):
È un tipo di società di capitali (le altre sono: società in accomandita per azioni sa.pa. e società a
responsabilità limitata s.r.l.).
Capitale minimo per la costituzione= 50.000€.
In questo tipo di società di capitali per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo
patrimonio (si ha una responsabilità limitata art. 2325) e la partecipazione sociale è rappresentata da
azioni (art. 2346). Le S.p.A. sono il tipo di società più importante nella realtà economica sia per l’ampia
diffusione che per il fatto che è la forma prescelta dalle imprese di media e grande dimensione (sono
numerose anche le imprese di dimensioni un po’ più modeste).
Caratteri essenziali:
Personalità giuridica la società per azioni in quanto dotata di personalità giuridica è per legge
trattata come soggetto di diritto distinto dalle persone dei soci e perciò gode di una piena e perfetta
autonomia patrimoniale: i beni conferiti dai soci diventano beni di proprietà della società. La società
e solo la società è qualificabile come imprenditore e solo in testa ad essa si puntualizza la disciplina
dell’impresa;
Responsabilità limitata dei soci non si assumono alcuna responsabilità, sono però obbligati ad
eseguire i conferimenti promessi e perciò possono predeterminare quanta parte della propria
ricchezza personale esporre al rischio di impresa. I creditori possono rifarsi solo sul patrimonio della
società;
Quote di partecipazione rappresentata da azioni le azioni sono partecipazioni sociali di uguale
valore e che conferiscono ai loro possessori uguali diritti (art. 2348). Queste caratteristiche fanno sì
che le azioni siano liberamente trasferibili e consente che la loro circolazione avvenga attraverso dei
documenti assoggettabili alla disciplina dei titoli di credito.
Organizzazione corporativa: assemblea, organo di gestione e organo di controllo. La presenza di
questi tre organi fa da contrappeso alla responsabilità limitata dei soci. L’assemblea funziona con il
principio maggioritario e il peso di ogni socio è dovuto dal capitale apportato e dalla quantità di
azioni che possiede: il potere decisionale è nelle mani di chi ha più capitale. Le competenze
dell’assemblea però sono limitate alle decisioni di maggior rilievo, mentre la gestione della società è
nelle mani degli amministratori.
Da queste caratteristiche si capisce perché S.p.A. è il tipo di società preferito dalle grandi imprese con azioni
diffuse tra il pubblico limitazione del rischio individuale dei soci e possibilità di pronta mobilitazione
dell’investimento favoriscono la raccolta di ingenti capitali di rischio di cui ha tipicamente bisogno la grande
impresa. Si rende così possibile la compartecipazione di un ristretto numero di soci, che assumono l’iniziativa
economica e sono animati da spirito imprenditoriale (c.d. azionisti imprenditori), con una gran massa di
piccoli azionisti animati dal solo intento di investire fruttuosamente il proprio risparmio (c.d. azionisti
risparmiatori) e rassicurati dalla possibilità di pronto disinvestimento.
Nella realtà le S.p.A. si identificano anche con un gran numero di società per azioni composte da un numero
non elevato di soci e costituite per la gestione di imprese di dimensioni modeste società per azioni a
ristretta base azionaria.
1
risparmiatori, inadeguatezza degli strumenti di autotutela dei soci, esigenza di una più energetica
tutela degli investitori;
2003: organica disciplina delle società di capitali non quotate. Nata come conseguenza della
necessità di modernizzare la disciplina delle società per azioni non quotate e di tutte le società di
capitali in generale.
Atto costitutivo: può essere costituita per contratto o per atto unilaterale (art. 2328), nel caso in cui abbia
un solo socio fondatore. In ogni caso l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico a pena di nullità
della società (art. 2332). Deve indicare:
1. Le generalità dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a ciascuno
di essi.
2. La denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie
può essere liberamente formata, ma deve contenere l'indicazione di società per azioni (art. 2326).
Non può essere uguale o simile a quella già adottata da altra società concorrente, quando ciò possa
creare confusione (art. 2567).
3. L'attività che costituisce l'oggetto sociale oggetto sociale= il tipo di attività economica che la
società si propone di svolgere. È pratica diffusa quella di indicare una pluralità di attività: una
principale e altre strumentali o complementari rispetto alla prima;
4. L'ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato;
5. Il numero e l'eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di emissione
e circolazione;
6. Il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura (sempre che vi siano);
7. Le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti indicazione necessaria solo se si vuole
modificare la relativa disciplina legale;
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8. I benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori. Sia per i soci fondatori (art.
2341) che per i promotori (art. 2340) l'unico beneficio che possono ricevere può essere costituito da
una partecipazione agli utili che non può superare complessivamente il dieci per cento degli utili
netti risultanti dal bilancio e non può avere una durata superiore a cinque anni;
9. Il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali
tra essi hanno la rappresentanza della società;
10. Il numero dei componenti del collegio sindacale;
11. La nomina dei primi amministratori e sindaci (ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza) e,
quando previsto, del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;
12. L'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della
società;
13. La durata della società l’attuale disciplina prevede anche la possibilità che la società sia costituita a
tempo indeterminato: in questo caso se le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato, i
soci possono liberamente recedere dalla società decorso un periodo di tempo stabilito nell’atto
costitutivo, che comunque non può essere superiore ad un anno. Inoltre, il socio deve dare un
preavviso di 180 giorni che può anche essere allungato dallo statuto fino a 1 anno (art. 2473).
Non tutti i requisiti contenuti nell’art. 2328 sono richiesti a pena di nullità della società una volta intervenuta
l’iscrizione nel registro delle imprese.
Molto spesso si preferisce procedere alla redazione di due distinti documenti, perché l’atto costitutivo nella
realtà ha contenuto molto più ampio di quello previsto dalla legge:
L’atto costitutivo: più sintetico, contiene la manifestazione di volontà di costituire la società ed i dati
fondamentali della costituenda società;
Lo statuto: più analitico, contiene le regole di funzionamento della società. N.B. Esso è parte
integrante dell’atto costitutivo. La distinzione tra i 2 atti è puramente documentale.
In caso di contrasto, prevalgono le clausole dello statuto rispetto a quelle dell’atto costitutivo.
Altro tipo particolare di accordo che è possibile trovare come costituzione della società sono i patti
parasociali. Sono accordi stipulati tra i soci o alcuni di essi. Possono essere stipulati accanto all’atto
costitutivo e allo statuto, al momento della costituzione della società ovvero durante societate. Hanno la
finalità di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società.
Esempi: sindacati di voto, sindacati di blocco.
Hanno una durata massima che è prevista per 5 anni, ma con possibilità di rinnovo alla scadenza.
Hanno efficacia obbligatoria e sono senza vincoli pubblicistici e di trasparenza nelle società chiuse. (Cenno
alla disciplina nelle società aperte).
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Il controllo di legalità spetta al notaio: le condizioni richieste dalla legge non debbono essere
«manifestamente inesistenti».
o Comma 2: «Se il notaio o gli amministratori non provvedono al deposito nel termine indicato
nel comma precedente, ciascun socio può provvedervi a spese della società».
o Comma 3: «L'iscrizione della società nel registro delle imprese è richiesta contestualmente al
deposito dell'atto costitutivo. L'ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità
formale della documentazione, iscrive la società nel registro».
L’Ufficio del registro delle imprese, a sua volta, svolge un controllo sulla regolarità formale
della documentazione ricevuta.
Il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo deve depositarlo, entro dieci giorni, presso l’ufficio del registro
delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società, allegando all’atto costitutivo i
documenti che comprovano l’osservanza delle condizioni richieste per la costituzione. Se il notaio non
provvede, l’obbligo incombe sugli amministratori nominati nell’atto costitutivo. Nell’inerzia di entrambi, ogni
socio può provvedervi a spese della società (art. 2330).
Il notaio ha anche il compito di verificare l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge per la
costituzione (art. 2346) nel caso in cui il notaio presenti un atto costitutivo privo di queste condizioni sono
previste delle sanzioni amministrative. Pertanto, il notaio dovrà svolgere un controllo di legalità (formale e
sostanziale), volto ad accertare la conformità alla legge della costituenda società. Se l’atto costitutivo è
realizzato regolarmente, il notaio provvederà all’iscrizione nel registro delle imprese: l’ufficio del registro,
prima di procedere all’iscrizione, può e deve verificare solo la regolarità formale della documentazione
ricevuta.
Può verificarsi che tra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione della società nel registro delle imprese
vengano compiute delle operazioni in nome della costituenda società. Per quanto riguarda questo tipo di
operazioni, l’art. 2331 al comma 2 prevede che «sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i
terzi coloro che hanno agito. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore
e quelli tra i soci che nell'atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato o consentito il
compimento dell'operazione». Tuttavia, al comma 3 è stabilito che «qualora successivamente all'iscrizione la
società abbia approvato un'operazione prevista dal precedente comma, è responsabile anche la società ed
essa è tenuta a rilevare coloro che hanno agito». Ciò vuol dire che, conclusosi il procedimento di
costituzione, la società resta automaticamente vincolata solo se le operazioni compiute in suo nome erano
necessarie per la costituzione (quando approva un’operazione necessaria compiuta in precedenza, ne
diventa responsabile). Al contrario, la società è libera di accollarsi o meno le obbligazioni derivanti da
operazioni non necessarie per la costituzione. In qualsiasi caso però, l’accollo da parte della società non fa
venire meno la responsabilità verso i terzi dei soggetti agenti.
Prima dell’iscrizione nel registro delle imprese è vietata l’emissione delle azioni ed esse non possono formare
oggetto di offerta al pubblico (si fa eccezione per il caso in cui la costituzione avviene per pubblica
sottoscrizione).
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La nullità della S.p.A.:
Vi è una differente disciplina a seconda che l’invalidità intervenga prima o dopo l’iscrizione nel registro delle
imprese:
Se l’invalidità avviene prima della registrazione si applica la disciplina generale dell’invalidità dei
contratti, perché vi è solo un contratto di società;
Se l’invalidità avviene dopo la registrazione si ha la nascita di una società invalidamente costituita
si applica la disciplina speciale della nullità della società per azioni iscritta, art. 2332. È una disciplina
speciale sia riguardo le cause di nullità che riguardo gli effetti della nullità.
Cause di nullità (ridotte dopo la riforma del 2003):
o Mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico;
o Illiceità dell’oggetto sociale;
o Mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione concernente la denominazione della
società, i conferimenti, l’ammontare del capitale sociale, l’oggetto sociale.
La possibilità di dichiarare invalida una S.p.A. dopo la registrazione si ha SOLO in questi 3 casi (sono
casi tassativi) esigenza di conservare la società dove possibile. Chiunque vi abbia interesse può
richiedere la nullità.
La disciplina prevede che si tratti di una nullità sanabile (prima della sentenza) tramite una
modificazione dell’atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese (art. 2332).
Effetti della nullità:
La dichiarazione di nullità opera ex nunc: non sono pregiudicati gli atti compiuti dopo l’iscrizione e
prima della dichiarazione di nullità (art.2332).
N.B. I soci NON rispondono personalmente per le obbligazioni sociali contratte in precedenza, ma
non sono liberati dall’obbligo dei conferimenti fin quando non siano soddisfatti i creditori sociali.
Quindi, la dichiarazione non tocca minimamente l’attività già svolta e opera come causa di
scioglimento della società.
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I patrimoni destinati:
Si tratta di una nuova tecnica, prevista dalla riforma del 2003, per limitare il rischio di impresa patrimoni
destinati ad uno specifico affare (art. 2447-bis-2447-decies).
Questa consente di evitare la moltiplicazione formale delle società e i relativi costi perché consiste
nell’individuare (all’interno della società che resta unica) uno o più patrimoni separati che rispondono solo
delle obbligazioni relative a predeterminate e specifiche operazioni economiche.
Due modelli:
Patrimoni destinati operativi;
Finanziamento destinato.
I conferimenti:
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società; la loro
funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell’attività
di impresa (funzione produttiva dei conferimenti).
Art.2247: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio comune di
un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. I conferimenti sono le prestazioni cui le parti del
contratto di società si obbligano, destinando stabilmente parte della propria ricchezza all’attività comune
come conseguenza diretta si ha l’acquisto della qualità di socio.
Valore in denaro del complesso dei conferimenti promessi dai soci= capitale sociale nominale.
Oggetto dei conferimenti: secondo l’art. 2247, possono essere conferiti beni o servizi: vale a dire, ogni entità
suscettibile di valutazione economica che le parti ritengano funzionale al conseguimento dell’oggetto sociale.
Secondo la disciplina generale delle obbligazioni riportata all’art. 1174 si ha inoltre che prestazione che
forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e corrispondere a un
interesse, anche non patrimoniale, della controparte contrattuale. Nelle S.p.A. NON trova applicazione il
principio di libertà dei conferimenti.
Tuttavia, i principi generali a cui si ispira la disciplina dei conferimenti nelle S.p.A. sono:
Quello di garantire alla società l’effettivo acquisto dei conferimenti promessi dai soci;
Quello di garantire che il valore attribuito dai soci ai conferimenti sia veritiero;
Quello di assicurare che il valore globale dei conferimenti non sia inferiore all’ammontare totale del
capitale sociale, con evidente inganno peri i creditori riguardo l’effettiva formazione del capitale
sociale.
Si hanno diversi tipi di conferimenti.
1. Conferimenti in denaro:
Nelle S.p.A., se non è diversamente stabilito nell’atto costitutivo, i conferimenti devono effettuarsi in denaro
(art. 2342) per garantire fin dalla costituzione della società l’effettività almeno parziale del capitale, è
disposto l’obbligo che il 25% della somma conferita (il 100% se S.p.A. unipersonale) sia immediatamente
depositata in banca e se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati
entro novanta giorni.
Sovrapprezzo: è la differenza tra il valore nominale e il valore reale dell’azione. Durante la vita dell’impresa, il
patrimonio della società è di solito maggiore rispetto al capitale sociale nominale, per effetto dei profitti
accantonati dalla società, del maggior valore reale di alcuni asset iscritti in bilancio al costo storico e della
svalutazione monetaria.
Il sovrapprezzo costituisce l’esborso ulteriore dovuto dal socio in occasione della sottoscrizione delle azioni
(aumento di capitale), per equilibrare il maggior valore reale delle azioni rispetto a quello nominale. Per l’art.
2439, il sovrapprezzo deve essere interamente versato.
Il versamento dei conferimenti dei soci non ancora eseguiti deve risultare dal titolo azionario delle azioni non
interamente liberate (cioè quelle per le quali il socio non ha ancora versato la totalità del conferimento in
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denaro promesso), che sono nominative. Se queste sono trasferite, l’alienante risponde in solido con
l’acquirente dell’obbligo del conferimento residuo, per tre anni dall’iscrizione del trasferimento nel libro soci
(art. 2356).
Caso della mancata esecuzione di pagamento. Costituita la società, gli amministratori possono chiedere in
ogni momento ai soci il versamento della restante parte del conferimento in denaro promesso. Qualora il
socio non esegua il pagamento delle quote dovute si applica una particolare disciplina prevista dall’art. 2344:
Il socio non può più esercitare il diritto di voto;
Invece che mettere in atto la normale azione giudiziaria per la condanna all’adempimento e
l’esecuzione forzata, la società può avvalersi di una più celere procedura di vendita coattiva delle
azioni del socio moroso (le azioni del socio escluso entreranno a far parte del patrimonio della
società):
o Decorsi 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida in Gazzetta Ufficiale, possono offrire le
azioni agli altri soci in proporzione della loro partecipazione, per un corrispettivo maggiore o
uguale ai conferimenti ancora dovuti;
o In mancanza di offerte, possono vendere le azioni a mezzo di una banca o di un
intermediario autorizzato. Se la vendita coattiva è infruttuosa, possono dichiarare il socio
decaduto, trattenendo i conferimenti già versati. È fatta salva la possibilità di agire per
ottenere il risarcimento del danno.
Sono introdotte limitazioni anche per quanto riguarda i conferimenti di beni in natura e di crediti art.
2342: “le azioni corrispondenti ai conferimenti in natura e di crediti devono essere integralmente liberate al
momento della sottoscrizione”.
Le limitazioni riguardo questo tipo di conferimenti hanno quindi come obiettivo quello di preclude l’apporto
a titolo di conferimenti di cose generiche, future o altrui, nonché di prestazioni periodiche di beni.
È invece da ritenersi ammissibile il conferimento di diritti di godimento, dato che la società acquista col
consenso del conferente l’effettiva disponibilità del bene ed è in grado di trarne tutte le utilità.
Resta conferibile anche ogni prestazione di da che sia suscettibile di valutazione economica oggettiva e di
immediata messa a disposizione della società.
La valutazione:
I conferimenti diversi dal danaro devono formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione
regolato dall’art. 2343. Si vuole assicurare una valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti ed evitare
che agli stessi venga complessivamente assegnato un valore nominale superiore rispetto a quello reale. È un
procedimento che si articola in più fasi.
Chi conferisce beni in natura o crediti deve:
1. Presentazione di una relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribunale nel cui
circondario ha sede la società, contenente:
a. La descrizione dei beni o dei crediti conferiti;
b. L’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della
determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo;
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c. I criteri di valutazione seguiti.
La relazione deve essere allegata all’atto costitutivo. L’esperto risponde dei danni alla società, ai soci
e ai terzi.
2. La verifica della stima. Entro 180 giorni dalla iscrizione della società (o dell’aumento di capitale) nel
registro delle imprese, gli amministratori provvedono al controllo della valutazione dell’esperto. Fino
al momento della valutazione, le azioni liberate con il conferimento in natura sono inalienabili e
restano depositate presso la sede sociale. Se sussistono fondati motivi, gli amministratori
provvedono alla revisione della stima.
Effetti Se dalla revisione risulta che il valore dei beni era inferiore di oltre il 20% a quello per cui è
avvenuto il conferimento, la società riduce il capitale annullando le azioni scoperte. In alternativa, il
socio conferente può:
a. Versare la differenza in denaro (si mantiene inalterato il numero delle azioni sottoscritte);
b. Recedere dalla società, ottenendo la restituzione del bene conferito solo se possibile.
Il procedimento di stima può essere omesso in certi casi in cui il valore del conferimento in natura risulta già
in modo attendibile da altre circostanze (art. 2343-ter; detti anche metodi di stima alternativi).
Precisamente, non si richiede la stima di un perito nominato dal tribunale:
Per i titoli quotati nel mercato dei capitali e per gli strumenti quotati nel mercato monetario (il
valore del conferimento e dell’eventuale sovrapprezzo è pari o inferiore al prezzo medio ponderato
di mercato nei sei mesi precedenti);
Per i beni iscritti nel precedente bilancio di altra società, e valutati al fair value, purché il revisore
non abbia espresso rilievi sul bilancio stesso (il valore del conferimento e dell’eventuale
sovrapprezzo è pari o inferiore al valore di bilancio);
Per i beni già oggetto di precedente valutazione da parte di un esperto indipendente, non oltre sei
mesi prima del conferimento (il valore del conferimento e dell’eventuale sovrapprezzo è pari o
inferiore al valore risultante dalla perizia di stima).
Gli amministratori possono richiedere una nuova valutazione del conferimento in natura secondo la normale
procedura dell’art.2343 qualora ritengano inattendibile il valore ad esso attribuito. Secondo l’art. 2343-
quater questa richiesta può essere fatta:
Se dopo il conferimento sono intervenuti fatti eccezionali che hanno inciso sul prezzo di mercato dei
titoli;
Se dopo la data di riferimento del bilancio in cui il bene conferito al fair value sono intervenuti fatti
nuovi che ne hanno modificato il valore;
Se l’esperto che ha redatto la perizia di stima non era dotato dei requisiti di indipendenza e
professionalità.
Se invece gli amministratori non ritengono di dover rivedere la stima, essi procedono, entro il termine di
trenta giorni, al deposito nel registro imprese dell’iscrizione di una dichiarazione in cui:
Descrivono i beni o dei crediti conferiti;
Il metodo di stima del loro valore;
Attestano che tale valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del
capitale sociale e del sovrapprezzo;
Dichiarano che non sono intervenuti fatti eccezionali che hanno ridotto il valore dei beni conferiti;
Danno atto dei controlli da essi effettuati in ordine ai requisiti di professionalità e indipendenza
previsti per l’esperto.
Fino all’iscrizione di tale dichiarazione, le azioni corrispondenti sono inalienabili e devono restare depositate
presso la sede della società.
La disciplina in materia di stima dei conferimenti in natura può essere aggirata: chi intendeva conferire un
bene in natura figurava nell’atto costitutivo come socio che si era obbligato a conferire denaro, allora per
estinguere il suo debito di apporto egli provvedeva a vendere (appena costituita la società) alla società
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stessa il bene in cambio dell’importo corrispondente alla somma da lui dovuta. Questo pericolo è
neutralizzato dall’art. 2343-bis.
L’art. 2343-bis disciplina gli “acquisti pericolosi” della società da parte di promotori, fondatori, soci e
amministratori nei due anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese, per un corrispettivo pari o
superiore al decimo del capitale.
Tali acquisti devono essere autorizzati dall’assemblea ordinaria, sulla base di una relazione giurata di stima
analoga a quella prevista dall’art. 2343, depositata presso la società nei 15 giorni che precedono l’assemblea
e presso il registro delle imprese unitamente alla deliberazione.
Sono esenti da tale disciplina gli acquisti effettuati a condizioni normali nell’ambito di operazioni correnti
della società e quelli che avvengono in mercati regolamentati o sotto il controllo dell’autorità giudiziaria o
amministrativa.
Le prestazioni accessorie:
L’atto costitutivo può prevedere l’obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in
danaro, determinandone anche contenuto, durata, modalità e compenso (art. 2345).
Le prestazioni accessorie costituiscono un utile strumento per vincolare stabilmente i soci ad effettuare a
favore della società prestazioni accessorie che non possono formare oggetto di conferimento.
Le azioni con prestazioni accessorie devono essere nominative e non possono essere trasferibili senza il
consenso degli amministratori (perché il trasferimento delle azioni comporta anche il trasferimento
dell’obbligo di esecuzione di esse). Inoltre, salvo diversa clausola statutaria, tali obblighi possono essere
modificati solo con il consenso di tutti i soci.
Le azioni:
Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella società per azioni. Esse sono quote di partecipazione
omogenee e standardizzate, liberamente trasferibili e di regola rappresentate da documenti (titoli azionari)
che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito. Normalmente la partecipazione sociale è incorporata
in un titolo azionario.
Nella S.p.A. infatti, il capitale sociale sottoscritto è diviso in un numero predeterminato di parti di identico
ammontare, ognuna delle quali caratterizza un’azione che attribuisce identici diritti nella società e verso la
società.
La singola azione incorpora nel contempo, sia l’unità minima di partecipazione al capitale sociale e l’unità di
misura dei diritti sociali: è perciò indivisibile; se più soggetti diventano titolari di un’unica azione devono
nominare un rappresentante comune per l’esercizio dei diritti verso la società (art. 2347).
Caratteristiche delle azioni:
Indivisibilità. Unità di partecipazione minima al capitale sociale. Se ho più titolari di una stessa
azione si dovrà nominare un rappresentante comune, la nomina è un onere dei titolari perché se
non si fa la nomina tutto ciò che comporta l’azione vale solo per un titolare. Si applicano le norme
della comunione, delle obbligazioni che derivano dall’azione rispondo tutti i titolari;
Uguaglianza. Art. 2348. Le azioni hanno valori uguali e danno uguali diritti. Le azioni devono essere
tutte di uguale valore: devono cioè tutte rappresentare un'identica frazione del capitale sociale
nominale; si definisce valore nominale delle azioni la parte del capitale sociale da ciascuna
rappresentata espressa in cifra monetaria.
Valori uguali: Art. 2346: Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione
corrisponde ad una frazione del capitale sociale. Il valore nominale viene attribuito dallo statuto,
però è possibile emettere azioni anche senza il valore nominale in questo caso il valore nominale
non è espresso, ma c’è e in particolare la partecipazione al capitale del singolo azionista è espressa in
una percentuale del numero complessivo delle azioni emesse.
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Non è però possibile emettere contemporaneamente azioni con e senza valore nominale. Quando il
valore nominale non viene indicato ci sono delle operazioni che vengono fatte più velocemente ad
es. per quanto riguarda l’aumento gratuito del capitale sociale questo nel caso di azioni con valore
nominale si realizza emettendo azioni nuove o aumentando il valore nominale delle azioni; invece
nel caso di azioni senza valore nominale si realizza aumentando semplicemente il capitale sociale.
Per tutte e azioni vale la regola che in nessun caso esse possono essere emesse per una somma
inferiore al loro valore nominale in nessun caso il valore complessivo dei conferimenti può essere
inferiore all’ammontare globale del capitale sociale (emissione sotto la pari).
È possibile che le azioni vengano emesse per somma superiore al valore nominale (emissione con
sovrapprezzo o emissione sopra la pari). Ciò è obbligatorio quando viene escluso o limitato il diritto
di opzione degli azionisti sulle azioni di nuova emissione (art. 2441) ed il valore reale delle azioni sia
superiore a quello nominale.
Le azioni hanno:
o Valore reale si ottiene dividendo il patrimonio netto della società per il numero delle
azioni: è un valore che varia nel tempo e che si può accertare contabilmente attraverso il
bilancio per questo è anche detto valore di bilancio;
o Valore nominale uguale per tutte le azioni;
o Valore di mercato valore che tale azione ha sul mercato. Risulta giornalmente dai listini
ufficiali;
o Valore di emissione.
L’andamento delle quotazioni in borsa esprime il valore effettivo delle azioni meglio del valore di
bilancio: il legislatore ne tiene conto quando nei rapporti tra società e soci, acquista rilievo il valore
reale delle azioni e in particolare il prezzo di emissione viene stabilito senza diritto di opzione e con
recesso dell’azionista.
Quando un socio possiede un certo numero di azioni (=pacchetto azionario) tale che gli consentono
di avere un controllo sulla società avrà un potere diverso nonostante le azioni abbiano tutte
uguale valore, quando un socio ne ha tante avrà più poteri quindi si ha un’uguaglianza particolare.
Uguali diritti: art. 2348. Si tratta di un’uguaglianza:
o Relativa è possibile creare “categorie di azioni fornite di diritti diversi” (art. 2348). per
questo motivo si ha la distinzione tra azioni ordinarie e azioni speciali (o di categoria);
o Oggettiva uguali sono i diritti che ogni azione attribuisce, non i diritti di cui ciascun
azionista globalmente dispone, dovendosi al riguardo tener conto anche del numero delle
azioni di cui ciascuno è titolare. Infatti, è vero che alcuni diritti dell’azionista sono
indipendenti dal numero di azioni, ma i diritti più significativi spettano in proporzione del
numero di azioni possedute (es: il diritto di intervento spetta a tutti, ma il diritto di chiedere
convocazione di assemblea spetta solo se si ha la percentuale di 1/10 del capitale sociale). Si
tratta comunque sia sempre di disuguaglianze perfettamente legittima e giusta perché in
essa si esprime l’essenza del principio cardine delle società di capitali: chi più ha conferito e
più rischia ha più potere e può imporre, nel rispetto della legalità, la propria volontà alla
minoranza.
Autonomia;
Circolazione in forma cartolare.
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o Diritto alla quota di liquidazione.
Diritti misti: hanno caratteristiche di entrambi i precedenti:
o Diritto di opzione: diritto che spetta al socio in caso di aumento di capitale a pagamento. Ha
duplica natura perché da un lato consente al socio di mantenere la stessa partecipazione sia
ai diritti patrimoniali che a quelli amministrativi;
o Diritto all’assegnazione di azioni gratuite;
o Diritto di recesso.
La società può emettere diverse categorie di azioni, art.2348. Quando ci sono diverse categorie di azioni vi è
una modifica dell’organizzazione interna della società, perché accanto all’assemblea interna della società
avremo anche un’assemblea speciale creata dai titolari di queste categorie. L’assemblea speciale deve
approvare le delibere dell’assemblea della società quando quest’ultima abbia approvato una delibera che va
a influire negativamente sui diritti che spettano ai titolari delle azioni speciali. L’assemblea speciale ha una
disciplina particolare (=disciplina delle assemblee straordinarie se le azioni speciali non sono quotate,
art.2376; se le azioni speciali sono quotate, si applica la disciplina dell’organizzazione degli azionisti di
risparmio, che prevede quorum assembleari meno elevati e la nomina di un rappresentante degli azionisti
speciali).
La creazione di categorie speciali di azioni determina che anche le azioni ordinarie subiscano delle modifiche
nei poteri/diritti che portano. Le categorie speciali di azioni sono fornite di diritti diversi da quelli tipici delle
azioni ordinarie e possono essere create dallo statuto o da una successiva modificazione di esso.
Categorie:
Per quanto riguarda l’aspetto patrimoniale, possono essere create delle azioni privilegiate che fanno
si che i titolari abbiano una precedenza quando si spartiscono gli utili:
o Azioni correlate. Quando il privilegio dell’azione è correlato ad un settore di attività, tipo un
ramo di azienda. Sono azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività
sociale di un determinato settore, anche quando non si dà vita a patrimoni separati destinati
ad uno specifico affare. Lo statuto deve tuttavia stabilire “i criteri di individuazione dei costi
e ricavi imputabili a tali azioni, nonché le eventuali condizioni e modalità di conversione in
azioni di altra categoria” (art. 2350). In ogni caso, ai possessori di azioni correlate non
possono essere corrisposti dividendi in misura superiore agli utili risultanti dal bilancio
generale della società;
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o Azioni postergate nelle perdite. Le perdite vengono prima coperte dai titolari delle azioni
ordinarie e poi da quelli delle azioni postergate. Si può anche prevedere che questo tipo di
azioni vengano rimborsate in tutto o in parte prima delle azioni ordinarie. Qui però vi è un
limite, perché non si può prevedere l’esclusione totale di un socio dalla partecipazione alle
perdite;
o Azioni privilegiate possono essere emesse anche senza limitazioni ammnistrative
(art.2350). sono azioni che attribuiscono ai loro titolari un diritto di preferenza nella
distribuzione degli utili e/o nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della
società. Nessuna disciplina specifica è dettata per quanto riguarda natura e misura del
privilegio: è solo posto il solo limite del divieto di patto leonino, la società è perciò libera di
articolare come preferisce il contenuto patrimoniale di tali azioni.
Riferite al diritto il voto. Nello statuto si possono creare delle azioni, art.2351:
o Con diritto di voto limitato a determinati argomenti (non necessariamente di esclusiva
competenza dell’assemblea straordinaria);
o Senza diritto di voto dal 2003 questo tipo di azioni possono essere emesse da tutte le
società;
o Con diritto di voto subordinato a particolari condizioni (condizioni non meramente
potestative);
o Voto plurimo potenziare il diritto di voto (per un massimo di 3 voti). Possibile nelle società
chiuse. Anche qui la norma ricollega questa possibilità a particolari argomenti o alla
ricorrenza di particolari condizioni. Questo tipo di voto è vietato nelle società quotate, dove
è previsto invece il voto maggiorato: questo attribuisce un numero di voti maggiore a chi le
possiede, fino ad arrivare a un massimo di 2 voti ed è previsto per i soci che hanno un
rapporto di lunga durata nella società (minimo 24 mesi). Le azioni con voto maggiorato però
non sono una categoria di azioni. Queste azioni se vengono cedute perdono il vantaggio.
Azioni senza voto, a voto limitato e a voto condizionato non possono tuttavia superare
complessivamente la metà del capitale sociale.
Alle società non quotate è inoltre consentito anche di prevedere che, in relazione alle azioni
possedute da uno stesso soggetto:
Il diritto di voto sia limitato ad una misura massima;
Sia introdotto il c.d. voto scalare.
Azioni a favore dei prestatori di lavoro (art.2349). Se lo statuto lo prevede, l'assemblea
straordinaria può deliberare l'assegnazione di utili ai prestatori di lavoro dipendenti delle società
mediante l’emissione di queste azioni: in particolare, gli utili sono imputati a capitale e, per l’importo
corrispondente, la società emette le azioni che vengono assegnate gratuitamente ai prestatori di
lavoro. Hanno caratteristiche particolari e la società può prevedere anche norme particolari. Dato
che la società emette nuove azioni dovrà aumentare il capitale sociale in misura corrispondente.
la società può escludere o limitare il diritto di opzione degli azionisti sulle azioni a pagamento di
nuova emissione, per poi offrire le stesse in sottoscrizione ai dipendenti della società;
Azioni di godimento, art. 2353. Salvo diversa disposizione dello statuto, le azioni di godimento, non
danno diritto di voto nell'assemblea: riguardano solo i diritti patrimoniali.
Azioni riscattabili. Possono essere riscattate o dalla società o dal socio
Azioni di risparmio. Sono regolate dal testo unico della finanza. Sono delle azioni privilegiate sotto il
profilo patrimoniale (anche se oggi non esiste una disciplina riguardante contenuto e misura di tali
privilegi, caratteristiche che sono individuate nell’atto costitutivo), emesse dalle società quotate,
prive del diritto di voto e possono essere emesse anche al portatore (garantiscono l’anonimato): c’è
una distinzione tra l’azionista risparmiatore e l’azionista imprenditore. Questo tipo di azioni
costituiscono, insieme alle azioni privilegiate a voto limitato, la risposta all’esigenza di incentivare
l’investimento in azioni offrendo ai risparmiatori titoli meglio rispondenti ai loro specifici interessi
(disinteresse nei diritti amministrativi e grande interesse per il contenuto patrimoniale e per la
redditività dei titoli azionari).
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È prevista un’organizzazione di gruppo per la tutela degli interessi comuni:
o Assemblea speciale delibera sugli oggetti di interesse comune ed in particolare
sull’approvazione delle delibere dell’assemblea della società che pregiudica i diritti degli
azionisti di risparmio e sulla transazione delle controversie con la società;
o Rappresentante comune è nominato dall’assemblea di categoria; provvede all’esecuzione
delle deliberazioni dell’assemblea e tutela gli interessi comuni degli azionisti di risparmio nei
confronti della società: per questo motivo gli è riconosciuto il diritto di assistere alle
assemblee della società e di impugnare le deliberazioni.
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o Clausole di gradimento, 2 sottocategorie:
Clausole che richiedono il possesso di determinati requisiti da parte dell’acquirente;
Clausole che subordinano il trasferimento delle azioni al consenso (placet) di un
organo sociale (quasi sempre il consiglio di amministrazione): dette clausole di mero
gradimento. Sono sempre state affiancate dal timore che esse possano costituire
strumento di abuso a danno dei soci estranei al gruppo di comando. Si prevede
l’inserimento nell’atto costitutivo di alcune clausole che subordinano il trasferimento
di azioni (anche a causa di morte) al mero gradimento (=consenso) di organi sociali o
di altri soci se il trasferimento prevede, in caso di rifiuto del gradimento, un obbligo
di acquisto a carico ella società o di altri soci.
o Clausole di riscatto prevedono un potere di riscatto delle azioni da parte della società o dei
soci al verificarsi di determinati eventi (art. 2437-sexies). Il valore di rimborso è determinato
applicando le disposizioni in tema di diritto di recesso dell'azionista, trova applicazione
anche il relativo procedimento di liquidazione e in caso di riscatto a favore della società trova
applicazione la disciplina dell'acquisto di azioni proprie.
Tutte le clausole statuarie limitative della circolazione possono essere introdotte o rimosse nel corso
della vita della società con delibera dell’assemblea straordinaria.
Limiti che non risultano da accordi consacrati nell’atto costitutivo: patti parasociali. Questo tipo di
limiti sono detti sindacati di blocco e hanno lo scopo di evitare l’ingresso in società di terzi non
graditi sono assoggettati a limiti di durata e agli specifici obblighi informativi previsti per i sindacati
di voto dai quali solitamente sono accompagnati. Vincolano solo le parti contraenti e sono
inopponibili a terzi (per questo spesso si inseriscono limiti statuari).
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o L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria;
o Solo nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il valore nominale delle
azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenuto conto anche
delle azioni possedute da società controllate.
Le azioni acquistate violando queste condizioni devono essere vendute entro un anno dal loro
acquisto. In mancanza, si dovrà procedere al loro annullamento ed alla corrispondente riduzione del
capitale sociale.
La disciplina si applica anche quando la società procede all’acquisto di azioni proprie per tramite di
società fiduciaria o per interposta persona.
Per contro, sono previsti alcuni “casi speciali” di acquisto, sottratti in tutto o in parte alle limitazioni:
in particolare, nessuna limitazione è applicabile quando l’acquisto avviene in esecuzione di una
delibera assembleare di riduzione del capitale sociale, da attuarsi mediante riscatto ed annullamento
di azioni;
Altre operazioni le altre operazioni sulle azioni proprie regolate dalla legge sono:
o L’assistenza finanziaria per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie consiste nel
concedere prestiti o fornire garanzia di qualsiasi tipo (direttamente o indirettamente) a
favore di soci o terzi per la sottoscrizione o l’acquisto di azioni proprie. Art.2358. Tali
operazioni sono oggi consentite previa approvazione dall’assemblea straordinaria, sulla base
di una relazione degli amministratori nella quale si indica lo specifico interesse della società
nel concedere l’assistenza finanziaria e che l’operazione avviene a condizioni di mercato e
sulla base di una valutazione del merito di credito della controparte. Resta applicabile la
disciplina per cui la società non può impiegare in operazioni sulle proprie azioni risorse
economiche superiori alla parte disponibile di patrimonio netto.
o L’accettazione di azioni proprie in garanzia la società non può accettare proprie azioni in
garanzia: i pericoli che ciò comporta sono analoghi a quelli determinati dall’acquisto delle
azioni proprie.
