha per
ogge<o esclusivo l’acquisto o la vendita di beni, per conto del commi<ente ed in nome del
commissionario (art. 1731). Ha diri<o ad un compenso (provvigione). Il commissionario si rende
responsabile nei confron+ del commi<ente per l’esecuzione dell’affare (entrata del commissionario
nel contra<o) e per l’adempimento delle obbligazioni assunte dal terzo contraente nei suoi
confron+ (c.d. star del credere). La spedizione è un contra<o di mandato con il quale lo
spedizioniere si obbliga a concludere in nome proprio e per conto del mandante un contra<o di
trasporto (art. 1737). È ne<a, perciò, la dis+nzione fra trasporto e spedizione. Il ve<ore esegue il
trasporto; lo spedizioniere si obbliga a s+pulare con un ve<ore un contra<o di trasporto, per conto
del mandante. La legge consente che lo spedizioniere provveda dire<amente all’esecuzione
parziale o totale del trasporto (figura dello spedizioniere-ve<ore).

CAPITOLO 33 – IL CONTRATTO DI AGENZIA. LA MEDIAZIONE


1. Il contraOo di agenzia
Con il contra<o di agenzia, una parte (agente) assume stabilmente e verso retribuzione l’incarico di
promuovere contraA per conto terzi (preponente) in una zona determinata (art. 1742). L’agente
143
assume il nome di rappresentante di commercio quando ha il potere di concludere contraA
dire<amente in nome e per conto del preponente. Funzione +pica di agen+ e rappresentan+ è
quella di distribuire capillarmente i prodoA del preponente, s+molando ordini e contaA con la
clientela in un determinato ambito territoriale (zona). Seppur presentano molte affinità con i
lavoratori subordina+ (es. piazzis+ e commessi viaggiatori), essi rimangono ausiliari autonomi
dell’imprenditore preponente. È infaA ricorrente che l’agente o il rappresentante siano a loro volta
imprenditori commerciali. La natura +picamente imprenditoriale dell’agente, gius+fica il fa<o che
egli assume l’incarico a proprio rischio, anche se legato da un rapporto stabile con il preponente.
L’esercizio dell’aAvità di agente deve essere preceduta dalla dichiarazione di inizio aAvità alla
camera di commercio, che provvederà all’iscrizione nel R.I.
2. La disciplina
Il contra<o di agenzia può essere concluso anche verbalmente, salvo prova scri<a ed è diri<o
irrinunciabile di ciascuna delle par+ quello di avere una copia dello stesso (art. 1742,
irrinunciabile). Di regola, il contra<o di agenzia si abbina ad una clausola di esclusività che investe
tu<a la zona assegnata all’agente. Obbligo dell’agente è quello di promuovere con lealtà e buona
fede i contraA del preponente, in aggiunta al dovere di informazione che accompagna tu<o il
rapporto. Ed un par+colare accento cade sul divieto, sempre imposto all’agente, di non poter
riscuotere credi+ per conto del preponente. È facoltà del preponente conferire all’agente la
rappresentanza dell’impresa concedendo la possibilità di s+pulare dire<amente con i clien+
contraA che normalmente contengono la clausola “salvo approvazione della casa”. In questo caso,
si avrà la figura del rappresentante di commercio e non dell’agente. Il rappresentante può essere
inves+to anche del compito di riscuotere credi+ personali e/o di concedere scon+ entro un limite
prefissato con il preponente. Diri<o dell’agente è il compenso, calcolato in funzione del volume
d’affari procacciato dallo stesso (provvigione). Importante ingranaggio del meccanismo del
contra<o di agenzia è il fa<o che il rischio del “buon fine” dell’affare è a carico dell’agente. Egli
dovrà quindi agevolare la s+pula tra preponente e terzo, ed infaA, si dis+nguono 2 momen+ che
influiscono sull’assegnazione della provvigione all’agente: il diri<o a percepire la provvigione
matura alla s+pula del contra<o, ma diviene esigibile solo quando ambo le par+ avranno eseguito
le rispeAve prestazioni. Nel contempo l’agente è tenuto alla res+tuzione della provvigione quando
il contra<o non si conclude per causa non imputabile al preponente. Tale rigida disciplina è
opportunamente temprata a favore dell’agente nei seguen+ casi:
a) se il preponente ed il terzo si accordano per dare un’esecuzione solo parziale al
contra<o, all’agente spe<erà la provvigione proporzionale alla parte del contra<o che è
andata a buon fine;
b) se il preponente conclude dire<amente contraA nella zona riservata all’agente o in ogni
caso conclude con un cliente riservato all’agente, a ques+ spe<erà comunque la
provvigione come se il cliente l’avesse procacciato lui;
c) anche se il preponente conclude un contra<o dopo lo scioglimento del rapporto con
l’agente, ed a tale conclusione vi si è giun+ grazie prevalentemente al lavoro di
quest’ul+mo, la provvigione dovrà essere lo stesso pagata all’ex agente.

144
Una par+colare clausola a danno dell’agente è lo “star del credere”: tale regola prevedeva in
passato che l’agente fosse dire<amente responsabile delle eventuali perdite del preponente, ma
oggi non è più così. Tale clausola è concessa solo entro il limite della provvigione che l’agente
andrebbe a percepire da quel determinato affare. Ad ulteriore tutela sorgono gli obblighi del
preponente:
1) deve costantemente informare l’agente se il volume d’affari da ques+ procacciato nella
sua zona è inferiore alle aspe<a+ve;
2) deve tempes+vamente informare l’esito della s+pula di ciascun affare procacciato
dall’agente, sia esso concluso, rifiutato o non eseguito;
3) le provvigioni deve essere pagata all’agente entro il mese successivo al trimestre in cui
sono maturate;
4) deve consen+re all’agente il calcolo della provvigione fornendo con lealtà e buona fede
tuA i da+ numerici derivan+ dalla conclusione del contra<o concluso.
Come ogni contra<o duraturo può essere a tempo determinato o indeterminato, e resta fermo il
principio che trasforma un contra<o a termine in uno a tempo indeterminato se i rappor+
con+nuano dopo la scadenza. Se il contra<o è a tempo indeterminato, ciascuna delle par+ vi può
recedere dando un congruo preavviso, che in questo caso deve essere proporzionale alla durata
del rapporto (da 1 a 6 mesi). Alla conclusione del rapporto all’agente spe<a un’indennità
dire<amente proporzionale alle provvigioni che ques+ viene a perdere con l’interruzione del
rapporto. Tale indennità non è dovuta sempre, ma soltanto quando il portafoglio clien+
procacciato dall’agente rimane presso l’imprenditore. Ne consegue che, se l’agente passa a
lavorare per un altro preponente portandosi via il portafoglio clien+, non avrà diri<o a nessuna
indennità. Questo caso si aggiunge ai classici in cui l’indennità non sarà pagata: gravi
inadempienze, recesso senza giusta causa... L’en+tà dell’indennità non può essere superiore alle
provvigioni annue calcolate nella media degl’ul+mi 5 anni o meno se il rapporto è ancora più
recente. Allo scioglimento del rapporto si abbina un pa<o di non concorrenza inerente alla stessa
zona, se<ore economico e clientela della durata massima di 2 anni.

3. La mediazione
Mediatore mediatore colui che me<e in relazione due o più par+ per la conclusione di un affare,
senza essere legato ad alcuna di esse da rappor+ di collaborazione, di dipendenza di
rappresentanza (art. 1754).
La figura del mediatore ha la funzione di me<ere in conta<o le par+ interessate alla conclusione di
un contra<o, mantenendo però una posizione di totale autonomia e indipendenza in quanto non è
legato da vincoli di alcun genere con ambo le par+. Tipico esempio è l’agenzia immobiliare che
me<e in conta<o una parte interessata a vendere un immobile ed un potenziale acquirente. Il
mediatore può ricevere incarico da una delle par+ di procacciare una potenziale controparte, ma
145
questo non lo vincola in alcun caso. Cara<erizza quindi l’indipendenza del mediatore quanto
segue:
a) il mediatore conserva piena libertà di azione anche se ha ricevuto l’incarico da una delle
par+ e può disinteressarsi dell’affare in qualunque momento;
b) le par+ sono libere di concludere o meno, ma se il mediatore agiva per incarico di una
delle par+ avrà diri<o almeno al rimborso delle spese sostenute nell’interesse della
parte conferente (art. 1756);
c) il mediatore avrà diri<o alla provvigione per il solo fa<o di essere intervenuto al fine di
agevolare la conclusione del contra<o, momento questo che iden+fica il sorgere del
diri<o alla provvigione stessa (art. 1755).
Stando a quanto deciso dal legislatore, tali peculiarità NON devono essere necessariamente
riconosciute da un contra<o, del quale si abbisogna solo quando la mediazione è conferita con
incarico di una delle par+ (c.d. mediatore unilaterale). Al mediatore spe<a in ogni caso la
provvigione, anche se l’incarico non era stato conferito da nessuna delle par+. Per esercitare
l’aAvità di mediatore è necessaria una dichiarazione di inizio aAvità presso la camera di
commercio territorialmente competente, o presso il Repertorio per le no+zie economiche o
amministra+ve se l’aAvità non è esercitata in forma di impresa.
L’aAvità di mediatore è incompa+bile con l’esercizio di altre aAvità di lavoro autonomo o
subordinato o di impresa.
4. La disciplina
Il diri<o del mediatore alla provvigione matura con la conclusione dell’affare (art. 1755). La
provvigione è dovuta al mediatore per il solo fa<o che il contra<o si sia concluso grazie alla sua
ingerenza. Ci deve quindi essere un nesso di causalità tra l’aAvità di mediazione e la conclusione
del contra<o. È quindi evidente la differenza con l’agente che deve a<endere e garan+re il buon
esito dell’affare. In genere la provvigione è dovuta da entrambe le par+ (anche se il contra<o
concluso non è stato eseguito), ma in mancanza di un accordo sarà la Camera di commercio a
decidere secondo gli usi del luogo. È dras+camente sanzionata con la res+tuzione della provvigione
l’aAvità di mediatori non iscriA (legge 39/1989). Obbligo del mediatore è quello di informare le
par+ su tu<e le circostanze dell’affare. In questo caso emerge l’imparzialità imposta per legge al
mediatore, che anche se ha ricevuto incarico da una delle par+, deve mantenersi equidistante da
entrambe nell’informarle. Nonostante rimanga estraneo all’esecuzione del contra<o, può essere
incaricato di rappresentare una delle par+ per alcuni aA di esecuzione (art. 1761) del contra<o e/o
può prestare fideiussione per l’adempimento di una delle par+ (art. 1763). Peculiare disciplina è
prevista nel caso in cui il mediatore non riveli alle par+ l’iden+tà della controparte. In questo caso
è interesse di una delle par+ rimanere occulta, o del mediatore che le par+ non si conoscano in
quanto potrebbero concludere affari senza la sua ingerenza. In questo caso par+colare, egli rimane
responsabile della conclusione del contra<o e si assume in proprio tu<e le obbligazioni sorgen+
nell’interesse della parte che rimane occulta. Tale responsabilità permane fin quando l’iden+tà
delle par+ vengono rivelate.

146
CAPITOLO 34 – I CONTRATTI BANCARI
1. Impresa bancaria ed operazioni bancarie
Le imprese bancarie sono imprese commerciali la cui aAvità consiste nella raccolta del risparmio
tra il pubblico e nell’esercizio del credito. Le operazioni di raccolta del credito vengono de<e
operazioni passive, in quanto rendono la banca debitrice verso la massa dei clien+; viceversa, si
definiscono operazioni aAve quelle che rendono la banca creditrice verso i clien+. A queste 2
+pologie di operazioni si aggiungono quelle accessorie, di regola messe a disposizione dei clien+
(servizi di pagamento, servizio di cassa, ecc). Si an+cipa che le banche, oltre ai servizi di credito,
sono in grado di erogare ai propri clien+ una serie di servizi finanziari che prescindono dalla
raccolta del credito e pertanto sono offer+ anche da imprese non bancarie (ges+one di fondi di
inves+mento, leasing, factoring, ecc). L’aAvità delle banche è fulcro di mol+ meccanismi sociali,
che rende il loro servizio indispensabile e complesso. Per questo mo+vo la legislazione che
disciplina il se<ore bancario è stata variamente ar+colata e sviluppata nei decenni preceden+, fino
a culminare nel Testo unico delle leggi in materia bancaria (TUB d.lgs. 385/1993). Tale disciplina
pubblicis+ca incide profondamente:
a) sull’accesso all’aAvità bancaria, che deve essere autorizzato dalla BCE prima e dalla Banca
d’Italia poi;
b) sulla stru<ura giuridica dell’impresa. Concesse sono solo la s.p.a. e la coopera+va per
azioni;
c) sullo statuto delle imprese bancarie;
d) sull’organizzazione e sull’esercizio dell’aAvità bancaria, sempre vigilate dalla Banca d’Italia
e dal Cicr (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio).
In conclusione, quindi, il profilo pubblicis+co di tale disciplina che inevitabilmente si rifle<e sui
rappor+ di natura privata intra<enu+ dalle banche, è funzionale ad assicurare una prudente
ges+one del sistema bancario.
2. Le operazioni bancarie nel codice civile
La parte più eminente della disciplina, che colma quella lacunosa riportata sul codice, è
rappresentata dalle norme bancarie uniformi (n.b.u.). Tale disciplina rappresenta il punto di
riferimento per la disciplina generale di tuA i contraA bancari ed è stata elaborata dalle
associazioni di categoria delle banche come l’Abi (Associazione Bancaria Italiana). Le n.b.u.
garan+scono una standardizzazione dei contraA bancari, pur palesando in cer+ casi delle clausole
vessatorie per la clientela. Quest’ul+ma si trova spesso in una situazione di svantaggio per via del
forte squilibrio che si viene a creare in fase di contra<azione a causa del forte prepotere bancario.
In ogni caso, la conoscenza dell’effeAva disciplina bancaria non può prescindere dalla conoscenza
delle n.b.u.
3. La disciplina generale dei contraF bancari
Già la l. 154/1992 aveva sancito il principio della trasparenza bancaria nella fase di contra<azione. I
pun+ salien+ di tale disciplina sono sta+ poi assorbi+ nel Tub dell’anno successivo, e sono così
riassumibili:
147
a) le banche, sono tenute ad informare adeguatamente la clientela sulle condizioni
economiche dei contraA, a<raverso specifici fogli informa+vi e cartellonis+ca affissa nei
locali. È fa<o quindi espresso divieto di rinvio agl’usi per il conteggio del corrispeAvo che il
cliente dovrà pagare per contro dei servizi offer+ dalla banca;
b) il contra<o bancario deve essere concluso per iscri<o a pena di nullità, ed una copia deve
essere obbligatoriamente consegnata al cliente. Si precisa che la nullità opera solo a
vantaggio del cliente;
c) è stabilito un contenuto minimo che il contra<o deve avere ai fini di garan+re trasparenza e
corre<ezza.
Tu<e le clausole che violano i tre cardini dei contraA bancari sopraespos+ sono nulle e si hanno
per non apposte. Consegue l’applicazione dei tassi legali ben più favorevoli al cliente.
Nei contraA di durata è tu<avia concesso alle banche di modificare unilateralmente le condizioni
contra<uali (c.d. ius variandi), a pa<o che vi sia a monte di tale decisione un valido mo+vo. Quindi,
quando la banca modifica tassi d’interesse e corrispeAvi “in conseguenza di decisioni di poli+ca
monetaria” le modifiche devono necessariamente inves+re tu<e le operazioni bancarie, sia aAve
che passive. Ovviamente la banca deve comunicare le variazioni contra<uali al cliente secondo le
modalità fissate per legge a pena di nullità delle stesse con un preavviso di almeno 2 mesi. E di
conseguenza, il cliente ha diri<o di recedere senza spese dal contra<o prima che intervengano le
modifiche e le condizioni precedentemente pa<uite. Più in generale si può affermare che nei
contraA a tempo indeterminato (come il conto corrente), il cliente può recedere il qualsiasi
momento senza spese. È infine obbligo della banca quello di comunicare periodicamente al cliente
tu<e le condizioni contra<uali al tempo vigen+. Ulteriore contributo alla tutela dei clien+ è
rappresentato dalla disciplina an+monopolis+ca. La Banca d’Italia, un tempo preposta
all’osservanza di tale disciplina (ora è l’AGCM), ha sancito ed imposto che le n.b.u., oltre ad essere
capisaldi della disciplina, siano anche delle intese restriAve in ambito concorrenziale. Ha quindi
imposto all’Abi di renderle non vincolan+ per le banche associate in quanto in contrasto con la
disciplina della concorrenza.
Per agevolare la composizione delle li+ di valore non elevato, riguardan+ prestazioni bancarie e/o
finanziarie, è aAvo dal 2009 l’Arbitro bancario, le cui decisioni non sono vincolan+ per le par+ e
non precludono il ricorso all’autorità giudiziaria.
4. I deposi< bancari
Il deposito di denaro è la principale operazione passiva compiuta dalle banche. Esso si cara<erizza
come un +po par+colare di deposito irregolare (art. 1782j, che presuppone l’acquisto della
proprietà del denaro da parte della banca depositaria. Quest’ul+ma è tenuta alla res+tuzione di
quanto depositato allo scadere di un certo termine prefissato (deposito vincolato) o a richiesta con
senza preavviso del cliente (deposito libero).
In passato era prevalente l’u+lizzo di deposi+ a tempo, ossia deposi+ des+na+ a far acquisire al
depositante un rendimento nel tempo; più di recente è diventato prevalente l’u+lizzo dei cosiddeA
deposi+ moneta, ovvero deposi+ in conto corrente cara<erizza+ da rilevante flessibilità opera+va,
nonché dalla possibilità di movimentare il conto.
148
Il tasso di interesse sul deposito deve essere obbligatoriamente indicato sul contra<o (o sul libre<o
di deposito se su di questo viene effe<uato). Inoltre, la clientela deve essere informata sui cos+,
che non possono essere inferiori da quelli pra+ca+ in via generale dalla banca ed affissi quindi nei
locali della stessa, a pena dell’applicazione dei tassi legali. Gli interessi sono capitalizza+
periodicamente, secondo quanto indicato nel contra<o (di regola annualmente) e vengono
liquida+ in caso di interruzione del rapporto. I deposi+ possono essere di 2 +pi: semplici (o
ordinari) e a risparmio. I deposi+ semplici non prevedono la possibilità di effe<uarne altri prima
della scadenza, precludendo inoltre la possibilità di prelevamen+ parziali prima della stessa (+pici
esempi sono: i buoni fruAferi, i cer+fica+ di deposito, ecc). I deposi+ a risparmio (o liberi)
prevedono, invece, la possibilità di versare e prelevare liberamente, purché tali operazioni:
1) avvengano in contan+;
2) siano comprova+ da un apposito documento de<o libre<o di deposito a risparmio, nel
quale devono essere annotate tu<e le operazioni;
3) di regola e salvo pa<o contrario, siano effe<ua+ presso la banca nella quale si è aperto il
libre<o.
Par+colarmente rilevante è il valore probatorio di quanto annotato sul libre<o di deposito. InfaA,
l’annotazione sul libre<o effe<uata dall’impiegato (anche se apparente), ha valore probatorio tra
banca e depositante. Il libre<o, quindi, è l’unico mezzo di prova del rapporto, ed è nullo ogni pa<o
contrario. I libreA possono essere: nomina+vi, nomina+vi pagabili al portatore, e al portatore. Nei
libreA nomina:vi solo il +tolare è abilitato ad effe<uare prelevamen+, o al massimo può delegare
per iscri<o un rappresentante. Viene anche ampiamente u+lizzata l’intestazione congiunta a più
persone. Nei libreA nomina:vi pagabili al portatore chiunque può prelevare liberando la banca
nella maggior parte dei casi, tranne per quelli in cui versa in dolo o colpa grave (art. 1836). Infine, i
libreA al portatore abilitano al prelevamento il possessore dello stesso, anche se ques+ è persona
diversa dal depositante. La banca si libera pagando all’esibitore del libre<o senza dolo o colpa
grave, ed in ul+mo, per via di una norma+va an+riciclaggio, il legislatore ha optato per il loro
divieto (dal 4/7/2017 emissione libreA di deposito solo in forma nomina+va).
I libreA nomina+vi non sono +toli di credito: essi non sono des+na+ alla circolazione e la loro
funzione è solo quella di iden+ficare l’avente diri<o alla prestazione.
5. L’apertura del credito
L’apertura di credito è il contra<o con il quale una banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra
parte una somma di denaro a tempo determinato o a tempo indeterminato (art. 1842). Si
puntualizza subito che l’apertura di credito non è un mutuo. Ciò per varie ragioni: in primis la
banca si obbliga senza che vi sia effeAvo passaggio di denaro; ed inoltre il cliente vanterà un diri<o
potesta+vo sulla cifra ogge<o del fido, della quale potrà disporre se e quando lo vorrà. In queste
cara<eris+che si realizza il vantaggio pra+co dell’apertura di credito sul mutuo. Peculiare è anche il
calcolo degli interessi: ques+ si addebitano al cliente non in funzione del totale della cifra messa a
disposizione dal contra<o, bensì su quella realmente u+lizzata. A ques+ interessi si aggiunge anche
una commissione onnicomprensiva (c.d. commissione di affidamento o di massimo scoperto),
calcolata in proporzione all’intera somma messa a disposizione del cliente e alla durata
dell’affidamento. L’u+lizzo del credito concesso è pra+camente libero: i modi di u+lizzo
149
dell’apertura di credito sono quelli propri del c/c, così che il cliente possa sempre ripris+nare la
provvista a<raverso l’annotazione in conto di versamen+. Significa che il cliente potrà sempre
liberamente prelevare e versare entro la linea di credito concessagli dalla banca, fermo restando
che quando preleverà al di fuori delle disponibilità del conto ricorrerà al fido, operando, si dice,
“allo scoperto”. La linea di credito può essere concessa allo scoperto o previa garanzia.
Quest’ul+ma può essere reale o personale e dura per tu<a la durata del contra<o, fin quando
l’accreditato cessa di essere debitore della banca (art. 1844). Se le garanzie diventano insufficien+
rispe<o al credito, la banca può chiedere un supplemento di garanzia o la sos+tuzione del garante
e in mancanza, la banca può ridurre il credito concesso o recedere.
Il diri<o di recesso della banca è materia assai delicata visto il pregiudizio che arreca all’accreditato.
Il codice dis+ngue tra contraA a tempo determinato ed a tempo indeterminato. Nei primi la banca
può recedere dal contra<o solo per giusta causa e con un preavviso di 15gg. In quelli a tempo
indeterminato può invece recedere liberamente, fermo restando il preavviso di 15gg. Ciò è quanto
riportato sulle pagine del codice, che differisce dras+camente con il diri<o delle n.b.u. InfaA,
queste non dis+nguono tra contraA a tempo determinato e indeterminato, ma concedono sempre
alle banche il diri<o di recesso, anche verbalmente. La nota dolente cade sul preavviso, che
diminuisce dras+camente da 15gg a 1 solo giorno! Tu<avia, la giurisprudenza boccia decisamente
le inizia+ve della banca che non hanno una gius+ficazione valida.
6. L’an<cipazione bancaria
L’an+cipazione bancaria è una +pica operazione di finanziamento garan+ta da pegno (art. 1846). Si
cara<erizza per il fa<o che:
a) la garanzia reale offerta si consta in +toli o merci il cui valore è facilmente accertabile. Così
saranno acce<ate dalla banca, ad esempio, solo azioni, obbligazioni, +toli rappresenta+vi di
merci, ecc;
b) il finanziamento erogato dalla banca è proporzionale al valore del pegno, al ne<o di uno
scarto minimo del 10%.
Tale collegamento di proporzionalità tra valore del pegno e finanziamento concesso, permane
anche durante lo svolgimento del rapporto. Questo principio (c.d. regola della proporzionalità)
deroga l’indivisibilità del pegno. Così, il beneficiario del pegno anche prima della scadenza, potrà
anche ri+rare parte dei +toli da+ in garanzia durante il rapporto, purché il finanziamento rimanga
garan+to per l’intero ammontare (art. 1849). Per contro la banca avrà diri<o ad un supplemento
qualora la garanzia offerta perda valore oltre il 10%. In mancanza di tale supplemento, la banca
potrà procedere alla vendita dei +toli pignora+ per soddisfare il credito residuo (art. 1850). Si
osserva che l’an+cipazione bancaria, proprio per lo schema proporzionalità – divisibilità –
supplemento, si differenzia dal mutuo e dall’apertura del credito, ponendosi come strumento
idoneo per il finanziamento di operazioni su +toli e merci.
L’an+cipazione può essere di 2 +pi: propria e impropria. La prima si cos+tuisce a<raverso un pegno
regolare, quindi la banca non può disporre di quanto ricevuto in garanzia e si impegna alla
res+tuzione della medesima cosa alla scadenza, fermo restando che le spese di assicurazione e
custodia sono a carico del cliente. L’an+cipazione impropria ha invece ad ogge<o un pegno
irregolare, l’ogge<o del quale passa in proprietà alla banca che quindi ne può disporre. La
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res+tuzione di beni dello stesso genere sarà calcolata nella misura di quanto ancora dovuto dal
cliente. Si so<olinea che questa pra+ca è in disuso in quanto non più prevista dalle norme
bancarie.
Infine, l’an+cipazione bancaria può essere semplice o in c/c: nella prima, la banca provvede alla
dazione di una somma di danaro, con l’obbligo di res+tuirla a scadenza stabilita; nella seconda
anche viene messa a disposizione una somma di denaro, ma stavolta con l’obbligo per l’altra parte
di prelevarla a sua discrezione e successivamente di res+tuirla tramite versamento fino alla
sacdenza contra<uale.
7. Lo sconto
Lo sconto è il contra<o con il quale la banca (scontante) an+cipa al cliente (scontatario) l’importo
di un credito verso terzi non ancora scaduto, decurtato dell’interesse. Il cliente a sua volta cede alla
banca, salvo buon fine, il credito stesso (art. 1858). Lo sconto più diffuso è lo sconto di cambiali,
che in tal caso vengono girate alla banca scontante. Funzione +pica dello sconto è quella di
concedere la possibilità ad un imprenditore di mone+zzare dei credi+ prima della scadenza,
sempre al ne<o del tasso di interesse su cui lucra la banca (lo sconto). Di regola quest’ul+ma
a<ende la scadenza del credito per riscuotere dal terzo debitore quanto risulta dal +tolo, ma nel
caso in cui anch’essa ha esigenze di liquidità, può riscontare presso un’altra banca i +toli al tasso di
risconto. Ovviamente lo sconto pra+cato dalla banca è dire<amente proporzionale al tempo che
intercorre tra la richiesta di sconto e la scadenza dei +toli (più tempo la banca dovrà a<endere per
rientrare del credito, più alto sarà il tasso di sconto). La cessione del credito dal cliente alla banca è
per legge pro solvendo, vale a dire che lo scontatario rimane obbligato verso la banca se il terzo
debitore non paga. La banca ha 2 mezzi giudiziari per rivalersi sullo scontatario: 1) le azioni
cambiarie, compresa quella di regresso nei confron+ dello scontatario che ha girato il +tolo; 2)
l’azione causale derivante dal contra<o di sconto (art. 1859). Lo sconto può avere ad ogge<o anche
l’assegno.
Si no+ che lo sconto è una tecnica oggi caduta in disuso, ad esso si preferiscono le operazioni sulle
ricevute bancarie. Queste consentono una rapida mone+zzazione del credito per il cliente e
concedono una tutela sufficiente alla banca, sfru<ando il seguente meccanismo: il cliente concede
alla banca un mandato in rem propriam per l’incasso accompagnato dalle ricevute quietanzate, e
quest’ul+ma accredita dire<amente in conto corrente l’importo del +tolo (decurtato dell’interesse
ovviamente) senza a<endere che il terzo sia adempiente.
8. Operazioni bancarie in conto corrente e conto corrente bancario
L’art. 1852 prevede che il deposito bancario, l’apertura di credito e le altre operazioni bancarie
possono essere poste in essere a<raverso la tecnica del conto corrente bancario. A<raverso questo
metodo il corren+sta potrà disporre in ogni momento di quanto depositato, salvo gli eventuali
preavvisi. Il conto corrente ha le seguen+ cara<eris+che:
a) il deposito o l’apertura di credito sono regola+ nella forma tecnica del conto corrente. Così
la banca apre un conto intestato al cliente che registrerà tuA i versamen+ (accreditamen+)
e i prelevamen+ (addebitamen+). La somma algebrica dei prelevamen+ e degli
addebitamen+ determina la disponibilità di liquidi della quale il cliente può disporre in ogni
momento;
151
b) il cliente potrà disporre delle somme depositate anche mediante assegni bancari. Ques+
+toli di credito possono essere u+lizza+ sia per effe<uare pagamen+, sia (se la banca li
acce<a) per essere incassa+ ed incrementare quindi il saldo disponibile.
Proprio questo secondo profilo innesca un peculiare servizio offerto dalle banche: il servizio di
cassa. La banca assume quindi la veste del mandatario senza rappresentanza, che viene quindi
incaricata di eseguire delle operazioni per conto del cliente, proponendosi di porre in essere una
vera e propria aAvità gestoria possibile solo a<raverso il conto corrente, e non a<raverso il
semplice deposito o la semplice apertura di credito in conto corrente. Tali funzioni di ges+one delle
proprie disponibilità presso una banca si ritrovano in un altro contra<o non regolato dal codice ma
previsto nelle n.b.u.: Il conto corrente bancario o di corrispondenza. Questo presenta 2 significa+ve
differenze rispe<o alle singole operazioni regolate in conto corrente. In primis, il rapporto di
disponibilità nascente insieme al conto corrente bancario può essere cos+tuito a prescindere dal
deposito bancario o dall’apertura di credito o da entrambi; vale a dire che per aprire un conto
corrente non è affa<o necessario o<enere un fido dalla banca o depositare delle somme con il
contra<o di deposito. Ne consegue, che le disponibilità del conto possono essere accresciute con
qualsiasi mezzo concesso (versamento di assegni, deposito in contan+, sconto di una cambiale,
an+cipazione bancaria, ecc). Per contro, anche la gamma di servizi di pagamento che la banca offre
è molto più ampia di quella offerta dal semplice conto corrente. Si pensi ai bonifici, alle rimesse e
ai girocon+. Tu<e queste operazioni produrranno sempre accreditamen+ o addebitamen+ a
seconda dei casi. La banca, quindi, è sempre l’intermediario incaricato di eseguire le operazioni
ordinate dal corren+sta. In defini+va, il conto corrente bancario è l’unico rapporto che le banche
intra<engono con il corren+sta, nel quale si ricomprendono tuA i rappor+ di dare e avere. Ma
sopra<u<o tale contra<o si propone come un contra<o omnibus che rende possibili tu<e le
operazioni bancarie ricomprese nell’art. 1852. Lo schema degli elemen+ cos+tu+vi è così
riassumibile:
a) un rapporto iniziale di credito cos+tu+vo della disponibilità (deposito bancario e/o apertura
del conto);
b) una componente gestoria che si realizza a<raverso il servizio di cassa;
c) regolamentazione in forma tecnica del conto corrente.
9. La disciplina del conto corrente bancario
Il contra<o di apertura del conto corrente deve essere reda<o per iscri<o a pena di nullità, ed
inoltre deve essere accompagnato dalla consegna al cliente di un carnet di assegni bancari.
L’operazione successiva è il deposito della firma di traenza (c.d. specimen); questa procedura ha la
funzione di consen+re alla banca l’auten+cità dei +toli. La banca è tenuta ad osservare un
comportamento diligente e corre<o nei confron+ del cliente. Questa faAspecie della disciplina si
palesa, ad esempio, nell’obbligo di informazione tempes+va del cliente in merito a tu<e le
operazioni del conto. Tu<e queste operazioni vengono registrate sul saldo del conto corrente
telema+camente, al di là della comunicazione al cliente. Sarà quindi possibile accrescere o
diminuire il saldo disponibile a seconda delle operazioni che il cliente ordinerà di eseguire alla
banca. Soltanto alcune operazioni di accreditamento sono immediatamente disponibili sul saldo
(versamento in contan+, rimesse di terzi, ecc), mentre per altre operazioni più complesse si deve
152
a<endere che la banca verifichi il buon esito dell’operazione. È il caso in cui la banca è incaricata di
una successiva aAvità per l’incasso (versamen+ di assegni bancari o circolari; +toli cambiari rimessi
all’incasso, ecc). Si usa dis+nguere quindi tra:
1) Saldo contabile: determinato dalle annotazioni in conto alle diverse operazioni;
2) Saldo disponibile: che indica l’ammontare giornaliero disponibile per il corren+sta;
3) Saldo per valute: che rileva solo per il conteggio degli interessi.
InfaA, al solo fine del calcolo degli interessi, è a<ribuita una data (c.d. valuta) in cui un’operazione
bancaria diviene disponibile. Il lasso di tempo intercorrente tra l’operazione e la valuta incide sugli
interessi dovu+ alla banca, innescando il c.d. gioco delle valute, su cui evidentemente la banca
lucra. La vecchia disciplina prevedeva che gli addebitamen+ avessero una valuta di 2gg precedente,
ed una regola speculare valeva per gli accredi+. Per porre un freno a questo meccanismo, oggi,
l’a<uale disciplina prevede: per gli addebi+ la valuta non può precedere la data dell’operazione,
per gli accredi+ non può essere successiva al giorno in cui la banca riceve l’importo, anche e
sopra<u<o per i versamen+ in contan+.
Gli interessi, sia aAvi (a favore del cliente) che passivi (a favore della banca ed ovviamente più al+)
devono essere riporta+ espressamente sul contra<o, che può anche riportare dei criteri oggeAvi
per calcolarli. Si ricorda che, nonostante un tempo le n.b.u lo perme<essero, sono sta+ aboli+ gli
“interessi uso piazza”, che calcolavano gli interessi sulla base delle condizioni pra+cate dalle
aziende di credito sulla piazza.
È stato inoltre abolito il fenomeno dell’anatocismo (art. 1283). Tale fenomeno riguarda la
faAspecie di addebito e accredito degli interessi. In passato, infaA, se il conto aveva un saldo
aAvo, gli interessi venivano accredita+ e capitalizza+ annualmente; se il conto aveva un saldo
passivo, o lo aveva avuto saltuariamente, gli interessi venivano addebita+ trimestralmente,
producendo poi interessi su interessi in caso di inadempimento. Tale disparità di tra<amento è
stata poi risolta dal legislatore. È stato da questo regolamentato che gli interessi sia aAvi che
passivi sono richies+ al cliente trimestralmente al di là dello stato del saldo e con la stessa cadenza
la banca addebita le spese di tenuta del conto.
Il conto corrente bancario è di regola contra<o a tempo indeterminato. Il corren+sta ha quindi il
diri<o di essere informato sullo stato del conto almeno annualmente a<raverso l’invio di un
estra<o conto, che su richiesta può essere inviato semestralmente, trimestralmente o
mensilmente. Il cliente può impugnare entro 60gg dalla ricezione l’estra<o conto, se questo
presenta irregolarità. Tu<avia, sia l’estra<o conto approvato o meno, è facoltà del cliente proporre
l’impugnazione entro 10 anni.
Il conto può anche essere intestato a più persone, configurando la faAspecie del conto cointestato.
La contestazione può essere sia a firma disgiunta che congiunta. Il primo caso è quello più
frequente, e prevede che tuA gli intestatari possano operare indipendentemente dagl’altri sul
conto, ma per ogni obbligazione contra<a sono tuA responsabili in solido, sia aAvamente che
passivamente. Se la firma è congiunta, gli aA devono provenire da tuA gli intestatari, a differenza
dei versamen+, effe<uabili da ciascuno di essi.

