Sei sulla pagina 1di 41

DIRITTO COMMERCIALE - PREPARAZIONE PER ESAME

LEZIONE 1
Introduzione
L’esercizio dell’impresa può essere svolto a livello individuale o in forma societaria mediante
l’adozione di uno dei modelli che il nostro ordinamento mette a disposizione. Questi modelli
societari non sono lasciati alla libera scelta dei privati, come vorrebbe il principio di autonomia
contrattuale, in quanto il nostro ordinamento mette a disposizione solo 8 modelli societari:
- società di persone: società semplice (s.s.); società in nome collettivo (s.n.c.); e società in
accomandita semplice (s.a.s.).
- società di capitali: società per azioni (s.p.a.); società in accomandita per azioni (s.a.p.a.);
società a responsabilità limitata (s.r.l.); società cooperative; e mutue assicuratrici.
- A queste si aggiungono altri due modelli di società disciplinati dal diritto comunitario: la
società europea e la società cooperativa europea.

Definizione di società
Articolo 2247 c.c.: «con il contratto di società due o più soggetti conferiscono beni o servizi per
l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo* di dividerne gli utili».

*Scopo —> tale attività può essere finalizzata a 3 scopi:


1. Lucro —> dividerne gli utili;
2. Mutualistico —> scopo teso a fruire di beni, servizi e occasioni di lavoro a condizioni
migliori rispetto a quelle presenti sul mercato;
3. Consortile —> coordinare attività svolte da più imprenditori che portano a un determinato
prodotto (con conseguente sopportazione di minori costi o realizzazione di maggiori
guadagni delle rispettive imprese).

Nonostante alcune eccezioni*, le società sono enti associativi a base contrattuale: nascono
dall’accordo di due o più soggetti per costituire tra loro un rapporto giuridico a contenuto
patrimoniale (il contratto, in tal senso può essere plurilaterale e aperto). Il contratto di società, in
quanto tale è regolato dalla disciplina generale dei contratti, laddove sia possibile applicarla (e
cioè nei limiti in cui sia compatibile con la disciplina relativa ai contratti associativi e con la
normativa dei singoli tipi di società). Tale contratto non viene meno con l’uscita di un socio dalla
società, a meno che questi non sia essenziale e che la sua uscita possa compromettere il
raggiungimento dello scopo sociale.

*Attenzione —> il contratto non rappresenta l’unico strumento mediante il quale è possibile
costituire una società. Dal 1993 per le s.r.l. e dal 2003 per le s.p.a. è stato reso possibile costituire
una società con atto unilaterale (a certe condizioni).

Elementi caratteristici dell’art. 2247 c.c.


- Conferimenti;
- Divisione degli utili;
- Esercizio in comune di un’attività economica.

Conferimenti
I conferimenti sono il presupposto necessario per l’esercizio di qualsiasi attività d’ impresa. Il
conferimento consiste nel contributo di ciascun socio per la creazione del patrimonio iniziale della
società e ha la funzione di dotare tale società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento
dell’attività. Con il conferimento ciascun socio destina stabilmente, per tutta la durata della società,
parte della propria ricchezza all’attività comune e si espone al rischio d’impresa. Non è necessario
che il conferimento sia immediatamente eseguito ma il socio deve assumersi l’obbligo di eseguirlo
in futuro.
L’ammontare del conferimento è indicato nell’atto costitutivo della società ed è determinato dalla
quota di capitale sociale sottoscritta da ciascun socio, il quale acquista, attraverso il conferimento, la
partecipazione alla società nella misura equivalente alla quota di capitale conferita (per la tipologia
del conferimento non ci sono regole assolute: infatti, i soci possono accordarsi per attribuire
partecipazioni di diverso tipo).
L’art. 2247 in particolare si riferisce a beni e servizi (beni mobili, immobili, materiali e
immateriali), ma sostanzialmente può essere oggetto di conferimento qualunque entità suscettibile
di valutazione economica traducibile in un valore monetario. Alcune forme sociali però non
sopportano determinati tipi di conferimenti —> es. società di capitali non sopportano come
conferimento l’attività lavorativa.
Se non è stabilito che il conferimento deve farsi in un determinato modo è possibile conferire, nei
limiti della società prescelta, altre attività o entità. In mancanza di una chiara norma codicistica si
deve attingere in via analogica alle norme contrattualistiche in cui la prestazione è richiamata —>
es. vorrei conferire un credito —> utilizzo l’istituto della cessione del credito.
Patrimonio sociale e capitale sociale
Il patrimonio sociale e il capitale sociale coincidono nel momento genetico della società (per via
dei conferimenti), ma successivamente divergono: il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti
giuridici attivi e passivi che fanno capo alla società (in tal senso, il patrimonio netto corrisponde
alla differenza tra le attività e le passività). Inizialmente esso è costituito dai conferimenti promessi
ed eseguiti e, successivamente, subisce continuamente variazioni in base all’andamento della
società (variazioni accertate annualmente con la redazione del bilancio). Il patrimonio sociale
costituisce garanzia generica principale dei creditori della società (se per le obbligazioni sociali
rispondono, oltre che la società stessa, anche i singoli soci con il proprio patrimonio) o garanzia
esclusiva (se soltanto la società è chiamata a rispondere delle obbligazioni sociali).

Il capitale sociale, invece, è un’entità numerica che esprime il valore in denaro dei conferimenti.
Questo valore monetario rimane immutato nel corso della vita della società (a meno che, con
modifica dell’atto costitutivo, non si decida per un suo aumento o diminuzione) e assolve a due
funzioni:
1. Funzione vincolistica —> i soci possono ripartirsi durante la vita della società solo la parte
di patrimonio netto che supera l’ammontare del capitale sociale (infatti, nel bilancio il
capitale sociale viene registrato tra le passività). Rappresenta per i creditori una garanzia
patrimoniale supplementare.
2. Funzione organizzativa —> in tutte le società il capitale sociale è termine di riferimento
per accertare se la società ha conseguito utili (attività maggiore di (passività + capitale
sociale)) o subito perdite (attività minore di (passività + capitale sociale)). Per le società di
capitali, inoltre, funge come base di misurazione per alcune situazioni soggettive dei soci di
carattere amministrativo o patrimoniale.

Esercizio in comune di attività economica


L’esercizio in comune di attività economica viene definita come lo scopo-mezzo della società
(mentre la specifica attività che i soci si propongono di svolgere costituisce l’oggetto della società,
che deve risultare dall’atto costitutivo). Non basta che più persone prestino i mezzi per il
perseguimento degli scopi sociali: è necessario che tale risultato sia perseguito congiuntamente.
L’attività deve essere lecita, possibile, determinata o almeno determinabile e può avere una durata
variabile, anche limitata —> può essere provvisoria come, ad esempio, per le attività stagionali.
L’attività sociale deve avere contenuto patrimoniale secondo i criteri di economicità e profitto e
essere finalizzata alla produzione di beni e servizi (è quindi necessario che tutti i soci partecipino,
anche in misura diversa, ai risultati conseguiti, sia positivi sia negativi).

Divisione degli utili


È lo scopo sociale delineato dall’art. 2247, ma questo scopo non deve essere interpretato in modo
letterale e restrittivo (infatti le società non solo possono avere uno scopo lucrativo, ma anche
mutualistico o consortile). In ogni caso, salvo eccezioni previste da norme speciali, le società sono
enti associativi che operano con metodo economico e per la realizzazione di un risultato economico
a favore esclusivo dei soci. In tal senso, per utili, si può intendere ogni incremento economico, e
quindi l’attività economica svolta in comune deve astrattamente avere la capacità economica di
produrre incrementi. Per tali utili, poi, è prevista la partecipazione dei soci, in quanto essi sono
tenuti a partecipare agli utili e alle perdite —> costituisce un elemento essenziale e la
partecipazione ad essi è proporzionale ai conferimenti attribuiti dai soci.
C’è un limite, dato dal Patto leonino, articolo 2265 c.c., in base al quale è nullo il patto con il quale
uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili e alle perdite.

Classificazione e modelli sociali


Le società possono essere classificate secondo diversi criteri all’interno di un numero chiuso di
forme: è esclusa quindi la configurabilità di società atipiche (enti la cui disciplina non è
espressamente regolata). A rispetto di tale principio, non possono essere soppressi i connotati
caratterizzanti ciascuna società, ma è consentita l’introduzione di alcune clausole atipiche volte ad
arricchire il contenuto tipico del contratto sociale, sempre che non siano incompatibili con il tipo
sociale prescelto. Si tratta di un contratto sociale complesso per cui se una clausola atipica è nulla,
essa non comporta la nullità dell’intero contratto (si va a colmare la lacuna applicando la
corrispondente disciplina legale). La scelta del tipo sociale di regola è lasciata alla libertà
decisionale dei soci, seppur con qualche limite.

I vari modelli possono essere classificati in base a quattro criteri:


- il primo basato sullo scopo: differenzia le società lucrative, che perseguono la
realizzazione di un utile dalle mutualistiche e consortili, che mirano ad offrire un diverso
vantaggio di natura economica. Le società lucrative si dividono a loro volta in due
categorie: a seconda che prevalga l’elemento patrimoniale o personale. Nelle società di
persone l’elemento personale è prevalente, mentre in quelle di capitale prevale l’elemento
patrimoniale.
- Il secondo, in base alla natura dell’attività esercitata: il modello della società semplice,
ad esempio, è utilizzabile solo per attività non commerciali - come per il caso delle società
agricole - le quali sono soggette a iscrizione nel registro delle imprese con funzione di
pubblicità legale (mentre le altre con funzione di semplice pubblicità notizia). Tutte le altre
società, diverse dalle società semplici, possono esercitare sia attività commerciale, sia
attività non commerciale e sono sempre soggette all’iscrizione nel registro delle imprese
con effetti di pubblicità legale;
- Il terzo, basato sulla personalità giuridica: le società di capitali e le società cooperative
hanno personalità giuridica e, pertanto, è prevista un’organizzazione di tipo corporativo
basata sulla necessaria presenza di una pluralità di organi (assemblea, organo di gestione e
organo di controllo), ciascuno con proprie funzioni e competenze. Il funzionamento di tali
organi è dominato dal principio maggioritario: l’assemblea delibera a maggioranza anche
le modifiche dell’atto costitutivo, e le maggioranze assembleari sono calcolate in base alla
partecipazione di ciascun socio al capitale sociale (e non per teste). Il singolo socio, in
quanto tale, non ha alcun potere diretto di amministrazione e controllo, ha solo diritto di
voto. Le società di persone, invece, sono prive di personalità giuridica e, pertanto, non è
prevista un’organizzazione di tipo corporativo e l’attività della società si fonda su un
modello organizzativo che riconosce ad ogni socio a responsabilità illimitata il potere di
amministrare la società, e richiede il consenso di tutti i soci per la modificazione dell’atto
costitutivo. Il singolo socio a responsabilità illimitata, quindi, è investito del potere di
amministrazione e rappresentanza della società e ciò indipendentemente dall’ammontare del
capitale conferito e dalla consistenza del suo patrimonio personale.
- Il quarto e ultimo criterio si basa sul regime di responsabilità per le obbligazioni sociali:
vi sono società nelle quali per le obbligazioni sociali rispondono sia il patrimonio sociale sia
i singoli soci personalmente ed illimitatamente, in modo inderogabile (s.n.c.) o con
possibilità di deroga pattizia per i soli soci non amministratori (s.s.); società nelle quali
coesistono istituzionalmente soci a responsabilità illimitata (accomandatari) e soci a
responsabilità limitata (accomandanti), come nelle s.a.s. e s.a.p.a.; società nelle quali per le
obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio (s.p.a, s.r.l., società
cooperative).

LEZIONE 2
L’art. 2249 c.c., intitolato “tipi di società”, ci dice che il legislatore mette a disposizione un numero
chiuso di tipi di società che non possono essere modificati (in contrapposizione al principio
dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c.).