I contratti di assistenza finanziaria stipulati senza autorizzazione assembleare sono inefficaci in
quanto realizzati in violazione di un limite legale al potere di rappresentanza degli amministratori.
Le partecipazioni reciproche:
Le partecipazioni reciproche tra società di capitali danno luogo a pericoli simili a quelli che possono scaturire
dalla sottoscrizione e dall’acquisto di azioni proprie.
Caso di sottoscrizione reciproca del capitale. Si 2 società si costituiscono od aumentano il capitale sociale
sottoscrivendo l’una il capitale dell’altra, si avrà una moltiplicazione irreale della ricchezza perché aumenta il
capitale sociale nominale, ma senza l’aumento corrispondente anche del capitale reale. Art. 2360 e 2359-
quinquies articoli rivolti alla repressione di questo fenomeno. Per quanto riguarda le sanzioni da applicare
in caso di violazione si applicano le stesse sanzioni previste per la sottoscrizione di azioni proprie.
Caso di acquisto reciproco di azioni. L’acquisto reciproco di azioni lascia inalterato il capitale nominale, ma
determina una riduzione dei rispettivi capitali reali che può arrivare al completo svuotamento dei patrimoni
(= fenomeno della “carta contro carta”. La disciplina attuale riguardante ciò regola diverse fattispecie.
Le obbligazioni:
Le obbligazioni sono titoli di credito (nominativi o al portatore) che rappresentano frazioni di uguale valore
nominale e con uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo. I titoli
obbligazionari documentano quindi un credito verso la società. Le obbligazioni possono essere emesse solo
dalle S.p.A. e dalle sa.pa. e rappresentano il tipico strumento per la raccolta del capitale di prestito tra il
pubblico.
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Si differenziano dalle azioni perché il titolare di azioni ottiene la qualifica di azionista (o comunque socio della
società) e quindi ha diritto di partecipare ai risultati (positivi o negativi) dell’attività di impresa. Egli effettua
dei conferimenti che sottostanno ad una disciplina specifica e si prevede il rimborso dell’apporto iniziale solo
in sede di liquidazione e se c’è un residuo di attivo netto dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori
(l’azionista può ricevere una somma maggiore, uguale o minore di quella apportata inizialmente).
L’obbligazionista invece, è un soggetto che presta alla società un capitale, in cambio del quale ottiene una o
più obbligazioni: queste manifestano l’esistenza di un credito nei confronti della società. Egli ha diritto ad
una remunerazione periodica fissa (gli interessi) che normalmente è svincolata dal risultato dell’attività di
impresa (i tempi e l’entità del pagamento di questi possono variare in base a parametri oggettivi anche legati
all’andamento dell’attività, art. 2411) e al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla fine del
rapporto (quest’ultimo non può essere subordinato all’andamento dell’attività, ma può essere subordinato
in tutto o in parte alla soddisfazione di altri creditori).
L’obbligazionista inoltre, diventa titolare di diritti amministrativi (tipicamente diritto di voto) e diritti
patrimoniali. Per quanto riguarda questi ultimi i diritti del socio potrebbero sembrare molto simili a quelli
dell’obbligazionista, ma in realtà non lo è: è vero che il socio ogni anno ha diritto a degli utili, ma non sempre
si producono e anche se si producono non è detto che questi vengano distribuiti sotto forma di dividendi,
perché può anche essere che questi vengano usati come autofinanziamento l’obbligazionista invece ha
sempre diritto agli interessi, alle cedole. Inoltre, il socio ha diritto ad una quota di liquidazione, cosa però che
si verifica solo quando si registra un attivo dopo il saldo dei debiti.
Le obbligazioni hanno caratteristiche tipiche:
Titoli di credito di massa causali: rappresentano frazioni standardizzate di un’unica operazione
economica;
Attribuiscono il diritto al rimborso di una somma di denaro.
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Obbligazioni con warrant attribuiscono all’obbligazionista il diritto di sottoscrivere o acquistare
azioni della società emittente o di altra società, ferma restando la posizione di creditore per le
obbligazioni possedute. Cambia che il soggetto è contemporaneamente obbligazionista e azionista
della società per quel numero di azioni che ha sottoscritto o acquistato sulla base dell’esercizio del
warrant.
È previsto però che in alcune circostanze si possa superare questo limite deroghe. Si può eccedere questo
limite quando (art. 2412):
Le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate ad essere sottoscritte da investitori istituzionali
soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali, i quali, a loro volta, se trasferiscono le
obbligazioni sottoscritte, rispondo alla solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non
siano investitori professionali;
Le obbligazioni sono garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino
ai 2/3 del valore di questi è superfluo cercare di rispettare quel limite;
Ricorrono particolari ragioni che interessano l’economia nazionale e la società è autorizzata con
provvedimento dell’autorità governativa a superare il limite delle condizioni in esso stabilite. Questo
perché le ragioni legate all’economia nazionale sono più importanti delle ragioni insite nella ratio di
questo limite;
Le obbligazioni sono destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali
di negoziazione;
Si tratta di obbligazioni convertibili o obbligazioni con warrant, che quindi non vengono conteggiate
nel rispetto dell’equilibrio tra capitale e riserve contro obbligazioni.
Questi limiti inoltre non si applicano quando è la banca ad emettere le obbligazioni, perché si tratta di
un’azione tipica di raccolta di risparmio per la banca.
Il rapporto tra capitale più riserve ed obbligazioni deve permanere per tutta la durata del prestito
obbligazionario. La società che ha emesso obbligazioni non può:
Ridurre volontariamente il capitale sociale;
Distribuire riserve.
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Altrimenti il limite non sarebbe più rispettato con riguardo alle obbligazioni in circolazione. In caso di perdite,
è consentita la riduzione obbligatoria del capitale (artt. 2446,2447) o la diminuzione delle riserve, sebbene in
questi casi non possano distribuirsi utili finché non venga rispristinato il predetto rapporto fra capitale più
riserve ed obbligazioni.
Procedimento di emissione:
Con la riforma societaria del 2003 l’emissione di obbligazioni cessa di essere materia dell’assemblea
straordinaria: Se la legge o lo statuto non dispongono diversamente, l’emissione di obbligazioni è deliberata
dagli amministratori (art. 2410), con esclusione di quelle convertibili.
La delibera di emissione:
Deve risultare da verbale redatto da un notaio;
È soggetta a controllo di legalità da parte dello stesso;
A cura del notaio, è sottoposta ad iscrizione nel registro delle imprese, momento a partire dal quale
produce i suoi effetti e può essere eseguita.
Le obbligazioni, ad eccezione delle convertibili, possono essere emesse sotto la pari.
Art. 2421: l’ammontare delle obbligazioni deve risultare dal libro delle obbligazioni.
Pendenza del periodo di conversione al fine di conciliare la libertà di decisione della società con l’esigenza
di tutelare i possessori di obbligazioni convertibili, sono poste per legge 3 regole:
In caso di aumento reale di capitale sociale e di nuove emissioni di obbligazioni convertibili il
diritto di opzione spetta anche ai possessori di obbligazioni convertibili sulla base del predeterminato
rapporto di cambio: così rimane inalterata la proporzione della loro futura partecipazione;
In caso di aumento gratuito di capitale sociale o di riduzione dello stesso per perdite -> il rapporto di
cambio è automaticamente modificato in proporzione alla misura dell’aumento o della riduzione;
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Finché non siano scaduti i termini fissati per la conversione, la società non può deliberare la
riduzione volontaria del capitale, la fusione, la scissione e la modifica delle disposizioni dello statuto
in tema di distribuzione degli utili non è un divieto a carattere assoluto, perché può essere
superato dalla società con la concessione della facoltà di conversione anticipata.
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La loro emissione è stata prevista dalla riforma del 2003 in poi. Non sono parte del capitale sociale.
Si prevede che essi possono essere forniti solo di diritti patrimoniali o anche amministrativi con l’eccezione
che forniscono anche il Diritto di voto su argomenti specificamente indicati e/o di un diritto di nomina di un
componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco
(disciplina delle assemblee speciali).
Gli strumenti finanziari partecipativi possono anche essere dotati di Diritto al rimborso del capitale,
eventualmente altresì subordinato nei tempi e nel modo all’andamento economico della società in questo
caso si applica la disciplina delle obbligazioni. Al contrario a quelli che forniscono diritti amministrativi si
applica la disciplina delle assemblee speciali.
Prestatori di lavoro dipendenti della società o di società controllate dall’assemblea straordinaria (art. 2349,
comma 2); stato; a fronte della costituzione di patrimoni destinati.
Quindi, gli strumenti finanziari partecipativi sono considerati una forma di associazione in partecipazione, in
quanto si consente la condivisione del rischio, ma le scelte imprenditoriali sono pur sempre riservate alla
società.
I gruppi di società:
Il gruppo di società è un’aggregazione di imprese societarie formalmente autonome e indipendenti l’una
dall’altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria. Sono tutte sotto l’influenza dominante di un’unica
società (società capogruppo o società madre), che direttamente o indirettamente le controlla e dirige
secondo un disegno unitario la loro attività di impresa, per il perseguimento di uno scopo unitario e comune
a tutte le società del gruppo (=interesse di gruppo). Il perseguimento dell’interesse comune (che si distacca
dall’interesse caratteristico delle singole società) deve essere svolto seguendo le cautele del caso.
È un modello organizzativo tipico assunto soprattutto dalle imprese di grandi dimensioni, che permette di
confluire i vantaggi dell’unità economica della grande impresa con quelli offerti dall’articolazione in più
strutture organizzative, giuridicamente distinte ed autonome.
Nel Codice civile non esiste una nozione giuridica di gruppo.
La normativa di settore fornisce alcune definizioni del fenomeno, finalizzate alla soluzione di
problemi specifici (es., artt. 117 ss. TUIR in tema di tassazione di gruppo);
Il Codice civile detta invece una disciplina in materia di attività di direzione e coordinamento (artt.
2497 ss.).
Il gruppo di società è un fenomeno che può assumere le più svariate configurazioni e articolazioni si
distinguono, per esempio, i gruppi a catena e i gruppi a raggiera o stellari: i gruppi a catena sono quei gruppi
in cui la società A capogruppo controlla la società B che a sua volta controlla la società C; i gruppi a raggiera
invece, sono quei gruppi in cui la capogruppo A controlla tutte le altre società.
La costituzione di gruppi di società è un fenomeno favorito e non ostacolato dall’ordinamento, ma che allo
stesso tempo può essere fonte di pericoli per l’ordinato funzionamento dell’economica di mercato da qui
nasce l’esigenza di definire una disciplina particolare per i gruppi di società, idonea a fornire un adeguato
punto di equilibrio. 3 esigenze da soddisfare con una disciplina idonea:
Assicurare un’adeguata informazione sui collegamenti di gruppo, sui rapporti finanziari/commerciali
delle società del gruppo e sulla situazione patrimoniale/risultati economici del gruppo intero;
Evitare che eventuali intrecci di partecipazioni alterino il corretto funzionamento degli organi
decisionali e l’integrità patrimoniale;
Evitare che scelte di singole società del gruppo incidano negativamente su chi ha fatto affidamento
esclusivamente sulla consistenza patrimoniale e sui risultati economici di quella determinata società.
Per quanto riguarda la disciplina odierna dell’ordinamento italiano, essa emerge dalle norme che regolano il
controllo societario e i rapporti tra società controllante e controllate e dalle norme introdotte dalla riforma
del 2003 relative all’attività di direzione e di coordinamento di società.
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Società controllate e direzione unitaria:
In generale, è considerata società controllata quella società che si trova direttamente o indirettamente sotto
l’influenza di una società dominante, che ne può indirizzare l’attività nel senso da esse voluto.
Sono considerate società controllate:
Controllo azionario:
o Le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili
nell’assemblea ordinaria (controllo azionario di diritto);
o Le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza
dominante nell'assemblea ordinaria (controllo azionario di fatto). È esercitato dal soggetto
detentore di una partecipazione consistente, ma non della maggioranza assoluta, quando il
capitale sociale è molto parcellizzato e/o si registra un costante assenteismo dei soci nella
partecipazione alle assemblee, o comunque in tutti i casi in cui, per determinare
l’approvazione delle delibere, non occorre la maggioranza assoluta delle azioni.
Ai fini del controllo azionario si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società
fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi;
Controllo contrattuale: si considerano controllate le società che sono sotto l’influenza dominante di
un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Per “particolari vincoli
contrattuali” si intendono rapporti negoziali tali da rendere la società controllata economicamente
dipendente dalla controllante es: la società A è l’unico cliente della società B.
Il controllo azionario, ma non quello contrattuale, può essere sia diretto che indiretto.
L’esistenza di un rapporto di controllo societario però, non è sufficiente per affermare che si è in presenza di
un gruppo di società: questo fa tuttavia presumere l’esercizio dell’attività di direzione e di coordinamento di
società. In particolare, in base all’attuale disciplina (art.2497-sexies) si presume, salvo prova contraria, che
l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata:
Dalla società che redige il bilancio consolidato, con riferimento alle società i cui bilanci sono oggetto
di consolidamento;
Alle società controllate ai sensi dell’art. 2359 cod. civ. (controllo di diritto, controllo di fatto,
controllo contrattuale).
Sono considerate società collegate le società sulle quali un'altra società esercita un’influenza notevole.
L’influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato (direttamente o
indirettamente) almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati
regolamentati.
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controllante. Inoltre, le controllate possono possedere un massimo di azioni nel capitale della
controllante corrispondenti al 20% del capitale.
Scattano poi degli obblighi in sede di redazione del bilancio di esercizio sia a carico della controllante che
delle controllate:
Questi hanno l’obiettivo di evidenziare i rapporti economici, finanziari e i risultati di esercizio del
gruppo. Le società soggette alla direzione unitaria indicano, «in apposita sezione della nota
integrativa, un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio della società» c.d.
capogruppo (art. 1497bis, comma 4, c.c.). Gli amministratori di ogni società soggetta alla direzione
unitaria indicano inoltre nella relazione sulla gestione «i rapporti intercorrenti» con la società c.d.
capogruppo e con le altre società c.dd. figlie, nonché l’effetto l’attività di direzione unitaria ha auto
sull’esercizio dell’impresa e sui suoi risultati (art. 2497bis, comma 5, c.c.).
Introduzione del bilancio consolidato di gruppo: è un bilancio che consente di conoscere la
situazione patrimoniale, finanziaria e economica del gruppo considerato come unità.
La società capogruppo non può legittimamente imporre alle società controllate il compimento di atti
contrastanti con gli interessi delle stesse.
A tal fine, il legislatore ha previsto in capo alle società cosiddette “figlie” un obbligo di motivare
analiticamente e adeguatamente le decisioni (dell’assemblea e degli amministratori delle società stesse)
nella misura in cui queste siano influenzate dalla società capogruppo (art. 2497-ter).
Devono inoltre essere indicate le ragioni e gli interessi che hanno condotto all’assunzione della decisione in
esame e di esse viene dato adeguato conto nella relazione sulla gestione.
Una particolare disciplina è prevista per i finanziamenti concessi alle società controllate dalla capogruppo o
da altri soggetti alla stessa sottoposti (art.2497-quiquies). Al fine di evitare che la direzione unitaria arrechi
un pregiudizio alle società controllate, il legislatore del 2003 ha esteso ai finanziamenti la disciplina dettata
dall’art. 2467 c.c. (finanziamenti dei soci nella s.r.l.).
Il rimborso dei finanziamenti infragruppo (ma non di quelli delle controllate a favore della controllante) è
postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. Se poi la società finanziata fallisce entro un anno
dal finanziamento, è previsto il rimborso di quest’ultimo.
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Responsabilità della capogruppo: la società capogruppo è tenuta ad indennizzare direttamente gli azionisti e
creditori delle società controllate per i danni dagli stessi subiti per il fatto che la propria società si è
supinamente attenuta alle direttive del gruppo lesive del proprio patrimonio. Infatti, fermo restando l’azione
di risarcimento danni che spetta alla società controllata, è previsto che Le società o gli enti che, esercitando
attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in
violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono
direttamente responsabili:
Nei confronti dei soci di queste, per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della
partecipazione sociale;
Nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società.
Perché sia configurabile l’azione ex art. 2497 cod. civ. occorre una condotta abusiva da parte della società
che esercita l’attività di direzione e coordinamento, tale da determinare violazioni dei principi di corretta
gestione da parte degli amministratori delle controllate.
Inoltre, risponde in solido con la capogruppo chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del
vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio.
Legittimate passive: società o enti che esercitano attività di direzione e coordinamento. Nel caso di
fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui
direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori è esercitata dal curatore o dal commissario
liquidatore o dal commissario straordinario. L’azione esercitata dai soci o creditori è azione diretta e non
surrogatoria di quella che eventualmente spetta alla società controllata il risarcimento dei danni spetta
direttamente ai soci o creditori.
Legittimati attivi: soci e creditori delle società eterodirette (=chi lascia che le proprie azioni vengano guidate
dagli altri, essendo privo di autonomia decisionale società controllate). Il socio ed il creditore sociale
possono agire contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento solo se non sono
stati soddisfatti dalla società eterodiretta.
Natura della responsabilità: Secondo la Relazione al d.lgs. 6/2003 (riforma societaria 2003), “la
responsabilità dettata da questa impostazione normativa è apparsa fondamentalmente di stampo aquiliano,
e necessariamente della controllante direttamente verso i danneggiati”.
Nonostante la lettera della Relazione, tuttavia, sembra prevalere la tesi secondo cui la responsabilità di cui
all’art. 2497 cod. civ. deve essere ricostruita in chiave contrattuale. Si ritiene, infatti, che la regola di
comportamento (osservanza dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale) dettata dalla
norma sia fonte di un obbligo specifico della capogruppo a vantaggio dei soci di minoranza e dei creditori
della società eterodiretta, e non rappresenti un generico dovere di neminem laedere. Giurisprudenza di
merito:
Trib. Milano, 20 marzo 2014: L’azione ex art. 2497 c.c. è di natura contrattuale, sicché si applica il
termine di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.;
Trib. Terni, 1° giugno 2016: Deve darsi un inquadramento contrattuale alla fattispecie dell’abuso di
dipendenza economica, come anche a quella di etero direzione di cui all’art. 2497 c.c., anche
considerato che la riconducibilità alla categoria dell'illecito extracontrattuale ha carattere residuale e
non ricorre allorché sussista tra le parti una relazione giuridicamente rilevante, fondata su un
obbligo liberamente assunto di cui una parte lamenti la violazione ad opera dell'altra.
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svantaggio potrebbe in concreto essere compensato da più ampi vantaggi derivanti dall’appartenenza al
gruppo medesimo.
Altra novità della riforma del 2003 è il riconoscimento del diritto di recesso ai soci di una società soggetta ad
attività di direzione e di coordinamento in presenza di eventi riguardanti la società capogruppo, ma che di
riflesso determinano un mutamento delle originarie condizioni di rischio dell’investimento nelle controllate
(art. 2497-quater). 3 casi in cui è riconosciuto:
È riconosciuto ai soci di una società non quotata che entra a far parte di un gruppo o ne esce se ne
deriva un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento non venga promossa un’offerta
pubblica di acquisto che consenta al socio di alienare la propria partecipazione;
È riconosciuto quando la società capogruppo ha deliberato «una trasformazione che implica il
mutamento del suo scopo sociale ovvero ha deliberato una modifica del suo oggetto sociale
consentendo l’esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e
patrimoniali della società» figlia;
È riconosciuto quando il socio della controllata abbia esercitato nei confronti della capogruppo
l’azione di responsabilità e abbia ottenuto una sentenza di condanna esecutiva: in questo caso non è
ammesso il recesso parziale;
Si tratta di eventi che, sebbene riguardino la società c.d. capogruppo, comportano il mutamento delle
originarie condizioni di rischio dell’investimento nelle società controllate.
Quanto ai profili procedurali e applicativi, valgono le disposizioni generali dettate in tema di recesso (artt.
2437 ss. e 2473 cod. civ.).
Il gruppo insolvente:
vi è una specifica disciplina che è volta a una tutela patrimoniale delle società figlie quando la politica
unitaria di gruppo determina il dissesto e l’insolvenza delle dominate. Trova applicazione la regola generale
per cui in caso di direzione unitaria del gruppo, gli amministratori delle società che hanno abusato di tale
direzione rispondono in solido con gli amministratori dalla società dichiarata insolvente dei danni da questi
cagionati alla società stessa. A ciò si cumula anche la responsabilità prevista dall’art. 2497.
L’assemblea:
1. I modelli organizzativi:
L’ORGANIZZAZIONE CORPORATIVA nelle S.p.a. La società per azioni si caratterizza per la necessaria
presenza di tre organi distinti, ciascuno investito per legge di proprie specifiche funzioni e competenze:
Stabile organizzazione e pluralità di organi;
Rigida ripartizione di competenze;
Sistema tradizionale.
a) Assemblea dei soci: organo sovrano, con funzione deliberativa (art.2364-2365 c.c.; competenze
circoscritte a decisioni di maggior rilievo della vita sociale);
b) Organo amministrativo: attività di gestione dell’impresa sociale (cfr. art. 2380-bis c.c.) [amm. unico o
cda]; nello svolgimento di tale funzione ha ampi poteri decisionali;
c) Organo di controllo interno: funzione di controllo sull’amministrazione della società
Per quanto riguarda l’amministrazione e il controllo, il codice civile prevede un unico sistema basato
sulla presenza di due organi entrambe di nomina assembleare:
1) Collegio sindacale: funzioni di vigilanza e controllo sulla gestione:
-(ove previsto) Revisore legale dei conti o società di revisione legale (art.2409-bis);
2) Organo amministrativo:
-amministratore unico;
-consiglio di amministrazione.
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2. L’assemblea. Nozioni e distinzioni
L’ Assemblea è l’organo composto dalle persone dei soci. La sua funzione è quella di formare la volontà
della società nelle materie di sua competenza riservate dalla legge o dall’atto costitutivo.
Funzione deliberativa sulle materie attribuite dalla legge alla sua competenza Rigida separazione
di funzioni tra assemblea e amministratori
Amministratori: gestione esclusiva dell’impresa sociale.
- Fondamento della competenza esclusiva degli amministratori e della conseguente
restrizione dell’ambito di competenze dell’assemblea:
- Regime di responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali e ovviamente verso la
società.
Assemblea: competenza residuale, e comunque un mero controllo consultivo della gestione degli
amministratori.
«Un organo collegiale consistente nella riunione dei soci, che avviene nei modi di legge, al fine di
deliberare sugli argomenti sottoposti al suo esame» (F. Di Sabato – A. Blandini)
L’ assemblea è organo collegiale che decide secondo il principio maggioritario; la volontà espressa
dai soci che rappresentano la maggioranza di capitale vale come volontà della società e vincola tutti
i soci, anche se assenti o dissenzienti.
Disciplina dell’assemblea:
Art. 2363 c.c.: norma di esordio della disciplina dell’assemblea.
Comma 1: «L’assemblea è convocata nel comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone
diversamente».
Comma 2: A seconda dell’oggetto delle deliberazioni «L’assemblea è ordinaria o straordinaria».
Assemblea: organo unitario. La diversità – ordinaria o straordinaria – dipende dalle materie e da alcune
formalità (verbale, quorum).
Verbale: art. 2375, comma 2, c.c.:
- «Il verbale dell’assemblea straordinaria deve essere redatto da un notaio».
- Il verbale dell’assemblea ordinaria deve essere sottoscritto da un segretario, ma NON
necessariamente da un notaio.
ASSEMBLEA ORDINARIA:
Art. 2364 c.c. «Nelle società prive di consiglio di sorveglianza (sistema tradizionale o monistico), l'assemblea
ordinaria:
1) Approva il bilancio;
2) Nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e, quando
previsto, il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;
3) Determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto;
4) Delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle
autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori,
ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
6) Approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.
Rientrano nelle competenze dell’assemblea ordinaria tutte le deliberazioni che NON sono di competenza
dell’assemblea straordinaria.
Procedimento Assembleare L'assemblea ordinaria DEVE essere convocata almeno una volta l'anno, entro
il termine stabilito dallo statuto e comunque NON superiore a 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale.
Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di
società tenute alla redazione del bilancio consolidato oppure quando lo richiedono particolari esigenze
relative alla struttura ed all'oggetto della società (art.2364, 2° comma); in questi casi gli amministratori
segnalano nella relazione prevista dall'articolo 2428 le ragioni della dilazione».
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ASSEMBLEA STRAORDINARIA:
Ex Art. 2365 c.c. L'assemblea straordinaria delibera:
1) Sulle modificazioni dello statuto,
2) Sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori
3) Su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza.
« (…) Fermo quanto disposto dagli articoli 2420-ter e 2443, lo statuto può
attribuire alla competenza dell'organo amministrativo o del consiglio di
sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni concernenti la
fusione nei casi previsti dagli articoli 2505 e 2505-bis, l'istituzione o la
soppressione di sedi secondarie, la indicazione di quali tra gli
amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del
capitale in caso di recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a
disposizioni normative, il trasferimento della sede sociale nel territorio
nazionale. Si applica in ogni caso l'articolo 2436».
L’attuale disciplina amplia, rispetto a quella previgente la possibilità che lo statuto attribuisca all’ organo
amministrativo competenze su specifiche materie. Sul comma 2 dell’art. 2365 c.c., tra le altre cose rientrano
nelle competenze dell’assemblea straordinaria:
- Lo statuto può attribuire agli amministratori la possibilità di emettere, in una o più volte,
obbligazioni convertibili;
- Lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale (c.d. aumento
delegato).
3. Procedimento assembleare:
LA CONVOCAZIONE:
Di norma, la convocazione spetta agli amministratori o al consiglio di gestione.
a) In particolare, gli amministratori DEVONO convocare l’assemblea ordinaria almeno una volta l'anno,
entro il termine stabilito dallo statuto e comunque NON superiore a 120 giorni dalla chiusura
dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a
centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato oppure quando
lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società (art.2364, 2°
comma); in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall'articolo 2428 le
ragioni della dilazione».
b) Devono convocare senza ritardo l’assemblea quando ne viene fatta richiesta da soci che
rappresentano almeno il decimo del capitale sociale o la minor percentuale prevista dallo statuto. Se
gli amministratori NON PROVVEDONO, la convocazione è ordinata con decreto del tribunale.
Casi particolari:
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• Organo di controllo, in caso di omissione o ingiustificato ritardo degli amministratori; in caso venga
meno l’amministratore unico o l’intero C.d.A.; qualora l’organo di controllo ravvisi fatti censurabili di
rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere.
• Amministratore giudiziario – cfr. art. 2409 c.c.
• Liquidatori, durante la fase di liquidazione della società.
Nelle società quotate, termine per la pubblicazione dell’avviso: 30 giorni precedenti la data dell’assemblea
(salvo casi particolari).
LA PRESIDENZA:
Una volta costituita, ex Art. 2371 c.c.: «L'assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in
mancanza, da quella eletta con il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un
segretario designato nello stesso modo. Il presidente dell'assemblea verifica la regolarità della costituzione,
accerta l'identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta i risultati delle
votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale. L'assistenza del segretario NON
è necessaria quando il verbale dell'assemblea è redatto da un notaio».
LA VERBALIZZAZIONE:
Ex Art. 2375 c.c.: «Le deliberazioni dell'assemblea DEVONO constare da verbale sottoscritto dal presidente e
dal segretario o dal notaio. Il verbale deve indicare la data dell'assemblea e, anche in allegato, l'identità dei
partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno; deve altresì indicare le modalità e il risultato delle
votazioni e deve consentire, anche per allegato, l'identificazione dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti.
Nel verbale devono essere riassunte, su richiesta dei soci, le loro dichiarazioni pertinenti all'ordine del
giorno. Il verbale dell'assemblea straordinaria deve essere redatto da un notaio. Il verbale deve essere
redatto senza ritardo, nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito o di
pubblicazione».
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I verbali devono essere poi trascritti nell’apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni, tenuto
dagli amministratori.
6. La rappresentanza in assemblea:
Gli azionisti possono partecipare all’assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentante. La
partecipazione a mezzo rappresentante è oggi regolata dal codice civile (art. 2372) e da alcune norme
speciali.
La legge consente ai soci di farsi rappresentare in assemblea, purché con atto scritto.
Art. 2372, comma 1, c.c.: «Coloro ai quali spetta il diritto di voto possono farsi rappresentare nell'assemblea
salvo che, nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e nelle società cooperative, lo
statuto disponga diversamente. La rappresentanza deve essere conferita per iscritto».
Con la riforma del 2003: «Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la
rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive
convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società,
associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente».
- Non ammessa la delega in bianco (senza il nome del rappresentante), tuttavia è possibile riempirla un
attimo prima dell’intervento in assemblea.
- Delega SEMPRE revocabile (anche in presenza di apposito patto contrario).
Limitazioni Numeriche:
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Non ci sono limiti di entità della quota di capitale rappresentata;
SI limiti di numero di soci rappresentati dalla stessa persona:
Art. 2372, comma 6, c.c.: «La stessa persona NON può rappresentare in assemblea più di venti soci o, se si
tratta di società… (che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) … più di cinquanta soci se la società ha
capitale non superiore a cinque milioni di euro, più di cento soci se la società ha capitale superiore a cinque
milioni di euro e non superiore a venticinque milioni di euro, e più di duecento soci se la società ha capitale
superiore a venticinque milioni di euro».
Ulteriore limite:
Art. 2372, comma 5, c.c.: «La rappresentanza NON può essere conferita né ai membri degli organi
amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da essa controllate o ai membri
degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste».
Art. 2373 c.c.: Con l’esercizio del diritto di voto il socio concorre alla formazione della volontà sociale in
proporzione al numero di azioni possedute. Tale diritto è rimesso alla discrezione del socio e viene esercitato
in modo da non arrecare danno al patrimonio della società; qualora le deliberazioni assembleari adottate
fossero ispirate esclusivamente ad interessi extrasociali, con danno per la società, sono annullabili. Come
diretta conseguenza del principio di correttezza, si reputano annullabili anche le delibere ispirate dal solo
scopo di danneggiare il singolo soci.
• La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di
terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma
dell'articolo 2377 qualora possa recarle danno.
- Requisiti per l’impugnazione: voto determinante e danno potenziale.
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mercato del capitale di rischio e il cinque per cento nelle altre; lo statuto può ridurre o
escludere questo requisito».
- Amministratori; Consiglio di sorveglianza (ove adottato il sistema dualistico); Collegio
sindacale.
N.B. comma 4: «I soci che non rappresentano la parte di capitale indicata … e quelli che, in quanto privi
di voto, non sono legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al risarcimento del danno loro
cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto». L’impugnativa o la
domanda di risarcimento del danno devono essere proposte entro un breve termine di decadenza pari a
90 giorni dalla data di deliberazione, oppure, se questa è soggetta ad iscrizione nel registro delle
imprese, entro novanta giorni dall'iscrizione o, se è soggetta solo a deposito presso l'ufficio del registro
delle imprese, entro novanta giorni dalla data di questo».
9. Le deliberazioni nulle:
Delibere Nulle:
La delibera è nulla SOLO nei 3 casi tassativamente previsti dall’art.2379:
1) Mancata convocazione dell’assemblea*,
2) Mancanza del verbale*
3) Impossibilità o illiceità dell’oggetto della delibera.
Soggetti legittimati: chiunque vi abbia interesse, può infatti essere rilevata anche di ufficio dal
giudice.
Termini A differenza dell’azione di nullità di diritto comune, possono invece essere impugnate
senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o
impossibili. In tutti gli altri casi invece, ex art.2379: «entro tre anni dalla sua iscrizione o deposito nel
registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze
dell'assemblea, se la deliberazione non è soggetta né a iscrizione né a deposito».
-Comma 4 Come previsto per le delibere annullabili: 1) anche la dichiarazione di nullità NON pregiudica i
diritti acquistati in buona fede dai terzi in base a atti compiuti in esecuzione della delibera; 2) la nullità NON
può essere dichiarata se la delibera è sostituita con altra presa in conformità della legge
• Due casi di sanabilità delle delibere nulle:
1) *Art. 2379-bis c.c.: «L'impugnazione della deliberazione invalida per mancata convocazione
NON può essere esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo
svolgimento dell'assemblea».
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2) *Art. 2379-bis, comma 2: «L'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale PUO’
essere sanata mediante verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva. La
deliberazione ha effetto dalla data in cui è stata presa, salvi i diritti dei terzi che in buona
fede ignoravano la deliberazione».
• Termini di decadenza Per tali delibere l’azione di nullità è soggetta al più breve termine di
decadenza di 180 giorni, anche in caso di nullità per illiceità dell’oggetto. In caso di mancata
convocazione (1) il termine è di 90 giorni dall’approvazione del bilancio.
Per ciò che concerne le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, anche se tali
termini non sono trascorsi, la nullità della delibera di aumento/riduzione del capitale sociale o di
emissione di obbligazioni NON può essere più pronunciata dopo che è stata iscritta nel registro delle
imprese l’attestazione che l’aumento è stato eseguito, anche se parzialmente.
Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi.
Amministrazione e controlli:
1. I sistemi di amministrazione e controllo:
Dopo la riforma della disciplina delle società di capitali del 2003, l’ordinamento prevede tre diversi sistemi di
amministrazione e controllo [art. 2380 c.c.].
Sistema tradizionale.
Sistema dualistico.
Sistema monistico.
La scelta del sistema di amministrazione e controllo da adottare è rimessa all’autonomia dei soci.
Come confermato nella Relazione alla riforma del 2003, il legislatore considera i tre modelli
sostanzialmente equivalenti sotto il profilo dell’efficienza della governance e dei controlli sulla
gestione.
Se lo statuto non dispone diversamente, l’amministrazione e il controllo della società sono regolati secondo
il sistema tradizionale [art. 2380, 1°comma, c.c.].
• Pertanto, il sistema dualistico e il sistema monistico sono solitamente definiti “sistemi alternativi”
di amministrazione e controllo. Questi due sistemi devono essere espressamente adottati in sede di
costituzione della società o con successiva modifica statutaria.
SISTEMA TRADIZIONALE:
Il sistema tradizionale si basa sulla presenza di due organi: l’organo amministrativo (amministratore unico o
consiglio di amministrazione) e il collegio sindacale.
• Entrambi sono nominati dall’assemblea.
• Funzioni circoscritte al controllo sull’amministrazione.
[Art. 2409-bis c.c.]: Il controllo contabile è affidato a un soggetto esterno (revisore legale o società di
revisione).
• Gli statuti delle società che NON sono tenute alla redazione del bilancio consolidato e che non sono
qualificabili come enti di interesse pubblico possono prevedere che anche il controllo contabile sia
esercitato dal collegio sindacale, a condizione che tutti i sindaci risultino iscritti nel registro dei
revisori legali.
A. GLI AMMINISTRATORI
2. Struttura e funzioni dell’organo amministrativo:
Nel sistema tradizionale la società per azioni NON quotata può avere: sia un amministratore unico, sia un
consiglio di amministrazione, formato da una pluralità di amministratori (art.2380-bis, 3°comma), il cui
numero è determinato dallo statuto. Inoltre, il consiglio di amministrazione può essere articolato al suo
interno con la creazione di uno o più organi delegati: del comitato esecutivo e degli amministratori
delegati.
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Struttura dell’organo amministrativo NON rigida
Gli amministratori sono l’organo cui è affidata in via esclusiva la gestione dell’impresa sociale e ad essi
spetta compiere tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; inderogabilmente, ex
lege:
1. Deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che NON siano riservati dalla
legge all’assemblea, cosiddetto potere gestorio;
2. Tutti o alcuni, hanno la rappresentanza generale della società (art.2384,1° comma); Hanno il potere
di manifestare all’esterno la volontà sociale.
3. Danno impulso all’attività dell’assemblea: la convocano e ne fissano l’ordine del giorno, danno
attuazione alle delibere ed hanno il potere dovere di impugnare quelle che violino la legge o l’atto
costitutivo;
4. Devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società e redigere annualmente il
progetto di bilancio da porre all’approvazione dell’assemblea;
5. Devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società o almeno attenuarne le
conseguenze dannose (art.2392, 2° comma);
6. Devono adottare e attuare modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire la commissione
di reati dai quali può conseguire la responsabilità penale e civile degli amministratori. Le loro
funzioni, inderogabili e la posizione di formale autonomia rispetto l’assemblea determinano
l’impossibilità di qualificare il rapporto che vi intercorre come uno di mandato: sono investiti PER
LEGGE; valgono le considerazioni fatte in tema di società di persone.
Secondo quanto dal combinato degli artt.2364 e 2380 la competenza gestori dell’assemblea ha carattere
delimitato e specifico: sussiste solo per gli atti previsti dalla legge; mentre quella degli amministratori ha
carattere generale.
