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La società per azioni è la società rivolta all’impresa medio-grande anche se il capitale sociale
minimo non è molto rilevante, infatti anche le imprese medio-piccole possono avvalersi di questa
tipologia sociale. Con la riforma del 2003 il legislatore ha voluto che la società per azioni si
rivolgesse anche alla media impresa; ha, inoltre, cercato di coniugare la dottrina della S.R.L.
rendendola uno strumento appetibile per le piccole-medie imprese.
La caratteristica principale delle società di capitali è il fatto di avere una personalità giuridica
perfetta: significa la completa impermeabilità del patrimonio sociale rispetto al patrimonio
personale dei soci, la società ha soggettività giuridica, è un soggetto di diritto diverso dai soci. La
personalità giuridica significa la creazione di un nuovo soggetto di diritto che ha un patrimonio che
risponde delle proprie obbligazioni senza che ci sia la responsabilità sussidiaria e solidale di altri
soggetti (ad esempio, nelle società di persone dei soci illimitatamente responsabili), ad eccezione
della società in accomandata per azioni che ha la doppia categoria di soci e quindi anche soci
illimitatamente responsabili. Tutti i tre tipi di società di capitali sono società di capitali e, in
particolare la S.p.A. e la S.R.L., hanno personalità giuridica perfetta che si esprime nel fatto di
essere l’unica responsabile con il proprio capitale sociale dell’adempimento delle obbligazioni
sociali, ne deriva la responsabilità limitata dei soci. La responsabilità dei soci è limitata al
conferimento promesso alla sottoscrizione (i soci non sono obbligati a versare integralmente il
conferimento, purché non si tratti di un conferimento diverso da un’entità in denaro), che non può
essere distratto per tutta la durata della società perché è soggetto al vincolo di indisponibilità del
capitale, il socio è capace quindi di predeterminare il rischio assunto sulla base del conferimento
sottoscritto; il legislatore, poi, cerca di tutelare i creditori sociali per far in modo che la società sia
in grado di adempiere alle obbligazioni che contrae. Non è detto che il capitale sociale sia
capiente: non esiste alcun principio giuridico che dice che l’ammontare del capitale sociale deve
essere proporzionale all’attività effettivamente svolta dalla società; c’è un capitale minimo di 50k
ma non è detto che il capitale sociale sia effettivamente capiente per adempiere alle obbligazioni.
Il legislatore interviene a garanzia della certezza del traffico giuridico e del fatto che la società sia
in grado di adempiere alle sue obbligazioni attraverso l’implementazione di una regolamentazione
e un’organizzazione corporativa molto stringente: introduzione di regole sul capitale sociale
molto stringenti, non solo sulla redazione del bilancio d’esercizio ma anche sui conferimenti (non
sono conferibili le prestazioni d’opere e di servizi e non sono conferibili tutte le entità suscettibili di
valutazione economica); introduzione di organi sociali (non presenti nella società di persone),
esiste un modello tradizionale costituto dall’assemblea (dove si riuniscono i soci) che nomina
l’amministratore unico o il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, organo di controllo,
c’è poi un modello dualistico (l’assemblea nomina il consiglio di sorveglianza che nomina il
consiglio di gestione, gli amministratori) e un modello di origine anglosassone (assemblea che
nomina il consiglio di amministrazione che al suo interno nomina il comitato di controllo sulla
gestione), a questi modelli si aggiunge quasi sempre la società di revisione. Nelle S.p.A. c’è una
stringente organizzazione corporativa perché è vero che la società con l’iscrizione al RI viene ad
esistenza e ha autonomia patrimoniale perfetta, ma a fronte di questo il legislatore deve dare
regole specifiche, compiti e responsabilità e l’istituzione di organi che hanno responsabilità e
funzioni è lo strumento per garantire il funzionamento della società. Le partecipazioni sociali sono
rappresentate da azioni: l’azione è la frazione minima che rappresenta la partecipazione sociale, le
azioni sono omogenee standardizzate e quindi fungibili, per creare un’azione con diritti diversi
bisogna creare una categoria di azioni differente perché le azioni devono essere tutte identiche
all’interno della stessa categoria; la loro spersonalizzazione le rende facilmente smobilizzabili.
La società per azioni è retta dal principio maggioritario: l’assemblea, che è il luogo dove i soci si
riuniscono e prendono le decisioni fondamentali per la società (nomina degli amministratori,
approvazione del bilancio, qualunque modifica statutaria), è retta dal principio maggioritario. Il
fatto che il principio maggioritario sia indubbiamente un principio fondante delle società di
capitale significa che il potere decisionale è nelle mani di quelli che detengono la maggioranza di
capitale e quindi rischiano maggiormente? Non è detto che sia sempre così, più la società si apre al
mercato e l’azionariato è diffuso, meno vale questo ragionamento. Questo accade perché nel
mondo azionario esistono non solo gli azionisti risparmiatori ma anche gli azionisti investitori, che
vedono nella partecipazione alla società un tipo di investimento che dà un determinato
rendimento (valore del titolo come asset, distribuzione degli utili) e che sono disinteressati alla
partecipazione alla vita sociale. Non è un principio applicabile in assoluto, non è applicabile nella
società aperta e nella società quotata, potrebbe valere nella società chiusa.
Distinguiamo tre tipologie di società:
1. Società chiusa si parla di società non quotate, non hanno azionariato diffuso.
2. Società aperta società che hanno un azionariato diffuso in maniera rilevante ma non
sono quotate nel mercato regolamentato; sono disciplinate dall’articolo 2325 bis
(introdotto dalla riforma societaria del 2003) e dall’articolo 2 bis del regolamento emittenti,
uno dei due regolamenti del TUF. Questi due articoli ci dicono che sono società aperte
quelle che fanno ricorso in maniera rilevante al mercato di rischio ma non sono quotate:
sono quelle che hanno azionisti diversi dagli azionisti di controllo superiori a 500 che
detengano complessivamente almeno il 5% del capitale sociale e che superino almeno due
dei limiti delineati dall’articolo 2325 bis bilancio in forma abbreviata, attivo dello stato
patrimoniale superiore a 4,4 milioni e più di 50 dipendenti, ricavi di 8,8 milioni.
3. Società quotata quotate sul mercato regolamentato.
Il diritto commerciale è un diritto in continua evoluzione e che tende all’uniformità internazionale,
perché è il diritto delle imprese e quindi non può non adeguarsi continuamente vedendo quello
che succede nei mercati: ci sono delle leggi che lo hanno profondamento modificato nel corso del
tempo nel ’74 è stata istituita la CONSOB che sovraintende al corretto funzionamento dei
mercati finanziari; sono state introdotte le azioni di risparmio, emesse solo da società quotate, del
tutto prive di diritto di voto ma privilegiate sotto il profilo patrimoniale proprio per
istituzionalizzare che esistono gli azionisti risparmiatori totalmente disinteressati ai diritti di voice e
quindi privilegiati sotto il profilo patrimoniale; il testo unico della finanza (TUF) è importante
perché ha completamente riformato la disciplina delle società quotate. La definizione di società
aperta nasce con la nascita del TUF per l’esigenza di qualificare quelle società che hanno
un’importante diffusione ma non sono quotate sui mercati regolamentati.
Costituzione della S.p.A.
L’iscrizione al RI della S.p.A. è costitutiva: con l’iscrizione al RI la società viene ad esistenza, prima
c’è un contratto, con l’iscrizione al RI abbiamo una società che entra nel traffico giuridico e che il
legislatore tutela enormemente (a livello macroeconomico) e quindi deroga alle regole del diritto
privato che si applicano fino al momento dell’iscrizione al registro delle imprese.
Non può esistere una società irregolare, non possono esserci società atipiche: bisogna attenersi ad
una delle due modalità che esistono per costituire una S.p.A., o la costituzione simultanea o la
pubblica sottoscrizione. Quando ho stipulato davanti al notaio il mio atto costitutivo, ho sempre un
contratto a cui si applicano le norme del diritto privato, quando lo iscrivo al RI ho una società.
Esistono due modi per costituire una società per azioni:
Costituzione simultanea tutti i soci si recano dal notaio e costituiscono la società; entro
30 giorni successivi, verificata la legittimità sostanziale dello statuto e dell’atto costitutivo, il
notaio lo iscrive al RI e la società acquisisce personalità giuridica. I soci si recano dal notaio,
stipulano l’atto costitutivo accompagnato solitamente dallo statuto, il notaio ha l’onere e
l’obbligo di iscrivere la società nei 30 giorni successivi al RI; che verifica la legittimità di
quello che riceve e lo iscrive in 24h.
Stipula per pubblica sottoscrizione è un’ipotesi meramente teoria, perché prevede un
procedimento estremamente complesso e lungo in cui dei soggetti si fanno promotori della
sottoscrizione di un atto costitutivo e poi nel corso del tempo vanno a raccogliere tutte le
varie sottoscrizioni. Al termine della raccolta, si va dal notaio per stipulare l’atto costitutivo,
ma non è detto che si arrivi a questo momento quindi i promotori si fanno carico di tutto il
rischio. Il motivo per cui è stata pensata questa modalità di costituzione è per fare ai
promotori il tempo di trovare dei finanziatori.
L’atto costitutivo è un documento più sintetico con le nozioni essenziali, indicate dall’articolo
2328; lo statuto è un documento più discorsivo che contiene delle clausole di funzionamento della
società. Si fondono in un unico documento e sono vincolanti nello stesso modo. La forma per la
costituzione della S.p.A. è l’atto pubblico.
- Condizioni per la costituzione
1. Capitale sociale minimo non inferiore a 50k ma possono esserci delle leggi speciali che lo
alzano (settore bancario, società assicurative).
2. Sottoscrizione integrale del capitale sociale il capitale sociale va integralmente
sottoscritto; il conferimento se non è in denaro deve essere integralmente eseguito.
3. Se il conferimento è in denaro deve essere eseguito subito il 25%, gli amministratori poi
possono richiamare i decimi residui in qualunque momento a seconda delle esigenze della
società.
4. A seconda dell’attività, bisognerà adempiere alle condizioni imposte dalla legge per quel
tipo di attività.
Con l’iscrizione al RI la società acquista la personalità giuridica, viene ad esistenza. Non esiste più
la fase dell’omologa: prima tra l’atto pubblico del notaio e l’iscrizione al RI, c’era un passaggio
intermedio in cui un giudice del tribunale verificava che fossero soddisfatte tutte le condizioni per
la costituzione; l’omologa è stata abrogata e l’onere del notaio di verifica di legalità formale e
sostanziale è accresciuto. L’omologa è stata completamente soppressa in sede di costituzione, è
eventuale in sede di modifica statutaria ove il notaio si rifiuti di iscrivere l’atto: se il notaio ravvisa
delle deficienze dell’atto tale per cui non è iscrivibile al RI, i soci possono richiedere l’omologa del
tribunale, ove siano convinti che il notaio si sbagli. Il controllo del notaio è un controllo di legalità
formale e sostanziale, conformità alla legge delle regole della costituenda società: se risultano
manifestamente inesistenti alcuni requisiti richiesti dalla legge, il notaio non iscriverà l’atto al RI.
L’ufficio del registro verifica nuovamente la regolarità formale dell’atto; il notaio ha l’obbligo di
iscrivere l’atto nel RI nei 20 giorni successivi alla data dell’atto stesso.
- Chi è responsabile degli atti compiuti prima dell’iscrizione?
Chi ha agito ha la responsabilità degli atti compiuti prima dell’iscrizione; a maggiore tutela dei
terzi, sono responsabili insieme a chi ha agito anche il socio unico fondatore e in caso di pluralità
dei soci, coloro i quali hanno consentito l’atto, al fine di coinvolgere più soggetti possibili.
Prima dell’iscrizione al RI è assolutamente vietata l’emissione di azioni, che non possono formare
oggetto di offerta al pubblico e oggetto di alcun tipo di negozio giuridico. L’unico contratto che può
essere valido è il preliminare che ha ad oggetto azioni di futura emissione.
- Responsabilità della società costituita
In caso di mancata costituzione della società, i promotori in caso di pubblica sottoscrizione non
hanno rivalsa nei confronti dei sottoscrittori; mentre, nella società simultanea hanno rivalsa verso i
soci che abbiano consentito e autorizzato il compimento dell’operazione o verso l’unico socio, in
caso di società unipersonale. Una volta che la società viene ad esistenza, saranno confermati tutti
gli atti necessari per la costituzione della società; gli atti non necessari dovranno essere
espressamente ratificati.
La dottrina si è, inoltre, interrogata sulla configurabilità di una cosiddetta società in formazione
dalla fase che va dall’atto o dagli accordi immediatamente precedenti all’atto notarile o nella
pubblica sottoscrizione dall’inizio dell’attività di promozione del programma da parte dei
promotori fino all’iscrizione al RI con l’acquisto della personalità giuridica perfetta, la dottrina si è
interrogata se sia o meno qualificabile un soggetto di diritto come società in formazione. La società
in formazione, secondo i sostenitori, è una società a carattere provvisorio destinata a diventare
definitiva con l’iscrizione. Non c’è nulla nel Codice civile che ci faccia propendere a ritenere
l’esistenza di una società in formazione; la disciplina della nullità della società per azioni iscritta ci
dimostra che fino ad un secondo prima dell’iscrizione c’è un contratto tra soci su cui si applicano le
norme del diritto privato e solo con l’iscrizione al RI viene ad esistenza una società che vede
applicarsi le norme del diritto societario.