153
È possibile che lo stesso sogge<o intra<enga più rappor+/con+ con la banca. Ogni conto,
nonostante il medesimo intestatario, rimane indipendente, fermo restando che debi+ e credi+ si
compensano anche se risultano da con+ diversi (art. 1853).
Quando il conto, come sovente accade, è a tempo indeterminato, la banca può recedere in
qualsiasi momento con il preavviso di un giorno. Al termine del rapporto, come già visto per
l’apertura del credito, i credi+ vanta+ dalla banca diventano immediatamente esigibili. Il contra<o
si scioglie automa+camente anche nel caso di fallimento del corren+sta, e tale circostanza ingenera
non pochi problemi. Come si vedrà, le rimesse effe<uate dal corren+sta nei sei mesi preceden+ il
fallimento sono so<oposte a revocatoria fallimentare, che costringerà il creditore beneficiario del
pagamento alla res+tuzione di quanto ricevuto (art. 67, 2º comma, legge fall.). Ci si chiede quindi
se anche la banca dovrà res+tuire quanto ricevuto dal corren+sta in quel lasso di tempo, causando
quindi l’insinuazione della stessa tra i creditori del fallimento per poter rio<enere in moneta
fallimentare quanto ricevuto prima della dichiarazione di fallimento. Il legislatore è intervenuto nel
2005 per fare chiarezza sul punto, ed ha disciplinato che la res+tuzione deve avvenire soltanto
quando le rimesse effe<uate “non abbiano rido<o in maniera consistente e durevole l’esposizione
debitoria del fallito nei confron+ della banca” (art. 67, 3º comma, legge fall.). Tu<avia, non pochi
problemi nascono nell’inquadrare quando un rapporto indebi+ in maniera consistente e durevole il
fallito nei confron+ della banca, vista l’imponente mole di rappor+ con+nua+vi e reitera+ che
vengono soddisfaA a<raverso il conto corrente. Il legislatore ha risolto il punto nel 2007
disciplinando che: il curatore può sì richiedere la revocatoria delle rimesse effe<uate in
o<emperanza anche di rappor+ con+nua+vi e reitera+, ma la banca è tenuta a res+tuire la
differenza tra il massimo saldo nega+vo raggiunto nel periodo di revoca e quanto risulta sul conto
alla data della dichiarazione di fallimento (c.d. regola del massimo scoperto) (art. 70 legge fall.).
10. Le garanzie bancarie omnibus
L’esigenza delle banche di recuperare il credito concesso al cliente ha favorito lo svilupparsi e il
diffondersi di par+colari forme di garanzia (personali e reali) che si concretano nella fideiussione
omnibus e nel pegno omnibus. La fideiussione omnibus è una garanzia personale che si
cara<erizza innanzitu<o per il fa<o di essere una garanzia generale. È quindi par+colarmente
gravosa la posizione del fideiussore, in quanto ques+ si fa garante del cliente nei confron+ della
banca, di una serie di obbligazioni che nasceranno solo in futuro. Di qui l’esigenza di porre un freno
alla mole di obbligazioni contraibili “all’ombra” della garanzia. Sul punto è intervenuto il legislatore,
che ha imposto l’inserimento dell’importo massimo garan+to nel contra<o che concede la garanzia
(art. 1938). È prassi normata nelle n.b.u. che il fideiussore dovrà pagare alla banca quanto dovuto a
fronte di una semplice richiesta scri<a (c.d. pagamento “a prima richiesta”). Secondo le ul+me
modifiche, il pagamento del fideiussore è però sogge<o alla clausola “solve et repete”, vale a dire:
nel caso in cui l’obbligazione contra<a dal beneficiario della fideiussione non vada a buon fine, il
fideiussore dovrà sì pagare “a prima richiesta” l’importo alla banca, ma potrà rio<enere l’esborso
a<raverso l’azione di ripe+zione. Queste clausole evidenziano quindi quanto può diventare gravosa
la posizione del fideiussore, il quale può sempre far ricorso al principio di corre<ezza e buona fede
per tutelarsi dagli eviden+ abusi operabili dalla banca. In par+colare, l’art. 1956 offre una tutela del
tu<o singolare al fideiussore. La faAspecie tutelata si riferisce al caso in cui peggiorino le
condizioni del debitore; in questo caso la banca non può con+nuare a concedere credito al
debitore senza un’autorizzazione scri<a del fideiussore. Analoga disciplina favorevole alla banca è
154
congegnata per il pegno omnibus. Se infaA, un cliente cos+tuisce in pegno un bene a garanzia di
un credito, la banca può rifarsi sul bene per tuA i debi+ contraA dal cliente.
11. Le garanzie bancarie autonome
È frequente che un banca intervenga per garan+re un preesistente rapporto giuridico. Nonostante
queste garanzie possano avere vari nomi (perfomance bond, repayment bond, bid bond) vengono
prestate per garan+re rappor+ di vario genere, che possono ovviamente andare al di là della
semplice garanzia di pagamento di merci (ad esempio possono garan+re la regolare esecuzione di
un appalto). Possiamo riassumere in 2 pun+ essenziali comuni a tu<e le garanzie:
a) La banca si obbliga a pagare “a prima richiesta”, vale a dire che il beneficiario della garanzia
non deve né provare l’inadempimento del debitore principale né l’esistenza stessa del
credito;
b) La banca si obbliga a pagare anche se l’obbligazione non è venuta ad esistenza o è divenuta
impossibile.
Ne<a è quindi la differenza con la fideiussione omnibus, in quanto la banca pagherà al di là
dell’esistenza, validità e coercibilità del rapporto garan+to. Essendo quindi il beneficiario sempre
soddisfa<o, si parla perciò di contra<o autonomo di garanzia. Questo +po di contra<o è
validissimo, in quanto non contrasta con nessuna norma o principio del nostro ordinamento, in
quanto la tutela dei possibili abusi non manca. InfaA, quella più eclatante, è senz’altro l’excep+o
doli, che si verifica quando il beneficiario della garanzia richiede il pagamento dalla banca anche
quando il debitore principale ha regolarmente pagato. In questo caso la banca potrà opporre
eccezione rifiutandosi di pagare, dimostrando però con prove certe, liquide e documentali
l’effeAvo pagamento da parte del debitore.
12. I servizi di custodia. Il deposito <toli in amministrazione
Le banche offrono alla clientela il servizio di custodia di +toli (in amministrazione, art. 1838)) e
valori (casse<e di sicurezza, art. 1839 - 1841). Nel deposito +toli in amministrazione la banca, oltre
a custodire i +toli ricevu+, assume l’incarico di provvedere all’esercizio di tuA i diriA ineren+ ai
+toli stessi. È nullo il pa<o con il quale si esonera la banca dall’osservare l’ordinaria diligenza
nell’amministrazione dei +toli.
13. Le casseOe di sicurezza
Col servizio delle casse<e di sicurezza la banca me<e a disposizione uno scomparto metallico
posto in locali corazza+ custodi+ dalla banca. Nella casse<a il cliente può riporre oggeA, +toli o
valori. È munita di doppia chiave, una consegnata al cliente, l’altra custodita dalla banca.
Quest’ul+ma non può assistere alle operazioni d’immissione e prelievo (il contenuto resta ignoto
alla banca). La banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità
della casse<a, salvo caso fortuito (art. 1839). Sull’utente incombe l’onere di provare il valore del
contenuto della casse<a ai fini della determinazione del danno risarcibile.

CAPITOLO 35 – L’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA. I SERVIZI DI PAGAMENTO

155
1. Premessa
L’intermediazione finanziaria riguarda quell’insieme di operazioni (leasing, factoring, carte di
credito…) prevalentemente svolte da imprese bancarie o da società controllate dalle banche
stesse. L’esercizio nei confron+ del pubblico di una o più delle aAvità indicate è riservato agli
intermediari iscriA in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia. Per o<enere l’iscrizione
nell’albo, gli intermediari devono avere la forma di società di capitali o coopera+va, per le quali è
prevista una specifica disciplina in tema di C.S. minimo e di requisi+ di onorabilità e professionalità
dei soci rilevan+ e degli esponen+ aziendali.
2. Il leasing (legge 124/2017)
Il leasing (o locazione finanziaria) soddisfa una specifica esigenza delle imprese: quella di disporre
dei beni strumentali necessari per l’aAvità produAva senza esseri costreA ad immobilizzare
ingen+ capitali per l’acquisto. È un contra<o che intercorre fra un’impresa finanziaria specializzata
(società di leasing) e chi ha bisogno di beni strumentali per la propria impresa (risulta funzionale
sopra<u<o per beni strumentali a rapida obsolescenza). Si è sviluppato anche un leasing di beni di
consumo durevoli (leasing di consumo, ad es. auto)) ed il leasing di beni immobili (stabilimen+
industriali o studi professionali). Il leasing è ar+colato in tre tecniche opera+ve: il leasing
finanziario (il più diffuso), il leasing opera+vo e il lease-back.
3. La locazione finanziaria
Il leasing finanziario è concluso nell’ambito di un’operazione trilaterale alla quale partecipano la
società di leasing (concedente), l’impresa interessata all’u+lizzo del bene (u+lizzatore) ed
un’impresa che produce o distribuisce il bene stesso (fornitore). L’impresa di leasing acquista dal
fornitore il bene desiderato dall’u+lizzatore e lo cede in godimento a quest’ul+mo s+pulando un
contra<o che prevede:
• il godimento concesso per un periodo di tempo determinato che nel leasing di beni
strumentali tende a coincidere con la vita tecnica del bene;
• la corresponsione di un canone periodico come corrispeAvo del godimento;
• la facoltà per l’u+lizzatore di acquistare la proprietà del bene alla scadenza del contra<o
pagando un prezzo predeterminato.
Alla fine del contra<o l’u+lizzatore può scegliere se acquistare il bene, res+tuirlo o rinnovare il
contra<o. Ne<a è la differenza rispe<o alla vendita con riserva di proprietà: in quest’ul+ma chi
acquista a rate, diventa proprietario col pagamento dell’ul+ma rata, mentre nel leasing alla fine del
contra<o l’u+lizzatore può scegliere.
TuA i rischi connessi al godimento del bene sono a carico dell’u+lizzatore, in quanto l’impresa di
leasing deve assicurare al fornitore quanto pagato.
Prima dell’introduzione della legge 124 del 2017, era uso prevedere nei contraA che l’impresa di
leasing:
• Avesse diri<o di richiedere la risoluzione del contra<o anche in caso di mancato pagamento
di un solo canone;
156
• Avesse diri<o di tra<enere integralmente i canoni riscossi, salvo il risarcimento dei danni
ulteriori.
Queste clausole derogavano alla disciplina della vendita con riserva di proprietà, parzialmente
applicabile anche alla locazione con pa<o di futuro acquisto della proprietà.
La Cassazione aveva infine ado<ato un compromesso basato sulla dis+nzione tra due so<o+pi di
leasing finanziario:
a) Leasing di godimento, avente ad ogge<o beni strumentali d’impresa, al quale non si
applicava l’art. 1526, perciò l’impresa di leasing poteva tra<enere i canoni riscossi ed
esigere i canoni ulteriori a +tolo di risarcimento;
b) Leasing trasla:vo, riguardante beni di consumo durevoli, al quale invece si applicava l’art
1526, con la conseguenza che l’u+lizzatore era tenuto a corrispondere solo un compenso
per l’uso ed il risarcimento danni quan+ficato dal giudice.
La giurisprudenza osservava infaA che nel leasing di godimento la durata del contra<o coincide
con la vita economica del bene ed alla scadenza ha un valore residuo minimo: pertanto il
pagamento integrale dei canoni era gius+ficato con l’esigenza di assicurare al concedente il
recupero del finanziamento con gli interessi. Invece, nel leasing trasla+vo e nel leasing immobiliare
il bene conserva un valore finale non trascurabile ed è vendibile a terzi. Perciò l’acquisizione
integrale dei canoni e la vendita a terzi del bene concesso in leasing avrebbero fa<o incassare al
concedente ben più di quanto avrebbe riscosso con l’esecuzione del contra<o.
Le nuove norme (2017) quan+ficano il “grave inadempimento dell’u+lizzatore” che può
determinare la risoluzione contra<uale: non meno di 4 canoni mensili (anche non consecu+vi) o un
importo equivalente. Per quanto riguarda le conseguenze della risoluzione, l’importante è
salvaguardare l’interesse del concedente al recupero del finanziamento e alla res+tuzione del
bene, oltre al pagamento dei canoni scadu+ e non paga+. Ancora, il concedente dovrà poi collocare
il bene presso un nuovo u+lizzatore.
In caso di fallimento dell’u+lizzatore, si applica la regola secondo cui il contra<o rimane sospeso
finchè il curatore non decide se subentrarvi o risolverlo:
• Nel 1º caso, il concedente diventa creditore della massa e quindi va soddisfa<o;
• Nel 2º caso, il concedente ha diri<o alla res+tuzione del bene e può tra<enere i canoni già
riscossi.
4. Il leasing opera<vo. Il leasing di ritorno (lease-back)
Nel leasing opera+vo i beni sono concessi in godimento dire<amente dal produ<ore, che si obbliga
anche a fornire una serie di servizi collaterali. Il leasing opera+vo ha in genere per ogge<o beni
strumentali standardizza+.
Nel leasing di ritorno (lease-back) un imprenditore vende i propri beni ad una società di leasing che
ne paga il prezzo. Nel contempo, quest’ul+ma s+pula con il venditore un contra<o di leasing
avente ad ogge<o gli stessi beni (che restano perciò nella disponibilità del venditore). Il lease-back

157
può cos+tuire un u+le strumento di finanziamento alterna+vo per un imprenditore che si trova in
temporanea difficoltà economica.
Il lease – back non è assimilabile alla vendita a scopo di garanzia, vendita nulla in quanto ricade nel
divieto di pa<o commissorio. Ciò poiché nel lease – back manca un credito preesistente da
garan+re, oltre al fa<o che la ragione di pa<o commissorio è quella di impedire che il debitore sia
costre<o a ceder in garanzia beni il cui valore è superiore a quello del credito concessogli.
Il lease – back dunque, non contrasta col divieto di pa<o commissorio.
5. Il factoring
Il factoring è una tecnica contra<uale u+le per rispondere alle esigenze di imprese che effe<uano
consisten+ vendite a credito nei confron+ di una clientela numerosa. Esse possono avver+re il
bisogno di mone+zzare an+cipatamente parte dei credi+ vanta+. Ciascuno di ques+ problemi può
essere risolto separatamente potendosi rivolgere a qualcuno in grado di risolvere tu<e queste
diverse esigenze.
Sono così nate le imprese di factoring, specializzate nella ges+one dei credi+ d’impresa, che
offrono con un unico contra<o di durata, servizi rela+vi alla tenuta della contabilità debitori, alla
ges+one dell’incasso dei credi+, all’eventuale concessione di an+cipazioni sull’importo dei credi+
ed eventuale assunzione a proprio carico del rischio di insolvenza.
Nella prassi opera+va italiana, il factoring è stato stru<urato u+lizzando l’is+tuto della cessione del
credito (art. 1260 ss.). Si può s+pulare un contra<o di factoring se ricorrono le seguen+ condizioni
(legge 52/1991): il cedente è un imprenditore; i credi+ cedu+ sorgono da contraA s+pula+ dal
cedente nell’esercizio dell’aAvità d’impresa; il cessionario è una banca o un intermediario
finanziario il cui ogge<o sociale prevede l’esercizio dell’aAvità di acquisto di credi+ d’impresa.
Ricevu+ i credi+ (presen+ e futuri) dall’impresa cedente, il factor si obbliga a ges+rli e riscuoterli, in
quanto si cara<erizza per la prestazione di ulteriori servizi che non si esauriscono nella sola
cessione del credito. Nell’accordo di factoring deve essere specificato il debitore ceduto. L’accordo
di cessione globale determina l’automa+co trasferimento di credi+ cedu+ al factor man mano che
gli stessi vengono ad esistenza (il fornitore dovrà consegnare al factor i documen+ probatori dei
credi+ cedu+ e no+ficare al debitore l’avvenuta cessione). La cessione avviene di regola pro
solvendo (il cedente garan+sce la solvenza del debitore ceduto).
6. La cartolarizzazione dei credi<
L’operazione di cartolarizzazione dei credi+ risponde allo scopo di facilitare lo smobilizzo di masse
notevoli di credi+ mediante l’incorporazione di +toli di credito di massa des+na+ ad essere per lo
più so<oscriA da inves+tori professionali. L’emi<ente dei +toli risponde del pagamento degli stessi
non con tu<o il suo patrimonio, ma esclusivamente col flusso finanziario derivante dai credi+ che
sono a base dell’operazione di cartolarizzazione. Operazioni di questo +po sono u+lizzate dalle
banche secondo due modalità:
• cessione dei credi+ ad una società veicolo che li acquista finanziandosi con i +toli emessi sul
mercato e che vincola al pagamento degli stessi solo la massa dei creditori cedu+;
• cessione dei credi+ ad un fondo comune di inves+mento chiuso avente ad ogge<o credi+.
158
I +toli emessi dalla società di cartolarizzazione sono +toli di massa che incorporano un diri<o di
credito e sono pertanto +toli obbligazionari. I credi+ rela+vi a ciascuna operazione cos+tuiscono
patrimonio separato a tuA gli effeA da quello della società e da quello rela+vo alle altre
operazioni.
Nel contempo, i portatori dei +toli sono tutela+ in caso di fallimento dei debitori cedu+ in quanto i
pagamen+ da ques+ effe<ua+ non sono so<opos+ a revocatoria fallimentare. Sono anche tutela+
in caso di fallimento del cedente.
7. La disciplina generale dei servizi di pagamento
L’espressione “servizi di pagamento” indica nel linguaggio legisla+vo una vasta gamma di
prestazioni rese da un intermediario professionale che si interpone tra il pagatore ed il beneficiario
di una somma di denaro. Alcuni servizi sono resi dalle banche, altri si sono sviluppa+ grazie
all’evoluzione di prassi commerciali e tecnologia informa+ca.
Oggi, il d.lgs. 11/2010, de<a una disciplina generale dei servizi di pagamento.
La prestazione dei servizi di pagamento è riservata alle banche, agli is+tu+ di moneta ele<ronica
ed agli is+tu+ di pagamento. Ques+ ul+mi, sono società di capitali autorizzate alla prestazione di
servizi di pagamento ed aAvità accessorie, iscriA nell’apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia.
Fra prestatore ed u+lizzatore di servizi di pagamento è s+pulato un contra$o quadro, per il quale
valgono le medesime regole di forma e di contenuto analoghe a quelle previste nella disciplina dei
contraA bancari. Il contra<o può a<ribuire al prestatore di servizi il diri<o di modificarne
unilateralmente le condizioni, ma la modifica deve essere comunicata con almeno 2 mesi
d’an+cipo al cliente, il quale ha la facoltà di recedere senza spese.
Ogni operazione di pagamento dev’essere autorizzata dal pagatore: in caso contrario, toccherà al
prestatore di servizi provare l’autorizzazione. I pagamen+ non autorizza+ non possono essere
tu<avia addebita+ al pagatore. Poi, non è necessario che l’ordine di pagamento provenga
dire<amente dal pagatore: ques+ può anche autorizzare il prestatore ad eseguire pagamen+ su
richiesta del beneficiario.
U+lizzatore e prestatore possono pa<uire che l’ordine di pagamento sia impar+to dal cliente per
mezzo di uno strumento di pagamento, quale che sia carta di credito/debito ecc… In caso di furto,
smarrimento, uso non autorizzato, il cliente è tenuto a comunicarlo senza indugio al prestatore,
così da non rispondere di eventuali pagamen+ non autorizza+ dopo la denuncia.
Il prestatore di servizi di pagamento è responsabile della mancata o inesa<a esecuzione dell’ordine
di pagamento ricevuto, salvo caso fortuito, forza maggiore o impedimen+; non risponde invece
quando l’errore proviene dal cliente.

8. Le carte di credito
Le carte di credito sono documen+ (tessere) che consentono al +tolare di acquistare beni o servizi
senza pagamento immediato del prezzo.
159
Le carte di credito bilaterali sono rilasciate dalle stesse imprese fornitrici di beni o servizi e
consentono di effe<uare acquis+, le cui somme dovute sono pagate previo invio di un estra<o
conto.
Le carte di credito trilaterali (MasterCard),sono emesse da imprese specializzate nella ges+one di
tale servizio che consiste in un’aAvità di intermediazione nei pagamen+. L’emi<ente della carta di
credito paga infaA ai fornitori quanto loro dovuto dai +tolari della carta per merci e servizi
acquista+; a scadenze periodiche si fa poi rimborsare da ques+ ul+mi quanto pagato ai primi per
loro conto. Per il servizio reso percepisce un compenso sia dai fornitori (esercizi convenziona+), sia
dagli acquiren+ (+tolari della carta). Con la convenzione di rilascio, molto simile a quella di
abbonamento, il +tolare della carta è legiAmato dietro il pagamento di un canone annuo piu<osto
modesto, ad u+lizzare la stessa per effe<uare acquis+ presso gli esercizi convenziona+ senza il
pagamento del prezzo. Il +tolare si obbliga a rimborsare all’emi<ente mensilmente quanto pagato
per suo conto (decurtato di una percentuale a +tolo di compenso per il servizio: il disaggio), previo
invio dell’estra<o conto del periodo. L’uso abusivo delle carte di credito è sanzionato penalmente.
9. La moneta eleOronica
La moneta ele<ronica è un valore monetario rappresentato da un credito nei confron+
dell’emi<ente, memorizzato su un disposi+vo ele<ronico ed acce<ato come mezzo di pagamento
da soggeA diversi dall’emi<ente stesso. La sua emissione avviene dietro versamento da parte del
richiedente dell’importo corrispondente, più una commissione per remunerare il servizio.
L’emi<ente “carica” quindi l’importo disponibile su una tessera di plas+ca dotata di banda
magne+ca (borsellino ele<ronico), mediante la quale è possibile effe<uare pagamen+ presso gli
esercizi commerciali convenziona+. Si tra<a quindi di una carta prepagata che perme<e di ridurre i
rischi di uso abusivo della stessa. L’emissione di moneta ele<ronica è riservata agli IMEL, is+tu+ di
moneta ele<ronica, nonché banche, Poste.

CAPITOLO 36 – L’INTERMEDIAZIONE MOBILIARE


A) I servizi di inves<mento
1. Le società di intermediazione mobiliare
I servizi d’inves+mento comprendono una serie di aAvità che hanno per ogge<o valori mobiliari
ed altri strumen+ finanziari: compravendita degli stessi; collocamento sul mercato di nuove
emissioni; ges+one di patrimoni mobiliari; raccolta di ordini di acquisto o di vendita. Queste
operazioni in passato erano svolte da una serie di soggeA solo in parte regolamenta+ e so<opos+
a vigilanza. Con la riforma del 1991, ispirata dalla duplice finalità di migliorare l’efficienza dei
merca+ mobiliari e di tutelare gli inves+tori, viene introdo<a una nuova categoria di soggeA a cui
spe<a lo svolgimento di queste operazioni: le società di intermediazione mobiliare (SIM). Le SIM
sono cos+tuite esclusivamente in forma di s.p.a. (sogge<e a liquidazione coa<a amministra+va,
con esclusione del fallimento), sono sogge<e a revisione contabile obbligatoria e sono so<oposte
alla vigilanza della Consob e della Banca d’Italia per assicurarne la trasparenza e la corre<ezza dei
comportamen+ nonché la sana e prudente ges+one. Devono operare in modo che i clien+ siano
sempre adeguatamente informa+ (u+lizzando comunicazioni pubblicitarie e promozionali corre<e
160
e non fuorvian+). Devono inoltre ado<are ogni misura per iden+ficare i confliA d’interesse che
potrebbero insorgere con il cliente e ges+re tali situazioni in modo da evitare che incidano
nega+vamente sull’interesse dei clien+.
Nei riguardi dei clien+ meno esper+ (c.d. clien+ al de<aglio), l’intermediario è tenuto a verificare
tramite i c.d. test di appropriatezza, che il cliente sia in grado di comprendere i rischi specifici.
TuA i contraA rela+vi ai servizi d’inves+mento devono essere redaA in forma scri<a a pena di
nullità (che può essere fa<a valere solo dal cliente). Gli strumen+ finanziari ed il denaro dei singoli
clien+ cos+tuiscono patrimonio dis+nto da quello dell’intermediario e degli altri clien+; sullo stesso
non possono quindi agire i creditori dell’intermediario. Nell’offerta al pubblico di servizi fuori sede,
la SIM e gli altri soggeA autorizza+ devono avvalersi esclusivamente dell’opera di promotori
finanziari (possono essere ausiliari, autonomi e subordina+).
Per i contraA conclusi fuori sede, è concesso il diri<o di ripensamento entro 7 giorni. Infine, sul
modello dell’Arbitro bancario, è stato is+tuito l’Arbitro per le controversie finanziarie.
2. La ges<one di portafogli
Con tale operazione il cliente affida all’intermediario una determinata somma perché la investa in
strumen+ finanziari secondo criteri concorda+ con il cliente o secondo modelli standardizza+. Gli
strumen+ finanziari sono acquista+ in nome e per conto del cliente (mandato con rappresentanza)
e detenu+ in deposito regolare dall’intermediario, o in nome proprio o per conto del cliente. Sono
poi ges++ a<raverso successive operazioni di inves+mento e disinves+mento tese ad incrementare
il valore del patrimonio mobiliare. Il contra<o deve essere reda<o in forma scri<a, a pena di
nullità. Il cliente può sempre impar+re istruzioni vincolan+ sulle operazioni da effe<uare e deve
poter recedere dal contra<o in ogni momento.
B) Gli organismi di inves<mento colleFvo
3. CaraOeri generali
Gli organismi di inves+mento colleAvo del risparmio (oicr) investono in strumen+ finanziari o in
altre aAvità denaro raccolto fra il pubblico dei risparmiatori operando secondo criteri di ges+one
fonda+ sul principio della ripar+zione dei rischi. Consentono una ges+one di massa del risparmio
raccolto; consentono di a<enuare i rischi dell’inves+mento azionario a<raverso una
diversificazione dei +toli in portafoglio. Inoltre, se l’organismo colleAvo è di +po aperto, è possibile
o<enere in ogni momento il rimborso del capitale (incoraggiando così l’inves+mento azionario dei
piccoli risparmiatori). Gli organismi di inves+mento colleAvo del risparmio possono assumere due
diverse forme giuridiche: fondi comuni di inves+mento e società di inves+mento a capitale
variabile o a capitale fisso. In queste configurazioni è presente una s.p.a. che ha per ogge<o
l’inves+mento colleAvo del risparmio raccolto secondo il principio della ripar+zione dei rischi. Nei
fondi comuni gli inves+tori non diventano soci della società, ma le somme versate cos+tuiscono un
patrimonio autonomo (il fondo comune) da quello della società di ges+one che lo amministra. Gli
inves+tori ricevono quote di partecipazione al fondo. Nelle società di inves+mento a capitale
variabile (Sicav) l’inves+mento da parte dei risparmiatori avviene a<raverso la so<oscrizione delle
azioni emesse da tale società. Quindi è lo stesso patrimonio della società ad essere inves+to in

161
strumen+ finanziari o altri beni. La variabilità del capitale sociale consente agli azionis+ di recedere
in ogni momento senza che occorra la riduzione del capitale.
4. I fondi comuni di inves<mento. StruOura. Tipologia
Il fondo comune di inves+mento è un fondo is+tuito e ges+to nell’interesse dei partecipan+ da
società specializzate in tale aAvità. Il fondo comune è un patrimonio autonomo di per+nenza di
una pluralità di partecipan+ e le somme versate sono inves+te dalla società di ges+one in
strumen+ finanziari (custodi+ presso una banca). Le quote di partecipazione al fondo sono tu<e di
uguale valore e a<ribuiscono uguali diriA. La ges+one del fondo è so<oposta a controlli affida+
alla banca depositaria, alla società di revisione, alla Banca d’Italia e alla Consob. Nei fondi aper+, gli
inves+tori possono so<oscrivere in ogni momento le quote del fondo, il cui ammontare non è
predeterminato e hanno il diri<o di chiedere in ogni momento il rimborso delle quote. I fondi di
inves+mento chiusi, invece, sono cara<erizza+ dalla mancanza di libertà per i partecipan+ di
entrata e di uscita. L’ammontare del fondo è predeterminato al momento della sua is+tuzione e
deve essere raccolto mediante l’emissione di quote di partecipazione che devono essere
so<oscri<e entro il termine massimo di 24 mesi. Il diri<o di rimborso viene riconosciuto solo a
scadenze predeterminate.
5. La disciplina
L’is+tuzione dei fondi comuni d’inves+mento è riservata alle società di ges+one di risparmio (Sgr),
cos+tuite in forma di s.p.a.. Esse devono essere preven+vamente autorizzate allo svolgimento
dell’aAvità dalla banca d’Italia sen+ta la Consob, e sono so<oposte alla rela+va vigilanza. Le Sgr
svolgono anche aAvità come la ges+one di portafogli di inves+mento, consulenza, ges+one fondi
pensione…
Ogni fondo deve disporre di un regolamento in cui vengono indicate le cara<eris+che del fondo e
ne disciplina il funzionamento. Solitamente le Sgr sono assogge<ate alla disciplina delle Sim.
Ciascun fondo comune di inves+mento cos+tuisce patrimonio autonomo, dis+nto dal patrimonio
della Sgr e da quello dei vari partecipan+: dunque, i creditori non possono aggredire il patrimonio
della società, bensì possono aggredire le singole quote di partecipazione dei partecipan+.
La società di ges+one è inves+ta del potere di decidere tuA gli aA di amministrazione e di
disposizione del patrimonio del fondo, operando con diligenza e trasparenza in modo da ridurre il
rischio di confliA di interesse anche tra i patrimoni ges++. Per la tutela degli inves+tori è stata poi
is+tuita la figura del depositario, presso cui devono essere affida+ i beni del fondo.
La contabilità della società di ges+one e quella del fondo comune sono sogge<e a revisione
contabile obbligatoria. La società che ha is+tuito il fondo ed il gestore assumono solidalmente
verso i partecipan+ gli obblighi e le responsabilità del mandatario.