Gli amministratori una volta nominati dall’assemblea sono investiti di ampi poteri decisionali e di poteri
propri NON derivati dall’assemblea ed esercitabili in autonomia. Perciò né l’assemblea può impartire
direttive vincolanti agli amministratori, né questi sono obbligati a sottoporre ad essa, preventivamente per
l’autorizzazione, le loro iniziative; la loro competenza termina quando si tratti di iniziative che comportano
una sostanziale modifica dell’oggetto sociale.
Con riforma del 2003 tale disciplina è divenuta inderogabile; lo statuto può solo prevedere che l’assemblea
sia chiamata ad autorizzare atti di gestione di competenza degli amministratori; autorizzazione che
comunque non li esonera dalla responsabilità penale e civile.
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Gli amministratori possono essere soci o NON soci (art.2380-bis), si protende ad affermare che
debbano essere persone fisiche.
Gli amministratori delle società quotate devono possedere a pena di decadenza i requisiti di onorabilità
fissati per i sindaci dal regolamento del Ministro per la giustizia e gli ulteriori fissati dallo statuto, inoltre se a
comporre il consiglio sono più di 7, 1 deve essere un amministratore indipendente e cioè essere in possesso
dei requisiti di indipendenza, professionalità e onorabilità.
Ex art 2382, NON possono essere amministratori l’interdetto, l’inabilitato, il fallito o chi è stato
condannato ad una pena che comporta l’interdizione dai pubblici uffici o l’incapacità di esercitare
uffici direttivi.
Amministratore di fatto: È amministratore di fatto il soggetto, privo della veste formale di
amministratore per mancanza di nomi, che in fatto si ingerisce sistematicamente nella direzione
dell’impresa sociale; azionisti di comando, detentori del potere decisionale.
Cause di incompatibilità:
Sono previste da leggi speciali, ma comportano solo che l’interessato è tenuto ad optare per un ufficio, non
invalidando la delibera di nomina.
Durata: La nomina NON può essere fatta per un periodo superiore a 3 esercizi, che scadono alla
data di convocazione per l’approvazione del bilancio dell’ultimo esercizio; salvo diverse disposizioni,
sono rieleggibili.
Sono cause di cessazione dell’ufficio prima della scadenza del termine:
a) La revoca da parte dell’assemblea; la quale può essere deliberata liberamente in ogni tempo, salvo
il diritto dell’amministratore al risarcimento dei danni, se non sussiste giusta causa; è possibile anche
per l’amministratore nominato dai possessori di strumenti finanziari partecipativi ma non per quelli
dello Stato o di altri enti pubblici.
b) La rinuncia, dimissioni, da parte degli amministratori;
c) La decadenza dall’ufficio, ove sopravvenga una delle cause di ineleggibilità;
d) La morte.
Decorrenza: La cessazione per scadenza del termine ha effetto SOLO dal momento in cui l’organo è stato
ricostituito, vige la prorogatio.
Colui che rinuncia deve darne comunicazione scritta al CDA e al presidente del collegio sindacale; questa ha
effetto immediato se rimane in carica la maggioranza degli amministratori, altrimenti dal momento della
ricostituzione.
Nei casi in cui gli effetti della cessazione NON sono differiti o differibili:
1. Se rimane in carica più della metà degli amministratori nominati dall'assemblea, i superstiti
provvedono sostituire provvisoriamente quelli venuti meno, con delibera consiliare approvata
dal collegio sindacale, cosiddetta cooptazione.
2. Se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea, i superstiti
devono convocare l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti; i nuovi
amministratori così nominati scadono con quelli in carica all'atto della nomina.
3. Se infine vengono a cessare tutti gli amministratori o l'amministratore unico, il collegio sindacale
deve convocare con urgenza l'assemblea per la ricostituzione dell'organo amministrativo.
L'attuale disciplina riconosce la validità delle clausole statutarie che prevedono una cessazione di tutti gli
amministratori e la conseguente ricostruzione dell'intero collegio da parte dell'assemblea a seguito della
cessazione di alcuni amministratori cosiddette clausole simul stabunt simul cadent.
La nomina e la cessazione della carica degli amministratori è soggetta ad iscrizione nel registro delle
imprese.
4. Compenso. Divieti:
Ex art.2389 gli amministratori hanno diritto ad un compenso per la loro attività; se questo non è stato
determinato e non risulta che questi vi abbiano rinunciato, esso è determinato dall’autorità giudiziaria su
loro ricordo.
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Spesso questo compenso ha una struttura composita, che comprende: una remunerazione fissa,
una quota variabile in rapporto al raggiungimento di determinati obbiettivi e può inoltre consistere
in una partecipazione agli utili della società o in stock options= diritto di sottoscrivere a prezzo
predeterminato azioni di futura emissione.
Il compenso se non è stabilito dallo statuto è determinato dall’assemblea ordinaria all’atto di nomina nei
sistemi tradizionale e monistico, nel dualistico dal consiglio di sorveglianza; per gli amministratori investiti di
particolari cariche è stabilita dal CDA su parere del collegio sindacale. Tale assetto ha spesso comportato
retribuzioni esose, perciò:
1. se lo statuto lo prevede, l’assemblea può fissare un importo complessivo, tetto;
2. Per garantire trasparenza, nelle società quotate o diffuse l’attribuzione di compensi basati su azioni o
altri strumenti finanziari, richiede l’approvazione da parte dell’assemblea ordinaria; nelle quotate il
CDA approva e sottopone agli azionisti una volta l’anno, in occasione del bilancio, una relazione sulla
remunerazione.
Vige il Divieto di Concorrenza (art.2390 c.c.): per cui gli amministratori di S.p.a. NON possono assumere la
qualità di soci a responsabilità illimitata in società concorrenti, né esercitare un’attività concorrente per
conto proprio o altrui, né essere amministratori o direttori generali in società concorrenti, salva
l’autorizzazione dell’assemblea; pena il risarcimento di eventuali danni e/o revoca d’ufficio se sussiste
giusta causa.
Nelle S.p.a. quotate agli amministratori sono rivolti obblighi informativi sui loro possessi azionari in
società quotate ed è fatto divieto di acquistare, vendere e compiere altre operazioni di strumenti
finanziari della società, anche per interposta persona, sfruttando informazioni privilegiate.
5. Il consiglio di amministrazione:
Art.2380-bis.
Il CDA è l’organo costituito dagli amministratori, quando l’amministrazione è affidata a più̀ di uno. Il CDA è
retto da un presidente scelto dallo stesso fra i suoi membri, qualora non fosse già stato nominato
dall’assemblea. I suoi membri esercitano:
1. collegialmente l’attività̀ deliberativa, relativa sia al compimento di atti di gestione, sia alle altre
attribuzioni proprie degli amministratori; decisioni da prendersi a maggioranza in riunioni alle quali
devono assistere i sindaci (art.2405).
2. individualmente la rappresentanza della società̀ disgiuntamente o congiuntamente, se designati
come tali dall’atto costitutivo o dall’assemblea con l’atto di nomina.
3. individualmente l’attività̀ di vigilanza, potendo esaminare i documenti sociali e compiendo atti di
ispezione; qualora taluno accerti irregolarità̀ deve sollecitare la riunione del CDA affinché ́ questo
prenda le relative deliberazioni.
Art.2381, 1° comma: Il CDA è convocato dal presidente che ne fissa l’ordine del giorno, ne coordina
i lavori e provvede affinché́ tutti gli amministratori siano adeguatamente informati sulle materie
iscritte all’ordine.
Quorum:
1. Per la validità delle deliberazioni è necessaria la maggioranza degli amministratori, salvo maggiori
quorum statutari;
2. Per l’approvazione delle deliberazioni è necessaria la maggioranza assoluta dei presenti, salvo
maggiori quorum statutari.
3. NON è ammesso il voto per rappresentanza
Invalidità:
Per quanto riguarda l’invalidità̀ delle delibere consiliari, prima erano impugnabili solo in caso di voto
determinate di un amministratore in conflitto d’interesse ex art.2391; dopo il 2003 è stata però ampliata la
categoria delle delibere consiliari annullabili, mentre NON sono previste cause di nullità̀ delle stesse.
Ex art.2388, 4° comma possono essere impugnate tutte le delibere del consiglio di amministrazione che non
sono prese in conformità̀ della legge o dello statuto; l’impugnativa può̀ essere proposta dagli
amministratori assenti o dissenzienti e dal consiglio sindacale entro 90 giorni dalla data della deliberazione.
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- Quando una delibera consiliare va a ledere direttamente un diritto soggettivo del socio,
questi avrà diritto di agire giudizialmente per far annullare la delibera.
Art.2388, 5° comma: l’annullamento delle delibere consiliari NON pregiudica i diritti acquistati in buona
fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione delle delibere stesse.
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I. Comma 3°: Il CDA ha il potere-dovere di valutare l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile
della società e il suo generale andamento.
II. Comma 5°: Gli organi delegati, nei quali si concentra il potere decisionale, curano che l’assetto
organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato; riferiscono periodicamente al CDA e al
collegio sindacale sul generale andamento della gestione e sulla prevedibile evoluzione.
III. Comma 6°: Tutti gli amministratori devono agire informati e ognuno può̀ chiedere agli organi
delegati di fornire in consiglio informazioni relative alla gestione della società.
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Si tratta di responsabilità̀ per colpa e NON oggettiva ergo NON si estende a coloro che
abbiano fatto notare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del
CDA, che ne abbiano informato il presidente del collegio sindacale.
Esercizio dell’azione: L’esercizio dell’azione di responsabilità̀ contro gli amministratori deve essere
deliberato dall’assemblea ordinaria, in cui gli amministratori soci non possono votare, anche se è in
liquidazione, oppure dal collegio sindacale a maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti.
La deliberazione dell’azione comporta la revoca automatica dall’ufficio degli amministratori contro
cui è proposta SOLO SE è approvata col voto favorevole di almeno 1/5 del capitale sociale, nel caso
l’assemblea stessa provvede alla sostituzione, altrimenti è necessaria una successiva convocazione
per rivotare.
Se la società̀ cade in dissesto ed è dichiarata fallita o assoggetta a liquidazione coattiva o amministrazione
straordinaria, la legittimazione per l’azione spetta ex art.2394-bis al curatore fallimentare, al commissario
liquidatore o al commissario straordinario.
Tutela delle minoranze: La società̀ in bonis può̀ rinunciare all’esercizio dell’azione di responsabilità
oppure pervenire ad una transazione con gli amministratori tramite apposite delibere; ma è
necessario che NON vi sia il voto contrario di 1/5 del capitale nelle chiuse, 1/20 nelle aperte.
Art.2393-bis: L’azione di responsabilità̀ contro gli amministratori può̀ essere però promossa anche
dagli azionisti di minoranza superando così l’eventuale inerzia del gruppo di comando: nelle società̀
chiuse 1/5 del capitale o la diversa previsione statutaria comunque, inferiore ad 1/3; nelle società ̀
aperte 1/40 o la diversa previsione.
L’ azione promossa dalla minoranza, tramite uno o più̀ rappresentanti, è volta a reintegrare il patrimonio
sociale e non a risarcire il danno eventualmente subìto dai soggetti agenti; l’azione sociale della minoranza è
infatti azione surrogatoria rispetto all’azione sociale e la società deve essere dunque chiamata in giudizio.
L’azione può̀ essere esercitata entro 5 anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica; si tratta di una
responsabilità̀ con natura contrattuale, perciò̀ la società̀ deve provare solo l’esistenza di un danno
imputabile loro, gli amministratori devono portare fatti volti ad escludere colpa o nesso fra inadempimento e
danno.
Il danno subito dai creditori non è che un effetto riflesso del danno che gli amministratori hanno arrecato al
patrimonio sociale rendendolo insufficiente a soddisfare i primi; ne consegue che se l’azione risarcitoria è già
stata esperita dalla società grazie al reintegramento del patrimonio della stessa , i creditori NON potranno
più esercitare l’azione loro spettante, poiché in tale caso gli amministratori hanno GIA UNA VOLTA effettuato
il risarcimento.
Al contrario la RINUNCIA dell’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei
creditori per l’ovvia ragione che non è stato effettuato alcun risarcimento.
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Ex art.2395 le azioni di responsabilità̀ della società̀ e dei creditori sociali “NON pregiudicano il diritto al
risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti
dolosi o colposi degli amministratori”.
Purché́ ricorrano però 2 presupposti:
1. il compimento da parte degli amministratori di un atto illecito nell’esercizio o in occasione del loro
ufficio.
2. la produzione di un danno diretto al patrimonio del singolo socio o del terzo.
Il socio o il terzo che agiscono in responsabilità̀ contro gli amministratori devono comunque provare che
esiste un nesso causale diretto fra il danno subito e l’illecito degli amministratori, oltre che il dolo o la colpa
di quest’ultimi.
L’azione può̀ essere esercitata entro 5 anni dalla data del compimento dell’atto.
B. IL COLLEGIO SINDACALE:
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della società per azioni, con funzioni di vigilanza
sull’amministrazione della società.
La disciplina del collegio sindacale ha subito importanti modifiche dal 1942 ad oggi, modifiche che hanno
permesso di aggirare una serie di fattori che originariamente si opponevano al giusto svolgimento dell’azione
di vigilanza svolta dal collegio sindacale, e che hanno portato tale organo a perdere in parte l’originario
carattere unitario e a prevedere per alcuni aspetti diverse articolazioni per le società quotate e non.
NOMINA: I primi sindaci sono nominati nell’atto costitutivo, poi dall’assemblea che individua anche il
Presidente e fissa il compenso (immutabile). La legge o lo statuto possono tuttavia riservare la nomina di uno
o più sindaci allo Stato o ad enti pubblici che abbiano partecipazioni nella società e lo statuto può riservare la
nomina di un sindaco ai possessori di strumenti finanziari.
Nelle società quotate si deve prevedere che almeno un membro effettivo sia eletto dalla minoranza, in modo
tale che il collegio sindacale sia espressione dell’intera compagine azionaria (ciò non è previsto per le società
non quotate, dove quindi controllanti e controllati sono in definitiva espressione dello stesso gruppo di
comando)
REQUISITI: Nelle società con azioni non quotate, in seguito alla riforma del 2003, almeno un sindaco
effettivo ed uno supplente devono essere scelti fra gli iscritti nel registro dei revisori legali. Gli altri sindaci, se
non iscritti in tale registro, devono essere scelti fra gli iscritti negli albi professionali individuati dal Ministro
della Giustizia o fra i professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche. Per le società
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quotate i requisiti di onorabilità e di professionalità sono invece fissati con regolamento del Ministro della
Giustizia, che prevede anche la nomina di sindaci non iscritti nel registro dei revisori contabili.
Nel registro dei revisori legali possono iscriversi:
Persone fisiche in possesso di specifici requisiti di professionalità, onorabilità e che abbiano superato
un apposito esame;
Società con determinati requisiti per quanto riguarda soci, amministratori e soggetti responsabili
dell’attività di revisione.
I sindaci devono essere indipendenti.
CAUSE DI INELEGGIBILITÀ: tali cause sono previste per garantire l’indipendenza dei sindaci. Si applicano
quelle previste per gli amministratori e quelle previste dall’art. 2399 per cui non possono essere nominati:
Il coniuge, i parenti e gli affini entro il 4° grado degli amministratori (anche delle società controllate;
Coloro che sono legati alla società o alle controllate da un rapporto di lavoro, da un rapporto
continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, o da altri rapporti di natura
patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.
Valgono anche per i sindaci le cause di incompatibilità previste per gli amministratori.
Per favorire l’efficacia del controllo nelle società quotate o con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, i
sindaci devono rispettare i limiti al cumulo di incarichi stabiliti dalla Consob; nelle altre società, tali limiti
sono eventualmente previsti dallo statuto (art.2399).
Valgono le regole sull’equilibrio tra donne e uomini nella composizione degli organi sociali.
COMPENSO: deve essere predeterminato ed invariabile in corso di carica: infatti, la retribuzione annuale dei
sindaci, se non è stabilita nello statuto, “deve essere determinata dall’assemblea all’atto della nomina per
l’intero periodo di durate del loro ufficio” (art. 2402).
DURATA, REVOCA: i sindaci durano in carica tre anni e la carica è rinnovabile. I sindaci scaduti restano in
carica fino alla nomina dei nuovi.
La revoca di un membro del collegio sindacale, consentita solo per giusta causa, è subordinata al controllo (e
approvazione) preventivo da parte dell’autorità giudiziaria (art. 2400, co. 2). Ciò è fatto per garantire
l’indipendenza dei sindaci. Nel frattempo, la delibera è improduttiva di effetti e i sindaci rimangono in carica.
Per i sindaci eletti dallo stato o altri enti, questi possono essere revocati solo dall’ente che li ha nominati.
Costituisce causa di decadenza dall’ufficio:
Il sopraggiungere di una delle cause di ineleggibilità;
La sospensione o cancellazione dal registro dei revisori;
Decade il sindaco che senza giustificato motivo, non assiste alle assemblee o diserta, durante un
esercizio sociale, due riunioni del consiglio di amministrazione, del comitato esecutivo o del collegio
sindacale si vuole sanzionare l’eventuale assenteismo.
In caso di cessazione (decadenza, morte o rinuncia) subentrano in ordine d’età i supplenti, i quali restano in
carica fino all’assemblea successiva che provvede a nominare i nuovi sindaci e supplenti (art. 2401 c.c.).
quando subentrano i supplenti, deve rimanere un componente del consiglio iscritto al registro dei revisori.
La nomina e cessazione dall’ufficio dei sindaci devono essere iscritte, a cura degli amministratori, nel registro
delle imprese.
Il controllo sull’amministrazione:
Funzione primaria (ma non esclusiva) del collegio sindacale è quella di controllo sull’amministrazione della
società, globalmente intesa. Tale controllo si estende a tutta l’attività sociale non è controllo sul singolo
atto di gestione, ma sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi della corretta
amministrazione. Il collegio verifica inoltre «l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e
contabile adottato dalla società» (art. 2403 c.c.).
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Il collegio sindacale NON svolge più la revisione legale dei conti della società, funzione che invece è affidata
ad un revisore o a una società di revisione. Tuttavia, lo statuto può prevedere anche lo svolgimento della
revisione legale dei conti: in tal caso l’intero collegio sindacale deve essere costituito da revisori legali iscritti
nell’apposito registro. Si tratta però di un’opzione che non è consentita:
Per le società tenute a redigere il bilancio consolidato;
Per le società qualificate come enti di interesse pubblico o enti sottoposti a regimi intermedi. Per le
società che controllano, o sono controllate, o sono soggette a comune controllo con le stesse;
Per le società soggette al controllo di un ente pubblico.
La vigilanza del collegio sindacale è esercitata nei confronti degli amministratori in quanto organo investito
della gestione della società, però anche riguardo l’attività dell’assemblea e può in ogni caso estendersi verso
qualunque direzione.
I sindaci hanno il potere-dovere di:
Intervenire alle riunioni dell’assemblea, del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo;
Impugnare le relative delibere delle assemblee;
Effettuare ispezioni e controlli (anche individualmente);
Richiedere informazioni agli amministratori (e alle società controllate) sull’andamento delle
operazioni sociali o su determinati affari (art. 2403-bis);
Devono controllare anche l’attività svolta dal revisore legale esterno, con cui possono scambiare
informazioni e notizie.
Devono controllare anche l’attività svolta dal revisore legale esterno, con cui possono scambiare
informazioni e notizie
I sindaci possono svolgere anche funzioni consultive e di amministrazione. Tra l’altro:
• Convocano l’assemblea nel caso di omissione da parte degli amministratori (art. 2406 c.c.).
• Sostituiscono gli amministratori fino alla prima assemblea successiva, nel caso di cessazione dalla
carica di tutti.
• Riferiscono all’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio, con apposita relazione, sui
risultati dell’esercizio e sulla gestione e fanno osservazioni e proposte in ordine al bilancio e alla sua
approvazione.
• Esprimono un parere in merito all’iscrizione nell’attivo patrimoniale di costi di ricerca, di impianto e
di ampliamento, nonché sulla scelta del revisore legale dei conti e sulla determinazione della quota
di liquidazione del socio in caso di recesso.
Il controllo del collegio sindacale ha carattere globale e sintetico e le modalità di svolgimento sono rimesse
alla discrezionalità del collegio. Inoltre, per consentire all’organo di svolgere efficacemente il proprio
compito, la legge pone a carico degli amministratori numerosi obblighi di comunicazione (nei confronti del
collegio):
Società quotate: gli amministratori devono riferire tempestivamente (almeno ogni 3 mesi) al collegio
sindacale sull’attività svolta sull’attività svolta, sulle operazioni compiute di maggior rilievo
economico, nonché su quelle a rischio di conflitto di interessi perché gli amministratori stessi vi
avevano interessi personali, oppure perché influenzate dal soggetto che esercita l’attività di
direzione e coordinamento. il collegio sindacale deve comunicare senza indugio alla Consob le
irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza.
A partire dalla riforma del 2003, il collegio può scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle
società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e di controllo e all’andamento generale
dell’attività sociale (art. 2403-bis) ed è inoltre previsto espressamente lo scambio tempestivo di informazioni
tra collegio sindacale e soggetti incaricati del controllo contabile.
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o Nelle società quotate questo potere può essere svolto anche da soli 2 sindaci;
Promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori;
Impugnare le delibere assembleari e del consiglio di amministrazione;
Ha l’obbligo di richiedere a tribunale la riduzione obbligatoria del capitale per perdite, qualora
l’assemblea non vi abbia provveduto.
L’attività di controllo può essere sollecitata dai soci (art. 2408). Ciascun socio può denunciare i fatti che
ritiene censurabili al collegio sindacale (quest’ultimo è obbligato solo a tenerne conto nella relazione
annuale dell’assemblea). Se la denunzia proviene da 1/20 (=5%) del capitale sociale (1/50 in società aperte),
o comunque la minore percentuale prevista dallo statuto, il collegio deve indagare senza ritardo sui fatti e
presentare le sue conclusioni e le eventuali proposte all’assemblea.
La responsabilità:
I sindaci devono adempiere ai loro doveri con la diligenza e la professionalità richieste dalla natura
dell’incarico (art. 2407 c.c.):
Sono responsabili in via diretta, in solido tra loro e in via esclusiva, della verità delle loro attestazioni
e della riservatezza in merito ai fatti di cui hanno avuto conoscenza in esecuzione del loro ufficio.
Sono responsabili in concorso con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi, quando il
danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità alla loro carica.
Il revisore esterno è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo, poi successivamente l’incarico è
conferito dall’assemblea su proposta motivata dell’organo di controllo. (quest’ultima stabilisce anche il
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compenso per l’intera durata dell’incarico, il quale non può essere subordinato a nessuna condizione o
dipendere dall’esito della revisione).
Il revisore legale o la società di revisione devono essere soggetti indipendenti dalla società controllata e non
devono essere in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale. La disciplina infatti prevede che fra la
società da revisionare e il revisore non ci debba essere alcun motivo di influenza o situazione che induca un
terzo a dubitare dell’indipendenza del revisore. Sta al revisore adottare misure ragionevoli per non essere
influenzato e se ciò non è sufficiente deve astenersi dallo svolgere l’incarico (non può accettare l’incarico e
se già in carica deve dimettersi).
Si riserva particolare attenzione ai rischi connessi all’eventuale trasferimento di personale fra
l’organizzazione del revisore e la società revisionata e viceversa divieto delle porte girevoli.
L’incarico dura tre esercizi ed è rinnovabile. L’assemblea può revocare l’incarico, sentito l’organo di
controllo, quando ricorre una giusta causa. Contestualmente alla revoca l’assemblea deve fornire un nuovo
revisore.
In caso di dimissioni la società deve provvedere tempestivamente alla nomina di un nuovo revisore e fino ad
allora il vecchio resta in carica in regime di prorogatio (questo non può superare i 6 mesi). La società dovrà
informare l’autorità di vigilanza sulle ragioni che hanno portato alla cessazione dell’incarico (sia per revoca
che dimissioni).
La revisione legale degli enti di interesse pubblico e degli enti sottoposti a regime
intermedio:
La revisione legale degli enti di interesse pubblico è soggetta a regole speciali disciplina che presenta
maggior rigore e analiticità.
La Consob ha il potere di vigilanza sull’organizzazione e sull’attività dei soggetti incaricati della revisione di un
ente di interesse pubblico, al fine di controllarne l’indipendenza e l’idoneità tecnica.
Nelle S.p.A. qualificabili come «enti di interesse pubblico e in quelle sottoposte al regime intermedio, la
durata è di 7 esercizi (se conferito ad un revisore legale) o 9 esercizi (se conferito a società di revisione) e
non può essere conferito allo stesso soggetto se non dopo che siano trascorsi almeno 4 anni dalla cessazione
del precedente incarico.
Indipendenza: è rimesso alla Consob stabilire con regolamento le situazioni che possono compromettere
l’indipendenza del revisore e le misure da adottare per rimuoverle. È fatto inoltre divieto alle società di
revisione prestare qualsiasi altro tipo di servizio alla società revisionata (il divieto si allarga anche a tutta la
rete di società collegate al revisore).
È stata rafforzata la disciplina di controllo sul trasferimento di personale tra la società revisionata e il
revisore:
Non può essere responsabile della revisione chi ha ricoperto da meno di due anni cariche sociali o
funzioni dirigenziali nella società revisionata;
Chi ha partecipato alla revisione non può assumere per due anni cariche sociali o funzioni dirigenziali
presso la società revisionata.
La violazione di tali divieti è punita con sanzione amministrativa pecuniaria e con l’eventuale applicazione di
ulteriori provvedimenti sanzionatori da parte dell’autorità di vigilanza, che possono arrivare fino alla revoca
d’ufficio dell’incarico e, nei casi più gravi, alla cancellazione dal registro dei revisori.
Infine, sull’indipendenza e sull’attività del revisore spesso vigila presso la società revisionata un apposito
comitato per il controllo interno e la revisione contabile (normalmente si identifica con l’organo di controllo).
Revoca: in presenza di giustificati motivi, il revisore di un ente di interesse pubblico può essere rimosso
anche dal tribunale, su richiesta dei soci che rappresentano il 5% del capitale sociale, oppure dall’organo di
controllo o ancora dalla Consob.
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Le società declassare, a seguito della riforma del 2003, che oggi formano gli enti sottoposti a regie
intermedio sono sottoposte in parte alla disciplina degli enti di interesse pubblico (per la restante parte delle
materie sono rimesse alla disciplina generale).
Responsabilità: il soggetto incaricato del controllo contabile deve adempiere i propri doveri con diligenza
professionale; è responsabile della verità delle sue attestazioni e deve conservare il segreto su fatti e
documenti di cui ha conoscenza per ragioni del suo ufficio. Nei confronti della società che ha conferito
l’incarico, il revisore o la società di revisione rispondono in solido con gli amministratori per i danni derivanti
dall’inadempimento dei loro doveri.
D. I SISTEMI ALTERNATIVI:
I due sistemi alternativi sono stati introdotti dalla riforma del 2003. Si tratta di sistemi che trovano
applicazione solo se e espressamente adottati in sede di costituzione della società o con modifica dello
statuto (art. 2380).
1. Il sistema dualistico:
Artt. 2409-octies – 2409-quinquiesdecies. È un sistema di ispirazione tedesca, si basa sulla presenza di due
organi:
Consiglio di sorveglianza ha una posizione importante. Nominato dall’assemblea;
Consiglio di gestione svolge funzioni proprie del consiglio di amministrazione nel sistema
tradizionale. Nominato dal consiglio di sorveglianza;
Il controllo contabile è poi affidato, senza eccezioni, ad un revisore legale o ad una società di
revisione.
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Il consiglio di sorveglianza:
Gli sono attribuite sia le funzioni di controllo proprie del collegio sindacale, sia funzioni di indirizzo che nel
sistema tradizionale sono proprie dell’assemblea dei soci. Tali funzioni di indirizzo possono anche essere
rafforzate con un’apposita clausola statuaria che riserva al consiglio particolare funzioni. È un organo che si
frappone tra consiglio di gestione e assemblea dei soci, assumendo alcune significative competenze che nel
sistema tradizionale spettano a quest’ultima. Organo misto di gestione e controllo.
La presenza del consiglio di sorveglianza riduce le competenze dall’assemblea ordina per questo motivo
infatti, il sistema dualistico determina un più accentuato distacco fra azionisti ed organo gestorio della
società. Si tratta di un modello organizzativo particolarmente adatto per le società con azionariato diffuso e
prive di uno stabile nucleo di azionisti imprenditori.
COMPONENTI: I componenti del consiglio di sorveglianza possono essere soci o non soci e il loro numero,
non inferiore a tre, è fissato dallo statuto (art. 2409-duodecies).
I primi componenti del consiglio di sorveglianza sono nominati nell’atto costitutivo. Successivamente, la
nomina dei componenti spetta all’assemblea dei soci, che indica anche il presidente dell’organo. Non è
necessario – ma si ritiene comunque ammissibile – nominare uno o più membri “supplenti”, accanto ai
membri “effettivi”.
Nelle società quotate almeno un componente è eletto dalla minoranza e trovano applicazione le regole
riguardo l’equilibrio tra donne e uomini nella composizione degli organi sociali.
Almeno un componente del consiglio di sorveglianza deve essere iscritto nel registro dei revisori legali (art.
2409-duodecies, co. 4). Inoltre, lo statuto può subordinare l’assunzione della carica a determinati requisiti di
professionalità, onorabilità e indipendenza.
Inoltre, non possono essere nominati consiglieri di sorveglianza – e, se nominati, decadono – coloro che
fanno già parte del consiglio di gestione nonché «coloro che sono legati alla società, o alle società da questa
controllate o sottoposte a comune controllo, da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di
consulenza o di prestazione d’opera retribuita che ne compromettano l’indipendenza» (art. 2409-duodecies,
co. 10, lett. c).
Per i membri del consiglio di sorveglianza valgono le cause di ineleggibilità previste nell’art. 2382 c.c.
(ampliabili dall’autonomia statutaria). Nelle sole società quotate:
Vendono applicate le cause di ineleggibilità sopra citate e anche le norme previste per i sindaci;
DURATA: I membri del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi e scadono alla data della
riunione dell’assemblea annuale convocata ai sensi dell’art. 2364-bis c.c. (non si tratta dell’assemblea
convocata per l’approvazione del bilancio, essendo quest’ultima funzione di competenza del consiglio di
sorveglianza).
I componenti possono essere revocati in qualsiasi momento dall’assemblea dei soci, anche senza giusta
causa (salvo in questo caso il diritto al risarcimento dei danni). L’assemblea ordinaria deve approvare la
delibera di revoca del consigliere con voto favorevole di almeno 1/5 dei soci aventi diritto. La possibilità di
revoca ad nutum (per diretta delibera dell’assemblea senza possibilità di opposizione) dei membri del
consiglio di sorveglianza è dovuta alla circostanza che tale organo è dotato – oltre alle funzioni di controllo –
anche di funzioni lato sensu gestorie. L’assemblea dovrà provvedere a sostituire in tempi estremamente
brevi i componenti che vengono a mancare per qualsiasi ragione nel corso dell’esercizio.
COMPETENZE E POTERI: Il consiglio di sorveglianza ha le medesime funzioni di controllo che nel sistema
tradizionale competono al collegio sindacale (art. 2409-terdecies, co. 1, lett. c) ne consegue l’applicabilità
di larga parte delle norme previste per quest’ultimo:
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Ha il potere di presentare denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c.;
Deve relazionare per iscritto, almeno una volta l’anno, l’assemblea sull’attività di vigilanza svolta,
sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevanti;
I consiglieri di sorveglianza devono intervenire alle assemblee dei soci e possono assistere alle
adunanze del consiglio di gestione.
Questo organo però, è investito di un potere di controllo sulla gestione più ampio di quello che, nel sistema
tradizionale, compete al collegio sindacale.
Non è mero controllo di legittimità e correttezza dell’operato dei membri del consiglio di gestione;
Il consiglio di sorveglianza valuta nel merito la gestione dell’impresa societaria (ovvero la capacità di
generare risultati positivi, misurati attraverso il bilancio d’esercizio sottoposto alla sua approvazione)
ed è dotato di incisivi poteri di intervento nell’amministrazione (sostituzione dei membri del
consiglio di gestione).
NB: a differenza di quanto accade nel sistema tradizionale, nel sistema dualistico l’organo di controllo non
può in nessun caso svolgere anche la funzione di revisione legale dei conti.
Il consiglio di sorveglianza ha poteri e diritti di informazione analoghi a quelli del collegio sindacale nei
confronti del consiglio di gestione, del soggetto che esercita la revisione dei conti, dei corrispondenti organi
delle società controllate.
Accanto alle funzioni di controllo, il consiglio di sorveglianza è investito anche di alcune competenze che nel
sistema tradizionale spettano all’assemblea:
Nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione e ne determina il compenso, salvo che la
relativa competenza sia attribuita dallo statuto all’assemblea;
Promuove l’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione
(competenza concorrente dell’assemblea);
Approva il bilancio di esercizio;
o Se il consiglio di sorveglianza non approva il bilancio, tale competenza può essere attribuita
all’assemblea, purché ciò sia previsto dallo statuto o ne sia fatta richiesta da almeno 1/3 dei
componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza.
Se previsto dallo statuto, delibera in ordine ai piani strategici, industriali e finanziari della società
predisposti dal consiglio di gestione.
Il presidente dell’organo è eletto dall’assemblea e i suoi poteri del presidente del consiglio di sorveglianza
sono fissati dallo statuto (art. 2409-duodecies).
DELIBERE: Alle deliberazioni del consiglio di sorveglianza si applicano le disposizioni che regolano la validità
delle deliberazioni del consiglio di amministrazione. La delibera del consiglio di sorveglianza con cui viene
approvato il bilancio di esercizio è sottoposta alle limitazioni fissate dall’art. 2434-bis, ma può essere
impugnata anche dai soci a norma dell’art. 2377.
RESPONSABILITÀ: I membri del consiglio di sorveglianza devono esercitare le proprie funzioni con la
diligenza richiesta dalla natura dell’incarico (art. 2409-terdecies, co. 3) Manca il riferimento alla
“professionalità” che invece è previsto nel sistema tradizionale per i componenti del collegio sindacale. Essi
rispondono solidalmente con i componenti del consiglio di gestione in caso di fatti od omissioni di questi
ultimi che abbiano arrecato danno alla società, qualora detto danno poteva essere evitato grazie alla loro
vigilanza (art. 2409-terdecies, co. 3).
Secondo parte della dottrina, potrebbe configurare ipotesi di responsabilità dei consiglieri di sorveglianza
anche il mancato esercizio del potere di revoca dei consiglieri di gestione, qualora la tempestiva rimozione
dalla carica avrebbe consentito di prevenire comportamenti illegittimi e dannosi di questi ultimi o limitarne
le conseguenze pregiudizievoli.
Inoltre, si potrebbe configurare responsabilità per culpa in eligendo nella selezione dei membri del consiglio
di gestione, qualora la scelta non sia stata effettuata con la «diligenza richiesta dalla natura dell’incarico».
Il consiglio di gestione:
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È presente una disciplina più scarna.
Il consiglio di gestione è l’organo incaricato in via esclusiva alla gestione dell’impresa sociale. Esso compie
tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale (art. 2409-novies, co. 1) funzioni tipiche
del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale e per questo si applicano la maggior parte delle
norme per esso dettate, in virtù del richiamo ex art. 2409-undecies.
È formato da almeno due componenti, anche non soci (art. 2409-novies, co. 2). Lo statuto può definire il
numero minimo (comunque non inferiore a due) e massimo dei componenti dell’organo (art. 2409-novies,
co. 3). I primi componenti sono nominati nell’atto costitutivo. Successivamente, vengono nominati dal
consiglio di sorveglianza.
Nelle società quotate:
Se i componenti sono 3 o più si applicano le norme sull’equilibrio tra donne e uomini nella
composizione deli organi sociali;
Se sono più di 4 componenti, almeno uno deve essere un amministratore indipendente.
Per i consiglieri di gestione valgono le stesse cause di ineleggibilità previste per gli amministratori nel
modello tradizionale. In aggiunta, non possono essere nominati componenti del consiglio di gestione coloro
che fanno parte del consiglio di sorveglianza.
I membri del consiglio di gestione possono essere nominati per un periodo non superiore a tre esercizi e
restano in carica fino alla data in cui è convocata la riunione del consiglio di sorveglianza per l’approvazione
del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica. Salvo diversa disposizione dello statuto, essi sono
rieleggibili.
Ai sensi dell’art. 2409-novies, co. 4, c.c., i membri del consiglio di gestione possono essere revocati in ogni
momento dal consiglio di sorveglianza, anche se non ricorre giusta causa (salvo, in quest’ultimo caso, il
diritto al risarcimento dei danni).
Essi possono essere revocati ad nutum.
Inoltre, valgono le medesime cause di cessazione previste per gli amministratori nel sistema tradizionale. A
differenza del sistema tradizionale, però, non è previsto il meccanismo della cooptazione. Pertanto, in caso
di cessazione di un consigliere, il consiglio di sorveglianza dovrà provvedere senza indugio alla sua
sostituzione [art. 2409-novies, co. 5, c.c.].
