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La società per azioni

1. Nozione e caratteri essenziali


La società per azioni forma con la società in accomandita per azioni e con la società a
responsabilità limitata la categoria delle società di capitali. Ed è una società di capitali nella quale:
a) Per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio (art. 2325, 1°
comma);
b) La partecipazione sociale è rappresentata da azioni (art. 2346, 1° comma, nuovo testo).
Il primo dato differenzia la S.p.A. dalla s.a.p.a., fermo restando che le quote di partecipazione di
tutti i soci (accomandatari ed accomandanti) sono rappresentate da azioni (art. 2452, nuovo
testo).
Il secondo dato differenzia la S.p.A. dalla s.r.l. In quest’ultima, ferma restando la responsabilità
della sola società per le obbligazioni sociali (art. 2462, 1° comma), le partecipazioni dei soci non
possono essere rappresentate da azioni (art. 2468, 1° comma).
La società per azioni è il tipo di società più importante nella realtà economica ed è una società la
cui disciplina ha subìto incisivi interventi legislativi dal 1942 ad oggi.
Le ragioni del largo successo della società per azioni e i motivi ispiratori delle modificazioni
legislative fin qui intervenute possono essere compresi esaminando i suoi caratteri essenziali:
personalità giuridica, responsabilità limitata dei soci, organizzazione corporativa, quote di
partecipazione rappresentate da azioni.
La S.p.A., in quanto società dotata di personalità giuridica, è per legge trattata come soggetto di
diritto distinto dalle persone dei soci e gode perciò di una piena e perfetta autonomia
patrimoniale. La società e solo la società è qualificabile come imprenditore; solo in testa alla
società si puntualizza la disciplina propria dell’attività di impresa.
Per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio (art. 2325, 1° comma).
I soci sono obbligati solo ad eseguire i conferimenti promessi e possono perciò predeterminare
quanta parte della propria ricchezza personale intendono esporre al rischio dell’attività sociale.
La responsabilità limitata dei soci trova contrappeso nell’organizzazione di tipo corporativo della
società per azioni. In un’organizzazione basata cioè sulla necessaria presenza di tre distinti organi:
l’assemblea, un organo di gestione, ed un organo di controllo. Il funzionamento dell’assemblea è
poi dominato dal principio maggioritario ed il peso di ogni socio in assemblea è proporzionato alla
quota di capitale sottoscritto ed al numero di azioni possedute (maggioranza per capitale).
Le azioni sono partecipazioni sociali di uguale valore e che conferiscono ai loro possessori uguali
diritti (art. 2348, 1° comma). Il che non solo rende le azioni liberamente trasferibili, ma consente
soprattutto la loro circolazione attraverso documenti assoggettati alla disciplina dei titoli di
credito.
È cosi favorito il pronto smobilizzo del capitale investito ed il ricambio delle persone dei soci. E le
possibilità di smobilizzo si accentuano quando le azioni sono quotate in un mercato regolamentato
(borsa valori), con conseguente formazione di un prezzo ufficiale a sua volta reso possibile dal
fatto che le azioni di una stessa società sono titoli omogenei e perciò fungibili fra loro (titoli di
massa o valori mobiliari).
Limitazione del rischio individuale dei soci e possibilità di pronta mobilitazione dell’investimento
favoriscono infatti la raccolta degli ingenti capitali di rischio di cui ha tipicamente bisogno la grande
impresa.
Si rende possibile la compartecipazione di un ristretto numero di soci, che assumono l’iniziativa
economica e sono animati da spirito imprenditoriale (c.d. azionisti imprenditori), con una gran
massa di piccoli azionisti animati dal solo intento di investire fruttuosamente il proprio risparmio
(c.d. azionisti risparmiatori) e rassicurati dalla possibilità di pronto disinvestimento, soprattutto se
le azioni sono quotate in borsa.
Il capitale minimo per la costituzione di una società per azioni è attualmente di cinquantamila euro
(50.000 euro).
L’utilizzazione della società per azioni per esigenze economiche anche profondamente diverse
finisce col sollevare problemi di disciplina.
Nelle società a ristretta base azionaria, i problemi sono e restano quelli tradizionali della tutela più
energica dei soci di minoranza e dei creditori di fronte a possibili abusi dei soci che detengono la
maggioranza del capitale e degli amministratori loro espressione.
Nelle società con azioni diffuse fra il pubblico le assemblee sono dominata stabilmente da gruppi
minoritari che detengono talvolta non più del dieci o del venti per cento del capitale sociale. È il
gruppo minoritario degli azionisti imprenditori che nomina amministratori e sindaci e decide,
direttamente o indirettamente, le sorti della società.
Quando la società fa stabilmente appello al pubblico risparmio e quindi le azioni sono quotate in
borsa, il problema non è più solo quello di tutelare la massa dei piccoli azionisti e i creditori sociali.
Emerge anche altra e più generale esigenza: quella di garantire il corretto funzionamento
dell’intero mercato azionario e di tutelare il pubblico indifferenziato dei potenziali investitori.
A questi problemi e a queste esigenze delle società con azioni diffuse nel pubblico il codice del
1942 non dava risposta. Anche in tali società l’ordinato svolgimento dell’attività era affidato al
funzionamento del principio maggioritario, alla vigilanza del collegio sindacale e all’autotutela
degli azionisti. Pressanti erano perciò le istanze di riforma ed oggi lo scenario è significativamente
cambiato.