6. Le società di inves<mento a capitale fisso e variabile


Le SICAV e le Sicaf sono società per azioni che hanno per ogge<o esclusivo l’inves+mento colleAvo
in strumen+ finanziari del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni.
L’aAvità svolta coincide con quella dei fondi comuni di inves+mento aper+ (agli inves+tori sono
162
offerte azioni della stessa società). Gli inves+tori, entrando a far parte del patrimonio della società,
contribuiscono all’aumento del capitale sociale. Il disinves+mento dalle Sicav è possibile in ogni
momento e avviene con il rimborso delle azioni e la riduzione del capitale (che è appunto
variabile), mentre le Sicaf (che sono chiuse) il disinves+mento non è libero.
Il capitale sociale iniziale deve essere interamente versato dai soci fondatori all’a<o della
cos+tuzione, la quale è subordinata all’autorizzazione della Banca d’Italia. L’aumento del capitale,
conseguente all’ingresso di nuovi soci, avviene in via con+nua+va con l’emissione di nuove azioni
con periodicità prevista dallo statuto. Per incen+vare l’inves+mento, le azioni possono essere
nomina+ve (ogni azione a<ribuisce un voto) o al portatore (un solo voto per ogni socio) a scelta
del so<oscri<ore. Essendo la Sicav una società cos+tuita da una massa mutevole di soci
scarsamente propensi a partecipare alle assemblee, sono soppressi i quorum cos+tu+vi
dell’assemblea ordinaria (che può deliberare quale che sia la parte del capitale sociale
intervenuto). Le Sicav non possono inves+re in beni immobili e diriA reali immobiliari, in credi+ e
+toli rappresenta+vi di credi+.
Le Sicav e le Sicaf in crisi sono sogge<e ad amministrazione straordinaria e liquidazione coa<a
amministra+va, con esclusione del fallimento.
7. I fondi pensione
I fondi pensione sono forme di previdenza colleAva introdo<e per erogare ai lavoratori e ai liberi
professionis+ tra<amen+ pensionis+ci integra+vi di quelli corrispos+ dal sistema pubblico. La loro
cos+tuzione può essere prevista dagli accordi colleAvi di lavoro, da accordi fra lavoratori autonomi
o da en+ o imprese. I fondi pensione sono finanzia+ con contribu+ dei datori di lavoro e dei
lavoratori che vi aderiscono. Con la riforma del 2005, i lavoratori dipenden+ possono conferirvi
anche il TFR. Il loro patrimonio è inves+to in valori mobiliari o altre aAvità finanziarie.
C) L’offerta al pubblico di prodoF finanziari
8. Nozione. Disciplina
L’appello al pubblico risparmio per sollecitare la so<oscrizione dei prodoA finanziari di nuova
emissione (offerta pubblica di so<oscrizione) o l’acquisto di prodoA finanziari già emessi (offerta
pubblica di vendita) necessita di una specifica disciplina a tutela degli inves+tori: garan+re una
scelta consapevole e assicurare la parità di tra<amento dei vari inves+tori.
Cos+tuisce offerta al pubblico di prodoA finanziari, ogni comunicazione rivolta a persone che
presen+no sufficien+ informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodoA finanziari offer+ così
da me<ere un inves+tore in grado di decidere di acquistare o di so<oscrivere tali prodoA
finanziari. Coloro che intendono effe<uare un’offerta al pubblico di strumen+ finanziari devono
prima pubblicare un prospe<o informa+vo che deve prima essere approvato dalla Consob. Il
prospe<o deve contenere le informazioni necessarie affinché gli inves+tori possano pervenire ad
un fondato giudizio sull’inves+mento proposto, sui diriA ad esso connessi e sui rela+vi rischi. La
Consob è inves+ta di ampi poteri regolamentari al fine di assicurare il corre<o svolgimento
dell’offerta. Essa, infaA, definisce la modalità di svolgimento dell’offerta anche al fine di assicurare
la parità di tra<amento dei des+natari. Individua inoltre le norme di corre<ezza che sono tenu+ a

163
osservare l’offerente, l’emi<ente e chi colloca i prodoA finanziari, nonché coloro che si trovano in
rapporto di controllo con tali soggeA.

CAPITOLO 37 – MERCATO MOBILIARE E CONTRATTI DI BORSA


1. Il mercato mobiliare
L’organizzazione e la regolamentazione di un mercato dei valori mobiliari e degli altri strumen+
finanziari risponde al duplice scopo di agevolare (a<raverso la +pizzazione e la concentrazione
delle negoziazioni) la conclusione e l’esecuzione dei rela+vi contraA di compravendita e di
consen+re la formazione di prezzi ufficiali significa+vi degli strumen+ finanziari scambia+. Il più
an+co e il più importante mercato mobiliare regolamentato italiano è la borsa valori. In essa
vengono negozia+ +toli di massa largamente diffusi fra il pubblico (azioni di società, obbligazioni,…)
ammessi alle quotazioni e altri strumen+ finanziari collega+ a +toli quota+. L’organizzazione e la
ges+one dei merca+ sono configurate come aAvità di impresa esercitata da s.p.a. e sono
disciplinate da un regolamento deliberato dalla societá di ges+one. Tale regolamento deve indicare
condizioni di ammissione, sospensione ed esclusione di operatori e strumen+ e infine le condizioni
e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni.
La Consob autorizza l’esercizio dell’aAvità dei merca+ regolamenta+; vigila inoltre su quelli
esisten+ al fine di assicurare la trasparenza del mercato, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e
la tutela degli inves+tori.
2. I contraF di borsa
I contraA di borsa sono contraA standardizza+ che hanno per ogge<o il trasferimento della
proprietà di un determinato quan+ta+vo di valori mobiliari (azioni, obbligazioni, quote di fondi
comuni,…) individua+ solo nel genere (es. mille azioni Fiat ordinarie), la cui esecuzione
(individuazione e consegna delle azioni, pagamento del prezzo) è differita ad una scadenza
predeterminata. I contraA di borsa si a<eggiano perciò come vendite a termine di azioni. Sono
contraA standardizza+: i +pi di contraA ammessi e i quan+ta+vi minimi negoziabili sono stabili+
dal regolamento del mercato. Chi intende acquistare o vendere +toli acquista+ in borsa è tenuto a
rivolgersi ad uno degli intermediari abilita+, conferendogli un apposito incarico scri<o di acquisto o
di vendita (c.d. ordine di borsa). A par+re dal 1996, la negoziazione dei +toli in borsa è effe<uata
con un sistema telema+co che collega in un unico mercato nazionale gli operatori autorizza+. I
contraA di borsa sono s+pula+ dire<amente dagli intermediari fra di loro, in nome proprio e per
conto dei rispeAvi clien+. L’esecuzione dei contraA di borsa avviene col sistema della stanza di
compensazione, con la quale si a<ua la liquidazione provvedendo alla compensazione delle par+te
omogenee.
Nel caso in cui uno dei partecipan+ della stanza di compensazione sia so<oposto a procedura
concorsuale oppure risul+ inadempiente, vengono liquida+ i rappor+ penden+ di quel sogge<o e
vengono trasferite ad altro intermediario le posizioni contra<uali riferibili ai clien+
dell’inadempiente.
3. ContraF a contan< e a termine

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Secondo le modalità di determinazione del termine di esecuzione (c.d. liquidazione) i contraA di
borsa si dis+nguono in contraA a contan+ e a termine. La compravendita a contan+ deve essere
eseguita entro un termine massimo che decorre dalla conclusione di ciascun contra<o
(a<ualmente fissato in due giorni dal regolamento di borsa); non si ha comunque lo scambio
immediato dei +toli contro il prezzo. La liquidazione per compensazione dei contraA a contan+
avviene con cadenza giornaliera e il rela+vo servizio di compensazione e liquidazione determina il
saldo a debito o a credito di ciascun intermediario.
Per i +toli quota+ in borsa era in passato possibile anche la s+pulazione di contraA a termine e di
contraA a premio su singoli +toli azionari. Nei contraA a termine la liquidazione era unica per tuA
i contraA conclusi in un determinato periodo (mese di borsa) e avveniva con cadenza mensile in
un giorno fissato dal calendario di Borsa, con la consegna dei +toli e il pagamento del prezzo del
giorno in cui il contra<o era stato concluso. Nella liquidazione dei contraA a premio, il compratore
o il venditore a termine si riservava, dietro pagamento di un corrispeAvo (premio) il diri<o di non
darvi esecuzione. Nel 2003 è stato is+tuito il mercato per la negoziazione degli strumen+ finanziari
deriva+ (Idem). In tale mercato i tradizionali contraA a termine sono sta+ sos+tui+ con i contraA
futures (contra<o con il quale le par+ si obbligano a scambiarsi alla scadenza un certo quan+ta+vo
di aAvità finanziarie, a un prezzo prestabilito), mentre quelli a premio dai contraA di opzione: una
delle par+, dietro pagamento di un premio, acquisisce la facoltà di acquistare (opzione call) o di
vendere (opzione put) un certo quan+ta+vo di determinate aAvità finanziarie a un prezzo stabilito,
entro un termine concordato o alla scadenza dello stesso.
Nascono infine da un’evoluzione dei contraA deriva+, i cosiddeA strumen+ finanziari deriva+
cartolarizza+ di cui fanno parte i covered - warrant e i cer+fica+. I covered - warrant sono strumen+
finanziari dematerializza+ ed emessi in serie che incorporano un contra<o di opzione, di acquisto e
di vendita avente ad ogge<o azioni, altre aAvità finanziarie, indici o altre merci. I cer+fica+ sono
strumen+ finanziari dematerializza+ emessi in serie, il cui valore varia in dipendenza
dall’andamento di un’aAvità assunta come parametro di riferimento.
4. Il riporto (arO. 1548 – 1551)
Il riporto è il contra<o con il quale una parte (il riportato) trasferisce in proprietà all’altra parte (il
riportatore), +toli di credito di una data specie per un determinato prezzo. Nel contempo, il
riportatore si obbliga a trasferire al primo, ad una determinata scadenza, la proprietà di altre<an+
+toli della stessa specie, verso rimborso di un prezzo che può essere aumentato o diminuito nella
misura convenuta (art. 1548). Il riporto è pra+cato anche fuori borsa, sopra<u<o dalle banche
come operazione di finanziamento dei clien+, ma anche fuori borsa per assicurare la disponibilità
dei +toli al riportatore. Si parla di deporto quando il prezzo a termine è minore di quello a pron+.
In caso di inadempimento di una parte, l’altra può agire coaAvamente; se entrambe le par+ sono
inadempien+, ciascuno traAene ciò che ha ricevuto (art. 1551).

CAPITOLO 38 – IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE


1. ContraOo ed impresa di assicurazione

165
L’assicurazione è il contra<o con il quale l’assicuratore si obbliga, verso pagamento di un premio, a
rivalere l’assicurato, entro i limi+ convenu+, del danno ad esso prodo<o da un sinistro
(assicurazione contro i danni); oppure a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento
aAnente alla vita umana (assicurazione sulla vita). L’assicuratore opera secondo specifiche regole
tecniche, basate sul calcolo delle probabilità, che gli consentono di neutralizzare i rischi assun+ con
i singoli contraA. È un contra<o puramente aleatorio se si considera il verificarsi di un singolo
evento. Quando invece un sogge<o assume professionalmente una gran massa di rischi omogenei
(furto, incendio, morte,…) occorre applicare la sta+s+ca dei grandi numeri per determinare la
probabilità media del verificarsi di un determinato evento. L’assicuratore è perciò in grado di
stabilire qual è il rischio medio e su tale rischio può basarsi per determinare il corrispeAvo premio
dovutogli dal singolo assicurato. L’insieme dei premi incassa+ per ciascuna classe di rischi consente
di formare un fondo patrimoniale sufficiente a risarcire gli assicura+. Il contra<o di assicurazione
consente la neutralizzazione del rischio per entrambi i contraen+, a<raverso l'inserimento del
singolo rischio in una massa di rischi omogenei. L’aAvità assicura+va può essere esercitata solo da
s.p.a., società coopera+ve per azioni e società di mutua assicurazione. L’inizio dell’aAvità è
subordinato all’autorizzazione dell’Ivass (is+tuto che svolge aAvità di vigilanza sulle imprese di
assicurazione). Per salvaguardare gli assicura+ dal rischio di insolvenza è prescri<a la cos+tuzione,
con i premi raccol+, di speciali fondi (riserve tecniche) per far fronte agli impegni futuri. Sono
queste le c.d. riserve tecniche, cos+tuite da accantonamen+ dei premi riscossi.
2. I <pi di assicurazione
Le assicurazioni si dis+nguono in assicurazioni contro i danni (ar<. 1904 – 1918) e assicurazioni
sulla vita (ar<. 1919 – 1927).
L’assicurazione contro i danni è dominata dal principio indennitario. L’indennizzo dovuto
dall’assicuratore non può superare il danno sofferto dall’assicurato. L’assicurazione sulla vita è
so<ra<a all’applicazione del principio indennitario: il capitale o la rendita assicurata possono
essere liberamente determina+ dalle par+ e sono in ogni caso dovu+ dall’assicuratore al verificarsi
dell’evento previsto.
3. La disciplina generale: il rischio e il premio
Il rischio è la possibilità che si verifichi un determinato evento futuro ed incerto. Il rischio dedo<o
in contra<o deve in ogni caso esistere oggeAvamente. Il contra<o di assicurazione è nullo se il
rischio non è mai esis+to o è cessato di esistere prima della conclusione del contra<o (art. 1895).
Se vi è stato dolo o anche solo colpa grave da parte dell’assicurato, l’assicuratore può chiedere
l’annullamento del contra<o (l’assicuratore non paga, art. 1892). In caso contrario può recedere (si
riduce l’indennizzo, art. 1893).
Il premio è il corrispeAvo dovuto all’assicuratore. È cos+tuito dal premio puro (calcolato secondo
criteri matema+ci) e dal compenso aggiun+vo dovuto all’assicuratore per il servizio reso. Deve
essere pagato an+cipatamente e se non viene pagato per 6 mesi, il contra<o si risolve di diri<o.
Resta fermo il diri<o all’intero premio rela+vo al periodo in corso.
Il contraente può agire in veste di rappresentante dell’assicurato (in suo nome e per suo conto);
tuA gli effeA del contra<o si producono dire<amente in capo all’assicurato. Quando il contra<o è
s+pulato da un rappresentante senza poteri, l’interessato può ra+ficare il contra<o anche dopo la
166
scadenza o il verificarsi del sinistro, fruendo ugualmente della copertura assicura+va. Il
rappresentante senza poteri è tenuto personalmente a pagare i premi e ad osservare gli altri
obblighi derivan+ dal contra<o fin quando l’interessato non abbia ra+ficato il contra<o o non abbia
rifiutato la ra+fica. Il contra<o di assicurazione è un contra<o consensuale ma deve essere provato
per iscri<o (l’assicuratore rilascia la polizza, art. 1888).
4. L’assicurazione contro i danni
L’assicurazione contro i danni copre i rischi cui sono espos+ determina+ beni o diriA dell’assicurato
(assicurazione di cose); può coprire anche il rischio cui è esposto l’intero patrimonio (assicurazione
di patrimoni). Secondo il principio indennitario, può assicurarsi solo chi ha un interesse economico
esposto al rischio dedo<o in contra<o. L’assicuratore è tenuto a risarcire soltanto il danno
effeAvamente subito dall’assicurato in conseguenza del sinistro (cos+tuito dalla sola perdita subita
e non anche dal mancato guadagno). L’indennizzo non può superare il valore che le cose
danneggiate hanno al tempo del sinistro. Nell’ipotesi che la cosa assicurata abbia al momento del
sinistro un valore superiore a quello dichiarato nel contra<o, i danni ecceden+ la somma assicurata
restano a carico dell’assicurato mentre l’assicuratore dovrà risarcire la parte proporzionale del
rischio coperto (es. una cosa che vale 200 è assicurata per 100; se subisce un danno di 50,
l’assicuratore corrisponderà 25). È obbligo dell’assicurato dare un pronto avviso all’assicuratore del
sinistro; deve inoltre fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno. L’inosservanza
dolosa di ques+ obblighi comporta la perdita del diri<o di indennità. Se sono state s+pulate più
assicurazioni per la copertura dello stesso rischio, l’assicurato deve rendere no+ a ciascun
assicuratore i contraA s+pula+ con gli altri e chiedere a ciascuno l’indennità dovuta secondo i
rispeAvi contraA, ma la somma complessiva riscossa non può superare l’en+tà del danno. Diversa
dalla pluralità di assicurazioni è la coassicurazione, che si ha quando più assicuratori assumono
ciascuno una quota del rischio dell’assicurato. Ad essa si ricorre quando si tra<a di assicurare rischi
molto ingen+ che nessun assicuratore potrebbe da solo accollarsi.
5. L’assicurazione della responsabilità civile
Con l’assicurazione della responsabilità civile, l’assicuratore si obbliga, nei limi+ della somma
prevista dal contra<o (c.d. massimale), a tenere indenne l’assicurato di quanto ques+ dovrà pagare
a terzi a +tolo di risarcimento danni a causa di even+ che comportano una responsabilità civile
dell’assicurato stesso, esclusa la responsabilità dovuta a faA dolosi (art. 1917, 1º comma).
L’assicuratore ha la facoltà di pagare dire<amente al terzo danneggiato ed è obbligato al
pagamento dire<o solo se l’assicurato lo richiede (art. 1917, 2º comma). Nell’assicurazione della
responsabilità civile automobilis+ca, il terzo danneggiato ha azione dire$a verso l’assicuratore nei
limi+ dei massimali di polizza. L’a<uale disciplina prescrive che in alcuni casi l’azione dire<a contro
l’assicuratore del danneggiante sia sos+tuita dalla procedura di risarcimento dire<o: il danneggiato
deve rivolgere la richiesta di risarcimento al proprio assicuratore. Quest’ul+mo provvede alla
liquidazione dei danni per conto dell’impresa di assicurazione del danneggiante, nei confron+ della
quale eserciterà l’azione di rivalsa. Si ha risarcimento dire<o solo in caso di sinistro avvenuto in
Italia fra due veicoli a motore, iden+fica+ ed assicura+, da cui siano scaturi+ solo danni a cose o
lievi danni ai conducen+. Il danneggiato non può promuovere azione giudiziaria nei confron+
dell’assicuratore e del danneggiante prima che siano trascorsi 60 giorni dalla richiesta di
risarcimento danni (90 giorni se il sinistro ha causato lesioni personali).
167
6. L’assicurazione sulla vita
Nell’assicurazione sulla vita, l’assicuratore si obbliga a pagare al beneficiario un capitale o una
rendita al verificarsi di un evento aAnente alla vita umana. Tale evento può consistere nella morte
dell’assicurato o di un terzo (assicurazione per il caso di morte) o nella sopravvivenza
dell’assicurato o di un terzo ad una certa età (assicurazione per il caso di vita o di sopravvivenza).
Diffusa è anche l’assicurazione sulla vita mista. Come an+cipato, la disciplina dell’assicurazione
sulla vita è svincolata dal principio indennitario in quanto strumento volto anche a s+molare lo
spirito di previdenza e di risparmio degli assicura+.
L’assicurazione sulla vita può essere s+pulata anche sulla vita di un terzo, ma non è valida se ques+
non ha acconsen+to per iscri<o. E ciò al fine di evitare che tale forma di assicurazione cos+tuisca
un incen+vo all’omicidio per lucrare l’indennità.
Sono sta+ pensa+ due is+tu+ che temperano le conseguenze per l’assicurato in caso di manca+
pagamen+ dei premi rela+vi agli anni successivi al primo (art. 1924): il risca<o dell’assicurazione e
la riduzione della somma assicurata. Con il risca<o, l’assicurato risolve il contra<o e riceve subito
una quota dei premi versa+ (c.d. valore di risca<o). Con la riduzione, invece, il contra<o rimane in
vita, nonostante l’interruzione del pagamento dei premi per una somma assicurata rido<a.
Entrambe queste figure sorgono solo dopo che siano trascorsi almeno 3 anni dalla conclusione del
contra<o.
Nell’assicurazione a favore di un terzo, ques+ può essere designato beneficiario del contra<o. La
designazione è sempre revocabile, salvo che il contraente abbia rinunciato per iscri<o al potere di
revoca ed il beneficiario abbia dichiarato di voler approfi<are del beneficio. La designazione non ha
effe<o qualora il beneficiario a<en+ alla vita dell’assicurato.

CAPITOLO 39 – L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE


1. Nozione
L’associazione in partecipazione è il contra<o con il quale una parte (associante) a<ribuisce all’altra
(associato) una partecipazione agli u+li della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispeAvo
di un determinato apporto (art. 2549). L’apporto dell’associato è per lo più cos+tuito da una
somma di denaro. Il contra<o perme<e all’associante, di regola un imprenditore, di reperire mezzi
finanziari per lo svolgimento della propria aAvità o anche per il compimento di determinate
operazioni economiche, senza gravarsi di oneri fissi. Il corrispeAvo dell’apporto è cos+tuito proprio
dalla partecipazione. L’associato è esposto anche al rischio di perdere il capitale, dato che
partecipa anche alle perdite dell’impresa dell’associante, sia pure solo nei limi+ dell’apporto (art.
2553).

2. Disciplina
Nell’associazione in partecipazione, i terzi acquistano diriA ed assumono obbligazioni verso
l’associante (art. 2551), al quale spe<a la ges+one esclusiva dell’impresa (art. 2552). L’associato ha
diri<o a ricevere un rendiconto dell’affare compiuto per poter controllare i risulta+ della ges+one.
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La quota spe<ante all’associato è proporzionale al valore dell’apporto e la partecipazione
dell’associato alle perdite avviene nella stessa misura in cui partecipa agli u+li. Il contra<o di
associazione in partecipazione può essere s+pulato con una pluralità di associa+.

PARTE QUARTA - I TITOLI DI CREDITO


CAPITOLO 40 – I TITOLI DI CREDITO IN GENERALE
1. Premessa
I +toli di credito sono documen+ des+na+ alla circolazione che a<ribuiscono il diri<o ad una
prestazione. Questa può consistere nel pagamento di una somma (:toli di credito in senso stre$o)
o nel diri<o alla riconsegna di merci depositate o viaggian+ (:toli di credito rappresenta:vi di
merci), oppure ancora può consistere in un complesso di situazioni giuridiche, come le azioni o le
quote (:toli di partecipazione). Ci sono poi +toli di credito individuali come cambiali e assegni, altri
rappresentano frazioni di ugual valore ed a<ribuiscono medesimi diriA (:toli di massa). Ancora, le
azioni e i +toli rappresenta+vi, presuppongono un rapporto giuridico e solo in base ad esso
possono essere emessi (:toli causali).
Il c.c. del ’42 ha introdo<o una disciplina generale dei +toli di credito (ar<. 1902 – 2027),
desumendola dalla disciplina dei +toli già regola+. La previsione di regole comuni consente di
colmare le lacune della disciplina generale, da cui il discorso deve par+re.
2. Funzione e caraOeri essenziali dei <toli di credito
La funzione dei +toli di credito è quella di far circolare la ricchezza senza so<ostare alla più gravosa
ed insicura disciplina generale della cessione del credito (art. 1260 ss.). Muovendo dal presupposto
che il metodo più sicuro e snello per far circolare i beni è sicuramente il sistema ado<ato per i beni
mobili, che ricordiamo si trasferiscono per il semplice effe<o del consenso e l’acquirente in buona
fede è tutelato anche se l’alienante non ne era l’effeAvo +tolare. Dalla regola “possesso vale
+tolo”, si è pensato di so<oporre la circolazione del credito alle medesime regole, seppur
a<raverso una finzione giuridica. La finzione giuridica a cui si fa riferimento consiste nello stabilire
un nesso giuridico tra il bene mobile (il pezzo di carta) e il bene immateriale (il diri<o). In questo
modo, il diri<o rappresentato sul pezzo di carta circola come un bene mobile, ma il reale interesse
del traffico giuridico è tu<o nel diri<o ivi riportato. In sintesi, si può affermare che il diri<o è
incorporato nel documento e si concre+zza in 4 principi cardine fissa+ dalla disciplina generale:
a) acquistando un +tolo di credito (bene mobile) si diventa +tolari del diri<o ivi riportato. La
+tolarità del diri<o si acquista anche se il trasferimento è stato effe<uato a non domino (es.
da un ladro), purché l’acquirente sia in buona fede e abbia il possesso del +tolo. Questa
cara<eris+ca definisce l’autonomia in sede di circolazione dei +toli di credito, che in
sostanza consiste in un prolungamento della regola “possesso di buona fede vale +tolo”
dimostrando l’autonomia della posizione dell’acquirente;
b) Chi acquista un +tolo di credito, può esercitare il diri<o ivi riportato solo entro il limite
dell’esa<a le<eralità dello stesso, ed è altresì immune da eccezioni opponibili tra il debitore
e preceden+ possessori del +tolo. Sono ques+ i principi della le<eralità e dell’autonomia in
169
sede di esercizio del diri<o cartolare. Il cara<ere certo ed autonomo del diri<o sono
garan++ da ques+ principi;
c) Chi ha il possesso del +tolo è legiAmato a far eseguire la prestazione dal debitore sullo
stesso riportata senza che il possessore provi di essere l’effeAvo +tolare. È questa la
funzione di legiAmazione del +tolo di credito, che appunto legiAma il possessore
all’esercizio del diri<o cartolare. Il debitore paga bene se paga in buona fede al possessore
qualificato del +tolo, anche se ques+ non è il +tolare del diri<o;
d) I vincoli sul +tolo (pegno, sequestro e pignoramento) devono essere riporta+ sul +tolo per
essere validi (art. 1997).
In estrema sintesi si può dire che il +tolo di credito è un documento necessario e sufficiente per la
cos+tuzione, circolazione e l’esercizio del diri<o le<erale ed autonomo in esso riportato.
3. La creazione del <tolo di credito: il rapporto cartolare e il rapporto fondamentale
La creazione ed il rilascio di un +tolo di credito sono sempre subordina+ ad un rapporto de<o
causale o fondamentale tra colui che eme<e il +tolo ed il primo prenditore dello stesso. I due si
accordano mediante una c.d. convenzione di rilascio (o esecu+va), che potrebbe consistere per
esempio nell’accordo di pagamento differito di merce scambiata tra un venditore e il rela+vo
acquirente. Si dis+ngue quindi il rapporto fondamentale, che consiste nel rapporto commerciale di
compravendita di merci contro un prezzo, dal rapporto cartolare riguardante solo l’esecuzione
della prestazione risultante dal +tolo (diri<o cartolare), che potrà essere eseguita autonomamente
e indipendentemente dal buon esito del rapporto fondamentale dal possessore legiAmato del
+tolo.
4. Titoli di credito astraF e causali
I +toli di credito si dividono in 2 grandi categorie: i +toli di credito astraA e i +toli di credito causali.
I +toli di credito astraA sono quei +toli che non riportano, in nessun caso ed in alcun modo, il
rapporto fondamentale dal quale sono sta+ crea+. Tipico esempio di +tolo astra<o è la cambiale,
che non riporterà mai il mo+vo per cui è stata spiccata, ma dimostra solo l’esistenza di un diri<o e
di un rapporto cartolare, al pari dell’assegno circolare e bancario.
Sono +toli causali quelli che possono essere emessi solo in conseguenza di un determinato
rapporto fondamentale ivi riportato sul +tolo. Tipici esempi sono le azioni, le obbligazioni, le quote
di partecipazione ai fondi comuni di inves+mento, i +toli rappresenta+vi di merci. Mutevole è la
disciplina a seconda che si traA di +toli astraA o causali. I +toli astraA sono validi solo entro i
confini della le<eralità del diri<o e del rapporto cartolare incorporato nel documento. Qualunque
riferimento al rapporto fondamentale è precluso in radice, ed anche se apparisse è irrilevante. Per
questo mo+vo i +toli astraA sono anche deA a le<eralità piena o completa.
I +toli causali, riportando il rapporto fondamentale che li ha genera+, richiamano anche la
disciplina legale di quest’ul+mo, anche se non è riportata nel +tolo. Così acquistano anche il nome
di +toli a le<eralità incompleta. Bisogna precisare che, anche se il rapporto fondamentale è
riportato sul +tolo, questo rimane dis+nto dal rapporto cartolare che conserva l’autonomia in sede
di esercizio.

170
Una nota par+colare deve essere spesa per i +toli rappresenta+vi di merci. Tali +toli a<ribuiscono
al possessore: a) il diri<o di consegna in essi specificate; b) il possesso delle medesime; c) il potere
di disporne mediante trasferimento del +tolo. Rappresentano quindi +toli a<raverso i quali si
spostano beni determina+ nel numero e nel genere (es. cento quintali di grano di una determinata
qualità). Ma che succede se il terzo possessore che va ad esigere la prestazione dell’emi<ente, si
vede rispondere da ques+ che la merce non gli è pervenuta? È sempre valida l’autonomia in sede
di esercizio? La risposta afferma+va è preferita in quanto l’obbligato principale rimane sempre
colui che eme<e il +tolo.
5. La circolazione dei <toli di credito
Le qualità di proprietario - +tolare e di possessore - legiAmato in genere sono coinciden+ nella
stessa persona, ma come visto si può dissociare. Tale dissociazione dà luogo a due differen+
circolazioni del +tolo: regolare e irregolare. La circolazione regolare è quella operata tramite
negozio valido, che presuppone sempre un rapporto fondamentale a monte, che mo+va la
circolazione del +tolo. Per esempio, Tizio si impegna a comprare della merce da Caio girandogli un
assegno circolare a lui intestato. Quindi la compravendita sarà il rapporto fondamentale e la girata
il valido negozio di trasmissione. Si precisa che, nell’osservanza della disciplina della
compravendita, che la colloca tra i contraA consensuali, la proprietà passa da un sogge<o all’altro
per effe<o del consenso. Solo nell’esercizio del diri<o al possesso qualificato così acquistato
aAene la differenza tra +toli nomina+vi, all’ordine ed al portatore. Venendo alla circolazione
irregolare, questa avviene quando il trasferimento del +tolo avviene senza l’intervento di un valido
negozio. Caso classico è il furto, dove il ladro (possessore) è legiAmato all’esercizio del +tolo, del
quale è invece privato (perché spossessato) il proprietario del +tolo nonché +tolare del diri<o. Chi
viene spossessato del +tolo può ricorrere all’azione di rivendicazione o alla procedura di
ammortamento, se i +toli sono nomina+vi o all’ordine, ma soltanto finché il ladro non trasferisce
ad un terzo in buona fede il +tolo (sca<a l’autonomia in sede di circolazione). L’acquisto a non
domino è valido al verificarsi di 3 presuppos+: a) trasferimento effe<uato con un negozio
astra<amente valido; b) conseguimento del possesso da parte del terzo acquirente; c) buona fede
del terzo acquirente.
6. La legge di circolazione. I <toli al portatore
In base alla legge di circolazione i +toli di credito si dis+nguono in: +toli all’ordine (art. 2008 –
2020), +toli nomina+vi (art. 2021 – 2027) e +toli al portatore (art. 2003 – 2007). Sono al portatore i
+toli di credito che arrecano la clausola “al portatore”. Essi circolano mediante la consegna del
+tolo e sono esigibili con la sola presentazione. I +toli al portatore che obbligano al pagamento di
una somma di denaro sono ammessi solo in alcuni casi elenca+ dalla legge. Possono essere +toli al
portatore: a) Gli assegni bancari; b) I libreA di risparmio; c) Azioni di risparmio; d) Obbligazioni di
società; e) Quote di partecipazione ai fondi comuni; f) Azioni Sicav e Sicaf; g) Buoni del tesoro dello
Stato. I +toli al portatore sono, in via generale, esclusi dalla procedura di ammortamento.

