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Istituzioni di Diritto

Commerciale a cura di
Vincenzo Buonocore
Diritto Commerciale
Università degli Studi di Perugia
114 pag.

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INTRODUZIONE

IL DIRITTO COMMERCIALE NEL SISTEMA DEL DIRITTO PRIVATO

Capitolo I - I PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO COMMERCIALE

1. La posizione del diritto commerciale nel sistema del diritto privato (pag. 3)

Gli istituti giuridici del diritto commerciale sono regolati dal Codice Civile del 1942, unificazione
del Codice Civile del 1865 e del Codice di Commercio del 1882.
Scelta in controtendenza in quanto gli ordinamenti europei distinguono fra i due codici.
Il C. Comm. ha le sue risorse normative nella legislazione speciale e nell’autoctonia, ovvero nella
capacità degli imprenditori di creare diritto.
Creare diritto non è l’unico carattere distintivo del Dir. Comm.; abbiamo anche a) i contenuti e b) il
metodo.
a) contenuti: 1) imprenditore e impresa; 2) società; 3) contrattazione e contratti d’impresa; 4) titoli
di credito; 5) procedure concorsuali.
b) metodo: aderenza del dir. comm. con i fenomeni della vita.
Altro carattere del dir. comm.: il mercato (ambito di elezione dell’agire imprenditoriale dove si
concentrano una serie di interessi che si incontrano o scontrano con quelli dell’imprenditore nella
sua attività di mercato, come l’interesse delle imprese concorrenti, delle controparti contrattuali, dei
creditori e dei consumatori, che possono e debbono trovarvi composizione).
Oltre alla specialità delle fonti, al metodo, al contenuto ed al mercato, il dir. comm. è quello che più
rapidamente tende a raccordarsi con quello degli altri paesi (regole internazionali dei commerci).

2. La microstoria del sistema previgente e le linee di tendenza del moderno diritto commerciale
(pag. 5)

Storia del passaggio dal sistema del cod. di comm. del 1882 al C.C. del 1942:
Il Cod. Comm. si basava essenzialmente su 5 norme:
1) art. 1 (ordine delle fonti: anteponeva usi commerciali al cod. civ.);
2) art. 3 (elencazione di 24 categorie di atti che la legge reputava atti di commercio);
3) art. 4 (sono atti di comm. i contratti e le obbligazioni dei commercianti non sono di natura
essenzialmente civile);
4) art. 8 (definizione dei commercianti: coloro che esercitano atti di commercio per professione
abituale e le società commerciali);
5) artt. 868 e segg. (riserva della materia commerciale alla giurisdizione del tribunale del
commercio).
Da ciò la materia commerciale comprendeva 1) le persone (commercianti) e 2) gli affari (atti di
commercio che consentivano il passaggio dal produttore al consumatore; in secondo luogo, che le
leggi applicabili erano costituite, nell’ordine, dalle leggi commerciali, dagli usi, dalle leggi civili.
Disputa fra autonomia del dir. comm. rispetto al dir. civ., con conseguente lotta tra il mantenimento
della diarchia codicistica o l’unificazione dei due codici. Vinse la seconda posizione che si
concretizzò: 1) nel passaggio dal sistema dell’atto di commercio al sistema dell’attività intesa come
un complesso di atti tra loro coordinati in vista di una comune finalità; 2) nel passaggio dalla figura
del commerciante a quella dell’imprenditore.
Fu portata in primo piano l’attività in luogo dell’atto, con la conseguente eliminazione
dell’incertezza di interpretare il singolo atto, ma anche di far emergere il concetto di impresa, non
più considerata come uno dei 24 atti di commercio. Oggi l’impresa è il fondamento del dir. comm.
e l’imprenditore è il suo protagonista incontrastato. L'autonomia giuridica può ritenersi rafforzata

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con la sottoposizione degli imprenditori individuali e sociali all'obbligo di iscrizione nel registro
delle imprese.

3. I concetti chiave della materia (pag. 6)

3.1. Attività d’impresa, organizzazione, azienda, contratti d’impresa (pag. 7)

Il primo elemento qualificante si riscontra nell’imprenditore (art. 2082) e nella società (2247).
Art. 2082 – E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni e servizi.
Collegato vi è l’art. 2247 che, definendo le società, individua la forma che l’impresa deve avere
quando a volerla esercitare non è un soggetto singolo ma una pluralità di soggetti.
Concetto chiave è l’attività, non intesa come sinonimo di atto, ma come complesso degli atti
collegati dal comune denominatore di essere posti in essere per l’esercizio dell’impresa. Altro punto
qualificante dell’attività economica è l’organizzazione, ovvero l’organizzazione dei fattori
produttivi intesi come mezzi patrimoniali (capitale) e persone (lavoro), e che tale organizzazione sia
rivolta al mercato. Il professionista intellettuale, pur esercitando un’attività economica in quanto
produttrice di servizi, non è un imprenditore (fatta eccezione per l'esercizio associato) in quanto non
svolge attività con organizzazione dei fattori produttivi. L’organizzazione serve anche ad
identificare un altro elemento indispensabile per la qualifica dell’imprenditore, ovvero la
professionalità, o abitualità nell’esercizio dell’attività.
Il secondo elemento: Art. 2555 – L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore
per l’esercizio dell’impresa.
Il terzo elemento riguarda gli strumenti contrattuali dei quali l’imprenditore si serve, in quanto,
oltre ad organizzare i fattori della produzione, l’imprenditore deve far vivere quanto ha creato ed
organizzato.

3.2. Finanziamento dell’attività d’impresa e strumenti finanziari (pag. 7)

Quarto concetto chiave sono gli strumenti finanziari che rappresentano veicolo di ricchezza verso le
imprese, intesi sia dalla parte dell’imprenditore, come mezzi utilizzati per procurarsi ricchezza, sia
nel senso più proprio, di mezzi a disposizione del risparmiatore per facilitare e diversificare gli
investimenti. Per avviare l’attività e per mantenerla efficiente e competitiva l’imprenditore ha
bisogno di mezzi patrimoniali. L’autosufficienza patrimoniale non è sempre sinonimo di buono
stato di salute di una impresa; normalmente è necessario ricorrere ad un finanziamento che però
deve essere mantenuto entro limiti di esposizione debitoria contenuti o equilibrati, con riferimento
al patrimonio ed al fatturato dell’impresa.
Le fonti di approvvigionamento possono esser di due tipi: 1) autofinanziamento (interno
all’impresa), 2) eterofinanziamento (esterno).
1) Autofinanziamento: investimento di mezzi propri (patrimonio personale - per imprenditore
individuale; conferimenti iniziali o successivi o aumenti di capitale - per le società; prestiti dei soci
-per società cooperative; finanziamenti dei soci - per s.r.l.);
2) Eterofinanziamento: attraverso canali bancari e finanziari, prestiti obbligazionari, altri elementi
finanziari disciplinai dal T.U. sull’intermediazione finanziaria del 1998, mediante i quali circola la
ricchezza dei risparmiatori che investono il loro denaro consentendo alle imprese di svolgere una
delle loro funzioni principali. L’impresa infatti non avrebbe ragione di esistere se non contribuisse
a creare e a sviluppare ricchezza, intesa non solo come lucro dell’imprenditore, ma anche come il
complesso delle positività e dei benefici ricadenti sulla collettività per effetto dell’attività
imprenditoriale.

3.3. Crisi dell’impresa (pag. 9)

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Ambito di riferimento naturale dell’imprenditore è il mercato, pertanto sarà il mercato il primo
luogo ove si registrerà una sua eventuale crisi economico/finanziaria, indipendentemente dalle
cause determinanti di tale situazione patologica. E’ per questo motivo che il legislatore ha previsto
un meccanismo di prevenzione delle crisi e di sanzione delle stesse, riservato però ai soli
imprenditori commerciali.
Le procedure concorsuali (fallimento – concordato preventivo – liquidazione coatta amministrativa
– amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) hanno come effetto
principale quello di impedire ai creditori dell’imprenditore la proposizione e/o la prosecuzione di
azioni esecutive individuali e di aprire al concorso dei creditori sui beni dell'impresa, in ossequio
della regola della par condicio creditorum. Necessitano due presupposti; 1) presupposto soggettivo
- la qualifica di imprenditore; 2) presupposto oggettivo - in funzione della gravità della crisi: 2a)
crisi irreversibile dovuta a stato di insolvenza -> dichiarazione di fallimento - analogo alla
liquidazione coatta amministrativa con dichiarazione di insolvenza - con lo scopo di far scomparire
dal mercato l’impresa malata; 2b) crisi non irreversibile -> concordato preventivo tendente ad
evitare la misura più grave del fallimento attraverso un parziale rientro delle posizioni debitorie;
esperiti però inutilmente tali tentativi, il mancato adempimento degli obblighi assunti con il
concordato, su impulso del debitore o del PM, può portare alla dichiarazione di fallimento.

4. L’evoluzione del diritto commerciale e i fattori propulsivi di essa (pag. 11)

Fattori propulsivi del dir. comm.:


1) legislazione speciale: in aumento negli ultimi tempi – esempi: a) principio di trasparenza e
obbligo di informazione; b) lotta contro occasionalità e abusivismo (istituzione di albi); c) contratti
dei consumatori confluiti nel codice del consumo; d) disciplina della cessione dei crediti di azienda
e disciplina dei contratti a distanza; e) norme in materia di società. Ciò ha consentito la riemersione
dal limbo, in cui era finita dopo l’unificazione dei codici, della categoria dei contratti di impresa.
2) direttive comunitarie: hanno costretto il legislatore a recepirle nell’ordinamento interno. La
maggior parte di tali direttive riguarda il settore commerciale ed ha portato alla stragrande
maggioranza della legislazione speciale di cui al punto 1).
3) emersione delle problematiche dei consumatori: pur non appartenendo esclusivamente al diritto
commerciale, vi hanno apportato interessanti e corpose novità, introducendo norme di protezione di
chi si trovi a contrattare con l’imprenditore.
4) creazione di nuovi strumenti contrattuali e modificazione di quelli esistenti: capacità dei
mercatores o imprenditori di creare nuove figure contrattuali (leasing, factoring, forfaiting, catering,
franchising, merchandising, nati nel mondo imprenditoriale ma non ancora tipicizzati).
5) responsabilità di impresa: riflessione su questo tema in quanto connesso e conseguente ai nuovi
compiti che la legislazione speciale ha assegnato all’impresa (vedi ambiente).
Quanto sopra esposto fa emergere che tutte le norme emanate in materia di diritto commerciale non
costituiscono un nuovo codice di commercio solo per motivi formali anche se, nella sostanza, esso
si è riprodotto dopo più di 70 anni dalla sua abrogazione.

5. Impresa, mercato, autonomia d’impresa (pag. 12)


I fenomeni sopra descritti, ma in particolare i contratti di impresa (sopra 4) e le nuove connotazioni
della responsabilità di impresa (sopra 5), hanno concentrato l’attenzione sull’impresa e sulla
funzione che questa svolge all’interno della società civile, inducendo i giuristi ad occuparsi
dell’habitat in cui l’impresa opera, ovvero il mercato inteso in termini concreti; tant’è che oggi
l’attenzione degli studiosi dell’impresa si è spostata sulla responsabilità dell’impresa stessa.
L'emergere del mercato ha evidenziato l'autonomia d'impresa come species dell'autonomia privata.

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CAPITOLO II

LE FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE

1. Le fonti del diritto commerciale (pag. 14)

Necessita un'analisi di quelle che sono le fonti del dir. comm. in quanto: 1) il dir. comm. è un diritto
in continua e percepibile evoluzione, dato che trae la sua vitalità dalla vita quotidiana e, di
conseguenza, la norma deve costantemente adeguarvisi; 2) in questi ultimi anni vi è stata una
marcata evoluzione del diritto delle fonti, pur rimanendo invariata la norma dell’art. 1 disp. prel.
c.c. che cita “Sono fonti del diritto: 1- le leggi; 2- i regolamenti; 3- [le norme corporative]; 4- gli
usi”.
Le fonti del dir. comm. possono essere divise in 3 gruppi:
1) Fonti legali (art. 1 nn. 1 e 2: leggi e regolamenti)
2) Fonti consuetudinarie (art. 1 n. 4: usi)
3) Fonti solo convenzionalmente denominate tali, diverse da leggi, regolamenti e usi e non
menzionate nell’art. 1.

1.. Le fonti legali: Costituzione, codice civile, legislazione speciale, legislazione internazionale, e
comunitaria, regolamenti (pag. 14)

In primis la Costituzione (art. 41: principio della libertà di iniziativa economica) ed il cod. civ., ma
subito accanto 1) la legislazione speciale (specie in settori come contratti commerciali, banca,
mercato immobiliare e società - che hanno subito profonde innovazioni rispetto al c.c.); 2) la
legislazione comunitaria (ovvero la legislazione interna attuativa delle direttive comunitarie che ha
inciso quasi esclusivamente su settori appartenenti al dir. comm.: diritto della concorrenza, diritto
delle società, diritto dei contratti commerciali, diritto della proprietà industriale, responsabilità
civile); 3) i regolamenti che, pur essendo una fonte antica, sono la vera novità per il dir. comm.

2.. Usi e raccolte di usi (pag. 15)

Gli usi commerciali sono relativi ad aspetti contrattuali non disciplinati da norme scritte o fatti salvi
da esse; sono pertanto usi interpretativi del contratto concluso senza esplicita previsione delle parti
sul punto. Esistono anche gli usi legali, frutto di prassi consuetudinarie, e le pratiche generali
interpretative (art. 1368 c.c.), relative all’interpretazione delle clausole ambigue.
D’altra parte i commercianti hanno riacquistato sul campo una sempre maggiore forza e con ciò la
capacità di imporre nuovi modelli che trovano poi la loro prima disciplina negli usi e, più
specificamente, nella raccolta di norme usuarie che sono la conseguenza della loro diffusione
nell’ambito della comunità in cui i modelli stessi vengono proposti (vedi leasing e factoring - dove
la giurisprudenza ha avallato prassi introdotte da operatori del settore attraverso la modulistica
contrattuale e, stante la mancanza di una legge regolatrice, le ha tradotte in norme usuarie).
Ad onta della preminenza accordata loro dal cod. comm., attualmente gli usi hanno importanza solo
come fonti sussidiarie, soprattutto in relazione ad alcune partizioni del diritto comm. (contratti) e
come forma di prassi derogative delle leggi (comparto fallimentare).
Con il cod. civ. sono stati ridimensionati gli usi normativi (commerciali), ma sono stati ampliati gli
usi negoziali, tra i quali occupano posizione predominante le clausole d’uso di natura commerciale.
I rapporti tra usi contrattuali e volontà delle parti sono analoghi a quelli che intercorrono tra norme
dispositive e volontà delle parti, ovvero le clausole d’uso si intendono inserite nel contratto solo se
non risulta che non siano state volute.

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Sono sempre più frequenti casi in cui convenzioni internazionali e comunitarie indicano gli usi
come fonti primarie cui l’imprenditore deve far capo; gli usi assolvono anche alla funzione di
tipizzazione di tutti i nuovi contratti commerciali. In molti comparti, ed in particolare per i contratti
di impresa, esistono poi le raccolte di usi che costituiscono la vera disciplina di tali contratti.

2. Le fonti diverse da quelle legali (pag. 17)

La 3^ categoria di fonti, non inserite nell'elenco dell'art. 1 disp. prel.c.c., è importante per l'attività
mercatoria, riguardando la produzione di nuovi strumenti e di nuove tecniche che non trovano una
immediata tipicizzazione legale (utilizzo di strumenti di organizzazione che consentono risparmi di
attività contrattuale e di tempo nella realizzazione degli scambi).
Tra queste fonti troviamo: a) codici collettivi e individuali; b) lex mercatoria; c) Principi Unidroit.

2.1. I “codici collettivi” e i “codici individuali” (pag. 17)

Per codice si intende un gruppo di norme ordinate intorno ad una materia, di norma predisposte
dagli imprenditori, che si sostituiscono o si aggiungono alla normazione statale.
Possono essere: a) collettivi; b) individuali.
a) i codici collettivi sono espressione di categorie di operatori interessati. Fra essi: 1) regolamenti di
borsa o delle camere arbitrali istituite c/o CCIA; 2) condizioni generali di affari predisposte da
associazioni professionali per una disciplina uniforme delle contrattazioni; possono assumere: i)
veste regolamentare, la cui violazione è sanzionabile per inosservanza; ii) condizioni generali di
contratto o contratti standard; 3) contratti normativi riguardanti i comportamenti futuri dei soggetti
ed i loro rapporti; 4) codici di lealtà e di correttezza professionale, il cui contenuto deontologico
riguarda i comportamenti dei soggetti operanti in certi settori.
b) tra i codici individuali la posizione di spicco riguarda i contratti-tipo, predisposti da singoli
imprenditori (schema di contratto da sottoporre a tutti i futuri potenziali contraenti).

2.2. La lex mercatoria (pag. 18)

La traduzione letterale significa legge dei mercanti, adottata da questi per tutto il Medioevo come
lex universalis - creata dal ceto imprenditoriale senza la mediazione del potere legislativo degli
Stati - e formata da regole destinate a disciplinare in modo uniforme, al di là delle unità politiche
statali, i rapporti commerciali che si instauravano entro l’unità economica dei mercati.
In altre elaborazioni viene dato un concetto più tecnico, ricomprendendo in essa sia le norme di
origine extrastatuale, ovvero regole e pratiche consuetudinarie nate all'interno dei diversi settori, sia
i formulari e i contratti tipo elaborati dalle associazioni di categoria. Il richiamo alla lex mercatoria
pone il problema se sia possibile riferire ad essa un complesso di norme applicabili
indipendentemente dai singoli diritti nazionali, in quanto in tema di diritto commerciale si tende
sempre più frequentemente a raccordarsi con gli ordinamenti vigenti negli altri paesi.

2.3. I Principi Unidroid - Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato
(U NIDROIT)
(pag. 19)

La fonte più nuova è costituita dai Principi Unidroit 2010 (in precedenza 2004) dei contratti
commerciali internazionali. I principi Unidroit possono essere utilizzati dalle parti contrattuali come
vera e propria legge applicabile al contratto poiché rappresentano una summa dei principi generali

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comuni ai sistemi giuridici nazionali. In alcuni casi per le parti contrattuali potrebbe essere
preferibile assoggettare il contratto ai principi Unidroit piuttosto che alla legge nazionale di una
delle parti o a quella di un paese terzo.
I principi Unidroit si applicano: 1) ai contratti internazionali; 2) se le parti dispongono di
uniformarsi a tali principi.
Possono essere applicati: 1) se le parti hanno convenuto che il contratto fosse regolato da: a)
principi generali dei contratti; b) lex marcatoria; c) o simili; 2) se le parti non hanno scelto il diritto
applicabile; 3) per interpretare/integrare gli strumenti di diritto internazionale uniforme; 4) come
modello per i legislatori nazionali.
Gli aspetti più importanti di tali principi sono:
a) linee portanti: 1) libertà contrattuale; 2) buona fede; 3) mezzi di protezione contro soprusi nella
contrattazione; 4) favor contractus; 5) apertura verso gli usi.
Enunciano norme comuni alla maggior parte dei sistemi giuridici esistenti e sono ricercate le
soluzioni che meglio corrispondono alle esigenze del commercio internazionale.
b) scopi: 1) fornire soluzioni a questioni controverse nei casi in cui si dimostri impossibile
individuare la regola pertinente del diritto applicabile; 2) essere utilizzati per l'interpretazione o
l'integrazione uniforme delle norme di diritto internazionale; 3) servire come modello per i
legislatori nazionali e internazionali.
c) condizioni di concreta operatività: i principi si applicano quando le parti abbiano convenuto
che il loro contratto: i) sia da essi disciplinato; ii) sia regolato dai principi del diritto, dalla lex
mercatoria o simili.

PARTE PRIMA

IL PROFILO SOGGETTIVO DELL'IMPRESA

Capitolo I – L'IMPRENDITORE IN GENERALE

1. Impresa e imprenditore nel sistema del codice civile e nel rapporto con le norme costituzionali
(pag. 23)

Art. 2082 c.c.: è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al
fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
Imprenditore e impresa sono l'architrave del diritto commerciale; la società è la forma che il
legislatore prefigura per l'esercizio dell'impresa in forma collettiva; presupposto soggettivo per le
procedure concorsuali è la qualità di imprenditore commerciale; i titoli rappresentativi di merce
(polizze di carico, fedi di deposito, note di pegno, duplicati di lettere di vettura) possono essere
emessi solo da soggetti che siano imprenditori.
Art. 41 Cost. indica i caratteri e le finalità dell'attività economica, che nella maggior parte dei casi
è organizzata ad impresa, ma non quella dell'attività imprenditoriale; sancisce 3 principi
fondamentali: a) libertà di iniziativa economica; b) finalizzazione all'utilità sociale e al rispetto
della persona; c) esistenza di una riserva di legge.
a) genera a sua volta 4 libertà: 1) di intraprendere attività di impresa accedendo al mercato; 2) di
svolgere tale attività; 3) di cessarla senza interferenze; 4) di concorrenza, a presidio della quale è
stata istituita apposita Autorità per la vigilanza contro monopoli di fatto, intese, concentrazioni,
abuso di posizione dominante.
b) imperativo non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
c) la legge determina i programmi e i controlli perché l'attività economica pubblica e privata sia
indirizzata e coordinata a fini sociali.

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2. Nozione economica e nozione giuridica d'impresa. La “realtà globale” dell'impresa:
imprenditore, attività, azienda (pag. 25)

Il concetto di imprenditore, prima di essere un concetto giuridico, è concetto economico:


individuazione di uno dei soggetti che concorrono all'organizzazione della produzione ed alla
distribuzione della ricchezza. L'art. 2082 definisce l'imprenditore e non l'impresa, ma l'imprenditore
è individuato in funzione dell'esercizio dell'impresa, pertanto la definizione di imprenditore è anche
la definizione generale dell'impresa. L'impresa risulta dall'unione di 3 aspetti: a) soggettivo –
imprenditore come soggetto; b) oggettivo – azienda come complesso di beni per l'attuazione delle
funzioni; c) funzionale – impresa come attività economica.
I momenti fondamentali della vita di una impresa sono:
a) nascita e morte: la qualità di imprenditore individuale si acquista mediante l'esercizio dell'attività
attraverso l'utilizzazione di beni e servizi; la stessa si perde per effetto di una determinazione
volitiva dell'imprenditore, ma anche per la dissoluzione del patrimonio aziendale.
b) vita dell'impresa nel mondo esterno: l'impresa ha: i) nome proprio (ditta); ii) propri segni
distintivi che identificano la sede (insegna); iii) risultato dell'attività, ovvero il prodotto (marchio).
c) sostituzione del soggetto imprenditore nell'esercizio dell'attività e attribuzione volontaria o
coattiva del potere ad altri soggetti: l'imprenditore può delegare ad ausiliari l'esercizio dell'attività di
impresa; nella procedura fallimentare l'imprenditore è privato del potere di gestione.
In funzione delle dimensioni dell'impresa o della natura dell'attività esercitata, esistono statuti
differenziati per la rappresentanza, la contabilità, l'organizzazione del lavoro, le procedure
concorsuali.

3. Gli elementi caratterizzanti l'impresa (pag. 26)

La definizione dell'art. 2082 deve essere scomposta nei suoi elementi.

3.1. L'attività economica. L'impresa illecita (pag. 26)

L'attività economica costituisce la novità del codice civile rispetto al cod. commercio del 1882 che
era invece incentrato sull'atto di commercio. L'impresa prescinde da ogni qualificazione dell'attività
e la commercialità, accanto all'agrarietà, è solo un possibile attributo dell'attività. Attività sta ad
indicare una serie di atti finalizzati ad uno scopo, nel senso che ogni atto che l'imprenditore compie
serve all'esercizio dell'impresa e a realizzare la produzione o lo scambio di uno o più beni, di uno o
più servizi (concretizzazione del carattere economico dell'attività).
Il passaggio dagli atti di commercio all'attività comporta due conseguenze pratiche:
a) L'attività deve sempre farsi risalire alla volontà del soggetto; tale precisazione è assai importante
ed è essenziale in quanto deve farsi riferimento alla volontà del comportamento e non alla volontà
degli effetti, riferita all’origine e al carattere durevole (impresa come manifestazione di iniziativa la
cui libertà è consacrata dall'art. 41 Cost. che sancisce che la costituzione dell'impresa non può
essere imposta; b) Nell'ambito di una attività lecita l'imprenditore può porre in essere atti illeciti,
mentre nell'ambito di un'attività illecita è possibile anche il compimento di atti leciti.

3.1.1. L'organizzazione. Impresa e lavoro autonomo (pag. 28)


L'attività economica deve essere organizzata e l'importanza di tale elemento è fuori discussione
anche da un punto di vista economico: per produrre o scambiare beni o servizi occorrono mezzi
patrimoniali da impiegare e uomini che lavorino, mentre l'imprenditore deve coordinare
(organizzare) i due fattori della produzione (capitale e lavoro, proprio e altrui).
Occorre sottolineare due punti:

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1) l'organizzazione serve ad individuare il confine tra attività produttive che - se organizzate -
assumono il carattere di impresa, mentre quelle che, pur dirette a produrre beni e servizi - proprio
perché non organizzate - non assumono il carattere di impresa (attività professionali per la
produzione di servizi: medico, avvocato).
2) l'organizzazione deve rivolgersi al mondo esterno (eterorganizzazione) e l'attività deve essere
rivolta al mercato; pertanto non potrà essere considerato imprenditore agricolo il coltivatore diretto
che produce solo il necessario per la propria famiglia. Si parla di lavoro autonomo fino a che l'uso
di mezzi e strumenti materiali serve all'esplicazione dell'attività di lavoro del soggetto e non
configura una produttività che ecceda quella del lavoro individuale. Si parla invece di impresa
quando tale livello è superato, come risultato del concorso determinante e qualificante di altri
fattori, quale che sia il rapporto fra essi e l'attività di lavoro del soggetto.

3.2. Professionalità, scopo di lucro, economicità, produttività (pag. 29)

L'attività, oltre che organizzata, deve essere esercitata professionalmente, dove professionalità
indica abitualità, ma non anche permanenza, esclusività, prevalenza nell'esercizio. Non sono
imprese quelle occasionali, mentre lo sono quelle stagionali (stabilimenti balneari e - quando la
lavorazione seguiva i ritmi naturali di fruttificazione - le imprese di trasformazione dei prodotti
agricoli).
La maggiore dottrina, pur considerando lo scopo di lucro come un elemento componente della
professionalità, non ritiene che esso rientri fra gli elementi costitutivi dell'impresa. Chi esercita
attività di impresa lo fa per ricavarne un guadagno, ma ciò non vuol dire che, mancando il
guadagno (scopo di lucro), non vi sia impresa. Lo scopo di lucro non è più elemento costitutivo
della nozione di impresa.
L'attività economica non deve essere intesa come attività lucrativa, bensì come attività
remunerativa, ovvero che consenta la copertura dei costi con i ricavi. Anche la mensa per gli
indigenti potrà essere considerata impresa se esercitata con metodo economico, cioè coprendo i
costi con i ricavi.
L'ultimo carattere è quello della produttività. La produzione è l'attività diretta alla confezione di
ogni bene mobile - anche se incorporato in altro bene mobile o immobile - o al conferimento di un
servizio, dove il concetto di servizio riguarda la soddisfazione di un bisogno. Costituisce attività
d'impresa anche la produzione di servizi di carattere assistenziale o sanitario (case di cura), o
culturale (istituti di istruzione privata), sempre che ricorrano gli altri requisiti legali della fattispecie
d'impresa (professionalità e organizzazione).

3.2.1. L'impresa occasionale (pag. 30)

Problema da sempre dibattuto è quello dell'accertamento del requisito della professionalità


relativamente al momento della nascita e della cessazione dell'impresa, nonché quello della
distinzione dell'attività professionalmente esercitata da un'altra occasionalmente esercitata, che
prende il nome di impresa occasionale. La valutazione relativa all'esistenza della professionalità
non può essere disgiunta da una valutazione dei dati relativi all'organizzazione che deve essere
stabile e destinata a durare nel tempo.

4. L'impresa come comunità di lavoro (pag. 31)

Oltre ad essere attività organizzata e professionalmente esercitata, ad avere i caratteri


dell'economicità e della produttività, l'impresa è anche comunità di lavoratori (subordinati e
parasubordinati), con il compito di assecondare un precetto ricorrente nella Cost. L'imprenditore

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deve uniformarsi ad alcuni principi: 1) il richiamo al lavoro non è fine a sé stesso in quanto non è
un dovere dell'imprenditore, ma un diritto per i cittadini in quanto ogni attività lavorativa deve
concorrere al progresso materiale e spirituale della società; 2) l'elevazione economica e sociale del
lavoro deve essere in armonia con le esigenze della produzione e i lavoratori hanno il diritto di
collaborare alla gestione delle aziende (cogestione), nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge;
3) fatto salvo il principio della libertà di iniziativa economica, l'attività imprenditoriale non può
svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla
dignità umana. La scelta costituzionale appare come un contemperamento degli interessi in gioco
che coinvolgono la comunità, l’imprenditore e i lavoratori).

5. L'imputazione dell'attività e il rischio di impresa. Il problema dell'imprenditore occulto (pag. 32)

L'atto giuridico va imputato a colui nel cui nome è stato compiuto e non vi sarebbe motivo per
derogare a questo criterio anche per l'attività di impresa. In linea generale il rischio d'impresa ricade
sulla persona nel cui nome gli atti d'impresa vengono posti in essere e l'attività d'impresa viene
esercitata; l'attività viene imputata, con la conseguente attribuzione di responsabilità, secondo il
criterio della spendita del nome che diviene elemento costitutivo della figura dell'imprenditore. Può
però accadere che il vero padrone dell'impresa, cioè colui che ha investito i propri capitali
nell'attività imprenditoriale, non possa o non voglia apparire nelle vesti di imprenditore e si serva di
un prestanome che appare come imprenditore. Non di rado il prestanome è un nullatenente, per il
che, in caso di insolvenza, i creditori non avranno alcun patrimonio sul quale far valere le loro
pretese. Nei rapporti interni fra imprenditore occulto e imprenditore palese, il primo si comporta
come l'effettivo titolare dell'impresa, impartendo al secondo le direttive, erogandogli i mezzi
necessari ed incamerando gli utili; nei rapporti esterni è il secondo ad apparire come imprenditore,
trattando con banche e fornitori.
La dottrina prevalente ritiene che non possa derogarsi dal criterio della spendita del nome, con la
conseguenza che la responsabilità ricadrà sempre sull'imprenditore palese. Non tutti però la pensano
allo stesso modo e sono almeno 3 le correnti di pensiero che prescindono da tali regole di
imputazione:
1) Una prima tesi dell'imprenditore occulto riteneva che la scelta legislativa fosse nel senso di
riconoscere la qualità di imprenditore a prescindere dalla spendita del nome, e quindi anche al
padrone effettivo che si occultasse dietro al paravento di altro soggetto che agisse in nome proprio.
Il successivo tassello richiedeva anche il fallimento della società occulta e dell'imprenditore occulto
che rivestiva la qualifica imprenditoriale nel fallimento.
2) Altra corrente non considerava la spendita del nome come unico criterio di imputazione
dell'attività di impresa, non essendo richiesto che il soggetto dell'azione spendesse il proprio nome,
quanto che non spendesse il nome altrui, con un meccanismo capace di trasferire su altri l'atto e
l'effetto. Per il resto, una volta identificato l'autore dell'atto, a lui saranno imputati atto ed effetto.
Nell'ipotesi di prestanome, imprenditore è colui che agisce usando il nome altrui (imprenditore
occulto) e non anche colui che si limita a consentirne l'uso.
3) Altri autori fanno leva essenzialmente su una certa realtà normativa dalla quale risulta che al
conferimento naturale dei poteri di direzione la legge connette la sanzione della responsabilità
illimitata; non può non essere imprenditore colui che agisce, seppure per interposta persona, che
amministra e riscuote gli utili.
6. L'imputazione dell'attività d'impresa con riferimento alla “veste” esterna del soggetto esercente:
gli “statuti dell'imprenditore” (pag. 34)

La disciplina delle peculiari regole di organizzazione dettate dalla particolare veste che assume
l'imprenditore sono:
1) a tutte le entità che rispondono all'art. 2082 si applica lo statuto dell'imprenditore in generale;
2) in aggiunta a tale statuto si applicano le norme previste dalla:

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a) natura dell'attività esercitata: a1) per chi esercita l'attività agricola - lo statuto dell'imprenditore
agricolo (2135); a2) per chi esercita l'attività commerciale - lo statuto dell'imprenditore
commerciale (2082-2135);
b) dimensioni dell'impresa: b1) statuto del piccolo imprenditore (2083); b2) statuto del medio/
grande imprenditore (2082-2083).
Fino all'entrata in vigore della modifica della L. fall., le norme dettate per il piccolo imprenditore
non potevano applicarsi alle società commerciali; tutti gli enti pubblici che hanno per oggetto
esclusivo o principale un'attività commerciale sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro
delle imprese; alle singole entità sono applicabili le norme che ne disciplinano il tipo e che fissano
le peculiari regole di organizzazione.
L'attribuzione della qualifica di imprenditore prescinde dal carattere prevalente o esclusivo
dell'attività.

7. L'imputazione dell'attività d'impresa e la pluralità di attività d'impresa e di imprese. Gruppi di


imprese e “imprese di gruppo” (pag. 35)

All'imputazione di attività d'impresa appartiene anche il caso dell'imprenditore che esercita più
attività d'impresa o addirittura più imprese. Le difficoltà cominciano dall'individuazione della
fattispecie per stabilire se si sia in presenza di una impresa unica o di una pluralità di imprese in
quanto, fatta eccezione per il soggetto che esercita due attività sottoposte a statuti legali diversi
(impresa agricola e impresa commerciale), per il quale non si può parlare di impresa unica, la
risposta non è facile. Si avranno imprese distinte, seppure facenti capo al medesimo soggetto, se
potranno riscontrarsi: 1) pluralità di attività; 2) pluralità di organizzazioni – desumibili da elementi
come la qualità e la durata dei cicli di lavorazione del prodotto o di apprestamento dei servizi
oppure dai risultati produttivi. Si avrà impresa unica se l'attività è organizzata con articolazioni di
stampo esclusivamente territoriale, amministrativo, contabile o aziendale, cui sarà appropriato
attribuire la natura di rami di impresa. La pluralità di imprese facenti capo allo stesso soggetto, pur
postulando una diversa disciplina in ordine alle diverse attività, non significa necessariamente
autonomia o separazione patrimoniale. Si parla di gruppo di imprese quando una pluralità di
imprese, ben distinte da un punto di vista soggettivo, sono sottoposte ad una direzione unitaria. Il
problema è di stabilire se la direzione unitaria del gruppo possa identificare una impresa di gruppo.

8. Le distinzioni normative nell'ambito della categoria “imprenditori”. Generalità (pag. 36)

L'art. 2082 si riferisce all'impresa in generale e tutti gli elementi in esso contenuti devono essere
presenti in ogni tipo di impresa. Esiste quindi una disciplina che si applica a tutti gli imprenditori ed
una normazione che vale solo per particolari categorie di imprenditori, secondo 4 distinzioni
particolari:
1) con riferimento alla natura dell'attività, si distinguono gli imprenditori agricoli da quelli
commerciali;
2) con riferimento alle dimensioni dell'impresa, distingueremo fra piccolo imprenditore e
imprenditore (medio-grande);
3) con riguardo al soggetto esercente, basandosi sulla natura di esso, distingueremo fra imprenditore
pubblico e imprenditore privato, mentre sulla scorta della veste che volontariamente assume,
avremo l'imprenditore individuale e l'imprenditore collettivo (società);
4) basando la distinzione sul co. 2 art. 2084, avremo imprese a statuto ordinario e imprese a statuto
speciale, regolate da speciali leggi che individuano normativamente la figura di certi imprenditori in
funzione della loro particolare attività (imprese bancarie, assicurative, editoriali, televisive).
Dopo la L. 580/93 non ha più ragione di esistere la distinzione tra imprese soggette e non a
registrazione.

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8 .1. L'impresa agricola e la sua identificazione (pag. 37)

All'impresa agricola è dedicato la Sez. I del Capo II del Titolo II, ma le norme che direttamente
interessano tale istituto sono quelle degli artt. da 2135 a 2140 (Sezione I). La materia agricola non
è mai stata considerata parte del diritto commerciale ed il salto di qualità si è avuto con il c.c. del
1942 che colloca l'impresa agricola accanto a quella commerciale (specificazione della categoria
generale di impresa). All'imprenditore agricolo si applicano sia il suo peculiare statuto, sia quello
generale di imprenditore. Del primo, modificato con d.lgs. 228/2001, è rimasta solo la definizione
di imprenditore agricolo principale (colui che esercita le attività di coltivazione del fondo, di
selvicoltura, di allevamento di animali e le attività connesse – 2135 co.1). Per coltivazione del
fondo, selvicoltura e allevamento di animali devono intendersi le attività della cura e dello sviluppo
di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso; si intendono "connesse" le attività
dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione
che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento
di animali. Del vecchio regolamento rimangono solo l'individuazione delle categorie di
imprenditori agricoli principali e la distinzione tra attività agricole principali e attività connesse.
Mentre le attività agricole principali hanno intrinseca natura agraria e sono idonee ad imprimere il
carattere di agrarietà all'impresa, l'esercizio di attività connesse serve a creare una zona di rispetto
per svolgere attività diverse ed ulteriori rispetto a quelle tipicamente agrarie.
1. Nel co. 1 c'è la sola novità della sostituzione di allevamento di bestiame con allevamento di
animali; tra le attività direttamente agrarie è stata inserita ogni attività zootecnica caratterizzata
dallo sfruttamento del fondo rustico, che non ponga limiti all'inquadramento nelle attività agricole
principali di ogni tipo di allevamento.
2. Nel co. 2 si dice che le attività agricole principali utilizzano o possono utilizzare il fondo,
abbattendo il concetto che le tre attività dovessero svolgersi obbligatoriamente sul fondo.
Con riferimento alle singole attività principali:
a) con riguardo alla coltivazione del fondo era richiesta la condizione che l'attività non consistesse
nella mera raccolta dei frutti naturali del suolo, necessitando un'attività umana, definibile come
attività di produzione dei beni, e che il fondo assumesse il ruolo di fattore produttivo e non di mera
conservazione delle piante; pertanto erano escluse le attività di giardinaggio e le colture artificiali
attuate fuori dal fondo – ora tali esclusioni non hanno più senso;
b) per la selvicoltura vale lo stesso discorso e, stante la nuova legge, non dovrebbe rientrare in tale
attività quella meramente estrattiva del legname (attività industriale);
c) per l'allevamento degli animali non vi è più alcuna distinzione facente capo alla specie; per quel
che riguarda l'itticoltura, il legislatore ha creato la figura dell'imprenditore ittico.

8.1.1. Le attività agricole per connessione (pag. 40)

Sono quelle connesse ad un'attività agricola principale o da questa dipendenti. La connessione deve
sussistere da un duplice punto di vista: 1) soggettivo - identità tra la persona che esercita l'attività
agricola principale e quella che esercita l'attività connessa); 2) oggettivo - le attività connesse
devono avere come punto di riferimento il fondo; si distinguono in: 2a) attività connesse cc.dd.
tipiche; 2b) attività naturalmente connesse o attività connesse atipiche o attività genericamente
connesse.
2a) attività connesse tipiche: ne esistono 2 categorie – i) attività consistenti nella manipolazione,
conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dell'allevamento di animali; ii) attività
comprendenti quelle dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di
attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, consistenti
nelle attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale.

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2b) attività naturalmente connesse o atipiche: sono definite come dipendenti economicamente da
una delle attività agricole principali, caratterizzate non dall'elemento della normalità, bensì dalla
prevalenza dell'elemento dell'accessorietà. Tale categoria è nata per l'inquadramento di alcune
attività zootecniche non rientranti nella nozione di bestiame (pollicultura, apicultura, bachicoltura).
2b). Sono assai ridotte e consistono nel compimento di atti preparatori all’attività agricola
principale (spianamento terreno o scavo di fossi).

8.1.2. Attività agricole per connessione e società (pag. 42)

La prima novità in tale settore riguarda le attività agricole per connessione. Art. 8 co. 2 D.lgs.
228/07 – sono operatori agricoli per connessione le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro
consorzi quando utilizzino per lo svolgimento delle attività di cui all'art. 2135 prevalentemente
prodotti dei soci, ovvero forniscano prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo
sviluppo del ciclo biologico; art. 10 – prevede una serie di norme per l'acquisto facile della qualifica
di imprenditore agricolo a titolo principale; art. 1 co. 3 d.lgs. 99/04 – le società, ad esclusione delle
mutue assicuratrici e comprese le società consortili, sono considerate imprenditori agricoli
professionali se hanno ad oggetto esclusivo l'esercizio delle attività agricole (2135) e sono in
possesso dei seguenti requisiti: 1) nel caso di società di persone, almeno un socio sia in possesso
della qualifica di imprenditore agricolo professionale; 2) nel caso di società cooperative, almeno 1/5
dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale: 3) nel caso di società
di capitali, almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo
professionale; art. 1 co. 1 d.lgs. 101/05 – per far acquistare la qualifica di imprenditore agricolo
professionale ai soci di società di persone e di soc. cooperative, nonché agli amministratori di soc.
di capitali, basta l'attività svolta nella società, sempre che ricorrano i requisiti della conoscenza
professionale, del tempo, del lavoro e del reddito.

8.1.3. Lo statuto dell'imprenditore agricolo (pag. 43)

Con la Sez. I, Capo II, Titolo II Libro V sono stati messi in discussione i criteri di distinzione fra
impresa agricola e commerciale.
1) Art. 2136 – esonero dell'imprenditore agricolo dall'iscrizione nel registro delle imprese – non più
applicabile; artt. 2138 e 2139 - applicazione degli usi agli ausiliari dell'imprenditore; art. 2140 –
abrogato con l'istituzione dell'impresa familiare.
2) nessuna impresa agricola è soggetta alle procedure concorsuali.
3) Art. 8 L. 580/93 - obbligo di iscrizione nel registro delle imprese in sezioni speciali e per fini
diversi (efficacia dichiarativa).
4) particolare regime per imprese agricole costituite in forma commerciale (soc. commerciali aventi
ad oggetto attività agricola), tenute all'iscrizione nel registro delle imprese. Per quel che riguarda
l'applicazione delle norme in tema di scritture contabili, sembra che ciò sia rimesso alla volontà
dell'imprenditore.

8.1.4. L'imprenditore ittico (pag. 44)

Il legislatore ha creato l'imprenditore ittico (equiparato all'imprenditore agricolo) e le attività


connesse a quelle della pesca. E' imprenditore ittico chi esercita un'attività diretta alla cattura o alla
raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri e dolci, nonché le attività a questa
connesse. Sono attività connesse: a) attività di pescaturismo; b) attività di ittiturismo; c) prima
lavorazione, conservazione, trasformazione, distribuzione e commercializzazione al dettaglio e
all'ingrosso dei prodotti del mare.

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8.1.5. L'impresa agrituristica (pag. 45)

Art. 2 L. 96/06 definisce tale attività come quella di ricezione e di ospitalità esercitate dagli
imprenditori agricoli utilizzando la propria azienda in rapporto di connessione con le attività di
coltivazione del fondo, di selvicoltura e di allevamento di animali. Possono essere addetti
all'esercizio di tale attività l'imprenditore agricolo e i suoi familiari, i lavoratori dipendenti a tempo
determinato, indeterminato e parziale, mentre il ricorso a soggetti esterni è consentito solo per lo
svolgimento di attività e servizi complementari. Rientrano fra le attività agrituristiche: a) dare
ospitalità in alloggi o spazi aperti destinati alla sosta dei campeggiatori; b) somministrare cibi e
bevande propri o di aziende agricole della zona; c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali;
d) organizzare attività ricreative, culturali, didattiche, sportive, escursionistiche e ippoturismo. Sono
considerati di produzione propria i prodotti lavorati nell'azienda agricola e quelli ricavati da materie
prime dell'azienda lavorati all'esterno.

8.2. L'impresa commerciale e la sua identificazione (pag. 45)

Accanto all'imprenditore agricolo si pone quello commerciale (non definito da norme); la sua
definizione si ricava in senso negativo (ogni imprenditore che non esercita attività agricola, ovvero
tutte le attività previste dal 2082 meno quelle previste dal 2135). Ma la norma da cui discende
l'impresa commerciale è la 2195: co. 1 - obbligo di iscrizione per le categorie di imprenditori che
svolgono determinate attività, la cui natura commerciale si desume dal co. 2. Tali attività sono: 1)
attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi; 2) attività commerciale propriamente
detta (intermediazione nella circolazione dei beni); 3) attività di trasporto ; 4) attività bancaria o
assicurativa; 5) attività ausiliarie delle precedenti (non determinabili a priori ma che agevolano
l'esercizio delle precedenti attività).
8.2.1. Lo statuto dell'imprenditore commerciale (pag. 46)

Comprende: 1) intero Capo III Titolo II Libro V c.c.; 2) Legge fallimentare (r.d. 267/42); 3)
legislazione speciale.
In base alle predette norme l'imprenditore commerciale ha: a) obbligo di iscrizione nel registro delle
imprese (Capo III Sez. II); b) possibilità di servirsi di ausiliari (Capo III Sez. III § 1); c) obbligo di
tenuta delle scritture contabili (Capo III Sez. III § 2); d) soggezione alla procedure concorsuali
(Capo III Sez. III § 3).

8.2.2. La rilevazione della situazione patrimoniale: scritture contabili e bilancio (pag. 47)

La tenuta della contabilità e la rilevazione periodica della situazione patrimoniale sono sia un
obbligo giuridico, sia una regola di buona amministrazione: a) consentono di seguire l'andamento
della gestione; b) assolvono ad una funzione informativa verso terzi; c) in caso di procedure
concorsuali permettono la ricostruzione della situazione patrimoniale.
La redazione del bilancio è consequenziale alla tenuta delle scritture contabili. Obbligati alla tenuta
delle scritture contabili sono: 1) l'imprenditore commerciale individuale; 2) le società; 3) gli enti
pubblici che svolgono attività commerciale non in via principale.

8.2.2.1. Le scritture contabili (pag. 47)

Per l'individuazione delle scritture contabili il legislatore ha adottato un regime misto: a) scritture
contabili espressamente individuate (libro giornale e libro inventario); b) altre scritture contabili
richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa.

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a): 1) nel libro giornale vanno annotate le operazioni in ordine cronologico, rispettando il criterio
dell'immediatezza; 2) nel libro degli inventari vanno annotate le attività e le passività dell'impresa,
nonché quelle dell'imprenditore (estranee alla stessa). Deve essere redatto all'inizio dell'attività e
poi a cadenza annuale; si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite; 3) devono
essere conservati gli originali delle lettere e delle fatture ricevute e spedite.
b): nelle altre scritture contabili possono essere inclusi: i) libro mastro (operazioni annotate con
criterio sistematico, ovvero per gruppi omogenei in relazione all’oggetto); ii) libro di magazzino
(entrata/uscita merci).
Sono previste modalità di tenuta delle scritture contabili, fra le quali l'obbligo di conservazione per
10 anni. Le scritture contabili possono far prova contro e a favore dell'imprenditore; mezzi
processuali di acquisizione sono l'esibizione (disposta dal giudice e solo per determinate
registrazioni) e la comunicazione (comunicazione integrale della contabilità fatta a controparte e
ammessa dal giudice).

9. Il problema dell'impresa civile (pag. 48)

Taluni ritengono che, oltre alle imprese agricole e commerciali, vi siano anche le imprese civili in
quanto non tutte le attività previste dal 2082 meno quelle del 2135 sono riconducibili ad attività
commerciali. La differenza infatti sarebbe costituita dalle attività civili. Un esempio di attività
civile può consistere nell'attività del professionista intellettuale organizzata ad impresa o
nell'attività delle società di revisione.

10. Le classificazioni degli imprenditori con riferimento alle dimensioni. Il piccolo imprenditore
(pag. 49)

L'art. 2083 disciplina solo i piccoli imprenditori, ovvero i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani,
i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente
con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Ma come deve essere interpretato il termine
“prevalentemente”? La piccola impresa si identifica nella persona del soggetto che la esercita fino
al punto che la sua morte provoca la caducazione dell'attività negoziale e prenegoziale da lui posta
in essere. Esaminiamo ora le singole categorie di piccoli imprenditori:
a) il coltivatore diretto – chi coltiva il fondo (che non deve superare limiti di estensione determinati)
col lavoro prevalentemente proprio e di persone della famiglia;
b) il piccolo commerciante – nel rispetto dell'art. 2083, colui che svolge attività di intermediazione
nella circolazione di beni o di servizi;
c) l'impresa artigiana (vedi paragrafo successivo).
La nozione di piccolo imprenditore ha validità soprattutto ai fini dell'applicazione di uno statuto
differenziato, anche se nella legislazione speciale ora vi è la tendenza ad accorpare piccola e media
impresa - distinte dalla grande impresa - l'unica per la quale è esigibile uno statuto particolare.

10.1. L'impresa artigiana (pag. 51)

E' la figura di piccolo imprenditore che ha subito le trasformazioni più profonde a seguito della
legislazione speciale, con modifiche che hanno inciso sulla nozione stessa di artigiano.
Art. 45 co 2 C. - assicura tutela e sviluppo al settore; art. 117 C. - competenza delle Regioni.
La legge del 56 ha spostato il criterio di qualificazione della figura dell’artigiano dalla dimensione
alla natura dell'attività esercitata; la L. 443/85 contiene: a) sia la nozione di imprenditore artigiano
- colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare l'impresa artigiana,
assumendone la piena responsabilità, con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e
gestione, e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo
produttivo; b) sia di impresa artigiana - svolgimento di un'attività di produzione di beni, anche

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semilavorati, o di produzione di servizi, escluse le attività agricole e commerciali, ovvero di
intermediazione nella circolazione di beni e servizi -.
Il numero di dipendenti estranei alla famiglia dell'imprenditore che possono prestare la loro opera
va da un minimo di 8 ad un massimo di 60.

11. Le classificazioni dell'imprenditore con riguardo al soggetto esercente (pag. 52)

Le classificazioni del soggetto imprenditore, come titolare dell'impresa, possono riguardare:


a) imprenditore individuale e collettivo (vedi oltre); b) imprenditore privato e pubblico.

11.1. Imprenditore privato e imprenditore pubblico (pag. 52)

L'impresa pubblica è esercitata dallo Stato o da altro ente pubblico (comuni, province) ed è retta da
uno statuto che ne individua gli scopi. Attualmente è in atto un progressivo processo di
privatizzazione.
Non sono imprese pubbliche le società a partecipazione statale dove lo Stato detiene la
maggioranza del capitale sociale. Circa i caratteri dell'impresa pubblica, questa non presenta
elementi di differenziazione rispetto a quella privata; l'impresa pubblica però non può perseguire il
mero profitto, dovendosi far carico dei costi sociali che l'esercizio di una attività può comportare.
L'unica differenziazione con l'impresa privata si ha in relazione al perseguimento del lucro e alla
sua devoluzione.
Il fine dell'attività imprenditoriale è la produzione o lo scambio di beni o di servizi, per cui la
finalità di interesse generale dell'impresa pubblica ha la medesima collocazione della finalità del
profitto per l'imprenditore privato.
Vi è l'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese solo per gli enti pubblici per i quali l'esercizio
d'impresa sia quello principale ed esclusivo. L'impresa pubblica non è soggetta né al fallimento né
al concordato preventivo, mentre è soggetta alla liquidazione coatta amministrativa.