2. L’evoluzione della disciplina


La disciplina della società per azioni ha subìto dal 1942 ad oggi una serie ormai numerosa di
interventi legislativi sotto la spinta di una duplice esigenza:
a) quella di dare risposta ai problemi che il codice del 1942 non aveva saputo, voluto o potuto
risolvere;
b) quella di dare attuazione alle numerose direttive emanate dall’Unione europea per
l’armonizzazione della disciplina nazionale delle società di capitali.
Il movimento di riforma della disciplina nazionale è iniziato nel 1974. È poi proseguito con
numerose altre leggi fino a sfociare nel 1998 in un’organica disciplina delle società quotate (d.lgs.
24-2-1998, n.58) e nel 2003 nella riforma della disciplina delle società di capitali non quotate
(d.lgs. 17-1-2003, n.6).
Uno sguardo di insieme alle novità emerse:
a) il codice del 1942 fissava in un milione di lire (1.000.000 lire) il capitale sociale minimo
richiesto per la costituzione e l’inflazione monetaria aveva reso del tutto irrisoria tale
somma, favorendo oltre ogni ragionevole limite il nascere di società sottocapitalizzate. Il
capitale sociale minimo per la costituzione della società per azioni è stato però portato a
duecento milioni di lire (200.000.000 lire) nel 1977, elevato a centoventimila euro (120.000
euro) nel 2003 ed infine fissato a cinquantamila euro (50.000 euro) dal 24-6-2014, n.91
(conv. In legge 116/2014).
b) Con una serie di interventi legislativi, si è dettata una specifica disciplina per le società con
azioni quotate in borsa, ispirata dalla diversa realtà di tali società. Un primo intervento si è
avuto nel 1974 (legge 216/1974 e decreti delegati nn. 136,137,138 del 1975). Il legislatore
prende atto che il dominio minoritario è in tali società fenomeno irreversibile ed introduce
strumenti di eterotutela della massa inerte e disorganizzata degli azionisti risparmiatori.
Possibilità di emettere una particolare categoria di azioni (le azioni di risparmio) prive del
diritto di voto e privilegiate sotto il profilo patrimoniale; maggior trasparenza della
proprietà azionaria e più ampia informazione del mercato; certificazione dei bilanci da
parte di un’autonoma società di revisione; istituzione di un organo pubblico di controllo – la
Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) – diretto a garantire la
completezza e la veridicità dell’informazione societaria. Sono questi i punti più significativi
della riforma delle società quotate introdotta nel 1974, mentre il legislatore dell’epoca
rinuncia a rafforzare gli strumenti di autotutela delle minoranze. Anche per effetto della
riforma della disciplina del mercato mobiliare avviata a partire dal 1983, all’investimento
diretto da parte dei piccoli risparmiatori si è infatti affiancato l’investimento indiretto
tramite operatori professionali (fondi comuni di investimento, fondi pensione, ecc.), che
raccolgono risparmio fra il pubblico e lo investono in partecipazioni di minoranza in società
quotate secondo il criterio di diversificazione del rischio. Alla massa inerte ed
incompetente degli azionisti risparmiatori si è perciò affiancata quella degli investitori
istituzionali, italiani e stranieri. L’obiettivo di incentivare l’afflusso del risparmio gestito
verso le società quotate, nonché di valorizzare il ruolo attivo degli investitori istituzionali
come correttivo del prepotere dei gruppi di comando minoritario costituisce il motivo
ispiratore di fondo della riforma culminata nel Testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria (TUF) emanato con il d.lgs. 24-2-1998, n.58, che ha mandato in
pensione la previgente normativa in materia.
c) Nel contempo, l’esigenza di modernizzare la disciplina delle società per azioni non quotate
e delle altre società di capitali ha portato da ultimo ad una riforma organica della disciplina
generale delle società di capitali (d.lgs. 17-1-2003, n.6), entrata in vigore il 1° gennaio 2004
e che sostituisce le originarie disposizioni in materia del codice civile. Obiettivo di fondo
della riforma è quello di semplificare la disciplina delle società di capitali e di ampliare lo
spazio riconosciuto all’autonomia statutaria al fine di favorire la crescita e la competitività
delle imprese italiane anche sui mercati internazionali dei capitali. Introduzione della
società per azioni unipersonale a responsabilità limitata; semplificazione del procedimento
di costituzione e della disciplina delle modifiche statutarie con ampliamento dei casi in cui
è riconosciuto il diritto di recesso dalla società; disciplina più flessibile dei conferimenti con
possibilità di costituire patrimoni autonomi destinati ad un singolo affare; previsione di
nuove categorie speciali di azioni, con riconoscimento di un più ampio spazio all’autonomia
statutaria; previsione di nuovi modelli di amministrazione e di controllo della società.
Sono queste e non solo queste le novità più significative della riforma del 2003, che si caratterizza
anche per il fatto di prevedere una disciplina differenziata e dotata di un maggior grado di
imperatività non solo per le società quotate, ma anche per tutte le società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio (art. 2325-bis cod. civ.). Categoria che include le società quotate e
quelle con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, secondo i parametri fissati dalla Consob
(art. 2-bis reg. Consob 11971/1999).