7. I <toli all’ordine
I +toli all’ordine sono +toli intesta+ ad una persona specifica. Circolano tramite consegna
accompagnata da girata, ed il possessore è legiAmato da una serie con+nua di girate. Sono +toli
171
all’ordine: l’assegno bancario, l’assegno circolare, la cambiale, i +toli rappresenta+vi di merci. La
girata è la forma a<raverso la quale circolano i +toli all’ordine. Questa è di regola scri<a sul retro
del +tolo e so<oscri<a da colui che ordina (girante) al debitore, di pagare al beneficiario della
girata (giratario). La girata può essere in pieno e in bianco: nel primo caso la forma generalmente
usata è “per me pagate a …”; se la girata è in bianco non vi è riportato il nome del giratario. Di
solito si ha con la sola so<oscrizione del girante che consegna al beneficiario il +tolo. Quest’ul+ma
ha 3 opportunità: 1) riempire la cambiale con il suo nome e la incassa; 2) la gira in pieno o in
bianco a terzi; 3) la consegna così com’è a terzi. In quest’ul+mo caso il +tolo circola come un +tolo
al portatore, ma così non è in quanto il debitore sarà quantomeno obbligato a controllare la
corre<ezza delle girate e la corrispondenza delle so<oscrizioni. Ogni altra condizione alla girata si
ha per non apposta ed è nulla la girata parziale. La girata ha la funzione di trasferire la
legiAmazione all’esercizio del diri<o cartolare, una volta appreso che la +tolarità del diri<o passa
per il solo effe<o del consenso. Il debitore dovrà solo analizzare la con+nuità della serie di girate e
la sola regolarità formale delle so<oscrizioni, prima di pagare all’ul+mo giratario (sia esso in pieno
o in bianco). Di regola la girata non ha funzione di garanzia e con questo si intende che il girante
non garan+sce per l’adempimento dell’emi<ente, quindi non diventa un obbligato cartolare. Egli
legiAma solo il giratario ad esercitare autonomamente il suo diri<o cartolare. Il codice disciplina 2
+pi di girate con effeA limita+: la girata per l’incasso o per procura e la girata a +tolo di pegno: la
girata per l’incasso è quella effe<uata a favore di un rappresentante per l’incasso e serve appunto
per il solo incasso da parte di ques+, che non diventa +tolare del diri<o cartolare che rimane del
girante. Il debitore può opporre al giratario per procura tu<e e soltanto le eccezioni personali
opponibili al girante; la girata a +tolo di pegno (o in garanzia), a<ribuisce al giratario un diri<o di
pegno sul +tolo, a garanzia di un credito che il giratario stesso vanta nei confron+ del girante. A
ques+ non potranno essere opposte che le sole eccezioni personali e non potrà girare il +tolo se
non per procura.
8. I <toli nomina<vi
I +toli nomina+vi sono +toli di credito intesta+ a persona determinata, ma risultan+ anche da
apposito registro dell’emi<ente (doppia intestazione). I diriA esercitabili in virtù del possesso di
ques+ diriA provengono sia dal +tolo stesso che dal registro dell’emi<ente. Sono +toli nomina+vi:
le azioni diverse da quelle di risparmio e delle Sicav, le obbligazioni, le quote di partecipazione a
fondi comuni, i +toli del debito pubblico. Complesse sono le procedure per il trasferimento dei
+toli nomina+vi, in quanto deve cooperare anche l’emi<ente. In ogni caso, 2 sono i metodi per il
trasferimento dei +toli nomina+vi: il transfert e il trasferimento tramite girata. Il transfert prevede
il trasferimento contestuale sia del +tolo che dell’annotazione sul registro dell’emi<ente e può
essere richiesto sia dall’alienante che dall’acquirente, con conseguenze diverse. L’alienante deve
esibire il +tolo, provare la sua iden+tà e la sua capacità di disporre tramite cer+ficazione di un
notaio, di un agente di cambio o di una banca. L’acquirente deve esibire il +tolo e dimostrare il suo
diri<o mediante a<o pubblico o scri<ura privata auten+cata. Decisamente più snella è la
procedura del trasferimento tramite girata, in cui alla doppia annotazione vi si provvede con
soggeA diversi in tempi diversi rispe<o all’effeAvo trasferimento e l’annotazione sul +tolo è fa<a
mediante girata dall’alienante, mentre quella sul registro è fa<a dall’emi<ente solo quando
l’acquirente voglia esercitare i suoi diriA. La girata dei +toli nomina+vi però, è diversa da quella per
i +toli all’ordine, poiché essa deve contenere: la data, l’indicazione del giratario, l’auten+cazione di
172
un notaio o di un agente di cambio e se il +tolo non è interamente liberato, anche la so<oscrizione
del giratario. In questo modo, l’acquirente può liberamente trasferire il +tolo, in quanto la +tolarità
di questo si trasferisce con la girata. Il giratario poi, si dice che sia “legiAmato ad o<enere
legiAmazione”, ovverosia può far registrare il trasferimento dall’emi<ente per o<enere i diriA
sociali, posterga+ a tale a<o. Tu<avia, per esercitare i diriA sociali derivan+ da azioni non è più
necessaria la doppia annotazione, basta provare la serie con+nua di girate, pur rimanendo fermo
l’obbligo per la società di aggiornare il libro dei soci.
9. L’esercizio del diriOo cartolare. La legiFmazione
La disciplina dei +toli di credito è cara<erizzata da semplicità in sede di esercizio del diri<o. Il
codice, infaA, stabilisce che il legiAmo possessore di un +tolo di credito può esigere la prestazione
ivi riportata dal debitore semplicemente esibendo il documento (art. 1992) (legiAmazione aAva).
Quindi, anche se il possessore non è +tolare del diri<o, egli ha la possibilità di farsi legiAmare la
prestazione, spostando sul debitore l’onere di provare l’effeAva +tolarità. Il debitore per contro,
paga bene quando senza dolo o colpa grave esegue la prestazione a chi legiAmamente presenta il
+tolo (legiAmazione passiva). Si badi, che anche se il debitore è in mala fede, ma non dispone dei
mezzi per provare il dife<o di +tolarità del possessore/legiAmato, è egualmente liberato purché
non incorra in dolo o colpa grave. Questo poiché la liberazione del debitore non è subordinata alla
sua buona fede, bensì all’assenza di dolo o colpa grave.
10. Le eccezioni cartolari (art. 1993)
Le eccezioni che il debitore cartolare può opporre al portatore del +tolo per so<rarsi al
pagamento, si dividono in 2 grandi categorie: le eccezioni reali e le eccezioni personali. Le prime
possono essere opposte contro chiunque, le seconde nei confron+ di un solo sogge<o senza
pregiudizio per gli altri. Sono eccezioni reali:
a) Le eccezioni di forma, ossia la mancata osservanza dei requisi+ formali del +tolo ;
b) Le eccezioni fondate sul contesto le<erale;
c) Falsità della firma, (es. firma di un omonimo);
d) Dife<o di capacità o di rappresentanza al momento dell’emissione del +tolo;
e) Mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione, (es. mancata levata del
protesto nella cambiale).
Invece le eccezioni personali sono:
1) Eccezioni derivan+ dal rapporto fondamentale, ma tale eccezione è opponibile solo al
primo prenditore;
2) Eccezioni fondate su altri rappor+ personali tra preceden+ possessori del +tolo;
3) Eccezioni di dife<o di +tolarità, opponibile al possessore che non ha acquistato il +tolo con
negozio valido.
Le eccezioni personali dei pun+ 1 e 2 sono de<e “eccezioni personali fondate su rappor+
personali”, mentre al punto 3 abbiamo le “eccezioni personali in senso stre<o”. Tale dis+nzione
173
aAene al temperamento dell’inopponibilità delle eccezioni personali. L’eccezione personale per
dife<o di +tolarità è opponibile nei confron+ di tuA i possessori che in mala fede o con colpa grave
sapevano del loro dife<o di +tolarità. Sono quindi esclusi i possessori in buona fede, che anzi ne
acquistano la piena +tolarità. Più rigorosa è la possibilità di opporre le eccezioni personali dei pun+
1 e 2 ai successivi possessori: questo è possibile quando ques+ abbiano agito a danno del debitore.
È il caso dell’excep+o doli in cui esiste un accordo fraudolento tra il creditore e un terzo a danno
del debitore.
11. L’ammortamento
Nel caso in cui il documento cartolare venga involontariamente smarrito, so<ra<o o distru<o, la
legge consente a<raverso la procedura di ammortamento, di poter esercitare il diri<o a
prescindere dal possesso. Tale procedimento è però diverso per i +toli all’ordine, nomina+vi e al
portatore. Per i +toli all’ordine e nomina+vi è prevista la procedura di ammortamento dire<a ad
o<enere il decreto di ammortamento che garan+rà la legiAmazione alla prestazione riportata sul
+tolo smarrito, so<ra<o o distru<o. Il decreto renderà inefficace il +tolo a cui si riferisce. La
procedura di ammortamento è concessa solo nei casi di perdita involontaria del possesso, e si
ar+cola in 2 fasi: una essenziale l’altra eventuale. La prima fase si apre con la denunzia dell’ex
possessore al presidente del tribunale in cui è pagabile il +tolo, al quale si richiede appunto il
decreto di ammortamento.
Il presidente del tribunale procede con degli accertamen+ sommari sulle condizioni dello
spossessamento e sulla +tolarità del +tolo, e procede ad emanare il decreto. Una volta o<enuto il
decreto, questo deve essere pubblicato sulla G.U. e deve essere no+ficato, a spese del richiedente,
al debitore. Dal momento in cui la no+fica giunge al debitore, il +tolo perde efficacia e quindi se il
debitore paga al possessore dello stesso non si libera. Inoltre, non può pagare nemmeno
all’ammortante prima che siano trascorsi 30gg dalla pubblicazione del decreto nella G.U., termine
entro il quale il possessore del +tolo può fare opposizione al decreto. In questo caso, si apre un
processo di accertamento della proprietà del +tolo che deve essere depositato dall’opponente. Se
l’opposizione è accolta, il decreto è annullato. Se l’opposizione è respinta, il decreto viene
ugualmente annullato in quanto riacquista validità il +tolo che verrà consegnato nelle mani del
primo ricorrente all’ammortamento. La procedura di ammortamento non è di regola ammessa per
i +toli al portatore, salvo i casi di distruzione di libre<o di deposito e assegno bancario, in cui il
+tolare ha diri<o ad o<enere una copia del +tolo dall’emi<ente.
12. Documen< di legiFmazione e <toli impropri
I documen+ di legiAmazione vanno tenu+ dis+n+ dai +toli di credito veri e propri in quanto non
contengono i requisi+ della le<eralità ed autonomia. Ve ne sono di 2 +pologie (art. 2002):
documen+ di legiAmazione e +toli impropri. Sono documen+ di legiAmazione: i biglieA di
viaggio, del cinema, del teatro, i +cket per il ri+ro dei bagagli che autorizzano cioè il possessore a
farsi eseguire determinate prestazioni, trasferibili solo con le forme della cessione. I +toli impropri
consentono “ il trasferimento del diri<o senza l’osservanza delle forme proprie della cessione”, ma
con gli effeA di quest’ul+ma: ques+ agevolano la circolazione in quanto dispensano il cessionario
dalla formalità della no+fica al debitore. È il caso della polizza assicura+va al portatore, che circola
come un +tolo di credito (senza la no+fica al debitore), ma è so<oposta all’integrale disciplina della

174
cessione. Ai +toli di credito impropri ed ai documen+ di legiAmazione è applicabile quindi il solo
principio della legiAmazione.
13. La ges<one accentrata dei <toli di massa
A questo punto si rende indispensabile un’osservazione: la circolazione dei +toli di credito può
essere molto pericolosa per via del fa<o che gli stessi documen+ potrebbero essere smarri+ o
so<raA, ed anche per il fa<o che alcuni sono so<opos+ alla doppia registrazione per la
concessione della pienezza dei diriA dagli stessi scaturen+. ProieAamo quindi queste difficoltà nel
turbinio dei merca+ regolamenta+, nel traffico di azioni, obbligazioni e quant’altro. È dunque
intuibile il problema di accelerare e rendere più sicura la circolazione. Di qui l’esigenza di rendere
più sicuro il mercato dei +toli di massa a larga diffusione a<raverso un sistema che riduca la reale
mobilitazione dei documen+. Il nostro ordinamento risponde a tale esigenza con il sistema
accentrato dei +toli di massa, la cui disciplina recita che:
a) L’aAvità di ges+one accentrata degli strumen+ finanziari emessi da priva+ è affidata a delle
società per azioni a statuto speciale controllate dalla CONSOB e dalla Banca d’Italia, anche
se allo stato a<uale l’unica società esistente di questo +po è la Monte Titoli;
b) Gli strumen+ finanziari ammessi sono tassa+vamente individua+ dalla CONSOB e dalla
Banca d’Italia;
c) I buoni del tesoro e i +toli di debito pubblico immessi in questo circuito sono ges++ dal
MEF;
d) Le modalità di funzionamento del sistema di ges+one accentrata variano a seconda del +po
di strumento finanziario.
Il meccanismo a<raverso il quale i +toli vengono ammessi alla società di ges+one accentrata
(Monte Titoli) è un sistema di doppio deposito. InfaA, i priva+ emi<en+ +toli cartacei, li
depositano presso gli intermediari specializza+ (banche, SIM, SGR) che a loro volta li
subdepositano presso la società di ges+one accentrata. In questo modo i priva+ avranno rappor+
con la Monte Titoli solo a<raverso l’intermediario. I +toli doppiamente deposita+, saranno quindi
dematerializza+ e tuA i trasferimen+ saranno effe<ua+ a<raversi un sistema di registrazioni
contabili digitalizzato. La registrazione contabile provoca tuA gli effeA legali derivan+ dal
trasferimento del +tolo vis+ finora, cer+ficabili dalla società di ges+one accentrata. Tale
cer+ficazione è ugualmente sufficiente all’esercizio dei diriA sociali corrisponden+ alle
partecipazioni. Tu<avia, la dematerializzazione non è completa in quanto le copie cartacee
rilasciate dall’emi<ente rimangono depositate presso la società di ges+one. Dal 1998 è invece
previsto un regime di dematerializzazione completa dei +toli che risulteranno solo da sistemi
ele<ronici di scri<urazione. Sono dematerializzabili solo le azioni, le obbligazioni e gli altri
strumen+ finanziari quota+ in merca+ regolamenta+ o diffusi tra il pubblico secondo i criteri
stabili+ dalla CONSOB. È facoltà di chi eme<e i +toli di decidere se assogge<arli o meno al regime
dematerializzato.
L’esercizio dei diriA avviene, come per la ges+one accentrata non dematerializzata, mediante
l’esibizione di cer+ficazioni rilasciate dall’intermediario in conto +toli; in modo ancor più semplice,

175
per le azioni dematerializzate, la legiAmazione del socio ad intervenire e votare in assemblea è
a<estata da comunicazioni inviate dire<amente dall’intermediario alla società.
CAPITOLO 41 – LA CAMBIALE
1. Cambiale traOa e vaglia cambiario
La cambiale è un +tolo di credito la cui funzione +pica, ma non esclusiva, è quella di differire il
pagamento di una somma di denaro. È quindi uno strumento di credito. Esistono 2 +pi di cambiali:
la cambiale tra<a ed il vaglia cambiario (o pagherò cambiario). La cambiale tra<a ha una stru<ura
trilaterale con un ordine di pagamento: un sogge<o (il traente) ordina all’altro sogge<o (tra<ario)
di pagare una determinata somma al portatore del +tolo (beneficiario). Il traente è obbligato per
legge a garan+re l’acce<azione della cambiale da parte del tra<ario, il quale solo dopo che questa
sia intervenuta diventa l’obbligato cambiario principale verso il prenditore, che ê il beneficiario. Il
vaglia cambiario ha invece la stru<ura di una promessa di pagamento, nella quale figurano 2
persone: l’emi<ente e il prenditore. L’emi<ente è colui che eme<e la cambiale ed assume la veste
dell’obbligato cambiario principale nei confron+ del primo prenditore che è il beneficiario. Tra<a e
pagherò hanno i seguen+ pun+ in comune:
a) Sono entrambi +toli di credito all’ordine, circolan+ mediante girata;
b) Sono +toli astraA, ma non sempre sono emessi a monte di un rapporto fondamentale. Può
capitare infaA che venga spiccata la c.d. cambiale di favore, a<raverso la quale il
beneficiario può realizzare liquidità (magari facendosela scontare in banca). L’accordo tra le
par+, si chiamerà quindi convenzione di favore;
c) La cambiale è un +tolo rigorosamente formale, quindi non vale come cambiale se non
rispe<a quanto imposto dalla legge;
d) La cambiale può essere fonte di una pluralità di obbligazioni. TuA gli obbliga+ cambiari
sono obbliga+ in solido nei confron+ del portatore del +tolo, ma si dis+nguono in obbliga+
direA (emi<ente, acce<ante e i loro avallan+) ed obbliga+ di regresso (traente, giran+ e
loro avallan+, acce<ante per intervento);
e) La cambiale è un +tolo esecu+vo per la quale è disposto un procedimento giudiziario
agevolato in caso di mancato pagamento. È necessario a tal fine che siano state pagate le
imposte di bollo.
2. I requisi< formali della cambiale
L’art. 1 (tra<a) e 100 (vaglia cambiario) della legge cambiaria definiscono i requisi+ formali, anche
se è prassi comune che la circolazione di cambiali avviene su moduli bolla+ prestampa+. I requisi+
della cambiale si dividono in essenziali e naturali. I primi non possono mancare altrimen+ il +tolo
non vale come cambiale, mentre i secondi possono mancare in quanto sono suppli+ dalla legge.
Sono requisi+ essenziali:
1) La denominazione di cambiale, o di vaglia cambiario o pagherò cambiario a seconda del
modello scelto;

176
2) L’ordine incondizionato di pagamento nella tra<a (pagherete a…); oppure la promessa
incondizionata di pagamento nel vaglia (pagherò a… ), di una somma di denaro. Questa è
espressa in genere sia in le<ere che in numeri e in caso di discordia prevale la cifra scri<a in
le<ere. Se la somma è scri<a più volte, prevale quella minore;
3) L’indicazione nella tra<a dei da+ anagrafici del tra<ario (che può essere anche lo stesso
traente);
4) L’indicazione dei da+ anagrafici dell’emi<ente nel vaglia cambiario;
5) Il nome del primo prenditore;
6) La data di emissione;
7) La so<oscrizione del traente o dell’emi<ente, che deve essere autografa.
Sono requisi+ naturali della cambiale:
a) L’indicazione della scadenza, se non è apposta la cambiale si considera pagabile a vista. Ma
se è apposta deve rientrare in una delle 4 +pologie concesse: a vista (pagabile all’a<o della
presentazione entro 1 anno), a certo tempo vista (pagabile dopo tot giorni/mesi post
-acce<azione/protesto), a certo tempo data (presentabile solo dopo il decorso di un
periodo di tempo indicato dal +tolo), a giorno fisso;
b) L’indicazione del luogo di emissione della cambiale. In mancanza si prende per buono
quello scri<o accanto al nome dell’emi<ente o del traente, se mancano anche ques+ la
cambiale è nulla;
c) L’indicazione del luogo di pagamento. Se manca nella tra<a si prende per buono quello
indicato tra i da+ anagrafici del tra<ario; nel vaglia cambiario quello indicato come luogo di
emissione. Tu<avia, la cambiale si può anche domiciliare presso terzi (come una banca), ed
in tal caso si dice domiciliata.
L’apposizione del bollo proporzionale non è essenziale alla validità della cambiale. Ma nel caso
manchi, non vale come +tolo esecu+vo, il che significa che non può essere aAvato il procedimento
giudiziario semplificato in caso di inadempimento e decadono tuA i diriA cambiari.
3. La cambiale in bianco
Il documento che circola non completamente compilato è classificabile come +tolo di credito
quando è firmato dal traente o dal tra<ario. È necessario che i requisi+ essenziali ci siano tuA al
momento del pagamento e dunque, non sono indispensabili durante la circolazione. La cambiale
mancante di requisi+ essenziali si dice cambiale in bianco, che sarà riempita dal prenditore al
momento del pagamento. Di regola, la cambiale in bianco è rilasciata con un accordo di
riempimento fra le par+. Gli sviluppi di questo rapporto evidenzieranno i da+ mancan+ (es.
importo e/o scadenza). Conseguentemente, chi rilascia una cambiale in bianco è a rischio di subire
un riempimento abusivo da parte del prenditore. Tale rischio è minore quando il primo prenditore
è il sogge<o con il quale si è stre<o l’accordo, e quindi in questo caso l’emi<ente potrà dimostrare
in giudizio l’esistenza e la natura dell’accordo. Ben diversa è la situazione in cui il primo prenditore
giri a terzi la cambiale abusivamente riempita. L’eccezione di abusivo riempimento è eccezione
177
personale non opponibile a terzi, a meno che non si dimostri la mala fede o la colpa grave di
quest’ul+mo. Ma se il terzo è in buona fede, l’emi<ente dovrà pagare la cambiale e richiedere il
risarcimento danni al primo prenditore che sarà passibile anche del reato di uso abusivo di foglio in
bianco. Il primo prenditore decade dal diri<o di riempimento entro 3 anni dalla data di emissione
della cambiale.
Differente dalla cambiale in bianco è la cambiale incompleta, nella quale mancano uno od alcuni
degli altri elemen+ prescriA per errore dell’emi<ente. Vi sono due orientamen+ a riguardo:
1) Orientamento giurisprudenziale, secondo cui la cambiale incompleta è da considerare
nulla;
2) Orientamento do<rinale, che tra<a alla stessa stregua la cambiale in bianco e quella
incompleta, dando preferenza ai terzi possessori in buona fede del +tolo di credito.
4. Capacità e rappresentanza cambiaria
L’assunzione di obbligazione cambiaria è sempre un a<o eccedente l’ordinaria amministrazione,
anche se tale non è il rapporto so<ostante.
Il rappresentante legale del minore o dell’interde<o può assumere obbligazioni cambiarie in loro
nome solo previa autorizzazione del giudice. L’obbligazione cambiaria può essere assunta anche a
mezzo rappresentante. Ques+ deve far risultare dal +tolo tale qualità (contempla+o domini),
u+lizzando la formula “per procura” od altra equivalente.
In deroga al diri<o comune (art. 1398), il rappresentante cambiario senza poteri (o che li ha
eccedu+), è “obbligato cambiariamente come se avesse firmato in proprio”. Vale a dire, è tenuto al
pagamento in luogo del preteso rappresentato. Il rappresentante senza poteri che ha pagato ha “gli
stessi diriA che avrebbe avuto il preteso rappresentato”, potendo cioè agire cambiariamente nei
confron+ degli eventuali obbliga+ cambiari di grado anteriore.
5. Le obbligazioni cambiarie
Come an+cipato, la cambiale può incorporare più obbligazioni che intervengono successivamente
a quella dell’emi<ente o del traente. Peculiare è quindi la disciplina di sudde<e obbligazioni.
Innanzitu<o, se un’obbligazione cambiaria è invalida, le altre non ne risentono e rimangono valide
(“principio della reciproca indipendenza”). Gli obbliga+ cambiari sono tuA obbliga+ in solido nei
confron+ del portatore del +tolo. Si no+ però, che non sono tuA obbliga+ allo stesso modo, sia nei
confron+ del portatore (rappor+ esterni), sia tra di loro (rappor+ interni). Nei confron+ del
portatore, gli obbliga+ si dis+nguono in direA e di regresso. Per agire nei confron+ dei primi
(azione dire<a), non c’è bisogno di adempiere a par+colari formalità, mentre l’azione nei confron+
dei secondi (azione di regresso) è subordinata al rifiuto di acce<azione o del pagamento da parte
del debitore, seguita dalla levata del protesto a carico del portatore. Sono obbliga+ direA:
l’emi<ente, l’acce<ante e i loro avallan+. Sono obbliga+ di regresso: il traente, i giran+, i loro
avallan+ e l’acce<ante per intervento. Diversa è anche la gradazione degli obbliga+ cambiari nei
rappor+ interni, dove uno solo deve sopportare per intero il peso della cambiale e gli altri saranno
obbliga+ di grado successivo. In ogni caso l’assegnazione dei gradi è tassa+vamente fissata dalla
legge: 1) nella cambiale tra<a acce<ata, il primo obbligato è l’acce<ante, il secondo il traente, il
terzo il primo girante, e poi via via tuA i giran+. 2) Nel vaglia cambiario il primo grado spe<a
178
all’emi<ente, il secondo al primo prenditore, e poi di seguito tuA i giran+. Gli avallan+ si collocano
immediatamente di seguito all’obbligato cambiario per il quale si sono impegna+ e prima del
successivo, ed altre<anto vale per l’acce<ante per intervento. Se paga l’obbligato di primo grado,
tuA gli altri sono libera+ sia nei rappor+ esterni che in quelli interni; se invece paga un obbligato
intermedio, esso libera solo quelli di grado successivo, potendo dunque esperire azione di rivalsa
nei confron+ degli obbligato di grado precedente al suo.
6. L’acceOazione della cambiale
L’acce<azione è la dichiarazione con la quale il tra<ario si obbliga a pagare la cambiale alla
scadenza, diventando obbligato principale dire<o. Prima dell’acce<azione, il portatore non ha a
disposizione nessuna azione né cambiaria né extracambiaria, nei confron+ del tra<ario, anche se
ques+ è debitore verso il traente in base al rapporto di provvista. Qualora manchi quest’ul+mo, si
avrà la c.d. cambiale di favore. Far acce<are la cambiale è una facoltà del prenditore, che la dovrà
presentare al tra<ario, il quale può vietare che la stessa sia presentata per l’acce<azione. In ogni
caso la cambiale deve essere obbligatoriamente acce<ata: a) per le cambiali pagabili a certo tempo
vista, per fissare la scadenza; b) quando l’acce<azione è prescri<a dal traente o da un girante. La
cambiale si ri+ene acce<ata se porta la so<oscrizione dell’acce<ante. L’acce<azione deve essere
incondizionata: è tu<avia possibile l’acce<azione parziale, che autorizza il prenditore ad agire
an+cipatamente contro gli obbliga+ di regresso. L’acce<ante resta obbligato entro i termini della
sua acce<azione. Ogni modifica alle condizioni espresse nella cambiale equivale ad un rifiuto
dell’acce<ante ed autorizza l’an+cipazione delle azioni di regresso. Può succedere, in caso di
rifiuto, per evitare che gli obbliga+ di regresso paghino la cambiale prima della scadenza, che
intervenga un terzo nell’acce<azione della cambiale, configurandosi così la figura dell’acce<ante
per intervento. Questo non diventa obbligato cambiario principale, acquista il grado successivo di
colui che garan+sce. Nel silenzio del +tolo si presume dato per il traente.
La definizione è questa: “L’acce<azione per intervento è il negozio cambiario con il quale (per
evitare il regresso an+cipato del portatore nel caso di rifiuto dell’acce<azione di una cambiale
acce<abile o d’insolvenza del tra<ario), un sogge<o acce<a la cambiale obbligandosi a pagare alla
scadenza.
7. L’avallo
L’avallo è una dichiarazione con la quale un sogge<o (avallante) garan+sce il pagamento di una
parte o dell’intera somma indicata sulla cambiale. L’avallo deve risultare sul +tolo nella forma “per
avallo” o simili, seguite dalla so<oscrizione dell’avallante purché non sia quella del traente, del
tra<ario o dell’emi<ente. Importante è l’indicazione dell’obbligato avallato in quanto l’avallante
assume la stessa +pologia di obbligazione, sia essa dire<a o di regresso. Nei confron+ del
portatore, l’avallante è obbligato in solido con l’avallato e gli altri obbliga+ cambiari. Nei rappor+
interni è obbligato di grado successivo dell’avallato. Ha perciò azione di rivalsa per l’intero, sia nei
confron+ dell’avallato che degl’altri obbliga+ cambiari. L’avallo può anche essere dato
congiuntamente da più soggeA, ed in questo caso avremo la figura del coavallo. I coavallan+
saranno tuA obbliga+ di grado successivo all’avallato, e un coavallante potrà rifarsi sugl’altri, non
a<raverso la disciplina fin qui esposta, ma con l’azione di regresso fra obbliga+ di pari grado. Si
precisa che, nel rispe<o del principio dell’autonomia reciproca delle obbligazioni cambiarie, anche
l’avallo è autonomo rispe<o all’obbligazione per la quale garan+sce. Questo significa che se
179
l’obbligazione dell’avallato è invalida per qualsiasi mo+vo (a meno che l’invalidità non discenda da
vizi di forma), l’avallo resta valido perché autonomo. Da qui la differenza con la fideiussione, che
comporta l’assunzione di una obbligazione accessoria, valida solo se valida quella principale.
8. La circolazione della cambiale
La disciplina della circolazione della cambiale coincide in parte con quella dei +toli di credito
all’ordine. Il trasferimento della cambiale mediante girata, che ha funzione di promesse cambiaria,
può essere escluso dal traente o dall’emi<ente, apponendo sul +tolo la clausola “non all’ordine” o
simile. In tal caso la cambiale è trasferibile solo con forma ed effeA di una cessione ordinaria.
La girata deve essere apposta sulla cambiale e deve essere so<oscri<a dal girante, a pena di
nullità. Può essere poi, in pieno o in bianco, oltre ad essere incondizionata. Anche nella cambiale,
la girata trasferisce la legiAmazione all’esercizio dei diriA cartolari ed il possessore di buona fede,
diventa proprietario del +tolo e +tolare del diri<o, prevalendo sul +tolare spossessato.
Nella cambiale il girante risponde per legge, come obbligato di regresso, dell’acce<azione e del
pagamento della cambiale. Con apposita clausola (“senza garanzia”), il girante può esonerarsi da
ogni responsabilità. Inoltre, la cambiale può essere girata “per procura” o a +tolo di pegno.
9. Il pagamento della cambiale
LegiAmato a chiedere il pagamento è il portatore della cambiale che gius+fica il suo diri<o con
una serie con+nua di girate. Chi paga alla scadenza è tenuto a controllare solo la regolarità formale
delle girate e la con+nuità delle stesse e se il +tolo con+ene girata in bianco si presume che
so<oscri<ori so<oscri<ori della girata successiva sia il beneficiario di quella in bianco. Non è invece
tenuto a controllare l’auten+cità della firma dei giran+. Il debitore è liberato anche se paga al non
+tolare, a meno che da parte sua non vi sia stata dolo o colpa grave. La cambiale deve essere
presentata per il pagamento al tra<ario nella tra<a e all’emi<ente nel vaglia, o all’avallante se
presente: se l’obbligato principale non paga, il portatore potrà rivolgersi agli altri obbliga+
esperendo l’azione di regresso. L’obbligato di regresso che paga, può rifarsi entro 6 mesi sui
firmatari che lo precedono nel +tolo chiedendo il rimborso della somma sborsata, oltre agli
interessi. Nella cambiale “a giorno fisso” e “a certo tempo data o vista”, la presentazione deve
essere effe<uata nel giorno della scadenza o in uno dei due giorni feriali successivi. La cambiale “a
vista” deve essere invece presentata entro un anno e l’omessa presentazione nei termini comporta
la perdita dell’azione cambiaria.
In deroga al diri<o comune, il termine di scadenza della cambiale è termine essenziale anche per il
debitore, il cui pagamento an+cipato è a suo rischio. Ancora, il portatore non può rifiutare un
pagamento parziale e il debitore può esigere che ne sia fa<a menzione nel +tolo e gliene sia data
quietanza separata. Il pagamento per intero dà diri<o alla res+tuzione del +tolo, sempre
quietanzato.
Anche il pagamento della cambiale può essere effe<uato per intervento: colui che paga per
intervento può essere un terzo o una persona già obbligata cambiariamente, tranne l’acce<ante. Il
pagamento per intero libera gli obbliga+ di grado successivo a quello per il quale il pagamento è
stato effe<uato, mentre chi ha pagato acquista i diriA cambiari verso costui e gli obbliga+ di grado