Società dotate di personalità giuridica e non


Le società di capitali e le società corporative sono persone giuridiche, mentre le società di persone
sono prive di personalità giuridica (pur avendo una propria autonomia patrimoniale). Personalità
giuridica e autonomia patrimoniale sono due diverse tecniche legislative per realizzare un
medesimo disegno di politica economica: creare le condizioni di diritto privato più propizie per la
diffusione e lo sviluppo delle imprese societarie; tali condizioni risiedono da una parte nella
previsione di un’adeguata tutela dei creditori sociali e, dall’altra parte in incentivi giuridici che
facciano propendere l’iniziativa economica privata verso il modello societario.
Nelle società di capitali e nelle società corporative, l’obiettivo di cui sopra è perseguito in modo
diretto in quanto, essendo loro riconosciuta la personalità giuridica, sono trattate come soggetti di
diritto formalmente distinti dalle persone dei soci e pertanto godono di una perfetta autonomia
patrimoniale. Infatti, i beni conferiti dai soci diventano formalmente beni di proprietà della società,
ne consegue che i creditori personali dei soci non potranno soddisfarsi sul patrimonio sociale, in
quanto si tratta di un patrimonio giuridicamente appartenente ad un altro soggetto (la società).
Tuttavia, vi sono dei limiti alla personalità giuridica, infatti sono responsabili personalmente l’unico
azionista e l’unico quotista delle s.r.l., e i soci accomandatari delle s.a.p.a. (il che non toglie che,
proprio come conseguenza della personalità giuridica, tale responsabilità personale dei soci, deve
essere formalmente configurata come responsabilità per debito altrui (della società) e le norme che
la sanciscono devono avere carattere eccezionale).

Autonomia patrimoniale
Il legislatore ha formalmente negato la personalità giuridica alle società di persone, ma ha
soddisfatto le esigenze di tutela dei creditori sociali e di incentivazione dei soci con specifiche
disposizioni che rendono il patrimonio delle società autonomo rispetto a quello dei soci, e
stabilmente vincolato allo svolgimento dell’attività di impresa. Infatti, nelle società di persone:
- i creditori personali dei soci non possono aggredire il patrimonio della società per
soddisfarsi; questi, finché dura la società, potranno far valere i loro crediti solo sugli utili
spettanti al socio debitore, e compiere atti conservativi sulla quota che spetta al socio in
sede di liquidazione della società;
- i creditori della società non possono aggredire direttamente il patrimonio personale dei soci
illimitatamente responsabili; infatti, è necessario che prima tentino di soddisfarsi sul
patrimonio sociale e solo dopo aver infruttuosamente escusso (beneficio di escussione) il
patrimonio sociale potranno agire nei confronti dei soci.
Quindi, anche nelle società di persone il patrimonio della società è relativamente autonomo
rispetto a quello dei soci, e il patrimonio dei soci è relativamente autonomo rispetto a quello della
società. In base a quanto appena visto, si può affermare che:
- anche nelle società di persone i beni sociali non sono beni in comproprietà speciale fra i
soci, ma di proprietà della società;
- Le obbligazioni sociali non sono obbligazioni personali dei soci ma obbligazioni della
società, cui si aggiunge a titolo di garanzia la responsabilità di tutti o di alcuni dei soci;
- La responsabilità personale dei soci non è qualificabile come responsabilità per debito
proprio;
- Imprenditore è la società e non il gruppo di soci, anche se il fallimento della società
determina automaticamente il fallimento dei soci illimitatamente responsabili.

Società unipersonali
Prima ancora però abbiamo accennato alla possibilità prevista, a partire dal 1993, con d.lgs. 88 di
costituire una società a responsabilità limitata con un unico socio. Vi è quindi formalmente una
deroga al 2247 c.c., in base al quale la società si costituisce tra due o più persone con contratto
pluripersonale. L’unico socio risponde illimitatamente o nei limiti delle quote conferite?
È stato precisato, da allora, che l’unico socio gode dell’autonomia patrimoniale perfetta della
s.r.l. solo a due condizioni:
1. Se ha versato l’intero capitale sociale, obbligatorio se l’unico socio vuole godere di autonomia
patrimoniale perfetta tipica delle società di capitale;
2. Se ha pubblicizzato nel registro delle imprese il fatto che la società è a socio unico , per dare la
possibilità a tutti coloro che vi interagiscono di sapere che esiste un unico socio.
Rispettate queste condizioni, anche la s.r.l. unipersonale sarà considerata società dotata di
personalità giuridica e avente quindi autonomia patrimoniale perfetta.

Con il d.lgs. 6/2003 (Riforma del diritto delle società) anche un altro tipo di società può essere
costituita a socio unico: la società per azioni unilaterale. Infatti, l’art. 2328 c.c., rubricato “atto
costitutivo per le società per azioni” afferma che la società può essere costituita per contratto o atto
unilaterale. Nel nostro ordinamento perciò esistono solo due ipotesi di tipi sociali che possono
essere costituiti per atto unilaterale: s.r.l. e s.p.a. Non possono essere costituite per atto unilaterale le
società di persone: esse possono essere costituite solo ed esclusivamente con contratto.
È possibile però ci siano società di persone con unico socio: durante la vita della società può
accadere che venga meno la pluralità dei soci (es morte di un socio, recessione, espulsione) dunque
una mancanza sopravvenuta della pluralità dei soci. In base a quanto appena visto, però, la società
può trasformarsi in società unipersonale solo nelle forme di s.p.a. e s.r.l. Quindi, se a venir meno è
un socio di una società di persone (es. in nome collettivo), l’ordinamento dà sei mesi di tempo alla
società per ricomporre la pluralità dei soci, ovvero di trasformare la società in una unipersonale
scegliendo un’altra forma sociale che consente attività con un solo socio. Pertanto, se si vuole
mantenere il tipo sociale di s.n.c si deve ricostruire la pluralità nel termine di 6 mesi altrimenti la
società si scioglie.

(Segue): le obbligazioni sociali nella s.r.l. unipersonale


Per quanto riguarda le società a responsabilità limitata, l’art 2462 c.c. prevede che per le
obbligazioni sociali risponde solo la società con il proprio patrimonio. Se la pluralità dei soci viene
a mancare e l’unico socio vuole continuare a mantenere l’autonomia patrimoniale perfetta occorre
che si rispetti due condizioni (artt. 2464 e 2470 c.c.): egli, nei 90 giorni in cui viene meno la
pluralità, deve versare il 100% dei conferimenti mancanti in modo che il capitale sociale sia
totalmente versato e, in aggiunta, deve dare opportuna pubblicità del fatto che la s.r.l. si è
trasformata in unipersonale. Il rispetto di queste due condizioni permette all’unico socio di
mantenere la sua responsabilità limitata per le obbligazioni sociali, altrimenti tale socio diventa
illimitatamente responsabile (e dunque potrà essere aggredito dai creditori sociali che non hanno
trovato soddisfazione nel patrimonio della società). Ciò vale anche per la società per azioni: la
sopravvenuta mancanza della pluralità dei soci comporta un mutamento del regime della
responsabilità. Le società di persone invece o si sciolgono, o si trasformano, o vengono poste in
liquidazione.

Società tra professionisti


Nel 2012 è stata introdotta, con la legge di stabilità, la società tra professionisti. I lavoratori
autonomi, la cui attività è regolamentata da ordini professionali, possono esercitare attività
professionale scegliendo la formula giuridica più adatta alle proprie esigenze: potrà essere usata la
forma della società di persone, di capitali o cooperative. Dal 2012 è possibile costituire società tra
professionisti in cui lavoratori autonomi svolgono un’attività sulla base di contratti che la società
stipula con i vari clienti. Gli incarichi professionali sono assunti dalla società ed è questa che si
obbliga ad eseguire le attività professionali, sebbene esse vengano svolte dai soci-liberi
professionisti. La società si obbliga con il cliente e i soci si obbligano con la società ad eseguire la
prestazione.

Start-up
Altro tipo di società che non esisteva, introdotta con la l. 221 del 2012, è la start-up innovativa.
Nasce con un quadro normativo finalizzato alla nascita e crescita di imprese innovative che hanno
l’obiettivo, innanzitutto, di contribuire allo sviluppo di una nuova cultura imprenditoriale e di creare
un contesto maggiormente favorevole all’innovazione (promuovere maggiore mobilità sociale) e
attrarre in Italia talenti, imprese innovative e capitale dall’estero. Tale legge, inoltre, definisce la
società di capitali costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni (s.p.a.) o quote (s.r.l.), che
rappresentano il capitale sociale, non sono quotate sul mercato regolamentato o sul sistema
multilaterale di negoziazione che ha oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo e
commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.
I tratti peculiari di questa legge prevedono benefici fiscali e deroghe al diritto societario vigente
per consentire una governance della società più flessibile in relazione alle esigenze tipiche delle
piccole realtà imprenditoriali quali, ad esempio, le società di persone.
Per poter qualificare un’impresa come start-up è richiesta la sussistenza di requisiti sostanziali:
1. La società deve essere costituita e svolgere attività di impresa da non più di 60 mesi;
2. Deve essere residente in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione Europea o uno degli stati
aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo purché abbia sede produttiva o filiale nel
nostro Paese;
3. Il totale del valore della produzione annua non deve superare i 5 milioni di euro;
4. La società non deve distribuire o aver distribuito utili;
5. Oggetto sociale esclusivo o prevalente deve essere sviluppo, produzione e commercializzazione
di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
6. La società non deve essere costituita da una fusione, scissione societaria o cessione
d’azienda/ramo d’azienda.

La start-up deve possedere almeno uno di questi altri tre requisiti numerici, ossia:
1. Le spese di ricerca e sviluppo sostenute dalla società devono essere uguali o superiori al 15%
del maggior valore fra costo e valore totale della produzione;
2. Almeno 1/3 della forza lavoro deve essere costituita da personale in possesso di titolo di
dottorato di ricerca, dottorandi, ricercatori o laureati;
3. La società deve essere titolare, depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale.

Per creare un ambiente favorevole per lo sviluppo, per rendere la gestione flessibile e una
governance snella e per dare a queste società delle opportunità di finanziamento che altrimenti non
potrebbero avere, sono previste deroghe al diritto societario. Si tratta di obiettivi previsti nella
legge istitutiva delle start up. Le deroghe più significative sono 3:
1. La creazione di categorie di quote dotate di particolari diritti;
2. La possibilità di effettuare operazioni sulle proprie quote;
3. La possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi: offerta al pubblico di quote di
capitali.

Società di fatto
Alcune ipotesi particolari esistono anche nelle società tipiche, previste dal legislatore. Nella società
di persone, in particolare in quella semplice, il contratto sociale non è soggetto a forme speciali.
Costituire una società semplice ha davvero pochi formalismi, tanto è vero che il contratto sociale
potrebbe anche non essere fatto per iscritto. L’obbligatorietà della forma scritta si ha solo nel
momento in cui viene a conferirsi in società un bene immobile (che sappiamo deve essere trasferito
tramite notaio secondo il principio di atti formali di cui all’art. 1350 c.c.). Nella società semplice
quindi il contratto non è soggetto a forme speciali, tranne quelle richieste dalla natura dei beni
conferiti. Nella società semplice, inoltre, la forma scritta è richiesta ai fini dell’iscrizione della
società nel registro delle imprese. Pertanto, può accadere che si costituisca una società di persone
per fatti concludenti, non in virtù di una espressa manifestazione di volontà delle parti ma in
seguito a un loro comportamento consistente nell’esercitare in comune e con mezzi propri attività
economica e con il fine di dividere gli utili (si agisce come se esistesse una società). Quando ciò
accade si configura una particolare forma di società che è la società di fatto, inquadrabile nelle
società di persone perché in quelle di capitale l’esistenza stessa della società viene a dipendere
dall’atto formale dell’iscrizione nel registro delle imprese: non esiste società di fatto in tali modelli
sociali perché requisito di esistenza è l’iscrizione nel registro delle imprese per cui la mancanza di
tale requisito provoca la nullità della società. Può invece accadere che una società di persone non
sia iscritta nel registro delle imprese (quindi, le società di fatto possono essere solo società di
persone).
L’esistenza di una società di fatto deve essere provata da chi ha interesse ovvero i creditori sociali,
o gli stessi soci per dimostrare la sussistenza di un effettivo rapporto sociale tra di essi, anche sulla
base delle manifestazioni esterne nei confronti degli interlocutori. Per riuscire a individuare
l’esistenza di una società di fatto si deve guardare a come si comportano i soci nei rapporti interni
ed esterni ovvero se fanno intendere che ci sia una vera e propria società. È possibile provare
l’esistenza quando nei rapporti interni ricorrano congiuntamente almeno 3 elementi:
1. Esistenza di un fondo comune finalizzato all’esercizio congiunto di un’attività economica
d’impresa;
2. Partecipazione comune ai guadagni e alle perdite;
3. Vincolo di collaborazione in vista dell’attività economica.

