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Campobasso diritto delle società

Diritto Commerciale (Università degli Studi di Napoli Parthenope)

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DIRITTO COMMERCIALE
CA.1 LE SOCIETA’
Il sistema legislativo
Le società sono organizzazioni di persone e mezzi create dall’autonomia privata per l’esercizio
in comune di un’attività produttiva. Sono le strutture tipiche, previste dall’ordinamento per
l’esercizio in forma associata dell’attività di impresa (impresa collettiva).
Il legislatore prevede vari tipi di società:

 Società di persone:
- Società semplice
- Società in nome collettivo
- Società in accomandita semplice
 Società di capitali:
- Società per azioni
- Società in accomandita per azioni
- Società a responsabilità limitata
 Società cooperativa
 Società mutue assicuratrici

Il diritto comunitario prevede: la società europea e la società cooperativa europea.

A LA NOZIONE DI SOCIETA’
Il contratto di società
“Con il contratto di società, due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in
comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili” art. 2247.
Quindi le società sono enti associativi a base contrattuale, in quanto nascono “dall’accordo di
due o più parti per csostituire e regolare fra loro un rapporto giuridico a contenuto
patrimoniale” art. 1321.
Sotto il profilo contrattuale, le società possono essere inquadrate nella categoria dei contratti
associativi o con comunione di scopo. Questi contratti si caratterizzano e si differenziano
rispetto ai contratti di scambio, in quanto nei contratti associativi l’avvenimento che soddisfa
l’interesse di tutti i contraenti è unico, mentre nei contratti di scambio l’avvenimento che
soddisfa l’interesse d’una delle parti è diverso dall’avvenimento che soddisfa l’interesse
dell’altra.
Da ciò derivano alcuni caratteri strutturali dei contratti associativi e del contratto di società:

a) Nei contratti associativi le prestazioni di ciascuna parte possono anche essere di diversa
natura e di diverso ammontare. Tutte le prestazioni hanno uno scopo comune, l’esercizio
del’attività pattuita, e tutte trovano il loro corrispettivo nella partecipazione ai risultati
dell’attività comune.

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b) Il contratto associativo è un contratto plurilaterale ed aperto, cioè può essere stipulato


da più parti e da un numero illimitato di parti.
c) Il contratto associativo è un contratto di organizzazione di una futura attività. Ne
consegue che il contratto di società non esaurisce la sua funzione con l’esecuzione delle
prestazioni n quanto fissa le basi organizzative della futura attività comune e
predetermina le modalità di partecipazione individuale all’attività di gruppo ed ai
risultati della stessa.

Speciale disciplina prevista per i contratti associativi: la nullità, l’annullabilità, la risoluzione per
inadempimento o per impossibilità sopravvenuta che colpiscono il vincolo di una delle parti
non comportano rispettivamente nullità, annullabilità o risoluzione dell’intero contratto salvo
che la partecipazione venuta meno debba considerarsi essenziale.

I conferimenti
Le società sono enti associativi che si caratterizzano per la presenza di tre elementi:

1) I conferimenti dei soci;


2) L’esercizio in comune di un attività economica (c.d. scopo-mezzo);
3) Lo scopo di divisione degli utili (c.d. scopo-fine).

I conferimenti sono le prestazioni cui le parti del contratto di società si obbligano.


Essi costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società.
La loro funzione è quella di dotare la società del K di rischio iniziale per lo svolgimento
dell’attività di impresa. Col conferimento ciascun socio destina stabilmente (per la durata della
società) parte della propria ricchezza personale all’attività comune e si espone al rischio di
impresa.
Quanto all’oggetto dei conferimenti, l’art. 2247 stabilisce che essi possono essere costituiti da
beni e servizi: denaro, beni in natura (mobili e immobili, materiali o immateriali) trasferiti in
proprietà o anche concessi in semplice godimento alla società e così via.
Quindi può costituire oggetto di conferimento ogni entità suscettibile di valutazione economica
che le parti ritengono utile per lo svolgimento della comune attività di impresa. Tale principio
va coordinato con la disciplina dei conferimenti dettata per i singoli tipi di società: per le
società di persone, e dopo la riforma del 2003 anche per le società a responsabilità limitata,
N
nelle altre società di capitali e nelle società cooperative. i
Incontra significative
limitazioni in quanto è stabilito che non possono formare oggetto di conferimento “le
prestazioni d’opera o di servizi”.

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Patrimonio sociale e capitale sociale


Il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla
società. Inizialmente è costituito dai conferimenti eseguiti o promessi dai soci;
successivamente subisce variazioni qualitative e quantitative in relazione alle vicende
economiche della società.
La consistenza del patrimonio sociale (attività e passività) è accertata periodicamente
attraverso la redazione annuale del bilancio di esercizio.
Si definisce patrimonio netto la differenza fra attività e passività. Il patrimonio sociale (meglio:
l’attivo patrimoniale) costituisce la garanzia dei creditori della società; garanzia esclusiva se si
tratta di un tipo di società nel quale per le obbligazioni sociali risponde solo la società col
proprio patrimonio.
Il capitale sociale (meglio: capitale sociale nominale) è una cifra che esprime il valore in
denaro dei conferimenti quale risulta dalla valutazione compiuta nell’atto costitutivo della
società, che solo inizialmente coincide con il patrimonio sociale.
Il capitale sociale nominale rimane immutato nel corso della vita della società fin quando, con
modifica dell’atto costitutivo, non se ne decide l’aumento o la riduzione. Il capitale sociale
nominale è quindi un valore storico. Assolve due funzioni fondamentali:

1) Funzione vincolistica: la cifra del capitale sociale indica la frazione (quota ideale) del
patrimonio netto non distribuite fra i soci e perciò assoggettata ad un vincolo di stabile
destinazione all’attività sociale (c.d. capitale reale).
E’ proprio per evidenziare tale funzione, la cifra del K sociale è iscritta in bilancio fra le
passività insieme ai debiti della società. La funzione vincolistica del capitale sociale si
risolve per i creditori in un margine di garanzia patrimoniale supplementare.
I creditori possono fare affidamento, per soddisfare i propri crediti, su un attivo
patrimoniale eccedente le passività per un valore corrispondente almeno all’ammontare
del capitale sociale.
2) Funzione organizzativa: non è costante in tutte le società. In tutte le società è termine
di riferimento per accertare periodicamente- tramite bilancio di esercizio- se la società
ha conseguito utili o ha subito perdite.
Vi è utile se dal bilancio risulta che le attività superano le passività aumentate del
capitale sociale nominale. Invece vi è perdita se le attività sono inferiori alle passività più
il capitale sociale.

Oltre a tale funzione organizzativa, nelle società di capitali, il capitale sociale nominale svolge
anche un’altra funzione, cioè funge da base di misurazione di alcune fondamentali situazioni
soggettive dei soci, sia di carattere amministrativo (diritto di voto), sia di carattere patrimoniale
(diritto agli utili ed alla quota di liquidazione). Tali diritti
spettano a ciascun socio in misura proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritto.

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L’esercizio in comune di attività economica


L’esercizio in comune di attività economica è il c.d. scopo-mezzo del contratto di società ed
oggetto sociale si definisce la specifica attività economica che i soci si propongono di svolgere.
Tale attività deve essere predeterminata nell’atto costitutivo della società ed è modificabile nel
corso della vita della stessa solo con l’osservanza delle norme - diverse a seconda del tipo di
società - che regolano le modificazioni dell’atto costitutivo.
In tutte le società, l’oggetto sociale deve consistere nello svolgimento di un’attività produttiva,
cioè a contenuto patrimoniale, condotta con metodo economico e finalizzata alla produzione o
allo scambio di beni o servizi. Quindi di un’attività che presenta i caratteri dell’attività di
impresa. Essenziale per aversi società è che l’attività produttiva sia esercitata in comune.
Perché un’attività economica possa definirsi comune a più soggetti è necessario che essa sia
preordinata alla realizzazione di un risultato unitario e comune, cioè di un risultato
giuridicamente imputabile al gruppo in quanto tale, in modo che tutti siano partecipi del
risultato positivo o negativo della medesima attività.
E’ necessario che i singoli atti di impresa siano prodotti secondo le modalità che ne
consentono l’imputazione al gruppo unitariamente considerato. E’ necessario che ci agisce nei
rapporti esterni sia abilitato ad agire per conto del gruppo ed ulteriormente agisca in nome
dello stesso, rendendo tale la sua posizione.
Il carattere comune dell’attività, consente una distinzione fra società ed associazione in
partecipazione. Contratto quest’ultimo con il quale “l’associante attribuisce all’associato una
partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un
determinato apporto” art. 2549
Nell’associazione in partecipazione, l’attività di impresa resta propria ed esclusiva
dell’associante: i singoli atti di impresa possono e debbono essere posti in essere solo in suo
nome e a lui sono giuridicamente imputabili, anche se compiuti dall’associato.

SOCIETA’ E IMPRESA. LE SOCIETA’ OCCASIONALI


L’attività delle società presenta di regola tutti i caratteri propri dell’attività di impresa, art. 2082,
cioè un’attività produttiva esercitata in modo professionale ed organizzato. Quindi, alle società
è applicabile la disciplina dell’attività di impresa, perciò se l’attività esercitata è un’attività
commerciale, la società è esposta al fallimento. Ma le
società possono essere utilizzate anche per l’esercizio di attività produttiva a carattere non
imprenditoriale. Esempi ne sono le società occasionali e le società fra professionisti.

SOCIETÀ OCCASIONALI: L’art. 2247 richiede che l’attività delle società abbia carattere produttivo,
ma non fa cenno al requisito della professionalità richiesto dall’art. 2082 per l’acquisto della
qualità di imprenditore. Perciò, è legittimo ritenere che l’esercizio in comune di un’attività non
professionale, occasionale, è sufficiente per dar vita ad una società, ma nel contempo non da
vita ad un’impresa per difetto del requisito della professionalità.

Alle società occasionali è applicabile la disciplina del tipo di società prescelto, ma non la
disciplina dell’impresa. In particolare, se l’attività è commerciale, la società occasionale è
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sottratta al fallimento.
La società occasionale è spesso utilizzata con significati diversi. Si distinguono tre ipotesi:

1) Non si ha né società né impresa quando due persone realizzano insieme un affare che si
risolve nel compimento di un solo atto economico o anche più atti non coordinati da un
disegno unitario.

2) Sia ha sia società sia impresa quando due persone decidono di compiere insieme un
singolo affare complesso, cioè un affare che implica il compimento di operazioni
numerose e l’utilizzo di un apparato produttivo idoneo ad escludere il carattere
occasionale e non coordinato dei singoli atti economici.

3) L’ammissibilità di società senza impresa resta circoscritta alle ipotesi in cui si sia in
presenza di esercizio in comune di attività oggettivamente non duratura, cioè di
un’attività che si esaurisce nel compimento di pochi atti elementari coordinati, che non
richiedono la predisposizione di alcun apparato produttivo oggettivamente apprezzabile.

LE SOCIETA’ FRA PROFESSIONISTI


L’attività dei professionisti intellettuali è attività economica, cioè un’attività produttiva di servizi
intellettuali. Una società fra professionisti per l’esercizio in comune della loro attività dà perciò
vita ad un’ulteriore ipotesi di società senza impresa.
Anche se la nozione di società, art. 2247, parla di attività economica e non di attività di
impresa. Dalle norme del c.c. emerge con chiarezza il carattere rigorosamente personale
dell’attività del professionista intellettuale.
L’art. 2232 gli impone di eseguire personalmente l’incarico assunto e, se si avvale di sostituti e
ausiliari, quest’ultimi devono operare sotto la direzione e responsabilità del professionista.

La legge n. 1815 del 23/11/1939, all’art. 1, stabilisce che i professionisti che si associano per
l’esercizio della professione debbono usare nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti
con i terzi, esclusivamente la dizione di “studio tecnico, legale, commerciale, contabile,
amministrativo o tributario”, seguito dal nome e cognome, coi titoli professionali, dei singoli
associati.

L’evoluzione delle professioni intellettuali e le soluzioni permissive attuate nel resto d’Europa,
ha sollecitato anche in Italia un intervento legislativo, volto a delineare una specifica disciplina
delle società fra professionisti idonea a garantire il rispetto dei principi cardine fissati dal
codice per le professioni intellettuali. Dopo diversi progetti, nel 1997 si ebbe un intervento
parziale ma non risolutivo.

L’art. 24 della legge n. 266/1997 ha abrogato l’art. 2 ella legge 1815/1939 ed ha conferito al
Ministero della giustizia il potere di fissare con proprio decreto i requisiti per l’esercizio in
forma societaria delle attività intellettuali dell’art. 11. Ma, nel maggio 1998, il governo ha

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rinunciato ad emanare il regolamento sulle società fra professionisti ed ha affidato la


definizione della relativa disciplina ad una legge delega. Con la sola eccezione della società fra
avvocati introdotta dal d.lgs. n. 96/2001.

La società fra professionisti non va confusa col fenomeno dell’assunzione congiunta di un


incarico da parte di più professionisti. In tal caso non si ha società in quanto ogni
professionista si impegna, nei confronti del cliente, ad eseguire personalmente una propria
prestazione intellettuale, sia pure coordinata con quella di un collega. Si hanno quindi, distinte
attività professionali coordinate e non un’unica attività esercitata in comune.

La società fra professionisti va distinta anche dalla cosiddetta società di mezzi fra
professionisti, cioè quella società costituita da professionisti per l’acquisto e la gestione in
comune di beni strumentali all’esercizio individuale delle rispettive professioni. Sono
perfettamente lecite e sono certamente titolari di un’impresa commerciale in quanto svolgono
attività di impresa (produzione di servizi) e non attività intellettuale.

Poi, vi sono le società di servizi che offrono sul mercato un prodotto complesso, per la cui
realizzazione sono necessarie anche prestazioni professionali dei soci o dei terzi. Prestazioni
che hanno carattere strumentale e servente rispetto al servizio offerto dalla società.
Esempio di tali società è costituito dalle società di ingegneria, la cui attività non si esaurisce
nella semplice progettazione di opere di ingegneria, ma comprende anche altre prestazioni,
quali le la realizzazione e la vendita degli impianti e delle attrezzature industriali. Tali società
sono lecite e valide in quanto la loro attività non coincide – per natura, contenuto e finalità
-con quella propria di alcuna delle professioni intellettuali.

Fra le società di servizi imprenditoriali rientrano anche le società di elaborazione elettronica


dei dati contabili e le società di revisione contabile.

Le vere e proprie società fra professionisti possono essere considerate le società fra
professionisti intellettuali che hanno come oggetto unico ed esclusivo, l’esercizio in comune
dell’attività professionale agli stessi riservata per legge. Gli incarichi professionali sono assunti
dalla società ed è la società che giuridicamente si obbliga ad eseguire le relative prestazioni
professionali, sia pure attraverso i propri soci a loro volta obbligati verso la comune società a
prestare la propria attività intellettuale.

Si ammette che per le professioni non protette la forma societaria può essere utilizzata senza
limitazioni e quindi che possano essere utilizzate anche le società di capitali. Chi svolge una
professione non protetta potrà operare con i propri clienti secondo modelli giuridici diversi da
quelli inderogabilmente fissati per le professioni protette.

La loro prestazione non è giuridicamente qualificabile come prestazione d’opera intellettuale,


quindi non sarà un professionista intellettuale ma un produttore di servizi e, di conseguenza,
acquisterà la qualità di imprenditore commerciale. Quindi, chi esercita una professione non
protetta potrà scegliere qualsiasi forma societaria, non essendo vincolato al rispetto dell’art.
2232. Ma così facendo, vengono posti fuori dalla categoria dei professionisti intellettuali e
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l’attività da loro svolta non sarà qualificata come esercizio di una professione intellettuale.
Si avrà una comune società per l’esercizio di attività imprenditoriale, che è una società
commerciale. In conclusione, nelle professioni non protette si avrà una società senza impresa.

Per le professioni protette (per il loro esercizio serve l’iscrizione in appositi albi professionali)
quando non si esclude la possibilità del loro esercizio in forma societaria, si tende per lo più ad
ammettere solo l’utilizzo delle società di persone, in rispetto alle condizioni fissate dall’art. 1
della legge 1815/1939, visto che tale strutture societarie non compromettono la personalità
della prestazione professionale.
La giurisprudenza invece nega la liceità di tali società, qualunque sia il tipo societario scelto, in
quanto è in contrasto sia con la legge 1815/1939, sia con il c.c., sempre al fine di tutelare il
carattere personale delle prestazioni professionali, il cui rispetto resta precluso dall’esercizio in
comune di tali attività.
Il Campobasso è d’accordo con il negare l’ammissibilità della forma societaria per le professioni
intellettuali, in quanto l’esercizio in comune di un’attività spersonalizza la prestazione
professionale e impedisce che le stesse possano essere giuridicamente riferite ai soci
professionisti che le hanno eseguite effettivamente ed altera il regime della responsabilità
professionale. L’unica deroga al divieto di costituzione di società fra professionisti è la società
tra avvocati.

LA SOCIETA’ TRA AVVOCATI


La società tra avvocati è stata introdotta dal d.lgs. 2001 n. 96. Essa ha per oggetto esclusivo
l’esercizio in comune dell’attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in
giudizio svolta dai propri soci.
La società fra avvocati è regolata dalle norme della società in nome collettivo, ove non
diversamente previsto dalla relativa disciplina speciale. Tutti i soci devono essere in possesso
del titolo di avvocato e che non sia consentita la partecipazione ad altra società tra avvocati.
La società tra avvocati agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome e dal titolo
professionale di tutti i soci ovvero di uno o più soci, seguito dalla locuzione “ed altri”; e deve
contenere l’indicazione di società tra professionisti in forma abbreviata.
La società fra professionisti è iscritta in una sezione speciale del registro delle imprese relativa
alle società fra professionisti e in una sezione speciale dell’albo degli avvocati.

Le cause di invalidità della stp sono quelle previste dalla disciplina generale dei contratti,
mentre per gli effetti è dettata una disciplina speciale, che è più vicina alla disciplina delle spa.
La società fra avvocati non è soggetta a fallimento in quanto non svolge attività di impresa.
E’ assoggettata ad una peculiare disciplina volta a conciliare l’esercizio in forma societaria della
professione forense con il rispetto del principio della personalità della prestazione e di quello

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della diretta responsabilità del professionista nei confronti del cliente. In particolare
l’amministrazione della società non può essere affidata a terzi, ma il cliente ha il diritto di
chiedere che l’esecuzione dell’incarico conferito alla società sia affidata a uno o più soci da lui
scelti. Solo il socio o i soci incaricati, e non tutti i soci, sono personalmente e illimitatamente
responsabili per l’attività professionale svolta in esecuzione dell’ incarico. Con essi risponde la
società con il suo patrimonio.
Tuttavia sono responsabili illimitatamente e solidalmente tutti i soci qualora la società ometta
di comunicare prima dell’inizio dell’esecuzione del mandato, quali di essi sono stati incaricati.

LO SCOPO-FINE DELLE SOCIETA’


L’ultimo elemento caratterizzante le società è costituito dallo scopo perseguito dalle parti, cd
scopo-fine del contratto di società. In base allo scopo perseguibile le società possono essere
distinte in tre categorie:

- Società lucrative;
- Società mutualistiche;
- Società consortili.
Una società può essere costituita per svolgere attività di impresa con terzi allo scopo di
conseguire utili (lucro oggettivo), destinati ad essere successivamente divisi fra i soci (lucro
soggettivo). E’ questo lo scopo tipico delle società lucrative.

Le società cooperative devono perseguire per legge uno scopo mutualistico, cioè hanno lo
scopo di fornire direttamente ai soci beni, servizi od occasioni di lavoro a condizioni più
vantaggiose di quelle che i soci stessi otterrebbero sul mercato.
Scopo istituzionale delle cooperative non è quello di produrre utili da dividere fra soci, ma
quello di procurare ai soci un vantaggio patrimoniale diretto, che potrà consistere in un
risparmio di spesa o in una maggiore remunerazione del lavoro prestato dai cosi nella
cooperativa.
La società cooperativa deve operare con metodo economico e per la realizzazione di uno scopo
economico dei soci. Non è perciò una società istituzionalmente preordinata per la
realizzazione di uno scopo di lucro in senso proprio.
Tutti i tipi di società (tranne la società semplice) possono essere utilizzati anche per la
realizzazione di uno scopo consortile, per la realizzazione cioè di un particolare vantaggio
patrimoniale degli imprenditori consorziati: sopportazione di minori costi o realizzazione di
maggiori guadagni. Si distingue dallo scopo mutualistico perché è tipicamente imprenditoriale,
visto che i soci sono tutti imprenditori. Dato comune dei tre scopi: è che le società sono enti
associativi che operano con metodo economico, e per la realizzazione di un risultato
economico a favore esclusivo dei soci. Si rientra, quindi, nella nozione dell’art.2247

SOCIETA’ ED ASSOCIAZIONI. L’IMPRESA SOCIALE


Le differenza fra società ed associazioni risiedono nella natura dell’attività esercitatile e nello
scopo-fine perseguibile. Infatti:

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a) diversamente che per le associazioni, l’attività delle società è un’attività produttiva


condotta con metodo lucrativo o quanto meno economico;
b) lo scopo-fine della società è uno scopo economico (lucrativo, consortile, mutualistico), e
i benefici sono destinati ai propri membri e non a terzi. Mentre le associazioni sono enti
con scopo ideale o altruistico.
Ne consegue che un gruppo associativo è da qualificare come associazione e non come società
quando svolge attività produttiva con metodo economico, cioè quando produce beni o servizi
che vengono erogati gratuitamente o a prezzo politico, oppure quando l’attività produttiva è
condotta con metodo economico ma gli utili conseguiti sono istituzionalmente destinati a scopi
di beneficenza o altruistici.

In conclusione: la linea di confine fra società ed associazioni risiede nell’auto/destinazione ai


membri del gruppo per le società, o nell’etero/destinazione dei risultati economici dell’attività
nelle associazioni. Nelle associazioni è incompatibile lo scopo lucrativo in senso soggettivo, non
lo svolgimento di attività di impresa né la realizzazione di utili, lucro oggettivo, attraverso tale
attività.

Oggi, è forte la tendenza dei gruppi associativi con scopo ideale a servirsi dello strumento della
società per azioni, ricorrendo all’espediente di dichiarare nell’atto costitutivo un’attività
economica ed uno scopo lucrativo che poi in fatto non vengono perseguiti. Queste forme di
utilizzazione anomala dell’istituto societario non possono essere considerate legittime se non
nei casi espressamente previsti dalla legge.
Una parte della dottrina sostiene che le società di capitali sarebbero diventate delle strutture
organizzative casualmente neutre e quindi legittimamente utilizzabili dall’ autonomia privata
per la realizzazione di un qualsiasi scopo lecito: lucrativo, economico ed ideale. Ma tale tesi
non è condivisibile. Infatti, il sistema del codice civile non offre dati che consentono di
affermare la derogabilità statutaria dello scopo di lucro o economico, per le società di capitali.
Non decisiva è la circostanza che l’art. 2332 non elenca fra le cause di nullità della società per
azioni la mancanza dello scopo di lucro. Inoltre, l’espresso riconoscimento legislativo delle
società consortile se dimostra che le società di capitali possono essere utilizzate anche per uno
scopo economico non lucrativo, non dimostra che si possono usare tale società per scopi non
economici, ideali.
Nella legislazione speciale si rinvengono numerosi casi di società istituzionalmente senza
scopo di lucro oggettivo e/o soggettivo. In passato infatti vi erano molte spa, a partecipazione
pubblica, che per legge dovevano perseguire scopi esclusivamente pubblici e incompatibili con
la causa lucrativa o economica. Anche se oggi tale fenomeno si è ridimensionato nella
legislazione speciale non mancano casi di società per azioni che per legge non devono
perseguire o possono non perseguire uno scopo di lucro.

È indubbio se fra le società di diritto speciale senza scopo di lucro possono ricomprendervi
anche le società sportive professionistiche regolate dalla legge n. 9/1981. Tale legge imponeva
e impone ai gruppi associativi che operano nel settore dello sport professionistico di adottare
la forma della spa o della srl.
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Al fine di incentivare la raccolta di capitale di rischio fra il pubblico è stata abrogata la norma
che vietava la distribuzione di utili fra i soci, anche se l’attuale disciplina si limita a stabilire che
l’atto costitutivo deve prevedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10%, sia
destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnica-sportiva, art. 10, comma3.

Una vistosa deroga al principio di “lucratività” delle società è prevista dalla nuova disciplina
sull’impresa sociale: sono tutte le organizzazioni private che esercitano senza scopo di lucro e
in via stabile e principale attività di impresa al fine della produzione o dello scambio di beni o
servizi di utilità sociale.
Tali sono i beni o servizi che ricadono in alcuni settori fissati dalla legge: assistenza sociale,
sanitaria, educazione, istruzione e formazione, tutela dell’ambiente e turismo sociale, ricerca e
cultura, ecc.
Il legislatore concede alle imprese sociali di poter assumere qualsiasi forma di organizzazione
privata. Può essere usato qualsiasi tipo societario, ma se viene usato il tipo societario resta
fermo il divieto di distribuire utili.
Le imprese sociali sono soggette alla vigilanza del Ministero del Lavoro, che può revocare la
qualifica di impresa sociale se vengono meno le condizioni per il riconoscimento o se vi sono
violazioni della relativa disciplina.
Ne consegue la cancellazione dell’impresa dal registro e l’obbligo di devolvere il patrimonio ad
enti non lucrativi determinati dallo statuto.
Non sono poche le società di diritto sociale senza scopo di lucro, ma esse non avvalorano l’idea
del tramonto dello scopo lucrativo. Le relative previsioni legislative devono essere considerate
come norme eccezionali ed in quanto tali da esse non è consentito desumere che sia legittima
la costituzione di società di capitali dichiaratamente senza scopo di lucro, al di fuori dei casi
previsti per legge. In
conclusione, le società sono e restano strutture associative fruibili solo per il perseguimento di
uno scopo di lucro, ma non per il perseguimento di scopi ideali.

10. SOCIETA’ E COMUNIONE


L’art. 2248 stabilisce che: “la comunione costituita o mantenuta al solo scopo di godimento di
una o più cose è regolata dalle norme del titolo VII del libro III”.
La società è un contratto che ha per oggetto l’esercizio in comune di un’attività economica,
produttiva.

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La comunione è una situazione giuridica che sorge quando la proprietà o altro diritto reale
spetta in comunione a più persone, art. 1100. Ed è una situazione giuridica che, anche se ha
origine contrattuale, ha per oggetto il semplice godimento della cosa comune, secondo la sua
destinazione economica.
Nei due istituti sono diversi sia il rapporto beni-attività sia i poteri di cui l’ organizzazione di
gruppo è investita.
Nella società i beni comuni, cioè il patrimonio sociale, hanno funzione servente rispetto
all’attività di impresa, in quanto sono un mezzo per lo svolgimento dell’attività.
Nella comunione, invece, il rapporto beni-attività si inverte, in quanto è l’attività che svolge
funzione servente rispetto ai beni. L’attività è un mezzo per assicurare la conservazione della
cosa comune e consentirne il migliore godimento individuale da parte dei comproprietari.
Ed entro tali limiti sono circoscritti i poteri dell’organizzazione dei comproprietari.
Diverso è il regime patrimoniale dei beni in società rispetto a quello dei beni in comunione.
I beni facenti parte di un patrimonio sociale sono affetti da un vincolo di stabile destinazione,
per la durata della società, allo svolgimento dell’attività di impresa; vincolo che opera sia nei
rapporti fra i soci che nei confronti dei terzi. Tale vincolo nella comunione è assente.

Per realizzare tale vincolo di destinazione il legislatore ha usato diverse tecniche nelle Società
di persone e nelle società di capitali, ma vi sono dei principi comuni:

a) il singolo socio non può liberamente servirsi delle cose appartenenti al patrimonio
sociale per fini estranei allo svolgimento dell’attività di impresa programmata, ex art.
2256;
b) il singolo socio non può provocare a sua discrezione lo scioglimento anticipato della
società e la conseguente divisione del patrimonio sociale, ex art. 2272 e 2484;
c) i creditori personali dei soci non possono soddisfarsi direttamente sul patrimonio della
società, art. 2270;
Nella comunione:
a) ciascun comproprietario può liberamente servirsi della cosa comune, purché non ne
alteri la naturale destinazione e non impedisca agli altri comproprietari di farne
parimenti uso secondo il loro diritto, art. 1102
b) ciascun comproprietario può in ogni momento chiedere lo scioglimento della
comunione, art. 1111, ponendo fine allo stato di comproprietà
c) i creditori personali dei singoli comproprietari possono liberamente aggredire anche la
cosa comune per soddisfare il proprio credito.
Quindi, nella comunione manca un vincolo di destinazione sia nei rapporti interni che nei
rapporti esterni. La comunione non gode di autonomia patrimoniale.
Stabilendo che la comunione costituita o mantenuta al solo scopo di godimento è regolata
dalle norme della comunione e non da quelle delle società, il legislatore ha voluto fissare il
principio che il regime patrimoniale delle società è applicabile solo quando i beni sono
destinati allo svolgimento di un’attività di impresa.
Solo tale destinazione legittima la formazione di un patrimonio comune, indivisibile su

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iniziativa unilaterale ed insensibile alle pretese dei rispettivi creditori personali.


Quando invece, lo scopo perseguito è solo quello di godere i beni messi in comune, la
disciplina applicabile è quella della comunione.
In base a questa distinzione, l’art. 2248 deve essere letto nel senso che sono vietate le società
di mero godimento. Esse sono un abuso dell’istituto societario ed un abuso a danno dei
creditori personali dei comproprietari.

Illegittime sono le società immobiliari di comodo: società il cui patrimonio attivo è costituito
dagli immobili conferiti dai soci e la cui attività si esaurisce nel concedere tali immobili in
locazione a terzi o agli stessi soci, senza produrre e fornire agli uni o agli altri alcun servizio
collaterale. Tali società sono nulle per violazione di norma imperativa, anche s eil fenomeno
non è reprimibile.

11. SOCIETA’ E COMUNIONE DI IMPRESA


Perché una comunione si trasformi in società è necessario che i comproprietari si servano dei
beni per l’esercizio di una comune attività di impresa.
Ma, per dar vita ad una società l’art. 2247 richiede un accordo delle parti anche in merito ai
conferimenti e, tale accordo, non c’è qualora i comproprietari si limitino ad utilizzare l’azienda
comune in una comune attività di impresa. Tale obiezione porterebbe ad ammettere che è
possibile l’esercizio di un’impresa collettiva, fermo restando l’applicazione del regime
patrimoniale della comunione per i beni utilizzati, cioè è ammissibile una impresa collettiva
priva di autonomia patrimoniale. Tale fenomeno è detto comunione di impresa.
E di comunione di impresa e non di società bisogna parlare ogni volta che un’azienda in
comunione venga utilizzata dai comproprietari per l’esercizio in comune di attività di impresa,
senza precisi accordi in merito al conferimento in società dei relativi beni.
L’obiezione e la conclusione sono prive di fondamento, perché una società può essere conclusa
anche con fatti concludenti, detta società di fatto, e per fatti concludenti può avvenire anche il
conferimento, quando un atto scritto non sia richiesto dalla natura dei beni conferiti.
Non vi è dubbio che l’effettivo esercizio di attività di impresa da parte dei comproprietari di
un’azienda è oggettivamente apprezzabile come non equivoco atto di destinazione societaria
dei relativi beni. Quindi, i comproprietari hanno voluto, per fatti concludenti, modificare la
condizione giuridica dei beni comuni passando dalla comunione (mancanza di autonomia
patrimoniale) alla società di fatto (formazione di un patrimonio autonomo).

12. L’IMPRESA CONIUGALE


In base all’art. 177, formano oggetto della comunione legale fra coniugi anche le aziende
gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio, c.d. azienda o impresa coniugale.
L’impresa coniugale è un’impresa collettiva e nulla vieta ai coniugi di costituire una società per
il relativo esercizio.
Nel silenzio è applicabile il regime della comunione familiare, sia per quanto riguarda la

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gestione dell’impresa comune, sia per quanto riguarda il regime patrimoniale.


L’applicazione della disciplina della comunione familiare comporta che i creditori di impresa
potranno soddisfarsi su tutti i beni della comunione, ma alla pari con gli altri creditori della
comunione e senza avere alcun diritto di preferenza rispetto ai creditori della comunione sui
beni aziendali, art. 186.
Inoltre, i creditori d’impresa possono aggredire il patrimonio personale di ciascun coniuge, ma
solo se i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti gravanti sulla stessa,
art. 190.
I creditori personali del singolo coniuge possono soddisfarsi direttamente anche sui beni della
comunione legale e quindi anche sui beni aziendali. Tale diritto è però loro riconosciuto solo
fino al valore corrispondente alla quota del coniuge loro debitore e purché i beni personali di
questo non siano sufficienti a soddisfarli, art. 189, 2° comma.
Infine, è prevista una disciplina speciale per lo scioglimento della comunione aziendale, art.
191. Si è in presenza di un’impresa collettiva il cui esercizio non dà vita alla formazione di un
patrimonio autonomo e il cui regime non è quello né della comunione, né quello della società
di fatto.

B. TIPI DI SOCIETA’
13. NOZIONE. CLASSIFICAZIONI
L’attività delle società, solleva dei problemi di carattere organizzativo che riguardano:

- l’ordinamento interno della società,


- i rapporti tra società e terzi.

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Il legislatore ha risolto questi problemi prevedendo vari tipi di società, che possono essere
aggregati in categorie omogenee sulla base di alcuni criteri di classificazione.

Una prima distinzione è quella basata sullo scopo istituzionale perseguibile, che divide le
società in:

- Società cooperative
- Società mutualistiche
che si contrappongono a tutti gli altri tipi di società : Società lucrative.
Una seconda distinzione, nell’ambito delle società lucrative, è quella basata sulla natura
dell’attività esercitatile:

- la società semplice è utilizzabile solo per l’esercizio di attività non commerciale


(art.2249). Di recente è stata prevista la pubblicità mediante iscrizione nel registro delle
imprese con funzione di pubblicità legale, per le società semplici esercenti attività
agricola, e con funzione di semplice pubblicità notizia per le altre.
- le altre società possono svolgere sia attività commerciale che attività non commerciale.
Sono soggette all’iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale. Esse
sono dette società commerciali.
Altra distinzione è quella fra:

- società con personalità giuridica, sono le società di capitali e le società cooperative;


- società senza personalità giuridica, sono le società di persone.
Nelle società di capitali, che ha personalità giuridica:

a) è prevista, ed è inderogabile,(salvo che nella s.r.l.) un’organizzazione di tipo corporativo,


cioè un’organizzazione basata sulla necessaria presenza di una pluralità di organi
(assemblea, organo di gestione e organo di controllo), ciascuno con proprie funzioni e
competenze;
b) il funzionamento degli organi sociali è dominato dal principio maggioritario.
L’assemblea delibera a maggioranza anche le modifiche dell’atto costitutivo e le
maggioranze assembleari sono calcolate in base alla partecipazione al capitale sociale e
non per teste;
c) il singolo socio non ha alcun potere diretto di amministrazione e di controllo, ma ha solo
il diritto di concorrere, con il suo voto in assemblea, alla designazione dei membri
dell’organo amministrativo e di controllo. Il peso di ciascun socio in assemblea è
proporzionato all’ammontare del K sociale sottoscritto.
Nelle società di persone, che non hanno personalità giuridica:

a) non è prevista un’organizzazione basata sulla presenza di una pluralità di organi;


b) l’attività della società si fonda su un modello organizzativo che per un verso, riconosce
ad ogni socio a responsabilità illimitata il potere di amministrare la società, e per l’altro
verso e all’opposto, richiede il consenso di tutti i soci per le modificazioni dell’atto
costitutivo;

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c) il singolo socio a responsabilità illimitata è investito del potere di amministrazione e di


rappresentanza della società e ciò indipendentemente dall’ammontare del capitale
conferito e dalla consistenza del suo patrimonio personale.
Ne consegue che la partecipazione sociale è di regola trasferibile solo col consenso degli
altri soci.
Un altro criterio è quello basato sul regime di responsabilità per le obbligazioni sociali. Sotto
tale profilo, vi sono:

- società in cui per le obbligazioni sociali rispondono sia il patrimonio sociale sia i singoli
soci personalmente ed illimitatamente, in modo inderogabile per le snc, o con possibilità
di deroga pattizia per i soli soci non amministratori per la società semplice;
- società, come l’accomandita semplice e per azioni, nelle quali coesistono
istituzionalmente soci a responsabilità illimitata (gli accomandatari) e soci a
responsabilità limitata (gli accomandanti);
- società nelle quali per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo
patrimonio (spa, srl, società cooperative)

14. PERSONALITA’ GIURIDICA ED AUTONOMIA PATRIMONIALE DELLE SOCIETA’


Le società di capitali e le società cooperative sono persone giuridiche; la personali giuridica è
invece negata alla società di persone. Queste ultime società godono però di autonomia
patrimoniale.
Personalità giuridica ed autonomia patrimoniale sono due diverse tecniche legislative per
creare le condizioni di diritto privato più propizie per la diffusione e lo sviluppo delle imprese
societarie. Queste condizioni risiedono:

- nella previsione di un’adeguata tutela dei creditori delle imprese societarie, realizzata
facendo del patrimonio della società un patrimonio aggredibile solo dai creditori sociali
e non anche dai creditori personale dei soci;

- nel consentire a quanti costituiscono una società di creare un diaframma fra il proprio
patrimonio personale e le obbligazioni contratte nell’esercizio dell’impresa comune.
Diaframma che sottrae il patrimonio personale dei soci all’aggressione dei creditori
sociali.

Nelle società di capitali e nelle società cooperative questo duplice obiettivo è conseguito in
modo diretto e lineare con il riconoscimento della personalità giuridica. Queste società sono
per legge trattate come soggetti di diritto formalmente distinti dalle persone dei soci e gode di
un’autonomia patrimoniale perfetta.
Infatti i beni conferiti dai soci diventano di proprietà della società: questa è titolare di un
proprio patrimonio, di propri diritti e di proprie obbligazioni, distinti da quelli personali dei
soci. Delle obbligazioni sociali risponde di regola solo la società col proprio patrimonio.
Il patrimonio sociale è reso autonomo rispetto a quello dei soci e quello dei soci è reso

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autonomo rispetto a quello della società.


Anche se vi sono dei limiti alla personalità giuridica: sono responsabili personalmente l’unico
azionista e l’unico quotista della srl, i soci accomandatari della società accomandita per azioni.

15. LA SOGGETTIVITA’ DELLE SOCIETA’ DI PERSONE


Alle società di persone, il legislatore ha negato la personalità giuridica. Inoltre ha soddisfatto le
esigenze di tutela dei creditori sociali e di incentivazione dei soci con specifiche disposizioni
che rendono il patrimonio delle società autonomo rispetto a quello dei soci. Infatti, nelle
società di persone:

a) i creditori personali dei soci non possono aggredire il patrimonio della società per
soddisfarsi. Finché dura la società, possono far valere i loro diritti solo sugli utili spettanti
al proprio debitore e compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella
liquidazione della società (art. 2270);
b) i creditori della società non possono aggredire direttamente il patrimonio personale dei
soci illimitatamente responsabili. Prima è necessario che tentino di soddisfarsi sul
patrimonio della società e solo dopo aver infruttuosamente escusso il patrimonio sociale
potranno agire nei confronti dei soci.
La responsabilità dei soci è una responsabilità sussidiaria (benefici odi escussione)
rispetto a quella delle società, anche se al riguardo sono previste regole diverse per la
società semplice e le atre società di persone. In altri termini, anche nelle società di
persone il patrimonio della società è relativamente autonomo rispetto a quello dei soci,
e viceversa.
Quindi:

a) anche nelle società di persone i beni sociali non sono beni in comproprietà speciale fra i
soci, ma in proprietà della società;
b) le obbligazioni sociali non sono obbligazioni personali dei soci ma obbligazioni della
società, cui si aggiunge a titolo di garanzia la responsabilità di tutti o di alcuni di essi;
c) la responsabilità personale dei soci non è qualificabile come responsabilità per debito
proprio;
d) imprenditore è la società non il gruppo di soci, coimprenditori, anche se il fallimento
della società determina automaticamente il fallimento dei soci illimitatamente
responsabili.

16. TIPI DI SOCIETA’ ED AUTONOMIA PRIVATA


I soggetti che costituiscono una società possono liberamente scegliere:

- fra tutti i tipi di società previsti se l’attività da esercitare non è commerciale;


- fra tutti i tipi di società, tranne la società semplice se l’attività è commerciale (art.2249).
Ulteriori limitazioni nella scelta del tipo di società sono poi stabilite da leggi speciali per
particolari categorie di imprese commerciali.
La scelta di un determinato tipo di società non è però condizione essenziale per la valida

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costituzione di una società. Infatti, se l’attività non è commerciale, l’art. 2249 comma2,
stabilisce che si applica la disciplina delle società semplice, a meno che le parti vogliano
costituire la società secondo un altro tipo.
Anche quando l’attività è commerciale non è necessaria un’esplicita scelta del tipo. Infatti, il
silenzio delle parti si interpreta come implicita opzione per il regime della snc.
La società semplice e la società in nome collettivo rappresentano i regimi residuali dell’attività
societaria, rispettivamente non commerciale e commerciale.
Una volta scelto il tipo di società, le parti possono con apposite clausole contrattuali, disegnare
un assetto organizzativo della loro società parzialmente diverso da quello risultante dalla
disciplina legale del tipo prescelto. E’
necessario però che le clausole a tal fine introdotte nell’atto costitutivo, dette clausole
atipiche, non siano incompatibili con la disciplina del tipo di società prescelto, cioè non
contengano pattuizioni che violino aspetti della disciplina legale inderogabili.
I limiti che l’autonomia privata incontra nell’inserimento di clausole atipiche non sono sempre
agevoli da definire. In via generale, non sono derogabili i regimi di responsabilità per le
obbligazioni sociali, visto che coinvolgono terzi soggetti. Più spazio è riconosciuto nelle società
di persone per quanto riguarda l’ordinamento interno della società, mentre è rigido il regime
delle spa.
Se una clausola è incompatibile col tipo di società prescelto, la sanzione sarà di regola la nullità
della clausola stessa, in applicazione dell’art. 1419 (nullità parziale), e non la nullità dell’intero
contratto di società. La nullità della clausola atipica comporterà l’automatica applicazione della
corrispondente disciplina legale derogata.
È inammissibile la creazione di un tipo di società che non corrisponde a uno dei modelli
legislativi previsti, dette società atipiche.
Tale principio si desume dall’art. 2249, e trova giustificazione nel fatto che il contratto di
società è destinato a produrre effetti non solo fra le parti ma anche nei confronti dei terzi.
La sanzione per chi contravviene sarà la nullità della società atipica e la sua eliminazione dal
mercato.
Dalle clausole atipiche si distinguono i patti parasociali, cioè quegli accordi fra i soci, stipulati al
di fuori dell’atto costitutivo destinati a regolare il loro comportamento nella società o verso la
società.

A differenza delle clausole dell’atto costitutivo, che vincolano tutti i soci presenti e futuri, i patti
parasociali hanno di regola efficacia meramente obbligatoria, cioè vincolano solo gli attuali soci
contraenti e non anche i soci futuri, a meno che questi vi aderiscano espressamente. Inoltre, la
loro eventuale invalidità non incide sulla validità della società e degli atti societari su cui si
riflettono. Infine, la loro violazione espone solo all’obbligo del risarcimento del danno nei
confronti degli altri soci e non coinvolge anche la posizione nella società degli inadempienti.

17. CONTRATTO DI SOCIETA’ ED ORGANIZZAZIONE


La società è un contratto, ma è anche una forma di organizzazione giuridica di una futura

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attività economica. Dall’atto di autonomia privata che dà vita ad una società (società -
contratto) nasce un’organizzazione di persone e di mezzi (società – organizzazione) destinata a
dare attuazione al contratto di società, attraverso la produzione di una serie indefinita di nuovi
atti giuridici in cui si concretizza l’esercizio della comune attività.
Con la stipula del contratto di società, le parti contraenti diventano membri della struttura
organizzativa creata, acquistano la qualità di soci e diventano titolari di una serie di situazioni
soggettive attive e passive, di diversa natura, distinguibili in due categorie:

a) situazioni di natura amministrativa, aventi ad oggetto la partecipazione individuale


all’attività comune (diritto di voto, potere di amministrazione);
b) situazioni di natura patrimoniale, aventi ad oggetto la partecipazione individuale ai
risultati dell’attività comune, durante la vita della società ed al momento dello
scioglimento della stessa (diritto agli utili e alla quota di liquidazione, partecipazione alle
perdite).
I diritti di cui ciascun socio gode, detti diritti sociali, vanno inseriti e valutati nell’ambito
dell’organizzazione creata con il contratto di società. L’inserimento del singolo in un gruppo
organizzato giustifica la subordinazione degli interessi individuali al comune interesse di
gruppo, nei punti in cui l’ordinamento rimette alla maggioranza dei soci la definizione delle
scelte relative all’attuazione del contratto sociale.
La subordinazione del singolo alle decisioni del gruppo non è senza limiti, in quanto
l’organizzazione societaria è pur sempre un’organizzazione strumentale per la migliore
attuazione del contratto di società, in cui si fissano le basi della partecipazione di ciascun socio
all’attività comune ed ai risultati della stessa.
Ne consegue che il sacrificio delle posizioni individuali deve sempre trovare fondamento e
giustificazione nell’esigenza di una migliore realizzazione del risultato finale di comune
interesse.
È legittimo il sacrificio dell’interesse attuale del singolo socio in nome dell’interesse di tutti.
L’espressa qualificazione legislativa della società come contratto giustifica ed impone
l’applicazione di alcuni principi come argine ai possibili comportamenti abusivi della
maggioranza in tutte le società: a) principio dell’esecuzione del contratto secondo correttezza
e buona fede; b) principio parità trattamento fra i soci.

Cap.2 - LA SOCIETA’ SEMPLICE. LA SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO


1. LE SOCIETA’ DI PERSONE
Sono società di persone:

- la società semplice (artt. 2251-2290), che può esercitare solo attività non commerciale. La
sua disciplina è applicabile ove non risulti che le parti abbiano voluto costituire la società
secondo uno degli altri tipi;
- la società in nome collettivo (artt. 2291-2312), che può esercitare sia attività commerciale
che attività non commerciale. Nella snc tutti i soci rispondono solidalmente ed
illimitatamente per le obbligazioni sociali e non è ammesso patto contrario.

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Una specifica scelta di questo tipo di società è necessaria solo se l’attività da esercitare non
è commerciale;
- la società in accomandita semplice, si caratterizza per la presenza di due categorie di soci:
o i soci accomandatari che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le
obbligazioni sociali;
o i soci accomandanti che rispondono limitatamente alla quota conferita.
La società semplice ha un particolare rilievo normativo, in quanto la sua disciplina si applica
anche alla snc e alla sas per i rinvii operati dalla legge (art. 2293,art. 2315).

A. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’


2. L’ATTO COSTITUTIVO. FORMA E CONTENUTO
Il contratto di società semplice: “non é soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla
natura dei beni conferiti”( art. 2251). Il contratto può essere concluso anche verbalmente o
può risultare da comportamenti concludenti (società di fatto).
Regole non diverse valgono per la nascita della società in nome collettivo.
Infatti sono dettate regole di forma (art. 2296) e di contenuto (art. 2295) per l’atto costitutivo
della società in nome collettivo. Entrambe sono prescritte solo ai fini dell’iscrizione della
società nel registro delle imprese; iscrizione che è condizione di regolarità della società, ma
non è condizione di esistenza della stessa.
Infatti, l’omessa iscrizione incide solo sulla disciplina della snc. Ciò comporta che i rapporti tra
società e terzi sotto alcuni aspetti sono regolati dalla disciplina della società semplice (art.
2297).
Da qui la distinzione fra snc regolare e snc irregolare. È regolare la snc che è iscritta nel
registro delle imprese. È irregolare la snc non iscritta nel registro delle imprese, perché le parti
non hanno provveduto a redigere l’atto costitutivo (società di fatto) o perché, pur avendolo
redatto, non hanno provveduto alla registrazione dello stesso (società irregolare in senso
proprio).
Perciò, solo ai fini della registrazione e della regolarità della società, l’atto costitutivo della snc
deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.

Inoltre, deve contenere:

1) le generalità dei soci;


2) la ragione sociale, costituita dal nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale
(art. 2292, comma1);
3) i soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della società;
4) la sede della società e le eventuali sedi secondarie;
5) l'oggetto sociale;
6) i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione;

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7) le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera;


8) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli
utili e nelle perdite;
9) la durata della società.

La libertà di forma per la costituzione della società di persone incontra un limite quando sono
richieste forme speciali dalla natura dei beni conferiti, art. 2251.
Quando il conferimento ha per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari è richiesta la
forma scritta a pena di nullità, art. 1350.

3. SOCIETA’ DI FATTO. SOCIETA’ OCCULTA


Per la costituzione di una società di persone non è necessario l’atto scritto, infatti il contratto di
società so può perfezionare anche con fatti concludenti. In tal caso si parla di società di fatto.
Essa è regolata dalle norme della società semplice se l’attività esercitata è non commerciale, o
dalle norme della snc irregolare se l’attività è commerciale. Una società
di fatto che esercita attività commerciale è esposta al fallimento al pari di ogni imprenditore
commerciale. Di conseguenza il fallimento della società determina automaticamente il
fallimento di tutti i soci; dei soci noti al momento della dichiarazione di fallimento della società
(soci palesi), ma anche dei soci occulti cioè la cui esistenza sia successivamente scoperta (art
147 legge fallimentare). L’esteriorizzazione della qualità di socio
non è necessaria.

Dalla società di fatto va distinta la società occulta, cioè la società costituita con l’espressa e
concorde volontà dei soci di non rilevarne l’esistenza all’esterno.
Essa può essere una società di fatto, ma può risultare anche da un atto scritto tenuto segreto
dai soci. Ciò che la caratterizza è il dato che, per comune accordo, l’attività di impresa deve
essere svolta ed è svolta per conto della società, ma senza spenderne il nome.
La società esiste nei rapporti interni fra i soci, ma non viene esteriorizzata. Nei rapporti esterni
l’impresa si presenta come impresa individuale di uno dei soci o di un terzo, che operano
spendendo il proprio nome.

Lo scopo per cui non viene esteriorizzata la società è quello di limitare la responsabilità nei
confronti dei terzi al patrimonio del solo gestore, evitando che ne rispondano anche la società
e gli altri soci.
Tramite la società occulta i soci mirano a conseguire tali benefici segretamente e pertanto al di
fuori di ogni regola e controllo.

La giurisprudenza prima e la riforma del diritto fallimentare (d.lgs 5/2006), ha disposto che
qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l'impresa
è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, si applica agli altri
soci illimitatamente responsabili la regola del fallimento del socio occulto.

In breve, la legge tratta allo stesso modo il socio occulto di società palese e la società occulta.
In entrambi i casi ritiene non necessaria l’esteriorizzazione e sufficiente la prova dell’esistenza

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del contratto di società nei rapporti interni. Socio occulto di società palese e società occulta
sono fenomeni molti diversi sotto il profilo giuridico:
Nel caso di socio occulto di società palese l’attività di impresa è svolta in nome della società e
ad essa è imputabile in tutti i suoi effetti. La responsabilità di impresa della società è fuori
contestazione e la partecipazione alla società è titolo sufficiente a fondare la responsabilità ed
il fallimento sia dei soci palesi sia di quelli occulti.
Nel caso di società occulta, invece, l’attività di impresa non è svolta in nome della società, e
quindi gli atti di impresa non sono ad essa formalmente imputabili. Chi opera con i terzi agisce
in nome proprio, sia pur negli interessi e per conto di una società di cui è socio, quindi agisce
come mandatario senza rappresentanza della società occulta. Quindi gli atti sono a lui
imputabili, art. 1705.

4. LA SOCIETA’ APPARENTE
L’atteggiamento di favore della giurisprudenza per il coinvolgimento del maggior numero
possibile di persone nel fallimento di un imprenditore individuale ha portato alla creazione
della società apparente.
La giurisprudenza afferma che una società, ancorché non esistente nei rapporti tra i presunti
soci, debba considerarsi esistente all’esterno quando due o più persone operino in modo da
ingenerare nei terzi l’opinione che essi agiscono come soci e quindi da determinare in essi
l’incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva della società.
E’ così preclusa la possibilità dei soci apparenti di eccepire l’inesistenza della società e la
società apparente è assoggettata a fallimento come una società di fatto realmente esistente.

5. LA PARTECIPAZIONE DEGLI INCAPACI


La partecipazione ad una società di persone richiede la capacità di agire ed è atto eccedente
l’ordinaria amministrazione. La partecipazione degli incapaci ad una snc è equiparata
all’esercizio individuale di un’impresa commerciale. Infatti, in base all’art. 2294, la
partecipazione di un incapace alla società in nome collettivo è subordinata in ogni caso
all'osservanza delle disposizioni degli artt. 320, 371, 397, 424 e 425. Perciò:

- il minore, l’interdetto e l’inabilitato non possono partecipare ex novo ad una snc.


Con l’autorizzazione del tribunale possono solo conservare la partecipazione che ad essi
provenga per donazione o successione.
In caso di interdizione o di inabilitazione sopravvenuta, il tribunale può solo autorizzare la
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continuazione della partecipazione, sempreché gli altri soci non deliberi l’esclusione del
socio interdetto o inabilitato, art. 2286;
- il minore emancipato può anche partecipare alla costituzione di una snc o aderirvi
successivamente, con l’autorizzazione del tribunale;
- il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può partecipare alla costituzione di una snc
o aderirvi successivamente senza autorizzazione, salvo che sia disposto diversamente nel
decreto di nomina dell’amministratore di sostegno o con successivo decreto del giudice
tutelare.

6. PARTECIPAZIONE DI SOCIETA’ IN SOCIETA’ DI PERSONE


Una società di capitali può partecipare alla costituzione di una società di persone o diventarne
socio, ma con alcune cautele, stabilite dall’art. 2361:

a) l’assunzione di partecipazioni comportanti responsabilità illimitata deve essere


deliberata dall’assemblea;
b) gli amministratori devono dare specifiche informazioni nella nota integrativa del bilancio
su tali partecipazioni;
c) se tutti i soci illimitatamente responsabili di una snc oppure di una sas sono società di
capitali, il bilancio della società di persone deve essere redatto secondo le norme della
società per azioni e, secondo tali presupposti deve redigersi anche il bilancio
consolidato.
Inoltre, la nuova disciplina ammette anche che una società di capitali sia amministratore di una
società di persone. Una società di persone può partecipare alla costituzione di una società di
persone o diventarne socio sia a responsabilità illimitata, sia come socio a responsabilità
limitata (nella sas).

7. L’INVALIDITA’ DELLA SOCIETA’


Il codice non detta alcuna disposizione specifica per quanto riguarda l’invalidità del contratto
costitutivo di una società di persone. Perciò, valgono le cause di nullità, e le cause di
annullabilità, previste dalla disciplina generale dei contratti. Quindi, si avrà nullità, art. 1418 ,
quando il contratto è:

- contrario a norme imperative,


- quando l’oggetto è impossibile o illecito,
- quando è illecito il motivo comune determinante.
Si avrà annullabilità, art. 1425, in caso di incapacità delle parti o di consenso viziato per errore,
violenza o dolo.
Bisogna distinguere fra:

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- cause di invalidità che colpiscono direttamente solo la singola partecipazione. L’invalidità


della singola partecipazione determinerà invalidità dell’intero contratto di società solo
quando la partecipazione viziata è essenziale per il conseguimento dell’oggetto sociale.
In caso contrario, il contratto resta valido e produttivo di effetti per gli altri soci;
- cause di invalidità che colpiscono originariamente ed immediatamente l’intero contratto di
società.
La dichiarazione di nullità o di annullamento dell’intero contratto di società non solleva
problemi particolari se l’attività della società non è ancora iniziata. Basterà solo definire i
rapporti fra le parti contraenti.
In particolare, la sentenza che accerta la nullità produrrà effetto ex tunc: le parti sono liberate
dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi ed hanno diritto alla restituzione di quelli
eventualmente eseguiti.
Invece più complessa è la situazione quando l’attività sociale è in fatto iniziata, dando luogo
all’acquisto di diritti ed all’assunzione di obbligazioni nei confronti dei terzi.
Per le società di capitali, art. 2332, la dichiarazione di nullità di una spa non pregiudica
l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese.
Inoltre, non libera i soci dall’obbligo di eseguire i conferimenti ancora dovuti. Ma, la nullità
non può essere più dichiarata se la causa di essa è stata eliminata per effetto di una
modificazione dell’atto costitutivo.
La retroattività della nullità del contratto cede il posto ad altro principio generale quando dal
contratto nasce una struttura organizzativa destinata ad operare con i terzi e che con i terzi ha
effettivamente operato. Quindi, l’art. 2332 è applicabile anche alle società di persone.
La sentenza di nullità intervenuta dopo l’inizio dell’attività opererà come semplice causa di
scioglimento della società. Perciò:

- restano in vita tutti gli atti precedentemente posti in essere in nome della società;
- i soci non sono liberati dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi;
- resta ferma l’autonomia patrimoniale della società e la responsabilità personale dei soci per
le obbligazioni sociali;
- con la sentenza di nullità si apre il procedimento di liquidazione della società, che porterà
all’estinzione della stessa dopo aver soddisfatto i creditori sociali e ripartito fra i soci
l’eventuale residuo attivo di liquidazione.
Infine, l’art. 2332, comma5 prevede la sanatoria della nullità, attraverso l’eliminazione della
causa di nullità con una modificazione dell’atto costitutivo. La relativa deliberazione dovrà
essere adottata col consenso di tutti i soci.

B. L’ORDINAMENTO PATRIMONIALE
8. I CONFERIMENTI
Con la costituzione della società, il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel
contratto sociale (art.2253, comma1).
La determinazione del conferimento dovuto da ciascun socio non è condizione essenziale per

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la valida costituzione delle società di persone.


Nel caso in cui l’atto costitutivo non prevede nulla, supplisce la legge. Infatti:

- nel silenzio del contratto si presume che tutti i conferimenti devono essere eseguiti in
danaro, art. 2342;
- se i conferimenti non sono determinati si presume che i soci siano obbligati a conferire,
in parti uguali tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale,
art. 2253, comma2.
Nelle società di persone può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di
valutazione economica ed utile per il conseguimento dell’oggetto sociale.

9. LA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI


Il codice detta una specifica disciplina per alcuni tipi di conferimenti diversi dal danaro:

- per il conferimento di beni in proprietà, l’art. 2254 prevede che la garanzia dovuta dal
socio e il passaggio dei rischi sono regolati dalle norme sulla vendita.
Il socio è tenuto alla garanzia per evizione e per vizi. Sul socio grava il rischio del
perimento per caso fortuito della cosa conferita fin quando la proprietà non sia passata
alla società. Ciò si verifica con la stipulazione del contratto di società se si tratta di cosa
determinata, in applicazione del principio consensualistico.
Se si tratta di cose individuate solo nel genere, il trasferimento della proprietà avverrà
invece solo in seguito alla loro specificazione.
- per le cose conferite in godimento, il rischio resta a carico del socio che le ha conferite.
La garanzia per il godimento è regolata con rinvio alle norme sulla locazione.
Il bene conferito in godimento resta di proprietà del socio e la società potrà goderne ma
non disporne. Il socio avrà diritto alla restituzione del bene al termine della società nello
stato in cui si trova. Tuttavia, se il bene è perito o è stato deteriorato per causa non
imputabile alla società, il socio ha diritto al risarcimento dei danni a carico del
patrimonio sociale, salva l’azione contro gli amministratori;

- per il conferimento di crediti, l’art. 2255 dispone che il socio che conferisce crediti
risponde nei confronti della società dell’insolvenza del debitore ceduto nei limiti del valore
assegnato al suo conferimento. Inoltre dovrà rimborsare le spese e gli interessi. Se non
versa tale valore potrà essere escluso dalla società.

10. IL SOCIO D’OPERA


Nelle società di persone il conferimento può essere costituito anche dall’obbligo del socio di
prestare la propria attività lavorativa a favore della società. Esso è chiamato socio d’opera o di
industria.
Il socio d’opera non è un lavoratore subordinato e non ha diritto al trattamento salariale e
previdenziale come i lavoratori subordinati.
Il compenso per il suo lavoro è rappresentato dalla partecipazione ai guadagni della società. Il
socio d’opera corre il rischio di lavorare invano se l’esercizio dell’attività si chiude senza utili,

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così come il socio che ha apportato capitale rischia di non ricevere utili per l’uso sociale del suo
denaro.
Inoltre sul socio d’opera grava il rischio dell’impossibilità di svolgimento della prestazione,
anche per causa a lui non imputabile. Infatti, gli altri soci possono escluderlo per la
sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita.
In sede di liquidazione il socio d’opera parteciperà solo alla ripartizione dell’eventuale attivo
che residua dopo il rimborso del valore nominale del conferimento ai soci che hanno
apportato capitali. Invece non ha diritto, salvo diversa pattuizione, al rimborso del valore del
suo apporto, cioè una somma di danaro pari al valore globale dei servizi prestati in società.
Nulla vieta che anche ai soci d’opera sia riconosciuto in modo pattizzio il diritto alla
restituzione del valore dell’apporto. In mancanza di pattuizioni, la parte spettante al socio che
ha conferito la propria opera, e fissata dal giudice secondo equità, art. 2263.

11. PATRIMONIO SOCIALE E CAPITALE SOCIALE


I conferimenti dei soci formano il patrimonio iniziale della società. Questa diventa proprietaria
dei beni conferiti a tal titolo dai soci.
Secondo l’art. 2256, i soci non possono servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale
per fini estranei a quello della società. La violazione del divieto espone al risarcimento dei
danni ed all’esclusione dalla società. Il divieto è però derogabile col consenso di tutti gli altri
soci.

La nozione di capitale sociale è del tutto assente nella disciplina della società semplice (ss). Ciò
si spiega col fatto che la ss, in quanto destinata a esercitare un’attività non commerciale, non è
obbligata alla tenuta delle scritture contabili ed alla redazione annuale del bilancio.
Mentre nella snc è prescritto che l’atto costitutivo indichi non solo i conferimenti dei soci, ma
anche il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione (art. 2295, n.6). Ciò consente di
determinare l’ammontare globale del capitale sociale nominale.
Però non è dettata alcuna disciplina per la valutazione dei conferimenti diversi dal danaro;
valutazione che perciò è rimessa alla libertà delle parti.

Tale lacuna si riflette sulla corretta applicazione delle due norme sole norme dettate a tutela
dell’integrità del K sociale. Al riguardo:

L’art. 2303 vieta la ripartizione fra i soci di utili non realmente conseguiti (utili fittizi); cioè di
somme che non corrispondono ad un’eccedenza del patrimonio netto (attività meno passività)
rispetto al K sociale nominale.
Inoltre, se si verifica una perdita del K sociale, non può farsi luogo alla ripartizione di utili fino a
che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.

L’art. 2306 vieta agli amministratori di rimborsare ai soci i conferimenti eseguiti o di liberarli
dall’obbligo di ulteriori versamenti in assenza di una specifica deliberazione di riduzione del
capitale sociale, adottata secondo quanto previsto nell’atto costitutivo e iscritto nel registro
delle imprese.
Ai creditori è riconosciuto il diritto di opporsi alla riduzione del capitale entro 3 mesi.
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Nonostante l’opposizione, il tribunale può disporre che la riduzione abbia ugualmente luogo,
previa prestazione da parte della società di un’idonea garanzia a favore dei creditori
opponenti.

12. LA PARTECIPAZIONE DEI SOCI AGLI UTILI E ALLE PERDITE


Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della gestione
sociale. Al riguardo i soci godono della più ampia autonomia fermo restando il limite del
divieto del patto leonino, secondo cui “è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi
da ogni partecipazione agli utili o alle perdite” (art. 2265).
In merito alla ripartizione degli utili l’art. 2263 stabilisce che:

1. se il contratto nulla dispone, le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si
presumono proporzionali ai conferimenti;
2. se il valore dei conferimenti non è stato determinato, le parti si presumono uguali;
3. se è determinata soltanto la parte di ciascuno nei guadagni, si presume che nella stessa
misura debba determinarsi la partecipazione alle perdite. Ed è da ritenersi che valga
anche la regola inversa;
4. se la parte spettante al socio d’opera non è determinata dal contratto, è fissata dal
giudice secondo equità, art. 2263.
La determinazione della parte di ciascun socio negli utili e nelle perdite può essere anche
demandata ad un terzo, che opererà come arbitratore, art. 2264.

Nella ss il diritto del socio di percepire la sua parte di utili nasce con l’approvazione del
rendiconto (art. 2262), che se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno, deve essere
predisposto dai soci amministratori al termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un
termine diverso.
Nella snc il documento destinato all’accertamento degli utili e delle perdite è il bilancio
d’esercizio redatto con l’osservanza dei criteri stabiliti per la spa.

Il bilancio deve essere predisposto dai soci amministratori e deve essere approvato da tutti i
soci, compresi i soci amministratori che l’hanno predisposto, e debba avvenire a maggioranza
o all’unanimità. L’approvazione del bilancio o del rendiconto è condizione sufficiente perché
ciascun socio possa pretendere l’assegnazione della sua parte di utili.
Nella società di persone, in mancanza di specifica clausola abilitante dell’atto costitutivo, la
maggioranza dei soci non può legittimamente deliberare la non distribuzione degli utili
accertati ed il conseguente reinvestimento nella società. A tal fine sarà necessario il consenso
di tutti i soci.
Le perdite incidono direttamente sul valore della singola partecipazione sociale riducendolo
proporzionalmente, con la conseguenza che, in sede di liquidazione della società, il socio si
vedrà rimborsare una somma inferiore al valore originario del capitale conferito.
Solo all’atto di scioglimento della società i liquidatori possono richiedere ai soci illimitatamente
responsabili le somme necessarie per il pagamento dei debiti sociali, in proporzione della
parte di ciascuno nelle perdite (art. 2280, comma2). Prima dello

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scioglimento della società, le perdite accertate hanno un rilevo solo indiretto. Cioè,
impediscono la distribuzione degli utili successivamente conseguiti, fin quando il capitale non
sia stato reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
Inoltre, possono condurre allo scioglimento della società per sopravvenuta impossibilità di
conseguimento dell’oggetto sociale (art. 2272, n.2).