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anteriore. Il portatore che rifiuta il pagamento per intervento perde il regresso contro coloro che
sarebbero sta+ libera+.
10. Le azioni cambiarie
In caso di rifiuto del pagamento o acce<azione, il portatore ha diri<o ad esigere quanto gli è
dovuto da tuA gli obbliga+ cambiari. Le azioni cambiarie sono però diverse a seconda che si traA
di obbliga+ direA o di regresso. L’azione dire<a non è sogge<a a par+colari regole; infaA, è
proponibile dal portatore entro 3 anni dalla scadenza della cambiale e non è sogge<a alla levata
del protesto ed alla decadenza. L’azione di regresso può essere esercitata innanzitu<o il giorno
della scadenza. Può essere esercitata prima della scadenza nei seguen+ casi:
1) in caso di mancata acce<azione totale o parziale;
2) in caso di fallimento del tra<ario, dell’emi<ente o in caso di esecuzione infru<uosa sui loro
beni,
3) in caso di fallimento del traente di una cambiale non acce<abile. In caso di fallimento basta
produrre la rela+va sentenza per esercitare il regresso.
Negl’altri casi è necessaria la levata del protesto: a<o +pico congeniale all’accertamento del
mancato pagamento o della mancata acce<azione. Il protesto deve essere elevato entro i termini
per la presentazione dell’acce<azione e del pagamento. Nel caso di mancato pagamento, il
protesto deve essere elevato nei 2gg feriali successivi alla scadenza. Il portatore che non eleva il
protesto entro i termini decade dal diri<o di esperire l’azione cambiaria di regresso, salvo i casi in
cui il traente o l’emi<ente lo abbiano dispensato con apposita clausola “senza spese” o “senza
protesto”. Anche se dispensato dal protesto, il portatore dovrà avvisare nei 4gg successivi dalla
presentazione della cambiale “senza spese”, il traente, il suo girante ed i loro avallan+. In
mancanza, la pena è più lieve: si obbliga al risarcimento dei danni eventualmente arreca+ dal
ritardo dell’avviso, nei limi+ della cambiale. Anche l’avviso è derogabile con apposita clausola
“senza avviso”. Gli obbliga+ cambiari sono tuA obbliga+ in solido verso il portatore, che potrà
quindi scegliere contro quale obbligato agire, ferma restando la possibilità per il portatore di poter
agire congiuntamente contro più obbliga+. L’obbligato cambiario che ha pagato ed ha liberato
defini+vamente i coobbliga+ di grado successivo, ha a sua volta la possibilità di esperire un
ulteriore regresso nei confron+ degli obbliga+ cambiari di grado anteriore, per l’intero ammontare
più le spese. Tra obbliga+ di pari grado (es. coavallan+) non si può agire cambiariamente,
nemmeno pro quota. Per ques+ casi la legge riserva le azioni extracambiarie. L’azione di regresso
del portatore si prescrive entro 1 anno dalla regolare levata del protesto o dall’esibizione del +tolo
con clausola “senza spese”. L’azione di ulteriore regresso si prescrive entro 6 mesi dal pagamento.
11. Il protesto
Il protesto serve ad accertare il mancato pagamento o la mancata acce<azione degli obbliga+
cambiari principali ed è quindi postergato a sudde<e operazioni di presentazione infru<uosa del
+tolo. Abilita+ alla levata del protesto contro tali soggeA sono: i notai, gli ufficiali giudiziari e i loro
aiutan+ e in loro mancanza i segretari comunali. Il notaio o l’ufficiale giudiziario si possono servire
dei c.d. presentatori, nomina+ su loro indicazione dal presidente della corte d’appello. Il
presentatore va ad esibire il +tolo per accertare il pagamento o la mancanza dello stesso. L’a<o di
181
protesto è invece reda<o successivamente dal notaio o dall’ufficiale giudiziario ed è firmato anche
dal presentatore. Il protesto può essere annotato sulla cambiale o con a<o separato. In ogni caso
deve risultare dal +tolo ed ha valore di a<o pubblico. I protes+ per mancato pagamento (non quelli
per mancata acce<azione) vengono pubblica+ sul registro informa+co dei protes+ tenuto dalle
camere di commercio. Colui che viene protestato ingiustamente può agire per il discredito subìto.
Il protesto può essere sos+tuito da una dichiarazione sos+tu+va di non acce<azione rilasciata dal
tra<ario, che però deve essere iscri<a nei termini previs+ per il protesto. Il protesto è superfluo se
nella cambiale c’è la clausola “senza spese” o “senza protesto”.
12. Il processo cambiario. Le eccezioni
L’azione cambiaria, sia dire<a che di regresso, gode di un regime volto a consen+re una rapido
soddisfacimento del creditore. Questo a<eggiamento processuale par+colareggiato è concesso
solo se l’imposta di bollo del +tolo risulta pagata; solo quest’ul+ma lo rende esecu+vo.
L’esecu+vità si manifesta nel fa<o che il creditore può agire sui beni del debitore prima di o<enere
una vera a propria sentenza di condanna. Il creditore che non ha pagato l’imposta di bollo potrà
ricorrere al procedimento di cognizione, dire<o ad accertare l’esistenza del debito cambiario e
all’o<enimento di una sentenza di condanna (procedimento ingiun+vo). Una di queste è la
condanna al pagamento della cambiale da parte del debitore, che potrà essere richiesta dal
creditore solo nel caso in cui l’opposizione del debitore è di lunga indagine. Le eccezioni opponibili
sono, anche per la cambiale, reali e personali ed in ogni caso si può dimostrare l’excep+o doli del
terzo. Tipica della cambiale invece è la dis+nzione tra eccezioni oggeAve e soggeAve. Sono
eccezioni oggeAve quelle che possono essere proposte da tuA gli obbliga+ cambiari, per esempio
per dife<o formale della cambiale. Sono eccezioni soggeAve quelle opponibili da un solo obbligato
cambiario.
13. Le azioni extracambiarie
L’emissione e la circolazione trovano fondamento in un rapporto di debito tra chi dà e chi riceve il
+tolo. Per realizzare il proprio credito il possessore della cambiale ha a disposizione, oltre le azioni
dire<a e di regresso, anche l’azione causale nei confron+ del debitore.
L’esercizio dell’azione causale, è subordinato a cautele per evitare al debitore il rischio di doppio
pagamento. Per poterla esercitare, è necessario che: a) siano sta+ accerta+ col protesto la mancata
acce<azione o il mancato pagamento della cambiale; b) il portatore offra al debitore la res+tuzione
della cambiale; c) il portatore abbia adempiute tu<e le formalità per conservare al debitore le
azioni di regresso che possono competergli. L’inosservanza di queste condizioni comporta la
decadenza dell’azione causale.
Può infine verificarsi che il portatore della cambiale abbia perduto tu<e le azioni cambiarie e non
abbia alcuna azione causale da esercitare. In tal caso, l’art. 67 delle leggi cambiarie, gli consente di
agire contro il traente, l’acce<ante o il girante “per la somma di cui si siano arricchi+ a suo danno”.
L’azione di arricchimento sarà esercitabile solo nei confron+ dell’obbligato cambiario beneficiario
dell’arricchimento e si prescrive in 1 anno dal giorno della perdita dell’azione cambiaria.
14. Ammortamento

182
La disciplina di ammortamento della cambiale coincide sostanzialmente con quella de<ata con i
+toli di credito all’ordine.
15. Le cambiali finanziarie
Hanno la funzione di consen+re alle imprese la raccolta di capitale, in alterna+va al ricorso del
credito bancario. Le cambiali finanziarie sono pagherò cambiari emessi in serie con scadenza non
inferiore a tre mesi e non superiore a 12 mesi. Hanno la stessa stru<ura della cambiale ordinaria,
seppur con determina+ accorgimen+ nascen+ dalla loro collocazione tra il pubblico dei
risparmiatori. Deve riportare la denominazione di “cambiale finanziaria” e non può essere emessa
per un taglio inferiore a 50.000€. Le cambiali finanziarie possono essere emesse solo da società di
capitali, coopera+ve e mutue assicuratrici, assis+te da uno sponsor (nel caso delle non quotate)
che solitamente è una banca o un intermediario mobiliare obbliga+ a tenere nel proprio
portafoglio una quota delle cambiali.
Le cambiali finanziarie possono essere girate solo con la clausola “senza garanzia” e quindi senza
assunzione di obbligazione cambiaria di regresso da parte del girante per agevolare la
so<oscrizione.

CAPITOLO 42 – L’ASSEGNO BANCARIO


1. Nozione e caraOeri essenziali
L’assegno bancario (chéque) è un +tolo di credito contenente l’ordine incondizionato di pagamento
dire<o ad una banca, di pagare a vista una somma determinata all’ordine o al portatore. Funzione
+pica è quella di pagamento, evitando di u+lizzare la moneta legale ed usufruendo delle
disponibilità presen+ in banca. L’assegno bancario ha la stessa stru<ura della cambiale tra<a ed è
reda<o su apposi+ moduli forni+ dalla banca: il carnet di assegni. Il rapporto è quindi trilaterale: il
traente che ex lege risponde del mancato pagamento, la banca tra<aria che riceve l’ordine e il
prenditore dell’assegno. Essendo iden+ca la stru<ura, anche l’assegno è un +tolo astra<o, formale
ed esecu+vo. Ed anche l’assegno incorpora una serie di obbligazioni reciprocamente indipenden+,
solidali e disposte per gradi. Essendo 2 strumen+ con stru<ura iden+ca ma con finalità diverse (di
credito la cambiale, di pagamento l’assegno), la disciplina osserva le seguen+ differenze:
a) Tra<ario può essere solo una banca;
b) Il rapporto di provvista si può fondare solo su riserve disponibili del traente verso la banca;
c) La banca non può acce<are l’assegno in quanto non può essere un obbligato cambiario
principale, né può risultare obbligata come girante o avallante;
d) L’assegno bancario è sempre pagabile a vista entro brevi termini;
e) È disciplinato l’uso abusivo o improprio degli assegni.
2. I requisi< dell’assegno bancario
È necessario dis+nguere tra requisi+ formali, in assenza dei quali il +tolo non vale come assegno, e
i requisi+ di semplice regolarità la cui ino<emperanza ingenera solo sanzioni amministra+ve
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pecuniarie. Sono semplici requisi+ di regolarità: a) l’esistenza di fondi disponibili presso la banca,
almeno sufficien+ per coprire l’assegno; b) l’esistenza di una convenzione di assegno con la banca,
e cioè di un accordo che consente di disporre tramite assegno dei suddeA fondi. In pra+ca
entrambe le esigenze sono soddisfa<e possedendo un conto corrente presso una banca con un
saldo disponibile. Le pene previste per l’emissione di assegno non autorizzato o a vuoto sono
pecuniarie ed accessorie. Si ricorda che il pagamento del bollo rende il +tolo esecu+vo. Sono
invece requisi+ di validità:
a) La denominazione di assegno bancario;
b) L’ordine espresso di pagamento di una cifra determinata espressa in numeri e le<ere.
L’assegno può essere anche all’ordine del traente (“a me medesimo”) ma in questo caso
non è girabile se non per l’incasso ad una banca o a Poste Italiane;
c) L’indicazione del tra<ario, che può essere solo una banca;
d) L’indicazione del luogo del pagamento, in assenza del quale si prende per buono quello
indicato accanto al nome della banca tra<aria;
e) La data ed il luogo dell’emissione;
f) La so<oscrizione autografa del traente.
3. La posizione della banca traOaria
Come de<o, l’assegno non può essere acce<ato, e qualunque clausola in tal senso si ha per non
scri<a. Tale principio è valido in quanto la banca tra<aria non può mai assumere la qualità di
obbligato di regresso. Inoltre, la banca non è mai obbligata extracambiariamente nei confron+ del
portatore di assegno. Questo perché la convenzione di assegno scaturente dal rapporto di conto
corrente, obbliga la banca a pagare quanto disposto dal corren+sta nei limi+ delle sue disponibilità,
quindi se la banca si rifiuta è inadempiente nei confron+ del corren+sta e non del portatore, dato
che la convenzione di assegno non è configurabile come un contra<o a favore di terzi. In soccorso
del portatore giunge comunque l’is+tuto del visto. InfaA, se la banca pone il visto sull’assegno, i
fondi corrisponden+ a coprirlo non solo esistono, ma diventano intangibili fin quando l’assegno
non sarà incassato. Se la banca viola in qualsiasi modo questa garanzia, sarà esposta al
risarcimento nei confron+ del portatore. Si puntualizza che questo is+tuto è desueto in quanto
implica il pagamento di un’imposta supple+va. Più diffuso è il benefondi: questo consiste nella
comunicazione, di regola telefonica, tra la banca tra<aria e quella girataria per l’incasso della
disponibilità dei fondi a cui si riferisce l’assegno. In questo caso la banca sarà obbligata al
risarcimento solo se fornirà informazioni sbagliate. La banca può anche obbligarsi a bloccare i
fondi, esponendosi a responsabilità extracartolare se l’assegno alla fine risulta coperto (c.d.
benefondi di blocco).
4. Circolazione. Avallo
L’assegno è normalmente rilasciato all’ordine, ma può essere anche al portatore (come quello
rilasciato senza l’indicazione del prenditore). L’assegno all’ordine circola secondo le regole de<ate
per la cambiale, in par+colare per quelle che fanno del girante obbligato di regresso ex lege. L’unica
differenza sta nel fa<o che, se l’assegno è girato alla banca tra<aria, questo si ri+ene come
184
quietanza e si es+ngue. L’assegno al portatore, molto raro per i pericoli a cui ci si espone
eme<endolo, circola secondo le norme de<ate dal codice per +toli al portatore. L’avallo è
consen+to nelle forme previste per la cambiale, eccezion fa<a per la banca tra<aria che non può
avallare in quanto non può diventare obbligata cambiaria.

5. Il pagamento dell’assegno
L’assegno è sempre pagabile a vista ed anche il postdatato è pagabile prima della data indicata.
Deve sempre essere presentato per il pagamento all’impiegato della banca tra<aria. Il termine di
presentazione è di 8gg dall’emissione se è pagabile nel comune della stessa, e di 15gg se è pagabile
in altro comune. L’omessa presentazione dell’assegno entro i termini stabili+ comporta la perdita
dell’azione di regresso verso giran+ e avallan+. Sempre obbligato rimane però il traente, il quale se
non si oppone, autorizza tacitamente la banca a pagare l’assegno dopo la scadenza dei termini. La
banca tra<aria può pagare l’assegno anche quando sia sopraggiunta la morte del traente. Il
pagamento dell’assegno all’ordine avviene solo dopo il controllo formale che la banca esegue per
accertare la serie con+nua delle girate e l’iden+ficazione della firma depositata dal traente. Si
tra<a di controlli che la banca deve effe<uare con la diligenza dell’accorto banchiere.
6. Il regresso per mancato pagamento
In caso di mancato pagamento da parte della banca tra<aria il portatore dell’assegno può agire in
regresso contro il traente, i giran+ ed i loro avallan+. La presentazione del +tolo alla banca tra<aria
nei termini e la contestazione del rifiuto di pagamento mediante il protesto sono necessarie per
agire contro i giran+ ed i loro avallan+.
Non sono necessarie per l’esercizio dell’azione di regresso contro il traente, fermo restando che il
pagamento deve essere richiesto alla banca tra<aria. Nei confron+ del traente la presentazione
tardiva comporta la perdita, per il portatore dei diriA verso il traente, per la somma che è venuta a
mancare.
L’azione di regresso del portatore contro il traente, I giran+ e gli altri obbliga+ si prescrive in sei
mesi dal termine di presentazione. L’azione di ulteriore regresso dell’obbligato che ha pagato
l’assegno contro gli obbliga+ di grado anteriore si prescrive invece in 6 mesi (?) dal giorno del
pagamento o dal giorno in cui l’azione di regresso è stata promossa contro di lui.
7. Assegno sbarrato, da accreditare, non trasferibile. Assegno turis<co.
185
Tipiche dell’assegno bancario sono alcune clausole volte a ridurre i rischi connessi al furto o allo
smarrimento del +tolo. La ra+o è quella di evitare il pagamento a un sogge<o non legiAmato.
L’assegno sbarrato è un assegno sul quale vengono poste 2 re<e parallele sulla faccia anteriore. La
sbarratura può essere generale o speciale. Se è generale, presenta solo le 2 sbarre senza nessuna
indicazione al loro interno, e consente il pagamento dell’assegno solo ad un banchiere o ad un
cliente della banca tra<aria. Se è speciale, tra le 2 sbarre viene scri<o il nome del banchiere
autorizzato all’incasso, che può essere lo stesso tra<ario. La circolazione dell’assegno sbarrato è
consen+ta, ma l’incasso è regolato dai limi+ sopraespos+. La banca tra<aria che paga l’assegno a
persona sbagliata è esposta al risarcimento al portatore dell’importo dell’assegno, spiegandosi
dunque la funzione di garanzia dell’assegno sbarrato.
L’assegno che presenta la clausola da accreditare non è incassabile in contan+ ma è accreditabile
nel presumibile rapporto preesistente tra banca tra<aria e portatore (es. accredito sul conto
corrente).
L’assegno che riporta la clausola “non trasferibile” è incassabile solo dal primo prenditore, e
qualunque girata si ha per non apposta, e la cancellazione della clausola di non trasferibilità si ha
per non operata. L’unica girata possibile è la girata per l’incasso ad una banca, che non potrà a sua
volta girarlo. TuA gli assegni di taglio superiore a 1.000 € devono essere non trasferibili, e tuA i
carnet di assegni rilascia+ dalle banche devono essere con clausole di non trasferibilità, salvo
richiesta del cliente per il rilascio degli assegni liberi. La banca che paga un assegno non trasferibile
a persona diversa dal primo prenditore risponde del pagamento. È tu<avia ques+one controversa
se la banca sia o meno sempre responsabile.
L’assegno turis+co è rilasciato da una banca con sedi all’estero dietro versamento di una somma
corrispondente da parte del prenditore. Così, chi si deve recare all’estero disporrà di un +tolo
sempre esigibile e facilmente trasferibile per l’importo che aveva depositato presso la banca
emi<ente. Cara<eris+ca di questo assegno è la doppia firma: quella del rilascio e quella
dell’incasso. In questo modo anche i giratari sono rassicura+ dall’auten+cità delle firme.
8. L’ammortamento
L’ammortamento è iden+co a quello previsto per gli altri +toli di credito e non dis+ngue la
differenza tra assegni all’ordine e al portatore, ed è quindi eccezionalmente concesso anche a
ques+ ul+mi. Non è concesso per gli assegni non trasferibili in quanto ques+ non possono
circolare.

CAPITOLO 43 – L’ASSEGNO CIRCOLARE


1. Nozione e disciplina
L’assegno circolare è un +tolo di credito all’ordine che con+ene la promessa incondizionata di
pagamento della banca emi<ente di pagare a vista una somma di denaro. La sua emissione
avviene mediante versamento del richiedente dell’importo corrispondente. L’assegno circolare
rappresenta anch’esso un metodo di pagamento a<raverso la stru<ura +pica del pagherò
cambiario (obbligazione dire<a). Esso rappresenta una forma di pagamento più sicura dell’assegno
186
bancario in quanto la solvibilità è garan+ta dalla banca. Per ques+ mo+vi ben si presta per i
pagamen+ da piazza a piazza, in quanto è pagabile presso tuA gli sportelli della banca emi<ente.
Poiché ben si presta alla sos+tuzione della moneta legale non può essere emesso al portatore.
Sono previste le seguen+ condizioni di regolarità:
a) L’emissione di assegni circolari è consen+ta solo alle banche autorizzate dalla Banca d’Italia;
b) La banca può eme<ere assegni circolari solo per impor+ disponibili al momento
dell’emissione in contan+ o addebita+ sul conto del richiedente;
c) La banca autorizzata all’emissione di assegni circolari deve depositare presso la Banca
d’Italia un ammontare di +toli come garanzia.
Sono requisi+ formali:
1) Denominazione di assegno circolare;
2) Presenza della promessa incondizionata di pagamento;
3) Denominazione del portatore;
4) Indicazione della data e del luogo di emissione;
5) La so<oscrizione della banca emi<ente.
Non è invece richiesto il luogo di pagamento dato che l’assegno è pagabile in tu<e le filiali della
banca. L’assegno circolare so<ostà alla disciplina esposta per quello bancario, fermo restando che
la girata a favore dell’emi<ente es+ngue il +tolo, ed il possessore deve presentare l’assegno per il
pagamento entro 30gg dall’emissione altrimen+ perde l’azione di regresso. È so<oponibile anche
alla disciplina dell’assegno sbarrato, da accreditare e non trasferibile, nonché alla procedura di
ammortamento. L’assegno non trasferibile smarrito o distru<o del quale è stata fa<a denunzia alla
banca emi<ente, trascorsi 20gg è senz’altro pagabile. Nonché il richiedente può res+tuire alla
banca l’assegno previa riconsegna di quanto depositato in sede di emissione. Di regola è emesso
con clausola di non trasferibilità, anche se può esser richiesto trasferibile purché di taglio inferiore
a 1.000€. Speciali metodi di pagamento possono essere emessi dalla Banca d’Italia. Il più diffuso è
il vaglia cambiario della Banca d’Italia. È un +tolo di credito all’ordine contenente la promessa
incondizionata di pagamento della Banca d’Italia di pagare a vista la somma ivi riportata sul +tolo.
È rilasciato dietro versamento del rela+vo importo ed è pagabile presso tu<e le filiali della Banca
d’Italia.

PARTE QUINTA – LE PROCEDURE CONCORSUALI


CAPITOLO 44 – LA CRISI DELL’IMPRESA COMMERCIALE
1. Crisi dell’impresa e procedure concorsuali
La crisi economica dell’impresa e il conseguente dissesto patrimoniale coinvolgono una gran massa
di creditori, che sono impossibilita+ a realizzare quanto loro dovuto. I creditori di un imprenditore
sono a loro volta in gran parte imprenditori e la mancata realizzazione del credito concesso può
provocare, di riflesso, la crisi economica delle loro imprese. Ques+ even+ coinvolgono mol+
187
interessi colleAvi: primo fra tuA, l’interesse alla salvaguardia dell’occupazione a<raverso il
risanamento delle imprese. In queste situazioni di crisi economica i mezzi di tutela individuali dei
creditori si rivelano inadegua+ e insufficien+. La sistemazione del dissesto degli imprenditori
agricoli e dei piccoli imprenditori commerciali resta affidata agli strumen+ di diri<o comune. Per il
dissesto dell’imprenditore commerciale non piccolo sono state invece previste speciali procedure,
denominate procedure concorsuali. La legge regola cinque procedure concorsuali: il fallimento
(oggi liquidazione giudiziale), il concordato preven+vo, la liquidazione coa<a amministra+va,
l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza e l’amministrazione
straordinaria accelerata. Le procedure concorsuali riservate ai debitori diversi dall’imprenditore
commerciale non piccolo sono: la procedura di liquidazione, l’accordo di composizione della crisi
ed il piano del consumatore. Le procedure concorsuali sono procedure generali perché
coinvolgono tu<o il patrimonio dell’imprenditore; sono colleAve perché coinvolgono tuA i
creditori dell’imprenditore. Volendo assicurare la par condicio creditorum, le forme di tutela
personali dei creditori sono sos+tuite da forme di tutela colleAva che mirano a ripar+re fra tuA i
creditori le conseguenze patrimoniali del dissesto dell’imprenditore. Alla luce di tale principio, tuA
i creditori anteriori alla data di apertura della procedura hanno diri<o di partecipare alla procedura
medesima o comunque sono coinvol+ in essa e tuA debbono essere soddisfaA in eguale
proporzione.
2. Le singole procedure concorsuali
Diverse possono essere le cause della crisi dell’impresa; diversa la gravità della stessa e le
possibilità di superamento; diverso può essere il rilievo economico e sociale dell’impresa in crisi.
Da qui la necessità di predisporre modelli di composizione del dissesto dell’imprenditore e la
differenziazione delle procedure concorsuali. Queste, sono strumento di regolamentazione e
composizione coaAva dei rappor+ tra debitore e l’insieme dei suoi creditori in chiave di a<uazione
della responsabilità patrimoniale dello stesso debitore e si a<eggiano come procedure diverse tra
loro per presuppos+ oggeAvi e soggeAvi di applicazione, finalità, inizia+va (plurima o del solo
debitore) e natura (giudiziaria o amministra+va). Tu<avia, anche se si tra<a di is+tu+ eterogenei,
presentano anche cara<eris+che comuni: le procedure concorsuali investono l’intero patrimonio
del debitore all’apertura della procedura (universalità), riguardano e coinvolgono l’intera massa dei
creditori rispe<ando la par condicio creditorum (generalità), si aprono con un provvedimento
amm.vo o giudiziario (officiosità) e l’imposizione di un vincolo di des:nazione sull’intero
patrimonio del debitore.
Al fallimento (procedura giudiziaria), sono soggeA gli imprenditori commerciali insolven+, il cui
patrimonio deve essere liquidato e ripar+to tra i creditori secondo parità di tra<amento: in
passato, il fallimento conduceva alla disgregazione del complesso aziendale, ignorando l’esigenza
di dissociare la sorte dell’imprenditore da quella del complesso aziendale. L’eliminazione del primo
non implica la dissoluzione del secondo, in quanto questo può con+nuare so<o la direzione di altro
imprenditore.
Dopo tenta+vi di riforma, si è arriva+ ad una revisione della legge fallimentare, ridisegnando e
modificando il concordato preven+vo e gli accordi di ristru<urazione dei debi+, donando maggiore
autonomia ai curatori nella determinazione delle modalità di liquidazione che devono privilegiare

188
la cessione in blocco dell’azienda, ecc… Nel contempo, la nuova disciplina mira ad evitare che la
crisi d’impresa possa condurre sempre al fallimento.
Si inserisce il nuovo concordato preven+vo, che presuppone solo una situazione di crisi
dell’impresa: in base all’a<uale disciplina, il concordato preven+vo può perseguire o la liquidazione
di tu<o il patrimonio, o il ritorno del debitore e la prosecuzione dell’aAvità d’impresa da parte
dello stesso. Le medesime finalità possono avere gli accordi di ristru<urazione dei debi+, che si
differenziano dal concordato preven+vo per una maggiore libertà delle par+.
La liquidazione coa<a amministra+va (procedura amministra+va) è una procedura che trova
applicazione nei confron+ di determinate imprese che svolgono aAvità di rilievo economico –
sociale. È una procedura concorsuale che porta all’eliminazione dell’impresa dal mercato ed alla
disgregazione del complesso produAvo, assicurando il soddisfacimento dei creditori.
Si è inserita dal ’79 l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, la cui idea
ispiratrice è quella di conciliare il soddisfacimento dei creditori con il salvataggio del complesso
produAvo e dell’occupazione. Tu<avia, l’is+tuto non ha ben reso ed è stato modificato
ar+colandolo in due fasi: la prima si apre con la dichiarazione dello stato di insolvenza da parte
dell’autorità giudiziaria; è invece devoluta all’autorità amm.va la ges+one della procedura, con
l’ingresso di un commissario. L’amm.zione straordinaria si traduce in fallimento se quest’ul+mo
non adempie agli obieAvi. Punto cri+co della procedura di amm.zione straordinaria è la fase di
apertura, volta all’accertamento giudiziario dei requisi+ di ammissione. Solo dopo l’apertura della
procedura interviene l’autorità giudiziaria per verificare la condizione di insolvenza del debitore.
Infine, vi sono le procedure concorsuali u+lizzabili dai debitori che versano in stato di
sovraindebitamento. Il piano del consumatore è invece una procedura riservata soltanto ai
consumatori incolpevoli del proprio sovraindebitamento: si prevede il superamento della crisi
mediante predisposizione di un piano disposto dal debitore.
La finalità comune a tu<e le procedure concorsuali è il soddisfacimento dei creditori, il che è
dimostrato dai casi e dai modi di chiusura delle singole procedure, con i quali le stesse esauriscono
la loro funzione:

➢ Fallimento: tra le ipotesi di cessazione vi sono la chiusura a seguito di integrale pagamento


di tuA i creditori e quella cos+tuita dal concordato con la “ristru<urazione dei debi+ e la
soddisfazione dei credi+”;

➢ Liquidazione coa<a amministra+va: tra le varie ipotesi di chiusura vi è il concordato di


liquidazione;

➢ Concordato preven+vo: la procedura si chiude con l’omologazione del concordato, a seguito


del consenso dei creditori alla sistemazione concordata dall’esposizione debitoria.