A. LA COSTITUZIONE
3. Il procedimento
La costituzione della soceità per azioni si articola attualmente in due fasi essenziali:
a) Stipulazione dell’atto costitutivo;
b) Iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese. Solo con l’iscrizione nel registro
delle imprese la società per azioni acquista la personalità giuridica (art. 2331, 1° comma) e
viene ad esistenza.
Al fine di semplificare la costituzione delle società di capitali è stata invece soppressa nel 2000 la
fase intermedia dell’omologazione dell’atto costitutivo da parte dell’autorità giudiziaria (art. 32
legge 340/2000). Tale forma di controllo giudiziario può essere tuttavia attivata facoltativamente
per le sole modifiche dell’atto costitutivo.
La stipulazione dell’atto costitutivo può a sua volta avvenire secondo due diversi procedimenti:
a) Stipulazione (o costituzione) simultanea;
b) Stipulazione (o costituzione) per pubblica sottoscrizione.
Nella costituzione simultanea l’atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che
assumono l’iniziativa per la costituzione della società (soci fondatori). E tali soggetti provvedono
contestualmente all’integrale sottoscrizione del capitale sociale iniziale.
Nella costituzione per pubblica sottoscrizione (artt. 2333-2336), invece, si addiviene alla
stipulazione dell’atto costitutivo al termine di un complesso procedimento che consente la
raccolta fra il pubblico del capitale iniziale sulla base di un programma predisposto da coloro che
assumono l’iniziativa (promotori). Si tratta tuttavia di un procedimento notevolmente complesso e
macchinoso e perciò raramente utilizzato.

4. L’atto costitutivo: forma e contenuto


La società per azioni può essere costituita per contratto o per atto unilaterale (art. 2328, 1°
comma, nuovo testo), nel caso in cui si abbia un solo socio fondatore.
In ogni caso, l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico (art. 2328, 2° comma) a pena
di nullità della società (art. 2332, n.1).
L’atto costitutivo deve indicare:
1) Le generalità dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a
ciascuno di essi
2) La denominazione, e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi
secondarie
3) L’oggetto sociale
4) L’ammontare del capitale sottoscritto e versato
5) Il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di
emissione e circolazione
6) Il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura, sempreché vi siano conferimenti di
tale tipo
7) Le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti.
8) i benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori
9) il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società
10) il numero dei componenti del collegio sindacale
11) la nomina dei primi amministratori e sindaci
12) L’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico
della società
13) La durata della società
L’omissione di una o più di tali indicazioni (sempreché essenziali) legittima il rifiuto del notaio di
stipulare l’atto costitutivo. Non tutti i requisiti di contenuto fissati dall’art. 2328 sono però richiesti
a pena di nullità della società una volta intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, come si
vedrà in seguito.
Si preferisce procedere alla redazione di due distinti documenti: l’atto costitutivo e lo statuto. Il
primo, più sintetico, contiene la manifestazione di volontà di costituire la società ed i dati
fondamentali della costituenda società.
Il secondo, più analitico, contiene le regole di funzionamento della società.
Anche se forma oggetto di atto separato, lo statuto si considera parte integrante dell’atto
costitutivo (art. 2328, 3° comma). Ne consegue che anche lo statuto deve essere redatto per atto
pubblico a pena di nullità. Inoltre, le indicazioni richieste dall’art. 2328 possono essere contenute
indifferentemente nell’atto costitutivo o nello statuto, le cui clausole prevalgono su quelle dell’atto
costitutivo in caso di contrasto.