13. LA RESPONSABILITA’ DEI SOCI PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI.


Nella ss e nella snc, delle obbligazioni sociali risponde, innanzitutto, la società col suo
patrimonio, che costituisce garanzia primaria di quanti concedono credito alla società.
Tale garanzia primaria ma non esclusiva, dato che per le obbligazioni sociali rispondono
personalmente ed illimitatamente anche i singoli soci.

Nella società semplice, la responsabilità personale di tutti i soci npon è principio inderogabile.
L’art. 2267 dispone infatti che in tale società, per le obbligazioni sociali rispondono inoltre
personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo
patto contrario, gli altri soci. Quindi, per i soci senza rappresentanza, la responsabilità
personale può essere limitata o esclusa da un apposito patto sociale.
Patto che è opponibile ai terzi solo se portato a loro conoscenza con mezzi idonei.
In mancanza, la limitazione della responsabilità o l’esclusione della solidarietà sono opponibili
solo a coloro che ne hanno avuto effettiva conoscenza.

Nella società in nome collettivo, la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è


inderogabile. L’eventuale patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi (art. 2291,
comma2).

In entrambe le società la responsabilità per le obbligazioni sociali precedentemente contratte è


estesa anche ai nuovi soci.

Nel caso di scioglimento del rapporto sociale per morte, recesso o esclusione (ex socio), si
distingue tra società semplici (irregolari, non iscritto nel registro delle imprese) e società in
nome collettivo regolari.
Nelle società semplici e collettivo irregolari, lo scioglimento del rapporto sociale per morte,
recesso o esclusione, non fa venir meno la responsabilità personale per le obbligazioni sociali
anteriori al verificarsi di tali eventi, che devono essere portati a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei. Altrimenti lo scioglimento del rapporto non è opponibile ai terzi che lo hanno senza
colpa ignorato.

Nella collettiva regolare, l’opponibilità ai terzi delle cause di scioglimento del rapporto sociale
resta soggetta al regime di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto costitutivo (art.2300).
Perciò, intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese dello scioglimento del rapporto, la
cessazione della responsabilità personale per le obbligazioni successive sarà opponibile anche
ai terzi che l’abbiano in fatto ignorato.

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14. RESPONSABILITA’ DELLA SOCIETA’ E RESPONSABILITA’ DEI SOCI


Nella ss e nella snc, i creditori sociali possono soddisfarsi su più patrimoni: il patrimonio sociale
ed il patrimonio dei singoli soci illimitatamente responsabili.
I soci sono responsabili in via sussidiaria rispetto alla società in quanto godono del beneficio di
preventiva escussione del patrimonio sociale, art. 2268 e art. 2304.
I creditori sociali sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter
aggredire il patrimonio personale dei soci.
Il beneficio di preventiva escussione opera diversamente nella società semplice e nella
collettiva irregolare, rispetto alla società in nome collettivo regolare.

Nella ss, il creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente
responsabile e sarà questi a dover invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale
indicando, i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi, art. 2268.
Questa disciplina si applica anche alla società in nome collettivo irregolare, ferma restando
però la responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci.

Nella snc regolare, il beneficio di escussione opera automaticamente. I creditori sociali non
possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio
sociale (art.2304). cioè, è necessario che abbiano esperito l’azione esecutiva sul patrimonio
sociale.

Il creditore sociale potrà chiedere a ciascuno di essi il pagamento integrale del proprio credito,
dato che i soci sono obbligati in solido fra loro. Il socio che ha pagato, potrà a sua volta
esercitare azione di regresso verso gli altri soci, secondo la misura di partecipazione di
ciascuno nelle perdite.
Ma, prima dovrà agire nei confronti della società stessa per l’intero debito. Quindi sul piano
formale debitore principale è la società, mentre i soci sono giuridicamente trattati come
garanti delle obbligazioni sociali.

Nella pratica, i creditori sociali più forti si fanno rilasciare dai soci specifiche garanzie personali,
per sottrarsi alle lungaggini della preventiva escussione del patrimonio sociale in caso di
inadempimento.

15. I CREDITORI PERSONALI DEL SOCIO


Il creditore personale del socio non può aggredire direttamente il patrimonio sociale per
soddisfarsi. Inoltre non può compensare il suo credito verso il socio con il debito che
eventualmente abbia verso la società. Se la compensazione fosse possibile, il creditore del
socio-debitore della società finirebbe col soddisfarsi sul patrimonio di quest’ultima.
Il creditore personale del socio non è però del tutto sprovvisto di tutela. Sia nella società
semplice sia nella collettiva egli può:

- far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;

- compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella liquidazione della
società, (art. 2270).
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Nella ss e nella snc irregolare, il creditore particolare del socio può chiedere anche la
liquidazione della quota del suo debitore. Deve però provare che gli altri beni del debitore
sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti. La richiesta opera come causa di esclusione di
diritto del socio. La società sarà tenuta a versagli una somma di danaro corrispondente al
valore della quota al momento della domanda.

Nella snc regolare, secondo l’art. 2305, il creditore particolare del socio, finché dura la società,
non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore, neppure se prova che gli altri
beni dello stesso siano insufficienti a soddisfarlo.
Tale regola vale fino alla scadenza della società fissata nell’atto costitutivo.
I soci possono prorogare la durata della società con una specifica decisione o continuando di
fatto l’attività sociale, ma tale decisione non può pregiudicare i creditori particolari dei soci.
L’art. 2307 distingue due ipotesi:

1. se la proroga è espressa ed è iscritta nel registro delle imprese, il creditore particolare può
opporsi giudizialmente alla proroga entro 3 mesi dall’iscrizione della delibera.
Se l’opposizione è accolta, la società deve liquidare a suo favore la quota del socio debitore,
entro 3 mesi dalla notifica della sentenza di accoglimento dell’opposizione;
2. se la proroga è tacita, il creditore personale potrà chiedere in ogni tempo la liquidazione
della quota dimostrando l’insufficienza degli altri beni del socio suo debitore.

C. L’ATTIVITA’ SOCIALE
16. MODELLO LEGALE E MODELLI STATUTARI
La disciplina dell’attività sociale nella ss e nella snc si caratterizza per l’ampio spazio lasciato
all’autonomia negoziale. Il legislatore prevede un modello di organizzazione, modello legale,
fondato sulla distinzione amministrazione-modificazioni dell’atto costitutivo e basato su dei
principi:

- ogni socio illimitatamente responsabile è investito del potere di amministrazione


(art.2257), e di rappresentanza (art.2266), della società;
- per contro, è necessario il consenso di tutti i soci per le modificazioni del contratto
sociale (art.2252).
Tali principi hanno carattere dispositivo e trovano applicazione solo se i soci non hanno
pattuito diversamente nell’atto costitutivo. Infatti, i soci sono liberi di modellare il
funzionamento della società nel modo che ritengono più opportuno, modelli statutari.

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17. L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA’


L’amministrazione della società è l’attività di gestione dell’impresa sociale.
Il potere di amministrare è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.
Secondo il modello legale ogni socio illimitatamente responsabile (quindi, nella snc ogni socio)
è amministratore della società (art.2257). L’atto costitutivo può prevedere che
l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci, distinguendo fra soci amministratori e soci
non amministratori.
Quando l’amministrazione della società spetta a più soci ed il contratto sociale nulla dispone in
merito, alle modalità di esercizio del potere di amministrazione, trova applicazione il modello
legale dell’amministrazione disgiuntiva (art.2257). Ciascun
socio amministratore è investito del potere di intraprendere da solo tutte le operazioni che
rientrano nell’oggetto sociale, senza essere tenuto a richiedere il consenso o il parere degli altri
soci amministratori, né ad informarli preventivamente delle operazioni progettate.
Tuttavia, il potere di iniziativa individuale è temperato dal diritto di opposizione riconosciuto a
ciascuno degli altri soci amministratori. L’opposizione deve essere esercitata prima che
l’operazione sia stata compiuta.
Sulla fondatezza dell’opposizione decide la maggioranza dei soci, determinata secondo la parte
attribuita a ciascun socio negli utili (art.2257, comma3).
In alternativa, l’atto costitutivo può stabilire che la decisione sul contrasto tra gli
amministratori venga deferita ad uno o più terzi, in qualità di arbitratori. In tal caso, l’atto
costitutivo può prevedere che l’arbitratore possa dare indicazioni vincolanti e che le decisioni
rese siano reclamabili davanti ad un collegio, determinandone termini e modalità.
Il legislatore prevede un modello alternativo di amministrazione che privilegia l’esigenza di
maggiore ponderazione nelle decisioni, l’amministrazione congiuntiva (art. 2258).

L’amministrazione congiuntiva, deve essere espressamente convenuta dai soci nell’atto


costitutivo. Con l’amministrazione congiuntiva è necessario il consenso di tutti i soci
amministratori per il compimento delle operazioni sociali.
L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che per l’amministrazione o per determinati atti sia
necessario il consenso della maggioranza dei soci amministratori.
La maggior rigidità dell’amministrazione congiuntiva è temperata dal riconoscimento ai singoli
amministratori del potere di agire individualmente quando vi sia urgenza di evitare un danno
alla società (art.2258 comma3). L’amministrazione disgiuntiva e amministrazione congiuntiva
possono essere fra loro combinate.

18. AMMINISTRAZIONE E RAPPRESENTANZA


Fra le funzioni degli amministratori vi è anche quella di rappresentanza della società, detta
potere di firma.
Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società,
dando luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa
(art.2266). Il potere di rappresentanza riguarda l’attività amministrativa esterna, la fase di
attuazione con i terzi delle operazioni sociali.

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Dal potere di rappresentanza, si distingue il potere di gestione, che è il potere di decidere il


compimento degli atti sociali. Esso riguarda l’attività amministrativa interna, la fase decisoria
delle operazioni sociali.
Secondo il modello legale, vi è coincidenza fra potere gestorio e potere di rappresentanza.
In mancanza di diversa disposizione dell’atto costitutivo, la rappresentanza della società spetta
a ciascun socio amministratore, disgiuntamente o congiuntivamente a seconda che in un modo
o nell’altro sia stata conformata l’amministrazione. Nel
caso di amministrazione disgiunta, ogni amministratore può decidere da solo e può stipulare
da solo atti in nome della società, firma disgiunta.
Nel caso di amministrazione congiuntiva, invece, fermo restando che le decisioni possono
essere adottate all’unanimità o a maggioranza, tutti i soci amministratori devono partecipare
alla stipulazione dell’atto, firma congiunta.
Sia il potere di gestione che il potere di rappresentanza si estendono a tutti gli atti che
rientrano nell’oggetto sociale, senza distinzione alcuna fra atti di ordinaria e atti di
straordinaria amministrazione.
La rappresentanza inoltre non è solo sostanziale, ma anche processuale (art.2266): la società
può agire (rappresentanza processuale attiva) e può essere convenuta in giudizio
(rappresentanza processuale passiva) in persona dei soci amministratori che ne hanno la
rappresentanza.
L’atto costitutivo può prevedere una diversa regolamentazione del potere di gestione e del
potere di rappresentanza, modello statutario.

La previsione di limitazioni convenzionali al potere di rappresentanza degli amministratori


solleva il problema della loro opponibilità ai terzi che entrano in contatto con gli stessi.
Il problema è risolto nella snc regolare, attraverso lo strumento della pubblicità legale.
Le limitazioni del potere di rappresentanza degli amministratori non sono opponibili ai terzi se
non sono iscritte nel registro delle imprese o se non si provi che i terzi ne hanno avuto effettiva
conoscenza (art.2298, comma1).
Nella snc irregolare l’omessa registrazione si ritorce contro i soci essendo tutelato
l’affidamento dei terzi sulla corrispondenza della situazione di fatto al modello legale di
rappresentanza.
I patti modificativi del potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi, a meno che non si
provi che questi ne erano a conoscenza (art.2297, comma2).
Per le ss, le limitazioni originarie, sono sempre opponibili ai terzi, sicché sono i terzi che
devono accertare se il socio che agisce in nome della società ha effettivamente il potere di
rappresentanza. Le limitazioni successive, o l’estinzione del potere di rappresentanza, devono
invece essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei ed in mancanza sono loro
opponibili solo se la società prova che le conoscevano.

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19. I SOCI AMMINISTRATORI


L’atto costitutivo può riservare l’amministrazione solo ad alcuni soci, dando luogo alla
distinzione fra soci amministratori e soci non amministratori.
I soci investiti dell’amministrazione possono essere nominati direttamente nell’atto costitutivo
o con atto separato. La
distinzione fra amministratori nominati nell’atto costitutivo e amministratori nominati con atto
separato acquista rilievo ai fini della revoca della facoltà di amministrare (art.2259).
La revoca dell’amministratore nominato nel contratto sociale comporta una modifica di
quest’ultimo. Perciò, deve essere decisa dagli altri soci all’unanimità, se non convenuto
diversamente (art.2252).
Inoltre la revoca non ha effetto se non ricorre una giusta causa. Invece, se è nominato con atto
separato, l’amministratore è revocabile secondo le norme del mandato. Quindi, è revocabile
anche senza giusta causa, salvo il diritto al risarcimento dei danni (art. 1725). La
revoca potrà essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.

Il rapporto di amministrazione costituisce rapporto autonomo e distinto dal rapporto sociale,


come emerge dal fatto che si può essere soci senza essere amministratori e si può cessare di
essere amministratori pur conservando la qualità di socio.
Per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli amministratori, l’art. 2260 stabilisce che essi
sono regolati dalle norme sul mandato.
Così, l’amministratore è investito per legge del potere di compiere gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale. Per esso non opera il limite degli atti di ordinaria amministrazione posto
per il mandatario generale.

Numerosi ed articolati sono poi i doveri specifici che incombono sugli amministratori.
Nella snc, essi devono:

- tenere le scritture contabili e redigere il bilancio di esercizio (art. 2302);


- provvedere agli adempimenti pubblicitari connessi all’iscrizione nel registro delle
imprese.
Infine, sono previste delle sanzioni penali, anche in caso di fallimento della società.
I numerosi obblighi sono sintetizzabili nel dovere generale di amministrare la società con la
diligenza del mandatario. Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società,
con l’obbligo di risarcire i danni arrecati alla stessa.
Tuttavia, la responsabilità non si estende a quegli amministratori che dimostrino di essere
esenti da colpa (art.2260).
Nel contempo, l’amministratore incorre in responsabilità anche nei confronti dei singoli soci,
per i danni arrecati agli stessi in via diretta ed immediata. Quindi, il rapporto di
amministrazione non è risolvibile nel rapporto di mandato.
I soci amministratori avranno diritto ad un compenso per il loro ufficio, sia se nominati nell’atto
costitutivo, sia se nominati con atto separato.

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20. I SOCI NON AMMINISTRATORI


Quando l’amministrazione della società è riservata soltanto ad alcuni soci, il legislatore
riconosce ai soci esclusi dall’amministrazione ampi poteri di informazione e di controllo
(art.2261). Ogni socio non amministratore ha:

1. il diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari sociali;
2. il diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione;
3. il diritto di ottenere il rendiconto degli affari sociali quando gli affari per cui fu costituita
la società sono stati compiuti, ovvero, se la società dura più di un anno, al termine di
ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso.
È questione controversa se i soci non amministratori possono impartire direttive vincolanti ai
soci amministratori in merito alla condotta degli affari sociali.
Secondo l’art. 2257 comma2, i soci non amministratori non possono opporsi alle iniziative dei
soci amministratori, quindi essi non potranno nemmeno impartire direttive vincolanti, tranne
nel caso vi sia un unico socio amministratore nominato con atto separato (e quindi revocabile
senza giusta causa).

21. IL PROBLEMA DELL’AMMINISTRATORE ESTRANEO


Per la sas non è possibile che amministratore della società sia un terzo non socio (art. 2318
comma2). La figura dell’amministratore estraneo si ammette per la snc. Infatti, nella snc tutti i
soci (amministratori e non) sono sempre e comunque illimitatamente e personalmente
responsabili nei confronti dei creditori sociali.
Il terzo amministratore gestisce pur sempre l’impresa sociale nell’interesse esclusivo dei soci,
quindi è revocabile ad nutum anche se designato nell’atto costitutivo ed è tenuto a rispettare
le direttive che provengono dai soci.

La nomina di un amministratore terzo non priva i soci del potere di direzione dell’impresa
comune. E’ solo un modo di esercitare tale potere di direzione, che deve ritenersi legittimo in
quanto non altera il principio della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.

22. IL DIVIETO DI CONCORRENZA


Nella società in nome collettivo incombe su tutti i soci (amministratori e non) un specifico
obbligo, cioè quello di non esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente con
quella della società, ed inoltre di non partecipare come socio illimitatamente responsabile ad
altra società concorrente (art. 2301).
Il divieto non impedisce però al socio di partecipare come socio limitatamente responsabile in
altra società concorrente. Né gli impedisce lo svolgimento di altra attività di impresa, o della
stessa attività della società, quando debba escludersi l’esistenza di un rapporto concorrenziale.
La violazione del divieto espone il socio al risarcimento del danno nei confronti della società e
legittima gli altri soci a deciderne l’esclusione.
Il divieto può essere rimosso dagli altri soci ed il consenso si presume se la situazione
concorrenziale preesisteva al contratto sociale e gli altri soci ne erano a conoscenza.

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23. LE MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO


Nella ss e nella snc il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i
soci, se non convenuto diversamente (art.2252).
Fra le modificazioni del contratto sociale rientrano anche i mutamenti nella composizione dei
soci. Per il rapporto fiduciario, intuitu personae, che intercorre fra i soci, il consenso di tutti gli
altri soci è necessario per il trasferimento della quota sociale sia fra vivi che a causa di morte.
In mancanza, il trasferimento per atto fra vivi ed la costituzione di diritti reali sulla quota sono
improduttivi di effetti per la società e gli altri soci.
Il consenso al trasferimento della quota può essere dato anche in via preventiva, attraverso
una clausola nell’atto costitutivo che stabilisce la libera trasferibilità fra vivi della quota e/o la
continuazione della società con gli eredi del socio defunto. Inoltre, può risultare anche da
comportamenti concludenti.

Nella snc le modificazioni dell’atto costitutivo sono soggette a pubblicità legale e finché non
sono state iscritte nel registro delle imprese non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi
che questi ne erano a conoscenza. Ma, la modificazione è perfetta e produttiva di effetti
indipendentemente dall’iscrizione.

Nella snc irregolare, le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere invece portate a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei e non sono opponibili a coloro che le abbiano senza
colpa ignorate.
E quest’ultimo era anche il regime delle società semplici.

Se la regola per le modifiche dell’atto costitutivo è l’unanimità, l’art. 2252 consente che possa
essere convenuto diversamente. Infatti, è frequente la modificabilità a maggioranza dell’atto
costitutivo.

Si esclude però che la maggioranza possa modificare le basi essenziali della società.
Il fine di tale previsione è quello di impedire possibili abusi della maggioranza, anche se non
sono condivisibili, visto che è pur sempre la volontà di tutti i soci che determina
l’assoggettamento del singolo alle decisioni della maggioranza. Tale rilievo è rafforzato dalla
riforma delle società del 2003, con la quale è disposto che, salvo diversa disposizione dell’atto
costitutivo, le decisioni riguardanti la trasformazione, la fusione e la scissione sono approvate
nelle società di persone a maggioranza, calcolata secondo le quote di partecipazione degli utili,
salvo il diritto di recesso del socio dissenziente.
I poteri modificativi della maggioranza trovano però dei limiti nell’obbligo di esecuzione del
contratto secondo buona fede ed il rispetto della parità di trattamento fra i soci.

24. METODO COLLEGIALE E PRINCIPIO MAGGIORITARIO


Il consenso di tutti i soci è espressamente richiesto dal legislatore per le modifiche dell’atto
costitutivo (art. 2252).
Il principio maggioritario è invece enunciato per la soluzione dei conflitti fra soci
amministratori in regime di amministrazione disgiunta: sull’opposizione decide la maggioranza
dei soci calcolata per quote di interesse (art.2257comma2). A maggioranza, calcolata per
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teste, va decisa l’esclusione di un socio (art.2287).


Ma vi sono molte norme che prevedono una decisone dei soci, ma non specificano se la stessa
debba essere adottata a maggioranza o all’unanimità.
L’art. 2252 esprime il principio che il consenso di tutti i soci è necessario quando la decisione
tocca le basi organizzative della società. Perciò l’unanimità sarà necessaria:

- per la revoca del socio amministratore nominato nell’atto costitutivo (art. 2259),
- per il consenso al singolo socio di usare i beni sociali per fini extrasociali (art. 2256),
- per l’esonero dall’obbligo di non concorrenza (art. 2301),
- per il cambio del metodo di amministrazione,
- per la trasformazione, tranne il caso previsto dall’art. 2500-ter.
Mentre, la maggioranza troverà applicazione quando si tratta di decisioni che attengono alla
gestione dell’impresa comune: nomina e revoca degli amministratori per atto separato,
approvazione del bilancio, ecc.
La disciplina della società di persone pone un altro problema: se le deliberazioni sociali
debbano essere adottate osservando il metodo collegiale o assembleare, ovvero possano
essere adottate nella più assoluta libertà di forme ove l’atto nulla preveda al riguardo.
Il legislatore non dispone nulla in merito. La dottrina e la giurisprudenza sono dell’ opinione
che il metodo assembleare sia superfluo nelle società di persone.
Per le decisioni all’unanimità basterebbe l’accordo di tutti i soci comunque raggiunto.
Per quelle a maggioranza non sarebbe necessario neppure consultare tutti i soci, sicché le
decisioni potrebbero essere prese dalla maggioranza anche all’insaputa dei soci di minoranza,
visto che le società di persone non hanno personalità giuridica e al fine di agevolare la rapidità
delle decisioni.

Ma vi è una parte della dottrina che è contraria a tale opinione, contestando che nel nostro
ordinamento il metodo collegiale è presente in tutti i gruppi associativi di diritto privato, con o
senza personalità giuridica.
Inoltre è un metodo che consente decisioni più ponderate attraverso il confronto delle diverse
opinioni.
In base all’attuale disciplina del 2003 (art.2479, comma3), l’atto costitutivo può escludere
l’impiego del metodo collegiale, tranne che per alcune decisioni di particolare rilievo.
Infatti, la disciplina della srl ribadisce che:

- in mancanza di diversa disposizione dell’atto costitutivo le deliberazioni dei soci vanno


adottate con metodo collegiale;
- ciascun socio ha diritto di partecipare anche alle decisioni assunte con metodo
collegiale, sicché non è consentito alla maggioranza prendere decisioni all’insaputa della
minoranza.
Perciò, tutti i soci hanno diritto di essere preventivamente informati delle decisioni da
adottare.
Anche nelle società di persone i soci sono tenuti a rispettare un metodo assembleare, almeno

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per le decisioni di maggior rilievo, ovvero per le modificazioni dell’atto costitutivo o con il
compimento di operazioni che modificano l’oggetto sociale.

D. SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO SOCIALLE

25. SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO E SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’


Il singolo socio può cessare di far parte della società per morte, recesso o esclusione.
Il venir meno di uno o più soci non determina in alcun caso lo scioglimento della società, ma
solo la necessità di definire i rapporti patrimoniali fra i soci rimasti ed il socio uscente o i suoi
eredi, attraverso la liquidazione della quota sociale.
Poi, sta ai soci superstiti decidere se porre fine alla società o continuarla.
Questa disciplina si ispira al principio di conservazione della società. Tale principio opera
anche quando rimane un solo socio. Infatti, la società si scioglie solo se la pluralità dei soci non
si ricostituisce entro 6 mesi (art.2272 n.4).

26. LA MORTE DEL SOCIO


La morte del socio produce come effetto ex lege lo scioglimento del rapporto fra tale socio e la
società, con il conseguente obbligo per i soci superstiti di liquidare la quota del socio defunto
ai suoi eredi entro 6 mesi (artt. 2284 e 2289). L’art. 2284 concede ai soci superstiti altre due
possibilità:

- essi possono decidere lo scioglimento anticipato della società. In tal caso gli eredi del
socio defunto non hanno più diritto alla liquidazione della quota entro i 6 mesi, ma
devono attendere la liquidazione della società per partecipare alla divisione dell’attivo
che residua dopo l’estinzione dei debiti sociali;
- essi possono decidere di continuare la società con gli eredi del defunto, ma in tal caso è
necessario il consenso unanime di tutti i soci superstiti e degli eredi.
Tali decisioni devono essere prese entro 6 mesi dai soci superstiti. Inoltre gli eredi non hanno
alcuno strumento giuridico per rimuovere lo stato di incertezza e costringere i soci ad una
decisione anticipata.
L’art. 2284 fa salve le diverse disposizioni del contratto sociale, lasciando ai soci ampia libertà
di predeterminare le conseguenze della morte di uno di essi.
Le clausole più diffuse nella pratica sono:

- la clausola si consolidazione, con la quale si stabilisce che la quota del socio defunto
resterà acquisita agli altri soci, mentre agli eredi sarà liquidato solo il suo valore;
- la clausola di continuazione con gli eredi, con la quale i soci manifestano in via
preventiva il consenso al trasferimento della quota mortis causa; tale clausola si
distingue in tre gruppi:
o la clausola vincola solo i soci superstiti, mentre gli eredi sono liberi di scegliere se
aderire alla società o richiedere la liquidazione della quota, detta clausola di
continuazione facoltativa;

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o la clausola prevede anche l’obbligo degli eredi di entrare in società, con la


conseguenza che essi saranno tenuti a risarcire i danni ai soci superstiti ove non
prestino il loro consenso; è detta clausola di continuazione obbligatoria;
o la clausola prevede l’automatico subingresso degli eredi in società; è detta
clausola di successione.
Queste due ultime clausole limitano la libertà di decisione degli eredi.

27. IL RECESSO
Il recesso è lo scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio (art.2285).
Se la società è a tempo indeterminato o è contratta per tutta la vita di uno dei soci, ogni socio
può recedere liberamente. Il recesso dovrà essere comunicato a tutti gli altri soci con un
preavviso di almeno tre mesi (art.2285 comma3) e diventa produttivo di effetti solo dopo che
sia decorso tale termine.
Se la società è a tempo determinato, il recesso è ammesso per legge solo se sussiste giusta
causa (art. 2285,comma2).
Anche la volontà di recedere per giusta causa deve essere portata a conoscenza degli altri soci,
ma in tal caso il recesso ha effetto immediato.
Il contratto sociale può prevedere altre ipotesi di recesso oltre quelle stabilite per legge,
specificandone le modalità di esercizio, detto recesso convenzionale.

28. L’ESCLUSIONE
L’ esclusione del socio dalla società può aver luogo di diritto oppure è facoltativa, cioè è
rimessa alla decisione degli altri soci. È escluso di diritto, art. 2288:

- nel caso del fallimento del socio o del socio il cui creditore particolare abbia ottenuto la
liquidazione della quota.

L’esclusione facoltativa, art. 2286, può avvenire per:

a) gravi inadempienze degli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale;
b) interdizione, inabilitazione del socio o la sua condanna ad una pena che comporti
l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici;
c) sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile al
socio.
L’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci calcolata per teste, art. 2287.
La deliberazione, motivata, deve essere comunicata al socio escluso ed ha effetto decorsi 30
giorni dalla data di comunicazione. Entro tale termine il socio può fare opposizione davanti al
tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione della delibera.

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Se la società è formata da soli due soci, l’esclusione di uno di essi è pronunciata direttamente
dal tribunale su domanda dell’altro, art. 2287, 3° comma, e diventa operante quando la
sentenza sia passata in giudicato.

29. LA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA


In tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi
hanno diritto alla liquidazione della quota sociale. Quindi hanno diritto soltanto ad una
somma di danaro che rappresenti il valore della quota (art.2289, comma1).
Il valore della quota è determinato in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno
in cui si verifica lo scioglimento del rapporto, tenendo conto anche sell’esito delle operazioni in
corso. La situazione patrimoniale della società va determinata attribuendo ai beni il loro valore
effettivo, nonché tenendo conto del valore di avviamento dell’azienda sociale, degli utili e delle
perdite delle operazioni in corso.
Il pagamento della quota spettante al socio deve essere effettuato entro 6 mesi dal giorno in
cui si è verificato lo scioglimento del rapporto (art.2289, comma 4) e se richiesto dal creditore
particolare deve essere fatto entro tre mesi dalla richiesta (art.2270).
Il socio uscente o gli eredi del socio defunto sono responsabili delle obbligazioni sociali sorte
fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.

D. SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’

30. LE CAUSE DI SCIOGLIMENTO

Le cause di scioglimento della ss, valide anche per la snc, sono fissate dall’art. 2272 e sono:

a) il decorso del termine fissato nell’atto costitutivo. E’ tuttavia prevista una proroga della
durata della società, sia espressa, sia tacita. Secondo l’art. 2273, la società è tacitamente
prorogata a tempo indeterminato quando, decorso il tempo per cui fu contratta, i soci
continuano a compiere le operazioni sociali;
b) il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo.
Fra le cause, la giurisprudenza ricomprende anche gli ostacoli al funzionamento della
società determinati dall’insanabile discordia fra i soci;
c) la volontà di tutti i soci; salvo che l’atto preveda che lo scioglimento possa essere
deliberato a maggioranza;
d) quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è
ricostituita;

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e) le altre cause previste dal contratto sociale.


Tutte le cause di scioglimento operano automaticamente, di diritto, per il solo fatto che si sono
verificate. Ogni socio può agire giudizialmente per il loro accertamento e gli effetti dello
scioglimento decorrono in ogni caso da quando la causa si è verificata, non da quando è
accertata.

31. LA SOCIETA’ IN STATO DI LIQUIDAZIONE


Quando si verifica una causa di scioglimento, la società entra automaticamente in stato di
liquidazione e nella snc tale situazione deve essere espressamente indicata negli atti e nella
corrispondenza (art. 2250 comma3).
La società però non si estingue immediatamente. Infatti, prima si deve provvedere al
soddisfacimento dei creditori sociali ed alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo attivo.
Tuttavia, si producono alcuni effetti preliminari.
L’ulteriore attività della società deve tendere solo alla definizione dei rapporti in corso e perciò
i poteri degli amministratori sono limitati al compimento degli affari urgenti (art.2274); così
come i liquidatori che subentrano non possono intraprendere nuove operazioni e rispondono
personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi in violazione del divieto (art.2279).
Inoltre sorge il diritto dei soci a che si dia avvio al procedimento di liquidazione attraverso la
nomina dei liquidatori (art.2275) ed il diritto alla liquidazione della quota, una volta estinti i
debiti sociali (art 2282).
Muta anche la posizione dei creditori personali dei soci. Essi non possono più ottenere la
liquidazione della quota del proprio debitore, ma dovranno attendere l’espletamento della
liquidazione della società per potersi rivalere sulla quota di liquidazione.
Non muta invece la posizione dei creditori della società, che dovranno attendere la normale
scadenza per essere pagati.

Lo stato di liquidazione può essere revocato dai soci con il conseguente ritorno della società
alla normale attività di gestione. Con la revoca della liquidazione si avrà continuazione della
stessa società e non la costituzione di una nuova società. La decisione di revoca deve essere
adottata all’unanimità.

32. IL PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE


Il procedimento di liquidazione è regolato dagli artt. 2275-2283, invece per quanto riguarda la
società in nome collettivo dagli artt. 2309-2312.
Le modalità del procedimento di liquidazione, possono essere liberamente determinate dai
soci nel contratto sociale o al momento dello scioglimento (art.2275, comma1).
Il procedimento di liquidazione inizia con la nomina di uno o più liquidatori, e richiede il
consenso di tutti i soci, se non pattuito diversamente nell’atto costitutivo.
In caso di disaccordo fra i soci, i liquidatori sono nominati dal presidente del tribunale.
I liquidatori possono essere revocati per volontà di tutti i soci ed in ogni caso dal tribunale per
giusta causa, su domanda di uno o più soci (art.2275, comma2).
Nella snc e nella ss, la nomina dei liquidatori e la loro cessazione dalla carica sono soggette ad
iscrizione nel registro delle imprese (art.2309).

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Nella snc irregolare deve essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
Con l’accettazione della nomina, i liquidatori prendono il posto degli amministratori. Questi
devono consegnare ai liquidatori i beni e i documenti sociali e presentare loro il conto della
gestione del periodo successivo all’ultimo bilancio.
Gli amministratori e i liquidatori devono redigere insieme l’inventario, detto bilancio di
apertura della liquidazione, dal quale risulta l’attivo e il passivo del patrimonio sociale.

I compiti dei liquidatori sono quelli di convertire in danaro i beni sociali, pagare i creditori,
ripartire fra i soci l’eventuale residuo attivo. Quindi, sono investiti del potere di compiere tutti
gli atti necessari per la liquidazione. Ad essi inoltre compete la rappresentanza legale della
società, anche in giudizio (art.2278).
Sui liquidatori incombono due divieti:

1. non possono intraprendere nuove operazioni, cioè operazioni che non sono in rapporto con
l’attività di liquidazione. Se violano tale divieto, essi rispondono personalmente e
solidalmente per gli affari intrapresi nei confronti dei terzi (art.2279);
2. non possono ripartire fra i soci, i beni sociali finché i creditori sociali non siano pagati o non
siano state accantonate le somme necessarie per pagarli (art. 2280). La violazione di questo
divieto espone i liquidatori a responsabilità civile nei confronti dei creditori sociali ed è
anche sanzionata penalmente.
Per il resto gli obblighi e le responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle norme stabilite per
gli amministratori (art.2276).
Estinti tutti i debiti sociali la liquidazione si avvia alla fine con la definizione dei rapporti fra i
soci. I liquidatori devono restituire ai soci i beni conferiti in godimento nello stato in cui si
trovano. E se tali beni sono deteriorati o periti per causa imputabile agli amministratori, i soci
hanno diritto al risarcimento dei danni a carico del patrimonio sociale, salva l’azione di
responsabilità contro gli amministratori.
Inoltre occorre ripartire fra i soci l’eventuale attivo patrimoniale residuo convertito in danaro,
se i soci non hanno convenuto che la ripartizione dei beni sia fatta in natura.
Il saldo attivo di liquidazione è destinato al rimborso del valore nominale dei conferimenti,
determinato secondo la valutazione fattane in contratto o, in mancanza, secondo il valore che
essi avevano al momento in cui furono eseguiti. L’eventuale eccedenza è poi ripartita fra tutti i
soci in proporzione della partecipazione di ciascuno nei guadagni (art.2282).
Nella ss, non è prevista nessuna regola per la chiusura del procedimento di liquidazione.
Nella snc, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione ed il piano di riparto.
Il primo è il rendiconto della gestione dei liquidatori: esporrà le entrate e le uscite verificatesi
(conto economico), nonché la situazione patrimoniale finale.
Il secondo è una proposta di divisione fra i soci dell’attivo residuo.
Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, ed il piano di riparto vanno comunicati ai soci tramite
raccomandata e si intendono approvati se non sono impugnati dai soci entro 2 mesi dalla
comunicazione.
In caso di impugnazione giudiziale, i liquidatori possono chiedere che la liquidazione sia

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esaminata separatamente dalla divisione (art.2311, comma3).


Con l’approvazione del bilancio, i liquidatori sono liberati di fronte ai soci.

33. L’ESTINZIONE DELLA SOCIETA’


Nella snc irregolare, la chiusura del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della
società, sempreché la relativa disciplina sia stata rispettata e i creditori sociali siano soddisfatti.
In mancanza, la società è ancora esistente. Nella snc
regolare, e nella ss, secondo l’art. 2312, approvato il bilancio finale di liquidazione i liquidatori
devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Inoltre, i
liquidatori devono depositare le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli
soci presso la persona designata dalla maggioranza, per essere conservati 10 anni dalla
cancellazione della società dal registro delle imprese.
La cancellazione può anche essere disposta d’ufficio, quando l’ufficio rilevi delle circostanze
sintomatiche dell’assenza di attività sociale.
L’atto della cancellazione dal registro delle imprese è condizione necessaria per l’estinzione
della società. I creditori non soddisfatti, secondo l’art. 2312, possono far valere i loro diritti nei
confronti dei soci e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei
confronti di questi.
I creditori insoddisfatti non sono però senza tutela. Essi possono agire nei confronti dei soci,
che restano personalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali
insoddisfatte. Inoltre possono agire anche nei confronti dei liquidatori, se il mancato
pagamento è imputabile a colpa o dolo di questi ultimi.

34. IL FALLIMENTO DELLA SOCIETA’


La versione originaria dell’art. 10 legge fallimentare disponeva che l’imprenditore poteva
essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa. Il termine annuale
decorreva dall’effettiva cessazione dell’attività d’impresa, principio di effettività, e non dalla
cancellazione dal registro.
La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale, nella parte in cui non prevedeva che
il termine di un anno per la dichiarazione di fallimento della società decorresse dalla
cancellazione della società stessa dal registro delle imprese.
L’attuale d.lgs. n. 5/2006 ha adeguato il diritto fallimentare alle indicazioni della Corte
Costituzionale. Infatti, il nuovo art. 10 dispone che gli imprenditori individuali e collettivi
possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se
l'insolvenza si e' manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo.
In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta
salva la facoltà di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il
termine del primo comma.
Il nuovo art. 147 coma2, estende la regola dell’art. 10 anche al fallimento in estensione dei

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soci illimitatamente responsabili. La norma stabilisce infatti che il fallimento della società non
produce anche il fallimento del socio, decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale
o dalla cessazione della responsabilità illimitata, anche in caso di trasformazione, fusione o
scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati.
Le nuove regole chiariscono che le società irregolari possono essere dichiarate fallite senza
limiti di tempo dopo la cessazione dell’attività di impresa.

CAPITOLO 3 - LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE


1. NOZIONE E CARATTERI DISTINTIVI
La società in accomandita semplice (sas) è una società di persone che si differenzia dalla snc
per la presenza di due categorie di soci:

- i soci accomandatari, che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le


obbligazioni sociali. Ad essi compete l’amministrazione della società;
- i soci accomandanti, che rispondo limitatamente alla quota conferita.

2. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’. LA RAGIONE SOCIALE


Per la costituzione della sas valgono le stesse regole della snc. L’atto costitutivo dovrà indicare
distintamente quali sono i soci accomandatari e quali sono i soci accomandanti (art. 2316).
L’atto costitutivo della sas è soggetto ad iscrizione nel registro delle imprese, ma l’omessa
registrazione comporta solo l’irregolarità della società.
La ragione sociale, art. 2314, della sas deve essere formata col nome di almeno uno dei soci
accomandatari e con l’indicazione del tipo sociale.
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Non può essere inserito il nome di uno dei soci accomandanti, al fine di evitare che i terzi
facciano affidamento sulla responsabilità personale di tali soci.
L’accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale,
risponde nei confronti dei terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le
obbligazioni sociali.
Non diventa però un socio accomandatario e quindi non acquista il diritto di partecipare
all’amministrazione della società.
La partecipazione di incapaci in veste di accomandatari è soggetta alla disciplina dettata
dall’art. 2294 per la snc. Ma tale disciplina non si applica se l’incapace partecipa in veste di
socio accomandante.
Nessuna disposizione specifica è dettata per i conferimenti dei soci, quindi si applica la stessa
disciplina delle altre società di persone.

3. I SOCI ACCOMANDANTI E L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA’


In base all’art. 2315, alle sas si applica la disciplina della snc, anche se vi sono delle differenze
per quanto riguarda l’amministrazione della società.
L’art. 2318 pone il principio che i soci accomandatari hanno gli stessi diritti e gli stessi obblighi
dei soci della collettiva e che l’amministrazione della società può essere conferita soltanto ai
soci accomandatari. Dall’amministrazione sono esclusi i soci accomandanti.
Agli accomandanti sono riconosciuti alcuni diritti e poteri di carattere amministrativo. I soci
accomandanti hanno il diritto di concorrere con gli accomandatari alla nomina e alla revoca
degli amministratori , quando l’atto costitutivo prevede la designazione degli stessi con atto
separato.
Infatti, per la nomina e la revoca dell’amministratore è necessario il consenso di tutti i soci
accomandatari e l’approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza
del capitale da essi sottoscritto (art.2319).
E’ invece necessario il consenso di tutti i soci per la revoca dell’amministratore nominato
nell’atto costitutivo.
Per quanto riguarda la partecipazione all’attività di impresa comune, il divieto di ingerenza
nell’amministrazione è in parte temperato dal riconoscimento legislativo che essi:

- possono trattare o concludere affari in nome della società, sia pure solo in forza di una
procura speciale per singoli affari e quindi in modo tale da restare assoggettati alle
direttive degli amministratori;

- possono prestare la loro opera, manuale o intellettuale, all’interno della società sotto la
direzione degli amministratori e quindi mai in posizione autonoma e indipendente;

- possono dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni, nonché compiere atti
di ispezione e di controllo.

Per quanto riguarda i poteri di controllo degli accomandanti, è poi previsto che in ogni caso
essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle
perdite e di controllarne l’esattezza, consultando libri e gli altri documenti della società (art.
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2320, comma3).
In quanto esclusi dall’amministrazione della società, gli accomandanti non sono tenuti a
restituire gli utili fittizi eventualmente riscossi, purché ricorra la duplice condizione che essi
siano in buona fede e che gli utili risultino da un bilancio regolarmente approvato (art.2321).

4. IL DIVIETO DI IMMISTIONE
Il contenuto del divieto di immistione degli accomandanti nella gestione della società e le
sanzioni per la violazione dello stesso sono fissati dall’art. 2320, 1° comma: i soci
accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in
nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante
che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte
le obbligazioni sociali. Può inoltre essere escluso dalla società, con decisione a maggioranza
degli altri soci.
Quindi, all’accomandante è preclusa sia la partecipazione all’amministrazione interna della
società, sia la possibilità di agire per la società nei rapporti esterni.
Per quanto riguarda la partecipazione all’attività interna dell’impresa comune, il divieto di
ingerenza nell’amministrazione è temperato dall’art. 2320:

a) possono prestare la loro opera, manuale o intellettuale, all’interno della società sotto la
direzione degli amministratori;
b) possono, se l’atto costitutivo lo prevede, dare autorizzazioni e pareri per determinate
operazioni, nonché compiere atti di ispezioni e di controllo, nei limiti imposti dal
generale divieto di ingerenza nell’amministrazione.

Per quanto riguarda i poteri di controllo, gli accomandanti hanno diritto di avere
comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne
l'esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società. Inoltre, hanno diritto di
concorrere all’approvazione del bilancio.

Per quanto riguarda la partecipazione all’attività esterna dei soci accomandanti, essi possono
trattare o concludere affari in nome della società, sia pure in forza di una procura speciale per
singoli affari e quindi in modo tale da restare sempre assoggettati alle direttive degli
amministratori.
L’accomandante che viola il divieto di immistione si espone ad una sanzione patrimoniale
particolarmente grave e non proporzionata all’infrazione commessa. Egli infatti risponde di
fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente per tutte le obbligazioni sociali, presente, passate
e future, che a qualsiasi titolo siano imputabili alla società. Quindi, in caso di fallimento della
società, anche il socio accomandante sarà automaticamente dichiarato fallito al pari degli
accomandatari.

L’accomandante che viola il divieto di immistione perde il beneficio della responsabilità limitata
solo nei confronti dei terzi. Se ne deduce che per le somme pagate ai creditori sociali, egli avrà
azione di regresso per l’intero non solo verso la società ma anche verso gli accomandatari.
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Viceversa, gli accomandatari non hanno azione di regresso verso l’accomandante che ha
violato il divieto di immistione, salva l’azione di risarcimento dei danni arrecati alla società.
Rispetto alle obbligazioni nate dall’atto di immistione di un accomandante, la società resta
obbligata solo se l’accomandante ha agito in base a regolare procura o se il suo operato è stato
successivamente ratificato dagli amministratori.
In caso contrario, responsabile verso il terzo sarà l’accomandante che ha compiuto l’atto, così
come previsto per il rappresentante senza poteri, art. 1398.
Ovviamente, l’accomandante non avrà azione di rivalsa né verso al società né verso gli
accomandatari. L’accomandante che ha violato il divieto di immistione è esposto anche
all’ulteriore sanzione dell’esclusione della società, tranne se l’atto di ingerenza sia stato
autorizzato o ratificato dagli amministratori.

5. IL TRASFERIMENTO DELLA PARTECIPAZIONE SOCIALE


la diversa posizione degli accomandatari e degli accomandanti si riflette sulla disciplina del
trasferimento della partecipazione sociale.

Per i soci accomandatari , se l’atto costitutivo non dispone diversamente, il trasferimento per
atto fra vivi della quota degli accomandatari può avvenire solo col consenso di tutti gli altri
soci. Per il trasferimento mortis causa è necessario anche il consenso degli eredi.

Per i soci accomandanti, la loro quota è liberamente trasferibile per causa di morte, senza che
sia necessario il consenso dei soci superstiti.
Per il trasferimento per atti fra vivi è necessario il consenso dei soci che rappresentano la
maggioranza del capitale sociale, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo.

5. LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’

Quanto allo scioglimento della società, la società in accomandita semplice, oltre che per le
cause previste per le società in nome collettivo si scioglie quando rimangono soltanto soci
accomandanti o soci accomandatari, sempreché nel termine di sei mesi non sia stato sostituito
il socio che è venuto meno (art.2323).
Durante i sei mesi, l’attività continua normalmente se sono venuti meno i soci accomandanti.
Se invece, sono venuti meno i soci accomandatari, gli accomandanti devono nominare un
amministratore provvisorio (che può essere anche un socio accomandante), i cui poteri sono
per legge limitati al compimento degli atti di ordinaria amministrazione.
L’amministratore provvisorio non assume la qualità di accomandatario e non risponderà
illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Passati i sei mesi, senza che siano integrati i soci venuti meno e senza che si dia inizio al
procedimento di liquidazione, la sas si trasforma in una società collettiva irregolare, sempreché
restino almeno due soci. Per il
procedimento di liquidazione e per l’estinzione della società valgono le stesse regole della
snc.Tuttavia, cancellata la società dal registro delle imprese, i creditori insoddisfatti potranno
far valere i loro crediti nei confronti dei soci accomandanti solo nei limiti di quanto dagli stessi

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ricevuto a titolo di quota di liquidazione, dato che essi non erano illimitatamente responsabili
(art.2324).

7. LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA IRREGOLARE


È irregolare la sas il cui atto costitutivo non è stato iscritto nel registro delle imprese.
L’omessa registrazione non impedisce la nascita della società.
Nell’accomandita irregolare i soci accomandanti rispondono limitatamente alla loro quota,
salvo che abbiano partecipato alle operazioni sociali (art. 2317, comma2).
Il divieto di immistione, nella accomandita irregolare, ha carattere assoluto. Infatti nemmeno
una procura speciale per singoli affari esonera l’accomandante da responsabilità illimitata
verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali. Per il resto vale la stessa disciplina della snc
irregolare:

a) i creditori sociali possono agire direttamente nei confronti dei soci illimitatamente
responsabili e, come per la ss, su di essi incombe l’onere di chiedere la preventiva
escussione del patrimonio sociale indicando i beni sui quali i creditori possono
agevolmente soddisfarsi (art.2268).
b) i creditori particolari del socio possono chiedere in tempo la liquidazione della quota del
loro debitore, provando che gli altri beni di questi siano insufficienti a soddisfarli
(art.2270). Questa possibilità è preclusa quando la società è regolare (art.2307);
c) ciascun socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale anche in giudizio,
(art.2297,comma2).

CAPITOLO 4 - LA SOCIETA’ PER AZIONI


La società per azioni forma con la società in accomandita per azioni e con la società a
responsabilità limitata la categoria della società di capitali.
Ed è una società di capitali nella quale:

A) per l'obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio ( art. 2325, 1
comma), autonomia patrimoniale;

B) la partecipazione sociale è rappresentata da azioni ( art. 2346, 1 comma, nuovo testo).

I caratteri essenziali di una società per azioni sono:

 PERSONALITÀ GIURIDICA. La società per azioni, in quanto società dotata di personalità giuridica,
è dotata di piena e perfetta autonomia patrimoniale.
 RESPONSABILITÀ LIMITATA DEI SOCI. I soci e tutti i soci non assumono alcuna responsabilità
personale per le obbligazioni sociali; di queste risponde soltanto la società col suo
patrimonio (art. 2325, 1 comma).
I soci sono obbligati solo ad eseguire i conferimenti.
I creditori della società per azioni possono quindi fare affidamento solo sul patrimonio

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sociale per soddisfarsi.


 ORGANIZZAZIONE CORPORATIVA. La responsabilità illimitata dei soci trova contrappeso
nell'organizzazione di tipo corporativo della società per azioni: cioè in un’organizzazione
basata sulla necessaria presenza di tre distinti organi: assemblea, organo di gestione, ed un
organo di controllo.
Il funzionamento dell'assemblea è dominato dal principio maggioritario e il peso di ogni
socio in assemblea è proporzionato alla quota di capitale sottoscritto ed al numero di azioni
possedute (maggioranza per capitale).
 QUOTE DI PARTECIPAZIONE RAPPRESENTATE DA AZIONI. Dato caratterizzante è che le quote di
partecipazione dei soci sono rappresentate da partecipazioni- tipo omogenee e
standardizzate. Infatti, le azioni sono partecipazioni sociali di uguale valore e conferiscono
ai loro possessori uguali diritti, il che non rende le azioni liberamente trasferibili, ma
consente soprattutto la loro circolazione attraverso documenti assoggettati alla disciplina
dei titoli di credito.
E’ così favorito il pronto smobilizzo del capitale investito ed il ricambio delle persone dei
soci, possibilità di smobilizzo che si accentuano quando le azioni sono quotate in un
mercato regolamentare.

2.SOCIETA’ PER AZIONI E TIPOLOGIA DELLA REALTA’


La società per azioni è il tipo di società elettivo della grande impresa, in quanto vi è una
limitazione del rischio individuale dei soci e la possibilità di pronta mobilitazione
dell’investimento.
Vi è la compartecipazione di un ristretto numero di soci, che assumono l'iniziativa economica e
sono animati da spirito imprenditoriale (c.d. azionisti imprenditori), con una grande massa di
piccoli azionisti animati dal solo intento di investire fruttuosamente il proprio risparmio (c.d.
azionisti risparmiatori) e rassicurati dalla possibilità di pronto disinvestimento.
La società per azioni non si identifica solo con l’impresa di grandi dimensioni con azioni diffuse
fra il pubblico. Con esse coesiste un gran numero di società per azioni composte da un numero
non elevato di soci e costituite per la gestione di imprese di dimensioni modeste.
L’utilizzo della spa per esigenze economiche diverse solleva problemi di disciplina diversi. Nella
società a ristretta base azionaria, i problemi riguardano la tutela dei soci di minoranza e dei
creditori, di fronte ad abusi dei soci che detengono la maggioranza del capitale e degli
amministratori.
Nelle società che fanno appello al pubblico risparmio, il problema non è solo quello di tutelarla

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massa dei piccoli azionisti e i creditori sociali, ma a tali esigenze, si aggiunge quello di garantire
il corretto funzionamento dell’intero mercato azionario e di tutelare il pubblico indifferenziato
dei potenziali investitori.

3.L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA


La disciplina della società per azioni ha subito dal 1942 numerosi interventi legislativi volti a:

a) dare risposta ai problemi che il codice del 1942 non aveva saputo, voluto o potuto risolvere;

b) quella di dare attuazione alle numerose direttive emanate dall’UE per l'armonizzazione della
disciplina azionaria delle società di capitali.

Il movimento di riforma è iniziato nel 1974 per sfociare nel 1998 in un’organica disciplina delle
società quotate e successivamente nel 2003 nella riforma della disciplina delle società di
capitali non quotate.
Le principali linee di tendenza che sono emerse possono essere individuate nell’aver posto un
freno al proliferare di minisocietà per azioni con capitale del tutto irrisorio. Fenomeno questo
determinato dal fatto che il codice del 1942 fissava in un milione di lire il capitale sociale
minimo richiesto per la costituzione e l'inflazione monetaria aveva reso del tutto irrisoria tale
somma.
Il capitale sociale minimo per la costruzione della società per azioni è stato portato a 200
milioni di lire nel 1977 ed elevato oggi a 120 mila euro. ( 10mila euro per le srl).
Si è preso atto che la disciplina dettata dal codice del 1942 è inidonea ad assicurare il corretto
funzionamento delle società per azioni che fanno appello sistematico al pubblico risparmio.
E con una serie di interventi legislativi si è dettata una specifica disciplina per le società con
azioni quotate in borsa.

Un primo intervento si è avuto nel 1974: vi è stata la possibilità di emettere una particolare
categoria di azioni (le azioni di risparmio) prive del diritto di voto e privilegiate sotto il profilo
patrimoniale; certificazione dei bilanci da parte di un'autonoma società di revisione; e
istituzione di un organo pubblico di controllo diretto a garantire la completezza e la veridicità
dell'informazione societaria, la Consob.

Un secondo intervento riformatore si è poi avuto nel 1998, in virtù del quale, all’investimento
diretto da parte dei piccoli risparmiatori si è affiancato l’investimento indiretto tramite
operatori professionali (fondi comuni di investimento, fondi pensione..) che raccolgono
risparmio fra il pubblico e lo investono in partecipazioni di minoranza in società quotate
secondo il criterio di diversificazione del rischio (c.d. investitori istituzionali).
Investitori titolari di partecipazione percentualmente modeste, dotati di elevata competenza
professionale nella selezione delle imprese in cui investire il risparmio gestito e in grado di
svolgere il ruolo di minoranza attiva attraverso l’esercizio del diritto di voto e degli altri diritti
riconosciuti alle minoranze.
Proprio per incentivare l'afflusso del risparmio gestito verso le società quotate, nonché di
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valorizzare il ruolo attivo degli investitori istituzionali, è stato emanato il Testo unico delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (Tuf) emanato con il d.lgs. n.58/1998.
I punti più significativi della riforma sono: radicale previsione di tutti gli istituti propri delle
società quotate precedentemente introdotti, con riconoscimento di più ampio spazio
all’autonomia statuaria; potenziamento dell’informazione societaria, disciplina delle deleghe di
voto, ridefinizione del ruolo del collegio sindacale.
L’esigenza di modernizzare la disciplina delle società per azioni non quotate e delle altre
società di capitali ha portato da ultimo ad una riforma organica del disciplina generale delle
società di capitali (d.lgs. n.6/2003).
Obiettivo di fondo della riforma è quello di semplificare la disciplina delle società di capitali e di
ampliare lo spazio riconosciuto l'autonomia statuaria al fine di favorire la crescita e la
competitività delle imprese italiane anche su mercati internazionali dei capitali.
Le principali novità introdotte dalla riforma possono individuarsi: introduzione della società
per azioni uni personale a responsabilità limitata, semplificazione del procedimento di
costituzione e della disciplina delle modifiche statuarie con ampliamento dei casi in cui è
riconosciuto il diritto di recesso dalla società, previsione di nuovi modelli di ampliamento e di
controllo della società.

4. Società per azioni e modelli societari


La disciplina delle società per azioni si compone di:
a)regole valide per tutte le spa

b)disposizioni riferite alle sole società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischi
(società chiuse)

c) norme dedicate alle sole le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, e
quindi applicabili sia alle società non quotate con azionariato diffuso, sia alle società quotate

d) previsioni destinate alle sole società quotate.


Tre modelli di spa: società chiuse, società che fa appello al mercato del capitale di rischio,
società quotata.

A. LA COSTITUZIONE

5.IL PROCEDIMENTO

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La costituzione della società per azioni si articola in due fasi essenziali:


a) stipulazione dell'atto costitutivo per atto pubblico;

b) iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese.


Solo con l'iscrizione nel registro delle imprese la società per azioni acquista la personalità
giuridica (art.2331, comma1) e viene ad esistenza.

6.LA STIPULAZIONE DELL’ATTO COSTITUTIVO


La stipulazione dell'atto costitutivo può avvenire secondo due diversi procedimenti:
A) stipulazione (o costituzione) simultanea, dove l'atto costitutivo è stipulato
immediatamente da coloro che assumono l’iniziativa per la costituzione della società (soci
fondatori). E tali soci sottoscrivono integralmente il capitale sociale iniziale.

B) stipulazione (o costituzione) per pubblica sottoscrizione (artt.2333-2336), dove si arriva alla


stipulazione dell'atto costitutivo al termine di una complesso procedimento che consente la
raccolta fra il pubblico del capitale iniziale sulla base di un programma predisposto da coloro
che assumono l'iniziativa (promotori).

I promotori predispongono un programma il quale deve indicare l’oggetto e il capitale, le


principali disposizioni dell’atto costitutivo, l’eventuale partecipazione dei promotori agli utili e
il termine in cui l’atto costitutivo deve essere stipulato.
Il programma, con le firme autenticate dei promotori, deve essere depositato presso un notaio
prima di essere reso pubblico;

Si apre la fase delle adesioni al programma con le sottoscrizioni delle azioni, che deve risultare
da atto pubblico o da scrittura privata autenticata.
Una volta sottoscritto il capitale sociale, i promotori devono assegnare ai sottoscrittori un
termine, non superiore ai 30 giorni, per il versamento del 25% del capitale sottoscritto.
Completato il versamento del 25 % del capitale sottoscritto, i promotori convocano
l’assemblea dei sottoscrittori che:
a. accerta l’esistenza delle condizioni richieste per la costituzione della società;
b. delibera sul contenuto dell’atto costitutivo e dello statuto, che non sia già stato
fissato nel programma;
c. delibera sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a proprio favore dai
promotori
d. nomina i primi amministratori e i primi sindaci.
L’assemblea è validamente costituita con la presenza della metà dei sottoscrittori e ciascun
sottoscrittore ha diritto ad un solo voto quale che sia l’ammontare del capitale sottoscritto.
Le delibere sono valide se votate dalla maggioranza dei presenti e per modificare le condizioni
stabilite dal programma, è necessario il consenso di tutti i sottoscrittori.

Infine, si arriva alla stipulazione dell’atto costitutivo, a cui provvedono i partecipanti


all’assemblea, anche in rappresentanza degli assenti.

I promotori sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte per la

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costituzione della società. Obbligazioni che essi potranno riversare sulla società solo se sono
state necessarie per la costituzione o siano state approvate dall’assemblea. Sui promotori
incombe il rischi dell’insuccesso dell’operazione.
Sia i promotori sia coloro per conto dei quali essi hanno eventualmente agito, sono
responsabili verso la società e verso i terzi:
1) per l’integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti per la
costituzione della società;
2) per l’esistenza dei conferimenti in natura;
3) per la veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico per la costituzione della
società.
Infine è consentito ai promotori di riservarsi una partecipazione agli utili della società,
indipendentemente dalla loro qualità di soci.

7. L’ATTO COSTITUTIVO. FORMA E CONTENUTO


La società per azioni può essere costituita per contratto o per atto unilaterale (art. 2328), nel
caso in cui si abbia un solo socio fondatore. L'atto costitutivo deve essere redatto per atto
pubblico a pena di nullità della società (art.2332, n.1).
L'atto costitutivo deve indicare (art. 2328):

a) le generalità dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a
ciascuno di essi;
b) la denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi
secondarie. La denominazione sociale può essere liberamente formata, ma deve contenere
l’indicazione di società per azioni (art.2326). Non può essere però uguale o simile a quella già
adottata da altra società concorrente.

c) l'oggetto sociale, vale a dire il tipo di attività economica che la società si propone di svolgere.

d) l'ammontare del capitale sottoscritto e versato;


e) il numero e l'eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di
emissione e circolazione;
f) il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura, sempre che vi siano conferimenti di
tale tipo;
g) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti;
h) i benefici eventualmente accordati ai promotori o soci fondatori. i)
il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando
quali tra essi hanno la rappresentanza della società; l) il
numero dei componenti del collegio sindacale;
m) la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto incaricato di
effettuare la revisione legale dei conti
n) l'importo globale delle spese per la costituzione poste a carico della società

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o) la durata della società. Si può stabilire che la società sia anche a tempo indeterminato.
In tal caso, se le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato, i soci possono recedere
dalla società, decorso un periodo di tempo fissato dall’atto costitutivo, non superiore ad un
anno. Inoltre il socio deve dare un preavviso di 180 giorni. L'omissione
di una o più di tali indicazioni legittima il rifiuto del notaio di stipulare l'atto costitutivo.
Di solito si procede alla redazione di due documenti: l’atto costitutivo e lo statuto.
L’atto costitutivo contiene la manifestazione di volontà di costituire la società ed i dati
fondamentali della struttura organizzativa.
Lo statuto, regola il funzionamento della società. Lo statuto si considera parte integrante
dell'atto costitutivo con la conseguenza che anche lo stesso deve essere redatto per atto
pubblico a pena di nullità.
Le indicazioni richiesti dall’art. 2328, possono essere contenute nell’atto costitutivo o nello
statuto.

8.LE CONDIZIONI PER LA COSTITUZIONE


l’art.2327 prevede che la società per azioni deve costituirsi con capitale non inferiore a 120
mila euro, salvo i casi in cui leggi speciali impongono un capitale minimo più elevato.
Per procedere alla costituzione della società per azioni è poi necessario che ricorrano le
condizioni stabilite nell’art. 2329:
1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;

2) che siano rispettate le disposizioni relative ai conferimenti in sede di costituzione; ed in


particolare che sia versato presso la banca il 25% dei conferimenti in denaro o, nel caso di
costituzione per atto unilaterale, il loro intero ammontare;

3) che sussistano le autorizzazioni governative e le altre condizioni richieste da leggi speciali


per la costituzione della società in relazione al suo particolare oggetto.

9. GLI EFFETTI DELLA STIPULAZIONE DELL’ATTO COSTITUTIVO


I conferimenti in denaro devono essere versati prima della stipula dell'atto costitutivo e
vincolate fino al completamento del procedimento di costituzione.
Esse possono essere consegnate solo agli amministratori e a condizione che questi provino
l’avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese.
I sottoscrittori hanno diritto di rientrare in possesso delle somme versate se la società non è
iscritta nel registro delle imprese, entro 90 giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo.
Decorso tale termine l’atto costitutivo perde la sua efficacia.

10. L'ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE


Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo, entro 20 giorni, presso l'ufficio del
registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società, allegando all'atto
costitutivo i documenti che comprovano l'osservanza delle condizioni richieste per la

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costituzione.
Se non provvede, l'obbligo incombe sugli amministratori nominati nell'atto costitutivo.
Nell'inerzia di entrambi, punita con sanzione amministrativa pecuniaria, ogni socio può
provvedervi a spese della società (art. 2330 ).
Si apriva a questo punto in passato, la seconda fase del procedimento di costituzione è : il
giudizio di omologazione da parte del tribunale competente, il giudizio di omologazione
(formale e sostanziale) in sede di costituzione è stato soppresso nel 2000, mentre sopravvive
come facoltativo per le sole modifiche dell’atto costitutivo.
In base l'attuale disciplina spetta al notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo di verificare
l'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge per la costituzione (art. 2436, comma1).
Inoltre la legge notarile prevede sanzioni amministrative a carico del notaio che chiede
l’iscrizione nel registro delle imprese di un atto costitutivo da lui rogato quando risultano
inesistenti le condizioni richieste dalla legge.
Il notaio dovrà svolgere un controllo di legalità formale e sostanziale, volto ad accertare la
conformità alla legge della costituenda società.
Potrà e dovrà rifiutare di chiedere l'iscrizione nel registro delle imprese se l'atto costitutivo e lo
statuto contengono clausole contrastanti con l'ordine pubblico o col buon costume. Se tale
controllo ha invece esito positivo, il notaio riceve l'atto costitutivo e richiede l'iscrizione della
società nel registro delle imprese.
L'ufficio del registro delle imprese prima di procedere l'iscrizione può e deve verificare solo la
regolarità formale della documentazione ricevuta (art.2330, comma3).
Con l'iscrizione nel registro delle imprese la società acquista la personalità giuridica e viene ad
esistenza (art. 2331, comma1).

11. LE OPERAZIONI COMPIUTE PRIMA DELL’ISCRIZIONE


Può verificarsi che tra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle
imprese vengano compiute operazioni in nome della costituenda società.
La riforma del 2003 ha stabilito che per le operazioni compiute in nome della società prima
dell’iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno
agito (art.2331 comma2).
Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore, e in caso di
pluralità di soci fondatori, coloro che hanno autorizzato o consentito il compimento
dell’operazione.
Prima dell'iscrizione nel registro delle imprese è vietata l'emissione delle azioni ed essi non
possono formare oggetto di sollecitazione all'investimento.
La società resta automaticamente vincolata solo se le operazioni compiute in suo nome erano
necessarie per la costituzione, e purché l’atto costitutivo abbia previsto che tale spese siano a
carico della società.
La società è libera di accollarsi o meno spese non necessarie per la costituzione. Ma è
necessario che la società, dopo l’iscrizione, approvi l’operazione. L’attuale dato normativo

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stabilisce che l’accollo da parte della società non fa venir meno la responsabilità verso i terzi
dei soggetti agenti (accollo cumulativo).
Nel caso in cui la costituzione della società non vada a buon fine, l’art. 2338, stabilisce che i
promotori non hanno alcuna rivalsa verso i sottoscrittori delle azioni per le spese sostenute
per la costituzione.

12.LA NULLITA’ DELLA SOCIETA’ PER AZIONI


Il procedimento di costituzione della società per azioni ed in particolare l'atto costitutivo
possono presentare vizi e anomalie.
Prima della registrazione vi è solo contratto di società; un atto di autonomia privata che per il
momento è destinato a produrre effetti solo fra le parti contraenti. Tale contratto può essere
dichiarato nullo o annullato nei casi e con gli effetti previsti dalla disciplina generale dei
contratti (art. 1418 ss. cc.).
La situazione muta radicalmente dopo l'iscrizione della società nel registro delle imprese.
E’ nata un’organizzazione di persone e di mezzi abilitata ad operare con i terzi ed è entrata nel
traffico giuridico e la sanzione può consistere nello scioglimento della società, previa
definizione dell’attività già svolta.
Le Cause di nullità: intervenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la società per azioni può
essere dichiarata nulla solo in tre casi tassativamente elencati:
1) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico;
2) illiceità dell'oggetto sociale
3) mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della
società, o i conferimenti, l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.