CAPITOLO 45 – IL FALLIMENTO
1. I presuppos< del fallimento
Presuppos+ del fallimento sono:
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a) La qualità di imprenditore commerciale del debitore;
b) Lo stato di insolvenza dello stesso;
c) Il superamento di uno dei limi+ dimensionali fissa+ dall’art. 1 comma 2 della legge
fallimentare;
d) La presenza di inadempimen+ complessivamente superiori all’importo fissato per legge.
In merito al presupposto soggeAvo, l’ambito del fallimento viene limitato quando questo è
sos+tuito da liquidazione coa<a amm.va per alcune categorie di imprenditori individuate da leggi
speciali, cedendo poi il passo all’amm.zione straordinaria delle grandi imprese in stato di
insolvenza quando ne ricorrono i presuppos+. Ancora, gli en+ pubblici sono esonera+ dal
fallimento.
Regole par+colari valgono per l’estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili. Primo
presupposto oggeAvo del fallimento è lo stato di insolvenza: l’imprenditore versa in stato di
insolvenza quando non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Questa
definizione allude ad un dissesto economico patologico e irreversibile che coinvolge l’intero
patrimonio dell’imprenditore non più in grado di soddisfare obbligazioni a tempo debito. Indici
rivelatori dello stato di insolvenza, oltre ad una gran massa di singoli inadempimen+, potrebbero
essere: pagamento delle obbligazioni con mezzi anomali, la+tanza dell’imprenditore, trafugamento
dell’aAvo. Quindi è possibile che vi sia l’insolvenza anche senza inadempimen+. Ne<a è quindi la
differenza tra inadempimento e insolvenza: il primo riguarda singoli rappor+ per i quali
l’imprenditore può essere inadempiente per vari mo+vi (se ri+ene di non dover pagare, per
negligenza, ecc: inadempimento senza insolvenza); la seconda, causa il fallimento e nasconde una
situazione globale dell’imprenditore ne<amente più grave. Ferma restando la differenza tra
inadempimento e insolvenza, perché si verifichi il fallimento si devono verificare entrambi: è infaA
stabilito che i cos+ e i tempi della procedura non sono gius+fica+ se l’ammontare degli
inadempimen+ non supera i 30.000€. Ed è altresì necessario il superamento dei limi+ patrimoniali,
reddituali e di indebitamento fissa+ dall’art. 1 comma 2 della legge fallimentare. È infine possibile
richiedere il fallimento dell’imprenditore entro un anno dalla cancellazione dell’imprenditore dal
R.I. ed è altresì concessa la possibilità ai richieden+ di dimostrare la sopravvivenza dell’aAvità
produAva dopo la cancellazione dal R.I. al fine di postergare il termine annuale.
2. La dichiarazione di fallimento
Il fallimento può essere richiesto: 1) da uno o più creditori; 2) dal debitore; 3) dal pubblico
ministero. Il ricorso dei creditori è l’ipotesi più frequente, e non è necessario che i credi+ siano
ineren+ all’aAvità di impresa. Dalla richiesta possono non risultare tuA i presuppos+, in quanto il
fallimento è una procedura speciale a cara<ere inquisitorio nella quale il giudice ha la possibilità di
acquisire tu<e le prove necessarie a dichiarare il fallimento.
Il debitore che chiede il fallimento potrebbe avere una convenienza ad aAvare tale pra+ca per
so<rarsi alle procedure individuali di rientro del credito. È obbligatoria la richiesta di fallimento
quando nell’inerzia l’imprenditore si peggiora la posizione dei creditori. Pertanto, l’imprenditore
che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale, per agevolare
l’indagine:
190
1) Scri<ure contabili e fiscali degl’ul+mi 3 anni di esercizio;
2) Stato par+colareggiato ed es+ma+vo delle sue aAvità;
3) L’elenco nomina+vo di tuA i creditori ed i rispeAvi credi+;
4) L’indicazione di tuA i beni grava+ da diriA reali di garanzia e dei rela+vi debi+.
Il pubblico ministero deve richiedere il fallimento quando ricorrono i presuppos+ che configurano
rea+ fallimentari (ad es. fuga o la+tanza). La sentenza penale interviene una volta accertata
l’insolvenza. Il tribunale non può procedere d’ufficio, ma il PM ha il potere-dovere di richiedere il
fallimento quando vi sia segnalazione dell’accertamento dello stato di insolvenza da parte di un
giudice.
Competente per la dichiarazione del fallimento è il tribunale operante nel territorio in cui è ubicata
la sede direzionale e amministra+va dell’impresa. Non si +ene conto del cambio di sede effe<uato
nell’anno precedente per evitare di far “scegliere” un tribunale gradito all’imprenditore fallente. La
nuova riforma disciplina la c.d. trasla+o iudicii: ossia il trasferimento di tuA gli aA ad un tribunale
competente alle indagini richieste dal fallimento, senza che tuA gli aA pos+ in essere dal tribunale
incompetente che richiede la traslazione siano invalida+ provocando una perdita di tempo
notevole.
Il tribunale decide in camera di consiglio con un procedimento cara<erizzato da alcune
semplificazioni (per accelerare la procedura) rispe<o al procedimento ordinario. Deve però sen+re
previamente creditori e debitore che potranno depositare documen+, memorie, prove, consulenze
e quant’altro per dimostrare la propria tesi. Il tribunale, su istanza di parte, può deliberare degl’aA
conserva+vi del patrimonio o dell’impresa, in generale validi per tu<a la durata dell’istru<oria
prefallimentare. Tali provvedimen+ decadono se la domanda è rige<ata, vengono conferma+ o
revoca+ se la domanda è accolta. Se la domanda è rige<ata, ciò accade con decreto mo+vato dal
tribunale. Quest’ul+mo è reclamabile presso la corte d’appello (da parte del debitore stesso, del
creditore istante o del PM) che, se acce<a il reclamo, investe il tribunale di dichiarare il fallimento.
Il fallimento è dichiarato con sentenza, che con+ene:
1) Nomina del giudice delegato e del curatore prepos+ al fallimento;
2) Ordina al fallito il deposito del bilancio, delle scri<ure contabili e fiscali obbligatorie entro
3gg;
3) Fissa i termini rela+vi all’accertamento dello stato passivo.
La sentenza viene no+ficata d’ufficio al debitore, al richiedente ed al curatore. Viene pubblicata sul
R.I. ed è immediatamente esecu+va tra le par+ fin dal deposito in cancelleria. Gli effeA nei
confron+ dei terzi sono posterga+ all’iscrizione nel R.I.
3. Reclamo. La revoca del fallimento
Possono proporre reclamo presso la corte d’appello il fallito e qualsiasi interessato.
Il ricorso deve essere proposto entro 30gg dal ricevimento della no+fica di fallimento al fallito, o
dalla pubblicazione della sentenza nel R.I. L’impugnazione non sospende gli effeA della sentenza di
fallimento, anche se la corte d’appello può sospendere temporaneamente la liquidazione
191
dell’aAvo se sussistono gravi mo+vi o gliene faccia richiesta il curatore. Anche il procedimento di
appello è pensato per risolvere brevemente la ques+one. Esso riesamina il procedimento camerale
per scovare eventuali vizi ed indaga sull’effeAva esistenza dei presuppos+ del fallimento. La
sentenza d’appello è a sua volta reclamabile in Cassazione entro 30gg dalla no+fica.
Con la sentenza che accoglie il reclamo, il fallimento è revocato. Sul piano della liquidazione
dell’aAvo però, quel che è stato è stato. Rimangono validi tuA gli aA che sono sta+ pos+
legiAmamente in essere dagl’organi fallimentari. All’ex fallito non resta che chiedere il
risarcimento danni al richiedente se ricorre colpa dello stesso nel richiedere l’intervento della
procedura e ad esso spe<ano anche le spese di procedura ed il compenso al curatore. Altrimen+,
ciò compete all’ex fallito qualora vi sia stato un suo comportamento colposo. Se assente, spese e
compensi competono allo Stato.
4. Gli organi del fallimento
La procedura fallimentare è svolta da 4 organi fallimentari prepos+ all’accertamento dei debi+, alla
liquidazione dell’aAvo e alla distribuzione dello stesso tra i creditori, e sono: il tribunale
fallimentare, il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori. Il tribunale fallimentare è
inves+to dell’intera procedura ed in par+colare:
a) Nomina il giudice delegato e il curatore, ne sorveglia l’operato e può sos+tuirli;
b) Sos+tuisce i membri del comitato dei creditori;
c) Decide le controversie della procedura che non sono di competenza del giudice delegato,
nonché sui reclami ai provvedimen+ dello stesso;
d) Può in ogni tempo chiedere informazioni agl’organi fallimentari.
TuA ques+ provvedimen+ sono ado<a+ dal tribunale fallimentare con decreto e sono reclamabili
presso la corte d’appello. In deroga al principio della territorialità, il tribunale fallimentare è
competente a decidere su tu<e le controversie ineren+ al fallimento.
Il giudice delegato, oltre a vigilare sulla ges+one della procedura:
a) Nomina e revoca i componen+ del comitato dei creditori, e ne supplisce le funzioni in caso
questo sia inerte per qualsiasi mo+vo;
b) Forma lo stato passivo del fallimento e lo rende esecu+vo con proprio decreto;
c) Autorizza il curatore a stare in giudizio;
d) Decide sui reclami promossi contro le decisioni del curatore o del comitato dei creditori;
e) Provoca tuA i provvedimen+ necessari alla conservazione del patrimonio.
Anche i decre+ del giudice delegato sono ado<a+ con decreto mo+vato impugnabile dinanzi al
tribunale fallimentare.
Il curatore è l’organo preposto all’amministrazione del fallimento, ed è abilitato a porre in essere
tuA quegl’aA cara<erizzan+ la procedura, oltre ad esser inves+to della qualità di pubblico
ufficiale. Il curatore è nominato dal tribunale fallimentare nella sentenza che dichiara il fallimento,
192
ma una volta accertato lo stato passivo e prima che questo venga dichiarato esecu+vo, i creditori
che rappresentano la maggioranza dei credi+ ammessi possono chiederne la sos+tuzione mo+vata
presentando contestualmente il nome del sos+tuto. Il tribunale valutata la richiesta e i requisi+ del
sos+tuto può procedere con decreto mo+vato alla sos+tuzione. Il tribunale può revocare in ogni
tempo il curatore anche d’ufficio. Entro 60gg dalla dichiarazione di fallimento, il curatore deve
presentare al giudice delegato una relazione par+colareggiata che evidenzia le cause del dissesto e
gli aA che intende impugnare.
Numerosi sono poi gli aA che il curatore pone in essere, considerando che la sua funzione
principale è quella di conservare, ges+re e realizzare il patrimonio fallimentare so<o la vigilanza del
giudice delegato (che per es. lo autorizza a stare in giudizio) e del comitato dei creditori (che per
es. autorizzano gli aA di straordinaria amministrazione).
Il comitato dei creditori è nominato dal giudice delegato, ed è composto da 3 o 5 membri che
rappresentano la qualità e la quan+tà dei credi+. Al pari di quanto accade per il curatore, una volta
accertato lo stato passivo, ma prima che questo venga reso esecu+vo, i creditori che
rappresentano la maggioranza dei credi+ può chiedere nuove nomine che il tribunale fallimentare
concederà valutando le circostanze. Il comitato dei creditori vigila sull’operato del curatore,
esprimendo pareri succintamente mo+va+, quando richies+ dalla legge o dagl’altri organi
fallimentari. I pareri del comitato, in alcuni casi sono obbligatori ma non sempre sono vincolan+. In
par+colare, autorizzano il curatore a compiere aA di straordinaria amministrazione. È concesso al
comitato il potere di ispezione e il diri<o di informazione su alcune operazioni del curatore. Il
comitato dei creditori può presentare istanza al tribunale di revoca del curatore, nonché può
esperire l’azione di responsabilità contro il curatore revocato. I membri del comitato sono
so<opos+ alla responsabilità prevista per i sindaci, in quanto l’operato dei 2 organi è compa+bile e
le norme sono richiamate. Sono però esclusi dalla culpa in vigilando. Contro gli aA del curatore o
del comitato, il fallito può proporre impugnazione innanzi al giudice delegato entro 8 giorni dalla
conoscenza dell’a<o. Si precisa che il ricorso al giudice delegato è ammesso “per violazione di
legge”. A sua volta il decreto del giudice delegato è impugnabile innanzi al tribunale fallimentare
entro 8gg.
5. EffeF del fallimento per il fallito: effeF patrimoniali
Gli effeA verso il fallito si dividono in patrimoniali, personali e penali. Iniziamo dai primi.
Con la dichiarazione di fallimento il fallito perde l’amministrazione e la disponibilità di tuA suoi
beni, che passano al curatore quale amministratore del patrimonio fallimentare. I beni esclusi dallo
spossessamento sono: a) beni e diriA di natura stre<amente professionale; b) s+pendi,
mantenimen+, salari ed altre forme di reddito sufficien+ al mantenimento del fallito e della sua
famiglia (altrimen+ gli spe<a un sussidio); c) i fruA derivan+ da usufru<o lega+ sui beni dei figli; d)
beni impignorabili per disposizione di legge (ves++). Inoltre, se proprietario della propria
abitazione, ha diri<o di abitarla fino alla vendita. Lo spossessamento si estende a tuA quei beni
che entrano nel patrimonio del fallito durante il fallimento, che però non possono produrre un
beneficio per i creditori. InfaA, l’ingresso di nuovi beni può produrre delle passività che
potrebbero superare le aAvità. In ques+ casi il curatore può decidere sia di non acce<are i nuovi
beni, sia di escludere alcuni già presen+ nel patrimonio (c.d. derelizione). Lo spossessamento non
tange la proprietà dei beni del fallito, né tantomeno la sua capacità di agire. Quindi ques+ è
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assolutamente in grado di compiere aA e addiri<ura di iniziare una nuova aAvità di impresa, basta
che non u+lizzi beni ricompresi nel fallimento in quanto gli aA su di ques+ non hanno effe<o nei
confron+ dei creditori. Infine, il fallito non può stare in prima persona in giudizio per tuA i processi
ineren+ al fallimento, in sua vece ci sarà il curatore.
6. EffeF personali e penali
Le altre conseguenze del fallimento sul fallito sono dis+nguibili in: effeA personali ed effeA penali.
Tra gli effeA personali rientrano la limitazione di 2 diriA cos+tuzionalmente garan++: il segreto
epistolare e il diri<o alla libertà di movimento. Se il fallito è una persona giuridica, la
corrispondenza fallimentare arriva dire<amente al curatore; se invece il fallito è una persona fisica,
per il rispe<o della privacy, la corrispondenza con+nua ad arrivare al fallito che però ha l’obbligo di
consegnare quella fallimentare al curatore. Inoltre, il fallito deve comunicare al curatore il cambio
di residenza o di domicilio, e deve restare a disposizione degl’organi fallimentari che lo possono
convocare in ogni momento per ricevere dei chiarimen+.
Gli effeA personali terminano con il decadimento e il divieto del fallito di ricoprire incarichi
pres+giosi e professionali, quali: amministratore o sindaco di società, esercizio di aAvità notarile o
forense, ecc. Il fallimento espone anche il fallito ai rea+ fallimentari, se questo ha posto in essere
comportamen+ che sfociano nei suddeA. Gli aA che possono condurre ai rea+ possono essere
pos+ in essere sia prima che dopo il fallimento. Un riassunto dei rea+ più importan+ può essere:
a) Bancaro<a fraudolenta: il fallito ha dolosamente agito a danno del fallimento (distruzione
delle scri<ure contabili);
b) Bancaro<a semplice: il fallito ha agito colposamente contro il fallimento (omessa o
mendace tenuta delle scri<ure contabili);
c) Ricorso abusivo al credito: il fallito ha falsificato lo stato patrimoniale per o<enere capitale
in pres+to.
RispeAvamente comportano: 10, 2 e 3 anni di astensione forzosa dall’aAvità imprenditoriale.
7. EffeF del fallimento per i creditori
Il fallimento è dire<o a soddisfare tuA i creditori esisten+ al tempo della dichiarazione di
fallimento. Questo significa che da quel momento i creditori del fallito diventano creditori
concorsuali dipenden+ tra loro, in quanto i credi+ vengono accerta+ giudizialmente facendoli
diventare concorren+. I creditori concorren+ però non sono sono tuA sullo stesso piano: da qui
nasce la dis+nzione tra creditori chirografari e creditori privilegia+. Il principio della par condicio
creditorum non fa venir meno i privilegi acquista+ prima del fallimento. Quindi, privilegia+ si
dicono i creditori assis+ dal privilegio di un diri<o reale di garanzia. Ne consegue che della vendita
dei beni ogge<o della garanzia se ne soddisfano i creditori privilegia+ per l’intero, comprese le
spese e gli interessi. Se il ricavato non dovesse bastare, per il residuo concorrono al pari dei
chirografari, ossia dei creditori senza privilegi. InfaA, ques+ ul+mi partecipano alla ripar+zione
dell’aAvo fallimentare non gravato da vincoli.
Si dis+nguono dai creditori concorren+ i creditori della massa, i cui credi+ sono da soddisfarsi in
prededuzione, cioè prima che vengano soddisfaA i creditori concorren+ per intero. A differenza
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degl’altri, i credi+ di massa non contesta+ vengono ammessi senza l’accertamento e se l’aAvo
fallimentare è sufficiente vengono soddisfaA via via che diventano esigibili. Sono credi+ di massa:
le obbligazioni nascen+ in conseguenza della procedura come il compenso del curatore. La
procedura concorsuale oltre a determinare i credi+, modifica anche i sistemi di realizzazione degli
stessi. In tal senso sono sempre validi 2 principi cardine:
a) I credi+, tranne quelli in prededuzione non contesta+, devono essere tuA accerta+
giudizialmente così come i diriA reali;
b) Sono precluse tu<e le inizia+ve individuali di realizzazione del credito, in favore
dell’inizia+va colleAva della procedura.
È inoltre combinata l’esigenza di cristallizzare la situazione debitoria, al giorno della dichiarazione
di fallimento. È quindi disposta la scadenza di tuA i debi+ nel giorno della dichiarazione di
fallimento, combinata con l’importo che ques+ hanno in tale giorno. Gli interessi sono quindi
sospesi, eccezion fa<a per i credi+ privilegia+ e prededucibili. La procedura di fallimento amplia
inoltre la possibilità di compensare i debi+ del fallito con i credi+ dello stesso. InfaA, i creditori che
hanno un debito con il fallito, anche se non scaduto prima del fallimento, lo possono compensare
eliminandolo dalla procedura; purché entrambi i credi+ siano anteceden+ al fallimento.
Per evitare abusi, la compensazione non ha luogo se il credito non scaduto verso il fallito è stato
acquistato per a<o inter vivos dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore.
8. EffeF del fallimento sugli aF pregiudizievoli ai creditori
Di regola intercorre un certo lasso di tempo tra il manifestarsi dello stato di insolvenza e la
dichiarazione di fallimento. È quindi possibile che l’imprenditore, nel vano tenta+vo di contrastare
la crisi o mascherarla, abbia posto in essere degl’aA pregiudizievoli per i creditori (es. svendita di
beni). Soccorre a favore dei creditori la revocatoria fallimentare, volta appunto a revocare gli effeA
di tali aA pregiudizievoli: questa procedura è posta in essere dal curatore ed è notevolmente
agevolata rispe<o alla revocatoria ordinaria, in quanto parte da delle presunzioni a favore del
fallimento, in merito agl’aA che intende revocare. Il principio cardine di questa procedura è: tuA
gli aA pos+ in essere dall’imprenditore in stato di insolvenza, si presumono pregiudizievoli per il
fallimento. Il curatore è quindi dispensato dal provare l’eventus damni ed il consilium fraudis.
Quindi i presuppos+ della revocatoria fallimentare sono: a) lo stato di insolvenza (requisito
oggeAvo); b) la conoscenza dello stesso da parte dei terzi (requisito soggeAvo) sui quali impera
l’obbligo di provare che l’a<o non era in danno dei creditori.
Ma vi è di più. Lo stato di insolvenza si presume che inizi ben sei mesi o un anno prima della
dichiarazione di fallimento (c.d. retrodatazione dell’insolvente) e per alcuni aA par+colarmente
sospeA se ne presume anche la conoscenza del terzo, sempre più obbligato a provare il contrario.
Gli effeA delle 2 revocatorie sono tu<avia iden+ci: l’a<o resta valido, ma è inefficace nei confron+
dei creditori ed il terzo dovrà res+tuire quanto acquistato o l’equivalente in denaro se la
res+tuzione è impossibile. Verrà contemporaneamente ammesso nel passivo fallimentare dove
subirà la rela+va falcidia del credito. L’azione deve essere proposta entro 3 anni dalla dichiarazione
di fallimento, e comunque non oltre i 5 anni dal compimento dell’a<o, pena la decadenza. Vediamo

195
nel de<aglio quali aA sono revocabili. Rientrano senz’altro negl’aA privi di effeA nei confron+ dei
creditori:
a) Gli aA a +tolo gratuito avvenu+ nei 2 anni prima della dichiarazione di fallimento;
b) Il pagamento dei debi+ in scadenza il giorno della dichiarazione di fallimento o dopo. Tali
debi+, essendo sta+ paga+ prima della scadenza, vengono ingiustamente soddisfaA per
intero anziché in moneta fallimentare.
Per tali aA basta che intervenga la dichiarazione di fallimento e non è nemmeno necessario il
procedimento giudiziario per comportare la res+tuzione al fallimento di quanto ricevuto. Per il
resto degl’aA è necessaria l’azione giudiziaria. Tali aA si dividono in: aA per i quali la conoscenza
dell’insolvenza si presume (aA anormali); aA per i quali spe<a al curatore provare la conoscenza
dell’insolvenza (aA normali). Si dicono aA anormali quelli compiu+ nell’anno o nei sei mesi
anteriori alla dichiarazione di fallimento e sono:
a) AA in cui si ravvisa una ne<a sproporzione tra il bene venduto e il prezzo pagato;
b) Pagamento dei debi+, sempre nell’anno anteriore al fallimento, con mezzi anormali;
c) Concessione di diriA reali di garanzia per debi+ già esisten+ non scadu+. È forte qui il
dubbio che il creditore conosceva l’insolvenza del fallito ed ha preteso una garanzia reale
per esser poi creditore privilegiato durante la procedura;
d) Concessione di diriA reali di garanzia per debi+ già scadu+.
Per tuA ques+ aA spe<erà al terzo di provare che ignorava lo stato di insolvenza.
La situazione si ribalta nella seconda categoria di aA, per i quali l’onere della prova è a carico del
curatore. Rientrano in tale categoria i seguen+ aA pos+ in essere nei 6 mesi preceden+ il
fallimento:
a) Pagamen+ di debi+ liquidi ed esigibili paga+ con mezzi normali;
b) AA cos+tu+vi diriA reali sor+ contestualmente al rela+vo debito;
c) Ogni altro a<o a +tolo oneroso.
Esiste una terza categoria di aA non revocabili, vediamo quali:
a) Pagamen+ delle forniture effe<ua+ nell’esercizio dell’aAvità d’impresa nei termini d’uso;
b) Pagamen+ dei corrispeAvi delle prestazioni di lavoro effe<uate a favore del fallito;
c) La vendita al giusto prezzo di beni immobili des+na+ ad uso abita+vo dell’acquirente o di
suoi paren+ e affini.
Nei rappor+ con+nua+vi e reitera+, come il conto corrente o il contra<o di somministrazione di
energia ele<rica, i creditori devono res+tuire al fallimento quanto ricevuto durante lo stato di
insolvenza, in funzione della regola del massimo scoperto. Tale regola stabilisce che la res+tuzione
deve avvenire nella misura della differenza tra maggior somma pretesa durante l’insolvenza e
quella che residua il giorno in cui è dichiarato il fallimento. Non sono infine revocabili gli aA pos+
in essere in forza di un piano di risanamento purché questo sia approvato da un professionista
196
iscri<o nel registro dei revisori contabili. Ugualmente accade per il concordato preven+vo e per gli
accordi di ristru<urazione dei debi+.
9. I rappor< fra coniugi
Muovendo dal presupposto che il coniuge è spesso tra i primi a sapere dello stato di insolvenza del
fallito, spesso capita che vengano compiu+ aA pregiudizievoli per i creditori. Per questo mo+vo, è
de<ata una disciplina par+colarmente rigorosa. I presuppos+ di questa disciplina sono:
a) Gli aA revocabili giudizialmente non sono più limita+ nei sei mesi o un anno preceden+ al
fallimento, ma tuA gli aA a favore del coniuge coinvolgono lo stesso in tu<o l’arco della
vita dell’impresa;
b) La conoscenza dello stato di insolvenza del coniuge è sempre presunto anche per gli aA
normali.
Sul coniuge del fallito graverà perciò l’onere di provare che ignorava lo stato di insolvenza dello
stesso. La revocatoria si estende a tuA gli aA, sia onerosi che gratui+.
Ne consegue che, intervenuto il fallimento di uno dei coniugi, si scioglie la comunione legale dei
beni e le aAvità e le passività facen+ parte della stessa sono divise in par+ uguali.
10. EffeF del fallimento sui contraF in corso di esecuzione
Con il fallimento, rimangono inevitabilmente in sospeso mol+ rappor+ contra<uali tra il fallito e
altri contraen+ in bonis. Non è quindi facile capire come e se ques+ rappor+ debbano con+nuare,
tenendo presente la natura dei contraA sospesi e gli interessi in gioco. Il legislatore non trova
quindi una soluzione unitaria, ma sceglie di ripar+rle in 3 diverse categorie.
Vi è innanzitu<o una categoria di contraA che si scioglie di diri<o appena interviene il fallimento,
con conseguente definizione delle posizioni reciproche. Rientrano in tale categoria:
a) I contraA di borsa a termine su merci e +toli;
b) L’associazione in partecipazione, in caso di fallimento dell’associante;
c) I contraA di conto corrente ordinario e bancario, la commissione e il mandato in caso di
fallimento del mandatario;
d) L’appalto, se il curatore entro 60gg dal fallimento non decide di subentrare nel contra<o di
appalto, sempreché non vi sia una componente personalis+ca dell’appaltatore fallito.
Vi è poi una seconda categoria di contraA in cui il curatore subentra automa+camente per via del
vantaggio che ne trae la massa dei creditori:
1) Il contra<o di locazione di immobili. In caso di fallimento del condu<ore, il curatore può
recedere dal contra<o indennizzando in prededuzione il locatore;
2) L’affi<o di azienda, fermo restando il diri<o di recesso di entrambe le par+ da esercitarsi
entro 60gg pa<uendo un equo indennizzo;
3) Assicurazione contro i danni, l’assicuratore può pero recedere se dal fallimento ri+ene che
aumen+no i rischi;
197
4) Il contra<o di edizione, che si risolve se entro 1 anno il curatore non prosegue l’impresa
editoriale o non la cede;
5) Il factoring, in caso di fallimento del cedente;
6) Il leasing finanziario, in caso di fallimento del concedente.
Vi è infine una terza categoria di contraA che per legge rimangono sospesi, in caso di fallimento di
una delle par+. Sarà quindi il curatore a decidere, sen+to il comitato dei creditori, se con+nuare o
meno ques+ contraA sospesi. In caso di con+nuazione i debi+ derivan+ dovranno essere
soddisfaA in prededuzione.
Il contraente in bonis può chiedere al giudice delegato di fissare un termine entro il quale il
curatore deve decidere, altrimen+ il contra<o si intende sciolto. Rientrano in questa terza
categoria:
a) La vendita a termine o a rate, con una eccezione: in caso di fallimento del venditore,
l’acquirente in bonis con+nua con il versamento delle rate fino all’acquisto della proprietà,
ed è quindi preclusa la scelta del curatore;
b) ContraA ad esecuzione periodica o con+nuata, come la somministrazione;
c) Il preliminare di vendita, purché ancora validamente trascri<o per essere opponibile;
d) Il leasing finanziario in caso di fallimento dell’u+lizzatore;
e) Il mandato in caso di fallimento del mandante.
La regola della sospensione del contra<o è da ritenere applicabile anche al mandato in rem
propriam.
11. L’esercizio provvisorio dell’impresa
Con la dichiarazione di fallimento, l’aAvità di impresa si arresta e i beni aziendali vengono liquida+
per soddisfare i creditori. Tu<avia, può essere funzionale con+nuare l’esercizio dell’impresa
quando ciò potrebbe consen+re una migliore realizzazione in caso di vendita in blocco. L’art. 104
della legge fallimentare prevede 2 ipotesi. La prima riguarda l’eventualità in cui l’esercizio
provvisorio di tu<a l’impresa o di alcuni rami di essa, è dire<amente disposto nella sentenza che
dichiara il fallimento, purché questo non arrechi pregiudizio ai creditori. La seconda eventualità si
ha quando è stato nominato il comitato dei creditori, che vagli la possibilità di prevedere l’esercizio
provvisorio. In questo caso, questo è inde<o dal giudice delegato su proposta del curatore con
l’approvazione del comitato dei creditori. I pericoli per i creditori concorsuali scaturen+
dall’esercizio provvisorio, riguardano il fa<o che tu<e le obbligazioni da esso derivan+ dovranno
essere soddisfa<e in prededuzione ed il curatore subentra automa+camente in tuA i contraA
penden+ (salvo quelli che intende sciogliere o interrompere). Questo significa che la nuova massa
di creditori potrebbe consumare tu<o l’aAvo con grave danno ai creditori. Un escamotage di non
facile realizzazione per conservare l’azienda è l’affi<o della stessa. In questo caso l’affi<uario
diventa il +tolare dell’impresa e se ne assume le future obbligazioni, corrispondendo al fallimento
solo il rela+vo canone. Esso è autorizzato dal giudice delegato su proposta del curatore sen+to il
comitato dei creditori, quando è u+le alla vendita dell’impresa o di sue par+. La scelta
198
dell’affi<uario è però effe<uata dal curatore che valuta anche le capacità di quest’ul+mo nella
conduzione dell’impresa ed il rispe<o dei livelli occupazionali. Il contra<o deve prevedere la
rescissione dello stesso in ogni momento da parte del curatore, previo equo indennizzo da
soddisfare in prededuzione. L’affi<uario è l’unico ad obbligarsi per tu<e le obbligazioni ineren+
all’aAvità d’impresa ogge<o dell’affi<o. Così i creditori sono pos+ al riparo dalla mala ges:o da
parte dell’affi<uario.
12. L’accertamento del passivo
È sicuramente la fase più delicata di tu<o il fallimento, nella quale aspri riemergono i contras+ tra
creditori stessi e tra ques+ ed il fallito.
La procedura di accertamento del passivo si apre con l’invio dell’avviso ai creditori da parte del
curatore che autorizza gli stessi a depositare la loro domanda di ammissione al passivo. TuA i
creditori, compresi quelli in prededuzione, devono depositare la domanda nei 30gg che precedono
l’accertamento dello stato passivo determinato nella sentenza di fallimento, che deve contenere la
gius+ficazione del credito nonché tu<e le informazioni che ne consentono la collocazione nei vari
gradi. Analoga domanda deve essere depositata per la rivendicazione di beni di proprietà altrui
appresi alla massa del fallimento (es. beni da+ in deposito al fallito). Sulla base delle domande
depositate presso la cancelleria del tribunale, il curatore deve redigere un proge<o di stato
passivo, nel quale divide i credi+ in 3 categorie:
a) Credi+ ammessi, dis+nguendoli in chirografari e privilegia+;
b) Credi+ non ammessi in tu<o o in parte, spiegandone i mo+vi;
c) Credi+ ammessi con riserva, condiziona+ al verificarsi di determina+ even+ come la
presentazione del +tolo stesso per ritardo non imputabile al creditore.
È poi s+lato dal curatore un apposito elenco riportante tuA i carichi gravan+ su beni in proprietà o
in possesso del fallito ed ogni decisione di ammissione o esclusione del credito deve essere
opportunamente mo+vata dal curatore. Il proge<o è depositato in cancelleria almeno 15gg prima
dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, e i creditori, il fallito ed i +tolari dei diriA sui
beni possono visionarlo e presentare le proprie osservazioni in merito a quanto deciso dal
curatore. Si apre a questo punto la fase di esame dello stato passivo che consiste nell’udienza di
tuA coloro che vogliono farsi ascoltare dal giudice delegato inves+to della procedura. Il fallito, i
creditori, gli organi fallimentari e tuA gli altri possono essere sen++ in più sedute in modo che il
giudice delegato possegga il quadro d’insieme della situazione.
Eseguite tu<e le operazioni di accertamento il giudice delegato dichiara lo stato passivo defini+vo
e lo rende esecu+vo con proprio decreto depositandolo in cancelleria. È questo un momento
importante della procedura, in quanto se non vi sono impugnazioni e opposizioni nulla più si potrà
fare per modificare lo stato passivo reso esecu+vo; ferma restando la possibilità di proporre istanza
di revocazione per dimostrare la falsità o l’errore di alcuni documen+ che avvalorano alcune
decisioni prese all’interno dello stato passivo.
Le domande tardive sono comunque ammesse entro i 12 mesi (prorogabili a 18) successivi al
deposito in cancelleria dello stato passivo defini+vo e sono so<oposte allo stesso procedimento di
accertamento previsto per le domande tempes+ve. Il creditore è ammesso solo se prova che il
199
ritardo della domanda è dipeso da causa a lui non imputabile: in tal caso, ques+ ha diri<o di
partecipare solo alle ripar+zioni dell’aAvo successive all’ammissione.
Contro lo stato passivo sono proponibili opposizioni ed impugnazioni: le prime le possono proporre
i creditori esclusi contro il curatore, per i credi+ non ammessi o per i privilegi che non si sono vis+
riconoscere. Le seconde possono essere proposte sia dai creditori che dal curatore per eliminare
uno o più credi+ dall’accertamento del passivo. Iden+ca è la procedura per le impugnazioni,
opposizioni e revocazioni. La domanda deve essere presentata entro 30gg dalla no+fica di
accertamento, dalla scoperta del fa<o o del documento su cui si fonda la domanda di revocazione.
Il tribunale decide in camera di consiglio, sen+te le par+, a<raverso un decreto mo+vato
reclamabile dire<amente in Cassazione entro 30 gg.
13. Liquidazione e ripar<zione dell’aFvo
La liquidazione in aAvo è quel procedimento che punta alla realizzazione in denaro di tuA i cespi+
del fallimento per soddisfare i creditori. Essa è posta in essere dal curatore che realizza tuA gli aA
congeniali al soddisfacimento di queste esigenze, a cominciare dal programma di liquidazione
dell’aAvo che deve essere proposto all’approvazione del comitato dei creditori. Il contenuto del
programma è fissato in tu<e le opportunità di realizzazione dell’aAvo a<uabili nel contesto
fallimentare: vendite dei cespi+, aA da impugnare, possibilità di affi<o, eventuali proposte di
concordato fallimentare, ecc. Il programma approvato è reso esecu+vo con decreto del giudice
delegato che autorizza il curatore a procedere nei vari aA. Prima dell’intervento del decreto di
esecuzione del programma il curatore può compiere aA di liquidazione solo se l’inerzia
comporterebbe un danno ai creditori.
Le vendite mobiliari ed immobiliari devono procedere secondo quanto riportato nel programma,
pur scegliendo procedure compe++ve che informino tuA gli interessa+ e consentano di realizzare
un equo valore dei cespi+, cer+ficabile anche da operatori esper+. La vendita in blocco dell’azienda
è preferita alla disgregazione del complesso aziendale, ed è favorita dalle seguen+ disposizioni:
a) (deroga art. 2560 c.c.) L’acquirente non si accolla le obbligazioni derivan+ dal fallimento.
Ma ci si può accordare per l’ipotesi opposta, nell’a<uazione della quale l’acquirente dovrà
rispe<are i gradi di privilegio acquisi+ dai creditori e libererà completamente il fallimento;
b) (deroga art. 2112 c.c.) Si può convenire che solo una parte dei livelli occupazionali si
traferisca alle dipendenze dell’acquirente;
c) I credi+ cedu+ insieme con l’azienda conservano tu<e le garanzie e il rela+vo grado.
La vera liquidazione dell’aAvo ha poi luogo man mano che i credi+ diventano esigibili, ed in questa
sede ha valore la differenza tra credi+ privilegia+, chirografari e prededucibili. I credi+ prededucibili
devono essere soddisfaA prima degl’altri, con il solo divieto di soddisfacimento sui ricava+ della
vendita di beni da+ in garanzia per i credi+ privilegia+. Quindi i credi+ prededucibili vengono in
genere soddisfaA con le liquidità che divengono via via esigibili, sempre nel rispe<o della par
condicio. II ricavato della vendita dei beni ogge<o di garanzia, è principalmente des+nato al
soddisfacimento di creditori privilegia+. Per il residuo, vengono soddisfaA i creditori in
prededuzione, per poi des+nare l’ul+mo avanzo ai chirografari.
14. La cessazione del fallimento
200
Oltre che per concordato fallimentare, il fallimento si chiude per una delle seguen+ cause (art. 118
l.fall.):
a) Mancata presentazione di domande dei creditori nell’accertamento del passivo, che si
verifica quando esiste un accordo extragiudiziario tra il fallito e i creditori;
b) Pagamento integrale di tuA i creditori ammessi al passivo comprese le spese della
procedura;
c) Ripar+zione integrale dell’aAvo ed è questa l’ipotesi più frequente che lascia i creditori
parzialmente insoddisfaA;
d) Impossibilità di con+nuare la procedura per insufficienza dell’aAvo, che succede quando
l’aAvo patrimoniale è talmente misero che si prevede di non riuscire a chiudere la
procedura.
La procedura finisce con il decreto di chiusura mo+vato del tribunale fallimentare, su istanza del
fallito, del curatore o di ufficio, negli stessi modi previs+ per la sentenza. Tale decreto è reclamabile
dinanzi la corte d’appello e poi presso la Cassazione. Con il decreto di chiusura decadono gli organi
prepos+ alla procedura e cessano tuA gli effeA del fallimento, sia per il fallito, sia per i creditori. I
creditori non interamente soddisfaA, possono rifarsi individualmente una volta chiuso il
fallimento. La liberazione del fallito dalle obbligazioni del fallimento si può o<enere in soli 2 casi:
per concordato fallimentare o per esdebitazione. L’esdebitazione è un beneficio concesso al fallito
persona fisica, per limitarlo ai soli imprenditori:
a) Che ne siano meritevoli per aver dimostrato buona condo<a ed a<eggiamen+ di
collaborazione durante la procedura;
b) Il cui fallimento abbia consen+to il soddisfacimento almeno parziale dei creditori
concorsuali;
a ques+ già elenca+ si aggiungono altri requisi+ di meritevolezza per l’imprenditore che:
1) Ha cooperato con gli organi della procedura, fornendo tu<e le informazioni e la
documentazione u+le ed adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
2) Nei 10 anni preceden+ non ha beneficiato di altra esdebitazione;
3) Non ha distra<o l’aAvo o reso difficoltosa la ricostruzione della situazione patrimoniale;
4) Non è stato condannato per nessun deli<o o reato fallimentare o contro l’economia
pubblica.
Se ricorrono tuA ques+ requisi+ il tribunale nel decreto di chiusura, o su richiesta in un decreto
successivo, può esimere dall’adempimento l’ex fallito dai credi+ sopravvissu+ al fallimento.
L’esdebitazione travolge tuA i credi+ sopravvissu+, ed il decreto che la dichiara o la respinge è
impugnabile presso la corte d’appello. L’esdebitazione opera per tuA i debi+ anteriori all’apertura
del fallimento, anche quelli per i quali non è stat presentata domanda di insinuazione al passivo.
L’esdebitazione non opera per par+colari categorie di credi+: assegni di alimen+, responsabilità
extracontra<uale, ecc. Il fallimento chiuso per insufficienza dell’aAvo può essere successivamente
riaperto al ricorrere delle seguen+ circostanze:
201
a) Che non siano passa+ più di 5 anni dalla chiusura del fallimento;
b) Che siano rinvenute nuove sostanze nel patrimonio del fallito che rendono u+le la
riapertura, a meno che il fallito non si offra di pagare il 10% dei credi+ vecchi e nuovi.
La decisione spe<a al tribunale che potrebbe anche convenire la non convenienza dei creditori
anche quando sia garan+to il 10%.
15. Il concordato fallimentare
È questo un is+tuto che consente al fallito di chiudere defini+vamente il fallimento con un accordo
che ristru<ura i debi+ e li soddisfa parzialmente, liberando contemporaneamente i beni soggeA
alla procedura fallimentare. I vantaggi sono eviden+: il fallito si libera defini+vamente delle
obbligazioni fallimentari senza che ricorrano i requisi+ dell’esdebitazione; i creditori è vero che
rinunciano defini+vamente ad una parte dei loro credi+ o acce<ano modi diversi
dall’adempimento, ma possono realizzare di più e sopra<u<o più rapidamente di quanto non
o<errebbero con il fallimento.
La conclusione del concordato fallimentare si a<eggia come una faAspecie complessa a
formazione progressiva, che si divide in tre fasi: la proposta, l’approvazione della maggioranza dei
creditori, e l’omologazione del tribunale.
La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori, da un terzo o dal fallito, ed
i termini di presentazione variano a seconda di chi fa la proposta. II terzo o i creditori possono
proporre il concordato in qualunque momento purché vi sia ancora aAvo disponibile, mentre il
fallito lo può proporre quando sia trascorso un anno dalla dichiarazione di fallimento e dopo che
siano trascorsi 2 dall’esecuzione dello stato passivo. Con ciò, si incen+va il debitore a ricorrere alla
procedura del concordato preven+vo.
Il contenuto del concordato può essere variamente ar+colato (riforma 2006), offrendo una
dilazione di pagamento nonché una percentuale di rientro (concordato misto). Si può prevedere
che i creditori siano soddisfaA con forme diverse dall’adempimento. Può dividere i creditori in
classi di privilegio purché siano rispe<ate le prelazioni e i criteri legali.
È caduto l’obbligo di soddisfare i creditori privilegia+ per intero, purché siano soddisfaA in una
misura non minore di quella che o<errebbero con la liquidazione. A tal proposito per s+mare i beni
ogge<o delle garanzie è necessario l’intervento di un esperto nominato dal tribunale iscri<o nel
registro dei revisori ed appartenente ad una delle categorie professionali elencate. In sede di
concordato, tu<e le obbligazioni da questo derivan+ possono esse assunte da terzi al posto del
fallito. In ques+ casi interviene la figura dell’assuntore del concordato, che può subentrare in solido
col fallito (accollo cumula+vo) o liberare per intero il fallito (accollo liberatorio). L’assuntore si può
accollare solo i debi+ ammessi al passivo o quelli in fase di accertamento al tempo della proposta.
Come corrispeAvo dell’accollo, all’assuntore spe<a di solito l’intero aAvo fallimentare compresa la
massa dei credi+; su di lui grava anche il rischio della realizzazione, in quanto rimane obbligato nei
confron+ dei creditori ad adempiere gli obblighi derivan+ dal concordato.
La proposta di concordato viene vagliata dal giudice delegato per la sola formalità senza scendere
nel merito, ed è so<oposta dallo stesso al parere vincolante del comitato dei creditori ed a quello
202
non vincolante del curatore. La proposta che prevede la suddivisione in classi dei creditori è
so<oposta al controllo più penetrante del tribunale fallimentare onde evitare abusi. Espleta+ i
controlli formali, il giudice delegato invia la proposta ai creditori, i quali se vogliono rifiutarla sono
tenu+ almeno dopo 20gg, ma non oltre i 30gg a comunicare il loro dissenso presso la cancelleria
del tribunale. Con questo sistema non si prevede un’adunanza dei creditori che approvano
tacitamente. In caso di presentazione di più proposte viene inviata solo quella approvata dal
comitato, e nel caso siano molteplici quella approvata con il più largo consenso dai creditori. In
caso di parità vale la proposta presentata per prima.
Hanno diri<o di voto i creditori ammessi al passivo (anche se con riserva), mentre se è stato già
dichiarato esecu+vo lo stato passivo, tuA i creditori che risultano dall’elenco provvisorio. Non
possono, invece, votare i creditori privilegia+ se il concordato prevede il soddisfacimento integrale
del loro credito, salvo che non vi rinuncino. Se invece il soddisfacimento è parziale possono votare
al pari dei chirografari.
Il concordato si approva con il consenso della maggioranza dei credi+. Se il concordato prevede la
divisione in classi è approvato se la maggior parte delle classi esprime voto favorevole a
maggioranza della stessa. Intervenuta l’approvazione dei creditori, il tribunale su richiesta del
proponente omologa il concordato controllando la sola regolarità formale non indagando sul
merito. Il controllo sul merito è aAvabile su richiesta di uno dei creditori, ma il tribunale può
omologare lo stesso il concordato se ri+ene che il creditore non sarebbe meglio soddisfa<o
a<raverso altre alterna+ve concretamente pra+cabili.
Gli effeA del concordato si estendono a tuA i creditori, compresi quelli che non hanno presentato
domanda di ammissione al passivo, nei confron+ dei quali opera la percentuale concordataria. Per
ques+ ul+mi però non operano le garanzie accessorie prestate da terzi, eccezion fa<a per
l’assuntore che è obbligato principale. Restano in piedi solo le azioni nei confron+ dei garan+ del
fallito, decadendo invece tu<e le azioni nei confron+ dello stesso per il residuo della percentuale
concordataria.
Il concordato è eseguito dal fallito so<o la vigilanza degl’organi fallimentari che sopravvivono a tale
scopo dopo l’omologazione che chiude il fallimento. Gli effeA del concordato possono cessare per
risoluzione o annullamento. La risoluzione è pronunciata dal tribunale con sentenza su richiesta di
un creditore, se vengono riscontra+: A) inadempimen+ del proponente; B) mancanza delle
garanzie promesse. L’annullamento interviene con sentenza del tribunale su richiesta del curatore
o di un creditore quando è stato esagerato l’accertamento del passivo o quando è stato distra<o
l’aAvo. Annullato o risolto il concordato, si riapre il fallimento.
16. Il fallimento delle società
Il fallimento fin qui esposto, si applica pressoché completamente alle società con i dovu+
ada<amen+ derivan+ dal fa<o che il sogge<o fallente è una persona fisica e non giuridica. Ma
alcuni problemi sorgono per via del fa<o che la disciplina è estremamente scarna.
Il primo problema riguarda l’individuazione del sogge<o del debitore al quale è affidata l’inizia+va.
Alcuni sostengono che debba essere consen+to agli amministratori, tanto nelle società di persone
che in quelle di capitali. Ma sono tuA concordi che a ques+ ul+mi compete il reclamo presso la
corte d’appello. Gli stessi soggeA, o al massimo i liquidatori, devono rimanere a disposizione
203
degl’organi fallimentari per qualsiasi chiarimento e devono comunicare ogni cambio di residenza o
domicilio. Nei confron+ di amministratori, sindaci e liquidatori sono applicabili poi le sanzioni
penali per i rea+ di bancaro<a semplice e fraudolenta.
La proposta di concordato, se non diversamente stabilito dallo statuto, deve essere approvata:
nelle società di persone dalla maggioranza dei soci, nelle società di capitali dagli amministratori
verbalizzata dal notaio ed iscri<a nel R.I. In caso di chiusura del fallimento per insufficienza della
massa o integrale ripar+zione dell’aAvo, il curatore deve chiedere la cancellazione della società dal
R.I. Gli effeA verso i soci sono differen+ a seconda del +po di società: per i soci a responsabilità
limitata l’unica conseguenza sta nel fa<o che il giudice delegato più esigere i conferimen+ ancora
dovu+. Nelle società che prevedono la presenza di soci a responsabilità illimitata (s.n.c., s.a.s.,
s.a.p.a.), ques+ falliscono automa+camente con il fallimento della società. Possono solo contestare
lo stato di insolvenza della società, l’esistenza della società o la loro posizione di soci
illimitatamente responsabili. Il socio occulto fallisce insieme a i soci palesi ed il suo fallimento può
essere richiesto dagl’altri soci palesi, dai creditori o dal curatore. Parimen+ se dietro al fallimento di
un singolo imprenditore si cela una società occulta, i soci illimitatamente responsabili falliscono.
Anche l’ex socio può fallire, se cessa dal suo incarico entro l’anno che precede il fallimento.
Il fallimento entro un anno si applica anche quando i soci hanno perso la qualità di soci
illimitatamente responsabili anche in conseguenza di trasformazione, scissione o fusione.
Al fallimento della società partecipano solo i creditori sociali: nel fallimento dei singoli soci
concorrono invece sia i creditori sociali sia i creditori par+colari, venendosi a configurare dis+nte
masse passive. Per semplificare la procedura, la domanda di ammissione allo stato passivo della
società vale anche come domanda di ammissione al passivo del fallimento personale. Dis+nte
restano pure le masse aAve dei diversi fallimen+.
Il concordato fallimentare ha efficacia anche per i soci e fa chiudere anche i loro fallimen+.
Anche se la chiusura del fallimento della società per mancata presentazione delle domande di
ammissione al passivo o per integrale soddisfacimento, determina la chiusura del fallimento.
17. Fallimento e patrimoni des<na<
L’a<uale disciplina de<a infine alcune regole applicabili alle s.p.a. che hanno cos+tuito patrimoni
des+na+. Cominciamo dall’ipotesi che la società abbia cos+tuito un patrimonio des:nato
opera:vo.
Qualora il patrimonio des+nato non consenta di soddisfare le rela+ve obbligazioni (incapiente), ma
il patrimonio generale è in bonis, non viene dichiarato il fallimento. I creditori insoddisfaA possono
richiedere la liquidazione del patrimonio des+nato, ma la legge puntualizza che la liquidazione
avverrà osservando le disposizioni sulla liquidazione delle società di capitali.
Nell’ipotesi inversa (patrimonio des:nato opera:vo capiente, patrimonio generale insolvente),
viene invece dichiarato il fallimento della società e la ges+one del patrimonio des+nato compete al
curatore. Non viene meno la separazione tra il patrimonio generale e quello des+nato: i creditori
del patrimonio des+nato possono insinuarsi solo nei limi+ in cui la società fallita ha prestato
garanzia con il suo patrimonio generale a loro favore.