Società occulta
La società occulta è una creazione giurisprudenziale finalizzata a coinvolgere (in quello che era il
fallimento prima dell’intervento della legge istitutiva della crisi di impresa dell’imprenditore
individuale) soggetti che in apparenza erano imprenditori individuali ma vi era in realtà comunione
di intenti. Di fronte ad una società in crisi è importante coinvolgere più soggetti possibile perché il
fallimento di una società di persone si riverbera sul fallimento dei singoli soci che compongo la
compagine sociale perché, non essendo esse persone giuridiche non hanno autonomia patrimoniale
perfetta (per cui c’è confusione tra patrimonio della società e dei singoli soci). In una società
occulta in difficoltà economica che cerca di ottemperare alle proprie obbligazioni sociali è chiaro
che i creditori sociali tenteranno di tirare dentro alla società più soggetti possibili per poter
aggredire i patrimoni personali.
Società occulta si ha quando più soggetti decidono di dare vita a una società pattuendo però che la
sua esistenza non sia rilevabile all’esterno: questi soggetti dispongono che nei confronti dei terzi la
società non pubblicata appaia come un’impresa individuale e uno solo di essi/un terzo si espone
come imprenditore individuale e si assume in via esclusiva la responsabilità per le obbligazioni
assunte da questi evitando l’esposizione alla crisi di impresa/liquidazione degli altri soci. I rapporti
interni invece sono caratterizzati dai 3 elementi visti sopra. In questo modo i creditori non sanno di
poter aggredire tale patrimonio e spesso ciò viene fuori solo al momento della procedura
concorsuale che fa emergere l’esistenza dei soci.
L’attività imprenditoriale in questo caso viene svolta per conto della società ma senza che venga
speso il nome della stessa (esistendo la società solo nei rapporti tra i soci). Il problema rileva solo
quando vanno male le cose tendenzialmente, perché i creditori cercano patrimoni su cui rifarsi.
Già prima che la riforma delle procedure concorsuali (2006) intervenisse a modificare la
responsabilità dettata dall’art 147 della vecchia legge fallimentare, la giurisprudenza prevalente
riteneva che la mancata esternalizzazione della società non impedisse l’esistenza di una società
quindi si riteneva possibile l’estensione del fallimento dell’imprenditore individuale socio di società
occulta anche ai soci occulti di detta società. La vera modifica che ha previsto l’estensione del
fallimento a tutti i soci che compongono la compagine sociale è intervenuta solo nel 2006. In ogni
caso la giurisprudenza c’era già arrivata e il legislatore ha consacrato l’estensione del fallimento
dell’imprenditore individuale alla società occulta che si scopra esistere successivamente alla
dichiarazione di fallimento.

Società apparente
La società apparente è un fenomeno opposto alla società occulta: si realizza quando più soggetti
non legati da alcun rapporto societario si comportano in modo da ingenerare nei terzi la convinzione
che questi agiscano in qualità di soci di società inducendoli a far affidamento sull’esistenza della
società e sulla sua responsabilità solidale per le obbligazioni sociali.
In applicazione del principio generale di affidamento dei terzi/buona fede la giurisprudenza
dominante ritiene responsabili illimitatamente e solidamente per le obbligazioni assunte i soci
apparenti che colpevolmente hanno posto in essere una situazione difforme dalla realtà
assoggettandoli anche al fallimento o crisi di impresa. Il terzo deve portare come prova del suo
convincimento gli elementi concreti che hanno generato la convinzione di trattare con una società e
le circostanze che hanno determinato l’errore scusabile in cui il soggetto è caduto (non ha invece
l’onere di provare la volontà dei soggetti di costituire la società, come nella società di fatto, né deve
provare la comunione dei conferimenti o la condivisione del rischio di impresa).

LEZIONE 3
La società semplice
La società semplice (artt. 2251 - 2290 c.c.) è la forma sociale che corrisponde al prototipo
normativo sulla base del quale il legislatore ha disciplinato le società di persone. Essa è la forma più
elementare di organizzazione societaria, utilizzata per l’esercizio di un’attività lucrativa non
commerciale (ad esempio l’attività agricola è una tipica attività non commerciale). Non rientra tra
le forme sociali che possono essere utilizzate quindi per le attività commerciali. Il ricorso alle
attività semplici è giustificato proprio per la semplicità delle procedure, per la sua costituzione e
anche dalla flessibilità della struttura: infatti nella società semplice è possibile derogare
potenzialmente alla maggior parte delle regole poste dal Codice così da modellare la struttura
sociale alle esigenze concrete da perseguire. L’oggetto sociale della s.s. viene quindi sempre
individuato dalla legge come “l’esercizio in comune di un’attività economica non commerciale”,
indipendentemente dalla qualificazione imprenditoriale o dalla dimensione della società. Le attività
non commerciali che possono essere esercitate dalle s.s. sono: attività agricola, attività
professionali, attività di revisione legale, attività di gestione immobiliare e di partecipazioni
societarie.

Costituzione e conferimenti
Il primo articolo che viene in evidenza è il 2251 c.c. “contratto sociale” che recita “il contratto non
è soggetto a forme speciali salvo quella richiesta dalla natura dei beni conferiti”. Quanto alla
costituzione della s.s. possiamo dire che è caratterizzata dalla massima flessibilità e semplicità. Il
contratto sociale non è soggetto a particolari forme essendo sufficiente che due o più persone
conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica (art. 2147). Ne
deriva che il contratto sociale può essere stipulato sia in forma scritta (scrittura privata, privata
autenticata e atto pubblico), con un accordo verbale o per fatti concludenti. Questa libertà
prevista dal 2251 c.c. è però soggetta a limite quando forme particolari siano richieste in relazione
alla natura dei beni conferiti. Se io conferisco in una s.s. un bene immobile per il cui trasferimento è
previsto una forma particolare ecco che il conferimento di tale bene impone alla società la forma
scritta. L’art. 1350 ci dice che è necessaria la forma scritta a pena nullità quando si conferiscono in
proprietà beni immobili (ovvero diritti reali o immobiliari) o quando si trasferisce il semplice
godimento dei beni immobili che supera le 9 annualità.

Per il contratto di società semplice è prevista (ma non è obbligatoria) la registrazione. Nel
momento in cui noi registriamo il contratto della società semplice nel registro delle imprese questo
finisce in una sezione speciale del registro dedicata, appunto, alle società semplici. La formalità di
questa iscrizione non incide né sull’esistenza della società semplice, né sulla regolarità o sulla
disciplina applicabile ad essa (la regolarità incide, invece, per altre due forme di società di persone,
s.a.s. e s.n.c., la cui mancata registrazione determina l’ irregolarità della società).

La società si costituisce quindi con la dotazione di un capitale sociale che corrisponde al mezzo
con il quale la società persegue i propri scopi sociali. Per le società di persone non è previsto un
capitale minimo (come vedremo invece per le altre forme di capitali). Nelle società semplici non c’è
un minimo legale di capitale sociale ma questo svolge due funzioni fondamentali: funzione
vincolistica sotto il profilo della determinazione dell’utile o perdita d’esercizio; e la funzione
organizzativa (minor rilievo) in quanto i poteri amministrativi dei soci sono proporzionati alla parte
attribuita a ciascun socio in relazione alla partecipazione agli utili. Anche qui per quanto riguarda la
partecipazione dei soci (tanto agli utili quanto alle perdite) viene determinata nell’atto costitutivo.
Va segnalata per la s.s. che l’amministrazione può essere congiuntiva o disgiuntiva.
I soci (per tutte le società) non possono disporre i beni sociali per scopi diversi rispetto allo scopo
sociale delineato nell’atto costitutivo e per farlo devono essere autorizzati dagli altri.

Nella società semplice e nelle società di persone l’autonomia negoziale delle parti non ha limiti
particolari in ordine all’individuazione dei beni conferiti, limiti che troviamo, invece, nei
conferimenti delle società di capitali —> significa che è conferibile ogni entità suscettibile di
valutazione economica. Il conferimento per antonomasia è il conferimento in denaro, ma lo
possono essere, in generale, i beni, anche immobili, i crediti e sono conferibili persino le
prestazioni che un soggetto rende (prestazioni di opere intellettuali ma anche prestazioni lavorative
manuali). Nel caso in cui il valore delle prestazioni non venga stabilito nell’atto costitutivo ci si
dovrà rivolgere al giudice.
Più complesso è il conferimento di beni in natura, crediti o prestazioni d’opera: il legislatore
detta una disciplina specifica a seconda del tipo di conferimento che viene adottato. Per il
conferimento di beni in natura il contratto sociale può stabilire se il conferimento del bene
avvenga in proprietà o in godimento. Se cedo la proprietà perdo il controllo del bene e passa alla
società; se conferisco solo il godimento significa che sono sempre io il proprietario ma la società ne
diventa il beneficiario. L’art. 2254 - “garanzia e rischi dei conferimenti” ci dice che “per le cose
conferite in proprietà, la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono regolati dalle
norme sulla vendita. Il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del socio che le ha
conferite. La garanzia per il godimento è regolata dalle norme sulla locazione”. È chiaro che se io
conferisco la proprietà del bene, come mi rapporto con la società? A quel conferimento si
applicherà la normativa dettata in tema di vendita; se invece il socio conferisce il bene in godimento
non si applicheranno le norme sulla proprietà ma quelle in materia di locazione. Nel caso in cui
venga conferito un credito il legislatore ci dice che viene ad applicarsi il 1267 c.c. in materia di
cessione del credito, quindi limita la responsabilità del cedente a quanto ricevuto in caso di
insolvenza del debitore. Per il conferimento di beni immateriali ci riferiamo, ad esempio, ai brevetti.

In mancanza di diversa pattuizione tra le parti (se i soci non si accordano per accettare alcune forme
di conferimento) il conferimento si presume essere fatto in denaro e questo è tutto molto più
semplice da gestire. Per i conferimenti diversi dal denaro, una particolare disciplina è dettata per il
conferimento dell’attività lavorativa che può essere sia manuale che intellettuale. Il socio che
conferisce la propria opera viene detto “socio d’opera” e al pari degli altri soci acquisisce gli stessi
diritti e stessi obblighi. La legge si limita a dettare alcune disposizioni che legittimano questo tipo di
conferimento e a precisare che per le altre due forme sociali (s.n.c. e s.a.s.) la prestazione d’opera
deve essere specificata nell’atto costitutivo. Inoltre è previsto il generale obbligo di cooperazione
con la società per un’adeguata esecuzione per la prestazione: bisogna che la società che ha accettato
il conferimento sotto forma di prestazione d’opera metta il socio d’opera nella condizione di poter
esercitare la propria prestazione d’opera. Il socio che si impegna a prestare la propria attività
lavorativa a favore della società non assume lo stato di lavoratore subordinato ma partecipa come
qualsiasi altro socio al rischio d’impresa e la sua prestazione sia essa manuale o intellettuale viene
compensata attraverso la partecipazione ai guadagni della società nella misura determinata nel
contratto sociale o in mancanza la determinerà il giudice al quale dovrà ricorrere secondo equità.
Inoltre il fatto che la prestazione del socio d’opera sia fornita a titolo di conferimento lo espone al
rischio di essere escluso dalla società nel caso di sua sopravvenuta incapacità o inidoneità a
svolgere l’opera promessa. Esempio: la malattia, al socio subentri una malattia che non gli consenta
più di svolgere l’attività promessa come conferimento. È per questo che spesso le società che
prevedono la possibilità del socio di conferire la propria attività lavorativa subordinano tale
possibilità di conferimento alla sottoscrizione di un’idonea polizza assicurativa che dovrebbe
subentrare nell’eventualità dell’impossibilità sopravvenuta del lavoro da parte del socio.
Bisogna stabile il valore del conferimento della prestazione perché la prestazione d’opera è
un’entità suscettibile di valutazione economica, ma bisogna capire il valore perché sulla base di
questa il socio riceverà i corrispondenti utili della gestione sociale. Se la partecipazione agli utili
non viene stabilita direttamente dalle parti, la parte di utile verrà determinata secondo equità dal
giudice.