5. Le condizioni per la costituzione


La società per azioni deve costituirsi con un capitale non inferiore a cinquantamila euro (50.000
euro) (art. 2327, modificato dal d.l. 91/2014), salvo i casi in cui leggi speciali impongono un
capitale minimo più elevato. Ad esempio: società bancarie e finanziarie; società di gestione del
risparmio; società di intermediazione mobiliare.
Per procedere alla costituzione della società per azioni è poi necessario che ricorrano le seguenti
condizioni stabilite dall’art. 2329:
1) Che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
2) Che siano rispettate le disposizioni relative ai conferimenti (artt- 2342-2343); ed in
particolare che sia versato presso una banca il venticinque per cento (25%) (in passato tre
decimi) dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione per atto unilaterale, il loro
intero ammontare;
3) Che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la
costituzione della società in relazione al suo particolare oggetto.
I conferimenti in danaro devono essere versati prima della stipula dell’atto costitutivo e restano
vincolati presso la banca fino al completamento del procedimento di costituzione. Essi infatti
possono essere consegnati solo agli amministratori e a condizione che questi provino l’avvenuta
iscrizione della società nel registro delle imprese (art. 2331, 4° comma).
I sottoscrittori hanno tuttavia diritto di rientrare in possesso delle somme versate se la società non
è iscritta nel registro delle imprese, entro novanta giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo.
Decorso tale termine l’atto costitutivo per infatti efficacia.

6. L’iscrizione nel registro delle imprese.


Il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo deve depositarlo, entro venti giorni, presso l’ufficio del
registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società, allegando all’atto
costitutivo i documenti che comprovano l’osservanza delle condizioni richieste per la costituzione.
Se il notaio non provvede, l’obbligo incombe sugli amministratori nominati nell’atto costitutivo.
Nell’inerzia di entrambi, punita con sanzione amministrativa pecuniaria (art. 2630, nuovo testo),
ogni socio può provvedervi a spese della società (art 2330).
In base all’attuale disciplina spetta al notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo verificare
l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge per la costituzione, come è espressamente
stabilito per le modifiche dell’atto costitutivo (art. 2436, 1° comma). Inoltre, la legge notarile
prevede sanzioni amministrative a carico del notaio che chiede l’iscrizione nel registro delle
imprese di un atto costitutivo da lui rogato «quando risultano manifestamente inesistenti le
condizioni richieste dalla legge» (art. 138-bis legge 89/1913, introdotto dalla legge 340/2000).
Il notaio dovrà svolgere un controllo di legalità (formale e sostanziale), volta ad accertare la
conformità alla legge della costituenda società. Perciò, potrà e dovrà rifiutare di chiedere
l’iscrizione nel registro delle imprese se l’atto costitutivo e lo statuto contengono clausole
contrastanti con l’ordine pubblico o col buon costume, nonché con norme imperative della
disciplina della società per azioni.
Se tale controllo ha invece esito positivo, l’ufficio del registro delle imprese, a sua volta, prima di
procedere all’iscrizione può e deve verificare solo la regolarità formale della documentazione
ricevuto (art. 2330, 3° comma).
Con l’iscrizione nel registro delle imprese la società acquista la personalità giuridica (art. 2331, 1°
comma) e viene ad esistenza. Diversamente da quanto visto per le società di persone, non è perciò
configurabile una società per azioni irregolare.
Per le operazioni compiute prima dell’iscrizione in nome della costituenda società, di regola poste
in essere dai futuri amministratori, sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi
coloro che hanno agito. Inoltre, in base all’attuale disciplina, sono solidalmente responsabili anche
il socio unico fondatore e, in caso di pluralità di soci fondatori, i soci che hanno deciso, autorizzato
o consentito il compimento dell’operazione (art. 2331, 2° comma). È invece da escludersi ogni
responsabilità della società non ancora venuta ad esistenza.
Perfezionatosi il procedimento di costituzione, la società resta automaticamente vincolata solo se le
operazioni compiute in suo nome erano necessarie per la costituzione (ad es: spese notarili). La
società è invece libera di accollarsi o meno le obbligazioni derivanti da operazioni non necessarie
per la costituzione. L’accollo da parte della società non fa venir meno la responsabilità verso i terzi
dei soggetti agenti (art. 2331, 3° comma).
Prima dell’iscrizione nel registro delle imprese è vietata l’emissione delle azioni ed esse non
possono formare oggetto di offerta al pubblico, eccezion fatta per il caso in cui la costituzione della
società avvenga per pubblica sottoscrizione (Art. 2331, 5° comma). L’attuale disciplina però non
prevede più la nullità dell’emissione e non vieta più il trasferimento della partecipazione azionaria.