RESPONSABILITÀ: Con riferimento alla responsabilità dei membri del consiglio di gestione, si applicano le
norme previste per gli amministratori nel sistema tradizionale.
Viene fatto espresso richiamo agli artt. 2393 e 2393-bis c.c., in merito all’azione di responsabilità
esercitata dalla società o dai soci (azione sociale di responsabilità).
L’azione di responsabilità nei confronti dei consiglieri di gestione può essere esercitata anche dal consiglio
di sorveglianza, con deliberazione assunta dalla maggioranza dei suoi componenti. Se la deliberazione è
assunta con maggioranza dei due terzi, si determina inoltre la revoca automatica dei consiglieri contro i quali
è promossa l’azione di responsabilità (art. 2409-decies, co. 2).
Il consiglio di sorveglianza può esercitare l’azione di responsabilità entro cinque anni dalla cessazione
dell’«amministratore» dalla carica.
2. Il sistema monistico:
Il sistema monistico, di ispirazione anglosassone, si fonda sulla presenza del solo organo amministrativo (=
consiglio di amministrazione), al cui interno è previsto un comitato per il controllo sulla gestione (art. 2409-
sexiesdecies), che svolge le funzioni tipiche del collegio sindacale. Anche nel sistema monistico il controllo
contabile è poi affidato ad un revisore contabile o ad una società di revisione.
Le differenze rispetto al sistema tradizionale possono essere così sintetizzate:
Eliminazione del collegio sindacale e previsione all’interno del C.d.A. di un comitato per il controllo
sulla gestione;
Necessità della struttura collegiale dell’organo amministrativo;
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Ineliminabilità della figura del soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
La Relazione alla riforma del 2003 giustifica l’introduzione di questo sistema di amministrazione e controllo
con l’intento di «privilegiare la circolazione delle informazioni tra l’organo amministrativo e l’organo di
controllo, conseguendo risparmi di tempo e di costi e una elevata trasparenza».
Consiglio di amministrazione:
Nel sistema monistico, l’organo incaricato della gestione è – come nel sistema tradizionale – il consiglio di
amministrazione. Vista la necessità di prevedere un comitato interno, l’organo amministrativo non può che
essere strutturato in forma consiliare (non è possibile affidare la gestione a un amministratore unico).
È un organo eletto dall’assemblea al quale si applicano in gran parte le medesime regole previste per gli
amministratori nel sistema tradizionale (artt. 2380-bis ss. c.c.), in virtù del rinvio presente nell’art. 2409-
novesdecies, co. 1, c.c.
Almeno un terzo dei suoi componenti deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza previsti nell’art.
2399, co. 1, c.c. per il collegio sindacale e nelle società quotate, un amministratore indipendente deve
essere eletto dalla minoranza.
FUNZIONI: l’organo svolge funzioni essenzialmente coincidenti con quelle del collegio sindacale vigila
sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema
amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare adeguatamente i fatti di gestione.
È destinatario delle denunzie dei soci di fatti censurabili e può a sua volta presentare denunzia al tribunale
ove riscontri gravi irregolarità di gestione potenzialmente dannose.
I suoi componenti devono assistere alle assemblee, alle adunanze del consiglio di amministrazione e del
comitato esecutivo, ma non è prevista la decadenza automatica in caso di assenze ripetute e ingiustificate
(art. 2409-octiesdecies).
È imposto anche lo scambio di informazioni fra il comitato di controllo e il soggetto o la società di revisione
incaricati del controllo contabile.
SOCIETÀ QUOTATE: disciplina più analitica riconosce al comitato per il controllo sulla gestione i medesimi
poteri e diritti di informazione del collegio sindacale nei confronti degli altri amministratori, del soggetto che
esercita la revisione legale dei conti e dei corrispondenti organi delle società controllate. È riconosciuto il
potere del comitato di:
Procedere in ogni momento ad ispezioni e controlli;
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Di avvalersi della collaborazione di dipendenti della società;
Di convocare il consiglio di amministrazione o il comitato esecutivo.
Ciascun componente del comitato può richiedere la convocazione del comitato al presidente la
convocazione, indicando gli argomenti da trattare.
FUNZIONAMENTO: Il comitato per il controllo sulla gestione elegge al suo interno il presidente ed opera con
l’osservanza delle norme di funzionamento dettate per il collegio sindacale: in particolare, deve riunirsi
almeno ogni novanta giorni, è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei componenti e
delibera a maggioranza assoluta dei presenti.
E. I CONTROLLI ESTERNI:
Accanto al controllo interno del collegio sindacale es al controllo contabile affidato ad un revisore esterno,
l’ordinamento prevede un articolato sistema di controlli esterni sulle S.p.A. tali controlli sono espressione
dell’interesse generale al corretto funzionamento delle società vogliono tutelare interessi anche diversi da
quelli dei soci e della minoranza.
Il sistema dei controlli esterni non è uguale per tutte le S.p.A., però comune a tutte è il controllo esterno
sulla gestione, esercitato dall’autorità giudiziaria in presenza di situazioni patologiche che ne alterano il
corretto funzionamento (art. 2409).
Allo stesso tempo, le società con azioni quotate e quelle che operano nel mercato immobiliare sono
assoggettate al controllo della Consob.
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a) Disporre gli opportuni provvedimenti cautelari per evitare il ripetersi di irregolarità e nel
contempo convocare l’assemblea della società per le delibere conseguenti, che però
l’assemblea è libera di adottare o meno;
b) Nei casi più gravi, il tribunale revoca gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e
nomina un amministratore giudiziario. I poteri e la durata in carica dell’amministratore
giudiziario sono determinati dal tribunale con il decreto di nomina. Egli ha la rappresentanza
della società, ma non può compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza
l’autorizzazione del presidente del tribunale.
Prima della scadenza del suo incarico l’amministratore giudiziario deve convocare l’assemblea per la nomina
dei nuovi amministratori e sindaci; può proporre in alternativa all’assemblea la messa in liquidazione della
società o la sua sottoposizione ad una procedura concorsuale.
La Consob:
La Consob è un organo pubblico di vigilanza sul mercato dei capitali istituito con la legge del 07/06/1974
n.216. Attualmente è una persona giuridica di diritto pubblico, che gode di piena autonomia nei limiti previsti
dalla legge, ha sede a Roma e una sede secondaria a Milano.
Le funzioni della Consob si sono ampliate nel tempo è nata come organo di controllo della borsa e delle
società che collocano in borsa i propri titoli, ma essa è progressivamente divenuta organo di controllo
dell’intero mercato mobiliare, dei soggetti che vi operano e di ogni operazione di sollecitazione del pubblico
risparmio attraverso l’emissione ed il collocamento di strumenti finanziari.
L’INFORMAZIONE SOCIETARIA: questo organo svolge un ruolo centrale per assicurare un’adeguata e
veritiera informazione del mercato mobiliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che
fanno appello al pubblico risparmio, in modo da consentire agli investitori scelte più consapevoli.
Principi cardine dell’attuale disciplina:
Tutte le società emittenti strumenti finanziari quotati o comunque diffusi tra il pubblico devono
tempestivamente informare il pubblico, secondo le modalità stabilite dalla Consob, di qualsiasi fatto,
riguardante anche l’attività delle società controllate la cui conoscenza può influire sensibilmente sul
prezzo degli strumenti finanziari;
La Consob può richiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per l’informazione del
pubblico e provvedervi direttamente, a spese degli interessati, in caso di inottemperanza.
Avvalendosi dei suoi poteri, la Consob ha anche prescritto:
In via generale, specifici obblighi di informazione preventiva del pubblico per una serie di operazioni
straordinarie;
Che siano emessi tempestivamente a disposizione del pubblico i documenti contabili periodici;
Ha poteri di indagine e di intervento;
Stabilisce modalità e termini per la diffusione tra il pubblico di determinate informazioni di cui essa
stessa prescrive la pubblicazione e che in quanto tali devono essere depositate presso la Consob e
presso la società di gestione del mercato dove avviene la quotazione.
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In linea di principio, tutte le clausole dello statuto sono modificabili, nel rispetto del procedimento formale
previsto dalla legge e nel limite delle norme imperative.
La deliberazione di modifica dello statuto è soggetta a deposito nel registro delle imprese. L’ufficio del
registro verifica la regolarità formale della deliberazione.
Il controllo giudiziario sulle delibere modificative dello statuto, conseguentemente affidato al
notaio, è stato reso eventuale e facoltativo. Infatti, in base all’attuale disciplina, ex Art. 2436, co. 1 e
2, c.c.: «Il notaio che ha verbalizzato la deliberazione di modifica dello statuto, entro trenta giorni,
verificato l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ne richiede l’iscrizione nel registro
delle imprese contestualmente al deposito e allega le eventuali autorizzazioni richieste. L’ufficio del
registro delle imprese, a sua volta, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la
delibera nel registro».
La delibera NON produce effetti se non dopo l’iscrizione [art. 2436, co. 5, c.c.].
Dopo ogni modifica dello statuto deve esserne depositato nel registro delle imprese il testo integrale
nella sua redazione aggiornata per rendere più agevole la conoscenza del contenuto attuale dello
statuto [art. 2436, co. 6, c.c.].
Dunque, ex art.2436 c.c. la verifica dell’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge spetta al notaio
che ha verbalizzato la deliberazione.
Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà comunicazione
tempestivamente, e comunque non oltre il termine di trenta giorni dalla delibera, agli
amministratori.
Gli amministratori, nei trenta giorni successivi, possono convocare l’assemblea per gli opportuni
provvedimenti oppure ricorrere al tribunale, il quale, verificato l’adempimento delle condizioni
richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero, ordina l’iscrizione nel registro delle imprese con
decreto soggetto a reclamo [art. 2436, co. 4, c.c.]. In caso di inerzia degli amministratori la
deliberazione è definitivamente inefficace [art. 2436, co. 3, c.c.].
2. Il diritto di recesso:
Disciplina in tema di diritto di recesso dei soci nella S.p.a. artt. 2437 ss. c.c.
Nelle S.p.a. l’applicazione del principio maggioritario anche per le modificazioni statutarie fa sì che la
minoranza NON possa impedire modifiche, anche se radicali, dell’assetto societario.
È pur sempre necessario che siano rispettati dalla maggioranza i limiti posti da norme inderogabili e che non
siano violati i principi cardine della correttezza e buona fede nell’attuazione del contratto sociale, nonché il
principio della parità di trattamento fra gli azionisti.
Per tutelare la minoranza è stato dunque introdotto il diritto di recesso dalla società [art.2437 ss.] per il
quale l’attuale disciplina prevede cause inderogabili e cause derogabili di recesso dallo statuto. Inoltre, nelle
società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può prevedere ulteriori cause di
recesso (cc.dd. facoltative o statutarie).
Cause inderogabili
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[Art. 2437, co. 1, c.c.] Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che NON hanno
concorso alle deliberazioni riguardanti:
a) La modifica della clausola dell’oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo
dell’attività della società;
b) La trasformazione della società;
c) Il trasferimento della sede sociale all’estero;
d) La revoca dello stato di liquidazione;
e) L’eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;
f) La modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso;
g) Le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
N.B. IN TUTTI QUESTI CASI (…) È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l’esercizio del
diritto di recesso nelle ipotesi previste dal primo comma del presente articolo.
Il nostro ordinamento prevede recesso ad nutum nelle società non quotate costituite a tempo
indeterminato come temperamento alla durata potenzialmente illimitata del vincolo sociale e non più come
sola reazione estrema del socio di fronte ad una modificazione estrema non desiderata del contratto sociale.
Ex art. 2437, co. 3, c.c. «Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate
in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di ALMENO 180 giorni; lo statuto
può prevedere un termine maggiore, NON superiore ad un anno».
[Art. 2437-quinquies c.c.]: Se le azioni sono quotate in un mercato regolamentato hanno diritto di recedere i
soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione dalla quotazione.
È escluso il diritto di recesso «ad nutum» del socio di società per azioni nel caso in cui lo statuto preveda una
prolungata durata della società (nella specie, fino al 2100), non potendo tale ipotesi essere assimilata a
quella, prevista dall’art. 2437, comma 3, c.c., della società costituita per un tempo indeterminato, stante la
necessaria interpretazione restrittiva delle cause che legittimano la fuoriuscita del socio dalla società e
dovendo anche escludersi l’estensione della disciplina prevista dall’art. 2285 c.c. per le società di persone,
ove prevale l’intuitus personae.
In relazione a tale tema dibattuto la Giurisprudenza giunge talvolta a diverse conclusioni per le s.r.l. (v. Cass.
civ., Sez. I, 29 marzo 2019, n. 8962)
[Art. 2437, co. 5, c.c.]: Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le società soggette ad
attività di direzione e coordinamento.
Art. 2497-quater c.c.--> Il socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento può recedere:
a) Quando la società o l’ente che esercita attività di direzione e coordinamento ha deliberato una
trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale, oppure ha deliberato una modifica
del suo oggetto sociale consentendo l’esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le
condizioni economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione e coordinamento;
b) Quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita
attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c.; in tal caso il diritto di recesso può
essere esercitato soltanto per l’intera partecipazione del socio;
c) All’inizio ed alla cessazione dell’attività di direzione e coordinamento, quando non si tratta di una
società con azioni quotate in mercati regolamentati e ne deriva un’alterazione delle condizioni di
rischio dell’investimento e non venga promossa un’offerta pubblica di acquisto.
Cause derogabili
Ex art. 2437, co. 2, c.c. Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che NON
hanno concorso all’approvazione delle deliberazioni riguardanti:
La proroga del termine di durata della società.
L’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni.
In questi casi il recesso NON può essere esercitato solo per parte delle azioni.
[Art. 2437, co. 4, c.c.]: Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può
prevedere ulteriori cause di recesso.
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Termini e modalità Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata inviata alla società,
che deve essere spedita entro 15 giorni dall’iscrizione della delibera che lo legittima nel registro delle
imprese [art. 2437-bis, co. 1, c.c.].
Si ritiene che la lettera raccomandata possa essere sostituita con altro mezzo idoneo a garantire la
prova dell’avvenuta ricezione.
Se il fatto che dà luogo al recesso è diverso da una delibera, il termine è elevato a 30 giorni.
La comunicazione deve indicare le generalità del socio recedente, il domicilio per le comunicazioni e il
numero e la categoria delle azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso.
[Art. 2437-bis, co. 2, c.c.]: Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso NON possono essere cedute e
devono essere depositate presso la sede sociale
Non è indicato entro quale termine occorre provvedere al deposito.
[Art. 2437-bis, co. 3, c.c.]: Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia e la
società può sottrarsi al rimborso delle azioni, se, entro 90 giorni, quest’ultima revoca la delibera che
legittimava il socio al recesso oppure se è deliberato lo scioglimento della società.
Molto discusso in dottrina e giurisprudenza è il momento di efficacia del recesso (perdita dello
status di socio del recedente).
L’ attuale disciplina modifica radicalmente il criterio di determinazione del valore delle azioni da rimborsare
ed è infatti stabilito che, ex Art. 2437-ter c.c., nelle società non quotate:
Il socio ha diritto alla liquidazione delle azioni per le quali esercita il recesso (co. 1).
Il valore di liquidazione delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio
sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza
patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di
mercato delle azioni (co. 2).
Lo statuto può stabilire criteri diversi di determinazione del valore di liquidazione, indicando gli
elementi dell’attivo e del passivo del bilancio che possono essere rettificati rispetto ai valori risultanti
dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica, nonché altri elementi suscettibili di valutazione
patrimoniale da tenere in considerazione (co. 4).
Tribunale Milano Sez. VIII, 30 aprile 2008: L’obbligo dell’organo amministrativo di procedere alla
previa valutazione del valore di liquidazione delle azioni deve intendersi come posto nell’interesse
alla piena informazione dei soci chiamati a decidere una modifica statutaria che possa far sorgere il
diritto di recedere, e ciò non solo nell'ottica del socio che a fronte di detta modifica intenda
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recedere, ma anche dei soci che - pur non intenzionati a recedere - possano valutare il valore del loro
voto e, quindi, l’impatto economico di una modifica statutaria che possa indurre taluni al recesso.
Corte d’Appello Milano, Sez. I, 13 febbraio 2013: È annullabile la delibera assembleare con la quale
vengono introdotte modifiche statutarie che legittimano il recesso qualora l’organo amministrativo
non abbia preventivamente determinato il valore delle azioni al fine di renderlo conoscibile ai soci.
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Capitale sottoscritto;
Capitale versato;
Capitale esistente.
Il capitale nominale costituisce un elemento essenziale dello statuto, oltre che dell’atto costitutivo della
società.
Ogni sua modifica costituisce quindi una modificazione dello statuto.
È legittimo dar luogo all’aumento di capitale in caso di perdite, eccetto che nell’ipotesi ex artt. 2446 –
2447 c.c. in cui la perdita sia superiore al terzo del capitale.
• In queste ipotesi, è necessario deliberare prima la riduzione nominale del capitale e poi l’aumento
effettivo (anche eventualmente nella stessa assemblea).
In via di principio, competente a deliberare l’aumento del capitale è l’assemblea dei soci, ma come viene
espresso dall’ Art. 2443 c.c.: Lo statuto può attribuire la facoltà di aumentare il capitale sociale agli
amministratori in una o più volte fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque
anni (la delega è però rinnovabile).
In tal caso, il verbale della deliberazione degli amministratori deve essere redatto da un notaio e
deve essere iscritto nel registro delle imprese.
SOTTOSCRIZIONE PARZIALE:
L’aumento di capitale è di regola un’operazione inscindibile e non può darsi luogo se non è sottoscritto
interamente, salvo previsto diversamente dalla delibera di aumento.
La delibera di aumento deve fissare un termine NON inferiore a 15 giorni dalla pubblicazione dell’offerta,
entro il quale le sottoscrizioni devono essere raccolte
Art. 2444 c.c.: Entro trenta giorni dall’avvenuta sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, gli
amministratori devono depositare per l’iscrizione al registro delle imprese un’attestazione che l’aumento del
capitale è stato eseguito.
Fino a che l’iscrizione nel registro non sia avvenuta, l’aumento di capitale non può essere menzionato negli
atti della società.
Le nuove azioni possono essere liberate mediante conferimenti in denaro – in tal caso, il 25% va versato
direttamente alla società all’atto di sottoscrizione – o mediante conferimenti in natura, se previsto dallo
statuto e dalla deliberazione.
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Si applica in queste ipotesi la disciplina prevista per i conferimenti in natura, comprese le deroghe al
procedimento di stima ordinario ex art. 2343-ter c.c.
Agli amministratori spetta, in particolare, il compito di controllare il valore dei conferimenti valutati
con metodi alternativi entro 30 giorni dalla data di esecuzione del conferimento; una volta apportati
al fair value, uno o più soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale possono richiedere la
nuova valutazione secondo il normale procedimento previsto dall’art.2343.
5. Il diritto di opzione:
Il diritto di opzione si sostanzia nel diritto di essere preferiti a terzi nella sottoscrizione di azioni di nuova
emissione. La funzione è dunque di consentire al socio di mantenere inalterata la propria partecipazione
percentuale al capitale sociale.
Il diritto di opzione spetta qualunque siano le categorie di azioni esistenti e qualunque siano quelle
da emettere.
NB: NON si ha diritto di opzione quando l’aumento di capitale è «gratuito». In questo caso, i soci
hanno diritto all’assegnazione gratuita delle nuove azioni (e i titolari di obbligazioni convertibili, alla
modifica del rapporto di conversione).
L’ oggetto del diritto di opzione sono le azioni di nuova emissione le quali devono essere offerte in
opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute, nonché agli eventuali possessori di
obbligazioni convertibili, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio [art. 2441 c.c.].
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Nei casi di esclusione del diritto di opzione, la proposta di aumento del capitale sociale deve essere illustrata
dagli amministratori con apposita relazione, in cui devono risultare anche le ragioni dell’esclusione o della
limitazione del diritto di opzione e i criteri utilizzati per la determinazione del prezzo di emissione.
La relazione deve essere comunicata al collegio sindacale e al revisore legale almeno 30 giorni prima
dell’assemblea.
Gli organi di controllo entro 15 giorni devono esprimere parere sulla congruità del prezzo di
emissione e depositare le relazioni presso la sede sociale nei 15 giorni che precedono l’assemblea,
dove i soci possono prenderne visione.
Quando il diritto di opzione è escluso o limitato, le azioni DEVONO essere emesse con sovrapprezzo.
Condizione obbligatoria per i punti 1 & 4 precedentemente elencati
Il sovrapprezzo è determinato sulla base del valore del patrimonio netto, che ne costituisce il limite
massimo. Nelle società quotate si tiene conto anche dell’andamento delle quotazioni nell’ultimo
semestre.
Le somme così acquisite dalla società sono liberamente distribuibili nella misura che residua dopo
l’imputazione a riserva legale – ovvero non possono essere distribuite finché la riserva legale non
abbia raggiunto la quinta parte del capitale sociale.
NON si considera escluso il diritto di opzione se le azioni sono offerte in sottoscrizione a banche,
enti o società finanziarie soggetti al controllo della Consob, o altri soggetti autorizzati all’esercizio
dell’attività di collocamento di strumenti finanziari, con l’obbligo di offrirle agli azionisti della società.
L’aumento gratuito del capitale sociale è possibile anche se la riserva legale NON è stata completata, a
condizione che sia stata accantonata la parte prevista dagli utili annuali.
Utili residui sono distribuibili e quindi anche imputabili a capitale.
[Art. 2442, co. 2 e 3, c.c.] L’aumento gratuito di capitale può essere realizzato:
Mediante l’emissione di nuove azioni, identiche per caratteristiche a quelle in circolazione, da
attribuire gratuitamente agli azionisti in proporzione di quelle già possedute;
Mediante l’aumento del valore nominale delle azioni in circolazione.
NB: non è necessario alcun intervento se la società aveva emesso azioni prive del valore nominale.
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Versamenti a fondo perduto I versamenti a fondo perduto sono versamenti effettuati dai soci alla società,
NON sottoposti subito alla disciplina propria del capitale.
Solitamente si effettuano quando si verificano delle perdite, per evitare l’applicazione della disciplina
in materia di riduzione obbligatoria del capitale.
Sono effettuati a titolo volontario, generalmente in proporzione alla partecipazione.
La delibera che impone al socio di effettuare versamenti contro la sua volontà è nulla.
Le somme versate a fondo perduto sono imputate direttamente in conto economico come sopravvenienza
attiva (così da eliminare alla radice la perdita).
Variante: i soci finanziatori della società rinunciano al loro credito per la restituzione delle somme
finanziate. Si realizza una remissione del debito (insussistenza attiva).
Versamenti a conto capitale I versamenti in conto capitale sono versamenti effettuati dai soci in vista di
un futuro eventuale aumento di capitale.
I soci versano delle somme alla società, che poi può imputarle a capitale in una successiva eventuale
deliberazione di aumento.
Si qualifica come offerta unilaterale irrevocabile di sottoscrizione, che verrà accettata dalla società
nel momento (eventuale) in cui il capitale viene aumentato.
RIDUZIONE NOMINALEIl patrimonio netto della società può scendere al di sotto del capitale nominale per
effetto di perdite. La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nell’adeguare la cifra del capitale
sociale nominale all’attuale minor valore del capitale reale. Si tratta infatti di una riduzione puramente
nominale la quale non comporta di per sé alcuna riduzione del patrimonio sociale.
La riduzione facoltativa nominale si ha quando il capitale è ridotto per perdite inferiori a un terzo
(altrimenti è obbligatoria ex artt. 2446 – 2447 c.c.).
La riduzione facoltativa effettiva era in passato (prima della riforma del 2003) possibile solo in caso di
esuberanza del capitale per il conseguimento dell’oggetto sociale.
• Oggi però l’art. 2445 c.c. non fa più riferimento all’esuberanza del capitale.
RIDUZIONE REALE
L’art. 2445 c.c. stabilisce che nell’avviso di convocazione dell’assemblea si debbano indicare le ragioni e le
modalità della riduzione, che andranno ovviamente precisate anche nella deliberazione.
Si può escludere che la riduzione del capitale possa essere “immotivata”.
Il capitale sociale NON può essere al di sotto del minimo legale di 50mila euro
La delibera di riduzione può essere eseguita solo dopo 90 giorni dall’iscrizione al registro delle imprese,
purché in questo termine nessun creditore abbia fatto opposizione [art. 2445 c.c.].
Presupposto per la legittimazione all’opposizione è l’interesse ad agire del creditore. L’opposizione
sospende l’esecuzione della delibera fino all’esito del giudizio sulla stessa.
o Il tribunale può disporre, nonostante l’opposizione, che la riduzione abbia comunque luogo
se ritiene infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori, o se la società presta idonea
garanzia a favore del creditore opponente.
La riduzione del capitale può avere luogo mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora
dovuti oppure mediante rimborso del capitale [art. 2445 c.c.].
A queste modalità si aggiunge quella dell’acquisto di azioni proprie.
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Nel caso di riduzione mediante acquisto di azioni proprie, l’operazione deve rispettare il limite
dell’ammontare minimo del capitale sociale e del rapporto con le obbligazioni ancora emesse, nonché il
limite del 20% del capitale sociale previsto per le società che fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio.
È anche possibile rimborsare il capitale (non a tutti i soci in identica misura, ma) solo ad alcuni soci, per
intero. In tal caso, l’operazione deve essere realizzata mediante sorteggio delle azioni da rimborsare e ai soci
che ne erano titolari devono essere attribuite azioni di godimento.
RIDUZIONE OBBLIGATORIA
La riduzione obbligatoria del capitale può aversi nei seguenti casi:
Per adeguamento del capitale al minor valore dei conferimenti quale risultante all’esito del controllo
della stima giurata, se risulta che il valore dei beni conferiti era inferiore di oltre un quinto a quello
per cui avvenne il conferimento [art. 2343]. In tal caso la riduzione è nominale, perché non viene
rimborsato alcun valore al socio.
A seguito dell’esercizio del diritto di recesso, quando il rimborso del capitale ai soci receduti non può
aver luogo altrimenti [art. 2437-quater]. La riduzione in questo caso è effettiva.
Per morosità del socio, quando sia impossibile la vendita delle sue azioni entro l’esercizio in cui è
stata pronunciata la decadenza [art. 2344 c.c.]. La riduzione è nominale, perché non viene
rimborsato alcun valore al socio.
Per perdite di oltre un terzo del capitale [artt. 2446 – 2447 c.c.]. È una riduzione nominale, perché
la perdita si è già verificata e non viene rimborsato alcun valore ai soci.
L’assemblea non è tenuta a decidere l’immediata riduzione del capitale sociale, ma ha due opzioni: può
limitarsi a prendere atto della situazione e rinviare ogni provvedimento (rinvio delle perdite all’esercizio
successivo), o può disporre la riduzione del capitale.
Se entro l’esercizio successivo la perdita NON risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea deve
ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.
Se non vi provvede l’assemblea ordinaria, saranno gli amministratori o i sindaci a chiedere al
tribunale che la riduzione venga disposta con decreto d’ufficio.
Art. 2446, comma 2, c.c. prevede che “l’assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il
bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale”.
La competenza è formalmente affidata all’assemblea ordinaria, ma si tratta di una modificazione
dello statuto (dunque di competenza di quella straordinaria).
Per non modificare l’articolo, le disposizioni di attuazione hanno imposto la verbalizzazione del notaio e che
la deliberazione sia iscritta al registro delle imprese
Più rigorosa è la disciplina se, per effetto della perdita di oltre un terzo, il patrimonio si riduce al di sotto
dell’ammontare minimo legale del capitale (art.2447, c.c.).
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La perdita deve essere valutata al netto delle riserve, che sono assorbite per prime.
L’assemblea deve deliberare la riduzione del capitale (anche eventualmente l’azzeramento) e il
contemporaneo aumento di capitale ad una cifra non inferiore al minimo legale, oppure la trasformazione
della società in altro tipo per il quale non sia richiesto quel minimo legale.
In alternativa, se l’assemblea non adotta una di tali decisioni, si verifica lo scioglimento della società
ed entra in stato di liquidazione [artt. 2484 e 2447].
Non è ammissibile aumentare prima il capitale senza averlo prima ridotto in misura corrispondente, né una
riduzione parziale del capitale (quanto basta per far scendere la perdita a meno di un terzo).
Se la società presenta una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, la
disciplina esposta in tema di riduzione obbligatoria del capitale sociale e scioglimento conseguente
alla perdita del minimo legale rimane sospesa per tutta la durata della procedura, fino al decreto di
omologa.
Requisiti di capitale:
Capitale minimo 10.000 euro; nettamente inferiore rispetto ai 50 mila richiesti per le S.p.a. e a
partire dal 2003 tale requisito NON costituisce più condizione necessaria per la costituzione.
o Art. 2463, comma 4, c.c.: «L'ammontare del capitale può essere determinato in misura
inferiore al minimo legale di diecimila euro, purché pari almeno a un euro . In tal caso i
conferimenti devono farsi in denaro e devono essere versati per intero al momento della
sottoscrizione alle persone cui è affidata l'amministrazione». E inoltre – comma 5 – «la
somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per
formare la riserva prevista dall'articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli
stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l'ammontare di
diecimila euro».
È da escludere per contro che le società già dotate del capitale minimo possano successivamente ridurlo al di
sotto di tale soglia. La Ratio della norma rispetto alla DEROGABILITA’ del minimo legale in sede di
costituzione va a favorire la nascita di nuove imprese e il progressivo rafforzamento patrimoniale.
Struttura organizzativa:
I vantaggi delle S.r.l. rispetto alle S.p.a.:
Minori costi: organo di controllo (peraltro, monocratico) NON sempre necessario.
Maggiore flessibilità organizzativa: ampio spazio all’autonomia privata in materia di decisioni dei
soci, amministrazione, diritti particolari, etc.
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Minori costi di costituzione: struttura organizzativa tendenzialmente con meno cariche sociali.
Anche la s.r.l. può essere unipersonale; tuttavia, «in caso di insolvenza della società, per le
obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui l'intera partecipazione è appartenuta ad una sola
persona, questa risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo
quanto previsto dall'articolo 2464, o fin quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta
dall'articolo 2470».
Ai sensi dell’art. 2470, comma 5, c.c. l’obbligo di rendere note le modifiche della situazione di appartenenza
della partecipazione unica è posto in capo agli amministratori.
Dall’omissione degli amministratori deriva la perdita del beneficio della responsabilità limitata.
Tuttavia - comma 6 – «l’unico socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità» prevista.
60
Problema: quali rimedi in caso di minusvalenze dei conferimenti? Alcune tesi:
1) applicare analogicamente la disciplina azionaria ex art. 2343 c.c.
2) compensare in denaro la minusvalenza
3) la minusvalenza è una perdita che grava su tutti
Socio Moroso:
Art. 2466 c.c.: «Se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori
diffidano il socio moroso ad eseguirlo nel termine di trenta giorni».
«Decorso inutilmente questo termine gli amministratori, qualora non ritengano utile promuovere
azione per l'esecuzione dei conferimenti dovuti, possono vendere agli altri soci in proporzione alla
loro partecipazione la quota del socio moroso. La vendita è effettuata a rischio e pericolo del
medesimo per il valore risultante dall'ultimo bilancio approvato. In mancanza di offerte per
l'acquisto, se l'atto costitutivo lo consente, la quota è venduta all'incanto».
Il socio moroso NON può partecipare alle decisioni dei soci.
In mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio moroso, trattenendo le somme; in
tal caso il capitale deve essere immediatamente ridotto in misura corrispondente, in quanto la S.r.l.
NON può acquisire le proprie quote.
N.B. Tale disciplina si applica anche quando siano scadute o divenute inefficaci la polizza o la fideiussione
presentata a garanzia dal socio.
4. Le quote sociali:
Nella s.r.l. la divisione del capitale segue un criterio personale (Ciascun socio è titolare di una quota di
partecipazione), non di tipo matematico come nella S.p.a., dato che nelle S.r.l. le quote di partecipazione
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NON possono essere rappresentate da azioni.
Possono essere di diverso ammontare (e normalmente lo sono)
il valore delle quote è determinato in modo proporzionale al conferimento se l’atto costitutivo
non prevede diversamente.
N.B. In ogni caso, il valore complessivo dei conferimenti non deve essere inferiore all’ammontare globale del
capitale sociale.
Mentre le azioni sono necessariamente di ugual valore, le quote possono essere di diverso ammontare e lo
sono se inizialmente è diverso l’ammontare del capitale sottoscritto da ciascun socio. Ne consegue che,
mentre le azioni attribuiscono uguali diritti, le quote possono essere anche le une diverse dalle altre.
Art.2468, 2° comma: Tendenzialmente, se l’atto costitutivo non dispone diversamente, l’attribuzione
delle partecipazioni è proporzionale al conferimento; ciò posto, i diritti sociali spettano ai soci
rigorosamente in rapporto proporzionale alle quote da ciascuno possedute.
Art. 2468, comma 3 pone una significativa DEROGA: «Resta salva la possibilità che l'atto costitutivo
preveda l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o
la distribuzione degli utili».
Comma 4: «Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo e salvo in ogni caso quanto previsto
dal primo comma dell'articolo 2473, i diritti previsti dal precedente comma possono essere
modificati solo con il consenso di tutti i soci».
(Diritto di nominare un amministratore, diritto di essere amministratore, privilegio nella distribuzione di
utili, etc.)
Diritti particolari massima espressione dell’elemento personalistico e della sua prevalenza
rispetto alla struttura capitalistica della s.r.l.
Diritto di recesso in caso di rilevante modificazione dei diritti particolari
o N.B. diritto riconosciuto sia al socio dotato del diritto speciale, sia alla generalità dei soci che
non abbiano approvato la modifica.
Ulteriore differenza delle quote rispetto alle azioni, è che le prime (quote) NON possono essere
rappresentate dai titoli di credito.
Trasferibilità:
Art.2469: L’atto costitutivo può sia limitare che escludere del tutto il trasferimento delle quote.
L’eventuale certificato di quota rilasciato dalla società costituisce semplice documento probatorio e non uno
strumento per la circolazione della stessa.
Recesso (Art.2473):
Art. 2473 c.c.: «L'atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative
modalità».
Il recesso costituisce lo strumento più efficace di tutela dei soci di minoranza in una società, come la S.r.l., in
cui le partecipazioni NON hanno di regola un mercato.
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4. al trasferimento della sede sociale all'estero
5. alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo;
6. al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione
dell'oggetto della società determinato nell'atto costitutivo o una rilevante
modificazione dei diritti attribuiti ai soci (a norma dell'articolo 2468, 4°comma).
Art. 2473, comma 3: «I soci che recedono dalla società hanno diritto di ottenere il rimborso della
propria partecipazione in proporzione del patrimonio sociale entro 180 giorni dalla comunicazione
del recesso dalla società.
o A tal fine il rimborso è determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento
della dichiarazione di recesso; in caso di disaccordo la determinazione è compiuta tramite
relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su
istanza della parte più diligente (si applica in tal caso il primo comma dell'articolo 1349)».
Comma 4: «Il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso deve essere
eseguito entro 180 giorni dalla comunicazione del medesimo fatta alla società .
o Per contemperare l’interesse del socio che recede con la tutela dell’integrità del capitale ed
ei creditori sociali si prevede che esso può avvenire anche mediante acquisto da parte degli
altri soci proporzionalmente alle loro partecipazioni oppure da parte di un terzo
concordemente individuato da soci medesimi a seguito della messa in opzione della quota
stessa. Qualora non ci fossero acquirenti, il rimborso è effettuato utilizzando riserve
disponibili o, in mancanza, corrispondentemente riducendo il capitale sociale; in
quest'ultimo caso si applica l'articolo 2482 e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il
rimborso della partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione.
Esclusione:
Art. 2473, comma 5: «Il recesso NON può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia,
se la società revoca la delibera che lo legittima oppure se è deliberato lo scioglimento della società».
Art. 2473-bis c.c.: «L'atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa
del socio. In tal caso si applicano le disposizioni del precedente articolo, esclusa la possibilità del
rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale». se non vi sono acquirenti
della quota del socio escluso o la società non possa far fronte al rimborso, l’esclusione deve ritenersi
priva di effetto. (Vi è però qualche autore che ritiene che, in tal caso, la società di sciolga).
I trasferimenti per atto tra vivi devono risultare da scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un
notaio oppure da un documento informatico sottoscritto dalle parti; il notaio, oppure in caso di doc.
informatico un ragioniere o dott. commercialista, devono depositare entro 30 giorni l’atto di trasferimento
per l’iscrizione nel registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società.
Libera trasferibilità: espressione del carattere capitalistico della s.r.l. (cfr. società di persone).
L’atto costitutivo può:
1) Prevedere l’intrasferibilità
2) Subordinare il trasferimento al gradimento anche immotivato di organi sociali, soci o terzi
In entrambi i casi diritto di recesso per il socio o per gli eredi del socio (in caso di trasferimento per causa
di morte impedito).
Importante Rilievo critico è costituito dal dubbio relativo alla possibilità o meno di fare appello al diritto di
recesso per colui (l’erede) che NON è divenuto socio; l’atto costitutivo può prevedere un termine – massimo
di 2 anni – prima del quale il recesso non può essere esercitato.