12. L'impresa sociale (pag. 54)

E' sorta con d.lgs. 155/06 (successivamente abrogato con d.lgs. 112/17) - possono assumere la
qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, compresi quelli costituiti nelle forme di cui al Libro
V del c.c., che esercitano, in via stabile e principale, senza scopo di lucro, un'attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi per finalità civiche,
solidaristiche o di utilità sociale, che abbiano i requisiti di cui agli artt. 2 d.lgs. 112/17. Ora vi sono
22 specie di utilità sociali (assistenza sociale, sanitaria, educazione istruzione e formazione, tutela
ambiente, patrimonio culturale ….).
Fra i requisiti per l'esercizio di tale impresa vi sono: a) obbligo di destinare gli utili allo svolgimento
dell'attività d'impresa o all'incremento del patrimonio (utili reinvestiti nell'impresa); b) obbligo di
iscrizione in apposita sezione del registro delle imprese. Per le imprese sociali con patrimonio
< 20.000 € vi è responsabilità per il solo patrimonio sociale.

13. I patti di famiglia (pag. 55)

E' il contratto con cui - compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel
rispetto delle differenti tipologie societarie - l'imprenditore o il titolare di partecipazioni societarie
trasferiscono in tutto o in parte, ad uno o più discendenti, l'azienda - il primo -, le proprie quote - il
secondo. Il contratto deve essere stipulato con atto pubblico; alla sua formazione devono
partecipare il coniuge ed i legittimari; può essere sciolto solo con altro contratto avente le stesse
caratteristiche del primo.

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Capitolo II – L'IMPRENDITORE INDIVIDUALE

1. L'imprenditore individuale. Nozione (pag. 56)

Per definizione è una persona fisica; a questa si aggiungerebbero anche le persone giuridiche non
corporative (fondazioni).

2. Inizio e fine dell'attività d'impresa (pag. 56)

Una prima distinzione fra imprenditore individuale e imprenditore collettivo è dovuta alla
differenza per l'acquisizione del requisito di professionalità: il primo lo consegue con la reiterazione
degli atti di impresa, il secondo con la costituzione societaria.
a) Inizio dell'impresa - è indipendente da ogni carattere formale e consegue solo all'inizio effettivo
dell'attività economica che si verifica, a seconda della dottrina, in base a due tesi: 1) oggettiva -
l'impresa nasce quando vi è un'organizzazione stabile e vi è l'esercizio di un'attività produttiva in
cui non sono compresi gli atti preparatori al vero e proprio inizio dell'attività, come locazione dei
locali e acquisto di attrezzature; tali atti sono infatti distinti dagli atti di organizzazione che sono i
soli a concretizzare l'attività di impresa; 2) soggettiva - viene negata la distinzione fra atti
preparatori, non isolati, e atti di organizzazione; l'inizio dell'attività coincide quindi con l'inizio dei
primi. La scelta fra le due tesi è di estrema importanza poiché dal momento della nascita sorgono
gli obblighi dell'iscrizione e, per l'imprenditore commerciale, della tenuta della contabilità, nonché
l’assoggettabilità alle procedure concorsuali e la tutela dei segni distintivi e contro la concorrenza
sleale.
b) Fine dell'impresa - non è legata a momenti formali, ma consegue alla cessazione di fatto
dell'attività d'impresa. Fra i segnali che indicano la cessazione vi sono: 1) chiusura del negozio di
vendita o dello stabilimento di produzione; 2) revoca dell'institore (preposto dal titolare
all’esercizio di impresa commerciale); 3) nomina di mandatari a liquidare; 4) invio di
comunicazione di chiusura alla clientela. La disgregazione del complesso aziendale potrà dirsi
avvenuta quando l'imprenditore avrà esaurito la liquidazione dell'attivo (smaltimento delle giacenze
di magazzino e dell'attrezzatura necessaria allo svolgimento dell'attività). La determinazione del
momento della cessazione è importante ai fini della dichiarazione di fallimento (1 anno dalla
cancellazione dal registro delle imprese).

3. La capacità all'esercizio dell'impresa (pag. 58)

Compete a tutti coloro che hanno capacità di agire. Gli incapaci, e per loro i rappresentanti, possono
essere autorizzati a proseguire l'attività, ma non ad iniziarla; i provvedimenti relativi devono essere
annotati nel registro delle imprese. Si parla di continuazione nel caso in cui l'attività sia già stata nel
patrimonio dell'incapace quando egli è divenuto tale, ma anche se gli sia pervenuta a titolo gratuito
(testamento o donazione).

4. La pubblicità dell'imprenditore individuale: storia e nuova disciplina del registro delle imprese
(pag. 59)

Lo strumento della pubblicità è di duplice importanza; 1) per l'impresa, in quanto informa della
propria attività coloro che vi entrano in contatto; 2) per i terzi (fornitori, clienti, creditori), dato che
offre tutela mediante informazioni sulle vicende più importanti dell'impresa. Questi obiettivi sono
raggiunti tramite il registro delle imprese al quale devono iscriversi, entro 30 gg. dall'acquisto della
qualifica di imprenditore, tutti gli imprenditori commerciali. In tale registro devono essere annotate
le vicende della vita dell'impresa (sede, oggetto, ditta, ausiliari legittimati ad agire, modificazioni di
tali elementi, cessazione). Tali iscrizioni hanno efficacia dichiarativa. Dalla sua istituzione il

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registro delle imprese non è mai entrato in funzione e solo con la legge di riforma delle Camere di
Commercio del 1993, entrata in vigore nel 1996, è stato istituito l'ufficio delle imprese di cui all'art.
2188. La normativa che lo riguarda ed il regolamento per la sua attuazione ricalcano abbastanza
fedelmente le norme del c.c. del 1942.
Le innovazioni consistono in:
1) la Camera di Commercio è l'ente sede del registro, nonché l’ente deputato alla sua tenuta, sotto la
vigilanza del giudice delegato del Tribunale del capoluogo di provincia;
2) il registro delle imprese è unico e comprende le sezioni speciali;
3) nel registro sono iscritti: a) i soggetti previsti dalla legge (imprenditori, società, consorzi, società
consortili, enti pubblici che esercitano attività commerciali, società soggette alla legge italiana);
b) gli atti previsti dalla legge.
4) nelle sezioni speciali sono iscritte, con funzioni di certificazione anagrafica e di pubblicità
notizia, gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori, le società semplici e le imprese artigiane.
Per tali categorie di imprenditori il regime previgente non prevedeva forme di pubblicità.

PARTE SECONDA

IL PROFILO ORGANIZZATIVO DELL'IMPRESA

Capitolo I – GLI ELEMENTI DI IDENTIFICAZIONE DELL'IMPRESA

Sezione I – I SEGNI DISTINTIVI

L’imprenditore, per distinguere la propria attività e i propri prodotti da quelli dei concorrenti, usa
alcuni segni distintivi che sono tutelati dalla legge: 1) ditta – identifica il suo nome commerciale; 2)
insegna – identifica i locali ove ha sede l’attività; 3) marchio – identifica i prodotti/servizi.

1. La ditta: concetto e funzione (pag. 295)

La ditta (nome commerciale dell’imprenditore) è il nome usato all'imprenditore come segno


distintivo necessario nei rapporti inerenti l'esercizio d'impresa; se non viene effettuata una scelta, la
ditta coincide con il nome civile dell'imprenditore, restandone però concettualmente distinta. Da ciò
consegue una differenza di disciplina in quanto, mentre è possibile l’omonimia di nomi civili, non
è possibile che esistano ditte identiche. Tale differenza ricorre anche per le società che possono
adottare, accanto alla ragione sociale o alla denominazione sociale (che corrisponde al nome civile
delle persone fisiche), una ditta diversamente formata, così come possono utilizzare una ditta
derivata, avendo acquistato la relativa azienda (2565). Nella ditta coesistono funzioni di trasparenza
(identificazione del soggetto esercente l'impresa) e di concorrenza (evitare confusione fra imprese
svolgenti attività analoghe). Permane la disputa fra la teoria soggettiva (ditta segno distintivo
dell'imprenditore, di cui deve contenere almeno il cognome o la sigla - 2563) e quella oggettiva
(ditta come segno distintivo dell'impresa, che consente all'acquirente l'utilizzo della ditta del dante
causa – 2565).
[La persona fisica ha un nome civile che la individua come soggetto di diritto. L’imprenditore
persona fisica deve avere una ditta che lo individui nella sua specifica veste imprenditoriale (nome
commerciale dell’imprenditore). Nel caso di mancata individuazione della ditta, la stessa coincide
con il nome civile, pur assolvendo ad una diversa funzione.
Mentre l’omonima fra nomi civili è sempre ammessa, non è invece consentita omonima fra ditte di
imprenditori in rapporto di concorrenza, quand’anche entrambe corrispondenti ai rispettivi nomi
civili.
La distinzione fra nome civile e ditta (nome commerciale) dell’imprenditore, pacifica per le persone

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fisiche, è da ritenersi valida anche per le imprese collettive (società).
Per quel che riguarda le imprese collettive, il nome commerciale dell’imprenditore individuale
corrisponde alla ragione sociale (per le soc. di persone) e alla denominazione sociale (per le soc.
di capitali). Entrambe, ragione e denominazione sociale, devono contenere l’indicazione della
forma giuridica societaria (S.n.c., S.r.l. ecc.), mentre sono diverse le regole che disciplinano la loro
formazione: solo per la prima è previsto che contenga almeno l’indicazione del nome di uno o di
più soci amministratori, mentre la seconda può anche essere di fantasia. Tale distinzione è la
conseguenza del diverso regime di responsabilità che caratterizza le due categorie societarie;
infatti l’indicazione delle persone dei soci assolve una funzione pubblicitaria rilevante solo per le
società di persone in quanto in questo tipo di società i soci sono responsabili per le obbligazioni
societarie, mentre le società di capitali godono di autonomia patrimoniale.]

1.1. La formazione della ditta: il principio di verità (pag. 296)

La coesistenza delle due norme sopra richiamate (2563 e 2565) riconduce dal principio di verità a
quello di verità storica, che fa escludere che l'imprenditore possa usare la ditta al posto del nome
civile per la sottoscrizione di atti. Il mancato rispetto del principio di verità all'atto della formazione
della ditta ne impedisce l'iscrizione nel registro delle imprese ma, per orientamento
giurisprudenziale, non impedisce alla ditta irregolare di invocare la protezione in tema di
concorrenza sleale per l'uso, da parte di altri, di nomi o segni che possano creare confusione con la
propria attività. Il contenuto minimo della ditta, nel rispetto del principio di verità, è costituito dal
cognome o dalla sigla del titolare, ma non ci sono limiti all'autonomia privata per aggiungervi ogni
altra indicazione di fantasia (principio di libertà), cui si estenderà il diritto all'uso esclusivo.

1.2. La formazione della ditta: il principio di novità (pag. 296)

Art. 2564 – se la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore, tale da creare
confusione per l'oggetto dell'impresa o per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata
o modificata con indicazioni idonee. Il richiamo all'oggetto ed al luogo dell'attività ipotizza un
rapporto di concorrenza prossima, intesa in modo elastico, in quanto l'oggetto comprende anche
attività similari o complementari che possano sorgere da uno sviluppo potenziale, mentre per il
luogo devono intendersi anche quelle zone raggiungibili in base ad eventuale possibile sviluppo. Il
criterio per risolvere il conflitto fra ditte confondibili è quello della priorità d'uso; l'obbligo di
integrazione o modifica compete a chi ha iscritto per ultimo la propria ditta nel registro delle
imprese (priorità di iscrizione). Ma la ditta non registrata, o registrata successivamente, può
prevalere sull'altra nel caso in cui possa provare la conoscenza da parte del titolare di quest'ultima
della sua preesistenza di fatto (priorità d'uso opponibile). Tuttavia non vi è uno specifico dovere,
bensì solo l'onere, di integrare o modificare la ditta nel caso si intenda conservarne l'uso. L'opera di
integrazione/modificazione deve riguardare il cuore della ditta, ovvero quegli elementi che possono
attrarre il consumatore medio. Se il cuore della ditta è costituito dal nome patronimico (che riporta
il nome civile dell'imprenditore - es. ceramiche Carlo Rossi), l'imprenditore dovrà sostituirlo con
una denominazione di fantasia, conservando il cognome (indicazione del soggetto responsabile per
le obbligazioni assunte) accanto alla nuova ditta.

1.3. Contenuto e tutela del diritto sulla ditta (pag. 297)

Il diritto sulla ditta consiste nella possibilità di inibire l'uso della denominazione non solo come
ditta, ma anche come insegna o marchio, se vi è la possibilità che il pubblico sia indotto a riferire
l'attività del suo utilizzatore a quella del titolare della ditta. Tale diritto è variamente definito: 1)
diritto di proprietà su di un bene immateriale; 2) diritto della personalità. In ogni caso questo diritto

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ha il carattere dell'assolutezza e non è opponibile a chiunque, ma solo a quegli imprenditori che
operano nello stesso mercato concorrenziale (principio di specialità dei segni distintivi).

1.4. Acquisto ed estinzione del diritto sulla ditta (pag. 298)

L'acquisto di tale diritto è a titolo originario e si ha con l'uso della denominazione,


indipendentemente dalla sua registrazione. Nel contrasto tra ditta registrata (ditta ufficiale), e ditta
effettivamente usata (ditta ufficiosa), è quest'ultima a godere di tutela se l’imprenditore è stato il
primo ad utilizzarne la denominazione. Nel caso in cui un'impresa non utilizzi il proprio diritto sulla
ditta, questa, nel rispetto del principio di verità, torna ad essere una denominazione liberamente
adottabile. Pertanto si parla impropriamente di acquisto della ditta per usucapione.
E' possibile acquistare il diritto sulla ditta anche a titolo derivato (trasferimento da parte del
precedente titolare), in quanto l'art. 2565 non obbliga ad aggiungere il proprio nome a quello del
dante causa. Ma l'acquisto della ditta non consegue sempre all'acquisto dell'azienda e, a tutela
dell'interesse morale del vecchio proprietario a non vedere il suo nome associato all'attività svolta
dal nuovo acquirente, la legge subordina l'acquisto della ditta ad un espresso consenso
dell'alienante. Nel caso di trasferimento mortis causa, invece, questo uso può essere impedito per
espressa disposizione testamentaria. Ciò vale anche per il trasferimento del ramo d'azienda, parte
dell'organizzazione aziendale idonea a produrre le caratteristiche dell'azienda originaria in forma
ridotta.
Il diritto all'uso della ditta si estingue per cessazione dell'uso con carattere di definitività, come per
il caso di trasferimento d'azienda senza trasferimento della ditta.

2. L'insegna: concetto e funzione (pag. 299)

Il concetto di insegna deve essere desunto dall'esperienza: segno (emblematico o denominativo)


apposto all'ingresso del locale/i dove l'imprenditore offre al pubblico i beni o i servizi e che
risponde all'esigenza di distinguere il proprio esercizio da quello degli altri concorrenti e di
facilitarne la fisica reperibilità. L'insegna può servire anche a contraddistinguere i diversi punti
operativi di una pluralità di imprenditori di un'attività omogenea, anelli della stessa catena
commerciale; ciò può avvenire sia in base ad un accordo associativo per l'utilizzo di una insegna
unica, sia per un contratto con un fornitore di prodotti già titolare di un segno distintivo. In tali casi
vi è una eccezionale scissione tra il titolare del segno ed il soggetto che ne fa uso. Nel primo caso
viene riconosciuta la titolarità del segno all'organismo associativo (sistema di integrazione
orizzontale); nel secondo il titolare del segno distintivo pone in essere un'attività di coordinamento
dell'attività svolta dai singoli fruitori dell'insegna (sistema di integrazione verticale). In questo caso
l'insegna dovrà recare anche l'indicazione del singolo esercente.
L'art. 2568 estende all'insegna la norma dell'art. 2564 (divieto d'uso di ditta confondibile).

2.1. La formazione dell'insegna: novità e originalità (pag. 300)

La scelta dell'insegna non è soggetta al principio di verità; può essere formata con criteri di fantasia,
nel rispetto dei limiti dell'ordine pubblico del buon costume e non deve trarre in inganno il
pubblico. Deve essere dotata di originalità, ovvero di capacità distintiva, e non può avvalersi
dell'indicazione denominativa o emblematica dell'attività svolta. Il principio di novità (2568), che
vale per la ditta, vale anche per l'insegna. Per l'insegna non vale la possibilità di ampliamento della
sfera di potenziale espansione, prevista invece per la ditta.

2.2. Nascita, trasferimento ed estinzione del diritto sull'insegna (pag. 300)

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Il diritto sull'insegna nasce con il suo uso, ovvero con l'apposizione del segno distintivo sul locale,
ma anche sul materiale pubblicitario che può anticiparne l'apertura. Il diritto sull'insegna comporta
la possibilità del suo uso esclusivo anche nel caso di trasferimento in altra sede dell'impresa.
L'insegna non è iscrivibile nel registro delle imprese ed ogni conflitto tra insegne confondibili dovrà
essere risolto in base alla priorità d'uso. Il diritto sull'insegna può essere acquisito a titolo originario
o derivato; in questo secondo caso, non essendo l'insegna sottoposta al principio di verità, il suo uso
da parte dell'acquirente non è subordinato al consenso del precedente titolare, a meno che l'insegna
non ne contenga il nome. Il diritto all'insegna si estingue per cessazione dell'uso per un tempo
sufficiente a far riacquistare alla denominazione il carattere della novità.

3. Il marchio: concetto e funzione (pag. 301)

Il marchio può identificare: 1) un prodotto/servizio di una impresa (Opel Corsa); 2) una linea di
prodotti/servizio (Apple Mac); 3) un prodotto/servizio di più imprese (bancomat). Tutela l'interesse
dell'imprenditore differenziando, mediante apposito segno, la sua persona, la sua attività (compresa
la localizzazione) ed i suoi prodotti o servizi, fornendo alla clientela garanzie di affidabilità e
qualità. E' disciplinato dagli artt. 2569-2574 e da apposita legge (r.d. 929/42, mod. con d.lgs. 480/92
e 198/96). La sua funzione consiste nel garantire la presenza nei prodotti o nei servizi di quelle
caratteristiche particolari che li differenziano da altri beni/servizi analoghi. La garanzia del marchio
è limitata alla costante presenza di queste caratteristiche e non alla provenienza del prodotto da una
determinata impresa, stante la libertà di trasferire il marchio separatamente dall'azienda. Il marchio
adempie ad una funzione pubblicitaria, ma anche ad una funzione suggestiva se il segno usato ha
una particolare attrattiva, o se è soggetto a pubblicità intensiva (spot istantanei e pubblicità
subliminale, informazioni che il cervello assimila a livello inconscio). La funzione pubblicitaria è
la conseguenza di fatto della funzione distintiva. Il marchio non ha autonoma tutela giuridica in
quanto vi è la possibilità di utilizzo di uno stesso/simile marchio per classi di prodotti diversi.

3.1. Tipologia dei marchi (pag. 302)

Il marchio, dal punto di vista tipologico, è un segno apposto sul prodotto per far in moda da
differenziarlo da altri, ma che non si identifica con le sue caratteristiche tecniche sulle quali è
possibile acquisire un'esclusiva limitata nel tempo con il brevetto (estraneità del marchio al
prodotto). Il marchio può essere costituito da parole (marchi denominativi), da figure (marchi
raffigurativi o emblematici) o da entrambi (marchi misti); anche un suono può essere registrato
come marchio (sigla di una trasmissione), così come una forma (marchio tridimensionale), purché
forma arbitraria che non corrisponda ad esigenze tecniche. Può essere apposto dal fabbricante
(marchio di fabbrica) o dal rivenditore (marchio di commercio), purché non sopprima il primo. Il
marchio di fabbrica può essere: 1) speciale, se destinato a distinguere un solo prodotto; 2) generale,
se per più prodotti. Vi è anche il marchio di servizio, per distinguere un servizio offerto al pubblico;
mancando un bene materiale, il marchio è utilizzato mediante la pubblicità o con la sua apposizione
sulla divisa adoperata per la prestazione del servizio. Marchio debole è un segno la cui funzione
distintiva è affidata all'aggiunta di un prefisso/suffisso alla denominazione generica del prodotto, la
cui modificazione ne consente l'uso anche da parte di altri. Marchio forte è un'espressione di
fantasia, senza alcun riferimento al prodotto, e pertanto il suo utilizzo godrà di maggiore protezione
da contraffazioni (Apple e mela morsicata).

3.2. Titolarità del marchio e impresa. Marchio di gruppo e marchio collettivo (pag. 302)

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Pur essendo il marchio e l'impresa collegati, non è richiesta l'identità tra il titolare del primo ed il
titolare della seconda e l'esclusiva all'uso del marchio è non solo di chi lo utilizza per la propria
impresa, ma anche per chi si pone analoga finalità per impresa formalmente appartenente ad altro
soggetto, della quale però abbia il controllo (marchio di gruppo adottato da una holding per
contraddistinguere prodotti/servizi di società controllate), o di chi ne fa uso con il consenso del
titolare. Il marchio collettivo è il segno distintivo adottato da un ente istituzionale per la tutela degli
interessi di una categoria di imprenditori; ha la caratteristica di offrire una garanzia qualitativa circa
la provenienza del prodotto e/o la natura delle materie prime e/o lo standard di lavorazione. L'uso di
tale marchio è subordinato, a pena di decadenza, all'adozione di un regolamento comune per il
rispetto della garanzia offerta. Il marchio collettivo non può essere costituito dall'indicazione della
zona geografica di provenienza del prodotto che invece è controllata dalla denominazione d'origine.

3.3. I requisiti di validità del marchio (pag. 303)

Requisiti di validità del marchio sono: a) novità; b) originalità; c) liceità; d) veridicità.


a) Novità - il marchio di cui si chiede la registrazione, per evitare confusione per il pubblico, non
deve già essere stato adottato per prodotti/servizi identici o affini, ovvero come ditta, ragione
sociale o denominazione e insegna. E' incompatibile col marchio l'uso di segni di uso generale o
espressioni di uso comune (super, de luxe), non attribuibili in modo monopolistico. Fa eccezione al
requisito della novità l'uso del nome (marchio patronimico), al quale però deve essere associata
un'aggiunta espressiva o emblematica.
b) Originalità - il segno non può essere costituito dalla denominazione generica del prodotto/
servizio, salvo l'uso di marchi espressivi, con aggiunta di modifiche per i marchi denominativi o di
particolari stilizzazioni del disegno per i marchi figurativi.
c) Liceità - il tutto nel rispetto della legge, dell'ordine pubblico e del buon costume, senza
confliggere con altrui diritti esclusivi.
d) Veridicità - attiene al momento successivo dell'uso, in quanto il marchio non deve essere usato in
modo da trarre in inganno il pubblico circa la natura, la qualità e la provenienza dei prodotti (uso
decettivo [ingannevole] del marchio).

3.4. La registrazione del marchio e il marchio non registrato (pag. 304)

Il diritto all'uso esclusivo del marchio si acquista con la registrazione su domanda all'Ufficio
Italiano Brevetti e Marchi che verificherà i requisiti di originalità e veridicità, mentre quelli di
novità e liceità saranno demandati ad eventuali terzi interessati. In caso di reiezione della domanda
è possibile proporre reclamo ad apposita Commissione, la cui sentenza è ricorribile per Cassazione.
La legge può tutelare il marchio non registrato (l'art. 2571), consentendo a chi lo usava di
continuare ad avvalersene, ma anche di richiedere la non registrazione da parte di altri per difetto
di novità se il marchio di fatto (non registrato) ha acquisito notorietà generale. Maggiore però è la
tutela nei confronti del marchio registrato in quanto il suo titolare potrà agire con azione di
contraffazione fondata sulla semplice identità o somiglianza del segno (carattere assoluto del diritto
di esclusiva). Il titolare del marchio non registrato, invece, potrà agire solo con azione di
concorrenza sleale, basata sul fatto che la confondibilità del segno si sia tradotta in confondibilità
dei prodotti/attività. L'esclusività del marchio registrato è limitata ai prodotti/servizi indicati nella
domanda di registrazione (specialità del marchio). Tale limite non opera nei confronti dei marchi
celebri verso i quali, per la loro forte carica pubblicitaria, l'esclusiva è estesa a prodotti diversi,
essendo sufficiente che il marchio eserciti un forte richiamo per la clientela.
L'esclusiva del marchio registrato è di 10 anni, decorrenti dalla data di deposito della domanda, ma
la registrazione è rinnovabile prima della scadenza per un numero illimitato di volte.

3.5. La tutela giudiziale del marchio registrato (pag. 305)

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Se viene pubblicizzato o immesso sul mercato un prodotto contrassegnato da un marchio uguale o
simile a quello protetto, si viola il diritto di esclusiva. La valutazione sulla confondibilità dei due
marchi dovrà avvenire in base ad una valutazione globale. Non costituisce contraffazione la
registrazione del marchio contraffatto non seguita dall'uso.
La tutela giudiziaria si articola in 3 fasi: 1) cautelare; 2) di cognizione; 3) esecutiva.
1) L'azione cautelare si articola a sua volta in: a) descrizione; b) sequestro; c) inibitoria.
a) Con la descrizione si fotografa storicamente la situazione lamentata dal titolare del diritto
esclusivo; ha per oggetto tutti gli elementi materiali che provano la violazione dell'esclusiva. Ha
finalità ricognitive. b) Con il sequestro, misura cautelare reale che colpisce le cose, si realizza lo
spossessamento che serve ad impedire la perpetuazione dell'illecito; il sequestro opera solo sugli
oggetti sui quali è eseguito. c) Maggiore incisività si ha con l'inibitoria, misura cautelare personale
che colpisce la persona, in quanto l’ordine di “non facere” le impedisce di procedere ad alcuna
forma di utilizzazione del marchio contraffatto.
L'azione di contraffazione mira alla dichiarazione di illiceità dell'uso del segno contraffatto.
Legittimati attivamente ad esperirla sono il titolare del marchio ed il licenziatario con esclusiva (per
la zona di sua competenza); legittimati passivamente sono il produttore che appone il marchio
contraffatto ed il commerciante che lo vende.
Esistono una serie di misure accessorie all'azione di merito: a) rimozione del segno contraffatto o,
ove impossibile, distruzione di tutto ciò sul quale compare; b) pubblicazione della sentenza a cura
dell'attore e a spese del soccombente. Vi è inoltre il risarcimento del danno, spesso liquidato in via
equitativa, stante la difficoltà di provarne l’effettiva entità.

3.6. La circolazione del marchio. Il merchandising (pag. 306)

La circolazione del marchio può avvenire secondo due modalità: 1) cessione definitiva; 2) licenza
d’uso (che può essere concessa in modo esclusivo e non). Pertanto è possibile il trasferimento del
marchio anche separatamente dal trasferimento dell'azienda; vi è però una presunzione relativa di
trasferimento del marchio in caso di cessione d'azienda.
Una particolare forma di licenza d'uso dei marchi celebri si ravvisa nel contratto di merchandising
in cui il titolare del marchio ne concede l'uso ad altro imprenditore per prodotti diversi da quelli di
registrazione.

3.7. L'estinzione del marchio (pag. 307)

L'estinzione si ha a seguito di rinuncia espressa o di scadenza (mancato rinnovo della


registrazione); se il marchio continua ad essere utilizzato dopo la sua estinzione, sarà trattato come
marchio di fatto.
Sono previste ipotesi di decadenza dal diritto di esclusiva a seguito della perdita dei requisiti
originari di validità per:
a) volgarizzazione del marchio – perdita dell'originalità o della capacità distintiva a seguito di
comportamento del titolare che potrà essere: 1) omissivo (tolleranza dell'uso da parte di altri
imprenditori); 2) commissivo (forte impulso alla notorietà del segno senza difesa per l'uso
generalizzato).
b) illiceità sopravvenuta – 3 ipotesi: i) uso non veritiero (ogni rappresentazione non veritiera della
realtà); ii) successiva illiceità per contrarietà alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; iii)
omissione dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari per i marchi collettivi.
c) uso non veritiero.
d) nel caso di mancato uso per almeno 5 anni, il segno distintivo è rimesso nella libera disponibilità
degli imprenditori. Sono esclusi dalla decadenza per non uso i marchi difensivi, ovvero quelli che

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presentano somiglianze con il marchio effettivo, registrati per evitare che altri si avvicinino al
marchio difeso, specie se trattasi di marchio debole.

3.8. Le azioni di nullità e di decadenza (pag. 308)

Legittimato a richiedere la nullità o la decadenza del marchio è sia chiunque vi abbia interesse
(specifico), sia il PM (interesse a non tollerare posizioni monopolistiche non conformi alla legge).
La sentenza dichiarativa della nullità ha valenza erga omnes ed effetto retroattivo anche per gli atti
dispositivi posti in essere precedentemente sul segno invalido . Vi è la sanatoria del marchio nullo
per difetto di novità se, per almeno 5 anni consecutivi, lo stesso è stato utilizzato, fatta salva la
registrazione del marchio fatta in mala fede.

Sezione II – I DIRITTI DI PRIVATIVA C.P.I. Cod. Proprietà Industriali D.Lgs. 30/2005

1. Le invenzioni industriali e le ragioni della loro tutela (pag. 310)

Invenzione è l'idea che consente la soluzione di un problema tecnico, idonea a soddisfare i bisogni
dell'uomo, o basata sulla creatività o a seguito di applicazione di nozioni già acquisite; costituisce
un bene immateriale in quanto soddisfa un bisogno dell'uomo ed è separabile dalla personalità
dell'inventore e dalle cose materiali attraverso le quali l'idea viene realizzata. Si distingue per il
carattere creativo dalla scoperta scientifica, che è rivelazione di un quid già esistente in natura.
Consiste nella ideazione di un particolare modo di operare per pervenire ad un risultato pratico. Si
distingue in: a) invenzione di procedimento – scoperta di un particolare procedimento per la
realizzazione di un prodotto migliorandone lo standard o riducendone i costi; b) invenzione di
prodotto – realizzazione di nuovi prodotti con particolari caratteristiche; c) invenzione d'uso –
nuova utilizzazione di oggetti migliorandone il rendimento o evitando inconvenienti.
Tutti potrebbero beneficiare dell'idea inventiva, salva la tutela del diritto morale di invenzione che
consiste nel riconoscimento all’inventore di essere lo scopritore dell'idea. Ma l'attività inventiva
costa energie e spese, pertanto nasce l'interesse a sfruttare la propria idea direttamente o in via
esclusiva. Tale finalità non è perseguibile mantenendo il segreto sull'idea creativa, ma proprio
attraverso lo sfruttamento diretto della stessa. L'interesse dell'inventore è tutelato mediante la
concessione del brevetto con il quale il titolare ha la facoltà di sfruttare temporaneamente (20 anni)
ed in via esclusiva l'invenzione. Essendo incentivo alla ricerca, tale posizione monopolistica
realizza sia l'interesse privato dell'inventore sia il progresso tecnologico. La brevettazione implica
che l'invenzione sia resa di dominio pubblico.

1.1. Paternità dell'invenzione e titolarità dell'esclusiva (pag. 311)

Se l'invenzione presenta i requisiti della brevettabilità ed è frutto intellettuale ed economico del suo
autore, questi sarà titolare della paternità dell'idea e del suo sfruttamento. Ma il fenomeno della
ricerca scientifica, che utilizza rilevanti mezzi tecnici e più collaboratori facenti capo a
organizzazioni imprenditoriali, determina la scissione tra la persona fisica dell'inventore ed il
soggetto giuridico che ha sopportato i costi della ricerca. In tali ipotesi (invenzioni di servizio), il
diritto morale d'inventore spetta all'autore, mentre il diritto al suo sfruttamento economico spetta
all'ente di ricerca. Se invece l'invenzione è fatta nell'esecuzione di un contratto di lavoro
dipendente, senza però che l'attività di ricerca sia oggetto dello stesso (invenzioni industriali), il
diritto di sfruttamento spetta al datore di lavoro, mentre all'inventore spetta un equo premio. Se

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infine l'invenzione non è attinente al rapporto di lavoro, ma rientra nelle attività del datore di lavoro
(utilizzo di mezzi tecnici dell'azienda o con l'esperienza in essa acquisita), l'inventore potrà
scegliere, entro 3 mesi, fra l'acquisto del brevetto o della licenza d'uso, contro un corrispettivo da
determinarsi.

1.2. I requisiti per la brevettabilità dell'invenzione (pag. 312)

Per essere brevettabile l'idea deve apportare al progresso tecnologico un contributo significativo,
tale da giustificare il privilegio monopolistico. I requisiti per la brevettabilità sono:
a) materialità dell'invenzione – attitudine dell'invenzione a realizzarsi in un quid fisicamente
percepibile che possa essere prodotto e immesso sul mercato. Ma come si evidenzia il requisito
della materialità nei confronti della tripartizione delle invenzioni (di procedimento, di prodotto,
d'uso)? In ogni invenzione brevettabile vi è un collegamento con un quid materiale che può
riguardare il prodotto, il procedimento per ottenere il prodotto o il modo di utilizzarlo.
b) industrialità dell'invenzione – deve concernere un oggetto materiale suscettibile di produzione in
serie e non di quella artigianale. Non deve essere intesa come utilizzazione immediata, bensì come
astratta idoneità dell'invenzione ad un'applicazione industriale.
c) novità (estrinseca) dell'invenzione – non già divulgata.
d) originalità dell'invenzione (novità intrinseca) – costituisce una quantificazione della novità in
quanto non è sufficiente che rappresenti un quid di diverso rispetto alle cognizioni tecniche diffuse
(novità estrinseca), ma che la diversità rappresenti un contributo creativo al patrimonio di
cognizioni dell'epoca.
Il livello di originalità risulta attenuato nelle invenzioni di perfezionamento, modifica di precedenti
invenzioni, che presentano un legame di dipendenza rispetto alle prime e che non possono essere
attuate senza il consenso del titolare del brevetto principale.
Anche l'invenzione di traslazione è collegata ad un precedente brevetto, ma è autonoma rispetto alla
prima in quanto, trasferendo in un altro campo un'invenzione preesistente, si perviene ad un
risultato diverso. L'invenzione di combinazione, infine, mette insieme elementi già noti per
raggiungere un risultato tecnico nuovo.

1.3. La concessione del brevetto e l'invenzione non brevettata (pag. 314)

Il brevetto è rilasciato a seguito di domanda corredata dalla descrizione dell'invenzione nella quale
sia specificato l'oggetto dell'esclusiva richiesta (rivendicazione). L'Ufficio accerta la materialità e
l'industrialità dell'invenzione, non anche la novità, estrinseca o intrinseca, e nemmeno la titolarità al
diritto; contro la sua decisione si può ricorrere ad apposita commissione (Commissione dei ricorsi,
organo con giurisdizione esclusiva e speciale propria del diritto industriale, la cui decisione è
ricorribile per Cassazione). La durata del brevetto è di 20 anni, non rinnovabile. Il titolare ha il
diritto esclusivo all'attuazione dell'invenzione ed al suo sfruttamento economico (fabbricazione e
vendita). Il titolare può agire contro chi sfrutta abusivamente la sua invenzione con l'azione di
contraffazione; la sentenza che inibisce la prosecuzione dell'utilizzazione può disporre
l'eliminazione dal mercato dei prodotti, il risarcimento del danno e la pubblicazione del dispositivo.
Il diritto di esclusiva è trasferibile inter vivos o mortis causa.
Se l’inventore non provvede a richiedere il brevetto per prorogare la sua esclusiva di fatto, altri
possono pervenire in via autonoma agli stessi risultati e richiedere il brevetto; in tal caso all’autore
dell’invenzione non brevettata è riconosciuto il diritto al suo utilizzo, limitatamente al “preuso” che
ne aveva fatto.

1.4. La circolazione dell'esclusiva (pag. 315)

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Il titolare dell'esclusiva può concedere ad altri la licenza d'uso, in via esclusiva o meno, previo
corrispettivo. E’ prevista la licenza obbligatoria per uso non esclusivo dell'invenzione nel caso di
mancata attuazione dell'invenzione nei 3 anni successivi al rilascio del brevetto o nei 4 anni dopo il
deposito della domanda (no industrializzazione). In questo caso la licenza d’uso deve essere
sfruttata nei 2 anni successivi, a pena di decadenza del brevetto. E' possibile trasferire a terzi,
unitamente all'azienda, la facoltà di sfruttamento dell'invenzione non brevettata.

2. I modelli di utilità ed i disegni e modelli (ornamentali): distinzione delle due categorie (pag. 315)

Tutela minore viene anche accordata all'attività di miglioramento della funzionalità e della
gradevolezza estetica della produzione di massa. Possono conseguire il brevetto per: a) modelli di
utilità - i nuovi modelli atti a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione a macchine
o parti di esse; b) disegni e modelli - i nuovi disegni ornamentali che abbiano carattere individuale,
intendendosi per disegni e modelli l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte. Le caratteristiche
devono essere estetiche e non tecniche. In entrambi i casi il titolare della tutela ha il diritto
esclusivo di realizzare il modello o il disegno e di commercializzare i relativi prodotti. Può essere
chiesta una doppia brevettazione nel caso in cui la forma dell'oggetto accresca utilità e pregio
estetico, da utilizzare in tempi successivi, essendo vietato il cumulo di 2 protezioni monopolistiche.
La tutela per i modelli di utilità è di 10 anni, per i disegni ornamentali è di 5 anni, prorogabile fino
a 25. Tali brevetti sono subordinati alla novità estrinseca e all'originalità. Dal 2010 anche alla liceità
(art. 33 bis C.P.I.).

2.1. Modelli di utilità ed invenzioni industriali (pag. 316)

Talora, potendosi riscontrare incertezza nella distinzione fra invenzione e modello di utilità, vi è la
possibilità di convertire il brevetto per invenzione, invalido per difetto di originalità, in brevetto per
modello di utilità, ove ne ricorrano i requisiti per quest'ultimo (brevettazione alternativa).

2.2. Modelli ornamentali ed opere d'arte applicata (pag. 316)

La distinzione fra modelli di utilità e disegni e modelli (privative industriali) e opere d'arte applicate
all'industria (opere dell'ingegno, indipendenti dal brevetto e tutelate per 50 anni) è assai delicata. Il
criterio per le opere dell'ingegno è quello della scindibilità, ovvero la possibilità di scindere il
valore artistico dall'utilizzazione su scala industriale. Le due forme di tutela non sono alternative ma
cumulabili.

Capitolo II – GLI AUSILIARI DELL'IMPRENDITORE

1. Distinzione tra ausiliari autonomi ed ausiliari subordinati (pag. 317)

Sono definiti ausiliari dell'imprenditore i soggetti che contribuiscono con il loro lavoro allo
svolgimento dell'attività di impresa, rimanendone però estranei agli effetti giuridici ed economici
(non subiscono l'alea imprenditoriale). Tale collaborazione può essere: 1) autonoma; 2) subordinata.
La differenza è data dalla presenza o meno di un vincolo di dipendenza, ma non dipende dalla
libertà nelle modalità di svolgimento della collaborazione. Se la collaborazione autonoma richiede
un certo coordinamento con l'attività affidata alla struttura principale, si parla di rapporto di
parasubordinazione che, unitamente al rapporto subordinato, è sottoposto alla cognizione del
giudice del lavoro. Se la collaborazione autonoma ha carattere imprenditoriale, questa dà luogo
all'impresa ausiliaria. La diversità fra le due forme di collaborazione dipende dal tipo contrattuale
alla base del rapporto: per gli ausiliari subordinati si parla di contratto di lavoro subordinato, mentre
gli altri ausiliari possono essere legati all'impresa da svariati possibili altri rapporti contrattuali. Agli

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ausiliari subordinati è dedicata tutta una serie di norme relative al potere di rappresentanza che
deriva dalla loro posizione all’interno della struttura aziendale. Tale disciplina tutela gli interessi dei
terzi - esonerandoli da un preventivo accertamento dell'effettivo conferimento dei poteri
rappresentativi - e consente all'imprenditore di ridimensionare i poteri legali, rendendone edotti i
terzi.

2. La preposizione institoria (pag. 318)

Institore è colui che è preposto dal titolare all'esercizio di una impresa commerciale, ovvero è un
soggetto che si caratterizza per la particolare posizione assunta all'interno dell'impresa, non
sottoposto a superiori gerarchie interne alla struttura a cui è preposto. Per questo gli deriva un
potere di rappresentanza che riguarda tutti gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa. E' il sostituto
dell'imprenditore e può porre in essere validi rapporti giuridici in nome e per conto del titolare.
Insieme con l'imprenditore è tenuto all'osservanza delle norme relative alla tenuta delle scritture
contabili ed alla pubblicità nel registro delle imprese; è coinvolto anche nelle medesime
responsabilità penali in caso di fallimento. La qualità di institore non può essere ricollegata a
collaboratori autonomi, anche se con procura generale. La procura institoria è in forma libera. La
cessazione della preposizione institoria, che non coincide necessariamente con la risoluzione del
rapporto subordinato è soggetta, ai fini dell'opponibilità ai terzi, alla pubblicità nel registro delle
imprese.

2.1. Il potere rappresentativo dell'institore (pag. 319)

Il suo potere rappresentativo si estende a tutti gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa, senza
distinzione fra atti di ordinaria o di straordinaria amministrazione, né tra necessità o utilità degli
stessi. Con atto espresso è possibile estendere tale potere, che potrà comprendere anche
l'alienazione o l'affitto dell'azienda, ma anche limitarlo. A tale potere di rappresentanza sul piano
sostanziale se ne accompagna un altro sul piano processuale: l'institore potrà essere convenuto in
giudizio , per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa, dai terzi - in
luogo del titolare - o da quest'ultimo. Per lo spostamento degli effetti dell'atto dal patrimonio del
rappresentante (institore) a quello del rappresentato (imprenditore) occorre la spendita del nome di
quest’ultimo (contemplatio domini).

3. I procuratori (pag. 320)

I procuratori sono coloro che, in base ad un rapporto continuativo, hanno il potere di compiere per
l'imprenditore gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa, pur non essendo preposti ad essa. Il loro
inquadramento nella struttura dell'impresa avviene in base ad un rapporto di lavoro dipendente. Il
potere rappresentativo esterno è congiunto ad un potere decisionale interno, connesso
all'attribuzione di funzioni direttive. Il potere decisionale però non può abbracciare la globalità
dell'attività che si svolge sotto il controllo di un superiore gerarchico intermedio (a differenza
dell'institore). Tale rappresentanza è sottoposta al regime della pubblicità, mentre è esclusa la norma
sulla responsabilità. La rappresentanza processuale è possibile solo se espressamente conferita per
iscritto.

4. I commessi (pag. 321)

I commessi sono ausiliari subordinati con funzioni prevalentemente esecutive; condividono con i
procuratori l'attribuzione di un potere di rappresentanza, salvo espresse limitazioni. Essi sono sia
impiegati sia operai, accumulati dal potere di compiere gli atti di cui sono incaricati. Per gli affari
da loro conclusi sono legittimati passivamente, per conto dell'imprenditore, a ricevere dichiarazioni

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e reclami di terzi; sono legittimati attivamente a chiedere, nell'interesse dell'imprenditore,
provvedimenti cautelari. Esistono anche limiti al potere rappresentativo previsti dalla legge: a)
divieto di concludere contratti e di derogare alle condizioni generali ed alle clausole prestampate
predisposte dall'imprenditore; b) divieto di riscuotere il prezzo delle merci fuori dai locali
dell'impresa o nei locali stessi, se vi è un'apposita cassa; c) divieto di esigere il prezzo di merci non
consegnate e di concedere dilazioni o sconti non di uso. Tali limiti hanno carattere dispositivo e
possono essere rimossi con apposita autorizzazione che però dovrà essere: scritta per a); espressa
per b); tacita per c).

Capitolo III – L'AZIENDA

1. Concetto giuridico e concetto economico di azienda (pag. 322)


Art. 2555 – L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio
dell'impresa; è lo strumento per l'esercizio dell'attività economica organizzata per la produzione e lo
scambio di beni e servizi e al cui esercizio l'ordinamento connette la qualifica di imprenditore. Tale
funzione è operativa dal momento dell'attivazione del programma organizzativo,
indipendentemente dall'esercizio dell'azienda. L'idoneità del complesso organizzato a produrre
ricchezza comporta un valore economico differenziale alla mera somma di valori delle singole
componenti (valore di avviamento), inizialmente collegato alla personalità dell'imprenditore, quindi
a quella degli eventuali nuovi titolari. L'azienda è un bene nuovo rispetto agli elementi che la
compongono.
Il concetto economico di azienda diverge da quello giuridico: dal punto di vista economico ogni
elemento che concorre all'attuazione del programma imprenditoriale fa parte dell'azienda (beni di
cui si abbia la disponibilità, beni la cui disponibilità sarà assicurata dall'adempimento di rapporti
contrattuali con terzi e rapporti collaborativi); dal punto di vista giuridico, invece, non vi rientrano
i servizi ed il patrimonio aziendale (crediti, debiti e contratti).

1.1. La circolazione dell'azienda (pag. 323)

Per circolazione dell'azienda si intende il trasferimento volontario della titolarità per atto tra vivi,
anche se è possibile il trasferimento coattivo e mortis causa. Il trasferimento può riguardare anche
un solo ramo d'azienda, ovvero una parte della struttura organizzata dotata di autonomia operativa.
Ma la possibilità di trasferire uno o più beni aziendali pone il problema se, così facendo, non si
intacchi l'unità aziendale. La distinzione dovrà essere fatta con criterio oggettivo, nel seno che, se il
trasferimento riguarda tutti i beni essenziali per la realizzazione del programma aziendale
originario, anche se rimangono esclusi alcuni beni aziendali, si parlerà di trasferimento d'azienda.
Nel caso però in cui l'alienante non dichiari espressamente di riservarsi la disponibilità di qualche
bene, il trasferimento riguarderà tutti i beni aziendali. In base al criterio della buona fede l'alienante
dovrà comunicare tutti i dati utili per la prosecuzione dell'attività (segreti di fabbrica, know-how,
elenco clienti/fornitori) e consentire la volturazione delle licenze amministrative.

1.2. Forma e pubblicità del trasferimento (pag. 324)

Ai soli fini della prova il codice richiede l'adozione della forma scritta, già obbligatoria per
donazioni o trasferimenti di beni immobili, oltre che della scrittura privata autenticata o dell'atto
pubblico per la pubblicità nel registro delle imprese. Tale onere pubblicitario è previsto per le sole
aziende commerciali medio-grandi ai fini dell'opponibilità dell'acquisto ai terzi.

1.3. Il divieto di concorrenza (pag. 325)

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2557 – Al fine di evitare che il valore di avviamento, monetizzato all'atto della vendita, venga
compromesso (concorrenza differenziale), l'alienante dell'azienda commerciale ha l'obbligo di
astenersi per un periodo massimo di 5 anni da iniziare una nuova attività di impresa che per oggetto,
ubicazione o altro, sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta..
L'oggetto della nuova impresa dovrà essere inteso in senso ampio, comprendente la produzione e lo
scambio di beni o servizi identici o succedanei (idonei a prendere il posto di altri prodotti), mentre
per zona si dovrà intendere non solo quella di operatività, ma anche quella di imminente concreta
espansione. Tutto ciò può essere limitato con clausola pattizia.

1.4. La successione nei rapporti contrattuali (pag. 325)

2558 – Il trasferimento dell'azienda comporta la successione dell'acquirente nei contratti stipulati


per l'esercizio dell'azienda. Ma il terzo contraente, entro 3 mesi dalla comunicazione ha la
possibilità di recedere dal contratto per giusta causa (carenza delle qualità personali dell'acquirente
o scarsa consistenza patrimoniale rispetto a quella dell'alienante). Il recesso non comporta lo
scioglimento del contratto, ma impedisce solo il suo trasferimento, restando la responsabilità in
capo all'alienante per l'esecuzione. Sono esclusi dalla successione i contratti con carattere personale.

1.5. Il trasferimento dei crediti (pag. 326)

La legge non dispone in merito al trasferimento dei crediti che sono lasciati alla libera disponibilità
delle parti. In base ad una interpretazione oggettiva, passano all'acquirente i crediti scaturenti dai
contratti di azienda, aventi ad oggetto l'apporto di beni strumentali alle funzionalità dell'azienda.
2259 – l'opponibilità ai terzi della cessione è conseguenza della pubblicazione sul registro delle
imprese.

1.6. Trasferimento di azienda e responsabilità per i debiti preesistenti (pag. 326)

I debiti gravanti sull'alienante, risultanti dai libri contabili obbligatori, per la tutela dei terzi
vengono accollati all'acquirente. Tale norma non si applica per le imprese non obbligate alla tenuta
dei libri contabili (piccole imprese commerciali, imprese agricole). L'accollo è cumulativo, a meno
che i terzi abbiano consentito alla sua liberazione.

2. L'usufrutto di azienda (pag. 327)

Vi è l'obbligo per l'usufruttario di usare la ditta preesistente e di rispettarne la destinazione che le è


stata data dal concedente l'usufrutto (no cambiamenti qualitativi dell'azienda). Al fine di garantire la
conservazione del valore di avviamento, l'usufruttario dovrà mantenere l'efficienza
dell'organizzazione e degli impianti, nonché le normali dotazioni di scorte.

2.1. I rapporti con la gestione precedente (pag. 327)

L'usufruttario beneficia della successione nei rapporti contrattuali in corso e della norma sulla
pubblicità, ma non è gravato dall'accollo dei debiti. Il concedente e l’usufruttario, al termine
dell'usufrutto, sono gravati dall'obbligo di non concorrenza.

2.2. La cessazione dell'usufrutto (pag. 327)

Al temine dell'usufrutto il mutamento della consistenza quantitativa e qualitativa è regolato in base


al principio della neutralità degli effetti positivi o negativi.

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3. L'affitto di azienda (pag. 328)

2362 – Si applica la stessa disciplina dell'usufrutto, con esclusione della norma sulla opponibilità
della cessione dei crediti.

PARTE TERZA

L'ATTIVITA' D'IMPRESA E IL MERCATO

Capitolo I – LA CONCORRENZA

1. Il principio di libertà di concorrenza (pag. 331)

Questo principio è sancito dall'art. 41 C. e consente l'operatività di una pluralità di soggetti sul
mercato dell'offerta e della domanda di beni o servizi. In un sistema di concorrenza perfetta la
qualità del prodotto e/o il prezzo dovrebbero consentire la conquista del mercato. Vi sono però dei
condizionamenti di varia natura, fra i quali: 1) imprese marginali – accesso a determinati settori di
attività di fatto precluso a chi non ha i mezzi necessari per dotare l'impresa delle dimensioni
ottimali per operare a prezzi competitivi, con la conseguente scomparsa dei soggetti più deboli che
porta all'oligopolio (pochi) o al monopolio di fatto (uno); 2) raggruppamento di imprenditori – che
per fronteggiare la concorrenza si raggruppano in varie forme per la realizzazione di economie di
scala per diminuire i costi o per dividersi il mercato.