- Cosa deve contenere l’atto costitutivo?
L’articolo 2328 ci dice che l’atto costitutivo deve contenere: dati identificativi dei soci;
denominazione della società che può essere formata in ogni modo, deve contenere il nome S.p.A.
senza trarre in inganno verso le nominazioni già esistenti; non la sede sociale ma il comune in cui
ha sede la società perché individua l’ufficio del RI in cui va iscritta; oggetto sociale iscritto in modo
volutamente ampio (non troppo da essere indeterminato) per non avere una modifica statutaria
ogni volta si voglia modificare l’attività; ammontare del capitale versato e sottoscritto; numero ed
eventualmente il valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche, le modalità di emissione e
circolazione; il valore attribuito ai crediti e ai beni in natura; le norme attraverso cui distribuire gli
utili; benefici accordati a promotori e fondatori, non superiori al 10%; sistema di amministrazione
adottato; numero dei componenti del collegio sindacale; nomina dei primi amministratori e sindaci
o i componenti del consiglio di sorveglianza; importo globale delle spese per la costituzione;
durata della società se non è a tempo indeterminato. Tutti gli elementi essenziali vanno ricompresi
nell’atto costitutivo; alcuni non sono fondamentali perché sono coperti da norme suppletive.
Delinea tutti gli aspetti fondamentali della società perché ci troviamo in una società con uno
stringente regime corporativo; è necessario che siano stabiliti nell’atto costitutivo e nello statuto
tutti gli elementi fondanti della società.
Nullità della S.p.A.
Cosa succede se dopo l’iscrizione mi accorgo che la società è nulla?
Le cause di nullità sono pochissime: erano 8 nel ’42, il legislatore del 2003 le ha ridotte a 3; ci sono
solo tre cause di nullità. Ove si rinvenga una di queste tre cause di nullità, la nullità opera come
causa di scioglimento dove l’unica differenza rispetto allo scioglimento ordinario è che i liquidatori
sono nominati dal giudice che accerta la nullità, e non dai soci. Questo comporta un enorme
differenza rispetto alla disciplina della nullità dei contratti: della nullità dei contratti, sancita
dall’articolo 1418, la nullità della S.p.A. conserva ben poco, l’unica cosa uguale è che può essere
fatta valere da chiunque è un numero chiuso, sono solo 3 ipotesi; vale dal momento della
dichiarazione del giudice e non retroattivamente: nel diritto privato, la nullità nei contratti opera
ex nunc, come se il contratto non fosse mai stato stipulato; in questo caso opera come causa di
scioglimento, ex tunc ma non dalla dichiarazione della nullità del giudice ma da quando finisce la
liquidazione, opera ex nunc non solo verso chi era in buona fede e non conosceva la nullità ma
verso tutti. Anche se non creditore l’avesse saputo che la società era nulla, opera come causa di
scioglimento, non lede i creditori. Ulteriore enorme differenza tra la nullità dei contratti e della
S.p.A. è che la nullità della S.p.A. è sanabile, a differenza che nei contratti; il legislatore ci dice che
anche dichiarata la nullità da parte del giudice, può essere sanata.
Le cause di nullità possono essere le seguenti:
1. Mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico è poco
probabile.
2. Mancanza di ogni indicazione circa la denominazione della società, conferimenti, capitale
sottoscritto e oggetto sociale.
3. Oggetto sociale illecito.
La nullità della S.p.A. iscritta opera come causa di scioglimento perché non solo una volta che sia
stata dichiarata dal giudice può essere sanata, ma comunque non determina la nullità nel
momento della dichiarazione del giudice ma determina l’instaurarsi di uno scioglimento, con la
differenza che rispetto allo scioglimento volontario i liquidatori sono stabiliti dal giudice e non dai
soci. Le cause di nullità operano come causa di scioglimento, sono sanabili e non toccano
minimamente l’attività svolta nemmeno verso quei creditori che conoscevano la causa di nullità. Si
instaura un procedimento di liquidazione ordinario.
Costituzione unilaterale
L’articolo sul contratto di società per azioni non si identifica più con la nozione di società: la società
può essere anche costituita unilateralmente, la costituzione unilaterale non si può avere nel caso
delle società di persone. Dal ’93 il legislatore italiano aveva dato la possibilità di costituire
unilateralmente la S.R.L., mantenendo il benefico della responsabilità limitata a condizioni di
pubblicità; questo creava una disparità di trattamento legislativo tra S.R.L. e S.p.A. La riforma del
diritto societario del 2003 è intervenuta nella disciplina della società unilaterale sancendo la
possibilità anche per la società per azioni di costituirsi a livello unilaterale.
Articolo 2362 Il legislatore si è posto il tema se e dove ci fossero più rischi in una costituzione
unilaterale: non esiste un principio di congruità del capitale, cioè non esiste una norma che
impone che la società per azioni deve avere un capitale sociale che si congruo rispetto all’attività
che svolge ma viene dato un capitale sociale minimo; soddisfatto quello non ci sono altre
limitazioni, ma queste arrivano indirettamente. In realtà, essendoci delle stringenti regole sulla
valutazione dei conferimenti, il fatto di avere un socio o due non crea molto differenze. Un tema di
tutela dei terzi può esserci nella pubblicità: dover dare conto ai terzi che la società è unipersonale,
è un elemento di interesse ma non determinante e quindi il legislatore ha deciso di non imporre
nella ragione sociale l’obbligo di ricomprendere il fatto che la società sia unipersonale ma impone
che venga comunicato ai terzi tramite iscrizione al RI, che ha efficacia legale. Nel RI, negli atti e
nella corrispondenza si è tenuti ad indicare che la società sia unipersonale.
Articolo 2342 I versamenti devono essere fatti integralmente anche se sono in denaro: una
tutela che si applica alla società unipersonale è che non solo deve essere data adeguata
personalità ma che anche tutti i conferimenti in denaro devono essere integralmente eseguiti.
La violazione di queste due regole ha una sanzione molto pesante: determina per il socio unico la
perdita del beneficio della responsabilità limitata, non retroattivamente ma solo per il lasso
temporale in cui non si è provveduto al rispetto delle due norme in tema di versamenti e
pubblicità; se il vizio è sanato, da quel momento in poi la responsabilità è limitata.
Il comma 4 ci dice che se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono
essere effettuati entro 90 giorni: non è detto che la società nasce unipersonale, potrebbe
diventare unipersonale il legislatore dà un lasso temporale entro il quale va compiuto il
versamento integrale dei conferimenti ancora dovuti; oltre il 90 giorni perde la responsabilità
limitata.
Articolo 2362 Un’ulteriore tutela che il legislatore pone riguarda la più dettagliata motivazione
di opportunità nella sottoscrizione di contratti tra la società e il socio unico: il socio non si deve
confrontare con nessuno per decidere di sottoscrivere o meno un atto/contratto; pertanto, si
ritiene che vi sia un obbligo di motivazione sull’interesse per la società di sottoscrivere un
determinato atto o contratto perché potrebbe essere più evidente un conflitto di interesse tra un
interesse personale del socio e un interesse generale della società. I contratti e le operazioni tra
socio unico e società devono essere dettagliatamente motivati; la violazione di questo terzo
obbligo non determina la sanzione della perdita della responsabilità limitata, ma la mancata
opponibilità verso il determinato creditore per quel determinato atto, è una sanzione circoscritta. I
contratti e le operazioni tra socio unico e società sono opponibili ai creditori sociali solo se
risultano dal libro delle adunanze delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto
scritto avente data certa anteriore al pignoramento.
Questa disciplina si applica sicuramente anche nel caso in cui il socio unico sia una persona
giuridica: in passato parte della dottrina aveva sostenuto che questa si potesse applicare solo alla
persona fisica e non giuridica (perché l’escussione sarebbe andata su un altro soggetto che è a
responsabilità limitata). Restano aperti i quesiti se questa fattispecie si applichi anche in caso di
partecipazione quasi totalitaria un socio ha il 99% delle azioni e l’altro ha 1% o un’azione; o di
controllo totalitario indiretto se A (persona fisica) controlla X al 99%, controlla Y al 100% che ha
l’1% di X, A ha il 100% di X. La domanda è: se si verificano queste due situazioni applico la
disciplina della società unipersonale? NO, perché l’articolo 2362 è una norma eccezionale che si
applica specificamente alla fattispecie del socio unico; a meno che non si provi che queste
strutture sono negozi in frode alla legge e cioè sono state strutturate in questo modo al solo fine di
eludere la normativa sulla società unipersonale, non è passibile di applicazione analogica.
Patrimoni destinati e finanziamenti destinati
Il senso di una costituzione di una società unipersonale, solitamente controllata da un’altra
società, è la suddivisione del rischio: se ho più attività di varia natura, invece di fare un oggetto
sociale ampissimo posso decidere di fare più società unipersonali. Delle alternative al proliferare di
piccole società unipersonali sono gli istituti dei patrimoni destinati e dei finanziamenti destinati,
con cui il legislatore consente una limitazione del rischio d’impresa senza avere il costo della
costituzione di altre società ma consentendo di operare direttamente sul patrimonio dell’impresa
societaria.
Con il patrimonio destinato consento la creazione, all’interno del patrimonio della mia società, di
una porzione di patrimonio dedicata ad una determinata attività che dovrebbe avere una
separatezza patrimoniale; ma quanto questa separatezza patrimoniale regge in caso di fallimento?
Poco, per questo motivo è poco utilizzato. Il patrimonio destinato è un istituto che ha la funzione
di creare all’interno del patrimonio dell’impresa societaria un patrimonio separato destinato ad
uno specifico affare individuato, limitando il rischio d’impresa e i costi di costituzione di una
società controllata. La società resta una ma è possibile prevedere al suo interno uno o più
patrimoni destinati ad uno o più affari che rispondono delle obbligazioni relative alla destinazione
patrimoniale individuate in relazione a determinate relazioni economiche, hanno la stessa
funzione delle società controllate ad esempio, voglio lanciare un nuovo prodotto, voglio un
nuovo brevetto che voglio tenere separato dall’attività imprenditoriale generale. La funzione del
patrimonio destinato è creare all’interno del patrimonio della società, un patrimonio separato
individuato con una rendicontazione contabile separata per un’attività individuata.
È necessario individuare un affare specifico: il patrimonio destinato deve essere destinato ad uno
specifico affare (ramo d’azienda, specifica linea di produzione, nuovo mercato poco accessibile) e
non deve superare il 10% del patrimonio netto, non deve ingerirsi in attività protette da leggi
speciali senza averne i requisiti. La delibera è assunta dall’organo amministrativo (eccezione,
perché di solito queste decisioni sono assunte dall’assemblea) a maggioranza dei componenti,
dovrà dettagliatamente individuare il patrimonio destinato, e quindi identificare in modo analitico
l’affare, i beni e i rapporti giuridici che ne fanno parte.
I creditori della società si vedono distratta una parte di patrimonio sociale, oggetto di una loro
possibile aggressione: il legislatore dà un lasso temporale entro il quale i creditori possono
opporsi. Il legislatore concede ai creditori sociali 60 giorni entro i quali possono opporsi alla
costituzione del patrimonio destinato; dà anche al tribunale la possibilità di superare l’opposizione
dei creditori qualora la ritenga infondata o qualora la società dia idonea garanzia del pagamento
dei creditori stessi. Entro 60 giorni i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono opporsi alla
costituzione del patrimonio destinato; decorso tale termine si producono gli effetti della
separazione patrimoniale. Il grande dubbio è che questa separazione patrimoniale regga in caso di
fallimento, in cui sembra si mescolino i patrimoni è dubbio se la separazione patrimoniale nel
momento patologico venga meno. La presenza di un patrimonio destinato crea la necessità di
avere un’assemblea speciale dei soci titolari delle azioni relative al patrimonio destinato che
funzionerà come tutte le assemblee speciali. Le assemblee speciali di categoria hanno sempre
un’organizzazione che è mutuata dalle azioni di risparmio (istituzionalmente prive del diritto di
voto), hanno una loro disciplina compiuta e analitica prevista dal TUF e sono prese ad esempio per
tutte le assemblee speciali. Se ho categorie diverse di azioni, o ho la creazione di un patrimonio
destinato o obbligazioni, io ho una categoria di soggetti che hanno dei diritti e degli interessi
parzialmente non coincidenti con gli interessi dei titolari di azioni ordinarie; ogni organizzazione di
categorie diverse di azioni/obbligazioni/strumenti partecipativi avrà al suo intorno una propria
assemblea, un piccolo fondo patrimoniale per le loro esigenze e la nomina di un rappresentante
comune che andrà a rappresentare gli interessi di quella particolare categoria nell’assemblea
generale (quella costituita dai titolari di azioni ordinarie) ogni volta che l’assemblea generale
assume una delibera che sia potenzialmente lesiva degli interessi di categoria, dovrà portarla in
approvazione alla categoria speciale. Questo ragionamento vale anche nel caso di patrimoni
destinati perché inevitabilmente ci sono interessi diversi.