Responsabilità
La società semplice e tutte le società di persone sono autonomi centri di imputazione di interessi
(persone giuridiche che non hanno personalità giuridica) sono quindi soggetti di diritto dotato di
capacità giuridica e d’agire, ma non dotati di personalità giuridica e pertanto la s.s. gode solo di
autonomia patrimoniale imperfetta: i singoli soci rispondono solidalmente e illimitatamente per
le obbligazioni sociali con il loro patrimonio.
Art. 2267 c.c. “responsabilità per le obbligazioni sociali” questo articolo è importantissimo per la
s.s. perché ci dice che, contrariamente a quello che si è sostenuto, nelle società di persone (tranne
per i soci accomandanti) ci soci che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni
sociali, e altri che possono rispondere in modo limitato. Accanto all’eccezione dei soci
accomandanti (perché sono soci di capitale all’interno di una società di persone e quindi
rispondono per le obbligazioni sociali nei limiti delle quote di capitale conferite), scopriamo con
l’art. 2267 c.c. che è possibile che alcuni soci della s.s. rispondono limitatamente per le obbligazioni
sociali che la società ha assunto nonostante sappiamo che la società abbia autonomia patrimoniale
imperfetta. Quindi ci può essere un patto tra soci che prevede che alcuni soci non amministratori
non rispondano solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali purché questo patto
interno tra i soci sia dotato di idonea pubblicità quindi che i terzi ne possano venire a conoscenza
consultando i registri. Innanzitutto, se alcuni soci vogliono limitare la propria responsabilità per le
obbligazioni sociali nei limiti delle proprie quote conferite è possibile purché questo patto interno
sia portato a conoscenza in modo idoneo nella generalità dei terzi. Per poter godere di questa
limitazione della responsabilità i soci che vogliono opporre ai creditori la loro limitazione alla
responsabilità (se la società non è registrata quindi i terzi non ne sono a conoscenza) devono
provare la conoscenza al creditore. Come? Supponiamo che la società abbia informato i terzi a
mezzo raccomandata a/r o PEC in cui si informa della limitazione di alcuni soci alla responsabilità
(quindi non solo con la registrazione nel registro delle imprese) è possibile quindi che questa
informazione importante venga portata a conoscenza con altri modi nei confronti dei terzi. In
pratica i creditori sociali hanno la possibilità di agire per realizzare i propri crediti sul patrimonio
sociale; qualora tuttavia non sia agevole soddisfarsi sul patrimonio sociale i creditori possono
escutere i beni personali dei soci che hanno agito in nome e per conto della società. Questa
autonomia patrimoniale imperfetta, che meno tutela il patrimonio dei singoli soci, significa che il
creditore sociale per soddisfare le proprie ragioni di credito può aggredire indistintamente quanto il
patrimonio della società quanto il patrimonio del socio della società a meno che questo socio non
abbia una limitazione della responsabilità concordata e questo patto sia stato portato a conoscenza
della generalità dei terzi. Se tutti i soci della s.s. sono amministratori (disgiuntiva quindi, in cui ogni
socio può impiegare la società) ciascun socio potrà rispondere delle obbligazioni sociali in modo
solidale e illimitato. Tuttavia un minimo di difesa il socio che si vede aggredito per un debito della
società dal creditore sociale c’è l’ha, nel senso che può paralizzare l’azione del creditore sociale
indicando un bene della società sul quale il creditore potrebbe agevolarsi. Significa che c’è un
beneficium escussionis a iniziativa del socio.

Si evincono 3 corollari:
- La responsabilità dei singoli soci nelle s.s. ha carattere sussidiario in quanto rileva solo nei
casi in cui non risulta comodo per il creditore sociale aggredire il patrimonio sociale;
- Il carattere sussidiario della responsabilità dei soci si afferma in maniera diversa tra le
varie forme sociali (tra le società di persone): la difesa minima è quella della s.s. in cui c’è il
beneficium, ma solo nell’eventualità in cui il socio aggredito dovesse poter individuare il
bene su cui il creditore sociale potrebbe soddisfarsi. Il carattere sussidiario della
responsabilità ha quindi diverse intensità;
- I soci di s.s. che non amministrano direttamente la società la loro responsabilità può
essere derogata in quanto può essere esclusa mediante un esplicito patto sociale contrario.

LEZIONE 4
Responsabilità dei soci nella società semplice
Vige una eccezione alla regola della responsabilità solidale e illimitata dei soci per i soci non
amministratori che hanno limitato la loro responsabilità alle quote conferite mediante patto interno
cui sia stata data idonea pubblicità. Le società di persone quindi, a maggior ragione la s.s., pur
avendo autonomia patrimoniale imperfetta, godono pur sempre di un beneficium escussionis a
favore dei soci, anche se è più marcato per quanto riguarda le s.n.c. e le s.a.s. regolari, rispetto alla
s.a.s. irregolare e alla s.s.
Il beneficium escussionis non opera nel caso in cui il titolo della garanzia non sia quello proprio
della responsabilità solidale illimitata dei soci, ma venga, ad esempio, da una garanzia personale
che il socio della società di persone ha offerto alla banca che ha prestato soldi alla società —> le
società di persone non hanno capitale minimo legale: ciò non garantisce la solvibilità della società.
Perciò molto spesso sono richieste garanzie ulteriori: garanzie personali dei soci. Ciò avviene in
larga parte quando la società si rivolge ad una banca per ottenere un credito.
Il beneficium escussionis tipico delle società di persone è solo per quei creditori sociali che non
hanno fornito altre forme di garanzia. Se il socio concede una garanzia personale al creditore, il
creditore potrà liberamente scegliere se aggredire direttamente il creditore principale (società) o il
fideiussore (socio) che si pongono sullo stesso piano.
La natura solidale dell’obbligazione del fideiussore comporta che il creditore sociale possa
aggredirlo a prescindere dal fatto che abbia tentato di escutere il patrimonio sociale. Il socio
garante può essere chiamato a rispondere direttamente per le obbligazioni sociali per le quali ha
prestato garanzia, senza potersi avvalere del beneficium escussionis.

Debiti personali rispetto al patrimonio sociale


Può il creditore particolare del socio aggredire il patrimonio sociale della società del quale il socio
fa parte, qualora la ritenga più solvibile rispetto al suo debitore? La risposta è no. La posizione del
creditore particolare del socio è disciplinata all'art. 2270 c.c. ove viene sancito, al c. 1, che il
medesimo “finché dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest'ultimo nella liquidazione”.
La norma rispecchia la specifica destinazione del patrimonio sociale dell'impresa il quale è
vincolato al raggiungimento dello scopo sociale, risultando così lo stesso disponibile per la
soddisfazione dei creditori sociali e indifferente alle esigenze dei creditori particolari del socio.

L’art. 2270 cc.


Il creditore particolare del socio non può aggredire direttamente il patrimonio sociale per
soddisfarsi. Non è del tutto preclusa questa possibilità, ma ciò non può avvenire direttamente. 3
alternative messe a disposizione del creditore particolare del socio:
il creditore particolare del socio, finché dura la società, può (1) far valere i suoi diritti  sugli utili
spettanti al debitore (2) compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest'ultimo nella
liquidazione ( es. sequestro conservativo). Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a
soddisfare i suoi crediti, (3) il creditore particolare del socio può inoltre chiedere in ogni tempo
la liquidazione della quota del suo debitore —> si tratta di un atto che incide enormemente sulla
vita della società in quanto implica conseguentemente l’esclusione del socio dalla società. La quota
deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia stato deliberato lo scioglimento
della società.
La liquidazione della quota determinerebbe l’esclusione di diritto del socio, ma non è sempre
ottenibile. Se la società ha una scadenza, il creditore deve, se si tratta di società regolare, attendere
la scadenza della società per poter chiedere la liquidazione. Diverso il caso se si tratti di s.s o società
irregolari -> rimane valido il secondo comma art. 2270.

Riassunto: creditore nella società semplice


- Fin che dura la società, può far valere la propria aspettativa di credito aggredendo gli utili
spettanti al socio suo debitore mediante lo strumento del pignoramento presso terzi, in
relazione ad un credito futuro ed eventuale, quali sono gli utili, ai sensi del 1 comma.
- Sempre ai sensi del 1 comma, può porre in essere atti conservativi sulla quota spettante
al socio in sede di liquidazione (es. sequestro conservativo della quota che impedisce al
socio di SS di riscuoterla)
- Qualora il creditore particolare del socio dimostrasse che il debitore non possiede altri beni
idonei a soddisfare le proprie ragioni di credito, può chiedere in ogni tempo la
liquidazione della quota del socio debitore.

Altre 2 regole:
- Il creditore particolare, nel chiedere la liquidazione della quota, deve sempre provare che gli
altri beni sono insufficienti a soddisfare le proprie ragioni di credito.
- Non potrà agire direttamente sui beni della società , nemmeno se conferiti dal suo debitore,
ma potrà ottenere una somma di denaro corrispondente al valore della quota.

Le attribuzioni dei soci in ogni forma societaria


Lo status di socio di una società semplice si acquista per il solo fatto di aver manifestato la propria
volontà di far parte della compagine sociale. Il contratto sociale ha effetti obbligatori: se il soggetto
non ottempera al versamento dei conferimenti potrà essere escluso dalla società.

Obblighi più importanti:


- Obbligo di conferimento: il socio deve versare i conferimenti promessi. L’eventuale
inadempimento dell’obbligo comporta l’esclusione dalla società;
- Obbligo di rispondere solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali: secondo
il principio sancito dall’art. 2740 cc., la responsabilità si caratterizza per la presenza di un
beneficium escussionis che fa sì che tale responsabilità abbia carattere sussidiario. Può
essere esclusa soltanto per i soci che non partecipino alla amministrazione della società,
sulla base di un patto di esclusione della responsabilità adeguatamente pubblicizzato;
- Divieto di utilizzo personale dei beni sociali, salvo autorizzazione ad hoc: I soci non
possono servirsi dei beni appartenenti alla società per fini diversi da quelli sociali

Corrispondentemente agli obblighi, sussistono dei diritti riconosciuti al socio:


- L’associato ha diritto di ricevere periodicamente gli utili prodotti dall’esercizio
dell’attività imprenditoriale, così come previsto dall’art. 2262, salvo patto contrario, dopo
l’approvazione del bilancio di esercizio. La misura della partecipazione agli utili è di regola
proporzionale al conferimento eseguito da ciascuno dei soci. la norma ha carattere
meramente dispositivo, è derogabile. È possibile sottoscrivere un diverso criterio di
ripartizione elaborato nell’atto costitutivo, con l’unico limite, valido per tutte le società,
consistente nel divieto del c.d. patto leonino (art 2265cc). Se il valore dei conferimenti non
è determinato nel contratto sociale, le quote di partecipazione agli utili dei singoli soci si
presumono uguali. Una disciplina particolare per la partecipazione agli utili riguarda il socio
d’opera: se non è determinato il valore del conferimento e neppure è determinata la quota
di partecipazione agli utili, questa sarà determinata dal giudice secondo equità.
- In caso di liquidazione della società, il socio ha diritto a vedersi rimborsare il valore del
conferimento versato (che sarà, eventualmente, diminuito dai debiti sociali).
- Al socio viene riconosciuto il diritto di partecipare alla gestione sociale. A nessuno è
preclusa l’amministrazione della società. I soci non amministratori hanno comunque un
ampio diritto di verifica e controlli sulla gestione della società: possono consultare
documenti sociali, chiedere chiarimenti agli amministratori circa la loro opera, ottenere
rendiconto della loro attività al termine del loro esercizio.

Amministrazione della società


L'amministrazione della società è l'attività di gestione dell'impresa sociale. Il potere di amministrare
è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale.
Quando l'amministrazione della società spetta a più soci (tutti o alcuni) e il contratto sociale nulla
dispone in merito alle modalità di esercizio del potere di amministrazione, trova applicazione
l'amministrazione disgiuntiva: ciascun socio è amministratore, ovvero ha il potere di amministrare
e potrà compiere da solo tutte le operazioni che rientrano nell'oggetto sociale, senza essere tenuto a
richiedere il consenso o il parere degli altri soci amministratori, o ad informarli preventivamente
delle operazioni progettate.
L'amministrazione disgiuntiva offre il vantaggio di giungere con rapidità alle decisioni, ma non è
senza pericolo dato che il singolo amministratore può porre in essere operazioni non proficue per la
società all'insaputa degli altri (in ogni caso l’azione amministrativa può essere bloccata dal diritto di
veto spettante ai soci contrari).

Proprio per questo motivo è possibile prevedere il metodo dell'amministrazione congiuntiva.


L'amministrazione congiuntiva deve essere espressamente convenuta dai soci nell'atto costitutivo o
attraverso una  modificazione dello stesso, dato che, nel silenzio delle parti, la regola è
l'amministrazione disgiunta.
L’amministrazione congiuntiva, inoltre, può essere all’unanimità o a maggioranza. In quella
all’unanimità è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento delle
operazioni sociali, in quella a maggioranza basta il consenso della maggioranza degli
amministratori, calcolata in relazione agli utili agli stessi attribuiti. Sia l'amministrazione
disgiuntiva che quella congiuntiva possono essere affidate a tutti i soci oppure ad alcuni soci
soltanto. Si può prevedere, infine, che l’amministrazione della società sia affidata ad uno soltanto
dei soci.
Mentre l'amministratore è colui che ha il potere di gestione della società, cioè il potere di decidere
il compimento degli atti sociali (tale potere ha rilevanza interna), il rappresentante, invece, è colui
che ha il potere di esprimere all'esterno la volontà sociale, cioè di agire in nome e per conto della
società (tale potere ha rilevanza esterna).
a) Se non è diversamente pattuito nel contratto sociale, la rappresentanza della società spetta a
ciascun socio amministratore, disgiuntamente o congiuntamente, a seconda che in un modo o
nell'altro sia stata prevista l'amministrazione. Ciò comporta che:
- se l’amministrazione è disgiunta, ogni amministratore può da solo decidere e da solo
stipulare  atti in nome della società (firma disgiunta);
- se l’amministrazione è congiuntiva, tutti i soci amministratori devono partecipare alla
stipulazione dell’atto (firma congiunta).

b) Bisogna, tuttavia, precisare che è data ai soci la possibilità di regolare diversamente il potere di
amministrare da quello di rappresentare. Ad esempio:
- si può riservare la rappresentanza legale della società solo ad alcuni soci amministratori;
- si può stabilire che per determinati atti sia necessaria la firma congiunta, anche se
l’amministrazione è disgiunta;
- si può prevedere la firma disgiunta per gli atti che non superano un determinato importo o,
genericamente, per gli atti di ordinaria amministrazione e la firma congiunta per quelli di
ammontare superiore o di straordinaria amministrazione (ovvero per quegli atti di
amministrazione che rientrano nell’attività prevista come oggetto sociale della società
stessa).