1.1. Le limitazioni legali alla libertà di concorrenza (pag. 332)

La libertà di concorrenza però può essere limitata per legge laddove sia precluso ai privati l'accesso
a determinati settori, ovvero questo sia subordinato ad autorizzazioni amministrative. Ciò accade se
sono in gioco interessi generali della collettività. Questo insieme di disposizioni normative
costituisce il sistema di 1) limitazioni legali della concorrenza, in contrapposizione al sistema di 2)
limitazioni convenzionali della libertà di concorrenza, determinate dall'autonomia privata.
Le limitazioni legali devono possono contemplate solo da norme primarie e devono rispondere a
fini di utilità generale; possono consistere in:
a) condizionamenti all'impresa: necessità di premunirsi di permessi dell'autorità amministrativa
mediante: i) concessione – attribuzione di facoltà disconosciuta ai privati (rivendita tabacchi,
esercizio di pubblico trasporto); ii) autorizzazione – segmento di mercato aperto ai privati ma con
accesso filtrato dalla P.A. (imprese bancarie, assicurazioni);
b) condizionamenti all'organizzazione: controlli in itinere (gestione imprese bancarie o fissazione di
prezzi di beni fondamentali).
Lo Stato può escludere totalmente l'accesso a determinati settori di attività, riservandoli a sé stesso
o ad altro soggetto operante in regime di concessione. La libertà di concorrenza non si applica a
quelle imprese che, per disposizione di legge, operano in regime di monopolio sul mercato (legge
antitrust). Altre aziende però possono, per uso proprio, produrre beni o servizi la cui prestazione al
pubblico sia riservata per legge ad un monopolio legale. Il monopolista legale ha l'obbligo di: a)
contrarre con chiunque ne faccia richiesta; b) osservare parità di trattamento fra gli utenti.
I limiti del monopolista legale non si estendono al monopolista di fatto.

1.2. Le limitazioni convenzionali alla libertà di concorrenza (pag. 334)

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In base al principio di libertà di iniziativa economica privata la legge ammette che tale autonomia
possa essere soggetta a limitazioni convenzionali. Per patti autonomi di non concorrenza si
intendono quegli accordi con funzione esclusiva di limitazione della concorrenza; possono essere a)
unilaterali - con o senza corrispettivo -; b) reciproci (cartelli).
a) 2596 – forma scritta; a pena di nullità devono contenere l’indicazione dell’attività e della zona;
durata massima 5 anni.
b) 2604 – per i consorzi vi è l'autonomia delle parti per quel che riguarda la durata, in difetto 10 aa.
I patti accessori di non concorrenza sono clausole di altri contratti aventi diverso oggetto; possono
intercorrere fra imprenditori in concorrenza fra loro (restrizioni orizzontali) o per imprenditori che
svolgono attività diverse (restrizioni verticali); possono essere unilaterali o bilaterali. Alcuni di essi
sono patti accessori nominati (elencati nel codice), per i quali è richiesta forma scritta e durata
massima. Per i patti accessori innominati si fa capo all'art. 2596.

2. La disciplina antitrust. Rapporti con la disciplina comunitaria (pag. 335)

L. 287/90 legge antitrust: “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato” con la quale viene
introdotta una disciplina antimonopolistica che sacrifica la libertà di iniziativa economica del
singolo (libertà di concorrenza soggettiva) se in contrasto con la libertà di iniziativa economica
degli altri operatori (libertà di concorrenza in senso oggettivo), pregiudicandone l'accesso o la
permanenza sul mercato. Deriva strettamente dalla disciplina comunitaria e vieta le stesse
fattispecie previste dal Trattato.

2.1. L'Autorità garante (pag. 335) AGCM Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

Il controllo sull'osservanza dei divieti è stato affidato ad un organismo amministrativo indipendente


dal potere esecutivo. La competenza dell'Autorità non è esclusiva ma dipende dal settore di
mercato: 1) settore mezzi di comunicazione – Garante della radio diffusione e dell'editoria; 2)
settore bancario – Banca d'Italia. L'Autorità garante per la concorrenza si limita a fornire un parere
non vincolante.

2..2. Le fattispecie vietate: a) le intese (pag. 336)

Col termine di intese si intendono quei comportamenti che hanno per oggetto o per effetto quello di
impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del
mercato nazionale o di una sua parte rilevante. Sono intese:
a) accordi – incontri della volontà di soggetti, indipendentemente dalla forma adoperata, per la
produzione di obblighi giuridicamente rilevanti.
b) pratiche concordate – qualsiasi forma di collaborazione tra imprese con la quale si sostituisce alla
competizione concorrenziale la collaborazione reciproca.
c) deliberazioni di associazioni, consorzi o organismi similari – compilazione di tariffari comuni per
una certa categoria di imprese.
E' di difficile interpretazione il richiamo alla consistenza dell'intesa, da riferire all'ambito nazionale.
Per quel che riguarda il mercato sul quale può incidere l'intesa, occorre distinguere fra: a) mercato
di prodotto; b) mercato geografico. a) Fa riferimento a tutti i prodotti/servizi che per caratteristiche,
uso e prezzo possono apparire interscambiabili. b) E' il mercato nazionale, mentre solo per prodotti
deperibili il mercato geografico è più ristretto.
Anche per le intese vale la distinzione tra orizzontali – per soggetti operanti sullo stesso livello di
processo produttivo – e verticali – per soggetti operanti a livelli diversi e complementari.
Tra le intese orizzontali troviamo:
a) accordi di fissazione del prezzo – sono sempre vietati, così come sono vietati quelli concernenti
altre condizioni contrattuali;

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b) accordi di limitazione della produzione – per impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli
accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico (consorzi di
contingentamento). Sono compatibili solo in caso di eccesso produttivo;
c) accordi di ripartizione del mercato – zone di operatività;
d) accordi volti a creare una rete di distribuzione comune – unica commissionaria di vendita;
e) accordi di cooperazione industriale – aziende in rapporto di concorrenza orizzontale;
f) accordi di specializzazione – ciascuna delle imprese partecipanti rinuncia ad una o più attività
concentrandosi su una sola.
Le intese verticali non presentano un rapporto concorrenziale diretto.
L'Autorità garante può autorizzare intese che sarebbero vietate se l’intesa: a) consente
miglioramenti nelle condizioni di offerta del mercato; b) reca un beneficio per i consumatori; c) in
mancanza di restrizioni della concorrenza che non siano necessarie al raggiungimento degli
obiettivi; d) la concorrenza non è completamente eliminata.

2.3. Le fattispecie vietate: b) l'abuso di posizione dominante (pag. 338)

La seconda fattispecie vietata è l'abuso di posizione dominante, dove la posizione sul mercato pone
al riparo dai rischi di concorrenza. Per posizione dominante si intende la situazione di potenza
economica tale da consentire all'impresa di vanificare una posizione di effettiva concorrenza sul
mercato e di assumere decisioni, afferenti ai rapporti con la clientela, assolutamente indipendenti
dai comportamenti dei concorrenti e dalle aspettative dei consumatori. Viene individuata facendo
ricorso a indici quantitativi (% di mercato controllato) e qualitativi (barriere amministrative per
l'ingresso al mercato o sua struttura tale da rendere difficile una concorrenza effettiva).
Le ipotesi più frequenti sono:
a) applicazione di prezzi o condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosi – tutte le condizioni
accessorie cui sono subordinate le prestazioni del prodotto/servizio, non funzionalmente necessarie
(particolari condizioni di pagamento, clausola di esclusiva);
b) rifiuto di contrarre con chiunque ne faccia richiesta – apertamente o in forma coperta;
c) applicazione di condizioni diverse per prestazioni equivalenti – pratica di prezzi differenziati in
base a discriminazione soggettiva;
d) accordi leganti – conclusione di un contratto subordinata a fruizione obbligatoria di altra
prestazione.

2.4. Le fattispecie vietate: c) le concentrazioni (pag. 338)

Sono vietate le concentrazioni di imprese che comportino la costituzione o il rafforzamento di una


posizione dominante sul mercato nazionale tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e
durevole la concorrenza.
Ogni accordo del genere, nel caso in cui la sua portata assuma una certa dimensione quantitativa,
deve essere preventivamente notificato all'Autorità garante per la sua valutazione. La legge indica
varie fattispecie di concentrazioni:
a) fusioni – riduzione dei soggetti operanti sul mercato con riduzione della competizione
concorrenziale;
b) cessione del controllo – una o più imprese acquisiscono il controllo dell'insieme o di parte di una
impresa;
c) formazione di una impresa comune – costituzione di nuova società da parte di due imprese
preesistenti che ne detengono il controllo congiunto. Si colloca al limite fra intesa e concentrazione
e perciò si parla di imprese comuni cooperative e di imprese comuni concentrative.
Il carattere pregiudiziale consiste nella: 1) costituzione e rafforzamento di posizione dominante sul
mercato nazionale; 2) idoneità a eliminare o ridurre sostanzialmente la concorrenza.

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2.5. L'intervento dell'Autorità garante e dell'Autorità giudiziaria (pag. 340)

Avanti all'Autorità garante sono previsti due procedimenti: 1) per intese e per abusi di posizione
dominante; 2) per concentrazioni.
1) Indagine preliminare a seguito del pervenimento della notizia; se risulta una probabile infrazione
si apre una istruttoria in contraddittorio, con possibilità di ispezioni e perizie; se viene accertata
l'infrazione, il procedimento si chiude con una provvedimento di diffida all'eliminazione o, nei casi
più gravi, con sanzioni pecuniarie.
2) La verifica preliminare è inevitabile in quanto la concentrazione è soggetta all'obbligo della
notificazione preventiva all'Autorità; la durata massima della verifica è di 30 g. e, in caso di
sospetto di violazione, si apre l'istruttoria (durata 45 g. prorogabili di 30). Se è accertata la lesione
della concorrenza:
a) se operazione non ancora realizzata – vietata esecuzione;
b) se operazione già realizzata – prescrizione di misure per ripristinare condizioni di concorrenza
effettive (misure di deconcentrazione).
La competenza giurisdizionale in ordine ad azioni di nullità e di risarcimento danni relativi alle
suddette violazioni di legge è della C.d.A.

3. La repressione della concorrenza sleale: finalità e fonti (pag. 341)

Le misure contro la concorrenza sleale non sono una limitazione della libertà di concorrenza ma un
suo rafforzamento e sono rivolte alla protezione sia degli interessi dei consumatori, sia di quelli
degli altri imprenditori.
Art. 2598 – indica 2 categorie di atti tipici e una clausola generale.

3.1. I soggetti dell'atto di concorrenza sleale: generalità (pag. 341)

La norma ha come soggetti quelli che rivestono la qualifica di imprenditore e che si trovano in
rapporto di concorrenza con altri imprenditori. L'imprenditore può essere sia pubblico sia privato,
purché operi in regime di concorrenza prossima, ovvero operi sullo stesso mercato dell'operatore
concorrente. La clientela deve essere non solo attuale ma anche potenziale.
Si individua la responsabilità dell'imprenditore anche negli atti di concorrenza sleale compiuti da
altri soggetti nel suo interesse (direttamente o indirettamente); l'autore materiale dell'atto può essere
considerato corresponsabile ai sensi art. 2055 (responsabilità solidale dei soggetti imputabili dello
stesso fatto illecito).
Per analogia, la concorrenza sleale si applica anche ai soggetti non qualificabili come imprenditori
(liberi professionisti).

3.2. Gli atti di concorrenza sleale: generalità (pag. 342)

La concorrenza sleale è perseguibile indipendentemente dalla consapevolezza o dall’intenzionalità


dell'autore.
Art. 2598 – n. 1: confusione con i prodotti o con l'attività dell'imprenditore; n. 2: denigrazione o
appropriazione di pregi di un concorrente; n. 3: atti atipici, non conformi alla correttezza
professionale.

3.3. Gli atti di concorrenza sleale per confusione (pag. 343)

Tali atti, consistenti nel far credere che il prodotto/servizio provenga da una impresa concorrente, si
distinguono in: 1) tipici; 2) atipici.

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1.a) uso di nomi o segni distintivi usati da altri. Contro l’uso di tali segni distintivi atipici, la tutela
è di concorrenza sleale, mentre per i segni distintivi tipici (marchio, ditta, insegna, involucri,
etichette), è quella di contraffazione.
1.b) imitazione servile dei prodotti di un concorrente, riproduzione pedissequa delle forme del
prodotto con funzioni individuanti la provenienza da una data impresa.
2) compimento, con qualsiasi mezzo, di atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività
di un concorrente – comprende moltissimi comportamenti tendenti a confondere i consumatori
sull'autonomia delle imprese concorrenti (imitazione materiale pubblicitario, slogan).

3.4. Gli atti di denigrazione (pag. 344)

Consistono nel comportamento di chi diffonde notizie o apprezzamenti idonei a determinare


discredito. L'espressione diffondere deve essere intesa in senso qualitativo, comprendente le
comunicazioni a soggetti che siano in grado di pregiudicare l'impresa concorrente (banche). Il
divieto di diffusione prescinde dalla corrispondenza o meno al vero delle notizie. La denigrazione
colpisce sia quella esplicita o diretta, sia quella implicita o indiretta (pubblicità comparativa). Tra
gli atti di denigrazione rientra anche la pubblicità superlativa che esalta una pretesa posizione di
supremazia assoluta della propria attività/prodotto.

3.5. Gli atti di vanteria (pag. 345)

Comportamenti vietati che consistono nell'appropriazione dei pregi dei prodotti/attività di un


concorrente. La sua forma più comune è quella implicita, come per l'uso di false denominazioni di
origine o per l'uso del nome di un prodotto altrui seguito dalla formula “tipo” (reclame per
agganciamento).

3.6. Gli atti contrari ai principi della correttezza professionale (pag. 345)

In questa definizione dovrebbero essere compresi tutti i vari comportamenti scorretti che non è
possibile indicare analiticamente. Nei corretti rapporti fra imprenditori deve essere utilizzato il
principio della morale corrente, principio soggetto a continui mutamenti a seconda dell'evoluzione
dei costumi e quindi anche alla concreta interpretazione da parte del giudice.
Tra le ipotesi più frequenti della prassi giurisprudenziale troviamo:
a) storno dei dipendenti – sottrazione di forza lavoro, la più qualificata e meno facilmente
sostituibile, finalizzata alla disgregazione dell'impresa concorrente;
b) boicottaggio – sistematico rifiuto di contrarre con un determinato imprenditore, illecito se
avviene in forma collettiva;
c) ribasso irregolare dei prezzi – fatto in perdita per eliminare dal mercato concorrenti con minori
riserve finanziarie;
d) concorrenza parassitaria – sistematica imitazione di iniziative/idee dell'imprenditore concorrente,
per comprometterne l'individualità;
e) violazione di norme di diritto pubblico – per violazioni in rapporto di causalità con l'acquisizione
di un vantaggio concorrenziale;
f) sottrazione di segreti imprenditoriali – per qualsiasi dato che l'imprenditore ritenga di non
divulgare al pubblico. Può avvenire in forma diretta (spionaggio industriale) o indiretta (assunzione
di ex collaboratore);
g) pubblicità menzognera – riferita ad ogni messaggio pubblicitario non rispondente al vero, idonea
a sviare la clientela;
h) reclame iperbolica – basata su affermazioni generiche di eccellenza del prodotto/servizio tendenti
ad ingannare il consumatore più sprovveduto;
i) pubblicità suggestiva – associazione all'uso di un prodotto di vantaggi che non siano in relazione.

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3.7. La tutela giurisdizionale contro gli atti di concorrenza sleale (pag. 346)

Legittimati passivamente e attivamente per le azioni giudiziarie sono l'autore dell'atto di


concorrenza sleale e colui che lo subisce. Ma anche le associazioni professionali e gli enti
rappresentativi di categoria, se sono in ballo gli interessi di una categoria professionale, possono
promuovere l’azione penale.
Chi si ritiene leso, previo accertamento della slealtà, può ottenere un provvedimento cautelare che
potrà essere: 1) rimedio inibitorio – per impedire la continuazione del comportamento; 2) rimedio
restitutorio – per cancellare, nel limite del possibile, le conseguenze della violazione.
E' contemplato anche il diritto al risarcimento del danno se gli atti sono compiuti con dolo o colpa.
L'onere della prova del danno effettivo compete all'attore. Può essere disposta la pubblicazione
della sentenza.

Capitolo II – LA PUBBLICITA'

1. La disciplina della pubblicità. Premessa (pag. 348)

La concorrenza sleale prende in considerazione il fenomeno pubblicitario, ma solo per la tutela


degli altri imprenditori in quanto manca una disciplina della pubblicità che condizioni il
comportamento delle imprese e la confezione/diffusione dei messaggi pubblicitari.

1.1. L'autodisciplina pubblicitaria (pag. 348)

Le associazioni di categoria negli anni '60 hanno creato una sorta di ordinamento privato - di
origine volontaria - per disciplinare il settore pubblicitario e per salvaguardare la dignità di tale
strumento a tutela degli interessi degli imprenditori e dei consumatori. Tali regole costituiscono il
codice di autodisciplina pubblicitaria, soggetto a periodici aggiornamenti. Il codice prevede
particolari organi (Giurì e Comitato di controllo) a cui rivolgersi in caso di concrete lesioni, organi
che possono invitare a desistere dalla pubblicità riprovata o, nei casi più gravi, disporre la
pubblicazione della propria decisione che ha carattere definitivo e inappellabile. Tale procedimento
è vincolante a seguito di: a) impegno delle associazioni di categoria ad adottare e rispettare il codice
e a farlo applicare dalle imprese aderenti (apposita clausola); b) obbligo per le imprese pubblicitarie
di inserire nei propri contratti con le imprese la clausola di accettazione del codice e delle decisioni
del Giurì e del Comitato di controllo.
Alla base di tali regole vi è il principio di lealtà pubblicitaria, norma residua da applicare in caso di
mancanza di disposizioni specifiche. Punti cardine sono il divieto di pubblicità ingannevole e
l'obbligo di riconoscimento della pubblicità. Per quel che riguarda la veridicità del messaggio, colui
che si avvale di tale strumento deve essere in grado di dimostrarne la veridicità, con inversione
dell'onere della prova davanti al Giurì. Il limite del codice di autodisciplina - oltre ad avere sola
valenza morale - consiste nella sua applicazione limitata alle sole imprese aderenti e ai soli utenti di
pubblicità che abbiano sottoscritto la clausola di accettazione.

1.2. La disciplina repressiva della pubblicità ingannevole: gli interessi tutelati (pag. 350)

Non è sempre esistita una disciplina repressiva della pubblicità ingannevole e delle sue
conseguenze sleali. La lacuna è stata colmata con d.lgs. 67/00, la cui disciplina poi è stata trasfusa
nel Codice del consumo (d.lgs. 206/05) negli artt. 21-23. E' nato così l'illecito unitario di pubblicità
ingannevole che comprende la lesione degli interessi dei concorrenti e dei consumatori. Il d.lgs.
145/07 ha altresì recepito da Direttiva U.E. sulla pubblicità ingannevole.

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1.3. I requisiti del messaggio pubblicitario (pag. 350)

La pubblicità deve avere 3 requisiti che consistono nell'essere: 1) palese; 2) veritiera; 3) corretta.
1) la legge impone la riconoscibilità del messaggio pubblicitario per proteggere il destinatario dello
stesso che in tal modo potrà calibrare il proprio affidamento in ordine al contenuto del messaggio,
nonché per consentire il rispetto della non ingannevolezza, specie nei confronti delle categorie più
deboli.
2) e 3) veridicità e correttezza del messaggio pubblicitario si ricavano, a contrario, dalla definizione
di pubblicità ingannevole, quella che - in qualunque modo, compresa la sua presentazione - sia
idonea ad indurre in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è
rivolta o che raggiunge e che - a causa del carattere ingannevole - possa pregiudicare il loro
comportamento economico, ovvero che - per questo motivo - sia idonea a ledere un concorrente. La
protezione è accordata anche a quei soggetti che si trovano in posizione intermedia fra i
concorrenti ed i consumatori finali nella catena distributiva, salva l'adozione di standard diversi da
quelli utilizzabili per il consumatore finale. Bisogna anche tener conto dell'ambiguità della
presentazione del messaggio (verifica di tutte le possibili interpretazioni) al fine di verificare la
corresponsione al vero. Per il giudizio di ingannevolezza vanno presi in considerazione i seguenti
elementi: a) disponibilità, natura, esecuzione, data di fabbricazione dei prodotti, risultati di prove o
controlli cui gli stessi sono stati sottoposti; b) prezzo e condizioni contrattuali di fornitura; c)
categoria di appartenenza e qualità dell'operatore pubblicitario.
Per la valutazione dell'ingannevolezza del messaggio bisogna far riferimento alla categoria dei
consumatori meno dotati, più suscettibili di essere indotti in errore (bambini, adolescenti, vecchi).

1.4. La portata pregiudiziale del messaggio (pag. 352)

Il messaggio è censurabile non solo per l'oggettiva ingannevolezza, che prescinde dal dolo o dalla
colpa, ma anche per il potenziale pregiudizio che può arrecare ai clienti o ai concorrenti. Nel primo
caso dipende dalla potenziale incidenza del messaggio ingannevole sulla scelta del prodotto/
servizio, indipendentemente dal fatto che tale scelta si sia conclusa con un contratto; nel secondo
caso dipende dal potenziale sviamento della clientela. L'autore del messaggio pubblicitario, se si
tratta di prodotti suscettibili di mettere in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, ha
l'obbligo di informazione sui potenziali rischi.

1.5. I rimedi contro la pubblicità ingannevole (pag. 352)

Il potere di intervento nei confronti dell'autore del messaggio ingannevole compete all'Autorità
garante della concorrenza e del mercato - impregiudicato il ricorso all'autorità giudiziaria - su
istanza dei concorrenti, dei consumatori o dei loro organismi associativi, del Ministero delle attività
produttive o di ogni altra pubblica amministrazione. I provvedimenti dell'Autorità garante possono
avere: 1) carattere d'urgenza (sospensione provvisoria motivata della pubblicità ingannevole);
2) carattere definitivo (divieto di diffusione del messaggio non ancora attuato o inibizione della
continuazione). Può esservi anche un provvedimento a carattere restitutorio (pubblicazione della
decisione che dichiara ingannevole il messaggio o dichiarazione rettificativa, che consenta la non
continuazione degli effetti ingannevoli). La mancata ottemperanza ai provvedimenti è punita con
una sanzione amministrativa e, nei casi in cui l’ inottemperanza sia reiterata, può anche essere
disposta la sospensione dell'attività d'impresa fino a 30 gg. Il Garante non può disporre sul
risarcimento, per il quale bisogna rivolgersi all'autorità giudiziaria (illecito aquiliano). Il
procedimento avanti all'Autorità comporta l'inversione dell'onere della prova. Contro i
provvedimenti del Garante è ammesso ricorso amministrativo.

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1.6. La pubblicità comparativa (pag. 353)

La disciplina della pubblicità comparativa si è aggiunta a quella della pubblicità ingannevole con
d.lgs. 67/00; tali tipologie di pubblicità hanno quindi trovato collocazione nel Codice del consumo
del 2005. La pubblicità comparativa tutela gli interessi degli imprenditori concorrenti, ma anche
quelli dei consumatori, nonché l'interesse ad un assetto di mercato corretto e concorrenziale. La
pubblicità comparativa è realizzata per mettere in risalto le differenze fra determinati beni/servizi e
la norma individua la fattispecie in qualsiasi pubblicità che identifichi in modo esplicito o implicito
un concorrente o beni/servizi offerti da un concorrente.

1.7. Le condizioni di liceità della pubblicità comparativa (pag. 354)

La norma individua 8 condizioni di liceità che devono essere cumulative e soddisfatte nella loro
interezza. Per essere lecita la pubblicità comparativa: 1) non deve essere ingannevole; 2) i beni/
servizi devono essere interscambiabili per i consumatori; 3) avere ad oggetto caratteristiche
essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso anche il prezzo - la verificabilità è
soddisfatta quando i dati addotti per illustrare la caratteristica del bene/servizio sono suscettibili di
dimostrazione; 4) essendo lo scopo della pubblicità comparativa quello di evidenziare le differenze,
è lecito l'utilizzo di segni distintivi altrui, ma il messaggio pubblicitario non deve suscitare
confusione fra l'operatore pubblicitario ed un concorrente, o tra marchi, denominazioni
commerciali, segni distintivi, beni/servizi; 5) non deve causare discredito o denigrazione; 6) nel
caso si tratti di prodotti con indicazioni geografiche, la comparazione deve avvenire tra prodotti con
stessa denominazione; 7) non devono esserci vantaggi derivanti dalla notorietà dell’altro prodotto;
8) non devono essere presentati prodotti come imitazione di altri.
La tutela dalla pubblicità comparativa segue le stesse norme della pubblicità ingannevole.

1.8. Le televendite (pag. 355)

Le norme a tutela delle televendite riguardano il solo consumatore. E' vietato attraverso le
televendite lo sfruttamento della superstizione, della credulità o della paura, i comportamenti
pregiudizievoli per la salute, la sicurezza o la protezione dell'ambiente, la vendita di sigarette e
tabacchi, i comportamenti che ingannino i consumatori circa il prezzo, le condizioni di vendita, di
pagamento e di fornitura dei prodotti/servizi. Particolare attenzione è rivolta alla tutela dei minori.
Le sanzioni amministrative previste per tali casi di violazione prevedono pene pecuniarie elevate e,
nei casi di reiterazione delle violazioni, la sospensione dell'attività di impresa fino a 6 mesi.

PARTE SETTIMA

LA MOBILITAZIONE DEI CREDITI D'IMPRESA

Capitolo Unico – I TITOLI DI CREDITO


Sezione I – I TITOLI DI CREDITO IN GENERALE

1. Concetto e funzione del titolo di credito (pag. 645)

Il titolo di credito è un documento destinato alla circolazione atto a provare l’esistenza di un diritto
di credito (diritto al pagamento di una somma alla riconsegna del titolo). Serve a favorite la
circolazione dei diritti di credito, una delle più grandi conquiste del diritto commerciale. Il titolo di

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credito è un documento nello stesso tempo costitutivo e probatorio e la connessione diritto-
documento deriva dall’incorporamento nel documento della titolarità del credito. Il credito cartolare
è una dichiarazione unilaterale con la quale chi sia gravato da un'obbligazione nei confronti di un
altro soggetto ne trasferisce i termini essenziali in un documento, strettamente collegato con il
diritto, con cui si impegna ad effettuare la prestazione a favore del titolare del diritto stesso,
individuato - secondo le regole di circolazione della proprietà delle cose mobili - nel possessore del
titolo. Si dice che il diritto di credito è racchiuso nel titolo e che, in sostanza, il documento è
simbolo e veicolo del diritto. Conseguenze dell’incorporazione sono: col trasferimento del
documento si trasferisce anche il diritto cartolare; senza la presentazione del documento non può, di
regola, ottenersi l’adempimento della prestazione.
Il credito cartolare presenta 2 caratteristiche: 1) letteralità; 2) autonomia.
1) Letteralità sta a significare che il limite della pretesa del portatore rientra nelle sole risultanze
del documento; la letterlità potrà essere: a) diretta - se il documento contiene tutti gli elementi utili
ad individuare il contenuto dell’obbligazione; b) indiretta - se vi è il rimando ad altri documenti
(soggetti a pubblicità legale o di facile accessibilità).
2) Autonomia significa indipendenza della posizione di ciascun portatore del titolo da quella del
portatore precedente per quel che riguarda il profilo della titolarità del diritto e del suo contenuto.
L'autonomia deriva dall'acquisizione a titolo originario del diritto cartolare.
L'acquirente è garantito circa la certezza giuridica del credito, anche se non in termini assoluti,
essendo possibili eccezioni reali per inficiare la validità della pretesa cartolare.

2. Rapporto cartolare e rapporto fondamentale (pag. 647)

In capo al debitore, con l'emissione del titolo di credito, si configurano due rapporti obbligatori:
1) rapporto fondamentale o causale, derivante dal rapporto obbligatorio tra il debitore ed il primo
prenditore (giustificazione economica); 2) rapporto cartolare, differenziato dal primo per: a) la fonte
(sottoscrizione del documento); b) il contenuto (lettera del documento); c) l'individuazione del
creditore (proprietario del documento). Il rapporto cartolare è svincolato dalla giustificazione
economica e si configura nel possesso. Il collegamento fra i due rapporti è dato dal contratto di
rilascio, accordo debitore/creditore, con il quale si conviene la sottoscrizione e la consegna del
titolo. Tali rapporti coincidono solo in capo al primo prenditore in quanto la cessione del titolo
(credito cartolare) non comporta il trasferimento del credito causale in quanto l'obbligazione
cartolare si presenta come astratta, svincolata da una giustificazione economica (le eccezioni
derivanti dal rapporto causale non sono opponibili ai terzi). La coesistenza del rapporto cartolare e
di quello causale non può portare al pagamento doppio da parte del debitore in quanto l'esercizio
dell'azione causale è subordinato all'offerta in restituzione del documento. Se nel titolo di credito è
individuata la natura del rapporto fondamentale, lo stesso sarà causale, in caso contrario sarà
astratto.

3. La legittimazione cartolare (pag. 648)

Al proprietario/possessore del documento, oltre alla titolarità del credito cartolare, è riconosciuta
anche la legittimazione attiva, ovvero il diritto alla prestazione indicata verso presentazione, nelle
forme prescritte dalla legge, del titolo legittimato (titolo al portatore, all'ordine, nominativo). Alla
legittimazione attiva si contrappone quella passiva, mediante la quale il debitore è liberato se
adempie a mani del portatore, anche se questi non è titolare del diritto. La legittimazione è tutelata
come tale e non perché ad essa si accompagna la presunzione di titolarità; il possesso è condizione
necessaria e sufficiente per l'esercizio del diritto cartolare.
La legittimazione si divide in: a) legittimazione reale – diritto riconosciuto a chiunque abbia la
disponibilità del titolo di pretendere la prestazione; b) legittimazione nominale – diritto attribuito ad
un soggetto individuato nel documento, per cui bisognerà verificare la coincidenza tra l'identità del

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portatore ed il nome che risulta indicato nel titolo. Contro il rischio di errori incolpevoli sull'identità
della persona legittimata, l'effetto liberatorio riconosce il pagamento in buona fede nelle mani di chi
appare legittimato.
La possibilità di pretendere la prestazione in base al solo possesso documentale si ha anche per i
documenti di legittimazione, che servono ad identificare l'avente diritto alla prestazione, e per i
titoli impropri, atti a consentire il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle forme proprie
della cessione. I primi, emessi a seguito di contratti di massa, per i quali necessita un mezzo
convenzionale di individuazione del creditore, non presentano il carattere dell'incorporazione in
quanto il diritto alla prestazione trova la sua fonte nel contratto originario (pubblico spettacolo,
trasporti, posteggio auto); i secondi agevolano la circolazione dei crediti solo sotto il profilo
formale dell'esonero della notifica al debitore e della prova della cessione in quanto il diritto è
acquisito a titolo derivato quale cessionario, pertanto esposto a tutte le eccezioni opponibili al
cedente.

4. L'esercizio del diritto cartolare: a) le eccezioni reali (pag. 649)

Le eccezioni reali, indicate tassativamente dall'art. 1993, sono opponibili a tutti; consistono in:
a) eccezioni di forma; b) eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo; c) eccezioni di falsità
della firma; d) eccezioni di difetto di capacità; e) eccezioni di difetto di rappresentanza; f)
eccezioni di mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione.
a) L'eccezione di forma si riferisce alle limitazioni previste per i titoli formali, che devono avere un
contenuto determinato (formalismo cartolare) a pena dell'inefficacia del titolo.
b) L'eccezione fondata sul contesto letterale del titolo configura casi di alterazioni del documento
verificatosi nella fase di circolazione del titolo.
c) L'eccezione di falsità di firma si configura nel senso di non riferibilità psicologica della
sottoscrizione a colui che appare dal titolo (ad esempio se la stessa è apposta da un omonimo).
d) L'eccezione di difetto di capacità fa riferimento alle ipotesi di mancanza di capacità legale e non
anche di quella naturale (opponibile solo al primo prenditore).
e) L'eccezione di difetto di rappresentanza può essere sanata con l'eventuale ratifica da parte del
soggetto che appare speso nel titolo.
Il difetto di capacità e il difetto di rappresentanza rilevano solo se esistenti al momento
dell'emissione del titolo.
f) La mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione riguarda tutte le ipotesi
previste dalla legge per condizionare l'esercizio del diritto cartolare all'adempimento di determinate
formalità.

4.1. L'esercizio del diritto cartolare: b) le eccezioni personali (pag. 651)

Le eccezioni personali sono quelle opponibili solo ad un determinato portatore; si dividono in 2


categorie: a) quelle fondate su un rapporto personale debitore/portatore; b) quelle in senso stretto.
a) Fanno riferimento a quei rapporti intercorsi con un determinato portatore, idonei ad incidere
negativamente sulla pretesa cartolare (dilazione del termine, compensazione); sono opponibili al
portatore con il quale è intercorso quel rapporto personale, ad eccezione dell'esistenza del dolo
(collusione con il portatore precedente).
b) Si riducono all'eccezione di difetto di titolarità, allorquando il possessore ha il possesso del titolo
in mancanza di un contratto di rilascio (contratto nullo o annullato).

5. La formazione del titolo di credito (pag. 651)

Nasce con la sottoscrizione autografa o riprodotta meccanicamente (se consentito dalla legge) del
titolo di credito; non necessita il requisito della leggibilità. Si ha titolo in bianco se lo stesso è

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sottoscritto ma necessita di completamento da parte del portatore entro un termine stabilito
nell'accordo di riempimento. Nel caso in cui la sottoscrizione del titolo avvenga da parte del legale
rappresentante o del curatore del soggetto incapace o limitatamente incapace, occorre che nello
stesso titolo figuri la qualità del sottoscrittore. Nel caso di sottoscrizione a mezzo di rappresentante,
questa deve avvenire attraverso la spendita del nome del rappresentato che deve risultare dal testo
cartolare.
Se la sottoscrizione è intervenuta a seguito di operazione con un unico soggetto, si parla di titolo
individuale (infungibile), in caso contrario di titoli di massa (fungibili).
I requisiti per la valida formazione del titolo, ricavati a contrario dall'elencazione delle eccezioni
reali, sono: a) uso di espressioni o indicazioni determinate per i titolo formali – per omissione
parziale, sanabile, si ha inefficacia pro-tempore; per titolo riempito in difformità vi è nullità; b)
desumibilità dal contesto originario del documento del contenuto dell'obbligazione cartolare –
inesistenza; c) riferibilità psicologica della sottoscrizione al soggetto che figura sul titolo - in
mancanza nullità dell'obbligazione; d) capacità legale del sottoscrittore al momento dell'emissione
- in caso contrario annullabilità; e) esistenza del potere di rappresentanza - inefficacia
dell'obbligazione a meno di ratifica; f) possibilità di determinatezza, determinabilità, liceità della
prestazione – nullità.

6. La struttura del diritto cartolare. Titoli semplici e complessi. Diritto principale e diritti accessori
(pag. 652)

Si parla di: a) titoli di credito semplici – se con essi viene attribuito al portatore il diritto ad una
prestazione determinata per soddisfare un unico interesse (cambiale) e vi è la restituzione del
documento dopo l'adempimento unico; b) titoli di credito complessi – se devono essere soddisfatti
interessi diversi (azioni di società) e la restituzione del titolo avviene solo dopo la soddisfazione di
tutte le pretese.
Vi è differenza fra i titoli complessi e quelli caratterizzati da una pretesa principale e da una o più
pretese accessorie (unicità dell'interesse sottostante alle varie pretese) - es. diritto al rimborso del
capitale e diritto all'interesse periodico. Per facilitare la negoziazione delle singole pretese di un
titolo principale e dei suoi diritti accessori, sono annesse al titolo delle cedole che, se staccate dal
documento principale, costituiscono titolo di credito autonomo.

7. La circolazione del titolo di credito (pag. 653)

La circolazione comincia con l'emissione, ovvero con il passaggio della disponibilità dal debitore al
primo prenditore; può essere:
1) volontaria – fondata su un valido contratto di rilascio che comporta sia la proprietà del
documento (titolarità del credito cartolare), sia il possesso (legittimazione).
2) involontaria – in mancanza del contratto di rilascio, con acquisto quindi del solo possesso (sola
legittimazione). Anche la circolazione successiva potrà assumere carattere volontario o
involontario. [La circolazione precede sempre il possesso del documento = legittimazione, ma non
anche la proprietà del documento = titolarità del credito cartolare. In presenza di contratto di
rilascio vi è la titolarità del credito cartolare è circolazione volontaria; in caso contrario non vi sarà
titolarità del credito cartolare è circolazione involontaria]
La scissione nella circolazione involontaria tra proprietà del titolo (titolarità del credito) - che
rimane al vecchio portatore - e possesso qualificato (legittimazione) - che passa al nuovo portatore
- può essere sanata nel caso di acquisto del possesso del titolo in base ad un contratto valido da
parte di un terzo in buona fede (acquisto a titolo originario).

8. Le forme di legittimazione cartolare e le regole del loro trasferimento. Premessa (pag. 654)

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La legittimazione cartolare del titolo (possesso qualificato) si realizza sotto varie forme; i titoli di
credito si dividono in: 1) titoli a legittimazione reale (al portatore); 2) titoli a legittimazione
nominale (all'ordine e nominativi). La scelta del tipo di titolo spetta al sottoscrittore che però può
modificarla tramite l'istituto della conservazione del titolo che consente il mutamento della legge di
circolazione. Tale possibilità è: a) incondizionata - per conversione titolo da portatore a nominativo;
b) condizionata all'assenza di clausola contraria - per il passaggio da nominativo a portatore.

8.1. I titoli al portatore (pag. 654) – 2003 c.c.

Per i titoli al portatore è legittimato all'esercizio del diritto il semplice detentore del documento e
per il trasferimento della legittimazione basta la consegna del titolo. Per essere al portatore, sul
titolo deve apparire la dicitura “pagabile al portatore”, indipendentemente dall’eventuale
apposizione di un nominativo. La libertà di emissione era limitata dalla nullità di emissione di titoli
atipici al portatore (concorrenza alla moneta legale, anche come buono di acquisto). Per la legge
antiriciclaggio i titoli al portatore sopra un certo valore, ora modificato con D.lgs. 90/17 in €.
3.000,00, sono trasferibili solo a favore di intermediari finanziari abilitati. Parimenti dal 4/7/17 è
vietata l’emissione di libretti di risparmio al portatore (solo nominativi), mentre quelli già esistenti
devono essere estinti entro il 31/12/2018.

8.2. I titoli all'ordine (pag. 655) – 2008 c.c.

Sono i titoli che indicano, all'atto dell'emissione, l'intestazione di una persona (legittimazione
nominale), che può variare ad opera del portatore mediante l'apposizione sul titolo della girata, che
consiste nell'ordine dato dal portatore (girante) al debitore di effettuare la prestazione a favore di
altro soggetto (giratario). La girata deve essere totalitaria (tutta la somma) e incondizionata e, in
caso contrario, è come se non fosse stata apposta; può essere apposta anche da un rappresentante,
basta che risulti la spendita del nome altrui. La girata non comporta responsabilità cartolare. La
girata può contenere l'indicazione del giratario (girata in pieno), ma può essere anche in bianco
(semplice firma del girante). In tal caso ci sono 4 possibilità per il giratario: 1) riempire la girata
con il proprio nome; 2) riempirla con il nominativo di un terzo a cui trasferisce il titolo; 3) apporre
una successiva girata in pieno o in bianco; 4) consegnare il titolo ad un terzo - qualunque portatore
è legittimato a pretendere la prestazione. La girata che proviene dall'originario intestatario
attribuisce al giratario la legittimazione cartolare, mentre se le girate sono più di una, occorre che
ognuna si inserisca in una serie continua di girate. In sede di controllo della legittimazione cartolare
il debitore deve accertare l'esistenza della serie continua di girate solo da un punto di vista formale;
le girate cancellate sono come non apposte. Oltre alle girate in pieno e in bianco, sono previste altre
2 girate speciali: a) girata per incasso o per procura – mandato ad incassare in nome e per conto del
portatore precedente, non a titolo primario ma derivato; b) girata a titolo di pegno – attribuisce
legittimazione a riscuotere in via primaria, ma limita il potere dispositivo del giratario che può solo
incassare o girare per procura (far incassare un terzo in nome e per conto suo).

8.3. I titoli nominativi (pag. 657) – 2021 c.c.

Si caratterizzano come titoli a legittimazione nominale (insieme ai titoli all'ordine); l'intestazione


risulta sia sul documento, sia su un registro tenuto dal debitore; la legittimazione cartolare è data
dalla coincidenza tra nome sul titolo e nome sul registro. Il trasferimento di legittimazione implica
la collaborazione obbligatoria del debitore; il trasferimento si chiama tranfert e può essere chiesto
indipendentemente: 1) dall'alienante – in tal caso deve essere accompagnato da una certificazione
notarile o di un agente di cambio da cui risulti l'identità del richiedente e la sua capacità di agire; 2)
dall'acquirente - previa esibizione di un atto autentico (atto pubblico o scrittura privata autenticata)

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da cui risulti il trasferimento da parte del precedente intestatario. Il transfert può avvenire
mediante annotazione del nuovo nome sul titolo e sul registro, o con emissione di un nuovo titolo.

9. Il deterioramento del titolo di credito (pag. 658) – 2005 c.c.

Si parla di deterioramento del titolo nel caso in cui il documento consenta ancora l'individuazione
dell'impegno cartolare; se ciò non è possibile si parla di distruzione in senso giuridico e si
applicano le discipline previste per la distruzione materiale. In caso di deterioramento del titolo al
portatore (a legittimazione reale) il possessore ha il diritto di ottenerne un altro equivalente, previa
restituzione del primo ed eventuale rimborso delle spese. Non vi sono ragioni ostative per
l’applicazione di tali procedure anche ai titoli nominativi e all'ordine.

10. Smarrimento, sottrazione e distruzione del titolo. Titoli al portatore (pag. 658) – 2006 e 2007

Nel caso in cui si verifichi uno dei suddetti eventi, la legge cerca di contemperare gli interessi del
portatore, quelli del terzo in buona fede - che sia pervenuto in possesso del titolo a seguito di un
regolare trasferimento - e quelli del debitore. In caso di distruzione di un titolo al portatore l'ex
possessore ha il diritto di ottenere, dimostrando il precedente possesso, un duplicato del titolo
individuale o un titolo equivalente del titolo di massa. Nel caso in cui il titolo “presunto distrutto”
circoli, prevale il diritto del terzo in buona fede, salvo l'effetto liberatorio. per il debitore. del
pagamento al portatore del duplicato o del titolo equivalente. Se non vi è la prova della distruzione,
si applica la disciplina dello smarrimento e sottrazione che consente all'ex portatore, decorso il
termine di prescrizione, di ottenere la prestazione.

10.1. Smarrimento, sottrazione e distruzione dei titoli all'ordine e nominativi (pag. 659)

La perdita involontaria dei titoli a legittimazione nominale è risolta mediante la procedura di


ammortamento, disciplinata per i titoli all'ordine e richiamata per quelli nominativi. La procedura di
ammortamento (potenziale presenza del titolo in circolazione) prevede due fasi: 1) essenziale; 2)
eventuale. La prima, senza contraddittore, con la quale con provvedimento giudiziale viene tolto
valore al titolo in circolazione; la seconda, con contraddittore il terzo detentore, il quale ricorre
contro il suddetto provvedimento.
1) Si compone di 2 atti: a) denuncia al debitore; b) ricorso all'autorità giudiziaria (Pres. Trib. del
luogo in cui il titolo è pagabile). A seguito di sommario accertamento viene emesso decreto di
ammortamento con il quale si autorizza il pagamento al ricorrente, a meno di ricorso in opposizione
di terzi entro 30 gg. dalla pubblicazione in G.U. Il decreto va notificato al debitore per evitare la
liberatoria a seguito di pagamento ad altri. 2) La fase eventuale si apre con l'opposizione del terzo
detentore che, previo deposito in cancelleria del titolo, cita il ricorrente per l'accertamento
dell'avvenuto acquisto del titolo da parte sua. Se non vi è opposizione il decreto di ammortamento
diventa esecutivo e costituisce titolo giudiziale suppletivo della perduta legittimazione cartolare.
La finalità dell’ammortamento si comprende se si tiene presente la principale caratteristica dei titoli
di credito, ovvero l’incorporamento del credito nel documento, per effetto dalla quale il possesso
del titolo legittima l’esercizio del diritto in esso incorporato. Venendo meno il possesso del titolo,
verrebbe meno anche il diritto, mentre tale conseguenza negativa è evitata se il decreto di
ammortamento diventa il surrogato del titolo originario.

11. La gestione accentrata dei titoli di massa (pag. 660)

Per ovviare ai problemi derivanti dai tradizionali meccanismi di trasferimento cartolare dei titoli di
massa, sono state previste operazioni contabili di giro, ovvero semplici variazioni nelle posizioni di
conto dei singoli interessati. Il possesso di species individuate di titoli è stato sostituito con una

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posizione contabile di una quantità numerica di titoli, mentre la custodia materiale degli stessi è
nelle mani di un unico soggetto che li amministra: pertanto operano i trasferimenti non materiali
con le opportune registrazioni in accredito/addebito. In un primo momento l'esclusiva dell'attività di
gestione centralizzata dei titoli di massa è stata attribuita alla Monte Titoli S.p.A. (società di diritto
comune sottoposta al controllo del Ministero del Tesoro, della BKI e della Consob).
Gli strumenti finanziari ammessi al sistema della gestione accentrata sono: a) azioni e altri titoli
rappresentativi del capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; b) obbligazioni e altri
titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali; c) titoli normalmente negoziati sul mercato
monetario; d) altri titoli normalmente negoziati che permettono di acquisire gli strumenti indicati
nelle precedenti lettere e i titoli di Stato. Le banche e gli altri soggetti abilitati hanno la facoltà di
sub depositare i titoli loro affidati presso il gestore accentrato, interrompendo ogni rapporto cliente/
specie fisiche dei titoli (possono essere restituiti altrettanti titoli della stessa specie). Il gestore
accentrato non acquisisce la proprietà dei titoli che rimane, pro quota, alla massa dei depositanti.

12. La “dematerializzazione” dei titoli di credito (pag. 662)

La gestione accentrata dei titoli di massa determina la dematerializzazione del titolo limitata alla
fase della circolazione (dematerializzazione impropria).
Il legislatore individua 3 livelli di dematerializzazione: 1) dematerializzazione obbligatoria legale –
per gli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati; 2)
dematerializzazione obbligatoria regolamentare – per strumenti finanziari diversi dai precedenti ed
individuati con d.lgs. 213/98 “strumenti finanziari dematerializzati”; 3) dematerializzazione
volontaria – per strumenti finanziari con rilevante diffusione fra il pubblico dei risparmiatori.
I titoli dematerializzati mantengono i vantaggi della disciplina cartolare: a) legittimazione
all'esercizio del diritto svincolata dalla prova della titolarità, attribuita dalle risultanze dei conti
dell'intermediario autorizzato; b) autonomia dell'acquisto del diritto – colui che ha ottenuto la
registrazione a suo favore in base ad un titolo idoneo non è soggetto a pretese da parte di precedenti
titolari; c) l'emittente del titolo dematerializzato può opporre soltanto eccezioni personali al
soggetto e eccezioni comuni agli altri titolari degli stessi diritti.

Sezione II – I TITOLI DI CREDITO CAMBIARI

1. Caratteristiche generali dei titoli di credito cambiari. Premessa (pag. 664)

I titoli cambiari sono disciplinati dai RR.DD. 1669/33 e 1736/33, a cui si associa la disciplina
generale dei titoli di credito contenuta nel codice. Si presentano come una promessa del
sottoscrittore (pagherò cambiario e assegno circolare) o come un ordine impartito dal traente ad un
trattario, avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro al potatore del titolo (cambiale
tratta e assegno bancario). Possono assumere la funzione creditizia di differimento del pagamento
(cambiale tratta e pagherò cambiario) o quella di pagamento (assegno circolare e bancario).

1.1. La progressiva incorporazione di obbligazioni cartolari ed i c.d. gradi cambiari (pag. 665)

All'obbligazione cartolare dell'iniziale sottoscrittore (emittente o traente) può aggiungersi quella del
girante e dell'avallante (soggetti che garantiscono il pagamento del titolo), nonché, per la cambiale
tratta, del trattario accettante e dell'accettante per intervento. Gli obbligati cambiari si dividono in 2
categorie: 1) obbligati diretti; 2) obbligati di regresso.
1) Sono quelli ai quali ci si deve rivolgere direttamente per il pagamento: a) pagherò cambiario –
emittente e suoi avallanti; b) assegno circolare – banca emittente; c) cambiale tratta – trattario
accettante e suoi avallanti.

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2) Sono quelli ai quali ci si può rivolgere solo dopo aver inutilmente richiesto il pagamento
all'obbligato o, per la cambiale tratta, quando ne sia stata rifiutata l'accettazione da parte del
trattario: a) pagherò cambiario – giranti e loro avallanti; b) assegno circolare – giranti; c)
cambiale tratta – traente, giranti e loro avallanti e accettante per intervento; d) assegno bancario
– traente, giranti e loro avallanti.
Nei confronti del portatore del titolo (rapporti esterni), gli obbligati cambiari sono tutti sullo stesso
piano ed il portatore può agire contro ognuno di essi per l'intero. Nei rapporti interni, invece, ad
ogni sottoscrizione cambiaria corrisponde con criterio non cronologico, ma connesso alla natura
della singola dichiarazione cartolare, l'attribuzione di un grado; solo l'obbligato di primo grado
(emittente, trattario accettante o traente di tratta non accettata o di assegno bancario), adempiendo
estingue tutte le obbligazioni del titolo; l'adempimento da parte di altro obbligato lascia a questi
(solvens) la possibilità di agire cartolarmente per l'intero contro gli obbligati di grado anteriore. Se
gli obbligati sono di pari grado, non vi è azione cartolare e il recupero potrà avvenire con azione di
diritto comune e pro quota verso ciascuno dei coobbligati.
1.2. Requisiti formali e requisiti materiali dei titoli cambiari (pag. 666)

Le obbligazioni incorporate dal titolo cambiario fanno capo al principio dell'autonomia delle
obbligazioni cambiarie: l'invalidità di una singola obbligazione non tocca la validità delle altre. Da
ciò la distinzione fra: 1) requisiti materiali - tutte le condizioni per le quali sia valida l'obbligazione
assunta dal singolo firmatario del titolo cambiario; in mancanza vi è invalidità dell'obbligazione
cambiaria, eccezione relativa, opponibile solo dal sottoscrittore interessato; 2) requisiti formali -
tutte le indicazioni che devono risultare dal contenuto del documento perché questo integri un
valido titolo cambiario della sua specie; in carenza viene inficiata la validità dell'intero titolo,
eccezione assoluta, opponibile da qualsiasi sottoscrittore.
1) I requisiti materiali, uguali per tutti i titoli, sono ricavabili solo dall'interpretazione della
disciplina: a) forma determinata – dato il carattere imperativo delle prescrizioni che riguardano le
modalità di espressione per l'assunzione della varie obbligazioni cambiarie; b) rispondenza della
pretesa del portatore ai termini del contesto originario della dichiarazione sottoscritta – in caso di
alterazione del titolo, chi ha firmato prima risponde per il testo originario, chi ha firmato dopo per il
testo alterato; c) paternità della sottoscrizione – difetto di rappresentanza, falsificazione, omonimia;
d) capacità di agire al momento dell'emissione – incapacità totale o parziale del sottoscrittore; e)
potere di rappresentanza al momento dell'emissione nel caso di sottoscrizione in nome altrui –
responsabilità in proprio del falso procuratore.
2) I requisiti formali in genere attengono alla sola forma della sottoscrizione che deve essere
autografa e autonoma, separata dal testo della dichiarazione cartolare, costituita dal nome (anche
puntato), dal cognome o dalla ditta.