204
Il curatore deve vagliare la possibilità di cedere a terzi il patrimonio separato, al fine di conservarne
la des+nazione produAva e ove non possibile, il patrimonio des+nato viene posto in liquidazione.
Se infine durante il fallimento della società risulta che il patrimonio separato è incapiente, il
curatore lo pone in liquidazione sempre con l’osservanza delle regole di liquidazione delle società.
Regole più favorevoli al creditore separa+sta sono previste per il finanziamento des+nato.

CAPITOLO 46 – IL CONCORDATO PREVENTIVO. GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI


1. Il concordato preven<vo. CaraOeri generali. Presuppos<
L’imprenditore che si trova in stato di difficoltà economica può evitare che la crisi sfoci in fallimento
regolando i rappor+ con i creditori mediante un concordato preven+vo. La riforma del 2005 ha
ampliato il conce<o di stato di crisi in seguito al quale si può fare richiesta di concordato
preven+vo. Non è quindi necessario che lo stato di crisi sia irreversibile, ma può anche essere
temporaneo, perché il concordato preven+vo possa essere richiesto. Se la crisi è temporanea e
reversibile, serve a superarla (sos+tuendo la procedura dell’amministrazione controllata),
risanando economicamente e finanziariamente l’impresa. Se la crisi è defini+va ed irreversibile,
serve ad evitare il fallimento. È proprio so<o tale profilo che si differenzia dal concordato
fallimentare, seppur conserva delle affinità con lo stesso in quanto è anch’esso una procedura
giudiziale e di massa che libera defini+vamente l’imprenditore per i credi+ ecceden+ la
percentuale concordataria.
Infine, il concordato preven+vo non comporta lo spossessamento del patrimonio dell’imprenditore
che ne conserva la disponibilità seppur con par+colari cautele, e questo può essere impiegato per
il risanamento dell’impresa. Con la riforma del 2005 erano pure sta+ aboli+ i cosiddeA requisi+ di
meritevolezza oggeAva della proposta. Oggi si prevede che la proposta debba assicurare il
pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei credi+ chirografari; per i concorda+ finalizza+ alla
prosecuzione dell’aAvità resta ferma la regola secondo cui non è richiesto alcun limite minimo.
Come per il concordato fallimentare, i creditori privilegia+ devono essere soddisfaA in misura non
inferiore a quanto gli stessi potrebbero conseguire in caso di liquidazione. A tal fine il valore di
mercato del bene o diri<o sul quale sussiste la causa di prelazione deve essere s+mato da un
esperto designato dal debitore.
Quanto al contenuto della proposta di concordato preven+vo, questo può perseguire la
ristru<urazione dei debi+ e la soddisfazione a<raverso qualsiasi forma; può consistere in una
dilazione o nel soddisfacimento parziale dei creditori, o entrambe le soluzioni eccetera. Fermo
restando che solo il debitore può dare avvio alla procedura, oggi la legge consente a creditori e
terzi di avanzare offerte e proposte concorren+. Il che può avvenire in due casi:
1) Se la proposta del debitore prevede il trasferimento a +tolo oneroso di specifici beni o
dell’azienda ad un sogge<o predeterminato;
2) Se il debitore presenta una proposta di concordato con finalità liquidatorie che
assicura meno del 40% ai creditori chirografari, oppure un concordato di
con+nuazione dell’aAvità d’impresa che assicura meno del 30%.

205
2. L’ ammissione al concordato
La richiesta è effe<uata dal debitore presso il tribunale competente a dichiarare il fallimento. La
richiesta deve allegare: un’aggiornata situazione contabile più gli elenchi dei creditori e dei beni
grava+ da pesi. Quando la proposta concordataria prevede la prosecuzione dell’aAvità d’impresa
durante la procedura concordataria, il piano deve contenere anche un’indicazione dei cos+ e dei
ricavi a<esi dalla prosecuzione e delle risorse finanziarie necessarie.
La relazione e gli allega+ devono essere accompagna+ da una relazione reda<a da un
professionista iscri<o che deve a<estare la veridicità della richiesta e, se il concordato è con
con+nuità aziendale, deve anche a<estare che esso è funzionale al miglior soddisfacimento dei
creditori. Il debitore può anche presentare domanda incompleta, con riserva di presentare
successivamente le integrazioni richieste. Ricevuta la domanda (completa), il tribunale ne analizza i
presuppos+, anche con controlli molto penetran+ se il concordato prevede la suddivisione in classi.
Se il tribunale non ri+ene che ricorrano i presuppos+ per il concordato, dichiara inammissibile la
domanda e la rige<a, indagando oltre se vi sono i presuppos+ per il fallimento. Se invece ri+ene
esisten+ i presuppos+, dichiara aperta la procedura con decreto non reclamabile nel quale nomina
gli organi: il giudice delegato (incaricato di sorvegliare la procedura) e il commissario giudiziale
anch’esso con compi+ di vigilanza. Il decreto viene inoltre iscri<o nel R.I.
A differenza del fallimento l’imprenditore conserva l’amministrazione dei beni, sia pure so<o la
vigilanza del commissario giudiziario. Il decreto può poi fissare il limite oltre il quale l’imprenditore
deve chiedere l’autorizzazione al giudice delegato per procedere all’a<o di straordinaria
amministrazione (ad es. contrazione di un mutuo). In caso di concordato preven+vo con con+nuità
aziendale, il tribunale può altresì autorizzare il debitore a pagare i credi+ per prestazioni di beni e
servizi anteriori alla presentazione della domanda, derogando al principio della par condicio
creditorum. Gli aA compiu+ senza l’autorizzazione sono inefficaci nei confron+ dei creditori
anteriori al concordato e possono esporre l’imprenditore alla revoca del concordato con la
contestuale dichiarazione di fallimento. Sempre i creditori anteriori, non possono procedere con
azioni individuali fino al decreto di omologazione del concordato, non possono o<enere prelazioni
scaturen+ da diriA reali di garanzia (salvo autorizzazione del giudice delegato) e gli interessi
vengono blocca+. Il concordato preven+vo non incide sui rappor+ contra<uali penden+ alla data di
presentazione della domanda, dato che l’imprenditore conserva il potere di amministrare il suo
patrimonio. Tu<avia il debitore, può chiedere di essere autorizzato a sciogliersi da tali contraA,
oppure a sospenderli per un periodo max di 60gg.
3. Lo svolgimento della procedura
Intervenuta l’ammissione della proposta, il concordato si ar+cola in 2 fasi: l’approvazione dei
creditori e l’omologazione del tribunale. Nel concordato preven+vo manca la procedura di
accertamento dello stato passivo. Il commissario giudiziale, oltre a redigere la relazione
par+colareggiata sulle cause del dissesto, convoca tuA i creditori iscriA nell’elenco presentato dal
richiedente, reAficato con l’ausilio delle scri<ure contabili. Diversamente da quanto accade per il
concordato fallimentare, si prevede la formazione di un’adunanza alla presenza del giudice
delegato per approvare il concordato. Le maggioranze sono le stesse previste per il concordato
fallimentare (maggioranza dei credi+ o delle classi a seconda dei casi) così come i limi+ di voto
(non votano i privilegia+, i prededucibili e i credi+ dei paren+ o dei loro cessionari). Coloro che non
206
hanno esercitato il voto nell’adunanza possono farlo pervenire per corrispondenza nei 20 gg
successivi alla chiusura del verbale.
Se le maggioranze respingono, il giudice ne prende a<o e se richiesto dai soggeA autorizza+
dichiara il fallimento con separata sentenza. Se le maggioranze sono invece raggiunte si apre il
giudizio di omologazione. Come per il concordato fallimentare, quello preven+vo è omologato dal
tribunale previo controllo formale. Il controllo di merito può essere aAvato da un creditore come
per il fallimentare. Se i risulta+ del controllo sono posi+vi, il tribunale omologa con decreto il
concordato, altrimen+ lo respinge ed è salva la possibilità di dichiarare il fallimento o lo stato di
insolvenza. È possibile in entrambi i casi proporre reclamo presso la corte d’appello. Al pari del
fallimentare, è obbligatorio per tuA i creditori.
4. Esecuzione. Risoluzione ed annullamento del concordato
Il concordato viene eseguito secondo quanto stabilito nel decreto di omologazione so<o la
sorveglianza del commissario giudiziale. Se il concordato consiste nella cessione di beni, il tribunale
nomina dei liquidatori ed un comitato di 3 o 5 creditori per vigilare sulle cessioni, ed il concordato
assume le cara<eris+che del mandato in rem propriam. Il concordato può essere risolto o
annullato esa<amente come quello fallimentare.
L’apertura del fallimento in seguito al mancato perfezionamento del concordato o alla risoluzione
solleva due problemi.
Il primo, è se i termini a ritroso per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare decorrono dalla
data del decreto di ammissione al concordato o da quella della dichiarazione di fallimento. Il
legislatore, ha stabilito che i termini delle revocatoria decorrono sempre dalla data di
pubblicazione della domanda di concordato.
Veniamo al secondo problema. Gli aA legalmente compiu+ in esecuzione del concordato
preven+vo non sono soggeA a revocatoria. Coloro che sono diventa+ creditori dell’imprenditore
durante la procedura di concordato devono però essere considera+ nel fallimento creditori della
massa (prededucibili) o creditori concorsuali (soddisfaA in percentuale)?
Prevale l’orientamento che a me se la prededucibilità. Sono qualifica+ come prededucibili:

➢ I credi+ derivan+ da aA legalmente compiu+ dal debitore nella fase di apertura della
procedura;

➢ I credi+ derivan+ da finanziamen+ eroga+ in funzione della presentazione della domanda di


ammissione della alla procedura, purché gli stessi siano indica+ dal piano concordatario;

➢ I credi+ derivan+ da finanziamen+ contraA in pendenza della procedura concordataria con


l’autorizzazione del tribunale. L’istanza deve essere accompagnata dalla dichiarazione di un
professionista;

➢ I credi+ derivan+ da finanziamen+ in esecuzione di un concordato preven+vo. La loro


prededucibilità è concessa di diri<o.

207
La prededucibilità dei finanziamen+ “in funzione” o “in esecuzione” di un concordato è
riconosciuta anche quando il finanziamento viene concesso ad una società dai suoi soci,
derogando agli ar<. 2467 e 2497 – quinquies c.c.
5. Gli accordi di ristruOurazione dei debi<
Sono accordi tra l’imprenditore in crisi ed una massa qualificata di creditori, che una volta
pubblica+ sul R.I. ed o<enuta l’omologazione del tribunale, pongono a riparo gli aA in essi
contenu+ dalla revocatoria fallimentare nel caso in cui in seguito sopraggiunga il fallimento.
Si differenziano dal concordato preven+vo perché non cos+tuiscono un concordato giudiziale e di
massa. Non sono giudiziali perché non raggiun+ da organi giudiziali e non sono di massa perché
parte dell’accordo sono i creditori che l’acce<ano (deroga par condicio).
Gli accordi vanno altresì dis+n+ dai piani di risanamento, che pure hanno l’effe<o di esentare da
revocatoria gli aA. I piani di risanamento tu<avia conseguono tale risultato senza bisogno di
preven+vo accordo con i creditori e senza essere so<opos+ al controllo omologatorio del tribunale.
I piani di risanamento sono proprio per questo incer+, poiché esibi+ al giudice solo a fallimento
aperto per contrastare l’azione revocatoria del curatore: tu<avia il giudice, può convincersi che il
piano era inidoneo fin dall’inizio.
Gli accordi di ristru<urazione, invece, proprio perché soggeA a controllo giudiziale preven+vo,
conferiscono certezza.
All’accordo devono aderire i creditori che rappresentano almeno il 60% dei credi+, e l’imprenditore
è libero di pa<uire con loro le modalità di ristru<urazione dei debi+. Ai creditori che non
aderiscono deve invece essere assicurato l’integrale pagamento, con una duplice precisazione:
• Che è possibile dilazionare l’adempimento nei loro confron+ fino ad un massimo di 120 gg
dall’omologazione;
• Che, quando l’indebitamento è cos+tuito per oltre la metà dei debi+ verso banche d
intermediari fin.ri, è possibile estendere gli effeA dell’accordo a questo +po di creditori
anche se dissenzien+. A tal fine i credi+ di banche ed intermediari devono essere
raggruppa+ in categorie, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei.
Sempre in caso di crisi con indebitamento fin.rio, sono previste regole speciali per estendere gli
accordi di moratoria dei credi+ a banche ed intermediari non aderen+. Durante la fase delle
tra<a+ve tra debitore e creditori, l’imprenditore può chiedere al tribunale di essere posto al riparo
dalle azioni cautelari o esecu+ve individuali dei creditori. A tal fine deve presentare un’apposita
istanza al tribunale pubblicata nel registro delle imprese. Dal momento della pubblicazione, i
creditori non possono provvisoriamente iniziare o proseguire azioni esecu+ve o cautelari. Il
tribunale, si riscontra la sussistenza dei presuppos+ per pervenire ad un accordo con la
maggioranza dei creditori, accoglie l’istanza di protezione.
Dopo la s+pulazione dell’accordo, il debitore ne deve chiedere l’omologazione al tribunale così da
farlo pubblicare nel registro delle imprese. Dal giorno della pubblicazione acquista efficacia e può
essere eseguito.

208
Dalla pubblicazione dell’accordo di ristru<urazione sca<a anche il divieto per creditori anteriori di
intraprendere azioni cautelari o esecu+ve individuali per un periodo di 60 giorni. I creditori e gli
interessa+ possono presentare opposizione contro l’omologazione entro 30 giorni dalla
pubblicazione dell’accordo e trascorso questo termine, il tribunale decide sull’omologazione con
decreto mo+vato contro il quale è possibile proporre reclamo davan+ alla corte d’appello. Il
decreto di omologazione è pubblicato nel registro delle imprese.
È dubbio se l’accordo di ristru<urazione dei debi+ possa essere annullato o risolto. Preferibile è
l’applicazione per analogia delle norme del concordato preven+vo. In caso di fallimento dopo
l’omologazione dell’accordo, si pone inoltre il problema di stabilire se le obbligazioni assunte dal
debitore in funzione o in occasione dello stesso, diano origine a credi+ prededucibili. Ad ogni
modo, il legislatore è intervenuto: sono perciò pre deducibili, a condizione che l’accordo sia
omologato, i finanziamen+ eroga+ in funzione della domanda di omologazione, o concessi in
esecuzione dell’accordo.

CAPITOLO 47 – LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA


1. CaraOeri generali
La liquidazione coa<a amm.va è una procedura concorsuale a cara$ere amministra:vo cui sono
assogge<ate determinate categorie di imprese, per lo più imprese pubbliche o private so<oposte a
controllo pubblico.
Le leggi speciali determinano anche i casi in cui la stessa può essere disposta e non solo in caso di
insolvenza, ma anche per gravi irregolarità o per violazione di norme di legge o regolamentari.
L’autorità competente a disporre la liquidazione coa<a è l’autorità amm.va individuata dalle singole
leggi speciali.
Diverso è il fine specifico della liquidazione coa<a amm.va rispe<o al fallimento. ObieAvo della
prima è quello di eliminare dal mercato l’impresa e ciò avviene a<raverso un procedimento
amm.vo di liquidazione che assicura anche il soddisfacimento dei creditori. Ne<e sono quindi le
differenze tra fallimento e liquidazione coa<a amm.va. Quest’ul+ma può avere come presupposto
oggeAvo anche l’insolvenza e da qui la necessità di regolare il rapporto tra le 2 procedure: le
imprese sogge<e a liquidazione coa<a sono so<ra<e al fallimento. In alcuni casi, la legge le
amme<e entrambe e risolve il confli<o secondo il criterio della prevenzione: la dichiarazione di
fallimento preclude la liquidazione coa<a e viceversa.
Peculiare è infine il criterio seguito per disciplinare la liquidazione qua<a amministra+va. Sono
dichiarate inderogabili e prevalgono su quanto disposto dalle leggi speciali:
a) Le disposizioni della legge fallimentare che regolano gli effeA della liquidazione coa<a;
b) Quelle che prevedono l’intervento dell’autorità giudiziaria a tutela dei diriA dei creditori e
dei terzi coinvol+.
2. Il provvedimento di liquidazione. L’accertamento dello stato di insolvenza

209
La liquidazione coa<a amministra+va é disposta con decreto dell’autorità governa+va che ha la
vigilanza sull’impresa, la quale nomina il commissario liquidatore ed il comitato di sorveglianza. Il
primo è deputato a svolgere l’aAvità di liquidazione ed è inves+to della qualità di pubblico
ufficiale. Il secondo è composto da tre o cinque membri scel+ tra esper+ nel ramo di aAvità
esercitata dall’impresa ed ha funzione di consulenza e di controllo.
Resta di competenza dell’autorità giudiziaria l’accertamento dell’eventuale insolvenza, che per le
imprese private può precedere o seguire l’apertura della liquidazione coa<a. Gli en+ pubblici
economici sono invece so<raA a tale accertamento preven+vo.
Contro la sentenza che dichiara l’insolvenza e contro il decreto che respinge il rela+vo ricorso, sono
previs+ gravami analoghi a quelli ammessi contro la dichiarazione di fallimento. Gli effeA della
liquidazione coa<a sono diversi a seconda che sia stato o meno accertato lo stato di insolvenza.
In entrambi i casi trovano applicazione le norme in tema di effeA del fallimento sul patrimonio del
debitore e se l’impresa è una società restano sospese le funzioni degli organi sociali. Solo se è stato
accertato lo stato di insolvenza trovano applicazione le norme della legge fallimentare rela+ve agli
aA pregiudizievoli ai creditori e le sanzioni penali disposte per il fallimento. Solo se è stata
accertata l’insolvenza è possibile promuovere la revocatoria fallimentare per reintegrare il
patrimonio dell’imprenditore.
La liquidazione coa<a di una società non si estende in alcun caso ai soci illimitatamente
responsabili della stessa.
3. Il procedimento. Chiusura
La liquidazione coa<a amministra+va si sviluppa a<raverso le fasi dell’accertamento dello stato
passivo, della liquidazione dell’aAvo e del riparto del ricavato fra i creditori. Queste fasi si svolgono
in sede amministra+va. Differenze rispe<o al fallimento si hanno in primo luogo per quanto
riguarda la formazione dello stato passivo.
Non è necessaria una domanda di ammissione dei creditori e lo stato passivo è formato di ufficio
dal commissario liquidatore sulla base delle scri<ure contabili, dei documen+ e delle osservazioni
od istanze dei creditori. Agli stessi il commissario è tenuto a comunicare entro un mese le somme
risultan+ a credito di ciascuno. Sempre il commissario forma lo stato passivo defini+vo, lo deposita
nella cancelleria del tribunale e lo trasme<e a coloro la cui pretesa non sia stata in tu<o o in parte
riconosciuta. Con il deposito lo stato passivo diventa esecu+vo.
A questo punto si possono proporre opposizioni ed impugnazioni.
Il commissario provvede anche alla liquidazione dell’aAvo e per le vendite di immobili e la vendita
in blocco di mobili sono necessari in ogni caso l’autorizzazione dell’autorità di vigilanza e il parere
del comitato di sorveglianza. Per la ripar+zione valgono criteri analoghi a quelli del fallimento.
Prima dell’ul+mo riparto, il commissario deve so<oporre all’autorità amministra+va di vigilanza il
bilancio finale di liquidazione con il conto della ges+one ed il piano di riparto fra i creditori.
L’autorità di vigilanza ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale, che può essere
inves+to delle contestazioni nel termine di 20 giorni. Queste sono decise dal tribunale in camera di
consiglio.

210
In mancanza di contestazioni, bilancio finale e piano di riparto si intendono approva+ ed il
commissario provvederà alla ripar+zione finale e, se del caso, alla cancellazione della società dal
registro delle imprese. La liquidazione coa<a amministra+va si può chiudere anche mediante
concordato, la cui procedura si cara<erizza per il fa<o che non è richiesta l’approvazione dei
creditori. La proposta di concordato, presentata dai creditori o da terzi previa autorizzazione, è
approvata dire<amente dal tribunale. I creditori possono far valere le loro ragioni solo mediante
opposizione presentata al tribunale prima dell’approvazione.