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Tra le parti, il trasferimento della quota si perfeziona con la manifestazione del consenso.
Verso la società, invece, esso ha effetto dopo che l’atto di trasferimento, con sottoscrizione
autenticata, sia stato depositato, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle
imprese.
Pluralità di trasferimenti:
Un Problema è il conflitto fra più acquirenti della medesima quota (Art.2470,3°comma):
«Se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in
buona fede l'iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data
posteriore».
Rilievi critici:
o Confusione deposito vs iscrizione;
o Si menziona la buona fede dell’acquirente MA il deposito è adempimento del notaio!
Non è più richiesta l’annotazione del trasferimento del libro dei soci, poiché a partire dal 2008
l’obbligo di tenuta di questo libro è stato soppresso.
o Tuttavia, devono ritenersi legittime le clausole che continuano a prevedere la tenuta del
libro soci e, di qui, a imporvi l’iscrizione dei soci quale condizione ulteriore per l’esercizio dei
diritti sociali.
Qualora la partecipazione non fosse liberamente trasferibile, la vendita è priva di effetto se la società
presenta entro10 giorni un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Si consente così ai soci di impedire
l’ingresso di soggetti non graditi nella compagine sociale.
Inoltre – ai sensi dell’art. 2471bis c.c. – «La partecipazione può formare oggetto di pegno, usufrutto
e sequestro. Salvo quanto disposto dal terzo comma dell'articolo che precede (cioè in caso di
partecipazione non liberamente trasferibile) si applicano le disposizioni dell'articolo 2352.
Sempre secondo l’art. 2479, l’atto costitutivo può riversare alla competenza dei soci anche altre materie.
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DECISIONI DEI SOCI (art. 2479): I soci decidono su qualsiasi argomento sia sottoposto alla loro approvazione
dagli amministratori o da tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale.
I soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che
uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono
alla loro approvazione (comma 1).
Queste decisioni, nel silenzio dell’atto costitutivo, sono adottate mediante deliberazione assembleare.
Tuttavia, l’atto costitutivo può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate con una procedura più
snella, mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto in tal caso le decisioni
sono adottate con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale
sociale. È possibile applicare tale metodo in qualsiasi caso, tranne in caso di:
Modificazioni dell’atto costitutivo;
Decisioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto
costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci;
Riduzione obbligatoria del capitale per perdite;
Espressa richiesta da parte di uno o più amministratori, ovvero dei soci che rappresentano almeno
1/3 del capitale (comma 4).
NB: ogni socio ha il diritto di partecipare alle decisioni ed il suo voto vale in misura proporzionale alla sua
partecipazione (comma 5), salvo che si tratti di argomenti per i si dispongono “particolari diritti”.
L’ASSEMBLEA (art. 2479-bis): quando è l’assemblea a dover deliberare, le norme che disciplina tale
deliberazione sono del tutto autonome da quelle delle S.p.A. e in larga parte sono devolute all’atto
costitutivo «l’atto costitutivo determina i modi di convocazione dell’assemblea dei soci, tali comunque da
assicurare la tempestiva informazione sugli argomenti da trattare. In mancanza la convocazione è effettuata
mediante lettera raccomandata spedita ai soci almeno otto giorni prima dell’adunanza nel domicilio
risultante dal registro delle imprese» (comma 1).
In assemblea possono intervenire tutti i soci e il voto di questi ultimi vale in proporzione alla partecipazione.
Le maggioranze sono più elevate rispetto a quelle delle S.p.A.:
Quorum costitutivo l’assemblea ordinaria è regolarmente costituita con la presenza di almeno la
metà di tutto il capitale sociale (comma 3);
Quorum deliberativo voto favorevole di tanti soci che compongano la maggioranza assoluta del
capitale rappresentato in assemblea e, in caso di modificazioni dell’atto costitutivo e decisioni di
compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale
determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci, voto favorevole
dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale (comma 3).
Assemblea di seconda convocazione non è prevista una disciplina per l’assemblea di seconda
convocazione con maggioranze ridotte, ma può essere introdotta dall’atto costitutivo.
Assemblea totalitaria «la deliberazione s’intende adottata quando ad essa partecipa l’intero capitale
sociale e tutti gli amministratori e sindaci sono presenti o informati della riunione e nessuno si oppone alla
trattazione dell’argomento» (comma 5).
Voto per rappresentanza «se l’atto costitutivo non dispone diversamente, il socio può farsi rappresentare
in assemblea» (comma 2).
INVALIDITÀ DELLE DECISIONI DEI SOCI (art. 2497-ter): Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità
della legge o dell’atto costitutivo possono essere impugnate:
dai soci che non vi hanno acconsentito, anche singolarmente;
da ciascun amministratore;
dall’organo di controllo;
tutto ciò deve avvenire entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci (comma 1).
La stessa disciplina è attuata per Le decisioni adottate con la partecipazione determinante di un socio in
conflitto di interessi e che possono arrecare un danno alla società.
65
Il tribunale può assegnare un termine (non superiore a 180 giorni) per l’adozione di una nuova decisione
idonea ad eliminare la causa di invalidità in questo caso la sostituzione sana retroattivamente la decisione
invalida e fa salvi i diritti acquistati medio tempore dai terzi.
Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono
essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla loro trascrizione nel libro delle
decisioni dei soci (comma 3).
Le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite possono essere
impugnate da chiunque vi abbia interesse senza limiti di tempo (comma 3).
Per il resto dei casi si rinvia alla disciplina dell’invalidità delle S.p.A.
7. Amministrazione e controlli:
In base all’attuale disciplina, la ripartizione di competenze fra assemblea e amministratori è in larga parte
rimessa all’autonomia statuaria.
In mancanza di diversa previsione statutaria, resta ferma la regola che l’amministrazione è affidata a uno o
più soci, nominati con decisione dei soci, che restano in carica a tempo indeterminato.
«L’istituzione degli assetti organizzativi di cui all’art. 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli
amministratori. Salva diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a
uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell’art. 2479» (art. 2475, comma 1 – d.lgs.
147/2020).
Quando l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione,
sebbene l’adozione del metodo collegiale sia derogabile: l’atto costitutivo può prevedere che le relative
decisioni siano prese mediante il metodo della consultazione scritta o del consenso espresso per iscritto,
oppure disgiuntamente o congiuntamente il metodo collegiale è derogabile, tranne in alcuni casi: progetto
di bilancio, progetti di fusione o di scissione, aumento di capitale a pagamento per delega (commi 3-5). Si
applica, in quanto compatibile, l’art. 2381 (comma 6).
RAPPRESENTANZA: Gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società (art. 2475-bis,
comma 1). Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dall’atto costitutivo o dall’atto di
nomina, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano
intenzionalmente agito a danno della società (comma 2).
66
o Rinuncia o transazione l’azione contro gli amministratori può essere oggetto di rinuncia o
transazione da parte della società, purché vi sia il consenso di almeno i 2/3 dei soci e non si
oppongano tanti soci che rappresentano almeno 1/10 del capitale sociale.
Socio amministratore di fatto: sono responsabili solidalmente con gli amministratori anche "i soci
che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o
i terzi" e quindi i soci che di fatto (anche se non formalmente) che amministrano la società;
Verso i creditori sociali: Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza
degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
o L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al
soddisfacimento dei loro crediti;
o La rinunzia dell’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte
dei creditori;
o La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria
quando ne ricorrono gli estremi.
Verso i soci e verso i terzi: Gli amministratori sono responsabili verso i soci e verso i terzi per i danni
direttamente arrecati agli stessi in seguito al compimento di atti dolosi o colposi.
NB: l’approvazione del bilancio da parte dei soci non implica liberazione degli amministratori e dei sindaci
per le responsabilità incorse nella gestione.
CONTROLLO DEI SOCI NON AMMINISTRATORI (art. 2476): i soci che non partecipano all’amministrazione
hanno:
Il diritto di ottenere dagli amministratori informazioni sullo svolgimento degli affari sociali;
Il diritto di esaminare i libri sociali e i documenti contabili della società, anche tramite professionisti
di fiducia;
Secondo un orientamento giurisprudenziale, il diritto di ottenerne copia.
67
Nelle s.r.l. il cui capitale sociale è determinato in misura inferiore al minimo legale, però l’obbligo di
accantonamento alla riserva legale è più accentuato, è necessario che venga dedotto un quinto degli utili di
ciascun esercizio fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di 10.000
euro (art. 2463).
MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO (art. 2480): sono autonomamente disciplinate, con norme che
presentano alcune differenze con quelle delle S.p.A. soprattutto per quanto riguardo le variazioni di capitale.
Per modificazione dello statuto (o atto costitutivo) si intende l’introduzione, la rimozione o la modifica di una
delle clausole in esso contenuto. Art. 2480: «le modificazioni dell’atto costitutivo sono deliberate
dall’assemblea dei soci a norma dell’art. 2479-bis. Il verbale è redatto da notaio e si applica l’art. 2436»
(deposito, iscrizione e pubblicazione delle modificazioni in tema di S.p.A.).
È espressamente prevista e disciplinata la delega agli amministratori per l’aumento del capitale sociale a
pagamento. La delibera di aumento di capitale sociale è una competenza dei soci a cui adempiere, in quanto
modificazione dello statuto, con metodo assembleare. L’atto costitutivo può attribuire agli amministratori la
facoltà di aumentare il capitale sociale, determinandone i limiti e le modalità di esercizio; la decisione degli
amministratori, che deve risultare da verbale redatto senza indugio da notaio, deve essere depositata per
l’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2481).
La disciplina dell’aumento reale del capitale sociale mediante nuovi conferimenti ricalca quella prevista per
le società per azioni. La disciplina dei conferimenti riflette quella dettata in sede di costituzione della società,
sebbene manchi la prescrizione relativa alla stima e alla revisione di conferimenti di beni in natura e di crediti
(art. 2481-bis, comma 4).
NB: la decisione di aumentare il capitale sociale non può essere attuata fin quando i conferimenti
precedentemente dovuti non siano stati integralmente eseguiti.
La disciplina del diritto di opzione è parzialmente autonoma rispetto a quella della S.p.A.:
1. (come S.p.A.) In caso di aumento reale di capitale spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in
proporzione delle partecipazioni da essi possedute (comma 1);
2. (come S.p.A.) Può essere deciso un aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione,
tuttavia (i) questa possibilità deve essere espressamente prevista nell’atto costitutivo, (ii) al socio
che non vi ha acconsentito spetta il diritto di recesso (comma 1), (iii) non è consentito quando
l’aumento è reso necessario da una riduzione dello stesso per perdite (art. 2482-quater);
3. (come S.p.A.) La delibera di aumento del capitale sociale deve prevedere l’eventuale sovrapprezzo e
le modalità e il termine entro il quale può essere esercitato il diritto di opzione, mai inferiore a 30
giorni da quando è stato comunicato ai soci che l’aumento può essere sottoscritto (comma 2);
4. La delibera di aumento di capitale può altresì consentire, disciplinandone le modalità, che la parte
dell’aumento non sottoscritta da uno o più soci sia sottoscritta da altri soci o da terzi (comma 2);
5. (come S.p.A.) sottoscrizione parziale (comma 3);
Aumento nominale di capitale sociale disciplina analoga a quella dettata in tema di S.p.A., precisando che
la quota di partecipazione di ciascun socio resta immutata (art. 2481-ter).
Riduzione reale del capitale sociale si ricalca in larga parte la disciplina prevista per le S.p.A., sebbene si
ometta di imporre l’indicazione delle ragioni e delle modalità della riduzione nell’avviso di convocazione
dell’assemblea, registrando un ulteriore arretramento della tutela informativa dei soci (art. 2482). Si prevede
poi che la riduzione reale non può diminuirne l’importo al di sotto del minimo legale di 10.000.
Riduzione nominale del capitale sociale disciplina sostanzialmente uguale a quanto stabilito con riguardo
alle S.p.A., precisando che è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai
soci (artt. 2482-bis a 2482-quater). Anche qui il limite da rispettare è quello di 10.000 a meno che la società
on sia stata costituita (con relativa indicazione nell’atto costitutivo con un capitale inferiore al minimo legale.
TITOLI DI DEBITO (art. 2483): L’atto costitutivo può prevedere l’emissione di titoli di debito stabilendo se la
competenza ad emetterli spetti ai soci o agli amministratori, nonché gli eventuali limiti, modalità e
maggioranza necessarie.
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La decisione di emissione fissa le condizioni del prestito e le modalità di rimborso ed è iscritta nel registro
delle imprese.
I titoli di debito possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza
prudenziale a norma di leggi speciali; questi, in caso di successiva vendita a soggetti diversi da investitori
professionali o soci della società emittenti, rispondono della solvenza della società.
È fissato un taglio minimo di euro 50.000 dal Cicr.
Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società e alle riserve di attività.
1. LA TRASFORMAZIONE
1. Nozioni e limiti:
La trasformazione costituisce uno strumento utile per adattare l’assetto organizzativo della società alle
esigenze sopravvenute durante la vita della stessa.
Continuità dei rapporti giuridici (art. 2498) «L’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e
prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione».
Limiti alla trasformazione (art. 2499) «Può farsi luogo alla trasformazione anche in pendenza di
procedura concorsuale, purché non vi siano incompatibilità con le finalità o lo stato della stessa».
L’attuale disciplina effettua una precisa distinzione tra Trasformazione omogenea (fra società) e
trasformazione eterogenea (da Soc. Capitali in altri enti e viceversa).
TRASFORMAZIONE OMOGENEA Essa consiste nel cambiamento da un TIPO di società ad un altro; tramite
questo processo si cambia l’intero assetto organizzativo della società stessa, la quale NON SI ESTINGUE, ma
semplicemente continua a vivere in una rinnovata veste giuridica.
Art.2498 ”conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha
effettuato la trasformazione"
La trasformazione costituisce un utile strumento capace di adattare l’assetto organizzativo delle società alle
nuove esigenze sopravvenute durante la vita della stessa, il tutto senza che i soci siano costretti a liquidare la
precedente società per poi costituirne una nuova.
Nelle Trasformazioni omogenee rientrano i passaggi dall’uno all’altro tipo nell’ambito delle società lucrative.
*Resta invece VIETATA, anche se in presenza di decisione unanime, la trasformazione di una società
cooperativa a mutualità prevalente in una società lucrativa; viene invece permessa la trasformazione delle
altre tipologie di società cooperative in società lucrative o consorzi.
(Costituisce caso di trasformazione eterogenea il passaggio da una società di capitali ad una società
cooperativa).
69
Art.2499 La trasformazione (omogenea o eterogenea) può avvenire anche in pendenza di procedura
concorsuale, purché non vi sia incompatibilità con le finalità e lo stato della stessa.
70
Relazione (art. 2500-sexies, comma 2) Gli amministratori devono predisporre una relazione che
illustri le motivazioni e gli effetti della trasformazione. Copia della relazione deve restare
depositata presso la sede sociale durante i trenta giorni che precedono l’assemblea convocata per
deliberare la trasformazione; i soci hanno diritto di prenderne visione e di ottenerne
gratuitamente copia.
Assegnazione della partecipazione (art. 2500-sexies, comma 3) Ciascun socio ha diritto
all’assegnazione di una partecipazione proporzionale al valore della sua quota o delle sue azioni.
CONCLUSIONI:
• Recesso dei soci 3. Trasformazione eterogenea:
(artt. 2500-ter, L’attuale disciplina regola anche la trasformazione eterogenea, più
precisamente la trasformazione eterogenea da parte di una società di
2437, 2473, 2532)
capitali o che da vita ad una società di capitali.
In tutti i casi, i
Art. 2500-septies Una società di capitali può trasformarsi “in consorzi,
soci che non società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni
abbiano concorso non riconosciute e fondazioni”; NON in associazioni riconosciute.
(in quanto assenti, Si applica in quanto compatibile la disciplina della trasformazione
dissenzienti o omogenea di società di capitali; in particolare:
astenuti) alla La deliberazione deve essere assunta con il voto favorevole dei
delibera o alla 2/3 degli aventi diritto;
decisione di È richiesto altresì il consenso dei soci che assumono la
trasformazione è responsabilità illimitata.
riconosciuto il
diritto di recesso. A) Trasformazione in società di capitali (Art.2500-octies)
Disciplina prevista per i consorzi, società consortili, comunioni di azienda,
• Invalidità della
associazioni riconosciute e fondazioni, mentre le cooperative hanno una
trasformazione
disciplina autonoma.
(art. 2500-bis) Maggioranze La deliberazione di trasformazione deve essere assunta:
Completati tutti gli Nei consorzi: con approvazione della maggioranza assoluta;
adempimenti Nelle comunioni d’azienda: con il consenso dell’unanimità dei
pubblicitari partecipanti alla comunione;
l’invalidità dell’atto Nelle società consortili e associazioni: secondo le maggioranze
di trasformazione richieste per lo scioglimento anticipato;
non può più Nelle fondazioni: con decisione dall’autorità governativa;
essere Nelle cooperative: secondo la disciplina già esposta.
pronunciata, resta
71 salvo il diritto al
risarcimento del
danno spettante ai
soci o terzi
NB.
Art. 2500-octies, comma 3: permangono specifici divieti e limitazioni per la trasformazione delle
associazioni e delle fondazioni che abbiano ricevuto contributi pubblici o di terzi o goduto di agevolazioni
fiscali.
OPPOSIZIONE DEI CREDITORI (art. 2500-novies) la trasformazione eterogenea ha effetto dopo sessanta
giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari richiesti, salvo che consti il consenso dei creditori o il
pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso. Entro detto termine, i creditori dell’ente che ha
deliberato la trasformazione possono proporre opposizione al tribunale, il quale – quando ritenga infondato
il pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia – può disporre che l’operazione
abbia luogo nonostante l’opposizione.
2. FUSIONE
4. Nozione. Distinzioni:
La fusione è uno strumento di unificazione di patrimoni e modelli organizzativi; è l’unificazione di due o più
società in una sola. Per la disciplina relativa alla fusione facciamo riferimento agli art.2501-2505-quater.
Ex art.2501, comma 1 esistono due principali forme di fusione:
1. Fusione in senso stretto: consiste nella costituzione di una nuova società, che prende il posto di
tutte le società che si fondano.
2. Fusione per incorporazione: consiste nell’assorbimento in una società preesistente di una o più
altre società; la società che incorpora prende il nome di “incorporante”.
Ulteriore differenziazione viene effettuata per Fusioni omogenee e Fusioni eterogenee: parliamo di fusione
omogenea quando tale processo ha luogo fra società dello stesso tipo, mentre si parla di fusione eterogenea
a riguardo dell’unione fra società di tipo diverso.
Nell’ultimo caso il processo di fusione comporta anche la trasformazione di una o più delle società che si
fondono, facendo valere anche per la fusione gli stessi limiti esposti per la trasformazione.
• Limiti alla fusione (art. 2501, comma 2) La partecipazione alla fusione non è consentita alle
società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo.
Art.2504-bis, comma 1: la società incorporante (=risultato della fusione) “assume i diritti e gli obblighi delle
società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla
fusione”.
I creditori delle società esistenti possono far valere i loro diritti sull’unitario patrimonio della società
risultante dalla fusione e, a loro volta, i soci delle società oramai estinte, divenuti soci della nuova società
ricevono in cambio della loro originaria partecipazione quote o azioni di quest’ultima, in base ad un rapporto
di cambio predeterminato.
5. Il progetto di fusione:
Fase 1: Documentazione
Il procedimento di fusione si articola in 3 fasi essenziali: il progetto di fusione, la delibera di fusione e l’atto di
fusione.
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Art. 2501-ter Il progetto di fusione è redatto dall’organo amministrativo delle società partecipanti alla
fusione fissando le condizioni e le modalità dell’operazione da sottoporre all’approvazione dell’assemblea.
Tale progetto deve indicare:
1. Il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla fusione;
2. L’atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante, con
l’indicazione delle eventuali modificazioni derivanti dalla fusione;
3. il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l’eventuale conguaglio in denaro (che non può
mai superare il 10% del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate)
4. Le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della società che risulta dalla fusione o di
quella incorporante;
5. La data dalla quale tali azioni o quote partecipano agli utili;
6. La data dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio
della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante;
7. Il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di titoli diversi
dalle azioni;
8. I vantaggi particolari eventualmente proposti a favore dei soggetti cui compete l’amministrazione
delle società partecipanti alla fusione (comma 1).
comma 3: Il progetto di fusione deve essere pubblicato e a tale fine viene depositato per l’iscrizione nel
registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti alla fusione o in alternativa è
pubblicato nel loro sito Internet.
comma 4: Tra l'iscrizione o la pubblicazione nel sito Internet del progetto e la data fissata per la
decisione in ordine alla fusione devono intercorrere almeno trenta giorni, salvo che i soci rinuncino al
termine con consenso unanime
La documentazione informativa NON si esaurisce nel progetto di fusione in quanto è prescritta la redazione
preventiva di altri tre documenti: la situazione patrimoniale, la relazione degli amministratori, la relazione
degli esperti.
73
Comma 3: L’esperto è scelto tra i revisori o le società di revisione e la sua designazione è riservata al
tribunale quando l’incorporante o la società risultante dalla fusione è una S.p.a. o una S.a.p.a.; se la società
è quotata, l’esperto è scelto fra le società di revisione sottoposto alla vigilanza della Consob.
Comma 4: Le società partecipanti alla fusione possono congiuntamente richiedere al tribunale del luogo in
cui ha sede la società risultante dalla fusione o quella incorporante la nomina di uno o più esperti comuni.
Comma 5: Ciascun esperto ha diritto di ottenere dalle società partecipanti alla fusione tutte le informazioni
e i documenti utili e di procedere ad ogni necessaria verifica. L’esperto risponde dei danni causati alle
società partecipanti alle fusioni, ai loro soci e ai terzi. Si applicano le disposizioni dell’art. 64 c.p.c.
Comma 6: Agli esperti è altresì affidata, in ipotesi di fusione di società di persone con società di capitali, la
relazione di stima del patrimonio della società di persone a norma dell’art. 2343.
Comma 7: Questa relazione non è richiesta se vi rinunciano all’unanimità i soci e i possessori di altri
strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto di ciascuna società partecipante alla fusione.
NB: l’insieme degli adempimenti informativi preventivi si completa con l’obbligo di comunicazione all’AGCM
(o alla Commissione UE) nei casi di superamento delle soglie stabilite.
6. Decisione di fusione:
Fase 2
Art.2502 La fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante approvazione del
relativo progetto. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, tale approvazione avviene:
nelle società di persone, con il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte
attribuita a ciascuno negli utili, salva la facoltà di recesso per il socio che non abbia consentito alla
fusione;
nelle società di capitali, secondo le norme previste per la modificazione dell’atto costitutivo o
statuto mediante deliberazione dell’assemblea straordinaria con le normali maggioranze.
Nel caso di fusione eterogenea il diritto di recesso viene concesso per il socio che non abbia concorso alla
deliberazione; mentre in caso di fusione omogenea viene consentito solo per le s.r.l. (art. 2502, comma 1).
La decisione di fusione può apportare al progetto solo le modifiche che non incidono sui diritti dei
soci o dei terzi (art. 2502, comma 2).
Art. 2502-bis: Le delibere di fusione devono essere iscritte nel registro delle imprese, previo
controllo di legalità da parte del notaio se la società post-fusione è una società di capitali.
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Art.2503La fusione può pregiudicare la posizione dei creditori delle società partecipanti poiché, a seguito
della conclusione del processo, tutti concorreranno sull’unico patrimonio risultante dall’unificazione dei
singoli patrimoni delle società.
È perciò stabilito che la fusione può essere attuata SOLO dopo 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle
imprese dell’ultima delibera delle società che vi partecipano, salvo che consti:
il consenso dei creditori delle società che vi partecipano anteriori all’iscrizione o alla pubblicazione
del progetto di fusione;
il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso;
il deposito delle somme corrispondenti presso una banca;
comma 1: una relazione redatta, per tutte le società partecipanti alla fusione, da un’unica società
di revisione, la quale attesti, sotto la propria responsabilità, che la situazione patrimoniale e
finanziaria di tutte le società rende non necessarie garanzie a tutela dei suddetti creditori.
I creditori possono, nel suddetto termine di sessanta giorni, fare opposizione al tribunale, il quale – quando
ritenga infondato il pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia – può
disporre che l’operazione abbia luogo nonostante l’opposizione.
8. L’atto di fusione:
Fase 3: Atto di fusione, pubblicità ed effetti
Art.2504Il procedimento di fusione si conclude con la stipulazione dell’atto di fusione da parte dei legali
rappresentanti delle società interessate.
La fusione deve risultare da atto pubblico; l’atto di fusione deve essere depositato per l’iscrizione, a cura del
notaio o dei soggetti cui compete l’amministrazione della società risultante dalla fusione o di quella
incorporante, entro trenta giorni, nell’ufficio del registro delle imprese dei luoghi ove è posta la sede delle
società partecipanti alla fusione, di quella che ne risulta o della società incorporante.
Art. 2504-bis, comma 1: La società post-fusione assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti,
proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.
Art. 2504-bis, comma 2: La fusione ha effetto quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni nel registro
delle imprese dell’atto di fusione.
• Nella fusione per incorporazione data successiva;
• Ai fini della partecipazione agli utili e dell’imputazione al bilancio data anteriore.
NB: l’efficacia sanante assoluta non esclude tuttavia la possibilità di adozione dei provvedimenti coattivi di
deconcentrazione, se la fusione è stata perfezionata in violazione della normativa antitrust nazione e
comunitaria.
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• gli esperti non devono predisporre la relazione (art. 2501-sexies).
Inoltre, l’atto costitutivo o lo statuto può prevedere che la fusione sia decisa, con deliberazione risultante da
atto pubblico, dai rispettivi organi amministrativi.
I soci della società incorporante che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale possono in ogni caso,
con domanda indirizzata alla società entro otto giorni dal deposito o dalla pubblicazione del progetto di
fusione, chiedere che la decisione di approvazione della fusione da parte della incorporante medesima sia
adottata secondo le regole ordinarie (ex art. 2502).
Applicazione art. 2505, comma 3 In questo caso, l’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere con
riguardo all’incorporante:
• che la fusione sia decisa dal suo organo amministrativo, con deliberazione risultante da atto
pubblico;
• che l’iscrizione o la pubblicazione del progetto di fusione sia fatta, almeno trenta giorni prima della
data fissata per la decisione di fusione da parte della società incorporata.
Cautele procedurali:
• Il progetto di fusione deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle
obbligazioni della società risultante dalla fusione.
• La relazione dell’organo amministrativo deve precisare le ragioni che giustificano l’operazione e
contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la
descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.
• La relazione degli esperti deve attestare la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto
di fusione in ordine agli aspetti finanziari dell’operazione.
• Non è consentito ricorrere alle semplificazioni procedimentali previste per le ipotesi di fusione per
incorporazione di società interamente possedute o possedute per almeno il 90%.
FUSIONI CUI NON PARTECIPANO SOCIETÀ CON CAPITALE INTERAMENTE RAPPRESENTATO DA AZIONI:
In caso di fusioni alle quali partecipino solo società di persone, società a responsabilità limitata e società
cooperative con capitale diviso in quote (art. 2505-quater):
• Non vale il divieto di partecipazione posto in generale per le società in liquidazione che abbiano già
iniziato la ripartizione dell’attivo;
• I conguagli in denaro possono superare il 10% del valore delle partecipazioni;
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• Il termine tra l’iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese e la relativa approvazione
da parte di soci 15 giorni;
• Termine tra il deposito della documentazione e la decisione di fusione 15 giorni;
• Termine tra l’ultima delle iscrizioni nel registro delle imprese delle decisioni dei soci e la stipula
dell’atto di fusione 30 giorni
3. SCISSIONE
9. Nozione. Forme:
Art.2506;2506-quater
Per scissione si intende l’operazione mediante la quale il patrimonio di una società viene scomposto ed
assegnato – in tutto o in parte – ad altre società – nuove o preesistenti – e, contestualmente, i soci della
scissa acquistano azioni o quote delle società beneficiarie di tale trasferimento di patrimonio (art. 2506,
comma 1).
77
L’organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige un progetto dal quale devono
risultare:
a) le informazioni individuate nel progetto di fusione (art. 2501-ter);
b) i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie;
• Scissione non proporzionale (Art.2506-bis, comma 4) il progetto di scissione può prevedere
anche l’ipotesi di attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di
partecipazione originaria. In tal caso, il progetto medesimo deve prevedere il diritto dei soci che
non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo
determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto
l’obbligo di acquisto.
c) l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e
dell’eventuale conguaglio in danaro.
• Regole suppletive in caso di incerta destinazione degli elementi patrimoniali.
Art.2506-bis, comma 2 In relazione al punto c), la legge specifica la sorte degli elementi dell’attivo la cui
destinazione non è desumibile dal progetto di scissione.
• Scissione parziale -> l’elemento dell’attivo resta in capo alla società trasferente;
• Scissione totale -> l’elemento dell’attivo si intende ripartito tra le società beneficiarie in proporzione
della quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna di esse.
Art.2506-bis, comma 3 Elementi del passivo non desumibili dal progetto di scissione.
• Scissione parziale -> dell’elemento del passivo rispondono in solido la società scissa e le società
beneficiarie, la cui responsabilità è sussidiaria rispetto a quella della scissa;
• Scissione totale -> dell’elemento del passivo rispondono in solido tutte le società beneficiarie.
NB: la responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società
beneficiaria
Per la situazione patrimoniale, la relazione degli amministratori e quella degli esperti, è integralmente
richiamata la disciplina della fusione.
Art.2506-ter Gli
amministratori possono Esoneri:
essere esonerati dalla Art.2506-ter, comma 3 Qualora la scissione sia proporzionale
redazione di tali documenti e avviene mediante la costituzione di una o più nuove società,
con il consenso unanime dei la situazione patrimoniale, la relazione illustrativa dell’organo
soci e dei possessori di amministrativo e la relazione degli esperti NON sono richieste.
strumenti finanziari con - Ratio: risparmio di costi e tempi, ove non sussiste il rapporto
diritto di voto di cambio.
Art.2506-ter, comma 4 L’organo amministrativo può essere
esonerato dalla redazione della situazione patrimoniale e della relazione illustrativa con il
consenso unanime dei soci e dei possessori di altri strumenti finanziari che hanno diritto di voto
nelle società partecipanti alla scissione.
- Problema: questi documenti, soprattutto la situazione patrimoniale, sono redatti
nell’interesse dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi
Situazione patrimoniale (art. 2501-quater, comma 3) A tutela dei creditori: “Ciascuna società è
solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o
rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”
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Relazione dell’organo amministrativo (art. 2501-quinquies) dalla relazione devono risultare
altresì i criteri di distribuzione delle azioni o quote e il valore effettivo del patrimonio netto
assegnato alle società beneficiarie, nonché di quello eventualmente rimasto in capo alla scissa, in
caso di scissione parziale. Peraltro, quando la scissione si realizza mediante aumento di capitale
con conferimento di beni in natura o di crediti, la relazione dell’organo amministrativo menziona,
ove prevista, l’elaborazione della relazione di cui all’art. 2343 e il registro delle imprese presso il
quale tale relazione è depositata.
Relazione degli esperti (art. 2501-sexies).
Nella S.a.p.A. però, come nella S.p.a., le quote di partecipazione di entrambe le categorie di soci sono
rappresentate da azioni.
Alla Sapa sono applicabili le norme relative alla Spa, in quanto compatibili con le specifiche disposizioni per
la stessa dettata (art. 2454). La disciplina specifica della Sapa, immutata dopo la riforma del 2003, si
esaurisce in alcuni adattamenti della disciplina della spa destinati a tener conto della peculiare posizione
degli accomandatari.
Nella Sapa, infatti, vi è un nesso indissolubile fra la qualità̀ di accomandatario, posizione di amministratore
e responsabilità̀ per le obbligazioni sociali. Non si può̀ essere soci accomandatari se non si è amministratori,
e si cessa di essere accomandatari e responsabili se si cessa di essere amministratori.
Nella Sapa infatti:
1. I soci indicati nell’atto come accomandatari sono tutti di diritto e senza limite di tempo
amministratori della società̀ (art. 2455);
2. Il socio accomandatario che cessa dall’ufficio di amministratore NON risponde per le obbligazioni
sociali sorte posteriormente alla iscrizione nel registro delle imprese della cessazione dall’ufficio (art.
2461); da quel momento cessa di essere accomandatario e passa nella categoria degli accomandanti;
3. Il nuovo amministratore assume la qualità̀ di accomandatario dal momento dell’accettazione della
nomina (art. 2457) e ciò̀ implica che esso risponde per le obbligazioni sociali che sorgono a partire da
tale momento.
79
Nella Sapa, a differenza della Sas, vi è piena coincidenza fra accomandatari ed amministratori.
2. La disciplina:
L’atto costitutivo deve indicare quali sono i soci accomandatari.
La denominazione sociale deve essere costituita dal nome di almeno uno degli accomandatari, con
l’indicazione della ragione sociale.
Gli accomandatari rispondono illimitatamente e solidalmente verso i terzi per le obbligazioni sociali, ma i
creditori sociali possono agire nei loro confronti solamente dopo aver infruttuosamente escusso il
patrimonio sociale (art. 2461).
Norme particolari valgono per l’adozione di talune delibere assembleari:
1. Gli accomandatari, in quanto amministratori, non hanno diritto di voto nelle deliberazioni di
nomina e revoca dei sindaci (o dei consiglieri di sorveglianza), nonché́ in quelle concernenti
l’esercizio dell’azione di responsabilità̀ nei loro confronti (art. 2459).
2. Le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere deliberate dall’assemblea straordinaria con le
consuete maggioranze e devono essere approvate da tutti i soci accomandatari (art. 2460), ai quali è
riconosciuto diritto di veto nei confronti di eventuali modifiche dell’assetto originario della società̀ .
AMMINISTRATORILe più̀ significative deviazioni dalla disciplina della Spa si hanno per quanto riguarda
l’organo amministrativo.
Gli accomandatari designati nell’atto costitutivo sono di diritto amministratori ed il loro ufficio ha carattere
permanente, salva diversa disposizione dell’atto.
Gli accomandatari amministratori NON sono però inamovibili; possono essere revocati anche senza giusta
causa, salvo il diritto del risarcimento dei danni. La revoca deve essere deliberata per le maggioranze
prescritte per l’assemblea straordinaria.
Identica maggioranza è necessaria per la nomina di nuovi amministratori, che deve essere approvata anche
dagli amministratori rimasti in carica. Gli accomandatari, quindi, non possono essere costretti contro la loro
volontà̀ a condividere l’ufficio con soci non graditi.
COLLEGIO SINDACALEInfine, per il collegio sindacale, l’unica deviazione dalla disciplina delle Spa consiste
nel divieto per gli accomandatari di votare nelle deliberazioni riguardanti nomina e revoca dei sindaci e del
soggetto incaricato della revisione. È così rafforzata l’indipendenza dell’organo amministrativo.
• Il verificarsi della causa di scioglimento apre una fase, inderogabile, volta alla liquidazione dell'attivo
della società, al pagamento dei creditori sociali e alla attribuzione dell'eccedenza ai soci.
80
Durante la fase di liquidazione, la società mantiene inalterata struttura, organizzazione, autonomia e
soggettività giuridica, mutando però i poteri dei propri organi i quali sono chiamati ad adottare
provvedimenti compatibili con lo scopo della liquidazione.
Secondo parte della dottrina, il verificarsi di una causa di scioglimento muta lo scopo della società, che
diviene quello di definire tutti i rapporti giuridici esistenti e, quindi, di ripartire il residuo attivo tra i soci.
La disciplina generale si applica a tutte le società di capitali (e alle società cooperative: art. 2519 c.c.), con le
peculiarità che saranno esaminate in prosieguo.
1. Cause di scioglimento:
Lo scioglimento della S.p.a. è disciplinato dall’art.2484 cod. civile con disposizioni che l’attuale disciplina
applica anche a tutte le società di capitali.
Specificatamente allo scioglimento delle S.p.a. le cause previste, che porteranno all’entrata della stessa in
stato di liquidazione, sono ex art.2484:
1) decorso del termine di durata;
Ø Possibile proroga del termine con delibera della assemblea straordinaria.
Ex art.2369, 5° comma: Se la società NON ricorre al mercato del capitale di rischio, occorre la
maggioranza rafforzata di più di un terzo del capitale, anche in seconda convocazione
2) Conseguimento dell'oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità (di carattere assoluto e definitivo)
di conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune
modifiche statutarie;
3) impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell'assemblea;
Ø Paralisi assembleare preclude l’adozione di delibere essenziali e necessarie per il funzionamento
della società.
4) riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482
ter;
Ø Salvo Delibera di riduzione e contestuale aumento di capitale, ovvero di trasformazione della società
5) nelle ipotesi previste dagli articoli 2437-quater e 2473;
Ø Recesso del socio, con azioni o quote non collocate presso soci o terzi (e impossibilità di rimborso
delle sole azioni a mezzo acquisto da parte della società con riserve disponibili, oppure di
liquidazione del receduto con riserve disponibili), e mancata o impossibile riduzione del capitale
sociale necessità di una delibera di scioglimento da parte dell’assemblea straordinaria.