Un altro mezzo è il finanziamento destinato: chiedo un finanziamento da utilizzare per una
specifica attività; il finanziamento viene ripagato da quella porzione di patrimonio separato. Se la
società fallisce prima della realizzazione del progetto, la divisione del patrimonio è inesistente:
risponde la società e viene meno la separazione. È un contratto di finanziamento che si riferisce ad
un unico affare, di cui il rimborso è interamente soddisfatto dalla destinazione di ramo/attività. io
prendo un finanziamento per l’implementazione di una specifica attività, creo una separazione
patrimoniale come se facessi un patrimonio separato e con un business plan che mi avvalori il
fatto che il patrimonio dedicato sia il grado di ripagare potenzialmente il finanziamento. Ho un
finanziamento dedicato ad un patrimonio separato che dovrebbe poi essere ripagato con gli utili e
i proventi del patrimonio destinato stesso: c’è una separazione tra l’ente finanziatore e il piccolo
patrimonio. Espressamente viene detto che se il fallimento della società impedisce la
realizzazione/continuazione dell’attività, cessano le limitazioni e il patrimonio torna ad essere
unico la preoccupazione di chi eroga un finanziamento è la situazione patologica; quindi, lo
strumento in sé non reggendo la fase patologica dell’impresa è di dubbia utilità e infatti l’utilizzo
non è quello che si poteva aspettare nel 2003 quando è stato introdotto l’istituto; continuano ad
essere utilizzate le società controllate, anche unipersonali.
********
L’articolo 2447 bis prevede che la società può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali
destinato in via esclusiva ad uno specifico affare; convenire che nel contratto relativo al
finanziamento per uno specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo
siano destinati i proventi dell’affare stesso; non possono essere costituiti per un valore superiore al
10% del patrimonio sociale; la delibera è assunta dall’organo amministrativo, deve indicare l’affare
al quale è destinato il patrimonio, i beni e i rapporti giuridici compresi nel patrimonio destinati, il
piano economico finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla natura
dell’affare, apporti di terzi e modalità di controllo sulla gestione; è possibile anche emettere non
azioni ma strumenti finanziari partecipativi relativi al patrimonio destinato; la delibera deve
stabilire le regole di rendicontazione dell’affare. La deliberazione della creazione di un patrimonio
destinato viene depositata e iscritta al RI; dall’iscrizione ricorrono 60 giorni entro i quali i creditori
sociali anteriori all’iscrizione possono fare opposizione e bloccare la creazione del patrimonio
sociale. Se i creditori non si oppongono o se il tribunale acconsente alla creazione del patrimonio
destinato, da quel momento ha effetto la separazione patrimoniale: da quel momento gli atti
compiuti in relazione allo specifico affare, purché ci sia spendita del nome (espressa indicazione
che l’atto sia compiuto per il patrimonio destinato) hanno una separatezza patrimoniale i
creditori sociali non possono aggredire il patrimonio destinato e i creditori del patrimonio
destinato non possono aggredire il patrimonio sociale, salvo la responsabilità illimitata della
società per fatto illecito degli amministratori. Nel caso in cui si crei un patrimonio destinato,
possono essere emessi degli strumenti dedicati al patrimonio destinato stesso e in particolare,
strumenti finanziari partecipativi che danno taluni diritti patrimoniali e amministrativi. La presenza
di un patrimonio destinato crea una diversificazione rispetto all’azione ordinaria e quindi la
necessità di avere un’assemblea speciale dei soci titolari delle azioni relative al patrimonio
destinato.
Il contratto di finanziamento deve contenere la descrizione dell’operazione, il piano finanziario
indicando la parte coperta dal finanziamento e quella a carico della società, i beni strumentali
necessari alla realizzazione dell’operazione, le specifiche garanzie che la società offre, i controlli
del finanziatore, la parte dei proventi destinati al rimborso del finanziamento, le eventuali garanzie
della società per il rimborso, il tempo massimo di rimborso. Tutto questo deve essere depositato e
iscritto presso il RI e la società deve adottare sistemi di incasso e contabilizzazione idonei a
individuare in ogni momento i proventi dell’affare e tenerli separati dal restante patrimonio della
società.
I conferimenti
I conferimenti sono i contributi iniziali dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società;
hanno la funzione di dotare la società del capitale di rischio iniziale hanno una funzione
produttiva e vincolistica-organizzativa: vincolistica perché il conferimento è stabile, non può essere
distratto dalla società, è vincolato per tutta la durata della società fino all’uscita del socio;
organizzativa perché molti importanti diritti amministrativi e patrimoniali sono tarati
sull’ammontare dei conferimenti. Non esiste un principio di proporzionalità tra un conferimento e
un diritto amministrativo o patrimoniale, possono essere non proporzionali ma c’è un principio
generale di copertura dei conferimenti: la disciplina del capitale deve essere tale da avere sempre
una copertura dei conferimenti, complessivamente il valore dei conferimenti non può essere
inferiore al valore del capitale sociale. La disciplina del capitale è volta a tutelare che il
conferimento promesso sia effettivamente conferito e soprattutto che il valore assegnato ai
conferimenti sia veritiero, che il valore dei conferimenti diversi dal denaro sia almeno pari al valore
dell’aumento di capitale e dell’eventuale sovrapprezzo. La disciplina dei conferimenti, in caso di
società di persone, è molto embrionale; nelle società di capitali è indispensabile che i conferimenti
siano effettuati e imputabili al capitale sociale e che ci sia un principio di copertura. Per questo
motivo, non sono consentite come conferimenti le prestazioni d’opera o di servizi, ma possono
essere oggetto di strumenti finanziari partecipativi e di prestazione accessoria (azione liberata con
denaro o entità conferibili che incorpora una prestazione accessoria, questo limita la circolazione
dell’azione). Non sono conferibili cose generiche, future e altrui perché c’è un tema di imputabilità
e copertura di capitale sociale: queste non possono essere eseguite e non possono essere liberate.
Nella società per azioni, se lo statuto non prevede la possibilità di effettuare conferimenti diversi
dal denaro, nessuna entità è conferibile: è necessaria l’integrale liberazione, tutti i conferimenti
diversi dal denaro devono essere integralmente liberati alla sottoscrizione delle azioni; sono
conferibili beni in natura e crediti. Se io sottoscrivo delle azioni conferendo in denaro, posso
versare anche solo almeno il 25%, saranno poi gli amministratori a richiamare i decimi residui
durante la vita della società secondo le esigenze della società stessa. Invece, tutti i conferimenti
diversi dal denaro devono essere immediatamente liberati all’atto della sottoscrizione delle azioni;
non potrà esserci per i conferimenti diverso dal denaro il tema della mora dei pagamenti. Il
capitale sociale, essendo l’unica garanzia dell’adempimento delle obbligazioni sociali, deve essere
coperto: è importante che la valutazione delle entità conferite sia congrua; perciò, il legislatore
impone un rigido procedimento di valutazione dei beni diversi dal denaro. Il legislatore impone
che il valore del conferimento, predeterminato dai soci che si accordano sul valore del
conferimento, deve essere confermato da una perizia, la quale dovrebbe essere oggettiva perché
non è fatta da un esperto scelto dal socio conferente ma è inderogabilmente fatta da un esperto
nominato dal presidente del tribunale in cui ha sede la società. il conferimento deve essere
accompagnato da una perizia e messo nella disponibilità della società, la quale emetterà delle
azioni che dovranno essere coperte dal conferimento (il quale non deve mai essere inferiore al
valore delle azioni più l’eventuale sovrapprezzo). Le azioni, insieme al conferimento, dovranno
restare depositate presso la sede sociale finché gli amministratori della società, nei 180 giorni
successivi, non verifichino la correttezza della stima questo è uno dei due casi di limitazione
legale alla circolazione delle azioni. La funzione della revisione degli amministratori è verificare che
la perizia sia corretta (gli amministratori sono i garanti del capitale sociale); ove ci siano motivi per
pensare che la perizia non sia corretta, sono tenuti a fare una revisione della perizia se la perizia
è sbagliata ma entro 1/5 del valore del bene, non importa; qualora gli amministratori abbiano
fondati motivi per ritenere che la perizia non sia corretta, procedano ad una revisione della perizia
e si accertino che la differenza è maggiore di 1/5, devono intervenire perché non possono
permettersi che ci siano azioni in circolazione non coperte.
Si aprono tre scenari: 1. andare dal socio conferente e dire che la perizia è sbagliata, il socio deve
conguagliare in denaro la differenza, il socio versa la differenza; 2. il socio potrebbe non avere la
parte in denaro e potrebbe volere la diminuzione delle azioni, diminuiscono le azioni eccedenti,
diminuisce il capitale sociale, conferiscono al socio le azioni corrispondenti all’effettivo valore del
conferimento; 3. il socio conferente potrebbe non essere d’accordo con la valutazione oppure non
versa la differenza ma vuole comunque le azioni, il socio conferente ha diritto di recedere e se
possibile ha diritto a riavere indietro il suo conferimento, se non è possibile ha diritto ad avere
indietro il valore in denaro del conferimento, non quello determinato dalla perizia ma quello
determinato dagli amministratori.
I conferimenti formano il capitale sociale della società, viene iscritto nel passivo patrimoniale
perché è un debito nei confronti dei soci; il capitale sociale è soggetto al vincolo di indisponibilità
finché la società non viene liquidata o si ha il recesso del socio dalla società; a fronte del
conferimento vengono emesse azioni non necessariamente proporzionali al conferimento;
possono esserci dei beni che vanno a patrimonio e non a capitale, a fronte di quali possono essere
emessi solo obbligazioni o strumenti patrimoniali partecipativi e non azioni.
*****
Articolo 2342 se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in
denaro. Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo o a qualsiasi aumento di capitale, deve essere
versato il 25% dei conferimenti in denaro, in caso di atto unilaterale il loro intero ammontare. Se
consentito dallo statuto, il conferimento può avere ad oggetto anche beni in natura o crediti che
devono essere integralmente liberati alla sottoscrizione delle azioni. Non possono essere oggetto
di conferimento le prestazioni d’opera e servizi; questi possono essere oggetti solo di prestazioni
accessorie.
Articolo 2343 chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un
esperto designato dal tribunale, nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione
dei beni/crediti conferiti, l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attributo ai
fini della determinazione del capitale e dell’eventuale sovrapprezzo, criteri di valutazione eseguiti
e la relazione deve essere allegata all’atto costitutivo/delibera dell’aumento di capitale. Gli
amministratori devono, nel termine di 180 gg dall’iscrizione della società/delibera di aumento di
capitale sociale, controllare le valutazioni e se sussistono fondanti motivi devono prevedere alla
revisione della stima. Finché le valutazioni non sono state controllate, le azioni corrispondenti ai
conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la sede della società. Se risulta
che il valore dei beni/crediti conferiti era inferiore di oltre 20%, la società deve ridurre il capitale
sociale annullando le azioni che risultano eccedenti: il socio può versare la differenza in denaro o
cedere dalla società, il socio recedente ha diritto alla restituzione del conferimento per quando
possibile. Il legislatore ha previsto che ci sia una garanzia sussidiaria nei 3 anni successivi al
trasferimento per le azioni non interamente liberate l’alienante risponde in solido con
l’acquirente.
*****
Cosa succede quando gli amministratori richiamano i decimi e un socio non versa la sua parte di
conferimento? Il socio è moroso. Quando il socio è in mora con i conferimenti, si fa una diffida
ufficiale pubblicata in gazzetta: decorsi 15 giorni dalla pubblicazione in gazzetta della diffida, il
socio diventa ufficialmente moroso e si applicano delle sanzioni il socio è privato del diritto di
voto; o se gli amministratori lo ritengono utile, possono vendere le azioni del socio o agli altri soci
in prelazione o a terzi; se nessuno acquista le azioni, gli amministratori possono dichiarare
decaduto il socio moroso, annullare le azioni, trattenere la parte già versata (come risarcimento
danni), salvo risarcimento per maggiori danni creati dalla morosità del socio.
Per evitare il procedimento del 2343, il socio formalmente faceva un conferimento in denaro,
versando obbligatoriamente il 25% subito; dopodiché vendeva alla società il bene che sarebbe
stato oggetto del conferimento e conguagliava il debito da conferimento dei decimi residui con il
prezzo che la società gli doveva dare per l’acquisto del bene: di fatto, effettuava un conferimento
del bene che appariva come vendita non soggetta alla disciplina dei conferimenti, annullava
l’efficacia del 2343 portando come risultato un negozio in frode alla legge. Questo procedimento
appariva ancora più pericoloso nella fase di start up della società: da qui ne discende la disciplina
degli acquisti potenzialmente pericolosi. Tale disciplina prevede che l’acquisto della società da
parte di promotori, soci fondatori, soci e amministratori nei primi due anni di vita della società
deve essere deliberata dall’assemblea ordinaria sulla base di una perizia: se l’ammontare del
corrispettivo per l’acquisto del bene è superiore al 10% del capitale sociale, se l’acquisto interviene
nei primi due anni della società, se non si tratta dell’attività core della società; queste tre
condizioni devono valere contemporaneamente.
La disciplina del 2343 è lunga e costosa, quindi si tiene in considerazione che la perizia può non
essere sempre necessaria: possono esserci casi in cui il valore del bene si evince da fattori estranei.
La riforma del diritto societario ha integrato la disciplina della valutazione dei conferimenti diversi
dal denaro con l’articolo 2343 ter e quater. Il legislatore individua delle ipotesi al verificarsi delle
quali non è necessaria la perizia salvo che in una seconda fase gli amministratori non ritengano che
ci sia stato un errore; non è richiesta la relazione di stima in tre casi:
1. L’oggetto del conferimento è un valore mobiliare o uno strumento del mercato monetario
per cui si trovano dei listini ufficiali, si prende come valore di conferimento il prezzo medio
ponderato degli ultimi 6 mesi.