Sul punto occorre fare una digressione: una novella fondamentale è intervenuta nel 2019 con
l’introduzione del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che ha interessato non solo le
società di capitali ma anche quelle di persone, entrato in vigore il 16 marzo del 2019.

Art. 2086 cc.: “L’imprenditore è il capo dell'impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi


collaboratori”.
L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto
organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa ,
anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della
continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli
strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità
aziendale. Tale prescrizione risulta di particolare importanza in quanto il contenuto dell’art. 2086
c.c. viene richiamato in ciascun tipo sociale con la riformulazione degli articoli 2257 c.c. (società di
persone), 2380 bis e 2409 nonies c.c. (società per azioni), 2475 c.c. (società a responsabilità
limitata).

Questi doveri presentano ricadute sia nelle società di persone sia di capitali:
Per quanto riguarda la s.s, si è stabilito che la gestione dell’impresa deve essere svolta nel rispetto
del secondo comma del 2086 e spetta solamente agli amministratori di attuare tutte le attività
necessarie per il tipo di società che hanno scelto. Quindi, Salvo diversa pattuizione,
l’amministrazione della società è disgiuntiva, dunque spetta a ciascun socio amministrare
disgiuntamente. Nel caso in cui il contratto sociale nulla disponga in ordine al tipo di
amministrazione scelta, il tipo legale è quello dell’amministrazione disgiuntiva. Ciascun socio può
intraprendere atti di gestione che rientrano nell’ambito dell’oggetto sociale senza essere tenuto ad
informare anticipatamente gli altri soci, né a chiedere la loro preventiva autorizzazione, ma il
secondo comma dell’art. 2057 attribuisce a ciascun socio amministratore un diritto di veto rispetto
al compimento di atti da parte degli altri soci amministratori. L’eventuale opposizione al veto viene
sottoposto alla maggioranza dei soci i quali voteranno secondo la parte attribuita a ciascuno negli
utili.

Forme di amministrazione
Con riferimento all’amministrazione congiuntiva, se da un lato vi è maggior controllo da parte
degli amministratori, è altresì vero che la società che adotta un siffatto sistema di amministrazione
risulta meno efficiente dal punto di vista della tempestività in quanto è necessaria una consultazione
di tutti i soci, sebbene le scelte imprenditoriali che la società pone in essere saranno certamente più
ponderate. Il legislatore ha però previsto anche casi eccezionali, ad esempio l’istituto della
negotiorum gestium: in situazioni eccezionali non si può riunire l’assemblea dei soci e dunque si dà
la possibilità di compiere atti agli amministratori virtuosi tesi ad evitare un danno sociale, senza
necessaria autorizzazione da parte degli altri soci.

Tendenzialmente è più facile incontrare società di persone che adottano sistemi di


amministrazione misti: si ricorre, in tal caso, all’amministrazione disgiuntiva per atti di ordinaria
amministrazione, mentre si ricorre all’amministrazione congiuntiva per gli atti di straordinaria
amministrazione.
Nel caso in cui la gestione della società appartenesse solo ad alcuni soci della s.s., oppure ad un
unico socio, gli altri associati non possono interferire nell’amministrazione, né hanno diritto di veto
alle operazioni imprenditoriali che attuano gli amministratori o l’unico amministratore. Ai soci che
non partecipano alla gestione della società verranno riconosciuti i diritti tipici: ampi poteri di
informazione e controllo sull’operato degli amministratori.

Soci amministratori
Il potere di amministrazione, nelle società di persone, è necessariamente connaturato dalla
responsabilità solidale e illimitata del socio. Una volta che il socio acquisisce la qualifica di
amministratore, non è possibile che risponda limitatamente per le obbligazioni sociali. Nelle società
di persone, tutti gli amministratori, sono necessariamente solidalmente e illimitatamente
responsabilità per le obbligazioni sociali. Infatti, se l’atto costitutivo nulla dispone, il potere di
amministrare compete, ex lege, a tutti i soci, che sono illimitatamente e solidalmente responsabili,
senza la necessità di un atto di nomina.
In caso contrario, la nomina del socio amministratore può essere contenuta tanto ab origine nell’atto
costitutivo e in questo caso debbono sussistere le norme per la nomina degli amministratori, oppure
la nomina degli amministratori potrà avvenire in un momento successivo: con la nomina
dell’amministratore, gli altri soci rinunciano al potere che spetterebbe loro di gestione dell’impresa.
L’art. 2260 c.c. dispone che gli obblighi e i diritti degli amministratori vengono regolati sulla base
delle norme dettate in materia di mandato. Il socio amministratore può certamente compiere tutti
gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che rientrano nell’oggetto sociale senza essere
tenuto ad eseguire le istruzioni dei soci. Nell’esercizio dell’ampio potere di gestione, il socio
amministratore deve però sottostare agli obblighi imposti dalla legge o dal contratto sociale, fra i
quali il dovere di gestire la società con la diligenza del mandatario.
Ai sensi del secondo comma: la responsabilità degli amministratori ha carattere solidale. Anche
nell’ipotesi di gestione disgiunta, è configurabile in capo a ciascun amministratore un vero e proprio
obbligo di controllo degli atti di gestione esercitabile anche mediante il potere di veto. Si liberano
della responsabilità dimostrando di aver amministrato in modo diligente nell’interesse esclusivo
della società. La responsabilità degli amministratori può essere fatta valere mediante apposita
azione diretta tesa a reintegrare il patrimonio sociale, attraverso l’ottenimento di una condanna al
risarcimento del danno arrecato dall’ amministrazione alla società.

Nomina amministratori
Il codice non disciplina espressamente la modalità della nomina degli amministratori che può
avere luogo nell’atto costitutivo o con atto separato. La legge si occupa semmai della nomina e
revoca degli amministratori solo incidentalmente, a proposito della revoca, attribuendo una diversa
efficacia alla nomina dell’ amministrazione, a seconda che questa venga fatta nell’atto costitutivo
ovvero successivamente alla costituzione della società con un atto separato: tale nomina è sempre
revocabile, purché ciò sia disposto con voto unanime dei soci. in mancanza di giusta causa di
revoca, la società è obbligata al risarcimento del danno.
Amministratore nominato nell’atto costitutivo —> può essere revocato solo per giusta causa,
all’unanimità, salva la richiesta giudiziale da parte di un singolo socio (possibilità di rivolgersi al
tribunale per revocare il socio amministratore per gravi e comprovate irregolarità).

Soci non amministratori


I soci non amministratori, individuati con una specifica disposizione nel contratto sociale, non
partecipano all’esercizio del potere di amministrare. Pur non avendo il potere di compiere atti di
gestione sono tuttavia titolari di alcuni diritti attribuiti loro dalla legge. In particolare vi sono 3
diritti:
- Diritto di essere informati dagli amministratori circa lo svolgimento degli affari sociali in
corso;
- Diritto di consultare i documenti relativi all’ amministrazione;
- Diritto di ottenere il rendiconto dell’amministrazione al termine di ogni anno, ovvero al
compimento degli affari per cui viene costituita la società.

Rappresentanza
Il potere di amministrare non è necessariamente sinonimo di rappresentanza (potere di agire nei
confronti dei terzi in nome e per conto della società). Il potere di rappresentanza differisce pertanto
dal potere di gestione:
- Il potere di amministrazione (o di gestione) riguarda, in particolare, l'attività interna,
ovvero la “decisione” circa il compimento dell'atto;
- il potere di rappresentanza (o di firma), invece, attiene all'attività esterna, consistendo nel
potere di manifestare all'esterno la volontà sociale, “compiendo” l'atto in nome e per conto
dell'ente. Si tratta della fase di attuazione con i terzi delle decisioni amministrative che
danno luogo all’assunzione di obbligazioni e acquisizione di diritti da parte della società.
La rappresentanza è disciplina dall’art. 2266 c.c.: “La società acquista diritti e assume
obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la  rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei
medesimi. In mancanza di diversa disposizione del contratto, la rappresentanza spetta a
ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale”.
Le modificazioni e l'estinzione dei poteri di rappresentanza sono regolati dall'articolo 1396.
Salvo sia diversamente disposto dal contratto sociale, la rappresentanza della società compete a
ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale. Quindi, salvo
diverse pattuizioni, Il modello legale stabilisce una perfetta corrispondenza fra potere di
amministrazione e di rappresentanza. Nel caso dell’amministrazione disgiuntiva, ogni socio
amministratore potrà decidere il compimento delle operazioni sociali e potrà attuarle in nome e per
conto della società. Nel caso di amministrazione congiuntiva, tutti i soci amministratori devono
partecipare alla stipula degli atti che impegnano la società. Costituisce un onere del terzo che tratti
con la società accertare se in base al contratto sociale, colui che si trova davanti ha potere di firma.
Attenzione: in una società di persone regolare spetta al terzo verificare, mentre in quella irregolare
non è possibile la visura camerale, il potere di rappresentanza si presume.

LEZIONE 5
Cause di scioglimento della società: scioglimento parziale del rapporto sociale
Le cause di scioglimento parziale del rapporto sociale sono quelle riferite a un singolo socio: si
hanno quando un socio interrompe prima del previsto la sua partecipazione alla compagine sociale.
Può avvenire in tre casi disciplinati dalla legge, in ogni caso le norme della società semplice
costituiscono prototipo normativo per tutte le società di persone e vengono richiamate dalle norme
che disciplinano le altre due forme sociali, ovvero s.n.c. e s.a.s.
Nelle società semplici un socio può uscire dalla compagine sociale a seguito della cessione della
propria quota di partecipazione al capitale sociale: trattandosi di contratti tra più persone la cessione
può avvenire solo previo consenso unanime degli altri soci (forma legale) anche se gli atti
costitutivi delle società possono prevedere accordi differenti. Oltre alla cessione della quota altre
forme di scioglimento parziale del rapporto sociale sono la morte, il recesso e l’esclusione. Sono
forme disciplinate dagli artt. 2284, 2285 e 2286 (più esclusione di diritto all’art. 2288).

Morte
La causa di scioglimento parziale più frequente riguarda la morte di un socio. Le società di persone
si caratterizzano per il ruolo fondamentale che il socio ricopre, ruotano intorno alla personalità dei
soci per cui la morte di uno tendenzialmente comporta lo scioglimento del rapporto sociale. Il venir
meno di un perno su cui la società si poggia fa tendenzialmente cadere l’intera società. Ma sono
previste all’art. 2284 tre soluzioni.
1. Liquidazione della quota agli eredi del socio defunto: la società prosegue con i soci
superstiti;
2. Scioglimento dell’intera società: nel caso la sua figura fosse determinante per l’esistenza del
rapporto sociale viene meno la ragione della prosecuzione della società e i soci superstiti
pongono in liquidazione la società;
3. Continuazione della società portando all’interno della compagine sociale gli eredi, se vi
consentono.
Le società tendenzialmente predeterminano il caso di morte del socio e, perciò, optano per stabilire
nell’atto costitutivo quali saranno le conseguenze soprattutto se l’ente è fortemente caratterizzato
dalla personalità dei soci.

A seguito del decesso del socio il rapporto sociale non può mai trasformarsi automaticamente senza
preventivo consenso dei superstiti e neanche automaticamente può proseguire con l’introduzione
degli eredi all’interno della società. Questo divieto è basato sul tipo di contratto che viene stipulato
per la costituzione di una società di persone: la qualità di socio possono acquisirla solo determinate
persone che hanno le caratteristiche richieste dalla società. Di conseguenza poiché gli eredi non
possono pretendere di subentrare nella partecipazione del loro dante causa i soci superstiti devono
liquidare il valore della quota secondo criteri indicati dal legislatore all’art 2289 (liquidazione
della quota del socio uscente). I soci superstiti possono anche liberarsi dell’obbligo di liquidare la
quota sociale del socio defunto agli eredi decidendo all’unanimità lo scioglimento anticipato della
società.