6) per deliberazione dell'assemblea(straordinaria);
Ø Se la società non ricorre al mercato del capitale di rischio, occorre la maggioranza rafforzata di più di
un terzo del capitale, anche in seconda convocazione (art. 2369)
7) per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto;
Ø Le cause di scioglimento previste dal codice civile sono ineliminabili, ma lo statuto può introdurne di
ulteriori, individuando gli organi onerati dell’accertamento della causa di scioglimento o competenti
per la relativa decisione, e competenti per le iscrizioni in RII
7-bis) per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale e della liquidazione controllata
Ø Introdotto con d.lgs. 14/2019; l’entrata in vigore, inizialmente prevista per l’agosto 2020, è stata
prorogata, con D.L.23/2020, al 1° settembre 2021.
Avvenuta una causa di scioglimento gli amministratori devono procedere al suo accertamento e alla
iscrizione nel registro delle imprese della relativa dichiarazione o della delibera assembleare che dispone lo
scioglimento (art.2485,1° comma).
81
3) mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i
conferimenti, o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l'iscrizione
nel registro delle imprese.
I soci non sono liberati dall'obbligo di conferimento fino a quando non sono soddisfatti i creditori
sociali.
La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori.
Fino al momento del passaggio di consegne ai liquidatori, gli amministratori vedono limitati i loro poteri ma:
Art. 2486,1° comma: conservano il potere di gestione, “al solo fine della conservazione dell’integrità
e del valore del patrimonio sociale”, e rispondono dei danni derivanti dalla violazione di tale obbligo
(verso la società, i singoli soci, i creditori sociali, i terzi);
Conservazione del patrimonio integro, al fine della consegna ai liquidatori.
• ex art. 2384 c.c.: Gli atti compiuti dagli amministratori verso i terzi in costanza di una causa di
scioglimento vincolano, comunque, la società, salvo che si provi che questi ultimi hanno
intenzionalmente agito a danno della società
La società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione, con deliberazione dell'assemblea presa
con le maggioranze richieste per le modificazioni dell'atto costitutivo o dello statuto.
82
Ø Se occorre, naturalmente, sarà necessario rimuovere la causa di scioglimento.
La revoca ha effetto solo dopo sessanta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della relativa
deliberazione, salvo che consti il consenso dei creditori della società o il pagamento dei creditori che non
hanno dato il consenso. Entro tale termine i creditori possono fare opposizione.
Ø Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia
prestato idonea garanzia, dispone che l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione.
I soci che non hanno concorso alla delibera di revoca possono recedere
Art. 2437, 1° comma: La società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione e tornare ad una
fase di normale esercizio con delibera dell’assemblea straordinaria. In tutte le S.p.a. ai soci che non hanno
concorso alla deliberazione è riconosciuto il diritto di recesso.
Avvenuta l'iscrizione di cui al primo comma gli amministratori cessano dalla carica e consegnano ai
liquidatori i libri sociali, una situazione dei conti alla data di effetto dello scioglimento ed un rendiconto sulla
loro gestione relativo al periodo successivo all'ultimo bilancio approvato. Di tale consegna viene redatto
apposito verbale.
Le disposizioni sulle decisioni dei soci, sulle assemblee e sugli organi amministrativi e di controllo si
applicano, in quanto compatibili, anche durante la liquidazione (art. 2488).
Salvo diversa disposizione statutaria, oppure adottata in sede di nomina, i liquidatori hanno il potere di
compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società.
a) I liquidatori debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura
dell'incarico e la loro responsabilità per i danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri è disciplinata
secondo le norme in tema di responsabilità degli amministratori;
b) Se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori possono
chiedere proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti.
c) L’attività dei liquidatori deve essere diretta al pagamento dei creditori sociali. I liquidatori NON
possono ripartire tra i soci acconti durante la liquidazione, salvo che dai bilanci risulti che la
83
ripartizione non incide sulla disponibilità di somme idonee alla integrale e tempestiva soddisfazione
dei creditori sociali.
I liquidatori possono chiedere proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti sulle azioni non
interamente liberate.
Ø I liquidatori sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni cagionati ai creditori
sociali con la violazione delle disposizioni precedenti (art.2491, 2° comma)
I liquidatori devono redigere ogni anno il bilancio (2423 ss.) e presentarlo, alle scadenze previste per il
bilancio di esercizio della società, in assemblea per l'approvazione dei soci.
Nel primo bilancio successivo alla loro nomina i liquidatori devono indicare le variazioni nei criteri di
valutazione adottati, rispetto all'ultimo bilancio approvato, e le ragioni e conseguenze di tali variazioni. Al
medesimo bilancio deve essere allegata la documentazione consegnata dagli amministratori, con le
eventuali osservazioni dei liquidatori.
Quando sia prevista una continuazione, anche parziale, dell'attività di impresa, le relative poste di bilancio
devono avere una indicazione separata; la relazione deve indicare le ragioni e le prospettive della
continuazione; la nota integrativa deve indicare e motivare i criteri di valutazione adottati.
Qualora per oltre tre anni consecutivi non venga depositato il bilancio la società è cancellata
d'ufficio dal registro delle imprese.
Nei novanta giorni successivi all'iscrizione dell'avvenuto deposito, ogni socio può proporre reclamo davanti
al tribunale in contraddittorio con i liquidatori (ma la società è litisconsorte necessaria).
Entro i cinque giorni successivi alla presentazione del reclamo, il cancelliere comunica la notizia in via
telematica, ai fini dell'annotazione, al competente ufficio del registro delle imprese.
I reclami devono essere riuniti e decisi in unico giudizio, nel quale tutti i soci possono intervenire. La
sentenza fa stato anche riguardo ai non intervenuti. Un estratto della sentenza definitiva che decide sul
reclamo è trasmesso, entro cinque giorni, dal cancelliere al competente ufficio del registro delle imprese per
la relativa annotazione.
(La disciplina del reclamo è stata di recente modificata dal cd. Decreto «Semplificazioni» (d.lgs. 76/2020).
Se nei novanta giorni dal deposito del bilancio di liquidazione i soci non hanno proposto reclamo, il bilancio
di liquidazione s’intende tacitamente approvato.
84
Indipendentemente dalla decorrenza del termine, la quietanza, rilasciata senza riserve all'atto del
pagamento dell'ultima quota di riparto, importa approvazione del bilancio.
Dottrina e giurisprudenza ritengono, comunque, che i soci possano approvare il bilancio di liquidazione, con
effetto liberatorio per i liquidatori, anche prima del termine di novanta giorni. Occorre però l’unanimità.
Fallimento della societàLa domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata
presso l'ultima sede della società per richiedere il fallimento della stessa.
S.a.p.A.:
Per la Sapa è prevista una causa di scioglimento tipica e ulteriore rispetto a quelle esaminate (art. 2458):
Ø La società si scioglie se entro centottanta giorni dalla cessazione dalla carica di tutti gli
amministratori, non si è provveduto alla loro sostituzione. Nel periodo di vacatio, il collegio
sindacale nomina un amministratore provvisorio.
Ø Se cessano tutti gli accomandanti, però, la società non si scioglie (a differenza che per l’accomandita
semplice), quantomeno fino al momento in cui interviene l’obbligo di adottare una delibera riservata
agli accomandanti (nomina e revoca dei sindaci, art. 2459) si avrà impossibilità di funzionamento
dell’assemblea, art. 2484.
SOCIETA’ COOPERATIVE:
Essendo il capitale variabile, solo la perdita totale di esso è causa di scioglimento (art. 2545-duodecies)
85
Ø impossibilità di conseguire lo scopo;
Ø mancato deposito del bilancio di esercizio o mancato compimento di atti di gestione per due
anni.
IL BILANCIO:
I libri sociali obbligatori per le S.p.A.:
Art. 2421: i libri sociali obbligatori per le S.p.A. sono quelli individuati ex art. 2214 e inoltre:
1) Il libro dei soci, nel quale devono essere indicati distintamente per ogni categoria il numero delle
azioni, il cognome e il nome dei titolari delle azioni nominative, i trasferimenti e i vincoli ad esse
relativi e i versamenti eseguiti;
2) Il libro delle obbligazioni, il quale deve indicare l'ammontare delle obbligazioni emesse e di quelle
estinte, il cognome e il nome dei titolari delle obbligazioni nominative e i trasferimenti e i vincoli ad
esse relativi;
3) Il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono essere trascritti anche i
verbali redatti per atto pubblico;
4) Il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o del consiglio di
gestione;
I libri sono tenuti a cura del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione.
5) Il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale ovvero del consiglio di sorveglianza
o del comitato per il controllo sulla gestione;
Tenuto a cura dell’organo di controllo.
6) Il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo, se questo esiste;
Tenuto a cura del comitato esecutivo.
7) Il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazionisti, se sono state
emesse obbligazioni;
Tenuto a cura del rappresentante comune degli obbligazionisti.
8) Il libro degli strumenti finanziari relativi ai patrimoni destinati;
Tenuto a cura dell’organo amministrativo.
I contratti della società con l'unico socio o le operazioni in suo favore sono opponibili ai creditori della
società solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da
atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento (art. 2362).
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I contratti della società con l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono opponibili ai creditori
della società solo se risultano dal libro delle decisioni degli amministratori o da atto scritto avente data certa
anteriore al pignoramento.
Il bilancio:
La disciplina (artt. 2423-2435-ter) è unica per tutti i tipi di imprese.
La disciplina del bilancio ha subito grandi modifiche nel corso del tempo:
Nel 1991 è stata modificata per dare attuazione alla 4° direttiva Cee e alla 7° direttiva in tema di
bilancio di gruppo;
Nel 2003 è stata oggetto di ulteriori modifiche per risolvere alcuni problemi che erano rimasti
insoluti;
Con il d.lgs. 139 del 18/08/2015 venne ulteriormente modificata per dare attuazione alla direttiva
2013/34/UE che sostituisce le precedenti direttive che trattano le stesse materie e che venne
applicata dai bilanci del 2016 in poi.
A partire dal 2005 alcune società sono obbligate e altre hanno la facoltà di redigere il proprio
bilancio in base ai principi contabili internazionali tale modifica è stata apportata con
regolamento CE con lo scopo di rendere agevolmente confrontabili i bilanci di imprese soggette al
diritto di differenti stati membri. Questi principi, riconosciuti dall’Unione Europea sono redatti dalla
IASB e vengono di volta in volta recepiti mediante regolamento comunitario.
L’impiego dei principi contabili internazionali è obbligatorio per la redazione dei bilanci di esercizio e
consolidato delle società con azioni od altri strumenti finanziari quotati o diffusi tra il pubblico in misura
rilevante. È inoltre obbligatorio anche per le società che esercitano attività particolari come banche o società
di assicurazione.
L’adozione dei principi contabili internazionali non è invece consentita alle società che possono redigere il
bilancio in forma abbreviata.
Infine, per tutte le altre società per azioni, l’adozione dei principi è facoltativa una volta adottati, la scelta
non è revocabile (salvo che in circostanze particolari, con annessa spiegazione nella nota integrativa e la
revoca entra in vigore dall’esercizio successivo).
Il bilancio di esercizio è il documento contabile che rappresenta, in modo chiaro, veritiero e corretto, la
situazione patrimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio, nonché il risultato economico
dell’esercizio stesso. Esso è costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto
finanziario e dalla nota integrativa. Inoltre, deve essere corredato dalla relazione sulla gestione degli
amministratori, nonché da relazioni del collegio sindacale e del revisore contabile.
Il legislatore non definisce il bilancio, limitandosi a prescriverne il contenuto
Si tratta di un complesso di documenti (l’obbligo di redazione del rendiconto finanziario è stato introdotto
dal d.lgs 139/2015) che, al termine dell'esercizio, espone i risultati di periodo e il reddito conseguito
nell'esercizio, nelle sue componenti positive e negative, nonché l'entità del capitale di funzionamento
dell'impresa che deriva dall'accertamento del reddito.
Il bilancio è detto di esercizio in quanto ordinariamente redatto al termine di un determinato periodo
temporale: tale definizione consente di distinguerlo dal bilancio straordinario, redatto, invece, in occasione
di particolari momenti della vita societaria ed in conseguenza di particolari necessità.
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Esso è importante anche per l’applicazione della normativa tributaria perché costituisce il termine di
riferimento per la tassazione periodica del reddito della società.
FUNZIONE ORGANIZZATIVA: Il bilancio ha, poi, anche una funzione organizzativa che coesiste con quella
informativa. Infatti, esso è anche funzionale alla evidenziazione dell'utile che può essere (dopo
l'accantonamento della riserva legale e, eventualmente, delle riserve statutarie) distribuito ai soci sotto
forma di dividendi e previa deliberazione dell'assemblea, ovvero la perdita registrata a fine esercizio.
CLAUSOLE GENERALI: il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve fornire una rappresentazione
veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico
dell'esercizio. (art. 2423).
La redazione del bilancio si fonda su dei principi cardine:
1. Chiarezza: obiettivo del legislatore è garantire la più completa trasparenza dei dati. Tale principio
non è subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di
autonoma valenza obiettivo fondamentale del legislatore è quello di garantire non solo la
veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio
che a quei risultati conducono. Esso riguarda infatti struttura e contenuto dei singoli documenti del
bilancio.
a. Sequenza nella esposizione dei dati;
b. Divieto di compensazione e raggruppamento di voci;
c. Informazioni complementari in nota integrativa.
2. Veridicità: il bilancio non può essere (sempre) oggettivamente vero, dipende dal metodo di
valutazione sfruttato, la rappresentazione deve essere infatti veritiera perché tendente alla realtà, il
più possibile neutrale e oggettiva deve essere redatto sulla base di giudizi sorretti da adeguate
conoscenze tecniche e processi informativi.
a. Veridicità delle quantità oggettive;
b. Attendibilità delle stime.
3. Correttezza: ha un duplice significato, si deve basare su criteri tecnicamente corretti (norme di legge
e principi contabili) e la comunicazione dei dati deve avvenire in modo non ingannevole.
Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a fornire una
rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.
Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la
loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono
fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota
integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione.
Se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione in tema di bilancio è incompatibile con la
rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve
motivare la deroga e deve indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale,
finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una
riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.
Esistono, invero, dei principi di redazione:
1. Prudenza: la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza nella prospettiva di
continuazione dell’attività; ciò al fine di evitare che dal bilancio risultino utili non effettivamente
realizzati alla chiusura dell’esercizio ovvero l'omessa rilevazione di perdite stimate in quanto
probabili ancorché non realizzate.
2. Continuità: i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro, se non in
casi eccezionali (es. liquidazione)
3. Prevalenza della sostanza sulla forma: il redattore del bilancio tiene conto della sostanza
dell’operazione o del contratto, più che della forma giuridica rilevazione delle azioni proprie.
4. Realizzazione: il redattore del bilancio deve esporre solo l’utile effettivamente realizzato.
5. Competenza: si deve tener conto di entrate e uscite/rischi e perdite di competenza dell’esercizio
indipendentemente dalla data. Determinante per l'iscrizione in bilancio di proventi, oneri, rischi e
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perdite non è il momento del regolamento finanziario delle operazioni, ma quello al quale va riferito
l'effetto economico dell'operazione.
6. Valutazione eterogenea degli elementi separati: mira ad evitare indebite compensazioni.
Allo stesso tempo, la disciplina attuale prevede due modelli di bilancio semplificati:
Bilancio in forma abbreviata: dedicato alle imprese di piccole dimensioni. Può essere omesso il
rendiconto finanziario;
Bilancio delle micro-imprese introdotto dalla riforma del 2015: dedicato alle micro-imprese, imprese
di piccolissime dimensioni. Può essere omesso il rendiconto finanziario e la nota integrativa.
In entrambi i casi sono ridotte le voci dello stato patrimoniale e del conto economico, nonché le informazioni
richieste nella eventuale nota integrativa. Può anche essere omessa la relazione sulla gestione qualora si
ritenga che le informazioni siano già contenute in maniera sufficiente all’interno della nota integrativa.
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andranno iscritte nella voce delle immobilizzazioni, in caso contrario all’interno dell’attivo circolante.
L’attivo circolante è composto da:
C-I) Rimanenze di materie prime, di magazzino, prodotti finiti e merci;
C-II) Crediti v/clienti (che non costituiscono immobilizzazioni) con separata indicazione dei crediti
tributari;
C-III) Partecipazioni finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni;
C-IV) Disponibilità liquide composte dal denaro in cassa e dai c/c bancari e postali.
D) Ratei e i risconti attivi: i ratei attivi (crediti) sono quote di proventi comuni a 2/+ esercizi la cui
competenza è dell’esercizio in corso ma la loro esigibilità avverrà negli esercizi successivi; i risconti
attivi (costi) sono quote di costi comuni a 2/+ esercizi, sostenuti nell’esercizio corrente ma di
competenza degli esercizi successivi.
Il passivo è suddiviso in cinque macro-classi: A) patrimonio netto; B) fondi per rischi ed oneri; C) trattamento
di fine rapporto di lavoro subordinato; D) debiti; E) ratei e risconti.
Le voci sono classificate secondo la natura delle fonti di finanziamento.
A) Patrimonio netto: voce del passivo di stato patrimoniale, solo per ragioni contabili (non sono vere e
proprie passività: passivo ideale). Rappresenta la differenza tra le attività e le passività rappresentate
in bilancio (fonti interne di finanziamento). Si compone di capitale sociale nominale, da diversi tipi di
riserve legali, riserve statutarie, riserve facoltative, altre riserve. Le riserve sono composte, in via di
prima approssimazione, da accantonamenti di utili. Il capitale sociale e le riserve possono essere
aumentati per mezzo degli utili portati a nuovo (utili degli esercizi precedenti non distribuiti) o da
utili dell’esercizio corrente. Allo stesso modo possono essere diminuiti per perdite portate a nuovo,
dunque non sanate negli esercizi precedenti o per perdite correnti.
B) Fondi per rischi ed oneri: sono accantonamenti destinati a coprire debiti/perdite certi o probabili,
dei quali alla chiusura dell’esercizio ancora non ne è stato determinato l’ammontare o la data di
sopravvenienza.
C) TFR: il trattamento di fine rapporto è un accantonamento destinato al lavoratore alla cessazione del
rapporto di lavoro, calcolato in base agli anni di servizio maturati.
D) Debiti: servono a fornire una dettagliata descrizione dell’indebitamento della società, ad oggi infatti
ne esistono 14 voci.
E) Ratei e risconti: i ratei passivi (debiti) sono quote di costi comuni a 2/+ esercizi di competenza
dell’esercizio, ma effettivamente sopportati successivamente. I risconti passivi (ricavi anticipati) sono
quote di proventi comuni a 2/+ esercizi, percepiti dell’esercizio ma di competenza di esercizi
successivi.
Con la riforma del 2015 è stata abrogata l’iscrizione in calce allo Stato Patrimoniale dei conti d’ordine
questi sono oggi presenti nella nota integrativa. Avevano il compito di informare dell’esistenza di eventuali
rischi e impegni futuri che non incidono attualmente sulla consistenza del patrimonio sociale.
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1. Valore della produzione (A): indicati e sommati i ricavi di competenza dell’esercizio dell’attività
produttiva tipica e le variazioni (positive e negative) delle relative rimanenze di magazzino.
2. Costi della produzione (B): in cui sono compresi ammortamenti, svalutazioni, accantonamenti. Si
ottiene, per differenza, il risultato lordo della gestione ordinaria.
VALORE DELLA PRODUZIONE – COSTI DELLA PRODUZIONE = RISULTATO LORDO GESTIONE
ORDINARIA.
3. Proventi ed oneri finanziari (C): proventi derivanti da partecipazioni in altre società, interessi
attivi/passivi, utili e perdite su cambi segue il relativo totale.
4. Rettifiche di valore di attività finanziarie (D): iscritte e sommate perché dovute a rivalutazioni e
svalutazioni delle stesse.
SOMMA ALGEBRICA DEI PARZIALI: RISULTATO AL LORDO DELLE IMPOSTE SUL REDDITO D’ESERCIZIO
5. Al risultato al lordo delle imposte sul reddito di esercizio sottraggo queste ultime= UTILE O PERDITA
da iscrivere all’interno dello Stato Patrimoniale la somma algebrica dei diversi risultati parziali
rappresenta il risultato globale d’esercizio.
91
operato con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali
rischi e incertezze cui la società è esposta.
Non è un «rendiconto», ma un «resoconto».
Violazioni di legge in merito all’informativa da rendere nella relazione non sono causa di nullità del bilancio,
ma fonte di responsabilità dell’organo amministrativo.
I criteri di valutazione:
La redazione del bilancio comporta per molti cespiti, il compimento di attente stime e valutazioni con
l’obiettivo di rappresentare in bilancio ogni attività nel modo più veritiero e corretto.
Eventuali sopravvalutazioni o sottovalutazioni potrebbero infatti portare ad una rappresentazione sbagliata
del risultato economico.
Per questo motivo sono stati inseriti dei principi generali che è necessario osservare nelle valutazioni:
Principio della prudenza;
Principio della continuità nei criteri di valutazione.
Sono stati inoltre indicati dettagliatamente i criteri cui gli amministratori devono attenersi per la valutazione
dei diversi cespiti il criterio di base è il criterio del costo storico, ma ne sono stati inseriti altri per i diversi
cespiti.
- Le immobilizzazioni di ogni tipo (materiali, immateriali e finanziarie) sono iscritte al costo storico: al
costo di acquisto o di produzione, nel quale vanno computati anche i costi accessori. La ratio di usare
tale criterio dipende dall’esigenza di impedire l’emersione di utili non realizzati.
Il valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve
essere ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene,
attraverso la diretta riduzione del valore iscritto nell’attivo dello SP.
Se inoltre il valore di un’immobilizzazione risulta durevolmente inferiore al costo storico, questa
deve essere iscritta a tale minor valore se vengono meno i presupposti per il minor valore,
l’immobilizzazione deve essere riscritta al valore iniziale;
- Le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate e collegate possono
essere iscritte al criterio del patrimonio netto: si iscrive in bilancio un importo pari alla
corrispondente quota (opportunatamente rettificata) del patrimonio netto della società partecipata;
- I costi di impianto, ampliamento e sviluppo possono essere iscritti nell’attivo solo le hanno un’utilità
pluriennale devono essere ammortizzati, secondo la vita utile e se non determinabile in un
periodo non superiore a 5 anni;
- L’avviamento può essere iscritto nell’attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo
per esso sostenuto;
- I crediti devono essere sempre valutati secondo il criterio di prudente realizzo (art. 2426);
- I ricavi e i costi generati da un credito o da un debito devono essere iscritti secondo il criterio del
costo ammortizzato: devono essere ripartiti in parti uguali su tutta la durata di vita del rapporto ed
imputati pro quota ad ogni esercizio sul valore del rispettivo credito o debito principale. Il costo
ammortizzato di un’attività o passività finanziaria è il valore a cui l’attività o la passività finanziaria è
stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o
diminuito dall’ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi
differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione a seguito di una
riduzione di valore o irrecuperabile;
- Gli strumenti finanziari derivati sono iscritti al criterio del fair value;
- I cespiti dell’attivo circolante diversi dai crediti devono essere iscritti al costo di acquisto o di
produzione, ovvero, se minore, al valore di realizzo desumibile dall’andamento di mercato.
Tutti i diversi criteri di valutazione sono ispirati al principio della prudenza, ma la stessa legge impone di
derogare ad essi nel caso in cui l’applicazione degli stessi sia incompatibile con la rappresentazione veritiera
e corretta.
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Il procedimento di formazione del bilancio:
Differenza tra i diversi sistemi di amministrazione e controllo:
Nel sistema tradizionale e monistico, cooperano alla redazione del bilancio tutti e tre gli organi
sociali (amministratori, collegio sindacale e assemblea) nonché al soggetto incaricato della revisione
legale dei conti;
Nel sistema dualistico il bilancio è invece predisposto dal consiglio di gestione ed è approvato dal
consiglio di sorveglianza (salvo che lo statuto diversamente) art. 2409-terdecies.
Il procedimento di formazione del bilancio è cadenzato nel tempo dall’art. 2364 l’assemblea ordinaria
(competente per l’approvazione del bilancio) deve essere convocata almeno una volta all’anno, entro il
termine stabilito dallo statuto e comunque entro un periodo non superiore a 120 giorni dalla chiusura
dell’esercizio (lo statuto può prevedere un termine di 180 giorni se vi è l’obbligo di redigere il bilancio
consolidato o per giustificati motivi).
Gli amministratori redigono il progetto di bilancio e tale funzione non è derogabile al comitato esecutivo o
agli amministratori delegati. Nelle società quotate gli amministratori si avvalgono dell’aiuto del «Dirigente
preposto alla redazione dei documenti contabili» (figura obbligatoria in questi casi) che attesta la conformità
(resa insieme agli amministratori) del bilancio ai principi contabili applicabili, e alle risultanze di libri e
scritture contabili.
Il progetto di bilancio, assieme alla relazione degli amministratori, deve essere comunicato al collegio
sindacale e al soggetto incaricato alla revisione legale dei conti almeno 30 giorni prima della data in cui è
previsto che l’assemblea provveda alla discussione. Il collegio sindacale inoltre, se esercita anche la revisione
legale dei conti, redige anche la relazione del revisore esprimendo il proprio “giudizio sul bilancio”.
Il progetto di bilancio, con le copie integrali dell'ultimo bilancio delle società controllate e un prospetto
riepilogativo dei dati essenziali dell'ultimo bilancio delle società collegate, deve restare depositato in copia
nella sede della società, insieme con le relazioni degli amministratori, dei sindaci e del soggetto incaricato
della revisione legale dei conti, durante i 15 giorni che precedono l'assemblea, e finché sia approvato
affinché soci possano prenderne visione.
Nelle società quotate tali documenti sono messi anche a disposizione del pubblico nel sito internet della
società.
Per quanto riguarda i poteri dell’assemblea in merito al bilancio, la legge non predispone nulla di specifico,
però:
Essa può certamente approvarlo o respingerlo;
Può modificare direttamente il progetto di bilancio sottoposto al suo esame dagli amministratori.
In tutti i casi, l’approvazione del bilancio non implica la liberazione degli amministratori, direttori generali e
sindaci dalla responsabilità.
Entro 30 giorni dall’approvazione, copia del bilancio con tutti i documenti allegati deve essere depositata (a
cura degli amministratori) presso l’ufficio del registro delle imprese (art. 2345).
A partire dalla riforma del 2003, le azioni di nullità e di annullabilità previste dagli artt. 2377 e 2379 non
possono essere più esercitate dopo che è stato approvato il bilancio dell’esercizio successivo. Inoltre, se il
soggetto incaricato della revisione non ha formulato rilievi, la legittimazione ad impugnare la delibera di
approvazione del bilancio non solo per causa di annullabilità, ma anche per cause di nullità, spetta a tanti
soci che rappresentino il 5% del capitale sociale (art. 2434-bis).
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Il potere dell’assemblea in tema di distribuzione degli utili può essere limitato da clausole statuarie che
riconoscono a determinate categorie di azionisti il diritto alla percezione annuale di un dividendo minimo.
Nelle società quotate, per incentivare la stabilità della compagine azionaria, lo statuto può riconoscere una
maggiorazione sul dividendo percepito dagli azionisti di minoranza che conservino le loro azioni per un
determinato periodo di tempo, non inferiore a un anno.
Non tutti gli utili sono distribuibili tra i soci esistono alcuni vincoli di destinazione degli utili che possono
essere imposti sia dalla legge che dallo statuto. Vincoli:
Se negli esercizi precedenti si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a
ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente
possono essere pagati dividendi solo per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio
approvato;
Dagli utili netti annuali, non assorbiti da perdite precedenti, deve essere dedotta una somma pari
almeno al 5% degli utili stessi per la creazione della riserva legale: si continua a dedurre il 5% finché
la riserva non ha raggiunto il 20% del capitale sociale.
Se per qualsiasi ragione la riserva legale viene diminuita; deve essere reintegrata sempre mediante
le stesse regole di accantonamento (art. 2430). Si tratta di un accantonamento contabile previsto
per legge si risolve in una forma di autofinanziamento obbligatorio che ha lo scopo di evitare che
eventuali perdite di esercizi futuri colpiscano direttamente il capitale sociale.
Essendo prevista per legge, l’assemblea non può predisporre la sua distribuzione a favore dei soci
per tutta la durata della società;
Parte degli utili concorrono alla formazione di una riserva statuaria: la sua costituzione è imposta
dallo statuto (in aggiunta alla riserva legale), che ne stabilisce anche la quota parte di utili;
L’assemblea ordinaria che approva il bilancio può anche predisporre di ulteriori riserve facoltative.
Le norme statuarie possono prevedere anche delle partecipazioni agli utili eventualmente spettanti
ai promotori, ai soci fondatori e agli amministratori sono computate sugli utili netti risultanti dal
bilancio, fatta deduzione della quota di riserva legale.
Gli utili che possono essere disposti a favore dei soci sono:
Utili distribuibili di esercizio;
Utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti.
Per i dividendi erogati in violazione delle disposizioni predette (utili fittizi) gli amministratori sono esposti a
responsabilità anche penale e i soci dovranno restituire quanto riscosso; Tuttavia i soci non sono obbligati a
restituire i dividendi riscossi quando:
Erano in buona fede al momento della riscossione
I dividendi sono stati distribuiti in base ad un bilancio regolarmente approvato
Dal bilancio risultano utili netti corrispondenti
La distribuzione di acconti sui dividendi è consentita solo alle società il cui bilancio è assoggettato per legge a
revisione legale dei conti, secondo il regime previsto dalle leggi speciali per gli enti di interesse pubblico
(società quotate, banche, imprese assicurative).
La distribuzione di acconti sui dividendi deve essere prevista dallo statuto ed è deliberata dagli
amministratori dopo il rilascio da parte del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti di un
giudizio positivo sul bilancio dell'esercizio precedente e la sua approvazione.
Non è consentita la distribuzione di acconti sui dividendi quando dall'ultimo bilancio approvato risultino
perdite relative all'esercizio o a esercizi precedenti.
L'ammontare degli acconti sui dividendi non può superare la minor somma tra l'importo degli utili conseguiti
dalla chiusura dell'esercizio precedente, diminuito delle quote che dovranno essere destinate a riserva per
obbligo legale o statutario, e quello delle riserve disponibili.
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Gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti sui dividendi sulla base di un prospetto contabile e di
una relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società consente
la distribuzione stessa. Su tali documenti deve essere acquisito il parere del soggetto incaricato della
revisione legale dei conti.
Il prospetto contabile, la relazione degli amministratori e il parere del soggetto incaricato della revisione
legale dei conti debbono restare depositati in copia nella sede della società fino all'approvazione del bilancio
dell'esercizio in corso. I soci possono prenderne visione.
Ancorché sia successivamente accertata l'inesistenza degli utili di periodo risultanti dal prospetto, gli acconti
sui dividendi non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede.
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Es.: è impugnato il bilancio al 31/12/2020. La causa è decisa nel 2022. Il bilancio al 31/12/2022 deve tener
conto delle motivazioni fondanti l’invalidazione del bilancio precedente.
Secondo una tesi (non pacifica), però, devono essere modificati retroattivamente anche il bilancio
impugnato e quelli approvati medio tempore (nell’esempio, quello al 31/12/2020 e quello al 31/12/2021).
Ciò in ragione del co. 7 dell’art. 2377 (norma che si applica, stante l’espresso richiamo all’art. 2379, anche
per la nullità), che prevede l’obbligo per gli amministratori di prendere i provvedimenti conseguenti alla
invalidazione sotto la propria responsabilità.
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Obbligati all’adozione dei principi contabili internazionali per la redazione dei bilanci consolidati e d’esercizio
sono:
• Le società quotate;
• Le banche e gli intermediari finanziari soggetti a vigilanza;
• Tutte le società emittenti strumenti finanziari diffusi;
• Le società assicurative non quotate con riferimento al solo bilancio consolidato;
• Le società assicurative quotate.
Hanno facoltà di adottarli:
• Le società incluse nel consolidato di società obbligate a redigere il bilancio consolidato in conformità
agli IAS;
• Le società sottoposte all’obbligo di redazione o incluse in un bilancio consolidato
• Le società, comunque, che non possono redigere il bilancio abbreviato.
Modello «user oriented», funzionale a fornire informazione agli investitori, utilizzabili nel processo di
allocazione dei capitali adozione del criterio del fair value (spesso, comunque, la scelta tra fair value e
costo storico è lasciata alla reporting entity - es. IAS 16, immobili impianti e macchinari).
Eventuali riserve da fair value non sono distribuibili fino al realizzo.
Documenti rilevanti:
• Prospetto della situazione patrimoniale e finanziaria
• Prospetto dell’utile/perdita d’esercizio e delle altre voci di conto economico complessivo
• Prospetto delle variazioni di patrimonio netto
• Rendiconto finanziario
Oltre all’informativa di corredo: note al bilancio, relazione sulla gestione.
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La finzione giuridica consiste nel ritenere che oggetto di circolazione sia il documento, cosa mobile, anziché il
diritto (entità immateriale) in esso menzionato, mentre in realtà è l’opposto: chi acquista un titolo di credito
vuole acquistare il diritto in esso menzionato non il pezzo di carta.
Si tratta però di una finzione che consente di stabilire un collegamento giuridico del tutto particolare fra
documento e diritto in esso menzionato e di superare così in radice tutti gli inconvenienti propri della
cessione del credito.
Nel titolo di credito il diritto è incorporato nel documento e si concretizza in quattro principi cardine fissati
dalla disciplina generale dei titoli di credito:
a) Chi acquista la proprietà del documento (cosa mobile) diventa titolare del diritto in esso
menzionato. E si badi, diventa titolare del diritto cartolare anche se ha acquistato il titolo a non
dominio (ad esempio da un ladro) purché sia in buona fede ed entri in possesso del titolo, dato che
per legge l’acquisto della titolarità del diritto è un effetto dell’acquisto della proprietà del
documento: principio dell’autonomia in sede di circolazione, che consente di neutralizzare il rischio
della cessione del credito: il rischio cioè che chi trasferisce il credito non sia titolare dello stesso.
b) Chi acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è determinato esclusivamente
dal tenore letterale del documento. Acquista inoltre un diritto che è immune dalle eccezioni fondate
sui rapporti personali intercorsi tra debitore e precedenti possessori del titolo: principi della
letterarietà e dell’autonomia in sede di esercizio del diritto
cartolare.
• Letteralità completa
il contenuto del Sono principi che consentono di superare in radice l’ulteriore rischio cui
diritto cartolare è invece è esposto il cessionario del credito: il rischio di vedersi opposte
determinato tutte le eccezioni che il debitore poteva opporre al cedente. Per contro,
esclusivamente dalla chi acquista un titolo di credito acquista un diritto che è autonomo dalla
lettera del titolo. NO posizione del dante causa anche sotto il profilo del contenuto della
riferimento al pretesa azionabile. A lui sono opponibili solo determinate eccezioni
rapporto tassativamente indicate dall’articolo 1993 che prendono il nome di
fondamentale che eccezioni reali.
ha portato alla c) Chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di credito, nelle
emissione del titolo forme prescritte dalla legge, è senz’altro legittimato all’esercizio
(assegni) del diritto cartolare. Può pretendere quindi dal debitore la
• Letteralità prestazione senza essere tenuto a provare l’acquisto della
incompleta il proprietà del titolo e della titolarità del diritto. D’altro canto, il
contenuto del diritto
98 cartolare è
determinato dalla
lettera del titolo E
dalla disciplina
legale del rapporto
debitore paga bene se paga in buona fede al possessore qualificato del titolo, anche se questi non è
titolare del diritto: funzione di legittimazione del titolo di credito.
d) I vincoli su diritto, menzionati in un titolo di credito, devono essere effettuati sul titolo e non hanno
effetto se non risultino da quest’ultimo.
Art.1994Chi ha acquistato in buona fede il possesso del titolo, non è soggetto a rivendicazione e
diventa proprietario dello stesso e titolare del diritto cartolare riportato . La sua posizione è
inattaccabile dall’ex proprietario spogliato, che potrà solo esercitare l’azione di risarcimento nei
confronti di colui che gli ha sottratto il titolo (ma NON contro l’attuale proprietario).
Affinché si perfezioni l’acquisto a non domino di un titolo di credito devono ricorrere tre presupposti:
a) Un negozio astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del titolo, cioè un negozio del tutto valido
salvo per la posizione del dante causa;
b) L’investitura (legittimazione) dell’acquirente nel possesso del titolo, con l’osservanza delle formalità
prescritte dalla legge di circolazione;
c) La buona fede di chi acquista il titolo di credito, ignaro dunque del difetto di proprietà del
documento nell’alienante.
1. I TITOLI ALL’ORDINE:
I titoli all’ordine sono titoli intestati ad una persona determinata. Essi circolano mediante consegnata del
titolo accompagnata dalla girata*: il possessore del titolo si legittima in base ad una serie continua di girate,
art. 2008. I titoli di credito all’ordine sono: la cambiale, l’assegno bancario, l’assegno circolare.