1.3. La circolazione dei titoli cambiari (pag. 667)

Il trasferimento della proprietà dei titoli cambiari è analogo a quello previsto per i titoli di credito in
generale. Stante la possibilità dell'esistenza di obbligati di grado diverso, peculiare è l'acquisto della
proprietà per riscatto, caso che si verifica se dopo il pagamento del titolo sussistono ancora soggetti
obbligati cartolarmente nei confronti di chi ha pagato (pagamento effettuato da obbligato di
regresso). La responsabilità cartolare del girante nei confronti dei portatori successivi per il
mancato buon fine, mentre è esclusa per i titoli all'ordine in generale, - è invece effetto naturale
della girata cambiaria, escludibile solo con la clausola contraria sul titolo di “girata senza
garanzia”. Il girante può anche circoscrivere soggettivamente la sua responsabilità cartolare di
regresso con l'apposizione “non all'ordine”, che limita all’immediato giratario tale tipo di
responsabilità.

1.4. L'obbligazione cambiaria a scopo di garanzia (avallo) (pag. 668)

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E' una obbligazione cambiaria per garantire l'obbligazione assunta da un altro; è una garanzia
accessoria solo sotto il profilo formale, per cui è riconosciuta la validità dell'avallo anche se è nulla
l'obbligazione garantita. L'avallo non garantisce l'adempimento da parte del garantito, ma la
soddisfazione dell'interesse del portatore come tale. L'avallante assume la stessa posizione formale
dell'avallato. Può prestare avallo anche chi sia già firmatario del titolo, per rafforzare la posizione
del portatore. L'avallante è responsabile verso tutti i potenziali portatori del titolo. L’avallo deve
essere espresso con la formula “per avallo” seguita dalla sottoscrizione o con l’apposizione della
semplice sottoscrizione sulla faccia anteriore del titolo. Il pagamento da parte dell'avallante non
estingue il titolo, ma determina l'acquisto del diritto cartolare per riscatto contro l'avallato e coloro
che siano obbligati cartolarmente nei suoi confronti.

1.6. L'esercizio dei diritti cambiari (pag. 671)

Il debitore può eccepire al portatore la nullità del titolo per difetti sui requisiti formali e per
eccezioni diverse da quelle fondate su rapporti personali con i precedenti portatori. Dato che i titoli
cambiari possono presentare una pluralità di obbligazioni cartolari, bisogna distinguere fra: 1)
eccezioni assolute, opponibili a qualunque obbligato, in quanto afferenti la validità del titolo; 2)
eccezioni relative, opponibili solo ad un determinato obbligato, dato che riguardano la validità della
sola obbligazione; le seconde non inficiano le posizioni degli altri obbligati. Sotto il profilo
processuale il titolo cambiario, se bollato, costituisce titolo esecutivo; tale caratteristica è riservata
anche ai provvedimenti giudiziari ed agli atti pubblici.

s.n. L’azione cambiaria

L’azione cambiaria (diretta o di regresso) gode di un particolare regime processuale volto a


consentire al creditore un più rapido recupero della somma dovutagli. A tal proposito la legge
stabilisce una procedura esecutiva tramite la quale una cambiale, originariamente in regola con il
bollo, vale come titolo esecutivo. Il possessore pertanto può iniziare la procedura esecutiva sui beni
del debitore senza doversi munire preventivamente di un provvedimento giudiziale di condanna.

s.n. L’azione cambiaria diretta

E’ promuovibile dal portatore contro gli obbligati principali (emittente e avallanti per pagherò
cambiario, trattario accettante e avallanti per cambiale tratta) senza particolari formalità.
L’esercizio dell’azione cambiaria diretta si prescrive in 3 anni dalla scadenza della cambiale.

1.5. L'azione di regresso (pag. 669)

E' subordinata al maturare di 2 presupposti: 1) mancato pagamento (elemento sostanziale); 2)


protesto - mancato pagamento constatato in una forma determinata (elemento formale).
1) Per mancato pagamento si intende il mancato adempimento della prestazione da parte di chi è
designato a pagare in via principale. 2) Il protesto, atto autentico redatto da un pubblico ufficiale,
deve avvenire in un determinato termine utile. Il protesto può essere utilizzato anche come forma di
pressione psicologica in quanto il protesto è soggetto alla pubblicazione sul Bollettino della Camera
di Commercio. Competenti per il protesto sono i notai e gli ufficiali giudiziari, in mancanza i
segretari comunali che si possono avvalere di collaboratori qualificati nominati dalla CdA. Vi è la
facoltà per il pubblico ufficiale o per il portatore (azienda di credito) di chiedere al Trib., entro 5 g.
dal protesto, la cancellazione dall'elenco.

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La presentazione del titolo al designato in via principale può essere omessa per casi particolari: a)
fallimento del soggetto; b) forza maggiore, circostanza impeditiva con carattere assoluto e generale,
costituente ostacolo insormontabile alla presentazione del titolo; fino alla cessazione di tale causa la
presentazione può essere omessa. La dispensa dalla preventiva presentazione implica anche la
mancanza del protesto.
Vi sono anche ipotesi di esonero dal protesto: a) dichiarazione di rifiuto da parte del debitore in via
principale con la quale si respinge la richiesta di pagamento; b) clausola “senza spese” che, se è
apposta dal traente, ha efficacia generale, mentre se è apposta da un girante, ha effetto solo nei suoi
confronti. Nei casi di esonero dal protesto, lo stesso è superfluo ma non illegittimo.
L'azione di regresso comprende l'ammontare del titolo non pagato, oltre agli interessi compensativi
e di mora ed alle spese di protesto. Vi è l'onere per il portatore di dare avviso del protesto - entro 4
gg. - al proprio girante ed al traente e ai loro avallanti. L'omissione di tale avviso non comporta la
perdita dell'azione di regresso, ma è fonte di risarcimento dell’eventuale danno subito dall'obbligato
di regresso.
E’ promuovibile dal portatore contro gli obbligati di regresso (giranti e avallanti per pagherò
cambiario, traente, giranti e avallanti per cambiale tratta) ove ricorrano le seguenti condizioni: a)
presentazione all’accettazione; b) presentazione al pagamento; c) protesto; d) obbligo di avviso al
proprio girante e avallanti (a pena risarcimento danni).
L’esercizio dell’azione cambiaria di regresso si prescrive in 1 anno.

E’ altresì previsto un procedimento ordinario in base al quale il portatore della cambiale può
avvalersi del procedimento di cognizione per ottenere la sentenza di condanna. Questa peraltro è
l’unica via praticabile qualora la cambiale non fosse stata originariamente in regola con il bollo,
purché successivamente regolarizzata.

1.7. L'azione causale e l'azione di arricchimento (pag. 672)

L’emissione e la circolazione della cambiale hanno di regola fondamento in un rapporto


preesistente di debito tra chi da e chi riceve il titolo; tale rapporto non si estingue con l’emissione
o la girata della cambiale, a meno che non si provi che il suo rilascio abbia prodotto novazione del
rapporto causale. Per realizzare il proprio credito, quindi, il portatore della cambiale ha a
disposizione, oltre alle azioni cambiarie (diretta o di regresso), anche l’azione causale. Ovviamente
l’azione causale sarà possibile solo quando l’esercizio dell’azione cambiaria non sia più possibile.
La legge sottopone tale possibilità ad alcuni limiti: 1) deve sussistere la necessità di far ricorso
all’azione causale (e quindi questa non può essere esperita con preferenza sull’azione cambiaria
per libera scelta del portatore); 2) deve essere consentita la tutela della posizione di colui contro il
quale l’azione causale si rivolge, in modo che gli sia permesso di esercitare a sua volta i dirtiti
cambiari in sostituzione del portatore.
Al fine di salvaguardare il soggetto passivo per le sue eventuali pretese cartolari di rivalsa nei
confronti dei precedenti obbligati di regresso, chi vuole esercitare l'azione causale deve offrire in
restituzione il titolo e adempiere a tutte le formalità necessarie per conservare al debitore le azioni
di regresso che possono competergli.
Quando l’azione causale è rivolta contro un obbligato di regresso, è consentita solo quando questo
sia in condizione di poter esercitare a sua volta i diritti cambiari nei confronti dei precedenti
obbligati di regresso.
La legge richiede quindi che per l’esercizio dell’azione causale che la cambiale sia stata depositata
presso la cancelleria del giudice, che sia stato levato il protesto e che siano state compiute le
formalità necessarie per la conservazione dell’azione di regresso. Tali formalità non sono
ovviamente necessarie qualora l’azione cambiaria sia rivolta contro il debitore principale in
quanto non vi sono ulteriori posizioni di regresso da tutelare. Pertanto, in caso di decadenza o

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prescrizione dell’azione cambiaria, l’azione causale può rivolgersi solo contro il debitore
principale ed è preclusa nei confronti degli obbligati di regresso.
Può verificarsi che il portatore della cambiale abbia perduto, per decadenza o prescrizione, tutte le
azioni cambiarie e non abbia alcuna azione causale da esercitare. In questo caso le legge
cambiaria gli consente di agire contro il traente o l’emittente e il trattario accettante per la somma
di cui si siano arricchiti ingiustamente a suo danno. L'arricchimento consiste in un incremento
patrimoniale o in un risparmio di spesa in rapporto di causalità diretta con la perdita dei diritti
cambiari del portatore; l'arricchito normalmente si identifica nel sottoscrittore iniziale (traente o
emittente) che venga a trovarsi al riparo dall’azione cartolare del portatore e dall’azione causale del
primo prenditore. Arricchimento ingiustificato può configurarsi anche in capo al trattario accettante,
per accettazione non seguita da effettivo pagamento. L’azione è inquadrabile in quella generale di
ingiusto arricchimento. L’azione di arricchimento cambiario si prescrive in 1 anno dal giorno della
perdita dell’azione cambiaria.

2. La cambiale: struttura e requisiti formali del titolo (pag. 672)

L'espressione “cambiale” individua 2 fattispecie; 1) pagherò o vaglia cambiario; 2) cambiale tratta.


Mancando una specifica norma definitoria, le due specie sono definite dai rispettivi requisiti
formali. 1) il pagherò cambiario è la promessa incondizionata rivolta dall'emittente al portatore del
titolo di pagare una somma determinata; 2) la cambiale tratta è un ordine incondizionato rivolto dal
traente al trattario di pagare una somma determinata al portatore del titolo. Requisiti formali sono:
a) denominazione del titolo: pagherò o vaglia cambiario (per la prima), cambiale (per entrambe); b)
promessa o ordine di pagare una somma determinata. La sottoposizione a condizione, come la
mancanza della clausola che determini il tasso di interesse, comporta la nullità del titolo. Le
cambiali emesse dal 2003 dovranno contenere nome e cognome, luogo e data di nascita o C.F. del
debitore (generalità). La tratta deve contenere l'indicazione del trattario (nome civile o ditta); c)
scadenza del titolo (a vista – a certo tempo vista – a data certa – a certo tempo data). Nei primi 2
casi l'esigibilità è rimessa all'iniziativa del portatore che la deve esercitare entro 1 anno dalla data di
emissione. Le altre 2 forme di scadenza sono determinate all'atto di emissione del titolo (per 4 –
decorsa una frazione di tempo dall'emissione). La scadenza può anche mancare in quanto la legge
considera la cambiale esigibile a vista. Può mancare anche l'indicazione del luogo di pagamento,
essendo la tratta pagabile nel luogo indicato accanto al nome del trattario e il pagherò cambiario nel
luogo di emissione del titolo che, se non indicato espressamente, coincide con quello indicato
accanto al nome dell'emittente. Se si presume che il pagamento verrà effettuato da un terzo, si avrà
domiciliazione propria, non coincidendo il luogo di pagamento con quello del debitore principale;
si avrà domiciliazione impropria se nel luogo predetto il titolo dovrà essere pagato dal debitore
principale. La cambiale deve contenere il nominativo del primo prenditore. La data di emissione è
essenziale, sia per la valutazione della capacità legale e dei poteri di rappresentanza, ma anche per il
computo del termine di presentazione; deve essere certa (anche se non espressamente indicata, ma
riferibile ad uno specifico avvenimento noto) e possibile. Ultimo requisito formale è la
sottoscrizione del traente o dell'emittente, intesa non come sottoscrizione autentica ma verosimile,
oggettivamente riferibile ad una persona astrattamente esistente. La mancanza dei requisiti formali
invalida il titolo; i requisiti possono anche essere apposti durante la circolazione (cambiale in
bianco). Il diritto di riempimento è soggetto a decadenza decorsi 3 anni dalla data di emissione; la
decadenza è inopponibile al terzo portatore di buona fede.

2.1. La cambiale ed il rapporto fondamentale. La cambiale di favore (pag. 675)

Anche la cambiale sottostà al rapporto fondamentale che si ripercuote sull'obbligazione cartolare


solo nei confronti del portatore nei cui confronti il rapporto viene intrattenuto. Nella cambiale tratta
l'astrazione dell'obbligazione cartolare riguarda il rapporto traente/primo prenditore (rapporto di

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valuta) e quello traente/trattario (rapporto di provvista). Si parla di cambiale di favore se
l'apposizione della firma avviene in base ad un accordo di favore che obbliga il favorito a pagare al
posto del favorente. Il favorente potrà eccepire al solo favorito il carattere di favore della firma.

2.2. La cambiale tratta (pag. 676)

La cambiale tratta è una delegazione di pagamento in quanto il delegante, debitore del delegatario,
ordina ad un terzo delegato, di solito suo debitore, di pagare il suo creditore. Se il delegato paga, il
suo debito nei confronti del delegante sarà compensato per tale importo. L'accettazione è una
dichiarazione cambiaria per ottenere la quale occorre presentare il titolo al trattario, ma la
presentazione è facoltativa; non richiede formule particolari e, se apposta sulla facciata anteriore del
titolo, può consistere nella semplice apposizione della firma del trattario. L’accettazione deve essere
incondizionata, ma può riguardare solo una parte della somma.

2.3. La circolazione delle garanzie che assistono il credito cambiario (pag. 677)

All'emissione della cambiale può accompagnarsi la concessione di una garanzia reale (pegno,
ipoteca) o personale (fideiussione), che si trasferisce come accessorio del credito cambiario a titolo
derivato. Nel caso dell'ipoteca, onde evitare che per la regola della nominatività si debbano
iscrivere sui registri immobiliari i nominativi di tutti i prenditori, è stata introdotta la cambiale
ipotecaria che, iscritta una prima volta, si trasferisce automaticamente ad ogni successivo giratario.

2.4. Il pagamento della cambiale ed il regresso per mancato pagamento (pag. 677)

Le cambiali a vista devono essere presentate per il pagamento al debitore principale entro 1 anno
dalla data di emissione; quelle a certo tempo vista, a data certa o a certo tempo data il giorno della
scadenza o nei 2 gg. feriali successivi. L'inosservanza della prima ipotesi comporta la perdita di
qualsiasi azione cambiaria, mentre quella della seconda provoca solo la perdita delle azioni di
regresso, restando il debitore principale obbligato fino al termine della prescrizione.
Il creditore cambiario può rifiutare il pagamento parziale; il portatore non è tenuto ad accettare un
pagamento prima della scadenza. L'azione di regresso per mancato pagamento può essere esercitata
anche in via anticipata in caso di: a) sottoposizione del trattario accettante/emittente a procedura
concorsuale; b) cessazione dei pagamenti o esecuzione infruttuosa di altri crediti; c) fallimento del
traente per cambiale tratta non accettata.

2.5. L'intervento cambiario (pag. 678)

Se la cambiale non viene accettata, il portatore può esercitare azione di regresso prima della
scadenza nei confronti del traente (come per il caso di dissesto del trattario prima
dell’accettazione). Per evitare tale inconveniente la legge prevede la figura dell’accettante per
intervento, in base alla quale l’accettazione può avvenire con l’intervento di una persona diversa
dal trattario, sia che tale intervento sia fatto per indicazione del traente (indicazione di “indicato al
bisogno”), sia che l’intervento sia spontaneo (intervento per onore). L’accettazione per intervento
è ammessa solo in caso di mancata accettazione o di fallimento del trattario prima dell’accettazione
e determina il fatto che il regresso nei confronti del traente non può essere esercitato prima della
presentazione della cambiale all’interventore e fino a quando il suo eventuale rifiuto sia stato fatto
constatare tramite protesto.
Il pagamento per intervento può avvenire sia alla scadenza, sia prima, a condizione che vi sia un
obbligato di regresso a cui favore l'intervento è spiegato; non può essere rifiutato dal portatore. Il
pagamento deve essere integrale e tempestivo. A seguito del pagamento, l'interveniente acquista in
via autonoma i diritti cambiari del portatore.

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2.6. La prescrizione dei diritti cambiari (pag. 679)

La prescrizione dei titoli cambiari è soggetta ad una disciplina speciale:


a) azione cambiaria diretta (portatore c/ trattario accettante/emittente): 3 anni dalla scadenza o dalla
presentazione infruttuosa per la cambiale a vista; b) azione di regresso (ultimo portatore c/ giranti/
traente): 1 anno; c) azione di ulteriore regresso (girante c/ altri giranti/traente): 6 mesi.

3. L'assegno bancario: struttura e funzione (pag. 680)

L'assegno bancario è come una tratta a vista, anche se il primo ha funzione di pagamento e la
seconda funzione di credito. L'assegno, come mezzo di pagamento, prevede: a) esigibilità a vista;
b) divieto di assunzione di ogni responsabilità cartolare da parte del trattario; c) necessità che il
trattario rivesta una particolare qualifica (banca); d) necessità di accordo preventivo traente/
trattario; e) revocabilità dell’ordine contenuto nel titolo solo dopo la scadenza del termine di
presentazione (8/15/20/60 gg. rispettivamente per assegni su piazza-fuori piazza-altra nazione
europea-altro continente).
Il portatore di un assegno bancario non può vantare diritti nei confronti del trattario ma, l'eventuale
"visto" della banca che certifica l'esistenza dei fondi disponibili, obbliga quest’ultima a tenere
fermo il relativo importo fino alla scadenza del termine di presentazione.

3.1. Requisiti di regolarità dell'assegno bancario (pag. 680)

La mancanza dei requisiti di regolarità, ora sanzionata in via amministrativa (L. 386/90), non tocca
l'efficacia cambiaria del titolo; essi sono: a) art. 1 - diritto di disporne mediante assegno bancario -
la convenzione di assegno, collegata alla regolamentazione in c/c, è paragonabile allo schema del
mandato; b) art. 2 - esistenza di fondi disponibili presso la banca - vi è disponibilità di fondi se il
traente è titolare di un credito disponibile nei confronti del trattario che ha l'obbligo di
corrispondere la somma di denaro o di tenerla a disposizione del cliente.
In deroga a tale disciplina generale:
- il pagamento deve essere fatto, non all'effettivo beneficiario, ma a chi appaia come tale;
- ogni alterazione dell'assegno fatta durante la sua circolazione, se non facilmente rilevabile, è a
carico del cliente;
- l'addebito dell'importo può prescindere dall'effettiva emanazione di un ordine conforme (falsità
della firma di traenza).

3.2. Requisiti formali dell'assegno bancario (pag. 681)

Essi sono: 1) denominazione di assegno bancario; 2) ordine incondizionato di pagare una somma
determinata; 3) nome di colui che è designato a pagare (trattario), necessariamente un banchiere,
autorizzato e controllato da BKI; 4) indicazione del luogo di pagamento (in caso di omissione deve
intendersi come luogo di emissione); 5) indicazione del luogo e della data di emissione (la data di
emissione deve essere esistente e corrispondere a quella del rilascio). E' nullo il patto extra cartolare
di non presentare l'assegno prima di una certa data. 6) sottoscrizione del traente (è prevista la
possibilità, previo accordo con la banca, che l'assegno sia tratto da un terzo su conto altrui).
Il titolo assente di uno o più requisiti formali, sin dalla sua emissione, è nullo; è esclusa la
possibilità di emissione di assegno in bianco.

3.3. La circolazione dell'assegno bancario (pag. 683)

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Può essere all'ordine o al portatore e pertanto valgono le stesse regole generali sui titoli di credito e
quelle specifiche dei titoli cambiari sulla responsabilità di regresso dei giranti. Non è prevista
obbligazione cartolare del trattario. Sul titolo può essere apposta la dicitura "non trasferibile" che lo
rende pagabile unicamente all'immediato prenditore; la cancellazione di tale clausola è priva di
effetto, come accade per le girate apposte sull'assegno non trasferibile. La banca che paghi a
persona diversa da quella indicata è responsabile per colpa anche lieve.
La clausola di sbarramento, che consiste in due linee parallele apposte sulla facciata anteriore,
rende l'assegno pagabile solo ad un banchiere o ad un cliente della banca trattaria.
La clausola "da accreditare", si intende che il titolo è pagabile solo con accreditamento ad un
correntista della banca trattaria.

[A partire dal 2007, i libretti di assegni in Italia sono emessi con la CLAUSOLA "non trasferibile",
salvo diversa indicazione da parte del cliente e previo assolvimento dell'imposta di bollo.
Non trasferibile: La clausola non trasferibile impedisce la girata dell'assegno e, di fatto, rende
l'assegno un titolo nominativo, consentendone l'incasso al solo beneficiario. Si può apporre la
clausola "non trasferibile" anche dopo una o più girate (penultimo comma art. 43 della Legge
sull'assegno), onde evitare ulteriormente la circolazione dell'assegno.
Il d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, modificato con d.lgs. 20 gennaio 2010, n. 11, ha stabilito che, al
fine di prevenire il riciclaggio di denaro, gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o
superiori a 1.000 euro debbano recare obbligatoriamente tale clausola, unitamente all'indicazione
del beneficiario.
In precedenza, il correntista otteneva dalla banca un libretto di assegni che, salvo diversa
indicazione, potevano essere girati a creditori terzi. Su ogni assegno vi era un apposito spazio
bianco, in modo da permettere di specificare la clausola della non trasferibilità, ossia che tale titolo
di credito poteva essere presentato all'incasso solamente dal beneficiario.
Attualmente al correntista viene consegnato un libretto di assegni personali non trasferibili; i vecchi
libretti devono essere richiesti esplicitamente e comportano una imposta di bollo di 1,5 euro per
ciascun modulo di assegno, versata alla Banca e da questa allo Stato. L'introduzione di tale
normativa costituisce un deterrente al riciclaggio di denaro sporco, poiché i continui passaggi da un
conto corrente all'altro mediante girata rendevano difficile la tracciabilità del denaro di provenienza
mafiosa o illegale.]

3.4. La presentazione per il pagamento e l'azione di regresso (pag. 684)

I termini di presentazione per il pagamento decorrono dalla data di emissione, anche se vi sono dei
termini previsti in base al luogo di pagamento/luogo di emissione per l'inefficacia della revoca del
traente, che però non riguardano l'esigibilità dell'assegno. La banca è tenuta a controllare la
legittimazione del portatore, l'autenticità della firma e l'esistenza dei fondi.
L'azione di regresso è esperibile solo per mancato pagamento ed è subordinata al protesto che
attesta la tempestiva presentazione ed il mancato pagamento; l’azione di regresso si prescrive
decorsi 6 mesi dalla scadenza del termine di presentazione.

4. L'assegno circolare (pag. 685)

Si presenta come un pagherò cambiario a vista emesso da una banca a seguito di un credito di pari
importo verso la stessa; è pagabile presso ogni sede o agenzia della banca emittente. Può essere
emesso a favore del richiedente o di un terzo.
Requisiti formali sono: 1) denominazione di assegno circolare; 2) promessa incondizionata di
pagare a vista una somma determinata; 3) indicazione del prenditore; 4) indicazione espressa del
luogo e della data di emissione; 5) sottoscrizione dell'istituto emittente (stampigliatura e sigla
autografa del funzionario addetto).

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funzionario addetto).
GARANZIAPARTE PRIMA

L'ATTIVITA' D'IMPRESA E IL MERCATO

Capitolo III – L’IMPRENDITORE COLLETTIVO

1. Il problema dell’impresa collettiva (pag. 61)


Archetipo dell’impresa individuale è l’impresa esercitata da una persona fisica, mentre quello di
impresa collettiva può essere quello di impresa esercitata in comune da più soggetti, o impresa che
è nella titolarità sostanziale di più soggetti, o ancora impresa esercitata nell’interesse di più persone.
La qualificazione di impresa collettiva prescinde dalla circostanza che la pluralità di soggetti si sia
unificata o no in un soggetto distinto con personalità giuridica e bisogna domandarsi se la società
sia stata concepita dal legislatore come unica forma di esercizio collettivo dell’impresa o se invece
questa sia solo una delle possibili forme di esercizio collettivo. Per alcuni l’impresa collettiva
comprende tutte le forme di esercizio ad opera di più soggetti, unificati o no in un soggetto
formalmente distinto, quindi le società (personificate o no, lucrative e mutualistiche), l’impresa
delle associazioni e delle fondazioni, l’impresa dei consorzi e quella dei coniugi in regime di
comunione legale. Per altri l’impresa collettiva comprende anche le attività economiche che si
inseriscono accidentalmente in fenomeni estranei all’economia (in ambito della famiglia, delle
associazioni e delle fondazioni). I secondi desumono che il sistema del codice resti imperniato sulla
contrapposizione di due categorie di enti basata sulla diversità dei fini istituzionali: a) enti regolati
dal Libro I – associazioni e fondazioni -; b) enti regolati dal Libro V – società e consorzi.
Nella realtà bisogna porsi 3 interrogativi: 1) è possibile una forma di esercizio collettivo
dell’impresa diversa dalle società e, se sì, quali forme può assumere; 2) comunque, risolto il
problema 1), se sia possibile che associazioni, fondazioni e associazioni in partecipazione possano
esercitare attività d’impresa; 3) se esistano altre figure “codificate”, diverse da quelle 1) e 2), cui
possa attribuirsi la qualità di imprenditore collettivo.

2. Impresa esercitata in comune da più soggetti e modello legislativo: comunione di impresa,


associazione in partecipazione, cointeressenza e società (pag. 62)
Con riferimento al punto 1), il cod. civ. mette a disposizione di chi non intenda esercitare l’impresa
da solo un’unica forma istituzionalizzata: la società.
Ciò premesso, verifichiamo la soluzione rispetto alle singole ipotesi:
Comunione d’impresa. Figura creata dalla dottrina sulla base delle fattispecie giurisprudenziali.
La comunione d’impresa intesa come forma di esercizio collettivo, alternativa alla società, si è
esaurita nel tempo, allargandosi la gamma delle entità non societarie (associazioni, fondazioni)
esercitanti attività imprenditoriali.
Associazione in partecipazione e in cointeressenza. Non possono essere incluse nelle imprese
collettive l’associazione in partecipazione (2549-2552) e la cointeressenza (2553) (contratto di
partecipazione agli utili e alle perdite di una attività di impresa) - forme individuali dell’esercizio
d’impresa - caratterizzate, la prima, da un contratto che vede nella prestazione di un apporto
determinato da parte dell’associato il corrispettivo della prestazione nella partecipazione agli utili
dell’impresa dell’associante (2549) e, la seconda, da una doppia tipologia: 1) quella del contratto
che attribuisce una partecipazione agli utili, senza partecipare alle perdite; 2) quella del contratto
con cui una parte attribuisce all’altra la partecipazione agli utili e alle perdite della sua impresa,
senza il corrispettivo di un determinato apporto (2553).
Nell’associazione in partecipazione mancano la gestione comune e il patrimonio comune, caratteri
distintivi ed esclusivi della società.

3. L’esercizio dell’impresa da parte di altri soggetti collettivi “codificati”, ma destinati

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istituzionalmente al perseguimento di altri scopi: associazioni e fondazioni (pag. 63)
Soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle società, che perseguono scopi diversi dall’esercizio di
attività economica o imprenditoriale (associazioni e fondazioni) possono esercitare attività di
impresa?
Le associazioni si differenziano dalle società in base agli scopi istituzionali: esercizio di attività non
economica per le associazioni, esercizio di attività economica per le società. Ma nel tempo la realtà
è cambiata e vi sono società che non si prefigurano il lucro e associazioni che esercitano sempre più
attività di impresa. E’ stato introdotto il concetto di scopo di lucro, che è la causa del contratto per
le società lucrative, mentre è assente per le associazioni che, pur potendo realizzare utili, non
possono distribuirli fra gli associati. Di conseguenza vi sarà associazione, e non società, se il gruppo
esercita per scopi ideali un’attività economica, a condizione che manchi lo scopo di lucro
soggettivamente inteso. E’ pertanto possibile che l’associazione acquisti la qualità di imprenditore
se l’attività economica svolta dall’associazione è strumentale rispetto ad altra attività ideale
(beneficienza), cui vanno devoluti gli utili.
Per le fondazioni una costante del dibattimento è stata la strumentalità, ovvero che l’attività
economica svolta debba essere strumento ideale per il miglior conseguimento degli scopi
istituzionali che la fondazione si propone di raggiungere. L’attività imprenditoriale potrà contribuire
a meglio realizzare gli scopi istituzionali, direttamente (coerenza tra scopi ideali e oggetto
dell’attività imprenditoriale), o indirettamente (fondazione che gestisce qualsiasi impresa per
procurarsi i mezzi per il perseguimento degli scopi).

4. Le altre figure “codificate” suscettibili di assumere la qualità di imprenditori collettivi: azienda


coniugale e impresa familiare (pag. 64)
Impresa familiare – introdotta nel 1975 con art. 230 bis (impresa cui collaborano il coniuge, i
parenti entro il 3° grado e gli affini entro il 2°). Ma i diritti e i poteri dei familiari non intaccano la
titolarità dell’esercizio e ciò fa escludere che l’impresa familiare istituzionalmente possa essere
considerata impresa collettiva.
Impresa dei coniugi in regime di comunione legale – azienda gestita da entrambi i coniugi in
regime di comunione legale (177). La distinzione tra comunione e impresa collettiva deriva dal
riconoscimento che l’esercizio dell’azienda comune da parte dei coniugi non trasforma la
comunione in società. Il criterio di gestione del patrimonio comune dei coniugi è quello della
pariteticità che, relativamente all’impresa, si manifesta con l’assunzione della qualità di
imprenditore per entrambi i coniugi.

Capitolo IV – L’IMPRENDITORE SOCIETA’

1. L’identificazione della fattispecie società e i punti di vista dai quali ciò può avvenire (pag. 66)
La società è la forma principale di esercizio comune dell’attività di impresa da parte di più soggetti.
Parlando di società bisogna fare riferimento a 2 concetti: 1) contratto attraverso il quale la società
viene costituita; 2) ente (soggetto giuridico) che da tale fonte trae vita.
La società viene definita come una forma di esercizio collettivo, di norma in forma di impresa, di
un’attività economica posta in movimento di regola attraverso un contratto con il quale due o più
soggetti conferiscono beni o servizi per il perseguimento di uno scopo lucrativo, mutualistico o
consortile. La nozione di società è unitaria, ma non altrettanto i tipi di società cui i vari contratti
possono dar luogo. L’art. 2249 sancisce il principio di tipicità delle società (no società atipiche).

2. Programma dell’indagine (pag. 67)


Tali problemi saranno esaminati nel seguente ordine: 1) identificazione della società come impresa
– differenza rispetto allo statuto di imprenditore individuale ed alle altre forme di impresa
collettiva; 2) identificazione normativa – individuazione dello statuto dell’imprenditore-società; 3)
identificazione della funzione cui la società assolve – illustrazione degli scopi istituzionali:

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lucrativo, mutualistico, consortile; 4) identificazione negoziale – illustrazione dei caratteri del
negozio costitutivo di società.

3. L’identificazione dell’impresa-società (pag. 67)


Il contratto (2247), oltre a far nascere la società come soggetto, fa nascere anche l’impresa società?
Bisogna stabilire se esiste un’equazione società-impresa per accertare il momento in cui la società
acquista la qualità di imprenditore e se le società siano o no sempre imprenditori.

3.1. L’acquisto della qualità di imprenditore da parte della società (pag. 67)
Le definizioni di imprenditore (2082) e di contratto di società (2247) portano ad alcune differenze:
l’art. 2247 non riprende il concetto di impresa né allude all’attività di impresa; manca inoltre il
concetto di professionalità; nell’art. 2082 non ci sono riferimenti né a scopi specifici né allo scopo
di lucro.
Sul momento dell’acquisizione della qualifica di impresa esistono 2 concetti contrapposti:
1) equazione impresa-società, dato che l’elemento della professionalità, necessario per l’acquisto
della qualità di imprenditore, è insito nella costituzione della società per l’esercizio di un’attività
economica; la società pertanto assume la qualità di imprenditore anche se non ha iniziato l’attività
di impresa o se manca l’abitualità nell’esercizio dell’attività stessa. Se la soc. esercita attività
commerciale è soggetta allo statuto dell’imprenditore commerciale (iscrizione nel registro, tenuta
della contabilità, soggezione alle procedure concorsuali).
2) altri contestano la parificazione fra attività economica e attività imprenditoriale e negano che il
requisito della professionalità sia compreso nella definizione di società. Pertanto viene parificato
l’imprenditore individuale all’imprenditore società, sottoponendo la società - fino a che non inizi
l’attività - alle sole norme societarie e non anche allo statuto dell’imprenditore. Pertanto il criterio
principale per l’identificazione della fattispecie impresa-società non differisce da quello che
individua l’impresa individuale, essendo fondamentale l’esercizio effettivo di un’attività che
corrisponda all’art. 2082.
Ma ciò non comporta l’assoluta parificazione fra i due tipi di impresa, necessitando per l’impresa
societaria anche altri elementi di identificazione.

3.2. Gli ulteriori elementi di identificazione dell’impresa-società (pag. 68)


L’impresa società si caratterizza per 4 elementi: 1) esercizio in comune dell’attività economica
(scopo-mezzo per raggiungere le finalità di carattere lucrativo, mutualistico, consortile); 2)
comunanza dei mezzi patrimoniali (apporto dei soci per creare un fondo sociale indispensabile per
l’esercizio dell’attività); 3) comunanza dei poteri (potere di determinare l’attività sociale
riconosciuto a tutti i partecipanti); 4) conseguimento di un risultato coerente con lo scopo
istituzionale scelto (lucrativo, mutualistico, consortile) con conseguente ricaduta dei risultati della
gestione sociale su tutti i partecipanti alla società: a) buoni (utili, vantaggi mutualistici); b) cattivi
(perdite).

4. L’identificazione normativa (pag. 69)


La disciplina delle società è contenuta nel Libro V - Titoli V (Soc) – VI (Coop e Mutue ass.ci) – X
(Consorzi) – XI (Disp. pen. per Soc. e Consorzi) del c.c.
Titolo V: 11 capi (idealmente scomposto in 2 parti: 1) Capo I – da 2247 a 2250 – disciplina generale
di tutte le società; 2) residui Capi – da 2251 a 2510 - disciplina dei singoli tipi di società lucrative
(II/VII); scioglimento e liquidazione della società di capitali (VIII); gruppi di società (IX);
trasformazione, fusione, scissione (X); società costituite all’estero (XI).
Titolo VI: 2 Capi: I) società cooperative – da 2511 a 2549 –; II) mutue assicuratrici – da 2546 a
2548.
Oltre a ciò: Titolo X art. 2615 ter – società consortili – e Titolo XI – disposizioni penali in materia
di società.

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4.1. L’identificazione del tipo (pag. 69)
La nozione di società è unitaria, ma non anche i tipi di società che scaturiscono dal tipo di contratto
posto in essere. I tipi societari disciplinati dal codice sono i seguenti: 1) società semplice V/II; 2)
società in nome collettivo V/III; 3) società in accomandita semplice V/IV; 4) società per azioni V/
VI; 5) società in accomandita per azioni V/VII; 6) società a responsabilità limitata V/VIII; 7)
società cooperativa VI/I: 8) società di mutua assicurazione VI/II.
La società consortile (X/II) non costituisce tipo a sé dato che l’art. 2615-ter dispone che quello
consortile è lo scopo che gli altri tipi di società possono assumere.
Le società aventi ad oggetto attività economica non possono essere costituite al di fuori di queste
tipologie di società (tipicità delle società).
All’esercizio in comune di un’attività economica, elemento comune a tutte le società, si aggiungono
altri elementi: 1) scopo istituzionale (lucrativo, mutualistico, consortile); 2) regime di responsabilità
personale dei soci (illimitato nella soc. personali, limitato nelle soc. di capitali); 3) natura
dell’attività economica (agricola, commerciale).
La soc. semplice è lo strumento esclusivo per l’esercizio di attività non commerciali, mentre gli altri
tipi di soc. permettono l’esercizio di ogni tipo di attività.
Sono salve le disposizioni per le soc. cooperative e le soc. di diritto speciale.
Quando i privati scelgono un tipo di soc previsto dalla legge, si instaura la disciplina del tipo
societario prescelto.

5. I profili funzionali delle società. Scopo istituzionale e causa del contratto sociale: società
lucrative, società mutualistiche, società consortili (pag. 70)
Dopo l’impresa e il tipo, la soc. è identificata dal punto di vista funzionale (scopo istituzionale
assunto come causa del contratto). Le soc. si identificano in lucrative, mutualistiche e consortili ed
ognuno degli scopi prende le sembianze di causa del contratto sociale:
1) se la soc. persegue uno scopo lucrativo si propone un utile (lucro oggettivo) e la sua distribuzione
ai soci (lucro soggettivo), senza possibilità di esclusione di qualche socio (patto leonino, 2265).
Sono soc. lucrative: a) soc. semplici; b) soc. in nome collettivo; c) soc. in accomandita semplice; d)
soc. per azioni; e) soc. in accomandita per azioni; f) soc. a responsabilità limitata (T. V – C. II/VII).
2) se la soc. persegue uno scopo mutualistico, si propone di offrire ai soci - senza intermediari e a
condizioni migliori di quelle sul mercato - beni, servizi, occasioni di lavoro (vantaggio
mutualistico). Sono soc. mutualistiche: a) soc. cooperative; b) soc. di mutua assicurazione (T. VI –
C. I/II).
3) se la soc. persegue uno scopo consortile, si propone di creare un’organizzazione comune per la
disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle imprese dei soci (2602). Possono rientrare
in questo scopo le soc. previste nel titolo V - capi III/VII.

6. L’identificazione negoziale (pag. 71)


La società nasce con contratto, ma anche con negozio unilaterale o per legge.

6.1. Il contratto di società. Caratteri comuni a tutti i tipi di società e caratteri distintivi (pag. 71)
La soc. si costituisce per l’esercizio di attività economica in comune fra più persone, secondo uno
dei tipi identificati per il raggiungimento di uno scopo lucrativo, mutualistico o consortile. Dall’art.
2247 si ricavano elementi comuni a tutti i tipi di soc.; A) soggetti (2 o + persone); B) costituzione di
un fondo sociale (conferimento beni o servizi); C) oggetto sociale (specificazione dell’esercizio in
comune dell’attività economica); D) causa (come specificazione dello scopo istituzionale).
Accanto a questi elementi ne esistono degli altri, a volte combinai fra loro, che servono ad
identificare i vari tipi di soc.. Ad eccezione della soc. semplice, il contratto assume il nome di atto
costitutivo.

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6.2. A) I soggetti (pag. 71)
Se la soc. si costituisce con scrittura privata o per atto pubblico, i contraenti devono essere
individuati con nome e cognome, luogo e data di nascita, domicilio e cittadinanza. Possono
sottoscrivere contratto di soc. 1) le persone fisiche, 2) le giuridiche, 3) gli enti non riconosciuti.
Per la partecipazione alle varie soc. di soggetti diversi dalle persone fisiche, vi sono numerosi
problemi in ordine alla partecipazione di:
a) soc. di capitali a soc. di persone, ovvero se le soc. di capitali possano divenire soci di soc. di
persone. La dottrina prevalente e una giurisprudenza minoritaria lo consentono. Il legislatore,
aggiungendo il 2 c. all’art. 2361, ha stabilito che l’assunzione di partecipazioni in altre imprese,
comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime, deve essere deliberata
dall’assemblea e gli amministratori devono darne specifiche indicazioni nelle note integrative del
bilancio.
b) soc. di persone a soc. di persone – unanime risposta positiva.
c) soc. di persone a soc. di capitali (nessun problema).
d) soc. cooperative a soc. lucrative (si).
e) soc. di capitali a soc. cooperative (quesito quasi sempre negativo).
f) soc. alla comunione legale dei coniugi (ipotesi dottrinale, dove la soluzione positiva è subordinata
alla preventiva sottrazione delle quote al regime coniugale (art. 210).

6.3. B) I conferimenti e l’inadempimento (pag. 73)


E’ il carattere più importante in quanto non esiste soc. senza conferimenti né socio senza obbligo di
conferimento. Il conferimento consiste nella formazione di un fondo mediante prestazione di dare o
di fare da parte dei soci.
Con riguardo alle specie di conferimento, le distinzioni più importanti riguardano:
a) l’oggetto della prestazione: 1) prestazione di dare: denaro, beni in natura (in proprietà o in
godimento), crediti; 2) prestazioni di fare: (per sole soc. di persone e soc. a responsabilità limitata)
conferimento propria attività lavorativa e suo risultato.
b) la fonte: 1) conferimenti previsti per legge (denaro, crediti, beni in natura, conferimenti d’opera);
2) conferimenti consistenti in entità passibili di essere conferiti in società (partecipazioni in altre
soc./aziende/rami d’azienda, consenso all’inclusione del proprio nome nella ragione o nella
denominazione sociale).
Possono esservi: a) conferimenti di capitale iscrivibili a bilancio e suscettibili di esecuzione forzata
da parte dei creditori (denaro e beni in proprietà); b) conferimenti non di capitali che attribuiscono
solo il diritto agli utili (conferimenti d’opera e di beni in godimento).

6.3.1. Il regime dei beni sociali. Comunione di godimento e società (pag. 74)
I conferimenti dei soci, comportando trasferimenti dal patrimonio dei soci a quello della società,
danno origine ad una comunione di beni finalizzata all’esercizio in comune dell’attività economica,
primo carattere della società. L’art. 2248 stabilisce che la comunione costituita o mantenuta al solo
scopo del godimento di una o più cose è regolata dalle norme del Libro III Titolo VII (norme sulla
comunione dei beni e non sull’attività economica). C’è comunione quando i soggetti costituiscono
e mantengono un rapporto solo per godere dei beni stessi e dei frutti che essi producono; tutti i
comunisti, rispettando gli altrui diritti e in modo autonomo dagli altri, possono esercitare i diritti
spettanti al proprietario. Per le società, invece, i beni sociali vengono impiegati, su specifico
vincolo di destinazione, dai soci solo per l’esercizio in comune dell’attività di impresa, con
esclusione di altre destinazioni. In tema di società la base legislativa comporta importanti
conseguenze: 1) il socio non può servirsi dei beni del patrimonio sociale senza il consenso degli
altri soci (2256); 2) vengono fissate le cause di scioglimento della soc., impedendo, a differenza
dalla comunione, la possibilità per il socio di richiederlo a suo piacimento (2272, 2484 ss., 2539); 3)
le norme che disciplinano le modalità di liquidazione delle quote del socio stabiliscono che allo
stesso non spetta la restituzione del bene conferito e dettano regole particolari per ogni tipo di

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società (2289, 2437 ter); 4) destinazione esclusiva del patrimonio sociale alla soddisfazione dei
creditori sociali (anche per le soc. prive di personalità giuridica) e conseguente autonomia del suo
patrimonio del socio rispetto ai suoi creditori particolari. Per la comunione ciò non avviene, non
essendovi distinzione fra creditori della comunione e quelli dei singoli comproprietari. Vi è
autonomia funzionale del patrimonio sociale rispetto alla realizzazione degli interessi dei soci. Gli
artt. 2247 e 2248 escludono l’ammissibilità di una società in solo godimento e non costituiscono
contratti di società quelli che, pur con formale esercizio di attività economica, danno luogo alla
nascita di soggetti che in realtà non la esercitano. L’art. 2248 assoggetta a tale tipo di rapporto le
norme del terzo e non del quinto libro del c.c.

6.3.2. Fondo sociale, capitale sociale e patrimonio sociale. L’autonomia patrimoniale delle società
(pag. 75)
I conferimenti confluiscono nel fondo sociale che prende la denominazione di capitale sociale (no
per la soc. semplice). Il capitale sociale è il valore in denaro dei conferimenti come risultante dalla
valutazione espressa nel contratto sociale. I conferimenti diversi dal denaro devono essere valutati
all’atto del conferimento e convertiti in espressione numerica. La disciplina dei vari tipi di società
rimanda a istituti differenziati: 1) per le soc. di persone la valutazione di tali conferimenti rinvia, per
i beni in natura, alla disciplina della vendita - per i beni in godimento, alle norme sulla locazione -
per i crediti, fatto salvo il buon fine (norme del diritto dei contratti e delle obbligazioni); 2) per le
soc. per azioni e per le soc. cooperative vale l’art. 2343 – conferimenti - (relazione giurata di un
esperto nominato dal Trib).
Il patrimonio sociale, che rappresenta il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi della soc.,
va distinto dal capitale sociale che fa parte, insieme agli altri beni, del patrimonio sociale. Il
confronto fra patrimonio e capitale sociale indica l’evoluzione in + o in – della soc.
L’autonomia patrimoniale delle soc. fa riferimento alla condizione dei rapporti giuridici
intercorrenti fra un soggetto di diritto diverso da una persona fisica (soc.) rispetto a quelli degli altri
soggetti che compongono il primo. Si parla di autonomia patrimoniale perfetta se esiste reciproca
insensibilità fra patrimonio dell’ente e patrimoni dei singoli associati (le vicende dell’uno non
incidono sulle vicende degli altri). Tale autonomia si ha nelle sole persone giuridiche (soc. di
capitali e soc. cooperative). Vi è invece autonomia patrimoniale imperfetta nelle soc. di persone in
quanto per i debiti sociali possono essere chiamati a rispondere anche gli stessi soci.

6.4. C) L’esercizio comune dell’attività economica. L’oggetto sociale (pag. 76)


L’esercizio in comune dell’attività economica, terzo elemento dell’art. 2247, consente di parlare
delle soc. come contratto con comunione di scopo. L’attività economica si concretizza nella scelta
di un ramo merceologico di attività (oggetto sociale), necessario per tutti i contratti costitutivi dei
vari tipi di soc. L’oggetto sociale, che non può essere commerciale per la sola soc. semplice, deve
possedere i requisiti di liceità, possibilità, determinatezza o determinabilità. Non sono ammessi
oggetti generici o plurimi.
La concreta individuazione dell’oggetto sociale consente di: 1) distinguere la soc. dalla comunione
di godimento; 2) affermare che, se effettivamente esercitata, quella della soc. è attività di impresa;
3) individuare i limiti dei poteri degli amministratori.
In alcuni casi la legge esige l’esclusività dell’oggetto sociale (attività di intermediazione finanziaria,
attività bancaria).

6.5. D) Il conseguimento dello scopo istituzionale. La causa del contratto sociale (pag. 77)
Il quarto elemento rilevante è quello causale. Gli scopi possono essere quelli lucrativi, mutualistici
o consortili che quindi caratterizzano il contratto di società del quale costituiscono la causa.

6.6. E) Gli altri caratteri del contratto di società (pag. 77)

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Il contratto di società è inoltre: a) oneroso; b) consensuale; c) sinallagmatico (per alcuni autori il
sinallagma deriva da: - conferimento/diritto agli utili; - conferimento/acquisto della qualità di socio;
- prestazioni dei contraenti/realizzazione dello scopo comune); d) plurilaterale; e) con comunione di
scopo. Per una parte della dottrina è anche necessaria l’esteriorizzazione del rapporto sociale.

7. La forma del contratto di società. La società di fatto (pag. 78)


Per quanto riguarda la forma del contratto sociale, bisogna distinguere tra: 1) soc. di capitali e soc.
mutualistiche; 2) soc. di persone.
1) Per le prime la forma richiesta è quella dell’atto pubblico.
2) Per le seconde: a) per la soc. semplice vige il principio di libertà della forma. Art. 2251: il
contratto non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti
(forma scritta se conferiti beni immobili in proprietà o in godimento ultranovennale – la nullità
riguarda solo il singolo conferimento o l’intero contratto?); b) per le soc. personali soggette
all’iscrizione nel registro delle imprese (snc e sas) è richiesta la forma scritta.
Dato che per le soc. personali la volontà di far nascere la soc. può concretizzarsi in un semplice
accordo verbale, ciò può desumersi anche da un semplice comportamento concludente delle parti;
in questo caso si parla di società di fatto (soc. in cui due o più persone esercitano in comune
un’attività economica senza aver stipulato alcun accordo espresso). Devono però essere presenti i
requisiti minimi richiesti per l’esistenza della fattispecie societaria: 2 soggetti, accordo fra di essi,
oggetto con i requisiti sopra esposti, causa desumibile dall’art. 2247 (alea comune dei guadagni e
delle perdite). Nella maggior parte dei casi trattasi di soc. che derivano da rapporti di coniugio o di
parentela, oppure da comunione ereditaria. La disciplina della soc. di fatto è quella della soc.
semplice, con l’avvertenza che, ove la soc. di fatto eserciti un’attività commerciale, resta ferma la
responsabilità illimitata e solidale dei soci nei confronti dei terzi.

7.1. Società di fatto, società irregolare, società occulta, società apparente (pag. 79)
Sebbene la definizione di soc. di fatto spesso venga usata come sinonimo di soc. irregolare o di soc.
apparente, la distinzione fra di loro è abbastanza netta.
Può parlarsi di soc. di fatto, di soc. apparente e di soc. occulta per qualsiasi tipo di soc. personale,
mentre il concetto di irregolarità può essere riferito alle sole soc. personali soggette ad iscrizione
nel registro delle imprese.
A) è irregolare la soc. commerciale personale (snc e sas) che non abbia provveduto all’iscrizione.
B) è occulta la soc. nel cui contratto vi è l’espressa e concordata volontà dei soci che i rapporti con
i terzi vengano posti in essere per conto, ma non in nome, della soc., bensì nel nome di chi appare
all’esterno. L’impresa è sociale in quanto l’esercizio compete ai soci e i conferimenti rappresentano
il patrimonio sociale, ma all’esterno le operazioni vengono compiute da una persona come
imprenditore individuale, restando occulti i soci.
C) è apparente la soc. in cui più persone operano nel mondo esterno in modo da ingenerare nei terzi
la convinzione dell’esistenza di un vincolo sociale ancorché inesistente.
Pertanto soc. di fatto non è sinonimo di soc. irregolare, dato che la situazione di fatto può riguardare
tutti i tipi di soc. personali, mentre quella di irregolarità solo le soc. commerciali personali soggette
ad iscrizione nel registro delle imprese.
Palese è la distinzione fra soc. di fatto e soc. occulta.
La dottrina nega che l’apparenza possa assurgere al rango di elemento costitutivo del vincolo
sociale, necessitando sempre la prova dell’esistenza dei rapporti interni.