Se sussiste l’accordo di tutti gli interessati (soci superstiti e eredi del socio defunto) può essere
decisa la continuazione della società con gli eredi che dovranno rinunciare alla liquidazione della
quota del socio defunto e acquisteranno lo status di soci della società. Questa ipotesi determina una
modifica del contratto sociale sottoscritto inizialmente tra tutti i soci, defunto compreso, e nella
società dovranno comparire quali nuovi soci i suoi eredi. Questo vale soprattutto per le società
regolari s.a.s e s.n.c, ovvero registrate nel registro delle imprese, ma anche per le società semplici
che registrano il proprio atto costitutivo. Questo regime legale può essere derogato da espresse
previsioni del contratto sociale. Si attua sempre il principio di cui all’art. 1223 dell’autonomia
contrattuale pertanto alla morte del socio salvo contrarie disposizioni risultanti dal contratto
sociale gli altri soci devono liquidare la quota agli eredi a meno che non preferiscano sciogliere la
società o continuarla con gli eredi. Gli eredi in tal caso acquisiranno tutti diritti derivanti ma anche
gli obblighi per cui accetteranno di partecipare anche le eventuali perdite: subentrano nelle
posizioni del socio deceduto in tutto e per tutto, lato attivo e passivo.

Riassumendo, L’art. 2284 ci dice che si può derogare alle previsioni del contratto sociale ovvero
che l’atto costitutivo può disporre che, in caso di morte di un socio, si debba, a prescindere dalla
volontà di partecipare degli eredi alla società, necessariamente liquidare la quota agli eredi, oppure
può disporre l’esatto opposto, ovvero che la morte comporti lo scioglimento dell’intero ente.
C’è anche la possibilità di inserire nel contratto sociale una clausola di continuazione, che
stabilisce la prosecuzione dell’attività societaria con gli eredi: condiziona gli eredi del defunto socio
perché la società fin da subito dichiara di procedere con gli eredi, a meno che non chiedano la
liquidazione della quota.

Recesso
Diverso è il caso del recesso, istituto particolare che si avvicina alle dimissioni dal lavoro. Consiste
nello scioglimento parziale del rapporto sociale per volontà del socio. Se la società è a tempo
indeterminato, ognuno può recedere liberamente dal contratto sociale. Se invece è a tempo
determinato il recesso può avvenire solo in presenza di una giusta causa.

Per quanto riguarda il significato di giusta causa: la giurisprudenza ha accolto una concezione
restrittiva del concetto e ritiene si debba sempre collegarsi all’altrui violazione degli obblighi
contrattuali o doveri di fedeltà/diligenza e che incidono sulla natura strettamente fiduciaria del
rapporto sociale.

Il contratto sociale può in ogni caso regolare in modo diverso le modalità di recesso ma non può
mai escludere la possibilità di esercitarlo, nei limiti previsti relativamente al fatto che la società sia a
tempo indeterminato (in ogni tempo il socio può esercitare validamente il diritto di recesso) o non
(il recesso non si può escludere ma può essere esercitato solo per giusta causa, collegata
all’inadempimento di alcuni obblighi degli altri soci).

Il socio uscente ha diritto a ottenere la liquidazione della propria quota che viene operata mediante
una somma di denaro versata nel termine di 6 mesi. La società ha tempo sei mesi per liquidare il
valore della quota una volta che il socio recede. Il recesso è un atto unilaterale (proviene da una
parte verso l’altra) recettizio (produce effetti quando l’altra persona ne viene a conoscenza) non
formale (non è predeterminata una forma). Si esercita mediamente dichiarazione comunicata agli
altri soci; se dipende da giusta causa la prosecuzione del rapporto si interrompe seduta stante.
Recedere per giusta causa rende incompatibile la prosecuzione del socio nella compagine sociale.
Diverso è il caso del recesso dalla società contratta a tempo determinato: ci vuole sempre la giusta
causa per risolvere immediatamente, ma se il recesso è dato senza giusta causa allora il recesso avrà
effetto trascorsi tre mesi dall’atto.

Esclusione
La terza forma di scioglimento parziale del rapporto sociale è disciplinata dagli artt. 2086 e 2088 e
riguarda l’esclusione del socio, che può aver luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che
derivano dalla legge o dal contratto sociale. L’esclusione si concreta nello scioglimento del rapporto
sociale indipendentemente dalla volontà del socio estromesso, la cui partecipazione (per cause
attinenti alla sua persona o al suo apporto, ovvero dipendenti dal suo comportamento) non può
essere ulteriormente consentita essendosi sostanzialmente modificate le basi dell’originaria
partecipazione.

La legge consente ai soci di decidere se determinati fatti non necessariamente addebitati a colpa del
socio possano compromette il raggiungimento dello scopo previsto dalla società. In questi casi si
parla di esclusione volontaria perché lo decidono gli altri soci. In alcuni casi però l’esclusione ha
luogo in modo automatico e l’art. 2288 indica due casi di esclusione di diritto. L’esclusione,
infatti, avviene in modo automatico (1) nei confronti del socio per il quale è stata aperta o estesa la
procedura di liquidazione giudiziale (fallimento) (2) e nei riguardi dell’associato i cui creditori
personali abbiano ottenuto la liquidazione della sua quota a norma dell’art. 2270 (il creditore
particolare del socio con le dovute distinzioni può aggredire la quota di partecipazione al capitale
sociale del socio debitore e nel caso in cui ne ottenesse la liquidazione si integra una causa di
esclusione di diritto del socio dalla compagine). In caso di esclusione da apertura di liquidazione
giudiziaria nei confronti del socio l’esclusione si verifica nel giorno stesso in cui si apre la
liquidazione; nel caso invece di azione da parte del creditore particolare tesa a ottenere la
liquidazione della quota l’estromissione del socio di attua solo a seguito della effettiva liquidazione
della sua quota ai creditori.

Sono 4 i casi di esclusione volontaria/facoltativa. I fatti che legittimano la società a pronunciare


l’esclusione facoltativa di un socio sono, innanzitutto, (1) le gravi inadempienze che derivano dalla
legge o dal contratto sociale (es. da parte dell’amministratore nella gestione della società); (2) poi i
mutamenti nello stato personale del socio (art 2286), come i vizi che subentrano nella persona
(inabilitazione o interdizione) che rendono incompatibile la prosecuzione del rapporto; (3)
impossibilita sopravvenuta di eseguire il conferimento promesso dal socio anche per causa a lui non
imputabile (caso del bene conferito in godimento per tutta la durata della società che perisce per
caso fortuito: il conferimento è regolato dall’istituto delle locazioni quindi il perimento resta a
carico del socio); infine, (4) per la sopravvenuta inidoneità del socio d’opera a svolgere l’attività
conferita, a meno che non decida di trasformare il suo conferimento, se consentito dall’atto
costitutivo approvato da tutti i soci. Caso particolare riguarda l’amministratore di sostegno in
quanto misura transitoria.

L’estromissione viene deliberata a maggioranza dei soci (l’art. 2287, che disciplina il
procedimento di esclusione, determinato secondo il criterio numerico per teste (non per quote di
partecipazione al capitale sociale), evidenzia la caratteristica del contratto tra più persone per cui
non conta il valore degli apporti di capitale ma il numero delle teste.
Il socio escluso può non accogliere favorevolmente la decisione e quindi proporre opposizione alla
delibera di esclusione mediante ricorso all’autorità giudiziaria preposta che è il tribunale dove la
società ha sede legale. Se il tribunale accoglie l’opposizione il socio verrà reintegrato nella società
con effetto retroattivo. Questo nelle società si vede molto di rado perché prevengono questo tipo di
liti interne deferendo la decisione alla competenza di un collegio arbitrale mediante la previsione di
una clausola compromissoria nell’atto costitutivo: in caso di contrasto tra i soci la lite verrà risolta
da un collegio di arbitri.

Il 2287 terzo comma prevede una particolare forma di esclusione oltre a quella facoltativa e di
diritto: l’esclusione giudiziale (se la società si compone di due soci l’esclusione di uno di essi è
pronunciata dal tribunale su domanda dell’altro). Se la società è cosi composta resta inteso che non
si potrà mai integrare la maggioranza necessaria per l’esclusione di un socio quindi per forza ci si
dovrà rivolgere all’autorità giudiziaria. Il socio che ha chiesto l’esclusione dell’altro sarà costretto
(trattandosi di società di persone che ammettono la costituzione di una società solo per contratto) a
ricostituire la compagine nel termine massimo di 6 mesi per la sopravvivenza della società
altrimenti la società si scioglie.

Il socio uscente/receduto/estromesso/eredi del socio deceduto non hanno diritto a ottenere una
quota proporzionale dei beni della società ma solo una somma di denaro che equivale al
conferimento del socio che ha sciolto anticipatamente il suo rapporto sociale.
Se per caso un socio ha conferito un bene, ad esempio un macchinario o un brevetto, lo
scioglimento periziale del rapporto sociale in qualunque forma si manifesti non consente al socio
receduto/estromesso di riavere indietro il bene conferito, ma avrà solo diritto a ricevere una somma
di denaro che deve corrispondere a quella che il socio avrebbe realizzato in sede di liquidazione
della società. Il socio/eredi non possono pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà in
quanto ormai appartengono a un soggetto diverso che è la società. Per quanto riguarda, invece, i
beni conferiti in semplice godimento si deve operare una distinzione: se il rapporto è stato operato
per tutta la durata della società la sua restituzione è esclusa finche perdura la società; negli altri casi
(es. conferimento per 10 anni) il bene conferito va immediatamente restituito.

La liquidazione della quota viene realizzata nel momento in cui si realizza lo scioglimento del
rapporto, facendo una fotografia della situazione patrimoniale della società: viene realizzata sulla
base della situazione patrimoniale nel giorno in cui si realizza lo scioglimento. In realtà non è una
foto statica, ma dinamica, perché si deve tenere conto anche dell’esito delle eventuali operazioni
che sono ancora in corso e che gli amministratori stanno ultimando. Deve essere effettuata entro 6
mesi dallo scioglimento; qualora la liquidazione venga richiesta dal creditore particolare del socio
nei casi consentiti questa deve avvenire entro 3 mesi dalla richiesta, perciò il socio non deve
aspettare: ha diritto a ottenere la liquidazione nei termini ridotti (art 2270).
l’art.2290 (responsabilità del socio uscente o degli eredi del socio defunto) afferma che il socio è
responsabile verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento.

Scioglimento totale della società


Visto lo scioglimento limitato a un socio, vediamo ora lo scioglimento delle società (art. 2272, che
vale per tutte le società di persone). I contratti possono essere sempre sciolti per volontà dei
contraenti o per qualsiasi altra causa prevista dal contratto sociale: si può limitare la possibilità di
recedere da una società ma non sine die. Le cause di scioglimento delle società di persone vengono
racchiuse in 5 ipotesi indicate all’art 2272 e sono:
1. Decorso del termine. La dottrina ritiene che sia ammissibile la continuazione di una società la
cui scadenza è prevista a una certa data sulla base della continuità dell’attività cioè sull’accordo
tacito di proroga: se la società prosegue oltre la data si integra una proroga tacita dell’attività
sociale (l’indicazione di una scadenza/durata della società in ogni caso è una scelta dei soci). La
dottrina in modo unanime ritiene quindi sia ammissibile la proroga della durata della società e
ciò è ammesso sia che la proroga venga manifestata in modo espresso, con modifica dell’atto
costitutivo, sia in modo tacito, nel caso in cui l’attività sociale semplicemente prosegua
trasformando la società in una società a tempo indeterminato.
2. Conseguimento dell’oggetto sociale, ovvero la sopravvenuta impossibilità di realizzarlo.
Nel primo caso la società ha raggiunto lo scopo per cui è stata costituita dunque non c’è più
ragione che esista (es. società di imprese edili che si costituiscono per la costruzione di un
immobile). Nel secondo caso la società ad esempio necessita di autorizzazioni amministrative
che vengono meno: ciò pone la società nella condizione di non poter perseguire il suo scopo.
3. Volontà di tutti i soci di interrompere l’esperienza sociale mediante delibera unanime dei
soci secondo il principio per cui tutti i contratti si possono sciogliere per mutuo consenso.
4. Viene a mancare la pluralità dei soci e nel termine di 6 mesi questa non viene ricostituita.
Secondo parte della dottrina durante il termine di 6 mesi il socio può continuare a svolgere
l’attività sociale e qualora non sia ricostituita la pluralità la società di scioglie con effetti ex
nunc: questo secondo la dottrina maggioritaria. Altri autori hanno sostenuto la tesi opposta per
cui lo scioglimento ha efficacia retroattiva fin dal momento in cui la pluralità è venuta meno
quindi abbia effetti ex tunc (anche secondo il prof).
5. Altre eventuali cause previste dal contratto sociale. L’autonomia delle parti (1223) consente
di inserire nel contratto altre ipotesi di scioglimento. Non si può certamente eliminare le ipotesi
previste per legge ma è consentito aggiungere ulteriori ipotesi.