La dichiarazione di nullità della società per azioni "non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti
in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle imprese" (art.2332, comma2).
La dichiarazione opera solo per il futuro ed opera come semplice causa di scioglimento della
società, che si differenzia dalle caso di scioglimento della società valida solo perché i liquidatori
sono nominati direttamente dal tribunale con la sentenza che dichiara la nullità (art.
2332, comma4), sentenza il cui dispositivo deve essere iscritto nel registro delle imprese.
Mentre la nullità di un contratto è insanabile (art.1423), la nullità della società iscritta "non
può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata
data pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese" (art.2332, comma5), prima che sia
intervenuta la sentenza dichiarativa di nullità.
Quindi, la nullità della società è sanabile con una semplice modifica dell’atto costitutivo
deliberata a maggioranza dall’assemblea straordinaria per sanare l’illiceità dell’oggetto sociale.
L'azione di nullità è imprescrittibile ( art.1422).
La nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio
dal giudice (art.1421).

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B. SOCIETA’ PER AZIONI UNIPERSONALE. PATRIMONI DESTINATI.

13.LA SOCIETA’ PER AZIONI UNIPERSONALE


La riforma del 2003 ha provveduto a ridefinire la disciplina della srl unipersonale. Infatti, in
base all'attuale disciplina:
a) è consentita la costituzione della società per azioni con atto unilaterale di un unico socio
fondatore ( art. 2328, 1 comma);

b) anche nella società per azioni unipersonale per l'obbligazioni sociali di regola risponde solo
la società col proprio patrimonio, salvo altri casi eccezionali.

L'unico socio fondatore risponde in solido con coloro che hanno agito, per le operazioni
compiute in nome della società prima dell'iscrizione nel registro delle imprese (art.2331,
comma 2).
Sia in sede di costituzione della società, sia in sede di aumento del capitale sociale, l'unico
socio è tenuto infatti a versare integralmente, al momento della sottoscrizione, i conferimenti
in danaro. Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere
effettuati entro 90 giorni ( art. 2342, comma 2 e 4).
Per consentire ai terzi di conoscere agevolmente se la società è unipersonale, negli atti e nella
corrispondenza della società deve essere indicato se questa ha unico socio.
Per consentire l'agevole identificazione dell'unico socio, i dati anagrafici dello stesso, devono
essere iscritti nel registro delle imprese a cura degli amministratori (art.2362 )anche quando
muti la persone dell’unico socio.
A dare pubblicità nel registro delle imprese gli amministratori devono inoltre provvedere
quando si costituisca o si ricostituisca la pluralità dei soci.

L’omissione di tale pubblicità impedisce che operi per l’unico socio il beneficio della
responsabilità limitata.
Una particolare disciplina è stata introdotta per assicurare maggiore trasparenza ai rapporti
che intercorrono fra società ed unico socio. Si stabilisce infatti che i contratti fra società ed
unico socio e operazioni a favore dello stesso sono opponibili ai creditori della società solo se
risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da
atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento (art.2362, comma 5).
Per quanto riguarda il regime di responsabilità per le obbligazioni sociali, oggi per la società
per azioni unipersonale vale la regola opposta rispetto a quella dettata dal codice del 1942:
l'unico socio non incorre in responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. Sono tuttavia
previste due eccezioni ( art.2325, comma2 ) che comportano, in caso di insolvenza della
società, la responsabilità illimitata dell'unico socio per le obbligazioni sociali sorte nel periodo
in cui tutte le azioni sono allo stesso appartenute:

A) l'unico socio risponde illimitatamente quando non sia osservata la disciplina dell'integrale
liberazione dei conferimenti;

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B) l'unico socio risponde inoltre fino a quando non sia stata attuata la specifica pubblicità
dettata per la Spa unipersonale dall'art. 2362.

In entrambi i casi la responsabilità illimitata dell’unico azionista ha carattere sussidiario, in


quanto può essere fatta valere dai creditori solo in caso di insolvenza della società.
La responsabilità illimitata viene meno per le obbligazioni sociali sorte dopo che i conferimenti
sono stati eseguiti o dopo che la pubblicità è stata effettuata.
Con la riforma del 2003 sono stati soppressi gli altri due casi di perdita del beneficio della
responsabilità limitata previsti dalla disciplina del 1993: unico socio che sia una persona
giuridica ed unico socio che sia socio unico di altra società di capitali.

14. I PATRIMONI DESTINATI


La riforma del 2003 offre alle società per azioni una nuova tecnica per limitare il rischio di
impresa: quella dei patrimoni destinati ad uno specifico affare (art.2447 -bis-2447-decies).
L'attuale disciplina offre due modelli di patrimoni destinati:
a) la società per azioni può costituire uno più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via
esclusiva ad uno specifico affare, sia pure entro i limiti del 10% del proprio patrimonio netto e
purché non si tratti di affari attinenti ad attività riservate in base leggi speciali, detti patrimoni
destinati operativi;

b) la società può inoltre stipulare con terzi un contratto di finanziamento di uno specifico
affare, pattuendo che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati i
provenienti dell'affare stesso o parte di essi, finanziamento destinato.

15. PATRIMONI DESTINATI OPERATIVI


La costituzione di un patrimonio destinato avviene con apposita deliberazione adottata dal
consiglio di amministrazione della società maggioranza assoluta dei componenti (art.2447-
ter). La delibera costitutiva deve contenere una serie di dati volti a consentire l'identificazione
dell'affare, dei beni ed i rapporti giuridici compresi nel patrimonio destinato.
La deliberazione deve essere verbalizzata da un notaio ed è soggetta ad iscrizione nel registro
delle imprese (art. 2447-quater). Diventa però produttiva di effetti solo dopo che siano decorsi
due mesi dall'iscrizione. Decorso tale termine si producono gli effetti della separazione
patrimoniale (art. 2445-quinquies).
I creditori della società non possono più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo
specifico affare né, salvo che per la parte spettante alla società, sui frutti o proventi da esso
derivanti.
Nel contempo, delle obbligazioni contratte per realizzare lo specifico affare la società risponde
di regola solo neo limiti del patrimonio destinato salvo che la delibera di costituzione non
stabilisca diversamente. Resta salva la responsabilità illimitata della società per le obbligazioni
derivanti da fatto illecito, nei confronti dei creditori involontari.

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Perché la separazione patrimoniale operi è necessario che gli atti compiuti in relazione allo
specifico affare rechino espressa menzione del vincolo di destinazione. In mancanza ne
risponde la società con il suo patrimonio generale. Il vincolo di destinazione riguardante beni
immobili o mobili registrati deve essere trascritto nei rispettivi registri.
Per i patrimoni destinati devono essere tenuti libri e scritture contabili separati e, nel bilancio
della società dovranno essere distintamente indicati beni e rapporti di ciascun patrimonio, con
separato rendiconto in allegato al bilancio.
Realizzato l’affare, gli amministratori redigono un rendiconto finale che deve essere depositato
presso ufficio del registro delle imprese. Se
permangono creditori insoddisfatti questi possono chiedere la liquidazione del patrimonio
destinato. Se, invece, non vi sono creditori che chiedono la liquidazione, cessa il vincolo di
destinazione e i beni e i rapporti del patrimonio destinato confluiscono in quello generale.

16. I FINANZIAMENTI DESTINATI


Più semplice è la disciplina dettata per la seconda modalità di costituzione di un patrimonio
destinato: contratto di finanziamento di uno specifico affare, con previsione che al rimborso
totale o parziale del finanziamento sono destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi
dell’affare stesso (art. 2447-decies).
Il contratto di finanziamento di uno specifico affare deve indicare gli elementi essenziali
dell'operazione, inoltre, deve specificare i beni strumentali necessari per la realizzazione e il
relativo piano finanziario indicando la parte coperta dal finanziamento e quella a carico della
società.

Nel caso del finanziamento destinato, il patrimonio separato è formato dai proventi dell’affare,
dai relativi frutti e dagli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al
finanziatore. E’ necessario che copia del contratto sia stata iscritta nel registro delle imprese e
che la società adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione separati. Il
finanziatore non ha azione sul residuo patrimonio della società, salva l’ipotesi di garanzia
parziale di rimborso offerta dalla società stessa.
Se però la società fallisce prima della realizzazione dell’affare, il finanziatore potrà insinuarsi
nel fallimento della società per le somme non riscosse. In alternativa, quando il fallimento
della società non impedisce la realizzazione dell’operazione, il curatore può decidere di
subentrare nel contratto assumendone gli oneri relativi, ovvero il finanziatore può chiedere di
realizzare o continuare l’operazione in proprio o affidandola a terzi, insinuandosi nel fallimento
per l’eventuale credito residuo.

C. I CONFERIMENTI

17. CONFERIMENTI E CAPITALE SOCIALE


I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della

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società; la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale
per lo svolgimento dell'attività di impresa (c.d. funzione produttiva dei conferimenti).
Il valore in danaro del complesso dei conferimenti promossi dai soci costituisce il capitale
sociale nominale della società.
Per la spa è prevista una specifica disciplina dei conferimenti, assente invece nelle società di
persone, ispirata da una duplice finalità:
a) quella di garantire che i conferimenti promossi dei soci vengano effettivamente acquisiti
dalla società;
b) quella ulteriore di garantire che il valore assegnato dei soci conferimenti sia veritiero.
Ne consegue che ai soci debba essere assegnato un numero di azioni proporzionale alla quota
del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento.
Effettiva acquisizione dei conferimenti ed effettività del loro valore sono problemi che si
pongono in modo diverso per i conferimenti in danaro e per gli altri conferimenti. Per i primi
non si pone un problema di valutazione.

18.I CONFERIMENTI IN DANARO


Nella società per azioni i conferimenti devono essere effettuati in danaro se nell'atto
costitutivo non è stabilito diversamente ( art.2342, comma1).
Per garantire fin dalla costituzione della società l’effettività almeno parziale del capitale, è
disposto l'obbligo di versamento immediato presso una banca di almeno il 25% dei
conferimenti in denaro o dell'intero ammontare se si tratta di società unipersonale (art.2342,
comma2).
Costituita la società, gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni momento ai soci i
versamenti ancora dovuti.
Le azioni non interamente liberate sono trasferibili, ma devono essere necessariamente
nominative e dal titolo deve risultare i versamenti ancora dovuti.
In caso di trasferimento delle azioni l’obbligo di versamento dei conferimenti residui grava sia
sul socio attuale che sul socio alienante. La responsabilità dell'alienante è però limitata nel
tempo ed ha carattere sussidiario. Permane infatti solo per il periodo di tre anni dall'iscrizione
del trasferimento del libro dei soci.
Inoltre la società è tenuta a richiedere preventivamente il pagamento al possessore attuale
delle azioni e potrà rivolgersi agli alienanti solo se tale richiesta sia rimasta infruttuosa.
Per agevolare l’acquisizione dei conferimenti in danaro, è dettata una disciplina speciale
qualora il socio non esegua il pagamento delle quote dovute (art.2344).
Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto. Inoltre la società può
avvalersi di una procedura di vendita coattiva delle azioni del socio moroso.
Decorsi 15gg dalla pubblicazione di una diffida nella Gazzetta Ufficiale, gli amministratori
offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione e per un corrispettivo
non inferiore ai conferimenti ancora dovuti.
In mancanza di offerte, la società può far vendere le azioni a mezzo di una banca o di un

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intermediario autorizzato.
Se la vendita coattiva non ha esito, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio,
trattenendo i conferimenti già versati e salvo il risarcimento dei maggiori danni.
Le azioni del socio escluso entrano a far parte del patrimonio della società e questa può ancora
tentare di rimetterle in circolazione entro l'esercizio. Se anche questa possibilità è vana, la
società deve annullare le azioni rimaste invendute e ridurre il capitale sociale.

19.I CONFERIMENTI DIVERSI DAL DANARO


È espressamente stabilito "che non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di
opera o di servizi" (art.2342, comma5). La difficoltà di dare una valutazione oggettiva ed
attendibile di tali prestazioni mal si concilia con l’esigenza di garantirne l’effettiva acquisizione
da parte della società e l’effettiva formazione del capitale reale.
Perciò le prestazioni di opera o di servizi oggi possono formare oggetto solo di prestazioni
accessorie distinte dai conferimenti.
Limitazioni sono poi state introdotte anche per quanto riguarda i conferimenti dei beni in
natura e dei crediti, ai quali si applicano i principi dettati per le società di persone quanto alla
garanzia cui è tenuto il socio conferente ed al passaggio dei rischi.
Il terzo comma dell'attuale art. 2342 dispone che " le azioni corrispondenti a tali conferimenti
devono essere interamente liberate al momento della sottoscrizione ".
Questa ulteriore limitazione preclude l’apporto a titolo di conferimento di cose generiche,
future o altrui, nonché di prestazioni periodiche di beni.
È invece da ritenersi ammissibile il conferimento di diritti di godimento, dato che la società
acquista col consenso del conferente l'effettiva disponibilità del bene ed è in grado di trarne
tutte le utilità. E’ conferibile ogni prestazione di dare suscettibile di valutazione economica
oggettiva e di immediata messa a disposizione della società. Ad es. diritti di brevetto per
marchi, invenzioni industriali.

20. LA VALUTAZIONE
I conferimenti diversi dal denaro ( conferimenti in natura e conferimento di crediti) devono
formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione regolato dall'art. 2343
(parzialmente modificato della riforma del 2003), per garantire una valutazione oggettiva e
veritiera di tali conferimenti e per evitare che agli stessi venga attribuito un valore nominale
superiore a quella reale. Il procedimento di valutazione si articola in più fasi.
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare una relazione giurata di stima di un
esperto designato dal tribunale. La stima deve contenere una serie di indicazioni e deve
attestare che " il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della
determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo".
La relazione deve essere legata all'atto costitutivo e depositata presso l'ufficio del registro delle
imprese. L’eventuale omissione della relazione di stima non comporta né la nullità della società
né la nulli del singolo conferimento.
Il valore assegnato in base alla relazione di stima ha carattere provvisorio. Entro sei mesi dalla
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costituzione della società, gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella
relazione di stima e devono procedere alla revisione della stima. Nel frattempo le azioni
corrispondenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la sede della società.
Se dalla revisione risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti è inferiore di oltre un
quinto rispetto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve ridurre
proporzionalmente il capitale sociale e annullare le azioni scoperte.
Il socio, per non vedere ridurre la propria partecipazione, potrà versare la differenza in danaro,
oppure potrà recedere dalla società. In caso di recesso, il socio avrà diritto alla restituzione in
natura del bene conferito, qualora sia possibile.
I risultati della revisione devono essere comunicati al socio in modo da consentirgli l’esercizio
di tali scelte alternative .
L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che, intervenuto l’annullamento delle azioni, quelle
residue siano diversamente ripartite fra i soci, nel rispetto del principio che il valore
complessivo dei conferimenti non può essere inferiore all’ammontare globale del capitale
sociale.
Oggi si può fare a meno del procedimento di stima quando il valore del conferimento in natura
risulta già in modo attendibile da altre circostanze. Infatti non è richiesta la stima:

- per i titoli quotati nel mercato dei capitali (c.d. valori mobiliari) e per gli strumenti quotati nel
mercato monetario al prezzo medio ponderato al quale tali strumenti finanziari sono stati
negoziati nei sei mesi precedenti il conferimento.

- al valore equo iscritto nel bilancio d’esercizio precedente quello nel quale è effettuato il
conferimento.

- al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre 6 mesi il
conferimento e conforme a principi e criteri riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del
conferimento.
Chi intende realizzare oggi un conferimento in natura, può redigere una stima non giurata da
un esperto di sua fiducia, senza ricorrere alla nomina da parte del tribunale.
Gli amministratori possono far sottoporre ad una valutazione il conferimento in natura,
qualora ritengano inattendibile il valore ad esso attribuito: o perché fatti eccezionali hanno
modificato il valore degli strumenti finanziari alla data di iscrizione della società nel registro
delle imprese rispetto al prezzo medio di quotazione dei precedenti 6 mesi; oppure perché
dopo la data di riferimento del bilancio o della precedente stima sono intervenuti fatti nuovi
che hanno alterato i valori dei beni o crediti conferiti; o perché l’esperto che ha effettuato la
stima non era in possesso dei adeguati requisiti professionali.
Tali accertamenti devono essere espletati dagli amministratori entro 30gg dall’iscrizione della
società, e se conducono alla contestazione del valore di conferimento, la nuova stima dovrà
essere effettuata secondo l’ordinaria procedura di valutazione, con conseguente istanza al
tribunale per la nomina dell’esperto.

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Diversamente, gli amministratori nel medesimo termine iscrivono nel registro delle imprese
una dichiarazione nella quale descrivono la fonte e i metodi di stima dei beni o crediti conferiti,
attestano che il valore così’ determinato è almeno pari a quello loro attribuito ai fini della
determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovraprezzo.
Fino all’iscrizione di tale dichiarazione le azioni corrispondenti sono inalienabili e devono
restare depositate presso la sede della società.

21. GLI ACQUISTI POTENZIALMENTE PERICOLOSI


L'obbligo di assoggettare a stima i conferimenti in natura poteva essere in passato eluso
attraverso un semplice espediente. Chi intendeva conferire un bene in natura figura nell'atto
costitutivo con un socio che si era obbligato a conferire danaro.
Appena costituita la società vendeva alla stessa il bene, per un importo corrispondente alla
somma dovuta a titolo di conferimento, con la conseguenza che il suo debito di apporto si
estingueva per compensazione. Questo pericolo è però oggi neutralizzato dall'art. 2343 - bis.
La norma neutralizza i pericoli connessi all’elusione dell’obbligo di stima. Inoltre tende anche
ad arginare, nella fase di avvio dell’attività di impresa, i pericoli per l’integrità del patrimonio
sociale derivanti da operazioni potenzialmente pericolose per il loro ammontare e per la
particolare posizione della controparte.
Questi obiettivi sono perseguiti assoggettando ad una particolare procedura autorizzativa gli
acquisti di beni o di crediti dai promotori, dai fondatori, dei soci attuali o dagli amministratori
quando:

a) il corrispettivo pattuito è pari o superiore al decimo del capitale sociale;

b) l'acquisto è compiuto nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese.

Tali acquisti devono essere preventivamente autorizzati dall’assemblea ordinaria. Inoltre


l’alienante deve presentare, una relazione giurata di un esperto designato dal tribunale
contenente la descrizione dei beni o dei crediti, il valore di ciascuno di essi attribuito, i criteri di
valutazione seguiti, nonché l’attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo.
E’ in tal modo prevenuto il pericolo di sopravvalutazione dei beni da acquistare.
I soci hanno diritto di prendere visione della relazione di stima e la delibera di autorizzazione è
soggetta a pubblicità legale (art.2343-bis, comma3).
In caso di violazione di tale disciplina l’acquisto resta valido, ma gli amministratori e l’alienante
sono responsabili per i danni causati alla società, ai soci e ai terzi.
La disciplina non si applica quando gli acquisti avvengono nei mercati regolamentati o sotto il
controllo dell’autorità giudiziaria o amministrativa, dato che in tal caso il prezzo di acquisto è
soggetto a controllo.
Inoltre sono esentati "gli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle
operazioni correnti della società".

22.LE PRESTAZIONI ACCESSORIE

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Oltre all'obbligo di conferimenti, l'atto costitutivo può prevedere l'obbligo dei soci di eseguire
prestazioni accessorie non consistenti in denaro, determinandone anche contenuto, durata,
modalità e compenso (art.2345 ).
Le prestazioni accessorie costituiscono un utile strumento per vincolare stabilmente soci ad
effettuare a favore della società prestazioni che non possono formare oggetto di conferimento.
Le azioni con prestazioni accessorie devono essere nominative e non sono trasferibili senza il
consenso degli amministratori, dato che il trasferimento delle azioni comporta anche il
trasferimento in testa all'acquirente dell'obbligo di esecuzione delle prestazioni accessorie.
Salvo diversa clausola statuarie, tali obblighi possono essere modificati con il consenso di tutti
soci.

CAPITOLO 5 - LE AZIONI
Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella società per azioni. Sono quote di
partecipazione omogenee e standardizzate, liberamente trasferibili e di regola rappresentate
da documenti (titoli azionari) che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito.
Nella società per azioni il capitale sociale sottoscritto è diviso in un numero predeterminato di
parti di identico ammontare, ciascuna delle quali costituisce un’azione ed attribuisce identici
diritti nella società e verso la società.
La singola azione rappresenta l'unità minima di partecipazione al capitale sociale e l'unità di
misura dei diritti sociali. È perciò indivisibile.
Ciascun socio, diventa titolare di una o di più azioni, di una o di più partecipazioni sociali, che
restano distinte ed autonome anche quando fanno capo alla stessa persona.
Uguaglianza di valore e di diritti, indivisibilità, autonomia e circolazione in forma cartolare sono
i caratteri tipizzanti le azioni.

A. AZIONI E CAPITALE SOCIALE


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2. IL VALORE DELLE AZIONI


Le azioni devono essere tutte di uguale valore (art.2348, comma1); devono cioè tutte
rappresentare una identica frazione del capitale sociale nominale.
Si definisce valore nominale delle azioni la parte del capitale sociale da ciascuna rappresentata
espressa in cifra monetaria. Nelle
azioni con valore nominale lo statuto deve specificare non solo il capitale sottoscritto, ma
anche il valore nominale di ogni azione e il numero complessivo (art.2328, n.5).
Nelle azioni senza valore nominale lo statuto deve indicare solo il capitale sottoscritto ed il
numero delle azioni emesse, fermo restando che anche le azioni senza valore nominale sono
frazioni uguali del capitale sociale.
Per tutte le azioni (con e senza valore nominale) vale la regola che in nessun caso il valore
complessivo dei conferimenti può essere inferiore all'ammontare globale del capitale sociale
(art. 2346, comma5). Le azioni possono essere emesse solo per somma superiore al valore
nominale (emissione con sovrapprezzo).
Il valore di emissione delle azioni va tenuto distinto dal valore reale delle stesse, che si ottiene
dividendo il patrimonio netto della società per il numero di azioni.
Tale valore varia nel tempo in funzione delle vicende economiche della società e può essere
accertato contabilmente attraverso il bilancio di esercizio (c.d. valore di bilancio).
Diverso ancora è il valore di mercato delle azioni, che risulta giornalmente dei listini ufficiali
quando le azioni sono ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato (borsa valori).
Esso indica il prezzo di scambio delle azioni in quel determinato giorno.

3. L’INDIVISIBILITA’ DELLE AZIONI


L’azione è l’unità minima di partecipazione e ad essa corrisponde un complesso unitario e non
frazionabile di diritti e poteri sociali. Le azioni sono perciò indivisibili (art.2347).
Se più soggetti diventano titolari di un’unica azione, si instaura fra gli stessi una situazione di
comproprietà indivisa. L’art. 2347 stabilisce che i diritti dei comproprietari verso la società
devono essere esercitati da un rappresentante comune nominato in base agli artt. 1105 e
1106. Se il rappresentante non è stato nominato, le comunicazioni e le dichiarazioni fatte dalla
società a uno dei comproprietari sono efficaci nei confronti di tutti.
L’esercizio dei diritti sociali è precluso ove non si provveda alla nomina del rappresentante.
In ogni caso, i comproprietari dell’azione rispondono solidalmente verso la società delle
obbligazioni da essa derivanti e quindi per il versamento dei conferimenti ancora dovuti.

4. FRAZIONAMENTO E RAGGRUPPAMENTO DI AZIONI


Nelle azioni con indicazione del valore nominale, l’indivisibilità delle azioni non impedisce che

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la società, con delibera di modifica dell’atto costitutivo, possa frazionare le azioni,


riducendone il valore nominale.
È possibile anche l’operazione inversa, ossia il raggruppamento delle azioni attraverso
l’aumento del loro originario valore nominale. Analoghe operazioni possono essere
realizzate con le azioni senza valore nominale allorché, fermo restando l’ammontare del
capitale, si aumenta (frazionamento) o si riduce (raggruppamento) il numero complessivo di
azioni emesse.
Il raggruppamento con resti è legittimo quando è conseguenza di altra operazione che sarebbe
impedita o gravemente ostacolata qualora non si desse luogo alla formazione di resti. Invalidità
della delibera si avrà pertanto solo quando il raggruppamento risulta predisposto al solo fine di
pregiudicare i singoli azionisti.

B. LA PARTECIPAZIONE AZIONARIA

5.L’UGUAGLIANZA DEI DIRITTI


Ogni azione costituisce una partecipazione sociale ed attribuisce al suo titolare un complesso
unitario di diritti e poteri di natura amministrativa (es. diritto di voto ed intervento nelle
assemblee), di natura patrimoniale (diritto agli utili), ed anche a contenuto complesso
amministrativo e patrimoniale (diritto d’opzione, diritto di recesso).
Due sono le peculiari caratteristiche del rapporto di partecipazione: eguaglianza dei diritti e
autonomia delle azioni.
Le azioni "conferiscono ai loro possessori uguali diritti" (art. 2348, comma1). Si tratta di
uguaglianza relativa in quanto è possibile creare " categorie di azioni fornite di diritti diversi"
(art.2348, cooma2).L'uguaglianza è poi oggettiva e non soggettiva. Uguali sono i diritti che ogni
azione attribuisce, non i diritti di cui ciascun azionista dispone, dovendosi al riguardo tener
conto anche del numero delle azioni di cui ciascuno è titolare. Dalla
posizione soggettiva dell’azione, i diritti sociali possono essere distinti in tre categorie diverse:

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1. diritti indipendenti dal numero di azioni possedute (es. diritto di intervento in assemblea,
diritto di denuncia al collegio sindacale);
2. diritti che competono solo se si possiede una determinata percentuale di capitale sociale
(diritto a chiedere l’assemblea; il diritto di ottenere che il collegio sindacali indaghi sui fatti
denunciati);
3. diritti che spettano ad ogni azionista in proporzione del numero delle azioni possedute
(diritto di voto; diritto agli utili ed alla quota di liquidazione).
Ed è proprio con riferimento a questi diritti che si coglie la situazione di disuguaglianza
soggettiva degli azionisti. Disuguaglianze soggettive perfettamente legittime e giuste, perché
su di esse si fonda l'ordinato funzionamento di un organismo economico a base capitalistica. In
esse si esprime infatti l'essenza del principio cardine delle società di capitali: chi ha una
maggiore partecipazione al capitale e più rischia, ha più potere e può imporre, nel rispetto
della legalità, la propria volontà alla minoranza.
Quando entrano in gioco interessi pubblici di particolare rilevanza, il legislatore introduce
deroghe al principio capitalistico, con il riconoscimento allo Stato o ad enti pubblici di poteri
societari svincolanti dall’ammontare della partecipazione azionaria o dalla qualità stessa di
azionista.

UNITA’ ED AUTONOMIA DELLE PARTECIPAZIONI AZIONARIE


Le azioni costituiscono partecipazioni sociali distinte. L’azionista può sottoscrivere od
acquistare più azioni ed in tal caso diventa titolare di una pluralità di partecipazioni azionarie.
E’ questo il principio dell’autonomia delle azioni. L’azionista può disporre in modo autonomo e
separato delle azioni possedute. Inoltre anche all’interno della società l’azionista potrà
comportarsi come titolare distinte partecipazioni nell’esercizio dei diritti proporzionati al
numero di azioni possedute.
L’azionista potrà così esercitare il voto per alcune azioni e non per altre, oppure potrà votare
con alcune personalmente e con altre tramite rappresentanti.
Voto divergente: voto espresso con alcune azioni a favore ed altre contro la stessa delibera. Un
esercizio necessariamente unitario è invece inevitabile per quei diritti che spettano all’azionista
in quanto tale, indipendentemente dal numero di azioni possedute.
E’ da escludersi che il socio possa intervenire in assemblea solo per una parte delle azioni da
lui posseduto.
L’autonomia delle azioni non esclude che sotto determinati profili acquisti rilievo anche la

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complessiva partecipazione posseduta da una stessa persona. Numerose sono le norme che
impongono specifici obblighi e divieti all’azionista in possesso di determinate aliquote del
capitale sociale.

7.LE CATEGORIE SPECIALI DI AZIONI


Sono categorie speciali di azioni quelle fornite di diritti diversi da quelli tipici previsti dalla
disciplina legale. Le azioni speciali si contrappongono perciò alle azioni ordinarie. Esse possono
essere create con lo statuto o con la successiva modificazione dello stesso.
La presenza di categorie speciali di azioni comporta una modifica nell’organizzazione interna
della società, per la compresenza di diversi gruppi di azionisti con interessi parzialmente non
coincidenti.
Infatti se esistono diverse categorie di azioni, le deliberazioni dell'assemblea generale che
pregiudicano i diritti di una di esse devono essere approvate anche dall'assemblea speciale
della categoria interessata.
La previsione normativa tutela gli azionisti di categoria come gruppo e non individualmente.
I diritti speciali di categoria si atteggiano come diritti di gruppo e non come diritti individuali. La
valutazione dell'interesse di tutti gli azionisti (espressa dall’assemblea straordinaria) e quella
degli interessi di categoria (espressa dall’assemblea speciale) prevalgono sulla volontà
individuale e rendono legittimo, nell'interesse comune, il sacrificio dei diritti speciali
originariamente attribuiti ad una determinata categoria di soci.

8.IL CONTENUTO DELLA PARTECIPAZIONE AZIONARIA


La società gode di ampia autonomia nel modellare il contenuto della partecipazione azionaria,
anche se con l’osservanza di limiti espressamente posti dalla legge o desumbinili dal sistema
(art.2348, comma2).
Fra i limiti espressi permane, dopo la riforma del 2003, il divieto di emettere azioni a voto
plurimo (art.2351, comma4) azioni cioè che attribuiscono ciascuna più di un voto.
Con la riforma del 2003 tutte le società possono emettere azioni senza diritto di voto.
Nel contempo sono scomparse le azioni privilegiate a voto limitato e consente a tutte le
società:

a) la creazione di azioni (anche non privilegiate) "con diritto di voto limitato a particolari
argomenti" non necessariamente di esclusiva competenza dell’assemblea straordinaria.

b) di azioni "con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non


meramente potestative ”.

L'azione senza voto, a voto limitato e a voto condizionato non possono tuttavia superare la

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metà del capitale sociale, in modo da evitare una eccessiva concentrazione di potere nelle
mani degli azionisti a voto pieno.
Alle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è inoltre consentita anche
di prevedere che, in relazione alle azioni possedute da uno stesso soggetto:

A) il diritto di voto sia limitato ad una misura massima

B) si è introdotto il c.d. voto scalare

Con l'attuale disciplina è caduto per le società non quotate il principio che il voto può essere
escluso o limitato solo se le relative azioni sono assistite da privilegi patrimoniali. Resta invece
fermo il principio che possono essere emesse azioni privilegiate anche senza limitazione dei
diritti amministrativi (art. 2350 ).
Le azioni privilegiate sono azioni che attribuiscono ai loro titolari un diritto di preferenza nella
distribuzione degli utili e/o nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della
società.
Col solo limite del divieto di patto leonino ( art. 2265 ), la società è perciò libera di articolare
come preferisce il contenuto patrimoniale di tali azioni.
È altresì consentita l'emissione di azioni fornite diritti patrimoniali correlati ai risultati
dell’attività sociale di un determinato settore, anche quando non si danno vita a patrimoni
separati destinati solo ad uno specifico affare.

9. LE AZIONI DI RISPARMIO
Le azioni di risparmio costituiscono, insieme alle azioni privilegiate a voto limitato previste
dalla disciplina previgente, la risposta ad un'esigenza unitaria: quella di incentivare
l'investimento in azioni offrendo ai risparmiatori titoli meglio rispondenti ai loro specifici
interessi. Le azioni di sono prive del diritto di voto, devono essere dotate di privilegi di natura
patrimoniale. Inoltre possono essere emesse al portatore. Assicurano quindi l’anonimato.
Le azioni di risparmio possono essere emesse solo da società le cui azioni ordinarie sono
quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’UE.
Le azioni risparmio sono prive del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie.
Di esse perciò non si tiene conto per il calcolo dei relativi quorum costitutivi o deliberativi.
È da escludersi oggi che agli azionisti di risparmio possa essere riconosciuto il diritto di
intervento in assemblea e il diritto di impugnare le delibere assembleari invalide, poiché con la
riforma del 2003 l’esercizio di tali diritti è stato riservato agli azionisti con il dritto di voto.
Le azioni di risparmio erano azioni privilegiate sotto il profilo patrimoniale, ma con la riforma
del 1998 è infatti stato cancellato la rigida disciplina legislativa dei privilegi patrimoniali.

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L'attuale disciplina si limita infatti a stabilire che le azioni di risparmio sono "dotate di
particolari privilegi di natura patrimoniale" e che l'atto costitutivo "determina il contenuto del
privilegio, le condizioni, i limiti, le modalità e i termini per il suo esercizio" (art.145, comma2).
La disciplina delle azioni di risparmio è poi completata dalla previsione di un’organizzazione di
gruppo per la tutela degli interessi comuni.
Diritto d’opzione: in caso di aumento del capitale sociale a pagamento, i possessori di azioni di
risparmio hanno diritto di ricevere azioni di risparmio della stessa categoria ovvero, in
mancanza o per la differenza, nell’ordine, azioni di risparmio di altra categoria, azioni
privilegiate o azioni ordinarie.
La disciplina delle azioni di risparmio è completata dalla previsione di un’organizzazione di
gruppo per la tutela degli interessi comuni. L'organizzazione si articola nell'assemblea speciale
e nel rappresentante comune.
L'assemblea delibera sugli oggetti di interesse comune e in particolare sull'approvazione delle
delibere dell'assemblea della società che pregiudicano i diritti degli azionisti di risparmio e
sulla transazione delle controversie con la società. Delibera, inoltre, sulla nomina e sulla revoca
del rappresentante comune e sull’azione di responsabilità nei suoi confronti e sulla
costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e sul relativo
rendiconto.

Il rappresentante comune provvede all’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea e tutela


gli interessi comuni degli azionisti di risparmio nei confronti della società. Gli è riconosciuto il
diritto di visionare il libro soci, il libro delle adunanze dell’assemblea generale, il diritto di
assistere alle assemblea della società e di impugnare le deliberazioni, diritti che sono oggi
preclusi al singolo azionista di risparmio.

10. LE AZIONI A FAVORE DEI PRESTATORI DI LAVORO


L'art. 2349 consente l'assegnazione straordinaria di utili ai dipendenti delle società o di società
controllate da attuarsi mediante un articolato procedimento:
gli utili sono imputati a capitale e, per l’importo corrispondente, la società emette speciali
categorie di azioni che vengono assegnate gratuitamente ai prestatori di lavoro.
Per tali azioni la società può stabilire " norme particolari riguardo alla forma, al modo di
trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti.
Esse devono essere assegnate individualmente ai dipendenti.
La società può poi escludere o limitare il diritto di opzioni degli azionisti sulle azioni a
pagamento di nuova emissione, per offrire le stesse in sottoscrizione ai dipendenti della

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società o di società controllate o controllanti.


La società può infine assegnare ai propri dipendenti o ai dipendenti di società controllate
strumenti finanziari partecipativi. In tal caso possono essere previste norme particolari per
l’esercizio dei diritti attribuiti nonché per quanto riguarda la possibilità di trasferimento e le
eventuali cause di decadenza o di riscatto.
Nelle società ad azionariato diffuso si stanno affermando i piani di compensi basati su azioni o
strumenti finanziari a favore di amministratori e altri dirigenti. Le nuove norme impongono
che tali piani di compensi siano approvati dall’assemblea straordinaria. I contenuti del piano
devono essere resi pubblici almeno 15 giorni prima della loro esecuzione e comunicati alla
Consob e alle società di gestione del mercato.

11. LE AZIONI DI GODIMENTO


Le azioni di godimento (art.2353) costituiscono una categoria di azioni speciali la cui funzione è
quella di assicurare la parità di trattamento degli azionisti in occasione della riduzione reale del
capitale sociale (art.2445) attuata mediante sorteggio ed annullamento di un certo numero di
azioni dietro rimborso del solo valore nominale delle azioni stesse. Poiché il
valore reale delle azioni può essere notevolmente superiore a quello nominale, agli azionisti
rimborsati vengono rilasciati speciali titoli detti azioni di godimento. I
titolari di tali azioni partecipano alla ripartizione degli utili solo dopo che sia stato corrisposto
alle altre azioni un dividendo pari all’interesse legale sul valore nominale.

Inoltre, partecipano alla ripartizione del saldo attivo di liquidazione solo dopo che alle altre
azioni sia stato rimborsato il loro valore nominale.
Le azioni di godimento non attribuiscono diritto di voto, diritto di intervento nell’assemblea e
di impugnare le delibere assembleari invalide.

12. AZIONI E STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI


Dalle azioni vanno tenuti distinti gli strumenti finanziari partecipativi in quanto quest’ultimi
non sono parte del capitale sociale. Gli apporti con cui sono liberati non sono assoggettati alla
disciplina propria dei conferimenti in quanto non sono imputati a capitale sociale, pur
contribuendo ad incrementare il patrimonio sociale.
Gli strumenti finanziari partecipativi non attribuiscono perciò la qualità di azionista e
presentano ampia elasticità per quanto riguarda i diritti propri delle azioni che possono essere
loro riconosciuti.
Essi possono essere forniti solo di diritti patrimoniali o dei diritti amministrativi, con esclusione
però del diritto di voto nell'assemblea generale degli azionisti.
Possono essere dotati di diritto di voto su argomenti specificamente indicati, e in particolari

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può essere ad essi riservata, secondo modalità stabilite dallo statuto, la nomina di un
componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o si
un sindaco (art. 2351, comma5).
Per il resto è riconosciuto ampio spazio all’autonomia statuaria. Lo statuto disciplina "modalità
e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle
prestazioni".

C. LA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI

13. I TITOLI AZIONARI


I titoli azionari sono i documenti che rappresentano le quote di partecipazione nelle società
per azioni non quotate, né diffuse fra il pubblico in maniera rilevante, e ne consentono il
trasferimento secondo le regole proprie dei titoli di credito.
La loro emissione nelle società non quotate non è essenziale, infatti lo statuto può escludere
l'emissione dei titoli azionari (art.2346, comma1). In tal caso, la qualità di socio è provata
dall'iscrizione nel libro dei soci, e il trasferimento delle azioni resta assoggettato alla disciplina
della cessione del contratto in quanto applicabile ed ha effetto nei confronti delle società dal
momento dell'iscrizione nel libro dei soci ( art.2355, 1 comma).
Qualora emessi, i certificati azionari devono indicare:

1. la denominazione e la sede della società;


2. la data dell’atto costitutivo e della sua iscrizione, l’ufficio del registro delle imprese dove
la società è iscritta;
3. il loro valore nominale o, se si tratta di azioni senza valore nominale, il numero
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complessivo delle azioni emesse, nonché l’ammontare del capitale sociale;


4. l’ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate;
5. i diritti e gli obblighi ad esse inerenti.
Le azioni devono essere sottoscritte da uno degli amministratori. Devono essere confezionati
gli eventuali certificati provvisori rilasciati ai soci in attesa dell’emissione dei titoli definitivi.
I certificati provvisori devono essere ritirati dalla società al momento del rilascio dei titoli
definitivi.
I certificati azionari possono essere titoli semplici o multipli; cioè possono rappresentare una
o più azioni. Il possessore di un titolo multiplo può chiederne in ogni momento il
frazionamento in più titoli di taglio minore.
Ai titoli azionari è collegato un foglio cedole, costituito da un certo numero di tagliandi
contrassegnati dalla denominazione della società e numerati progressivamente.
Le cedole consentono di esercitare i diritti che maturano durante la vita della società, senza
necessità di esibire il titolo azionario. È sufficiente distaccare e consegnare alla società la
cedola, cui quel determinato diritto è di volta in volta ricollegato dalla società stessa.
Le cedole sono di regola al portatore e possono formare oggetto di autonoma circolazione una
volta distaccate dal titolo principale, acquisendo così la natura di titoli di credito.

14. AZIONI E TITOLI DI CREDITO


Ai titoli azionari deve essere riconosciuta la natura di titoli di credito. Le azioni rientrano nella
categoria dei titoli di credito causali. Sono cioè titoli di credito che possono essere emessi solo
in base ad un determinato rapporto causale e che si caratterizzano per la parziale sensibilità
del rapporto documentato dal titolo alle eccezioni desumibili da disciplina legale del rapporto
societario. I titoli azionari sono un veicolo necessario per il trasferimento della partecipazione
sociale e pertanto è applicabile il principio dell’autonomia in sede di circolazione dei titoli di
credito, art. 1994 : chi acquista in buona fede il possesso del titolo azionario non è soggetto a
rivendicazione. Diventa proprietario del titolo e titolare della partecipazione azionaria nello
stesso incorporata.
Inoltre il titolo azionario svolge una funzione di legittimazione nei rapporti interni
all’organizzazione societaria. Il possessore del titolo azionario, che si legittima nelle forme
prescritte dalla legge, può esercitare i diritti sociali senza essere tenuto a provare la proprietà
del titolo e la qualità di socio.
Il titolo azionario non attribuisce un diritto letterale, cioè un diritto il cui contenuto è

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determinato esclusivamente da quanto è scritto nel documento.


Per determinare la posizione del socio nei confronti della società è necessario far riferimento a
fonti di cognizione estranee alla lettera del titolo: atto costitutivo e delibere assembleari.
La teoria dei titoli di credito ha chiarito che la letteralità del diritto cartolare non viene meno
quando il titolo faccia riferimento ad altre fonti regolamentari soggette a pubblicità legale o
accessibili all’acquirente del titolo. Il che si verifica nei titoli azionari. Quindi sono da
inquadrare fra i titoli di credito a letteralità incompleta o per relationem.
La disciplina generale dei titoli di credito stabilisce che al terzo portatore del titolo non sono
opponibili le eccezioni personali ai precedenti possessori ed in particolare quelle fondate sul
rapporto causale che ha dato luogo all’emissione del titolo (c.d. astrattezza del diritto
cartolare).
Si ritiene che tale principio non possa trovare piena applicazione ai titoli azionari. Infatti si
ritiene che l’esigenza di tutela dell’acquirente delle azioni deve essere sacrificata quando può
comportare lesione di altro inderogabile e principio di diritto societario: quello della
salvaguardia dell’integrità del capitale sociale. Se ne è perciò dedotto:
1 la società può opporre erga omnes eventuali vizi del procedimento di creazioni delle azioni
2 la società può opporre al terzo acquirente l’intervenuto annullamento del titolo azionario
non risultante dal documento
3 la società può richiedere al terzo acquirente i versamenti dei conferimenti ancora dovuti,
anche se dal titolo non risulta che le azioni non sono interamente liberate
4 la società può opporre le limitazioni statuarie alla circolazione delle azioni non risultanti dal
titolo.

15. AZIONI NOMINATIVE E AZIONI AL PORTARE


Le azioni possono essere nominative o al portatore a scelta dell'azionista (art. 2354, comma1).
Ciò significa concedere il beneficio dell'anonimato all'investimento azionario, rendere
quest'ultimo fiscalmente competitivo rispetto ad altre forme di investimento.
Il sistema vigente è perciò il seguente: tutte le azioni devono essere nominative, salvo le azioni
di risparmio e quelle emesse dalle Sicav che, purché interamente liberate, possono essere
nominative o al portatore a scelta dell'azionista.

16. LA LEGGE DI CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI


La circolazione delle azioni nominative è regolata dal r.d.l. 1148/1941. Le azioni nominative Le
azioni nominative devono essere intestate al nome di una persona fisica o giuridica e
l’intestazione deve risultare anche dal libro dei soci.
Per il trasferimento dei titoli azionari è perciò necessario il mutamento della doppia

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intestazione sul titolo e sul libro dei soci e quindi la necessaria cooperazione della società
emittente.
La doppia annotazione del nome dell’acquirente può avvenire secondo due tipi di procedure:

- una prima procedura prevede il cambiamento contestuale delle due intestazioni, sotto la
responsabilità della società emittente: il transfert, richiesto sia dall’alienante: il quale deve
esibire il titolo e provare la propria identità nonché la propria capacità di disporre (capacità di
agire) mediante certificazione di un notaio o altro soggetto; sia dall’acquirente: il quale deve
esibire il titolo e dimostrare il suo diritto, mediante atto con firma autenticata o atto pubblico.

- il trasferimento mediante girata, la duplice annotazione è eseguita da soggetti diversi ed in


tempi diversi. L’annotazione sul titolo (girata) è fatta dall’alienante; quella nel libro dei soci
dalla società e si rende necessaria solo quando l’acquirente voglia esercitare i diritti sociali.

La girata deve contenere la data, il nome del giratario; deve essere sottoscritta dal girante e dal
giratario se si tratta di azioni non liberate. La girata deve essere autenticata da un notaio, da un
agente di cambio, da una banca a ciò autorizzata a garanzia dell’identità e della capacità dei
girante e dello stesso giratario se l’azione non è liberata.
La preventiva annotazione nel libro dei soci non è più necessaria in quanto, Il giratario che si
dimostra possessore in base ad una serie continua di girate è legittimato ad esercitare tutti i
diritti sociali. Resta tuttavia l’obbligo della società di aggiornare il libro soci.

Nel trasferimento tramite girata, l’iscrizione nel libro dei soci non ha più efficacia legittimante,
ma solo informativa. Nel contempo la società è obbligata a comunicare annualmente
all’Agenzia delle entrate i nominativi degli azionisti che hanno riscosso dividendi o partecipato
alle assemblee.
La circolazione delle azioni al portatore, esse non sono intestate ad alcuna persona (cd. titoli a
legittimazione reale). Il trasferimento avviene mediante semplice consegna del titolo
all’acquirente. Il possessore del titolo è legittimato all’esercizio dei relativi diritti in base alla
semplice presentazione del titolo alla società.

17. LE AZIONI DEMATERIALIZZATE


La circolazione delle azioni si fonda sul trasferimento materiale dei titoli e comporta, per le
azioni nominative, il compimento delle complesse formalità connesse alla duplice
annotazione. Quindi si ha l’esigenza di rendere sicuro il mercato dei titoli quotati in borsa e
delle azioni, attraverso l’adozione di meccanismi di circolazione svincolati dal trasferimento
materiale del documento e basati su semplici registrazioni contabili.
A tale finalità risponde il sistema di gestione accentrata di strumenti finanziari, che ha le

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seguenti caratteristiche essenziali:

- il sistema è gestito da apposite spa a statuto speciale (le società di gestione accentrata)
che operano sotto il controllo della Consob e della Banca d’Italia;
- le categorie di soggetti e gli strumenti finanziari ammessi alla gestione accentrata sono
determinati d’intesa dalla Banca d’Italia e dalla Consob con proprio regolamento;
- le modalità di funzionamento del sistema di gestione accentrata varia a seconda che gli
strumenti finanziari siano o meno rappresentati da titoli, in base alla
dematerializzazione introdotta dal d.lgs. 213/1998.
Infatti, in base a tale decreto dal 5 ottobre 1998 non possono più essere rappresentati da titoli
e sono immessi nel sistema in regime di dematerializzazione due tipi di strumenti
(DEMATERIALIZZAZIONE OBBLIGATORIA):

- quelli negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani;


- quelli diffusi fra il pubblico in misura rilevante, secondo i criteri dalla Consob d’intesa
con la Banca d’Italia.
Invece è facoltà degli emittenti assoggettare al regime di de materializzazione gli strumenti
finanziari che non presentano tali caratteristiche. La scelta di assoggettare le azioni al regime di
de materializzazione deve risultare dallo statuto (DEMATERIALIZZAZIONE VOLONTARIA).

Quindi coesistono allo stato due sistemi di gestione accentrata: dematerializzata e non
dematerializzata.
Il sistema di gestione accentrata non dematerializzata si fonda sul deposito dei titoli azionari
presso la società di gestione (Monte Titoli s.p.a.). L’adesione al sistema è facoltativa e la scelta
è rimessa al singolo azionista. Questi può depositare i propri titoli presso un intermediario
autorizzato con un contratto di deposito titoli in amministrazione, che autorizza l’intermediario
a subdepositarli presso la società di gestione accentrata. Si determinano due tipi di rapporto di
deposito fra loro collegati. Il deposito in
gestione accentrata consente di sostituire la circolazione documentale dei titoli depositati con
una circolazione fondata su semplice scritture contabili, che producono l’effetto proprio del
trasferimento secondo la disciplina legislativa dei titoli di credito. L’esercizio dei
relativi diritti è svincolato dall’esibizione dei titoli custoditi dalla società di gestione accentrata.
Questa è infatti legittimata a compiere tutte le operazioni inerenti alla gestione dei titoli,
secondo le regole fissate dalla Consob, quali i diritti patrimoniali. Sono invece
riservati ai titolari delle azioni i diritti amministrativi, sulla base di una certificazione non

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trasferibile rilasciata dall’intermediario sulla base delle proprie scritture contabili e contenenti
l’indicazione del diritto sociale esercitabile. E’ inoltre legittimata ad esercitare le azioni
conseguenti alla distruzione, allo smarrimento e alla sottrazione dei titoli immessi nel sistema.
Invece è riservato ai titolari delle azioni l’esercizio dei diritti in esse incorporati.
Le certificazioni hanno la sola funzione di legittimare all’esercizio dei diritti amministrativi in
esse menzionati e sono nulli gli atti di disposizione delle stesse.
L’emissione del socio in assemblea avviene sulla base di una comunicazione effettuata alla
società, su richiesta del socio stesso, da parte dell’intermediario che tiene il conto.
La gestione accentrata di strumenti finanziari rappresentati da titoli, consente di sostituire la
tradizionale circolazione documentale delle azioni con una circolazione fondata su registrazioni
contabili (dematerializzazione della circolazione), ma non comporta la soppressione materiale
dei titoli (dematerializzazione totale). Una vera e
propria dematerializzazione con conseguente soppressione del documento cartaceo è stata
introdotta del d.lgs 213/1998 . Oggi le azioni negoziate nei mercati regolamentati italiani o
diffuse fra il pubblico in modo rilevante non possono più essere rappresentate dai titoli
(dematerializzazione obbligatoria).

L’emissione ed il trasferimento delle azione de materializzate avviene esclusivamente


attraverso il sistema di gestione accentrata, con registrazioni contabili.
Per le nuove emissioni dematerializzate l’emittente si limita a comunicare alla società di
gestione accentrata prescelta l’ammontare globale dell’emissione, il suo frazionamento e gli
intermediari ai quali accreditare le azioni emesse.
La società di gestione accentrata apre un conto per ogni emittente, suddiviso in sottoconti
relativi a ciascuna emissione. Nel contempo accende per ogni intermediario partecipante al
sistema conti destinati a registrare i movimenti di strumenti finanziari disposti tramite lo
stesso. Gli intermediari a loro volta registrano i conti distinti per ogni titolare, le azioni di
pertinenza degli stessi.
Il trasferimento delle azioni dematerializzate può essere effettuato dai titolari solo tramite gli
intermediari autorizzati. Una volta concluso il trasferimento con la registrazione da parte della
società di gestione, gli intermediari dovranno a loro volta registrare lo stesso nel conto del
proprio cliente. Infatti “Colui che ha ottenuto la registrazione in suo favore, in base a titolo
idoneo e in buona fede, non è soggetto a pretese o azioni da parte dei precedenti titolari”; ed
ha inoltre la legittimazione piena ed esclusiva ad esercitare i relativi diritti.

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inoltre l’emittente potrà opporgli solo le eccezioni a lui personali e quelle comuni a tutti gli altri
titolari degli stessi diritti.
L’intermediario esercita in nome e per conto del titolare del conto i diritti patrimoniali relativi
alle azioni dematerializzate. I diritti amministrativi sono invece esercitati dal titolare del conto,
se non ha conferito mandato all’intermediario stesso, con le stesse modalità previste per la
gestione accentrata non dematerializzata.
La società provvede ad aggiornare il libro dei soci sulla base delle comunicazioni ricevute e dei
certificati depositati.

18. I VINCOLI SULLE AZIONI


Le azioni possono essere costituite in usufrutto o impegno e possono inoltre formare oggetto
di misure cautelari ed esecutive. La costituzione in usufrutto o in pegno delle azioni
nominative avviene mediante annotazione del relativo vincolo sul titolo e nel libro soci, a cura
della società emittente.
L’art. 2352 per l’esercizio dei diritti sociali relativi alle azioni gravate da vincoli , una disciplina
più organica. Al riguardo è previsto che salvo convenzione contraria, il diritto di voto compete
al creditore pignoratizio o all'usufruttuario. Essi dovranno esercitarlo in modo da non ledere gli
interessi del socio, esponendo si altrimenti al risarcimento dei danni nei suoi confronti.
Nel caso di sequestro delle azioni il voto è esercitato dal custode.

Gli altri diritti amministrativi spettano invece disgiuntamente sia al socio sia al creditore
pignoratizio o all'usufruttuario, se dal titolo costitutivo del vincolo non risulta diversamente
(art. 2352, comma 6).
Il diritto di opzione spetta invece al socio e stabilisce che solo ad esso sono attribuite le nuove
azioni sottoscritte. Il socio deve tuttavia provvedere almeno tre giorni prima della scadenza al
versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione.
In mancanza, gli altri soci possono offrire di acquistarlo. Altrimenti il diritto di opzione deve
essere alienato per suo conto a mezzo di una banca o di altro intermediario autorizzato alla
negoziazione nei mercati regolamentati.
In caso di aumento gratuito del capitale, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono alle
azioni di nuova emissione.
Regolato è il versamento delle somme dovute sulle azioni non liberate e con soluzione opposta
per il pegno e l’usufrutto. In caso di pegno, è il socio che deve provvedere al versamento.
In mancanze, il creditore pignoratizio può far vendere le azioni tramite una banca o altro
intermediario autorizzato, con trasferimento del pegno sul ricavato.
In caso di usufrutto è invece l'usufruttuario che deve provvedere al versamento, salvo il suo

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diritto alla restituzione di tale somma al termine dell'usufrutto.

19. I LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI


Le azioni sono in via di principio liberamente trasferibili. La libera trasferibilità è esclusa o
limitata per legge in determinate ipotesi:
Limiti legali:
a) le azioni liberate con conferimenti diversi dal danaro non possono essere alienate prima del
controllo della valutazione (art.2343, comma 3);
b) le azioni con prestazioni accessorie non sono trasferibili senza il consenso del consiglio di
amministrazione (art.2345, comma 2);
c) le azioni delle società fiduciarie e di revisione non sono trasferibili senza il consenso del
consiglio di amministrazione.

Limiti convenzionali: cioè quei limiti determinati da accordi fra i soci. Questi, poi vanno distinti
a seconda che risultino dall’atto costitutivo della società (limiti statutari) o da accordi non
consacrati nell’atto costitutivo (patti parasociali).
I limiti alla circolazione delle azioni risultanti da patti parasociali vengono definiti sindacati di
blocco ed hanno lo scopo di evitare l'ingresso in società di terzi non graditi.
I sindacati di blocco vincolano solo le parti contraenti.

L’introduzione dei limiti statuari alla circolazione delle azioni è consentita dall’art. 2355-bis, il
quale stabilisce che lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il trasferimento, anche a
causa di morte, della azioni nominative. Nel contempo consente anche che lo statuto vieti del
tutto la circolazione delle azioni sia per un periodo non superiore a 5 anni dalla costituzione
della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto.

Le clausole statutarie finalizzate a limitare la circolazione delle azioni possono assumere le


formulazioni più varie: le più diffuse sono:

1) la clausola di prelazione, è la clausola che impone al socio, che intende vendere azioni, di
offrirle preventivamente agli altri soci e di preferirli ai terzi a parità di condizioni. La clausola
quindi consente di impedire l'ingresso in società di soci non graditi, senza precludere
all’azionista che ne voglia uscire di realizzare il valore economico della sua partecipazione.

2) le clausole di gradimento, esse possono essere a loro volta distinte in due sottocategorie:

a) clausole che richiedono il possesso di determinati requisiti da parte dell'acquirente


(es. cittadinanza italiana);
b) clausole che subordinano il trasferimento delle azioni a consenso (placet) di un organo

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sociale, quasi sempre costituito dal consiglio di amministrazione.

3 le clausole di riscatto: l'introduzione di clausole statutarie che prevedono potere di riscatto


delle azioni da parte della società o dei soci al verificarsi di determinati eventi (art.2437
sexies).

Le clausole statutarie limitative della circolazione possono essere introdotte o rimosse nel
corso della vita della società con delibera dell'assemblea straordinaria.
Se lo statuto non dispone diversamente, è riconosciuto diritto di recesso ai soci che non hanno
concorso all'approvazione della delibera(art.2437, 2 comma, lett.b).

D. LE OPERAZIONI DELLA SOCIETÀ SULLE PROPRIE AZIONI


L’incorporazione delle partecipazioni azionarie in titoli di credito rende possibile il compimento
da parte di una società di operazioni aventi ad oggetto le proprie azioni e in particolare la loro
sottoscrizione e compravendita. Queste
operazioni sono pericolose sotto più profili: pericolose per l'integrità del capitale sociale, per il
corretto funzionamento dell'organizzazione societaria, per il mercato dei titoli. Per questi
motivi le operazioni della società sulle proprie azioni sono considerate con estremo sfavore dal
legislatore e sono in linea di principio vietate.
Tre sono le situazioni attualmente regolate:

1) LA SOTTOSCRIZIONE: la società non può sottoscrivere proprie azioni. Il divieto ha carattere


assoluto e soffre eccezioni. Infatti opera in sede di costituzione della società e in sede di
aumento del capitale sociale.
Colpisce inoltre tanto la sottoscrizione diretta, compiuta cioè in nome della società; quanto la
sottoscrizione indiretta, compiuta cioè da terzi in nome proprio ma per conto della società.
La sanzione per la violazione del divieto di auto-sottoscrizione non è la nullità della
sottoscrizione, ma le azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che
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materialmente hanno violato il divieto. E ciò al fine di consentire l’effettiva acquisizione dei
relativi conferimenti.
In caso di sottoscrizione diretta, le azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai
promotori e dei soci fondatori o in caso di aumento del capitale sociale, dagli amministratori.
Costoro diventano titolari a tutti gli effetti delle azioni sottoscritte in nome della società.
Nel caso di sottoscrizione indiretta, invece è il terzo che ha sottoscritto le azioni ed è lui
obbligato ad eseguire i conferimenti, senza possibilità di rivalsa sulla società.

2) ACQUISTO DELLE PROPRIE AZIONI : Operazione questa che può dar luogo ad una riduzione
del capitale reale senza l'osservanza della relativa disciplina(art. 2245).
Tuttavia l’acquisto di azione proprie può costituire una proficua forma di investimento delle
eccedenze patrimoniali disponibili della società, inoltre se la società è quotata in borsa,
l’acquisto e la vendita di azioni proprie è un mezzo per stabilizzare le quotazioni.
Eccezion fatta per le Sicav, l’acquisto di azioni proprie non è vietato in modo assoluto.
L’operazione è consentita, ma la società deve rispettare le condizioni fissate dall’art. 2357.

Le condizioni per l’acquisto sono:

1 le somme impiegate nell’acquisto non possono eccedere l’ammontare degli utili


distribuibili e le riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato.
2 le azioni da acquistare devono essere interamente liberate.
3 l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria;
4 solo per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio permane la
condizione che il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta
parte del capitale sociale, tenuto conto delle azioni possedute dalle società controllate.
Gli acquisti compiuti senza l’osservanza di tali condizioni restano validi, ma gli amministratori
sono esposti a sanzioni penali.
Le azioni acquistate violando queste condizioni devono essere vendute entro un anno dal loro
acquisto, secondo le modalità fissate dall’assemblea.
In mancanza, la società deve procedere al loro annullamento ed alla corrispondente riduzione
del capitale sociale.
Nell’inerzia dell’assemblea, la riduzione del capitale sociale deve essere disposta di ufficio dal

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tribunale, su richiesta degli amministratori e dei sindaci (art.2357, comma4).


La disciplina si applica anche quando la società procede all’acquisto di azioni proprie per
tramite di società fiduciaria o per interposta persona (art.2357, comma5). In questo modi si
evita che la società si avvalga di terzi per eludere i limiti posti all’acquisto di proprie azioni.

Sono previsti alcuni casi speciali di acquisto, ossia:

quando l’acquisto avviene in esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale
sociale, da attuarsi mediante riscatto ed annullamento delle azioni;

l’acquisto di azioni proprie è subordinato solo all’impiego di utili e riserve disponibili quando
finalizzato al rimborso di un socio recedente e non è stato possibile collocare le azioni presso
gli altri soci o sul mercato.

Altre deroghe sono previste quando l’acquisto avviene:


1 quando l’acquisto avviene a titolo gratuito (se sono azioni interamente liberate),
2 per effetto di successione universale, fusione o scissione,
3 in caso di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che si
tratti di azioni interamente liberate.
In questi 3 casi deve essere rispettato il limite della quinta parte del k sociale. Il termine per
l’alienazione delle azioni possedute in eccedenza è di 3 anni.

Inoltre è disciplinato il regime delle azioni proprie in possesso della società con la finalità di
evitare indebite posizioni di vantaggio degli amministratori e del gruppo di comando. I diritti
sociali relativi alle azioni proprie sono sterilizzati. Il diritto di voto e gli altri diritti amministrativi
sono sospesi. Per evitare
che la detenzione di azioni proprie abbassi i quorum assembleari, rafforzando così la posizione
del gruppo di comando, si stabilisce che le azioni proprie sono sempre computate ai fini del
calcolo del quorum costitutivo e deliberativo dell’assemblea.
Il diritto agli utili e il diritto di opzione spettano proporzionalmente alle altre azioni.
Infine gli amministratori non possono disporre delle azioni senza la preventiva autorizzazione
dell’assemblea, la quale dovrà stabilire anche le relative modalità. L’autorizzazione alla
rivendita può essere contestuale all’autorizzazione all’acquisto, in modo che gli amministratori
possono procedere ad operazioni incrociate di compera e vendita (c.d. trading di azioni
proprie) nei limiti della delibera autorizzativa.
Opportune disposizioni assicurano la corretta rilevazione in bilancio delle azioni proprie
possedute ed un’adeguata informazione sulle relative operazioni compiute dalla società.

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22. ALTRE OPERAZIONI


Le altre operazioni sulle azioni proprie regolate dalla legge sono: l’assistenza finanziaria per
l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie e l’accettazione di azioni proprie in garanzia.
L’attività di assistenza finanziaria consiste nel concedere prestiti o fornire garanzie di qualsiasi
tipo, a favore di soci o di terzi per la sottoscrizione o l’acquisto di azioni proprie.
Si vuole evitare che amministratori o il gruppo di comando provochino, con denaro della
società, mutamenti nella composizione della compagine azionaria finalizzati ad accrescere le
loro posizioni di potere.
Il compimento di tali operazioni deve essere autorizzato dall’assemblea straordinaria.
All’assemblea gli amministratori devono sottoporre una relazione nella quale illustrano quale
specifico interesse della società giustifica l’operazione. Inoltre vi attestano che l’operazione
avviene a condizioni di mercato e sulla base di una debita valutazione del merito di credito
della controparte. Il verbale dell’assemblea viene pubblicato nel registro delle imprese.
L’importo complessivo dei finanziamenti e delle garanzie non può eccedere l’ammontare degli
utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. La
società può concedere assistenza finanziaria anche per agevolare l’acquisto di azioni proprie
che essa stessa ha in portafoglio, e quindi figurare nella duplice veste di finanziatore e di
venditore, a condizione che l’alienazione sia realizzata ad un giusto prezzo.

Quindi per le azioni non quotate, il prezzo ricavabile dai criteri per la valutazione delle azioni in
caso di recesso; invece per le azioni quotate, il prezzo medio ponderato di quotazione nei
6mesi che precedono la pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea.
Invece la società non può accettare azioni proprie in garanzia. La società può diventare
proprietaria delle proprie azioni ricevute in garanzia qualora il debitore non adempia.
Non è specificata la sanzione in caso di violazione dei divieti posti dall’art. 2358.
Per l’acquisto di azioni proprie, l’autorizzazione assembleare si pone oggi come un limite legale
al potere di rappresentanza degli amministratori, quindi la sua mancanza rende i relativi
contratti validi ma inefficaci, salvo che l’autorizzazione non intervenga successivamente a
ratifica.
Nulli invece sono i contratti di assistenza finanziaria che impiegano somme non disponibili.
E nulla per la stessa ragione sarà l’accettazione in garanzia di azioni proprie.
Entrambi i divieti subiscono una parziale deroga quando le relative operazioni sono effettuate
per favorire l’acquisto di azioni da parte dei dipendenti della società o di quella società
controllate o controllanti.

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In tal caso la concessione di prestiti o di garanzie nonché l’accettazione di azioni proprie in


garanzia sono consentite, purchè le somme impiegate e le garanzie prestate siano contenute
nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio
approvato (art. 2358, comma8).

CAP. 6 LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI


1. L'INFORMAZIONE SULLE PARTECIPAZIONI RILEVANTI
Nel libro dei soci le azioni sono iscritte al nome dell'intestatario formale, sicché i relativi dati
non permettono di conoscere anche i possessi azionari indiretti degli azionisti. Inoltre,
l'iscrizione nel libro dei soci è necessaria solo in occasione dell'esercizio dei diritti sociali,
perciò pare libero non riflettere la reale composizione della compagine azionaria. L'attuale
disciplina prevede l’obbligo di comunicazione alla società partecipata e alla Consob per:

A) tutti coloro (persone fisiche, società o enti) che partecipano in una società con azioni
quotate in misura superiore al 2% del capitale di questa;

B) le sole società per azioni quotate che partecipano in società con azioni non quotate o in srl
in misura superiore al 10% del capitale di queste.

Sono invece determinate dalla Consob con proprio regolamento le variazioni delle
partecipazioni rilevanti che comportano l’obbligo di successive comunicazioni.

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L’attuale normativa regolamentare differenzia a seconda che si tratti di partecipazioni in


società quotate o partecipazioni detenute da società quotate.
Per le partecipazioni in società quotate è adottato un sistema di soglie fisse. Obblighi di
comunicazione sono inoltre previsti dalla Consob anche a carico dei titolari di strumenti
finanziari partecipativi emessi da società quotate che attribuiscono il diritto di nominare un
componente dell’organo di amministrazione o controllo.
Per le partecipazioni di società quotate in società non quotate, le successive comunicazioni
hanno invece carattere periodico. Alla Consob devono essere infatti comunicate solo le
partecipazioni superiori al 10% detenute alla data di chiusura dell’esercizio sociale.
Alla società partecipata deve invece essere comunicato solo l’acquisto di una partecipazione
superiore al 10% e la riduzione della partecipazione al di sotto di quella soglia.
Le comunicazioni servono anche per reprimere il fenomeno delle partecipazioni incrociate, ma
la funzione principale è quella di rendere note le reali posizioni di potere in assemblea.
Per il calcolo delle percentuali si tiene conto solo del capitale rappresentato da azioni o quote
che attribuiscono il diritto di voto. Sono computate le azioni o quote intestate a interposte
persone, fiduciari o a società controllate. Inoltre nei casi previsti dalla Consob, devono essere
comunicate anche le partecipazioni potenziali, cioè le azioni già emesse che possono essere
successivamente acquisite di propria iniziativa.