7. La nullità della società per azioni


Il procedimento di costituzione della società per azioni ed in particolare l’atto costitutivo possono
presentare vizi ed anomali. La reazione dell’ordinamento è però profondamente diversa prima e
dopo l’iscrizione della società nel registro delle imprese.
Prima della registrazione vi è solo un contratto di società; un atto di autonomia privata che per il
momento è destinato a produrre effetti solo fra le parti contraenti. Pertanto, tale contratto può essere
dichiarato nullo o annullato nei casi e con gli effetti previsti dalla disciplina generale dei contratti
(Art. 1418 ss. Cod. civ.).
La situazione muta invece radicalmente dopo l’iscrizione della società nel registro delle imprese. Se
prima esisteva solo un contratto invalido o un procedimento viziato, dopo esiste invece una società,
sia pure invalidamente costituita. È cioè nata un’organizzazione idi persone e di mezzi che è entrata
nel traffico giuridico. Ha quindi dato vita ad una trama di rapporti di affari in sé validi ed alla
creazione di una organizzazione imprenditoriale che può essere ben viva e vitale.
È mutata radicalmente la situazione e deve necessariamente mutare anche l’approccio legislativo.
L’ordinamento non può ignorare che la legalità è stata violata, ma la sanzione ormai deve
necessariamente colpire la società-organizzazione; l’ente associativo nato dal contratto o dall’atto
unilaterale invalido. E la sanzione può consistere solo nello scioglimento della società, previa
definizione dell’attività già svolta. Nel contempo, il legislatore non può trascurare l’esigenza di
tutelare i terzi che hanno avuto relazioni di affari con tale società, nonché quella di consentire, se
possibile, la conservazione dell’organizzazione societaria e dei valori produttivi che essa esprime.
Alla soluzione di questi delicati problemi è rivolta la disciplina della nullità della società per azioni
iscritta (art. 2332).
Intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, la società per azioni può essere oggi dichiarata
nulla solo in tre casi (nel testo originario introdotto nel 1969 erano otto) tassativamente elencati.
Essi sono:
1) Mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico;
2) Illiceità dell’oggetto sociale;
3) Mancanza nell’atto costitutivo (o nello statuto) di ogni indicazione riguardante la
denominazione della società, o i conferimenti, o l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto
sociale.
Da identiche finalità è dominata la disciplina degli effetti della nullità – già presente nel codice del
1942 – e che segna altrettanto vistoso distacco rispetto ai princìpi dell’invalidità negoziale.
Infatti, la dichiarazione di nullità di un contratto (e dello stesso contratto di società per azioni prima
dell’iscrizione) ha effetto retroattivo e travolge in linea di principio tutti gli effetti prodotti. Invece,
la dichiarazione di nullità della società per azioni «non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in
nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese» (art. 2332, 2° comma).
Inoltre e conseguentemente, «i soci non sono liberati dall’obbligo dei conferimenti fino a quando
non sono soddisfatti i creditori sociali», né ovviamente hanno diritto di ripetere i conferimenti già
eseguiti.
In breve, la dichiarazione di nullità non tocca minimamente l’attività già svolta. Opera solo per il
futuro ed opera come semplice causa di scioglimento della società, che si differenzia dalle cause di
scioglimento di una società valida solo perché i liquidatori sono nominati direttamente dal tribunale
con la sentenza che dichiara la nullità (art. 2332, 4° comma) ed il cui dispositivo deve essere
iscritto nel registro delle imprese.
Per il resto trova applicazione il normale procedimento di liquidazione della società per azioni,
sicché la dichiarazione di nullità non menoma l’autonomia patrimoniale della società.
Infine, mentre la nullità di un contratto è insanabile (art. 1423), la nullità della società iscritta «non
può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data
pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese» (art. 2332, 5° comma), prima che sia
intervenuta la sentenza dichiarativa di nullità.
Cosa rimane allora della comune disciplina della nullità dei contratti?
Molto poco. La regola che l’azione di nullità è imprescrittibile (art. 1422). La regola ulteriore che la
nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata di ufficio dal
giudice (art. 1421).