Le cause di scioglimento producono effetti automatici: l’integrazione di una delle cause di


scioglimento produce effetti immediati di diritto e non solo quando, ad esempio, un socio ne
eccepisca l’integrazione. Dopo che viene integrata una di queste cause si entra in una fase
particolare della società: la società ancora esiste ma cambia lo scopo sociale. Questa fase è detta
liquidazione, regolata dal Codice Civile dagli artt. dal 2275 al 2283. Lo scioglimento, dunque, non
determina l’estinzione immediata della società ma il cambiamento dello scopo sociale. La società
permane ma la sua attività non è più quella diretta alla produzione di beni e servizi o utili, bensì alla
definizione dei rapporti giuridici ancora in piedi che fanno capo alla società meditante la
realizzazione dell’attivo e il pagamento dei creditori sociali.
A gestire la società durante la fase di liquidazione non saranno gli amministratori perché la società
non persegue più gli stessi scopi sociali. Nel momento in cui si apre questa fase, essi sono sostituiti
da altri soggetti detti liquidatori. Non necessariamente devono essere altre persone (amministratore
può diventare liquidatore) ma l’attività dell’amministratore non è quella del liquidatore e viceversa.
I soci amministratori conservano esclusivamente il potere di compiere gli affari urgenti e restano in
carica fin quando non verranno nominati i liquidatori.
Il procedimento di liquidazione è regolamentato dagli articoli del Codice, tuttavia il legislatore
lascia ampia possibilità e libertà alla volontà dei soci stabilendo, però, che in mancanza di diversa
pattuizione la fase di liquidazione viene svolta da uno o più liquidatori nominati con il consenso di
tutti i soci. Può essere difficile trovare un accordo per la nomina nel caso in cui lo scioglimento sia
avvenuto in un momento di tensione: in tal caso, se l’accordo non c’è non rimane che rivolgersi
all’autorità giudiziaria. I liquidatori hanno il potere di procedere alla liquidazione del patrimonio
sociale quindi sono tenuti a svolgere alcune attività fondamentali:
- Redazione di un inventario dei beni della società;
- Monetizzazione dell’attivo sociale;
- Pagamento delle passività sociali;
- Redazione di un bilancio di chiusura della liquidazione;
- Predisposizione di un piano di riparto con cui viene ripartito quel che rimane in proporzione
ai soci.

I liquidatori dispongono del potere di rappresentanza sociale (come lo avevano gli


amministratori) ma non possono intraprendere nuove operazioni estranee a fini liquidativi; se lo
fanno è a loro rischio e pericolo (ad esempio, il liquidatore potrebbe non disporre dei soldi necessari
per terminare una certa produzione o lavorazione e, in tal caso, sarebbe esposto personalmente alle
spese.
Una volta estinti tutti i debiti della società si arriva al piano di riparto dell’attivo residuo tra i
soci. Nella società semplice ripartire l’eventuale eccedenza tra i soci avviene solo dopo il
pagamento delle passività: nelle s.s. la formalità è ridotta al minimo. Infatti, i liquidatori prima di
rimborsare i conferimenti e ripartire l’eventuale eccedenza in proporzione alla partecipazione di
ciascuno agli utili devono occuparsi di pagare tutti i debiti sociali. L’ammontare dei conferimenti
non aventi ad oggetto somme di denaro è determinata seconda la valutazione fatta nel contratto e in
mancanza secondo il valore dei beni al momento del conferimento.

Le regole che devono rispettare i liquidatori sono 4:


1. Non possono ripartire tra i soci i beni sociali prima che tutti i creditori sociali siano stati
soddisfatti o siano state quantomeno accantonate le somme necessarie per il pagamento dei
debiti;
2. Se il patrimonio sociale è insufficiente per far fronte ai debiti della società i liquidatori
devono costringere i soci che non hanno ancora versato tutto il proprio conferimento a
farlo (ricorda: per il fatto di promettere il conferimento si acquisisce lo status di socio dunque
esso può non essere ancora integralmente versato: in questa fase se il socio non l’ha ancora
versato interamente il liquidatore lo obbliga a farlo);
3. Qualora, nonostante le varie operazione tese a implementare il patrimonio residuale per
svolgere le operazioni liquidatorie, i beni sociali non dovessero risultare sufficienti a estinguere
tutti i debiti i soci sono obbligati in proporzione alla loro quota a partecipare alle perdite
quindi a versare ai liquidatori ulteriori somme che si dovessero rendere necessarie nei limiti
delle rispettive responsabilità;
4. L’attivo residuato dall’estinzione dei debito sociali deve essere distribuito ai soci come
rimborso dei conferimenti e l’eventuale eccedenza è ripartita tra loro in misura alla
partecipazione ai guadagni.

Una volta conclusa la fase di liquidazione la società può dirsi estinta? I liquidatori della s.s. al
termine del procedimento di liquidazione devono richiedere la cancellazione della società dal
registro delle imprese.
Le Sezioni Unite della Cassazione nel 2010 hanno confermato l’efficacia costituiva della
cancellazione delle sole società di capitali dal registro. Ma con riferimento alle s.s. hanno sostenuto,
per garantire parità di trattamento per i creditori di ogni tipo di società, che la cancellazione dal
registro delle imprese deve essere eseguita. Per avere la certezza di aver chiuso la fase liquidatoria
anche per una società di persone è necessario che la società venga cancellata dal registro delle
imprese.

LEZIONE 6
Società in nome collettivo
La s.n.c. è quell’ente che costituisce il modello di organizzazione societario che si presume
utilizzato dai soggetti per l’esercizio di un’attività commerciale. Se non è stabilito nulla nell’atto
costitutivo, per l’esercizio di un’attività commerciale, si presume che la società sia una s.n.c. Il
Codice contempla la disciplina della s.n.c. in una ventina di articoli dal 2291 al 2312. Sono meno
rispetto a quelli per la s.s. perché l’art.2293 c.c. fa un rinvio a tutte le norme dettate in materia di
s.s. in quanto non incompatibili.

Costituzione
La stipulazione dell’atto costitutivo della s.n.c. richiama l’art.2247 c.c.: l’atto costitutivo deve
essere costituito da due o più persone (no atto unilaterale) e occorre sempre la pluralità dei soggetti.
Per la s.n.c l’atto costitutivo deve essere fatto per iscritto e redatto in due forme : atto pubblico o
scrittura privata autenticata. L’iscrizione di un atto non formalizzato in questi due modi viene
rifiutato e la società diventerà una s.n.c irregolare. Quindi, il fatto che l’atto costitutivo non sia
registrato non è causa di nullità, ma causa di irregolarità. Le conseguenze sono l’applicazione di
quel regime più rigoroso.

Cosa contiene l’atto costitutivo? L’art. 2295 c.c. prevede alcuni elementi che devono essere
presenti (nel caso di mancanza di qualche elemento si fa riferimento a norme suppletive per
l’integrazione):
1. Deve essere indicata la generalità dei soci che partecipano, la sede legale, oggetto sociale e
sedi secondarie;
2. Indicazione della ragione sociale (cioè del nome dell’impresa collettiva), diversamente dalle
società di capitale dove si parla di denominazione sociale;
3. Le prestazioni dei soci d’opera: il socio che presta un’attività lavorativa intellettuale o manuale,
se nulla vi è scritto nell’atto costitutivo, viene individuato secondo equità dal giudice;
4. Gli associati che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società;
5. I conferimenti di ogni socio, il valore ad essi attribuiti e modo di attribuzione. Nelle società di
persone si è più liberi rispetto alle società di capitale (il cui regolamento è puntuale);
6. La disciplina della ripartizione degli utili e perdite e quota di ciascuno. L’importante è che si
rispetti il divieto del patto leonino;
7. La durata della società (non obbligatoria ma importante per il recesso o per la liquidazione della
quota da parte del creditore). Se non è indicata la durata della società si ritiene che sia stata
costituita a tempo indeterminato. Se ha una durata specifica incide sulla possibilità della richiesta
di liquidazione della quota del socio debitore.

Responsabilità 
L’art.2291 c.c. “responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali” ci dice che “nella  società  in 
nome  collettivo  tutti  i    soci    rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni
sociali. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi”. Il legislatore è consapevole che
nella s.s. è possibile la limitazione della responsabilità per alcuni soci, purché venga riconosciuta a
soci non amministratori e sia stata fatta con idonea pubblicità a terzi. Questo non è previsto nelle
altre due forme sociali s.n.c. e s.a.s. (esistono gli accomandanti). Ciò non significa che nelle altre
forme sociali non sia possibile sottoscrivere accordi interni per la limitazione della responsabilità:
semplicemente non può essere opposto ai terzi. Il socio che ha firmato un accordo tra i soci (inter
partes) non potrà opporre il patto ai terzi ma dovrà pagare il debito sociale e rivalersi con i soci con
cui ha stabilito la limitazione della sua responsabilità. Infatti, per quanto riguarda la limitazione
della responsabilità, qualora un socio sia obbligato dai creditori dell’ente a pagare una somma che
eccede nel suo impegno è chiaro che si rivarrà sugli altri soci.
Un’altra differenza rispetto alla s.s. sta nel fatto che la s.n.c. regolare e la s.a.s. regolare hanno un
beneficium escussionis più marcato ed esiste di diritto: il creditore sociale può aggredire il
patrimonio del singolo socio solo dopo aver tentato di soddisfarsi sul patrimonio sociale (e solo
quando questo risulterà incapiente potrà rivolgersi sul patrimonio dei singoli soci). Possiamo dire
che c’è una responsabilità di carattere sussidiario.

Un altro argomento particolare, tipico della s.n.c., consiste nel divieto legale di concorrenza posto
a carico di ciascun socio (art. 2301 “divieto di concorrenza” —> “Il socio non può, senza il
consenso degli altri  soci,  esercitare per conto proprio o altrui un'attività concorrente con quella 
della società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società
concorrente. Il consenso  si  presume, se l'esercizio  dell'attività o la partecipazione ad altra
società preesisteva al contratto sociale, e gli altri soci ne erano a conoscenza. In caso
d'inosservanza  delle disposizioni  del  primo comma la società ha diritto al risarcimento del
danno, salva  l'applicazione dell'art. 2286”.
 
Questo articolo introduce un vero e proprio divieto legale e pone a carico di ciascun socio l’obbligo
di non esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente (rispetto all’oggetto
sociale). Questo obbligo di non concorrenza opera automaticamente, ma può essere derogato:
L’attività vietata che il socio non può compiere è quella concorrente all’oggetto sociale che la
società ha indicato nell’atto costitutivo. Spesso accade però che l’oggetto sociale delle società
ricomprenda una serie infinita di attività e quindi la giurisprudenza hanno stabilito che il divieto
vale solo per l’attività che effettivamente viene svolta e non tutte le infinite attività elencate
nell’atto costitutivo.
 
L’art.2305 c.c. ci dice che “il creditore particolare del socio, finche' dura la società, non può
chiedere la liquidazione della quota del socio debitore”, ciò significa che il creditore personale del
socio fin quando dura la società non può aggredire la quota di partecipazione al capitale sociale. Il
creditore particolare potrebbe vedersi interessato a chiedere la liquidazione della quota ma se la
società ha una durata precisa non può chiederla.
Ci sono alcuni casi in cui, quando scade il termine di durata di società, la società non si scioglie:
infatti, se la società continua la sua attività tacitamente viene prorogata e risulterà a tempo
indeterminato (ma la proroga tacita autorizza il creditore particolare ad aggredire senza aspettare
alcun tempo, in quanto la società non ha più una durata determinata). Diverso è il caso della proroga
ottenuta prima della scadenza con la quale la società decide di prorogare l’attività ad altra data e la
proroga espressa comporterà il rinnovo del divieto di aggressione della quota del socio debitore.
La durata della società, quindi, pur non essendo un elemento necessario dell’atto costitutivo, incide
fortemente su alcuni aspetti della vita della società.
Riassumendo, per quanto riguarda la s.n.c. regolare, viene negato il potere al creditore particolare
del socio di aggredire la quota del debitore fino alla scadenza della società.