La Consob determina contenuto, modalità e termini per l'inoltro delle comunicazioni, nonché
per l'informazione del pubblico, con regole che oggi sono diverse per le partecipazioni in
società quotate e per quelle in società non quotate.
Diverse sono anche le sanzioni previste per la violazione degli obblighi di comunicazione.
Sono stabilite sanzioni pecuniarie (art. 193 Tuf), mentre è mantenuta ferma per le sole
partecipazioni in società quotate l'ulteriore sanzione della sospensione del voto inerente alle
azioni per le quali sia stata omessa la comunicazione.
Qualora la società ammetta ugualmente il socio a votare, la relativa deliberazione assembleare
è impugnabile a norma dell'art. 2377 c.c., qualora il voto di quel socio sia stato determinante
per la formazione della maggioranza. Esonerato
dalle comunicazioni prescritte è il Ministero dell’economia per le partecipazioni detenute
tramite società controllate. La Consob può esentare, su richiesta, le società italiane con azioni
quotato solo in mercati regolamentati di altri paesi dell’UE.
Una disciplina che ricalca quella dettata per le partecipazioni in società quotate è prevista

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attualmente per le partecipazioni rilevanti da chiunque possedute in:

a) società bancarie;

b) società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio e società di


investimento a capitale variabile;

c) società di assicurazione.

Oltre alla società partecipata, le partecipazioni rilevanti in considerazione vanno comunicate


alla Banca d’Italia, Consob e all’Isvap. A ciascuno di tali organi di controllo è riconosciuta la
legittimazione ad impugnare le deliberazioni adottate col voto determinante di chi ha omesso
di effettuare una comunicazione dovuta.
Per le società per azioni non quotate vi è l’obbligo di pubblicare annualmente, mediante
iscrizione nel registro delle imprese, l’elenco di tutti i soci alla data di approvazione del
bilancio, con l’indicazione delle azioni possedute, dei soggetti diversi dai soci titolari di diritti o
beneficiari di vincoli sulle azioni, nonché delle annotazioni fatte nel libro soci a partire dalla
data di approvazione del bilancio dell’esercizio precedente.

2. L'ACQUISTO DI PARTECIPAZIONI RILEVANTI SOCIETÀ QUOTATE


Chiunque intenda acquistare una partecipazione di controllo in una società con azioni quotate
deve osservare specifiche regole di comportamento. La legge 149/1992 stabilisce che il
passaggio di proprietà di partecipazioni di controllo di società quotate deve avvenire con la
massima trasparenza e con modalità che consentano a tutti gli azionisti di partecipare al
premio di maggioranza che l'operazione può comportare.
Per realizzare tali obiettivi sono stati introdotti due principi:

1) l’offerta pubblica di acquisto (opa) è la sola procedura che consente di tutelare gli azionisti
di minoranza in caso di cambiamento del gruppo di comando poiché consente loro di
disinvestire beneficiando del premio di controllo. L’opa è obbligatoria quando è trasferito il
partecipazione di controllo di una società quotata;

2) l'opa deve svolgersi nel rispetto di determinate regole di comportamento volte a tutelare i
destinatari dell'offerta e il regolare funzionamento del mercato.

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La riforma del 1998 ha modificato la disciplina dell’opa obbligatoria. L’opa è obbligatoria in


due casi: l’opa successiva totalitaria e l’opa residuale.
L'opa successiva totalitaria: consente agli azionisti di minoranza di uscire dalla società quotata
a seguito del mutamento dell'azionista di controllo. È tenuto a promuovere un'offerta pubblica
di acquisto chiunque, in seguito ad acquisti, venga a detenere, una partecipazione superiore al
30% dei titoli che attribuiscono diritto di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti
nomina o revoca o responsabilità degli amministratori o del consiglio di sorveglianza. L’offerta
deve essere promossa entro 20gg e deve avere ad oggetto l’acquisto della totalità dei titoli
quotati ancora in circolazione.
È fissato per legge anche il prezzo minimo che deve essere offerto: è il prezzo più elevato
pagato dall’offerente, nei 12 mesi anteriori l’offerta pubblica, per acquisti di titoli della
medesima categoria.
Per le categorie di titoli rispetto alle quali l’offerente non ha invece effettuato acquisti a titolo
oneroso nel periodo di riferimento, l’offerta è promossa ad un prezzo non inferiore a quello
medio ponderato di mercato degli ultimi 12 mesi o del minor periodo disponibile.
Il corrispettivo dell’offerta può essere costituito in tutto o in parte da titoli (offerte pubbliche di
scambio o miste).
Una partecipazione che non supera il 30% può essere oggi acquistata liberamente, sul mercato
o a trattativa privata, senza esporre l’obbligo di lancia l’opa, anche se idonea ad assicurare il
controllo fatto.

Inoltre, l’obbligo di lanciare l’opa per contro sussiste anche quando la percentuale del 30% è
superata sommando gli acquisti effettuati da soggetti che cooperano tra di loro sulla base di un
accordo volto ad acquisire, mantenere o rafforzare il controllo della società emittente, oppure
a contrastare il successo dell’opa promossa da terzi.
Superata la soglia del 30% questi soggetti sono obbligati solidalmente a lanciare l’opa
totalitaria anche se gli acquisti a titolo oneroso sono stati effettuati da uno solo di essi.
E’ affidato alla Consob ha il compito di definire con proprio regolamento quando sussiste
l’obbligo di lanciare l’opa successiva in alcuni casi particolari:

1. acquisto indiretto di una partecipazione superiore al 30% in una società quotata;


2. acquisti effettuati da chi deteneva già più del 30%, senza però disporre della
maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria, vale a dire il controllo di diritto (c.d. opa
da consolidamento).
Chi intende acquisire il controllo di una società quotata può sottrarsi dall’obbligo di
promuovere l’opa successiva totalitaria, lanciando una opa preventiva che lo porti a detenere

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una partecipazione superiore al 30%.


L’opa preventiva può essere totale o parziale. L’opa preventiva diretta a conseguire tutti i titoli
della società bersaglio non è soggetta a condizioni, e l’offerente può fissare liberamente il
prezzo di acquisto. Il che può dar luogo a comportamenti elusivi dell’opa successiva quando
l’attuale gruppo di comando è disposto a cedere la propria partecipazione. Unico limite è che
quando l’offerta prevede un corrispettivo in titoli, l’offerente deve proporre in scambio titoli
quotati o l’alternativa del pagamento in contanti.
Più articolata è la disciplina dell’opa preventiva parziale, che deve avere ad oggetto almeno il
60% dei titoli di ciascuna categoria.
L’esonero dall’opa successiva deve essere autorizzata dalla Consob e richiede che:

- l’offerente non deve aver acquistato nell’anno precedente partecipazioni nella società
bersaglio superiori all’ 1%;
- l’offerta deve essere condizionata all’approvazione da parte dei soci di minoranza
“indipendenti” società bersaglio.
L’offerente sarà obbligato a promuovere l’opa successiva se nell’anno successivo alla chiusura
dell’opa preventiva acquisti altre partecipazioni nella società bersaglio superiori all’ 1%, o nel
caso di fusione o scissione.

L’obbligo di opa non sussiste se la partecipazione del 30% è detenuta a seguito di una offerta
pubblica di acquisto o di scambio totalitario o parziale.
Alla Consob è demandato il compito di disciplinare gli altri casi, in cui il superamento del 30%
non comporta l’obbligo di offerta successiva, perché non ne ricorrono i presupposti.
Tali casi sono: acquisto a titolo gratuito o per successione ereditaria; presenza di altri soci che
già detengono il controllo della società; operazioni dirette al salvataggio di imprese in crisi ed
altro.
Un altro caso di opa obbligatoria è l'opa residuale (art. 108 ): la sua funzione è quella di
consentire agli azionisti di minoranza l’uscita dalla società ad un prezzo equo quando la stessa
è ormai saldamente in pugno di un predeterminato gruppo di controllo, sicché il regolare
andamento delle negoziazioni è pregiudicato dalla mancanza di un adeguato flottante (azioni
diffuse tra il pubblico). La disciplina prevede due casi di obbligo di acquisto residuale:
1 chiunque viene a detenere una partecipazione superiore al 90% del capitale rappresentato
da titoli quotati della società bersaglio ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli quotati, se non

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ripristina entro 90gg una flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle
negoziazioni. Si tutelano così gli azionisti dal rischio di perdita di liquidità dei titoli.
Il corrispettivo viene determinato dalla Consob tenuto conto anche del prezzo di mercato e del
corrispettivo di un’eventuale opa precedente.
Quando il prezzo è pari a quello proposto in una precedente opa, l’obbligo di acquisto può
essere adempiuto mediante la riapertura dei termini dell’offerta.
Oggi è tutelato anche l’interesse di chi ha conseguito con un’opa il controllo quasi dell’intero
capitale e teme comportamenti ostruzionistici o ricattatori da parte della minoranza che non
ha aderito all’opa.
Chi viene a detenere in seguito al lancio di un'opa totalitaria più del 98% delle azioni con
diritto di voto ha diritto di acquistare coattivamente le azioni residue, entro 3 mesi dalla
scadenza del termine per l’accettazione dell’opa, purchè abbia dichiarato nel documento di
offerta di volersi avvalere di tale diritto (c.d. squeeze-out).
La violazione dell'obbligo di promuovere un'opa o di acquisto residuale è colpita con sanzioni e
dissuasive (art.110 ):
a) il diritto di voto inerente all'intera partecipazione detenuta non può essere esercitato;
b) i titoli eccedenti le percentuali del 30 e del 90% devono essere alienate entro 12 mesi.

E’ controverso invece se sussista una responsabilità diretta del mercato offerente nei confronti
degli azionisti della società bersaglio e quindi se costoro possano ottenere a titolo di
risarcimento la differenza fra il prezzo ipotetico dell’offerta non presentata e il prezzo dei titoli
nel periodo di riferimento c.d.danno da mancata opa. Sono previste anche sanzioni pecuniarie

3.LE OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO E SCAMBIO


È disciplinato anche lo svolgimento delle offerte pubbliche di acquisto e di scambio di prodotti
finanziari, al fine di garantire la massima trasparenza dell'operazione e la parità di trattamento
dei destinatari dell'offerta.
L'opa è utilizzata quasi esclusivamente per l'acquisto di azioni quotate. L'offerta pubblica di
acquisto o di scambio è una proposta irrevocabile rivolta a parità di condizioni a tutti i titolari di
prodotti finanziari che ne formano oggetto. Ogni clausola contraria è nulla (art. 103, 1 comma).
L'offerta può essere aumentata o modificata durante la pendenza dell'operazione; l'offerta si
svolge sotto il costante controllo della Consob. La Consob può inoltre sospendere o dichiarare
decaduta l'offerta in caso di violazione della disciplina legislativa e regolamentare in tema di
opa. L’offerta pubblica si articola in tre fasi:
La fase preparatoria. I soggetti che intendono lanciare un'offerta pubblica, volontaria o
obbligatoria, devono darne comunicazione alla Consob, alla società bersaglio e al mercato.

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L’opa è promossa mediante presentazione alla Consob del documento di offerta destinato alla
pubblicazione. Tale documento deve contenere le informazioni necessarie per consentire ai
destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull'offerta.
La Consob entro 15 giorni dalla presentazione, ne può chiedere l’integrazione e può
prescrivere all’offerente di prestare particolari garanzie. Decorso tale termine il documento di
offerte si considera tacitamente approvato e può essere reso pubblico, secondo le modalità
stabilite dalla Consob.
A sua volta, la società bersaglio è obbligata a diffondere un comunicato contenente ogni dato
utile per l’apprezzamento dell’offerta ed una valutazione motivata degli amministratori
sull’offerta stessa. Il comunicato è preventivamente trasmesso alla Consob.
Si apre così la fase delle adesioni all'offerta . Le adesioni sono irrevocabili e possono essere
raccolte, tramite sottoscrizione di un’apposita scheda, dall’offerente, dagli intermediari indicati
nel documento di offerta.
L’attuale disciplina fissa il principio secondo cui le operazioni devono svolgersi con correttezza
e trasparenza delle operazioni sui prodotti finanziari oggetto dell’offerta, mentre demanda alla
Consob il compito di emanare le relative norme di attuazione.
Dopo il lancio dell’opa, sono previste diverse tecniche di difesa che sono consentite solo previa
autorizzazione dell’assemblea c.d.passivity rule, ma lo statuto può derogare in tutto o in parte
tale divieto (clausola opt-out).

In base alla regola di passività,gli amministratori della società bersaglio con azioni quotate
devono astenersi dal compiere atti od operazioni che possono contrastare con gli obiettivi
dell’offerta.
Il divieto che decorre dalla comunicazione dell’offerta alla Consob, può essere però rimosso
con delibera dell’assemblea, convocata in pendenza dell’opa.
Non è più richiesta una maggioranza rafforzata, perciò l’autorizzazione può essere concessa
dall’assemblea ordinaria o straordinaria con le normali maggioranze, a seconda del tipo di
operazione da autorizzare.

Fra le tecniche di difesa consentita senza autorizzazione rientra il lancio di un’opa concorrente
da parte di eventuali alleati della società bersaglio. La disciplina dell’opa concorrente e dei
rialzi è demandata alla Consob. Dopo la pubblicazione di una offerta concorrente o di un
rilancio, le adesioni alle altre offerte sono revocabili.

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L’attuale disciplina ha neutralizzato per le società quotate alcune tecniche di difesa preventiva
utilizzate dal gruppo di comando per ostacolare il successo di un’opa ostile.
Infatti gli azionisti che intendono aderire ad un’opa totale o parziale diretta a conseguire
almeno il 60% delle azioni ordinarie possono liberamente recedere, senza preavviso, da
eventuali sindacati di voto e/o di blocco stipulati.
La regola di neutralizzazione delle misure di difesa preventiva nelle società quotate è destinata
ad operare solo se lo statuto lo prevede. Invece se nulla è contemplato dallo statuto, restano
ferme le norme in tema di recesso da patti parasociali e di incroci azionari.
Quando invece lo statuto della società bersaglio quotata ne consente l’applicazione, la regola
di neutralizzazione si articola in una serie di misure che incidono sullo svolgimento dell’opa e
sulla fase immediatamente successiva.
Durante l’opa:

- non hanno effetti nei confronti dell’offerente eventuali limitazioni statuarie al


trasferimento dei titoli;

- nelle assemblee, chiamate a decidere sull’autorizzazione di atti di contrasto dell’opa, non


operano le limitazioni al diritto di voto previste nello statuto o da patti parasociali.

Dopo l’opa, la regola di neutralizzazione paralizza temporaneamente l’efficacia di alcune


clausole statuarie o patti parasociali il cui scopo è impedire all’offerente vittorioso di
conseguire l’effettivo dominio sulla società bersaglio.

Nella prima assemblea successiva all’opa convocata per modificare lo statuto o per revocare o
nominare gli amministratori, non operano le limitazioni al diritto di voto previste nello statuto
o da patti parasociali. Inoltre non operano eventuali diritti speciali previsti dallo statuto in
materia di nomina o revoca degli amministratori o dei componenti degli organi del sistema
dualistico.
Il nuovo gruppo di comando potrò nominare amministratori di fiducia e per modificare
clausole statuarie non gradite. Questi effetti di neutralizzazione successiva, si producono solo a
condizioni che l’offerente venga a detenere almeno il 75% del capitale con diritto di voto nelle
deliberazioni riguardanti nomina o revoca degli amministratori o dei componenti del consiglio
di gestione. Ai
titolari dei diritti che la regola di neutralizzazione ha reso non esercitabili è dovuto solo un
equo indennizzo, posto a carico dello stesso offerente, che in mancanza di accordo tra le parti
è determinato dal giudice.

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Inoltre la passivity rule e la regola di neutralizzazione sono soggette alla clausola di reciprocità,
cioè non operano quando l’opa è promossa da chi non è a sua volta soggetto a tali disposizioni
o disposizioni equivalenti. In tal caso qualsiasi misura difensiva deve essere espressamente
autorizzata dall’assemblea, in previsione di un’eventuale opa lanciata in condizione di non
reciprocità, nei 18 mesi anteriori la comunicazione dell’offerta.
Quindi la società che intende avvalersi della clausola di reciprocità deve rinnovare
periodicamente la delibera assembleare che autorizza misure di difesa. La decisione è
comunicata al mercato, affinchè un potenziale offerente possa valutare il gradi di contendibilità
della società bersaglio. La Consob accerta se la condizione di reciprocità è rispettata.
Chiusure dell’offerta: L’attuale disciplina non prevede nulla per il caso in cui alla scadenza del
termine le adesioni siano inferiori o superiori al quantitativo di titoli richiesto, sicché ogni
determinazione è rimesso al documento di offerta pubblicato dall’offerente.
Il documento dovrà specificare il quantitativo minimo che deve essere raggiunto affinchè
l’offerta diventi irrevocabile.
Se invece le adesioni superano il quantitativo richiesto, il documento di offerta dovrà
specificare i criteri di riparto. I risultati dell’offerta sono resi noti dall’offerente, mediante la
pubblicazione di un documento, contenente anche le indicazioni necessarie sulla conclusione
dell’offerta e sull’esercizio delle facoltà previste nel documento d’offerta.

4. LIMITI ALL’ASSUNZIONE DI PARTECIPAZIONI RILEVANTI


L’assunzione di partecipazioni rilevanti in una spa o da parte di una spa è in via di principio
libera, anche se vi sono delle limitazioni. Alcune riguardano l’assunzione di partecipazioni in
società che operano in particolari settori da chiunque detenute. Altre riguardano l’assunzione
di partecipazioni rilevanti da parte di una società di capitali e sono fissate dall’art.2361 c.c..
Fra i limiti all’assunzione di partecipazioni rilevanti ricordiamo quelli previsti ex lege per la
partecipazione al capitale di società bancarie ed assicurative.
Società bancarie: L’acquisizione a qualsiasi titolo di partecipazioni nelle banche da chiunque
effettuato deve essere preventivamente autorizzato dalla Banca d’Italia quando attribuisce una
quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10% del K o consente di esercitare un
influenza notevole oppure il controllo della banca stessa.
La violazione di tale disposizione espone a sanzioni penali e comporta la sospensione dal
diritto di voto. In caso di inosservanza, le deliberazioni assembleari sono impugnabili.
Inoltre le partecipazioni per le quali l’autorizzazione non è stata ottenuta o è stata revocata

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devono essere alienate entro i termini stabiliti dalla Banca d’Italia.

Società assicurative: una disciplina analoga è prevista anche per le società di assicurazione, ma
il potere di autorizzazione è attribuito all’Isvap.

Fra i limiti all’assunzione di partecipazioni rilevanti rientrano le clausole statutarie che fissano
limiti massimi ai possessi azionari dei singoli soci, vietando che essi detengano un numero di
azioni superiore ad una determinata percentuale del capitale sociale.

Società privatizzate: La possibilità di introdurre a maggioranza clausole statutarie che fissano


un tetto massimo al possesso azionario dei soci è prevista per la società controllate dallo Stato,
operanti nei settori dei servizi di pubblica utilità, bancario ed assicurativo, destinate ad essere
privatizzate mediante diffusione dell’intero pacchetto azionario fra il pubblico degli investitori
(pubblic company). Ciò al fine di evitare che si formino nuclei stabili di azionisti di riferimento
privati. Il
superamento del limite massimo statutario, fissato nel 5% del capitale per le società operanti
nel settore dei servizi pubblici, comporta il divieto di esercitare il diritto di voto.

5.LE PARTECIPAZIONI MODIFICATIVE DELL’OGGETTO SOCIALE. LE PARTECIPAZIONI A RESPONSABILITA’ LIMITATA


Un limite di carattere generale all’assunzione di partecipazioni da parte sella spa e delle società
di capitali è posto dall’art. 2361: “l’assunzione di partecipazioni in altre imprese, anche se
prevista genericamente nello statuto, non è consentita, se per la misura o per l’oggetto della
partecipazione ne risulta sostanzialmente modificato l’oggetto sociale determinato nell’atto
costitutivo”.
Il divieto riguarda l’assunzione di partecipazioni di qualsiasi tipo e risponde alla finalità di
impedire che l’oggetto sociale fissato nell’atto costitutivo sia modificato dagli amministratori
della società.

Società finanziarie e holdings: il divieto di assunzione di partecipazione modificative


dell’oggetto sociale non è operante quando l’attività principale o esclusiva della società
consiste proprio nell’assunzione di partecipazioni in altre imprese.
Tali società sono definite società finanziarie e nel loro ambito si distinguono le società holdings
o società capogruppo, caratterizzate dal fatto che le partecipazioni sono assunte al fine di

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dirigere e coordinare l’attività delle società partecipate. Si parla di:


holding pura, se in ciò si esaurisce l’attività di impresa della società;
holding mista, se è statutariamente previsto anche lo svolgimento di attività operativa in
determinati settori produttivi.

Per le altre società (società operative), l’assunzione di partecipazioni non è loro vietata.
Sono infatti loro consentite quelle che per la misura e per l’oggetto non comportano una
modifica sostanziale del tipo di attività stabilito nell’atto costitutivo.
Alle società operative è consentita l’assunzione di partecipazioni di minoranza in imprese
svolgenti la stessa attività o attività diversa, purchè tali attività di investimento in fatto
carattere prevalente.
L’assunzione di partecipazioni in altre imprese deve essere deliberato dall’assemblea ordinaria
quando comporta la responsabilità illimitata per le obbligazioni della partecipata.
Gli amministratori che violano il disposto dell’art. 2361 sono esposti ad azioni di responsabilità.
L’atto di assunzione della partecipazione non autorizzato è inefficace.

6.LE PARTECIPAZIONI RECIPROCHE


Le partecipazioni reciproche fra società di capitali danno luogo a pericoli di carattere
patrimoniale o e amministrativo non diversi da quelli visti per la sottoscrizione e l'acquisto di
azioni proprie. Pericoli che diventano particolarmente accentuati quando fra le due società
intercorre un rapporto di controllo.
Questi pericoli sono di tutta evidenza nel caso di sottoscrizione reciproca del capitale. Se due
società si costituiscono o aumentano capitale sociale sottoscrivendo l'una capitale dell'altra, si
ha infatti una moltiplicazione illusoria di ricchezza. Aumenta cioè il capitale sociale nominale
delle due società, senza che si incrementi di una solo centesimo il rispettivo capitale reale.
L’art.2359 quinquies, detta per la sottoscrizione di azioni o quote della società controllante
una disciplina identica a quella prevista per la sottoscrizione di azioni proprie.
Identiche sono inoltre le sanzioni. I pericoli patrimoniali ed amministrativi delle partecipazioni
incrociate si determinano non solo in caso di sottoscrizione reciproca, ma anche quando
l’incrocio è attuato mediante acquisto di azioni già in circolazione.

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Con questa sola differenza: la sottoscrizione reciproca dà luogo ad aumento del capitale
nominale senza aumento del capitale reale.
L’acquisto reciproco all’opposto lascia inalterato il capitale nominale ma determina una
riduzione dei rispettivi capitali reali, che può giungere fino al completo svuotamento dei
relativi patrimoni dando luogo al fenomeno della “carta contro carta”.

L'attuale disciplina può essere così sintetizzata:

a) l'acquisto reciproco di azioni è possibile senza alcun limite quando fra le due società
intercorre un rapporto di controllo e nessuna delle due è quotata in borsa;

b) se l'incrocio è realizzato fra società controllante e sue controllate, l'acquisto da parte della
società controllata, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, è considerato come
effettuato dalla controllante stessa.
È perciò assoggettato alle seguenti limitazioni:

1) le somme impiegate nell'acquisto non possono eccedere l'ammontare degli utili distribuibili
e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato o della società controllata;

2) possono essere acquistate solo azioni interamente liberate;

3) l'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria della controllata e deve


contenere le stesse specificazioni richieste per l'acquisto di proprie azioni;

4) il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale della
società controllante;

5) la società controllata non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee della controllante.

Le azioni o quote acquistate in violazione di tali condizioni devono essere alienate entro un
anno dal loro acquisto, secondo le modalità fissate dall’assemblea della controllata (art. 2359-
ter, 1 comma).
In mancanza, la società controllante deve procedere al loro annullamento e alla
corrispondente riduzione del capitale sociale. La società controllata ha diritto però al rimborso
del valore delle azioni annullate, determinato secondo i criteri stabiliti nella disciplina del
diritto di recesso.
Diversa è la disciplina degli incroci azionari quando una o entrambe le società protagoniste
dell'incrocio abbiano azioni quotate in borsa, ma fra le stesse non intercorre rapporto di
controllo. In tal caso sono previsti solo limiti quantitativi agli incroci azionari; limiti che
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coincidono con le percentuali che fanno scattare l'obbligo di comunicazione delle


partecipazioni rilevanti alla società partecipata e alla Consob; perciò:

A) se entrambe le società sono quotate, l'incrocio non può superare il tetto del 2% del capitale
con diritto di voto;

B) se una sola delle società è quotata, la società quotata può arrivare fino al 10% del capitale
della società non quotata, fermo restando il tetto del 2% per quest'ultima.

Quando la partecipazione incrociata ecceda da entrambi i lati, le percentuali massime


consentite, la società che ha superato il limite successivamente:
- non può esercitare il diritto di voto per le azioni o quote possedute in eccedenza rispetto alla
percentuale consentita;
- deve alienare l'eccedenza entro 12 mesi dalla data in cui ha superato il limite;
- in caso di mancata alienazione, la sospensione del diritto di voto si estende all'intera
partecipazione e quindi anche alla parte che può essere legittimamente posseduta.
Per evitare elusioni dei limiti alle partecipazioni reciproche, l’attuale disciplina estende la
sospensione del diritto di voto agli incroci fra società appartenenti a gruppi diversi composti da
società quotate. Anche questi incroci triangolari non possono superare il limite del 2%, fermo
restando che la sanzione è costituita dalla sospensione del voto per la partecipazione
eccedente il 2%. In sostanza, questa disciplina si preoccupa essenzialmente di frenare gli abusi
di carattere amministrativo degli incroci azionari.

CAP.7 I GRUPPI DI SOCIETA’


7.IL FENOMENO DI GRUPPO. I PROBLEMI
Le società per azioni sono libere di sottoscrivere o acquistare azioni o quote di altre società di
capitali. L'assunzione di partecipazioni è lo strumento principale attraverso il quale si realizza il
fenomeno del gruppo di società.
Il gruppo di società è una aggregazione di imprese societarie formalmente autonome e
indipendenti l'una dall'altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria. Tutte sono infatti
sotto l'influenza dominante di un'unica società (società capogruppo), che direttamente o
indirettamente le controlla e dirige secondo un disegno unitario la loro attività di impresa, per
il perseguimento di uno scopo unitario e comune a tutte le società del gruppo cd. interesse di
gruppo. Il gruppo di società è un fenomeno tipico assunto dalle imprese di grandi dimensioni a
carattere nazionale e multinazionale. Il gruppo di società può assumere diverse configurazioni

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e articolazioni. Si distinguono in:

A) gruppi a catena: la società A (capogruppo) controlla e dirige la società B, che a sua volta
controlla dirige la società C e così via.

B) gruppi stellari o a raggiera: la capogruppo A controlla e dirige contestualmente tutte le altre


società.

Per quanto riguarda gli aspetti di diritto societario, è ormai pacifico che la presenza di
aggregazioni societarie sollecita una specifica disciplina diretta a soddisfare un triplice ordine
di esigenze:

a) assicurare una adeguata informazione sui collegamenti di gruppo, sui rapporti finanziari e
commerciali fra le società del gruppo;

b) evitare che eventuali intrecci di partecipazioni alterino l'integrità patrimoniale delle società
coinvolte ed il corretto funzionamento degli organi decisionali della capogruppo;

c) evitare che le scelte operative delle singole società del gruppo pregiudichino le aspettative
di quanti fanno affidamento esclusivamente sulla consistenza patrimoniale e sui risultati
economici di quella determinata società.

8. SOCIETA’ CONTROLLATE E DIREZIONE UNITARIA


È controllata la società che si trova sotto l'influenza dominante di altra società (controllante),
che perciò è in grado di indirizzarne l'attività nel senso da essa voluto (art. 2359 cc.).
ll controllo societario può assumere diverse forme:

a) è controllata la società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili
nell'assemblea ordinaria c.d. controllo azionario di diritto,

b) è società controllata inoltre la società in cui un’altra società dispone dei voti sufficienti per
esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria c.d. controllo azionario di fatto;

c) si considerano controllate, le società che sono sotto l'influenza dominante di un’altra società
in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa c.d. controllo contrattuale.

Ai fini del solo controllo azionario si computano poi anche "i voti spettanti a società

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controllate, a società fiduciarie e a persona interposta", con esclusione però "dei voti spettanti
per conto di terzi", quali i voti per delega (art. 2359, comma2).
Il controllo azionario può quindi essere non solo diretto ma anche indiretto.
Inoltre il controllo azionario si ha anche quando le relative situazioni si realizzano sommando
partecipazioni dirette ed indirette.
Dalle società controllate vanno potuto distinte le società collegate. Si considerano infatti
collegate " le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole", ma non
dominante. L’influenza notevole si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere
esercitato almeno un quinto dei voti, ovvero un decimo se la società partecipata ha azioni
quotate in mercati regolamentati.

9.LA DISCIPLINA DEI GRUPPI


In presenza di un rapporto di controllo societario si rendono applicabili al fenomeno di gruppo
sia le norme, introdotte prima della riforma del 2003, che regolano i rapporti fra società
controllante e società controllate, sia le ulteriori disposizioni introdotte della riforma del 2003
dedicate alle società o enti che esercitano attività di direzione e di coordinamento di altre
società.
Notevoli passi in avanti si sono fatti in tema di informazione sull’esistenza e sull’architettura dei
gruppi.
In base all'attuale disciplina è infatti istituita un'apposita sezione del registro delle imprese
nella quale sono iscritti le società o gli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento
e le società alla stessa sottoposte.

In presenza di una situazione di controllo, scattano limitazioni e divieti a carico delle società
controllate, che ridimensionano i pericoli di alterazione dell’integrità patrimoniale della
capogruppo e di inquinamento degli organi della stessa.
Disciplina cardine sotto entrambi i profili è quella in tema di sottoscrizione e di acquisto di
azioni della società controllante da parte delle controllate.
In sede di redazione del bilancio di esercizio scattano specifici obblighi di informazione
contabile sia a carico della società controllante che della società controllata, volti ad
evidenziare i reciproci rapporti di partecipazione e gli effetti dell’attività di direzione e
coordinamento sulla società controllata.
La società controllante dovrà allegare al suo bilancio copia del bilancio delle società controllate
e delle società collegate. È stato poi inserito il Bilancio consolidato di gruppo (artt.25-43 d.lgs
127/1991): consente di conoscere la situazione patrimoniale, finanziaria e economica del
gruppo considerato unitariamente, attraverso l'eliminazione delle operazioni intercorse fra le

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società del gruppo. Questo


sistema informativo di gruppo è stato poi migliorato e arricchito con la riforma del 1998,
quando la controllante è una società quotata.
La disciplina della revisione contabile obbligatoria, è stata estesa alle società non quotate che
hanno legami di gruppo con società quotate e speciali poteri informativi e di controllo sono
stati riconosciuti alla società incaricata della revisione della capogruppo.
Inoltre gli amministratori sono tenuti a informare periodicamente l’organo di controllo interno
sull’attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo effettuate anche dalle società
controllate.

10.LA TUTELA DEI SOCI E DEI CREDITORI DELLE SOCIETA’ CONTROLLATE


Passi avanti sono stati compiuti con la riforma del 2003 anche per quanto riguarda la tutela
degli azionisti esterni e dei creditori delle società controllate contro possibili abusi della
controllante, che induca le prime al compimento di atti vantaggiosi per il gruppo unitariamente
considerato, ma pregiudizievoli per il proprio patrimonio. Sotto tale
profilo resta fermo il principio della distinta soggettività e della formale indipendenza giuridica
delle società del gruppo. L’indipendenza formale esclude che
la capogruppo sia responsabile per le obbligazioni assunte dalle controllate in attuazione della
politica di gruppo. L'indipendenza formale comporta però
che la capogruppo non può legittimamente imporre alle società figlie il compimento di atti che
contrastino con gli interessi delle stesse separatamente considerate.

La riforma del 2003 da un lato legittima il perseguimento dell’interesse di gruppo e dall’altro


introduce specifici strumenti di tutela a favore degli azionisti di minoranza e dei creditori delle
società controllate destinati a fungere da limiti all’esercizio dell’attività di direzione e di
coordinamento da parte della capogruppo.
Al riguardo è previsto che le decisioni delle società controllate ispirate da un interesse di
gruppo devono essere motivate, onde consentire una valutazione degli eventuali danni che le
stesse arrecano alla società sottoposta all’altrui attività di direzione.
Una specifica disciplina poi è dettata per i finanziamenti concessi alle società controllate dalla
capogruppo o da altri soggetti alla stessa sottoposti (art. 2497-quinquies), al fine di evitare che
un eccessivo indebitamento danneggi gli altri creditori sociali.
La società capogruppo è tenuta a indennizzare direttamente azionisti e creditori delle società
controllate per i danni dagli stessi subiti per il fatto che la propria società si è attenuta alle
direttive di gruppo lesive del proprio patrimonio.
Le società o gli enti che violano i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle

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società soggette alla loro attività di direzione e coordinamento " sono direttamente
responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività e al
valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione
cagionata all'integrità del patrimonio sociale" (art. 2497, 1 comma).
Rispondono in solido con la capogruppo, sia coloro che abbiano preso parte al fatto lesivo, sia
coloro che ne abbiano consapevolmente tratto beneficio nei limiti del vantaggio conseguito.
L'azione esercitata dai soci e dei creditori sociali è azione diretta e non surrogatoria di quelle
che eventualmente spetta alla società controllata, sicché il risarcimento dei danni spetta
direttamente ai primi e non alla seconda. Poiché il danno subito dai soci o dei creditori della
società controllata è pur sempre un riflesso del danno subito da quest'ultima, l'azione di
risarcimento danni nei confronti della capogruppo è esperibile solo se essi non sono stati
soddisfatti dalla società controllata ( art. 2497, 3 comma).
Ulteriore significativa novità della riforma del 2003 è il riconoscimento del diritto di recesso ai
soci di una società soggetta ad attività di direzione e di coordinamento in presenza di eventi
riguardanti la società capogruppo.
Il diritto di recesso è infatti riconosciuto ai soci di una società non quotata che entra a far parte
di gruppo o ne esce, se "ne deriva u’alterazione delle condizioni di rischio dell'investimento e
non venga promossa un'offerta pubblica di acquisto" che consenta al socio di alienare la
propria partecipazione. Inoltre è riconosciuto quando la capogruppo delibera una
trasformazione che comporta il mutamento del suo scopo sociale o di un cambiamento
dell’oggetto sociale, tale da alterare le condizioni economiche e patrimoniale della società
controllata.

11. IL GRUPPO INSOLVENTE.


Ancora oggi manca una disciplina del gruppo insolvente e nessuna disposizione specifica è
dettata in caso di fallimento di una società facente parte di un gruppo.
L’attuale disciplina dell’amministrazione straordinaria prevede che, dichiarata insolvente e
sottoposta ad amministrazione straordinaria un’impresa facente parte di un gruppo, alla stessa
procedura siano sottoposte tutte le imprese facenti parte dello stesso gruppo che si trovino in
stato di insolvenza. Ciò
anche se per quest’ultime non ricorrano i requisiti richiesti per l’ammissione
all’amministrazione straordinaria, purché le stesse presentino concrete prospettive di recupero
dell’equilibrio economico o risulti opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del
gruppo.
L’omogeneità delle procedure non incide però sulla reciproca autonomia patrimoniale delle
società del gruppo, anche se ricorre lo stato di insolvenza. È sempre necessario un distinto
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accertamento dello stato di insolvenza delle singole società del gruppo, condotto con
riferimento alla propria situazione patrimoniale.
Ciascuna società insolvente risponde solo delle proprie obbligazioni e non vi è responsabilità
della capogruppo nei confronti dei creditori delle società figlie.
Sono però previste delle norme specifiche volte ad assicurare la reintegrazione del patrimonio
delle società figlie ed a consentire il ristoro degli eventuali danni dalle stesse subite per effetto
della politica unitaria di gruppo.
In tale direzione è fissato l’allungamento dei termini per l’esercizio delle azioni revocatorie
fallimentari nei confronti degli atti posti in essere con altre imprese del gruppo, anche se non
insolventi. Il termine fissato dalla legge fallimentare di un anno anteriore alla dichiarazione di
insolvenza è portato a cinque anni e quello di sei mesi è portato a tre anni.
E’ stabilito che il commissario giudiziale, il commissario straordinario e il curatore di
un’impresa del gruppo dichiarata insolvente possono proporre la denuncia al tribunale per
gravi irregolarità nei confronti degli amministratori e sindaci di altre società del gruppo non
assoggettate alla procedura.
Qualora le gravi irregolarità siano accertate, il commissario o il curatore denunciante può
essere nominato amministratore giudiziario della società.

Inoltre, in caso di direzione unitaria del gruppo "gli amministratori delle società che hanno
abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata
insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa. Gli amministratori delle società
dominanti sono perciò coinvolti nella responsabilità degli amministratori delle società
dominate, per i danni da questi ultimi cagionati alla prova società per il fatto di aver
stupidamente dato attuazione alle direttive di gruppo.

10.LE LETTERE DI PATRONAGE


L’autonomia patrimoniale delle società di gruppo comporta che una società capogruppo non
può essere chiamata a rispondere dei debiti contratti dalle controllate. Se non ricorrono gli
estremi dell’abuso di attività di direzione e coordinamento, i creditori delle società controllate
potranno agire nei confronti della capogruppo solo se dispongono di uno specifico titolo
giuridico. Fra le possibili fonti di responsabilità della capogruppo vanno ricomprese le c.d.
lettere di patronage, che sono delle dichiarazioni della capogruppo, normalmente rilasciate a
banche, per favorire il finanziamento delle società controllate.

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Il contenuto di tale lettere non è omogeneo, e il valore giuridico di tale lettere varierà in base a
quello che c’è scritto.
Lettere deboli: formulazione di dichiarazioni generiche in merito alla solvibilità del gruppo.
Lettere forti: contenuto più impegnativo. Sono considerate una fonte di responsabilità in caso
di inadempimento della controllata. Ciò in quanto le relative dichiarazioni della capogruppo
possono essere ricondotte nello schema della promessa del fatto del terzo o fra le garanzie
personali atipiche.

CAPITOLO 7 - L'ASSEMBLEA
1. GLI ORGANI DELLA S.P.A
La società per azioni si caratterizza per la presenza di tre organi:

1) l'assemblea dei soci, organo con funzioni esclusivamente deliberative le cui competenze
sono per legge (artt.2364 - 2365 ) circoscritte alle decisioni di maggior rilievo della vita sociale;
2) l'organo amministrativo, cui è devoluta la gestione dell'impresa sociale e che nello
svolgimento di tale funzione ha per legge ampi poteri decisionali. Gli amministratori hanno
inoltre la rappresentanza legale della società e ad essi spetta il compito di dare attuazione alle
deliberazioni dell'assemblea;
3) l'organo di controllo interno, con funzioni di controllo sull'amministrazione della società.

Per quanto riguarda l'amministrazione e il controllo, il codice civile del 1942 prevedeva un
unico sistema basato sulla presenza di due organi:
a) l'organo amministrativo (amministratore unico o consiglio di amministrazione);

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b) il collegio sindacale, che inizialmente svolgeva anche funzioni di controllo contabile.

La riforma del 2003 ha tuttavia affiancato al sistema tradizionale di amministrazione e di


controllo, altri due sistemi alternativi:
A) il sistema dualistico, di ispirazione tedesca. Con tale sistema amministrazione e controllo
sono esercitati da un consiglio di sorveglianza, di nomina assembleare, e da un consiglio di
gestione, nominato direttamente dal consiglio di sorveglianza.

B) il sistema monistico, di ispirazione anglosassone. Con tale sistema l'amministrazione e il


controllo sono esercitate rispettivamente dal consiglio di amministrazione, nominato
dall'assemblea, ed un comitato per il controllo sulla gestione costituito al suo interno ed i cui
componenti devono essere dotati di particolari requisiti di indipendenza e professionalità.
Anche per le società che adottano il sistema dualistico o monistico è previsto il controllo
contabile esterno.

E’ possibile un’ulteriore concentrazione di poteri deliberativi in seno all’organo amministrativo,


attraverso la delega allo stesso di alcune decisioni che sono proprie dell’assemblea.
Ampio spazio è riconosciuto all’autonomia privata per quanto riguarda la struttura dell’organo
amministrativo e l’articolazione delle funzioni in seno allo stesso.

2. NOZIONI E DISTINZIONI
L'assemblea è l'organo composto dai soci; la sua funzione è quella di formare la volontà della
società nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dallo statuto. È un organo
collegiale che decide secondo il principio maggioritario.
La volontà espressa dai soci riuniti in assemblea, che rappresentano determinate aliquote del K
sociale, vincola tutti i soci, anche se assenti o dissenzienti.
A seconda dell'oggetto delle deliberazioni, l'assemblea si distingue in ordinaria e straordinaria.
In seguito alla riforma del 2003, le competenze dell'assemblea ordinaria varia a seconda del
sistema di amministrazione di controllo adottato.
Nelle società che adottano il sistema tradizionale o monistico, l'assemblea in sede ordinaria:

1) approva il bilancio;
2) nomina e revoca gli amministratori, i sindaci e il presidente del collegio sindacale;
3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci se non è stabilito nello statuto;
4) delibere sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;

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5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea;
6) approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.

Più ristrette sono le competenze dell'assemblea ordinaria delle società che optano per il
sistema dualistico.
L'assemblea in sede straordinaria a sua volta delibera:
A) sulle modifiche dello statuto;
B) sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori;
C) su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza (art.2365, 1
comma).

L’attuale disciplina amplia rispetto a quella previgente la possibilità che lo statuto attribuisca
alla competenza dell’organo amministrativo specifiche materie per legge riservate alla
competenza dell’organo amministrativo specifiche materie per legge riservate alla
competenza dell’assemblea straordinaria. Infatti oltra ai casi previsti dalla disciplina previgente,
il trasferimento statuario di competenza è possibile anche in altri casi come: fusione fra società
controllante e controllata nei casi previsti dagli art. 2505 e 2050 bis., indicazione degli
amministratori che hanno la rappresentanza della società ed altro. L'assemblea è unica e
generale se la società ha emesso solo azioni ordinarie. Quando invece sono state emesse
diverse categorie di azioni, o strumenti finanziari, all'assemblea generale si affiancano
l'assemblea speciale di categoria.

In mancanza di diversa disciplina, alle assemblee speciali si applicano le norme dettate per
l’assemblea straordinaria, se le azioni speciali non sono quotate. Se invece le azioni sono
quotate si applica la disciplina dell’assemblea degli azionisti di risparmio.

3.IL PROCEDIMENTO ASSEMBLEARE


La convocazione dell'assemblea è di regola decisa dall'organo amministrativo, i quali possono
disporre la stessa ogni qual volta lo ritengano opportuno. È tuttavia obbligatoria in una serie di
casi:
A) devono convocare l'assemblea ordinaria almeno una volta all'anno, entro il termine stabilito
dallo statuto, e che comunque non può essere superiore a centoventi giorni dalla chiusura
dell'esercizio per consentire l’approvazione del bilancio.

B) devono convocare senza ritardo l'assemblea quando ne sia stata fatta richiesta da tanti soci
che rappresentano almeno il decimo del capitale sociale o la minor percentuale prevista dallo
statuto e nella domanda siano indicati gli argomenti da trattare.
Se gli amministratori oppure in loro vece i sindaci non provvedono, la convocazione

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dell'assemblea è ordinata con decreto dal tribunale, il quale designa anche la persona che
deve presiederla (art.2367).
In base all’attuale disciplina il tribunale deve però preventivamente sentire l’organo
amministrativo e di controllo della società ed inoltre convocherà l’assemblea solo se il rifiuto
degli stessi risulti ingiustificato.
Nella società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, ai soci che rappresentano
almeno un quarantesimo del capitale è riconosciuto il diritto di chiedere l’integrazione
dell’ordine del giorno di un’assemblea già convocata, con domanda scritta da presentare entro
10gg dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione.
La convocazione dell'assemblea deve poi essere disposta dal collegio sindacale ogni qualvolta
sia obbligatoria e gli amministratori non vi abbiano provveduto e quando vengono a mancare
tutti gli amministratori o l’amministratore unico. Inoltre il collegio sindacale può convocare
l’assemblea, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, qualora
ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia necessità di provvedere.
L'assemblea è convocata nel comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone
diversamente (art. 2363).

La formalità per la convocazione si differenzia a seconda che la società faccia o no ricorso al


mercato del capitale di rischio.
Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la convocazione è
disposta mediante avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, almeno 15gg
prima di quello fissato per l'adunanza.
Tale modalità può essere sostituita dalla pubblicazione su almeno un quotidiano indicato dallo
statuto.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l’avviso di convocazione deve
essere pubblicato almeno 30gg prima della data dell’assemblea sul sito internet della società.
L’avviso deve contenere l’indicazione del giorno, ora e luogo dell’adunanza, nonché l’elenco
delle materie da trattare.
Nello stesso avviso può essere stabilito il giorno della seconda convocazione, che deve essere
diverso dal giorno stabilito per la prima convocazione. In mancanza, la seconda convocazione
deve essere riconvocata entro 30 giorni dalla data della prima.

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L’ordine del giorno delimita la competenza di quell’assemblea nelle diverse convocazioni e


impedisce che si possa deliberare su argomenti ulteriori e diversi.
Sono consentite le delibere strettamente consequenziali ed accessorie rispetto a quelle poste
all’ordine del giorno.
La convocazione preventiva serve per rendere noto a tutti i legittimati ad intervenire e
permette di conoscere gli argomenti che saranno trattati.
Pur in assenza di convocazione, l’assemblea è regolarmente costituita quando è rappresentato
l'intero capitale sociale e partecipa all'assemblea la maggioranza dei componenti degli organi
amministrativi e di controllo. Agli assenti deve
essere data tempestiva comunicazione delle deliberazioni assunte: questa la c.d. assemblea
totalitaria. Essa può deliberare su qualsiasi argomento, ma la sua competenza è instabile e
precaria. Infatti, ciascuno degli intervenuti può opporsi alla discussione degli argomenti sui
quali non si ritenga sufficientemente informato, impedendo così che si arrivi a deliberare su
quel punto.

4. COSTITUTZIONE DELL’ASSEMBLEA. VALIDITA’ DELLE DELIBERAZIONI


Si definisce quorum costitutivo la parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in
assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori.
Si definisce quorum deliberativo la parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di
una determinata deliberazione perché questa sia approvata.
L'attuale disciplina (art. 2368, comma3) stabilisce che nel computo del quorum costitutivo non
si tiene conto delle azioni istituzionalmente senza diritto di voto, mentre si tiene conto delle
azioni per le quali il voto sia occasionalmente sospeso.
La disciplina del quorum costitutivo e deliberativo è comunque diversa per l'assemblea
ordinaria e straordinaria nelle diverse convocazioni:

l'assemblea ordinaria in prima convocazione è regolarmente costituita quando è


rappresentata almeno la metà del capitale sociale con diritto di voto. Essa delibera col voto
favorevole della metà più una (maggioranza assoluta) delle azioni che hanno preso parte alla

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votazione per quella determinata delibera.


Nessun quorum costitutivo è richiesto per l'assemblea ordinaria di seconda convocazione, che
può validamente deliberare qualunque sia la parte del capitale rappresentata in assemblea.

La disciplina delle assemblee straordinarie è diversa a seconda che la società faccia o meno
ricorso al mercato del capitale di rischio.
Per l'assemblea straordinaria delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio la disciplina è rimasta immutata per quanto riguarda la prima convocazione.
Non è infatti espressamente previsto un quorum costitutivo.
In prima convocazione l'assemblea straordinaria delibera con voto favorevole di tanti soci che
rappresentano più della metà del capitale.
Per la seconda convocazione, la riforma del 2003 ha introdotto una differenziazione fra
quorum costitutivo e quorum deliberativo. L'assemblea straordinaria di seconda convocazione
è infatti regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e
delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea
(art. 2369, comma3).
Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio in base all'attuale disciplina, il
quorum costitutivo minimo è almeno la metà del capitale sociale in prima convocazione e più
di un terzo in seconda convocazione.
Per quanto riguarda i quorum deliberativi invece è stabilito che l'assemblea straordinaria
delibera sia in prima che in seconda convocazione, con il voto favorevole di almeno i due terzi
del capitale rappresentato in assemblea.

Lo statuto può modificare solo in aumento le maggioranze previste per l'assemblea ordinaria
di prima convocazione e quelle dell'assemblea straordinaria, nonché stabilire norme speciali
per la nomina alle cariche sociali.
È consentito che lo statuto preveda convocazioni ulteriori sia dell'assemblea ordinaria che di
quella straordinaria; convocazione ai quali si applicano le disposizioni della seconda
convocazione.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio nelle convocazioni
dell’assemblea straordinaria successive alla seconda il quorum costitutivo è ridotto ad almeno
un quinto del capitale sociale. E’ necessario il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale
rappresentato in assemblea per l’approvazione della delibera.
Infine nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può stabilire
che l’assemblea si celebri in un’unica convocazione alla quale si applicano le maggioranze più
basse, cioè quelle richieste per l’assemblea ordinaria di seconda convocazione e per quella

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straordinaria nelle convocazioni successive alla seconda.(Schema pag. 321)

5. SVOLGIMENTO DELL’ASSEMBLEA. VERBALIZZAZIONE


L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza da quella eletta
con il voto della maggioranza dei presenti.
Il presidente è assistito da un segretario, designato allo stesso modo. Tuttavia la presenza del
segretario non è necessaria se il verbale è redatto da un notaio (art.2371).
La funzione del presidente è quella di dirigere i lavori dell’assemblea, assicurando che la stessa
si svolga in modo ordinato e nel rispetto delle norme che ne regolano l’attività.
Il presidente ha ampi poteri ordinatori e decisori sullo svolgimento dei lavori assembleari.
Egli dichiara aperta e chiusa la seduta, pone in discussione gli argomenti dell’ordine del giorno,
regola gli interventi e modera il dibattito, mette in votazione le diverse proposte e proclama i
risultati. Il presidente ha per legge il dovere di accertare la legittimazione degli intervenuti e
garantire il rispetto delle norme che regolano la costituzione e lo svolgimento dell’assemblea.
L’assemblea non potrà sovrapporsi al presidente, ma potrà revocarlo per giusta causa qualora
egli eserciti le proprie funzioni in modo arbitrario e in conflitto di interessi.
Al presidente dell’assemblea deve essere riconosciuto anche il potere di assumere decisioni su
aspetti dell’attività dell’assemblea non regolati dalla legge, dallo statuto o dal regolamento
assembleare. Tali decisioni sono adottate dal presidente come interprete della volontà
dell’assemblea (poteri derivati).

Manca una norma che disciplini il dibattito assembleare. Non vi è dubbio che ogni votante
abbia diritto di prendere parte alla discussione per cercare di orientare la decisione degli altri
soci. L’esercizio di tale diritto non può degenerare in comportamenti ostruzionistici che turbino
l’ordinato svolgimento dell’assemblea, impendendo che si addivenga alla votazione sugli
argomenti in discussione. Ove ciò si verifichi, il presidente dell’assemblea dovrà adottare i
provvedimenti necessari per prevenire o impedire un esercizio non corretto del diritto in
discussione.
Ai soci intervenuti, che raggiungono il terzo del capitale sociale rappresentato in assemblea, è
riconosciuto il diritto di chiedere il rinvio dell’adunanza di non oltre 5 giorni, dichiarando di non
essere sufficientemente informati sugli argomenti posti in discussione.
Per evitare comportamenti ostruzionistici da parte della minoranza, il diritto di rinvio può
essere esercitato una sola volta per lo stesso oggetto.

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Ai soci estranei al gruppo di comando è consentita la partecipazione al dibattito e al voto.


Gli amministratori sono tenuti a fornire informazioni ulteriori rispetto a quelle dovute per
legge all’assemblea, solo nei limiti in cui ciò sia necessario per consentire agli azionisti
l’esercizio consapevole del voto.
Inoltre vi sono norme volte ad assicurare l’esercizio del voto in occasione di delibere di
particolare rilievo con l’imposizione agli amministratori dell’obbligo di redigere e di depositare
preventivamente presso la sede sociale specifici documenti informativi e relazioni illustrative.
Alla Consob sono riconosciti poteri regolamentari e di controllo sull’informazione assembleare
preventiva.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, gli amministratori mettono a
disposizione del pubblico, sul sito della società e con altre modalità previste dalla Consob, una
relazione sulle proposte concernenti le materie poste all’ordine del giorno, entro il termine
fissato per la convocazione dell’assemblea.
Quando l’assemblea è convocata su richiesta della minoranza, la relazione è predisposta dagli
stessi soci.
Nulla è stabilito per quanto riguarda i sistemi di votazione consentiti nelle assemblee sociali.
Il modo di procedere alla votazione è liberamente stabilito di volta in volta.
Le delibere assembleari devono constare da verbale, sottoscritto dal presidente e dal
segretario o dal notaio. I verbali devono essere trascritti nell’apposito registro delle adunanze e
delle deliberazione dell’assemblea, tenuto a cura degli amministratori.
Il verbale deve indicare la data dell’assemblea, l’identità dei partecipanti e il capitale
rappresentato da ciascuno; deve indicare le modalità e il risultato delle votazioni e deve
consentire, in allegato, l’identificazione dei soci favorevoli e di quelli contrari o astenuti.
La Consob inoltre prevede ulteriori requisiti in caso di verbali di società quotate. Il verbale
deve essere redatto senza ritardo dall’assemblea.

6. IL DIRITTO DI INTERVENTO. IL DIRITTO DI VOTO


Possono intervenire in assemblea gli azionisti con diritto di voto (art.2370, comma1), nonché i
soggetti che pur non essendo soci hanno diritto di voto, come l'usufruttuario o il creditore
pignoratizio(art. 2352).
Il diritto di intervento va riconosciuto anche agli azionisti con diritto di voto sospeso. Con il loro
intervento possono agevolare la costituzione dell’assemblea, qualora siano d’accordo con la
maggioranza votante.
Il diritto di intervento non compete agli azionisti senza diritto di voto, eccezion fatta per il socio
che ha dato le proprie azioni in pegno o in usufrutto.
L’attuale disciplina ha introdotto novità riguardo le modalità di accertamento del diritto dei
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soci di intervenire in assemblea. In proposito vige una distinzione fra società non quotate e
società con azioni negoziate nei mercati di strumenti finanziari.
Nelle società non quotate, la condizione che legittima l’intervento in assemblea, ossia la
titolarità del diritto di voto, deve sussistere nel giorno stesso dell’adunanza.
Tale circostanza va dimostrata mediante l’esibizione all’ingresso del certificato azionario,
oppure se si tratta di azioni de materializzate o inserite in un sistema di gestione accentrata, è
certificata da una comunicazione dell’intermediario che tiene i conti.
È stata anche semplificata la disciplina dell'intervento in assemblea (art.2370): può imporre il
deposito delle azioni presso la sede della società o presso le banche indicate nell'avviso di
convocazione entro un termine prefissato con il divieto di ritiro dei titoli prima che l'assemblea
abbia avuto luogo.
Per le azioni de materializzate o in gestione accentrata, lo statuto può chiedere che le azioni
siano registrate nel conto del soggetto a cui spetta il diritto di voto a partire da un termine
prestabilito, prevedendo che esse non possono essere cedute fino alla chiusura
dell’assemblea.
Nelle società che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio, tale termine non può essere
superiore a due giorni non festivi.
Nelle società con azioni negoziate sui mercati di strumenti finanziari, la legittimazione ad
intervenire in assemblea si determina immodificabilmente con riferimento alla situazione
esistente il settimo giorno feriale precedente l’adunanza c.d. sistema della data di
registrazione. Le azioni restano alienabili anche dopo la data assunta come riferimento per le
certificazioni, e lo statuto non può contenere clausole volte ad impedirlo.

Lo statuto può permettere l'intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o


l'espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per
corrispondenza si considera intervenuto all'assemblea (art.2370, comma4).
Nelle società che non fanno ricorso al mercato di capitale di rischio, le modalità di esercizio del
voto per corrispondenza sono determinate dallo statuto.
Invece rimessa alla normativa regolamentare della Consob è la disciplina del voto per
corrispondenza e in via elettronica nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio.

7. LA RAPPRESENTANZA IN ASSEMBLEA
Gli azionisti possono partecipare all'assemblea sia personalmente sia a mezzo di
rappresentante. La partecipazione a mezzo rappresentante è oggi regolata da due diverse
discipline: una applicabile a tutte le società per azioni (art. 2372 cc.); e da alcune norme

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speciali del Tuf. per le società quotate.


L'istituto della rappresentanza in assemblea consente la partecipazione indiretta dei piccoli
azionisti alla vita della società e agevola il raggiungimento delle maggioranze assembleari nelle
società con diffuso assenteismo dei soci.
E' però istituto che può prestarsi ad abusi: attraverso il rastrellamento delle deleghe, il gruppo
minoritario di comando della società e/o gli amministratori possono rafforzare le proprie
posizioni di potere a spese dei piccoli azionisti in occasione di assemblee che si preannunciano
particolarmente combattute.
Coloro ai quali spetta il diritto di voto possono farsi rappresentare in assemblea.
La delega deve essere conferita per iscritto e i relativi documenti devono essere conservati
dalla società al fine di consentire il successivo controllo della regolare costituzione
dell’assemblea.
La delega non può essere rilasciata col nome del rappresentante in bianco, infatti questi a sua
volta, può farsi sostituire solo se la delega lo prevede. Inoltre nelle società non quotate, nella
delega deve essere indicata la persona del sostituto.
Le società o di enti possono delegare solo un proprio dipendente o collaboratore. La delega è
sempre revocabile.

Con la riforma del 2003 è stata invece circoscritta alle sole società che fanno ricorso al mercato
del capitale di rischio la regola secondo cui la rappresentanza può essere conferita solo per
singole assemblee.

Nelle società non quotate vi sono limitazioni per quanto riguarda il numero dei soci che la
stessa persona può rappresentare in assemblea: non più di 20 soci nelle società che non fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio; in quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio, il limite dei soci cresce in funzione del valore del capitale sociale: non più di 50, 100 o
200 soci, a seconda che il capitale della società non superi 5 milioni di euro, non superi i 25
milioni o infine superi quest'ultima cifra. Il
d.lsg. n.27/2010 ha introdotto una serie di misure volte ad agevolare l’esercizio per delega del
diritto di voto nelle società quotate:
- è stato previsto il conferimento della delega anche per via elettronica secondo le modalità
stabilite dallo statuto in conformità con un regolamento del Ministero della giustizia (ancora da
emanare);
- se lo statuto non dispone diversamente, la società è tenuta a designare per ciascuna
assemblea un soggetto al quale gli azionisti possono conferire senza spese una delega con

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istruzioni di voto su tutte o alcune proposte all’ordine del giorno. Si offre così ai soci che non
possono incaricare un rappresentante di fiducia, l’alternativa di avvalersi di un rappresentante
istituzionale indicato dalla società.
Per le società quotate è affermato il principio che il rappresentante deve comunicare per
iscritto al socio le circostanze da cui deriva una sua condizione di conflitto di interessi. In
questo caso la procura dovrà contenere specifiche istruzioni di voto da parte del socio per
ciascuna delibera per cui è stata conferita la rappresentanza.
La disciplina delle società quotate contempla due istituti volti ad agevolare la raccolta delle
deleghe sia da parte del gruppo di comando delle società quotate, sia da parte degli azionisti
di minoranza che ne vogliano contrastare le proposte assembleari: si tratta della
"sollecitazione" e della " raccolta delle deleghe".
La sollecitazione è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta da uno o più soggetti
(c.d. promotori) a più di 200 azionisti su specifiche proposte di voto ovvero accompagnata da
raccomandazioni, dichiarazioni o altre indicazioni idonee a influenzarne il voto.
Essa può riguardare anche solo alcuni degli argomenti all’ordine del giorno.
Il promotore effettua la sollecitazione mediante la diffusione di un prospetto e di un modulo di
delega, il cui contenuto è determinato dalla Consob con il proprio regolamento.
Il promotore è responsabile dell’idoneità e della completezza dell’informazioni rese.
La Consob stabilisce con regolamento regole di trasparenza e di correttezza per lo svolgimento
della sollecitazione. Inoltre è investita di ampi poteri informativi nei confronti de promotori, e
può vietare l’attività di sollecitazione in caso di violazione della relativa disciplina legislativa e
regolamentare.

La delega può essere conferita solo per le singole assemblee già convocate. Non può essere
rilasciata in bianco: deve indicare il nome del delegato, le istruzioni di voto, la data e recare la
sottoscrizione del delegante. Inoltre la delega può essere conferita anche solo per alcune delle
proposte di voto indicate nel modulo di delega o solo per alcune materie all’ordine del giorno.
Il voto per delega è esercitato dal promotore, che può farsi sostituire solo da chi sia
espressamente indicato nel modulo di delega e nel prospetto di sollecitazione.

Diversa dalla sollecitazione è la raccolta di deleghe, è la richiesta di conferimento di deleghe


di voto effettuata dalle associazioni di azionisti nei confronti dei propri associati. La
raccolta di deleghe risponde allo scopo di agevolare l'esercizio indiretto del voto da parte di
piccoli azionisti già organizzati in associazione per la difesa dei comuni interessi.
L’associazione è esonerata dagli oneri procedurali, dagli obblighi di informazione e dalle
responsabilità che gravano sul promotore di una sollecitazione.

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L’associazione deve essere composta da almeno 50 persone fisiche, ciascuna delle quali deve
possedere una quantità di azioni non superiore allo 0,1% del capitale sociale rappresentato da
azioni con diritto di voto.

8. LIMITI ALL’ESERCIZIO DEL VOTO. IL CONFLITTO DI INTERESSI.


Con l'esercizio del diritto di voto il socio concorre alla formazione della volontà sociale in
proporzione del numero di azioni possedute e la maggioranza esplica il potere di operare le
scelte discrezionali, necessarie o utili per l'attuazione del contratto sociale.
L'esercizio del diritto di voto è rimesso all'apprezzamento discrezionale del socio, il quale deve
però esercitarlo in modo da non arrecare un danno patrimoniale alla società.
Le deliberazioni assembleari regolarmente adottate sono annullabili solo se la maggioranza si
sia ispirata esclusivamente ad interessi extra sociali, con danno per la società.
Questo limite si desume con chiarezza dalla disciplina del conflitto di interessi dettata dall’art.
2373. Versa in un conflitto di interessi chi in una determinata delibera ha un interesse
personale contrastante con l'interesse della società.
In base all’art. 2373 , il socio è libero di votare o di astenersi, ma se vota la delibera approvata
con il suo voto determinante è impugnabile a norma dell'art. 2377 qualora possa recare danno
alla società. La delibera adottata col voto del socio in conflitto di interessi non è perciò
senz’altro annullabile se ricorrano due condizioni:

a) che il suo voto sia stato determinante (prova di resistenza);

b) che la delibera possa danneggiare la società (danno potenziale).

Due ipotesi tipiche di conflitto di interessi sono previste dall'articolo 2373, comma2:

A) vieta ai soci amministratori di votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità;

B) vieta, nel sistema dualistico, ai soci componenti del consiglio di gestione di votare nelle
deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca, o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.
La disciplina del conflitto di interessi consente di reprimere gli abusi della maggioranza a danno
del patrimonio sociale.
La dottrina tende ad applicare il principio della correttezza e buona fede nell’attuazione del
contratto, art. 1375. Si perviene così ad affermare l’annullabilità della delibera quando la stessa
sia ispirata dal solo scopo di danneggiare singoli soci.
Per l’abuso del diritto di voto, si puntualizza che il controllo giudiziario sulla delibera non può
risolversi in un sindacato di merito sulla convenienza e sull’opportunità delle decisioni della

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maggioranza; la delibera è annullabile solo quando risulti arbitrariamente e fraudolentemente


preordinata dai soci di maggioranza per ledere i diritti degli altri soci.
Identici principi saranno validi per i casi in cui sia la minoranza ad abusare del diritto di voto o
altri diritti. In tali casi, però, oltre all’annullamento della delibera, la società potrà chiedere
anche il risarcimento del danno.