2. Il valore del bene che si vuole conferire emerge da un bilancio soggetto a revisione, che
non abbia avuto rilievi, approvato entro l’anno precedente.
3. Il bene che si vuole conferire è già stato oggetto di perizia negli ultimi 6 mesi, non
necessariamente fatta da un esperto scelto dal presidente del tribunale ma di una perizia
fatta per altri fini da un esperto indipendente di comprovata professionalità.
In tutti questi casi, si ritiene che il valore del bene sia attendibile e che pertanto ci si possa rifare a
quel valore; c’è comunque un onere degli amministratori di verificare non solo la congruità della
valutazione ma anche se non siano intervenuti dei fatti successivamente a quel dato di riferimento
che possano aver mutato il valore del bene conferito o che siano intervenuti dei fatti che abbiano
portato discredito all’esperto che non possa più ritenersi indipendente o di comprovata
professionalità.
LE AZIONI
Le quote di partecipazione alla società sono rappresentate dalle azioni, che rappresentano la
frazione minima di partecipazione al capitale sociale. Le azioni sono tutte uguali, all’interno della
medesima categoria devono essere uguali, c’è una spersonalizzazione che le rende fungibili: il fatto
di essere standardizzate le rende fungibili, questa fungibilità le rende facilmente trasferibili, in
particolare secondo la disciplina dei titoli di credito. Le azioni sono omogenee e standardizzate,
tendenzialmente sono liberamente trasferibili salvo limiti imposti dallo statuto, sono indivisibili
(rappresenta la frazione minima della partecipazione sociale, se più persone sono comproprietarie
dell’azione si ingenera una comunione perché le azioni sono indivisibili) salvo operazione speciale
di frazionamento delle azioni, hanno tutte le medesime caratteristiche, sono di identico
ammontare e il criterio di divisione è un criterio astratto matematico. Le uniche azioni che hanno
una caratterizzazione personale sono le azioni con prestazioni accessorie: sono azioni liberate
mediante conferimenti eseguibili che incorporano una prestazione di dare/fare/non fare, è
incorporata nell’azione e segue il proprietario dell’azione le caratteristiche proprie le rendono
infungibili; quindi, questa tipologia di azioni è per legge limitata nella circolazione.
Il caso in cui l’azione sia con prestazione accessoria o in cui le azioni siano depositate presso la
sede della società entro il tempo in cui gli amministratori si accertino della valutazione dei
conferimenti in beni in natura/crediti, sono gli unici due casi di limitazione legale alla circolazione
delle azioni. Le azioni nella loro circolazione sono assimilate ai titoli di credito, significa che
saranno opponibili le eccezioni reali (di forma, di letteralità, falsità della forma, difetto, capacità di
agire del rappresentante) ma non saranno opponibili tutte le eccezioni personali; questo rende la
circolazione delle azioni più sicura e agevole. Le azioni sono liberamente trasferibili, eventuali
limitazioni, oltre a quelle legali, vanno concordate tra soci: ci sono due limiti legali, situazioni in cui
è la legge a dire che le azioni non possono circolare, altrimenti il principio generale è che le azioni
sono liberamente trasferibili. Possono essere aggiunte delle limitazioni (questo è per rendere la
società chiusa, per proteggere la società verso l’esterno) le quali creano una barriera all’ingresso a
tutela dei soci. Nelle società quotate non sono previste le limitazioni perché concettualmente la
società quotata è aperta e protesa ad avere un azionariato ampio, il principio della smobilizzazione
dell’investimento prevale sull’interesse di chiusura. Oltre i limiti legali, le limitazioni alla
circolazione delle azioni possono essere di tipo statutario clausole contenute nello statuto, sono
limiti che vanno condivisi con quorum qualificati, hanno efficacia reale perché opponibili a tutti i
soci e alla società, la società può eccepire il mancato rispetto della clausola e non fare entrare il
nuovo socio, devono essere d’accordo tutti i soci o deve essere raggiunto il quorum dell’assemblea
straordinaria (se vengono inserite dopo la costituzione della società); clausole limitative possono
essere contenute nel patto parasociale contratto tra due o più soci, la stessa clausola che può
essere anche contenuta nello statuto ha in questo efficacia obbligatoria, è opponibile a coloro che
hanno aderito al patto ma non alla società, in caso di violazione gli aderenti al patto dovranno
applicare dei meccanismi risarcitori di natura contrattuale tra gli stessi perché l’efficacia è
obbligatoria, la clausola del patto parasociale non è opponibile alla società.
Ogni azione attribuisce dei diritti e dei poteri che possono avere natura amministrativa (diritti di
voice), di manifestare la propria volontà; patrimoniale, diritto agli utili o alla quota di liquidazione;
natura mista, incorporano una componente di natura amministrativa e una di natura patrimoniale,
ad esempio il diritto di opzione o il diritto di recesso. Le azioni all’interno di una medesima
categoria devono attribuire gli stessi diritti; se con le azioni si vuole creare una nuova categoria,
avremo una categoria speciale che fa riferimento ad un’assemblea speciale, le azioni attribuiranno
dei diritti non perfettamente identici a quelli attributi dalle azioni ordinarie. Si possono creare
diverse categorie di azioni, non c’è più un principio di compensazione della lesione del diritto
amministrativo con un privilegio patrimoniale; l’unica categoria d’azione che mantiene ancora
questo privilegio sono le azioni di risparmio possono essere emesse solo dalle società quotate,
sono istituzionalmente prive del diritto di voto ma istituzionalmente privilegiate.
Le azioni possono essere nominative o al portatore in realtà, le uniche azioni che possono essere
al portatore sono le azioni di risparmio che sono istituzionalmente prive del diritto di voto ma
privilegiate e possono essere emesse solo dalle aziende quotate.
In sintesi: le azioni all’interno della stessa categoria sono identiche e conferiscono ai loro
possessori identici diritti; si tratta di un’uguaglianza non assoluta ma relativa posso creare
categorie speciali di azioni purché all’interno della medesima categoria siano identiche, e
oggettiva è vero che azioni della stessa categoria conferiscono medesimi diritti, ma è anche vero
che alcuni diritti si possono esercitare solo se si possiede un certo numero di azioni.
La cosa importante è che ogni azione è perfettamente autonoma dalle altre: il socio di S.p.A. è
titolare autonomamente di tante azioni quante ne detiene e, salvo che agisca in conflitto di
interesse, non è tenuto ad agire con tutte le azioni ma può predeterminare con quante e quali
azioni esercitare i propri diritti; il socio non può agire in modo contraddittorio, ad esempio votare
contro e a favore di una stessa delibera perché costituirebbe malafede. Con il limite del voto
divergente, il soggetto che detiene un pacchetto azionario è idealmente titolare di tante azioni
quante ne detiene e non è detto che agisca nello stesso modo con tutte.
In sintesi: le azioni sono l’unità minima di partecipazione al capitale sociale, sono omogenee e
standardizzate, tendenzialmente liberamente trasferibili, circolano secondo la disciplina dei
titoli di credito, sono indivisibili se due o più soggetti sono contitolari di un’azione, si instaura
una comunione. Chi detiene delle azioni acquisisce uguali diritti amministrativi, patrimoniali o
misti; l’uguaglianza è relativa e oggettiva.
Titoli azionari
L’emissione del titolo azionario (cartaceo) non è obbligatoria: si può anche decidere di non
emettere il titolo azionario e quindi i trasferimenti avverranno con l’annotazione al libro soci
secondo la disciplina dei contratti, nelle società chiuse; non è possibile avere l’emissione del titolo
azionario nel mercato regolamentato dove c’è la dematerializzazione obbligatoria, nelle società
quotate e aperte. Il titolo azionario circola secondo la disciplina dei titoli di credito, si possono
avere dei vantaggi nella modalità di circolazione del titolo se il titolo stesso è emesso.
Il Codice civile, all’articolo 2354 (non ha mai subito modifiche), ci dice che i titoli possono essere
nominativi o al portatore (dà l’anonimato) a scelta del socio, se lo statuto o le leggi speciali non
stabiliscono diversamente. In realtà questa possibilità di scelta in capo al socio non è mai stata
attuata: immediatamente dopo l’entrata in vigore del Codice civile, è entrata in vigore una legge
che ha stabilito la nominatività obbligatoria del titolo azionario. Ad oggi, le uniche azioni di S.p.A.
che sono al portatore sono la categoria delle azioni di risparmio, che possono essere emesse solo
dalle società quotate.
Le azioni di risparmio sono istituzionalmente prive del diritto di voto, sono al portatore e sono
necessariamente privilegiate (oggi il privilegio è rimesso alla discrezionalità della società
emittente): la novità è il fatto che con queste azioni vengono istituzionalizzati gli azionisti
investitori, che non acquistano lo strumento azione perché intendono partecipare alla gestione
della società ma che acquistano le azioni come se fossero un investimento da cui si aspettano un
determinato rendimento; vengono necessariamente privilegiati. Il titolo azionario è nominativo,
con l’eccezione delle azioni di risparmio.
L’articolo 2354 ci dice cosa deve indicare il titolo azionario: denominazione e sede legale (si
intende il comune); data della costituzione della società e iscrizione al RI; valore nominale delle
azioni la riforma del 2003 ha introdotto la possibilità di emettere azioni senza valore nominale, è
l’emittente che decide se emettere azioni con o senza valore nominale (il motivo dell’introduzione
delle azioni senza valore nominale era evitare di dover ricevere, annullare e riemettere tutte le
azioni ogni volta che cambia il valore nominale), però sul titolo bisogna scrivere il numero
complessivo delle azioni emesse e l’ammontare del capitale sociale (annullando totalmente il
beneficio), lo strumento dell’azione senza valore nominale viene meno se è possibile dedurlo dal
rapporto presente sul titolo; ammontare dei versamenti parziali (importante perché c’è solidarietà
nell’obbligazione in caso di cessione di un’azione non interamente liberata per i tre anni
successivi); eventuali diritti e obblighi particolari.
Il titolo azionario è cartaceo, è un foglio in cui si vede l’intestatario, capitale sociale, sede,
iscrizione al registro; è annesso un foglio cedole, che si possono staccare e utilizzare per evitare di
circolare con l’intero foglio; eventuali annotazioni e iscrizioni sul titolo vengono scritte sul retro. Il
fatto di essere cartaceo consente di assimilare un titolo azionario ad un titolo di credito e quindi
applicare analogamente la disciplina dei titoli di credito.
Il valore delle azioni è fisso, è insensibile alle vicende patrimoniali; per avere una modifica bisogna
intervenire sull’atto costitutivo e sullo statuto, oltre che sui titoli che devono essere ritirati,
annullati e riemessi nuovi. Esistono tanti tipi di valore: valore nominale, quello che non varia
perché calcolato in base al capitale sociale; valore reale, si individua con il valore di bilancio,
patrimonio netto/numero delle azioni, ad esempio utilizzato per calcolare il sovraprezzo; valore di
mercato, che è certo se la società è quotata; si può avere un diverso valore del pacchetto di
controllo che sconta il premio di maggioranza, il fatto che con quel pacchetto di azioni si può
esercitare un’influenza sull’assemblea, calcolato sul quorum perché dipende dalla diffusione
dell’azionariato.
Non c’è una regola per la quale deve esserci una proporzionalità tra il conferimento e
l’assegnazione delle azioni, il criterio è derogabile; la regola che non può essere disattesa è che
l’assegnazione non proporzionale è legittima nella misura in cui il valore dei conferimenti non sia
complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale, è fondamentale perché deve
necessariamente esserci un tema di copertura del capitale.
Categorie speciali di azioni
È possibile creare categorie d’azioni con diritti diversi, a patto che nella categoria speciale di
riferimento le azioni siano tutte omogenee e standardizzate. È evidente che la creazione di una
categoria speciale di azioni comporta una modifica degli assetti societari: c’è una categoria di soci
che hanno interessi non perfettamente coincidenti con gli interessi dei titolari delle azioni
ordinarie, questo determina una modifica dell’organizzazione interna della società. Il legislatore,
quindi, tutela le categorie speciali di azioni verso deliberazioni che siano lesive degli interessi di
categoria, ma non per quelle deliberazioni lesive per tutti i soci: l’assemblea di categoria è tenuta a
deliberare sulle delibere dell’assemblea generale che possano pregiudicare gli interessi di
categoria. La categoria speciale d’azioni funziona attraverso la propria assemblea di categoria: le
categorie speciali hanno la propria assemblea di categoria, per le società non quotate si applicano
le norme della assemblea straordinaria e per le società quotate si applica la disciplina delle azioni
di risparmio.