8. Le società di fonte non contrattuale (pag. 80)


Mentre prima l’unico modo di costituzione della società era il contratto, ora la soc. può nascere
anche da un atto unilaterale o da un provvedimento di legge.

8.1. Le società costituite con atto unilaterale (pag. 80)

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Il D.Lgs. 88/93 ha introdotto l’istituto della srl con socio unico (modifica art. 2475 e rubrica art.
2247 da “Nozione di soc.” a “Contratto di soc.”). A ciò è seguita la costituzione per atto unilaterale
di spa risultanti dalle dismissioni di partecipazioni dello Stato o di altri enti pubblici (D.Lgs
474/94), mentre con D.Lgs 4/03 tale possibilità è stata estesa a tutte le Spa.

8.2. “Società legali” e “società legificate” (pag. 81)


Talvolta lo Stato ha costituito società assoggettandole ad uno status ad hoc. Le soc. che non
originano da un contratto ma direttamente dalla legge sono denominate “soc. legali”. Tali soc.
possono essere: a) “coattive”, se la legge ne determina gli elementi essenziali (capitale sociale,
oggetto); b) “autorizzate”, se la legge non le costituisce ma ne autorizza la costituzione; c)
“promosse”, se vi è obbligo di intavolare trattative per la costituzione.
Sono soc. legificate quelle soc. di fonte non contrattuale per le quali sia stato predisposto,
successivamente alla costituzione, uno statuto legale ad hoc.
Sono soc. speciali quelle fattispecie societarie che presentano tutti i requisiti della fattispecie
generale, ma con in più alcuni requisiti speciali.

9. La prova della società. Problemi – conferimenti di beni immobili, società apparente – e mezzi
(pag. 81)
Può essere data prova della soc. di fatto, apparente o occulta con qualsiasi mezzo (giuramento
decisorio, testimoni, presunzioni o altri fatti concludenti). Per le soc. di fatto in cui sia conferito un
bene immobile, la soluzione cambia a seconda che si intenda che la forma scritta debba riguardare
l’intero contratto o invece il solo conferimento. Nel primo caso i limiti di ammissibilità di prove
diverse da quella scritta riguarderanno l’intero contratto, nel secondo il solo atto di conferimento.

10. Contratto di società e disciplina dei contratti. L’invalidità e la simulazione (pag. 82)
E’ importante individuare l’invalidità del contratto di società, in particolare per stabilire la sorte
degli atti compiuti medio tempore dalla soc., o meglio degli effetti prodotti da tali atti, in quanto la
declaratoria di nullità di un contratto di società travolgerebbe tutti i contratti e gli atti che la soc. ha
posto in essere fin dalla sua costituzione. Bisogna parlare di retroattività o di irretroattività? Per le
spa la dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della soc. dopo
l’iscrizione nel registro delle imprese. Non vi sono norme precise per le soc. di persone.
Per quel che riguarda la simulazione del contratto di soc., sembra che l’esperibilità della relativa
azione riguardi essenzialmente le soc. di persone in quanto l’art. 2332 non menziona la simulazione
tra i casi di nullità dell’atto costitutivo. Ammessa la simulazione, 3 sono i problemi da chiarire:
1) differenza fra soc. simulata (presupponendo un accordo simulatorio fra le parti) e soc. apparente
(prescindendo da ogni rilevanza della volontà delle parti);
2) difficoltà di individuare la simulazione assoluta (se figura all’esterno come sociale un’impresa
individuale e i soci apparenti non intendono in realtà stipulare alcun contratto di soc.) dalla
simulazione relativa (se l’apparente rapporto sociale sottintende un rapporto diverso – associazione
in partecipazione, lavoro subordinato – che le parti hanno interesse a far valere come sociale);
3) disciplina applicabile agli effetti della simulazione rispetto ai terzi.

11. Le modificazioni del contratto di società (pag. 83)


Si ha modificazione del contratto di soc. (o atto costitutivo) se si pone in essere un regolamento
difforme da quello pattuito nell’originario atto di costituzione o da quello legale che ha integrato
l’originaria volontà dei soci. Tale definizione vale per tutti i tipi di soc., ma variano le modalità con
le quali le modificazioni devono essere adottate.
Per le soc. di persone la disciplina è conformata su quella generale dei contratti, ovvero la modifica
deve trovare il consenso di tutti i soci, a meno che sia stata prevista la possibilità di modifica a
maggioranza, clausola introdotta con il consenso di tutti i soci. Il contenuto delle modificazioni può

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riguardare l’elemento soggettivo (immissione di nuovi soci) o gli elementi oggettivi (oggetto
sociale, ragione sociale, sede, modi di amministrazione, durata).
Per le soc. di capitali vige il principio maggioritario e le modificazioni dell’atto costitutivo devono
essere adottate dall’assemblea.

12. La società e i rapporti con i terzi. Responsabilità verso i creditori sociali e responsabilità verso
i creditori particolari dei soci (pag. 84)
Per le obbligazioni sociali assunte nei confronti dei terzi (2740) ogni soggetto dell’attività giuridica
risponde con il proprio patrimonio. Ma la soc. è un’associazione di persone e una comunione di
beni, perciò bisogna tener conto del grado di autonomia patrimoniale dalla stessa goduto.
1) in tutti i tipi di soc. per le obbligazioni sociali risponde, in prima battuta, il patrimonio della soc.
2) nelle soc. cui è conferita personalità giuridica (soc. di capitali e soc. cooperative) il patrimonio
sociale è l’unica fonte di garanzia per le pretese dei creditori sociali; il limite di rischio del singolo
socio è costituito dal valore della partecipazione, mentre i creditori particolari del socio non
potranno chiedere la liquidazione della quota e potranno rivalersi solo sui frutti della partecipazione
sociale.
3) nelle soc. senza personalità giuridica (soc. di persone) alla garanzia del patrimonio sociale si
aggiunge quella del patrimonio dei singoli soci; la responsabilità dei soci ha carattere sussidiario e i
creditori sociali, nel caso di insufficienza del patrimonio sociale, potranno rivalersi sul patrimonio
dei singoli soci.
4) per le soc. cooperative la riforma del 2003 ha modificato la precedente responsabilità limitata,
illimitata e limitata ad un multiplo della quota, nella sola responsabilità limitata.

13. La pubblicità dell’impresa sociale (pag. 84)


Norma regolatrice per l’impresa societaria è l’art. 2200.
1) tutte le soc. hanno l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese (modalità ed efficacia diverse
per vari tipi di soc.).
2) l’obbligo dell’iscrizione per le soc. che possono svolgere attività commerciale non è legato
all’esercizio di tale attività.
3) l’efficacia dell’iscrizione è diversa a seconda del tipo di soc.: a) per soc. semplice l’iscrizione
nelle sezioni speciali ha funzione anagrafica e di pubblicità notizia, oltre agli effetti delle leggi
speciali; b) per snc e sas l’iscrizione ha efficacia dichiarativa (situazione di irregolarità con parziale
modifica della disciplina); c) per soc. di capitali e soc. mutualistiche l’iscrizione ha efficacia
costitutiva (acquisizione della personalità giuridica).
Dal punto di vista procedurale: 1) obbligo per gli amministratori e per i notai (per soc. costituite con
atto pubblico) di curare l’iscrizione; 2) presupposto indefettibile per l’iscrizione è il deposito della
scrittura privata autenticata o della copia autentica dell’atto pubblico; 3) iscrizione eseguita presso
l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione ha sede la soc.; 4) negli atti e nella
corrispondenza societaria deve comparire l’indicazione della sede, dell’ufficio del reg. imprese e
del numero di iscrizione.

13.1. Le società con personalità giuridica e le società senza personalità giuridica. La capacità
delle società (pag. 85)
Le soc. sono soggette all’onere di registrazione indipendentemente dal fatto che l’attività sia o
meno esercitata ad impresa e dal fatto che l’attività sia o no di natura commerciale. Va introdotto il
discorso sulla soggettività delle soc. che si ricollega al discorso sull’autonomia patrimoniale.
Vi è distinzione fra: 1) soc. con personalità giuridica (soc. di capitali e soc. cooperative - 2331); 2)
soc. senza personalità giuridica (soc. di persone).

14. Società di persone e società di capitali (pag. 86)

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Tale distinzione, pur non avendo un vero fondamento normativo, riguarda solo i 6 tipi di soc.
lucrative.
1) Tra le soc. di persone troviamo: a) ss; b) snc; c) sas. (soc. in accomandita semplice)
2) Tra le soc. di capitali vi sono: a) spa; b) saa (soc. in accomandita per azioni); c) srl.
Le soc. di persone sono organizzate in funzione dell’uomo-socio (situazione patrimoniale e qualità
umane e professionali), mentre le soc. di capitali lo sono in funzione dei capitali conferiti.
Le distinzioni riguardano:
a) diverso regime di responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali: 1) illimitato nelle soc. di
persone con vincolo di solidarietà fra i soci; 2) limitato alla quota conferita nelle soc. di capitali.
b) diversa misura del potere del socio di incidere sulla gestione della soc.: 1) nella soc. di persone il
socio è l’amministratore; 2) nella soc. di capitali il socio può solo contribuire a scegliere con il suo
voto gli amministratori.
c) differente organizzazione interna: 1) per soc. di persone non esiste una vera e propria
organizzazione interna: poteri di gestione e di amministrazione conferiti agli amministratori-soci
(consenso di tutti i soci); 2) per soc. di capitali ripartizione delle competenze fra assemblea dei soci,
amministratori e collegio sindacale (metodo collegiale e principio maggioritario).
d) diverso regime di circolazione delle partecipazioni sociali: 1) per soc. di persone vige la regola
generale sulla cessione dei contratti per la circolazione inter vivos, con deroga per il trasferimento
mortis causa; 2) per soc. di capitali vige l’ordinario regime di circolazione dei beni (mortis causa o
inter vivos).

15. Attività e scopi particolari e classificazioni di società (pag. 87)


Si fa riferimento a classificazioni relative a:
1) caratteri particolari dell’oggetto sociale, se ciò condiziona l’applicazione di uno o di altro statuto
normativo (imprenditore commerciale o imprenditore agricolo). Esame delle soc. esercenti attività
agricole per connessione e soc. artigiane.
2) uso peculiare che della soc. si intende fare (soc. fiduciarie e soc. finanziarie).

15.1. Impresa societaria e piccola impresa. Il problema delle società artigiane (pag. 87)
Nonostante le modifiche normative del 2004 e 2005, che hanno istituito l’imprenditore agricolo, il
problema delle attività agricole per connessione è rimasto invariato.
La soc. artigiana è quella che è costituita ed esercitata in forma di società, anche cooperativa, dalle
snc e sas, a condizione che la maggioranza dei soci (1 nel caso di 2 soci) svolga in prevalenza
lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia
funzione prevalente sul capitale. Successivamente vi è stata la possibilità di qualificare come
artigiana la srl con socio unico e la sas, a condizione che l’unico socio o che i soci accomandatari
abbiano il requisito di essere artigiani. La s.s. non potrà essere artigiana in quanto l’attività artigiana
è per definizione attività commerciale.

15.2. Impresa societaria e attività agricola. Il problema delle società esercenti attività agricole
“connesse” (pag. 88)
La soc. formata da imprenditori agricoli che abbia ad oggetto sociale la trasformazione e la
commercializzazione dei prodotti provenienti dai fondi appartenenti ai soci può considerarsi
impresa agricola per connessione o deve invece essere considerata impresa esercente attività
commerciale? I criteri validi per l’impresa individuale sono validi anche per l’impresa agricola
collettiva, ovvero per quell’impresa che raggruppi più imprenditori agricoli principali che si
servono di essa per la trasformazione e l’alienazione dei propri prodotti? Con il vecchio testo
dell’art. 2135 per considerare agricola la soc. affidataria della trasformazione e
commercializzazione dei prodotti dei fondi dei soci bisognava che della soc. facessero parte solo
imprenditori i cui prodotti dovevano essere trasformati (rapporto diretto fra soci ed ente collettivo).
A seguito del D.Lgs. 228/01 è scomparso il criterio della normalità e sono considerate attività

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connesse, non solo quelle della trasformazione e commercializzazione dei prodotti del suolo, ma
anche quelle della manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o
dall’allevamento di animali. Sono stati qualificati imprenditori agricoli le cooperative di
imprenditori agricoli e i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività
prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti
alla cura e allo svolgimento del ciclo biologico. In tal modo è venuto meno il requisito della
connessione soggettiva.

16. Patti parasociali (pag. 89)


Per patti parasociali (patti interni alla società) si intendono i contratti con cui alcuni/tutti i soci, per:
1) tutelare i loro legittimi interessi; 2) tutelare meglio interessi già tutelati dalla disciplina positiva;
3) sopperire a lacune/deficienze legislative – non modificando l’atto costitutivo e lo statuto -
pongono in essere, al di fuori di tali documenti, un regolamento integrativo degli stessi.
Le forme più diffuse sono: a) sindacati finanziari (suddivisione dei rischi e agevolazione dello
smercio delle azioni; b) sindacati azionari (pattuizioni per favorire dominio/difesa di gruppi di soci
nell’amministrazione; c) sindacati di blocco (per garantire una determinata composizione del corpo
sociale con la limitazione alla libera trasferibilità delle azioni); d) patti leonini (esclusione dagli
utili/esonero dalle perdite per uno o più soci).
L’eventuale inadempimento dei patti parasociali, non contenuti nell’atto costitutivo, può essere fatto
valere solo nei rapporti interni fra soci e non anche nei confronti della società.

Capitolo IV – L’IMPRESA SOCIETARIA A BASE PERSONALE


Sezione I
GENERALITA’

1. Le società personali e l’individuazione della disciplina (pag. 91)


Nelle soc. di persone rientrano: 1) ss; 2) snc; 3) sas.
Tali soc. sono disciplinate con normazione in gran parte comune: artt. 2251-2290 per la ss,
applicabile con norma di rinvio (2293) alla snc; tutte le norme per la snc (2291-2312), comprese
quelle per la soc. semplice, sono applicabili con norma di rinvio (2315) alle norme specifiche della
sas (2313-2324).
All’interno del Capo II del Titolo V del Libro V “della soc. semplice” troviamo le norme che, se
non derogate nel Capo III “della soc.n.c.” e nel Capo IV “della soc. in a.s.”, costituiscono la
disciplina di tutte le soc. personali.

Sezione II
LA SOCIETA’ SEMPLICE

1. Nozione e funzioni (pag. 93)


La posizione preminente della soc. semplice è tale solo dal punto di vista normativo. E’ semplice la
soc. che non presenta elementi di identificazione ulteriori rispetto a quelli contenuti nella norma che
definisce la società come contratto, e cioè l’art. 2247. E’ un contenuto negativo nel senso che una
soc. è semplice se non ha ad oggetto l’esercizio di una attività commerciale e quindi le parti non
hanno adottato le forme della soc. commerciale di cui ai Capi III/VII (2249).

2. Le attività che possono costituire l’oggetto sociale (pag. 94)


La soc. semplice non può avere ad oggetto l’esercizio di attività commerciale e quindi le categorie
di attività ipotizzabili sono quelle:

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a) agricole – attività di elezione anche se di ambito limitato dal fatto che nel cod. del 42 sono
previsti i contratti associativi in agricoltura: mezzadria, colonia, soccida;
b) professionali;
c) di società di revisione;
d) latu sensu civili (soc. esercenti attività di riscossione delle imposte/attività di vigilanza notturna).

3. La costituzione (pag. 95)


Art. 2251 – massima semplicità formale – contratto non soggetto a forme speciali, salvo quelle
richieste dalla natura dei beni conferiti. L’accordo può essere anche verbale e può consistere nella
diretta realizzazione dei contenuti dell’art. 2247. La forma scritta è richiesta per il conferimento di
beni immobili o di altri diritti reali immobiliari o per locazioni ultranovennali (solo atto di
conferimento o intero contratto di società?). I beni conferiti dai soci entrano a far parte del
patrimonio della soc. Necessita pertanto l’ulteriore presenza dei soli requisiti di ogni tipo di
contratto: soggetti, oggetto e causa, con le seguenti specificazioni:
a) soggetti – almeno 2.
b) oggetto sociale – attività non commerciale con i requisiti dell’art. 1346 (oggetto lecito, possibile,
determinato o determinabile).
c) causa – definita da art. 2247.
d) fondo sociale – 2253 – se i conferimenti non sono determinati, si presume che i soci siano
obbligati a conferire in parti uguali fra loro quanto necessario per il conseguimento dell’oggetto
sociale.
e) norme suppletive: ripartizione degli utili (2263).

4. La pubblicità (pag. 95)


L’art. 8, co. 4, L. 580/93 – “sono iscritti in sezioni speciali del registro delle imprese … le soc.
semplici” e … tale iscrizione “ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, oltre
agli effetti previsti dalle leggi speciali”. Pur costituendo un obbligo, esso non è paragonabile a
quello delle soc. personali commerciali, non determinando tale inosservanza situazione di
irregolarità. Inoltre gli amministratori della soc. semplice devono richiedere l’iscrizione delle
modificazioni del contratto sociale entro 30 gg. dall’adozione delle stesse. Il problema è quello
relativo all’esatta individuazione di chi possa esprimere la volontà sociale. Se vi è idoneità obiettiva
a raggiungere lo scopo notificativo, l’atto pubblicato sarà opponibile a qualunque terzo, anche se
ignaro.

5. L’organizzazione interna e la gestione (pag. 96)


Prima di parlare di gestione della soc. semplice, bisogna vedere la sua organizzazione interna. Vi
sono solo due norme che riguardano questa materia (artt. 2257-2258); il legislatore ha privilegiato
la gestione rispetto alla formazione della volontà collettiva, non essendovi organi cui sia attribuita
una sfera autonoma di competenze, come per le soc. di capitali, ma solo soci con potere decisionale.
Tale assunto è contestato da chi ritiene che anche per le soc. di persone vi sia distinzione tra potere
deliberativo e amministrativo e che quindi esista una organizzazione collegiale, ma anche da chi
prospetta l’ipotesi della collegialità pattizia, ovvero che sia il contratto a prevedere l’esistenza di
un’assemblea e di un consiglio di amministrazione. Il legislatore in realtà ha fatto dei soci i naturali
amministratori della soc. per bilanciare la loro responsabilità illimitata nei confronti dei terzi.

5.1. Amministrazione e gestione. I sistemi di amministrazione previsti dalla legge: amministrazione


disgiuntiva e amministrazione congiuntiva (pag. 97)
Vi sono due modi di amministrare le soc. personali: A) amministrazione disgiuntiva; B)
amministrazione congiuntiva.
A) L’amministrazione disgiuntiva: 1) art. 2257, co. 1, sistema prescelto per cui i soci sono i naturali
amministratori della soc. (collegamento fra potere di direzione e rischio d’impresa); 2) si instaura

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sia in assenza di pattuizioni scritte per l’adozione del sistema di amministrazione congiunta, sia
nelle soc. di fatto; 3) ciascun socio è legittimato ad intraprendere da solo le operazioni che ritiene
utili nell’interesse della soc., senza preventiva informazione agli altri soci, e di portarle a termine,
fatto salvo il tempestivo esercizio del diritto di opposizione esercitato dai soci prima della
conclusione dell’operazione intrapresa; 4) art. 2257, co. 3, demanda alla maggioranza dei soci,
computata per quota di interessi, il potere decisionale in merito all’opposizione.
B) L’amministrazione congiuntiva: 1) art. 2258, amministrazione spetta congiuntamente a più soci;
2) le operazioni sociali non possono essere intraprese da soci singoli, salvo casi di urgenza per
evitare danni alla soc., ma occorre il consenso di tutti i soci o della maggioranza di essi.

5.2. L’indicazione (eventuale) dei soci amministratori (pag. 98)


In relazione alle persone investite dell’amministrazione, bisogna distinguere due ipotesi: a)
amministrazione affidata a tutti i soci, disgiuntamente o congiuntamente; b) amministrazione
affidata solo ad alcuni soci, disgiuntamente o congiuntamente.
a) nel caso in cui il contratto sociale non disponga in ordine alle indicazioni nominative (sia
amm.ne disgiunta sia congiunta); b) per rinuncia espressa di alcuni soci o per indicazione dei nomi
dei soci (amministrazione disgiunta), oppure per l’indicazione dei nomi (amministrazione
congiunta).

5.3. Amministratori estranei (pag. 98)


Alcuni ritengono che sia possibile l’amministrazione anche da parte di non soci in quanto il
rapporto di amministrazione è diverso da quello sociale, essendo l’amministratore un mandatario. In
ogni caso l’affidamento dell’amministrazione ad estranei non fa venir meno la responsabilità
illimitata e solidale dei soci per le obbligazioni sociali; se ammessi, gli amministratori estranei
possono compiere tutte le operazioni entro i limiti dell’art. 2266 (rappresentanza della soc.), mentre
i soci non possono interferire od opporsi, fatta salva la possibilità di revoca del mandato.

5.4. Fonte del rapporto di amministrazione. Poteri, diritti ed obblighi degli amministratori
(pag. 99)
Pur essendo identica la funzione amministrativa, il potere di amministrazione non è disciplinato allo
stesso modo in tutti i tipi di soc. La funzione amministrativa va divisa da quella rappresentativa:
l’amministrazione ha ad oggetto la direzione degli affari sociali nell’ambito della competenza
risultante dalla legge o dal contratto; la rappresentanza attiene alla legittimazione sostanziale e
processuale a spendere il nome della soc. nei confronti dei terzi, con il conseguente radicamento dei
rapporti giuridici in capo alla soc.
Le fonti del rapporto di amministrazione possono essere la legge (2257) o il contratto di società
(deroga alla legge) – in tal caso la nomina deve avvenire con il consenso di tutti i soci.
I diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato (2260).
Diritti. L’unica questione aperta è quella relativa al diritto al compenso: la giurisprudenza e una
parte della dottrina ammettono la presunzione di onerosità del mandato; altra parte della dottrina
nega il diritto al compenso in assenza di espressa pattuizione, mentre una restante parte lo nega in
quanto il socio è l’amministratore naturale della soc.
Obblighi. Gli amministratori sono solidalmente responsabili per l’adempimento degli obblighi
imposti dalla legge e dal contratto sociale. Altri obblighi sono: 1) fornire ai soci non amministratori
il rendiconto annuale e le informazioni sugli affari sociali; 2) ottemperare agli obblighi di iscrizione
della soc. nell’Albo speciale del registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili.
Poteri. Occorrono tre premesse: 1) problema dei poteri collegato all’art. 2266; 2) richiamo artt.
2257 e 2258 per il concreto modo di esercizio dei poteri amministrativi; 3) distinzione fra atti di
ordinaria e straordinaria amministrazione che, nel caso di soc. di persone, perde molta della sua
importanza in quanto dai poteri dell’amministratore sono escluse solo le modificazioni del contratto
sociale.

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1) L’art. 2266 dispone che la soc. acquista diritti e assume obbligazioni (legittimazione sostanziale)
per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio (legittimazione processuale)
nella persona dei medesimi. La soc. semplice è considerata come un gruppo unitario, portatore di
una propria volontà e titolare di un proprio patrimonio, capace di acquistare diritti, di assumere
obbligazioni e di stare in giudizio.
2) Se non si vuole che la rappresentanza spetti a tutti i soci, vi è la necessità di indicare i soci ai
quali la stessa spetti. Limite ai poteri degli amministratori è l’oggetto sociale. Vi è anche la
possibilità di determinare il contenuto dei rapporti rappresentativi: a) con riguardo ai soggetti
investiti del potere rappresentativo; b) con riguardo ai contenuti della rappresentanza.
a) sono possibili due ipotesi: a1) se il contratto non dispone sulla rappresentanza, questa spetta a
tutti i soci, mentre l’esercizio del potere di rappresentanza avverrà disgiuntamente o
congiuntamente, a seconda del sistema di amministrazione scelto; a2) se il contratto dispone sulla
rappresentanza, bisogna stabilire se sia possibile conferirla ad estranei in presenza di normazione
che fa riferimento ai soci.
b) per vincolare la soc. l’amministratore-rappresentante deve spendere il nome della soc. e deve
compiere un atto, lecito o illecito, rientrante nell’oggetto sociale. I limiti per la rappresentanza
sostanziale valgono anche per la rappresentanza processuale ed il socio, nel caso in cui eserciti la
rappresentanza processuale, deve dichiarare di agire in nome e per conto della soc.

5.5. La responsabilità degli amministratori (pag. 101)


2260 – Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la soc. per l’adempimento degli
obblighi imposti dalla legge o dal contratto sociale, mentre la responsabilità non si estende a chi
dimostri di essere esente da colpa. Da questa norma discendono i principi: 1) la responsabilità per i
fatti dannosi che colpiscono il patrimonio sociale depauperato per effetto del comportamento
illegittimo degli amministratori è solo nei confronti della soc. e non anche dei singoli soci; 2) la
solidarietà fra gli amministratori opera per entrambi i regimi di amministrazione (disgiunta e
congiunta); 3) gli amministratori possono dimostrare di essere esenti da colpa (assenza alla
riunione, dissenso per l’operazione).
La legge non dispone circa le modalità di esercizio della responsabilità. I più ritengono che la
legittimazione spetti alla soc. o al curatore fallimentare per le soc. fallite.

5.6. L’estinzione del rapporto di amministrazione (pag. 102)


Non esistono norme per la nomina o per l’estinzione del rapporto di amministrazione, ma solo per
la revoca (2259). La cessazione da tale rapporto può avvenire: a) per esclusione del socio
amministratore dalla soc. (obbligatoria per chi ritiene la qualità di socio presupposto naturale e
indefettibile per l’esercizio delle funzioni amministrative); b) per revoca da parte dei soci (solo se
ricorre la giusta causa) se l’amministratore è nominato con contratto sociale. Se l’amministratore è
nominato con atto separato è revocabile secondo le norme del mandato. Non è possibile la revoca
da parte dei soci per gli amministratori che derivano i loro poteri dalla legge (2257). c) Per giusta
causa ciascun socio può richiedere la revoca giudiziaria dell’amministratore. Per la revoca
giudiziaria per giusta causa si discute se tale norma possa essere applicata anche nel caso dell’art.
2257, co. 1, e in tal caso in che cosa consista la giusta causa. Fra gli esempi rientranti
nell’apprezzamento demandato all’autorità giudiziaria troviamo: 1) violazione dell’obbligo di
tenuta della contabilità; 2) mancata redazione del rendiconto; 3) gravi violazioni degli obblighi di
legge o del contratto.

6. I poteri di controllo attribuiti ai soci non amministratori (pag. 103)


Art. 2261 – diritto: 1) di ottenere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari; 2) di
consultare i documenti di amministrazione; 3) di ottenere il rendiconto. Tali poteri di controllo sono
motivati: a) dalla responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali a carico dei soci non

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amministratori; b) dall’assenza di un organo di controllo; c) dalla impossibilità per le soc. di
persone di invocare l’intervento dell’autorità giudiziaria.

7. La qualità di socio (pag. 103)


Per qualità di socio si intende la posizione di membro della soc., produttiva di una serie di interessi
variamente tutelati dall’ordinamento giuridico nei confronti della soc. stessa.

7.1. I modi di acquisto: trasferimento inter vivos e trasferimento mortis causa della partecipazione
sociale (pag. 104)
L’acquisto può avvenire:
a) originariamente: a1) per sottoscrizione del contratto sociale; a2) per effetto dell’esercizio
effettivo dell’attività in comune con altri soggetti (soc. di fatto);
b) successivamente a tale momento: b1) per acquisto inter vivos di una quota di partecipazione (la
quota di soc. di persone è considerata trasferibile con il consenso degli altri soci); b2) per effetto
della successione mortis causa (clausola di continuazione della soc. con gli eredi – accoglimento da
parte degli eredi della proposta dei soci di subentro in soc.).

7.2. Vicende della quota: usufrutto, pegno, misure cautelari, contitolarità (pag. 104)
Dopo l’ammissione del trasferimento della quota sociale è stata ammessa anche la costituzione,
subordinata al consenso di tutti i soci, di diritti reali (usufrutto e pegno) sulle quote sociali. Ma su
chi gravano gli obblighi e a chi spetta l’esercizio dei diritti connessi alla partecipazione?
Per gli obblighi di conferimento sono state adottate soluzioni differenti per: a) pegno - gravano sul
socio; b) usufrutto - gravano sull’usufruttario.
Per i diritti, ferma restando la qualità di socio in capo al socio e del suo diritto di recesso da tale
qualità, bisogna distinguere fra: a) diritti il cui esercizio spetta all’usufruttario e al creditore
pignoratizio (diritto agli utili, di voto, di amministrazione – ove ammissibili amministratori esterni);
b) diritti che possono essere esercitati sia dal socio sia dall’usufruttuario (diritto alla quota di
liquidazione, diritti ex art. 2261 per informazioni spettanti ai soci non amministratori).
Per le misure cautelari si fa ricorso all’art. 2270 – il creditore particolare del socio, finché dura la
soc., può: 1) rivalersi sugli utili a questi spettanti, 2) compiere atti conservativi sulla quota spettante
a quest’ultimo nella liquidazione, 3) chiedere la liquidazione della quota del socio debitore.
Rientrano negli atti conservativi l’espropriazione e il pignoramento c/o terzi.
L’esercizio dei diritti da parte dei comproprietari di una quota non è espressamente regolamentato
per le soc. di persone.

7.3. Gli obblighi connessi alla partecipazione sociale (pag. 105)


Distinzione fra obblighi che derivano da una norma di legge o dal contratto e quelli creati dalla
dottrina. A parte gli obblighi statutari, fra quelli di legge troviamo l’obbligo di conferimento (2253)
per il quale ogni socio è obbligato ad eseguire i conferimenti determinati nel contrato sociale o, in
mancanza di determinazione, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale. Ne
consegue l’impossibilità di servirsi delle cose sociali per fini estranei a quelli della soc. (2256). Fra
gli obblighi non sanciti dalla legge troviamo quello di collaborazione per il conseguimento dello
scopo comune.

7.4. I diritti del socio (pag. 105)


Oltre al diritto di amministrare (2257), troviamo altre due categorie di diritti.
1) diritti amministrativi (o sociali o di amministrazione lato sensu): a) diritto di esprimere il proprio
parere; b) diritto di opporsi (amministrazione disgiunta); c) diritto di chiedere giudizialmente la
revoca per giusta causa del socio amministratore; d) diritto di recesso; e) diritto di opporsi alla
propria esclusione; f) diritto di controllo (soci non amministratori).

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2) diritti soggettivi di carattere patrimoniale o economico (spettano a tutti i soci): a) diritto agli utili;
b) diritto alla liquidazione della quota; c) diritto alla quota di liquidazione del patrimonio all’atto
dell’estinzione della soc. Ai soli soci che hanno conferito beni in godimento spetta la restituzione
del bene.

8. Gli utili (pag. 106)


La soc. semplice rientra fra le soc. lucrative per cui assumono centralità le regole relative al
conseguimento ed alla destinazione degli utili. Utile è il frutto dell’attività economica (oggetto
sociale) esercitata dalla soc. Solo i guadagni così realizzati possono essere destinati alla ripartizione
periodica tra i soci. L’art. 2262 stabilisce il diritto del socio di soc. personale alla periodica
divisione degli utili, diritto esercitabile dopo l’approvazione del rendiconto annuale. Sono vietate le
pattuizioni che prevedano destinazioni in contrasto con la clausola lucrativa (es. beneficienza); sono
nulli i patti leonini (esclusione di soci da partecipazione agli utili o alle perdite); non sono
ammissibili rinunce preventive agli utili da parte di soci.
Dagli artt. 2263-2265 derivano i criteri per determinare la partecipazione agli utili e alle perdite:
a) carattere suppletivo della disciplina legale – art 2263 si applica solo in assenza di pattuizioni
contrattuali ed è la regola generale (se valore conferimenti non è determinato, si presumono uguali).
b) principio suppletivo – solo in mancanza di pattuizioni contrattuali si segue l’art. 2263 e cioè: b1)
se valore di conferimento determinato nel contratto, vige il principio della proporzionalità
(guadagni e perdite proporzionali al conferimento); b2) in mancanza di determinazione dei
conferimenti, presunzione di uguaglianza; b3) art. 2264 deroga a tali principi rimettendo ad un terzo
la determinazione.
c) principio legale inderogabile è il divieto del patto leonino (2265).
d) art. 2263, co. 2, regola a parte che conferisce al giudice, in mancanza di determinazione
contrattuale, la determinazione della parte di utile al socio che conferisce la propria opera.

9. I rapporti della società con i terzi (pag. 107)


I rapporti societari con i terzi possono essere affrontati da due punti di vista:
a) quello della rappresentanza (soggetti con potere di spendere il nome della soc. impegnandola nei
confronti di terzi);
b) quello della responsabilità per le obbligazioni sociali (coinvolgimento del discorso dei rapporti
con i creditori sociali e, indirettamente, quello dei rapporti con i creditori particolari dei soci).
Del primo rapporto ci si è occupati esaminando il regime della pubblicità della soc. semplice, del
secondo con l’esposizione dei modi di amministrazione e dei poteri degli amministratori.

9.1. La rappresentanza della società (pag. 108)


Rappresentante è colui che ha il potere di manifestare legittimamente ai terzi la volontà della soc.,
essendo investito di tale potere; amministratore è colui che, nei limiti delle competenze legali e
statutarie, gestisce gli affari della soc.
La norma sulla rappresentanza (2266) fissa alcuni principi:
1) Diritti e obbligazioni: la soc. li acquista per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e dai
quali è rappresentata anche in giudizio (legittimazione sostanziale e processuale). Unica condizione
è che il diritto o l’obbligazione siano stati acquisiti dal socio spendendo il nome della soc.
2) Persone: se il contratto sociale non dispone in ordine alla rappresentanza, questa spetta a ciascun
socio amministratore (non necessita alcun conferimento di poteri); l’esercizio del potere
rappresentativo avverrà disgiuntamente o congiuntamente a seconda del sistema di amministrazione
scelto.
3) Contenuti: se il contratto nulla dispone, la rappresentanza si estende a tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale.

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4) Modificazione ed estinzione dei poteri rappresentativi (1396): a) modifica o revoca della procura
devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; b) le cause di estinzione del potere
di rappresentanza non sono opponibili ai terzi che le hanno ignorate senza colpa.

9.2. Il problema della responsabilità e l’autonomia patrimoniale delle società (pag. 108)
Di autonomia patrimoniale perfetta – insensibilità reciproca tra patrimonio societario e quelli dei
singoli soci – può parlarsi solo riferendosi alle soc. di capitali e alle soc. cooperative, mentre per le
soc. di persone il grado di autonomia varia a seconda dei tipi di soc. Per la soc. semplice esiste la
responsabilità sussidiaria dei soci per le obbligazioni sociali ed il patrimonio sociale è esposto
anche agli attacchi dei creditori particolari dei soci.
La materia della responsabilità è regolata da un sistema di cinque norme: tre (2267 - 2268 - 2269)
riguardano la responsabilità per le obbligazioni sociali; uno (2270) la responsabilità dei soci verso i
loro creditori particolari; uno (2271) regola una fattispecie mista.

9.2.1. La responsabilità per le obbligazioni sociali (pag. 109)


2267 – i creditori della soc. possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Se tale
patrimonio è insufficiente, per le obbligazioni sociali rispondono personalmente e illimitatamente i
soci che hanno agito in nome e per conto della soc. e, salvo patto contrario, anche gli altri soci.
a) Per obbligazioni sociali devono intendersi le obbligazioni assunte per mezzo dei soci con
rappresentanza, nascenti da una qualunque fonte prevista dall’art. 1173; b) Per responsabilità
illimitata dei soci si intende che gli stessi rispondono oltre il limite di valore della quota conferita,
quindi con tutti i loro beni; c) la solidarietà è tra i soci e non tra soci e società (1292).
Tali principi possono essere così riassunti:
1) i creditori sociali possono far valere le loro pretese innanzitutto sul patrimonio sociale;
2) se il patrimonio sociale non è sufficiente, i creditori possono aggredire anche il patrimonio dei
singoli soci;
3) i soci rispondono in via sussidiaria, illimitatamente e solidalmente, per le obbligazioni sociali
anche se, per patto, tale responsabilità può essere limitata. In tal caso nei rapporti interni fra soci
l’opponibilità non è in discussione, mentre, nei confronti dei terzi, occorre distinguere fra i soci che
hanno agito in nome e per conto della soc. (soci agenti) e gli altri: a) i primi non potranno far valere
la limitazione di responsabilità nei confronti dei terzi; b) i secondi potranno opporre ai terzi ogni
patto limitativo (unica condizione è aver reso edotti i terzi con mezzi idonei).
2268 – il socio escusso può chiedere la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicandone i
beni.
2269 – anche il nuovo socio è solidalmente responsabile con i vecchi soci per le obbligazioni sociali
antecedenti all’acquisto della sua qualità di socio.
Il patrimonio sociale costituisce garanzia esclusiva per i creditori sociali e non subisce, se non in
misura limitata, il concorso dei creditori particolari dei soci. Non può restare esclusa la
responsabilità personale di ciascun socio nei confronti di terzi.

9.2.2. La responsabilità dei soci nei confronti dei propri creditori particolari (pag. 110)
L’art. 2270 concede al creditore particolare 3 possibilità: 1) far valere i propri diritti sugli utili
spettanti al debitore (compimento atti conservativi ed esecutivi); 2) compiere atti conservativi sulla
quota spettante al socio nella liquidazione (ammesso sequestro conservativo, discussione su
espropriazione e pignoramento); 3) ottenere la liquidazione della quota del socio debitore se gli altri
suoi beni sono insufficienti a soddisfare i crediti.
Il creditore particolare che chieda la liquidazione della quota deve provare che gli altri beni del
debitore siano insufficienti alla soddisfazione dei suoi crediti. Il creditore personale non potrà
ottenere beni sociali, ma solo una somma di denaro.
L’art. 2271 non ammette la compensazione fra debito del 3° v/s soc. e credito del 3° v/s socio.

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10. Le modificazioni soggettive del contratto (pag. 110)
Riguardano le persone dei soci (centralità per le soc. di persone). Manifestazione più significativa è
lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio. Il socio può mantenere tale qualità
fino all’estinzione della soc., ma può cessare anche prima di tale momento per: 1) morte; 2) recesso
(cause dipendenti dalla sua volontà); 3) esclusione (cause dipendenti dalla volontà della soc.); 4)
esclusione di diritto (cause indipendenti dalla volontà del socio e della società).

10.1. La morte del socio (pag. 111)


2284 – non trasmissibilità della quota agli eredi del socio defunto ma loro diritto alla liquidazione
della sua quota. In alternativa:
A) nel caso in cui il contratto sociale nulla preveda: a1) scioglimento della soc. con il consenso di
tutti i soci; o a2) invito agli eredi ad entrare nella soc., non iure successionis, ma per accettazione di
una proposta dei soci superstiti.
B) nel caso in cui siano previsti patti in deroga al regime ordinario (clausole di continuazione della
soc), potremo avere: b1) clausole di continuazione facoltativa (obbligo per i soci superstiti a
continuare la soc. con gli eredi senza che questi abbiano l’obbligo di aderire al contratto di società);
b2) clausole di continuazione obbligatoria (obbligo per soci ed eredi di entrare in società); b3)
clausole di continuazione automatica (il chiamato all’eredità consegue automaticamente la qualità
di socio a seguito di accettazione).

10.2. Il recesso del socio (pag. 111)


Atto unilaterale con il quale il socio dichiara di voler sciogliere il rapporto contrattuale.
2285 – Può essere esercitato a seguito di: a) recesso legale per: a1) soc. contratta a tempo
indeterminato; a2) giusta causa (la giurisprudenza ha individuato due criteri: i) illegittimo
comportamento degli altri soci; ii) vicende che riguardano la persona del socio, come gravi
malattie, età avanzata …); b) recesso convenzionale: nei casi previsti dal contratto sociale.
Il recesso deve essere esercitato personalmente dal socio o da un suo legale rappresentante. La
dichiarazione può essere: 1) espressa (scritta o verbale); 2) tacita (comportamento incompatibile
con la volontà di permanere nella soc).

10.3. L’esclusione del socio. L’esclusione facoltativa e l’esclusione di diritto (pag. 112)
Per l’importanza dell’istituto il c.c. vi dedica 3 artt.: 2286 (esclusione) – 2287 (procedimento di
esclusione) – 2288 (esclusione di diritto).
La fonte delle gravi inadempienze che determinano i casi di esclusione è costituita dalla legge e dal
contratto sociale (dubbia l’esclusione convenzionale).
L’esclusione può essere: 1) facoltativa; 2) di diritto.
1) per deliberazione a maggioranza dei soci o a seguito di delibera del tribunale nel caso di soc. di
due soci. E’ prevista per: i) gravi inadempienze delle obbligazioni derivanti dalla legge o dal
contratto sociale; ii) motivi riguardanti la persona del socio (interdizione, inabilitazione,
interdizione dai pubblici uffici); iii) impossibilità della prestazione (inidoneità del socio d’opera a
svolgere la prestazione);
2) a seguito del verificarsi del fatto che la legge indica come generatore, della clausola di
esclusione, indipendentemente da ogni valutazione discrezionale (socio dichiarato fallito e socio nei
cui confronti il creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota).

10.3.1 Il procedimento di esclusione e l’opposizione giudiziale (pag. 113)


Riguarda la sola esclusione facoltativa con le seguenti tappe:
1) Deliberazione della maggioranza dei soci calcolata per teste e non per quote; 2) Comunicazione
al socio escluso con mezzi idonei della decisione di esclusione (esecutività dopo 30 gg. dalla
comunicazione); 3) Eventuale opposizione giudiziale contro l’esclusione.

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10.4. La liquidazione della quota al socio cessato (pag. 113)
2289 – Il socio uscente o gli eredi del socio defunto hanno diritto alla liquidazione di una somma di
denaro che rappresenti il valore della quota conferita, ivi compresa quella degli eventuali beni in
natura conferiti in proprietà. La liquidazione della quota deve avvenire in base alla situazione
patrimoniale della soc. nel giorno di scioglimento del rapporto: 1) per soc. di persone si fa
riferimento non al bilancio o al rendiconto, ma all’effettiva consistenza patrimoniale; 2) diritto ad
ottenere una quota proporzionata all’attività sociale (perdite o profitti delle operazioni in corso); 3)
nella quota deve essere compreso il valore di avviamento.
La soc. ha l’obbligo di procedere alla liquidazione entro 6 mesi dallo scioglimento del rapporto.

10.5. La responsabilità del socio cessato (pag. 113)


2290 – se il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi sono
responsabili per le obbligazioni sociali fino al giorno di scioglimento (conoscenza dei terzi con
mezzi idonei a pena di inopponibilità).

11. L’estinzione e la proroga della società (pag. 114)


L’estinzione avviene a seguito di due fasi successive: 1) verificarsi della causa di scioglimento; 2)
esaurirsi del procedimento di liquidazione.
1) 2272 – Scioglimento per: a) decorrenza del termine; b) conseguimento dell’oggetto sociale o per
sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; c) volontà unanime dei soci; d) il venir meno della
pluralità dei soci; e) altre cause eventualmente previste nel contratto sociale. Tutte queste cause
operano di diritto e il loro verificarsi non produce la morte della soc. ma solo effetti preliminari e
funzionali alla sua estinzione, facendo mutare lo scopo societario da esercizio di attività di impresa
a liquidazione del patrimonio. Al verificarsi di una causa di scioglimento la soc. entra in stato di
liquidazione, il che implica il dissolvimento di un patrimonio autonomo.
2) Il procedimento di liquidazione comporta la nomina dei liquidatori (sostituiscono gli
amministratori) e si compone di quattro fasi: a) redazione dell’inventario; b) monetizzazione
dell’attivo; c) pagamento delle passività; d) redazione del bilancio finale di liquidazione e del piano
di riparto.
Nel caso in cui non vi sia il consenso di tuti i soci per la nomina dei liquidatori, gli stessi vengono
nominati, su istanza di uno o più soci, con decreto del Presidente del Tribunale. Ai poteri di
provvedere agli atti necessari alla liquidazione si associano quelli di rappresentanza sostanziale e
processuale, nonché doveri e obblighi che prima erano degli amministratori. Dopo il pagamento dei
debiti sociali si riparte l’attivo residuo fra i soci.
Nel caso in cui il contratto sociale contenga un termine di durata della soc., prima della scadenza i
soci possono fissarne un altro, prorogando espressamente la durata societaria. E’ prevista la
possibilità della proroga tacita a tempo indeterminato se, decorso il termine per il quale la soc. fu
contratta, i soci continuano a compiere le operazioni sociali (disciplina positiva).

Sezione III
LA SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO

1. Nozione e caratteri (pag. 116)


Da art. 2291 a art. 2312: è il tipo più diffuso di soc. personale.
2291: triplice ordine di considerazioni: a) responsabilità illimitata e solidale dei soci; b) i patti
limitativi della responsabilità illimitata sono inefficaci nei confronti dei terzi; il socio che vanta un
patto limitativo delle responsabilità illimitata non potrà farlo valere nei confronti del terzo creditore
e avrà solo azione di regresso nei confronti degli altri soci (opponibilità solo nei rapporti interni); c)

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l’ambito di applicazione di tale norma va al di là dell’attuale vincolo sociale (il socio entrato nella
soc. risponde con gli altri soci delle obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della sua qualità di
socio – i soci uscenti e i loro eredi rispondono verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno
in cui si verifica lo scioglimento).

2. Metodologia della esposizione e differenze principali tra società semplice e società in nome
collettivo (pag. 117)
Non sono presenti caratteri di novità rispetto alla soc. semplice, ma solo alcune differenze:
1) presenza di una norma che indica il contenuto dell’atto costitutivo;
2) inesistenza di limiti relativi alla scelta dell’oggetto sociale che può riguardare indifferentemente
attività commerciali, agricole e professionali;
3) inefficacia esterna di eventuali patti limitativi della responsabilità dei soci;
4) un più accentuato livello di autonomia patrimoniale;
5) esistenza di un regime di pubblicità degli atti sociali articolato;
6) esistenza di una serie di norme in tema di capitale sociale che mancano nella soc. semplice
(richiamato negli art. 2303, co 2, e 2306).

3. L’atto costitutivo. Forma e contenuto (pag. 118)


L’atto pubblico e la scrittura privata autenticata servono solo per il deposito del contratto sociale nel
registro delle imprese per l’iscrizione, ma non anche per la costituzione. L’art. 2295 prevede molti
elementi per il contenuto dell’atto costitutivo, non sempre tutti indispensabili.

3.1. I soggetti partecipanti (pag. 118)


2295 n 1 – indicazione di cognome, nome, luogo e data di nascita, domicilio e cittadinanza dei soci.
I problemi riguardano la partecipazione degli incapaci e dei soggetti diversi dalle persone fisiche.
Sono applicabili le norme per le quali il minore, l’interdetto e l’inabilitato possono solo continuare,
previa autorizzazione del trib., l’esercizio di impresa commerciale; il minore emancipato può
esercitare tale impresa, senza il curatore, se autorizzato dal trib.

3.2. La ragione sociale (pag. 118)


2295 n 2 – anche la soc. in nome collettivo deve esercitare la sua attività adottando un nome e la
ragione sociale assolve alla funzione di identificazione del soggetto. Tale carattere deve essere
rafforzato con l’indicazione di almeno uno dei nomi dei soci illimitatamente responsabili. E’
possibile conservare, previo consenso, il nome del socio receduto o defunto (ditta sociale derivata).
L’inosservanza di tali disposizioni può comportare l’irregolarità della ragione sociale con la
conseguente mancata iscrizione nel registro delle imprese. La ragione sociale può essere trasferibile
e per essa vale il principio della novità.

3.3. L’amministrazione della società. Rinvio (pag. 119)


2295 n 3 – nell’atto costitutivo devono essere indicati i soci che hanno l’amministrazione e la
rappresentanza della società.

3.4. La sede della società (pag. 119)


2295 n 4 – per sede deve intendersi quella risultante dall’atto costitutivo e dallo statuto, nella quale
normalmente si trovano gli organi che hanno la rappresentanza e la capacità di obbligo.
La sede è importante per: 1) determinare il foro competente per le cause; 2) individuare l’ufficio del
registro delle imprese per l’iscrizione; 3) applicare la disciplina fallimentare. La sede legale può
non coincidere con la sede reale (centro effettivo di direzione e svolgimento attività sociale). Per
l’individuazione del foro e per la disciplina fallimentare la giurisprudenza è orientata a far prevalere
la sede legale. La sede secondaria, prevista dall’art. 2299, deve essere iscritta nel registro delle
imprese competente. Per avere una sede secondaria occorre: a) rapporto di dipendenza economica

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ed organizzativa con la sede principale; b) stabile apprestamento di mezzi destinati all’attività
sociale; c) autonomo ambito di affari per determinare la rappresentanza sostanziale e processuale di
colui che è ad essa preposto.

3.5. L’oggetto sociale (pag. 120)


2295 n 5 – rinvio alle considerazioni già esposte.

3.6. I conferimenti dei soci. Il capitale sociale (pag. 120)


2295 n 6 – con l’atto costitutivo devono essere indicati i conferimenti dei soci, il valore ad essi
attribuito ed il modo di valutazione. Dei conferimenti si è già trattato. Per quel che riguarda il
capitale sociale (a differenza della soc. semplice), per la soc. in nome collettivo è ripreso dagli artt.
2303, c. 2, e 2306, pur non essendo il capitale elemento dell’atto costitutivo, a differenza delle soc.
di capitali e delle soc. cooperative. Il capitale sociale è il valore in denaro dei conferimenti, come
risultante dalle valutazioni compiute nel contratto sociale. Questo è il concetto di capitale nominale
che resta fisso per le soc. lucrative, a meno di apposita modifica dell’atto costitutivo (riduzione del
capitale sociale). Si discute se nel capitale possano rientrare i conferimenti d’opera.
Il patrimonio sociale è invece il complesso dei rapporti giuridici facenti capo alla soc., ivi compreso
il capitale sociale; il patrimonio sociale è per sua natura variabile. Comparando le due entità si
determina lo stato di salute della soc.
Il capitale sociale ha 4 funzioni strumentali: 1) di attivazione dell’oggetto sociale; 2) di rilevazione
della situazione patrimoniale; 3) di misura della partecipazione del socio alla vita della soc.; 4) di
garanzia per i creditori sociali (anche se punto contrastato in quanto la vera garanzia è la
responsabilità illimitata dei soci).

3.7. Le prestazioni dei soci d’opera (pag. 121)


2295 n 7 – l’atto costitutivo deve indicare le prestazioni dei soci d’opera. Socio d’opera è il
contraente che si è impegnato a conferire la propria opera e il risultato di questa. A lui sono dedicati
l’art. 2263 (al giudice la determinazione della parte di utili spettante se non determinata dal
contratto) e l’art. 2286 (causa di esclusione dalla soc. per inidoneità a svolgere la propria opera). E’
ammessa una soc. formata solo da soci d’opera, nel qual caso mancherà nell’atto costitutivo
l’indicazione del conferimento di beni.