CAPITOLO 48 – L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE


INSOLVENTI
1. CaraOeri generali
Il fallimento, il concordato preven+vo e la liquidazione coa<a sono procedure concorsuali che
conducono alla disgregazione del complesso aziendale con perdita dei pos+ di lavoro per i
dipenden+.
Da qui l’esigenza di una nuova procedura concorsuale idonea a conciliare il soddisfacimento dei
creditori dell’imprenditore insolvente con il salvataggio del complesso produAvo in crisi e la
conservazione dei pos+ di lavoro. E questo è il mo+vo ispiratore dell’amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in stato di insolvenza introdo<a nel 1979 e riformata dal decreto legisla+vo
270 del 1999. L’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa
commerciale insolvente “con finalità conserva+ve del patrimonio produAvo, mediante
prosecuzione, riaAvazione o riconversione delle aAvità imprenditoriali”.
L’a<uale amministrazione straordinaria si a<eggia come una procedura nel contempo giudiziaria
ed amministra+va, ar+colata in due fasi: la dichiarazione dello stato di insolvenza da parte
dell’autorità giudiziaria; la successiva eventuale apertura della procedura di amministrazione
straordinaria vera e propria, subordinata all’accertamento delle prospeAve di recupero.
Competente a disporre l’apertura e la cessazione di questa seconda fase è ancora all’autorità
giudiziaria, mentre è devoluta all’autorità amministra+va la ges+one della procedura che si
cara<erizza per la con+nuazione dell’esercizio dell’impresa insolvente.
2. Presuppos<. Dichiarazione di insolvenza
La nuova procedura di amministrazione straordinaria è riservata alle imprese commerciali sogge<e
a fallimento che hanno un numero di dipenden+ non inferiore a 200 da almeno un anno, hanno
debi+ per un ammontare complessivo non inferiore a due terzi tanto del totale dell’aAvo dello
stato patrimoniale che dei ricavi provenien+ dalle vendite e sono in stato di insolvenza.
Nella prima fase il tribunale accerta lo stato di insolvenza e in presenza dei primi due requisi+
sopra indica+, deve astenersi dal dichiarare il fallimento. Competente a dichiarare l’insolvenza è il
tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale. La sentenza è comunicata e resa pubblica
con le stesse modalità previste per la dichiarazione di fallimento e con tale sentenza il tribunale
nomina il giudice delegato, nonché uno o tre commissari giudiziali. Inoltre, dà avvio al
procedimento per la formazione dello stato passivo.
211
Gli effeA della sentenza che accerta lo stato di insolvenza coincidono con quelli dell’ammissione al
concordato preven+vo. L’imprenditore insolvente conserva perciò l’amm.zione dei suoi beni e
l’esercizio dell’impresa, che con+nua so<o la vigilanza del commissario giudiziale, al quale può
essere affidata la ges+one dell’impresa.
Nel contempo, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecu+ve individuali, salvo
autorizzazione del giudice delegato. Ogni credito deve essere accertato secondo le norme che
regolano la formazione del passivo del fallimento e con l’autorizzazione del giudice delegato,
l’imprenditore può pagare i debi+ anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza.
I credi+ sor+ per la con+nuazione dell’esercizio dell’impresa e la ges+one del patrimonio del
debitore sono considera+ credi+ della massa e vanno soddisfaA in prededuzione. Se è dichiarata
insolvente una società con soci a responsabilità illimitata, gli effeA della dichiarazione dello stato
di insolvenza si estendono ai soci illimitatamente responsabili, compresi i recedu+ esclusi o
defun+.
Gli effeA della dichiarazione di insolvenza si estendono altresì ai soci la cui esistenza è stata
accertata dopo la dichiarazione di insolvenza.
3. Apertura dell’amministrazione straordinaria
L’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria è subordinata all’accertamento delle
prospeAve di recupero. Tale risultato deve potersi realizzare tramite uno dei seguen+ indirizzi:
a) Cessione dei complessi aziendali, con un programma di prosecuzione non superiore ad un
anno;
b) Ristru<urazione economica e finanziaria dell’impresa, con un programma di risanamento
non superiore a due anni.
Se il tribunale ri+ene che sussistono prospeAve di risanamento, dichiara aperta la procedura di
amministrazione straordinaria. Altrimen+, dichiara il fallimento.
Con il decreto che dichiara aperta l’amministrazione straordinaria, il tribunale ado<a i
provvedimen+ opportuni per la prosecuzione dell’aAvità d’impresa. Si svolge ad opera di uno o tre
commissari straordinari ed il Ministero dello sviluppo economico nomina anche un comitato di
sorveglianza composto da tre o cinque membri. Per quanto non espressamente previsto si
applicano all’amministrazione straordinaria le disposizioni sulla liquidazione coa<a amministra+va
in quanto compa+bili.
Salvo il caso della conversione della procedura in fallimento, le azioni revocatorie possono essere
promosse dal commissario straordinario solo se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma
di cessione dei complessi aziendali.
È poi de<ata una disciplina dei contraA in corso di svolgimento, volta ad agevolare prosecuzione e
risanamento dell’impresa. TuA i contraA con+nuano ad avere esecuzione fino a quando il
commissario straordinario non decide se subentrare nel contra<o o scioglierlo. I credi+ dei terzi
derivan+ dalla prosecuzione dei contraA in corso come tuA i credi+ sor+ per la con+nuazione,
sono soddisfaA in prededuzione.

212
Resta ferma la competenza dell’autorità giudiziaria per la formazione dello stato passivo.
4. Lo svolgimento della procedura
La con+nuazione dell’esercizio dell’impresa è automa+ca in quanto essenziale per la conservazione
del complesso aziendale. In 60 giorni il commissario straordinario deve predisporre e presentare al
ministero dello sviluppo economico un programma per il recupero, optando per il programma di
cessione dei complessi aziendali da realizzare entro un anno, oppure per il programma di
ristru<urazione da a<uare entro due anni.
L’esecuzione del programma è autorizzata dal Ministero dello sviluppo economico, sen+to il
comitato di sorveglianza, entro 30 giorni dalla presentazione. Nel corso della procedura il
programma può essere modificato o sos+tuito ado<ando l’indirizzo alterna+vo.
Fermo restando che i debi+ contraA dal commissario durante l’esercizio dell’impresa sono debi+
di massa da soddisfare in prededuzione, per evitare che vengano chiusi i finanziamen+ bancari è
prevista la concessione della garanzia dello Stato a favore delle banche che erogano finanziamen+.
Il trasferimento in blocco dei beni aziendali è agevolato so<o più profili e può essere concesso un
consistente sconto sul valore del complesso aziendale a chi acquista aziende non ancora risanate.
L’acquirente si deve però impegnare a con+nuare l’esercizio dell’impresa per almeno due anni ed a
mantenere per lo stesso periodo i livelli di occupazione stabili+ all’a<o della vendita.
In deroga alla disciplina de<ata dall’ar+colo 2560 del codice civile, l’acquirente non risponde dei
debi+ aziendali anteriori al trasferimento.
L’a<uale disciplina dell’amministrazione straordinaria regola anche la ripar+zione dell’aAvo
prevedendo gli accon+ e i ripar+. I primi possono essere dispos+ dal commissario straordinario in
qualsiasi momento della procedura ed hanno cara<ere provvisorio e possibilità di essere ripetu+. I
secondi possono essere effe<ua+ solo dopo che lo stato passivo è stato reso esecu+vo, sono
defini+vi e non revocabili. I ripar+ sono possibili solo quando il programma ado<ato prevede la
cessione dei complessi aziendali.
5. Cessazione della procedura
L’amministrazione straordinaria termina per conversione in fallimento o con la chiusura della
procedura.
Il fallimento può essere disposto nel corso della procedura quando risulta che la stessa non può
essere u+lmente proseguita. È disposto alla scadenza del programma di cessione o di
ristru<urazione quando la cessione non sia ancora avvenuta in tu<o o in parte oppure
l’imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare le proprie obbligazioni.
Sono cause generali di chiusura:
a) La mancata presentazione di domande di ammissione al passivo;
b) Il recupero da parte dell’imprenditore della capacità di soddisfare le proprie obbligazioni.
Se è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, la procedura si
chiude altresì: a’) quando tuA i credi+ ammessi sono soddisfaA o in altro modo es+n+ e

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sono paga+ compensi e spese; b’) quando è comunque compiuta la ripar+zione finale
dell’aAvo.
Se l’amministrazione straordinaria con programma di cessione dei complessi aziendali si chiude per
ripar+zione integrale dell’aAvo e quindi sono rimas+ creditori insoddisfaA, il tribunale può
ordinare la riapertura della procedura quando ricorrono condizioni analoghe a quelle previste per
la riapertura del fallimento. La sentenza di riapertura comporta la sua conversione in fallimento.
La cessazione dell’amministrazione straordinaria può infine aversi per concordato, proposto
dall’imprenditore o da terzi. La proposta deve essere autorizzata dal Ministero dello sviluppo
economico ed è assogge<ata alla stessa disciplina prevista per il concordato nella liquidazione
coa<a amministra+va.
6. Il gruppo insolvente
La disciplina dell’amministrazione straordinaria con+ene anche norme volte a dare rilievo al
fenomeno del gruppo di imprese. Si prevede infaA che, insolvente e so<oposta ad
amministrazione straordinaria un’impresa facente parte di un gruppo, alla stessa procedura sono
so<oposte le altre imprese nel gruppo quand’anche per tali imprese non ricorrano i requisi+
richies+ per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, purché presen+no concrete
prospeAve di recupero dell’equilibrio economico. Anche se sia stato già dichiarato il loro
fallimento, questo è conver+to in amministrazione straordinaria.
È sempre necessario un dis+nto accertamento dello stato di insolvenza delle singole imprese del
gruppo. L’uniformità delle procedure comporta iden+tà degli organi, ma non comporta confusione
ed unificazione dei patrimoni: il commissario deve predisporre per ciascuna uno specifico
programma di cessione o di ristru<urazione e ciascuna impresa insolvente risponde solo delle
proprie obbligazioni. Sono previste norme volte ad assicurare la reintegrazione del patrimonio
delle società figlie ed a consen+re il ristoro dei danni dalla stessa subi+ per effe<o della poli+ca
unitaria di gruppo.
Un primo intervento è cos+tuito dall’allungamento dei termini per l’esercizio delle azioni
revocatorie fallimentari nei confron+ degli aA pos+ in essere con altre imprese del gruppo: il
termine fissato precedentemente in un anno è portato a cinque anni, mentre quello di sei mesi è
portato a tre anni. Inoltre, il commissario giudiziale, straordinario e il curatore di un’impresa
insolvente possono proporre la denuncia al tribunale per gravi irregolarità nei confron+ di
amministratori di altre società del gruppo non assogge<ate alla procedura. Poi, gli amministratori
della capogruppo sono coinvol+ nella responsabilità degli amministratori delle società dominate,
per i danni da ques+ ul+mi cagiona+ alla propria società per il fa<o di aver dato a<uazione alle
direAve di gruppo.
7. L’amministrazione straordinaria speciale del d.l. 347/2003 (c.d. decreto Marzano)
L’amministrazione straordinaria è complessa nella fase di apertura quando si deve accertare prima
l’insolvenza e poi l’esistenza di prospeAve di recupero. I tempi tecnici comportano mesi prima che
si possa inserire il commissario straordinario. Per rimediare a tali inconvenien+, il decreto legge
347 del 2003 ha introdo<o regole speciali volte a consen+re lo spedito avvio dell’amministrazione
straordinaria. La nuova procedura è riservata alle grandi imprese sogge<e al fallimento che
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versano in stato di insolvenza. È necessario che l’impresa, singolarmente o come gruppo cos+tuito
da almeno un anno, abbia impiegato da almeno un anno non meno di 500 dipenden+ ed abbia
debi+ per non meno di 300 milioni di euro. L’amministrazione straordinaria speciale è oggi fruibile
sia se l’impresa intende perseguire il recupero a<raverso un programma di ristru<urazione, sia se
si vuole realizzare un programma di cessione.
In presenza di tali requisi+, l’ammissione all’amministrazione straordinaria viene disposta dal
Ministero dello sviluppo economico sulla base della semplice richiesta. Con il decreto di apertura, il
debitore viene spossessato e la cessione dell’impresa viene assunta dal commissario. Sca<a il
divieto per i creditori di intraprendere azioni esecu+ve individuali. Contestualmente alla domanda,
l’impresa deve però presentare ricorso al tribunale del luogo in cui ha la sede principale, perché ne
accer+ l’insolvenza: l’accertamento giudiziale avviene ad amministrazione straordinaria già aperta.
Qualora il tribunale accer+ l’insussistenza dello stato di insolvenza o di uno dei limi+ dimensionali,
cessano gli effeA del decreto ministeriale di ammissione.
Con la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza si producono gli effeA dell’amministrazione
straordinaria, che retroagiscono a par+re dal momento del decreto ministeriale di ammissione alla
procedura. Entro 180 giorni dalla nomina (prorogabili), il commissario deve presentare al Ministero
dello sviluppo economico il programma di ristru<urazione o di cessione, che può essere unico per
tu<e le società del gruppo. Qualora nessun programma sia autorizzato, la procedura si converte in
fallimento.
Anche prima dell’autorizzazione, il commissario può però:
a) Pagare i debi+ anteriori all’apertura della procedura con l’autorizzazione del giudice
delegato, quando ciò sia necessario per evitare un grave pregiudizio;
b) Compiere operazioni necessarie per la salvaguardia della con+nuità aziendale delle altre
imprese del gruppo.
Solo il commissario straordinario è legiAmato a proporre il concordato che può perseguire la
ristru<urazione dei debi+ e la soddisfazione dei credi+ a<raverso qualsiasi forma. Può prevedere
poi la formazione di classi di creditori. Si può proporre l’accollo dei debi+ da parte di un assuntore
a cui viene trasferito l’aAvo ed anche le azioni revocatorie promossa dal commissario
straordinario. La presentazione della proposta di concordato impone un’accelerazione
dell’accertamento del passivo. Si interrompe la normale procedura di accertamento dei singoli
credi+ secondo la disciplina del fallimento: gli elenchi dei creditori ammessi, ammessi con riserva e
non ammessi vengono predispos+ dal giudice, deposita+ nella cancelleria del tribunale e dichiara+
esecu+vi con decreto del giudice delegato stesso.
Si passa quindi alla fase di approvazione dei creditori che rappresentano almeno la maggioranza
dei credi+ ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, è inoltre necessaria
l’approvazione di ciascuna classe: tuA i creditori che non fanno pervenire per iscri<o il loro
dissenso nel termine fissato dal giudice delegato si ritengono consenzien+. Il tribunale può
approvare il concordato nonostante l’opposizione di una o più classi qualora ritenga che “i creditori
dissenzien+ possono risultare soddisfaA dal concordato in misura non inferiore rispe<o alle altre
alterna+ve pra+cabili“.

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O<enuta l’approvazione, il concordato viene approvato anche dal tribunale con sentenza, la quale
passando in giudicato determina la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria. Se
invece la proposta concordataria è respinta, il commissario straordinario può presentare nei
successivi 60 giorni al Ministero dello sviluppo economico un programma di cessione dei complessi
aziendali. Altrimen+ la procedura si converte in fallimento.

CAPITOLO 49 – LE PROCEDURE CONCORSUALI DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO


1. CaraOeri generali
Fino a poco tempo fa, le procedure concorsuali regolavano solo l’insolvenza dell’imprenditore
commerciale non piccolo per vari mo+vi:
a) Per il piccolo imprenditore non vi era mo+vo di sovraccaricare gli uffici giudiziari per
procedure fallimentari economicamente irrilevan+;
b) Per l’imprenditore agricolo vi è il favore legisla+vo, in quanto esposto ad un più accentuato
rischio d’impresa (economica e ambientale);
c) il fallimento è nato per impedire il dissesto dei merca+.
L’esenzione dal fallimento è quindi per il debitore un privilegio in quanto non è esposto ai gravi
rischi personali penali della procedura. Dall’altro però, il debitore è perennemente esposto alle
azioni esecu+ve individuali dei creditori senza potersene liberare con un concordato. A seguito
della profonda crisi economica degli ul+mi anni, anche l’Italia ha deciso di dotarsi di strumen+ per
regolare la crisi da sovraindebitamento di debitori che non possono usufruire di altre procedure
concorsuali. I sistemi delle procedure concorsuali per soggeA non fallibili sono tre: 1) procedura di
liquidazione del patrimonio: liquidazione giudiziaria di tuA beni del debitore; 2) accordo di
composizione della crisi da sovraindebitamento: procedura che prevede un piano predisposto dal
debitore ed acce<ato dalla maggioranza dei creditori; 3) piano del consumatore: procedura
riservata solo a consumatori incolpevoli del proprio stato di sovraindebitamento il cui piano,
predisposto dal debitore, viene omologato e reso effeAvo dal giudice senza bisogno di
acce<azione da parte dei creditori. Il sovraindebitamento è una condizione d’illiquidità
patrimoniale del debitore che può consistere tanto in uno stato di insolvenza quanto in una mera
crisi finanziaria, ma sicuramente non dipende necessariamente dal rapporto tra passività e aAvità.
Altra cara<eris+ca comune alle procedure è che sono concepite come beneficio al debitore di
regolare contestualmente i rappor+ con tuA i creditori e o<enere a determinate condizioni
l’esdebitazione. Solo il debitore, quindi, può avviare un procedimento da sovraindebitamento,
tranne nel caso in cui vi sia conversione di una procedura di composizione della crisi in una
procedura di liquidazione, in quanto anche i creditori sono legiAma+ a presentare domanda. Una
volta che il debitore ha fa<o ricorso a ques+ strumen+, per 5 anni non può usufruire di altre
procedure della legge 3/2012.
A) La procedura di liquidazione del patrimonio
2. Apertura ed effeF della procedura

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Con questa procedura, il debitore richiede la liquidazione giudiziale di tuA beni affinché il ricavato
sia distribuito ai creditori secondo il principio della par condicio creditorum. Se si tra<a di persona
fisica, può o<enere anche l’esdebitazione dei debi+ insoddisfaA al termine della procedura. Si
tra<a di un procedimento che ha affinità con il fallimento, sia per lo scopo che per la stru<ura. A
differenza di questo, però, può essere presentato anche in caso di mera crisi finanziaria non ancora
iden+ficabile come insolvenza e gli effeA sono meno gravosi per il debitore e non sono previste
azioni di revocazione contro gli aA compiu+ prima della domanda di liquidazione. Possono
presentare domanda di liquidazione i debitori non soggeA ad altre procedure concorsuali fuorché
quelle disciplinate dalla legge 3/2012. Ed anche gli imprenditori agricoli, come si ricava dal fa<o
che tale categoria di imprenditori e ammessa pure alla procedura dell’accordo di ristru<urazione
della crisi da sovraindebitamento. La domanda di ammissione si propone al tribunale del luogo
dove il debitore ha la residenza e la sede principale e vanno allega+: inventario di tuA beni, elenco
dei creditori, aA di disposizione degli ul+mi 5 anni, dichiarazione dei reddi+ degli ul+mi tre anni,
cer+ficazione del nucleo familiare e, se il debitore svolge aAvità di impresa, anche le scri<ure
contabili.
Nella presentazione della domanda, il debitore deve farsi assistere da un organismo di
composizione della crisi cos+tuito da en+ pubblici dota+ di requisi+ di indipendenza e
professionalità (camere di commercio, ordini professionali di avvoca+, commercialis+ e notai)
iscriA in un apposito albo presso il Ministero della gius+zia. In alterna+va i compi+ possono essere
svol+ da un professionista in possesso dei requisi+ per la nomina di curatore fallimentare.
L’organismo di composizione deve verificare la veridicità ed a<endibilità della documentazione
allegata alla domanda e la sua relazione va allegata a sua volta alla stessa. Se la domanda non
consente di ricostruire compiutamente la situazione economico - patrimoniale del creditore, allora
è inammissibile.
L’apertura avviene in camera di consiglio, dove il giudice verifica l’esistenza dei requisi+ di
ammissibilità della domanda e accerta l’assenza di aA di frode ai danni dei creditori negli ul+mi 5
anni, esercitando quindi anche poteri inquisitori come l’accesso all’anagrafe tributaria e banche
da+. L’esame si conclude con decreto mo+vato di accoglimento o di rige<o contro il quale si può
fare reclamo allo stesso tribunale con decisione presa dal collegio nel quale non vi sia il giudice che
ha pronunciato il provvedimento impugnato per rispe<o del principio di terzietà. Con il decreto di
ammissione il giudice nomina anche i liquidatori, che può essere anche l’organismo di
composizione della crisi. Domanda e provvedimento sono soggeA a pubblicità tramite
annotazione nel registro delle imprese nel caso in cui il debitore sia imprenditore, altrimen+ nelle
forme indicate dal giudice. Il decreto inoltre è trascri<o a cura del liquidatore nei registri dei beni
mobili ed immobili.
L’apertura della procedura di liquidazione determina per il debitore effeA patrimoniali analoghi a
quelli del fallimento (vedi disciplina fallimentare che è molto simile per effeA patrimoniali, beni
sopravvenu+, divieto di azioni individuali dei creditori, creditori della massa, non concorren+ e
procedimento di accertamento del passivo).
3. Liquidazione del patrimonio ed esdebitazione
Nell’assumere la ges+one del patrimonio, il liquidatore deve verificare l’a<endibilità della
documentazione allegata alla domanda e formare l’inventario. Entro 30 giorni deve lavorare un
217
programma e comunicarlo al debitore e ai creditori e depositarlo in cancelleria. Le vendite poste in
essere in esecuzione del programma devono essere effe<uate con procedure pubblicizzate che
consentano la massima informazione. Tra<andosi pur sempre della vendita giudiziaria, resta fermo
il ruolo di controllo del giudice al quale spe<a inoltre autorizzare lo svincolo di somme e ordinare
la cancellazione dei vincoli sui beni per realizzare l’effe<o obieAvo delle vendite forzate. Nulla
prevede la legge per le modalità di ripar+zione dell’aAvo, ferma restando la dis+nzione dei credi+
prededucibili, privilegia+ e chirografari. Il concorso tra ques+ verrà a<uato dal liquidatore con un
riparto parziale del ricavato e uno finale dopo la presentazione del conto ges+one. La procedura
rimane aperta fino alla completa esecuzione del programma di liquidazione per una durata minima
di 4 anni. Trascorso questo termine ed accertata la completa esecuzione, il giudice dispone con
decreto la chiusura della procedura.
Al termine, il debitore persona fisica è ammesso al beneficio dell’esdebitazione se presenta
requisi+ di meritevolezza ex lege e se la procedura abbia consen+to di soddisfare almeno in parte i
creditori concorsuali. Non è meritevole: chi ha fa<o ricorso al credito in modo corposo e
sproporzionato rispe<o alle sue capacità patrimoniali; coloro che hanno o<enuto esdebitazione
negli 8 anni anteceden+; quando nei 5 anni preceden+ o nel corso dell’apertura ha posto in essere
aA di frode ai creditori; chi ha conseguito una condanna penale defini+va per rea+ ineren+
procedure di sovraindebitamento. Infine, il debitore deve aver mantenuto una condo<a
collabora+va per tu<a la durata della procedura ed in par+colare: deve aver cooperato al regolare,
rapido ed efficace svolgimento della procedura; deve aver svolto un’aAvità produAva di credito o
aver cercato un’occupazione senza rifiutare in modo ingius+ficato un impiego. In presenza di tali
requisi+, l’esdebitazione è concessa dal giudice su richiesta del debitore, da presentare entro un
anno dalla chiusura della procedura e sen++ i creditori non integralmente soddisfaA. Il
provvedimento può essere impugnato davan+ al tribunale e revocato se risulta che il debitore
abbia agito per frodare i creditori violando la par condicio o se ha rappresentato infedelmente il
proprio stato patrimoniale. Per effe<o dell’esdebitazione sono inesigibili tuA i credi+ concorsuali
non ancora soddisfaA integralmente, ad eccezione di: debi+ alimentari e di mantenimento; debi+
da responsabilità extracontra<uale, sanzioni pecuniarie ed amministra+ve non accessorie ai debi+
es+n+; debi+ fiscali accerta+ successivamente all’apertura della procedura in ragione della
conoscenza di nuovi elemen+.
B) Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento
4. L’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento: proposta ed effeF
So<o il nome di procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento vi sono due
procedure: l’accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore. Sono accomunate dal
fa<o che la crisi è superata mediante l’a<ribuzione di un piano preposto dal debitore stesso.
Nell’a<uale conformazione, l’accordo di composizione è una procedura concorsuale che presenta
somiglianze tanto con il concordato preven+vo che con gli accordi di ristru<urazione della legge
fallimentare.
Possono proporre un accordo di composizione tuA debitori in stato di sovraindebitamento non
soggeA ad altre procedure concorsuali che quelle disciplinate dalla legge 3/12. Espressamente
prevista è la possibilità per l’imprenditore agricolo di avvalersi di tale procedura. La proposta
d’accordo può prevedere la ristru<urazione dei debi+ e la soddisfazione dei creditori a<raverso
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qualsiasi forma (accordo con concessione di beni, remissorio, dilatatorio, misto) ed inoltre possono
essere cedu+ ai creditori credi+ futuri del debitore.
Il contenuto della proposta deve osservare i seguen+ limi+: 1) per i creditori impignorabili ex legge
deve essere assicurato il regolare pagamento senza dilazioni o modi alterna+vi; 2) I creditori muni+
di privilegio devono essere soddisfaA in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di
liquidazione; 3) per i tribu+ cos+tuen+ risorse proprie dell’UE, l’iva e le ritenute operate e non
versate si può prevedere esclusivamente una dilazione del pagamento.
Il debitore, per presentare una proposta di accordo deve rivolgersi a un organismo di composizione
della crisi che assume ogni inizia+va funzionale, verifica la veridicità degli aA e allega+ e la
faAbilità del piano. La proposta è depositata presso il tribunale del luogo in cui ha residenza il
debitore e qualora i beni e i reddi+ non fossero sufficien+, la proposta deve essere so<oscri<a da
uno o più terzi in garanzia. La documentazione da allegare alla proposta è la stessa della domanda
di ammissione alla liquidazione. La proposta è inammissibile quando il proponente non rientra in
una delle categorie dei debitori ammessi a presentarla e quando il debitore: a) ha fa<o ricorso nei
5 anni preceden+ ad una procedura di composizione o liquidazione; b) ha subito per causa a lui
imputabile un provvedimento di annullamento, risoluzione, revoca o cessazione di un precedente
accordo o piano del consumatore; c) ha fornito documentazione non sufficiente a ricostruire la
situazione economica patrimoniale. Lo svolgimento della procedura avviene in camera di consiglio
dove il giudice effe<ua un esame preliminare della domanda per accertare i requisi+ di
ammissibilità. Se rivela irregolarità può concedere al debitore un termine perentorio non superiore
a 15 giorni per apportare integrazioni alla proposta, ma non può essere sindacato il merito della
convenienza. L’esame si conclude con un decreto di apertura o rige<o, contro il quale si può
ricorrere al tribunale. La proposta e il decreto di apertura sono soggeA a pubblicità. Durante la
procedura si producono per il preponente e i creditori effeA analoghi al concordato preven+vo. Il
preponente resta nella disponibilità del proprio patrimonio, ma può compiere solo aA di ordinaria
amministrazione, poiché per quelli straordinari è necessaria l’autorizzazione del giudice. La
disciplina dei creditori ricalca quella vista per la procedura di liquidazione.
5. Approvazione ed esecuzione dell’accordo
La legge delinea un procedimento agile per l’approvazione ed omologazione dell’accordo. Con il
decreto di apertura, il giudice inves+to fissa l’udienza per verificare se l’accordo è stato raggiunto e
dispone la comunicazione ai creditori della proposta e del decreto. I creditori possono aderire
facendo pervenire l’acce<azione 10 giorni prima dell’udienza, in mancanza vale il silenzio-assenso
previsto per il concordato preven+vo. La proposta deve essere approvata dai creditori che
rappresentano il 60% dei credi+. Come il concordato i creditori privilegia+ non possono essere
conteggia+ per il raggiungimento della maggioranza e non hanno diri<o di esprimersi sulla
proposta se prima non rinunciano al diri<o di prelazione. All’udienza il giudice verifica che non vi
siano state inizia+ve o aA in frode dei creditori, altrimen+ dispone immediatamente la revoca del
decreto di ammissione e forme di pubblicità. Se l’accordo è stato raggiunto, l’organismo di
composizione predispone una relazione e la trasme<e ai creditori che entro 10 giorni possono
sollevare contestazioni che saranno poi inviate al giudice con relazioni ed a<estazione defini+va
della faAbilità del piano. In sede di omologazione, il giudice verifica la maggioranza e idoneità del
piano senza entrare nel merito della convenienza e omologa l’accordo poi pubblicizzato con le
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stesse forme del decreto di ammissione alla procedura. L’accordo omologato è obbligatorio per
tuA i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità e non determina
novazione di obbligazioni nel pregiudizio dei diriA dei creditori nei confron+ dei coobbliga+.
Intervenuta l’omologazione si passa all’esecuzione operata o dallo stesso debitore o dal liquidatore
giudiziale che può essere anche l’organismo di composizione che nella parte esecu+va vigila
sull’esa<o adempimento dell’accordo. L’accordo può essere revocato, risolto o annullato:

➢ Revocato: avviene d’ufficio se risultano compiu+ aA durante la procedura vol+ a frodare i


creditori i quali possono singolarmente presentare istanza di annullamento entro sei mesi
dalla scoperta dei faA e non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ul+mo
adempimento;

➢ Risolto: di diri<o o in via giudiziale.


a) DI DIRITTO: 1) quando il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle
scadenze previste, i pagamen+ dovu+ secondo il piano alle amministrazioni ed en+
previdenziali; 2) per il mancato pagamento di credi+ per i quali non è consen+to
proporre il pagamento parziale; 3) quando interviene la dichiarazione di fallimento
del proponente.
b) IN VIA GIUDIZIALE: quando è disposta dal tribunale su richiesta dei creditori,
quando il proponente non adempie agli obblighi assun+ o non cos+tuisce garanzie
promesse. Il ricorso dev’essere presentato entro 6 mesi dalla scoperta ed entro un
anno dalla scadenza del termine fissato per l’ul+mo adempimento previsto
dall’accordo.
I creditori possono domandare la risoluzione anche quando l’esecuzione diventa impossibile per
causa non imputabile al debitore che in questo caso può proporre una modifica del piano
originario che equivale a una nuova proposta. Per effe<o della risoluzione o annullamento cessano
retroaAvamente gli effeA dell’accordo, ma vengono faA salvi i diriA acquisi+ dai terzi in buona
fede. Il giudice può inoltre disporre la conversione in liquidazione del patrimonio, esclusa però in
caso di risoluzione per causa non imputabile al debitore. Se invece sopraggiunge il fallimento, gli
aA, i pagamen+ e le garanzie pos+ in essere in esecuzione dell’accordo omologato non sono
soggeA all’azione revocatoria fallimentare
6. Il piano del consumatore
Procedura alterna+va alla proposta d’accordo è il piano del consumatore omologato e reso
vincolante dal giudice senza la necessità di o<enere l’approvazione dei creditori. Per
“consumatore” si intende la persona fisica che ha assunto l’obbligazione per scopi estranei
all’aAvità imprenditoriale o professionale svolta. La disciplina del piano del consumatore è in parte
coincidente con quella degli accordi di composizione della crisi.
A differenza dell’accordo di composizione della crisi, la presentazione della proposta non comporta
la sospensione automa+ca delle azioni esecu+ve individuali dei creditori prima dell’omologazione,
salvo che sia diversamente disposto. All’udienza il giudice verifica la faAbilità del piano e la
meritevolezza del debitore: il piano non può essere omologato quando il consumatore “ha assunto
obbligazioni senza prospeAva di adempimento”, ovvero “ha colposamente determinato il sovra
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indebitamento per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità
patrimoniali”.
Il giudice può omologare il piano se ri+ene che il credito possa essere soddisfa<o dall’esecuzione
dello stesso in misura non inferiore all’alterna+va di una procedura di liquidazione del patrimonio.
Il decreto di omologazione è sogge<o a pubblicità ed è trascri<o nei pubblici registri a cura
dell’organismo di composizione della crisi. Il piano omologato è obbligatorio per tuA i creditori con
causa o +tolo anteriore alla pubblicità del decreto di omologazione: dalla data di omologazione gli
stessi non possono iniziare o proseguire azioni esecu+ve e cautelari individuali. Restano salvi,
tu<avia, i diriA vanta+ dai creditori nei confron+ dei coobbliga+.
I creditori con causa o +tolo posteriore alla pubblicità del decreto di omologazione non sono
invece soggeA agli effeA del piano ed al divieto di azioni esecu+ve individuali.
Gli effeA dell’omologazione vengono meno di diri<o, oppure possono essere revoca+ dal giudice
negli stessi casi previs+ per la revoca, l’annullamento o la risoluzione degli accordi di composizione
della crisi.

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