9.I SINDACATI DI VOTO


I sindacati di voto sono accordi (patti parasociali) con i quali alcuni soci si impegnano a
concordare preventivamente il modo in cui votare in assemblea.
I sindacati di voto possono avere carattere occasionale o permanente. In questo secondo caso,
possono essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, nonché riguardare tutte le
delibere assembleari o soltanto quella di determinato tipo.
Danno il vantaggio di dare un indirizzo unitario all'azione dei soci sindacati se questi vengono a
costituire il gruppo di comando, il patto di sindacato consente di dare stabilità di indirizzo alla
condotta della società.
I pericoli dei sindacati di voto sono evidenti: i sindacati di comando cristallizzano il gruppo di
controllo. Con i sindacati di comando il procedimento assembleare finisce con l'essere
rispettato solo formalmente, dato che in fatto le decisioni vengono prese prima e fuori
dall'assemblea. Se il sindacato decide a maggioranza, anche il principio maggioritario è solo
formale rispettato.
Con i sindacati di voto formalmente nulla cambia nel funzionamento dell'assemblea;
sostanzialmente invece il procedimento assembleare può essere più o meno gravemente
alterato a seconda di come il sindacato è strutturato.
Il sindacato di voto, come patto parasociale, è produttivo di effetti solo fra le parti e non nei
confronti della società. Perciò il voto dell'assemblea resta valido anche se espresso in
violazione degli accordi di sindacato.
La presenza di un sindacato di voto può riflettersi sulla validità delle delibere solo quando uno
o più sindacati versino in conflitto di interesse con la società. Infatti in tal caso il conflitto si
estende anche agli altri partecipanti al sindacato, in quanto portatori per conto altrui di un
interesse in conflitto con quello della società. Quindi nella prova di resistenza si dovrà tener
conto di tutti i voti sindacati.
Nelle società non quotate sono regolati (art.2341-bis) i patti parasociali che hanno ad oggetto
l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano (sindacati
di voto), ed anche altri patti stipulati al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo
della società cioè sindacali di blocco; nonché i patti per l’esercizio anche congiunto di un
influenza dominante c.d. sindacati di gestione o di controllo.
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La disciplina delle società quotate ha riguardo agli stessi tipi di accordi. Sono inclusi tutti i patti
che incidono o possono incidere sugli assetti di potere nella società.
Di tali accordi la legge disciplina la durata e la pubblicità.
Durata e forma: i patti parasociali possono essere stipulati in qualsiasi forma. Il legislatore però
ne limita la durata, al fine di evitare una cristallizzazione delle posizioni di potere.
Se stipulati a tempo determinato, gli stessi non possono avere durata superiore a 5 anni (3 per
le società quotate), ma sono rinnovabili alla scadenza. Se è previsto un termine maggiore, il
patto si intende stipulato per 5 anni (3 anni nelle società quotate).
Se stipulati a tempo indeterminato, ciascun contraente può recedere con un preavviso di
180gg.
I patti parasociali sono inoltre soggetti ad un particolare regime di pubblicità, però è previsto
solo per le società con azionariato diffuso ed è inoltre diverso a seconda che la società sia
quotata o non quotata.
Nelle società non quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, i patti parasociali
devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea.
La dichiarazione deve essere trascritta nel verbale di assemblea che deve essere depositato
presso l'ufficio del registro delle imprese.
L'omessa dichiarazione è sanzionata con la sospensione del diritto di voto delle azioni cui si
riferisce il patto parasociale.

Nelle società quotate e nelle loro controllanti, i sindacati di voto e gli altri patti parasociali
previsti dall'art. 122 Tuf, entro 5 gg dalla stipulazione devono essere comunicati alla Consob e
alla società quotata, pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana e depositati presso il
registro delle imprese del luogo dove la società ha sede legale, secondo le modalità stabilite
dalla Consob.
La violazione di tali obblighi comporta la nullità dei patti e la sospensione del diritto di voto
relativo alle azioni sindacate.
Nessuna forma di pubblicità è invece prevista per i patti parasociali riguardanti società non
quotate che non fanno appello al mercato del capitale di rischio (società chiuse).

10. LE DELIBERAZIONI ASSEMBLEARI INVALIDE


L'invalidità delle delibere assembleari può essere determinata dalla violazione delle norme che
regolano il procedimento assembleare o dei vizi che riguardano il contenuto della delibera.

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Anche per le deliberazioni assembleari opera la distinzione fra nullità e annullabilità proprie
della disciplina dei contratti.
La riforma del 2003 introduce una disciplina, riconducendo nelle categorie della nullità o
dell'annullabilità tutti i possibili vizi delle delibere assembleari (c.d. principio di tassatività
delle cause di invalidità).
Delibere annullabili (artt.2377-2378): l'attuale disciplina ribadisce il principio che l'annullabilità
costituisce la regola per le delibere assembleari invalide. Infatti sono annullabili tutte " le
deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto " (art.2377,
comma2), mentre la più grave sanzione della nullità scatterà solo nei tre casi tassativamente
indicati nell'art. 2379 c.c. Possono dar vita solo ad annullabilità della delibera:

a)la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate, ma solo se tale partecipazione sia
stata determinante per la regolare costituzione dell'assemblea (c.d. prova di resistenza);

b) l'invalidità dei singoli voti o il loro errato conteggio, ma solo se determinanti per il
raggiungimento della maggioranza;

c) l'incompletezza o inesattezza del verbale, ma solo quando impediscono l'accertamento del


contenuto, degli effetti, e della validità della delibera (art.2377, comma4).

L'impugnativa può essere infatti proposta solo dai soci espressamente previsti da legge e cioè:
soci assenti, dissenzienti o astenuti, amministratori, consiglio di sorveglianza, consiglio
sindacale.

Legittimato all'impugnativa è anche il rappresentante comune degli azionisti di risparmio.


La legittimazione di impugnativa non compete quindi i soci che abbiano votato a favore della
delibera, né ai terzi qualificati come creditori sociali.
Legittimati all’impugnativa sono solo gli azionisti con il diritto di voto che rappresentano, l’uno
per mille del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio
ed il 5% nelle altre. Lo statuto può ridurre o escludere questo requisito.
I soci non legittimati hanno il diritto di chiedere il risarcimento dei danni loro cagionati dalla
non conformità della delibera alla legge o all’atto costitutivo.
L'impugnativa o l'adozione di risarcimento danni devono essere proposte entro un breve
termine di decadenza: 90 giorni dalla data della deliberazione o, se questa è soggetta ad
iscrizione o al solo deposito nel registro delle imprese, tre mesi dall'iscrizione o dal deposito.
L'azione di annullamento è proposta davanti al tribunale del luogo dove la società ha la sede.

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Non è più necessario il deposito nella cancelleria del tribunale di almeno un'azione, ma i soci
impugnati devono dimostrare di essere possessori del prescritto numero di azioni.
Se questo viene meno nel corso del processo a seguito di trasferimento per atto tra vivi delle
azioni, il giudice non può pronunciare l’annullamento e provvede solo sul risarcimento
dell’eventuale danno, ove richiesto, salvo che l’acquirente delle azioni intervenga nel giudizio
associandosi alla domanda di annullamento proposta dall’alienante (art. 2378, comma2).
Quindi, l’impugnativa è preclusa all’azionista che pur avendo votato contro la delibera, nel
frattempo non è più in possesso delle proprie azioni.
Sono inoltre predisposti accorgimenti al fine di evitare che impugnative pretestuose possano
danneggiare la società. Il tribunale può disporre in ogni momento che i soci opponenti
prestino idonea garanzia per l'eventuale risarcimento danni.
Inoltre, la proposizione dell'azione non sospende di per sé l'esecuzione della delibera.
La sospensione può esser tuttavia disposta su richiesta dell'impugnante, previa comparazione
fra danno alla società e danno del ricorrente, e dopo aver sentito amministratori e sindaci.
L'annullamento ha effetto per tutti i soci e obbliga gli amministratori a prendere provvedimenti
conseguenti sotto la propria responsabilità. Restano però in ogni caso salvi i diritti acquistati in
buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera. Infine,
l'annullamento non può aver luogo se la delibera è sostituita con altra presa in conformità alla
legge o dell'atto costitutivo o è stata revocata dall'assemblea. A tal fine,il giudice può tentare di
conciliare le parti in udienza. La sostituzione ha effetto retroattivo, sicchè il giudizio potrà
proseguire solo per decidere in merito le spese giudiziali. Restano salvi i
diritti acquistati dai terzi sulla base della deliberazione sostituita (art. 2377, 8 comma).

11. LE DELIBERAZIONI NULLE


La delibera è nulla nei tre casi indicati nell'art. 2379. Sono nulle le delibere il cui oggetto è
impossibile o illecito; vale a dire contrario a norme imperative, all'ordine pubblico al buon
costume. Ad es., si delibera di non redigere il bilancio di esercizio o di sopprimere il collegio
sindacale.
Nullità si ha tuttavia anche quando la delibera ha oggetto lecito ma contenuto illecito. Per
l'attuale disciplina la delibera assembleare è altresì nulla nei casi di:
a) mancata convocazione dell'assemblea. Si precisa però che:
- la convocazione non si considera mancante e non si ha nullità della delibera "nel caso di
irregolarità dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo amministrativo o di
controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di
essere tempestivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea" (art. 2379,
comma3).
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- l'azione di nullità non può essere esercitata da chi, anche successivamente, abbia dichiarato il
suo assenso allo svolgimento dell'assemblea (art.2379-bis, comma1).

b) mancanza del verbale. Si precisa che:


- il verbale non si considera mancante "se contiene la data della deliberazione e il suo oggetto
è sottoscritto dal presidente dell'assemblea o dal presidente del consiglio d'amministrazione o
del consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio" (art. 2379, comma3);
- la nullità per mancanza del verbale sanata con effetto retroattivo mediante verbalizzazione
eseguita prima dell'assemblea successiva.

Resta fermo il principio che la nullità delle delibere assembleari può essere fatta valere da
chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice.
Possono essere impugnate senza limiti di tempo solo le delibere che modificano l'oggetto
sociale prevedendo attività illecite o impossibili. In tutti gli altri casi è introdotto un termine di
decadenza di tre anni che decorre dall’iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la
deliberazione vi è soggetta, o in caso contrario dalla trascrizione nel libro delle adunanze
dell’assemblea (art.2379, comma1). Una specifica disciplina è prevista per alcune delibere
come: l’aumento del capitale sociale, riduzione reale del capitale, emissioni di obbligazioni. Per
tali delibere l’azione di nullità è soggetta al termine di decadenza di 180 giorni.
In mancanza di convocazione, il termine è di 90 giorni dall’approvazione del bilancio nel corso
del quale la delibera è stata eseguita. Specificamente disciplinata è poi l'invalidità delle
delibere di approvazione del bilancio, non più impugnabile dopo l'approvazione del bilancio
successivo e della delibera di trasformazione, fusione e scissione.

CAPITOLO 8 – L’AMMINISTRAZIONE
1. I SISTEMI DI AMMINISTRAZIONE E DI CONTROLLO
La riforma del 2003 ha previsto tre sistemi di amministrazione e controllo:

a) il sistema tradizionale, basato sulla presenza di due organi entrambi di nomina


assembleare: l'organo amministrativo (amministratore unico o consiglio di amministrazione) e
il collegio sindacale.
Il controllo contabile è invece affidato ad un organi di controllo esterno alla società: revisore
contabile o società di revisione.

b) il sistema dualistico, prevede la presenza di un consiglio di sorveglianza di nomina


assembleare e di un consiglio di gestione, nominato dal consiglio di sorveglianza;

c) il sistema monistico, nel quale l'amministrazione ed il controllo sono esercitate


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rispettivamente dal consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo sulla


gestione costituito al suo interno.

Anche per le società che adottano il sistema dualistico o monistico è poi previsto il controllo
contabile esterno.

2. STRUTTURA E FUNZIONI DELL’ORGANO AMMINISTRATIVO


Nel sistema tradizionale, la società per azioni non quotate può avere sia un amministratore
unico sia una pluralità di amministratori, che formano il consiglio di amministrazione.
Inoltre, il consiglio di amministrazione può essere articolato al suo interno con la creazione di
uno o più organi delegati che danno luogo alle figure del comitato esecutivo e degli
amministratori delegati (art. 2381 ).
Gli amministratori sono l'organo cui è affidata in via esclusiva la gestione dell'impresa sociale e
ad essi spetta compiere tutte le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale (art.
2380-bis). Le loro funzioni sono:

a) deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non siano riservati
dalla legge all'assemblea. È questo il c.d. potere gestorio degli amministratori;

b) hanno la rappresentanza generale della società. Hanno cioè il potere di manifestare


all'esterno la volontà sociale;

c) danno impulso all'attività dell'assemblea: la convocano e ne fissano l'ordine del giorno.

d)devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società,

e) devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società, o eliminarne o


attenuarne le conseguenze dannose.

Di tutte queste funzioni gli amministratori sono investiti per legge e non per mandato dei soci.
Vuoi perché essi vigilano sul rispetto della legge anche da parte dell’assemblea ed hanno il
potere dovere di astenersi dal dare esecuzione alle delibere della stessa qualora ne possa
derivare un danno per le società, vuoi perché dell’adempimento dei loro doveri essi sono
personalmente responsabili civilmente e penalmente.
E si tratta di funzioni che essi esercitano in posizione di formale autonomia rispetto
all'assemblea. Infine, tali funzioni sono inderogabili da parte dell’autonomia privata.

3. IL RAPPORTO ASSEMBLEA – AMMINISTRATORI


Nel sistema tradizionale, la ripartizione di competenze fra assemblea e amministratori in
merito alla gestione dell’impresa sociale risulta dal coordinamento di due disposizioni:

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- l’art. 2364, n.5 che dispone: “l'assemblea ordinaria delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla
legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste
dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma restando in ogni caso la
responsabilità di questi per gli atti compiuti”;
- l’art. 2380-bis che dispone che la gestione dell'impresa spetta esclusivamente agli
amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale.
La competenza gestoria dell’assemblea ha perciò carattere delimitato e specifico: sussiste solo
per gli atti espressamente previsti dalla legge.
La competenza gestoria degli amministratori ha invece carattere generale: sussiste per tutti gli
atti di impresa che non siano riservati all’assemblea e si pongono come mezzo per il
conseguimento dell’oggetto sociale.
Gli amministratori quindi, una volta nominati, sono investiti di ampi poteri decisionali: poteri
propri, esercitabili in piena autonomia rispetto all’assemblea stessa.
Essi sono responsabili civilmente, verso la società e i creditori sociali, dei danni arrecati al
patrimonio sociale in violazione dei doveri di legge.
Nè’l’assemblea non può impartire direttive vincolanti agli amministratori circa il compimento
di atti di esercizio dell’impresa sociale, né gli amministratori devono sottoporre alla preventiva
approvazione dell’assemblea le loro iniziative.
Con la riforma del 2003, l’assetto organizzativo ha assunto carattere inderogabile. Infatti non si
prevede più che l’assemblea sia chiamata a deliberare su atti di gestione dell’impresa sociale.
L’art.2380-bis afferma il principio che la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli
amministratori.

Lo statuto può prevedere solo che l’assemblea sia chiamata ad autorizzare atti di gestione di
competenza degli amministratori . In tal caso, l’assemblea è chiamata ad esprimersi su
proposta degli amministratori e non può sostituirsi ad essi.
L’autorizzazione dell’assemblea non esonera gli amministratori da responsabilità penale e civile
verso i creditori e verso la società stessa.

4. NOMINA. CESSAZIONE DELLA CARICA.


I primi amministratori sono nominati nell'atto costitutivo. Successivamente la loro nomina
compete all'assemblea ordinaria (art. 2383, comma1).
La legge o lo statuto possono riservare la nomina di uno o più amministratori allo Stato o ad
enti pubblici. L’attuale disciplina distingue fra società chiuse o aperte.
Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può riservare a
tali enti la nomina di uno o più amministratori o sindaci, in proporzione alla partecipazione

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degli stessi nel capitale della società. Gli amministratori così nominato dallo Stato o da enti
pubblici hanno gli stessi diritti ed obblighi dei membri nominati dall’assemblea. Essi possono
essere revocati solo dall’ente che li ha nominati.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio si applicano le disposizioni
dell’art. 2346, comma 6). Possono essere attribuiti poteri speciali di nomina allo Stato o agli
enti pubblici mediante l’assegnazione di strumenti finanziari partecipativi e l’applicazione della
relativa disciplina (dunque di un solo amministratore indipendente ed un componente
dell’organo di controllo).
Lo statuto può stabilire norme particolari per la nomina alle cariche sociali da parte
dell’assemblea ordinaria, fermo restando però il principio della competenza assembleare per la
nomina degli amministratori. Non è consentito innalzare i normali quorum deliberativi stabiliti
per l’assemblea ordinaria di seconda convocazione.
Invece sono valide le clausole statuarie che li riducono. Nella pratica sono diffusi i sistemi di
votazione in modo da assicurare anche a gruppi di minoranza propri rappresentanti nel
consiglio di amministrazione. Col voto di lista vengono presentate due o più liste di candidati.
Ogni socio può votare per una sola lista ed i posti nel consiglio di amministrazione sono
distribuiti in proporzione ai voti riportati da ciascuna lista, secondo l’ordine di preferenza dei
candidati. Il voto di lista è la soluzione prescelta dal legislatore per assicurare agli azionisti di
minoranza una presenza nel consiglio di amministrazione delle società quotate.
In tali società è obbligatorio che lo statuto preveda e disciplini l’elezione degli amministratori
sulla base di liste, determinando anche la partecipazione minima per poter presentare liste.
Almeno un componente del consiglio di amministrazione deve essere espressione della lista di
minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti.

Nelle società quotate, lo statuto prevede meccanismi di nomina del consiglio di


amministrazione volti ad assicurare l’equilibrio fra uomini e donne c.d. quote rosa. Il genere
meno rappresentante deve ottenere almeno un terzo degli eletti.
Il criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi. In caso di violazione, sono previste
sanzioni: una diffida della Consob, in caso di inottemperanza applica una sanzione pecuniaria,
e in caso di ulteriore inottemperanza i componenti eletti decadono dalla carica,

Il numero degli amministratori è fissato nello statuto. Questo però può anche limitarsi ad
indicare il numero minimo e massimo ed in tal caso sarà l’assemblea che procede alla nomina
a fissare il numero stesso (art. 2380-bis, comma4).
Gli amministratori possono essere soci o non soci. Gli amministratori di società quotate
devono possedere, i requisiti di fissati per i sindaci con regolamento del Ministero per la

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Giustizia. Inoltre almeno un componente del consiglio di amministrazione (due, se il consiglio è


composto da più di sette membri) deve essere un c.d. amministratore indipendente cioè deve
essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci ed eventualmente previsti
nello statuto. Specifici
requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza sono richiesti da leggi speciali per gli
amministratori di società che svolgono determinate attività (assicurativa, bancaria) o possono
essere previsti dallo statuto.
Non possono essere nominati amministratori l'interdetto, l'inabilitato, il fallito o chi è stato
condannato ad una pena che comporta l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.
Numerose cause di incompatibilità sono previste da leggi speciali (ad es. impiegati civili dello
Stato, membri del Parlamento..). Le cause di incompatibilità comportano solo che l'interessato
è tenuto ad optare fra l'uno e l'altro ufficio.
La nomina degli amministratori non può essere fatta per un periodo superiore a tre esercizi.
Sono cause di cessazione dall'ufficio prima della scadenza del termine:

a) la revoca da parte dell'assemblea;


b) la rinuncia ( dimissioni) da parte degli amministratori;
c) la decadenza dall'ufficio, ove sopravvenga una delle cause di ineleggibilità;
d) la morte.

La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto solo dal momento in cui
l'organo amministrativo è stato ricostituito.
Gli amministratori scaduti perciò rimangono in carica fino all'accettazione della nomina da
parte dei nuovi amministratori (prorogatio).

Le dimissioni dell'amministratore hanno effetto immediato se rimane in carica la maggioranza


degli amministratori. In caso contrario, le dimissioni hanno effetto solo dal momento in cui la
maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all'accettazione dei nuovi amministratori.
Nei casi in cui gli effetti della cessazione non sono differiti, è dettata una particolare disciplina
per la sostituzione degli amministratori mancanti(art. 2386). Sono previste tre ipotesi:

A) se rimane in carica più della metà degli amministratori nominati dall'assemblea, i superstiti
provvedono a sostituire provvisoriamente quelli venuti meno, con delibera consiliare
approvata dal collegio sindacale (c.d. cooptazione);

B) se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall'assemblea non si dà
luogo alla cooptazione. I superstiti devono convocare l'assemblea perché provveda alla
sostituzione dei mancanti

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C) se vengono a cessare tutti gli amministratori o l'amministratore unico, il collegio sindacale


deve convocare con urgenza l'assemblea per la ricostituzione dell'organo amministrativo.

L'attuale disciplina riconosce la validità delle clausole statutarie che prevedono una cessazione
di tutti gli amministratori e la conseguente ricostruzione dell'intero collegio da parte
dell'assemblea a seguito della cessazione di alcuni amministratori ( clausole simul stabunt
simul cadent).
La nomina e la cessazione della carica degli amministratori è soggetta ad iscrizione nel registro
delle imprese. All’iscrizione della nomina devono provvedere i nuovi amministratori entra 30
giorni dalla notizia della loro nomina (art. 2383, comma4).
L’iscrizione della cessazione per qualsiasi causa avviene invece a cura del collegio sindacale
entro lo stesso termine (art. 2385, comma3).

5. COMPENSO. DIVIETI
Gli amministratori hanno diritto ad un compenso per la loro attività (art. 2389 ).
Se il compenso non è stato determinato e non risulta che gli amministratori vi abbiano
rinunciato, esso è determinato dall’autorità giudiziaria su ricorso degli amministratori.
Questo può consistere anche in una partecipazione agli utili della società o all'attribuzione del
diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione (c.d. stock options).
Modalità e misura del compenso sono determinati dall'atto costitutivo o dall'assemblea all'atto
della nomina.
Per gli amministratori investiti di particolari cariche, la remunerazione è invece stabilita dallo
stesso consiglio d'amministrazione.

Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può fissare un importo complessivo per la remunerazione


di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolare carica.
La centralità della posizione degli amministratori nella direzione della società li rende partecipi
di tutti i segreti aziendali.
Per evitare situazioni di antagonismo con la società e di potenziale conflitto di interessi, gli
amministratori di società per azioni non possono assumere la qualità di soci a responsabilità
illimitata in società concorrenti, né essere amministratori e direttori generali in società
concorrenti, salva l'autorizzazione dell'assemblea (art. 2390 ).
L'inosservanza del divieto espone l'amministratore alla revoca dall'ufficio per giusta causa e al
risarcimento degli eventuali danni arrecati alla società.
Specifici obblighi di informazione sui possessi azionari degli amministratori sono stabiliti per le
società con azioni quotate in borsa. Agli stessi è fatto divieto di acquistare, vendere e compiere
altre operazioni su strumenti finanziari della società, anche per interposta persona, sfruttando

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informazioni privilegiate ottenute in ragione del loro ufficio. La


violazione di tale divieto espone a sanzioni penali.

6. IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
La società per azioni non quotata può avere sia l'amministratore unico, sia una pluralità di
amministratori. Invece nelle società quotate è obbligatorio nominare più amministratori.
L'amministratore unico riunisce in sé ed esercita individualmente tutte le funzioni proprie
dell’organo amministrativo.
Quando invece l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di
amministrazione, retto da un presidente scelto dallo stesso consiglio fra i suoi membri,
qualora non sia già stato nominato dall'assemblea (art. 2380-bis, 5 comma).
E’ esercitata collegialmente l’attività deliberativa, relativa sia al compimento degli atti di
gestione, sia alle altre attribuzioni proprie degli amministratori.
Le relative decisioni devono essere adottate in apposite riunioni alle quali devono assistere i
sindaci.
La rappresentanza della società è funzione individuale degli amministratori designati dall’atto
costitutivo o dall’assemblea all’atto della nomina. Se ci sono più amministratori con
rappresentanza il relativo potere è esercitato disgiuntamente o congiuntamente e non
collegialmente.
La funzione di vigilanza spetta al consiglio collegialmente e al singolo amministratore. Cioè ogni
amministratore può esaminare e controllare i documenti sociali, può compiere atti di
ispezione, ecc.

Gli amministratori però, che rivelino irregolarità, non possono adottare individualmente gli
eventuali provvedimenti che si rendano necessari, dato che si richiede una delibera collegiale.
L'attuale disciplina stabilisce che, se lo statuto non prevede diversamente, il consiglio di
amministrazione è convocato dal presidente dello stesso, il quale fissa anche l'ordine del
giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché tutti gli amministratori siano adeguatamente
informati sulle materie iscritte all'ordine del giorno ( art. 2381, 1 comma).
Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione è necessaria la presenza
della maggioranza degli amministratori in carica; le deliberazioni sono approvate se riportano
il voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti (voto per teste).
Per la verbalizzazione è stabilito che il verbale deve essere redatto per atto pubblico nei casi di
delibere su materie di competenza assembleare. È prevista la tenuta di un apposito libro delle
adunanze e delle deliberazioni del c.d.a. dal quale devono risultare le delibere adotatte.
La riforma del 2003 ha modificato la disciplina dell'invalidità della deliberazione del consiglio di

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amministrazione, infatti l'art. 2388, comma 4 , prevede che possono essere impugnate tutte le
delibere del consiglio di amministrazione che non sono prese in conformità della legge o dello
statuto. L'impugnativa può essere proposta dagli amministratori assenti o dissenzienti e dal
consiglio sindacale entro 90 giorni dalla data della deliberazione.
Quando la delibera consiliare leda direttamente un diritto soggettivo del socio questi avrà
diritto di agire giudizialmente per far annullare la delibera.

Interessi degli amministratori. Operazioni con parti correlate


Una disciplina è stata introdotta per il conflitto di interessi degli amministratori.
L'amministratore che in una determinata operazione ha, per conto proprio o di terzi, un
interesse non necessariamente in conflitto con quello della società:

a) deve darne notizia agli amministratori e al collegio sindacale precisandone "la natura, i
termini, l'origine e la portata”;

b) se si tratta di amministratore delegato, deve inoltre astenersi dal compiere l'operazione


investendo della stessa l'organo collegiale competente;

c) in entrambi i casi il consiglio d'amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni


della convenienza per la società dell'operazione.
La delibera del consigli odi amministrazione o del comitato esecutivo, qualora possa recare
danno alla società (danno potenziale), è impugnabile non solo quando l’amministratore
interessato ha votato ed il suo voto è stato determinante (prova di resistenza), ma anche
quando sono stati violati gli obblighi di trasparenza, astensione e motivazione.

L’impugnazione può essere proposta entro 90 giorni dalla data della delibera, dal collegio
sindacale, dagli amministratori assenti o dissenzienti nonché dagli stessi amministratori che
hanno votato a favore.
Se la società è gestita da un amministratore unico, questi deve dare notizia degli interessi che
ha in una determinata operazione al collegio sindacale ed anche alla prima assemblea utile.
I contratti conclusi dall’amministratore unico in conflitto di interessi sono annullabili su
richiesta della società in base alla disciplina generale della rappresentanza, salva la buona fede
del terzo contraente.
L’amministratore che violi tali obblighi risponde delle perdite che siano derivate alla società
dalla sua azione od omissione. L’amministratore risponde anche dei danni derivanti alla società
dall’utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità d’affari appresi
nell’esercizio del suo incarico.
Maggiore cautele sono imposte alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio

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per quanto riguarda le operazioni con parti correlate. Si tratta di operazioni aventi come
controparte soggetti vicini alla società e quindi maggiormente a rischio di essere decise in
conflitto di interessi. La Consob stabilisce quali categorie di soggetti sono qualificabili come
parti correlate.
Per queste operazioni, l’organo di amministrazione è tenuto ad adottare procedure che
assicurino la trasparenza e la correttezza delle decisioni. Tali regolamenti interni devono sono
pubblicati sul sito internet della società e vanno resi noti nella relazione sulla gestione.
L’organo di controllo vigila sulla loro osservanza e ne riferisce nella relazione all’assemblea
allegata al bilancio. Al riguardo la Consob ha delineato una procedura in base alla quale
preventivamente raccogliersi il parere motivato di un apposito comitato, composto da
amministratori non esecutivi, non correlati e indipendenti. Il parere non è vincolante, ma la
società deve informare il pubblico sulle operazioni approvate nonostante il parere negativo.
La delibera di approvazione deve essere sempre motivata.
Regole speciali valgono per le operazioni di maggior rilevanza. Un comitato formato da
amministratoti tutti indipendenti e non correlati deve essere coinvolto già nella fase istruttoria
e delle trattative. La decisione sull’operazione non è delegabile da parte del consiglio di
amministrazione. Se il comitato di amministratori indipendenti ha espresso parere negativo,
l’operazione deve essere approvata anche dall’assemblea ordinaria senza il voto contrario della
maggioranza dei soci non correlati, cioè soci che non sono controparte dell’operazione né sono
qualificabili come parti correlate della stessa controparte o della società (procedura di
whitewash).

7. COMITATO ESECUTIVO. AMMINISTRATORI DELEGATI


Nelle società per azioni di maggiore dimensione è frequente un'articolazione interna del
consiglio di amministrazione per rendere più razionale ed efficiente la gestione corrente
dell'impresa sociale. Il consiglio d'amministrazione può delegare le proprie attribuzioni ad un
comitato esecutivo ovvero ad uno o più amministratori delegati (art. 2381, comma 2 ).
Il comitato esecutivo è un organo collegiale; le sue decisioni sono adottate in riunioni alle quali
devono assistere i sindaci ( art. 2405). Le relative delibere devono risultare da un apposito libro
delle adunanze.
Gli amministratori delegati sono invece organi unipersonali. Se vi sono più amministratori
delegati, essi agiscono disgiuntamente o congiuntamente, a seconda di quanto stabilito dallo
statuto o dall'atto di nomina. Agli amministratori delegati è di regola affidata la rappresentanza
della società. È poi possibile la coesistenza di un comitato esecutivo e di uno o più

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amministratori delegati con competenze ripartite.


I membri del comitato esecutivo e gli amministratori delegati sono designati dallo stesso
consiglio di amministrazione, che determina l'ambito della delega. In base all'attuale disciplina
non possono esser tuttavia delegati:

a) la redazione del bilancio di esercizio;


b) la facoltà di aumentare il capitale sociale e di emettere obbligazioni convertibili per delega;
c) gli adempimenti posti a carico degli amministratori in caso di riduzione obbligatoria del
capitale sociale per perdite;
d) la redazione del progetto di fusione o di scissione.

Con la concessione della delega gran parte della gestione della società è svolta dagli organi
delegati, nelle cui mani si concentra il potere decisionale.
La delega non spoglia il consiglio di amministrazione delle attribuzioni delegate; determina
solo una competenza concorrente del consiglio e degli organi delegati.
Infatti, il consiglio può avocare a sé operazioni rientranti nella delega e resta in posizione
sovraordinata rispetto al comitato esecutivo ed agli amministratori delegati.
L'attuale disciplina puntualizza le funzioni proprie degli organi delegati e definisce i rapporti tra
gli stessi e gli altri componenti del consiglio di amministrazione, al fine di favorire la
circolazione delle informazioni sulla gestione fra i diversi componenti del consiglio e la
partecipazione attiva alla gestione anche degli amministratori privi di delega.

Si stabilisce infatti che gli organi delegati:


A) curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla
natura e alle dimensioni dell'impresa;
B) riferiscono periodicamente al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale sul
generale andamento della gestione e sulla prevedibile evoluzione.
Per consentire un'effettiva partecipazione di tutti i consiglieri alla gestione della società, si
dispone che tutti gli amministratori devono agire informati e che ciascuno può chiedere agli
organi delegati che siano fornite in consiglio informazioni relative alla gestione della società
(art. 2385, 6 comma).
L'attuale disciplina attribuisce al consiglio di amministrazione il potere-dovere di:
- valutare, sulla base delle informazioni ricevute, l'adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile della società;

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- esaminare i piani strategici, industriali e finanziari della società;


- valutare il generale andamento della gestione.

8. LA RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETA’


Fra le funzioni di cui gli amministratori sono per legge investiti vi è quella di rappresentanza
della società. In presenza di un consiglio di amministrazione, gli amministratori investiti del
potere di rappresentanza devono essere indicati nello statuto o nella deliberazione di nomina.
Se più sono gli amministratori con rappresentanza, deve essere specificato se essi hanno il
potere di agire disgiuntamente a (firma disgiunta)o congiuntamente (firma congiunta).
In base all’attuale disciplina il potere di rappresentanza degli amministratori è generale.
Il potere di rappresentanza, che riguarda l’attività esterna, è il potere di agire nei confronti dei
terzi in nome della società. Tale potere va tenuto distinto dal potere di gestione, che riguarda
invece l’attività amministrativa interna, la fase decisoria delle operazioni sociali.
Salvo il caso dell’amministratore unico e dell’amministratore delegato con rappresentanza, vi è
nella società per azioni una scissione fra potere gestorio e potere di rappresentanza degli
amministratori. Il primo compete al consiglio di amministrazione o al comitato esecutivo ed è
esercitato collegialmente, con delibere prese a maggioranza.
Il secondo spetta invece ad uno o più amministratori ed è esercitato disgiuntamente i
congiuntamente.
La società può avvalersi anche di altri rappresentanti, nominati dall’assemblea o dagli stessi
amministratori. Come ad es. i direttori generali, procuratori esterni generali o per singoli affari.
In questi casi avremo delle forme di rappresentanza negoziale, rette dai principi di diritto
comune o dalle norme speciali in tema di rappresentanza commerciale.

La rappresentanza organica degli amministratori di spa è assoggettata ad una disciplina che


privilegia l’esigenza di tutela dell’affidamento dei terzi. Due sono i principi cardine:

- è inopponibile ai terzi di buona fede la mancanza di potere rappresentativo dovuta ad


invalidità dell’atto di nomina. Infatti, intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese
dell’atto di nomina, le cause di nullità e di annullabilità della nomina degli
amministratori con rappresentanza non sono opponibili ai terzi, salvo che la società
provi che i terzi ne erano a conoscenza.
In mancanza, la società resta vincolata dagli atti compiuti dagli amministratori
invalidamente nominati;
- la società inoltre resta vincolata verso i terzi anche se gli amministratori hanno violato
eventuali limiti posti dalla società ai loro poteri.
Con l'attuale disciplina non è stata riprodotta la disposizione che precludeva alla società di

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opporre ai terzi di buona fede l'estraneità all'oggetto sociale degli atti compiuti dagli
amministratori in nome della società; degli atti cioè che non rientravano nell'attività di impresa
determinata dallo statuto (c.d. atti ultra vires).
Restano invece opponibili ai terzi i limiti legali del potere di rappresentanza degli
amministratori. Ad es. nel caso in cui l’amministratore stipuli un contratto in conflitto di
interessi con la società.
Il contratto sarà annullabile su richiesta della società, se il conflitto di interessi era conosciuto o
riconoscibile dai terzi (art. 1394). Invece la situazione è diversa per il terzo quando l’esercizio
del potere di rappresentanza presuppone una preventiva delibera del consiglio di
amministrazione e tale delibera manchi o sia viziata.

9. LA RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI VERSO LA SOCIETA’


Gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato in tre direzioni:
1) verso la società (artt. 2392-2393 );
2) verso i creditori sociali ( art. 2394 );
3) verso i singoli soci o terzi ( art. 2395 ).
Gli amministratori incorrono in responsabilità verso la società e sono tenuti al risarcimento dei
danni dalla stessa subiti quando non adempiono ai doveri ad essi imposti dalla legge o dallo
statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
Vale a dire la normale diligenza professionale di un amministratore di società.
Gli amministratori non sono invece responsabili per i risultati negativi della gestione.
Se gli amministratori sono più, essi sono responsabili solidalmente. Ciascuno può essere quindi
costretto dalla società a risarcirle l'intero danno subito.

La presenza degli amministratori con funzioni delegate non comporta, che gli altri siano
esonerati da responsabilità solidale per i comportamenti dei primi. Infatti si stabilisce che in
ogni caso gli amministratori sono solidamente responsabili se, essendo a conoscenza di atti
pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminare o
attenuare le conseguenze dannose (art. 2392, comma2).
Perciò se il comportamento dannoso è direttamente imputabile solo ad alcuni amministratori,
con essi risponderanno in solido anche gli altri qualora, non abbiano prevenuto o impedito
l’attività dannosa dei primi.
Ne risponderanno solo per colpa in vigilando, con la conseguenza che, se costretti a risarcire il
danno, avranno diritto di regresso per l’intero nei confronti dei primi. La responsabilità degli
amministratori è responsabilità per colpa e non responsabilità oggettiva.
Infatti, la responsabilità per gli atti e le omissione degli amministratori non si estende a quello

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tra essi che sia immune da colpa, purché:


a) abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle
deliberazioni del consiglio di amministrazione;
b) del suo dissenso dia immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.
L'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli amministratori deve essere deliberato
dall'assemblea ordinaria oppure dal collegio sindacale a maggioranza di due terzi dei suoi
componenti.
La deliberazione dell'azione di responsabilità comporta la revoca automatica dall'ufficio degli
amministratori contro cui è proposta solo se la delibera è approvata con voto favorevole di
almeno un quinto del capitale sociale.
Se non si raggiunge tale percentuale del capitale sociale sarà invece necessario una distinta ed
espressa delibera di revoca.
Che l’azione sociale di responsabilità debba essere deliberata dall’assemblea tutela poco le
minoranze azionarie, visto che la relativa decisione è in sostanza nelle mani del gruppo di
comando che ha nominato gli amministratori e che perciò deciderà di agire in giudizio contro
gli stessi solo ove si rompa il relativo rapporto fiduciario.
Nel caso la società cada in dissesto ed è dichiarata fallita o assoggettata a liquidazione coatta
amministrativa o ad amministrazione straordinaria, la legittimazione a promuovere l'azione
sociale di responsabilità compete al curatore fallimentare, al commissario liquidatore, al
commissario straordinario ( art. 2394-bis).
Una tutela limitata e indiretta delle minoranze è però prevista anche quando la società è in
bonis. La società infatti può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità o pervenire ad
una transazione con gli amministratori. È necessario che entrambe le decisioni siano deliberate
dall’assemblea e non vi sia il voto contrario di una minoranza qualificata. Una
tutela più energica delle minoranze è stata introdotta dalla riforma del 1998 per le sole società
con azioni quotate e poi estesa a tutte le spa dalla riforma del 2003.
In base all'art. 2393-bis, l'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere
promossa anche dagli azionisti di minoranza.
Per evitare azioni giudiziarie pretestuose o ricattatorie contro gli amministratori, i soci che
assumono l’iniziativa devono rappresentare almeno il 20% del capitale sociale.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è sufficiente che l’azione sia
promossa dai soci che rappresentano un quarantesimo del capitale sociale. Quindi si tratta di
uno strumento di tutela che può essere utilizzato da minoranze stabili ed organizzate.
L'azione è promossa dalla minoranza, tramite un rappresentante comune, è diretta a
reintegrare il patrimonio sociale, e non a risarcire il danno eventualmente subito dai soggetti

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agenti. Perciò la società deve essere chiamata in giudizio.


L’azione sociale di responsabilità può essere esercitata entro 5 anni dalla cessazione
dell’amministratore dalla carica (art. 2393, comma3). La responsabilità degli amministratori
verso la società è responsabilità da inadempimento di preesistenti obbligazioni.
La società che agisce in giudizio deve provare solo l’esistenza di un danno imputabile a
inadempimento degli amministratori. Invece spetterà agli amministratori provare i fatti che
valgono ad escludere o ad attenuare la loro responsabilità: assenza di colpa o di nesso di
causalità fra inadempimento e danno.

10. LA RESPONSABILITA’ VERSO I CREDITORI SOCIALI


Oltre che nei confronti della società, gli amministratori sono responsabili anche verso i
creditori sociali (art. 2394 ):
a) gli amministratori sono responsabili verso i creditori sociali solo "per l'inosservanza degli
obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale";
b) l'azione può essere proposta dai creditori solo quando il patrimonio sociale risulta
insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
In caso di fallimento l’azione può essere proposta esclusivamente dal curatore, dal
commissario liquidatore o dal commissario straordinario.
L’azione di risarcimento danni dei creditori trova fondamento nell’inadempimento di specifici
obblighi posti dalla legge a carico degli amministratori.
I creditori che agiscono in giudizio non sono tenuti a provare il dolo o la colpa degli
amministratori.

Fra l'azione sociale di responsabilità e quella concessa ai creditori vi sono comunque indubbie
differenze: infatti, il danno subito dai creditori non è che un effetto riflesso del danno che gli
amministratori hanno arrecato al patrimonio sociale rendendolo insufficiente a soddisfare i
primi. Ne consegue che se l'azione risarcitoria è stata esperita dalla società e il relativo
patrimonio è stato reintegrato, i creditori non potranno più esercitare l'azione di loro spettanza
dato che gli amministratori sono ovviamente tenuti a risarcire una sola volta il danno.
La rinuncia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei
creditori sociali. L’azione dei creditori si prescrive in 5 anni, al pari dell’azione sociale.
E’ preferibile la tesi dell’azione diretta ed autonoma, poiché: a) diversamente da quanto
previsto per l’azione surrogatoria, i creditori sociali che agiscono contro gli amministratori non
sono tenuti a citare in giudizio anche la società; b) la sospensione della prescrizione dell’azione
sociale, finché gli amministratori restano in carica, non opera per l’azione dei creditori sociali.

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11. LA RESPONSABILITA’ VERSO SINGOLI SOCI O TERZI


L’azione di responsabilità della società ed i creditori sociali " non pregiudicano il diritto al
risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente
danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori " (art. 2395 ).
Perché il singolo socio o il terzo possano chiedere agli amministratori il risarcimento dei danni
devono ricorre due presupposti:
a) il compimento da parte degli amministratori di un atto illecito nell'esercizio del loro ufficio;
b) la produzione di un danno diretto al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo;
Caso classico di danno diretto è quello degli amministratori che con un falso bilancio inducono
i soci o terzi a sottoscrivere l'aumento di capitale a prezzo eccessivo. L’art. 2395 non copre
invece il danno subito dal terzo contraente per l’inadempimento contrattuale della società.
Il socio o il terzo che agiscono in responsabilità contro gli amministratori devono provare che
esiste un nesso causale diretto fra il danno subito e l’illecito degli amministratori.
Spetterà al socio o al terzo provare anche il dolo o la colpa degli amministratori.
L’azione può essere esercitata entro 5 anni dal compimento dell’atto che ha pregiudicato il
socio o il terzo.

12. I DIRETTORI GENERALI


I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell'impresa sociale.
Dirigenti cioè che sono al vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell'impresa ed
operano in rapporto diretto con gli amministratori, dando attuazione alle direttive generali
dagli stessi impartite. Sono nominati dall’assemblea o dal consiglio di amministrazione per
disposizione dello statuto.
Essi sono perciò investiti di ampi poteri decisionali nella gestione dell'impresa. I direttori
generali sono parificati agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali.
Inoltre, se nominati dall’assemblea o dallo statuto, agli stessi si applicano le norme che
regolano la responsabilità degli amministratori.

13.GLI AMMINISTRATORI DI FATTO


Amministratore di fatto è il soggetto, privo della veste formale di amministratore per la
mancanza di nomina assembleare, che in fatto si ingerisce nella direzione dell’impresa sociale:

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impartisce istruzioni agli amministratori ufficiali, ne condiziona le scelte operative, tratta


direttamente con i terzi. Sono l’azionista o gli azionisti di comando, detentori del reale potere
decisionale.
Gli amministratori di fatto sono equiparati agli amministratori legalmente nominati per
l’applicazione delle norme penali in tema di responsabilità.
È invece dubbia l’estensione agli amministratori di fatto della responsabilità civile dettata per
gli amministratori. La legge dà conferma con riferimento alla srl, quando amministratore di
fatto è un socio, ma solo in presenza di comportamenti dolosi. Si prevede infatti che insieme
agli amministratori rispondono solidamente i soci che hanno intenzionalmente deciso o
autorizzato il compimento di atti dannosi per la società (art. 2476, 7 comma).
Parte della dottrina ritiene che si applichi anche nella spa, assimilando la figura
dell’amministratore di fatto a quella dei direttori generali.

CAPITOLO 9 - IL COLLEGIO SINDACALE. CONTROLLO CONTABILE

1. PREMESSA
Il collegio sindacale è l'organo di controllo interno della società per azioni, con funzione di
vigilanza sull'amministrazione della società.
La disciplina del collegio sindacale ha subito profonde modifiche del 1942 ad oggi al fine di
rendere più efficace la relativa attività di vigilanza.
Con la riforma del 1974 è stato introdotto per le società quotate un controllo contabile esterno
da parte di una società di revisione. Nel 1992 è stato istituito un apposito Registro dei revisori
contabili. La riforma del 1998 ha modificato la disciplina del collegio sindacale delle società con
azioni quotate e ha affrancato tale organo dalle funzione di controllo contabile, che perciò
sono ora affidate in via esclusiva alla società di revisione.
Con una riforma del 2003 anche nelle altre società per azioni il controllo contabile è stato
sottratto al collegio sindacale ed è stato attribuito ad un revisore contabile o ad una società di

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revisione.

2.COMPOSIZIONE.NOMINA.CESSAZIONE.
La composizione dell’organo di controllo è diversamente disciplinata per le società quotate e
non quotate.
Nelle società non quotate, i sindaci formano di regola un organo pluripersonale e collegiale
(collegio sindacale) composto di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci, secondo quanto
stabilito nello statuto. Devono inoltre essere nominati due membri supplenti (art. 2397 ).
Per le società aventi ricavi o patrimonio netto inferiori ad un milione di euro, lo statuto può
prevedere che l’organo di controllo sia composto da un sindaco unico.
Il collegio sindacale delle società non quotate ha una struttura semirigida.
Fermo restando il numero minimo di tre sindaci effettivi e di due supplenti, l'atto costitutivo
delle società quotate può oggi determinare liberamente il numero dei sindaci.
I primi sindaci sono nominati nell'atto costitutivo; successivamente essi sono nominati
dall'assemblea ordinaria.
I sindaci sono di regola nominati dallo stesso organo che nomina agli amministratori.
La situazione è tuttavia mutata per le sole società quotate con la riforma del 1998. L'atto
costitutivo di tali società deve prevedere che almeno un membro effettivo sia eletto dalla
minoranza.
Oggi tutti i sindaci devono possedere requisiti professionali sia per le società quotate e non.

Inoltre la legge consente una composizione diversificata del collegio, cioè la nomina dei sindaci
con qualità professionali diverse, affinchè nell’organo siano presenti le necessarie competenze
tecniche per l’efficace assolvimento delle funzioni di controllo.
Nelle società con azioni non quotate, almeno un sindaco effettivo ed uno supplente devono
essere scelti fra gli iscritti nel Registro dei revisori contabili. Fra i revisori legali iscritti nel
registro deve essere prescelto anche il sindaco. Nel registro dei revisori possono iscriversi:
- persone fisiche in possesso di specifici requisiti professionalità e onorabilità, che abbiano
superato un apposito esame di ammissione
- società di persone o capitali che rispondano a determinati requisiti riguardanti soci,
amministratori e soggetti responsabili dell’attività di revisione.
Gli altri sindaci, se non iscritti in tale registro, devono essere scelti fra i professori universitari di
ruolo in materiche economiche o giuridiche, oppure fra gli iscritti negli albi professionali
individuati dal Ministero della giustizia.
Per le società quotate, i requisiti professionali dei sindaci sono invece fissati con regolamento

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del Ministero della giustizia. Il regolamento prescrive che solo un sindaco effettivo o due, e in
ogni caso un sindaco supplente devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori legali
dei conti per un periodo non inferiore a 3 anni. Gli altri sindaci, possono anche non essere
revisori legali, ma devono in tal caso possedere predeterminati requisiti di professionalità di
tipo giuridico-aziendale. Per i sindaci di società quotate sono inoltre previsti anche, a pena di
decadenza, specifici requisiti di onorabilità.
Per assicurare l'indipendenza dei sindaci sono previste cause di ineleggibilità ulteriori rispetto a
quelle dettate per gli amministratori. Non possono esser nominati sindaci:

a) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori;

b) coloro che sono legati alla società o a società facenti parte dello stesso gruppo "da un
rapporto di lavoro o da una rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera
retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano
l'indipendenza".
Valgono poi per i sindaci le stesse cause di incompatibilità viste per gli amministratori.
Per favorire l’efficacia del controllo, la legge si preoccupa di arginare il fenomeno del cumulo
degli incarichi. A tal fine si prevede che, prima di accettare la nomina, i soggetti designati come
sindaci rendano noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e controllo già ricoperti
presso altre società (art.2400, comma4). In
tutte le società per azioni lo statuto può prevedere limiti di cumulo di incarichi da parte dei
sindaci.

Ma, nelle società quotate o con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, un tetto massimo è
fissato dalla Consob con regolamento; e per assicurare il rispetto del divieto è fatto obbligo ai
sindaci di informare la Consob e il pubblico su tutti gli incarichi di amministrazione e controllo
ricoperti presso le società di capitali. L’omissione della comunicazione è punita con sanzioni
amministrative pecuniarie.

Il compenso dei sindaci deve essere predeterminato ed invariabile in corso di carica.


La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata
dall’assemblea all’atto della nomina per l’intero periodo di durata del loro ufficio (art.2402).
I sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili. I sindaci scaduti restano in carica
fino alla nomina dei nuovi. Costituiscono causa di cessazione dell’ufficio prima della scadenza
del termine la morte, la revoca, la rinuncia e la decadenza dall’ufficio.
Revoca:L'assemblea può revocarli solo se sussiste una giusta causa. La delibera di revoca deve
essere approvata dal tribunale (art. 2400 ), al fine di verificare se ricorre giusta causa.

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Decadenza:Costituisce cause di decadenza dall’ufficio il sopraggiungere di una delle cause di


ineleggibilità, nonché la sospensione o cancellazione dal registro dei revisori.
Decade dall’ufficio il sindaco che, senza giustificato motivo, non assiste o disserta, durante un
esercizio sociale, due riunioni del cda, del comitato esecutivo o del collegio sindacale.
Sostituzione: In caso di morte, di rinuncia o decadenza di un sindaco, subentrano
automaticamente i supplenti in ordine di età.
Pubblicità: La nomina e la cessazione dei sindaci deve essere iscritta, a cura degli
amministratori, nel registro delle imprese entro 30 giorni.

3.IL CONTROLLO SULL’AMMINISTRAZIONE


Funzione primaria del collegio sindacale è quella di controllo. Il controllo del collegio sindacale
ha per oggetto l'amministrazione della società globalmente intesa e si estende a tutte le
attività sociale, al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della legge e dell’atto
costitutivo. Il collegio sindacale vigila "sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento" (art. 2403,
1 comma e 149 Tuf).
La vigilanza del collegio sindacale è esercitata nei confronti degli amministratori quanto organo
investito della gestione della società, ma riguarda anche l’attività dell'assemblea. Da
qui il potere-dovere dei sindaci di intervenire alle riunioni dell'assemblea, del consiglio di
amministrazione e del comitato esecutivo, nonché di impugnare le relative delibere.
A carico dei sindaci sono posti specifici poteri-doveri di iniziativa in sostituzione dell’assemblea
e/o degli amministratori, per assicurare il rispetto della legalità dell’attività sociale.

In particolare essi devono convocare l’assemblea ed eseguire le pubblicazioni prescritte per


legge in caso di omissione da parte degli amministratori; e devono chiedere al tribunale che
venga disposta la riduzione del capitale sociale obbligatoria per legge, ove l’assemblea non vi
provveda e gli amministratori restino inerti.
Il controllo dei sindaci sull'amministrazione è un controllo di carattere globale e sintetico, le cui
modalità di esercizio sono rimesse alla discrezionalità tecnica del collegio. Inoltre il collegio
sindacale deve controllare il rispetto sostanziale da parte degli amministratori degli specifici
obblighi di condotta loro imposti, nonché dei principi di corretta amministrazione.
Per consentire al collegio sindacale lo svolgimento della propria attività, la legge pone a carico
degli amministratori numerosi obblighi di comunicazione nei confronti del primo.
Obblighi di informazione intensi nelle società quotate. In queste ultime gli amministratori
devono riferire tempestivamente al collegio sindacale sull’attività svolta, sulle operazioni
compiute di maggior rilievo economico, nonché su quelle a rischio di conflitto d’interessi.

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I sindaci hanno il potere-dovere di procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di


controllo, nonché di chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società
controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.
Il collegio sindacale può inoltre convocare l'assemblea " qualora nell'espletamento del suo
incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere "
(art. 2406,comma2).
Il collegio può inoltre promuovere il controllo giudiziario sulla gestione, se ha fondato sospetto
che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione.
Inoltre nelle società quotate la Consob può attivare il controllo giudiziario se ha fondato
sospetto di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri dei sindaci.

4. IL CONTROLLO CONTABILE. ALTRE FUNZIONI


Il collegio sindacale non svolge più la revisione legale dei conti della società, oggi affidato ad un
revisore legale o ad una società di revisione.
Oggi il collegio sindacale è tenuto a vigilare solo sull’adeguatezza ed affidabilità del sistema
amministrativo – contabile. Nelle società non quotate, il suo consenso è però tuttora
necessario per l’iscrizione all’attivo di alcune voci di bilancio: costi di impianto e di
ampliamento, costi di ricerca, avviamento.
Lo statuto può prevedere che anche la revisione legale dei conti sia esercitato dal collegio
sindacale. In tal caso l’intero collegio sindacale deve essere costituito da revisori legali iscritti
nell’apposito registro. Questa opzione non è consentita per le società tenute a redigere il
bilancio consolidato, per le società qualificate come enti di interesse pubblico, per le società
che controllano o sono controllate con un ente di interesse pubblico.

Nelle società qualificate come “ente di interesse pubblico” , il colelgio sindacale non esercita
direttamente il controllo contabile, ma svolge la funzione di comitato per il controllo interno e
la revisione contabile, è cioè proposto dalla legge a vigilare sulla revisione legale e
sull’indipendenza del soggetto incaricato di effettuarla. A tal fine, il collegio riceve dal revisore
o dalla società di revisione una relazione concernente le questioni fondamentali emerse in
sede di revisione legale.
Al collegio sindacale spettano anche altre funzioni di consulenza, propositiva e di
amministrazione attiva che integrano e completano la principale funzione di controllo.
Il collegio sindacale deve esprimere il proprio parere sulla determinazione da parte del
consiglio di amministrazione degli amministratori investiti di particolari cariche.
I sindaci sono chiamati a svolgere funzione amministrativa quando vengono meno tutti gli
amministratori. Infine può svolgere anche la funzione dell’organismo di vigilanza previsto dalla

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disciplina in tema di responsabilità amministrativa degli enti per i reati dei propri
amministratori e dipendenti.

5. IL FUNZIONAMENTO DEL COLLEGIO SINDACALE


Il presidente del collegio sindacale è nominato dall'assemblea (art. 2398 ).
Nelle società quotate deve essere prescelto fra i sindaci eletti dalla minoranza.
L’organo sindacale funziona di regola collegialmente. Il collegio sindacale deve riunirsi almeno
ogni 90 giorni e le riunioni possono svolgersi anche con mezzi telematici, se lo statuto lo
consente (art. 2404, 1 comma). Il collegio sindacale è regolarmente costituito con la presenza
della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti.
Delle riunioni deve essere redatto processo verbale, sottoscritto da tutti gli intervenuti, che
viene trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale.
Il sindaco dissenziente ha diritto di far iscrivere a verbale i motivi del proprio dissenso.
I sindaci possono avvalersi di dipendenti e di ausiliari per lo svolgimento di specifiche
operazioni di ispezione e di controllo. Nelle società quotate, invece, il collegio sindacale può
avvalersi dell’assistenza di dipendenti della società nell’espletamento delle proprie funzioni.
L'attività di controllo del collegio sindacale può poi essere sollecitata dai soci (art. 2408).
Ogni socio può denunziare al collegio sindacale fatti che ritiene censurabili.
Il collegio sindacale è però obbligato solo a tenerne conto nella relazione annuale
dell'assemblea.
Doveri specifici sono invece poste a carico del collegio sindacale quando la denuncia provenga
da tanti soci che rappresentano il 5% del capitale sociale (2% per le società che fanno ricorso
al mercsto del capitale di rischio)o la minore percentuale prevista dallo statuto.

In tal caso il collegio sindacale "deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati, presentare le
sue conclusioni ed eventuali proposte all'assemblea” (art. 2408, 2 comma).

6. LA RESPONSABILITA’ DEI SINDACI


I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richiesta dalla
natura dell'incarico (art. 2407 ). I sindaci sono responsabili, anche penalmente, della verità
delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e documenti di cui hanno
conoscenza per ragione del loro ufficio.
L'obbligo di risarcimento dei danni grava esclusivamente sui sindaci qualora il danno sia
imputabile solo al mancato o negligente adempimento dei loro doveri. Ad es. uno più sindaci
hanno violato il segreto d’ufficio.
E’ frequente che l’evento dannoso sia conseguenza di un comportamento doloso o colposo
degli amministratori, che i sindaci avrebbero potuto e dovuto prevenire o impedire

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nell’espletamento della loro funzione di vigilanza.


I sindaci sono responsabili in solido con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi
ultimi, qualora il danno non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero vigilato in conformità
degli obblighi della loro carica.

B. LA REVISIONE LEGALE DEI CONTI

7. IL SISTEMA
Con la riforma del 2003 si è completato il processo di separazione del controllo
sull’amministrazione dal controllo contabile, originariamente entrambi affidati al collegio
sindacale. L'affidamento del controllo contabile ad un revisore esterno è stato avviato nel
1974; a tale disciplina si è affiancata con la riforma del 2003, quella del controllo contabile
applicabile a tutte le altre società per azioni.
Permane un corpo di regole speciali per la revisione legale esercitata sulle società qualificate
come ente di interesse pubblico: sono società emittenti azioni o altri strumenti finanziari
quotati o diffusi tra il pubblico in maniera rilevante, nonché alcune società regolate da leggi
speciali. La Consob, d’intesa con la Banca d’Italia e l’Isvap, può estendere con regolamento la
qualifica di ente di interesse pubblico anche a società che controllano, o sono controllate
oppure soggette a comune controllo con altro ente di interesse pubblico.
La revisione legale degli enti di interesse pubblico deve essere esercitata da un revisore legale
esterno.

8. CONFERIMENTO E CESSAZIONE DELL’INCARICO


La revisione legale è esercitata da un revisore leale o da una società di revisione iscritti nel
Registro dei revisori legali dei conti, oppure, se lo statuto lo prevede nei casi consentiti, dal
collegio sindacale.
Il ministero dell’economia e delle finanze esercita la vigilanza sugli iscritti nel Registro, con
ampi poteri informativi ed ispettivi. Il ministro sottopone periodicamente i revisori a controllo
della qualità almeno ogni 6 anni.
Il revisore esterno è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo. Successivamente
l’incarico è conferito dall’assemblea.
Il revisore legale o la società di revisione devono essere soggetti indipendenti dalla società
controllata. La disciplina stabilisce che fra la società revisionata ed il revisore o la rete
professionale,non devono sussistere relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro o di altro genere,

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tali da indurre un terzo informato a trarre conclusioni che l’indipendenza del revisore risulta
compromessa.
Il revisore è tenuto a dotarsi di procedure idonee a prevenire e rilevare tempestivamente le
situazioni che possono compromettere la sua indipendenza. E qualora le stesse si verifichino
deve adottare misure volte a ridurne il rischio, ma nei casi più gravi deve astenersi
dall’effettuare la revisione legale.
Per quanto riguarda il compenso, questo è determinato dall’assemblea all’atto della nomina
per l’intera durata dell’incarico e in misura sufficiente a garantire la qualità e l’affidamento dei
lavori. Il corrispettivo può essere eventualmente adeguato durante lo svolgimento dell’incarico
sulla base di criteri oggettivi predeterminati dall’assemblea nell’atto di nomina. L’incarico di
controllo o di revisione contabile ha la durata di 3 esercizi, con scadenza alla data
dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio. E’ rinnovabile senza limiti, salvo
quanto si dirà per le società qualificate come enti di interesse pubblico.
L’incarico può essere revocato dall’assemblea solo per giusta causa, sentito il parere dell’organi
di controllo. E’
rimesso ad un regolamento del Ministro dell’economia, sentita la Consob, stabilire quando il
revisore o la società di revisione possono dimettersi, ovvero il contratto può essere sciolto
consensualmente o per giusta causa.
Le dimissioni devono essere poste in essere in tempi e modi tali da consentire alla società
sottoposta a revisione di provvedere altrimenti, salvo che per impedimento grave e
comprovato del soggetto incaricato della revisione.

La società deve provvedere tempestivamente a contenere l’incarico ad un nuovo revisore, ed il


vecchio resta in carica in regime di prorogatio fino a quando la deliberazione di conferimento
dell’incarico non è divenuta efficace. La
società sottoposta a revisione deve informate tempestivamente l’autorità di vigilanza e fornire
spiegazioni sulle ragioni che hanno determinato la cessazione anticipata dell’incarico.

9. LA REVISIONE LEGALE DEGLI ENTI DI INTERESSE PUBBLICO


La revisione legale degli enti di interesse pubblico è soggetta a regole speciali, a tutela
dell’interesse generale alla correttezza delle informazioni finanziarie diffuse dagli stessi.
Oggi l’incarico di tale attività deve essere conferito ad un soggetto iscritto nel Registro dei
revisori legali, anche ad un revisore persona fisica. Resta fermo il potere di vigilanza della
Consob sull’organizzazione e sull’attività dei soggetti incaricati della revisione di un ente di
interesse pubblico, al fine di controllarne l’indipendenza e l’idoneità tecnica.

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Nell’esercizio di vigilanza, la Consob può richiedere notizie e documenti nei confronti di


chiunque possa essere informato dei fatti, imporre la comunicazione anche periodica di dati ed
atti al revisore, effettuare ispezioni ed irrogare sanzioni.
La Consob effettua periodicamente, ogni 3 anni, il controllo della qualità sui revisori e sulle
società di revisione che svolgono la revisione legale di enti di interesse pubblico.
L’incarico di revisione legale degli enti di interesse pubblico ha la durata di 9 esercizi quando è
conferito a società di revisione e di 7 esercizi per i revisori legali persona fisica.
Non può essere rinnovato o nuovamente conferito al medesimo soggetto se non siano decorsi
almeno 3 esercizi dalla cessazione del precedente.
E’ rimesso alla Consob stabilire con regolamento le situazioni che possono compromettere
l’indipendenza del revisore e le misure da adottare per rimuoverle.
La legge interviene sulla questione dell’offerta, da parte del revisore stesso o di soggetti a lui
collegati, di servizi diversi dall’attività di revisione legale dei conti (c.d. servizi non-audit).
Revisori o società di revisione sono in genere legati da rapporti giuridici di varia natura con
altre società, studi legali o professionali, esperti e professioni autonomi.
La rete di cui fa parte il soggetto incaricato della revisione è un’organizzazione in grado di
offrire ampi servizi giuridici, contabili, informatici, organizzativi, finanziari dai quali ricava
compensi. La minaccia da parte della società revisionata di non avvalersi più di tali servizi può
costituire mezzo di pressione efficace sul revisore.
Trasferimenti di personale: la revisione legale non può essere esercitata da coloro che hanno
rivestito cariche sociali, o funzione di direttore generale o di dirigente preposto alla redazione
di documenti contabili presso l’ente di interesse pubblico, se non sono trascorsi almeno 2 anni
dalla cessazione di tali rapporti. Il divieto opera anche per la revisione legale di società
controllanti o controllate dall’ente di interesse pubblico.

Per quanto riguarda i trasferimenti in senso inverso, il revisore, il responsabile della revisione
per conto di una società di revisione, e coloro che hanno preso parte con funzioni di direzione
o supervisione alla revisione del bilancio di un ente di interesse pubblico, non possono rivestire
cariche sociali o funzioni dirigenziali di rilievo presso l’ente revisionato se non sono trascorsi
almeno 2 anni dalla conclusione dell’incarico o dalla cessazione del rapporto con la società di
revisione. La violazione di tali divieti è punita con sanzione amministrativa pecuniaria.

10. FUNZIONI E RESPONSABILITA’ DEI REVISORI DEI CONTI


Funzione principale del revisore è quella di controllare la regolare tenuta delle scritture
contabili e di esprimere un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato. Il
revisore legale deve verificare nel corso dell’intero esercizio la regolare tenuta della contabilità
sociale. Inoltre deve verificare che il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato siano

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conformi alle norme che li disciplinano.


L’attività di revisione è volta ad esprimere un giudizio sul bilancio, giudizio che può essere
graduato secondo 4 modelli:
1 giudizio senza rilievi, se il bilancio è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione;
2 giudizio con rilievi;
3 giudizio negativo;
4 dichiarazione di impossibilità di esprimere il giudizio.
Negli ultimi 3 casi il revisore espone analiticamente nella relazione i motivi della propria
decisione. Inoltre, in caso di giudizio negativo, di dichiarazione di impossibilità di esprimere un
giudizio informa immediatamente la Consob.
Il soggetto incaricato del controllo contabile ha diritto di ottenere dagli amministratori
documenti e notizie utili per la revisione e può procedere autonomamente ad accertamenti,
controlli ed esame di atti e documentazione.
Speciali poteri sono poi attribuiti al revisore o alla società di revisione della capogruppo c.d.
revisore di capogruppo, in quanto tali soggetti sono responsabili per il giudizio espresso sul
bilancio consolidato.
Il revisore o la società di revisione devono conservare i documenti e le carte di lavoro agli
incarichi di revisione legale svolti per dieci anni dalla data della relazione di revisione, in modo
da consentire successive verifiche sul loro operato da parte dell’organo di controllo.
Però non è più richiesto che documentino l’attività svolta in un apposito libro sociale
consultabile dagli amministratori.

Il soggetto incaricato della revisione legale dei conti deve adempiere i propri doveri con
diligenza professionale. E’ responsabile della verità delle sue attestazioni e deve conservare il
segreto su fatti e documenti di cui ha conoscenza per ragioni del suo ufficio.
Nei confronti della società che ha conferito l’incarico, dei suoi soci e dei terzi, il revisore o la
società di revisione rispondono in solido con gli amministratori per i danni derivanti
dall’inadempimento dei loro doveri.
Se l’incarico è affidato ad una società di revisione, con la stessa rispondono in solido il
responsabile della revisione e i dipendenti che hanno collaborato all’attività di revisione a cui
sono direttamente imputabili gli inadempimenti o gli illeciti, ma solo nei limiti del proprio
contributo effettivo al danno cagionato.
L’azione si prescrive in 5 anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio emessa al
termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento.

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CAPITOLO 10 - I SISTEMI ALTERNATIVI


1. IL SISTEMA DUALISTICO
Due sono i sistemi alternativi introdotti dalla Riforma del 2003: sistemi che trovano
applicazione solo se espressamente adottati in sede di costituzione della società o con
modifica dello statuto ( art. 2380, 2 comma).
Il sistema dualistico prevede la presenza di un consiglio di gestione e di un consiglio di
sorveglianza. La revisione legale dei conti è poi affidato ad un revisore o ad una società di
revisione.
Il consiglio di gestione svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione del sistema
tradizionale.
Al consiglio di sorveglianza sono attribuite sia le funzioni di controllo propri del collegio
sindacale, sia le funzione di indirizzo della gestione che nel sistema tradizionale sono proprie
dell'assemblea dei soci, come la nomina e la revoca dei componenti del consiglio di gestione.
La presenza del consiglio di sorveglianza riduce le competenze dell’assemblea ordinaria.
Infatti, questa nomina e revoca i componenti del consiglio di sorveglianza, determina il loro
compenso e delibera in ordine all’azione di responsabilità nei loro confronti e nomina il
revisore. Ma, perde la competenza di nomina e revoca degli amministratori, la competenza per
l’approvazione del bilancio.
Il sistema dualistico determina quindi un distacco fra azionisti ed organo gestorio della società.
Si tratta di un modello organizzativo adatto per società con azionatario diffuso e privo di uno
stabile nucleo di azionisti imprenditori.