3.8. La distribuzione degli utili (pag. 121)


2295 n 8 – nell’atto costitutivo devono essere indicate le norme secondo le quali gli utili devono
essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite. La norma relativa alla
ripartizione degli utili è residuale rispetto a tutti gli altri tipi di soc., mentre la parte relativa alla
partecipazione alle perdite è peculiare delle sole soc. di persone, onde diminuire la possibilità di
limitare, sia pure solo nei rapporti interni, la responsabilità dei soci.

3.9. La durata e la proroga della società (pag. 122)


2295 n 9 – tra gli elementi dell’atto costitutivo c’è la durata della società, anche se sembra che,
dopo la riforma del 2003, la soc. in nome collettivo sia rimasta l’unica a dover includere tale
termine, anche se poi è prevista la proroga tacita. Tra le cause di scioglimento vi è anche la
scadenza del termine. La proroga della durata della soc. può essere espressa (i soci, di comune
accordo, fissano prima del termine una nuova scadenza) o tacita (dopo la decorrenza del termine i
soci continuano a compiere le operazioni sociali).

4. La pubblicità della società in nome collettivo (pag. 122)


2296 – obbligo per amministratori e notaio di depositare l’atto costitutivo entro 30 gg all’ufficio del
registro delle imprese; 2300 – obbligo per gli amministratori, entro 30 gg dalla modifica, di
richiedere l’iscrizione delle modificazioni dell’atto costitutivo. Per l’iscrizione necessita scrittura

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privata autenticata o copia autentica di atto pubblico. Vi è l’onere dell’iscrizione indipendentemente
dal fatto che l’attività esercitata sia commerciale o no.

4.1. La società in nome collettivo irregolare (pag. 123)


E’ irregolare la s.n.c. per la quale non sono state osservate le prescrizioni di cui all’art. 2296 (non
iscrizione nel registro delle imprese o atto costitutivo mancante delle caratteristiche di forma
previste). Dall’art. 2297 si ricavano le seguenti regole:
1) la disciplina dei rapporti interni è quella della soc. collettiva regolare, della quale si
applicheranno tutte le norme, ad eccezione di quelle che presuppongono adempimenti pubblicitari;
2) per i rapporti esterni (società/terzi) si applicheranno tutte le norme della soc. semplice che
prescindono da un sistema di pubblicità legale; pertanto non saranno applicabili gli artt. 2304 e
2305 che verranno sostituiti dagli artt. 2268 e 2270; 3) rimane la responsabilità illimitata e solidale
dei soci nei confronti dei terzi, mentre la rappresentanza sociale spetta a tutti i soci.
Le modificazioni dell’atto costitutivo non vanno iscritte in quanto manca la prima iscrizione.
L’irregolarità può essere sanata con l’iscrizione che però ha valore ex nunc.

5. I rapporti della società con i terzi (pag. 124)


Suddivisi in due: 1) rappresentanza; 2) responsabilità della soc. per le obbligazioni sociali.

5.1. La rappresentanza della società (pag. 124)


2298 – da integrare con 2266 da cui: a) la snc, pur non avendo personalità giuridica, è gruppo
unitario con capacità di acquisire diritti, assumere obbligazioni e stare in giudizio.; b) limite ai
poteri degli amministratori costituito dall’oggetto sociale; c) è possibile limitare i poteri
rappresentativi con l’atto costitutivo o con la procura (opponibili ai terzi se iscritti nel registro delle
imprese).

5.2. La responsabilità per le obbligazioni sociali (pag. 125)


I creditori sociali non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, anche se la soc. è in
liquidazione, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale. Tale norma non si applica per le soc.
irregolari e di fatto.

5.3. I creditori particolari del socio (pag. 125)


2305 e 2270 – il creditore particolare del socio di collettiva, a differenza di quello di soc. semplice,
non può chiedere la liquidazione della quota del socio suo debitore se gli altri beni di questo sono
insufficienti. Vi è maggiore autonomia del patrimonio della snc nei confronti dei creditori
particolari dei soci.

6. L’estinzione della società (pag. 126)


La snc, che normalmente è una soc. che ha ad oggetto un’attività commerciale, è sempre soggetta
all’iscrizione nel registro delle imprese. Alle cause di scioglimento previste per le soc. personali
(2272) si aggiungono i provvedimenti dell’autorità governativa (casi stabiliti dalla legge) e la
dichiarazione di fallimento. I liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione e
proporre ai soci un piano di riparto (comunicazione ed esecutività se non impugnati entro 60 gg).
All’estinzione segue la cancellazione dal registro delle imprese. Decorso un anno dalla
cancellazione la soc. non è più soggetta a fallimento.

Sezione IV
LA SOCIETA’ IN ACCOMANITA SEMPLICE

1. Nozione e distinzione da figure affini (pag. 127)

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La sas è caratterizzata dalla presenza di 2 categorie di soci: 1) soci accomandatari (responsabili
illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali, con poteri di amministrazione); 2) soci
accomandanti (responsabili nei limiti della quota conferita, senza poteri di controllo sulla gestione).
Come per la collettiva, è disciplinata da due gruppi di norme: a) 2313-2324; b) quelle della snc in
virtù del rinvio di cui all’art. 2315.
La disciplina specifica:
a) la forma scritta è richiesta non per la validità del contrato ma per l’iscrizione; b) il contenuto
dell’atto costitutivo è uguale a quello della snc, con due aggiunte: 1) ripartizione delle due categorie
di soci; 2) distinta indicazione dei conferimenti degli uni e degli altri.
Distinzione fra sas e associazione in partecipazione: per la sas il conferimento dell’accomandante
confluisce in un fondo sociale comune e autonomo rispetto ai patrimoni personali –
nell’associazione in partecipazione l’apporto dell’associato passa nella proprietà dell’associante che
diviene debitore dell’associato.
Più difficile è riscontrare differenze fra la sas e la ss in quanto anche per questa è possibile limitare
la responsabilità di alcuni soci. Non ci sono questioni se la sas svolge attività commerciale in
quanto la s.s.95 non può avere ad oggetto tale attività; se invece ha ad oggetto attività non
commerciale, potrà ravvisarsi un’accomandita semplice solo se la volontà dei contraenti risulti
chiara in tal senso.
Più semplice è la distinzione fra sas e saa: nella prima le quote non possono essere rappresentate da
azioni.

2. La disciplina (pag. 128)


E’ contenuta nel Capo IV, dove è regolata la posizione degli accomandanti, essendo quella degli
accomandatari assimilata a quella dei soci di snc. La ragione sociale - 2314 – deve contenere,
accanto all’indicazione del rapporto sociale (saa), il nome di almeno uno dei soci accomandatari.

3. La nomina e la revoca degli amministratori (pag. 128)


Da 2318 a 2320 – da cui: 1) l’amministrazione spetta solo ai soci accomandatari; 2) se il contratto
non dispone diversamente, il potere di amministrazione spetta disgiuntamente a ciascun socio
accomandatario; 3) per la nomina/revoca dell’amministratore che avviene con atto separato occorre
il consenso di tutti i soci accomandatari e della maggioranza degli accomandanti.

4. I divieti a carico degli accomandanti (pag. 129)


Per loro ci sono due divieti: 1) di amministrazione (in caso contrario assunzione della responsabilità
illimitata e possibilità di esclusione dalla soc.). Gli atti di ingerenza comporteranno la sola
responsabilità degli accomandanti nei confronti dei terzi e, salvo ratifica, non vincoleranno gli
amministratori; 2) di non far comparire il proprio nome nella ragione sociale, la cui violazione
comporterà la perdita della responsabilità limitata nei confronti dei terzi e l’assunzione della
responsabilità illimitata e solidale con gli amministratori.

5. I poteri dall’accomandante (pag. 129)


I poteri legali sono: 1) 2320 – prestare la propria opera sotto la direzione degli amministratori; 2)
2323 – nominare un amministratore provvisorio per gli atti di ordinaria amministrazione in caso di
mancanza di tutti gli amministratori.
I poteri pattizi riguardano prevalentemente l’allargamento dei poteri di immistione (patto di
immistione quello che consente una più ampia ingerenza nell’amministrazione societaria), con
conseguente responsabilità verso i terzi; autorizzazioni e pareri per determinate operazioni; atti di
ispezione e sorveglianza.

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Inoltre hanno il diritto di ricevere comunicazioni annuali del bilancio e di controllarne l’esattezza.
A loro è consentito di non restituire gli utili riscossi in buona fede, se accertati successivamente non
esistenti.

6. Trasferimento della quota (pag. 129)


A differenza della quota dei soci di soc. personali, illimitatamente responsabili, le quote degli
accomandanti sono liberamente trasferibili, sia inter vivos (subordinatamente all’approvazione dei
soci che rappresentano la maggioranza del capitale), sia mortis causa (2322 – la quota di
partecipazione del socio accomandante è liberamente trasmissibile per causa di morte).

7. I residui problemi relativi all’accomandante (pag. 130)


Riguardano i problemi di non applicazione all’accomandante di norme dettate per il socio di snc in
quanto l’accomandante ha responsabilità limtata:
1) 2288 – esclusione di diritto del socio fallito; 2) 2294 – subordinazione della partecipazione di
incapaci all’autorizzazione del trib.; 3) 2301 – divieto per il socio di collettiva di esercitare attività
concorrente e di partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra soc.

8. La società in accomandita semplice non registrata (pag. 130)


La forma scritta è richiesta solo per l’iscrizione nel registro delle imprese (carattere dichiarativo e
non costitutivo), quindi la non iscrizione determina solo una situazione di irregolarità. I soci
accomandatari saranno pertanto i soli responsabili illimitatamente, a meno che l’accomandante non
abbia partecipato personalmente alle operazioni sociali.

Capitolo VI – L’IMPRESA SOCIETARIA A BASE CAPITALISTICA

Sezione I

I CARATTERI

1. Contratto ed organizzazione (pag. 131)


2247 – Il perfezionamento del contratto sociale non comporta l’immediata costituzione della soc.
capitalistica (spa, saa, srl) in quanto ciò segna solo l’avvio di un iter. Tale differenza è giustificata
dal fatto che a tali soc. è riconosciuta la personalità giuridica che si acquista con l’iscrizione
dell’atto costitutivo. Dopo il deposito da parte del notaio, l’ufficio esamina la regolarità dell’atto e
provvede all’iscrizione. Tali soc. sono dotate di autonomia propria rispetto ai soci e rispondono
delle obbligazioni sociali solo con il proprio patrimonio, mentre i soci rischiano di perdere solo
quanto conferito. A seguito del riconoscimento della personalità giuridica, titolare dell’attività di
impresa è la soc.; l’attività comune è esercitata tramite i suoi organi (quella deliberativa
dall’assemblea – quella esecutiva dal consiglio di amministrazione o dall’amministratore unico).
Dato che i soci non vogliono esercitare direttamente l’attività, ma tramite l’organizzazione
corporativa della persona giuridica, questi non rispondono verso i creditori sociali che possono
soddisfare i propri crediti unicamente con il patrimonio sociale.

2. La codificazione del 1942 (pag. 133)


La codificazione del c.c. è stata perseguita preservando l’integrità del capitale sociale (stabiliti
minimi non derogabili - tutela dei soci di minoranza – responsabilità degli amministratori nei
confronti della soc., dei creditori, del singolo socio e del terzo). Le violazioni sono sanzionate anche
penalmente. La premessa per tali tutele è costituita dall’applicazione del principio di legalità (2377
conformità delle deliberazioni assembleari alla legge e all’atto costitutivo; 2373 - conflitto di

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interessi fra socio e società; 2403 - correttezza dell’amministrazione contabile). Il collegio sindacale
affianca l’organo assembleare e quello amministrativo e se i suoi componenti trasgrediscono gli
obblighi di vigilanza ne rispondono in solido con gli amministratori (2407). Nelle soc.
capitalistiche, a differenza di quelle personali, per tutti gli organi vige la regola maggioritaria.

3. La riforma del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (pag. 134)


In passato era possibile limitare il rischio d’impresa diversificando le caratteristiche delle azioni
(ordinarie, privilegiate …), ora lo si può fare anche isolando settori o affari specifici dell’attività.
Per agevolare l’acquisizione di risorse è stato attenuato il legame tra titolo azionario e capitale
sociale e nello statuto può essere prevista la mancata proporzionalità tra conferimento del socio e la
sua partecipazione in società. I titoli azionari non valgono in sé, ma per il numero in cui sono stati
emessi (percentuale rispetto al totale).
Altre novità riguardano l’amministrazione ed il controllo: è possibile scegliere tra più sistemi di
amministrazione: 1) tradizionale, articolato su consiglio di amministrazione e collegio sindacale;
2) modello tedesco, imperniato su consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza (sistema
dualistico); 3) di matrice anglosassone, consiglio di amministrazione e comitato di controllo
costituito al suo interno (sistema monistico). In ogni caso vi è l’esclusiva competenza degli
amministratori nella gestione.
E’ possibile costituire soc. senza indicarne la durata e quindi è concessa all’azionista la facoltà di
recesso.

4. Capitale e patrimonio (pag. 137)


Il patrimonio sociale (della società ) è l’oggetto dei conferimenti che al momento della
costituzione, di norma, non è gravato da passività che potranno comparire successivamente. E’
strumento per lo svolgimento dell’impresa (attivazione dell’oggetto sociale) e garanzia per i
creditori. Il capitale sociale nominale è il valore in moneta dei conferimenti. In origine capitale
nominale e patrimonio coincidono, mentre successivamente possono variare in quanto il patrimonio
può aumentare o diminuire in funzione dei risultati, mentre il capitale nominale rimane immutato
(determinazione della cifra al momento della costituzione). Nel caso di diminuzione del patrimonio
è obbligatoria la riduzione del capitale sociale nominale, mentre non lo è in caso di aumento, e ciò
ad esclusiva garanzia dei creditori. Il capitale sociale nominale è l’indice dell’iniziale consistenza
del patrimonio e della sua successiva evoluzione, ma anche quello che determina la partecipazione
percentuale del socio; deve essere suddiviso in parti (quote) per la sottoscrizione, mentre il
complesso dei diritti e degli obblighi di cui il socio è titolare è espresso dalla sua partecipazione
sociale.
Si sono consolidate due categorie di soci: 1) soci risparmiatori, interessati alla remunerazione del
capitale; 2) soci imprenditori, che assumono il governo della società.

Sezione II

LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’ PER AZIONI

1. La costituzione per atto unilaterale (pag. 139)


2325 – La spa risponde delle proprie obbligazioni solo con il proprio patrimonio; fa eccezione il
caso in cui il socio detenga tutte le azioni, nel qual caso non vi è responsabilità dell’azionista unico
(costituzione per atto unilaterale) solo se al momento della costituzione i conferimenti in denaro
sono stati integralmente effettuati o se è stata attuata la prevista pubblicità.

2. La costituzione simultanea. Atto costitutivo e statuto. Le condizioni per la costituzione. (pag.


139)

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La spa si costituisce per atto pubblico che può essere contrattuale o unilaterale; può essere stipulato
simultaneamente o in più fasi (pubblica sottoscrizione – 2333).
L’atto costitutivo (2328) deve indicare:
1) cognome, nome, luogo e data di nascita, Stato, domicilio e cittadinanza dei soci e promotori
eventuali, numero di azioni sottoscritte;
2) denominazione e comune della sede e di quelle secondarie. Il nome della soc. (denominazione
sociale) deve essere integrato con il tipo di Soc. (spa). Non essendo necessario indicare l’indirizzo,
cambiamenti di sede nell’ambito dello stesso comune non comportano modifiche dell’atto
costitutivo;
3) attività che costituisce l’oggetto sociale. Prima della riforma era necessario indicare l’oggetto
sociale, ora la determinazione dell’attività (formulazione meno generica);
4) ammontare del capitale sociale sottoscritto (obbligo a conferire) e di quello effettivamente
versato. Il capitale minimo è 120.000 €;
5) numero e eventuale valore nominale delle azioni, loro caratteristiche e modalità di emissione
e circolazione;
6) valore dei crediti e dei beni conferiti in natura, per la cui valutazione necessita specifico
procedimento di stima;
7) norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti;
8) benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori, a tutela dei futuri soci;
9) sistema di amministrazione adottato (latino: consiglio di amministrazione e collegio sindacale -
dualistico: consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza - monistico: consiglio di
amministrazione e comitato di controllo al suo interno), numero di amministratori e loro poteri;
10) numero di componenti del collegio sindacale (minimo 3 e massimo 5);
11) nomina dei primi amministratori e sindaci/consiglieri di sorveglianza;
12) importo globale, almeno approssimativo, delle spese di costituzione a carico della soc.;
13) durata della soc. o, se soc. costituita a tempo indeterminato, periodo di tempo decorso il quale il
socio può recedere.
Lo statuto contiene le regole di funzionamento della soc. e, pur potendo essere separato dall’atto
costitutivo, ne costituisce parte integrante. Nel caso di contrasto fra atto costitutivo e statuto
prevalgono le previsioni di quest’ultimo.
L’esaurimento della fase contrattuale (stipula atto costitutivo e statuto) dovrebbe comportare la
nascita della soc. che però è subordinata alla presenza di puntuali condizioni (2329): 1)
sottoscrizione intera del capitale sociale; 2) rispetto delle previsioni degli artt. 2342, 2343 e 2343 ter
per i conferimenti (importo versato in banca e stima conferimenti); 3) sussistenza delle
autorizzazioni governative.

3. Deposito e iscrizione dell’atto costitutivo presso il registro delle imprese (pag. 143)
Il notaio o i designati all’ufficio di amministratori depositano entro 20 gg. l’atto costitutivo presso il
registro delle imprese (in difetto può provvedervi ogni socio a spese della soc.). Contestualmente
deve essere chiesta l’iscrizione, previa verifica della regolarità formale della documentazione.
All’iscrizione consegue l’acquisizione della personalità giuridica (autonomia patrimoniale perfetta).

4. La costituzione per pubblica sottoscrizione (pag. 144)


La spa può essere costituita con altra modalità: costituzione per pubblica sottoscrizione – 2333 ss.
(pressoché desueta). Fasi essenziali: a) predisposizione di un programma con indicazione di
oggetto, capitale e principali disposizioni dell’atto costitutivo che deve essere depositato presso un
notaio e quindi sua pubblicità; b) progressiva sottoscrizione delle azioni risultante da atto pubblico
o da scrittura privata autenticata; c) raccolte le sottoscrizioni, i promotori assegnano un termine ai
sottoscrittori per i versamenti (25%); d) decorso inutilmente il termine, possibilità di agire contro i
sottoscrittori morosi o loro scioglimento dall’obbligazione; e) promotori convocano assemblea dei
sottoscrittori che delibera sul contenuto dell’atto costitutivo, sulla nomina degli amministratori, del

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collegio sindacale e sul soggetto, eventuale, cui è affidato il controllo contabile. L’assemblea
delibera con voto pro capite e non in base al numero delle azioni sottoscritte (a maggioranza per
approvazione programma, all’unanimità in caso di modifica); f) stipulazione dell’atto costitutivo da
parte dei presenti all’assemblea.

5. La nullità della società (pag. 145)


Prima dell’iscrizione, all’atto costitutivo si applicano le regole generali sull’invalidità. Dopo
l’iscrizione la nullità è limitata a: 1) mancato rispetto della forma pubblica dell’atto costitutivo; 2)
illiceità dell’oggetto sociale; 3) mancanza nell’atto costitutivo di indicazioni riguardanti la
denominazione, i conferimenti, l’ammontare del capitale sociale o l’attività dell’oggetto sociale.
La nullità non inficia gli atti compiuti in nome della soc. dopo l’iscrizione e i soci non sono liberati
dall’obbligo dei conferimenti fino al soddisfacimento dei debiti societari. La nullità è pronunciata
con sentenza (nomina dei liquidatori) e non è possibile dichiararla se la causa è stata eliminata e di
tale eliminazione è stata data pubblicità.

6. I patti parasociali (pag. 147)


2341 bis – riconosce i patti parasociali, ovvero quegli accordi fra soci, paralleli al contratto di
società, aventi lo scopo di garantire la coesione tra gli azionisti. Normalmente coinvolgono alcuni
azionisti con l’intento di combinare le rispettive partecipazioni per formare una maggioranza.
Sempre con l’obiettivo della coesione, i patti parasociali possono riguardare anche i soci di
minoranza. I patti parasociali hanno ad oggetto l’esercizio del diritto di voto nella spa e in quelle
che le controllano; possono riguardare limiti nella circolazione delle azioni (clausole di prelazione
o di gradimento). La loro durata non può superare i 5 aa, mentre se non vi è durata, il contraente
può recedere con preavviso di 180 gg.

Sezione III

I CONFERIMENTI E I TITOLI AZIONARI

1. Conferimento e capitale sociale. La disciplina (pag. 149)


Il conferimento è l’obbligo per il socio di apportare i beni nella soc., mentre il versamento è
l’esecuzione di tale obbligo a cui consegue, come corrispettivo per l’azionista, la ricezione delle
azioni (quote nelle quali è diviso il capitale).
I conferimenti devono essere in denaro e non possono formare oggetto di conferimento,
diversamente da quanto previsto per le soc. personali e le srl, le prestazioni d’opera o di servizi,
incerte nella durata e soggette a valutazione. Con la sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere
versato in banca il 25% dei conferimenti in denaro, mentre se la soc. si costituisce per atto
unilaterale, il versamento deve essere del 100%.
Il capitale sociale nominale è una componente del patrimonio sociale (saldo attività/passività),
insuscettibile di distribuzione fra i soci. Con l’esercizio dell’attività il patrimonio si modifica (+ o -)
ma si può ripartire fra gli azionisti solo la parte che eccede l’ammontare del capitale sociale
nominale, ovvero l’utile. Il bilancio, rendiconto dei risultati dell’esercizio, è in utile se registra
un’eccedenza delle attività rispetto alle passività maggiorate del capitale sociale nominale; solo tale
eccedenza può essere divisa fra i soci. Nel caso in cui il bilancio segni una perdita, non ci saranno
utili da distribuire e sarà necessario ridurre il capitale sociale.

2. I conferimenti di beni in natura e di crediti (pag. 150)


Se il conferimento riguarda beni in natura o crediti necessiterà una stima (2343) che sarà effettuata
da un esperto nominato dal Tribunale. L’esperto giura tale valutazione e risponde dei danni causati
alla soc., ai soci e ai terzi. Gli amministratori verificano tale valutazione e se, all’esito del loro

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accertamento il valore dei beni risulta inferiore di oltre 1/5 rispetto al valore stimato, necessita la
riduzione del capitale con l’annullamento delle azioni scoperte; il socio può versare la differenza in
contanti o recedere, con la conseguenza che la sua partecipazione sarà determinata solo in funzione
della parte effettivamente coperta dal versamento in natura.

3. L’acquisto da promotori, fondatori, soci e amministratori (pag. 152)


A protezione del capitale sociale, se la società acquista nei due anni dall’iscrizione dai promotori/
fondatori/soci/amministratori beni o crediti per un valore ≥ 1/10 del capitale sociale, l’acquisto
deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria ed il verbale della seduta deve essere depositato
presso l’ufficio del registro delle imprese.

4. Mancato pagamento delle quote (pag. 152)


2344 – decorsi 15 gg dalla diffida pubblicata in G.U., se gli amministratori non ritengono utile
promuovere azione per l’esecuzione della prestazione, gli stessi devono offrire i titoli agli altri soci
ai quali spetta il diritto di opzione sulle azioni del socio moroso. Se non viene esercitato il diritto di
opzione, le azioni sono vendute a spese del socio. Se il socio, anteriormente al compimento dei
versamenti (non moroso), vende le azioni, resta obbligato in solido con l’acquirente per 3 anni.

5. Le prestazioni accessorie (pag. 153)


Tali prestazioni consentono alla soc. di conseguire utilità non in denaro (prestazioni d’opera/di
servizi) che non possono essere oggetto di conferimento; non riguardano tutti i soci in quanto solo
alcuni saranno nella possibilità di renderle, disponendo dei beni e dell’organizzazione necessari.
Tali azioni sono nominative e per il loro trasferimento necessita il consenso degli amministratori.
La prestazione accessoria non è disciplinata dal contratto sociale ma da altro accordo
(somministrazione, vendita, appalto …), con carattere di autonomia, ma pur sempre ricollegato a
quello sociale. La soc. beneficia dell’adempimento pagando il corrispettivo della prestazione
accessoria.

6. Capitale sociale e diritti dei soci (pag. 153)


Il capitale soc. è l’indice con il quale si determina la partecipazione sociale del socio, articolata in:
1) diritti di natura patrimoniale (diritto agli utili e alla quota di liquidazione);
2) diritti amministrativi (intervento in assemblea, voto, impugnazione delle deliberazioni …);
3) altre volte vi sono diritti sia patrimoniali sia amministrativi (diritto di opzione per aumenti di
capitale, recesso).
Ricompresi tra i diritti amministrativi vi sono l’esame dei libri sociali, la richiesta di convocazione
di assembla (in caso di possesso di numero adeguato di azioni, o con altri soci), la richiesta di rinvio
dell’assemblea (se non adeguatamente informato sull’ordine del giorno), la denuncia al collegio
sindacale o al tribunale di fatti censurabili circa la regolarità della condotta degli amministratori.

7. Emissione delle azioni e altri strumenti finanziari partecipativi (pag. 154)


L’emissione delle azioni è la normalità, ma il legislatore ha ammesso la dematerializzazione delle
azioni. Lo statuto può prevedere l’utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e di
circolazione delle azioni, come anche che le azioni non abbiano un valore nominale.

8. Le categorie di azioni (pag. 155)


2348 - le azioni sono di uguale valore e conferiscono ai soci uguali diritti; la loro posizione varia
solo in funzione del numero di azioni sottoscritte. Se lo statuto lo prevede, possono esistere
categorie di azioni con diritti diversificati.

9. Azioni e strumenti finanziari a favore dei dipendenti (pag. 155)

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2349 – se lo statuto lo prevede, è possibile assegnare utili ai dipendenti mediante emissione di
azioni o di strumenti finanziari a favore degli stessi; la speciale categoria di azioni, per l’ammontare
corrispondente agli utili, sarà nominativa e lo statuto dovrà prevederne forma, modo di
trasferimento e diritti. Il capitale sociale sarà aumentato in modo corrispondente.

10. Le azioni di risparmio (pag. 156)


Sono state introdotte per favorire l’investimento in borsa. Sono caratterizzate dalla riduzione dei
diritti amministrativi (soppressione del diritto di voto), mantenendo il diritto all’utile e alla quota di
liquidazione.

11. Diritto agli utili e alla quota di liquidazione (pag. 156)


2350 - ogni azione attribuisce il diritto all’utile e alla quota di liquidazione. Possono essere emesse
anche azioni con diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività di un determinato settore,
azioni correlate, non rapportate ai risultati complessivi dell’impresa, ma ad un suo determinato
settore. L’attività sociale può essere frazionata, assumendo rilevanza autonoma. I dividendi possono
essere attribuiti alle azioni correlate solo nei limiti degli utili risultanti dal bilancio.

12. Diritto di voto (pag. 157)


2351 – ogni azione attribuisce il diritto di voto, ma lo statuto può prevedere l’emissione di azioni
senza tale diritto. Il valore di queste azioni non può complessivamente superare ½ del capitale.
Prima della riforma era possibile l’emissione di azioni privilegiate, con diritto di voto solo nelle
assemblee straordinarie, mentre era vietata l’emissione di azioni senza diritto di voto. E’ consentita
l’emissione di azioni che attribuiscono il diritto di voto solo su particolari argomenti o al verificarsi
di particolari condizioni.

13. Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni (pag. 158)


2352 - nel caso di pegno o usufrutto, il diritto di voto compete al creditore pignoratizio o
all’usufruttuario; nel sequestro spetta al custode. Se le azioni attribuiscono il diritto di opzione,
questo compete al socio, nudo proprietario. Se il diritto di opzione non viene esercitato, gli altri
possono esercitare l’opzione sull’opzione.

14. Azioni di godimento (pag. 158)


2353 – altra categoria di azioni riservate ai soci i cui titoli siano stati rimborsati. Tali soci hanno
ricevuto la liquidazione determinata dal valore nominale e non su quello reale e, se questo risultasse
superiore, subirebbero un danno, ovviabile con l’assegnazione di azioni di godimento
(partecipazione agli utili futuri). Per tali azioni non vi è diritto di voto.

15. I titoli azionari e la loro circolazione (pag. 158)


2354 - possono essere nominativi o al portatore, a scelta del socio. Tale possibilità di scelta per la
tipologia di azioni al portatore è limitata alle sole azioni di risparmio (come per il denaro contante il
valore limite è di 3.000 €.). Non possono essere emessi titoli al portatore fino all’intera liberazione
delle azioni. I titoli azionari devono indicare: 1) denominazione, sede e durata della soc.; 2) date
dell’atto costitutivo e di iscrizione, luogo di iscrizione; 3) valore nominale o, in mancanza, numero
complessivo e ammontare del capitale sociale; 4) ammontare dei versamenti parziali sulle azioni
non interamente liberate; 5) diritti e obblighi particolari inerenti.
I titoli azionari devono essere sottoscritti da uno degli amministratori anche mediante riproduzione
meccanica della firma,.
Le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna del titolo; quelle nominative con girata
autenticata dal notaio, mentre il giratario ha diritto all’annotazione di trasferimento nel libro dei
soci. Le azioni sono ricomprese nei titoli di credito. Il possesso del titolo azionario conferisce
legittimazione ad esercitare i relativi diritti, prescindendo dalla prova della proprietà.

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La circolazione delle azioni può essere limitata dalla legge, da accordi fra i soci che affiancano
l’atto costitutivo o lo statuto (patti parasociali), oppure dall’atto costitutivo e dallo statuto. Le
azione emesse per conferimenti di beni in natura o di crediti sono inalienabili fino alla
determinazione definitiva del loro valore; quelle connesse a prestazioni accessorie possono essere
vendute solo con il consenso degli amministratori.

16. L’acquisto di azioni proprie (pag. 162)


2357 - L’acquisto di azioni proprie, che devono essere liberate (completati i versamenti in denaro),
deve essere effettuato nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti
dall’ultimo bilancio approvato. La decisione di acquisto compete all’assemblea ordinaria che ne
fissa le modalità; il loro mancato rispetto non comporta invalidità o inefficacia dell’acquisto, ma
responsabilità penale degli amministratori. Per rimediare alla trasgressione, entro un anno le azioni
devono essere allineate in conformità alla delibera dell’assemblea; in caso contrario, i titoli azionari
devono essere annullati con corrispondente riduzione del capitale sociale.
Si può derogare se l’acquisto è indotto: 1) dall’esecuzione di una delibera assembleare di riduzione
del capitale sociale da attuarsi con riscatto e annullamento dei titoli azionari; 2) da negozio a titolo
gratuito; 3) da successione a titolo universale o da fusione; 4) da esecuzione forzata per il
soddisfacimento di un credito societario.
Fin quando le azioni restano nella proprietà della soc., il diritto agli utili e all’opzione sono attribuiti
proporzionalmente agli altri soci, mentre è sospeso quello di voto; le azioni proprie servono
comunque a determinare il quorum costitutivo e deliberativo dell’assemblea.
Al passivo del bilancio deve iscriversi una riserva indisponibile, pari all’importo delle azioni
proprie iscritto all’attivo di bilancio. Tale riserva rimane fino all’alienazione o all’annullamento
delle azioni. E’ vietata la sottoscrizione di azioni proprie in sede di costituzione e di aumento di
capitale.

17. L’azionista unico (pag. 165)


In caso di soc. con azionista unico viene disciplinato rigorosamente il regime della pubblicità
legale: deve essere depositata da parte degli amministratori una dichiarazione che identifichi
l’azionista unico (persona fisica o società) e ciò anche nel caso di mutamento del socio unico.
Identica procedura è prevista nel caso della ricostituzione della pluralità dei soci. In caso di mancata
pubblicità, il socio unico sarà sottoposto a responsabilità illimitata. Il socio unico non si identifica
con l’organizzazione e permane l’apparato con la sua articolazione di competenze (assembleare,
amministrativa, di controllo).

Sezione IV

L’ASSEMBLEA – 2363 e segg.

1. L’assemblea e l’amministrazione. Le competenze (pag. 167)


L’esercizio di impresa compete esclusivamente agli amministratori. L’assemblea è convocata nel
comune ove ha sede la società e ha compiti diversi a seconda del diverso tipo di amministrazione
scelto.
2364 - Compiti dell’assemblea ordinaria, per le soc. prive del consiglio di sorveglianza, sono:
1) approvazione del bilancio;
2) nomina e revoca degli amministratori, dei sindaci e del presidente del collegio sindacale e, se
previsto, del soggetto cui è demandato il controllo contabile;
3) determinazione del compenso degli amministratori e dei sindaci, se non stabilito dallo statuto;
4) deliberazione sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5) deliberazione sugli altri oggetti attribuiti dalla legge;

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6) approvazione del regolamento dei propri lavori.
2364-bis - Compiti dell’assemblea ordinaria, per le soc. con il consiglio di sorveglianza (sistema
dualistico), sono:
1) deliberazioni sulla distribuzione degli utili;
1) nomina e revoca dei consiglieri di sorveglianza;
3) determinazione del loro compenso;
4) deliberazioni sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;
5) nomina del revisore contabile.
Nel sistema dualistico, articolato su consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza, fra
l’assemblea e gli amministratori (con funzioni di collegamento) si frappone il consiglio di
sorveglianza. L’assemblea nomina i consiglieri di sorveglianza che a loro volta nominano i
consiglieri di gestione.
L’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta all’anno (<120 gg da chiusura
esercizio sociale) per deliberare sulle autorizzazioni che le sono affidate dallo statuto e per il
compimento di atti di gestione che devono essere compiuti dagli amministratori, previa
autorizzazione dell’assemblea.
2365 - Nelle competenze dell’assemblea straordinaria, indipendentemente dal tipo di
amministrazione, rientrano:
1) modificazioni dello statuto;
2) nomina, sostituzione e poteri dei liquidatori;
3) tutte le altre materie attribuite dalla legge.
Lo statuto può attribuire al consiglio di amministrazione (sistemi tradizionale e monistico) e al
consiglio di gestione o al consiglio di sorveglianza (sistema dualistico) competenze per la fusione,
istituzione e soppressione sedi secondarie, individuazione degli amministratori con rappresentanza
legale, riduzione del capitale sociale per recesso del socio, trasferimento della sede in Italia.
La convocazione dell’assemblea ordinaria e straordinaria compete agli amministratori o ai
consiglieri di gestione che predispongono avviso indicante giorno, ora, luogo e ordine del giorno;
tale avviso deve essere pubblicato in G.U. o su un quotidiano indicato nello statuto almeno 15 gg
prima della convocazione. In mancanza dell’avviso di convocazione dell’assemblea, la stessa è
regolarmente costituita se è rappresentato l’intero capitale sociale e vi partecipa la maggioranza dei
componenti gli organi amministrativi e di controllo. La convocazione può essere richiesta: a) agli
amministratori (sistemi tradizionale e monistico); b) al consiglio di gestione (sist. dualistico). In
caso di omessa convocazione, la valutazione passa al Tribunale.

2. La costituzione dell’assemblea (pag. 170)


2368 - L’assemblea, organo collegiale, decide su base maggioritaria. Le fasi che portano alla
deliberazione sono: a) convocazione; b) costituzione; c) discussione; d) deliberazione. Lo
svolgimento dei lavori viene verbalizzato. Per la costituzione non vengono calcolate la azioni per le
quali non può essere esercitato il voto.
L’assemblea ordinaria è regolarmente costituita se sono presenti i soci che rappresentino almeno la
metà del capitale e delibera a maggioranza assoluta, salvo casi particolari previsti dallo statuto. Per
l’assemblea straordinaria non è previsto un quorum costitutivo, ma è previsto quello deliberativo
della maggioranza assoluta (soci che rappresentino più della metà del capitale sociale).
2369 - Se non si raggiunge il quorum costitutivo, l’assemblea deve essere rinviata ad altro giorno e,
in seconda convocazione: a) l’assemblea ordinaria delibera qualunque sia la parte di capitale sociale
presente con la maggioranza semplice; b) l’assemblea straordinaria è costituita con la
partecipazione di oltre 1/3 del capitale e delibera con voto favorevole dei 2/3 dei presenti.

3. Il diritto di intervento ed esercizio del voto (pag. 171)

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2370 - Il diritto di voto per l’azionista comporta il diritto di intervento. Lo statuto può prevedere che
l’intervento avvenga con impiego di mezzi di telecomunicazione e che il voto sia espresso per
corrispondenza.

4. La presidenza dell’assemblea e la rappresentanza (pag. 172)


2371 - Presiede la persona indicata nello statuto o, in mancanza, chi è eletto dalla maggioranza dei
presenti. Il presidente, assistito dal segretario che verbalizza, verifica la regolarità della
costituzione, accertata l’identità dei presenti e la loro legittimazione, regola lo svolgimento dei
lavori ed accerta i risultati delle votazioni.
2372 - I soci possono conferire rappresentanza scritta che però non può essere rilasciata agli
amministratori e ai componenti gli organi di controllo. Il numero di soci rappresentati dal delegato
non può essere > 20.

5. Il conflitto di interessi (pag. 172)


2373 - Se la deliberazione è presa con il voto determinante del socio in conflitto, la stessa è
impugnabile se causa danno alla soc. Gli amministratori che siano anche soci non possono votare
nelle deliberazioni sulla propria responsabilità; i componenti del consiglio di gestione non possono
votare su questioni che riguardano il consiglio di sorveglianza (Consiglio di gestione nominato da
Consiglio di sorveglianza).

6. I sindacati di voto (pag. 173)


Il comportamento sul voto, fatto salvo il conflitto di interessi, è libero e nulla vieta che gli azionisti
si accordino fra loro (accordi di maggioranza o minoranza). Tali accordi prendono il nome di
sindacati di voto, contratti compresi nei patti parasociali, pertanto privi di efficacia reale e non
opponibili ai terzi.

7. Il rinvio dell’assemblea (pag. 173)


2374 - Se i soci intervenuti, rappresentanti 1/3 del capitale, dichiarano di non essere stati
sufficientemente informati sull’ordine del giorno e chiedono rinvio, l’assemblea è rinviata a non
oltre 5 gg.

8. Il verbale assembleare (pag. 173)


2375 – Nel verbale devono essere identificati i partecipanti, la parte di capitale sociale
rappresentata, le modalità e il risultato della votazione (soci favorevoli/astenuti/contrari). Il verbale
deve contenere le dichiarazioni a verbale dei soci. Il verbale delle assemblee straordinarie deve
essere redatto da un notaio.

9. Le assemblee speciali (pag. 174)


2376 - Per ciascuna categoria di azioni e per gli strumenti finanziari è prevista un’assemblea
speciale. Nel caso in cui l’assemblea ordinaria o straordinaria assumano decisioni pregiudizievoli
dei diritti della speciale categoria di azionisti o dei possessori di strumenti finanziari, questi ultimi
possono approvare tali deliberazioni nel corso dell’assemblea speciale. In caso di mancata
approvazione la deliberazione che li danneggia non è efficace. Per le assemblee speciali valgono le
disposizione previste per le assemblee straordinarie.

10. L’invalidità delle deliberazioni assembleari. I rimedi (pag. 174)


Le delibere conformi alla legge e allo statuto vincolano tutti i soci. In caso di non conformità, la
disciplina dell’invalidità distingue fra vizi che comportano: a) l’annullamento; b) la nullità.
a) Annullamento (2377) - Le deliberazioni possono essere impugnate solo dai soci assenti,
dissenzienti o astenuti, se rappresentano 1/1000 del capitale sociale delle soc. che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio, o 5/100 delle altre. Legittimati sono anche gli amministratori, il

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consiglio di sorveglianza ed il collegio sindacale (organi amministrativi e di controllo). Non può
esservi annullamento per: 1) partecipazione all’assemblea di persone non legittimate; 2) invalidità
di singoli voti o loro conteggio (salvo loro determinatezza); 3) incompletezza o inesattezza del
verbale.
L’impugnazione deve essere proposta entro 90 gg: 1) dalla deliberazione; ovvero 2) dall’iscrizione
nel registro delle imprese (se prevista); 3) dal deposito (se previsto). L’annullamento giudiziale ha
effetto per tutti i soci, fatti salvi i diritti acquisiti in buona fede dai terzi. Se vi è pericolo di
pregiudizio dall’esecuzione della delibera impugnata può essere chiesta la sospensione
dell’esecuzione (procedimento cautelare).
b) Nullità (2379) - Può essere invocata per: 1) mancata convocazione dell’assemblea; 2) mancanza
del verbale; 3) impossibilità o illiceità dell’oggetto.
L’impugnazione, proposta da chiunque vi abbia interesse, deve essere presentata entro 3 aa
dall’iscrizione nel registro delle imprese. Non esiste prescrizione per i casi di impossibilità o
illiceità dell’oggetto.

Sezione V

AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO

1. I diversi sistemi di amministrazione (pag. 178)


E’ lo statuto ad individuare il sistema di amministrazione fra i tre possibili. Nel caso in cui non
disponga diversamente, il sistema adottato è quello “latino o tradizionale” (consiglio di
amministrazione o amministratore unico – collegio sindacale).

2. Il sistema tradizionale (pag. 179)


Gestione dell’impesa agli amministratori. Organo amministrativo: a) amministratore unico
(struttura unipersonale); b) consiglio di amministrazione (pluripersonale). La carica di
amministratore può essere assunta da azionisti o da estranei; l’atto costitutivo ne stabilisce il
numero; gli amministratori durano in carica per un periodo ≤ 3 esercizi e sono rieleggibili; sono
revocabili dall’assemblea (se non vi è giusto motivo, risarcimento danni). Entro 30 gg dalla notizia
di nomina gli amministratori devono chiedere l’iscrizione della delibera, specificando le loro
generalità, a chi è attribuita la rappresentanza e se sia disgiunta o congiunta. Non sono eleggibili gli
interdetti, gli inabilitati, i falliti e i condannati con interdizione dai pubblici uffici. La cessazione del
rapporto fiduciario può avvenire per morte, scadenza del termine, rinuncia (dimissioni), revoca e
sopravvenienza di una clausola di decadenza.
La rinuncia deve essere comunicata al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio
sindacale; è immediata, se rimane in carica la maggioranza degli amministratori, altrimenti decorre
dal momento dell’accettazione dell’incarico da parte del nuovo amministratore. La cessazione, a
qualunque titolo, deve essere iscritta entro 30 gg nel registro delle imprese. Se viene meno la
maggioranza degli amministratori, i superstiti devono convocare l’assemblea per la sostituzione.

3. Presidente, comitato esecutivo, amministratori delegati (pag. 181)


Il presidente, se non nominato dall’assemblea, è scelto all’interno del consiglio di amministrazione.
Compiti del presidente del consiglio di amministrazione: a) convocazione del consiglio e
predisposizione dell’ordine del giorno; b) coordinamento dei lavori. Il consiglio è convocato
mediante invio di lettera di convocazione agli amministratori e ai sindaci. I lavori del consiglio
sono verbalizzati.
Il consiglio di amministrazione è l’organo di gestione dell’impresa, valuta l’adeguatezza
dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile. Il consiglio può delegare ad un comitato

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esecutivo, composto da alcuni consiglieri, alcune delle attribuzioni proprie. Non può essere
delegato il potere di emissione di obbligazioni convertibili, di redazione del bilancio e di aumento
del capitale sociale.

4. Il potere di rappresentanza (pag. 182)


Gli amministratori hanno il potere di rappresentanza della soc. intesa come attività (suo oggetto
sociale), che costituisce il limite per atti/operazioni estranei ad essa. Ai terzi non sono opponibili le
limitazioni ai poteri degli amministratori poste dallo statuto e le cause di nullità o annullabilità della
nomina degli stessi.

5. La validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (pag. 183)


La deliberazione consiliare è valida se vi è la maggioranza degli amministratori in carica e
l’approvazione a maggioranza assoluta dei presenti. Il voto non può essere esercitato per
rappresentanza. Le deliberazioni non conformi a legge/statuto possono essere impugnate entro 90
gg. dagli amministratori assenti o dissenzienti e dal collegio sindacale. I soci possono impugnare le
deliberazioni che ledono i propri diritti. In ogni caso è fatta salva l’acquisizione in buona fede da
parte di terzi.

6. Il compenso degli amministratori (pag. 184)


E’ stabilito nell’atto di nomina o dall’assemblea, mentre è il consiglio di amministrazione, sentito il
parere del collegio sindacale, a decidere la remunerazione delle cariche di presidente, vice
presidente e amministratore delegato. La remunerazione può consistere nella partecipazione agli
utili o nel diritto di sottoscrizione di azioni di futura emissione (stock options).

7. La responsabilità degli amministratori (pag. 184)


Gli interessi coinvolti nell’esercizio dell’attività di spa riguardano i soci, i creditori e il mercato. Gli
amministratori rispondono agli obblighi di legge e dello statuto e la violazione di tali obblighi
comporta una responsabilità. Se la soc. è organizzata con un consiglio di amministrazione, gli
amministratori rispondono solidalmente, a meno che vi sia stata ripartizione dei poteri; l’azione di
responsabilità è promovibile dalla società, dai soci (almeno 1/5 del capitale) o dal collegio sindacale
(maggioranza dei 2/3). Si prescrive in 5 aa dalla cessazione dalla carica di amministratore. La
deliberazione dell’azione di responsabilità comporta la revoca dalla carica. L’azione di
responsabilità esercitata dai soci titolari del prescritto quorum è simile a quella esercitata dalla soc.
I soci nominano uno o più rappresentanti comuni per l’esercizio dell’azione.
Ma l’inadempimento degli amministratori può danneggiare anche i creditori sociali (responsabilità
per mancata conservazione dell’integrità del patrimonio sociale). La sede quasi esclusiva per
l’azione di responsabilità esercitata dai creditori è quella della procedura concorsuale (fallimento,
liquidazione coatta o amministrazione straordinaria). Gli amministratori sono responsabili del
risarcimento del danno alla soc., ai creditori, al singolo socio e al singolo terzo. Nel caso di danno
mediato (indiretto), per il risarcimento è competente la sola soc.

8. Il collegio sindacale (pag. 187)


Può essere composto da 3 o 5 membri effettivi, soci o no, e da 2 sindaci supplenti. Il presidente del
collegio sindacale è nominato dall’assemblea. Un sindaco effettivo ed uno supplente devono essere
scelti dal registro dei revisori contabili, gli altri dagli albi professionali o devono essere professori
universitari in materie economiche o giuridiche. L’incarico dura 3 esercizi e possono essere revocati
solo per giusta causa con approvazione del Tribunale. Le cause di ineleggibilità sono le stesse degli
amministratori, oltre ai rapporti di coniugio, di parentela e affinità entro il 4° grado con gli
amministratori e a coloro che sono legati alla soc. da un rapporto continuativo di consulenza o di
prestazione d’opera (natura patrimoniale). In caso di morte, rinuncia o decadenza, subentrano i
supplenti in ordine di età. Chi cessa dall’ufficio per scadenza rimane in carica fino alla nomina del

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sostituto. La remunerazione, se non prevista nell’atto costitutivo, deve essere determinata
dall’assemblea al momento della nomina. I sindaci non esercitano un controllo diretto
sull’amministrazione, ma devono vigilare su coloro che ad essa sono preposti per verificare se si
comportano in modo corretto. I sindaci assistono alle riunioni del consiglio di amministrazione, del
comitato esecutivo e delle assemblee (decadenza in caso di mancata partecipazione senza
giustificato motivo). Possono svolgere atti di ispezione e controllo; sono tenuti a vigilare sul
rispetto delle leggi e dell’atto costitutivo. Il collegio sindacale decide a maggioranza; ha potere di
denuncia all’autorità giudiziaria per danni alla soc. Sono soggetti all’azione di responsabilità
promossa dall’assemblea, dai soci e dai creditori sociali. Rispondono solidalmente con gli
amministratori per i fatti e le omissioni da questi commessi se il danno non si sarebbe prodotto con
l’adeguata vigilanza.

9. Denuncia al Tribunale (pag. 190)


La legalità dell’attività è garantita dagli amministratori e dai sindaci, ma può assumere anche
rilevanza esterna mediante l’intervento dell’A.G. I soci (1/10 del capitale sociale) e gli organi di
controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo della gestione),
in caso di sospetto di gravi irregolarità possono denunciare i fatti al Tribunale; analoga denuncia
può essere fatta dal P.M., ma solo per le soc. che ricorrono al capitale di rischio. Presupposto della
denuncia è il fondato sospetto di gravi irregolarità degli amministratori che possono arrecare danno
alla soc. Il tribunale può nominare un amministratore giudiziario che può proporre l’azione di
responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci.

10. Il controllo contabile (pag. 192)


E’ esercitato da un revisore contabile o da una soc. di revisione. Il soggetto incaricato della
revisione è tenuto alla verifica almeno trimestrale e alla redazione di un giudizio sul bilancio di
esercizio. I revisori sono responsabili in solido con gli amministratori per arrecato danno alla soc.
(mancata vigilanza).

11. La Consob (pag. 193)


La Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) garantisce il regolare e trasparente
funzionamento del mercato:
a) determina l’ammissione dei titoli alla quotazione in borsa, valutando la consistenza patrimoniale;
b) dispone la soppressione e la revoca delle quotazioni;
c) disciplina il funzionamento del mercato ristretto, circoscritto rispetto a quello della borsa;
d) può prescrivere la redazione del bilancio consolidato;
e) richiede la pubblicazione di dati e informazioni per informare il pubblico;
f) richiede la comunicazione periodica di dati e notizie e la trasmissione di atti ad integrazione di
quelli relativi al bilancio;
g) esegue ispezioni;
h) richiede l’indicazione nominativa dei soci;
i) svolge ulteriori funzioni con riguardo agli assetti proprietari delle soc. quotate in borsa;
l) può impugnare le deliberazioni assembleari viziate dall’esercizio del diritto di voto vietato per
violazione degli obblighi di comunicazione (punto i);
m) stabilisce le modalità del diritto di voto per corrispondenza;
n) riceve le comunicazioni del collegio sindacale relative a irregolarità riscontrate durante l’attività
di vigilanza;
o) presenta denuncia al Tribunale per gravi irregolarità.

12. Il sistema dualistico (pag. 194) – Capo V – Sez. VI bis - § 5 (da 2408 octies)

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E’ tratto dal modello tedesco e si articola in: a) consiglio di gestione (organo amministrativo); b)
consiglio di sorveglianza (organo di controllo). Il controllo contabile è affidato al revisore contabile
o a soc. di revisione.
Esaminiamo le rispettive competenze dei due consigli e le modalità di nomina dei loro componenti.
a) Consiglio di gestione - La nomina degli amministratori del consiglio di gestione (almeno 2)
spetta al consiglio di sorveglianza; l’incarico dura al massimo 3 esercizi. Si applicano le regole
relative al consiglio di amministrazione. L’azione di responsabilità può essere promossa dal
consiglio di sorveglianza che può anche impugnare le delibere del consiglio di gestione.
b) Consiglio di sorveglianza – composto da almeno 3 componenti la cui nomina spetta
all’assemblea; rimangono in carica per 3 esercizi; 1 deve essere scelto tra gli iscritti all’albo dei
revisori contabili; sono rieleggibili e revocabili dall’assemblea. Il presidente del consiglio di
sorveglianza è eletto dall’assemblea. Compiti: 1) nomina/revoca del consiglio di gestione e
determinazione del compenso dei consiglieri; 2) approvazione del bilancio; 3) vigilanza
sull’osservanza delle norme di legge e dello statuto; 4) esercizio dell’azione di responsabilità nei
confronti del consiglio di gestione; 5) riferire almeno una volta l’anno all’assemblea sull’attività di
vigilanza svolta.
Caratteristiche del modello dualistico: un organo con compiti gestori, un altro con funzioni di
controllo più incisive (nomina consiglieri di gestione).