La girata non può essere sottoposta a condizioni e qualsiasi condizione apposta si considera non scritta. È
nulla la girata parziale. La girata non ha funzione di garanzia e il girante non è responsabile verso i giratari
successivi per l’inadempimento da parte dell’emittente.
Il codice regola inoltre due tipi di girata con effetti limitati: la girata per procura e la girata a titolo di pegno.
1. Nella girata per procura, il giratario assume la veste di rappresentante per l’incasso del girante.
Titolare del credito cartolare resta il girante ed il giratario non acquista alcun diritto autonomo. Il
debitore può opporre quindi al giratario per procura tutte le eccezioni personali opponibili al girante.
Il girante non può ulteriormente girare il titolo se non per procura.
2. La girata a titolo di pegno (girata in garanzia) attribuisce al giratario un diritto di pegno sul titolo, a
garanzia di un credito che il giratario stesso vanta nei confronti del girante. Il giratario acquista
perciò un diritto autonomo, sia pure limitato. Non può trasferire ad altri il titolo in quanto non è
proprietario dello stesso
2. I TITOLI NOMINATIVI:
I titoli nominativi sono titoli intestati ad una persona determinata. Essi si caratterizzano per il fatto che
l’intestazione deve risultare non solo dal titolo, ma anche da un apposito registro tenuto dall’emittente.
Art.2021 c.c. Il possessore di un titolo nominativo è quindi legittimato all’esercizio dei relativi diritti per
effetto della doppia intestazione a suo favore: sul titolo e sul registro dell’emittente.
Possono essere titoli nominativi: le obbligazioni, le quote di partecipazione, i titoli di debito pubblico. Le
azioni invece, costituiscono la categoria più diffusa dei titoli nominativi .
Le procedure per il trasferimento dei titoli nominativi sono complesse dovendo procedere al mutamento
dell’intestazione sia sul titolo che sul registro dell’emittente.
Vi sono due diverse procedure per il trasferimento della legittimazione:
a) Una prima procedura prevede il cambiamento contestuale delle due intestazioni, a cura e sotto la
responsabilità dell’emittente (cd. transfert). Il transfert può essere richiesto sia dall’alienante sia
dall’acquirente. L’alienante deve esibire il titolo e provare la propria identità e la propria capacità di
agire, mediante certificazione di un notaio, agente di cambio, banca; l’acquirente deve invece esibire
il titolo e dimostrare il suo diritto, cioè l’acquisto del titolo, mediante atto pubblico o scrittura privata
autenticata da un notaio, agente di cambio.
b) Più diffusa è la seconda forma di trasferimento: il trasferimento mediante girata. Nel trasferimento
per girata la doppia annotazione è eseguita da soggetti diversi ed in tempi diversi: l’annotazione sul
titolo (girata) è fatta dall’alienante; quella nel registro dell’emittente, ad opera dell’emittente stesso
e si rende necessaria solo quando l’acquirente voglia esercitare i relativi diritti (l’acquirente può
trasferire ad altri il titolo mediante girata).
La girata dei titoli nominativi è assoggettata a particolari regole di forma e produce effetti diversi, essa deve:
essere datata,
deve contenere l’indicazione del giratario (no girate in bianco)
deve essere sottoscritta anche dal giratario se il titolo non è interamente liberato;
deve essere autenticata da un notaio o da un agente di cambio.
La girata di un titolo nominativo attribuisce al possessore solo la legittimazione ad ottenere l’annotazione del
trasferimento nel registro dell’emittente. Solo in seguito a quest’ultima il giratario consegue la legittimazione
all’esercizio dei diritti inerenti al titolo, mentre ex art.2023, comma 3, prima di tale momento, il
trasferimento non ha efficacia nei confronti dell’emittente.
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resistere alla richiesta di adempimento. Nel contempo, il debitore, che senza dolo o colpa grave adempia la
prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto. La liberazione
del debitore è quindi legittima anche quando, pur essendone a conoscenza, egli non disponga di mezzi di
prova pronti e sicuri per contestare il difetto di titolarità o, quantomeno, non sia in grado di procurarseli con
l’ordinaria diligenza.
Le eccezioni cartolari:
L’articolo 1993 fissa le eccezioni cartolari che il debitore può opporre al portatore del titolo per sottrarsi al
pagamento. Le eccezioni cartolari si distinguono in due grandi categorie: eccezioni reali ed eccezioni
personali.
- Eccezioni reali: opponibili a qualunque portatore del titolo.
-Eccezioni personali: opponibili solo a un determinato portatore.
Danno luogo ad eccezioni reali:
a) Le eccezioni di forma ovvero mancata osservanza dei requisiti formali del titolo a pena di nullità;
b) le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo contrasto fra pretesa creditoria azionata e ciò
che risulta dalla lettera del titolo. (principiò della letteralità);
c) la falsità della firma intesa come sottoscrizione non giuridicamente riferibile a colui che figura
come debitore (es. firma apposta da un omonimo);
d) difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell’emissione del titolo;
e) la mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione;
Sono eccezioni personali tutte le eccezioni diverse da quelle reali, in particolare:
o le eccezioni derivanti dal rapporto causale che ha dato luogo all’emissione del titolo, opponibili solo
al primo prenditore
o le eccezioni fondate su altri rapporti personali con i precedenti possessori;
o le eccezioni di difetto di titolarità del diritto cartolare, opponibile al possessore del titolo che non ne
ha acquistato la proprietà o l’ha successivamente persa.
Le prime due eccezioni si definiscono eccezioni personali fondate sui rapporti personali, mentre l’ultima
eccezione si definisce in senso stretto in quanto non trova fondamento in nessun rapporto fra debitore e
portatore del titolo.
Il legislatore, per evitare che l’inopponibilità delle eccezioni personali possa dar luogo ad abusi, pone dei
temperamenti: ammette cioè che a determinate condizioni esse possano essere opposte anche ai portatori
successivi. Queste condizioni sono però diverse per i due tipi di eccezioni personali.
Per le eccezioni personali in senso stretto, difetto di titolarità, è applicabile la regola per l’acquisto a non
domino. L’eccezione del difetto di titolarità è quindi opponibile nei confronti di tutti i successivi possessori
in malafede o colpa grave.
Condizioni più rigorose sono richieste per le eccezioni personali fondate su rapporti personali: è possibile
soltanto se l’attuale possessore nell’acquistare il titolo ha agito intenzionalmente a danno del debitore
(exceptio doli). È dunque richiesto oltre alla conoscenza dell’eccezione, anche il dolo, oppure un accordo
fraudolento fra chi trasmette e chi riceve il titolo.
L’ammortamento:
A favore di colui che ha perso involontariamente (smarrimento, sottrazione o distruzione) il possesso del
titolo e la legittimazione sono apprestati rimedi che consentono di svincolare l’esercizio del diritto dal
possesso del titolo.
Per i titoli all’ordine e nominativi è previsto l’istituto dell’ammortamento: è un procedimento diretto ad
ottenere la dichiarazione giudiziale che il titolo originario non è più strumento di legittimazione; chi ha
ottenuto l’ammortamento può, infatti, esigere il pagamento su presentazione del relativo decreto.
La procedura inizia con la denuncia al debitore della perdita del titolo e con il contestuale ricorso dell’ex
possessore al presidente del tribunale, il quale, dopo gli accertamenti sommari, pronuncia con decreto
l’ammortamento. Il decreto deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (la quale ha funzione di pubblicità
erga omnes) e deve essere notificato al debitore: il titolo perde da tale momento la sua funzione di
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legittimazione. Il debitore NON può però pagare neppure all’ammortante prima che siano decorsi 30 giorni
dalla pubblicazione del decreto. Entro questo termine, infatti, il terzo detentore del titolo può proporre
opposizione contro il decreto di ammortamento depositando il titolo presso la cancelleria del tribunale. Si
apre così un giudizio ordinario di cognizione, che ha per oggetto l’accertamento della proprietà del titolo e si
chiude con la revoca del decreto se l’opposizione è accolta. In caso contrario il decreto di ammortamento
diventa definitivo ed il titolo è consegnato al ricorrente. La procedura di ammortamento non è ammessa per
i titoli al portatore.
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• In caso di smarrimento o sottrazione del titolo, il possessore del t. al portatore – dopo aver
denunciato tali eventi e averne dato prova – ha diritto alla prestazione decorso il termine di
prescrizione del titolo.
LA CAMBIALE:
1. Cambiale tratta e vaglia cambiario:
La cambiale è un titolo di credito all’ordine la cui funzione tipica, anche se non esclusiva, è quella di differire
il pagamento di una somma di denaro (è uno strumento di credito). Attribuisce cioè il diritto ad ottenere il
pagamento di denaro alla scadenza pattuita.
Esistono due tipi di cambiale: la cambiale tratta ed il vaglia cambiario (o pagherò cambiario). Nella cambiale
tratta una persona (traente) ordina tramite ordine incondizionato ad un’altra persona (trattario – obbligato
cambiario) di pagare una somma di denaro al portatore del titolo. Si tratta di un rapporto trilaterale, in cui
figurano tre persone: il traente, che garantisce l’accettazione e il pagamento del titolo; il trattario è il
destinatario dell’ordine di pagamento ed è l’obbligato principale in seguito all’accettazione; il prenditore è il
beneficiario dell’ordine di pagamento. In questo caso l’ordine deve essere accettato. Nel vaglia cambiario,
essendo una promessa di pagamento, l’emittente si è già obbligato. Nel rapporto figurano solo due persone:
l’emittente, che promette il pagamento e il prenditore, beneficiario della promessa di pagamento.
La cambiale tratta e il vaglia cambiario presentano alcuni caratteri fondamentali in comune:
1. La cambiale è un titolo di credito all’ordine che circola quindi mediante girata.
2. La cambiale è un titolo astratto. Viene emessa anche se manca un preesistente debito del traente o
dell’emittente nei confronti del prenditore (cambiale di favore).
3. La cambiale è, inoltre, un titolo rigorosamente formale ed è valido solo se presenta le indicazioni
prescritte dalla legge (formale a pena di nullità).
4. La cambiale è un titolo che può incorporare una pluralità di obbligazioni: quelle del traente,
dell’accettante, dei giranti, dei loro avallanti e dell’accettante per intervento.
5. La cambiale è un titolo esecutivo ed è assistita da particolari agevolazioni processuali, in modo da
consentire al portatore di soddisfarsi in caso di mancato pagamento.
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le indicazioni della scadenza;
il luogo di emissione, in mancanza si intende il luogo accanto al nome del traente o dell’emittente, in
mancanza di quest’ultimo è nulla;
il luogo di pagamento;
il bollo (Art.104 la mancanza dello stesso privano la cambiale della qualità di titolo esecutivo).
I requisiti naturali possono anche essere omessi in quanto, se non risultano dal titolo, la lacuna è colmata
dalla legge con norme suppletive.
5. Le obbligazioni cambiarie:
La cambiale è un titolo di credito destinato ad incorporare più obbligazioni. Nelle cambiali a pluralità di
obbligazioni, l’invalidità della singola obbligazione cambiaria NON incide sulla validità delle altre (sono
indipendenti reciprocamente). Inoltre, tutti gli obbligati cambiari sono obbligati in solido nei confronti del
portatore del titolo alla scadenza: l’ultimo dei giranti, se l’emittente non paga, può chiedere a ciascuno degli
obbligati il pagamento di ciascuna somma.
Nei confronti del portatore del titolo gli obbligati cambiari sono distinti in due categorie:
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Gli obbligati diretti l’azione contro i quali non è soggetta a particolari formalità
Gli obbligati di regresso, l’azione contro i quali è soggetta al verificarsi di determinate condizioni (es.
rifiuto dell’accettazione o del pagamento) ed è subordinata a specifici adempimenti formali.
Nei rapporti interni gli obbligati cambiari sono disposti per gradi (l’accettante è l’obbligato di primo grado).
o Vaglia cambiario:
Diretti: emittente e il suo avallante.
Regresso: i giranti ed i loro avallanti
o Cambiale tratta:
Diretti: l’accettante ed il suo avallante
Regresso: il traente, i giranti ed i loro avallanti
Nei rapporti interni gli obbligati cambiari sono disposti per gradi, secondo un ordine tassativamente fissato
per legge. Nella cambiale tratta accettata, obbligato di primo grado è l’accettante, obbligato di secondo
grado è il traente, obbligato di terzo grado è il primo girante e così via.
Nel vaglia cambiario, obbligato di primo grado è sempre l’emittente, seguono poi i relativi giranti. L’avallante
assume un grado cambiario successivo a quello dell’obbligato per il quale l’avallo è stato dato ed identica
regola vale per l’accettante per intervento. Se paga l’obbligato di primo grado, tutti gli altri sono liberati non
solo nei confronti del portatore, ma anche nei rapporti interni. Il pagamento effettuato da un obbligato di
grado intermedio, libera solo gli obbligati di grado successivo. La cambiale può anche contenere obbligati di
pari grado come accade nel caso dei coemittenti e dei coavallanti.
7. L’avallo:
È una dichiarazione cambiaria con la quale un soggetto (avallante) garantisce il pagamento della cambiale
per tutta o parte della somma. È una tipica garanzia cambiaria e può essere data per uno qualsiasi degli
obbligati cambiari e l’avallante deve indicare per chi l’avallo è dato. Se manca l’indicazione di avallo, si
intendono, ex lege, avallanti il traente nella cambiale tratta e l’emittente nel pagherò cambiario.
Art.371.camb L’avallante è obbligato nello stesso modo di colui per il quale l’avallo è dato. L’avallante
che paga la cambiale acquista i diritti ad essa inerenti contro l’avallato e contro coloro che sono
cambiariamente obbligati verso quest’ultimo. L’avallo può essere prestato anche da più persone
congiuntamente per lo stesso obbligato cambiario. Si ha in tal caso la figura del coavallo.
Trova applicazione il principio di reciproca indipendenza delle obbligazioni cambiare, perciò l’avallo è
un’obbligazione di garanzia collegata con quella dell’avallato, ma è pur sempre un’obbligazione autonoma
rispetto a quest’ultima, infatti l’avallante è tenuto al pagamento anche se l’obbligazione dell’avallato è
invalida.
Termine di scadenza = termine essenziale sia per il creditore che per il debitore cambiario il portatore non
è tenuto a ricevere il pagamento prima della scadenza, ma non può rifiutare un pagamento parziale (gli
obbligati di regresso restano responsabili per il residuo).
Il pagamento per l’intero da diritto alla restituzione del titolo quietanzato dal portatore. Invece, in caso di
pagamento parziale il debitore può esigere che ne sia fatta menzione nel titolo e che gliene sia data
quietanza separata.
Il pagamento per intervento è ammesso (al più tardi entro il giorno successivo all’ultimo giorno consentito
per elevare il protesto per mancato pagamento), al fine di evitare che il portatore promuova azione
cambiaria nei confronti degli obbligati di regresso, ma non può essere parziale. Colui che paga per intervento
può essere una terza persona o una persona già obbligata cambiariamente (non può essere l’accettante).
Le azioni cambiarie:
In caso di rifiuto di pagamento (e nella cambiale tratta anche in caso di rifiuto di accettazione), il portatore
del titolo può agire contro tutti gli obbligati cambiari per ottenere il pagamento.
Diversi tipi di azione:
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Esercitando l’azione diretta, il portatore deve osservare solo il termine di prescrizione di tre anni
dalla scadenza della cambiale (non deve osservare altre formalità o termini);
L’azione contro gli obbligati di regresso può essere esercitata:
○ Alla scadenza se il pagamento non ha avuto luogo;
○ Prima della scadenza se l’accettazione è stata rifiutata o in caso di fallimento del trattario o
del traente o ancora in caso di fallimento del traente di una cambiale non accettabile.
Negli altri casi l’esercizio dell’azione di regresso è subordinata alla constatazione del rifiuto di
accettazione o di pagamento con un atto denominato protesto.
Il protesto deve essere elevato nei termini previsti per la presentazione all’accettazione o al pagamento.
L’omessa levata del protesto nei termini comporta la decadenza del portatore dalle azioni di regresso.
Il portatore tuttavia può essere dispensato dal protesto, ma non dalla presentazione nei termini, con
apposita clausola inserita nella cambiale (clausola senza spese, senza protesto) dal traente, dal girante o
dall’avallante.
Pur se dispensato dal protesto, il portatore è tenuto a dare avviso della mancata accettazione entro quattro
giorni feriali successivi alla levata del protesto.
Gli obbligati cambiari sono tutti obbligati in solido nei confronti del portatore rispettate le condizioni per
l’esercizio dell’azione di regresso, il portatore può agire per l’intera somma cambiaria contro uno qualsiasi
degli obbligati, senza essere tenuto a osservare l’ordine. L’azione di regresso è soggetta alla prescrizione di
un anno, che decorre dalla data del protesto levato in tempo utile o dalla scadenza se vi è la clausola “senza
spese”.
La disposizione per gradi degli obbligati cambiari regola i rapporti tra gli stessi l’obbligato cambiario che ha
pagato libera definitivamente i coobbligati di grado successivo, dai quali non potrà ripetere alcunché. Ha
inoltre azione cambiaria di ulteriore regresso contro gli obbligati di grado anteriore e può richiedere a
ciascuno il rimborso integrale oltre agli interessi e alle spese. Per quanto riguarda gli obbligati cambiari di
pari grado, l’obbligato che ha pagato non ha azione cambiaria neanche pro quota nei confronti dei suoi
coobbligati (contro di essi può agire solo in via extra cambiale).
Il protesto:
Il protesto è l’atto autentico necessario per la conservazione delle azioni di regresso. Con esso si constata la
mancata accettazione o il mancato pagamento della cambiale da parte del designato a pagare in via
principale (trattario o emittente).
Sono abilitati alla levata del protesto i notai, gli ufficiali giudiziari e i loro aiutanti o i segretari comunali. I
primi due possono anche avvalersi della collaborazione dei presentatori, i quali presentano il titolo, ne
incassano l’importo o constatano il mancato pagamento.
Successivamente, si procede alla redazione dell’atto da parte del notaio, con la sottoscrizione del
presentatore. I protesti sono pubblicati in un apposito registro informatico.
Il protesto può essere annotato sulla cambiale o può essere fatto con atto separato, ma in tal caso deve
contenere la trascrizione del titolo e se ne deve fare menzione sulla cambiale. Ha valore di atto pubblico.
L’illegittima levata del protesto può essere fonte di responsabilità per danni che arreca al debitore. Il
protesto può essere sostituito da una dichiarazione scritta di rifiuto dell’accettazione o del pagamento datata
e sottoscritta dal trattario.
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Procedimento di cognizione ordinario ha l’obiettivo di ottenere sentenza di condanna: giudice
deve, su istanza del creditore, emettere sentenza provvisoria di condanna se le eccezioni sono di
lunga indagine, imponendo al creditore il versamento di una cauzione ove lo ritenga opportuno;
Procedimento di cognizione monitorio.
Ammortamento:
La disciplina di ammortamento della cambiale coincide sostanzialmente con quella dettata con i titoli di
credito all’ordine. Gli art. che si occupano di tale disciplina sono gli artt. da 89 a 93.
Le cambiali finanziarie:
Costituiscono un nuovo strumento di finanziamento per le imprese, la cui funzione è quella di offrire ad esse
(in particolare a quelle non abilitate ad emettere obbligazioni) di raccogliere direttamente fra il pubblico
capitale di credito a breve termine, in alternativa al credito bancario (più costoso).
Sono titoli di credito all’ordine emessi in serie, con scadenza compresa fra i tre e i dodici mesi dalla data di
emissione. La loro struttura è quella del pagherò cambiario e devono avere un taglio minimo di 50mila euro.
Le cambiali finanziarie sono equiparate per ogni effetto di legge alle cambiali ordinarie è consentita
l’applicazione della relativa disciplina.
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La denominazione di “cambiale finanziaria” deve essere inserita nel contesto del titolo in aggiunta agli altri
requisiti previsti per il pagherò cambiario, pena nullità. Devono essere indicati anche i proventi a favore del
prenditore (di solito sono pari alla differenza tra VN della cambiale e minor somma corrisposta
dall’emittente).
Possono essere emesse solo dalle società di capitali, cooperative e mutue assicuratrici sono escluse le
banche e le microimprese.
Le cambiali finanziarie possono essere girate esclusivamente con la clausola “senza garanzia” ( senza
assunzione di obbligazione cambiaria di regresso da parte del girante): questo agevola la sottoscrizione da
parte dei risparmiatori, dato che essi potranno far circolare ulteriormente i titoli senza esporsi a
responsabilità cambiaria.
Possono essere emesse anche in forma dematerializzata, particolarità disciplinata dalle regole sulla gestione
dei titoli di massa.
L’ASSEGNO BANCARIO:
Nozione. Caratteri essenziali:
L’assegno bancario è un titolo di credito (o chéque) che contiene l’ordine incondizionato diretto ad una
banca di pagare a vista una somma di denaro determinata all’ordine di una determinata persona o al
portatore.
Funzione tipica dell’assegno bancario è quella di consentire l’utilizzazione di somme disponibili presso una
banca per effettuare pagamenti a terzi, evitando l’utilizzo materiale del denaro è uno strumento di
pagamento alternativo alla moneta legale.
L’assegno bancario è redatto dal traente su appositi moduli prestampati fornitigli dalla banca (carnet di
assegni). È un titolo di credito astratto, formale ed esecutivo, ha la stessa struttura della cambiale tratta.
Figurano tre persone: il traente, che dà l’ordine di pagamento alla banca; la banca-trattaria alla quale
l’ordine di pagamento è rivolto; il prenditore dell’assegno.
Diversa è però la funzione tipica dei due titoli: mentre l’assegno bancario è uno strumento di pagamento, la
cambiale tratta è uno strumento di credito. Non può essere accettato ed è sempre pagabile a vista.
Le principali differenze di disciplina sono:
Nell’assegno bancario, trattario può essere solo una banca;
Il rapporto di provvista fra traente e banca trattari può essere costituito esclusivamente da fondi
disponibili esistenti presso la banca e utilizzabili mediante l’emissione di assegni bancari;
L’assegno bancario non può essere accettato dalla banca trattaria essa non può assumere la
posizione di obbligato cambiario principale ne può risultare obbligata come avallante o girante;
L’assegno bancario è sempre pagabile a vista e deve essere presentato per il pagamento entro brevi
termini;
L’assegno bancario è assistito da una particolare disciplina sanzionatoria volta a reprimere l’uso
abusivo di assegni bancari (assegni non autorizzati e assegni a vuoto).
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questi requisiti sono soddisfatti nel momento in cui il traente intrattiene un conto corrente bancario con
la banca trattaria.
Requisiti (formali) di validità:
La denominazione di assegno bancario inserita nel contesto del titolo ed espressa nella lingua in cui
lo stesso è redatto;
L’ordine incondizionato di pagare una somma determinata (espressa sia in lettere che in cifre);
L’indicazione del trattario, che può essere solo una banca;
L’indicazione del luogo di pagamento;
La data e il luogo di emissione;
La sottoscrizione del traente.
Circolazione. Avallo:
l’assegno bancario è normalmente un titolo all’ordine, ma può essere emesso anche al portatore.
La circolazione dell’assegno bancario all’ordine è regolata da norme che sostanzialmente coincidono con
quelle dettate per la cambiale: in particolare anche il girante dell’assegno bancario risponde ex lege del
pagamento come obbligato di regresso. Unica significativa differenza con la disciplina della cambiale è che la
girata al trattario vale come quietanza ed estingue il titolo.
La circolazione dell’assegno al portatore è regolata dalle disposizioni generali del codice in tema di titoli al
portatore.
In generale, la circolazione degli assegni bancari è fortemente limitata per ragioni di contrasto all’evasione
fiscale ed al riciclaggio di denaro. Per questo motivo, è previsto che gli assegni di importo pari o superiore a
1000 euro debbano presentare il nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità sono fomiti
moduli specifici che già riportano queste informazioni, mentre chi vuole lo stesso emettere degli assegni
dalla forma più libera dovrà pagare un’imposta di bollo maggiore.
Anche l’assegno bancario può essere garantito tramite avallo, ma si tratta di istituto desueto data la breve
vita del titolo. Stessa disciplina della cambiale. Escluso l’avallo da parte della banca trattaria.
Il pagamento dell’assegno:
L’assegno bancario è sempre pagabile a vista. L’eventuale postdatazione dell’assegno non impedisce al
portatore di presentarlo anticipatamente per il pagamento, né alla banca di pagarlo in questo caso il
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portatore può presentarlo anticipatamente e richiedere il pagamento dopo aver pagato il bollo, come se si
trattasse di una cambiale. Dopo che ciò è avvenuto, la banca trattaria può procedere al pagamento. Con la
postdatazione l’assegno bancario è come se diventasse una cambiale.
L’art. 32 della legge assegni determina i termini di prestazione da rispettare: il termine per gli assegni emessi
e pagabili in Italia è di otto giorni dalla data di emissione se l’assegno è pagabile nello stesso comune in cui è
emesso; di quindici giorni se è pagabile solo in altro comune.
L’omessa presentazione dell’assegno entro i termini previsti comporta la perdita dell’azione di regresso
contro giranti e loro avallanti ma non verso traente e suoi avallanti.
Nell’assegno all0ordine, la banca trattaria è tenuta ad accertare la regolarità delle girate, ma non a verificare
l’autenticità delle firme; è tenuta inoltre ad identificare colui che incassa e a verificare che la firma del
traente corrisponda a quella apposta nel conto corrente (c.d. specimen) deve svolgere tutti questi controlli
per essere libera da ogni responsabilità di pagamento.
L’ammortamento:
La disciplina è modellata su quella della cambiale. La procedura di ammortamento è esclusa per l’assegno
non trasferibile, dato che lo stesso non può circolare. Il prenditore ha diritto di ottenere un duplicato (a
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proprie spese) denunziandone lo smarrimento, la distruzione o la sottrazione sia al trattario sia al traente.
Inoltre, l’art. 69 della legge assegni non distingue fra assegno all’ordine e assegno al portatore la
procedura di ammortamento è prevista anche per quest’ultimo.
L’ASSEGNO CIRCOLARE
È un titolo di credito all’ordine che contiene la promessa incondizionata della banca emittente di pagare a
vista una somma di denaro.
Contiene quindi un’obbligazione diretta di pagamento della banca emittente. La sua emissione avviene
dietro versamento da parte del richiedente dell’importo corrispondente (è a copertura anticipata).
È un mezzo di pagamento che ha la struttura del vaglia cambiario è più sicuro dell’assegno bancario.
Nel caso di assegno bancario la banca non è cambiariamente obbligata al pagamento e pagherà la somma
indicata nel titolo solo se sussiste la “copertura” (disponibilità di fondi utilizzabili dal cliente mediante
l’assegno). In caso di assegno circolare è la banca che si impegna cambiariamente a pagare la somma portata
da titolo; il possessore dell’assegno circolare non corre il rischio che l’assegno sia stato emesso a vuoto, può
fare affidamento sulla solvibilità della banca emittente.
L’emissione degli assegni circolari è subordinata a delle condizioni di regolarità, volte a salvaguardare la
stabilità monetaria:
L’emissione è consentita solo alle banche specificatamente autorizzate dalla Banca d’Italia;
La banca può emettere assegni circolari solo per somme che siano presso di essa disponibili al
momento dell’emissione;
La banca autorizzata ad emettere assegni circolare deve costituire presso la Banca d’Italia una
cauzione in titoli a garanzia dei medesimi.
Sono invece requisiti di validità:
La denominazione di assegno circolare;
La promessa incondizionata di pagare una somma determinata;
L’indicazione del prenditore;
L’indicazione di data e luogo nel quale l’assegno è emesso;
La sottoscrizione della banca emittente.
All’assegno circolare si applica in parte la disciplina del vaglia cambiario a vista, in parte la disciplina
dell’assegno bancario. Tuttavia, data la funzione di mezzo di pagamento, la girata a favore dell’emittente
estingue il titolo e il possessore deve presentare l’assegno per il pagamento entro 30 giorni dall’emissione,
pena la decadenza dalle azioni di regresso.
La legge sugli assegni si applica anche ad alcuni titoli speciali di pagamento emessi dalla Banca d’Italia e dai
Banchi di Napoli e Sicilia. Il più diffuso è il vaglia cambiario della Banca d’Italia, usato per il pagamento della
pubblica amministrazione e in particolare per l’estinzione dei titoli di spesa dello stato.
Procedure concorsuali:
LA CRISI DELL’IMPRESA COMMERCIALE
1. Crisi dell’impresa e procedure concorsuali:
La crisi economica dell’impresa ed il conseguente dissesto patrimoniale sono fatti intrinsechi all'impresa che
non si manifestano all'esterno finché non si traducono in inadempimenti e poi in insolvenza e lo stato
di insolvenza comprende la crisi mentre non è vero il contrario.
Per il nuovo CCII.
• La Crisi si traduce in uno stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza
del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a
far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate
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• L’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore
non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni
Interessi Coinvolti nella crisi di una impresa: creditori dell’imprenditore e creditori dei creditori. Meccanismo
di crisi a catena; dipendenti e forza lavoro; mercato in generale;
Mezzi di tutela: Procedure esecutive individuali che si manifestano inadeguate e insufficiente
Inadeguati: gli strumenti di tutela individuali si dimostrano tali perché si tratta di tutelare non il singolo
creditore, ma una massa d creditori e di tutelarli non di fronte ad inadempimenti isolati bensì di fronte ad
una situazione che coinvolge l’intero patrimonio del debitore.
Insufficienti: perché il problema non è solo quello di salvaguardare e realizzare i diritti di una massa di
creditori, ma anche quello di cercare di contemperare tale esigenza, che pur resta primaria, con gli ulteriori
interessi collettivi coinvolti dalla qualità di imprenditore del debitore.
Nel 2012 sono state introdotte specifiche procedure concorsuali per l’imprenditore commerciale non
piccolo; attualmente la legge regola 6 procedure concorsuali per l’imprenditore commerciale non piccolo e 3
sono riservate agli altri debitori.
• Fallimento (legge fallimentare RD 267/1942)
• Liquidazione coatta amministrativa (legge fallimentare RD 267/1942)
• Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (D.Lgs 270/1999)
• Amministrazione straordinaria “speciale” (DL. 347/2003)
• Concordato preventivo (legge fallimentare RD 267/1942)
• Accordi di ristrutturazione dei debiti (legge fallimentare RD 267/1942)
• Piani attestati (legge fallimentare RD 267/1942)
Le procedure concorsuali riservate ai debitori diversi dall’imprenditore commerciale non piccolo sono 3:
Procedure di sovra-indebitamento
• Liquidazione del patrimonio
• Accordo di composizione della crisi
• Piano del consumatore
Pur presentando significativi profili di diversità, le singole procedure concorsuali condividono alcuni caratteri
costanti e comuni. Esse sono dette tutte procedure generali e collettive:
Generali: le procedure sono tali poiché coinvolgono tutto il patrimonio dell’imprenditore e non solo
singoli beni.
Collettive: sono procedure collettive perché coinvolgono tutti i creditori dell’imprenditore alla data
in cui il dissesto è accertato e mirano ad assicurare la parità di trattamento degli stessi (par condicio
creditorum)
Al fine di ripartire fra tutti i creditori interessati le conseguenze patrimoniali del dissesto dell’imprenditore, le
forme ordinarie di tutela degli stessi vengono sostituite ex lege da forme di tutela collettive.
Fallimento:
• Il fallimento è una procedura concorsuale (giudiziaria) liquidatoria, che coinvolge l'imprenditore
commerciale, insolvente, con l'intero patrimonio e i suoi creditori.
114
• Tale procedura è diretta all'accertamento dello stato di insolvenza dell'imprenditore,
all'accertamento dei crediti vantati nei suoi confronti e alla loro successiva liquidazione secondo il
criterio della par condicio creditorum (parità di trattamento), tenendo conto delle cause legittime
di prelazione.
• La disciplina sul fallimento offre un piedistallo normativo costituito da regole di carattere generale
suscettibile di estensione alle altre procedure concorsuali.
Sotto il profilo strutturale: Si tratta di una procedura a carattere prettamente giurisdizionale
Sotto il profilo funzionale: si tratta di una procedura finalizzata alla soddisfazione delle pretese dei
creditori attraverso la conversione del patrimonio del fallito oppure a seguito della ristrutturazione dei
debiti.
*Il disegno del nuovo concordato preventivo, frutto di significative correzioni apportate alle precedenti
riforme, non presuppone più la necessaria insolvenza dell’imprenditore, bensì solo una situazione di crisi
dell’impresa.
Non è più richiesto il possesso di requisiti di meritevolezza da parte dell’imprenditore che lo propone per
evitare il fallimento. L’accordo può inoltre perseguire la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei
creditori attraverso qualsiasi forma.
Il Ministero dello sviluppo economico si occupa della gestione della procedura, che si caratterizza dalla
automatica continuazione dell’esercizio dell’impresa insolvente, prima da parte di un commissario giudiziale
e poi da parte di un commissario straordinario di nomina ministeriale il quale si occuperà di predisporre ed
attuare un programma finalizzato al soddisfacimento dei creditori.
L’amministrazione straordinaria si converte in fallimento ove risulti, che questi obiettivi non sono realizzabili.
Punto critico della procedura di amministrazione straordinaria è l’eccessiva complessità della fase di
apertura di accertamento giudiziario dei requisiti di ammissione; da questo ne consegue un inevitabile
ritardo nell’insediamento del commissario straordinario e delle relative misure per fronteggiare la crisi. Sono
state per questo inserite regole che prevedono l’immediata ammissione dell’impresa all’amministrazione
straordinaria da parte del MISE su semplice richiesta della stessa.
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Liquidazioni coatte amministrative:
La L.C.A:
• È una procedura che vede come destinatari peculiari categorie di imprese (banche, assicurazioni
cooperative ecc.)
• Non presuppone necessariamente l’insolvenza (può essere disposta anche ad.es per gravi
irregolarità)
• È disciplinata da leggi speciali che integrano e/o derogano alla disciplina comune prevista dalla legge
fallimentare
Sotto il profilo strutturale: Si tratta di una procedura a carattere prettamente amministrativo (≠ dal
fallimento che è procedura giudiziaria)
Sotto il profilo funzionale: si tratta di una procedura finalizzata alla liquidazione dell’impresa (come il
fallimento) e non la sua conservazione ai fini della cancellazione dell’Ente (finalità diametralmente opposta a
quella della amministrazione straordinaria)
*Concordato preventivo:
Il Concordato preventivo (la cui natura è uno strumento attraverso il quale l’imprenditore può proporre ai
creditori la regolazione dei rispettivi rapporti al fine di evitare che la crisi (o l’insolvenza) sfoci in fallimento)
-La domanda si deposita in tribunale unitamente alla proposta (ed altri documenti)
-La proposta può essere di tipo liquidatorio o in continuità
-I creditori esprimono il consenso nell’ambito di una adunanza
Se una determinata maggioranza dei creditori aderiscono alla proposta, il tribunale (verificati taluni requisiti)
omologa il concordato che produce effetto per tutti i creditori.
I piani attestati
I piani attestatati sono piani di risanamento predisposti dal debitore e attestati da un professionista (in
possesso di determinati requisiti) redatti al solo fine di permettere l’esenzione da revocatoria per gli atti, i
pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione degli stessi.
Vengono quindi esibiti al giudice solo in caso di fallimento per permettere l’esenzione da revocatoria.
Si sono mostrati di scarso successo.
Accordo di composizione
L’accordo di composizione della crisi presenta affinità con il concordato preventivo e co gli accordi di
ristrutturazione dei debiti, essendo finalizzato al raggiungimento di una soluzione concordata della crisi a
seguito di un accordo tra debitore e creditori.
116
Procedura riservata solo ai consumatori incolpevoli del proprio sovraindebitamento. Come per l’accordo di
composizione della crisi, si prevede il superamento della crisi mediante un paino predisposto dal debitore
che, in questo caso però, non necessita di una maggioranza qualificata dei creditori affinché possa essere
omologato e diventare efficace.
IL CONCORDATO PREVENTIVO.
GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
1. Il concordato preventivo. Caratteri generali. Presupposti:
L’imprenditore che si trova in stato di difficoltà economica può evitare che la crisi sfoci in fallimento
regolando i propri rapporti con i creditori mediante un concordato preventivo.
La procedura è disciplinata dalla legge fallimentare agli artt.160-186:
Presupposti soggettivi
• Imprenditore commerciale (no ente pubblico)
• Superamento di almeno una delle seguenti soglie dimensionali:
1) Attivo patrimoniale > € 300.000
2) Ricavi lordi > € 200.000
3) Debiti anche non scaduti > € 500.000
Presupposto oggettivo:
Stato di crisi economica dell’imprenditore o stato di insolvenza.
Per stato di crisi si intende sia una difficoltà temporanea e reversibile che non consente all’imprenditore di
soddisfare regolarmente i creditori, si lo stato di insolvenza che giustificherebbe la dichiarazione di
fallimento.
Art.160 ss. legge fall. Il concordato preventivo è una procedura concorsuale alla quale può essere
riconosciuta una duplice finalità:
Se la crisi è temporanea e reversibile, essa mira a superare tale situazione attraverso il risanamento
economico e finanziario dell’impresa.