2.IL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA


I componenti del consiglio di sorveglianza possono essere soci o non soci. Il loro numero, non
inferiore a 3, è fissata dallo statuto (art. 2409-duodecies). I primi componenti sono nominati
nell'atto costitutivo, successivamente la loro nomina compete all'assemblea ordinaria.
La legge o la statuto possono riservare la nomina di uno o più consiglieri di sorveglianza allo
Stato o ad enti pubblici purchè abbiano partecipazioni nella società, oppure ai possessori di
strumenti finanziari partecipativi.
Nelle società quotate almeno un componente deve essere eletto dalla minoranza col sistema
del voto di lista secondo le modalità fissate dalla Consob.
La legge prevede requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza dei consiglieri di
sorveglianza. Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio:

 almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra gli

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iscritti nel registro dei revisori legali dei conti;


 non possono essere eletti i componenti del consiglio di gestione,
 trovano applicazione le cause di ineleggibilità e decadenza previste per gli
amministratori e sindaci.
Nelle società quotate e in quelle con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, i consiglieri di
sorveglianza devono ulteriormente rispettare i limiti al cumulo di incarichi determinati con
regolamento dalla Consob.
Nelle sole società quotate i consiglieri di sorveglianza devono essere in possesso dei requisiti di
professionalità ed onorabilità fissati per decreto dal Ministro della giustizia. Inoltre sono
applicate cause di ineleggibilità dei sindaci fissate dall’art.148.
A tutela dell’indipendenza dei consiglieri di sorveglianza si richiama la disciplina del compenso
dei sindaci. La retribuzione annuale deve essere predeterminata ed invariabile in corso di
carica, e viene determinata dall’assemblea, se non è stabilita nello statuto.
I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica tre esercizi e sono rieleggibili, salvo
diversa disposizione dell'atto costitutivo.
Sono inoltre revocabili dall’assemblea anche se non ricorre una giusta causa, salvo il diritto al
risarcimento. E’ necessaria che la delibera sia approvata con il voto favorevole di almeno un
quinto del K sociale.
La nomina e la cessazione dall’ufficio dei consiglieri di sorveglianza devono essere iscritte, a
cura degli amministratori, nel registro delle imprese entro 30 giorni.

3. COMPETENZE E FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA


Il consiglio di sorveglianza esercita il controllo sull’amministrazione che spetta al collegio
sindacale nel sistema tradizionale. A tal fine vengono riconosciuti al consiglio di sorveglianza i
medesimi poteri e diritti di informazione del collegio sindacale nei confronti del consiglio di
gestione, del soggetto che esercita la revisione contabile e degli organi delle società
controllate.
I suoi componenti devono assistere alle assemblee e possono assistere alle adunanze del
consiglio di gestione. Nelle società quotate, a ciascuna riunione del consiglio di gestione deve
presenziare almeno un consigliere di sorveglianza. Il consiglio di sorveglianza può convocare
l’assemblea, previa comunicazione al presidente del consiglio di gestione, qualora ravvisi fatti
censurabili di rilevante gravità e vi sia urgenza di provvedere; deve sostituirsi agli
amministratori in caso di omissione o di ingiustificato ritardo nella convocazione

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dell’assemblea e nell’esecuzione delle pubblicazioni prescritte per legge.


Al consiglio di sorveglianza è inoltre attribuita larga parte delle funzioni dell'assemblea
ordinaria:
a) nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione e ne determina il compenso;
b) approva il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato, ma la distribuzione degli utili resta di
competenza dell’assemblea ordinaria;
c) promuove l’esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio
di gestione.
Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea e i suoi poteri sono
determinati dallo statuto.
Il consiglio di sorveglianza deve riunirsi almeno ogni 90gg. Nelle società quotate deve inoltre
riunirsi ogni volta che un componente ne faccia richiesta al presidente, indicando gli argomenti
da trattare.
Per la valida costituzione dl consiglio è necessaria la presenza della maggioranza dei
componenti, mentre le deliberazioni sono assunte a maggioranza assoluta dei presenti.
I componenti del comitato di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza
richiesta dalla natura dell'incarico.
Sono solidalmente responsabili con i componenti del consiglio di gestione per i fatti e le
omissioni di questi quando i danni non si sarebbero prodotti se essi avessero vigilato in
conformità dei doveri della loro carica (art. 2409- terdecies, 3 comma).

4. IL CONSIGLIO DI GESTIONE
Le funzioni del consiglio di gestione coincidono con quella del consiglio d'amministrazione del
sistema tradizionale (art. 2409-novies). Il consiglio di gestione è costituito da un numero di
componenti non inferiore a 2. I primi componenti sono nominati nell'atto costitutivo.
Successivamente la loro nomina compete al consiglio di sorveglianza.
Nelle società quotate, se i componenti sono più di 3, si applicano le regole dell’equilibrio fra
uomini e donne nella composizione degli organi sociali, invece se i componenti sono più di 4,
almeno uno deve possedere i requisiti degli amministratori indipendenti.
I consiglieri di gestione non possono esser nominati consiglieri di sorveglianza; essi sono
revocabili ad nutum dal consiglio di sorveglianza.
Come nel sistema tradizionale, i componenti del consiglio di gestione restano in carica per non
più di tre esercizi, ma sono rieleggibili. Non trova applicazione il meccanismo della

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cooptazione. Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio
di gestione, il consiglio di sorveglianza provvede senza indugio alla loro sostituzione. Il
consiglio di gestione può delegare proprie attribuzioni ad uno o più dei suoi componenti, ed in
tal caso si applica la disciplina delle deleghe del sistema tradizionale.
Disciplinata è l’azione sociale di responsabilità contro i consiglieri di gestione (art.2409-decies).
Fermo restando l’applicazione della disciplina dettata per l’azione di responsabilità contro gli
amministratori nel sistema tradizionale, è previsto che tale azione può essere promossa anche
dal consiglio di sorveglianza. La relativa deliberazione è assunta a maggioranza dei componenti
e comporta la revoca di ufficio dei consiglieri di gestione se è approvata con la maggioranza dei
due terzi dei consiglieri di sorveglianza. In tal caso il consiglio di sorveglianza provvede alla
sostituzione. Lo stesso consiglio di sorveglianza può rinunciare all’esercizio dell’azione di
responsabilità.
La rinuncia all’azione da parte della società o del consiglio di sorveglianza non impedisce
l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte dei soci di minoranza, nonché l’azione
da parte dei creditori sociali.

5.IL SISTEMA MONISTICO


Il sistema monistico si caratterizza per la soppressione del collegio sindacale.
L'amministrazione e il controllo sono esercitati dal consiglio di amministrazione e da un
comitato per il controllo sulla gestione, costituite al suo interno che svolge le funzioni del
collegio sindacale (art. 2409-sexiesdecies). Il controllo contabile è poi affidato ad un revisore
contabile o ad una società di revisione.
Al consiglio di amministrazione si applicano le disposizioni dettate per gli amministratori nel
sistema tradizionale, con una sola differenza determinata dal fatto che dal suo ambito devono
essere estratti i componenti dell’organo di controllo. Infatti è previsto che almeno un terzo dei
componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di
indipendenza stabiliti per i sindaci e, se lo statuto lo prevede, di quelli previsti da codici di
comportamento redatti da associazioni di categoria.

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Nelle società quotate, un amministratore indipendente deve essere nominato dalla minoranza
tramite il sistema di voto di lista, secondo le modalità previste dallo statuto.
I componenti del comitato per il controllo sulla gestione sono infatti nominati dallo stesso
consiglio di amministrazione, fra i consiglieri in possesso dei requisiti di indipendenza,
onorabilità e professionalità. Almeno uno dei componenti deve essere scelto fra gli iscritti nel
registro dei revisori legali dei conti.
Se la società è quotata, i componenti del comitato per il controllo sulla gestione devono essere
in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità fissati per decreto dal Ministro della
giustizia. L’amministratore indipendente nominato dalla minoranza è componente del
comitato. Fra i componenti della minoranza deve essere nominato il presidente del comitato
per il controllo sulla gestione.
Il consiglio di amministrazione determina anche il numero dei componenti del comitato per il
controllo della gestione. Non può essere inferiore a 3 nelle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio.
Il consiglio di amministrazione può revocare i componenti del comitato per il controllo sulla
gestione, anche senza giusta causa. Il consiglio di amministrazione provvede infine alla
sostituzione in caso di morte, rinuncia, revoca o decadenza di un componente del comitato,
scegliendo fra gli amministratori in carica in possesso dei necessari requisiti di indipendenza,
onorabilità e professionalità. Se non vi sono amministratori eleggibili, il consiglio di
amministrazione procede a cooptarne di nuovi.

Il comitato per il controllo sulla gestione svolge le stesse funzioni del collegio sindacale: vigila
sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e
del sistema amministrativo e contabile.
In quanto organo di controllo interno della società, è destinatario delle denunzie dei soci di
fatti censurabili, e può a sua volta presentare denunzia al tribunale ove riscontri irregolarità di
gestione potenzialmente dannose.
I suoi componenti devono assistere alle assemblee, alle adunanze del cda e del comitato
esecutivo. E’ imposto anche lo scambio di informazioni fra il comitato di controllo e il soggetto
incaricato della revisione legale dei conti.
Nelle società quotate, si riconosce al comitato per il controllo sulla gestione i medesimi poteri
e diritti di informazione del collegio sindacale nei confronti degli altri amministratori, del
soggetto che esercita la revisione dei conti e dei corrispondenti organi delle società controllate.

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E’riconosciuto il potere del comitato di procedere in ogni momento ad ispezioni e controlli. E’


riconosciuto il potere del comitato di avvalersi della collaborazione di dipendenti della società
e di convocare il consiglio di amministrazione o il comitato esecutivo. Il
comitato elegge al suo interno il presidente ed opera con l’osservanza delle norme di
funzionamento dettate per il collegio sindacale. Deve riunirsi almeno ogni 90gg, ed è
regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei componenti e delibera a
maggioranza assoluta dei presenti.
Il punto debole di questo sistema consiste nel fatto che i controllori sono direttamente
nominati dai controllati, siedono insieme a questi ultimi e votano nel consiglio di
amministrazione. La funzionalità del sistema si gioca tutta sulla effettiva " indipendenza" dei
chiamati alla funzione di controllori.

CAPITOLO 11 - CONTROLLI ESTERNI


1. IL SISTEMA
Accanto al controllo interno del collegio sindacale ed al controllo contabile affidato ad un
revisore esterno l'ordinamento prevede un articolato sistema di controlli esterni sulle società
per azioni. Il sistema dei controlli esterni non è però identico per tutte le società per azioni.
Comune a tutte le società per azioni è infatti solo il controllo esterno sulla gestione esercitato
dall'autorità giudiziaria in presenza di situazioni patologiche che ne alterano il corretto
funzionamento.
Le società con azioni quotate in borsa e quelle che istituzionalmente operano sul mercato
mobiliare sono assoggettate al controllo Consob (commissione nazionale per le società e la
borsa), organo pubblico con poteri regolamentari e di controllo finalizzati alla tutela degli
investitori, nonché alla trasparenza del mercato mobiliare e delle società che nello stesso

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operano.
Il quadro dei controlli esterni va poi contemplato tenendo presenti i controlli pubblici cui sono
sottoposte le società che svolgono la loro attività in settori di particolare rilievo economico e
sociale.

2. IL CONTROLLO GIUDIZIARIO SULLA GESTIONE


Il controllo giudiziario sulla gestione delle società per azioni (art. 2409 c.c.) è una forma di
intervento dell'autorità giudiziaria nella vita delle società volta a ripristinare la legalità
dell'amministrazione delle stesse. La relativa disciplina ha subito significative modifiche
iniziata dalla situazione societaria che legittima l'intervento del tribunale in precedenza
individuata nel " fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri degli
amministratori e dei sindaci".
In base all'attuale disciplina invece il procedimento può essere attuato se vi è fondato sospetto
che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possano arrecare
danno alla società o a una o più società controllate.
Le gravi irregolarità possono essere denunziate:
A) dai soci che rappresentano almeno il decimo del capitale sociale. Nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio, la percentuale richiesta è ridotta al 5% del capitale
sociale.
B) in tutte società l'iniziativa può essere assunta anche dal collegio sindacale o dal
corrispondente organo di controllo nei sistemi alternativi;
C) nelle sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'iniziativa può essere
assunta anche dal pubblico ministero;

D) nelle società quotate è legittimata anche la Consob, quando sospetti gravi irregolarità
nell’adempimento dei doveri dei sindaci, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il
controllo sulla gestione;
E) dal commissario giudiziale o straordinario di una società in amministrazione straordinaria e
dal commissario liquidatore di una società fiduciaria in liquidazione coatta amministrativa, nei
confronti degli amministratori e sindaci di altra società facente parte dello stesso gruppo.

Il tribunale non può invece procedere di ufficio. I soci denunzianti e gli altri soggetti legittimati
sono tenuti a provare l’effettiva esistenza delle gravi irregolarità. È sufficiente che essi
dimostrino l’esistenza di un fondato sospetto.
Condizione necessaria e sufficiente affinché il procedimento inizi è che le irregolarità
denunziate sussistano, che siano potenzialmente dannose e non siano rimosse.

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3. IL PROCEDIMENTO
Il procedimento attivato con la denunzia si articola in due fasi.
Una prima fase, di carattere istruttorio, è diretta ad accertare l'esistenza delle irregolarità e a
individuare i provvedimenti da adottare per rimuoverle. A tal fine il tribunale deve sentire in
camera di consiglio gli amministratori e sindaci.
Può inoltre fare eseguire l'ispezione dell'amministrazione della società da parte di un
consulente nominato dal Tribunale. Le spese relative sono a carico dei soci richiedenti, ai quali
potrà essere richiesto il versamento di una cauzione. Invece sono a carico della società qualora
l’iniziativa sia assunta dagli altri soggetti. Il provvedimento è reclamabile.
Il gruppo di comando della società può evitare l'ispezione ed ottenere dal tribunale la
sospensione del procedimento per un periodo determinato se l'assemblea sostituisce
amministratori e sindaci con soggetti " di adeguata professionalità, che si attivano senza
indugio per accertare se le violazioni sussistano e per eliminarle".
Se ciò non viene fatto il tribunale può scegliere fra due strade:
1) il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori per evitare il ripetersi di
irregolarità e nel contempo convocare l’assemblea della società per le deliberazioni
conseguenti. Deliberazioni che l’assemblea è libera di adottare o meno;
2) nei casi più gravi, il tribunale revoca gli amministratori, a volte anche i sindaci, e nomina un
amministratore giudiziario.

I poteri e la durata in carica dell'amministratore giudiziario sono determinati dal tribunale con
decreto di nomina.
L’amministratore giudiziario è investito per legge del potere di proporre l’azione di
responsabilità contro gli amministratori e i sindaci

L’amministratore giudiziario ha la qualifica di pubblico ufficiale per quanto attiene alle sue
funzioni. Il suo compenso, a carico della società, è determinato dal tribunale.
Può essere revocato dal tribunale. Al termine del suo ufficio deve rendere al tribunale il conto
della propria gestione.
L'amministratore giudiziario ha la rappresentanza della società, ma non può compiere atti
eccedenti l'ordinaria amministrazione senza l'autorizzazione del tribunale.
Prima della scadenza del suo incarico, l’amministratore giudiziario, deve convocare l’assemblea
per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci. Oppure, può proporre all’assemblea la messa
in liquidazione della società o la sua sottoposizione ad una procedura concorsuale.

4. LA CONSOB
La Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) è un organo pubblico di vigilanza

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sul mercato dei capitali. Attualmente la Consob è una persona giuridica di diritto pubblico, che
gode di piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge.
Essa ha sede in Roma ed una sede secondaria operativa a Milano.
La Commissione ha autonomi poteri normativi e regolamentari nelle materie ad essa riservate
per legge. Le sue deliberazioni sono adottate collegialmente, salvo i casi di urgenza previsti per
legge e, non è ammessa delega permanente di funzioni ai commissari. Il presidente
sovrintende all’attività istruttoria e cura l’esecuzione delle delibere.
La Commissione e le altre autorità di vigilanza sul mercato finanziario (Banca d’Italia, Isvap)
collaborano fra loro al fine di agevolare le rispettive funzioni e non possono opporsi
reciprocamente il segreto d’ufficio.
Nata come organo di controllo della borsa e delle società che in borsa collocano i propri titoli,
la Consob è progressivamente divenuto organo di controllo dell'intero mercato mobiliare.
Infatti, la Consob vigila, insieme alla Banca d’Italia, sugli intermediari mobiliari, con lo scopo
fine garantire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli stessi.
Vigila sui mercati regolamentati al fine di assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle
negoziazioni e la tutela degli investitori.
Vigila, infine, su tutti gli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico avendo riguardo
alla tutela degli investitori.

5.AMMISSIONI DELLE AZIONI ALLE QUOTAZIONI DI BORSA.


La privatizzazione della borsa valori realizzata nel 1997, ha modificato la disciplina in tema di
ammissione delle azioni alle quotazioni, sospensione e revoca. Le relative competenze, in
precedenza attribuite alla Consob, sono state trasferite alla società di gestione del mercato
regolamentato, sotto la vigilanza della Consob.
In base all’attuale disciplina le condizioni di ammissione, esclusione e sospensione delle azioni
dalle negoziazioni sono determinate dal regolamento di mercato predisposto dalla società di
gestione della borsa. La Consob, a sua volta, autorizza l’esercizio dei mercati regolamentati
previo accertamento che il regolamento assicuri la trasparenza del mercato, l’ordinato
svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.
L’ammissione avviene esclusivamente su domanda della società interessata previa
deliberazione dell’organo competente, da individuarsi nell’assemblea dei soci.
La società di gestione della borsa delibera entro due mesi dalla domanda e comunica

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all’emittente la decisione di ammissione o rigetto della domanda. Contestualmente comunica


alla Consob la propria decisione.
L’inizio delle negoziazioni deve comunque essere preceduto dalla pubblicazione di un apposito
prospetto di quotazione contenente le informazioni necessarie affinché gli investitori possano
pervenire a un fondato giudizio sull’investimento proposto, sui diritti ad esso connessi e sui
relativi rischi. Contenuto e modalità di pubblicazione del prospetto è determinato dalla Consob
con proprio regolamento.
La società di gestione del mercato dispone anche la sospensione o la revoca della quotazione,
dandone immediata comunicazione alla Consob. La Consob può entro 5 giorni vietare
l’esecuzione dei provvedimenti di esclusione, ovvero ordinare la revoca della sospensione.
La sospensione può essere disposta se non è temporaneamente garantita la regolarità del
mercato o se lo richiede la tutela degli investitori.
La sospensione dalle negoziazioni può durare al massimo 18 mesi, dopo che la società di
gestione della borsa delibera l’esclusione dalla quotazione se sono venuti meno i motivi della
sospensione.
La società può chiedere, con deliberazione dell’assemblea straordinaria, l’esclusione dalla
negoziazione se ottiene l’ammissione in altro mercato regolamentato, purché sia garantita una
tutela equivalente degli investitori.

6.CONSOB E INFORMAZIONE SOCIETARIA


La Consob svolge un ruolo centrale per assicurare una adeguata e veritiera informazione sul
mercato mobiliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che fanno appello
al pubblico risparmio, in modo da consentire agli investitori scelte più consapevoli.
In base all’attuale disciplina sono assoggettati ad obblighi informativi nei confronti del
pubblico:

- tutti gli emittenti strumenti finanziari quotati e i soggetti che li controllano;


- gli emittenti strumenti finanziari non quotati in mercati italiani, ma diffusi fra il pubblico
in misura rilevante;
- gli emittenti strumenti finanziari negoziati, su richiesta o con il consenso della stessa
società, in un sistema multilaterale di negoziazione avente le caratteristiche fissate dalla
Consob.

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Due sono i principi cardine dell'attuale disciplina sull’informazione societaria:

a) tali soggetti devono comunicare al pubblico. secondo le modalità stabilite dalla Consob con
regolamento, le informazioni privilegiate che li riguardano, cioè devono comunicare qualsiasi
informazione precisa e non ancora resa pubblica la cui conoscenza può influire sensibilmente
sul prezzo degli strumenti finanziari;

b) la Consob può richiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per
l'informazione del pubblico e provvedervi direttamente.

La Consob ha prescritto specifici obblighi di informazione preventiva del pubblico per una seria
operazione straordinaria: acquisto e cessione di pacchetti azionari, acquisto e vendita di azioni
proprie, fusioni, scissioni.
Ha inoltre prescritto che siano messi tempestivamente a disposizione del pubblico documenti
contabili periodici: bilancio di esercizio, relazioni semestrali e trimestrali degli amministratori.
Le società quotate devono inoltre redigere in ogni esercizio una relazione sul governo
societario e gli aspetti proprietari che può consistere in una speciale sezione della relazione
sulla gestione allegata al bilancio oppure in un separato documento approvato dall’organo
amministrativo e pubblicato congiuntamente alla relazione sulla gestione, oppure in un
documento pubblicato sul sito internet della società indicato nella relazione sulla gestione.
Le informazioni di cui è prescritta la pubblicazione c.d. informazioni regolamentate devono
essere depositate presso la Consob e la società di gestione del mercato dove avviene la
quotazione.

La Consob è poi investita di ampi poteri di indagine di intervento al fine di vigilare sulla
correttezza dell'informazione fornita al pubblico.
La Consob può richiedere agli emittenti quotati, ai soggetti che li controllano e alle società
dagli stessi controllate, la comunicazione di notizie e documenti. Può assumere informazioni
dai componenti dei loro organi sociali, dai direttori generali, dai diritti delle società ed altri.
Nell’accertamento dei reati di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato,
la Consob può nei confronti di chiunque possa essere informato dei fatti: richiedere notizie,
dati, documenti; ottenere informazioni ed accedere a banche dati di altri amministrazioni
pubbliche ed altro.
La Consob stabilisce con quali modalità devono essere comunicate al pubblico o a singoli
investitori ricerche, valutazioni o altre informazioni volte a proporre o a raccomandare
strategie di investimento su strumenti finanziari quotati.

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La legge fissa al riguardo il principio che i soggetti che effettuano tali raccomandazioni devono
presentare le informazioni in maniera oggettiva e devono palesare l’esistenza di ogni loro
interesse riguardo agli strumenti finanziari a cui l’informazione si riferisce.

CAPITOLO 13- I LIBRI SOCIALI . IL BILANCIO


1.I LIBRI SOCIALI OBBLIGATORI
Oltre i libri e le scritture contabili previsti per l’imprenditore commerciale, la spa deve tenere
conto anche i libri sociali indicati nell’art. 2421 destinati a documentare i profili essenziali
dell’organizzazione e della vita sociale.
I libri sociali obbligatori sono:m
1) il libro soci, in esso devono essere indicati il numero delle azioni emesse, il cognome ed il
nome dei relativi possessori delle azioni nominative, i trasferimenti ed i vincoli ad essi relative,
nonché i versamenti eseguiti. Sono inoltre annotati gli annullamenti dei titoli azionari,
l’ammortamento e il rilascio di duplicati;
2) il libro delle obbligazioni, in esso sono indicati l’ammontare delle obbligazioni emesse e di
quelle estinte, il cognome e nome dei titolari di obbligazioni nominative, nonché i trasferimenti

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e i vincoli ad esse relative; 3) il


libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, nel quale vanno trascritti anche i
verbali redatti per atto pubblico;
4) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione;
5) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, ovvero del consiglio di
sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione nelle società che adottano modelli
alternativi di amministrazione e controllo;
6) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo: necessario solo se tale
organo è stato istituito;
7) il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti;
8) il libro degli strumenti finanziari di partecipazione ad uno specifico affare.
I primi quattro libri sono tenuti a cura degli amministratori, il quinto a cura del collegio
sindacale, il sesto del comitato esecutivo e il settimo a cura del rappresentante comune degli
obbligazionisti.
I soci ed il rappresentante comune degli azionisti di risparmio hanno il diritto di esaminare solo
il libro dei soci e quello delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea e possono
ottenerne degli estratti (art. 2422, comma1).
Il rappresentante comune degli obbligazionisti ha diritto di esaminare ed ottenere estratti del
libro delle obbligazioni e di quello delle adunanze e deliberazioni dell’assemblea dei soci.
Identico diritto è riconosciuto ai singoli obbligazionisti per il libro delle adunanze e delle
deliberazioni della loro assemblea (2422, comma2).
Il rappresentante comune dei possessori di strumenti finanziari partecipativi e i singoli
possessori hanno infine diritto di esaminare ed ottenere estratti solo dell’ultimo libro.

2. IL BILANCIO D’ESERCIZIO
La società per azioni deve redigere annualmente il bilancio di esercizio.
Il bilancio d’esercizio è il documento contabile che rappresenta, in modo chiaro, veritiero e
corretto, la situazione patrimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio,
nonché il risultato economico dell'esercizio stesso (cioè, gli utili conseguiti o le perdite subite
nell'esercizio). Esso è costituito dallo stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa.
Funzione essenziale del bilancio è quella di accertare periodicamente la situazione del
patrimonio (aspetto statico) e la redditività (aspetto dinamico) della società.
Nella società per azioni il bilancio di esercizio rappresenta un essenziale strumento di
informazione contabile dei soci e dei terzi. Costituisce per i soci il solo strumento legale di
informazioni contabile sull’andamento degli affari sociali; e costituisce per i creditori il mezzo
per conoscere la consistenza del patrimonio della società.
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Il bilancio di esercizio delle società di capitali ha inoltre rilievo anche per l'applicazione della
normativa tributaria in quanto costituisce per il fisco il termine di riferimento per la tassazione
periodica del reddito della società (Ires).
La disciplina civilistica è stata innovata nel 1991, ulteriori modifiche sono poi state apportate
dalla riforma del 2003. Altre importanti modifiche sono intervenute nella materia per effetto
del diritto comunitario.
Il Regolamento CE n.1606/2002 e il d.lgs n.38/2005 hanno disposto che a partire dal 2005
alcune società siano obbligate, ed altre abbiano la facoltà di redigere i propri bilanci in base ai
principi contabili internazionali. Tali principi riconosciuti dall’UE sono emanati
dall’International Accounting Standard Board.
I principi contabili internazionali divengono giuridicamente vincolanti solo in seguito alla loro
adozione da parte della Commissione europea.
L’impiego di tali principi è obbligatorio per la redazione dei bilanci di esercizio e consolidato
delle società con azioni od altri strumenti finanziari quotati, o diffusi tra il pubblico in misura
rilevante. E’ obbligatorio per le società che esercitano particolari attività come banche, società
assicurative, società di intermediazione finanziari e mobiliare.
L’adozione non è invece consentita alle società che possono redigere il bilancio in forma
abbreviata. Per tutte le altre spa l’adozione è facoltativa. Una volta adottati i principi contabili
internazionali, la scelta non è revocabile, salvo che ricorrano circostanze eccezionali illustrate
nella nota integrativa.

3.PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA DISCIPLINA DEL BILANCIO


I principi cardine che dominano la redazione del bilancio sono quelli della chiarezza e della
rappresentazione veritiera e corretta: "il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve
rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società
e il risultato economico dell'esercizio (art. 2423, comma2).
E’ obbligatorio fornire le informazioni ulteriori necessarie, se quelle richieste da specifiche
disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non sono sufficienti a dare una
rappresentazione veritiera e corretta.
Inoltre, le specifiche disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non devono
essere applicate se la loro applicazione è incompatibile con la rappresentazione veritiera e
corretta. Gli amministratori sono tenuti a motivare le deroghe nella nota integrativa e ad
indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del

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risultato economico.
Ulteriori principi nella redazione del bilancio sono:

A) la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva
di continuazione dell'attività. Si deve altresì tenere conto "della funzione economica
dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato" al fine di far prevalere quest'ultima in caso
di contrasto con i criteri formali di iscrizione in bilancio (c.d. principio di prevalenza della
sostanza sulla forma).

B) nella redazione del bilancio si deve tener conto delle entrate e delle uscite di competenza
dell'esercizio indipendentemente dalla data dell'incasso del pagamento.

C) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro, se non in casi
eccezionali e con l’obbligo degli amministratori di motivare la deroga nella nota integrativa e di
illustrarne l’influenza.

4. LA STRUTTURA DEL BILANCIO REDATTOSECONDO LA DISCIPLINA DEL CODICE CIVILE.


Il bilancio di esercizio si articola in tre parti: lo stato
patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa. In applicazione del principio di
chiarezza, sono indicate le voci che devono figurare nello stato patrimoniale e nel conto
economico. Inoltre, sono dettate alcune
regole generali che devono essere applicate nella redazione ti tali documenti:

a) le singole voci devono essere inserite nello stato patrimoniale e nel conto economico
secondo l'ordine tassativo fissato per la legge.

b) le voci sono organizzate in grandi categorie omogenee (contraddistinte da lettere


maiuscole), a loro volta articolate in sottocategorie (numeri romani), in voci (numeri arabi) ed

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in alcuni casi anche sottovoci (lettere minuscole);

c) per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo
della voce corrispondente dell'esercizio precedente, al fine di consentire il confronto con i
bilanci precedenti;

d) è vietato il compenso di partite, cioè la somma algebrica di attività e passività; ovvero di


costi e ricavi, che per legge devono essere iscritti distintamente.

Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali. La nota integrativa non
può essere redatta in migliaia di euro.
Alle società che non superano determinate dimensioni è consentita la redazione di un bilancio
in forma abbreviata, nel quale è ridotto il numero delle voci dello stato patrimoniale e del
conto economico, nonché delle indicazioni richieste nella nota integrativa.

STATO PATRIMONIALE
Rappresenta in modo sintetico la composizione quantitativa e qualitativa del patrimonio della
società e la sua situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell'esercizio. Lo stato
patrimoniale deve essere redatto nella forma a colonne secondo lo schema fissato dall’art.
2424.
Le voci dell'ATTIVO sono aggregate in quattro grandi categorie:

A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti

B) Immobilizzazioni, che comprendono gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati


durevolmente dalla società. Le immobilizzazioni sono a loro volta distinte in tre sottocategorie:

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B-I) immobilizzazioni immateriali:quali i costi di impianto e di ampliamento, i diritti di


brevetto industriale e l'avviamento.

B-II) immobilizzazioni materiali :quali i terreni e i fabbricati, le attrezzature industriali e


commerciali.

B-III) immobilizzazioni finanziarie, che comprendono partecipazioni azionarie e non,


crediti, altri titoli e le azioni proprie, quando siano destinati a permanere stabilmente
nel patrimonio della società. Altrimenti questi vanno indicati nell’Attivo circolante.

C) Attivo circolante, a sua volta distinto in:

C-I) Rimanenze: quali le rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumo, di


prodotti in corso di lavorazione e di prodotti finiti e merci.

C-II) Crediti: che non costituiscono immobilizzazioni

C-III) Attività finanziarie: che non costituiscono immobilizzazioni, fra le quali vanno
inserite le partecipazioni, le azioni proprie e gli altri titoli di cui si prevede l'alienazione in
tempi brevi.

C-IV) Disponibilità liquide: quali i depositi bancari e il denaro in cassa.

D) Ratei e risconti (attivi): i ratei attivi sono quote di proventi comuni a due o più esercizi, di
competenza dell'esercizio, ma esigibili in esercizi successivi.
I risconti attivi sono invece quote di costi comuni a due o più esercizi, sostenuti nell'esercizio,
ma di competenza di esercizi successivi.

Passando al PASSIVO dello stato patrimoniale:

A) Patrimonio netto, composto dal capitale sociale nominale e dai diversi tipi di riserve.
L’insieme degli importi del capitale e delle riserve, degli utili portati a nuovo e degli utili di
esercizio risultanti dal conto economico, detratte le eventuali perdite portate a nuovo e le
perdite di esercizio, costituiscono il patrimonio netto della società.
Tutte queste voci non costituiscono vere e proprie passività e si iscrivono nella colonna del
passivo solo per ragioni contabili, c.d. passivo ideale.

B) Fondi per rischi ed oneri. Si tratta di accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti
certi o probabili.

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C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. L'importo del relativo fondo va


calcolato in base agli anni di servizio maturati.

D) Debiti, distinti oggi in ben 14 voci per consentire una dettagliata informazione quantitativa e
qualitativa sull'indebitamento della società.

E) Ratei e risconti (passivi): ratei passivi sono quote di costi comuni a due o più esercizi, di
competenza dell'esercizio ma che saranno effettivamente sopportati negli esercizi successivi.
I risconti passivi sono invece provenienti quote di proventi comuni a due o più esercizi,
percepiti nell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi.

Lo stato patrimoniale quindi rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società


al termine dell'esercizio

In calce allo stato patrimoniale devono infine essere iscritti i Conti d'ordine: la loro funzione è
quella di informare sull'esistenza di rischi ed impegni futuri, che non incidono attualmente
sulla consistenza del patrimonio sociale.

CONTO ECONOMICO
Espone il risultato economico dell'esercizio (utile o perdita) attraverso la rappresentazione dei
costi e degli oneri sostenuti, nonché dei ricavi e degli altri provenienti conseguiti nell'esercizio.
Il conto economico deve essere redatto in forma espositiva scalare (art.2425), con esposizione
cioè in unica sequenza prefissata dei componenti positivi e negativi di reddito.
Il conto economico è articolato in cinque sezioni scalari:

1) Valore della produzione, vanno indicati e sommati i ricavi di competenza dell'esercizio


dell'attività produttiva tipica e le variazioni, positive o negative, delle relative rimanenze di
magazzino. Dal totale così ottenuto si sottraggono..

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2) i Costi della produzione, fra cui sono compresi gli ammortamenti, le svalutazioni e gli
accantonamenti. Si ottiene così, per differenza, il risultato loro della gestione ordinaria della
società.

3) vanno iscritti e sommati algebricamente i Provenienti e oneri finanziari, quali i proventi


derivanti da partecipazioni in altre società, gli interessi attivi e passivi, gli utili e le perdite su
cambi. Segue il relativo totale.

4) vanno iscritte e sommate algebricamente le Rettifiche di valore di attività finanziarie,


dovute a rivalutazioni e a svalutazioni delle stesse. Segue il relativo totale.

5) vanno iscritti e sommati algebricamente i Proventi ed oneri straordinari, con relativo totale.

La somma algebrica dei diversi Totali parziali così ottenuti costituisce il risultato globale di
esercizio, che va indicato prima al lordo e poi al netto delle imposte sul reddito.
Si ottiene così l'utile o la perdita di esercizio che va riportato nello stato patrimoniale.

NOTA INTEGRATIVA
Oltre lo stato patrimoniale e il conto economico, gli amministratori devono redigere due
ulteriori documenti:
1) la nota integrativa (art. 2427) illustra e specifica le voci dello stato patrimoniale e del conto
economico; fornisce una serie di informazioni integrative sulla situazione patrimoniale e
finanziaria, sul risultato economico di esercizio, sulle azioni e sugli strumenti finanziari emessi
dalla società.
2) la relazione sulla gestione (art. 2428 ), è un allegato esterno al bilancio; essa deve illustrare
la situazione della società e l'andamento della gestione "nel suo complesso e nei vari settori in
cui essa ha operato".

5. LA STRUTTURA DEL BILANCIO REDATTO SECONDO I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI


Il bilancio di esercizio redatto secondo i principi contabili internazionali ha struttura più
articolata rispetto a quanto previsto dal cc poiché, oltre al Prospetto della situazione
patrimoniale-finanziaria ( che equivale allo stato patrimoniale), al Conto economico
complessivo ( che equivale al conto economico) e alle note di bilancio (nota integrativa), esso si
compone di altri due documenti: un prospetto delle variazioni del patrimonio netto ; un
rendiconto finanziario.
La finalità è quella di rappresentare la situazione del patrimonio, la redditività della società e i
flussi di cassa, vale a dire, accertare di quanta liquidità ha potuto disporre la società nel corso
dell’esercizio, come è stata procurata e come è stata impiegata.

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I principi contabili internazionali si limitano ad elencare le informazioni minime da esporre in


ciascuna parte.
Per quanto riguarda il Prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria, si debbono
indicare:
1) immobili, impianti, macchinari
2) investimenti immobiliari
3) attività immateriali
4) attività finanziare che non rientrano in altre voci specifiche
5) partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto
6) attività biologiche
7) rimanenze
8) crediti commerciali e altri crediti
9) disponibilità liquide e mezzi equivalenti
10)attività e complessi aziendali che la società intende vendere o dismettere nel breve
periodo, con separata indicazione delle passività incluse in tali complessi patrimoniali
11) debiti commerciali e altri debiti
12) accantonamenti
13) passività finanziarie non rientranti in altri voci specifiche
14) crediti e debiti per imposte, distinguendo fra imposte correnti e differite
15) capitale nominale e riserve

I principi contabili internazionali prescrivono che le attività e le passività a breve termine


c.d. attività e passività correnti siano presentate distintamente da quelle a lungo termine
c.d. non correnti. In alternativa si possono disporre le voci del prospetto della situazione
patrimoniale finanziaria in ordine di liquidità crescente, se ciò consente una rappresentazione
più chiara e fedele.

Inoltre si ha l’assenza dei Conti d’ordine in calce al prospetto; garanzie, passività solo eventuali
ed impegni futuri devono invece essere indicati nelle note del bilancio.

Il Conto economico deve includere :


1) ricavi
2) oneri finanziari
3) oneri tributari
4) utili o perdite, plusvalenze o minusvalenze delle attività operative cessate, al netto delle
imposte
5) utile o perdita

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6) altre voci di ricavo e di costo che non concorrono a determinare l’utile o la perdita di
esercizio c.d. prospetto delle altre voci del CE complessivo
7) totale del CE complessivo.

Nel conto economico devono essere di regola rappresentati tutti gli incrementi e le perdite
patrimoniali verificatisi nell’esercizio. Allo scopo di evidenziare le modificazioni totali del
patrimonio nell’esercizio, i principi contabili internazionali impongo perciò la redazione di un
ulteriore documento: il Prospetto delle variazioni del patrimonio netto.
Il prospetto presenta, per ciascuna voce del patrimonio netto, una riconciliazione fra il valore
contabile all’inizio e quello alla fine dell’esercizio mediante l’indicazione separata delle vicende
che ne hanno modificato l’importo nel periodo di riferimento: l’utile o perdita dell’esercizio; le
altre componenti del CE complessivo; le operazioni con i soci in quanto tali ecc. Inoltre vi sono
indicate le variazioni conseguenti a rettifiche di precedenti errori o a modifica delle regole
contabili apllicate.

Il Rendiconto finanziario espone in modo sintetico gli incassi e i pagamenti (flussi di caasa,
cash flows) effettuati dalla società durante l’esercizio. E’ un documento che informa sulle
variazioni nel tempo delle disponibilità liquide della società, sulla loro origine e sul loro
impiego. I flussi di cassa devono essere raggruppati in tre classi:
1) flussi di cassa relativi all’esercizio dell’attività produttiva principale dell’impresa, c.d. flussi di
cassa operativa; es. incassi della vendita di beni e servizi, pagamenti ai fornitori e dipendenti;
2) flussi di cassa relativi alla realizzazione o smobilitazione di investimenti, c.d. flussi di cassa
derivanti dall’attività di investimento; es. pagamento per l’acquisto di impianti e macchinari;
3) flussi di cassa derivanti dall’attività finanziaria, cioè gli incassi derivanti dalle operazioni con
cui la società si procura nuovo capitale o nuovi finanziamenti.

Le Note al bilancio assolvono la medesima funzione della nota integrativa prevista dalla
disciplina nazionale; illustrare o integrare il contenuto degli altri documenti che compongono il
bilancio.

6. I CRITERI DI VALUTAZIONE NEL CODICE CIVILE


La redazione del bilancio di esercizio comporta per molti cespiti patrimoniali il compimento di
una serie di stime da parte degli amministratori, volte a determinarne il valore da iscrivere in
bilancio. E’ un punto importante per la corretta determinazione del risultato economico
dell’esercizio. Infatti, sopravvalutazioni arbitrarie delle attività o sottovalutazioni arbitrarie
delle passività gonfiano l’utile di esercizio o ridimensionano le perdite. Viceversa,

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sottovalutazioni delle attività e sopravvalutazioni delle passività deprimono l’utile dando luogo
alla formazione delle c.d. riserve occulte, cioè utili che la società ha conseguito, ma che dal
bilancio non risultano.
Per evitare questi effetti discorsivi, il legislatore fissa i principi da osservare nelle valutazioni:
quello della prudenza e quello della continuità nei criteri di valutazione.
Per altro verso determina i criteri cui gli amministratori devono attenersi nelle valutazioni dei
diversi cespiti.
Il criterio base è quello del costo storico di acquisto o di produzione del bene contabilizzato.
Le immobilizzazioni di ogni tipo (immateriali,materiali e finanziarie) sono iscritte in bilancio al
costo storico, nel quale vanno computati anche i costi accessori (es. spese di trasporto). Quindi
si tratta di un valore inferiore a quello attuale.
Il valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo,
deve essere inoltre sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua
possibilità di utilizzazione del bene, attraverso la diretta riduzione del valore iscritto nell’attivo
dello Stato patrimoniale.
Se il valore di un’immobilizzazione risulta durevolmente minore del costo storico regolarmente
armonizzato, dovrà essere iscritta in bilancio per tale minore valore (svalutazione).
Se il costo storico è criterio base di valutazione delle immobilizzazioni, regole particolari sono
tuttavia dettate per alcune di esse:

a) le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate e collegate,


anziché al costo, possono essere valutate col metodo del patrimonio netto: cioè iscrivendo in
bilancio un importo pari alla corrispondente quota del patrimonio netto della società
partecipata risultante dall'ultimo bilancio della stessa (art. 2426, n. 4);

b) i costi di impianto e di ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di pubblicità possono essere


iscritti nell'attivo, solo se hanno un utilità pluriennale. Inoltre, devono essere ammortizzati in
un periodo non superiore ai 5 anni;

c) l'avviamento può essere iscritto nell'attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del
costo per esso sostenuto. Deve essere ammortizzato in 5 anni.

I crediti devono essere sempre valutati secondo il valore di prudente realizzo.


I cespiti dell'attivo circolante diversi dai crediti- rimanenze, titoli e partecipazioni che non
costituiscono immobilizzazioni - devono essere iscritti al costo di acquisto o di produzione
ovvero, se minori, al valore realizzato desumibile dall'andamento del mercato.

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L'attuale disciplina stabilisce anche i criteri di iscrizione in bilancio delle attività e passività in
valuta i cui effetti non si sono ancora esauriti al termine dell’esercizio.
Al riguardo sono dettati criteri diversi a seconda che si tratti di attività e passività non
costituenti immobilizzazioni ovvero di attività che costituiscono immobilizzazioni.
Le prime vanno iscritte al tasso di cambio in vigore alla data di chiusura dell'esercizio e la
differenza rispetto al cambio del giorno di compimento dell'operazione darà luogo alla
formazione di utili o perdite su cambi da imputare al conto economico.
Le immobilizzazioni in valuta devono invece essere iscritte al tasso di cambio al momento del
loro acquisto (cambio storico) o a quello inferiore alla chiusura dell'esercizio se la riduzione è
giudicata durevole.
I criteri di valutazione sono costantemente ispirati dal principio di prudenza e mirano ad
evitare che gli amministratori sopravvalutino i relativi cespiti patrimoniali.
La stessa legge impone di derogare ai criteri di valutazione fissati, in presenza di casi
eccezionali che rendono l’applicazione degli stessi incompatibile con la rappresentazione
veritiera e corretta. In tal caso gli amministratori possono attribuire ai beni un valore superiore
a quello risultante dall’applicazione dei criteri, motivando però le singole deroghe nella nota
integrativa. Inoltre gli eventuali utili risultanti dalla deroga devono essere iscritti in un’apposita
riserva non distribuibile fin quando il maggior valore iscritto non sia stato realizzato per effetto
dell’alienazione del bene o coperto da ammortamento.

I CRITERI DI VALUTAZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI IN TERNAZIONALI


I criteri di valutazione prescritti dai principi contabili internazionali, mirano ad impedire
nonsolo sopravvalutazioni del patrimonio non conformi col principio di prudenza, ma anche le
sottovalutazioni conseguenti all’impiego del criterio del costo storico. Criterio al quale i principi
contabili internazionali tendono ad affiancare o a sostituire la valutazione in base al fair value.
Il fair value o valore equo è il corrispettivo al quale un bene potrebbe essere scambiato, o un
debito estinto, in una transazione fra parti consapevoli ed indipendenti. E’ il valore
di scambio o di mercato del cespite da valutare. Tale criterio è impiegato soprattutto per la
valutazione di un bene nei bilanci successivi a quello della sua prima rilevazione contabile.
Gli eventuali utili di esercizio derivanti dall’applicazione del criterio del valore equo o del

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patrimonio netto devono essere iscritti in un’apposita riserva non distribuibile fin quando il
maggior valore iscritto non sia stato realizzato per effetto dell’alienazione del bene o coperto
da ammortamento. I principali criteri di valutazione:

- gli investimenti in immobili sono rilevati per la prima volta in bilancio al costo storico di
acquisto, comprensivo anche dei costi accessori. Nei bilanci successivi gli amministratori
possono conservare tale valore, rettificato ove necessario tramite ammortamenti e
svalutazioni; oppure optare per la contabilizzazione al fair value alla data di riferimento
del bilancio;

- impianti, macchinari ed immobili posseduti per uso proprio sono rilevati per la prima
volta in bilancio al costo storico di acquisto o di produzione, comprensivo anche dei costi
accessori. Gi amministratori devono on seguito rivalutare con cadenza periodica le
relative poste di bilancio sulla base del fai value dei beni che lo compongono.
Le eventuali plusvalenze che si determinano rispetto al valore del costo storico devono
essere iscritte in un’apposita riserva non distribuibile. Invece se non è possibile
determinare il fair value, si conserva il valore del costo storico.

- I beni immateriali devono essere iscritti in bilancio quando è probabile che generino
futuri benefici economici ed è possibile determinare attendibilmente il costo.
Tali cespiti devono essere rilevati al valore di costo, da ammortizzare negli esercizi
successivi per tutta la durata di vita utile del bene.
Se però esiste un mercato attivo dei beni in questione, nei bilanci successivi a quello
della prima rilevazione è possibile indicare il valore di mercato, anziché quello di costo.
Questa regola vale sia per le immobilizzazioni immateriali, sia per i costi di sviluppo.

- L’avviamento può essere iscritto nell’attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti
del costo per esso sostenuto. Successivamente non deve essere ammortizzato,ma solo
svalutato in caso di perdita durevole di valore.

- Le attività finanziarie devono essere iscritte in bilancio al fair value alla data di
riferimento del bilancio. Se non è possibile determinare attendibilmente il fair value, si
iscrivono al costo.

Sono previste alcune eccezioni:

- Le partecipazioni in società controllate o collegate possono essere alternativamente


valutate al costo oppure al fair value;

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- Finanziamenti, crediti, nonché investimenti che l’impresa intende possedere fino alla
loro scadenza, sono valutati al fair value solo al momento della prima iscrizione in
bilancio. Nei bilanci successivi si mantiene il valore della prima iscrizione;

- Le rimanenze devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione ovvero, se


minore, al valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato;

- I lavori in corso su ordinazione sono iscritti sulla base dei ricavi e dei costi che possono
essere stimati in base allo stato di avanzamento dei lavori;

- Attività e passività in valuta estera da contabilizzare al valore del costo storico vanno
iscritte in bilancio al tasso di cambio del momento in cui furono acquistate o contratte,
mentre quelle contabilizzate al fair value vanno iscritte al tasso di cambio in vigore alla
data in cui è stato determinato il fair value.
Per le attività e passività in denaro si applica invece il tasso di cambio in vigore alla data
di riferimento del bilancio.

Qualora, in casi eccezionali, i criteri di valutazione fissati dai principi contabili internazionali
conducano a risultati non conformi con l’obiettivo della rappresentazione veritiera e corretta
dei dati di bilancio, gli amministratori sono tenuti a disapplicarli, motivando le singole deroghe
nelle note al bilancio.

8. IL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL BILANCIO


Il bilancio di esercizio è un atto della società alla cui redazione cooperano nel sistema
tradizionale di amministrazione e controllo tutti e tre gli organi sociali: amministratori, collegio
sindacale e assemblee, nonché il soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
Nelle società che adottano il sistema dualistico il bilancio invece è predisposto dal consiglio di
gestione ed è approvato dal consiglio di sorveglianza.
Il procedimento di formazione del bilancio è cadenzato nel tempo. L'assemblea ordinaria deve
essere convocata almeno una volta all'anno, entro il termine stabilito dallo statuto.
Gli amministratori redigono progetto di bilancio e tale funzione non è delegabile al comitato
esecutivo o agli amministratori delegati.

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A tal fine, nelle società quotate gli amministratori si avvalgono della cooperazione di un
dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. A tale dirigente gli sono
affidati due compiti, cioè di predisporre adeguate procedure amministrative e contabili per la
formazione del bilancio.
Se si tratta di una società capogruppo, al bilancio devono essere allegati le copie integrali
dell’ultimo bilancio delle società controllate ed un prospetto riepilogativo dei dati essenziali
dell’ultimo bilancio delle società collegate. Le società che redigono il bilancio consolidato
possono allegare, un prospetto riepilogativo delle società controllate comprese nel
consolidamento (art.2429, comma4).
Il progetto di bilancio deve essere comunicato al collegio sindacale. Tale organo deve riferire
all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’adempimento dei propri
doveri.
Il progetto di bilancio ed i relativi allegati, con le relazioni degli amministratori, dei sindaci e del
soggetto incaricato della revisione legale dei conti, devono restare depositati in copia nella
sede della società durante i 15 giorni che precedono l'assemblea e affinché sia approvato.
I soci possono prenderne visione.
La legge non specifica quali poteri abbia l'assemblea in merito al bilancio. Essa può approvarlo
o respingerlo, inoltre può modificare direttamente il progetto di bilancio sottoposto al suo
esame dagli amministratori . Entro 30 gg dall’approvazione, la copia del bilancio, corredata
dalle relazioni e dal verbale di approvazione dell’assemblea o del consiglio di sorveglianza,
deve essere depositata a cura degli amministratori presso l’ufficio del registro delle imprese o
spedita al medesimo ufficio a mezzo raccomandata (art. 2435).
Nelle società con azioni quotate in borsa gli amministratori devono redigere anche una
relazione semestrale sull’andamento della gestione. Tale relazione consiste in un bilancio in
forma abbreviata, e deve essere resa pubblica entro 60gg dalla chiusura del primo semestre.

9.INVALIDITA’ DELLA DELIBERA DI APPROVAZIONE


Il bilancio di esercizio può presentare vizi ed irregolarità che riguardano il procedimento di
formazione dello stesso (es. omesso deposito nella sede sociale). In tal caso la relativa delibera
assembleare di approvazione è di regola annullabile. E’ nulla in caso di mancanza di
convocazione o del verbale.
Il bilancio di esercizio può presentare irregolarità che riguardano il suo contenuto, perché
redatto violando i principi di chiarezza, verità, correttezza.
La delibera di approvazione di un bilancio non chiaro e non preciso ha oggetto illecito, in
quanto adottata in contrasto con norme imperative inderogabili dettate a tutela di un
interesse generale. Non si ha nullità della delibera quando i vizi di chiarezza sono marginali e
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non compromettono la precisa rappresentazione della situazione patrimoniale e del risultato


economico di esercizio.
Le azioni di annullabilità e nullità previste dagli articoli 2377 e 2379 non possono essere più
esercitate dopo che è stato approvato il bilancio dell’esercizio successivo. E’ impedita
l’impugnazione da parte del singolo azionista anche per cause di nullità della delibera di
approvazione del bilancio.
L’impugnativa per mancata conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di
redazione può essere infatti proposto in ogni caso anche dalla Consob (Isvap per società
assicurative), nel termine di sei mesi dal deposito del bilancio presso l’ufficio del registro delle
imprese.

10.UTILI.RISERVE.DIVIDENDI.
L'assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci. Nel sistema
dualistico a tal fine provvede l'assemblea dopo l’approvazione del bilancio da parte del
consiglio di sorveglianza (art. 2433, 1 comma).
Non tutti gli utili sono però distribuibili fra i soci sotto forma di dividendi. E ciò per la presenza
di alcuni vincoli di destinazione imposti dalla legge.
Se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale sociale, non si possono
ripartire gli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
Dagli utili netti annuali, non assorbiti da perdite precedenti, deve essere poi dedotta una
somma corrispondente almeno al 5% degli stessi per costituire una riserva legale; e ciò fin
quando la stessa non abbia raggiunto il 20% del capitale sociale.
La riserva legale costituisce un accantonamento contabile di utili imposto per legge a
salvaguardia dell'integrità del capitale sociale. Essa si risolve in una forma di
autofinanziamento obbligatorio della società.

Funzione e caratteri non diversi dalla riserva legale presenta la riserva statutaria. La differenza
consiste nel fatto che la sua costituzione è imposta dallo statuto, che stabilisce anche la quota
parte degli utili di esercizio da destinare alla stessa.
Sono infine riserve facoltative, quelle discrezionalmente disposte dall'assemblea ordinaria che
approva il bilancio.
Gli utili di cui l'assemblea che approva il bilancio può disporre a favore dei soci sono costituiti:
a) dagli utili distribuibili di esercizio;
b) dagli utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti.
Diversamente da quanto visto per le società di persone, nella società per azione
l' approvazione del bilancio di esercizio non determina l'insorgere di un diritto individuale degli

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azionisti all'immediata assegnazione della propria parte di utili. A tal fine è necessaria
un’ulteriore e distinta deliberazione dell’assemblea di distribuzione degli utili.
Il potere dispositivo dell’assemblea in tema di distribuzione degli utili può essere limitato da
clausole statuarie che riconoscono a determinate categorie di azionisti il diritto alla percezione
annuale di un dividendo minimo, sempreché vi siano utili distribuibili.
Nelle società quotate, per incentivare la stabilità della compagine azionaria, lo statuto può
riconoscere ai soci di minoranza una maggioranza sul dividendo percepito dagli azionisti che
conservino le loro azioni per un determinato periodo di tempo, non inferiore ad un anno.
La società non può pagare dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e
risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Né può procedere alla distribuzione di dividenti
se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale, fin quando il capitale non sia
reintegrato o ridotto in misura corrispondente. L’inosservanza di tali condizioni dà luogo alla
distribuzione di utili fittizi.
Gli azionisti non sono obbligati a restituire dividendi riscossi per utili non realmente esistenti
quando:
A) erano in buona fede al momento della riscossione;
B) i dividendi sono stati distribuiti in base ad un bilancio regolarmente approvato;
C) dal bilancio risultano utili netti corrispondenti.

GLI ACCORDI DIVIDENDO


La distribuzione di acconti dividendo è consentita solo alle spa il cui bilancio è soggetto a
revisione legale dei conti secondo il regime previsto per gli enti di interesse pubblico.
La distribuzione di acconti dividendo da parte di tali società è sottoposta ad una serie di
condizioni per evitare che vengano distribuiti utili solo sperati e difficilmente recuperabili dagli
azionisti dopo l’approvazione del bilancio di esercizio:

- deve essere prevista dallo statuto;


- può essere deliberata dagli amministratori solo dopo un giudizio positivo da parte del
revisore o della società di revisione, sul bilancio dell’esercizio precedente e

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l’approvazione dello stesso;


- non è consentita quando dall’ultimo bilancio approvato risultano perdite;
- la misura dell’acconto non può superare la minor somma fra l’importo degli utili
conseguiti falla chiusura dell’esercizio precedente e quello delle riserve disponibili
risultanti dall’ultimo bilancio approvato.
La distribuzione deve essere deliberata dagli amministratori sulla base di un prospetto
contabile e di una relazione dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e
finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Su tali documenti va chiesto il parere
del soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
Gli acconti dividendo erogati non sono ripetibili se i soci che li hanno riscossi in buona fede,
anche se sia successivamente accertata l'esistenza degli utili di periodo risultanti dal prospetto.

12. IL BILANCIO CONSOLIDATO DI GRUPPO


Il bilancio consolidato è un bilancio redatto dalla capogruppo in aggiunta al proprio bilancio di
esercizio. In esso è rappresentata la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del
gruppo considerato nella sua unità.
Il bilancio consolidato costituisce un utile strumento di informazione sulla situazione globale
del gruppo. Non incide invece sulla determinazione dell'utile distribuibile, che resta quello
risultante dai bilanci di esercizio delle singole società del gruppo.
Il bilancio consolidato deve essere redatto dalla società di capitali che controlla altre imprese e
dalle società cooperative che controllano società di capitali.
Le imprese da considerare ai fini del consolidamento sono solo quelle controllate tramite il
possesso di partecipazioni. Sono esonerati dall'obbligo di redigere il bilancio consolidato i
gruppi di minore dimensione, purché nessuna delle imprese del gruppo sia una società con
azioni quotate.

Il bilancio consolidato è redatto dagli amministratori della capogruppo, assumendo di regola


come termine di riferimento la data di chiusura del bilancio di esercizio dell’impresa
controllante. Il bilancio consolidato ha la stessa struttura del bilancio di esercizio, quindi si
articola nello stato patrimoniale, nel conto economico e nella nota integrativa.
Inoltre deve essere corredato da una relazione degli amministratori sulla situazione
complessiva delle imprese comprese nel consolidamento.
Non sono inserite nel bilancio consolidato:
a) le partecipazioni della controllante in imprese incluse nel consolidamento e la
corrispondente frazione del patrimonio netto (capitale e riserve) di queste.
b) i crediti e debiti fra le imprese incluse nel consolidamento.

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c) i provenienti e gli oneri relativi ad operazioni effettuate fra le stesse.


d) gli utili e le perdite conseguenti.

La formazione del bilancio consolidato segue lo stesso procedimento, anche temporale,


previsto per il bilancio di esercizio della società capogruppo che lo redige ed è sottoposto agli
stessi controlli ed alle stesse forme di pubblicità.
Il bilancio consolidato, a differenza di quello di esercizio, non è assoggettato ad approvazione
da parte dell'assemblea. Nel sistema tradizionale e monistico esso costituisce atto degli
amministratori. Nel sistema dualistico invece, il bilancio consolidato è approvato dal consiglio
di sorveglianza.
Nelle società quotate i soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale possono
richiedere al tribunale di accertare la conformità del bilancio consolidato alle norme che ne
disciplinano i criteri di redazione. L’accertamento può essere richiesto anche dalla Consob,
entro 6 mesi dal deposito del bilancio consolidato.

CAPITOLO 13 - LE MODIFICAZIONI DELLO STATUTO


1.NOZIONE
Costituisce modificazione dello statuto di una società per azioni ogni mutamento del
contenuto oggettivo del contratto sociale (atto costitutivo e statuto); mutamento che può
consistere sia nell'inserimento di nuove clausole, sia nella modificazione o soppressione di
clausole preesistenti. Possono esservi delle:
modificazioni soggettive: nella s.p.a. le variazioni delle persone degli azionisti non sono trattate
come modificazioni dello statuto, benché comportino anch’esse variazioni di una clausola
originaria dell’atto costitutivo;
modificazioni oggettive: nelle s.p.a. costituiscono modificazioni statuarie le modificazioni

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oggettive del contratto sociale. Tali modificazioni possono avere diverso contenuto e possono
incidere sulla struttura organizzativa della società.

2. IL PROCEDIMENTO
Le modificazioni statutarie rientrano nella competenza dell'assemblea dei soci in sede
straordinaria (art. 2365). La delibera di modificazione dello statuto è adottata con le
maggioranze previste per l'assemblea straordinaria, salvo che per talune modifiche di
particolare rilievo, per le quali si prevedono nelle società non quotate maggioranze più
elevate: cambiamento dell'oggetto sociale, trasformazione, scioglimento anticipato.
Per le società quotate sono inoltre previsti specifici obblighi informativi nei confronti della
Consob e del pubblico.
Le delibere modificative dello statuto erano originariamente soggette ad omologazione da
parte del Tribunale, oggi eliminato e sostituito dal controllo notarile.
Infatti è il notaio che ha verbalizzato la delibera dell’assemblea che, chiuso il verbale, verifica
l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge e, entro 30 giorni, ne richiede l’iscrizione
nel registro delle imprese contestualmente al deposito.
Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge ne dà comunicazione
tempestiva agli amministratori, i quali possono convocare l’assemblea per gli opportuni
provvedimenti oppure ricorrere al tribunale affinché lo stesso ordini l’iscrizione.
La deliberazione non produce effetti se non dopo l’iscrizione.
Per rendere più agevole la conoscenza del contenuto dello statuto dopo ogni modificazione
dello stesso ne deve essere depositato nel registro delle imprese il testo integrale, nella sua
redazione aggiornata.

3. IL DIRITTO DI RECESSO
L'applicazione del principio maggioritario anche per la modificazione dello statuto fa si che
nella società per azioni la minoranza non può impedire modifiche dell'assetto societario, il che
però non significa che il potere riconosciuto alla minoranza sia senza limiti.
E’ necessario che siano rispettati dalla maggioranza i limiti posti da norme inderogabili e
inoltre non siano violati i principi della correttezza e buona fede nell’attuazione del contratto
sociale.
In presenza di delibere modificative di particolare gravità, la minoranza è inoltre
indirettamente tutelata dalla previsione di maggioranze più elevate e dal riconoscimento del
diritto di recesso dalla società (art. 2437). La disciplina di tale diritto è stata modificata con la
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riforma del 2003: sono stati infatti ampliati i casi in cui il diritto di recesso è concesso.
Mentre la previgente disciplina prevedeva tre sole clausole di recesso (cambiamento
dell'oggetto sociale, trasformazione e trasferimento della sede sociale all'estero), l'attuale
disciplina amplia notevolmente le stesse, che possono essere oggi distinte in cause di recesso
inderogabili, derogabili dallo statuto e cause statutarie.

Le cause inderogabili di recesso sono indicate dall’art. 2437, 1° comma. Il diritto di recesso
può essere esercitato dai soci che non hanno concorso – in quanto dissenzienti, assenti o
astenuti - alle delibere riguardanti:

- la modifica dell'oggetto sociale,


- la trasformazione della società,
- il trasferimento della sede sociale all’estero,
- la revoca dello stato di liquidazione,
- l’eliminazione di una o più cause di recesso derogabili o previste dallo statuto,
- la modificazione dei criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso,
- la modificazione dello statuto concernenti il diritto di voto o di partecipazione (diritti
patrimoniali).
In tutti questi casi il diritto di recesso non può essere soppresso dallo statuto, ed è nullo ogni
patto volto ad escluderlo o a rendere più gravoso l’esercizio.

Le cause derogabili di recesso sono previste dall’art. 2347, 2° comma. Il diritto di recesso
spetta ancora, salvo che lo statuto non disponga diversamente, ai soci che non hanno concorso
all’approvazione delle delibere riguardanti:

- la proroga del termine di durata della società,


- l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni.
In questo caso il recesso non può essere esercitato solo per parte delle azioni.

Le cause statuarie: nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, lo
statuto può prevedere ulteriori cause di recesso art. 2437, 4° comma.
A queste ipotesi si aggiunge che nella società a tempo indeterminato deve essere sempre
consentito ai contraenti la possibilità di recedere con preavviso. Quindi tutti soci possono
recedere liberamente da una società a tempo indeterminato non quotata con un preavviso di
180 gg., allungabile dallo statuto fino ad un anno (art. 2437, 3°comma).
Il diritto di recesso deve essere esercitato dal socio mediante comunicazione con lettera
raccomandata che deve essere spedita alla società entro 15 giorni dall'iscrizione nel registro
delle imprese della delibera che lo legittima; termine portato a 30 giorni dalla conoscenza da

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parte del socio, se il fatto che legittima il recesso non è una delibera (art. 2437-bis, 1°comma).
Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono
essere depositate presso la sede della società. Quest’ultima può sottrarsi al rimborso delle
azioni se entro 90 giorni successivi al recesso, revoca la delibera che lo legittima o delibera lo
scioglimento della società.

Per quanto riguarda la determinazione del valore delle azioni da rimborsare, è stabilito che
nelle società NON QUOTATE il valore delle azioni da rimborsare è determinato dagli
amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e il revisore contabile, tenuto conto
della consistenza del patrimonio della società e delle sue prospettive reddituali, nonché
dell’eventuale valore di mercato delle azioni.
I soci hanno diritto di conoscere la determinazione del valore di rimborso nei 15 giorni
precedenti la data fissata per l'assemblea. In caso di contestazione il valore di liquidazione è
determinato entro 90 giorni dall'esercizio del recesso da un esperto nominato dal tribunale.
Nelle società con AZIONI QUOTATE, invece, il valore di liquidazione delle stesse è determinato
facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che
precedono la convocazione dell'assemblea.

Per quanto riguarda il rimborso del socio, le azioni del socio che recede devono essere
innanzitutto offerte in opzione agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute.
Per la parte non acquistata dai soci possono essere collocate sul mercato.
In caso di mancato collocamento presso i soci o presso terzi, le azioni vengono rimborsate
mediante acquisto da parte della società, rispettando il limite degli utili distribuibili e delle
riserve disponibili.
In assenza di utili e riserve disponibili deve essere convocata l’assemblea straordinaria per
deliberare la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società.

I creditori possono opporsi alla delibera di riduzione del capitale, secondo la disciplina prevista
per la riduzione reale del capitale. Se l’opzione è accolta, la società si scioglie.

4. LE MODIFICAZIONI DEL CAPITALE SOCIALE


Una specifica disciplina è dettata per la modificazione dello statuto relativa capitale sociale:
aumento e diminuzione (artt. 2438-2447 ). L'aumento del capitale sociale può essere:

- reale (o a pagamento): si ha un aumento del capitale sociale nominale e del patrimonio


della società per effetto di nuovi conferimenti.

- nominale (o gratuito): si incrementa solo il capitale nominale, mentre il patrimonio della

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società resta invariato.