13. Il sistema monistico (pag. 198) – Capo V – Sez. VI bis - § 6 (da 2409 sexiesdecies)
Di origine anglosassone, impostato su un organo unitario formato da un consiglio di
amministrazione (gestione dell’impresa) e da un comitato costituito al suo interno (organo di
controllo). Il controllo contabile è affidato ai revisori. I componenti del consiglio di
amministrazione (almeno 1/3) devono possedere i requisiti di indipendenza prescritti per i sindaci.
Almeno 1 dei membri del comitato interno deve avere la qualifica di revisore contabile.
Competenze del comitato di controllo sulla gestione: a) eleggere al suo interno il presidente; b)
vigilare sull’adeguatezza organizzativa della soc.; c) svolgere i compiti affidati dal consiglio di
amministrazione (in particolare con riguardo ai rapporti con il revisore contabile).

Sezione VI

LE OBBLIGAZIONI

1. Unico (pag. 200)


Per acquisire finanziamenti la Spa può offrire sul mercato azioni o obbligazioni (titoli
obbligazionari). Con la sottoscrizione di azioni (capitale di rischio) il socio, a fronte della
remunerazione dell’investimento, si espone al rischio di perdere il capitale. L’obbligazionista invece
non investe capitali di rischio ma concede un prestito che dovrà essere restituito con gli interessi
(capitale di credito). L’emissione di obbligazioni è deliberata dagli amministratori (atto notarile
depositato e iscritto nel registro delle imprese). I titoli obbligazionari devono indicare le
caratteristiche dell’operazione e le eventuale garanzie. Nel caso di stato di liquidazione o di
procedure concorsuali la restituzione del capitale e il pagamento degli interessi possono essere
subordinati alla soddisfazione dei diritti degli altri creditori (obbligazioni subordinate). L’emissione
di obbligazioni non può eccedere il doppio del capitale sociale più la riserva legale e quelle
disponibili (effettiva consistenza patrimoniale della soc.). Le obbligazioni possono anche essere
convertite in azioni e allora l’obbligazionista, già creditore con diritto alla restituzione del capitale
e al pagamento degli interessi, diventa socio. All’atto dell’emissione viene fissato il rapporto di
cambio per consentire l’eventuale calcolo del numero di azioni spettanti. Contestualmente alla
deliberazione di emissione del prestito deve essere deliberato l’aumento del capitale sociale per un
importo pari a quello delle obbligazioni. I titoli obbligazionari convertibili (delibera di emissione da
parte dell’assemblea straordinaria) devono essere offerti in opzione ai vecchi soci. Gli

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obbligazionisti dispongono di una propria assemblea che nomina/revoca il proprio rappresentante
comune che può essere scelto anche al di fuori del novero degli obbligazionisti. Il rappresentante
comune convoca l’assemblea degli obbligazionisti, ne esegue le deliberazioni e tutela gli interessi
degli azionisti nei confronti della soc. E’ investito della rappresentanza processuale per la tutela
degli interessi comuni.

Sezione VII

LA DOCUMENTAZIONE SOCIALE. I LIBRI OBBLIGATORI. IL BILANCIO

1. Documentazione contabile e libri sociali (pag. 205)


2214 – prevede libri e scritture contabili (libro giornale e libro degli inventari) a cui, per le Spa, si
aggiungono (2421):
1. libro dei soci: per ogni categoria - numero di azioni, cognome e nome dei titolari di quelle
nominative, trasferimenti e vincoli, versamenti eseguiti;
2. libro delle obbligazioni: ammontare di quelle emesse ed estinte, cognome e nome dei titolari di
quelle nominative, trasferimenti e vincoli;
3. libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee;
4. libro delle adunanze del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione;
5. libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o
del comitato per il controllo della gestione;
6. libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo (se costituito);
7. libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti;
8. libro degli strumenti finanziari (2421).
I libri sono tenuti: 1,2,3,4, e 8 dagli amministratori (cons. di gestione); 5 dal collegio sindacale; 6
dal comitato esecutivo; 7 rappresentante comune degli obbligazionisti.

2. La ripartizione in esercizi. Le finalità del bilancio (pag. 206)


Con il bilancio d’esercizio (bilancio ordinario) gli azionisti sono informati dell’andamento
dell’azienda. L’esercizio annuale non coincide necessariamente con quello solare. Il bilancio
soddisfa l’informazione degli azionisti, dei creditori e dei terzi (pubblicità legale), consentendo di
conoscere la consistenza del patrimonio sociale e il reddito d’esercizio. Vi sono anche informazioni
e chiarimenti sui dati numerici contenuti nello stato patrimoniale e nel conto economico.

3. Articolazione del bilancio e clausole generali (pag. 207)


Il bilancio è costituito: 1) dallo stato patrimoniale; 2) dal conto economico; 3) dal rendiconto
finanziario; 4) dalla nota integrativa. Deve essere redatto dagli amministratori e rappresentare in
modo veritiero e corretto: 1a) la situazione patrimoniale e 1b) la situazione finanziaria (stato
patrimoniale); 2) il risultato economico d’esercizio (conto economico).
1a) La situazione patrimoniale esposta nello stato patrimoniale rappresenta il complesso attività/
passività in termini numerici, quindi la consistenza e la composizione del patrimonio sociale; 1b) la
situazione finanziaria espressa nello stato patrimoniale mostra la consistenza e la composizione
delle disponibilità finanziarie.
2) Il conto economico riporta costi e ricavi, risultato dello svolgimento dell’attività d’impresa
realizzata con l’utilizzazione del patrimonio sociale (aspetto dinamico del bilancio).
Le clausole generali del bilancio sono chiarezza, correttezza e rappresentazione veritiera. Le
clausole generali fissano gli obiettivi di fondo. Ulteriori principi generali: a) principio di conformità
– valutazione secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività; b) principio di
competenza (no di cassa), indipendentemente dall’incasso o dal pagamento: c) principio di
chiarezza, comprensione delle diverse voci e del complesso unitario (elencazione delle voci

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secondo prescrizione di legge). Il bilancio è redatto in unità di euro, senza decimali. A questi
principi, negli anni, si sono affiancati alcuni principi contabili internazionali (IAS/IFRS).

4. Lo stato patrimoniale (pag. 210)


Gli elementi da indicare nello stato patrimoniale sono articolati per: 1) categorie (indicate da lettere
maiuscole A, B, C); 2) sottocategorie (numeri romani); 3) voci (numeri arabi); 4) talvolta vi è
un’ulteriore ripartizione (lettere minuscole). “A categoria – IV sottocategoria – 3 voce – d ulteriore
ripartizione”. Per ogni voce deve essere indicato anche l’importo dell’esercizio precedente; è
vietata la compensazione fra attività/passività (stato patrimoniale) e fra costi/ricavi (conto
economico). Le colonne contrapposte indicano, a sx le attività, a dx le passività e il patrimonio
netto.
L’attivo è articolato per categorie:
(+)
A – crediti verso soci per versamenti dovuti;
B – immobilizzazioni (beni destinati ad impiego durevole): I) immobilizzazioni immateriali; II)
immobilizzazioni materiali; III) immobilizzazioni finanziarie;
C – attivo circolante (beni acquistati – destinati ad essere scambiati): I) rimanenze (materie prime,
prodotti in corso di lavorazione ..); II) crediti; III) attività finanziarie; IV) disponibilità liquide;
D – ratei e risconti attivi.
Il passivo è articolato per categorie:
(-)
A – patrimonio netto (capitale sociale nominale e diverse riserve), utili di precedenti esercizi non
distribuiti, meno perdite pregresse e dell’esercizio in corso;
B – fondi per rischi e oneri;
C – trattamento di fine rapporto da lavoro subordinato;
D – debiti;
E – ratei e risconti passivi.

5. Il conto economico (pag. 212)


Rende conto del risultato economico dell’esercizio; si divide in sezioni:
A – valore della produzione;
B – costi della produzione;
C – proventi e oneri finanziari relativi a partecipazioni;
D – rettifiche di valore di attività finanziarie da rivalutazioni e svalutazioni;
Il risultato lordo di esercizio (senza imposte) è dato da (A – B) FB 01 (C) FB 01 (D).
Dal risultato lordo, sottratte le imposte sul reddito, si ricava l’utile o la perdita da indicare nello
stato patrimoniale (passivo-Cat. A/Sottocat. IX).

6. I criteri di valutazione (pag. 213)


L’esigenza oggettiva di informazione giustifica il rigore per la valutazione dei valori stimati. I
criteri fissati possono essere derogati solo eccezionalmente. Le immobilizzazioni devono essere
indicate al costo di acquisto o di produzione e ammortizzate per ogni esercizio. I costi di impianto,
di ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di pubblicità possono essere iscritti nell’attivo e
ammortizzati (periodo inferiore a 5 aa). L’avviamento può essere iscritto nell’attivo se acquistato a
titolo oneroso (ammortizzato nei 5 aa). Rimanenze, titoli e attività finanziarie sono iscritti al costo
di acquisto; il costo dei beni fungibili può essere calcolato mediante: 1) media ponderata; 2) fifo
(first in, first out); 3) lifo (last in, first out). Le attrezzature industriali e commerciali, le materie
prime e di consumo sono iscritte nell’attivo.

s.n. Il rendiconto finanziario – 2425-ter

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Il rendiconto finanziario è riferito all’esercizio di bilancio e a quello precedente; indica
l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide a inizio e fine esercizio, nonché i flussi
finanziari dell’esercizio (attività operativa, di investimento e di finanziamento).

7. Nota integrativa e relazione sulla gestione (pag. 214)


La nota integrativa e la relazione sulla gestione completano il bilancio (stato patrimoniale, conto
economico e rendiconto finanziario). La nota integrativa serve ad agevolare la comprensione del
bilancio in forma discorsiva anziché con i numeri. I criteri cui deve sottostare la nota integrativa: 1)
criteri applicati nella valutazione delle voci; 2) movimentazione delle immobilizzazioni; 3)
partecipazioni possedute.

8. Il procedimento di formazione del bilancio (pag. 215)


La relazione sulla gestione (2428), non ricompresa nella documentazione del bilancio, informa
sull’andamento complessivo nei diversi settori di operatività. Gli amministratori curano la
redazione del bilancio che viene comunicato al collegio sindacale che riferisce all’assemblea
formulando osservazioni e proposte. Il bilancio è depositato presso la sede della soc. - unitamente
alle relazioni degli amministratori, dei sindaci, dei responsabili del controllo contabile e della
documentazione -15 gg prima dell’assemblea. Entro 30 gg dall’approvazione deve essere depositata
copia del bilancio e del verbale assembleare presso l’ufficio del registro delle imprese.

9. L’invalidità della deliberazione di approvazione del bilancio (pag. 216)


L’impugnazione può essere proposta solo prima dell’approvazione del bilancio successivo. Valgono
le stesse norme relative alle impugnazioni delle deliberazioni assembleari.

10. La distribuzione degli utili. Gli utili distribuibili: Le riserve (pag. 217)
Con la deliberazione di approvazione del bilancio viene anche decisa la distribuzione degli utili
distribuibili in quanto non tutto l’incremento patrimoniale conseguito può essere distribuito;
bisogna rispettare i vincoli di destinazione dell’utile maturato (no prima della reintegrazione delle
perdite o della riduzione del capitale); 1/20 dell’utile netto compete alla riserva legale (fino al
raggiungimento di 1/5 del capitale sociale).

11. Gli acconti dividendo (pag. 217)


Per le soc. quotate in borsa è consentito anticipare, rispetto all’approvazione del bilancio sottoposto
al giudizio di una soc. di revisione, il pagamento del dividendo cui provvedono gli amministratori
(solo dopo giudizio positivo della soc. di revisione). Se al temine dell’esercizio fosse accertata
l’inesistenza di utili, gli acconti percepiti in buona fede dagli azionisti non saranno ripetibili.

12. Il bilancio consolidato (pag. 218)


Tale bilancio è prescritto per le Spa, Saa, Srl (soc di capitali) che controllano un’impresa, per gli
enti pubblici, per le soc. coop. e per le mutue assicuratrici (soc mutualistiche) che controllano Spa,
Srl, Saa. La struttura di questo documento è identica a quella del bilancio di esercizio; è redatto
dagli amministratori della controllante e permette una rappresentazione della situazione
patrimoniale economica e finanziaria del gruppo; in esso sono ripresi gli elementi dell’attivo e del
passivo, i proventi e gli oneri delle soc. del gruppo. La data di riferimento del bilancio consolidato
coincide con quella di chiusura dell’esercizio della controllante.

Sezione VIII

LE MODIFICAZIONI DELLO STATUTO

1. La competenza assembleare (pag. 220)

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Le soc. a base capitalistica sono caratterizzate dalla combinazione tra la componente contrattuale
(atto costitutivo) e quella organizzativa (riconoscimento della personalità giuridica) e ciò in base al
contratto stipulato dagli azionisti (statuto), le cui modificazioni devono essere deliberate
dall’assemblea straordinaria (rispetto di specifici quorum). L’assemblea straordinario può
deliberare: 1) cambiamento dell’oggetto sociale; 2) trasformazione societaria; 3) scioglimento
anticipato; 4) proroga; 5) revoca dello stato di liquidazione; 6) trasferimento all’estero della sede
sociale; 7) emissione di azioni privilegiate (+ 1/3 capitale soc.).

2. Il controllo della deliberazione (pag. 221)


Il verbale dell’assemblea è redatto dal notaio che deve verificare il rispetto delle condizioni di legge
e statutarie; se la verifica è positiva, nei 30 gg successivi il notaio deposita la deliberazione presso il
registro delle imprese per l’iscrizione. Nel caso il notaio riscontri irregolarità, sempre nei 30 gg ne
informa gli amministratori; nei 30 gg successivi può essere convocata nuova assemblea per gli
opportuni provvedimenti, oppure può farsi ricorso al tribunale per l’omologazione che, se concessa,
viene trascritta nel registro delle imprese. In caso di inerzia degli amministratori, la delibera è
inefficace. La deliberazione comunque produce i suoi effetti solo dopo la registrazione.

3. Il diritto di recesso (pag. 221)


2437 – Il socio assente, dissenziente o astenuto (ovvero che non ha concorso alla deliberazione) può
recedere per: a) modifica dell’oggetto sociale comportante cambiamento significativo dell’attività;
b) trasformazione della soc. (da spa a srl, snc ...); c) trasferimento della sede all’estero; d) revoca
dello stato di liquidazione; e) modifica dei criteri di determinazione dei valori delle azioni; f)
modificazione dello statuto sui diritti di voto o di partecipazione.
Lo statuto può prevedere altre 2 cause di recesso del socio: a) proroga del termine della soc.; b)
introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni.
Il socio recedente deve comunicare la sua volontà con lettera raccomandata (entro 15 gg
dall’iscrizione della deliberazione) indicando le proprie generalità, il domicilio per le
comunicazioni, il numero e la categoria delle sue azioni. La quota di liquidazione del socio è
determinata dagli amministratori. Le azioni oggetto di recesso non possono essere vendute e
rimangono depositate presso la sede sociale; successivamente devono essere offerte in opzione agli
altri azionisti. Gli azionisti che hanno esercitato il diritto di opzione possono esercitare il diritto di
prelazione sulle azioni inoptate.

4. L’aumento del capitale a pagamento (pag. 224)


L’aumento può avvenire o con acquisizione di effettiva ricchezza (aumento a pagamento) o senza
aumenti patrimoniali, con l’imputazione a capitale della parte disponibile delle riserve (aumento
gratuito). Non possono essere emesse nuove azioni fino a che quelle emesse non siano state
interamente liberate (come risulta dalla stato patrimoniale alla categoria A dell’attivo “crediti verso
soci per conferimenti ancora dovuti”). La decisione sull’aumento di capitale può essere delegata
all’organo amministrativo (2443 - aumento fino ad un massimo determinato e per un periodo
massimo di 5 aa). Verbale di delibera redatto da notaio e depositato. La deliberazione di aumento di
capitale può prevedere la scindibilità (aumento solo per la parte che viene sottoscritta) o la
inscindibilità (in caso di mancata integrale sottoscrizione l’operazione è caducata).

5. Diritto di opzione e di prelazione (pag. 225)


Per impedire che in caso di aumento del capitale il socio veda diminuire i propri diritti patrimoniali
e amministrativi, gli azionisti hanno il diritto di sottoscrivere nuove azioni in proporzione al numero
di quelle possedute (diritto di opzione). Per consentire l’esercizio di tale diritto l’offerta agli
azionisti deve essere pubblicata; se il socio se ne avvale, può beneficiare anche del diritto di
sottoscrivere altre azioni non optate (diritto di prelazione sull’inoptato).

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6. Soppressione e limitazione del diritto di opzione (pag. 226)
Il diritto di opzione è escluso nel caso in cui l’aumento di capitale riguardi conferimenti in natura e
nel caso di offerta delle nuove azioni ai dipendenti della soc.

7. L’aumento gratuito del capitale (pag. 227)


Il capitale sociale può essere aumentato senza incremento del patrimonio sociale con l’imputazione
a capitale delle riserve facoltative e dei fondi costituti con utili (conversione a capitale della
ricchezza già disponibile). Tali azioni spettano gratuitamente ai soci in base al numero di azioni già
possedute.

8. La riduzione del capitale (pag. 228)


Quella volontaria è rimessa all’autonoma decisione dei soci mentre quella obbligatoria è imposta
per legge. Quella volontaria comporta la restituzione dei conferimenti o la liberazione
dall’esecuzione di quelli residui. Nell’ordine del giorno dell’assemblea devono essere indicate
ragioni e modalità della riduzione. La deliberazione può essere eseguita solo dopo 90 gg
dall’iscrizione (delibera esecutiva se non vi è opposizione di terzi).

9. La riduzione del capitale per perdite (art. 2446 c.c.) (pag. 228)
Se le perdite intaccano il capitale sociale, questo deve essere ridotto. Va controllata l’evoluzione
delle perdite e dei provvedimenti di riduzione del capitale. Il limite di rilevanza per la riduzione del
capitale sociale è quello di 1/3, ovvero se sono integralmente erose le riserve. In tal caso deve
essere convocata l’assemblea straordinaria e deve essere redatta una relazione sulla situazione
patrimoniale che deve essere depositata nella sede della soc. Se entro l’esercizio successivo la
perdita non è diminuita a meno di 1/3, l’assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza in sede di
approvazione del bilancio devono ridurre il capitale in modo proporzionale alle perdite. Se non
viene fatto, la riduzione deve essere chiesta al tribunale che provvede con decreto iscritto nel
registro delle imprese. Il decreto può essere impugnato avanti la CdA entro 30 gg dall’iscrizione.

10. L’art. 2447 c.c. (pag. 230)


Se le perdite di oltre 1/3 fanno ridurre il capitale sociale al di sotto del minimo stabilito dall’art.
2327 (120.000 €), devono essere deliberate contemporaneamente la riduzione e l’aumento del
capitale nel limite legale, oppure la trasformazione societaria, essendo tale situazione più grave
della precedente.

Sezione IX

I PATRIMONI ED IL FINANZIAMENTO DESTINATI AD UNO SPECIFICO AFFARE

1. Unico (pag. 231)


2447-bis – La soc. può: a) costituire uno o più patrimoni destinati in via esclusiva ad uno specifico
affare; b) convenire che, nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare, al suo
rimborso siano destinati i proventi dell’affare stesso.

Sezione X

LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI

1. Unico (pag. 235)


Spa e Saa sono accomunate dalla suddivisione del capitale in azioni ma nelle saa vi sono due
categorie di soci: 1) accomandatari, amministratori di diritto che rispondono solidalmente ed

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illimitatamente per le obbligazioni sociali; 2) accomandanti, che non possono amministrare e che
rispondono solo nei limiti della quota conferita. Dato che alla saa sono applicabili le norme relative
alla spa, in quanto compatibili, vediamo le differenze. Gli accomandatari sono anche
amministratori, pertanto vi è differenza fra gli accomandatari della saa e quelli della sas in quanto
questi ultimi non sono necessariamente amministratori. La connessione delle qualità di socio
accomandatario e di amministratore è il pregio e il limite di questa soc.: pregio, perché è garantita la
stabilità nella gestione della soc.; difetto, a causa della responsabilità solidale ed illimitata. In
questo tipo di soc. è irrilevante la partecipazione, anche se rappresentata da azioni, in quanto
assume importanza la persona di chi appresta i mezzi. Nella denominazione deve comparire almeno
il nome di uno dei soci accomandatari oltre alla dicitura Saa. La revoca degli amministratori nelle
saa necessita di un quorum deliberativo protetto (uguale a quello dell’assemblea straordinaria della
spa), necessario anche per la sostituzione dell’amministratore, cessato per qualunque causa dal suo
ufficio, che deve avere anche l’approvazione da parte degli amministratori rimasti in carica; il
nuovo amministratore deve accettare la nomina, assumendo così la qualifica di socio
accomandatario. La saa è sciolta se cessano tutti gli amministratori e se nei 6 mesi successivi non
sono stati nominati i sostituti o se questi non hanno accettato.
Anche per le saa è prevista la possibilità di articolare il sistema di amministrazione e controllo nella
forma tradizionale o nella versione dualistica (consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza –
questo in sostituzione del collegio sindacale). Se è quest’ultima l’opzione scelta, gli amministratori
(soci accomandatari) operano nella versione collegiale del consiglio di gestione in quanto i
componenti del consiglio di gestione devono essere almeno due. Non è possibile il ricorso al
sistema monistico (consiglio di amministrazione al cui interno opera il comitato per il controllo
sulla gestione), essendo questo incompatibile con la saa in quanto i soci accomandatari sono
necessariamente nell’organo amministrativo e, quindi, hanno responsabilità illimitata, che non
devono avere i componenti del comitato di controllo, con soli compiti di controllo.
Per assicurare l’indipendenza dell’organo di controllo, i soci accomandatari non hanno diritto di
voto nelle deliberazioni assembleari per la nomina/revoca dei sindaci e per quanto concerne le
azioni di responsabilità da esperire nei loro confronti.

Sezione XI

LA SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA

1. La funzione della “nuova” società a responsabilità limitata (pag. 239)


Prima della riforma del 2003 la srl si differenziava dalla spa per due caratteri: 1) Importo del
capitale minimo necessario per la costituzione; 2) Differente natura del documento rappresentativo
della partecipazione sociale (non numero di azioni, ma quota pari ad un determinato ammontare).
Dopo la riforma la srl ha assunto una nuova tipologia.

2. I caratteri marcanti (pag. 240)


Essi sono sei.
1) connessione ai soci di una reale autonomia statutaria (attraverso lo statuto sono possibili scelte
prima impensabili – es. 2463, n. 7: l‘atto costitutivo contiene norme relative al funzionamento,
indicando quelle concernenti l’amministrazione e la rappresentanza).
2) ridimensionamento della distinzione dottrinale che distingue fra soc. di persone e soc. di capitali,
riformando il comparto dell’organizzazione interna (art. 2475 c.c. che non permette più di asserire
che carattere delle soc. di capitali è l’adozione del metodo collegiale anche nel funzionamento
dell’organo amministrativo, carattere mancante nelle soc. di persone).
3) personalizzazione della srl (valorizzazione del ruolo che il socio ha nella vita societaria –
introduzione di regole finora riservate alle soc. di persone).

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4) ibridismo dell’organizzazione interna in quanto, pur essendo questa più vicina al modello
corporativo, sono stati introdotti elementi personalistici che ridimensionano il ruolo degli
amministratori, rendendo addirittura eventuale l’organo di controllo (2477). Scompaiono i caratteri
propri di ciascuno dei tre organi tradizionali delle soc. di capitali: a) possibilità di adottare sistemi
di amministrazione propri delle soc. di persone; b) ridimensionamento del ruolo dell’assemblea in
quanto la deliberazione assembleare non è più il modo esclusivo di espressione della volontà sociale
(2479, co. 4).
5) mantenimento dell’imperatività delle regole (ridotto spazio dell’autonomia statutaria) e delle
norme di funzionamento proprie delle soc. di capitali.
6) disciplina delle modificazioni del capitale sociale (8 norme contenute nella relativa sezione).
Inoltre è stata prevista la Srls (soc responsabilità limitate semplificata).

3. La fattispecie costitutiva (pag. 242)


3.1. Il procedimento: la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese
La nascita della srl avviene in due fasi: 1) Stipulazione dell’atto costitutivo (contratto o atto
unilaterale con atto pubblico); 2) iscrizione nel registro delle imprese.
Al compimento della prima fase è collegata l’acquisizione della responsabilità illimitata e solidale
dei soci che hanno compiuto operazioni prima dell’iscrizione; con l’iscrizione vi è la nascita della
soc. con l’acquisto della personalità giuridica.
Dopo la stipula dell’atto il notaio lo deposita presso l’ufficio del registro delle imprese chiedendone
l’iscrizione. Non può farsi luogo all’iscrizione se non sono state adempiute le condizioni: 1)
sottoscrizione per intero del capitale sociale; 2) rispetto delle prestazioni relative ai conferimenti; 3)
sussistenza delle autorizzazioni e delle condizioni richieste dalla leggi speciali.

3.1.1. La stipulazione dell’atto costitutivo: forma e contenuto (pag. 243)


1) L’atto costitutivo può nascere da contratto o da atto unilaterale; 2) L’atto costitutivo ha la forma
dell’atto pubblico. Il contenuto dell’atto costitutivo deve riguardare nove elementi.

3.1.1.1 I soggetti (pag. 243)


N. 1 – indicazione del nome o denominazione, data e luogo di nascita o Stato di costituzione,
domicilio o sede, cittadinanza di ciascun socio,

3.1.1.2 Denominazione e sede della società (pag. 243)


N. 2 - Indicazione della: 1) denominazione, contenente l’indicazione di srl; 2) Comune ove è la
sede.
1) Denominazione. Assolve alla funzione di identificazione del soggetto; si applica il principio della
novità. Non deve necessariamente contenere il nome di un socio.
2) Sede della soc. La sede legale, nella quale si trovano gli organi che hanno la rappresentanza
dell’ente e la capacità di obbligarlo, deve risultare dall’atto costitutivo e dallo statuto. Serve ad
individuare la competenza territoriale del giudice e quella del registro delle imprese, nonché per
l’applicazione della disciplina fallimentare. Se la sede legale non coincide con quella in cui si
svolge l’attività (sede reale), quest’ultima prevale per quanto riguarda il Foro di competenza
dell’A.G. (?? Vedi pag 20 Snc) L’atto costitutivo deve indicare solo il comune in cui ha sede la soc.

3.1.1.3. L’oggetto sociale (pag. 244)


N. 3 – L’attività che costituisce l’oggetto sociale è, assieme al capitale sociale, una delle indicazioni
più importanti dell’atto costitutivo. Deve consentire un’attività economica e possedere i requisiti di
liceità, possibilità, determinatezza o determinabilità. Non rispondono a questi requisiti l’oggetto
sociale generico o plurimo.

3.1.1.4 Il capitale sociale. Rinvio (pag. 244)

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N. 4 - Il capitale sociale è: 1) la somma dei conferimenti valutati in denaro; 2) somma non inferiore
a 10.000 €, ma anche possibilità di un capitale minimo di 1 € per Srl semplificata; 3) nell’atto
costitutivo deve essere indicato il capitale sottoscritto e quello versato. Si rimanda più avanti.

3.1.1.5. I conferimenti di ciascun socio e il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura.
La nuova disciplina dei conferimenti (pag. 245)
N. 5 – Quella dei conferimenti è una delle materie maggiormente toccata dalla riforma. Le novità
sono sintetizzabili nei punti:
a) possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica
(denaro, beni in natura, crediti, conferimenti d’opera); b) ogni conferimento diverso dal denaro deve
essere espressamente previsto nell’atto costitutivo; c) obbligo dei soci di versare almeno il 25% del
proprio conferimento in denaro, mentre il socio unico deve versare l’intero ammontare; d) per i
conferimenti in natura il procedimento di stima viene snellito in quanto il perito non deve essere
nominato dal presidente del tribunale; e) il conferimento può avvenire anche mediante prestazione
di polizza assicurativa o di fideiussione bancaria.

3.1.1.6. La quota di partecipazione di ciascun socio. Trasferimento ed espropriazione (pag. 246)


N. 6 – Le quote di partecipazione non possono essere rappresentate da azioni. Punti salienti della
riforma: 1) proporzionalità fra conferimento e contenuto della partecipazione, ancorata al criterio di
riferimento “legale” (2468, n. 2 - i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla
propria partecipazione); 2) modificabilità dei diritti previsti nel punto precedente solo con il
consenso di tutti i soci (2468, n. 4); 3) libertà della trasferibilità delle partecipazioni sia per atto fra
vivi sia mortis causa, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo (2469).

3.1.1.7. Le norme relative al funzionamento della società. Rinvio (pag. 247)


N. 7 – Devono essere indicate le norme relative al funzionamento della soc., indicando quelle
concernenti l’amministrazione (decisione dei soci o assemblea) e la rappresentanza (disgiunta/
congiunta).
N. 8 – Devono essere indicati i primi amministratori e gli eventuali soggetti incaricati del controllo
contabile.

3.1.1.8. Le spese per la costituzione (pag. 247)


N. 9 – Nell’atto costitutivo deve essere indicato l’importo, almeno approssimativo, delle spese per
la costituzione a carico della soc.

3.1.2. L’iscrizione della società nel registro delle imprese e l’acquisto della personalità giuridica.
Rinvio (pag. 247)
L’argomento è stato trattato al punto 3.1.

4. La nullità della società. Rinvio (pag. 248)


Identica per la nullità già esaminata per le spa.

5. L’organizzazione interna (pag. 248)


Il settore nel quale la riforma ha inciso in modo maggiore è quello dell’organizzazione interna
(2463 n. 7). La nuova disciplina prevede ancora un’assemblea dei soci, gli amministratori e il
collegio sindacale, ma mentre la norma precedente li equipara a quelli della spa, ora questi vengono
depotenziati e trasformati in organi a competenza limitata.

5.1. Decisioni dei soci ed assemblea (pag. 248)


L’assemblea perde il primo posto nella scala normativa degli organi cedendolo agli amministratori.
Per delineare il ruolo assembleare:

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1) Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’assemblea, riunione formale di tutti i soci, non
è più la sede esclusiva per l’adozione delle deliberazioni in quanto la stessa non è più lo strumento
esclusivo con cui si manifesta la volontà della soc., essendo stata sostituita dalla locuzione
“decisione dei soci”.
2) La decisione dei soci è l’alternativa alla deliberazione assembleare, presa al di fuori del suo
contesto, sempre che lo statuto non la preveda espressamente.
3) I soci decidono senza il procedimento assembleare nelle materie riservate alla loro competenza.
Le decisioni dei soci sono prese col voto favorevole della maggioranza dei votanti che
rappresentano ½ del capitale sociale.
4) Il metodo assembleare è necessario quando lo statuto lo dispone, per la modifica dell’atto
costitutivo e per operazioni che comportano sostanziali modificazioni dell’oggetto sociale.
5) Se viene adottato il metodo assembleare, è l’atto costitutivo a stabilire le modalità di
convocazione dell’assemblea.

5.1.1. L’invalidità delle deliberazioni assembleari (pag. 250)


2479 ter – è stata abolita la distinzione fra deliberazioni nulle e annullabili, sostituita dalla
locuzione invalidità. La norma contiene tre regole: 1) i soci dissenzienti, ciascun amministratore e il
collegio sindacale possono, entro 90 gg, impugnare le delibere non conformi alla legge o all’atto
costitutivo; 2) chiunque abbia interesse può impugnare, entro 3 aa, le decisioni con oggetto illecito
o impossibile; 3) sempre possono essere impugnate le deliberazioni che modificano l’oggetto
sociale prevedendo attività illecite o impossibili.
Il procedimento è quello previsto per le spa. Per garantire i terzi in buon a fede vi sono
temperamenti alla caducazione degli atti invalidi: 1) convalida della delibera impugnata con altra
conforme; 2) impugnativa non proponibile per deliberazioni relative al bilancio dopo
l’approvazione del bilancio successivo; 3) sanatoria per la mancata verbalizzazione se la lacuna è
colmata con verbale prima dell’assemblea successiva.

5.2. L’amministrazione e la rappresentanza della società (pag. 251)


L’amministrazione è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci. Possibilità di scelta
tra sistema di amministrazione proprio delle soc. di capitali o di quello delle soc. di persone
(espressa statuizione statutaria per amministrazione disgiunta o congiunta). Le regole sono:
a) salva diversa disposizione, l’amministrazione è affidata ad uno o più soci;
b) se l’amministratore è unico, si applica la normativa dell’amministratore unico delle soc. di
capitali; se l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di
amministrazione;
c) l’atto costitutivo può adottare uno dei due sistemi previsto per le soc. di persone
(amministrazione disgiuntiva o congiuntiva).
Gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società.

5.2.1. La responsabilità degli amministratori (pag. 252)


Nei confronti della soc. gli amministratori sono solidalmente responsabili per inosservanza dei
doveri imposti dalle leggi e dall’atto costitutivo; legittimati ad agire sono i soci che possono anche
chiedere la revoca degli amministratori. Nei confronti dei soci e dei terzi gli amministratori
rispondono come per le spa.

5.2.2. Il conflitto di interessi degli amministratori (pag. 252)


Il conflitto riguarda interessi che gli amministratori hanno con la soc. per conto proprio o di terzi,
ma anche per l’incidenza sui contratti conclusi dai rappresentanti della soc. Nel caso di contratti
conclusi da amministratori in conflitto di interessi, la soc. può chiederne l’annullamento solo se il
conflitto era conosciuto/riconoscibile dal terzo; le decisioni adottate dal consiglio di

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amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, se
cagionano danno patrimoniale, possono essere impugnate entro 90 gg dagli amministratori, dai
sindaci o dal revisore contabile.

5.3. Il controllo sulla gestione della società (pag. 252)


L’atto costitutivo può prevedere la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto
non dispone diversamente, l’organo di controllo è costituito da un solo membro. Il collegio
sindacale (+ membri) è nominato se il capitale ≥ della cifra minima per la spa (120.000 €).

6. Le modificazioni dell’atto costitutivo (pag. 253)


Sono deliberate dall’assemblea dei soci e a cura del notaio verbalizzante deve essere richiesta entro
30 gg l’iscrizione nel registro delle imprese. Se il notaio non ritiene adempiute le condizioni di
legge ne dà comunicazione agli amministratori che entro 30 gg convocano l’assemblea o fanno
ricorso al tribunale.

7. La partecipazione sociale, i diritti e gli obblighi dei soci (pag. 253)


La partecipazione sociale è un concetto proprio di tutti i tipi di soc.
Per quel che riguarda gli obblighi, l’unico riconducibile al socio è quello del conferimento.
Per quanto invece riguarda i diritti, il principale riguarda la possibilità di modellare, entro certi
limiti, l’organizzazione interna secondo alcuni principi: 1) tutti i diritti sociali spettano ai soci in
misura proporzionale alla loro partecipazione; 2) l’atto costitutivo può prevedere l’attribuzione a
singoli soci di particolari diritti per l’amministrazione della soc. o per la distribuzione degli utili; 3)
nei casi di riduzione del capitale per perdite sono escluse la modificazione delle quote di
partecipazione e dei diritti spettanti ai soci.
Elenco dei diritti: 1) diritto di intervento in assemblea (sospensione per il socio moroso); 2) diritto
di espressione di consenso/dissenso; 3) diritto di conversione in denaro del conferimento; 4) diritto
di recesso; 5) diritto di promozione di azione di responsabilità contro gli amministratori; 6) diritto
di impugnazione delle deliberazioni invalide; 7) diritto di sottoscrizione di aumento del capitale
sociale mediante nuovi conferimenti; 8) diritto agli utili e alla quota di liquidazione; 9) diritto di
avere notizie sullo svolgimento degli affari (soci che non partecipano all’amministrazione).

8. Il capitale sociale e le sue variazioni (pag. 254)


Il valore dei conferimenti non può essere inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. Le
variazioni possono essere in diminuzione o in aumento (a pagamento/gratuite).
L’aumento a pagamento (aumento di capitale mediante conferimento) deve essere deliberato
dall’assemblea e i soci, al momento della sottoscrizione, devono versare almeno il 25%. Non può
essere deliberato fino a che i conferimenti non siano stati integralmente eseguiti. L’aumento gratuito
avviene mediante imputazione a capitale delle riserve e la quota del socio resta immutata.
La riduzione del capitale può dipendere dalla volontà delle parti o essere imposta dalla legge in
caso di perdite. La riduzione volontaria avviene per: 1) rimborso ai soci delle quote pagate; 2)
mediante liberazione dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti. L’esecuzione può avvenire dopo 90
gg dall’iscrizione nel registro delle imprese o dopo la conclusione dei giudizi in caso di
impugnazione da parte dei creditori sociali.
La riduzione per perdite deve essere deliberata se il capitale sociale diminuisce di oltre 1/3. Sono
previste due situazioni: 1) se la perdita non è scesa sotto il minimo legale, gli amministratori
devono convocare l’assemblea per esporre la situazione; c’è tempo 1 a. per il recupero; in caso
contrario l’assemblea per l’approvazione del bilancio dell’anno successivo dovrà ridurre il capitale
in proporzione alle perdite; 2) se il capitale è sceso sotto il minimo legale, l’assemblea deve
deliberare la sua riduzione e la sua reintegrazione al minimo legale (10.000 €). Possibilità di
trasformazione societaria.

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9. I profili patrimoniali e il finanziamento dell’impresa sociale

9.1. I finanziamenti dei soci (pag. 255)


Sono finanziamenti dei soci a favore della soc. quelli effettuati in qualsiasi forma in un momento di
difficoltà, tenendo conto dello squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto. Il rimborso dei
finanziamenti è postergato rispetto alla soddisfazione dei creditori; se il rimborso avviene nell’anno
precedente al fallimento lo stesso dovrà essere restituito.

9.2. Il finanziamento dell’impresa sociale e l’emissione dei “titoli di debito” (pag. 256)
Si tratta di un eterofinanziamento con appello al mercato finanziario di investitori qualificati; la
legge lascia ampio spazio all’autonomia privata.

9.3. Il bilancio (pag. 256)


E’ presentato ai soci entro il termine stabilito dall’atto costitutivo ma non oltre 120 gg dalla
chiusura dell’esercizio sociale. L’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili avviene con
decisione dei soci (a maggioranza di almeno ½ del capitale sociale) e il bilancio deve essere
depositato in copia presso l’ufficio del registro delle imprese entro 30 gg dall’approvazione.

10. La cessazione dello status di socio (pag. 256)


Per la srl al recesso dalla soc. si aggiunge l’esclusione per giusta causa (morosità).

10.1. Il recesso (pag. 257)


Negozio unilaterale con il quale il socio dichiara di sciogliere il vincolo con la soc. Può essere
esercitato a seguito di: 1) cambiamento dell’oggetto sociale; 2) trasformazione, fusione o scissione;
3) revoca dello stato di liquidazione; 4) trasferimento della sede all’estero; 5) operazioni che
comportino rilevanti modificazioni dei diritti dei soci. Il socio che recede ha diritto al rimborso
della propria partecipazione, calcolata in base al valore del patrimonio sociale al momento del
recesso, entro 180 gg dalla sua comunicazione. Il rimborso può avvenire tramite acquisto (in modo
proporzionale) da parte altri soci, utilizzando le riserve disponibili o mediante riduzione del capitale
sociale.

10.2. L’esclusione (pag. 257)


Solo nel caso in cui il socio sia moroso, dopo il fallimento dei tentativi di vendita della quota.

10.3. L’estinzione della società. Rinvio (pag. 257)


Trattata nel capitolo VII.

Capitolo VII – LA FINE DELL’IMPRESA SOCIETARIA A BASE CAPITALISTICA

1. L’estinzione dell’impresa societaria (pag. 258)


La scomparsa della soc. dal novero dei soggetti dell’attività giuridica può avvenire:
a) a seguito della liquidazione dell’impresa e della successiva cancellazione dal registro delle
imprese;
b) per fusione o scissione.

2. La fattispecie estintiva delle società di capitali (pag. 258)


E’ stata modificata per raggiungere tre obiettivi: 1) colmare annose lacune; 2) regolare punti
controversi di cui al c.c.; 3) valorizzare l’autonomia privata.

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L’estinzione della soc. avviene solo dopo il compimento della fattispecie estintiva, composta da tre
fasi: 1) verificarsi della causa di scioglimento; 2) compimento del procedimento di liquidazione; 3)
cancellazione della soc. dal registro delle imprese.

2.1. Il verificarsi delle cause di scioglimento

2.1.1. Le cause di scioglimento (pag. 259)


2484 – le spa, le saa e le srl si sciolgono: 1) per il decorso del termine; 2) per il conseguimento
dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; 3) per l’impossibilità di
funzionamento (oggettiva ed assoluta) o per la continuata inattività dell’assemblea; 4) per la
riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale; 5) per recesso senza possibilità di
rimborso (2437 quater e 2473); 6) per deliberazione dell’assemblea; 7) per le altre cause previste
dall’atto costitutivo e dallo statuto; 8) per le altre cause previste dalla legge.

2.1.2. Gli effetti del verificarsi delle cause di scioglimento (pag. 260)
Se si verifica una causa di scioglimento non si produce l’estinzione ma solo una serie di effetti
preliminari e funzionali al momento estintivo, il primo dei quali consiste nella mutazione dello
scopo della soc. che passa da lucrativo a liquidativo (fase di liquidazione). Le cause di scioglimento
operano di diritto (non occorrono deliberazioni dei soci o decreti del Tribunale, necessitando solo
l’accertamento dichiarativo da parte degli amministratori). L’accertamento e l’iscrizione nel registro
delle imprese sono i due effetti che scaturiscono dal verificarsi della causa di scioglimento (fasi
propedeutiche al procedimento di liquidazione). Altro effetto consiste nell’obbligo degli
amministratori di convocare l’assemblea per la nomina dei liquidatori (in assenza provvede il Trib.
con decreto). Gli amministratori conservano il potere gestionale, fino alla pubblicazione della
nomina dei liquidatori, ai soli fini di salvaguardare l’integrità e il valore del patrimonio sociale;
sono personalmente responsabili dei danni arrecati ai soci, ai creditori e ai terzi.

2.2. La liquidazione

2.2.1. Gli effetti dell’entrata della società in stato di liquidazione e la nomina dei liquidatori (pag.
261)
L’avverarsi della causa di scioglimento fa venir meno il vincolo di destinazione del patrimonio
(dissoluzione di un patrimonio autonomo). Procedimento formale di liquidazione è la deliberazione
di nomina del liquidatore/i che deve indicare: 1) criteri della liquidazione; 2) poteri dei liquidatori;
3) atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa. Con la pubblicazione della nomina
dei liquidatori cessa la carica degli amministratori che devono consegnare i libri sociali, una
relazione sulla situazione dei conti e sulla gestione del periodo successivo all’ultimo bilancio
approvato. Vi è l’obbligo di aggiungere alla denominazione sociale la locuzione “società in
liquidazione”.

2.2.2. L’attività dei liquidatori – poteri, obblighi, responsabilità – e le operazioni di liquidazione


(pag. 261)
Poteri: compiere tutti gli atti utili alla liquidazione.
Obblighi: adempiere ai doveri con la professionalità e diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
Responsabilità: rinvio a quella degli amministratori.
La liquidazione inizia con il passaggio di consegne e può suddividersi in: 1) monetizzazione del
patrimonio mobiliare e immobiliare, compresa l’esazione dei crediti; 2) soddisfazione delle
passività sociali; 3) redazione del bilancio finale di liquidazione ed eventuale distribuzione del
residuo patrimoniale.

2.2.3. Bilancio finale di liquidazione e piano di riparto (pag. 262)

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Esaurita la liquidazione deve essere redatto il bilancio finale di liquidazione, con l’indicazione della
parte spettante a ciascun socio/azione nella distribuzione dell’attivo, e lo stesso deve essere
depositato presso il registro delle imprese (reclamo al Tribunale entro 3 mesi); quando il bilancio
diviene esecutivo vi è la liberazione dei liquidatori di fronte ai soci.

2.3. La cancellazione della società dal registro delle imprese (pag. 262)
Successivamente al procedimento di liquidazione i liquidatori devono chiedere la cancellazione
della soc. dal registro delle imprese; solo così la soc. può considerarsi estinta. La morte della soc.
non impedisce che i creditori sociali insoddisfatti possano far valere i loro crediti nei confronti dei
soci fino alla concorrenza delle somme da loro riscosse in fase di liquidazione.

3. La revoca dello stato di liquidazione (pag. 263)


E’ possibile previa eliminazione della causa di scioglimento; è deliberata dall’assemblea e deve
essere iscritta nel registro delle imprese; se entro 2 mesi dall’iscrizione non vi è impugnazione da
parte di creditori anteriori, la delibera diviene esecutiva.

Capitolo VIII – LE SOCIETA’ COOPERATIVE E LE MUTUE ASSICURATRICI

1. Nozioni introduttive (pag. 264)


2511 – Le cooperative sono soc. a capitale variabile con scopo mutualistico. Le coop devono essere
iscritte all’Albo delle soc. coop. Le coop si distinguono dalle soc. ordinarie sia dal punto di vista
funzionale (scopo mutualistico), sia da quello organizzativo (struttura aperta e democratica) e
patrimoniale (patrimonio non lucrativo).

2. Lo scopo mutualistico (pag. 265)


Lo scopo mutualistico consiste nella gestione di servizio a favore dei soci, ossia nel dovere della
soc. di concludere contratti di scambio (acquisizione dai soci dei fattori della produzione o cessione
ai soci di beni/servizi prodotti) o di lavoro con i propri soci; le coop devono svolgere la loro attività
direttamente con i soci offrendo loro beni, servizi ed occasioni di lavoro a condizioni di favore. Lo
scambio mutualistico avviene attraverso specifici contratti, ulteriori e distinti rispetto al contratto di
soc. (no per le mutue assicuratrici). La coop può praticare prezzi inferiori o retribuzioni superiori
rispetto al mercato, ma può praticare anche prezzi concorrenti o superiori e restituire a fine
esercizio ai soci, non in base al capitale sottoscritto ma in proporzione ai rapporti intercorsi, somme
in denaro (ristorni) equivalenti a quanto pagato in più (coop di consumo) o percepito in meno (coop
di produzione e lavoro).

3. Cooperative a mutualità prevalente e cooperative “diverse” (pag. 266)


Tutte le coop sono caratterizzate dal fatto: a) di agire prevalentemente con i propri soci; b) di
possedere nello statuto clausole che limitano la partecipazione dei soci agli utili di esercizio.
Ma non tutte le coop hanno gli stessi indici di meritevolezza e la riforma del 2003 ha stabilito che la
possibilità di operare con i terzi non soci debba essere prevista nell’atto costitutivo e ha introdotto la
distinzione fra coop a mutualità prevalente (coop protette) e coop a mutualità non prevalente (coop
diverse). Le coop a mutualità prevalente devono svolgere la loro attività per più del 50% con i soci
(condizione da documentare nella nota integrativa al bilancia) e lo statuto deve contenere clausole
di non lucratività. Sole le coop a mutualità prevalente godono delle agevolazioni tributarie riservate

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dalla legge, mentre solo quelle diverse possono trasformarsi in soc. lucrative. Se non viene
rispettato per due esercizi consecutivi il requisito gestionale (>50%) la coop perde la qualifica di
coop a mutualità prevalente.

4. Le cooperative e lo scopo lucrativo (pag. 268)


Spesso le coop abbandonano il modello ideale trasformando lo scopo mutualistico in quello di
lucro, cosa consentita dall’ordinamento purché vengano rispettati correttivi di natura patrimoniale,
non imposti alle soc. ordinarie. La riforma ha ampliato il livello di lucratività per le coop diverse,
riducendo così quello delle coop a mutualità prevalente. Per tutte le coop è previsto un limite
massimo ai conferimenti in danaro dei soci (100.000 €). I conferimenti devono essere distinti da
eventuali corrispettivi versati per il conseguimento di servizi. Almeno il 30% degli utili deve essere
destinato alla riserva legale; una quota del 3% deve essere corrisposta ai Fondi mutualistici.

5. La variabilità del capitale (pag. 271)


2524 – elemento essenziale della coop è la variabilità del capitale; ciò vuol dire che il capitale
sociale non è determinato e che pertanto potrà essere aumentato, senza che ciò comporti la modifica
dell’atto costitutivo, mediante l’accoglimento delle domande di ingresso di nuovi soci da parte degli
amministratori (porte aperte).

6. La restante disciplina organizzativa (pag. 272)


I soci delle coop devono possedere i requisiti stabiliti dalle leggi speciali e dallo statuto (2527); è
vietata la partecipazione di persone che esercitano attività concorrenti (2522). Occorre il numero
minimo di 9 soci per la costituzione della soc (2522). Per le obbligazioni sociali risponde solo la soc
con il suo patrimonio (2518). La partecipazione sociale può essere rappresentata da azioni (spa) o
da quote (srl) (2525). E’ possibile l’esclusione del socio (2533) che si colloca accanto al recesso
(2532) e alla morte (2534) come causa di scioglimento del rapporto sociale. Vi è uguaglianza dei
soci nel diritto al voto, indipendentemente dalla frazione di capitale posseduta (2538). Tale norma
però scoraggia gli investimenti ed il legislatore ha previsto la figura del socio finanziatore a cui
possono essere attribuiti più voti, anche se i soci finanziatori non possono prevalere sui soci
cooperatori (2526). I soci devono partecipare personalmente alla vita sociale (la rappresentanza in
assemblea è limitata a 10) (2539). Oltre alle assemblee generali (ordinarie e straordinarie), possono
esservi anche assemblee separate (facoltative e obbligatorie) per la nomina dei delegati che
voteranno nelle assemblee generali (2540). Nell’atto costitutivo deve essere indicato il sistema di
amministrazione adottato (2521) (se spa: sistema tradizionale, dualistico o monistico). I membri del
consiglio di amministrazione o del comitato di gestione devono essere in maggioranza soci
cooperatori (2542).

7. Gli altri aspetti della disciplina delle cooperative (pag. 276)


Sono possibili modificazioni dell’atto costitutivo: quelle più rilevanti riguardano lo scopo
mutualistico, cioè la modifica dell’oggetto sociale, i requisiti dei soci, le norme regolamentari sul
rapporto mutualistico. In caso di insolvenza per le coop aventi ad oggetto attività commerciale,
oltre alla liquidazione coatta amministrativa è previsto il fallimento.
In funzione delle agevolazioni di cui godono le coop, sono previsti controlli pubblici (revisione o
ispezioni straordinarie), la cui vigilanza è demandata al Ministero dello Sviluppo Economico
(MISE).