Amministrazione
Per l’amministrazione vengono richiamati gli artt. 2257 e 2258 c.c. e si applicano con rinvio alle
s.s. Salvo diversa disposizione societaria, l’amministrazione della società spetterà a ciascun socio
(disgiuntiva). Ciascun socio amministratore, dunque, sarà legittimato a compiere tutte le operazioni
che ritiene utili per la società, da solo e senza il consenso degli altri. Il solo limite posto all’attività
del singolo socio è il diritto di opposizione.
I soci che assumono l’amministrazione della s.n.c. sono soggetti a una serie ulteriore di obblighi
rispetto a quelli previsti per la s.s.:
- innanzitutto sono tenuti a richiedere nel termine di 30 giorni al registro delle imprese le
modifiche dell’atto costitutivo e altri atti relativi alla società;
- Devono poi tenere in modo adeguato i libri e le altre scritture contabili;
- Devono indicare negli atti e nella corrispondenza sociale la sede della società e la sede del
registro delle imprese dove è iscritta la società.

Per quanto riguarda la rappresentanza della società, nella s.n.c. la rappresentanza spetta


all'amministratore della società (id est: agli amministratori, se più d'uno) e, pertanto, al socio (o ai
soci) che, nell'atto costitutivo (cfr. art. 2295 n. 3 c.c.), sono stati designati quali amministratori
con rappresentanza. A differenza della s.s., i soci che rappresentano la società sono quelli
espressamente nominati nell’atto costitutivo. Nel caso in cui l’atto costitutivo vada ad indicare quale
tra i soci è amministratore, potrà individuare anche i limiti dei poteri di questi. Ciò è importante
perché, ad esempio, se un amministratore ha dei poteri limitati di firma e supera o firma contratti
per importi superiori la società potrebbe obiettare che non aveva quei poteri e il creditore dovrà
rivalersi sulla persona dell’amministratore per la parte eccedente
L’art. 2300 - “modificazioni dell’atto costitutivo” ci dice che “gli amministratori devono
richiedere nel termine di trenta giorni all'ufficio del registro delle imprese l'iscrizione delle
modificazioni dell'atto costitutivo e degli altri fatti relativi alla società, dei quali e' obbligatoria
l'iscrizione. Se la modificazione dell'atto costitutivo risulta da  deliberazione dei soci, questa deve
essere depositata in copia autentica. Le modificazioni dell'atto costitutivo, finche' non sono 
iscritte, non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza”.
richiamando l’art. 2252 c.c. si ribadisce quindi che il contratto è plurilaterale e, pertanto, la
modifica del contratto di una s.n.c non potrà che avvenire con il consenso di tutti i soci. Per quanto
riguarda la conoscibilità dei terzi è possibile evincerla con raccomandata a/r o una PEC (non solo
attraverso il registro delle imprese).

Quali sono le modifiche degne di nota dell’atto costitutivo?


- La modifica della data della durata della società, perché da questa possono nascere
diverse conseguenze. La proroga produce effetti diversi a seconda che avvenga prima della
scadenza del termine (espressamente) o dopo la scadenza del termine;
- Riduzione del capitale sociale. Questo viene disciplinato per tutelare il principio
dell’affidamento dei terzi. Se la società delibera la riduzione del capitale per qualsiasi
ragione è chiaro che questa delibera deve essere necessariamente registrata e i vari creditori
che leggono la riduzione possono fare opposizione entro 30 giorni di tempo dalla data in cui
viene data pubblicità circa la riduzione;
- Cessione della quota sociale, anche nel caso in cui un socio acquista le quote di un altro
socio. Anche la cessione della quota sociale costituisce una modifica che richiede il
consenso di tutti i soci (necessario anche se la cessione avviene a favore di un altro socio).
L’atto viene registrato ed è necessario presentare la delibera che autorizza la cessione. Per
contratto di cessione della quota a titolo oneroso non ci sono particolari requisiti, mentre per
altri eventi come la cessione a causa di morte bisognerà presentare la successione. Il
cessionario che entra assume la responsabilità illimitata per tutte le obbligazioni, anche per
quelle sorte prima della cessione.

Scioglimento
Per quanto concerne lo scioglimento, la s.n.c. può sciogliersi per le cause già viste nella s.s. all’art
2272 c.c., in particolare:
- per il decorso del termine;
- per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilita' di
conseguirlo;
- per la volontà di tutti i soci;
- quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non e'
ricostituita;
- per le altre cause previste dal contratto sociale.
 
La s.n.c. si scioglie per le stesse cause che abbiamo esaminato a proposito della società semplice. A
queste ipotesi si deve aggiungere il fallimento della società (la società semplice invece, essendo
non commerciale, non può fallire). Esaurite le operazioni di liquidazione del patrimonio sociale, i
liquidatori devono predisporre e comunicare ai soci: il bilancio finale di liquidazione ed il piano di
riparto dell’attivo residuo ai soci. Devono infine depositare presso il registro delle imprese l’istanza
di cancellazione della società.

Il sistema di pubblicità vigente per le s.n.c. richiede la forma scritta dell’atto costitutivo
esclusivamente ai fini della pubblicità e della registrazione. Il notaio e gli amministratori sono tenuti
e obbligati a procedere alla pubblicità nel registro delle imprese. Qualora non vi provvedano
potranno essere gli stessi soci a spese della società a chiedere la registrazione. La pubblicità riveste
una funzione dichiarativa e la mancata registrazione non determina l’invalidità del contratto sociale
ma solo l’irregolarità. La condizione di società regolare comporta 3 conseguenze:
1.     Il creditore particolare del socio non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore;
2.     la responsabilità illimitata e solidale è, nelle s.n.c. regolari, responsabilità sussidiaria;
3.     La violazione ai poteri di rappresentanza non sono opponibili ai terzi se non iscritti al registro
delle imprese.

Sulla base di queste 3 regole le principali conseguenze della mancata registrazione sono:
I rapporti tra la società e i terzi vengono regolati dalle norme per la s.s. (minor tutela nei confronti
della società e dei soci) con due eccezioni: la prima è data dal fatto che resta ferma la responsabilità
solidale e illimitata dei soci, ed inefficace ogni patto contrario nei confronti dei terzi; la seconda è
che il potere di rappresentanza e amministrazione spettano, in mancanza di specifica regolazione
disgiuntamente a tutti i soci. Sono opponibili solo ai terzi che ne hanno conoscenza. Il termine di
prescrizione è di 10 anni. Ciascun socio può provvedere alla regolarizzazione della società.
 
Società in accomandita semplice
(Dall’art. 2313 all’art. 2324 c.c.)

Così come la società in nome collettivo, anche la società in accomandita semplice (s.a.s.) è una
società di persone che ha normalmente a oggetto attività commerciale. Anch’essa, quindi, è soggetta
all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e, se insolvente, è sottoposta a fallimento.

Ciò che contraddistingue la società in accomandita semplice dalla società in nome collettivo è che
essa è costituita da due diverse categorie di soci:
- I soci accomandatari: che rispondono dei debiti sociali in maniera illimitata e solidale,
esattamente come i soci di una s.n.c., tanto che in caso di fallimento della società, vengono
dichiarati falliti anch’essi in proprio;
- I soci accomandanti: che rispondono invece unicamente entro i limiti della quota conferita.
Mentre i soci accomandatari rischiano dunque nella società l’intero loro patrimonio, i soci
accomandanti usufruiscono del beneficio della responsabilità limitata.

Alla società in accomandita semplice sono applicabili le norme sulla società in nome collettivo,
sempre che siano compatibili con la particolare struttura della s.a.s. È dunque evidente che, per
esempio, le norme sulla società in nome collettivo non potranno applicarsi ai soci accomandanti, dal
momento che questa categoria di soci è del tutto estranea alla s.n.c. Come nella società in nome
collettivo, anche nell’accomandita semplice l’atto costitutivo deve avere, ai fini dell’iscrizione, la
forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico. Vanno però tenute presenti le seguenti
particolarità:
- L’atto costitutivo deve indicare quali soci assumono la veste di accomandatari e quali
quella di soci accomandanti; tale specificazione ha lo scopo di consentire ai terzi di
individuare i soggetti che rispondono dei debiti sociali con tutto il loro patrimonio e di fare
quindi affidamento, oltre che sul patrimonio sociale, anche sul patrimonio di costoro;
- La ragione sociale deve contenere, oltre all’indicazione di s.a.s., il nome di almeno un
accomandatario (ad esempio: Tecnica impianti di Rossi Davide).

Chiarito che è caratteristica essenziale della s.a.s. la coesistenza di due distinte categorie di soci,
esaminiamo la rispettiva posizione giuridica:
- Gli accomandatari. La società in accomandita semplice può essere amministrata solo da
soci che siano accomandatari. Gli amministratori hanno anche la rappresentanza della
società. Può darsi che l’amministrazione spetti a tutti i soci accomandatari, nel qual caso si
applicano (salvo diversa previsione) le regole dell’amministrazione disgiuntiva che abbiamo
visto per la società semplice. Viceversa, può accadere che il potere di amministrare spetti
solo a uno degli accomandatari. La legge impone che l’amministrazione spetti
esclusivamente ai soci accomandatari perché il potere di amministrare costituisce l’altra
faccia della responsabilità illimitata propria degli accomandatari. Se l’amministrazione
potesse essere, per assurdo, affidata ai soci accomandanti, essi potrebbero realizzare atti di
cattiva gestione confidando che, in ogni caso, non rischierebbero più di quanto essi hanno
conferito. La quota del socio accomandatario può essere trasmessa per atto tra vivi oppure a
causa di morte.
- Gli accomandanti. Come abbiamo detto, gli accomandanti sono soci limitatamente
responsabili. Essi non possono amministrare la società, n é possono averne la
rappresentanza. È loro consentito di compiere atti specifici in nome e per conto della
società, ma solo in forza di una procura speciale, rilasciata per il compimento di singoli
affari. Ai soci accomandatari vanno riconosciuti i seguenti diritti: 1) percezione degli utili
secondo la misura prevista dall’atto costitutivo o (se questo non dispone) proporzionale alla
quota di partecipazione; 2) comunicazione annuale, da parte degli accomandatari, del
bilancio; 3) consultazione dei libri sociali e dell’altra documentazione della società, al fine
di controllare la correttezza del bilancio e del conto economico; 4) rilascio di autorizzazioni
e pareri su specifiche questioni nei limiti previsti dall’atto costitutivo e svolgimento di atti
di ispezione o di sorveglianza. Come si vede, per quanto esclusi dall’amministrazione, gli
accomandanti possono comunque controllare, soprattutto attraverso le scritture contabili,
l’andamento della società e il corretto svolgimento dell’amministrazione. D’altra parte
anche a loro spetta il potere di nomina e di revoca degli amministratori.

La quota del socio accomandante può essere trasmessa nei seguenti modi: 1) per causa di morte,
con applicazione delle regole già viste per la società semplice; 2) per atto tra vivi: in questo caso è
necessario il consenso dei soci (accomandanti e accomandatari) che rappresentino la maggioranza
del capitale. Il socio accomandante, per le ragioni che abbiamo visto, non può amministrare la
società. Si dice anzi che su di lui grava un vero e proprio divieto di ingerenza (o di “immistione” )
nell’amministrazione della società.

Se l’accomandante contravviene al divieto, si espone a due tipi di sanzioni:


- La responsabilità illimitata. Per il principio di corrispondenza tra il potere di
amministrazione e la responsabilità illimitata, il socio accomandante che si sia ingerito nella
gestione perde il beneficio della responsabilità limitata.
- L’esclusione dalla società.

La s.a.s. si scioglie per tutte le cause già viste a proposito della società semplice e della società in
nome collettivo, compresa la dichiarazione di fallimento. A queste cause si aggiunge una specifica
della s.a.s.: l’estinzione di una delle due categorie di soci. In altre parole, la s.a.s. si scioglie anche
quando vengono a mancare tutti i soci accomandatari o tutti i soci accomandanti , a meno che,
entro sei mesi, la categoria di soci estinta non venga ricostituita. Se sono venuti a mancare tutti i
soci accomandatari, gli accomandanti che intendano evitare lo scioglimento della società devono
nominare un amministratore provvisorio finché, nel termine prescritto, la categoria di soci
accomandatari non sia ricostituita. Come in tutte le altre società, allo scioglimento segue la fase
della liquidazione, con la nomina dei liquidatori, la liquidazione del patrimonio sociale, il
pagamento dei creditori ed il riparto del residuo tra i soci. Successivamente, come in tutte le società
commerciali, si deve provvedere alla cancellazione dal registro delle imprese.

Potrebbero piacerti anche