L’assemblea di categoria, avendo interessi parzialmente non coincidenti con gli interessi generali
degli altri soci, è tenuta a riunirsi; è obbligata a nominare un rappresentante comune che può
intervenire nell’assemblea generale a rappresentanza degli interessi dell’intera categoria speciale,
può impugnare le delibere assunte dall’assemblea generale senza previo consenso dell’assemblea
speciale che siano lesive per gli interessi di categoria; può istituire un piccolo fondo patrimoniale
per la tutela dei propri interessi. Le categorie speciali d’azione erano tipizzate dal legislatore del
’42 il quale le classificava dando delle categorie predeterminate con caratteristiche proprie, c’era
poca autonomia statutaria nella creazione delle categorie speciali d’azioni. La riforma del 2003 è
intervenuta consentendo un’enorme ampiezza di intervento dei soci nella definizione della
categoria speciale di azioni. Ci sono però dei limiti: copertura del capitale; il fatto che le azioni
senza diritto di voto o con voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale; divieto
di patto leonino. Nelle società chiuse si ha la facoltà molto ampia di configurare e creare la
categoria speciale d’azione con le caratteristiche che si ritengono più appetibili e utili alla società:
ad esempio, il legislatore dà la possibilità di emettere azioni prive di diritto di voto, a voto limitato
ma non privilegiate, con voto subordinato a condizioni (ad esempio, soglie di fatturato, la
condizione deve essere oggettiva), postergate nelle perdite (che è comunque un beneficio),
correlate (il cui rendimento è correlato ad uno specifico affare). Anteriormente al 2003, uno dei
principi che il legislatore poneva era il principio secondo il quale ad una diminuzione dei diritti
amministrativi doveva corrispondere una maggiorazione dei diritti patrimoniali, sia durante la vita
della società che in sede di liquidazione; ad oggi, questo principio è venuto meno. La riforma del
2003 ha dato la possibilità nelle società chiuse di avere tre tipologie di voti:
1. Azioni con voto limitato ad una misura massima ho delle azioni che votano solo fino ad
una determinata aliquota del patrimonio sociale, l’azione che la superano non hanno
diritto di voice.
2. Azioni con voto scalare ad esempio, il primo 10% delle azioni ho voto pieno, dal 10% al
20% ci vogliono due azioni per un voto, dal 30% in su si perde il diritto di voto.
3. Azioni con voto plurimo fino a 3 voti.
Non è possibile avere azioni con voto plurimo nelle società quotate, in cui ho uno strumento
diverso che è eventualmente il voto maggiorato: si basa su principi totalmente diversi perché non
costituisce una categoria d’azioni lo statuto prevede che venga riconosciuto un voto maggiorato
(fino a due voti) a tutte le azioni, in particolare per tutti gli azionisti di lungo periodo, coloro che
siano azionisti da non me no di 24 mesi; non si crea una categoria d’azione perché questo
privilegio è applicato a tutti. La maggiorazione è introdotta con lo statuto ed è applicata a tutti,
non si vuole privilegiare alcun tipo di gruppo o categoria: semplicemente, per evitare che gli
azionisti compravendano azioni continuamente, viene premiato l’azionista di lungo periodo
attraverso una modifica statutaria che va a beneficio di ogni azione.
Azioni di risparmio
Sono disciplinate dall’articolo 145 e seguenti del TUF, sono azioni introdotte nel ’74 con la riforma
dei mercati finanziari e l’introduzione della CONSOB; queste istituzionalizzano il fatto che esistono
azionisti risparmiatori, interessati ai profili patrimoniali delle loro azioni.
Possono essere emesse solo dalle società quotate, sono del tutto prive di diritti di voto, sono
necessariamente privilegiate, possono essere emesse al portatore, mantenendo il beneficio
dell’anonimato; può essere prevista la possibilità di conversione ad azione ordinarie. Il privilegio
delle azioni di risparmio è rimesso alla discrezionalità della società emittente.
Questi articoli dettagliano l’organizzazione interna degli azionisti di risparmio, che rappresenta un
modello organizzativo: gli azionisti di risparmio si riuniscono in un’assemblea dedicata, che nomina
un rappresentante comune, portavoce degli interessi di categoria nell’assemblea generale, unico
soggetto legittimato ad intervenire nell’assemblea generale, a bloccare una delibera che sia lesiva
per gli interessi di categoria senza che l’assemblea speciale si sia espressa, ad impugnare
eventualmente la delibera dell’assemblea generale; l’assemblea può dotarsi di un piccolo fondo
patrimoniale.
Azioni di godimento
Le azioni di godimento sono uno strumento molto importante, utilizzato sia in sede di aumento di
capitale con resti, sia in sede di rimborsi per una riduzione di capitale con resti.
L’azione di godimento è un’azione che viene attribuita a seguito di operazioni sul capitale,
solitamente con resti, in cui al possessore viene rimborsato il valore nominale dell’azione e gli
viene data in più l’azione di godimento la conseguenza è che questo socio ha già avuto il valore
nominale e quindi dovrà esserci una postergazione rispetto agli altri soci in sede di liquidazione
almeno riguardo al nominale.
Le azioni di godimento sono attribuite ai possessori di azioni rimborsate (il rimborsato è il
nominale) in sede di riduzione reale del capitale sociale attuato mediante sorteggio e
annullamento o in caso di aumento del capitale gratuito (a cui non corrisponde un reale aumento
di patrimonio, ma c’è una migrazione di poste) in cui ci siano dei resti i soci sorteggiati a cui sono
annullate le azioni vedranno il rimborso del nominale. Le azioni di godimento non hanno diritto di
voto, di intervento in assemblea o impugnazione (è discusso se attribuiscano diritto di opzione);
essendo azioni per le quali il valore nominale è già stato restituito ai soci, in caso di ripartizione
degli utili o di liquidazione, concorrono agli utili che residuano dopo il pagamento delle azioni non
rimborsate o in caso di liquidazione, dopo che sia stato dato il nominale a tutte le altre.
Quindi: sono azioni che a seguito di operazioni con resti o sorteggi/annullamenti hanno già avuto il
nominale e dato che il valore reale è normalmente maggiore del nominale, viene attribuita anche
l’azione di godimento.
Azioni a favore dei prestatori di lavoro
Se lo statuto lo prevede, l’assemblea straordinaria può deliberare l’assegnazione straordinaria di
utili ai prestatori di lavoro dipendenti della società o delle sue controllate mediante l’emissione
per l’ammontare corrispondente agli utili stessi di categorie speciali di azioni da assegnare
individualmente ai prestatori di lavoro con norme particolari riguardo alla forma, al modo di
trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti. Lo statuto può prevedere che gli utili siano
assegnati ai lavoratori dipendenti attraverso l’assegnazione di azioni, imputando a capitale sociale
gli utili modifica del capitale sociale con una delibera dell’assemblea straordinaria che imputi gli
utili a capitale sociale, a fronte dell’aumento del capitale sociale emettere una categoria di azioni
da assegnare gratuitamente ai dipendenti, per un valore pari all’ammontare degli utili.
Ovviamente, questo comporta una lesione dei titolari di azioni ordinarie o di categorie speciali, ha
un carattere eccezionale, non viene fatta in modo sistematico e premiale.
Questa modalità è diversa dall’aumento del capitale sociale a pagamento che conosciamo come
piano di stock-option aumento di capitale sociale a pagamento con esclusione totale o parziale
del diritto di opzione spettante al socio per riservare le azioni ai lavorati, può anche essere fatto
senza sovrapprezzo.
Circolazione delle azioni
Il certificato azionario può essere semplice o multiplo (contiene più azioni in un foglio). Al titolo
azionario è collegato un foglio cedole che consente di esercitare i diritti sociali senza l’esibizione
del titolo.
L’azione, in quanto è uno strumento standardizzato e omogeneo, circola secondo la disciplina più
favorevole dei titoli di credito (e non secondo la disciplina privatista della circolazione del
contratto): la norma che ci interessa ricordare è l’articolo 1994 che sancisce l’autonomia in sede di
circolazione del titolo di credito se il titolo circola correttamente, chi acquista in buona fede il
possesso del titolo non è soggetto a rivendicazione anche qualora il dante causa non avesse la
piena titolarità del titolo, questo dà un enorme vantaggio in termini di certezza del diritto. Esistono
delle eccezioni reali e delle eccezioni personali (nominali) secondo la disciplina dei titoli di
credito, io non posso opporre le eccezioni personali e cioè se acquisto in buona bene, acquisto
correttamente il titolo; posso però eccepire le eccezioni reali, cioè le eccezioni di forma, le
eccezioni di letteralità, eccezione di falsità della firma e di difetto di capacità.
Nella circolazione delle azioni, la società può opporre erga omnes:
i vizi del procedimento di creazione delle azioni (azioni false);
intervenuto annullamento del titolo non risultante dal documento c’è una delibera in cui
io avevo annullato quelle azioni e quelle azioni hanno continuato a circolare;
versamenti ancora dovuti non risultanti dal titolo;
limitazioni alla circolazione delle azioni non risultanti dal titolo.
Perché posso opporre queste eccezioni? Perché il titolo azionario è un titolo di credito causale a
letteralità incompleta in generale, i titoli di credito possono essere o causali o astratti.
Un titolo è causale quando viene emesso in base ad una specifica causanel caso delle azioni, la
causa è la partecipazione alla società; esistono titoli di credito a letteralità incompleta o completa,
non può essere emessa con motivo astratto ma solo come quota di partecipazione sociale nel
titolo di credito a letteralità completa, tutto ciò che devo sapere è iscritto sul titolo, il titolo mi dice
tutto ciò che devo sapere, è il più sicuro di tutti, se una cosa non è iscritta lì non c’è bisogno di
saperlo.
Il titolo di credito azione è un titolo di credito causale e a letteralità incompleta, perché le
informazioni presenti sul titolo vanno integrate con altre fonti e cioè atto costitutivo, statuto e
delibere dell’assemblea. Essendo un titolo di credito a letteralità incompleta, ci sono delle eccezioni
che la società può opporre anche se non risultano dal titolo: in particolare, i punti sopra sono
eccepibili dalla società anche se non presenti sul titolo azionario cartaceo, che va integrato con
altre fonti (valgono le altre fonti e non quello che c’è scritto sul titolo). Queste regole sono la
conseguenza che il titolo di credito azione è un titolo di credito a letteralità incompleta.
Le azioni, ove siano emesse in modo cartaceo, sono soggette ad una doppia intestazione: è
necessario modificare l’intestazione del proprietario del titolo sul titolo stesso e anche sul libro
soci. Esistono due tipi di modi per far circolare le azioni:
1. Transfer prevede che la doppia intestazione, sul titolo e sul libro, sia modificata
contestualmente sotto la cura e la responsabilità dell’emittente. È necessario che,
contestualmente, siano presenti dinanzi al notaio che ne accerta la legittimazione,
l’acquirente, l’alienante, il legale rappresentante dell’emittente con il titolo e col libro soci.
È più oneroso in termini di soggetti coinvolti e organizzazione rispetto al secondo tipo di
modalità di trasferimento.
2. Girata molto più utilizzato. La girata è soggetta ad autentica notarile ma non richiede la
contestuale annotazione al libro soci; non richiede l’intervento della società emittente,
alienante e acquirente si accordano e gira l’azione. Gli amministratori hanno l’onere di
aggiornare il libro soci la prima volta che l’acquirente eserciti un diritto sociale; medio
tempore, il titolare può rigirare il titolo ad un nuovo soggetto senza che ci sia stata
un’annotazione sul libro soci. La girata è la notazione fatta da soggetti diversi in tempi
diversi sul titolo dall’alienante e sul libro soci dopo l’esercizio dei diritti sociali; medio
tempore il titolo può circolare. Il giratario possessore in base ad una serie continua di girate
è legittimato all’esercizio di tutti i diritti sociali. La circolazione è molto agevole.
La dematerializzazione affida la circolazione dei titoli ad un sistema di registrazioni contabili che
registra ogni passaggio, la circolazione è basata proprio sulle registrazioni contabili. Non c’è il
foglio cedole: anche l’attribuzione dei diritti è dato tramite rilascio di una certificazione da parte
del titolare del sistema di gestione accentrata, Monte Titoli S.p.A., sotto la vigilanza della CONSOB,
Banca Italiana e Borsa Italiana S.p.A.
I vincoli sulle azioni
Le azioni possono essere oggetto di vincoli: pegno, usufrutto, azioni esecutive (sequestro
giudiziario, sequestro conservativo, pignoramento).
Chi è legittimato ad esercitare i diritti amministrativi, patrimoniali e misti che riguardato
l’azione oggetto di vincolo? Ce lo dice in modo analitico l’articolo 2352: il diritto di voto deve
essere esercitato dal titolare del vincolo, e quindi dal creditore pignoratizio, dall’usufruttuario
e dal custode, può essere esercitato senza ledere i diritti del socio, secondo il principio di
correttezza e in buona fede, secondo uno spirito che è quello di tutelare la propria garanzia
senza ledere i diritti del socio; gli altri diritti amministrativi si ritiene possano essere esercitati
disgiuntamente.
Chi può esercitare il diritto di opzione?
1. Il diritto di opzione si applica in caso di aumento di capitale a pagamento e quindi, in
questo caso spetta al socio; in caso di mancato esercizio del diritto d’opzione, questo può
essere ceduto il legislatore deve tutelare il proprietario del vincolo in caso di mancato
esercizio: quindi, è previsto che il diritto d’opzione spetta al socio, ma in caso di mancato
esercizio del diritto d’opzione almeno tre giorni prima della scadenza, il titolare del vincolo
può vendere il diritto e monetizzare il suo valore (perché non solo deve essere esercitato il
diritto ma entro tre giorni prima per rendere sicuro che all’esercizio consegua il versamento
si prevede che il socio debba esercitarlo e anche versare l’importo corrispondente).
2. In caso di aumento di capitale gratuito, non c’è un esborso monetario ma c’è una
migrazione di poste da imputare a capitale sociale (a livello di patrimonio netto non ho
nessuna variazione), semplicemente la società delibera di aumentare il capitale sociale
aumentando il valore nominale delle azioni o assegnando delle azioni in proporzione alle
azioni detenute ma comunque utilizzando poste che sono già nella disponibilità della
società il legislatore ritiene che le azioni emesse a fronte di aumento di capitale gratuito
siano soggette a vincolo.