8. Le mutue assicuratrici (pag. 278)


Vi è compenetrazione fra rapporto sociale e rapporto assicurativo e non si può acquisire la qualità di
socio se non assicurandosi, mentre la si perde con l’estinguersi dell’assicurazione.

Capitolo IX LE MODIFICAZIONI DELL’IMPRESA SOCIETARIA

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Sezione I

LA TRASFORMAZIONE

1. Nozione e natura (pag. 280)


La trasformazione è l’adozione di un diverso modello di organizzazione dell’impresa-società e si
attua mediante modifica dell’atto costitutivo. La soc. che si trasforma non si estingue né si crea una
nuova soc.

2. Le specie di trasformazione (pag. 281)


Il legislatore, oltre a distingue fra: 1) trasformazione omogenea (da soc. di persone a soc. di capitali
e viceversa) e 2) trasformazione eterogenea (da soc. di capitali ad altri enti e viceversa), disciplina
quattro tipi di trasformazione: 1a) trasformazione di soc. di persone; 1b) trasformazione di soc. di
capitali; 2c) trasformazione eterogenea da soc. di capitali; 2d) trasformazione eterogenea in soc, di
capitali. A tali specie, anche se non regolate espressamente, devono aggiungersi le trasformazioni
delle soc. di persone, di capitali e mutualistiche. Le coop diverse da quelle a mutualità prevalente
possono trasformarsi in soc. lucrative.

3. I principi generali e il procedimento (pag. 281)


Non vi sono procedure uguali per le varie specie di trasformazione, pur essendovi quattro regole
generali: a) l’atto di trasformazione è soggetto alla disciplina prevista per l’atto di costituzione del
tipo adottato, comprese le forme pubblicitarie; b) la trasformazione omogenea ha effetto dopo
l’ultimo adempimento pubblicitario disposto; c) per la trasformazione eterogenea i creditori
possono fare opposizione entro 60 gg.; d) una volta eseguiti gli adempimenti pubblicitari non può
essere pronunciata l’invalidità dell’atto di trasformazione, fatto salvo il diritto al risarcimento del
danno.

3.1. La trasformazione di società di persone (pag. 282)


La trasformazione di soc. di persone in soc. di capitali è deliberata dalla maggioranza dei soci
secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili. La decisione deve risultare da atto pubblico,
deve esservi una relazione di stima dalla quale risulti il capitale della soc. trasformata e deve essere
registrata. Ciascun socio ha diritto all’assegnazione di un numero di azioni o di una quota
proporzionale alla sua partecipazione. I soci con la trasformazione perdono la responsabilità
illimitata (liberazione dopo comunicazione ai creditori non opposta nei 60 gg).

3.2. La trasformazione di società di capitali (pag. 282)


Tale trasformazione è adottata con deliberazione dell’assemblea straordinaria con le maggioranze
previste per le modificazioni dall’atto costitutivo. Gli amministratori devono redigere una relazione
sulle motivazioni e sugli effetti della trasformazione. Ciascun socio ha diritto all’assegnazione di
una partecipazione proporzionale alla sua quota o alle sue azioni. Necessita il consenso dei soci che
assumeranno la responsabilità illimitata anche per le obbligazioni antecedenti la trasformazione.

3.3. Le trasformazioni eterogenee (pag. 282)


La trasformazione eterogenea è quella da soc. di capitali in enti con natura giuridica diversa dalle
soc. (consorzi, soc. consortili, associazioni non riconosciute, fondazioni) e viceversa. La riforma
prevede due tipi di trasformazione eterogenea: 1) da soc. di capitali; 2) in soc. di capitali. Non è
possibile la trasformazione eterogenea per le soc. di persone.
La trasformazione eterogenea ha effetto dopo 60 gg dall’ultimo adempimento pubblicitario, a
differenza di quella omogenea (ultimo adempimento).

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3.3.1. La trasformazione eterogenea da società di capitali (pag. 283)
Si ha quando la spa, la saa e la srl si trasformano in consorzi, soc. consortili, associazioni non
riconosciute, fondazioni. La deliberazione dell’assemblea deve essere presa a maggioranza dei 2/3
degli aventi diritto al voto e con il consenso dei soci che avranno responsabilità illimitata.

3.3.2. La trasformazione eterogenea in società di capitali (pag. 283)


Si ha quando consorzi, soc. consortili, associazioni non riconosciute e fondazioni si trasformano in
spa, saa e srl. La disciplina di trasformazione è molto articolata e muta a seconda del tipo di ente.

Sezione II

LA FUSIONE

1. Nozione, disciplina, forme (pag. 284)


Vicenda giuridica per la quale ad una pluralità di soc. se ne sostituisce una sola; se questa è una soc.
preesistente, si parla di fusione per incorporazione, mentre se dalla fusione nasce una soc. nuova, si
parla di fusione in senso stretto. Di norma la fusione consegue ad una pregressa collaborazione. La
fusione può avvenire fra soc. che perseguono il medesimo scopo istituzionale (lucrativo,
mutualistico, consortile, nel qual caso si parla di fusione omogenea), oppure fra soc. con scopi
istituzionali diversi (fusione eterogenea).

2. Il procedimento di fusione (pag. 285)


Comprende le seguenti fasi: 1) redazione del progetto di fusione; 2) redazione della situazione
patrimoniale delle soc. ; 3) redazione della relazione degli amministratori sul progetto di fusione e
sul rapporto di cambio; 4) deliberazioni di fusione delle soc. partecipanti; 5) stipulazione dell’atto
di fusione.

2.1. Progetto di fusione, situazione patrimoniale, relazione degli amministratori e degli esperti,
deposito degli atti (pag. 285)
2501 ter – deve essere redatto un progetto comune da parte degli amministratori di tutte le soc. che
vogliono parteciparvi. Fra gli elementi del progetto deve risultare: 1) soc. partecipanti alla fusione;
2) atto costitutivo della soc. risultante dalla fusione; 3) rapporto di cambio delle azioni/quote e
eventuale conguaglio in denaro (non superiore al 10% del valore nominale delle azioni/quote). Il
progetto di fusione deve essere depositato per l’iscrizione presso i registri delle imprese (sedi delle
soc) o pubblicato sui siti Internet delle stesse. Per determinare il rapporto di cambio delle azioni/
quote, gli amministratori devono redigere una relazione che illustri e giustifichi tale rapporto,
unitamente ad una relazione degli esperti che attesti la sua congruità. La situazione patrimoniale e
le relazioni degli amministratori e degli esperti devono essere depositate in copia presso la sede
della società.

2.2. Deliberazione di fusione, opposizione dei creditori e degli obbligazionisti (pag. 286)
Occorrono le deliberazioni approvative di tutte le soc. che partecipano al progetto. La fusione non è
esecutiva se non dopo 60 gg dall’iscrizione nel registro delle imprese senza che vi sia stata
opposizione da parte dei creditori. Il tribunale può disporre la fusione, anche in presenza di
opposizione, previa presentazione di idonee garanzie. L’opposizione può essere proposta anche
dagli obbligazionisti.

2.3. Atto di fusione (pag. 287)


Il procedimento di fusione si conclude con la stipulazione dell’atto di fusione che deve avere la
forma dell’atto pubblico e deve essere depositato entro 30 gg per l’iscrizione.

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3. Effetti della fusione (pag. 287)
La soc. nuova o la soc. incorporante assumono tutti i diritti/obblighi delle soc. partecipanti alla
fusione. La/e vecchia/e società risulta/no estinta/e.

4. I limiti (pag. 288)


Distinzione fra: a) limiti legali; b) limiti scaturenti dal sistema e ipotizzati dalla dottrina e dalla
giurisprudenza. a) la partecipazione alla fusione non è consentita alle soc. in liquidazione che
abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo.

5. Le eccezioni (pag. 288)


2501 bis – fusione a seguito di acquisizione per indebitamento (leveraged buy out).
2505 c. 1 – fusione per incorporazione di una soc. in un’altra che possieda tutte le azioni/quote della
prima: non necessita la relazione sul rapporto di cambio.
2505 bis – fusione per incorporazione di una o più soc. in un’altra che possiede almeno il 90% delle
loro azioni/quote: non necessita la relazione degli esperti se i soci della soc. incorporata possono
cedere le loro azioni/quote alla soc. incorporante ad un prezzo determinato alla stregua dei criteri
stabiliti per il recesso.
Fusione cui non partecipano soc. con capitale rappresentato da azioni: non è possibile evitare la
presentazione della relazione degli esperti.

Sezione III

LA SCISSIONE

1. Nozione e disciplina (pag. 290)


Alla fusione si contrappone la scissione, quando cioè una soc. assegna l’intero suo patrimonio ad
altre soc. (esistenti o nuove), oppure da una soc. si scorpora una parte delle attività patrimoniali, che
vanno a costituire l’attivo patrimoniale di altra soc. di nuova costituzione, mentre la prima riduce il
proprio capitale ripartendo fra i soci le quote della seconda.
2506 – con la scissione una soc. assegna l’intero suo patrimonio a più soc. preesistenti o di nuova
costituzione, o parte del suo patrimonio anche ad una sola soc., mentre le relative azioni/quote sono
ripartite fra i suoi soci.
Anche per la scissione l’unico limite legale è costituito dalle soc. in liquidazione che abbiano
iniziato la distribuzione dell’attivo. Nel caso di assegnazione dell’intero suo patrimonio la soc
scissa risulterà estinta.

2. Il procedimento (pag. 290)


E’ simile a quello per la fusione, cui la norma rimanda. Le tappe: 1) redazione del progetto di
scissione; 2) redazione della situazione patrimoniale, relazione degli amministratori e degli esperti;
3) stipulazione dell’atto di scissione e successivo deposito per la registrazione.

3. Gli effetti (pag. 291)


Decorrono dall’ultima iscrizione dell’atto sul registro delle imprese delle soc. beneficiarie.
Ciascuna soc. è solidalmente responsabile, nei limiti dell’effettivo patrimonio netto ad essa
assegnato, dei debiti della soc. scissa.

PARTE QUARTA

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LE FORME DI INTEGRAZIONE FRA IMPRESE

Capitolo I I CONSORZI E LE ALTRE FORME DI INTEGRAZIONE FRA IMPRESE

1. I consorzi (pag. 359)


2602 – Due o più imprese possono stipulare un contratto di consorzio per istituire
un’organizzazione comune per la disciplina e il coordinamento di determinate fasi delle rispettive
imprese, con finalità di cooperazione interaziendale (consorzio di coordinamento) e/o di limitazione
della concorrenza (consorzio anticoncorrenziale). Le imprese partecipanti mantengono la propria
individualità ed autonomia giuridica ma per determinate fasi vincolano la propria attività
economica ad una disciplina convenzionalmente stabilita. Il consorzio ha natura di contratto
associativo plurilaterale aperto e a ciò consegue la possibilità di ingresso di nuovi membri, previo
consenso dei vecchi.

1.2. (pag. 360)


2603 – regole comuni: la forma del contratto è quella scritta e deve indicare: 1) oggetto del
contratto (secondo le due tipologie di consorzi: di coordinamento o anticoncorrenziali) e sua durata;
2) sede eventuale; 3) obblighi assunti e contributi dovuti dai consorziati (obblighi giuridici ed
economici); 4) attribuzioni e poteri degli organi preposti al consorzio; 5) condizioni di ammissione
dei nuovi consorziati; 6) casi di recesso ed esclusione; 7) sanzioni per inadempimento obblighi.
Se non espressamente prevista, la durata del consorzio con attività interna (di coordinamento) è di
10 aa, mentre quella per i consorzi anticoncorrenziali è di 5 aa. Nel consorzio vige il principio
maggioritario (per teste), con facoltà per gli assenti e i dissenzienti di impugnare davanti al
Tribunale le delibere assunte in violazione di legge o del contratto. Il controllo sul rispetto delle
obbligazioni assunte è affidato agli stessi consorziati. Al consorziato recedente o escluso non
compete alcuna liquidazione. La partecipazione al consorzio non impedisce il trasferimento
dell’azienda consorziata.
Cause di scioglimento:
1) decorrenza del termine di durata; 2) conseguimento dell’oggetto contrattuale o impossibilità di
conseguirlo; 3) volontà unanime dei consorziati; 4) in presenza di giusta causa deliberazione
consortile maggioritaria; 5) provvedimento dell’autorità governativa; 6) altre cause previste dal
contratto.

1.3. (pag. 361)


Disciplina dei consorzi con attività esterna: 1) lo svolgimento di attività esterna obbliga alla
creazione di un patrimonio (fondo consortile) costituito dai contributi dei consorziati e dai beni
acquistati con tali contributi; 2) individuazione di un ufficio destinato a svolgere attività con i terzi
che comporta l’autonomia del fondo consortile e la rappresentanza legale e giudiziaria dei
rappresentanti. Nel caso in cui gli organi del consorzio assumano obbligazioni per conto dei singoli
consorziati, alla responsabilità del fondo consortile si aggiunge, in via solidale, quella dei
consorziati per i quali le obbligazioni sono state assunte.
Dato che il fondo consortile gode di autonomia patrimoniale perfetta, si rende obbligatoria
l’iscrizione del consorzio presso l’ufficio del registro delle imprese e la pubblicità del suo bilancio
(obbligo di redazione dei quattro documenti: 1) stato patrimoniale, 2) conto economico, 3)
rendiconto finanziario; 4) nota integrativa – secondo le norme previste per la Spa).

2. Le società consortili (pag. 363)


I consorzi possono assumere la forma societaria pur mantenendo lo scopo consortile. Sono quindi
possibili soc. consortili personali (sas e snc – no ss) e soc. consortili di capitali (spa, saa e srl) aventi
per oggetto sociale lo scopo consortile.

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3. Il gruppo europeo di interesse economico (pag. 365)
L’istituzione del Geie (Gruppo europeo di interesse economico) discende da un regolamento
comunitario, applicabile a tutti gli Stati europei, ed è finalizzata a favorire lo sviluppo della
collaborazione fra imprese in ambito europeo; ricalca i consorzi con attività esterna in quanto il
Gruppo ha carattere ausiliario rispetto alle attività dei suoi componenti. La normativa italiana
prevede: 1) forma del contratto per iscritto; 2) iscrizione nel registro delle imprese (efficacia
costitutiva), pubblicazione in G.U. (efficacia dichiarativa) e comunicazione in G.U.C.E.; 3) obbligo
di tenuta dei libri e delle scritture contabili, indipendentemente dall’attività svolta; 4) redazione del
bilancio di esercizio e sua pubblicazione. Può essere nominato amministratore del Geie anche una
persona giuridica che esercita la funzione tramite un rappresentante, persona fisica, dalla stessa
designato. Il Geie è un soggetto giuridico distinto dai suoi membri; la denominazione del Gruppo
deve essere preceduta/seguita dall’espressione Geie; la sede deve essere nell’Unione Europea. In
caso di insolvenza è sottoposto a fallimento, che però non si estende ai membri del Gruppo. Fino ad
oggi non ha avuto particolare fortuna.

4. L’associazione temporanea di imprese (pag. 367)


Si attua per la stipula di contratti con la P.A.
La collaborazione imprenditoriale a carattere temporaneo nasce dall’esigenza di consentire ad una
pluralità di imprese, che rimangono distinte, di assumere la veste di unico contraente per
l’esecuzione di un’opera pubblica. L’ATI (Associazione temporanea di imprese), nasce dalla prassi
di affari statunitense. E’ costituita con mandato collettivo speciale con il quale è conferita la
rappresentanza ad una impresa (mandataria), che esprime l’offerta in nome e per conto proprio e
delle imprese mandanti. La titolarità degli affari è in capo a tutti i partecipanti all’ATI, ma
l’esecuzione dei lavori è ripartita con criteri differenti, a seconda della loro tipologia, fra le varie
imprese. Esistono raggruppamenti verticali (riunione di concorrenti nell’ambito della quale uno
realizza i lavori della categoria prevalente) e raggruppamenti orizzontali (riunione di concorrenti
per realizzare lavori della stessa categoria). L’offerta dei concorrenti raggruppati determina la
responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante.
Per la costituzione del raggruppamento temporaneo, dal codice degli appalti pubblici: 1) gli
operatori devono conferire con atto unico mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di
essi (mandatario o capogruppo); 2) il mandato deve risultare da scrittura privata autenticata
conferita al mandatario; 3) il mandato è gratuito e irrevocabile; 4) al mandatario spetta la
rappresentanza esclusiva dei mandanti nei confronti della stazione appaltante. Non sono possibili
modificazioni alla composizione dei raggruppamenti e la P.A. ha il controllo sugli esecutori
dell’appalto.
Il carattere associativo dell’ATI è temporaneo e privo di rilevanza esterna e il rapporto di mandato
non determina patrimonio comune, organizzazione o unicità di impresa. In caso di fallimento del
mandatario la stazione appaltante può recedere dall’appalto o proseguire il rapporto con altro
operatore economico che abbia idonei requisiti e che assume il ruolo di mandatario. Se a fallire è il
mandante, il mandatario che non indichi altro idoneo mandante è tenuto direttamente all’esecuzione
dell’appalto.

5. Le joint ventures e le forme occasionali di collegamento (pag. 369)


Joint venture (da unito e avventura) ha origini anglosassoni e include qualsiasi tipo di
raggruppamento temporaneo di imprese. Nel commercio internazionale è lo strumento con il quale
imprenditori di paesi diversi pongono in essere un rapporto di collaborazione, uno per penetrare in
un nuovo mercato, l’atro per acquisire tecnologia e know-how. Le finalità che perseguono sono: 1)
ripartizione del rischio; 2) diversificazione dell’investimento finanziario; 3) concentrazione di
risorse comuni; 4) economie di scala.

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Capitolo II I GRUPPI DI IMPRESE

1. L’assunzione di partecipazioni in altre imprese (pag. 372)


Non è vietata anche se la legge tende a limitare tale fenomeno. Art. 2361 – l’assunzione di
partecipazioni in altre imprese, anche se prevista nello statuto, non è consentita se per la misura e
per l’oggetto della partecipazione ne risulti sostanzialmente modificato l’oggetto sociale
determinato dallo statuto. Se l’acquisto di partecipazioni comporta una significativa modificazione
dell’oggetto sociale, ai soci della partecipante deve essere riconosciuto il diritto di recesso.

2. La nozione di controllo e di collegamento (pag. 373)


Nel nostro ordinamento manca una disciplina generale del gruppo di società; il cc contiene solo le
nozioni di “controllo” e di “collegamento” societario, che però hanno rilevanza essenziale sulla
disciplina del bilancio di esercizio.

A) Il controllo (pag. 373)


2359 c. 1 - L’influenza dominante, controllo che una società può esercitare su di un’altra, ovvero il
potere di imporre le proprie decisioni, discende da 4 cause che possono essere: 1) interne di diritto
(azionarie); 2) interne di fatto (azionarie); 3) esterne (contrattuali); 4) indirette.
1) il controllo interno di diritto necessita della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria in prima convocazione; 2) il controllo interno di fatto fa sempre riferimento alla
disponibilità di voti, ma il controllo è in capo alla soc. che è in grado di esercitare un’influenza
dominante nell’assemblea, ricollegabile alla polverizzazione del capitale e all’assenteismo dei soci
tali da consentire, in seconda convocazione, di deliberare a maggioranza dei partecipanti; 3) il
controllo esterno o contrattuale si configura in presenza di rapporti negoziali accompagnati da
vincoli di esclusiva; 4) il controllo indiretto, detto a catena o a cascata, si basa sulla transitività del
rapporto di controllo; tale transitività esprime la relazione di eguaglianza: se A-> B e B -> C, A->
indirettamente C.

B) Il collegamento (pag. 377)


2359 c. 3 – Sono considerate soc. collegate le soc. sulle quali un’altra soc. esercita un’influenza
notevole, ovvero se nell’assemblea ordinaria può esercitare almeno 1/5 dei voti (1/10 per soc.
quotate in borsa).

3. Controllo, collegamento e disciplina del bilancio di esercizio (pag. 377)


Il controllo e il collegamento sono ravvisabili maggiormente nel settore del bilancio con il fine di
rendere al massimo trasparenti i rapporti giuridici fra soc. collegate/controllate. Nello stato
patrimoniale devono essere indicate separatamente le partecipazioni in tali imprese; nel conto
economico i proventi da partecipazioni devono riportare separatamente quelli relativi a imprese
controllate/collegate; la nota integrativa deve indicare l’elenco di tali soc., specificando per
ciascuna: sede, capitale, importo del patrimonio netto, utile o perdita di esercizio, quota posseduta
e valore attribuito in bilancio.

4. Controllo e disciplina delle partecipazioni incrociate (o reciproche) (pag. 379)


Il controllo assume rilievo giuridico anche sotto il profilo delle partecipazioni reciproche, a causa
dei rischi: 1) di abuso per il raggruppamento di imprese di indebolimento del capitale sociale; 2)
dalla possibile alterazione del corretto funzionamento dei momenti decisionali della soc.
controllante. 1) se due soc. si costituiscono o aumentano il loro capitale sociale sottoscrivendo
reciprocamente le azioni dell’altra, si ha una moltiplicazione illusoria di ricchezza.

5. Dal controllo al gruppo (pag. 383)

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Il controllo rappresenta condizione necessaria ma non sufficiente per avere un gruppo,
caratterizzato dalla direzione unitaria; vi è il pericolo per i soci di minoranza e per i creditori della
singola affiliata che le decisioni del socio da maggioranza siano influenzate da un conflitto di
interessi a favore dell’interesse di gruppo.

6. Gruppo e consolidamento dei conti (pag. 385)


Sono obbligate a redigere il bilancio consolidato: a) le spa, le saa, le srl che controllano una
impresa; b) gli enti pubblici economici; c) le soc. cooperative e le mutue assicuratrici che
controllano una spa, una saa o una srl. Funzione del bilancio consolidato è fornire informazioni
esaurienti ai soci e ai terzi sulla situazione patrimoniale, su quella finanziaria e sul risultato
economico dell’insieme delle imprese, come se fossero un’unica impresa.

7. I gruppi di imprese nella legislazione speciale: il diritto antitrust, il gruppo bancario, i gruppi di
imprese nella nuova disciplina del mercato mobiliare e i gruppi assicurativi (pag. 388)
A) Diritto di antitrust - A tutela della libertà di concorrenza bisogna avere riguardo alla posizione e
al potere di mercato che fa capo alle ampie aggregazioni di imprese cui appartengono i soggetti che
hanno posto in essere l’intesa restrittiva della concorrenza, l’abuso di posizione dominante o
l’operazione di concentrazione.
B) Gruppo bancario – molto diffuso in Italia (> 80%). Il gruppo bancario è composto dalle sole soc.
di capitali che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività bancaria, finanziaria o strumentale, nonché
dalla capogruppo (banca o soc. finanziaria con sede legale in Italia). La Banca d’Italia esercita la
vigilanza nei confronti del gruppo bancario e il suo interlocutore è la capogruppo.
C) Mercato mobiliare – il T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria annovera
varie norme che riguardano le aggregazioni societarie, intese a garantire la trasparenza informativa
anche in presenza di una struttura di gruppo.
D) Gruppo assicurativo – una disciplina particolare è introdotta per i gruppi assicurativi dal codice
delle assicurazioni private. Ai fini della vigilanza il gruppo assicurativo è composto da più imprese,
la cui capogruppo può essere una impresa di assicurazione o riassicurazione italiana. Sono escluse
da questo gruppo le soc. esercitanti attività bancaria.

8. La disciplina dei gruppi introdotta dalla riforma delle società (d.lgs. n. 6/2003) (pag. 393)
Nella norma non sono mai menzionati i gruppi, ma sono disciplinate le attività di direzione e
coordinamento delle soc. (esercizio di tali attività).

9. L’azione di responsabilità per scorretto esercizio di potere di direzione e coordinamento (pag.


393)
2497 – introduce una azione di responsabilità a favore dei soci e dei creditori delle soc. sottoposte
ad attività di direzione e controllo che è surrogata, col la conseguenza che il risarcimento spetta al
socio/creditore. La responsabilità è in capo alla soc./enti che esercitano tale attività. La soc./ente
che esercita l’attività di direzione risponde sole se ha agito nell’interesse proprio o altrui in
violazione del principio della corretta gestione societaria (conflitto di interessi).

10. La definizione di “direzione e coordinamento” (pag. 395)


Quando si ha attività di direzione e coordinamento? Nel caso in cui la capogruppo predisponga
piani e direttive strategiche, impartisca direttive su politica finanziaria e creditizia, acquisizioni,
dismissioni, concentrazioni (terminologia di ampia portata). Vi è attività di direzione e
coordinamento, salva prova contraria se soc/ente: 1- tenuto al consolidamento dei bilanci; 2-
controllo ai sensi 2359; 3- rapporti contrattuali; 4- clausole statutarie; 5- a chi abbia preso parte al
fatto lesivo; 6- a chi abbia consapevolmente tratto profitto.

11. Il diritto di recesso (pag. 396)

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Ipotesi specifiche di recesso a favore del socio di soc. assoggettata a direzione e controllo: 1) se soc.
che esercita la direzione si trasforma mutando il suo scopo sociale; 2) in caso di sentenza definitiva
di condanna di chi esercita attività di direzione.

12. La tutela informativa (pag. 397)


La soc. soggetta a direzione deve indicare la propria soggezione negli atti e nella corrispondenza,
nonché iscrivere nel registro delle imprese le date di inizio/fine di tale situazione.

13. L’obbligo di motivazione delle decisioni (pag. 397)


Le decisioni delle soc. soggette a direzione, se influenzate dalla soc. che la esercita, devono essere
analiticamente motivate.

14. Il rimborso dei finanziamenti (pag. 397)


Per il rimborso dei finanziamenti effettuati a favore della soc. controllata si applicano le norme
della srl.

15. Il gruppo insolvente (pag. 398)


Il pericolo maggiore è costituito dall’insolvenza delle imprese del gruppo, dato che il rischio può
essere distribuito in capo a soc. scarsamente patrimonializzate, facilmente sacrificabili.

PARTE QUINTA

IL FINANZIAMENTO DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA

Capitolo I - GLI STRUMENTI

Sezione I

GENERALITA’

1. Il finanziamento dell’impresa (pag. 401)


L’impresa può aver bisogno di ricorrere al finanziamento non autoctono. Finanziamento sta ad
indicare le operazioni mediante le quali si realizza la provista degli strumenti finanziari necessari.

2. La fonte del finanziamento. Autofinanziamento ed eterofinanziamento (pag. 402)


a) autofinanziamento se i fondi provengono dall’interno dell’impresa; b) eterofinanziamento se
provengono da fonti esterne.
a) nell’impresa individuale si parla di mezzi propri, mentre nell’impresa di capitali si realizza in due
modi: 1) conferimenti iniziali dei soci; 2) operazioni sul capitale sociale (aumento a pagamento del
capitale).
b) può realizzarsi attraverso i canali: 1) bancario/finanziario; 2) contratti di finanziamento non
bancari (leasing, factoring, forfaiting); 3) altre operazioni eterogenee non raggruppabili in unica
categoria; 4) incentivi previsti da leggi speciali. Nuova forma di finanziamento è quella prevista per
uno specifico affare.

3. Altre forme di finanziamento: raccolta del risparmio fra il pubblico. Rinvio (pag. 404)
Consiste nell’investimento che il pubblico dei risparmiatori fa nei capitali di grandi imprese
(acquisto di azioni di soc. quotate in borsa).

4. Piano dell’esposizione (pag. 404)

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Bisogna intrattenersi sugli istituti di finanziamento esterno e sugli strumenti, oggettivi e soggettivi,
apprestati dalla legge.

Sezione II

L’IMPRESA BANCARIA E L’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA

1. Le banche, l’attività bancaria e le regole prudenziali di Basilea due (pag. 405)


Il canale primario per il finanziamento esterno è quello bancario. Le imprese bancarie sono
autorizzate ad esercitare attività bancaria (raccolta del risparmio ed esercizio del credito). Per
l’esercizio del credito la banca mette a disposizione del cliente, per un dato periodo o a tempo
determinato, somme di denaro e risulta creditrice del cliente. L’attività bancaria è annoverabile
nella categoria della produzione di servizi. Il guadagno sperato è la differenza fra tassi attivi e
passivi, per cui necessita il mantenimento di una proporzione fra il patrimonio e l’ammontare
complessivo degli affidamenti. L’autorità di vigilanza è affidata alla Banca d’Italia, con poteri di
regolamentazione nell’ambito dell’autonomia gestionale di ciascuna banca. A livello internazionale
il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (Basilea 2) ha stabilito il metodo dei rating interni
cui le banche devono attenersi, necessitando la costituzione di un patrimonio di vigilanza sufficiente
a coprire eventuali perdite relative alla gestione dei crediti. La BKI vigila sulle banche regionali.

2. La disciplina della raccolta del risparmio tra il pubblico (pag. 407)


L’attività bancaria è riservata alle banche e la sua abusiva attuazione è sanzionata penalmente. La
raccolta del risparmio consiste nell’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso delle somme
ricevute. La delibera del CICR (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio) del 2005 ha
stabilito che non è raccolta di risparmio tra il pubblico quella svolta: 1) in connessione con
l’emissione di moneta elettronica; 2) presso soci, dipendenti o società del gruppo; 3) quelle
mediante contratti di finanziamento.

3. Le altre attività finanziarie delle banche (pag. 408)


Le banche esercitano anche ogni altra attività finanziaria e attività accessorie e strumentali. Le
banche possono raccogliere il risparmio con emissione di strumenti finanziari ed esercitare
factoring, leasing, forfaiting, emissione/gestione carte di credito ed altro. Le attività finanziarie
possono essere svolte sia direttamente, sia mediante società controllate, nel qual caso la banca
assume la struttura di gruppo bancario polifunzionale. Possono anche distribuire prodotti
assicurativi a contenuto finanziario. Lo statuto delle imprese bancarie deve avere un oggetto sociale
esclusivo, l’attività bancaria, ed eventualmente, una o più attività finanziarie.

4. I gruppi bancari (pag. 409)


Il gruppo bancario è definito dal TUB (testo unico bancario) e la capogruppo, banca italiana o soc.
finanziaria con sede in Italia, è quella cui fa capo il controllo del gruppo. Vi sono regole di
pubblicità dei gruppi, soggetti all’iscrizione in apposito albo presso la BKI e all’indicazione negli
atti e nella corrispondenza di tale situazione.

5. Gli intermediari finanziari non bancari (pag. 409)


Gli intermediari sono quei soggetti, iscritti in apposito elenco, che possono esercitare nei confronti
del pubblico la concessione di finanziamenti e la prestazione di servizi di pagamento e di
intermediazione cambi. Gli intermediatori finanziari, con forma di spa, saa, srl o soc. cooperativa,
devono avere un capitale sociale versato > a 5 volte il capitale minimo previsto per la spa; non
possono svolgere la raccolta i risparmio tra il pubblico. Devono essere iscritti anche in un elenco
speciale in BKI; i due elenchi prevedono modalità e intensità di controlli differenziati.

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6. Gli intermediari mobiliari (pag. 411)
Anche gli intermediari mobiliari appartengono alla categoria degli imprenditori finanziari non
bancari; tra essi figurano: 1) soggetti abilitati iscritti all’albo speciale; 2) le soc. di intermediazione
mobiliare (SIM); 3) le imprese di investimento comunitarie/extracomunitarie. Le attività svolte
sono eterogenee, ma il comune denominatore è l’abilitazione ad operare all’interno del mercato
finanziario.

7. Le imprese di assicurazione (pag. 411)


Rientrano nella categoria degli intermediari finanziari; la loro attività è caratterizzata dal
trasferimento di un rischio dall’assicurato all’assicuratore in cambio del pagamento di un premio.
La regolamentazione del mercato assicurativo è nel codice delle assicurazioni private. Tra i prodotti
assicurativi, quelli con maggior carattere finanziario troviamo le polizze “linked” (assicurazioni
sulla vita con prestazioni principali collegate al valore di quote di organismi di investimento
collettivo di risparmio).

8. I c.d. conglomerati finanziari (pag. 412)


I conglomerati finanziari sono soggetti polifunzionali costituiti da gruppi di soc. che operano in più
settori finanziari. Svolgono attività di distribuzione dei prodotti finanziari via internet/telefono, con
riduzione dell’aspetto cartaceo e valorizzazione dei processi informatici on-line.

9. Vigilanza e disciplina delle crisi (pag. 413)


La banca è un’impresa privata, mentre il credito è un bene pubblico, per cui necessita un rigoroso
regime di controllo pubblico affidato a BKI, oltre all’autorizzazione all’esercizio di attività
bancaria, possibile solo per spa e banche popolari con capitale minimo versato di € 6,3 milioni, e
per banche di credito cooperativo (2 milioni).

10. La tutela dei risparmiatori e la direttiva Mifid (pag. 415)


Per la tutela dei risparmiatori sono previsti obblighi di informazione e pubblicità sulle condizioni
contrattuali dei servizi bancari e finanziari, formulati secondo la direttiva Mifid (Markets in
Financial Instruments Directive). La tutela degli investitori dipende dalla qualità ed esperienza
professionale dei medesimi. La tutela degli investitori è stata rafforzata con l’applicazione della
class action che legittima le associazioni dei consumatori ad agire per la tutela degli interessi
collettivi degli investitori.

11. I contratti bancari (pag. 416)


Il c.c. elenca alcuni contratti tipici, qualificati come contratti bancari. L’ABI ha integrato tale
tipologia con numerosi modelli di contratti standardizzati denominati Norme Bancarie Uniformi. E’
prevista l’informazione precontrattuale; i contratti hanno forma scritta e una copia viene consegnata
al cliente. Le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali devono essere comunicate al cliente
che ha facoltà di recedere dal rapporto. La disciplina dei contrati prevista dal TUB trova
applicazione anche agli intermediari finanziari non bancari. A tutela dei clienti il MEF rileva
trimestralmente il c.d. tasso di soglia, il cui superamento fa scattare la fattispecie usuraria. In
materia di anatocismo (interesse composto, ossia che gli interessi già scaduti, maturati e non pagati,
diventino bene capitale, suscettibile di produrre interesse) le Sez. Unite della Cassazione hanno
ritenuto inapplicabile la capitalizzazione trimestrale.

Sezione III

LE COOPERAZIONI BANCARIE. I CONTRATTI DI CREDITO E I CONTRATTI DI


FINANZIAMENTO PARABANCARI

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1. Regolamento in conto corrente delle operazioni bancarie e conto corrente bancario (pag. 405)
1852 – Qualora il deposito, l’apertura di credito o altre operazioni bancarie siano regolate in conto
corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva
l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito. Regolare in conto corrente significa
che tutti i rapporti di debito/credito vengono annotati in un conto tenuto dalla banca. Il saldo del c/
c è esigibile a vista; è possibile regolare le operazioni in c/c se il cliente ha una disponibilità di
denaro depositata o un’apertura i credito; al cliente è consentito di versare somme, anche mediante
assegni, e di prelevare contanti o di emettere assegni. La banca provvede ad effettuare il saldo
versamenti/prelievi. Tale complesso di norme ha fatto creare il contratto di c/c bancario o c/c di
corrispondenza che, oltre al regolamento delle somme di cui il cliente può disporre, vi affianca
compiti gestori di incarichi affidati dal cliente con riferimento al conto. Il contratto di c/c bancario
è regolato dai suoi elementi costitutivi:
A) dalle norme bancarie uniformi: – deposito della firma all’atto dell’apertura; - rilascio del libretto
di assegni; - accreditamento di somme non in denaro, salvo buon fine; - modalità di chiusura conto
e di accreditamento degli interessi passivi e attivi; - modalità e termini per reclami c/ estratti conto.
B) dalle norme del c.c. – pluralità dei conti: saldi attivi e passivi si compensano; - cointestazione di
un conto: i legittimati sono debitori/creditori solidali.
C) dalle norme sul contratto di mandato: la banca risponde secondo le regole del mandato per
l’esecuzione degli ordini ricevuti dal correntista.
D) dalle norme sul contratto di c/c ordinario
E) dalle norme regolanti i vari rapporti bancari tipici costituiti dalle disponibilità (apertura di
credito, sconto, anticipazione).

2. Il deposito bancario (pag. 421)


Punti più importanti:
A) i soggetti sono due: 1) il depositante che deposita una somma di denaro con diritto alla sua
restituzione, nella stessa specie monetaria, che può avvenire su sua richiesta (deposito libero o a
vista) o alla scadenza convenuta (deposito vincolato); 2) il depositario (banca) che acquista la
proprietà della somma di denaro e si obbliga alla sua restituzione, oltre al pagamento degli interessi.
B) l’oggetto: 1) di norma somma di denaro; 2) deposito di titoli in amministrazione.
C) le modalità di utilizzazione delle somme depositate: 1) versamenti/prelevamenti eseguiti nella
sede della banca; 2) depositi: i- semplici, se la somma di denaro non può essere movimentata; ii- a
risparmio. Nel caso di deposito a risparmio viene rilasciato un libretto di deposito sul quale devono
essere annotati i versamenti/prelievi. I libretti di deposito possono essere: 1) nominativi, intestati ad
una persona che è l’unica legittimata ad operare; 2) al portatore, nel qual caso legittimato ad operare
è il possessore del libretto. Per la legge antiriciclaggio sui libretti al portatore non possono essere
depositate somme > 12.500 €. 3) nominativi, ma pagabili al portatore, che può compiere operazioni
di prelievo esibendolo. Per tutti i libretti è prevista la procedura di ammortamento in caso di
smarrimento o sottrazione.

3. Operazioni bancarie di servizio: deposito dei titoli in amministrazione e servizio delle cassette di
sicurezza (pag. 423)
Le operazioni accessorie disciplinate dal c.c. sono due: 1) deposito dei titoli in amministrazione; 2)
servizio delle cassette di sicurezza.
1) a- la banca custodisce i titoli depositati dal cliente, incassa dividendi/interessi, verifica i sorteggi
per l’attribuzione di premi e per il rimborso del capitale, cura la riscossione per conto del
depositante. b- le somme riscosse devono essere accreditate al depositante; c- sono nulli i patti che
esonerano la banca dall’ordinaria diligenza; d- alla banca spetta il rimborso delle spese ed un
compenso.

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2) il contratto si compone di una prestazione locatizia (cassetta) e di una di custodia (locali ove è
posta la cassetta). a- le cassette sono poste in locali corazzati; b- ogni cassetta ha una doppia chiave,
una tenuta dal cliente e una dalla banca; c- per aprire le cassette servono entrambe la chiavi; d- la
banca ignora il contenuto della cassetta. La banca risponde per l’idoneità e la custodia dei locali e
per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito.

4. Il mutuo di scopo e i finanziamenti agevolati (pag. 424)


Nei contratti di credito un soggetto (sovventore) trasferisce la proprietà di una somma ad un altro
soggetto (sovvenuto), che si obbliga a restituirlo dopo un certo tempo maggiorato degli interessi. Vi
sono diversi tipi di contratti di credito. Del mutuo non ci si occuperà in questa sede.
Il mutuo di scopo serve invece per assicurare finanziamenti quasi esclusivamente agli imprenditori
(prestito finalizzato); si suddivide in: a- mutuo di scopo legale; b- mutuo di scopo convenzionale.
All’obbligazione di restituzione delle somme si aggiunge l’obbligazione di scopo, con interesse
anche del mutuante (banca) alla realizzazione dello scopo. Il contratto contiene anche la clausola di
destinazione per vincolare giuridicamente la sua destinazione allo scopo voluto dalla legge o dalle
parti.

5. L’apertura di credito (pag. 427)


Con l’apertura di credito la banca si obbliga a tenere a disposizione una somma di denaro (fico) per
un dato periodo di tempo. Il cliente potrà utilizzare tale somma in una o più soluzioni. L’apertura di
credito comporta una disponibilità di denaro mentre per il mutuo vi è un’erogazione. La forma è
quella scritta, a pena di nullità, con consegna di una copia al cliente. Devono essere previsti il limite
massimo di credito concesso, la scadenza, il tasso di interesse e le modalità di recesso. Si distingue
in: 1- apertura di credito semplice, in cui l’accreditato può utilizzare il credito una sola volta, anche
se in più soluzioni; 2- apertura di credito in c/c, in cui l’accreditato può ricostituire, tramite
versamenti successivi, la disponibilità del credito accordato. In mancanza di patto contrario
l’apertura di credito è in c/c. L’accreditato può utilizzare le somme secondo le forme di uso
(emissione di assegni, carta di credito …). L’apertura di credito può essere: 1- allo scoperto (la
banca non ha garanzie e può fare affidamento solo sulla solvibilità del cliente); 2- garantita
(garanzie reali o personali). Per l’estinzione valgono le cause comuni ai contratti di durata.

6. L’anticipazione bancaria (pag. 431)


1846 – incentrata sulla garanzia mobiliare che il cliente rilascia a fronte di un finanziamento. Il
pegno può essere rappresentato da titoli o merci che vengono consegnati alla banca a garanzia delle
obbligazioni di restituzione delle somme erogate in proporzione al valore dei beni dati in pegno. Il
pegno è destinato ad essere restituito una volta assolte le obbligazioni verso la banca (pegno
regolare). Nel caso di pegno irregolare, costituito da beni fungibili, la banca potrà restituire
analoghi beni. I titoli o le merci dati in pegno possono essere in parte ritirati dal cliente, previo
rimborso parziale delle somme anticipate e delle spese. Nel caso di diminuzione della garanzia di
almeno 1/10, la banca potrà richiedere un supplemento di garanzia. Anche l’anticipazione bancaria
potrà essere semplice o in c/c (possibilità di prelievi e rimborsi plurimi nel tempo).

7. L’apertura di credito documentario (pag. 432)

8. Lo sconto bancario (pag. 434)


1858 – Contratto con il quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo
di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante cessione, salvo buon fine (pro solvendo e pro
soluto), del credito stesso. Lo sconto indica la differenza fra l’ammontare del credito e la somma
corrisposta al cliente. La banca diviene titolare del credito, ma ha diritto alla restituzione delle

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somme anticipate se il debitore ceduto non adempie l’obbligazione. La funzione dello sconto è
quella del finanziamento, la qual cosa avviene anche per lo sconto di cambiali e di assegni bancari.

9. Le accettazioni bancarie (pag. 435)


Tra gli strumenti finanziari devono intendersi le accettazioni bancarie: 1- cambiali di importo
solitamente elevato; 2- cambiali con scadenza non superiore all’anno; 3- tratte da un imprenditore
all’ordine proprio; 4- tratte accettate da una banca; 5- tratte girate ad un terzo. Sono forme di
finanziamento per chi le emette e forme di investimento el proprio risparmio per chi le acquista.
10. Le cambiali finanziarie (pag. 436)
Sono strumenti di finanziamento; sono titoli di credito all’ordine emessi in serie ed aventi una
scadenza non inferiore a 3 mesi e non superiore a 12 mesi dalla data di emissione. Sono equiparate
alle cambiali ordinarie, sono girabili solo con la clausola “senza garanzia”.

11. Il leasing finanziario: struttura dell’operazione e caratteri del contratto (pag. 437)
Dall’inglese “to lease” (affittare) che si sviluppa negli USA estendendosi a qualsiasi bene e
trasformandosi in tecnica di finanziamento. Deve farsi distinzione fra: 1- leasing operativo; 2-
leasing finanziario.
1- il leasing operativo è un contratto con il quale il produttore di un bene concede in godimento lo
stesso ad un imprenditore verso un corrispettivo commisurato al valore d’uso del bene e per un
periodo inferiore alla vita economica dello stesso. Il contratto può prevedere, alla fine del rapporto,
l’acquisto del bene. Questa figura contrattuale si identifica in una locazione.
2- il leasing finanziario, invece, si identifica nella figura di finanziamento. L’imprenditore che
necessita di beni strumentali, anziché acquistarli per contanti o ricorrendo al credito o acquistandoli
a rate, si accorda con una impresa finanziaria specializzata (soc. di leasing) che acquista i beni e li
concede in godimento all’imprenditore a fronte di un corrispettivo corrisposto in frazioni (quantità
preponderante costituita da canoni periodici e frazione esigua dal prezzo di opzione di acquisto). E’
un contratto atipico, senza organica disciplina legislativa. Nella prassi esiste una modellistica
contrattuale uniforme, con standardizzazione dei contratti tipo. Nella struttura del leasing
confluiscono due contratti collegati: 1- la compravendita (acquisto del bene dal fornitore); 2- il
leasing col quale la soc. concede in godimento all’utilizzatore il bene acquistato. Al termine del
contratto l’utilizzatore può: 1- acquistare il bene ad un prezzo predeterminato; 2- restituire il bene;
3- chiedere il rinnovo del rapporto ad un prezzo molto basso.

11.1. I problemi di qualificazione e di disciplina (pag. 439)


Vi sono difficili problemi di inquadramento da superare; vi sono tre tesi: 1- il leasing è una
locazione; 2- è una vendita rateale con riserva della proprietà; 3- è un contratto atipico con causa di
finanziamento.

11.2. Il leasing back (pag. 441)


Detto anche leasing di ritorno, utilizzato per ottenere una provvista finanziaria senza ricorrere al
credito bancario. Colui che vende il bene alla soc. di leasing non è un terzo fornitore ma lo stesso
imprenditore che ne diventa utilizzatore in forza del contratto di leasing stipulato
contemporaneamente a quello di vendita. L’imprenditore incassa il prezzo della vendita, ottenendo
la liquidità di cui necessita, ma conserva la disponibilità del bene che potrà riacquistare alla
scadenza.

12. Il factoring: struttura, funzione e tipologie (pag. 442)


Si tratta di cessione di crediti per forniture di merci o prestazioni di servizi dell’impresa cliente al
factor che è libero di accettare o meno le offerte di cessione del fornitore. Il factor corrisponde al
cliente l’importo del credito ceduto dopo averlo incassato dal debitore ceduto, meno gli importi
dovuti per commissioni e per interessi sulle somme anticipate.

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12.1. La qualificazione del contratto (pag. 443)
Alcuni ritengono che il contratto dia vita ad un’unica cessione di crediti presenti e futuri, mentre
altri ravvisano nell’operazione una sequenza contrattuale (convenzione iniziale e pluralità di
cessioni di credito).

12.2. Il factoring e la cessione dei crediti d’impresa (pag. 444)

12.3. La cartolarizzazione dei crediti (pag. 446)


Con la cartolarizzazione si ha la cessione di massa dei crediti di impresa a titolo oneroso ad una soc.
avente ad oggetto esclusivo operazioni di cartolarizzazione; questa soc. raccoglie i fondi necessari
per l’acquisto dei crediti tramite emissione di titoli offerti ai risparmiatori. La cartolarizzazione
riassume i caratteri di operazione di finanziamento e di investimento.

13. Il forfaiting (pag. 446)


Detto anche sconto a forfait, consiste nella cessione da parte di un imprenditore ad un istituto
finanziario (forfaiter) di un credito cartolare non ancora scaduto derivante da fornitura di beni o
dalla prestazione di servizi all’estero, previa anticipazione di un importo da cui è detratto un
interesse fisso (à forfait).

14. Lo swap (pag. 447)


Con lo swap (baratto) due contraenti si scambiano una cosa ciascuno.

15. Il credito al consumo (pag. 452)


Reso legalmente tipico dalla legge di recepimento di una direttiva comunitaria. Per credito al
consumo si intende la concessione, nell’esercizio di una attività commerciale o professionale, di
credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione
finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o
professionale eventualmente svolta (consumatore). Il costo totale del credito a carico del
consumatore è costituito dal TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale). L’esercizio del credito al
consumo è riservato alle banche, agli intermediari finanziari e ai soggetti autorizzati alla vendita di
beni o servizi (nella forma i dilazione di pagamento).

16. Le carte di credito (pag. 454)


La carta di credito consente al titolare-possessore di pagare senza esborso di denaro immediato. Le
carte si distinguono in: 1- bilaterali; 2- trilaterali.
1- Sono emesse dalle stesse imprese fornitrici di beni e/o servizi per effettuare acquisti presso tutti i
loro punti vendita con differimento del pagamento. I pagamenti avvengono a scadenze temporali
prefissate.
2- Nel rapporto fra fornitori di beni e servizi / acquirenti potenziali (titolari della carta) si inserisce
l’intermediario finanziario con l’effetto di rendere spendibile la carta presso tutti i fornitori
convenzionati. I rapporti contrattuali che si instaurano fra le tre parti sono:
A) contratto di abbonamento tra intermediari-emittenti e fornitori: i fornitori si impegnano a fornire
beni/servizi ai titolari-portatori delle carte di credito; gli intermediari-emittenti si obbligano a
pagare ai fornitori i prezzi delle forniture, previa prova dell’effettiva effettuazione delle stesse (nota
di spesa).
B) contratto di rilascio tra intermediari-emittenti e consumatori: i primi si obbligano verso i secondi
a pagare ai fornitori (entro un limite predeterminato) gli acquisti effettuati; i consumatori si
obbligano a pagare un canone annuo e a rimborsare mensilmente quanto pagato dall’intermediario-
emittente.

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La carta di credito viene normalmente rilasciata ad intestatari di c/c bancario. Con il contratto di
fornitura dei beni e/o dei servizi il consumatore può rifornirsi dei beni/servizi di cui ha bisogno
mediante l’utilizzo della carta di credito.

Capitolo II - IL MERCATO IMMOBILIARE

Sezione I

INTRODUZIONE

1. Le ragioni di una disciplina speciale del mercato mobiliare (pag. 456)


Il mercato mobiliare è un segmento del mercato finanziario sul quale sono immessi prodotti
finanziari (strumenti finanziari e valori mobiliari). Normalmente il mercato finanziario è
disciplinato da norme speciali e una struttura pubblica esercita funzioni di vigilanza.

2. Strumenti, valori mobiliari e prodotti finanziari (pag. 457)


Sono prodotti finanziari gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura
finanziaria.
Per prodotti finanziari si intende: 1- valori mobiliari; 2- strumenti del mercato mobiliare; 3- quote di
un organismo di investimento collettivo di risparmio; 4- contrati di opzione, contratti finanziari a
termine standardizzati; 5- strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito; 6- contratti
finanziari differenziali.
Per valori mobiliari si intende: 1- azioni di soc. ed altri titoli equivalenti, di partnership o di alri
soggetti e certificati di deposito azionario; 2- obbligazioni e altri titoli di debito; 3- qualsiasi altro
titolo normalmente negoziato che permette di acquisire/vendere i valori mobiliari; 4- qualsiasi altro
titolo che comporta un regolamento in contanti.

15. Il credito al consumo (pag. 452)


Per credito al consumo si intende la concessione, nell’esercizio di attività commerciale, di credito al
consumatore (passaggio dalla cash society alla credit society).
Il finanziamento non è erogato gratuitamente ed il costo totale del credito a carico del consumatore
è costituito dal T(asso) A(nnuo) E(ffettivo) G(lobale) (TAEG), che, espresso in percentuale annua
del credito concesso, comprende gli interessi e tutti gli altri oneri da sostenere per utilizzare il
credito.
TAN (Tasso annuo nominale) è il tasso di interesse puro, ma non è quello reale che verrà applicato
al cliente. Quello che interessa è il TAEG, che comprende tutte le voci di costo, comprese spese di
istruttoria, commissioni, spese di incasso ecc.
TAE (Tasso annuo effettivo), oltre al tasso nominale comprende anche la capitalizzazione degli
interessi. Pertanto risulta più alto del TAN.

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