B. SOCIETA’ PER AZIONI UNIPERSONALE. PATRIMONI DESTINATI

8. La società per azioni unipersonale


Il codice civile del 1942 vietava la costituzione di una società per azioni da parte di una singola
persona e sanciva la nullità della società in mancanza di pluralità di soci fondatori. Stabiliva inoltre
la responsabilità illimitata del socio nelle cui mani si concentravano tutte le azioni nel corso della
vita della società, in caso di insolvenza di quest’ultima (art. 2362).
Identici princìpi erano dettati anche per la società a responsabilità limitata. Princìpi tuttavia che per
quest’ultima erano stati radicalmente capovolti dal d.lgs. 3-3-1993, n. 88, emanato in attuazione
della XII direttiva Cee di armonizzazione del diritto societario, con il quale viene introdotta e
disciplinata nel nostro ordinamento la s.r.l. unipersonale a responsabilità limitata. Il legislatore
italiano non si era invece avvalso della facoltà, consentita dalla direttiva, di prevedere anche S.p.A.
unipersonali a responsabilità limitata.
Questa incoerenza sistematica del nostro ordinamento è stata colmata dalla riforma del 2003, che ha
nel contempo provveduto a ridefinire anche la disciplina della s.r.l. unipersonale.
Infatti, in base all’attuale disciplina:
a) È consentita la costituzione della società per azioni con atto unilaterale di un unico socio
fondatore (art. 2328, 1° comma);
b) Anche nella società per azioni unipersonale per le obbligazioni sociali di regola risponde
solo la società col proprio patrimonio, salvo alcuni casi eccezionali.
L’unico socio fondatore risponde in solido con coloro che hanno agito, per le operazioni compiute
in nome della società prima dell’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2331, 2° comma). La
limitazione di responsabilità dell’unico socio fondatore opera perciò solo per le obbligazioni sorte
dopo l’acquisto della personalità giuridica da parte della società.
Una disciplina più rigorosa è poi introdotta in tema di conferimenti, in modo da assicurare
l’integrale acquisizione degli stessi e l’effettiva formazione del capitale sociale. Sia in sede di
costituzione della società, sia in sede di aumento del capitale sociale, l’unico socio è tenuto infatti a
versare, al momento della sottoscrizione, i conferimenti in danaro (e non solo il venticinque per
cento come previsto la società pluripersonale). Inoltre, se viene meno la pluralità dei soci, i
versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni (art. 2342, 2° e 4° comma).
La violazione di tale disciplina impedisce che operi la regola della responsabilità limitata dell’unico
socio.
Per consentire ai terzi di conoscere agevolmente se la società è unipersonale, negli atti e nella
corrispondenza (ma non nella denominazione sociale) della società deve essere indicato se questa
ha un unico socio (art. 2250, 4° comma).
Nel contempo, per consentire l’agevole identificazione dell’unico socio i dati anagrafici dello stesso
devono essere iscritti nel registro delle imprese a cura degli amministratori (art. 2362).
Anche l’omissione di tale pubblicità impedisce che operi per l’unico socio il beneficio della
responsabilità limitata.
Si stabilisce che i contratti fra società ed unico socio e, comunque, le operazioni a favore dello
stesso (ad esempio, rilascio di una fideiussione) sono opponibili ai creditori della società solo se
risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto
scritto avente data certa anteriore al pignoramento (art. 2362, 5° comma).
Eccezioni:
a) L’unico socio risponde illimitatamente quando non sia osservata la disciplina dell’integrale
liberazione dei conferimenti sopra esposta
b) L’unico socio risponde inoltre fino a quando non sia stata attuata la specifica pubblicità
dettata per la S.p.A. unipersonale dall’art. 2362.
In entrambi i casi, però, la responsabilità illimitata viene meno per le obbligazioni sociali sorte dopo
che i conferimenti sono stati eseguiti o dopo che la pubblicità è stata effettuata.
Nel contempo con la riforma del 2003 sono stati soppressi (per la S.p.A. e per la s.r.l.) gli altri due
casi di perdita del beneficio della responsabilità limitata previsti dalla disciplina del 1993: unico
socio che sia una persona giuridica ed unico socio (persona fisica) che sia, nel contempo, socio
unico di altra società di capitali. È così caduta la preclusione al contemporaneo esercizio di più
imprese (sostanzialmente) individuali in regime di responsabilità limitata anche da parte di una
società.