3. Un’ulteriore fattispecie è quella delle azioni emesse ma non interamente liberate (le azioni
con conferimento in denaro possono non essere immediatamente liberate, c’è un obbligo
di versamento del 25%, gli amministratori possono poi richiamare i decimi residui): in caso
di richiamo dei decimi residui da parte degli amministratori, il legislatore si chiede chi
debba versare questo ammontare di denaro
- in caso di pegno è il socio che è tenuto al versamento dei decimi residui;
- in caso di usufrutto, è l’usufruttuario a dover provvedere al versamento dei decimi
residui salvo ristoro alla fine dell’usufrutto stesso, con ripetizione al termine
dell’usufrutto stesso.
- nel caso dell’azione esecutiva, sarà il giudice a determinare caso per caso la fattispecie
perché è possibile che non ci siano gli estremi per la sottoscrizione e che quindi il
giudice opti per soluzioni alternative.
*****
Articolo 2352 nel caso di pegno o usufrutto sulle azioni, il diritto di voto spetta, salvo
convenzione contraria, o al creditore pignoratizio o all’usufruttuario; in caso di sequestro, il diritto
di voto spetta al custode.
Il diritto di opzione spetta al socio; qualora il socio non provveda almeno tre giorni prima della
scadenza al versamento delle somme necessarie per l’esercizio del diritto d’opzione e qualora gli
altri soci non si offrano di acquistarlo, il diritto d’opzione può essere venduto dal titolare del
vincolo.
Nel caso di aumento gratuito di capitale sociale, il pegno, l’usufrutto e il sequestro di estendono
alle nuove azioni. Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il socio deve
provvedere al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; in
mancanza il creditore pignoratizio può vendere le azioni nel modo stabilito dal secondo comma del
presente articolo. Nel caso di usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo
diritto alla restituzione al termine dell'usufrutto.
Salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi
diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio
sia al creditore pignoratizio o all'usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode.
*****
Limiti alla circolazione delle azioni
I limiti alla circolazione delle azioni sono di tre nature diverse: ci sono i limiti legali, quelli posti
dalla legge; limiti statutari, introdotti nello statuto, valgono per tutti i soci indipendentemente dal
fatto che abbiano acconsentito o meno all’introduzione dei limiti, sono opponibili alla società
perché hanno efficacia reale; sindacati di blocco, limiti parasociali, non sono inseriti nello statuto
ma in un patto parasociale e hanno quindi efficacia obbligatoria.
I limiti legali sono molto pochi: 1. limiti alla circolazione delle azioni che incorporano una
prestazione accessoria, di opera o servizi, che rende molto personalizzata l’azione, la
prestazione accessoria circola con l’azione; 2. azioni liberate mediante conferimento in natura,
quando conferisco un bene in natura deve esserci una relazione di stima del bene conferito e
nei 180 giorni successivi in cui gli amministratori devono verificare la correttezza della stima le
azioni devono rimanere depositate presso la sede legale.
Gli altri limiti sono dei limiti che sono tipizzati dall’articolo 2355 bis, sono degli esempi delle
clausole più tipiche, quelle che ricorrono più frequentemente ed estremamente per cercare di
chiudere la società: sono esempi nel senso che, salvo blocco totale della circolazione delle
azioni per 5 anni (ritenuto il tetto massimo), le altre clausole possono essere variate. Per lungo
tempo si era vietata la possibilità di avere un blocco totale alla circolazione delle azioni, la
dottrina riteneva che per la struttura stessa della S.p.A. non ci potesse essere un completo
divieto dell’alienazione; con il TUF si è dato alle società di neo-quotazione la possibilità di avere
un periodo in cui non si potevano vendere i titoli fino a 2 anni, introducendo così il principio di
legittima del blocco totale della circolazione. La riforma societaria del 2003 ha introdotto
l’articolo 2355 bis:
- Sono valide tutte le clausole che introducono il blocco totale della circolazione delle
azioni purché non superi 5 anni. Analogicamente, si applica un principio sviluppato in
tema di patti parasociali: se c’è un termine individuato ma di durata tanto lunga da
superare la vita dell’uomo, si reputa di durata indeterminata; se dovesse esserci un
termine individuato ma superiore a 5 anni, il termine si ridurrebbe automaticamente al
termine massimo consentito.
- La clausola di prelazione è sempre stata ritenuta valida, è molto frequente: prevede che
in caso di cessione della propria partecipazione, la volontà di cessione deve essere
comunicata agli altri soci offrendo loro la possibilità di acquistare la propria
partecipazione al prezzo a cui l’avrebbe venduta ad un terzo; se i soci non esercitano
l’opzione, bisogna veramente venderla a terzi e dimostrare ai soci di non aver agito
fraudolentemente. Per evitare che ci sia un abuso del prezzo di cessione delle azioni,
sono legittime anche le clausole di prelazione impropria, in cui il prezzo è stabilito
tramite un terzo arbitratore.
- Da sempre ritenute legittime sono anche le clausole di gradimento: sono clausole che
subordinano l’ingresso nella società all’esistenza di determinati requisiti oggettivi in
capo all’acquirente. La clausola di gradimento subordina il gradimento a coloro i quali
detengano determinati requisiti oggettivi. Sono state considerate per anni illegittime
dalla dottrina e dalla giurisprudenza le clausole di mero gradimento: le clausole che
rimettono ad un placet indiscriminato o requisiti non oggettivi e verificabili l’assenso
all’ingresso nella compagine sociale. Di fatto sono state ritenute per anni illegittime
perché imprigionano il socio nella società: il legislatore ha stabilito che sono legittime
purché si accompagnino ad un meccanismo che garantisca al socio a cui sia stato
negato il gradimento di uscire dalla società, ad esempio abbinando una clausola di
riscatto che imponga ai soci e alla società di acquistare le sue azioni, solitamente ad un
prezzo che è quello determinato in caso di diritto di recesso (prezzo abbastanza vicino
al valore di mercato delle azioni).
L’introduzione o la rimozione di clausole di limitazione alla circolazione delle azioni nello statuto
dà diritto di recesso ai soci che non abbiano concorso all’approvazione della deliberazione. Tutte
queste clausole sono legittime alle condizioni imposte dal legislatore per far si che il socio non resti
prigioniero della società. Queste clausole sono valide anche per i trasferimenti mortis causa.
*****
Articolo 2355 bis Nel caso di azioni nominative ed in quello di mancata emissione dei titoli
azionari, lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento e può, per un
periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto
viene introdotto, vietarne il trasferimento.
Le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di
organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci,
un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell'alienante; resta ferma l'applicazione
dell'articolo 2357 (diritto di recesso). Il corrispettivo dell'acquisto o rispettivamente la quota di
liquidazione sono determinati secondo le modalità e nella misura previste dall'articolo 2437 ter.
La disposizione del precedente comma si applica in ogni ipotesi di clausole che sottopongono a
particolari condizioni il trasferimento a causa di morte delle azioni, salvo che sia previsto il
gradimento e questo sia concesso.
Le limitazioni al trasferimento delle azioni devono risultare dal titolo.
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Operazioni sulle proprie azioni
Le fattispecie sono: sottoscrizione, acquisto e altre operazioni.
Qual è il rischio che si corre nelle operazioni sulle proprie azioni? Il rischio è quello di
consentire surrettiziamente una restituzione dei conferimenti, uno svuotamento del
patrimonio che non emerge invece dall’ammontare del capitale sociale: il capitale sociale
resta invariato o addirittura aumentato, ma non consegue un aumento patrimoniale
corrispondente oppure il capitale è di fatto restituito ai soci senza che consegua una
riduzione dl capitale stesso il rischio è che ci sia uno svuotamento patrimoniale senza
che emerga dal capitale sociale, che resta invariato.
Per questo motivo, l’articolo 2357 quater impone un divieto totale di sottoscrizione delle
proprie azioni, salvo quanto previsto dall’articolo 2357 ter: la sanzione non è la nullità della
sottoscrizione ma le azioni sottoscritte in violazione di questa norma si intendono
sottoscritte e devono essere liberate da chi ha violato il divieto, amministratori o terzi che
abbiano agito in nome e per conto della società.
Quali sono i rischi che si corrono nell’acquisto di azioni proprie? L’acquisto espone
potenzialmente agli stessi rischi della sottoscrizione di azioni proprie, ma in presenza di
determinate condizioni si ritiene legittimo. I rischi legati all’acquisto di azioni proprie sono
sostanzialmente due: 1. se uso fondi indisponibili creo lo stesso effetto della sottoscrizione,
attuo di fatto una restituzione di capitale surrettizia, se utilizzo delle poste che potrei
restituire i soci e le imputo a capitale sociale, annullo il rischio sopra detto; 2. l’altro rischio
è dal punto di vista della concentrazione del diritto di voto nelle mani degli amministratori,
i quali potrebbero essere inclini ad acquistare azioni proprie per poter esercitare
determinati diritti e quindi acquisire un potere proprio di influenza assembleare.
Il legislatore dice che le azioni proprie possono essere acquistate, con alcuni limiti, ma non
possono deciderlo gli amministratori in modo autonomo: la decisione di acquistare azioni
proprie deve necessariamente passare per l’assemblea che deve autorizzare l’acquisto di
azioni proprie e deve anche predeterminare le modalità, in particolare la durata che deve
essere inferiore a 18 mesi e se possibile, anche il range di prezzo a cui queste azioni devono
essere acquistate.
Le azioni devono essere necessariamente interamente liberate, per la parte non liberata si
otterrebbe l’effetto della sottoscrizione; le poste che possono essere utilizzate per
l’acquisto di azioni proprie sono solo ed esclusivamente poste disponibili, quali utili
distribuibili e riserve disponibili, poste che i soci avrebbero diritto a ricevere e potrebbero
riceve anche in quel momento.
Dal punto di vista amministrativo, per evitare che gli amministratori siano propensi
all’acquisto di azioni proprie per avere più potere, il legislatore dispone che gli
amministratori non possano disporre di queste azioni senza l’approvazione dell’assemblea
e che siano congelati tutti i diritti amministrativi e patrimoniali: il diritto d’opzione e il
diritto agli utili sono spalmati proporzionalmente sulle altre azioni; il diritto di voto è
sospeso ma si computano le azioni proprie nei quorum costitutivi e nelle società chiuse
anche nei quorum deliberativi.
Altre operazioni il tema giuridico è se sia legittimo che la società emittente fornisca
prestiti o garanzie per l’acquisto delle proprie azioni. È stato un tema per anni molto
osteggiato dalla dottrina che lo riteneva illegittimo per il rischio di completa
depauperazione della target. Il legislatore della riforma ha modificato l’artico 2358 e dà la
possibilità di accordare prestiti, sia direttamente o indirettamente, o fornire garanzie per
l’acquisto delle proprie azioni purché sia autorizzato dall’assemblea della società target, sia
dettagliatamente illustrato in una relazione degli amministratori l’utilità e la sostenibilità
della concessione del prestito/garanzia, l’importo non ecceda l’ammontare delle poste
disponibili (utili distribuibili e riserve disponibili), non si accettino come garanzie azioni
proprie. Inoltre, prima di concedere la garanzia deve essere valutato il merito di credito
della controparte, anche da una società di revisione.
*****
Articolo 2357 La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili
e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere
acquistate soltanto azioni interamente liberate.
L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando in
particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore ai diciotto mesi,
per la quale l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo.
Gli amministratori non possono disporre delle azioni acquistate a norma dei due articoli
precedenti se non previa autorizzazione dell'assemblea, la quale deve stabilire le relative modalità.
A tal fine possono essere previste, nei limiti stabiliti dal primo e secondo comma dell'articolo 2357,
operazioni successive di acquisto ed alienazione.
Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono
attribuiti proporzionalmente alle altre azioni. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono
tuttavia computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e
per le deliberazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio il computo delle azioni proprie è disciplinato dall'articolo 2368, terzo comma.
Una riserva indisponibile di importo pari alle azioni proprie acquistate è iscritta a bilancio.
Articolo 2358 La società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire
garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dal
presente articolo.
Tali operazioni sono preventivamente autorizzate dall'assemblea straordinaria.
Gli amministratori della società predispongono una relazione che illustri, sotto il profilo giuridico
ed economico, l'operazione, descrivendone le condizioni, evidenziando le ragioni e gli obiettivi
imprenditoriali che la giustificano, lo specifico interesse che l'operazione presenta per la società, i
rischi che essa comporta per la liquidità e la solvibilità della società ed indicando il prezzo al quale
il terzo acquisirà le azioni. Nella relazione gli amministratori attestano altresì che l'operazione ha
luogo a condizioni di mercato, in particolare per quanto riguarda le garanzie prestate e il tasso di
interesse praticato per il rimborso del finanziamento, e che il merito di credito della controparte è
stato debitamente valutato. La relazione è depositata presso la sede della società durante i trenta
giorni che precedono l'assemblea. Il verbale dell'assemblea, corredato dalla relazione degli
amministratori, è depositato entro trenta giorni per l'iscrizione nel registro delle imprese.
Qualora la società accordi prestiti o fornisca garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni
proprie a singoli amministratori della società o della controllante o alla stessa controllante ovvero
a terzi che agiscono in nome proprio e per conto dei predetti soggetti, la relazione di cui al terzo
comma attesta altresì che l'operazione realizza al meglio l'interesse della società.