Se la crisi è definitiva e irreversibile, il concordato preventivo può essere attuato prima che sia
dichiarato il fallimento e serve ad evitare lo stesso.
Il concordato preventivo presenta anche indubbie affinità di struttura e di effetti con il concordato
fallimentare; anche il concordato preventivo è infatti un concordato giudiziale e di massa. Al pari del
concordato fallimentare libera definitivamente l’imprenditore per la parte eccedente la procedura
concordataria.
Il concordato preventivo offre all’imprenditore insolvente il vantaggio di evitare le pesanti conseguenze
patrimoniali, personali e penali del fallimento. L’imprenditore non subisce lo spossessamento e conserva,
con particolari cautele, l’amministrazione dei beni e la gestione dell’impresa; il concordato può essere
legittimamente impiegato per il risanamento dell’impresa senza dover condurre alla liquidazione il
patrimonio del debitore insolvente.
Il concordato preventivo costituisce un beneficio concesso all’imprenditore grazie ad una soluzione
concordata con i creditori per risanare la crisi.
NO particolari condizioni soggettive di meritevolezza per l’ammissione alla procedura.
Possono presentare proposta TUTTI gli imprenditori aventi requisiti soggettivi necessari per essere
sottoposti al fallimento.
Requisiti di meritevolezza oggettiva della proposta per i concordati con finalità meramente
liquidatorie: assicurare il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti
117
Valgono regole analoghe a quanto visto per il concordato fallimentare, pertanto il concordato preventivo
può perseguire:
• Ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi modalità anche
mediante cessione di beni
• Nomina di un assuntore
• Suddivisione dei creditori in classi e, conseguentemente, trattamento differenziato delle
classi
• Soddisfazione parziale dei creditori
IL PIANO:
• Determina come si raggiungeranno gli obiettivi della proposta, modalità e tempi di adempimento
Nell’assetto originario il debitore era arbitro assoluto di decidere se posporre un concordato preventivo e
cosa proporre, oggi invece, fermo restando che solo il debitore può dare avvio alla procedura di concordato
preventivo, in quanto unico legittimato a presentare il relativo ricorso, la legge consente a creditori e terzi di
avanzare offerte e proposte concorrenti.
2. L’ammissione al concordato:
La procedura del concordato preventivo inizia con la domanda di ammissione del debitore,
presentata con ricorso al tribunale competente per la dichiarazione del fallimento.
La domanda è pubblicata d’ufficio nel registro delle imprese entro il giorno successivo e da quella
data si producono gli effetti del concordato per i creditori.
In base all’attuale disciplina la domanda può essere presentata già completa della proposta concordataria
rivolta ai creditori, oppure con riserva.
Procedimento:
• Istanza del debitore al tribunale:
La domanda completa della proposta deve contenere: una aggiornata situazione patrimoniale economico
finanziaria, l’elenco dei creditori, l’elenco dei beni di proprietà o in possesso, il piano ecc. Il tutto deve essere
118
accompagnata da una relazione di un professionista, scelto dal debitore, in possesso di determinati requisiti
che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
Istruttoria:
Ricevuta la domanda completa della proposta e degli allegati, il tribunale svolge un controllo preliminare
volto ad accertare se ricorrono i presupposti richiesti dalla legge per l’ammissione alla procedura.
Esito negativo dell’accertamento: il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato;
inoltre, su istanza dei creditori o del pubblico ministero, verifica l’esistenza dei presupposti per
dichiarare il fallimento del debitore.
Esito positivo: si ritiene ammissibile la proposta, il tribunale, con decreto, dichiara aperta la
procedura di concordato preventivo.
Verifica della sussistenza dei presupposti
Insussistenza: Sussistenza:
Inammissibilità della proposta. Ammissione del debitore alla procedura.
Effetti:
Con lo stesso provvedimento il tribunale designa gli organi della procedura:
- nomina del giudice delegato e commissario giudiziale (funzioni di vigilanza e controllo);
- Divieto di azioni individuali esecutive o cautelari da parte dei creditori.
Gli effetti “protettivi” del patrimonio del debitore si verificano al momento del deposito dell’istanza e quindi
anche prima che venga presentata una concreta proposta di concordato.
Se entro tali termini il debitore non presenta né la proposta di concordato né, in alternativa, la richiesta di
omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, la domanda di ammissione di concordato viene
rigettata.
Può essere dichiarato il fallimento, se ne viene fatta istanza da un creditore o dal PM
Il debitore perde la facoltà di presentare una nuova domanda di concordato con riserva per un
periodo di due anni.
Fattispecie:
• Prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore
• Cessione dell’azienda in esercizio
• Conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società anche di nuova costituzione
Contenuto:
• Analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa, delle
risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura
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• Relazione di un professionista attestante che la prosecuzione dell’attività di impresa è funzionale al
miglior soddisfacimento dei creditori
• Possibilità di moratoria fino ad 1 anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di
privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la
causa di prelazione
Disciplina:
• Fermo quanto previsto dall’art. 169 bis L.F., i contratti in corso di esecuzione anche con pubbliche
amministrazioni non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura
• In presenza delle condizioni di cui al 4° comma dell’art. 186 bis L.F., l’ammissione a tale tipologia di
concordato non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici
• Se l’esercizio dell’attività di impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il
Tribunale – salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato - revoca
l’ammissione alla procedura e su istanza di un creditore o su richiesta del PM, accertati i presupposti,
dichiara il fallimento
1.Gli effetti della presentazione del ricorso (Art. 168) e della successiva ammissione:
Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, e sino al passaggio in giudicato del
decreto di omologazione, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, a pena di nullità, iniziare o
proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore (art. 168 co. 1 l. fall.).
Le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro
delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
La maturazione degli interessi passivi sui debiti chirografari (fornitori diversi dagli artigiani ex art. 2751-bis n.
5 c.c.; banche per crediti diversi da quelli ipotecari) si sospende alla data di presentazione del ricorso. Gli
oneri in parola continuano, invece, a prodursi anche nel corso del concordato preventivo, con riferimento ai
debiti ipotecari, assistiti da pegno o privilegio, come quelli derivanti dalle seguenti causali: lavoro dipendente
(compresa la rivalutazione), professionale (ultimi due anni di prestazioni) ed artigiano; provvigioni da
rapporti di agenzia (ultimo anno di prestazioni) ed indennità di cessazione; imposte, tasse e contributi.
Il DL 83/2012 ha introdotto il co. 7 dell’art. 161 l. fall., secondo cui dopo il deposito del ricorso, e sino alla
data del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo (art. 163 l. fall.), il debitore può
compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione, previa autorizzazione del tribunale, il quale può
assumere sommarie informazioni. Nel medesimo periodo, e a decorrere dallo stesso termine, il debitore può
altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I relativi crediti dei terzi, sorti per effetto di atti
legalmente compiuti dall’imprenditore in crisi, sono qualificati come “prededucibili”, ai sensi dell’art. 111 l.
fall.
Il debitore può essere autorizzato a sciogliersi da taluni contratti (non dipendenti e altri contratti indicati
nell’art. 169 bis lfall) pendenti oppure sospenderli per un periodo massimo di 60 gg prorogabili una sola
volta. Decide e autorizza il Tribunale
2.L’ammissione alla procedura (Art. 163) Il ruolo del commissario giudiziale (Art. 165):
120
Se ricorrono i presupposti il tribunale dichiara aperta la procedura e nomina gli organi della stessa.
Il Commissario giudiziale è pubblico ufficiale
- Fornisce ai creditori le informazioni rilevanti in suo possesso.
- Redige l’inventario e deve depositare una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla
condotta del debitore, sulle proposte concorrenti ecc. (art. 172 l. fall.)
- Può richiedere la nomina di uno stimatore
3.L’adunanza (Art. 174) La discussione della proposta (Art. 175) L’approvazione (Art. 177):
Art.174 Diversamente che per il concordato fallimentare, l’approvazione del concordato preventivo
avviene in apposita adunanza dei creditori, presieduta dal giudice collegato.
Intervenuta l’ammissione alla procedura vi sono due fasi successive:
L’approvazione da parte dei creditori
l’omologa del tribunale
L’approvazione dei creditori avviene in apposita adunanza presieduta dal GD.
Non possono votare i creditori privilegiati (se la proposta non prevede una falcidia anche per loro).
Se la proposta prevede l’insorgenza di crediti derivanti da finanziamenti concessi in funzione del
concordato, anche questi creditori non votano, essendo gli stessi considerati creditori della massa.
Il concordato viene approvato se votano favorevolmente la maggioranza dei crediti e, in caso di
formazioni di classi, anche la maggioranza delle classi.
Se il concordato NON viene approvato, su istanza dei creditori o del PM il tribunale dichiara il
fallimento (in presenza dei presupposti di oggettivi) con separata sentenza.
Se le maggioranze sono raggiunte, si apre il giudizio di omologazione (art.180):
Se concordato viene approvato il Tribunale si limita (almeno dovrebbe) a verificare la regolarità
formale e l’esito della votazione. Potrebbe spingersi ad un controllo di merito sulla convenienza
della proposta se interviene una opposizione da parte dei creditori dissenzienti.
Nonostante l’opposizione può intervenire il meccanismo del Cram down. Il tribunale omologa
ugualmente il concordato ove ritenga che il credito dell’opponente possa soddisfarsi in misura non
inferiore alle alternative concretamente praticabili (fallimento).
Se i risultati del controllo sono positivi il tribunale omologa con decreto il concordato, altrimenti lo
respinge dichiarandone contestualmente il fallimento con sentenza su istanza di un creditore o del
PM.
Il concordato preventivo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione della
domanda al registro delle imprese.
Art.184, comma 1 Restano impregiudicati i diritti dei creditori verso i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati
in via di regresso.
121
L’apertura del fallimento in seguito al mancato perfezionamento del concordato o alla risoluzione dello
stesso solleva due problemi:
- Decorrenza per le azioni revocatorie (data della domanda) primo problema relativo a se i termini
a ritroso per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare decorrono dalla data del decreto di
ammissione al concordato o da quella successiva alla dichiarazione di fallimento. ( Nel caso in cui
la domanda di conc. Segua la dichiarazione di fallimento decorrono SEMPRE dalla data di
pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese)
- Atti legalmente compiuti in esecuzione o in funzione del concordato NON sono soggetti a revocatoria
(prevale l’orientamento che ammette la prededucibilità ora mitigata)
I debiti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali regolate dalla legge fallimentare devono
essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri.
CREDITI PREDEDUCIBILI:
a) I crediti derivanti da atti legalmente compiuti dal debitore nella fase di apertura della procedura, che
intercorre dalla presentazione della domanda al decreto di ammissione
b) I crediti derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di
ammissione alla procedura, purché gli stessi siano indicati dal piano concordatario e la prededuzione
sia espressamente disposta nel decreto di ammissione alla procedura.
c) I crediti derivanti da finanziamenti contratti in pendenza della procedura concordataria con
l’autorizzazione del tribunale.
d) Rediti derivanti da finanziamenti, effettuati in qualsiasi forma, in esecuzione di un contratto
preventivo.
LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
1. I caratteri generali:
Disciplinata dagli artt. 194 e ss. della l. fallimentare, la liquidazione coatta è una procedura concorsuale a
carattere amministrativo il cui presupposto soggettivo è dato al fatto che a tale procedimento sono
assoggettate solo determinate categorie di imprese (non necessariamente commerciali) specificamente
indicate da leggi speciali.
Si tratta per lo più di imprese pubbliche o di imprese private sottoposte a controllo pubblico per il rilievo
economico e sociale della loro attività.
Le leggi speciali che stabiliscono l’assoggettamento a liquidazione coatta amministrativa determinano anche
i casi in cui la stessa può essere disposta; da tali leggi emerge che la liquidazione coatta può essere disposta
quando vi è:
PRESUPPOSTO OGGETTIVO:
- insolvenza (solo imprese private) *
- gravi irregolarità di gestione
- violazione di norme di legge o regolamentari
- ragioni di pubblico interesse che giustificano la soppressione dell’ente
* Regola generale: imprese soggette a l.c.a. sono sottratte al fallimento (art. 2 l.fall.)
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Eccezione: Società Cooperative Il possibile conflitto tra fall. e l.c.a. si risolve secondo il criterio della
prevenzione secondo il quale: la dichiarazione di fallimento, possibile solo in caso di insolvenza, preclude
l’apertura della l.c.a e viceversa (art. 196 l.fall.).
Ulteriore differenza rispetto alle procedure concorsuali fin qui esposte, è dovuta al fatto che l’autorità
competente ha il compito di disporre la liquidazione coatta e NON l’autorità giudiziaria.
AUTORITÀ COMPETENTE
È l’autorità amministrativa individuata dalle singole leggi speciali
Altra differenza individuata tra il procedimento di liquidazione coatta e il fallimento, è relativa al fine
specifico della stessa; obiettivo costante della liquidazione coatta amministrativa è l’eliminazione
dell’impresa (non necessariamente insolvente) dal mercato tramite un procedimento amministrativo di
liquidazione che assicura anche il soddisfacimento dei creditori (par condicio creditorum) per poi sopprimere
l’impresa.
FINALITÀ
Eliminazione dell’impresa dal mercato (non necessariamente insolvente)
|
procedimento amministrativo ----> che assicura anche* il soddisfacimento dei
creditori (concorso e par condicio)
|
soppressione dell’impresa <------ fine unico
DISCIPLINA:
* La soddisfazione dei creditori è un semplice passaggio di un procedimento avviato per altre finalità
Peculiare è il criterio
(soppressione seguito per disciplinare la liquidazione coatta amministrativa; la legge fallimentare si
dell’impresa)
limita a dettare uno schema generale di disciplina il quale si applica in assenza di diverse disposizioni delle
numerose leggi speciali in materia dettate dall’esigenza di adeguare la procedura alle singole specifiche
esigenze di interesse pubblico.
Per assicurare un minimo di omogeneità per tutelare i creditori e i terzi sono comunque inderogabili:
a) le disposizioni generali della l. fall. che regolano gli effetti della l.c.a. secondo il principio del concorso
b) le disposizioni della l. fall. che prevedono l’intervento dell’autorità giudiziaria a tutela dei
diritti soggettivi dei creditori e dei terzi coinvolti nella procedura.
La stessa autorità governativa nomina gli organi della procedura, che sono ex art.198:
-commissario liquidatore
-comitato di sorveglianza
123
Resta però di competenza esclusiva dell’autorità giudiziaria l’accertamento dell’eventuale stato di
insolvenza.
Tale accertamento varia a seconda che si tratti di ente pubblico o impresa privata:
- Enti pubblici economici: sottratti all’accertamento preventivo dell’insolvenza per concentrare
nell’Autorità amministrativa tutto il potere discrezionale di apertura della l.c.a.
- Imprese private: accertamento dell’insolvenza può precedere o seguire il provvedimento di
apertura della l.c.a.
Accertamento preventivo: può essere richiesto (ad esclusione del fallimento) da:
- uno o più creditori
- dall’imprenditore
- dall’Autorità amministrativa che ha la vigilanza
Il Tribunale:
- sente il debitore (modalità istruttoria prefallimentare)
- sente Autorità amministrativa che ha la vigilanza
- decide con sentenza
Sentenza che accerta insolvenza --- entro 3 giorni ---> comunicata all’Autorità che ha la vigilanza --->
dispone la l.c.a. (atto dovuto).
Segue Accertamento successivo: può essere richiesto solo dal Commissario liquidatore (impresa già in
l.c.a.) o dal PM. Il Tribunale (decide con sentenza):
- dispone la preventiva comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio per assicurare l’esercizio
del diritto di difesa.
Contro la sentenza che decide sull’accertamento dell’insolvenza (preventiva o successiva) sono
ammessi gravami analoghi a quelli previsti contro la sentenza dichiarativa di fallimento (artt. 195, c.
5 e 6, 202, c. 2, l. fall.)
Solo se è stata accertata l’insolvenza trovano invece applicazione le norme della l. fall. Relative agli atti
pregiudizievoli ai creditori (art.203) e le sanzioni penali disposte per il fallimento (art.237). Perciò SOLO SE è
stato accertato lo stato di insolvenza è possibile promuovere l’azione revocatoria fallimentare per
reintegrare il patrimonio dell’imprenditore.
Si deve tenere presente che la l.c.a. di una società non si estende IN ALCUN CASO ai soci a responsabilità
illimitata però relativamente agli atti da questi compiuti sul patrimonio personale nel c.d. periodo sospetto
nei loro confronti trova applicazione la disciplina di azione revocatoria fallimentare.
Per coerenza dovrebbero essere soggetti a revocatoria fallimentare anche gli atti successivi all’apertura della
l.c.a. ma manca una norma al riguardo.
3. Il procedimento. Chiusura:
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Come il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa si sviluppa attraverso le fasi dell’accertamento dello
stato passivo, della liquidazione dell’attivo e del riparto del ricavato fra i creditori concorrenti. Tutte e tre
le fasi si svolgono in sede amministrativa
3 fasi:
1. accertamento stato passivo (= fall.)
2. liquidazione attivo
3. riparto ricavato tra i creditori
Significative differenze rispetto al fallimento si hanno in primo luogo per quanto riguarda la Formazione
stato passivo.
2. Liquidazione dell’attivo:
Vi provvede il Commissario investito di tutti i poteri necessari e in piena libertà, salve eventuali
limitazioni previste dall’Autorità di vigilanza.
Per la vendita immobili e la vendita in blocco di mobili è sempre necessaria ex art.210:
- autorizzazione Autorità di Vigilanza
- parere Comitato sorveglianza
3. Ripartizione dell’attivo:
Valgono gli stessi criteri del fallimento (creditori privilegiati, chirografari, ecc.)
Art.212: Le ripartizioni parziali sono facoltative e possono essere disposte anche prima che lo stato
passivo sia reso esecutivo.
Prima dell’ultimo riparto
il Commissario liquidatore sottopone all’Autorità che ha la vigilanza il bilancio finale di liquidazione,
con il conto della gestione ed il piano di riparto fra i creditori accompagnata da una relazione del
Comitato di sorveglianza.
L’Autorità ne autorizza il deposito in cancelleria e liquida il Commissario.
- Possibile fase contenziosa giudiziaria
Art.213, comma 3: Entro 20 gg. dalla comunicazione dell’avviso di deposito per i creditori o dall’inserzione in
G.U. dell’avviso di deposito per i terzi, possono essere presentate contestazioni al Tribunale che decide in
camera di consiglio (stessa procedura dei reclami contro provvedimenti del giudice delegato nel fallimento).
CHIUSURA.
In assenza di contestazioni, il bilancio finale e il piano di riparto si intendono approvati.
Art.213, comma 4: Il Comm. provvede alla ripartizione finale tra i creditori e provvede a cancellare la società
dal registro delle imprese.
125
CONCORDATO (possibilità):
Art.214-215La liquidazione coatta amministrativa si può chiudere anche mediante concordato.
Può essere proposto da previa autorizzazione dell’Autorità di vigilanza:
- imprenditore
- uno o più creditori
- un terzo
NON È RICHIESTA L’APPROVAZIONE DEI CREDITORI, infatti, sulla proposta decide il Tribunale,
sentita l’Autorità di vigilanza, con decreto.
I creditori possono opporsi al concordato (in Trib.) prima dell’approvazione.
Il Trib. può approvare la proposta anche con l’opposizione di tutti i creditori -->preminente
l’interesse pubblico.
Contro il decreto del tribunale è ammesso il reclamo in Corte d’Appello.
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
PRESUPPOSTI:
• Applicabile alle imprese commerciali soggette a fallimento che rispondono ai requisiti sub. art. 2 e 27
d.lgs. 270/1999:
• 200 dipendenti da almeno 1 anno
• stato di insolvenza
• concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico
• debiti (2/3 del totale dell'attivo dello stato patrimoniale e dei ricavi dell'ultimo esercizio)
CARATTERI
Due fasi:
• primo periodo di osservazione e di gestione temporanea sotto il controllo dell’autorità
amministrativa (fase preliminare e interinale)
• Se durante la prima fase risulta positiva la prognosi relativa al risanamento o alla ricollocazione
dell’impresa, si avvia la procedura vera e propria. In caso di esito negativo si apre il fallimento
Procedura
• Liquidtoria (sulla base di un programma di cessione dei complessi aziendali)
• Conservativa (sulla base di un programma di ristrutturazione aziendale)
• finalità (art 1 e art. 69 d. lgs. 270/99)
• procedura concorsuale giudiziaria e amministrativa: dichiarazione di insolvenza e apertura della
procedura subordinata all’accertamento delle prospettive di recupero (autorità giudiziaria); gestione
della procedura e nomina del commissario straordinario (autorità amm.va: Ministero dello Sv.
economico).
PRIMA FASE:
Dichiarazione dello stato di insolvenza con sentenza che:
1. nomina il giudice delegato
2. nomina uno/tre commissari giudiziali dà avvio al procedimento di formazione dello stato passivo
(secondo le regole del fallimento)
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Effetti della sentenza che accerta lo stato di insolvenza:
• l'imprenditore conserva l'amministrazione dell'impresa e dei suoi beni/ne perde la disponibilità e la
gestione, affidata al commissario giudiziale
• i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali
SECONDA FASE:
Accertamento del requisito delle prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività
imprenditoriali e apertura della procedura di amm.ne straordinaria:
• relazione del commissario giudiziale trasmessa al Ministero dello Sviluppo economico e depositata in
cancelleria
• il Tribunale entro 30 gg. dal deposito della relazione con decreto motivato dichiara aperta la
procedura / il fallimento
• la gestione della procedura viene affidata al commissario giudiziale in attesa che venga nominato il
commissario straordinario
FASE AMMINISTRATIVA:
• il commissario straordinario predispone e presenta al Ministero dello Sviluppo Economico un
programma per il recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali optando per uno
dei due indirizzi alternativi: programma di cessione/programma di ristrutturazione
• l'esecuzione del programma viene autorizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico, sentito il
comitato di sorveglianza
Presupposto oggettivo:
- Stato di insolvenza
Peculiarità: fase di apertura semplificata con immediata ammissione alla procedura da parte del Ministero
dello Sviluppo Economico su semplice istanza dell’impresa con successivo intervento dell’autorità giudiziaria
per la verifica dello stato di insolvenza
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La dichiarazione dello stato di insolvenza da parte dell’autorità giudiziaria;
La successiva eventuale apertura della procedura di amministrazione straordinaria vera e propria,
subordinata all’accertamento delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle
attività imprenditoriali. In caso di esito negativo si apre il fallimento.
L’autorità giudiziaria è l’autorità competente a disporre l’apertura e la cessazione della seconda fase.
La gestione della procedura (=automatica continuazione dell’esercizio dell’impresa insolvente da parte di un
commissario straordinario nominato appositamente) è invece compito dell’autorità amministrativa.
PRIMA FASE: È il tribunale a dover dichiarare lo stato di insolvenza e può provvedervi d'ufficio o su iniziativa
degli stessi soggetti legittimati a chiedere la dichiarazione di fallimento. La sentenza è poi comunicata e resa
pubblica con le stesse modalità previste per la dichiarazione di fallimento e comunicata entro 3 giorni al
ministro dello sviluppo economico.
Con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza il tribunale nomina il giudice delegato e uno o tre
commissari giudiziali. Dà inoltre avvio al procedimento per la formazione dello stato passivo (secondo le
regole del fallimento).
Gli effetti della sentenza che accerta lo stato di insolvenza sono diversi da quelli conseguenti alla
dichiarazione di fallimenti, ma simili a quelli conseguenti all’ammissione al concordato preventivo:
L'imprenditore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell'impresa, che continua sia
pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale il tribunale può affidare la gestione dell’impresa
al commissario giudiziale e quindi l’imprenditore perde la disponibilità del suo patrimonio;
I creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, ne possono acquisire diritti
di prelazione salvo autorizzazione del giudice delegato. Ogni credito deve essere accertato e con
l'autorizzazione del giudice delegato, l'imprenditore può pagare i debiti anteriori alla dichiarazione
dello Stato di insolvenza. Infine, è previsto che i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio
dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore sono considerati crediti della massa.
Se è dichiarata insolvente una società con i soci a responsabilità illimitata, gli effetti della
dichiarazione si estendono ai soci illimitatamente responsabili.
SECONDA FASE: accertamento del requisito delle prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle
attività imprenditoriali e apertura della procedura di amministrazione straordinaria:
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Relazione del commissario giudiziale trasmessa al Ministero dello Sviluppo economico e depositata
in cancelleria;
Il Tribunale entro 30 gg. dal deposito della relazione con decreto motivato dichiara aperta la
procedura/il fallimento;
La gestione della procedura viene affidata al commissario giudiziale in attesa che venga nominato il
commissario straordinario.
Per quanto riguarda gli effetti prodotti dall’amministrazione straordinaria e si sono simili a quelli prodotti
dalla liquidazione coatta amministrativa si hanno gli stessi effetti (seppur con qualche differenza) per i
creditori e i terzi. Sia però che il divieto di azioni esecutive individuali a carico dei creditori ha carattere
assoluto e non soffre le eccezioni consentite, in caso di fallimento, da leggi speciali.
Per quanto riguarda i contratti in corso di svolgimento, tutti i contratti continuano ad avere esecuzione fino a
quando il commissario straordinario non decide se subentrare nel contratto scioglierlo.
L’attuale disciplina stabilisce anche come ripartire l’attivo con due forme di distribuzione:
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Acconti possono essere disposte dal commissario straordinario in qualsiasi momento e hanno
carattere provvisorio e sono ripetibili;
Ripartiti possono essere effettuati solo dopo che lo stato passivo è stato reso esecutivo, sono
definitivi e non revocabili. Sono possibili solo quando il programma adottato prevede la cessione dei
complessi aziendali.
Il gruppo insolvente:
Se un’impresa facente parte di un gruppo è dichiarata insolvente e viene sottoposta ad amministrazione
straordinaria, alla stessa procedura sono sottoposte le altre imprese del gruppo che si trovano nello stato di
insolvenza. Anche se vi è uniformità nelle procedure seguite, ciò non comporta nessuna confusione o
unificazione dei patrimoni, infatti il commissario deve predisporre per ciascuna impresa del gruppo uno
specifico programma di cessione/di ristrutturazione. Rimane la piena autonomia delle masse attive e passive
delle singole imprese insolventi.
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Accordo di composizione della crisi da sovra indebitamento Ricevere in cui la crisi viene superata
mediante un piano predisposto dal debitore e accettato dalla maggioranza dei creditori. Soggetti,
anche imprenditori, non fallibili;
Piano del consumatore Procedura riservata solo ai consumatori incolpevoli del proprio stato di
sovra indebitamento in cui il piano predisposto dal debitore viene omologato ha reso effettivo dal
giudice senza bisogno di accettazione da parte dei creditori. Debitore civile.
Le procedure prevedono la nascita di taluni Organi che coadiuvano il debitore anche nella fase di
predisposizione del piano e nella individuazione della migliore soluzione possibile al superamento della crisi
Le 3 procedure hanno alcuni presupposti comuni:
Presupposto oggettivo il debitore deve versare in stato di sovra indebitamento. Il sovra
indebitamento è una condizione di illiquidità patrimoniale del debitore (=condizione che può
consistere in uno stato di insolvenza), che si trova in una situazione di perdurante squilibrio tra le
obbligazioni che ha assunto e il patrimonio prontamente liquidabile che ha a disposizione per farvi
fronte non può adempiere regolarmente le obbligazioni prese;
Le procedure sono concepite come un beneficio concesso al debitore per consentirgli di regolare allo
stesso tempo i rapporti con tutti i creditori e ottenere, a determinate condizioni, l’annullamento dei
debiti.
Effetti per il debitore: l'apertura della procedura di liquidazione determina per il debitore effetti patrimoniali
analoghi a quelli del fallimento (non si producono invece gli effetti personali e penali del fallimento):
La liquidazione ha ad oggetto l'intero patrimonio del debitore salvo alcune eccezioni in larga parte
coincidenti con le categorie di beni esclusi dallo spossessamento fallimentare (ad es: gli assegni a
carattere alimentare, stipendi ecc.);
La liquidazione si estende anche ai beni che provengono al debitore nei quattro anni successivi al
deposito della domanda di dote le possibilità incontrate per l'acquisto la conservazione degli stessi.
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Durante la procedura, il patrimonio oggetto di liquidazione è amministrato dal liquidatore.
I creditori che partecipano al concorso si dividono in gradi, a seconda che siano chirografari, privilegiati o
creditori della massa: questi ultimi sono titolari di crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o
di un'altra procedura disciplinata dalla legge e sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri. I creditori
con causa o titolo posteriore al momento in cui è eseguita la pubblicità sono invece esclusi dal concorso:
potranno quindi eseguire azioni individuali.
Il procedimento di liquidazione prevede una fase di accertamento del passivo, svolta con modalità
semplificate rispetto al fallimento. Il liquidatore esamina le domande di ammissione, predispone un progetto
di stato passivo e lo comunica agli interessati dando la possibilità di contestare.
Il decreto del giudice è impugnabile con reclamo davanti al tribunale.
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Gestore della crisi la persona fisica che, individualmente o collegialmente, svolge la prestazione
inerente alla gestione dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di
liquidazione del patrimonio del debitore;
Gestore per la liquidazione fermo restando quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, il piano
può anche prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la
custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso
dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il gestore è nominato dal
giudice” Liquidatore nominato dal debitore;
Liquidatore del piano o dell’accordo se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni
sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dall'accordo o dal piano del consumatore, il giudice, su
proposta dell'organismo di composizione della crisi, nomina un liquidatore che dispone in via
esclusiva degli stessi e delle somme incassate. Si applica l'articolo 28 del regio decreto 16 marzo
1942, n. 267;
Liquidatore nominato dal giudice su proposta dell’OCC La figura è simile a quella del liquidatore,
ma non identica. Nel caso in cui, infatti, sia previsto nell’accordo o nel caso in cui per la soddisfazione
dei crediti debbano essere impiegati beni sottoposti a pignoramento, il giudice, su proposta
dell’OCC, nomina un liquidatore con requisiti quindi di curatore, con potere di disporre, in via
esclusiva, dei beni e delle somme incassate.
La proposta (sono posti dei limiti) di accordo può prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione
dei creditori attraverso qualsiasi forma e può anche prevedere la suddivisione dei creditori in classi la
proposta può prevedere qualsiasi forma satisfattiva, anche:
La cessione di crediti futuri
Cessione di beni e diritti
Qualsiasi forma di garanzia anche da parte di terzi
L’accordo si può tradurre in una convenzione tra debitore e creditori aderenti che si forma nel processo e
non produce effetti senza l’intervento dell’autorità giudiziaria chiamata ad omologarlo.
Allegato alla proposta deve essere presentata da parte del debitore una documentazione ben specifica
insieme anche all' attestazione dell’OCC sulla fattibilità del piano.
La proposta è inammissibile quando il proponente non rientra in una delle categorie dei debitori ammessi a
presentarla, oppure i debitori che si trovano in determinate situazioni.
Una volta conclusasi la verifica riguardante l'esistenza dei requisiti soggettivi di ammissibilità e la
completezza dei documenti, il giudice ammette il debitore alla procura con un decreto di apertura della
procedura (caso contrario emette un decreto di rigetto). Con il decreto, il giudice fissa anche l’udienza da
comunicare ai creditori almeno 30 giorni prima.
133
Sia la proposta che il decreto di apertura sono pubblicati nel registro delle imprese se il debitore è un
imprenditore, ma in generale con l’idonea forma prevista dal giudice stesso con la pubblicità scatta il
divieto di azioni esecutive, sequestri e acquisizione di diritti di prelazione.
Effetti per il debitore: durante la procedura, il debitore resta nella disponibilità del proprio patrimonio ma
può compiere autonomamente solo atti di ordinaria amministrazione (stessi effetti del concordato
preventivo).
Effetti per i creditori: i creditori concorsuali non possono eseguire azioni individuali, sono sospese le
prescrizioni e non si verificano le decadenze. Non trova invece applicazione la disciplina della revocatoria
fallimentare.
L’OMOLOGAZIONE: dopo la votazione il giudice verifica la persistenza dei requisiti di ammissibilità, che non
vi siano atti in frode, il raggiungimento della maggioranza necessaria, l’idoneità del piano a pagare i crediti
impignorabili e la sussistenza di eventuali contestazioni (risolvere o anche crown down) in generale deve
verificare la regolarità del procedimento.
Il decreto di omologazione deve essere pubblicizzato.
L'accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la
pubblicità del decreto di ammissione. L’omologa deve intervenire nei sei mesi dalla presentazione della
proposta.
Intervenuta l’omologazione si passa la fase di esecuzione alla quale provvede il debitore stesso oppure un
liquidatore nominato dal giudice fra soggetti in possesso dei requisiti per la nomina come curatore
fallimentare.
Omologato il piano si costituisce un patrimonio separato con vincolo di destinazione (non essendoci lo
spossessamento).
Nella fase di esecuzione l’OCC vigila sull’esatto adempimento dell'accordo, segnalando ai creditori ogni
irregolarità riscontrata.
L'accordo raggiunto con i creditori può essere:
Revocato quando risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei
creditori;
Risolto la risoluzione può avvenire di diritto o in via giudiziale. Al di fuori della risoluzione di diritto,
la risoluzione è disposta dal tribunale su richiesta dei creditori, anche quando l'esecuzione
dell’accordo è diventata impossibile per ragioni non imputabili al debitore stesso;
Annullato può essere ogni annullato da ogni creditore quando:
o Il debitore abbia dolosamente con colpa grave aumentato o diminuito il passivo;
o Sottratto dissimulato una parte rilevante dell’attivo;
o Dolosamente simulato attività inesistenti.
Quando avviene la revoca, l'annullamento o la risoluzione, su richiesta del debitore o di un creditore, il
giudice può disporre la conversione della procedura di composizione della crisi in una procedura di
liquidazione del patrimonio.
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Il piano del consumatore:
In alternativa alla proposta di accordo di composizione il consumatore che versi in stato di
sovraindebitamento può regolare i rapporti con i creditori mediante la procedura del piano del consumatore.
In questo caso il piano (che ha come unico destinatario il giudice) predisposto dal debitore viene omologato
reso vincolante dal giudice senza necessità di ottenere l'approvazione dei creditori (il piano è redatto con
l’ausilio dell’OCC).
Consumatore= Persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
La disciplina di tale procedura è in larga parte coincidente con quella degli accordi di composizione della crisi
anche se qui la presentazione della proposta non comporta la sospensione automatica delle azioni esecutive
individuali dei creditori prima dell’omologazione.
Il procedimento di omologa è differente. Il giudice verificata la fattibilità, idoneità a pagare impignorabili, e
tributari, risolta ogni contestazione, esclusa comportamento consumatore sull’assunzione di obbligazioni
spropositate o colposamente determinato il sovraindebitamento, omologa il piano, disponendo una
adeguata forma di pubblicità. Il piano omologato è obbligatorio per tutti i creditori con causa o titolo
anteriore alla pubblicità del decreto di omologazione. I creditori o in causa o titolo posteriore alla pubblicità
del decreto di omologazione non sono invece soggetti agli effetti del piano e al divieto di azioni esecutive
individuali.
A garanzia dei creditori deve poi essere depositata una relazione particolareggiata del OCC che deve
contenere:
Indicazione cause indebitamento e diligenza del debitore nell’assumere volontariamente le
obbligazioni
Ragioni incapacità di adempiere alle obbligazioni assunte
Resoconto solvibilità debitore negli ultimi 5 anni
Eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori
Giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata
Anche in caso di contestazione, il giudice può comunque omologare se ritiene che il credito possa essere
soddisfatto in misura non inferiore alla quella derivante dalla liquidazione del patrimonio (terza procedura).
L’esecuzione del piano e dell’accordo:
Se c’è un liquidatore perché necessario richiesto dall’OCC o previsto del piano, questi viene
designato dal giudice e questi deve avere gli stessi requisiti del curatore
Se non vi è nomina del liquidatore il giudice nomina un gestore per la liquidazione la custodia e la
distribuzione del ricavato ai creditori
Al termine, come nella legge fallimentare, il giudice autorizza lo svincolo delle somme e ordina la
cancellazione delle pregiudizievoli sui beni.
Valgono le stesse regole per i crediti prededucibili sorti in funzione ed in occasione del
procedimento.
Del pari, per tali crediti, o anche per la soddisfazione dei creditori, valgono le regole dell’esonero da
revocatoria ex artl 67 l.fall
Liquidatore del patrimonio (art. 14-ter L. 3/2012):
Il debitore mette a diposizione l’intero patrimonio per soddisfare i creditori. Viene nominato un liquidatore.
È una procedura simile a quella del fallimento ma in forma molto più semplificata.
Con il decreto il giudice nomina un liquidatore in possesso requisiti art. 28 l.fall.
Al liquidatore spetta l’amministrazione. Manca lo spossessamento del patrimonio, ma è previsto che il
decreto deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento.
Il decreto deve essere pubblicato con idonee forme di pubblicità e trascritto per beni immobili e mobili
registrati.
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Accertamento del passivo - Momento centrale come nel fallimento.
Anche il liquidatore deve predisporre Programma di liquidazione
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