9. I patrimoni destinati
La creazione di società unipersonali consente di limitare il rischio di impresa attraverso la
moltiplicazione formale dei soggetti cui i relativi diritti e le relative obbligazioni sono imputabili.
La riforma del 2003 offre per la prima volta alle società per azioni anche una nuova tecnica per
limitare il rischio di impresa: quella dei patrimoni destinati ad uno specifico affare (artt. 2447-bis –
2447-decies).
Una tecnica che non moltiplica i soggetti per limitare il rischio di impresa, ma che a tal fine opera
direttamente sul piano oggettivo del patrimonio facente capo ad un’unica società per azioni.
Al riguarda l’attuale disciplina offre due modelli di patrimoni destinati:
a) La società per azioni può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via
esclusiva ad uno specifico affare, sia pure entro i limiti del dieci per cento del proprio
patrimonio netto e purché non si tratti di affari attinenti ad attività riservate in base a leggi
speciali (c.d. patrimoni destinati operativi);
b) La società può inoltre stipulare con terzi un contratto di finanziamento di uno specifico
affare, pattuendo che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati i
proventi dell’affare stesso o parte di essi (finanziamento destinato).
Entrambe le operazioni sono assistite da specifiche cautele volte a conciliare le esigenze ditutela dei
creditori sociali preesistenti con quelle dei creditori che possono fare affidamento solo sui patrimoni
destinati. Esaminiamole separatamente.
La costituzione di un “patrimonio destinato operativo” avviene con apposita deliberazione adottata
dall’organo amministrativo della società a maggioranza assoluta dei suoi componenti (art. 2447-
ter).
È necessario indicare gli eventuali apporti dei terzi, nonché se è possibile emettere strumenti
finanziari di partecipazione all’affare indicando i diritti che attribuiscono.
La deliberazione deve essere verbalizzata da un notaio ed è soggetta ad iscrizione nel registro delle
imprese (art. 2447-quater). Diventa però produttiva di effettidsolo dopo che siano decorsi sessanta
giorni dall’iscrizione. Entro tale termien i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono fare
opposizione al tribunale, che può disporne l’esecuzione previa prestazione da parte della società di
idonea garanzia.
Decorso tale termine si producono gli effetti della separazione patrimoniale (art. 2445-quinquies). I
creditori della società non possono più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico
affare né, salvo che per la parte spettante alla società, sui frutti o proventi da esso derivanti.
Perché la separazione patrimoniale operi è necessario che gli atti compiuti in relazione allo
specifico affare rechino espressa menzione del vincolo di destinazione. In mancanza ne risponde la
società con il suo patrimonio residuo. In vincolo di destinazione riguardante beni immobili o mobili
registrati deve essere trascritto nei rispettivi registri.
Se la società ha emesso strumenti finanziari di partecipazione all’affare, è prevista
un’organizzazione – articolata nell’assemblea speciale e nel rappresentante comune – per la tutela
dei loro interessi (art. 2447-octies).
Per ciascun patrimonio destinato dovranno essere tenuti separatamente i libri e le scritture contabili
(art. 2447-sexies) e nel bilancio della società dovranno essere distintamente indicati i beni e i
rapporti compresi in ciascun patrimonio, con separato rendiconto in allegato al bilancio (art. 2447-
septies).
Realizzato l’affare o se lo stesso è divenuto impossibile, gli amministratori redigono un rendiconto
finale che deve essere depositato presso l’ufficio del registro delle imprese (art. 2447-novies). Se
permangono creditori insoddisfatti, questi possono chiedere entro novanta giorni la liquidazione del
patrimonio destinato che avverrà osservando esclusivamente le disposizioni sulla liquidazione delle
società di capitali, in quanto compatibili. Regole speciali sono tuttavia previste in caso di fallimento
della società.
Più semplice è la disciplina dettata per la seconda modalità di costituzione di un patrimonio
destinato: contratto di finanziamento di uno specifico affare, con previsione che al rimborso totale o
parziale del finanziamento sono destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dell’affare
stesso (art. 2447-decies).
Il contratto deve indicare gli elementi essenziali dell’operazione, deve specificare i beni strumentali
necessari per la realizzazione e il relativo piano finanziario indicando la parte coperta dal
finanziamento e quella a carico della società. Dovrà indicare anche le eventuali garanzie che
quest’ultima offre per il rimborso di una parte del finanziamento.
Il patrimonio separato è in tal caso formato dai proventi dell’affare, dai relativi frutti e dagli
investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al finanziatore. È necessario tuttavia
che copia del contratto sia stata iscritta nel registro delle imprese e che la società adotti sistemi di
incasso e di contabilizzazione separati (art. 2447-decies, 3° comma).
Delle obbligazioni nei confronti del finanziatore risponde esclusivamente il patrimonio separato,
salvo che la società abbia prestato garanzie con il proprio patrimonio generale per il parziale
rimborso del finanziamento.
I creditori generali della società non potranno agire sui beni strumentali destinati alla realizzazione
dell’operazione, ma sugli stessi potranno esercitare solo azioni conservative a tutela dei loro diritti.

C. I CONFERIMENTI
10. Conferimenti e capitale sociale
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della
società; la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo
svolgimento dell’attività di impresa (c.d. funzione produttiva dei conferimenti). Il valore in danaro
del complesso dei conferimenti promessi dai soci, quale risulta dalla valutazione ad essi data
nell’atto costitutivo, costituisce il capitale sociale nominale della società.
La disciplina dei conferimenti è ispirata da una duplice finalità:
a) Quella di garantire che i conferimenti promessi dai soci vengano effettivamente acquisiti
dalla società;
b) Quella ulteriore di garantire che il valore assegnato dai soci ai conferimenti sia veritiero. E
ciò per evitare che il valore complessivo dei conferimenti sia inferiore all’ammontare
globale del capitale sociale (art. 2346, 5° comma) con evidente inganno per i creditori in
merito all’effettiva formazione del capitale sociale.