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Partecipazioni reciproche
La sottoscrizione di partecipazioni reciproche è sempre vietata perché crea inevitabilmente un
aumento del capitale sociale senza che ci sia alcun aumento del patrimonio della società: se A
sottoscrive le azioni di B per 100 e B sottoscrive le azioni di A per 100, il capitale sociale aumenta di
100 ma il debito reciproco fa in modo che non ci sia nessun apporto. Se le azioni non sono quotate
e non c’è un rapporto di controllo, l’acquisto di azioni proprie può essere legittimo.
La sanzione non è la nullità, ma la responsabilità di chi ha sottoscritto: si intendono sottoscritte ma
sono imputate agli amministratori o ai terzi che hanno sottoscritto in nome e per conto della
società, sono obbligati ad effettuare i conferimenti.
L’acquisto è comunque pericoloso perché determina o può determinare un rimborso indiretto dei
conferimenti e quindi il fenomeno dello svuotamento patrimoniale senza che ciò emerga
dall’ammontare di capitale sociale. Si distinguono diverse fattispecie, in particolare la disciplina è
totalmente diversa tra le società quotate e le società non quotate, nell’ambito delle quali dal fatto
che ci sia o meno un rapporto di controllo.
1. Se le società sono chiuse e non c’è rapporto di controllo, l’acquisto è legittimo.
2. Se le società sono chiuse ma c’è rapporto di controllo, avendo la controllante la possibilità
di influenzare la controllata, si applicano le stesse limitazioni come se fosse l’acquisto di
azioni proprie, limiti qualitativi e quantitativi dell’acquisto di azioni proprie.
3. Se non c’è rapporto di controllo ma almeno una delle due società è quotata, si applica
l’articolo 120 e 121 del TUF si applicano dei limiti alle partecipazioni reciproche che sono
i limiti delle comunicazioni delle partecipazioni rilevanti. Le partecipazioni reciproche non
possono eccedere il 3% o il 5% nel caso di medie-piccole imprese; le soglie sono elevabili
rispettivamente al 5% e 10% se c’è accordo tra le parti.
4. Se entrambe le società sono quotate, si applica la disciplina del TUF prendo come soglia
che non posso superare la soglia della comunicazione delle partecipazioni rilevanti.
Superata quella soglia si ha il congelamento dei diritti amministrativi e patrimoniali per
l’ammontare eccedente alla soglia massima prevista, in capo alla società che ha superato la
soglia per ultima; se non si è in grado di stabilire chi sia l’ultima, applico il congelamento ad
entrambe.
La società emittente che ha superato la soglia per seconda si vede per l’ammontare
eccedente quello consentito, congelare il diritto di voto; se non si può stabilire quale delle
due abbia superato la soglia per ultima, il diritto di voto sarà congelato ad entrambe.
Oltre al congelamento, c’è un obbligo di alienazione dell’ammontare eccedente nei 12 mesi
successivi: se la società contravviene all’obbligo di alienazione, il congelamento si applica a
tutta la partecipazione.
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Articolo 2360 È vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante
sottoscrizione reciproca di azioni, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.
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OBBLIGAZIONI
Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano delle frazioni omogenee di un’unitaria
operazione a titolo di mutuo: l’obbligazionista non partecipa al capitale sociale e al rischio di
impresa, ma sottoscrive una operazione di finanziamento a titolo di mutuo.
Le obbligazioni si caratterizzano per essere omogenee e standardizzate all’interno della stessa
categoria, sono titoli di massa che conferiscono medesimi diritti e che hanno medesimo valore
nominale (quantomeno nell’ambito della medesima categoria), possono essere nominative o al
portatore, la funzione delle obbligazioni è quella di raccogliere capitale di prestito.
L’obbligazionista presta un determinato ammontare alla società e avrà il diritto, al termine del
prestito obbligazionario, a vedersi restituita la quota che ha dato a titolo di finanziamento e a
medio tempore a vedersi riconosciuti degli interessi: l’obbligazionista è a tutti gli effetti un
creditore della società; l’apporto non è imputabile a capitale sociale ma è dato a titolo di mutuo; la
restituzione del finanziamento avviene al termine del prestito obbligazionario ed è indipendente
dall’andamento della società; tendenzialmente, è indipendente anche il tasso di interesse ma è
possibile che la società intenda legare la remunerazione periodica fissa (interessi) ad alcuni
indici obbligazioni indicizzate a indici di borsa, a rendimenti di più società o al rendimento medio
di mercato; obbligazioni partecipanti collegate al rendimento della società emittente; obbligazioni
collegate a valute estere; obbligazioni il cui rendimento subisce alterazioni al verificarsi o meno di
condizioni non meramente potestativa; l’interesse può essere quello di dare stabilità
all0obbligazione stessa o renderla più redditizia.
Interessanti sono le obbligazioni convertibili e con warrant: queste due tipi di obbligazioni danno la
possibilità di convertire o sottoscrivere azioni e quindi danno la possibilità di diventare soci della
società e a quel punto trasformare l’apporto dato a titolo di mutuo in un conferimento che è
assoggettato al vincolo di indisponibilità del patrimonio netto e che soggiace alla sorte della vita
sociale.
L’obbligazione convertibile offre all’obbligazionista di convertire le obbligazioni in azioni, secondo
un predeterminato rapporto di cambio: in caso di conversione, per quelle obbligazioni per cui si
esercita la conversione, si cessa di essere obbligazionisti e si diventa azionisti questo comporta
che all’emissione del prestito obbligazione, la società deliberi anche un aumento di capitale a
servizio della conversione precostituendo la possibilità di convertire effettivamente l’obbligazione.
L’obbligazione cum warrant dà la possibilità, a certo tempo data, di sottoscrivere un aumento di
capitale a pagamento riservato, senza imputare a capitale sociale quello che si è conferito a titolo
di mutuo: l’obbligazione resta in vita ma si ha la possibilità di sottoscrivere secondo un
determinato rapporto un aumento di capitale a pagamento determinato previamente a servizio
dell’esercizio del warrant.
La differenza è che nel primo caso, a seguito della conversione, io cesso di essere obbligazionista e
divento socio, almeno per le obbligazioni per cui ho convertito; nel warrant mi viene data la
possibilità di sottoscrivere il capitale sociale ma non cesso di essere obbligazionista, al più divento
al contempo obbligazionista e azionista.
Obbligazioni vs azioni
L’azionista è socio, l’obbligazionista è creditore: il titolare degli strumenti finanziari partecipativi è
una via di mezzo, dà un apporto che non è dato a titolo di mutuo ma non acquista la qualità di
socio, un apporto che è imputato a patrimonio ma non a capitale sociale, un apporto che gli dà
alcuni diritti amministrativi e patrimoniali ma mai il diritto di voto pieno.
L’azionista ha diritti partecipativi, l’obbligazionista no; l’azionista non ha alcuna certezza di vedersi
corrisposto il rimborso del conferimento, mentre l’obbligazionista ha la certezza del rimborso alla
scadenza del prestito obbligazionario; l’azionista non ha alcuna certezza di vedersi distribuiti gli
utili, l’obbligazionista ha la certezza di ricevere una remunerazione fissa che è il tasso d’interesse
convenuto.
Emissione e limiti
La delibera di emettere obbligazioni non è più in capo all’assemblea ma, dalla riforma del diritto
societario, compete agli amministratori, la delibera va assunta sotto forma notarile come se fosse
una delibera dell’assemblea straordinaria; l’ammontare di obbligazioni emesse deve risultare dal
libro delle obbligazioni.
C’è un limite all’emissione delle azioni: la società non può emettere obbligazioni per una somma
eccedente il doppio del capitale sociale sottoscritto più la riserva legale e le eventuali riserve
disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato questo rapporto deve permanere per tutta la
durata del prestito. A livello dell’autonomia sul capitale, questo vincolo comporta che non si potrà
avere una riduzione volontaria di capitale se, dopo che si sia ridotto il capitale, non sia più
rispettato il rapporto con gli eventuali prestiti obbligazionari emessi. In caso di riduzione di capitale
per perdite o di aumento di capitale sociale gratuito, ci sarà eventualmente un ricalcolo del
rapporto di cambio, se siano state emesse obbligazioni convertibili.
Esistono dei casi tipizzati dal legislatore in cui si può eccedere questo limite, sono i seguenti:
Se le obbligazioni sono sottoscritte da investitori professionali soggetti a vigilanza
prudenziale che nel successivo ricollocamento dell’obbligazione si impegnino a ricollocarla
o presso investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale o a garantire della
solvenza dell’emittente.
Se c’è una garanzia immobiliare, garantita da ipoteca su due terzi del valore dell’immobile.
Se le obbligazioni sono quotate sul mercato regolamentato.
Se c’è una specifica autorizzazione dall’autorità governativa per preminenti ragioni di
economia nazionale.
Non vale il divieto per le obbligazioni convertibili e cum warrant.
In tutti questi casi, il limite del doppio del capitale sociale più tutte le riserve disponibili e della
riserva legale, può essere superato.
Non è possibile deliberare una riduzione di capitale facoltativa che prevede una restituzione reale
dei conferimenti o una liberazione dei conferimenti promessi; sarà invece possibile deliberare una
riduzione per perdite che è una riduzione nominale, la perdita c’è già stata, si va solo ad adeguare
il capitale sociale alla perdita che è già intervenuta il legislatore prevede che sia possibile ma che
non si potranno distribuire utili finché non si sia riequilibrato il rapporto tra il capitale sociale più le
riserve e l’ammontare delle obbligazioni in circolazione.
Organizzazione degli obbligazionisti
La decisione di emettere un prestito obbligazionario è rimessa agli amministratori che dovranno
adottarla con le ritualità tipiche dell’assemblea straordinaria (verbalizzazione notarile) e
ovviamente ci sarà un’organizzazione del gruppo degli azionisti.
In particolare, gli obbligazionisti si articolano in una propria assemblea e nominano un
rappresentante comune, ci sarà un libro obbligazioni in cui sono segnati tutti gli obbligazionisti. Il
ruolo del rappresentante comune è molto simile a quello del rappresentante comune delle azioni
di risparmio. La funzione è quella di avere nella società una compagine che abbia diritti diversi e
che quindi si raccoglie in una propria assemblea dedicata e nomina un rappresentante comune, il
solo legittimato a tutelare gli interessi di categoria e a rappresentarli nell’assemblea generale dei
soci.
L’assemblea degli obbligazionisti delibera nelle seguenti materie: nomina e revoca rappresentante
comune, modificazioni delle condizioni del prestito, proposta di amministrazione controllata e di
concordato, costituzione di un fondo proprio, oggetti d’interesse comune degli obbligazionisti.
Il rappresentante comune è un soggetto che non necessariamente è obbligazionista e che ha la
funzione di essere rappresentante degli interessi di categoria; non possono essere nominati come
rappresentanti comuni gli amministratori, i sindaci e dipendenti della società debitrice e coloro che
si trovano nelle condizioni di incompatibilità.
Obbligazioni convertibili
Le obbligazioni convertibili non hanno limiti all’emissione; nel momento in cui si emette un
prestito obbligazionario convertibile o con warrant, c’è la necessità di adottare contestualmente
una delibera di aumento di capitale a servizio della conversione un presupposto per poter
emettere un prestito obbligazionario convertibile sarà che il capitale sia interamente versato,
perché si applica una regola sull’aumento di capitale secondo cui non si può deliberare un
aumento di capitale successivo finché il precedente non è interamente versato.
Quindi, per emettere un prestito obbligazionario convertibile sarà necessario avere due delibere:
una degli amministratori che emette il prestito obbligazionario convertibile; una dell’assemblea
straordinario che aumenta il capitale sociale a servizio della conversione stabilendo un rapporto di
cambio che potrà subire modifiche nel corso della vita della società ove la società subisca
modifiche nel capitale.
Le obbligazioni convertibili attribuiscono il diritto di conversione, solitamente, in azioni della
società emittente ma è possibile anche stabilire che il diritto di conversione si eserciti a favore di
azioni di altre società, che dovranno deliberare un aumento di capitale a servizio della
conversione.
In sede di emissione delle obbligazioni devono essere rispettate tutte le norme sull’aumento di
capitale a pagamento, tra cui quella che i precedenti aumenti devono essere interamente versati:
deve essere assunta una contestuale delibera di aumento di capitale sociale, rispetto del diritto
d’opzione, capitale sociale interamente versato, non si possono emettere sotto la pari, emissione
di competenza dell’assemblea straordinaria.
Il titolare dell’obbligazione convertibile deve godere del diritto d’opzione nella misura in cui si
applica il rapporto di cambio; possono esercitare il diritto di opzione antecedentemente
all’esercizio del proprio diritto di conversione.
ASSEMBLEA
Nelle S.p.A. sono presenti tre organi sociali:
1. Assemblea dei soci organo con funzioni deliberative circoscritte a determinate materie
stabilite dal Codice civile, riguardano alle decisioni di maggior rilievo della società.
2. Organo amministrativo organo deputato a gestire l’impresa sociale, ha ampi poteri che
si distinguono in poteri di ordinaria/straordinaria amministrazione, ha la rappresentanza
legale della società.
3. Organo di controllo interno organo di controllo sull’attività svolta dagli amministratori, e
quindi dall’organo gestorio, controllo a favore dei soci, funziona come vigilante sulle
operazioni svolte dall’organo amministrativo.
La revisione legale dei conti con la riforma del 2003 è stata demandata ad un organo esterno:
viene nominata una società di revisione o un revisore che svolge l’attività di controllo legale dei
conti.
