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L’AZIENDA
Ora nel trasferimento di azienda centrale è innanzitutto l’art 2556 cc “Per le imprese soggette a
registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell'azienda
devono essere provati per iscritto, salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei
singoli beni che compongono l'azienda, o per la particolare natura del contratto.
I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere
depositati per l'iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o
autenticante.”
CREDO DI AVER CAPITO CCOSI’ MA NON SONO CERTA
Quindi la regola generale dettata dal I comma dell’art 2556 cc è che per le imprese soggette a registrazione
( e non per le piccole imprese dunque) il trasferimenti di azienda che ha ad oggetto la vendita o il
godimento del’azienda deve avvenire in forma scritta ad probationem (quindi il trasferimento sarebbe
valido anche se non in forma scritta ma si redige in forma scritta per provarne l’esistenza).
La norma però continua subito ponendo alcune eccezioni; infatti anche se questa è la regola generale
occorre verificare che:
1. per i singoli beni non siano previste per legge delle forme precise;
es: è vero che il I comma impone la forma scritta ad probationem ma, se nell’azienda che si sta
trasferendo, un bene aziendale fosse un immobile si dovrebbe ricorrere alla forma scritta prevista
dall’art 1350 cc a penna di nullità del contratto
2. la natura del contratto con cui si sta trasferendo l’azienda non richiami una particolare forma
stabilita per legge.
Es: se il trasferimento dell’azienda si concretizza in una donazione, anche se il comma I prevede la
forma scritta ad probationem, la natura della donazione impone l’uso dell’atto pubblico.
Il II comma dell'art. 2556 cod. civ. (come modificato legge Mancino del ‘93) prescrive tali contratti di cui al
primo comma sono soggetti ad un regime di pubblicità legale per poter essere opponibili a terzi: essi
devono, infatti, essere iscritti nel registro delle imprese (nella sezione ordinaria) entro 30 giorni.
Quindi lo scenario che dovrebbe prospettarsi sarebbe:
nel caso di imprese non soggette a registrazione ( non commerciali), i trasferimenti di azienda
dovrebbero essere:
a) forma libera (anche verbale);
b) Non soggette a nessun regime pubblicitario;
Nel caso di imprese registrate (commerciali) i trasferimenti di azienda sono:
a) A forma scritta ad probationem;
b) Soggette ad obbligo di registrazione
Ora l’art 2556 cc fa riferimento alle imprese soggette a registrazione, che in origine erano solo quelle
commerciali; essendosi oggi arricchito il novero delle imprese soggette a registrazioni ci si chiede se,
comunque, la norma continui a riferirsi solo a quelle commerciali oppure si riferisca in toto alla totalità
delle imprese soggette a registrazione
L’art 2560 cc, invece, si occupa del caso in cui l’imprenditore abbia un debito nei confronti del terzo
contraente. In questo caso vi è la forte esigenza che il trasferimento di azienda e quindi la cessione del
debito non pregiudichi le aspettative di soddisfacimento del credito del terzo contraente.
In effetti il principio generale è che il debitore- alienante non possa cambiare senza il consenso del
creditore- terzo “L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al
trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”.
Quindi ne caso in cui non acconsenta il terzo contraente, il debito rimane in capo all’alienante e non viene
ceduto all’acquirente.
L’art 2560 cc poi al II comma prevede che “Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti
suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”
Quindi anche se manca un patto tra alienante e acquirente l’acquirente risponda in solido con l’alienante
dei debiti contratti con il terzo contraente che non hanno acconsentito alla cessione.
Questa disposizione vale, però:
1. solo per i debiti aziendali che risultano dai libri contabili obbligatori e di cui, quindi, l’acquirente
poteva essere a conoscenza anche se non direttamente informato dall’alienante.
2. ,solo in caso di trasferimento di un’azienda commerciale
Una disciplina diversa in tema di debiti aziendali riguarda i debiti di lavoro perché a tutela dei lavoratori è
previsto che:
- l’alienante e l’acquirente rispondano in solido di questi debiti anche se essi non risultano dalle
scritture contabili
- E questo vale sia per l’azienda commerciale che non commerciale.
Ovviamente sia l’art 2559 che l’art 2560 cc si riferiscono genericamente alle conseguenze di un
trasferimento di azienda in presenza di crediti e debiti aziendali senza però accennare a quelle che sono le
ricadute nel rapporto tra alienante e acquirente quando non c’è una pattuizione tra essi- cioè i crediti e i
debiti aziendali, in assenza di pattuizione, sono comunque accollati all’acquirente oppure no?
L’orientamento più recente auspica sempre in una pattuizione sul tema.
Usufrutto
Quindi è possibile costituire in usufrutto un’azienda e all’usufruttuario sono concessi tutta una serie di
poteri-doveri per consentirgli la libertà operativa necessaria per gestire l’impresa senza essere limitato.
Tra i poteri vi è quello non solo di disporre dei beni aziendali ma anche di acquistarne e immetterne nuovi.
Beni che entreranno a far parte della proprietà dell’imprenditore per questo è imposta la redazione di un
inventario all’inizio e alla fine dell’usufrutto cosicché la differenza possa essere compensata in denaro.
Accanto all’esigenza di lasciare libertà operativa all’usufruttuario, la legge ha anche il compito di tutelare
l’interesse del concedente a non veder scemare l’efficienza della sua azienda che dovrà tornargli alla fine
del rapporto.
“La differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in danaro, sulla
base dei valori correnti al termine dell’usufrutto.”
Per cui l’art 2561 cc sancisce che “L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la
contraddistingue” .
E’ necessario cioè che questi poteri dell’usufruttuario siano esercitati sotto il nome commerciale
dell’imprenditore e soprattutto senza andare a modificare la destinazione dell’azienda o l’efficienza
altrimenti ciò potrebbe determinare la cessazione dell’usufrutto per abuso dell’usufruttuario.
“Egli deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza
dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte.”
La stessa disciplina è richiamata dal’art 2562 cc con riferimento all’affitto dell’azienda, ovviamente quando
parliamo di affitto di azienda ci riferiamo alla locazione del complesso di beni aziendali e non del singolo
immobile destinato all’esercizio dell’attività di impresa (in quel caso si parla di locazione di un bene
aziendale e non di affitto dell’intera azienda) anche se spesso non è facile distinguere le due fattispecie.
Ora sia all’usufrutto che al’affitto è esteso l divieto di non concorrenza ex art 2557 cc : Il nudo proprietario
che concede l’usufrutto e il locatore son tenuti a non iniziare un’attività d’impresa concorrente a quella su
cui è costituito l’usufrutto o concesso l’affitto per non sviare la clientela per la durata dell’usufrutto o
dell’affitto.
Ancora ad essi è estesa anche la disciplina di successione nei contratti aziendali ex art 2558 cc e quindi
l’usufruttuario e l’affittuario subentreranno automaticamente al nudo proprietario concedente ed al
locatore nei contratti in esecuzione per la durata dell’usufrutto o dell’affitto.
Mentre non è richiamata la disciplina dei debiti e crediti aziendali ex art 2559 e 2560 cc per cui si ritiene che
di debiti e crediti aziendali antecedenti all’usufrutto o all’affitto ne rispondano solo il nudo proprietario
concedente e il locatore salvo che per i debiti di lavoro per cui invece ne rispondono in solido.