11. I conferimenti in danaro


Nella società per azioni i conferimenti devono essere effettuati in danaro se nell’atto costitutivo
non è stabilito diversamente (art. 2342, 1° comma).
Per garantire fin dalla costituzione della società l’effettività almeno parziale del capitale, è disposto
l’obbligo di versamento immediato presso una banca di almeno il venticinque per cento (25%) dei
conferimenti in danaro o dell’intero ammontare se si tratta di società unipersonale (art. 2342, 2°
comma).
Costituita la società, gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni momento ai soci i versamenti
ancora dovuti. Né sono tenuti a rispettare eventuali termini stabiliti dall’atto costitutivo.
Dal titolo azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti (art. 2354, 3° comma, n. 4) e in
caso di trasferimento delle azioni l’obbligo di versamento dei conferimenti residui grava sia sul
socio attuale (acquirente delle azioni), sia sull’alienante (art. 2356). La responsabilità dell’alienante
è però limitata nel tempo ed ha carattere sussidiario. Permane infatti solo per il periodo di tre anni
dall’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci.
Inoltre, la società è tenuta a richiedere preventivamente il pagamento al possessore attuale delle
azioni e potrà rivolgersi agli alienanti solo se tale richiesta sia rimasta infruttuosa.
Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto.
Inoltre, in luogo della normale azione giudiziaria per la condanna all’adempimento e l’esecuzione
forzata, la società può avvalersi di una più celere procedura di vendita coattiva delle azioni del socio
moroso. A tal fine – e questa è la più significativa novità introdotta dalla riforma del 2003 – la
società è tenuta innanzitutto ad offrire le azioni agli altri soci, in proporzione della loro
partecipazione e per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti.
In manca di offerte, la società può far vendere le azioni a mezzo di una banca o di un intermediario
autorizzato. Se la vendita coattiva non ha esito, gli amministratori possono dichiarare decaduto il
socio, trattenendo i conferimenti già versati e salvo il risarcimento dei maggiori danni.
Le azioni del socio escluso entrano a far parte del patrimonio della società e questa può ancora
tentare di rimetterle in circolazione entro l’esercizio. Svanita anche quest’ultima possibilità per
l’acquisizione dei conferimenti, la società deve annullare le azioni rimaste invendute riducendo per
ammontare corrispondente il capitale sociale.
12. I conferimenti diversi dal danaro.
Diversamente da quanto visto per le società di persone, non ogni entità economica diversa dal
danaro può essere conferita in società per azioni o, più esattamente, può formare oggetto di
conferimento imputabile al capitale sociale. Limitazioni al riguardo sono state infatti introdotte nel
1986, in attuazione della normativa comunitaria di armonizzazione, e sono state mantenute
dall’attuale disciplina (art. 2342).
È infatti espressamente stabilito «che non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni
di opera o di servizi» (art. 2342, 5° comma).
Limitazioni sono poi state introdotte anche per quanto riguarda i conferimenti dei beni in natura e
dei crediti, ai quali si applicano comunque i princìpi già esposti per le società di persone quanto alla
garanzia cui è tenuto il socio conferente ed al passaggio dei rischi.
Il terzo comma dell’attuale art. 2342 dispone infatti che «le azioni corrispondenti a tali
conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione». Vale a dire, il
socio deve porre in essere tutti gli atti necessari affinché la società acquisti la titolarità e la piena
disponibilità del bene conferito, una volta che sia venuta ad esistenza con il completamente del
procedimento di costituzione.
Questa ulteriore limitazione certamente preclude l’apporto a titolo di conferimento di cose
generiche, future o altrui, nonché di prestazioni periodiche di beni (conferimenti con effetti
obbligatori).
È invece da ritenersi ammissibile, benché il punto sia ancora controverso, il conferimento di diritti
di godimento, dato che la società acquista col consenso del conferente l’effettiva disponibilità del
bene ed è in grado di trarne tutte le utilità.

13. La valutazione
I conferimenti diversi dal danaro (conferimenti in natura e conferimento di crediti), tanto se
effettuati in sede di costituzione della società quanto se effettuati in sede di aumento del capitale
sociale (Art. 2440), devono formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione regolato
dall’art. 2343 (parzialmente modificato dalla riforma del 2003). Si vuole così assicurare una
valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti e soprattutto evitare che agli stessi venga
complessivamente assegnato un valore nominale superiore a quello reale.
Il procedimento di valutazione si articola in più fasi.
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare una relazione giurata di stima di un esperto
designato dal tribunale. La stima deve contenere una serie di indicazioni e in particolare deve
attestare che «il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del
capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo». La relazione deve essere allegata all’atto costitutivo
e, una volta completato il procedimento di costituzione, deve restare depositata presso l’ufficio del
registro delle imprese.

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