5. L'AUMENTOREALE DEL CAPITALE SOC IALE


Con l'aumento reale del capitale sociale, la società intende procurarsi nuovi mezzi finanziari a
titolo di capitale di rischio, attraverso nuovi conferimenti. L'aumento reale dà luogo
all'emissione di nuove azioni a pagamento, che vengono sottoscritte da soci attuali, cui per
legge è riconosciuto il diritto di opzione, ovvero da terzi che così diventano soci per evitare la
formazione di un vistoso capitale rappresentato prevalentemente da crediti verso soci, non è
consentito eseguire un aumento del capitale fino a che le azioni precedentemente emesse non
siano interamente liberate.
Competente a deliberare l'aumento di capitali è l'assemblea straordinaria dei soci.
Lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il
capitale sociale. In questo caso:

a) deve essere predeterminato l'ammontare massimo entro cui gli amministratori possono
aumentare il capitale sociale;
b) la delega può essere concessa per un periodo massimo di cinque anni (art.2443). La delega
è però rinnovabile.

Con la tecnica dell’aumento per delega, la manifestazione di volontà della società di procedere
all’aumento del capitale è costituita dalla delibera del cda. Perciò, il verbale della delibera del
consiglio di amministrazione di aumento del capitale sociale deve essere redatto da un notaio
e la delibera è soggetta al controllo di legalità dello stesso notaio ed eventualmente ad
omologazione del tribunale nonché ad iscrizione nel registro delle imprese.
Per quanto riguarda la sottoscrizione dell'aumento del capitale sociale, la deliberazione di
aumento deve fissare il termine entro il quale le sottoscrizioni devono essere raccolte, non
inferiore a 30 giorni dalla pubblicazione dell’offerta.
Nel caso in cui l’aumento del capitale non sia integralmente sottoscritto, il capitale sarà
aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto se la deliberazione di
aumento lo abbia espressamente previsto.
In mancanza di tale previsione l’aumento di capitale è inscindibile e la sottoscrizione non
vincola né i sottoscrittori né la società. I sottoscrittori saranno liberati dall’obbligo di
conferimento e hanno diritto al rimborso di quanto versato.
Avvenuta la sottoscrizione delle nuove azioni, entro 30 giorni gli amministratori devono
depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese un’attestazione che l’aumento del capitale
è stato eseguito. Per
i conferimenti in sede di aumento di capitale vale la stessa disciplina dei conferimento al

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momento di costituzione della società. Tuttavia il versamento del 25% dei conferimenti in
danaro, deve essere effettuato, all’atto della sottoscrizione, direttamente alla società e non
presso una banca. Se le azioni sono emesse con soprapprezzo, questo deve essere
integralmente versato all’atto della sottoscrizione (art. 2439, 1°comma).
I conferimenti in natura devono essere sottoposti al normale procedimento di valutazione
previsto dall’art. 2343, ma gli amministratori possono consentire il ricorso ad uno dei metodi di
valutazione alternativi previsti dagli artt. 2343- ter e quater.
Si verifica talvolta che i soci versino alla società somme a titolo di conferimento, denominate
versamenti in conto capitale o a copertura di perdite al fine di sopperire alle esigenze di
capitale di rischio e/o di costituire un fondo destinato a ripianare eventuali perdite. Tali apporti
incrementano il patrimonio della società senza modificare il capitale sociale restando sottratti
alla disciplina dei conferimenti. I
SOCI NON POSSONO PRETENDERE LA RESTITUZIONE DI TALI VERSAMENTI. I versamenti in
conto capitale devono risultare iscritti in bilancio, che potranno essere utilizzati dalla società, in
caso di necessità, per la copertura di perdite o per effettuare un aumento del capitale sociale.

5.IL DIRITTO D’OPZIONE


Il diritto di opzione è il diritto dei soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione
dell'aumento del capitale sociale a pagamento. Il diritto di opzione consente di mantenere
inalterata la proporzione in cui ciascun socio partecipa al capitale ed al patrimonio sociale.
Serve quindi a mantenere inalterata la proporzione in cui ciascun socio partecipa, attraverso il
voto, alla formazione della volontà sociale (funzione amministrativa). Inoltre serva a
mantenere inalterato il valore reale della partecipazione azionaria in presenza di riserve
accumulate (funzione patrimoniale).
Il diritto di opzione ha un proprio valore economico, che l'azionista può monetizzare cedendolo
a terzi qualora non voglia o non possa concorrere all'aumento del capitale sociale. Il diritto di
opzione non è tuttavia un diritto intangibile dell'azionista. Esso può essere sacrificato quando
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lo specifico interesse della società esige. Attualmente il diritto


di opzione ha per oggetto le azioni di nuova emissione di qualsiasi categoria e le obbligazioni
convertibili in azioni emesse dalla società. Esso è attribuito a ciascun azionista in proporzione
del numero di azioni già possedute. Gli
amministratori non sono liberi di collocare a loro piacimento le azioni che siano rimaste
inoptate. Infatti:

a) se le azioni non sono quotate in borsa, coloro che hanno esercitato il diritto di opzione
hanno diritto di prelazione nella sottoscrizione delle azioni non optate,

b) se le azioni sono quotate sui mercati regolamentati, i diritti di opzione residui devono essere
offerti in borsa dagli amministratori, per conto della società e il ricavato della vendita va a
beneficio del patrimonio sociale.
Solo se questo non produce risultati, allora le azioni di nuova emissione potranno essere
liberamente collocate.
Il diritto di opzione degli azionisti e dei possessori di obbligazioni convertibili è in tutto o in
parte sacrificabile in presenza di situazioni soggettive rispondenti ad un concreto interesse
della società:

1) il diritto di opzione è escluso per legge quando le azioni devono essere liberate mediante
conferimenti in natura. L’interesse della società a procurarsi da terzi un bene a titolo di
conferimento è per legge valutato prevalente rispetto all’interesse del singolo socio alla
sottoscrizione dell’aumento;

2) il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la delibera di aumento del capitale "
quando l'interesse della società lo esige" (art.2441, 5°comma);

3) nelle società con azioni quotate, lo statuto può escludere il diritto di opzione nei limiti del
10% del capitale preesistente, purchè il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato
delle azioni e ciò sia confermato da apposita relazione del soggetto incaricato della revisione
legale dei conti.

4) il diritto di opzione può essere escluso, con delibera dell'assemblea straordinaria, quando le
azioni devono essere offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società, anche dipendenti di
società controllanti o controllate.

Nei casi di esclusione del diritto di opzioni di cui ai numeri 1 e 2, è obbligatoria l'emissione
delle nuove azioni con sovrapprezzo. Alla società è però lasciato un margine di discrezionalità
nella determinazione del relativo ammontare. Il collegio sindacale deve esprimere il proprio

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parere sulla congruità del prezzo di emissione.


Il diritto di opzione non si considera però escluso o limitato quando le azioni di nuova
emissione sono sottoscritte da banche o da altri soggetti autorizzati al collocamento di
strumenti finanziari, con obbligo di offrirle successivamente agli azionisti rispettando la
disciplina del diritto di opzione.
La società può ricorrere anche all’emissione di appositi buoni di opzione, detti warrant, che
attribuiscono al titolare il diritto di sottoscrivere le azioni di nuova emissione a condizioni
predeterminate; devono essere emessi rispettando la disciplina del diritto d’opzione.
Di regola sono rappresentati da titoli di credito al portatore.
Scaduto il termine fissato agli azionisti per la richiesta di assegnazione dei warrant, la società è
libera di collocare sul mercato i warrant rimasti inoptati, essendosi consumato il diritto di
opzione ex lege degli azionisti. Questi nel contempo, se hanno richiesto i warrant, dispongono
di un più lungo periodo per sottoscrivere le azioni o per cedere i warrant a terzi.

7. L'AUMENTO NOMINALE DEL CAPITALE SOCIALE


L'aumento nominale (o gratuito) del capitale sociale è operazione che non da luogo a nuovi
conferimenti e non determina perciò alcun incremento del patrimonio sociale.
L'aumento nominale è infatti posta in essere dall'assemblea straordinaria "imputando a
capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili" (art. 2442, 1 comma).
Possono quindi essere utilizzati: le riserve facoltative, le riserve statuarie; mentre non è
imputabile a capitale la riserva legale, almeno per la parte che non supera il 20% del capitale
sociale. L'aumento è quindi realizzato utilizzando valori già esistenti nel patrimonio della
società.

L'aumento nominale del capitale sociale può essere attuato o aumentando il valore nominale
delle azioni in circolazione o mediante l'emissione di nuove azioni. Queste ultime devono
avere le stesse caratteristiche di quelle già in circolazione e devono essere assegnate
gratuitamente agli azionisti in proporzione di quelle da essi già possedute.
L'aumento deve essere attuato in modo da non alterare le preesistenti posizioni reciproche
degli azionisti.

8. LA RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE. LA RIDUZIONE REALE


Anche la riduzione del capitale sociale può essere reale o nominale, a seconda che la riduzione
dia luogo o meno ad un corrispondente rimborso ai soci del valore dei conferimenti; sia o
meno accompagnata da una contestuale riduzione del patrimonio sociale (art. 2445 ).

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È riduzione reale la riduzione del capitale sociale disciplinata dall’art. 2445. È riduzione
nominale la riduzione del capitale sociale per perdite.
La riduzione reale del capitale è circondata da una serie di cautele sostanziali e procedimentali,
in quanto operazione potenzialmente pericolosa per i creditori sociali e per i soci di minoranza:
riduce la consistenza del patrimonio sociale e può pregiudicare lo svolgimento dell'attività di
impresa.
Il capitale sociale non può essere ridotto al di sotto del minimo legale di 120 mila euro. Inoltre
se la società ha emesso obbligazioni, la riduzione reale del capitale sociale non può aver luogo
se non è rispettato il limite legale all’emissione di queste ultime.
Sono poi previste particolari cautele procedimentali.
L' avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione,
in modo che i soci siano informati.
La delibera, adottata con le normali maggioranze previste per la modifica dello statuto, può
essere eseguita solo dopo 90 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese. Entro tale
termine, i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono fare opposizione alla delibera di
riduzione. L’opposizione sospende l’esecuzione della delibera fino all’esito del giudizio sulla
stessa. Il tribunale può disporre che l’esecuzione abbia ugualmente luogo se ritiene infondato
il pericolo di pregiudizio per i creditori o se la società presta idonea garanzia a favore del
creditore opponente.
La riduzione reale può aver luogo mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti
ancora dovuti, o mediante rimborso agli stessi del capitale. La società può anche procedere
all'acquisto ed al successivo annullamento di proprie azioni.
Le modalità di riduzione prescelte devono comunque assicurare la parità di trattamento degli
azionisti, ad es. estrazione a sorte ed annullamento di un certo numero di azioni dietro
rimborso del solo valore nominale delle azioni stesse.

In questo caso agli azionisti rimborsati vengono rilasciati speciali titoli denominati azioni di
godimento, dato che il valore reale delle azioni può essere notevolmente superiore a quello
nominale

9.LA RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE PER PERDITE


Il patrimonio netto della società (o capitale reale) può scendere, per effetto di perdite, al di
sotto del capitale sociale nominale.
La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nell'adeguare la cifra del capitale sociale
nominale all'attuale minor valore del capitale reale.
E' quindi una riduzione puramente nominale, dato che non comporta riduzione del patrimonio

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social; quest’ultima si è infatti già verificata per effetto delle perdite subite dalla società.
La società non è obbligata (facoltativa) a ridurre il capitale sociale fino a quando la perdita
dello stesso non sia superiore ad un terzo.
Anche se non obbligata, la società può tuttavia ugualmente ridurre il capitale per perdite per
poter distribuire gli utili successivamente conseguiti; distribuzione altrimenti vietata fin
quando le perdite non siano state colmate (art. 2433, 3 comma).
La riduzione del capitale sociale diventa invece obbligatoria quando il capitale è diminuito di
oltre un terzo in conseguenza di perdite. La disciplina è diversa a seconda che il capitale si sia o
meno ridotto sotto il minimo legale.
Se il minimo legale non è stato intaccato (art. 2446 ), gli amministratori o nel caso di loro
inerzia il collegio sindacale, devono convocare senza indugio l'assemblea straordinaria e
sottoporle una relazione sulla situazione patrimoniale aggiornata della società.
La situazione patrimoniale e le osservazioni devono restare depositate nella sede della società
durante gli otto giorni che precedono l'assemblea, in modo che i soci possano prenderne
visione.
L'assemblea così convocata prende gli opportuni provvedimenti. Non è quindi tenuta a
decidere l'immediata riduzione del capitale sociale e può anche limitarsi ad un semplice rinvio
a nuovo delle perdite.
Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea
ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle
perdite accertate.
In mancanza, la riduzione del capitale è disposta di ufficio dal tribunale, su richiesta degli
amministratori o dei sindac.
Se le azioni emesse dalla società sono senza valore nominale, lo statuto può prevedere che la
riduzione sia deliberata dal consiglio di amministrazione (art. 2446, 3° comma) .

Se il capitale scende sotto il minimo legale, l’assemblea straordinaria convocata senza indugio
dagli amministratori o dal collegio sindacale, deve deliberare o la riduzione del capitale sociale
ed il contemporaneo aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale, o la trasformazione
della società. Se l’assemblea non adotta tali provvedimenti la società si scioglie ed entra in
stato di liquidazione. Quindi non è più consentito attendere i risultati dell’esercizio successivo
per prendere provvedimenti.
L’art. 2447 è applicabile anche in caso di perdita integrale del capitale sociale.
La maggioranza potrà evitare la messa in liquidazione della società deliberando la riduzione a
zero del capitale sociale e la contestuale reintegrazione dello stesso, con il riconoscimento agli
azionisti del diritto di opzione.
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CAPITOLO 14 - LE OBBLIGAZIONI
1. NOZIONE E TIPOLOGIA
La società per azioni può emettere obbligazioni, che costituiscono il tipico e tradizionale
strumento per la raccolta di capitale di prestito fra il pubblico.
Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano frazioni di uguale valore nominale e
con uguali diritti di un'unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo.
Mentre l'azione attribuisce la qualità di socio e, quindi, di compartecipe ai risultati dell'attività
di impresa; l'obbligazione attribuisce invece la qualità di creditore della società.
L'obbligazionista, diversamente dall'azionista, ha perciò diritto ad una remunerazione
periodica fissa (interessi), svincolata dai risultati economici della società finanziaria; ha inoltre

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diritto al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla scadenza pattuita.
L'azionista, per contro, ha diritto al rimborso del suo apporto solo in sede di liquidazione della
società e sempre che residui un attivo netto dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori.
Differenza tra obbligazioni e strumenti finanziari partecipativi; hanno in comune la
caratteristica di essere emessi a fronte di un apporto non imputato a capitale.
Le obbligazioni sono titoli di massa, in quanto rappresentano frazioni standardizzate di
un’unica operazione economica; attribuiscono il diritto al rimborso di una somma di denaro.
Gli strumenti finanziari rappresentano una categoria residuale atta a ricomprendere tutti gli
strumenti finanziari emessi dalla società non altrimenti qualificati e disciplinati dalla legge.
Gli strumenti finanziari possono condizionare il diritto al rimborso del capitale, all’andamento
della gestione, o escluderlo del tutto.

2. TIPI SPECIALI DI OBBLIGAZIONI


Fra i tipi speciali di obbligazioni possono essere ricordate:
a) le obbligazioni a premio,che prevedono l’attribuzione agli obbligazionisti di utilità aleatorie
(in danaro o in natura) da assegnare mediante sorteggio o con altro sistema;

b) le obbligazioni partecipanti, in cui i tempi e l’entità degli interessi variano in dipendenza


dell’andamento economico della società;

c) le obbligazioni indicizzate (o strutturate), che mirano a neutralizzare gli effetti della


svalutazione monetaria e ad adeguare il rendimento dei titoli all'andamento del mercato
finanziario, ancorando il tasso di interesse e/o il valore di rimborso ad indici di varia natura,
interni o esterni alla società finanziata;

d) le obbligazioni in valuta estera, che rispondono al medesimo scopo delle obbligazioni


indicizzate;

e) le obbligazioni convertibili in azioni, che attribuiscono all'obbligazionista la facoltà di


trasformare il proprio credito in una partecipazione azionaria della società emittente
(procedimento diretto) o di altra società alla prima collegata (procedimento indiretto);

f) le obbligazioni con warrant (o con diritto di opzione su azioni), che attribuiscono


all'obbligazionista il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni della società emittente o di altra
società, ferma restando la posizione di creditore per le obbligazioni possedute.

g) le obbligazioni subordinate, nelle quali il diritto degli obbligazionisti al pagamento degli


interessi e al rimborso del capitale è subordinato all'integrale soddisfacimento degli altri
creditori.

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3. I LIMITI ALL’EMISSIONE DI OBBLIGAZIONI


Il c.c. del 1942 poneva un limite all'emissione di obbligazioni da parte delle società per azioni,
stabilendo che le stesse non potevano essere emesse per somma eccedente il capitale versato
ed esistente risultante dall'ultimo bilancio approvato.
In base all'attuale disciplina la società per azioni può emettere obbligazioni per somma
complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle
riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto di tale
limite (art. 2412, 1°comma).
La società può emettere obbligazioni per un ammontare superiore al limite fissato quando :

a) le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate ad essere sottoscritte da investitori


istituzionali soggetti a vigilanza prudenziale (art.2412, 2°comma);

b) le obbligazioni sono garantiti da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della


società, sino a due terzi del valore di bilancio di questi (art.2412,3°comma);

c) ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale e la società è autorizzata


con provvedimento dell'autorità governativa a superare il limite (art.2412, 6°comma).

Per le società con azioni negoziate in mercati regolamentati ogni limite è stato soppresso dalla
riforma del 2003. Per le altre società, la legge si preoccupa di garantire che il rapporto fra
capitale più riserve ed obbligazioni, permanga per tutta la durata del prestito obbligazionario
(art. 2413 ).
La società che ha emesso obbligazioni non può infatti ridurre volontariamente il capitale
sociale o distribuire riserve se il limite del primo comma dell'art. 2412 non risulta più rispettato
per le obbligazioni che restano in circolazione. Però è consentita la riduzione per perdite
obbligatoria.

5.IL PROCEDIMENTO DI EMISSIONE


Con l'attuale disciplina, l'emissione di obbligazioni è deliberata dagli amministratori (art.2410).
La delibera di emissione deve risultare dal verbale redatto da un notaio, ed è soggetta a
controllo di legalità da parte dello stesso e ad iscrizione nel registro delle imprese.
Essa può essere eseguita solo dopo l'iscrizione (art.2410, 2°comma).
Alla sottoscrizione secondo le modalità fissate nel bando di emissione, segue il rilascio dei
titoli, che possono essere nominativi o al portatore. Il prezzo di emissione delle obbligazioni
può essere anche inferiore al valore nominale, salvo che per le obbligazioni convertibili.
L’ammontare delle obbligazioni emesse deve risultare da un apposito libro delle obbligazioni.
In tale libro devono essere annotate anche l’ammontare delle obbligazioni via via estinte

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nonché i dati dei titolari di obbligazioni nominative, i trasferimenti ed i relativi vincoli.

6. LE OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI IN AZIONI


L'art. 2420-bis, regola le obbligazioni convertibili in azioni della stessa società di futura
emissione (procedimento diretto). Sono queste obbligazioni che attribuiscono il diritto di
sottoscrivere azioni della stessa società, in base ad un prefissato rapporto di cambio,
utilizzando come conferimento le somme già versate al momento dell'acquisto delle
obbligazioni. Chi esercita il diritto di conversione cessa perciò di essere obbligazionista e
diventa azionista della società.
Le obbligazioni convertibili devono essere offerte in opzione agli azionisti e ai possessori di
obbligazioni convertibili precedentemente emesse. A tal fine:

- la delibera di emissione delle obbligazioni convertibili non può essere adottata se il capitale
sociale precedentemente sottoscritto non è stato interamente versato;

- le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per somma complessivamente


inferiore al loro valore nominale.

Competente a deliberare l'emissione di obbligazioni convertibili è l'assemblea straordinaria.


L’atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di emettere obbligazioni
convertibili, fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di 5 anni.
Il legislatore ha assicurato ai sottoscrittori di obbligazioni convertibili l’effettiva possibilità di
conversione. A tal fine è stabilito che la stessa assemblea che delibera l’emissione delle
obbligazioni deve determinare il rapporto di cambio, nonché il periodo e le modalità di
conversione.
Inoltre deve contestualmente deliberare l’aumento del capitale sociale, per un ammontare
corrispondente al valore nominale delle azioni da attribuire in conversione.

L’aumento di capitale così deliberato sarà sottoscritto via via che gli obbligazionisti
eserciteranno il diritto di conversione.
La legge si preoccupa di conciliare, durante il periodo concesso per la conversione, la libertà di
decisione della società con l'esigenza di tutelare i possessori di tali obbligazioni di fronte ad
operazioni societarie che possono alterare il valore del diritto di conversione.
Al riguardo sono fissate tre regole:

1) in caso di aumenti del capitale sociale a pagamento e di nuove emissioni di obbligazioni


convertibili, il diritto di opzione sugli stessi spetta anche ai possessori di obbligazioni
convertibili (art.2441, 1°comma);

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2) in caso di aumento gratuito del capitale o di riduzione dello stesso per perdite, il rapporto di
cambio è automaticamente modificato in proporzione alla misura dell'aumento o della
riduzione del capitale.
Nel primo caso, la società dovrà aumentare proporzionalmente il numero delle azioni offerte
in conversione, se l’aumento gratuito è attuato mediante emissione di nuovi titoli.
Nel caso di riduzione per perdite, invece, sarà ridotto il valore nominale o il numero delle
azioni offerte in conversione.

3) la società non può deliberare la riduzione reale del capitale sociale, la fusione con altra
società, la scissione o la modificazione delle disposizioni dell’atto costitutivo concernenti la
ripartizione degli utili, fin quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione.
Il divieto non ha però carattere assoluto. Infatti, può essere superato concedendo agli
obbligazionisti la facoltà di conversione anticipata.

Non è disciplinato invece il procedimento indiretto di emissione, che si ha quando le


obbligazioni emesse da una società sono convertibili con le azioni di altra società.
Problemi analoghi si pongono per le obbligazioni warrant, i quali attribuiscono un diritto
cumulativo rispetto al rimborso del capitale. Inoltre sollevano problemi di tutela degli
obbligazionisti in parte coincidenti con quelli posti dalle obbligazioni convertibili.

7. L’ORGANIZZAZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI


I prestiti obbligazionari emessi da una società per azioni si caratterizzano per la previsione ex
lege di un'organizzazione di gruppo degli obbligazionisti articolata in due organi: l'assemblea e
il rappresentante comune (artt. 2415-2418 ).
L'assemblea degli obbligazionisti delibera:

a) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;


b) sulle modificazioni delle condizioni del prestito;
c) sulle proposte di amministrazione controllata e di concordato preventivo e fallimentare;
d) sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e sul
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relativo rendiconto;
e) sugli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti( art. 2415 ).

Per l’assemblea degli obbligazionisti, valgono le regole di funzionamento dettate per


l’assemblea straordinaria dei soci, salvo alcune regole specifiche (art.2415, 3°comma).
L'assemblea è convocata dagli amministratori della società o dal rappresentante comune degli
obbligazionisti. All'assemblea possono assistere amministratori e sindaci.
La convocazione è obbligatoria quando ne è fatta richiesta da tanti obbligazionisti che
rappresentano un ventesimo dei titoli emessi e non estinti.
Le deliberazione dell’assemblea degli obbligazionisti sono iscritte nel registro delle imprese a
cura del notaio che ha redatto il verbale.
Inoltre devono essere trascritte in apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni
dell’assemblea degli obbligazionisti, tenuto a cura del rappresentante comune.
I singoli obbligazionisti hanno diritto di esaminare tale libro e di ottenere estratti a proprie
spese (art.2422). L'art. 2416 estende alle delibere dell'assemblea degli obbligazionisti l'intera
disciplina dettata per le delibere assembleari nulle e annullabili. L’impugnazione è proposta
innanzi al tribunale nella cui giurisdizione la società ha sede, in contraddittorio con il
rappresentante comune degli obbligazionisti.
Il rappresentante comune degli obbligazionisti è nominato dall'assemblea degli obbligazionisti.
Se questa non vi provvede, è nominato dal tribunale, su domanda di uno o più obbligazionisti
o degli amministratori della società. La
nomina è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese (art. 2417,3°comma).
Il rappresentante comune ha diritto ad un compenso fissato dall’assemblea degli
obbligazionisti. Tale compenso deve ritenersi a carico della stessa organizzazione degli
obbligazionisti e non della società.

Il rappresentante comune dura in carica per un periodo non superiore a tre anni ed è
rieleggibile. Egli tutela gli interessi comuni degli obbligazionisti nei confronti della società e dei
terzi (art. 2418 ). In particolare:
1) esegue le deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti;
2) assiste alle operazioni per l'estinzione a sorteggio delle obbligazioni;
3) ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti;
4) ha il diritto di assistere alle assemblee dei soci;
5) ha il diritto di esaminare il libro degli obbligazioni.

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L’organizzazione di gruppo non priva il singolo obbligazionista di tutelare i propri diritti nei
confronti della società. Sono precluse solo quelle azioni individuali che siano incompatibili con
le deliberazioni dell’assemblea degli azionisti (art.2419).

CAPITOLO 15 - LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’ PER AZIONI


1. LE CAUSE DI SCIOGLIMENTO
Lo scioglimento della società per azioni è disciplinato agli artt. 2484-2496 c.c., con disposizione
che l’attuale disciplina dedica a tutte le società di capitali, quindi anche alle s.a.s. e. s.r.l.
La società per azioni si scioglie ed entra in stato di liquidazione col verificarsi di una delle
seguenti cause (art. 2484 ):

1) il decorso del termine di durata fissato nell'atto costitutivo; termine che può essere
prorogato prima della scadenza con delibera dell’assemblea straordinaria.

2) il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo: tale


causa di scioglimento non opera se l'assemblea delibera le opportune modifiche statutarie;

3) l'impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell'assemblea. E’ necessario che


la paralisi dell’organo assembleare precluda l’adozione di delibere necessarie per il
funzionamento della società, es. la nomina degli amministratori, sindaci.

4) la riduzione del capitale (per perdite) al di sotto del minimo legale, salvo che l'assemblea
deliberi la riduzione e il contemporaneo aumento del capitale ad una cifra superiore al minimo
legale, oppure la trasformazione della società;

5) la delibera dell'assemblea straordinaria di scioglimento della società in seguito al recesso di


uno o più soci (art. 2437 ), ovvero all'impossibilità di provvedere al rimborso delle relative
azioni;

6) la deliberazione dell'assemblea (straordinaria) di scioglimento anticipato;

7) le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto, ad es. morte di un determinato
socio.

Dopo la riforma del 2003, non è più causa di scioglimento la dichiarazione di fallimento della
società.
Verificatasi una causa di scioglimento, gli amministratori devono procedere al suo
accertamento e all’iscrizione presso il Registro delle imprese della relativa dichiarazione o

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deliberazione assembleare che dispone lo scioglimento (art.2485, comma 1).


In caso di omissione da parte degli amministratori, il tribunale, su istanza dei soci o dei sindaci,
accerta il verificarsi della causa di scioglimento.
Alla denominazione della società dovrà essere aggiunta l’indicazione che si tratta di società in
liquidazione.
Con la riforma del 2003 gli effetti connessi al verificarsi di una causa di scioglimento decorrono
dall’iscrizione nel Registro delle imprese di accertamento del cda o della delibera assembleare
che dispone lo scioglimento (art. 2484, comma3).
In caso di ritardo o di omissione nell’accertamento e nell’iscrizione, gli amministratori sono
personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai creditori sociali
e dai terzi.

2.LA SOCIETA’ IN STATO DI LIQUIDAZIONE


Il verificarsi di una causa di scioglimento non determina l'immediata estinzione della società: si
deve prima provvedere, attraverso il procedimento di liquidazione, al pagamento dei creditori
sociali e alla ripartizione fra i soci dell'eventuale residuo attivo.
Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori ma devono convocare
l'assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione.
Sono inoltre responsabili della conservazione dei beni sociali fin quando non li abbiano
consegnati ai liquidatori.
Infine, vedono limitati i loro poteri. Infatti, per il semplice verificarsi di una casa di scioglimento
gli amministratori conservano il potere di gestire la società "ai soli fini della conservazione
dell'integrità e del valore del patrimonio sociale" (art. 2486, 1 comma) in attesa di farne
consegna ai liquidatori. Lo
scioglimento della società si ripercuote anche sugli altri organi sociali, dato che le disposizioni
sulle assemblee e sugli organi amministrativi e di controllo si applicano anche durante la
liquidazione (art. 2488).

La norma non solleva problemi per quanto riguarda il collegio sindacale, infatti questo
continuerà a svolgere l’attività di controllo, anche nei confronti dei liquidatori che subentrano
agli amministratori.
Con la riforma del 2003 è stata disciplinata la revoca dello stato di liquidazione. La società può
in ogni momento revocare lo stato di liquidazione e tornare ad una fase di normale esercizio
con delibera del’assemblea straordinaria.
Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è richiesta la maggioranza
rafforzata di un terzo del capitale sociale anche in seconda convocazione.

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Inoltre, ai soci che non hanno concorso alla deliberazione è riconosciuto il diritto di recesso.
Anche i creditori sociali sono tutelati. La revoca ha effetto solo dopo 60 giorni dall’iscrizione nel
registro delle imprese, termine entro il quale i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono
proporre opposizione.

3.IL PROCEDIMENTO I LIQUIDAZIONE.


Il procedimento di liquidazione si apre con la nomina di uno più liquidatori. I liquidatori sono
nominati dall'assemblea straordinaria (art. 2487 ).
Nell'inerzia dell'assemblea, i liquidatori sono nominati dal tribunale, su istanza dei singoli soci
o amministratori ovvero dei sindaci (art. 2487, 2 comma).
I liquidatori restano in carica per tutta la durata del procedimento di liquidazione.
Essi possono essere revocati dall'assemblea con le maggioranze prescritte dall'assemblea
straordinaria. Se sussiste giusta causa, sono revocabili anche dal tribunale, su istanza dei soci,
dei sindaci o del pubblico ministero.
I provvedimenti di nomina e di revoca dei liquidatori sono soggetti a iscrizione nel registro
delle imprese (art. 2487-bis). Con l'iscrizione della nomina dei liquidatori, gli amministratori
cessano dalla carica e devono consegnare ai liquidatori i libri sociali.
Poteri, doveri e responsabilità dei liquidatori sono modellati su quelli degli amministratori (art.
2489 ); pertanto:

a) i liquidatori devono adempiere ai loro doveri con la diligenza e la professionalità richieste


dalla natura dell'incarico;

b) i liquidatori devono prendere in consegna dagli amministratori i beni e i libri sociali, nonché
redigere con gli stessi l'inventario del patrimonio sociale;

c) i liquidatori possono compiere "tutti gli atti utili per la liquidazione della società" (art. 2489,
1 comma).

L'attività dei liquidatori deve essere diretta al pagamento dei creditori sociali. Essi non possono
perciò ripartire fra i soci beni della società fin quando non siano pagati tutti i creditori noti o
non siano state accantonate le somme necessarie per pagarli.
L’attuale disciplina consente la distribuzione ai soci di acconti durante la liquidazione.
Se i fondi disponibili risultano insufficienti, i liquidatori possono chiedere proporzionalmente ai
soci i versamenti ancora dovuti sulle azioni non interamente liberate (art. 2491, 1°comma).
Se la liquidazione si protrae oltre l’anno i liquidatori devono redigere il bilancio e sottoporlo

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all’approvazione dell’assemblea con le scadenze previste per il bilancio di esercizio delle


società, c.d. bilancio annuale di liquidazione.
Completata la liquidazione del patrimonio sociale con la conversione in danaro dell'attivo, i
liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione ,indicando la parte spettante a
ciascun socio nella divisione dell’attivo c.d. piano di riparto. (art. 2492 ).
Il bilancio finale di liquidazione deve essere approvato dai singoli soci e non dalla assemblea.
Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori ed accompagnato dalla relazione dei sindaci e del
soggetto incaricato della revisione contabile, è depositato presso l’ufficio del registro delle
imprese e si intende approvato se, entro 90 giorni dal deposito, nessun socio abbia proposto
reclamo davanti al tribunale in contraddittorio con i liquidatori.
L’approvazione (espressa o tacita) del bilancio finale di liquidazione libera i liquidatori di fronti
ai soci per l’attività svolta.
Le somme non riscosse dai soci, entro 3 mesi dall’iscrizione dell’avvenuto deposito del bilancio
sono depositate dai liquidatori presso una banca.
Compiuta la liquidazione, i libri della società sono depositati presso l’ufficio del registro delle
imprese.

4. L’ESTINZIONE DELLA SOCIETA’


Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della
società dal registro delle imprese (art.2495). I libri della società sono depositati presso l’ufficio
del registro delle imprese. Intervenuta la cancellazione dal registro, i creditori sociali rimasti
insoddisfatti possono far valere i loro diritti:

- nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da queste riscosse in base al
bilancio finale di liquidazione;
- nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
La cancellazione dal registro delle imprese segna l’estinzione della spa, anche quando vi siano
creditori insoddisfatti. I creditori possono chiedere il fallimento della società entro un anno
dalla cancellazione della stessa dal Registro delle imprese.

CAP. 16 - LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI


1. CARATTERI DISTINTIVI
La società in accomandita per azioni (artt. 2452-2461 ) è un tipo di società che, come
l’accomandita semplice, si caratterizza per la presenza di due categorie istituzionale di soci:
a) i soci accomandatari, che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni
sociali e sono per legge amministratori della società;

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b) i soci accomandanti, che sono obbligati verso la società nei limiti della quota di capitale
sottoscritto.

Questo tipo di società si caratterizza per il fatto che le quote di partecipazione dei soci sono
rappresentate da azioni (art. 2454).
Alla società in accomandita per azioni sono applicabili le norme relative alla società per azioni.
Essa è una società per azioni modificata dalla presenza di soci a responsabilità illimitata (gli
accomandatari) i quali sono di diritto amministratori.

2.L’AZIONISTA ACCOMANDATARIO
L’azionista accomandatario risponde illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali.
Non si può essere soci accomandatari se non si è amministratori, e si cessa di essere
accomandatari e responsabili se si cessa di essere amministratori.
Infatti, nell’accomandita per azioni:
A) i soci indicati nell'atto costitutivo come accomandatari sono tutti di diritto amministratori
della società (art.2455 );

B) il socio accomandatario che cessa dall'ufficio di amministratore, non risponde per le


obbligazioni della società sorte posteriormente all'iscrizione nel registro delle imprese della
cessazione dall'ufficio (art. 2461, comma2 ); cioè cessa di essere socio accomandatario e passa
nella categoria degli accomandanti.

C) il nuovo amministratore assume la qualità di socio accomandatario dal momento


dell'accettazione della nomina (art. 2457 ). Risponde solo per le obbligazioni sociali che
sorgono a partire da tale momento, non di quelle anteriori.

Nel accomandita per azioni vi è quindi coincidenza fra accomandatari e amministratori e


l'accomandatario-amministratore risponde illimitatamente per le sole obbligazioni sorte nel
periodo in cui ha rivestito la carica di amministratore.

3. COSTITUZIONE . CONFERIMENTI . AZIONI


L' atto costitutivo deve indicare quali sono i soci accomandatari (art. 2455, comma1).
Gli accomandatari sono di dritto amministratori. La denominazione sociale deve essere
costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l’indicazione di società per
accomandita per azioni.
Nessuna disposizione specifica è dettata per le azioni intestate agli accomandatari. Sono azioni
uguali a tutte le altre, senza nessun diritto speciale.

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Chi acquista le azioni da una accomandatario diventa socio, ma non amministratore; perciò
assume la posizione di semplice azionista accomandante. Le azioni dei soci accomandatari
sono liberamente trasferibili e non è necessario il consenso degli altri accomandatari.
L’acquirente non succede alla carica di amministratore dell’alienante.

4.GLI ORGANI SOCIALI


L’organizzazione interna della sapa si fonda sulla necessaria presenza di tre organi: assemblea,
amministratori e collegio sindacale.
All’assemblea si applicano le regole di funzionamento dettate per la spa. Norme particolari
valgono per l'adozione di talune delibere:
a) gli accomandatari non hanno diritto di voto nelle deliberazioni di nomina e revoca dei
sindaci (art. 2459);

b) le modificazioni dell'atto costitutivo non solo devono essere deliberate dall'assemblea


straordinaria con le consuete maggioranze, ma devono inoltre essere approvate da tutti soci
accomandatari ( art. 2460 ); A questi ultimi è riconosciuto il diritto di veto.

c) la nomina e la revoca degli amministratori è competenza dell’assemblea straordinaria.


Inoltre la nomina di nuovi amministratori, in sostituzione di quelli cessati dalla carica, deve
essere approvata anche dagli eventuali amministratori rimasti in carica.

Amministratori: I soci accomandatari, designati nell’atto costitutivo, sono di diritto


amministratori ed il loro ufficio ha carattere permanente, se l’atto costitutivo non dispone
diversamente.
Gli accomandatari- amministratori non sono tuttavia inamovibili. Essi possono essere revocati
anche se non ricorre giusta causa, salvo il diritto al risarcimento dei danni.
La revoca deve essere però deliberata con le maggioranze prescritte per le deliberazioni
dell'assemblea straordinaria ( art. 2456 ).
Gli amministratori sono soggetti agli stessi obblighi degli amministratori della spa.

Essi oltre ad essere personalmente e solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni
sociali, sono tenuti al risarcimento del danno per violazione degli obblighi a loro imposti dalla
legge o dall’atto costitutivo, verso la società, verso i soci e verso i creditori sociali o terzi
direttamente danneggiati.

Per il Collegio sindacale l'unica deviazione dalla disciplina della società per azioni consiste nel
divieto per gli accomandatari di votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina e la revoca dei
sindaci (art. 2459 ).

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5.LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’


La società si scioglie in caso di cessazione dalla carica di tutti gli amministratori, se nel termine
di sei mesi non si è provveduto alla loro sostituzione ed i sostituti non hanno accettato la
carica.
Per questo periodo il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio, i cui poteri
sono circoscritti agli atti di ordinaria amministrazione. L’amministratore provvisorio non
assume la qualità di socio accomandatario.
È quindi causa di scioglimento dell'accomandita per azioni il venir meno di tutti gli
accomandatari e la conseguente impossibilità di funzionamento dell'organo amministrativo
protratta per sei mesi.
Fra le cause di scioglimento non è invece previsto il venir meno di tutti i soci accomandanti.
Lo scioglimento della sapa segue la disciplina della spa, salvo alcune peculiarità derivanti dalla
presenza di soci a responsabilità illimitata.
Infatti, se il patrimonio sociale è insufficiente al pagamento dei creditori, i liquidatori potranno
richiedere agli accomandatari le somme necessarie, nei limiti della loro responsabilità e della
loro partecipazione alle perdite.
Dopo la cancellazione della società, i creditori rimasti insoddisfatti potranno far valere i loro
diritti nei confronti degli accomandatari ed anche dei liquidatori, se il mancato pagamento è
dipeso da colpa di questi ultimi.
Potranno agire nei confronti degli accomandanti solo nei limiti della quota di liquidazione dagli
stessi riscossa.

CAP. 17 - LA SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA


1.CARATTERI DISTINTIVI
La società a responsabilità limitata (artt. 2462-2483 ) è una società di capitali nella quale:
a) per l'obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio;

b) le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni e non posso inoltre
costituire oggetto di offerta al pubblico ( art. 2468, 1°comma).

In questo tipo di società tutti i soci godono del beneficio della responsabilità limitata.

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Le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate da azioni.

2. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIE. LA SRL UNIPERSONALE


La costituzione della società a responsabilità limitata prevede (art. 2463, 3°comma):
a) non è ammessa la stipulazione dell’atto costitutivo per pubblica sottoscrizione;

b)il capitale sociale minimo richiesto per la costituzione è di 10 mila euro;

c) la denominazione sociale può essere liberamente formata come nella s.p.a., ma deve
contenere l'indicazione di società a responsabilità limitata;

d) anche la società a responsabilità limitata può essere costituita a tempo indeterminato.


In tal caso, ogni socio può recedere dando un preavviso di 180 giorni, che l’atto costitutivo può
allungare fino a un anno (art.2473, 2°comma).

Nel 1993 fu introdotta la possibilità per la srl di essere costituita da un singolo socio, con il
mantenimento della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali. Tale disciplina è stata
modificata dalla riforma del 2003 ed ora coincide con la disciplina della spa unipersonale.

3. ICONFERIMENTI. LE ALTRE FORME DI FINANZIAMENTO


L'attuale principio base è quello che anche nella società a responsabilità limitata "possono
essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica" (art. 2464, 2
comma). Se l’atto costitutivo non dispone diversamente, i conferimenti devono farsi in denaro.
Il versamento presso la banca del 25% dei conferimenti in danaro e dell'intero sovrapprezzo
può essere sostituita dalla stipula di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria
( art. 2464, 4 comma).
È consentito il conferimento di prestazioni d’opera o servizi, purché l’intero valore assegnato a
tale conferimento sia garantito da una polizza assicurativa o da una fideiussione bancaria.
Per i conferimenti in natura non è necessario che l’esperto chiamato a fare la valutazione sia
designato dal tribunale, ma è sufficiente che sia un esperto di una società di revisione.
Disciplinata è anche la posizione del socio moroso (art. 2466 ), con disciplina applicabile anche
quando siano scadute o divengano inefficaci la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria
rilasciata dal socio. Inoltre, il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci.
Resta ferma la facoltà per la società di vendere coattivamente le quote del socio moroso.
Tale quota deve essere offerta in opzione prima agli altri soci, per il valore risultante dall’ultimo
bilancio approvato. In mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio moroso,
trattenendo le somme riscosse. In tal caso, il capitale deve essere ridotto in misura
corrispondente. Altra

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significativa novità della riforma del 2003 è l'introduzione di una specifica disciplina dei
finanziamenti dei soci volta a porre un freno al fenomeno, diffuso soprattutto nella società a
base familiare, delle società sottocapitalizzate che operano con ingenti finanziamenti a titolo di
capitale di prestito da parte dei soci.
L'art. 2467 stabilisce che il rimborso dei finanziamenti dei soci alla società è postergato rispetto
al soddisfacimento degli altri creditori. Ne consegue che gli amministratori non possono
rimborsare i finanziamenti dei soci quando il rimborso metta a repentaglio il soddisfacimento
degli altri creditori. questa disciplina
si applica ai finanziamenti concessi da società capogruppo alle società controllate.

4.I TITOLI DI DEBITO


Con l'attuale disciplina è caduto il divieto per le società a responsabilità limitata di emettere
obbligazioni. L’atto costitutivo può prevedere l’emissione di titoli di debito (art.2483).
L’emissione di titoli di debito è consentita solo se prevista nell’atto costitutivo.
E’ l’atto costitutivo a stabilire se la competenza ad emettere titoli di debito spetta ai soci o agli
amministrato “determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie”.
La decisione di emissione è iscritta nel registro delle imprese. Il taglio minimo dei titoli non può
essere inferiore ai 50'000 euro. Tali
titoli sono emessi a fronte di un apporto a titolo di prestito. Ne consegue che il diritto al
rimborso del capitale non può essere condizionato all’andamento economico della società.
I titoli di debito non possono essere collocati direttamente presso il pubblico dei risparmiatori.
Possono essere sottoscritti solo da “investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale”;
investitori che, in caso di successiva circolazione dei titoli di debito, rispondono per legge della
solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali o
soci della società emittente.

5. LE QUOTE SOCIALI
Nella società per azioni il capitale sociale nominale è diviso in parti omogenee e standardizzate
che prescindono dalle persone dei soci e dal loro numero.
Nella società a responsabilità limitata invece il capitale è diviso secondo un criterio personale,
dato che in tale società le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate
da azioni (art. 2468, comma1).
Il capitale della società responsabilità limitata è perciò diviso in parti in base al numero dei
soci: il numero iniziale delle quote corrispondente al numero dei soci che partecipano alla
costituzione della società e ciascun socio diventa titolare di un'unica quota di partecipazione.

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Mentre le azioni sono di egual valore, le quote possono essere di diverso ammontare e lo sono
inizialmente, se diverso è l'ammontare del capitale sottoscritto da ciascun socio.
Mentre le azioni attribuiscono uguali i diritti, le quote possono essere anche sotto tale profilo
le una diversa dalle altre. Infatti la regola base è che i diritti sociali spettano ai soci in misura
proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta, e che le partecipazioni dei soci sono
determinate in misura proporzionale al conferimento ( art. 2468, 2 comma).
La quota di società a responsabilità limitata resta unica ed esprime in modo unitario la
posizione di quel determinato socio nella società. L’acquisto di altre quote non rende il socio
titolare di più quote distinte; determina solo un incremento quantitativo dell’originaria ed
unica quota.
Mentre l’azione è indivisibile, la a quota è divisibile (anche se tale divisione può essere esclusa
nell’atto costitutivo). Se la divisione è vietata o non è possibile e la quota diviene di proprietà
comune di più persone, si applica la disciplina generale dell’amministrazione dei beni in
comproprietà.
Ulteriore differenza delle quote rispetto alle azioni, è che le prime non possono essere
rappresentate da titoli di credito né possono costituire oggetto di offerta al pubblico.
L’eventuale certificato di quota rilascia dalla società costituisce semplice documento
probatorio della qualità di socio e della misura della partecipazione sociale.
Anche la quota ha un proprio valore patrimoniale oggettivo, determinato dalla frazione del
patrimonio sociale rappresentata. Viene assimilata ai beni immateriali.

6.LE VICENDE ED IL TRASFERIMENTO DELLE QUOTE SOCIALI


Le quote della s.r.l. sono per legge liberamente trasferibili, per atto fra vivi e per successione
causa di morte. L’atto costitutivo può non solo limitare ma anche escludere del tutto il
trasferimento delle quote (art. 2469).
Può inoltre subordinare il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi. In tali
casi il socio o i suoi eredi possono recedere dalla società.
Specifiche disposizioni sono poi dettate per assicurare la trasparenza nella cessione delle
quote e la conoscenza dell'effettiva composizione della compagine societaria al fine di
prevenire e reprimere operazioni di riciclaggio di danaro provenienti da reati.

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I trasferimenti per atto fra vivi devono risultare da scrittura privata con sottoscrizione
autenticata da un notaio, oppure da un documento informatico sottoscritto dalle parti
mediante firma digitale. Questi devono depositare entro 30 giorni l’atto di trasferimento per
l'iscrizione nel registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società.
Il trasferimento della quota è valido ed efficace fra le parti per effetto del semplice consenso. È
però produttivo di effetti nei confronti della società dal momento del deposito dell’atto presso
il registro.
E se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, prevale chi per primo effettua
l’iscrizione nel registro delle imprese purché sia in buona fede.
La legge non richiede più l’annotazione del trasferimento nel libro dei soci. Legittime devono
però ritenersi le clausole dell’atto costitutivo che continuano a prevedere la tenuta del libro dei
soci, ed a imporvi l’iscrizione dei soci quale condizione ulteriore per l’esercizio dei diritti sociali.
Regole analoghe sono dettate per assicurare la trasparenza dei trasferimenti mortis causa; e
sono applicabili in caso di costituzione di vincoli sulle quote.
Se la quota trasferita non è interamente liberata, l’alienante risponde in solido con l’acquirente
per i versamenti ancora dovuti, per il periodo di tre anni dall’iscrizione del trasferimento nel
registro delle imprese. La quota
può essere oggetto di pegno, usufrutto e sequestro. In tal caso, vale la disciplina dettata per le
azioni al fine di determinare i diritti sociali spettanti al socio ed al titolare del diritto frazionario.
La quota può
inoltre formare oggetto di espropriazione da parte dei creditori personali del socio, con
conseguente vendita forzata o assegnazione della stessa al creditore procedente. Qualora
però la partecipazione non sia liberamente trasferibile, la vendita è priva di effetto se la società
presenta entro 10 giorni un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Si consente ai soci di
impedire l’ingresso di soggetti non graditi nella compagine societaria.

Alla società a responsabilità limitata è vietato in modo assoluto l’acquisto di proprie quote. In
nessun caso la società può accettare in garanzia proprie quote (art. 2474).

7.RECESSO ED ESCLUSIONE
anche le ipotesi di recesso sono state ampliate. E’ riconosciuta ampia autonomia statuaria:
l’atto costitutivo stabilisce quando il socio può recedere e le relative modalità.
Il recesso è inderogabilmente riconosciuto per legge in una serie di casi:
a) se la società è a tempo indeterminato ogni socio può recedere con un preavviso di almeno
sei mesi, che l’atto costitutivo può allungare fino ad un anno;

b) se la società è a tempo determinato possono recedere i soci che non hanno consentito

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(contrari, assenti e astenuti):

- al cambiamento dell'oggetto sociale o del tipo di società,


- alla sua fusione o scissione,
- alla revoca dello stato di liquidazione,
- al trasferimento della sede all’estero,
- all’eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo,
- al compimento di operazioni che comportano una modifica dell’oggetto sociale o
una rilevante modifica dei diritti dei singoli soci,

Il diritto di recesso è riconosciuto al socio contrario all'aumento del capitale sociale con
esclusione del diritto di opzione.
I soci che recedono hanno diritto alla liquidazione della propria partecipazione in proporzione
del patrimonio sociale entro 6 mesi dalla comunicazione del recesso alla società.
La quota del socio recedente deve essere prima offerta in opzione agli altri soci, oppure ad un
terzo. Se non vi sono acquirenti si procede al rimborso attingendo dalle riserve disponibili della
società, o in mancanza, tramite riduzione del capitale sociale.
Se la riduzione del capitale non è possibile, perché i creditori si oppongono, la società si
scioglie.
Come nelle società di persone, nella srl l’atto costitutivo può prevedere specifiche cause di
esclusione del socio per giusta casa.

8. GLI ORGANI SOCIALI. LE DECISIONI DEI SOCI


la disciplina degli organi della s.r.l. è l’aspetto su cui la riforma del 2003 ha inciso con maggiore
profondità valorizzando l’autonomia statuaria, anche se il modello di base di partenza resta la
tripartizione assemblea-organo amministrativo-organi di controllo propria della s.p.a.
L’art. 2479, 2° comma, stabilisce che sono rimesse inderogabilmente alla decisione dei soci:

1. l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;


2. la nomina degli amministratori, se prevista nell’atto costitutivo;
3. la nomina dei sindaci, presidente collegio sindacale e revisore;
4. modifiche dell’atto costitutivo;

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5. la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione


dell’oggetto sociale.
L'atto costitutivo può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante
consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tal caso le decisioni
sono adottate col voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale
sociale (art. 2479).
Alcune decisione particolarmente importanti devono essere adottate con il metodo
assembleare. Esse sono: le modificazioni dell’atto costitutivo, le decisioni che comportano una
sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei soci, nonché la
riduzione del capitale per perdite obbligatoria.
La deliberazione assembleare è necessaria quando ne sia fatta richiesta da uno o più
amministratori o dai soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale.
E’ rimessa all’atto costitutivo la determinazione dei modi di convocazione, purché gli stessi
siano tali da assicurare la tempestiva informazione sugli argomenti da trattare.
In mancanza, l’assemblea è convocata dagli amministratori con lettera raccomandata spedita ai
soci almeno 8 giorni prima dell’adunanza.
Possono intervenire in assemblea tutti i soci. Inoltre l socio può liberamente farsi
rappresentare in assemblea, se l’atto costitutivo non lo vieta.
Il voto dei soci vale in misura proporzionale alla partecipazione.
L’assemblea ordinaria è costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la
metà del capitala sociale e delibera a maggioranza assoluta del capitale intervenuto.
Per le modificazioni dell’atto costitutivo e per le decisioni che comportano una sostanziale
modifica dell’oggetto sociale è necessario il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno
la metà del capitale sociale.
L’attuale disciplina prevede l’assemblea totalitaria per la quale si richiede la presenza
dell’intero capitale, nonché che tutti gli amministratori e i sindaci siano presenti o anche solo
informati della riunione.

9.L’INVALIDITA’ DELLE DECISIONI DEI SOCI


Parzialmente autonoma è anche la disciplina dell’invalidità delle decisioni dei soci
(art. 2479 - ter). Regola generale: le decisioni prese non in conformità della legge o dell’atto
costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, anche
individualmente, nonché da ciascun amministratore del collegio sindacale entro 90 giorni dalla
loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.
Il procedimento d’impugnazione è regolato dalla disciplina prevista per le spa. L’annullamento
della decisione ha effetto nei confronti di tutti i soci ed obbliga gli amministratori a prendere i
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conseguenti provvedimenti.
L’annullamento non può aver luogo se la decisione impugnata è sostituita con altra presa in
conformità della legge e dell’atto costitutivo. La convalida della decisione è favorita dalla legge
anche nel corso del giudizio d’impugnazione. Si prevede che il tribunale può assegnare un
termine, non superire a 180gg, per l’adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la
causa di invalidità.
Possono invece essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, ma nel termine di tre anni, le
decisione aventi oggetto impossibile o illecito e quelle prese “in assenza assoluta
d’informazione” (nullità). Infine possono essere impugnate senza limiti di tempo le
deliberazioni che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite (nullità
imprescrittibile).

10.AMMINISTARAZIONE E CONTROLLI
L'amministrazione è affidata a uno o più soci, nominati con decisione dei soci, che restano in
carica a tempo indeterminato (art. 2475, 1 comma). Quando l'amministrazione è affidata a più
persone queste costituiscono il collegio di amministrazione.
L'atto costitutivo può prevedere che gli amministratori operino non già collegialmente, bensì
disgiuntamente o congiuntamente come nelle società di persone.
Se è adottato il modello di amministrazione disgiunta, ciascun amministratore può da solo
decidere e da solo realizzare atti in nome della società, ma con alcune eccezioni. Inoltre
ciascun amministratore può opporsi al compimento di atti da parte dio in altro, ed in tal caso la
decisione sull’opposizione è deferita ai soci di maggioranza. Se lo statuto opta per il modello di
amministrazione congiunta, questa potrà essere all’unanimità o a maggioranza.
E se non si dispone diversamente, la maggioranza va calcolata per teste fra tutti gli
amministratori.

Gli amministratori hanno il potere di rappresentanza della società. Valgono le regole identiche
alla s.p.a. per quanto riguarda l’inopponibilità dei limiti ai poteri degli amministratori risultanti
dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina.
I contratti conclusi dagli amministratori con rappresentanza in conflitto di interessi possono
essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal
terzo. L’azione si prescrive entro 5 anni dalla conclusione del contratto.
Inoltre possono essere impugnate le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il
voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, qualora cagionino un danno
patrimoniale alla società. L’impugnazione può essere presentata entro 90gg dagli altri

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amministratori.
Profili di accentuata singolarità rispetto alla società per azioni presenta infine la disciplina della
azione di responsabilità (art. 2476 ):
a) è affermata la responsabilità degli amministratori verso la società e verso i singoli soci o terzi
direttamente danneggiati, non si fa menzione della responsabilità verso i creditori sociali;

b) responsabili solidalmente con gli amministratori sono anche " i soci che hanno
eccezionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o
terzi" (art. 2476, 7 comma), quindi i soci che di fatto amministrano la società .

c) l'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa dal singolo
socio, il quale può chiedere la revoca degli amministratori in caso di gravi irregolarità nella
gestione della società.

d) alla società è riconosciuto il potere di rinunciare o transigere l’azione di responsabilità


contro gli amministratori, anche se promessa dai soci. Più elevati sono però i quorum richiesti,
essendo necessario il consenso della maggioranza dei due terzi del capitale e che non si
oppongano tanti soci che rappresentano il 10% del capitale.

La disciplina della responsabilità degli amministratori verso i singoli soci o terzi direttamente
danneggiati ricalca quella della s.p.a. (responsabilità verso i terzi).
Non si fa alcuna menzione invece della responsabilità verso i creditori sociali. Costoro potranno
trovare tutela esercitando i rimedi di diritto comune.
L’atto costitutivo può prevedere la nomina di un sindaco o di un revisore determinandone
competenze e poteri. Nella srl la nomina di un sindaco è obbligatoria solo in alcuni casi:
- se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per la spa (120000 euro);
- la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

- se non ricorrono le condizioni stabilite per la redazione del bilancio di esercizio in forma
abbreviata;
- la società controlla una società obbligata alla revisione legale sei conti.
L’assemblea deve provvedere alla nomina del sindaco entro 30gg dall’approvazione del bilancio
dal quale risulta il superamento dei limiti. Altrimenti provvede il tribunale, su richiesta di
qualsiasi interessato.
Quando la nomina non è obbligatoria, al sindaco di s.r.l. si applica la disciplina del collegio
sindacale delle società per azioni. Infatti se l’atto costitutivo non dispone diversamente, la

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revisione legale dei conti è esercitata dallo stesso sindaco.


Alcuni dei poteri controllo propri dei sindaci sono però riconosciuti direttamente anche ai soci
che non partecipano all’amministrazione.
Ogni socio non amministratore ha diritto di avere dagli amministratori notizia dello
svolgimento degli affari sociali, di consultare libri sociali e i documenti relativi
all'amministrazione.

11. BILANCIO. MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO. SCIOGLIMENTO


Il bilancio viene predisposto dall’organo amministrativo, approvato dai soci, ed infine
depositato entro 30 giorni nel registro delle imprese.
Non è più richiesto che vi sia allegato l’elenco dei soci e degli altri titolari di diritti sulle
partecipazioni sociali. Inoltre le s.r.l. che non abbiano nominato il sindaco potranno redigere il
bilancio semplificato.
La decisione dei soci che approva il bilancio, decide anche sulla distribuzione degli utili.
Le modificazioni dell’atto costitutivo sono di competenza inderogabile dell’assemblea, la quale
deve deliberare con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano almeno la metà del
capitale sociale. Tale modificazione diviene efficace solo a seguito dell’iscrizione della stessa
nel registro delle imprese, su richiesta del notaio (art. 2480).
In caso di rifiuto del notaio di procedere all’iscrizione, gli amministratori possono promuovere
il giudizio di omologazione presso il tribunale.
E’ prevista e disciplinata la delega agli amministratori per l’aumento del capitale sociale a
pagamento (art.2481).
La decisione di aumentare il capitale non può essere attuata finché i conferimenti
precedentemente dovuti non sono stati interamente eseguiti.
Anche la regolamentazione del diritto di opzione è rimessa alle previsioni statuarie ed alle
determinazione dei soci. L’esclusione del diritto di opzione è possibile solo se espressamente
prevista dall’atto costitutivo.

E in ogni caso non è ammessa quando l’aumento di capitale è reso necessario da una riduzione
dello stesso per perdite. La legge riconosce ai soci che non hanno consentito alla decisione il
diritto di recesso dalla società. La
disciplina dell’aumento di capitale gratuito è coincidente con quella della s.p.a. a seguito di
tale operazione la quota di partecipazione di ciascun socio deve restare immutata.
Inoltre coincidente con quella della società per azioni è la disciplina della riduzione reale e
nominale del K sociale, fermo restando che il limite minimo del K sociale da rispettare è di 10
mila euro.

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La riduzione volontaria del K può essere attuata mediante rimborso ai soci delle quote pagate
o mediante liberazione degli stessi dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti. La delibera può
essere eseguita solo dopo 90gg dal giorno dell’iscrizione nel registro delle imprese senza che
nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione, oppure dopo che il
tribunale abbia rigettato opposizione perché non ritiene sussistere pericolo di pregiudizio per i
creditori.
Quando si verificano perdite che rendano obbligatoria la riduzione del K è previsto che gli
amministratori convochino l’assemblea e sottopongono ai soci una relazione sulla situazione
patrimoniale della società.
Se l’atto costitutivo non prevede diversamente, tali documenti devono essere depositati nella
sede della società per almeno 8gg prima dell’assemblea perché i soci possono prendere
visione. Inoltre nell’assemblea, gli amministratori dovranno dar conto dei fatti di rilievo
avvenuti dopo la redazione della relazione.
Lo scioglimento della società è oggi disciplinato unitariamente per tutte le società di capitali.

CAP. 18 - LE SOCIETA’ COOPERATIVE


1.IL SISTEMA LEGISLATIVO - 2.LE SOCIETA’ CON SCOPO MUTUALISTICO
In base all'attuale disciplina le società cooperative sono società a capitale variabile che si
caratterizzano per lo specifico scopo perseguito nello svolgimento dell'attività di impresa: lo
scopo mutualistico (art. 2511 ). L’indicazione di cooperativa non può essere usata da società
che non hanno scopo mutualistico (art. 2512, comma 2).
Lo scopo prevalente dell'attività di impresa delle società cooperative consiste "nel fornire beni
o servizi o occasioni di lavoro direttamente a membri dell'organizzazione a condizioni più

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vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato".


Nelle società cooperative, vi è una tendenziale coincidenza fra soci e fruitori dei beni e servizi
prodotti dall’impresa sociale (cooperative di consumo), ovvero i fattori produttivi necessari per
l’attività di impresa sono forniti dagli stessi soci (cooperative di produzione e di lavoro), anche
attraverso una propria distinta attività di impresa.
Lo scopo mutualistico indica, quindi, un particolare modo di organizzazione e di svolgimento
dell’attività di impresa che si caratterizza per la cosiddetta "gestione di servizio" a favore dei
soci. Quest’ultimi sono i destinatari elettivi di beni e servizi prodotti dalla cooperazione.
I soci di una cooperativa mirano a realizzare un risultato economico ed un proprio vantaggio
patrimoniale, attraverso lo svolgimento di attività di impresa.
Il risultato economico perseguito è quello di soddisfare un bisogno economico, attraverso un
risparmio di spesa per i beni o servizi acquistati dalla propria società, o una maggiore
retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti. In ciò consiste l’essenza del vantaggio
mutualistico, vantaggio che è consentito attraverso distinti e diversi rapporti economici
instaurati con la cooperativa: essi sono i rapporti mutualistici.
I soci di cooperativa sono perciò portatori di uno specifico interesse a che l’attività di impresa
sia orientata al soddisfacimento delle loro richieste di prestazioni c.d. prestazioni
mutualistiche. E’ da escludersi che il socio sia in quanto tale titolare di un vero e proprio diritto
soggettivo alle prestazioni mutualistiche e che sussista un corrispondente obbligo della società
di instaurare rapporti di scambio con i soci che ne facciano richiesta.
La legge consente la presenza, accanto ai soci cooperatori, di soci non specificamente
interessati alle prestazioni mutualistiche ed il cui ruolo è esclusivamente quello di apportare il
capitale di rischio necessario per lo svolgimento dell’attività della cooperativa: sono i c.d. soci
sovventori.

3.SCOPO MUTUALISTICO E SCOPO LUCRATIVO


Le società cooperative sono caratterizzate da uno scopo prevalentemente mutualistico. Esse
possono svolgere anche attività con terzi (art. 2521, comma2), possono cioè fornire anche a
terzi le medesime prestazioni che formano oggetto della gestione a favore dei soci.
E l'attività con i terzi è di regola finalizzata alla produzione di utili, può essere cioè attività
oggettivamente lucrativa.
Nelle cooperative, lo scopo mutualistico può coesistere con un'attività con terzi produttiva di
utili. Incompatibile con lo scopo mutualistico è e resta però l'integrale distribuzione ai soci

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degli utili prodotti dalla cooperativa.


Un freno alla deviazione dallo scopo mutualistico è posto dalla legge non già impedendo alle
cooperative di svolgere attività con terzi produttiva di utili (lucro oggettivo), bensì delimitando
la distribuzione fra i soci degli utili realizzati (lucro soggettivo).

4.LE COOPERATIVE E MUTUALITA’ PREVALENTE


L'attuale disciplina generale delle società cooperative si basa sulla distinzione fra società
cooperative a mutualità prevalente e altre società cooperative.
Le società cooperative a mutualità prevalente: godono di tutte le agevolazioni previste per le
società cooperative;
Le altre società cooperative: non godono delle agevolazioni di carattere tributario.
Elementi caratterizzanti le cooperative a mutualità prevalente sono:
a) la presenza nello statuto di clausole che limitano la distribuzione di utili e riserve ai soci
cooperatori (art. 2514 );

b) la circostanza che la loro attività deve essere svolta prevalentemente a favore dei soci
(cooperative di consumo), ovvero deve utilizzare prevalentemente prestazioni lavorative dei
soci (cooperative di lavoro) o beni e servizi dagli stessi apportati (cooperative di produzione e
lavoro).

Le società cooperative a mutualità prevalente sono iscritte d’ufficio, su comunicazione


dell’ufficio delle imprese, in un apposito albo delle società cooperative, tenuto a cura del
Ministero dello sviluppo economico.
D’ufficio inoltre avviene la cancellazione dall’albo in caso di cancellazione della società dal
registro delle imprese o trasformazione.
Le cooperative a mutualità prevalente devono annualmente comunicare le notizie di bilancio,
all’amministrazione che tiene l’albo. L’omessa comunicazione è sanzionata con la sospensione
semestrale di ogni attività dell’ente.

Perdono la qualifica di cooperative a mutualità prevalente le società che per due esercizi non
rispettino le condizioni di prevalenza della gestione mutualistica (art. 2545-octies).
La cooperativa che cessa di essere a mutualità prevalente, ha l’obbligo di imputare a riserve
indivisibili il valore effettivo dell’attivo patrimoniale, è da ritenere dedotto soltanto il capitale e
i dividendi eventualmente maturati. Ciò allo scopo di evitare che i soci lucrino il patrimonio
accumulato dalla società. Gli amministratori, quindi, redigono un bilancio straordinario che
deve essere verificato da una società di revisione e deve essere notificato entro 60gg al
Ministero dello sviluppo economico in qualità di autorità di vigilanza.

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In casi di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente, la società è tenuta a


darne avviso all’amministrazione che tiene l’albo, la quale provvede a variare la sezione di
iscrizione. L’omissione o il ritardo della comunicazione è punito con la sanzione amministrativa
della sospensione di ogni attività dell’ente.

5. I CARATTERI STRUTTURALI
a) è previsto un numero minimo di soci per la costituzione e la sopravvivenza della società.
I soci cooperatori sono in possesso di specifici requisiti soggettivi; ciò per assicurare che la
compagine sociale sia composta, in prevalenza, da persone appartenenti a categorie sociali
interessate a fruire dei beni, servizi od occasioni di lavoro prodotti dall’impresa cooperativa.

b) sono fissati limiti massimi alla quota di partecipazione di ciascun socio e alla percentuale di
utili agli stessi distribuibili;

c) le variazioni del numero e delle persone dei soci e le conseguenti variazioni del capitale
sociale non comportano modificazioni dell'atto costitutivo;

d) ogni socio cooperatore persona fisica ha in assemblea un solo voto, qualunque sia il valore
della sua quota o il numero delle sue azioni.

e) le società cooperative sono sottoposte a vigilanza dell'autorità governativa al fine di


accertare il rispetto dei requisiti mutualistici.

6. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’


Per procedere alla costituzione di una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno
9 (art. 2522, 1 comma). Sono sufficienti tre soci persone fisiche se la società vuole adottare
norme della società a responsabilità limitata.
La società si scioglie e deve essere posta in liquidazione se il numero dei soci scende al di sotto
del minimo e non è reintegrato nel termine massimo di un anno.
La partecipazione ad una società cooperativa è subordinata al possesso dei requisiti soggettivi
volti ad assicurare che esso svolga attività coerente e/o non incompatibile con quella che

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costituisce l'oggetto sociale della cooperativa.


Non possono in ogni caso essere soci quanti esercitano in proprio imprese in concorrenza con
quella della cooperativa (art. 2527, 2 comma). Tali requisiti sono necessari per la costituzione
della società. Inoltre non sono richiesti per i soci sovventori.
Il procedimento di costituzione ricalca quello previsto per la s.p.a. o per la s.r.l.
Per le cooperative in forma di s.p.a. l’attuale disciplina sembra consentire sia la sottoscrizione
simultanea, sia il ricorso alla pubblica sottoscrizione.
Le indicazioni dell'atto costitutivo da redigere per atto pubblico, in buona parte coincide con
quelle stabilite per la s.p.a. È tuttavia necessario inserire:
a) l'indicazione specifica dell'oggetto sociale, con riferimento ai requisiti e agli interessi dei
soci;

b) i requisiti, le condizioni e la procedura per l'ammissione di nuovi soci, nonché il modo e il


tempo in cui devono essere eseguiti i conferimenti.

c) le condizioni per l'eventuale recesso e per l'esclusione dei soci;

d) le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei ristorni.

La denominazione sociale della società cooperativa può essere formata liberamente, ma deve
contenere l’indicazione di società cooperativa.
Le cooperative a mutualità prevalente devono indicare negli atti e nella corrispondenza il
numero di iscrizione presso l’apposito albo (art.2515).
L’atto costitutivo è sottoposto a controllo di legalità da parte del notaio rogante, inoltre è
iscritto nel registro delle imprese. In questo modo la società cooperativa acquista personalità
giuridica. Le società cooperative sono poi iscritte d’ufficio nell’albo delle società cooperative.
Per accentuare il profilo mutualistico e assicurare la parità di trattamento dei soci, l'attuale
disciplina prevede infine che lo svolgimento dell'attività mutualistica della società e soci può
essere disciplinato da appositi regolamenti.

Tali regolamenti, quando non costituiscono parte integrante dell'atto costitutivo, sono
predisposti dagli amministratori e approvati dall'assemblea straordinaria (art. 2521, 5c).
Le cause di invalidità delle società cooperative sono quelle previste in via generale dalla
disciplina dei contratti.

7. I CONFERIMENTI. LA RESPONSABILITA’ PER I SOCI


La disciplina dei conferimenti e delle prestazioni accessorie è identica a quella dettata per la
s.p.a. salvo che lo statuto non abbia optato per la disciplina della s.r.l.

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Per i conferimenti in danaro non è però richiesto, il versamento iniziale del 25% presso un
istituto di credito.
il conferimento iniziale, il socio non può essere obbligato ad effettuare nuovi conferimenti se
non nelle forme consentite per l’aumento del capitale sociale.
Con l’attuale disciplina, nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde solo la
società con il suo patrimonio (2518).
Il socio moroso: il socio che non esegue in tutto o in parte i conferimenti dovuti può essere
escluso dalla società. Inoltre, se cessa di far parte della società risponde verso la stessa per una
anno dal giorno in cui il recesso,l’esclusione o la cessione della quota si è verificata.
E se entro un anno dallo scioglimento del rapporto si manifesta l’insolvenza della società, il
socio uscente è tenuto a restituire alla stessa quanto ricevuto per la liquidazione della quota o
per il rimborso delle azioni (2536).

8.LE QUOTE. LE AZIONI


Nelle cooperative la partecipazione sociale può essere rappresentata da
quote o da azioni, a seconda che la cooperativa sia regolata dalla disciplina della s.p.a. oppure
dalla s.r.l. Nessun socio persona fisica può avere una quota superiore a 100 mila
euro, né tante azioni il cui valore superi tale somma (art. 2525, comma2).
Nelle cooperative con più di 500 soci, l'atto costitutivo può elevare tale limite fino al 2% del
capitale sociale (art. 2525, 3 comma).
Il limite non opera per i soci che conferiscono beni in natura o crediti, ovvero quando viene
realizzato un aumento gratuito di capitale con l’impiego di riserve divisibili o ristorni.
Una specifica disciplina è prevista per l’acquisto di proprie azioni o quote da parte della
cooperativa e per il trasferimento della partecipazione sociale.
Per quanto riguarda l’acquisto di proprie quote o azioni:
- l’acquisto o il rimborso è possibile solo se espressamente previsto nell’atto costitutivo, ma
non è necessario che gli amministratori siano di volta in volta autorizzati dall’assemblea
ordinaria, né che questa fissi le modalità di acquisto;

- è posta come unica soluzione che l’acquisto o il rimborso siano fatti nel rispetto di un duplice
limite di carattere patrimoniale: il rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamente
della società deve essere superiore ad un quarto; l’acquisto o il rimborso deve essere
effettuato nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo
bilancio regolarmente approvato (art.2529).
Per quanto riguarda il trasferimento, le quote o le azioni dei soci cooperatori non possono
essere cedute, con effetto verso la società, senza l'autorizzazione degli amministratori, il cui

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provvedimento deve essere comunicata al socio entro 60 giorni dalla richiesta (art.2530).
Il silenzio vale assenso. L’autorizzazione non è concessa se l’acquirente non possiede i requisiti
soggettivi fissati per legge o dall’atto costitutivo.
L'atto costitutivo può anche vietare la cessione sia delle quote sia delle azioni salvo in questo
caso il diritto del socio di recedere dalla società con preavviso di tre mesi purché siano decorsi
due anni dal suo ingresso in società.
Se le quote e le azioni cedute non sono interamente liberate, il cedente risponde verso la
società, in solido con l’acquirente, per i versamenti ancora dovuti, per un anno dal giorno della
cessione.

9.LE NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO


Con la legge n. 59/1992. sono stati elevati i limiti massimi della partecipazione di ciascun socio,
ed i limiti massimi dei prestiti dei soci ammessi a godere delle agevolazioni fiscali.
Nel contempo sono state consentite nuove e più incentivanti forme di raccolta del capitale di
rischio con la previsione della figura dei soci sovventori e delle azioni di partecipazione
cooperativa.
La figura dei soci sovventori, consente la raccolta di capitale di rischio anche fra soggetti
sprovvisti degli specifici requisiti soggettivi richiesti per partecipare all'attività mutualistica.
I conferimenti dei soci sovventori sono rappresentate da azioni (o quote) nominative
liberamente trasferibili.
L’atto costitutivo può stabilire particolari condizioni a favore dei soci sovventori per la
ripartizione degli utili e la liquidazione delle quote o azioni.
Sono poi introdotte regole volte ad evitare che i soci sovventori prendano il sopravvento nella
gestione della società. Così l’atto costitutivo può attribuire a ciascun socio sovventore più voti,
ma non oltre 5. Inoltre i voti attribuiti ai soci sovventori non possono mai superare un terzo dei
voti spettanti a tutti i soci. I soci sovventori possono essere nominati amministratori, ma la
maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci cooperatori.

Le azioni di partecipazione cooperativa costituiscono una particolare categoria di azioni. Sono


prive del diritto di voto e sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del
capitale. Possono essere emesse per un ammontare non superiore al valore delle riserve
indivisibili o del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio certificato.
Le azioni di partecipazione cooperativa possono essere emesse al portatore, se interamente
liberate. Sono quindi liberamente trasferibili e godono dell'anonimato.
Esse sono privilegiate sotto il profilo patrimoniale in quanto:

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a) assicurano ex lege una partecipazione agli utili maggioritaria del 2% rispetto a quella delle
quote o delle azioni dei soci cooperatori;

b) hanno diritto di prelazione nel rimborso del capitale per l'intero valore nominale, in sede di
scioglimento della società,

c) le perdite incidono sulla stessa solo per la parte che eccede il valore nominale complessivo
delle altre azioni o quote.

E’ prevista un’organizzazione di gruppo dei possessori di tali azioni, per la tutela degli interessi
comuni. L’organizzazione si articola nell’assemblea speciale di categoria e nel rappresentante
comune.
Alle società cooperative regolate dalla disciplina delle s.p.a. è stata consentita anche
l'emissione di obbligazioni per la raccolta di capitale di prestito. I limiti e i criteri di emissione
sono fissati dal Comitato interministeriale per il credito e risparmio.
La riforma del 2003 ha consentito a tutte le società cooperative l'emissione di strumenti
finanziari (diversi dalle azioni e obbligazioni) secondo la disciplina prevista per le s.p.a. (art.
2526 ). L’atto costitutivo stabilisce i diritti patrimoniali o amministrativi attribuiti ai possessori
di tali strumenti finanziari e le eventuali condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento.
Minore libertà è concessa alle cooperative cui si applicano le norme sulla s.r.l.
Queste possono, infatti, emettere strumenti finanziari privi di diritti di amministrazione , i quali
devono essere offerti in sottoscrizione "solo ad investitori qualificati".

10. GLI ORGANI SOCIALI. L’ASSEMBLEA


Gli organi delle società cooperative sono gli stessi della s.p.a ed identico è il riparto di funzioni.
Alcune significative deviazioni sono introdotte nella disciplina dell'assemblea (art. 2538-2540 ).
Innanzitutto, il peso di ciascun socio cooperatore in assemblea è del tutto svincolato
dall'ammontare della partecipazione sociale.
Per i soci persone fisiche trova applicazione il principio "una testa-un voto": ogni socio persona
fisica infatti ha diritto ad un solo voto, qualunque sia il valore della quota o il numero delle
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azioni possedute.
Solo ai soci persone giuridiche possono esser attribuiti più voti, ma non oltre a 5.
Ai soci sovventori possono essere invece attribuiti più voti, ma essi non devono superare in
ogni caso un terzo dei voti spettate a tutti i soci.
L'attuale disciplina consente poi che nelle cooperative consortili (nelle quali i soci realizzano lo
scopo mutualistico attraverso l’integrazione delle rispettive imprese o di taluni fasi di esse) il
diritto di voto sia attribuito in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico.
Valgono inoltre le seguenti regole:

a) hanno diritto di voto solo coloro che risultano iscritti nel libro dei soci da almeno tre mesi;
b) il socio può farsi rappresentante nell’assemblea solo da un altro socio;
c) il modo può essere dato anche per corrispondenza mediante altri mezzi di
telecomunicazione, se l'atto costitutivo consente.

Alcune differenze si hanno anche per il procedimento assembleare: i quorum costitutivi e


deliberativi vanno ovviamente calcolati secondo il numero dei voti spettanti per teste ai soci e
non in base all'ammontare della loro partecipazione al capitale.
L'innovazione più significativa è però costituito dalla possibilità di una formazione progressiva
della volontà assembleare attraverso il meccanismo delle assemblee separate.
L’atto costitutivo può prevedere che il procedimento assembleare sia articolato in due fasi
(assemblee separate- assemblea generale), per agevolare la partecipazione dei soci.
In base all'attuale disciplina le assemblee separate sono obbligatorie quando la società ha più
di 3 mila soci e svolge la propria attività in più province, oppure se ha più di 500 soci e si
realizzano più gestioni mutualistiche.
Le assemblee separate deliberano sulle stesse materie che formeranno oggetto dell'assemblea
generale ed eleggono dei soci-delegati che parteciperanno a quest'ultima. L'assemblea
generale è costituita dai delegati designati dalle assemblee separate e delibera definitivamente
sulle materie all'ordine del giorno. Le
deliberazioni delle assemblee separate non possono essere autonomamente impugnate,
mentre le deliberazioni dell’assemblea generale possono essere impugnate anche dai soci
assenti o dissenzienti nelle assemblee separate quando verrebbe meno la necessaria
maggioranza.

11. AMMINISTRAZIONE. CONTROLLI. COLLEGIO DEI PROBIVIRI


Poche sono le differenze rispetto alla s.p.a. per quanto riguarda amministratori e sindaci,
ferma restando la possibilità di adottare in alternativa al sistema tradizionale quello dualistico
o monistico (art.2544). nel sistema tradizionale i primi amministratori sono nominati nell’atto

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costitutivo e successivamente dall’assemblea.


L’atto costitutivo può derogare questa regola, purchè la nomina della maggioranza degli
amministratori resti di competenza assembleare. Può attribuire la nomina di uno o più
amministratori allo Stato o ad altri enti pubblici; inoltre può riconoscere ai possessori di
strumenti finanziari il diritto di eleggere fino ad un terzo degli amministratori.
Infine può prevedere che uno o più amministratori siano scelti tra gli appartenenti alle diverse
categorie dei soci.
Con l'attuale disciplina è sufficiente che sola maggioranza degli amministratori sia scelta tra
soci cooperatori ovvero tra le persone designate dai soci cooperatori persone giuridiche (art.
2542 ).
Quanto poi al collegio sindacale, la nomina dello stesso nelle cooperative è obbligatoria negli
stessi casi in cui è obbligatoria la nomina di un sindaco nella s.r.l. nonché quando la
cooperativa ha emesso strumenti finanziari non partecipativi (art. 2543 ).
Per la nomina del collegio sindacale, lo statuto può attribuire il diritto di voto
proporzionalmente alle quote o azioni possedute ovvero in ragione della partecipazione allo
scambio mutualistico.
Negli statuti delle cooperative è previsto un ulteriore organo sociale: il collegio dei probiviri.
A tale organo è affidata la risoluzione di eventuali controversie fra soci o fra soci e società,
riguardanti il rapporto sociale o la gestione mutualistica.
Si vuole evitare che le controversie sociali sfocino in liti di fronte all’autorità giudiziaria.

12.LA VIGILANZA GOVERNATIVA


Le società cooperative sono sottoposte al controllo dell'autorità governativa, finalizzata
all’accertamento dei requisiti mutualistici. Tale vigilanza spetta in via esclusiva al Ministero
dello sviluppo economico ed è esercitata tramite revisioni, effettuate con cadenza almeno
biennale, e ispezioni straordinarie disposte ogni qualvolta se ne ravvisa l’opportunità.
Ad essa si affianca, per alcune categorie di cooperative, la vigilanza di altre autorità pubbliche
al fine di regolare il funzionamento amministrativo e contabile.

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Nell'attività di vigilanza il Ministero si avvale anche delle "associazioni nazionali di


rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo" legalmente riconosciute, che
perseguono scopi ideali e politici.
In caso di irregolare funzionamento della società, l'autorità di vigilanza può revocare
amministratori e sindaci ed affidare la gestione della cooperativa ad un commissario
governativo, determinandone la durata in carica e i poteri.
Inoltre l'autorità di vigilanza può disporre lo scioglimento della cooperativa se non è in grado di
raggiungere gli scopi per cui è stata costituita, oppure se per due anni consecutivi non ha
depositato il bilancio di esercizio o non ha compiuto atti di gestione.
Anche le società cooperative sono assoggettate al controllo giudiziario sulla gestione.
Legittimati al ricorso sono i soci titolari del decimo del capitale sociale, ovvero un decimo del
numero complessivo dei soci, ridotto ad un ventesimo per le cooperative che hanno più di
tremila soci. Nel procedimento deve essere sentita anche l’autorità di vigilanza governativa ed
il tribunale dichiara improcedibile il ricorso se quest’ultima ha già nominato per i medesimi
fatti un ispettore o un commissario.
Viceversa, l’autorità di vigilanza sospende il procedimento amministrativo se il tribunale ha
nominato per i medesimi fatti un ispettore o un amministratore giudiziario.

13. BILANCIO. UTILI. RISTORNI


La formazione del bilancio di esercizio della società cooperative è integralmente assoggettata
alla disciplina dettata per la s.p.a. Le cooperative di maggior dimensione e quelle che
emettono obbligazioni devono sottoporre il bilancio a revisione obbligatoria da parte di una
società di revisione.
Per rafforzare la consistenza del patrimonio sociale, la percentuale degli utili netti annuali da
destinare a riserva legale è il 30%, anziché il 5%. Tale obbligo sussiste indipendentemente

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dall’ammontare raggiunto dalla riserva legale.


Inoltre è stato introdotto l'obbligo di destinare il 3% degli utili netti annuali ad appositi "fondi
mutualistici per la promozione e sviluppo della cooperazione ", costituiti e gestiti dalle
associazioni nazionali di rappresentanza del movimenti cooperativo.
Si tratta di una forma di auto contribuzione obbligatoria, finalizzata alla promozione e al
finanziamento di nuove imprese.
Infine sono posti limiti alla distribuzione fra soci degli utili residui. Per tutte le cooperative non
quotate vige la regola che possono essere distribuiti dividendi solo se il rapporto fra
patrimonio netto e complessivo indebitamento della società è superiore ad un quarto: così si
impone alle cooperative eccessivamente indebitate di destinare all’autofinanziamento gli utili
generati.
L'attuale disciplina introduce una distinzione fra società cooperativa a mutualità prevalente e
altre società cooperative. Per queste ultime è sufficiente che l'atto costitutivo fissi la
percentuale massima dei dividendi che possono essere ripartiti tra i soci cooperatori.
L’atto costitutivo, inoltre, può autorizzare l’assemblea ad assegnare ai soci le riserve disponibili,
mediante emissione di strumenti finanziari o mediante aumento gratuito del capitale sociale.
Invece non possono essere distribuite, anche in caso di scioglimento della società, le riserve
indivisibili, che sono utilizzabili solo per la copertura di perdite dopo che si sono esaurite le
altre riserve.
Per le società cooperative a mutualità prevalente (art. 2514 ), gli statuti di tale società devono
prevedere:
1) il divieto di distribuire dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni
fruttiferi postali ;

2) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in


misura superiore al 2% rispetto al limite massimo;

3) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

4) l'obbligo di devolvere in caso di scioglimento della società l'intero patrimonio sociale, ai


fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

Dagli utili (remunerazione del capitale) vanno tenuti distinti i ristorni: questi costituiscono il
rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni e servizi acquistati dalla cooperativa
(cooperativa di consumo), ovvero integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa
per le prestazioni del socio (cooperative di produzione e di lavoro).
Costituiscono quindi uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci cooperatori un vantaggio

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mutualistico derivante da rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa.


Alle somme distribuite ai soci a titolo ristoro non sono applicabili le limitazioni che la legge
pone alla distribuzione degli utili.
L’atto costitutivo determina le modalità di attribuzione dei ristori, che possono consistere
nell’aumento gratuito delle quote dei soci o nell’assegnazione loro di strumenti finanziari.

14.VARIAZIONE DEI SOCI E DEL CAPITALE SOCIALE


Le società cooperative sono società a capitale variabile. Il capitale sociale non è determinato in
un ammontare prestabilito.
La variazione del numero delle persone dei soci non comporta modificazione dell'atto
costitutivo (art. 2524).
Estremamente semplificato è il procedimento per l'ammissione di nuovi soci, non dovendosi di
volta procedere ad una modifica dell'atto costitutivo (c.d. "porta aperta").
L’ammissione è infatti deliberata dagli amministratori, su domanda dell’interessato e la
delibere di ammissione è annotata dagli stessi amministratori nel libro dei soci.
Il nuovo socio deve versare, oltre l'importo delle quote o delle azioni sottoscritte, anche un
sovrapprezzo determinato dall'assemblea in sede di approvazione del bilancio su proposta
degli amministratori.
Se la domanda di ammissione non è accolta dagli amministratori, l’interessato può chiedere
che sull’istanza si pronunci l’assemblea.
L’attuale disciplina consente inoltre che l’atto costitutivo preveda una categoria speciale di soci
cooperatori che devono seguire un periodo di formazione. Al termine di tale periodo, tali soci
sono ammessi a godere dei diritti che spettano agli altri soci cooperatori.

Nella società cooperative costituiscono cause di riduzione del numero dei soci e del capitale:
il recesso (art. 2532 ), l'esclusione (art. 2533 ) e la morte (art. 2534 ) del socio.
Il recesso è ammesso per legge:
a) quando l'atto costitutivo vieta la cessione delle quote o delle azioni;
b) nei casi previsti per la società per azioni.
Ulteriori cause di recesso possono essere poi stabilite dall’atto costitutivo.
La dichiarazione di recesso deve essere comunicata per raccomandata alla società e agli
amministratori, i quali devono esaminarla entro 60gg, comunicando immediatamente al socio

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se ritengono non sussistere i presupposti del recesso.


La dichiarazione di recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale dalla
comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda.
Per quanto riguarda invece i rapporti mutualistici ha effetto con la chiusura dell'esercizio
sociale in corso, se comunicata alla società 3 mesi prima. In caso contrario, ha effetto con la
chiusura dell’esercizio successivo (art. 2532, comma3).

L’esclusione può essere disposta dalla società in caso di:


a) mancato pagamento delle quote o delle azioni,
b) nei casi previsti per la società di persone,
c) per mancanze o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società.
Specifiche cause di esclusione possono poi essere introdotte dall’atto costitutivo.
L'esclusione deve essere deliberata dagli amministratori o, se l’atto costitutivo lo preveda,
dall'assemblea.
La deliberazione di esclusione (motivata) deve essere comunicata al socio, che può proporre
opposizione dinanzi al tribunale.

In caso di morte del socio, il rapporto sociale si scioglie, salvo che l'atto costitutivo disponga la
continuazione della società con gli eredi, purché gli stessi siano provvisti dei requisiti per
l’ammissione alla società (art. 2534).

La liquidazione della quota avviene secondo i criteri stabiliti nell’0atto costitutivo assumendo
come base il bilancio dell’esercizio in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente al socio. Il
pagamento deve essere effettuato entro 180gg dall’approvazione del bilancio e deve
comprendere il rimborso del sovraprezzo versato.

15.LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’


Valgono per le società cooperative le cause di scioglimento previste per le società di capitali,
con la sola differenza che solo la perdita totale del capitale è causa di scioglimento (art. 2545-
duodecies). Sono cause specifiche di scioglimento:

a) la riduzione dei soci al di sotto del numero minimo di 9 (o 3 soci persone fisiche, per le
cooperative in forma di s.r.l.), se questo non è reintegrato entro un anno;

b) la liquidazione coatta amministrativa disposta dall'autorità governativa.


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Per il procedimento di liquidazione, l'unica peculiarità è costituita dal fatto che, in caso di
irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento dell'eliminazione, l'autorità di vigilanza può
sostituire liquidatori o può chiederne la sostituzione al tribunale.
L’autorità di vigilanza dispone inoltre la cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese delle
società cooperative in liquidazione ordinaria, quando le stesse non hanno depositato i bilanci
relativi agli ultimi 5 anni e non è intervenuta la nomina di un liquidatore da parte dell’autorità
giudiziaria.
Per quanto riguarda la destinazione del residuo attivo di liquidazione, nelle cooperative a
mutualità prevalente l’intero patrimonio sociale netto deve essere devoluto ai fondi
mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

16. I CONSORZI DI COOPERATIVE


I CONSORZI DI COOPERATIVE sono forme di organizzazione collettiva cui le società cooperative
ricorrono per raggiungere un maggior grado di efficienza e di competitività sul mercato.
La legge Bavesi ne prevede diverse categorie:

a) Consorzi di cooperative per l’esercizio in comune di attività economica


b) Consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti.
c) Consorzi fra società cooperative per il coordinamento della produzione e degli scambi.
I primi due tipi di consorzi sono vere e proprie società cooperative composte da cooperative.
Il terzo tipo riguarda consorzi fra imprenditori. Godono di particolari agevolazioni fiscali.

17.IL GRUPPO COOPERATIVO PARITETICO


Anche le società cooperative possono dar vita a organizzazioni di gruppo. È diffuso nella
pratica che il gruppo cooperativo trovi fondamento in un accordo contrattuale, con cui più
società cooperative si impegnano a conformarsi ad una direzione unitaria che ciascuna
concorre a determinare su un piano di parità rispetto alle altre (gruppo paritetico).
Questo fenomeno diffuso, nel settore bancario ed assicurativo, prende il nome di gruppo
cooperativo paritetico.
La legge stabilisce che nel contratto costitutivo siano indicate: la durata, la cooperativa o le

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cooperative cui è affidata la direzione del gruppo e dei relativi poteri nonché "i criteri di
compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti da attività comune ".
Ogni cooperativa può recedere dal contratto senza oneri di alcun tipo qualora le condizioni
dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.
Il contratto costitutivo del gruppo cooperativo deve essere depositato in forma scritta presso
l'albo delle società cooperative.

18. LE MUTUE ASSICURATRICI


Le mutue assicuratrici o società di mutua assicurazione (artt. 2546-2548) sono società
cooperative caratterizzate dalla stretta indipendenza che per legge esiste fra la qualità di socio
e le qualità di assicurato: "non si può acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso
la società" e viceversa "si perda la qualità di socio con l'estinguersi dell'assicurazione".
Questo principio differenzia nettamente le mutue assicuratrici rispetto alle comuni cooperative
di assicurazione. In queste ultime si può essere assicurati senza diventare soci e il socio ha
diritto alle prestazioni assicurative solo se ed in quanto stipula un distinto autonomo contratto
di assicurazione con la società.
Inoltre le vicende del rapporto di assicurazione non incidono necessariamente sul rapporto
sociale: questo permane anche se viene meno il primo.
Tutto all’opposto si verifica nelle mutue assicuratrici. Può discutersi se l’atto di adesione alla
società dia vita ad un rapporto unitario o a due distinti rapporti fra loro collegati (societario ed
assicurativo).
Nelle mutue assicuratrici per l'obbligazioni sociali risponde solo la società col proprio
patrimonio.
I soci assicurati sono obbligati verso la società al pagamento di "contributi", che costituiscono
conferimento e premio di assicurazione. Essi sono calcolati con i criteri tecnici propri dei premi
di assicurazione e sono di regola pagati periodicamente.

Il patrimonio sociale, formato con i contributi dei soci assicurati, può essere insufficiente per
l'esercizio dell'attività assicurativa. Per superare questo ostacolo l'atto costitutivo può
prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento dell'indennità, mediante
speciali conferimenti da parte dei soci assicurati o di terzi.
Nelle mutue assicuratrici possono coesistere due categorie di soci: i soci assicurati e i soci
sovventori: soci quest’ultimi che si limitano a conferire il capitale necessario per l'attività della
società senza essere assicurati. L’atto costitutivo può attribuire a ciascun socio sovventore più
voti, ma non oltre 5, in relazione all’ammontare del conferimento. I voti attribuiti ai soci

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sovventori devono essere inferiori al numero dei voti spettanti ai soci assicurati.
Essi sono nominati amministratori, ma la maggioranza degli amministratori deve essere
costituita da soci assicurati.

CAP. 19 TRASFORMAZIONE. FUSIONE E SCISSIONE


A. LA TRASFORMAZIONE
1. NOZIONI E LIMITI
La trasformazione è il cambiamento di tipo di società, o il passaggio da una società di capitali
ad altro tipo di ente giuridico o comunione d’azienda, e viceversa. Caratteristica dell’istituto è
la regola della continuità dei rapporti giuridici: con la trasformazione l’ente trasformato
conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha
effettuato la trasformazione (art. 2498).
La riforma del 2003 ha modificato la disciplina della trasformazione con la distinzione fra
trasformazione omogenea (fra società) e trasformazione eterogenea (da società di capitali in
altri enti o viceversa).
La trasformazione omogenea è cambiamento del tipo di società; il passaggio dall’uno all’altro
tipo nell’ambito delle società lucrative.
La trasformazione non comporta però estinzione della società preesistente e nascita di una
nuova società; è la stessa società che continua a vivere in una rinnovata veste giuridica e che "
conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione.
La trasformazione costituisce un duttile strumento per adattare l’assetto organizzativo della
società alle nuove esigenze sopravvenute.
Rientrano nella trasformazione omogenea la trasformazione di società di persone in società di
capitali e viceversa.
Discorso diverso vale per la trasformazione che comporta mutamento dello scopo economico
della società ed in particolare per la trasformazione di società lucrative in società mutualistiche
e viceversa. Vietata la
trasformazione di una società cooperativa a mutualità prevalente in società lucrativa, "anche
se tale trasformazione sia deliberata all'unanimità". Con la riforma del
2003 è stata invece consentita la trasformazione delle altre società cooperative in società
lucrative o consorzi. E’ stata inoltre
consentita la trasformazione di società di capitali (ma non di persone) in società cooperative,
che configura uno dei casi di trasformazione eterogenea.

2. LA TRASFORMAZIONE OMOGENA: IL PROCEDIMENTO E TRASFORMAZIONE


La trasformazione omogenea deve essere deliberata secondo le modalità previste dell'atto

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costitutivo e con l'osservanza delle relative maggioranze.


Al fine di favorire la trasformazione delle società di persone in società di capitali, l’attuale
disciplina non richiede più il consenso di tutti soci.
Se l'atto costitutivo non dispone diversamente, è sufficiente il consenso della maggioranza dei
soci determinata secondo la partecipazione attribuita a ciascuna negli utili.
Al socio che non ha concorso alla decisione è però riconosciuto diritto di recesso.
Per le società di capitali è invece necessaria una delibera dell'assemblea straordinaria da
adottare nelle società per azioni non quotate con la maggioranza rafforzata.
I soci che non hanno concorso alla deliberazione hanno diritto di recesso.
La delibera di trasformazione fissa le basi organizzative della società nella nuova veste
giuridica. Deve perciò rispondere ai requisiti di forma e di contenuto previsti per l'atto
costitutivo del tipo di società prescelto.
Nel caso di trasformazione di società di capitali, l’attuale disciplina prescrive che gli
amministratori devono predisporre una relazione per illustrare motivazione ed effetti della
trasformazione.
Nel caso di trasformazione di società di persone in società di capitali, la relativa delibera deve
risultare da atto pubblico e deve contenere le indicazioni prescritte dalla legge per l’atto
costitutivo del tipo di società prescelto.
Alla delibera di trasformazione deve essere allegata una relazione giurata di stima del
patrimonio sociale.
La delibera di trasformazione in società di capitali è soggetta a controllo di legittimità da parte
del notaio che ha redatto il verbale e ad iscrizione nel registro delle imprese (art. 2550,
comma2). Con tale iscrizione il procedimento di trasformazione si completa e la
trasformazione produce i suoi effetti,
Ogni socio ha diritto all'assegnazione di un numero di azioni o quote proporzionali alla sua
partecipazione.

Per quanto riguarda infine le società cooperative diverse da quella a mutualità prevalente,
l'attuale disciplina ne consente la trasformazione in società lucrative o in consorzio.
La deliberazione deve essere approvata con il voto favorevole di almeno la metà dei soci della
cooperativa. Quando i soci sono meno di 50 è necessario il consenso di almeno i due terzi di
essi.
Invece nelle cooperative di maggiori dimensioni, l’atto costitutivo può prevedere che la
trasformazione sia deliberata colo voto favorevole dei due terzi dei votanti, se all’assemblea è
presente almeno il 20% dei soci.
La legge impone però di devolvere ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della
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cooperazione il valore effettivo del patrimonio esistente alla data della trasformazione,
dedotto solo il capitale versato e i dividendi non ancora distribuiti.

3.LA RESPONSABILITA’ DEI SOCI


La trasformazione può comportare un mutamento del regime di responsabilità dei soci.
Se in seguito alla trasformazione i soci assumono responsabilità illimitata per le obbligazioni
sociali, l'attuale disciplina dispone che è comunque richiesto il consenso dei soci che assumono
responsabilità illimitata. Regolata è
invece l’ipotesi inversa, quando a seguito della trasformazione viene meno la responsabilità
illimitata di tutti o di alcuni dei soci. Ad es. la trasformazione di una collettiva in s.p.a o in
accomandita per azioni. Al riguardo è fissata la regola che i soci non sono liberati dalla
responsabilità per le obbligazioni sociali anteriori all’iscrizione della delibera di trasformazione
nel registro delle imprese. Per favorire
la trasformazione, è però introdotta una disciplina che agevola la liberazione dei soci. È infatti
stabilito che:
a) il consenso dei creditori alla trasformazione vale come consenso alla liberazione di tutti soci
a responsabilità illimitata;

b) il consenso alla trasformazione si presume, se ai singoli creditori è stata comunicata per


raccomandata la delibera di trasformazione ed essi non hanno negato espressamente la loro
adesione, nel termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione. Il silenzio vale quindi
consenso.

Il permanere della responsabilità dei soci comporta il loro assoggettamento a fallimento,


purchè l’insolvenza sia dovuta a debiti risalenti al periodo anteriore alla trasformazione. In ogni
caso il fallimento della società può essere esteso ai soci solo se dichiarato entro un anno dalla
trasformazione, purchè siano state osservate le formalità (iscrizione nel registro) necessarie
per rendere la stessa opponibile ai terzi.

4. LA TRASFORMAZIONE ETEROGENEA
L'attuale disciplina regola la trasformazione eterogenea e più esattamente la trasformazione
eterogenea da parte di una società di capitali o che da vita ad una società di capitali.
Non è invece disciplinata la trasformazione eterogenea di società di persone o in società di
persone.
Le società di capitali possono trasformarsi in "consorzi, società consortili, società cooperative,
comunione di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni" (art. 2500-septies).
Si applica in quanto compatibile la disciplina della trasformazione omogenea di società di

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capitali, ma è richiesto il voto favorevole dei due terzi degli aventi diritto. E’ necessario inoltre
il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata.
Più articolata è la disciplina della trasformazione eterogenea in società di capitali (art. 2500-
octies) prevista per "i consorzi, le società consortili, le comunioni di aziende, le associazioni
riconosciute e fondazioni".
Nei consorzi la trasformazione deve essere deliberata dalla maggioranza assoluta dei
consorziati. Nelle comunioni di azienda da tutti i partecipanti alla comunione.
Nelle società consortili e nelle associazioni con le maggioranze richieste per lo scioglimento
anticipato. La trasformazione delle fondazioni è disposta dall’autorità governativa, su proposta
dell’organo competente.
L’atto di trasformazione in società di capitali deve risultare da atto pubblico, e deve contenere
le indicazioni previste dalla legge per l’atto di costituzione del tipo adottato (art. 2500,
comma1).
L’atto di trasformazione è soggetto sia alla pubblicità richiesta per la cessazione dell’ente che
effettua la trasformazione, sia alla pubblicità richiesta per la costituzione dell’ente o del tipo
societario adottato.
Le trasformazioni eterogenee hanno effetto solo dopo che siano decorsi 60gg dall’ultimo
adempimento pubblicitario richiesto. Entro tale termine i creditori dell’ente che si trasforma
possono proporre opposizione alla trasformazione.

B. LA FUSIONE
5. NOZIONE .DISTINZIONI
La fusione è l'unificazione di due o più società in una sola. Essa può essere realizzata in due
diversi modi:
a) con la costituzione di una nuova società, che prende il posto di tutte le società che si
fondano (fusione in senso stretto);

b) mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società (fusione per

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incorporazione).

La fusione può aver luogo sia fra società dello stesso tipo (fusione omogenea), sia fra società di
tipo diverso (fusione eterogenea).
La fusione fra società eterogenee comporta anche la trasformazione di una o più delle società
che si fondono. Per le fusioni eterogenee valgono perciò gli stessi limiti esposti per la
trasformazione.
La partecipazione alla fusione non è consentita alle società che si trovano in stato di
liquidazione, mentre con la riforma del 2003 è caduto il divieto per le società sottoposte a
procedura concorsuale.
La fusione è uno strumento di concentrazione delle imprese societarie che consente di
ampliarne la dimensione e la competitività sul mercato ed in questa prospettiva è agevolata
sotto diversi profili dalla legislazione tributaria.
La fusione inoltre è un istituto che dà luogo ad una concentrazione giuridica ed economica.
La fusione determina la riduzione ad unità dei patrimoni delle singole società e la confluenza
dei rispettivi soci in unica struttura organizzativa che continua l’attività di tutte le società
preesistenti, mentre quest’ultime si estinguono.
La società incorporante o che risulta dalla fusione "assumono diritti e gli obblighi delle società
partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuale, anteriori alla
fusione". I creditori delle società estinte potranno far valere i loro diritti sull’unitario
patrimonio della società risultante dalla fusione.
A loro volta, i soci delle società che si estinguono diventano soci della società incorporante o
della nuova società e ricevono in cambio della loro originaria partecipazione quote o azioni di
quest’ultima.

6. IL PROGETTO DI FUSIONE
Il procedimento di fusione si articola in tre fasi essenziali: il progetto di fusione, la delibera di
fusione e l'atto di fusione.
1) Il progetto di fusione: è previsto che gli amministratori delle diverse società partecipanti alla
fusione devono redigere un progetti di fusione, nel quale sono fissate, le condizioni e le
modalità dell’operazione da sottoporre all’approvazione dell’assemblea.
Il progetto di fusione deve avere identico contenuto per tutte le società partecipanti alla

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fusione e dallo stesso devono risultare le seguenti indicazioni:

a) il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla fusione.

b) l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante.

c) il rapporto di cambio delle azioni o quote; vale a dire il rapporto in base al quale saranno
assegnate ai soci delle società che si estinguono le azioni o quote della società incorporante o
della nuova società.

d) le modalità di assegnazione delle azioni o quote della società che risulta dalla fusione o di
quella incorporante.

e) la data dalla quale tali azioni o quote partecipano agli utili.

f) la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono
imputate al bilancio della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante.

g) il trattamento eventuale riservato a particolari categorie di azioni ed ai possessori di titoli


diversi dalle azioni.

h) i vantaggi particolari eventualmente proposti a favore degli amministratori delle società


partecipanti alla fusione.

Il progetto di fusione deve essere iscritto nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede
le società partecipanti alla fusione.
La documentazione informativa non si esaurisce però nel progetto di fusione in quanto è
prescritta la redazione preventiva di altri tre documenti: la situazione patrimoniale, la
relazione degli amministratori e la relazione degli esperti.

Gli amministratori di ciascuna delle società partecipanti alla fusione devono redigere una
situazione patrimoniale aggiornata della propria società, con l'osservanza delle norme sul
bilancio di esercizio. Si tratta di un vero e proprio bilancio di esercizio infrannuale (c.d. bilancio
di fusione), la cui funzione prevalente è quella di fornire ai creditori sociali informazione
aggiornate per il consapevole esercizio del diritto di opposizione alla fusione.
Gli amministratori delle società partecipanti alla fusione devono redigere una relazione

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“amministrativa” la quale illustri e giustifichi il progetto di fusione e in particolare il rapporto


di cambio, in modo da mettere i soci in condizione di verificare i metodi di valutazione utilizzati
dagli amministratori nella determinazione del rapporto di cambio. È
inoltre prescritto che per ciascuna società partecipante alla fusione uno o più esperti devono
redigere una relazione sulla congruità del rapporto di cambio ed esprimere un parere
sull'adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti dagli amministratori.
Il progetto di fusione, le relazioni degli amministratori e degli esperti, le situazioni patrimoniali
di tutte le società partecipanti alla fusione, i bilanci degli ultimi tre esercizi delle stesse, devono
restare depositati in copia nelle sedi di ciascuna delle società partecipanti alla fusione durante i
30 giorni che precedono l'assemblea e finché la fusione sia deliberata.

7. LE FUSIONI SEMPLIFICATE
Si chiude così la fase preparatoria della delibera di fusione che però
ammette parziali semplificazioni quando alla fusione non partecipano società con capitale
rappresentato da azioni .
Ulteriori semplificazioni sono previste quando una società deve incorporarne altra di cui
possiede tutte le quote o azioni (art. 2505). La fusione avviene in genere senza emissione di
nuove quote o azioni.
In base all’attuale disciplina, l’atto costitutivo o lo statuto può prevedere che la fusione sia
decisa con deliberazione dei rispettivi organi amministrativi, se non si oppongono i soci della
società incorporante che rappresentino almeno il 5% del capitale.
Vi sono delle regole speciali anche nel caso in cui l’incorporante possiede almeno il 90% del
capitale della società da incorporare. Si consente di omettere la relazione degli esperti qualora
venga concesso agli altri soci della società incorporata il diritto di far acquistare le loro azioni o
quote dalla società incorporante per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri
previsti per il recesso.

8. LA FUSIONE A SEGUITO DI ACQUISIZIONE CON INDEBITAMENTO


L’attuale disciplina regola le fusioni realizzate a seguito di acquisizione con indebitamento,
consentendole sia pure con particolari cautele (art.2501- bis).
Si tratta delle fusioni realizzate nell’ambito di un c.d. leveraged buy-out, particolare tecnica per
l’acquisto del controllo di una società, di origine statunitense. Chi intende acquisire il controllo

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della società costituisce un’apposita spa con modesto capitale sociale, che ottiene un cospicuo
prestito utilizzato nell’acquisto delle azioni della società bersaglio.
Conseguito il controllo di quest’ultima, viene deliberata la fusione per incorporazione della
stessa nella società acquirente ed il finanziamento da questa ottenuto è rimborsato con gli utili
futuri della società bersaglio incorporata e/o con la vendita di parte delle attività della stessa.
Nel leveraged buy – out la restituzione del prestito concesso alla società acquirente è
sostanzialmente garantita dal patrimonio della società bersaglio, del cui valore il finanziatore
tiene conto nella concessione del prestito.
Il progetto di fusione deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle
obbligazioni della società risultante dalla fusione; e la relazione degli esperti deve attestare la
ragionevolezza della previsione.
La relazione degli amministratori deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e
contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse
finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.
Al progetto va allegata anche una relazione del soggetto incaricato della revisione legale della
società obiettivo o di quella acquirente.

9. LA DELIBERA DI FUSIONE
La fusione viene decisa da ciascuna delle società che vi partecipano "mediante l'approvazione
del relativo progetto" (art. 2502). Per l’approvazione vanno rispettate le norme dettate per le
modificazioni dell’atto costitutivo.
Nelle società di persone, l’attuale disciplina non richiede più il consenso di tutti i soci, infatti è
sufficiente la maggioranza dei soci calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili.
Al socio che non abbia consentito alla fusione è riconosciuto diritto di recesso dalla società.
Nelle società di capitali la fusione deve essere invece deliberata dall'assemblea straordinaria
con le normali maggioranze.
In caso di fusione eterogenea, i soci che non hanno concorso alla deliberazione avranno diritto
di recesso; diritto che invece è riconosciuto in caso di fusione omogenea solo per la s.r.l.
Le delibere di fusione delle singole società devono essere iscritte nel registro delle imprese,
previo controllo di legalità da parte del notaio verbalizzante se la società risultante dalla
fusione è una società di capitali.

10. LA TUTELA DEI CREDITORI SOCIALI


La fusione può pregiudicare la posizione dei creditori delle società partecipanti dtao che,
attuata la fusione, tutti concorreranno sull’unico patrimonio risultante dall’unificazione dei
patrimoni delle singole società.

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E’ stabilito che la fusione può essere attuata solo dopo che siano trascorsi 60 giorni
dall'iscrizione nel registro delle imprese dell'ultima delibera delle società che vi partecipano.
Entro tale termine, ciascun creditore anteriore la pubblicazione del progetto di fusione può
proporre opposizione alla fusione.
L'opposizione sospende l'attuazione della fusione fino all'esito del relativo giudizio. Il tribunale
può tuttavia disporre che la fusione abbia ugualmente luogo, previa prestazione da parte della
società di idonea garanzia a favore dei soli creditori opponenti.
E’ inoltre stabilito che la legittimazione individuale degli obbligazionisti a proporre opposizione
viene meno qualora la fusione sia stata approvata dalla loro assemblea (art.2503- bis
comma1).
Se alla fusione partecipano società con soci a responsabilità illimitata e la società risultante
dalla fusione è una società di capitali resta ferma la responsabilità personale dei soci delle
prime per le obbligazioni anteriori alla fusione. La liberazione degli stessi potrà perciò aversi
solo col consenso dei creditori (art. 2504-bis).

11. L'ATTO DI FUSIONE


Il procedimento di fusione si conclude con la stipulazione dell'atto di fusione (art. 2504 ).
L'atto di fusione deve essere sempre redatto per atto pubblico, e deve essere iscritto nel
registro delle imprese dei luoghi ove è posta la sede di tutte le società partecipanti alla fusione
e di quello della società risultante dalla fusione.
All'ultima iscrizione nel registro delle imprese decorrono gli effetti della fusione. Si produce
perciò l'unificazione soggettiva patrimoniale delle diverse società.
La società risultante dalla fusione assume tutti i diritti e gli obblighi di quelle partecipanti, che
si estinguono. I soci di quest’ultime hanno diritto di ottenere, in cambio delle proprie azioni o
quote, azioni o quote della società che continua l’attività, in base al prefissato rapporto di
cambio.
Nella fusione per incorporazione è consentito stabilire per tutti gli effetti una data di
decorrenza successiva a quella sopra indicata, purchè ciò sia previsto dal progetto di fusione
(art. 2504-bis , comma2).

Per quanto riguarda invece la possibilità di retrodatare gli effetti della fusione, la legge
distingue( art. 2504-bis , comma3). Invece è amessa:
- la retrodatazione contabile: che consiste nell’imputare al bilancio della società risultante dalla

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fusione, le operazioni delle società partecipanti alla fusione compiuta prima che la stessa si
perfezioni;
- la retrodatazione della data a decorrere dalla quale le azioni o quote ricevute dai soci delle
società che si estinguono partecipano agli utili.
L’attuale disciplina regola la redazione del primo bilancio successivo alla fusione, e stabilisce
che, devono essere recepiti i valori delle attività e delle passività come risultato dalle scritture
contabile delle società che partecipano alla fusione alla data di efficacia della fusione
medesima. Uno scostamento da tali valori è però consentito quando emerga un disavanzo di
fusione (art. 2504-bis, comma4). Si ha disavanzo di fusione in due ipotesi:
1 quando la società incorporante, a seguito della fusione, assegna ai soci dell’incorporata
partecipazioni per un valore superiore al valore che ha il patrimonio netto dell’incorporata al
momento della fusione (disavanzo da cancambio)
2 quando la società incorporante ha acquistato ed iscritto nei propri bilanci, prima della
fusione, la partecipazione nell’incorporata per un importo superiora al valore che ha il
patrimonio netto dell’incorporazione al momento della fusione (disavanzo da annullamento). Il
disavanzo di fusione deve essere imputato, ove possibile, ai singoli elementi dell’attivo
sottostimati, o del passivo sovrastimati e , per differenza, ad avviamento.
Inoltre è disciplinato il trattamento contabile dell’avanzo di fusione. Se il primo bilancio post-
fusione è redatto da una società che fa appello al mercato del capitale di rischio, si deve inoltre
allegare la relazione degli esperti sul mercato di cambio ed appositi prospetti contabili indicanti
i valori attribuiti alle attività e passività delle società che hanno partecipato alla fusione.

12. L’INVALIDITA’ DELLA FUSIONE


Il complesso procedimento che porta alla fusione può presentare
vizi o anomalie più o meno gravi, che possono riguardare una o più delle fasi.
L’art. 2504-quater limita la possibilità di dichiarare l’invalidità della fusione e privilegia le
esigenze di conservazione dell’organismo risultante dalla fusione e di certezza dei traffici
giuridici. Una volta eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione prescritte per legge, l’invalidità
dell’atto di fusione non può essere più pronunciata. Resta salvo solo il diritto al risarcimento
dei danni eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione, che potranno
agire nei confronti degli amministratori delle società partecipanti alla fusione e/o della società
risultante dalla stessa.

L’art. 2504- quarter concede immunità ai vizi ed alle anomalie dell’atto e del procedimento di
fusione, ma non a quelli della società risultante dalla fusione, pregressi o provocati dalla stessa
fusione. Perciò anche dopo che la fusione è stata attuata, resta possibile la dichiarazione di

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nullità della società, nei casi e con gli effetti a suo tempo esposti. Il che significa che le
conseguenze saranno in ogni caso la messa in liquidazione della società nulla risultante dalla
fusione; non mai un ritorno alla situazione anteriore.

La fusione transfrontaliera
Oltre alla fusione fra società italiane c.d. fusioni nazionali o interne; la nostra legge consente
anche fusioni fra società con sede in Italia e società o enti con sede in altri Stati c.d. fusioni
transfrontaliere, a condizione che tali operazioni rispettino sia la legge italiana, sia le legge
dello Stato cui è soggetta la società straniera. La fusione non è realizzabile se l’ordinamento
straniero non consente la fusione delle sue società con società italiane.
Il d.lgs. n.108/2008 ha introdotto una specifica disciplina per facilitare le fusioni fra società di
Stati membri dell’UE, quindi fusione fra (una o più) società italiane e (una o più) società
costituite in conformità alla legge di altro Stato comunitario, dalle quali risulti una società
italiana o di altro Stato membro dell’UE c.d. fusioni transfrontaliere intracomunitarie.
Per tali tipi di operazioni, il diritto comunitario prevede che nelle fasi preliminari del
procedimento, ciascuna società partecipante osservi le disposizioni in tema di fusione dello
Stato da cui dipende. Quindi viene arricchito il progetto di fusione. Questo documento deve
infatti indicare, oltre a tutti i dati richiesti dal c.c., anche ulteriori elementi stabiliti dall’art.6 del
d.lgs. n.108/2008.
Poiché il progetto di fusione è unico per tutte le società che si fondono, esso deve contenere
sia le informazioni prescritte dalla nostra legge sia quelle eventualmente richieste dalla legge
delle società straniere che partecipano all’operazione.
Il progetto di fusione è pubblicato nel registro delle imprese e nella Gazzetta Ufficiale almeno
30gg prima della delibera di fusione.
Devono essere anche predisposte la relazione dell’organo amministrativo sulla fusione e la
relazione di esperti indipendenti sulla congruità del rapporto di cambio.
La nuova disciplina prevede anche il caso di fusione transfrontaliera con una società straniera
in cui i lavoratori hanno per legge il diritto di partecipare alla gestione. Hanno il diritto di
eleggere, raccomandare od opporsi alla nomina di alcuni componenti dell’organi di
amministrazione o vigilanza, come avviene per es. nelle s.p.a. tedesche.
Con la soluzione di compromesso, si stabilisce che la società risultante dalla fusione dovrà a
sua volta prevedere forme di partecipazione dei lavoratori alla gestione solo se la società in cui
preesistevano tali forme di partecipazione occupava un rilevante numero di lavoratori.

In questo caso, le forme di partecipazione da accordare ai lavoratori dopo la fusione sono


determinate in base ad accordi collettivi nazionali. In mancanza di tali accordi, trovano

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applicazione le relative norme della società europea.


Quindi si procede all’approvazione del progetto di fusione da parte dell’assemblea e alla
pubblicità della delibera nel registro delle imprese. In sede di approvazione, l’assemblea può
modificare il progetto nei limiti consentiti dal c.c. a condizione che anche le altre società
partecipanti approvino le medesime modifiche.
L’approvazione della fusione consente di esercitare i diritti posti a tutela dei soci di minoranza e
dei creditori. I soci che non hanno consentito alla fusione possono recedere quando
dall’operazione risulta una società estera. In questo caso, le modalità di esercizio del recesso e
di determinazione del valore della quota di liquidazione sono determinati dalle norme del c.c.
applicabili alla società da cui si recede. Invece i creditori possono fare opposizione alla fusione
secondo le regole previste per le fusioni nazionali.
Ultimata la fase di approvazione della fusione, ciascuna società partecipante si fa rilasciare un
certificato da parte dell’autorità competente nel suo Paese (da noi, il notaio), che attesta il
regolare adempimento degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione dell’operazione
c.d. certificato preliminare alla fusione.
I certificati preliminari e le delibere di approvazione del progetto sono quindi trasmessi, entro
6 mesi dal rilascio, all’autorità dello Stati della società risultante dalla fusione, a cui è rimesso il
controllo di legittimità sull’attuazione della fusione transfrontaliera.
L’atto di fusione transfrontaliera intracomunitaria deve risultare da atto pubblico, redatto
dall’autorità competente dello Stato della società risultante dalla fusione.
Qualora risulti applicabile un ordinamento straniero che non richiede la forma dell’atto
pubblico, vi provvede il notaio italiano.
L’atto di fusione deve essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese dei luoghi
dove hanno sede le società partecipanti alla fusione e in quello della società risultante dalla
fusione.
La data, dalla quale la fusione transfrontaliera intracomunitaria è efficace, è determinata dalla
legge applicabile alla società che risulta dalla fusione. Se è una società italiana, gli effetti si
producono di regola con l’iscrizione dell’atto di fusione nel Registro delle imprese del luogo ove
tale società ha sede, e perciò il relativo deposito deve essere effettuato per ultimo.
Solo in caso di fusione per incorporazione è possibile stabilire una data successiva.
Dopo che la fusione sia diventata efficace, l’ufficio del registro della società che risulta dalla
fusione lo comunica agli uffici del registro delle società partecipanti, i quali provvedono alla
cancellazione delle stesse.

La fusione transfrontaliera produce i medesimi effetti di una fusione nazionale, salvo


l’adempimento delle formalità eventualmente necessarie per rendere opponibile ai terzi il
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trasferimento di singoli beni o diritti. Tale fusione non può essere dichiarata invalida dopo che
ha acquistato efficacia, fermo restando il diritto al risarcimento dei soci o dei terzi danneggiati.

C. LA SCISSIONE
13. NOZIONE. FORME
Con la scissione il patrimonio di una società è scomposta ed assegnato in tutto o in parte ad
altre società, con contestuale assegnazione ai soci della prima di azioni o quote delle società
beneficiarie del trasferimento patrimoniale .
Con la scissione si ha la suddivisione di un unico patrimonio sociale e di un'unica compagine
societaria in più società.
Nella scissione infatti le azioni o quote delle società beneficiarie del trasferimento patrimoniale
sono acquistate direttamente dai soci della società che si scinde. La
scissione può essere totale o parziale:

- nella scissione totale: l'intero patrimonio della società che si scinde viene trasferito a più
società. La prima società perciò si estingue senza che però si abbia liquidazione della stessa,
dato che l'attività continua tramite le società beneficiarie della scissione che assumono diritti e
gli obblighi corrispondenti alla quota di patrimonio loro trasferita.

- nella scissione parziale: solo parte del patrimonio della società che si scinde viene trasferita
ad una o più altre società. La società scissa resta in vita sia pure con un patrimonio ridotto e
continua l’attività parallelamente alle società beneficiarie, di cui entrano a far parte i soci della
prima.

Beneficiarie della scissione possono essere:

A) società di nuova costituzione, che nascono per gemmazione dalla società che si scinde
c.d. scissione in senso stretto. In tal caso i soci della società scissa sono i soli soci delle società
risultanti dalla scissione;

B) una o più società preesistenti c.d. scissione per incorporazione, che vedono nel contempo
incrementati il loro patrimonio e la compagine sociale per l'ingresso dei soci della società
scissa.

Come per la fusione, è stabilito che alla scissione non possono partecipare società in
liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo (art. 2506, comma4).

Effetto tipico della scissione è la diretta attribuzione ai soci della società scissa delle azioni o
quote della società beneficiaria. Tale disciplina non si applica quando le azioni o quote della

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società beneficiaria sono attribuite alla stessa società scissa c.d. scorporo. Quest’ultima
operazione è possibile quando la società beneficiaria preesiste.

11. IL PROCEDIMENTO
Il procedimento di scissione ricalca quello dettato per la fusione. Gli amministratori della
società partecipante alla scissione devono redigere un unitario progetto di scissione,
sottoposto alla stessa pubblicità prevista per il progetto di fusione.
Oltre le indicazioni stabilite per quest'ultimo, il progetto di scissione deve contenere:

a) l'esatta descrizione degli elementi patrimoniali (attività e passività) da trasferire a ciascuna


delle società beneficiarie e dell’eventuale conguaglio in danaro;

b) i criteri di distribuzione ai soci delle azioni o quote delle società beneficiarie.

In merito al primo punto:


nella scissione totale, le attività di incerta attribuzione sono ripartite fra la società beneficiarie
in proporzione della quota di patrimonio netto trasferita a ciascuna di esse. Delle passività di
dubbia imputazione ne rispondono invece in solido tutte le società beneficiarie.
Nella scissione parziale, le relative attività restano in testa alla società trasferente.
Delle passività ne rispondono in solido sia questa sia le società beneficiarie.
In merito al secondo punto: non è fatto obbligo alla società che si scinde di attribuire a ciascun
socio un pacchetto assortito di azioni o quote di tutte le società beneficiarie della scissione.
L’attuale disciplina riconosce ai soci che non approvano la scissione, il diritto di fare acquistare
le proprie partecipazioni dai soggetti indicati nel progetto di scissione per un corrispettivo
determinato secondo le norme in tema di recesso (art. 2506-bis, comma4).

Per la situazione patrimoniale, la relazione degli amministratori e quella degli esperti, è


integralmente richiamata la disciplina della fusione.
Gli amministratori possono essere esonerati dalla redazione di tali documenti con il consenso
unanime dei soci e dei possessori di strumenti finanziari con diritto di voto (art. 2596-ter).
Rinvio alla disciplina della fusione si ha anche per le altre fasi del procedimento di scissione:
delibera di scissione, pubblicità, e opposizione dei creditori e stipula dell'atto di scissione.
Se invece beneficiarie della scissione sono società di nuova costituzione, l’atto di scissione, da
redigere sempre per atto pubblico, vale anche come atto costitutivo delle stesse.

La scissione diventa efficace a partire dalla data in cui è stata eseguita l'ultima iscrizione
dell'atto di scissione nel registro delle imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie

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(art.2506- quarter, comma1).


Quindi Ciascuna delle società beneficiarie assume diritti e gli obblighi della società scissa, che
le sono stati attribuiti nell'atto di scissione.
"Ciascuna società è solidamente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio
netto ad essa assegnato rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui
fanno carico " (art. 2506-quater, 3 comma).
Infine vale per l’invalidità dell’atto di scissione la stessa disciplina dettata per la fusione.

CAPITOLO 20.LA SOCIETA’ EUROPEA


Dall’armonizzazione dei diritti societari al diritto societario sovranazionale.
L’obiettivo dell’azione legislativa dell’UE è quello di creare un diritto societario sovranazionale,
cioè l’introduzione di tipi societari disciplinati da regolamento comunitario.
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Due sono le società predisposte, a tal fine, dall’ordinamento comunitario:


1 la società europea (SE): disciplinata dal regolamento comunitario n. 2157/2001, che è una
s.p.a.

2 la società cooperativa europea (SCE): introdotta dal regolamento comunitario n.1435/2003,


che è stata una società cooperativa a scopo mutualistico.

Per le materie non dettate dal regolamento comunitario si fa riferimento alle disposizioni di
legge emanate da ciascun Stato per le SE o le SCE con sede nel suo territorio, ed in mancanza,
si applicano le norme dell’ordinamento nazionale in tema di s.p.a. e di società cooperative.

Le SE con sede in Italia sono perciò disciplinate dalle norme del regolamento comunitario, dal
d.lgs. n. 188/2005 in materia di lavoratori, dalle norme in tema di spa e dallo statuto della
società.
Le SCE con sede in Italia sono disciplinate dal regolamento comunitario, dal d.lgs. n.48/2007,
nonché dalle norme italiane in tema di cooperative e dallo statuto della società
Mediante la costituzione di una società di tipo europeo, società di paesi diversi possono
fondersi oppure possono assoggettarsi ad una direzione unitaria, dando vita ad un gruppo in
cui la Società Europea assume il ruolo di controllante (SE holding).
Inoltre possono creare una società controllata in comune (SE affiliata).
Le società di tipo europeo hanno quindi anche la funzione di favorire la nascita di imprese di
dimensioni comunitarie.

Caratteristica della società di tipo europeo è la facilità di trasferimento della sede da uno Stato
all’altro dell’Unione, senza bisogno di porre in liquidazione la società nel paese di costituzione
per ricostituirla nuovamente in quello di destinazione.
I soci potranno insediare o trasferire la società nello Stato membro che offre la disciplina
vantaggiosa riguardo ai numerosi aspetti non contemplati dal relativo regolamento
comunitario, in primo luogo il trattamento fiscale.

LA SOCIETA’ EUROPEA
LA COSTITUZIONE
La SE è una spa, dotata di personalità giuridica, in cui ciascun socio risponde delle obbligazioni
sociali esclusivamente nei limiti del capitale sottoscritto.

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Il capitale minimo è di 120.000 euro. La SE può essere costituita solo in 5 casi, previsti dal
legislatore comunitario:
1) quando si fondano spa soggette alla legge di Stati membri differenti (costituzione per
fusione). È consentita sia la fusione per incorporazione sia la fusione con costituzione di una
nuova società.
Nelle fasi preliminari del procedimento ciascuna società partecipante deve osservare le
disposizioni in tema di fusione dello Stato da cui dipende; invece l’atto di fusione è stipulato
secondo la disciplina dello Stato in cui la SE avrà sede. Il regolamento, tuttavia, fissa alcune
regole comuni: individua il contenuto del progetto di fusione; richiede la relazione sulla
congruità del rapporto di cambio da parte di un esperto.

2) quando due o più spa o srl promuovono la costituzione di una SE holding al fine di
sottoporsi ad una direzione unitaria. È però necessario che almeno due società promotrici
siano soggette alla legge di Stati membri differenti, o controllino da almeno due anni una
società soggetta alla legge di altro Stato membro (affiliata), oppure abbiano da almeno due
anni una succursale situata in un altro Stato membro.

3) quando due o più enti, anche non società, appartenenti a Stati membri diversi, costituiscono
una SE controllata in comune (SE affiliata).

4) quando una SE affiliata viene costituita per atto unilaterale da parte di un’altra società
europea.

5) quando la SE nasce dalla trasformazione di una spa costituita secondo le leggi di uno Stato
membro, purché quest’ultima controlli da almeno due anni una società soggetta alla legge di
un altro Stato comunitario.

Il procedimento di costituzione è disciplinato dalla legge dello Stato della sede in tema di spa.
Esso si conclude con l’iscrizione della società in un registro, che per le SE con sede in Italia è il
registro delle imprese.
L’iscrizione determina l’acquisto della personalità giuridica da parte della società.
Per le operazioni compiute prima dell’iscrizione a nome della società ne rispondono
solidalmente ed illimitatamente coloro che le hanno poste in essere.
Il regolamento non prevede nulla in merito ai conferimenti dei soci, quindi restano soggetti alla
disciplina degli ordinamenti nazionali: in Italia, alle norme sui conferimenti in spa.

L’ASSEMBLEA
La struttura interna della SE si caratterizza per la necessaria presenza dell’assemblea dei soci.
L’amministrazione e i controlli possono essere organizzati secondo il sistema dualistico o il
sistema monistico.
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Il sistema dualistico prevede la presenza di un organo di direzione, che esercita le funzioni


gestorie e un organo di vigilanza che esercita il controllo.
Il sistema monistico prevede solo l’organo di amministrazione.
Competenze, organizzazione, svolgimento e procedure di voto sono regolate dalla legge dello
Stato della sede in tema di assemblea delle spa, salvo poche regole previste dal regolamento.
Quest’ultimo prevede che l’assemblea deve tenersi almeno una volta l’anno entro 6 mesi dalla
chiusura dell’esercizio.
La legge nazionale dello Stato della sede determina a chi spetta convocare l’assemblea.
Il regolamento precisa che l’organo di direzione e di vigilanza possono disporre la convocazione
in qualsiasi momento. Inoltre riconosce il potere di chiedere la convocazione agli azionisti che
rappresentino almeno il 10% del capitale. Le
deliberazioni vengono prese a maggioranza semplice dei voti, ma per le modificazioni dello
statuto è necessaria la maggioranza di almeno i due terzi dei voti.
Tali quorum si applicano solo se la legge dello Stato della sede non preveda maggioranza più
elevate per le deliberazioni dell’assemblea delle società per azioni.

LA GESTIONE
L’amministrazione della SE può essere organizzata secondo il sistema dualistico oppure
secondo il sistema monistico, a seconda della scelta adottata nello statuto.
Il sistema dualistico prevede la presenza di un organo di vigilanza e di un organo di direzione.
I componenti dell’organo di vigilanza sono nominati dall’assemblea generale.
Una parte di essa però può essere nominata dai dipendenti della società, se lo prevedono gli
accordi per il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione.
L’organo di vigilanza esercita il controllo sulla gestione. A tal fine viene informato almeno ogni
tre mesi dall’organo di direzione sull’andamento degli affari sociali e sugli avvenimenti che
possono avere ripercussioni sulla situazione della SE.
L’organo di direzione gestisce la società sotto la propria responsabilità.
I componenti dell’organo di direzione sono nominati e revocati dall’organo di vigilanza.

Il sistema monistico prevede solo un organo di amministrazione a cui è attribuita la gestione


della società I suoi componenti sono nominati e revocati dall’assemblea, salvo che gli accordi
sul coinvolgimento dei lavoratori nella gestione prevedano che alcuni membri siano nominati
dai dipendenti.
Il regolamento non impone la costituzione di un comitato per il controllo sulla gestione.
Per le SE con sede in Italia, si dovrà fare riferimento alla disciplina del sistema monostico delle
spa, che lo prevede.

I componenti degli organi del sistema dualistico e monistico restano in carica per il periodo
stabilito dallo statuto, che non può superare i 6 anni, e sono rieleggibili.
Se lo statuto lo prevede, può essere nominata anche una società o un altro ente. Questi ultimi
dovranno però esercitare i poteri loro attribuiti tramite un rappresentante persona fisica

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appositamente designato.
Non possono essere nominati i soggetti che la legge dello Stato della sede considera non
eleggibili come componenti del corrispondente organo di una spa. Se non diversamente
disposto dal regolamento o dallo statuto, gli organi della società europea sono validamente
costituiti quando è presente o rappresenta almeno la metà dei loro componenti, e decidono a
maggioranza semplice dei membri presenti o rappresentanti.
La responsabilità dei componenti gli organi è disciplinata dalle corrispondenti disposizioni in
tema di spa dello Stato della sede.
La disciplina locale della spa viene richiamata anche in tema di redazione, controllo e
pubblicità del bilancio d’esercizio e consolidato.

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