Nella S.p.A. sono presenti tre sistemi di controllo e amministrazione:
1. Sistema tradizionale prevede quali organi sociali l’assemblea dei soci, l’organo
amministrativo (o un CdA o un amministratore unico) e il collegio sindacale-
2. Sistema monistico controllo contabile esterno, l’amministrazione e il controllo sono
esercitati rispettivamente dal CdA nominato dall’assemblea e da un comitato per il
controllo sulla gestione (costituito all’interno del CdA, che deve avere requisiti di
indipendenza e professionalità che ne giustifichino il ruolo).
3. Sistema dualistico l’amministrazione e il controllo sono esercitati rispettivamente dal
consiglio di sorveglianza, nominato dall’assemblea e dal consiglio di gestione che viene
nominato dal consiglio di sorveglianza.
Assemblea dei soci
L’assemblea è l’organo costituito dai soci, i soggetti che detengono una quota di partecipazione
nella S.p.A.; è un organo collegiale che decide secondo il principio maggioritario non per teste ma
per maggioranza di capitale: la maggioranza, quando delibera, vincola tutti i soci, anche quelli
contrari alla delibera o i dissenzienti e anche coloro che sono assenti.
La competenza sulle materie su cui delibera l’assemblea è stabilita dal Codice civile; è possibile che
ci siano delle deroghe inserite nello statuto in cui talune materie di competenza assembleare
vengono delegate al CdA, si fa riferimento a materie particolari: la fusione di una società detenuta
al 100%; quando è richiesto un adeguamento statutario meramente formale, ad una disposizione
di legge (disposizione di legge che richiede una modifica formale dello statuto); riduzione di
capitale nell’ipotesi in cui abbia receduto un socio.
L’assemblea dei soci si divide in base alle competenze a livello di materie su cui sono chiamate a
deliberare in:
1. Assemblea ordinaria è competente in ambito di:
- approvazione di bilancio;
- nomina e revoca degli amministratori, sindaci e presidente del collegio sindacale e il
soggetto incaricato della revisione legale dei conti;
- determinazione del compenso di amministratori e sindaci; deliberazione sulla
responsabilità di amministratori e sindaci;
- approvazione dell’eventuale regolamento assembleare;
- autorizzazione di determinati atti compiuti dagli amministratori se previsto in statuto;
- tutte le delibere che non sono di competenza dell’assemblea straordinaria.
2. Assemblea straordinaria delibera sulle operazioni straordinarie:
- su tutto quello che determina una modifica statutaria;
- sulla nomina, sostituzione e poteri dei liquidatori;
- sulle altre materie riservate alla sua competenza dalla legge.
3. Esistono delle assemblee speciali, previste nell’ipotesi in cui siano state emesse dalla
società azioni di categorie speciali: in tal caso, troveranno applicazione le norme
dell’assemblea straordinaria; se le azioni di categoria speciale sono state emesse da una
società quotata, si applicano le norme che si applicano in tema di azioni di risparmio.
L’assemblea speciale è tenuta a deliberare su tutte le materie che possono pregiudicare i
diritti attribuiti alle azioni speciali
Gli amministratori non possono sottoporre all’assemblea delle argomentazioni gestorie affinché
questa deliberi, queste sono di competenza del CdA.
- Come convocare l’assemblea?
La convocazione dell’assemblea è demandata all’organo amministrativo tutte le volte che lo
ritenga opportuno; ci sono dei casi in cui l’assemblea deve essere obbligatoriamente convocata.
L’assemblea ordinaria va convocata almeno una volta all’anno entro 120 giorni dalla chiusura
dell’esercizio per l’approvazione si bilancio; il termine può essere derogato a 180 giorni quando la
società sia tenuta a redigere un bilancio consolidato o quando particolari esigenze lo richiedano
(ad esempio, se la società acquista nuove società o cambi perimetro).
L’assemblea ordinaria va convocata quando lo facciano richiesta 1/10 del capitale sociale o 1/20
nell’ambito delle società quotate; nella domanda presentata dai soci vanno indicati espressamente
tutti gli argomenti da mettere all’ordine del giorno. Se gli amministratori non convocano
l’assemblea, i sindaci sono tenuti a convocare l’assemblea; se anche il collegio sindacale non la
convocherà, la convocazione dell’assemblea sarà ordinata con decreto del Tribunale se il rifiuto
non è giustificato. Il collegio sindacale può convocare l’assemblea non solo nel caso in cui non
provveda l’organo amministrativo, su sollecitazione dei soci ma anche nel caso in cui si ritenga che
ci siano fatti censurabili e sia opportuno porre all’attenzione dell’assemblea questi fatti.
Nella società quotata la convocazione dell’assemblea è demandata alla richiesta di due sindaci.
Nella società quotata i soci che rappresentano 1/40 del capitale sociale possono richiedere
l’integrazione dell’ordine del giorno o presentare proposte di delibera su punti dell’ordine del
giorno entro 10 giorni della pubblicazione dell’avviso di convocazione; non è possibile questa
integrazione quando l’assemblea sia tenuta a deliberare su un progetto.
La convocazione è un avviso in cui è inserito luogo, data e ora in cui i soci devono riunirsi (si può
inserire anche una seconda convocazione) e gli argomenti all’ordine del giorno.
La convocazione delle società non quotate avviene nel comune in cui ha sede la società,
mediante avviso pubblicato o in Gazzetta Ufficiale o su un quotidiano indicato
espressamente in statuto, almeno 15 giorni prima dell’adunanza o con avviso comunicato
ai soci almeno 8 giorni prima dell’adunanza con mezzi che possano garantire l’avvenuto
ricevimento da parte dei soci.
La convocazione delle società quotate avviene tramite avviso di convocazione pubblicato
sul sito internet della società e con altre modalità (ad esempio pubblicazione di un estratto
della convocazione su un quotidiano) stabilite dalla CONSOB almeno 30 giorni prima
dell’adunanza, il termine può essere derogato a seconda della materia oggetto di
assemblea. Tutte le società quotate sono tenute ad avere obbligatoriamente un sito
internet.
È possibile in ogni caso tenere l’assemblea, anche nell’ipotesi in cui non siano state rispettate le
modalità e i termini della convocazione si tratta dell’assemblea totalitaria: è possibile tenere
regolarmente un’assemblea anche se non sia stata convocata nell’ipotesi in cui sia rappresentato
l’intero capitale sociale e partecipi la maggioranza degli amministratori e i sindaci; nessuno deve
opporsi alla trattazione degli argomenti posti all’ordine del giorno e devono dichiararsi
sufficientemente informati per deliberare sugli argomenti da trattare. I soci intervenuti che
rappresentano 1/3 del capitale hanno diritto di richiedere il rinvio dell’adunanza non oltre 5 giorni
se non sono sufficientemente informati sull’oggetto dell’assemblea e solo una volta per lo stesso
oggetto.
Nell’assemblea è fondamentale il ruolo del Presidente e del segretario.
Il presidente può essere nominato in statuto o nominato dall’assemblea a maggioranza
(generalmente coincide con il Presidente del CdA). Verifica la regolata tenuta della seduta,
che i soggetti che partecipano siano legittimati a partecipare, regola il funzionamento
dell’assemblea.
Il segretario, nominato in assemblea, si occupa della redazione del verbale, che deve
contenere l’ordine del giorno, ora e luogo della riunione, riportare i presenti, verbalizzare i
diversi interventi, risultanza dei voti per singola materia. Nelle assemblee straordinarie, il
segretario dell’assemblea è sempre il notaio perché il verbale è un atto pubblico che
determina la modifica dello statuto.
- Come funzionano le maggioranze assembleari?
Le maggioranze assembleari sono differenti a seconda che si tratti di un’assemblea ordinaria o
un’assemblea straordinaria e a seconda che si tratti di una società non quotate o società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio.
Il quorum si distingue in:
1. Quorum costitutivo parte del capitale che deve essere rappresentata in assemblea
perché sia regolarmente costituita.
2. Quorum deliberativo parte di capitale che deve esprimersi a favore di una delibera
affinché questa sia approvata.
Entrambi i quorum si abbassano nelle convocazioni successive all’assemblea: se nella prima
convocazione non è passata la delibera, nella seconda si abbassano i quorum in modo che la
società non si ingessi una delibera.
Nelle società non quotate, per l’assemblea ordinaria in prima convocazione è richiesto come
quorum costitutivo la metà del capitale sociale con diritto di voto e come quorum deliberativo
il voto favorevole della metà più un’azione che ha preso parte al voto. In seconda
convocazione non è richiesto alcun quorum costitutivo ed è richiesto il voto favorevole della
maggioranza delle azioni che hanno preso parte al voto come quorum deliberativo.
Nelle società non quotate, per l’assemblea straordinaria in prima convocazione non è
richiesto alcun quorum costitutivo e come quorum deliberativo è richiesto il voto di tanti soci
che rappresentano più della metà del capitale, non si quelli che hanno preso parte al voto, ma
capitale sociale in valore assoluto. In seconda convocazione, è richiesto un terzo del capitale
sociale come quorum costitutivo e il voto favorevole di almeno due terzi del capitale
rappresentato in assemblea come quorum deliberativo.
Per ulteriori convocazioni si utilizzano i quorum applicati alla seconda convocazione.
Nelle società che fanno ricorso al capitale di rischio, di solito si ha un’unica convocazione e in
questo caso si applicano le maggioranze più basse richieste per l’assemblea ordinaria in seconda
convocazione e per la straordinaria nelle convocazioni successive. Anche per le società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio, si distinguono i due casi.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, per l’assemblea ordinaria in
prima convocazione è richiesto almeno la metà del capitale sociale con diritto d voto come
quorum costitutivo e il voto favorevole della metà più 1 delle azioni che hanno preso parte al
voto come quorum deliberativo. In seconda convocazione, non è previsto alcun quorum
costitutivo e il voto favorevole della maggioranza delle azioni che hanno preso parte al voto
come quorum deliberativo.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, per l’assemblea
straordinaria in prima convocazione è richiesta almeno la metà del capitale sociale come
quorum costitutivo e il vota favorevole di almeno 2/3 del capitale sociale rappresentato in
assemblea come quorum deliberativo. In seconda convocazione è richiesto più di 1/3 del
capitale sociale come quorum costitutivo e il voto favorevole di almeno i 2/3 del capitale
rappresentato in assemblea come quorum deliberativo.
Per le ulteriori convocazioni, si applicano i quorum della seconda convocazione per l’ordinaria,
mentre per la straordinaria viene ridotto ad almeno 1/5 del capitale il quorum costitutivo e 2/3 del
capitale il quorum deliberativo.
Lo statuto può comunque prevedere quorum o maggioranze più elevati, non è possibile abbassarli;
non è possibile alzare i quorum per le materie quali l’approvazione del bilancio e la nomina/revoca
delle cariche.
Possono intervenire in assemblea, insieme ad amministratori, sindaci, rappresentante comune
degli azionisti di risparmio e degli obbligazionisti, coloro a cui spetta il diritto di voto (soci,
usufruttuario o creditore pignoratizio)
Nelle società non quotate, la titolarità del diritto di voto deve sussistere il giorno stesso
dell’adunanza: per accedere all’assemblea, devo essere socio il giorno della convocazione
stessa.
Nelle società quotate, la determinazione ad intervenire in assemblea avviene alla fine della
giornata contabile del settimo giorno di mercato aperto prima della data dell’adunanza (record
date): se il giorno dopo il socio vende in Borsa le sue azioni, può partecipare all’assemblea, il
socio venditore ha diritto ad intervenire in assemblea.
Ad oggi, c’è la possibilità di tenere l’assemblea in via telematica, in collegamento con
amministratori, sindaci e notaio e con il rappresentante disegnato che rappresenta tutti i soci.
È possibile partecipare all’assemblea in due modi: personalmente o con rappresentante, per
agevolare il raggiungimento dei quorum e la partecipazione dei piccoli azionisti. Qualora i soci
volessero avvalersi di un rappresentante, dovranno nominarlo tramite delega che deve essere
conferita per iscritto e deve contenere il nome del rappresentante.
Nelle società non quotate, la rappresentanza non può essere conferita a membri degli organi
sociali e dipendenti della società, a società controllate e membri degli organi sociali e
dipendenti di queste. Il rappresentante non può rappresentare più di 20 soci. Per le società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non può rappresentare più di 50, 100 o 200 soci
a seconda del capitale della società; la rappresentanza può essere conferito solo per singole
assemblee tranne se è una procura generale.
Nelle società quotate è possibile rilasciare le deleghe anche in via elettronica; la società
quotata individua un rappresentante designato, a pagamento della società stessa; non ci sono
limiti qualitativi e quantitativi di rilascio delle deleghe perché si vuole agevolare la
partecipazione dei soci.
Per far in modo che venga rappresentato il più possibile il capitale in assemblea, si utilizzano due
metodi:
1. Sollecitazione di deleghe richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta da soggetti
promotori a più di 200 azionisti su specifiche proposte di voto; è richiesta la redazione di un
prospetto e di un modulo di delega, deve essere espressamente indicato tutto il processo
per il conferimento delle deleghe e fare in modo che il socio che rilascia le deleghe sia
informato sugli argomenti all’ordine del giorno e su cosa è tenuto a votare.
2. Raccolta di deleghe richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuate dalle
associazioni di azionisti esclusivamente nei confronti dei propri associati; la delega deve
contenere le istruzioni di voto, può essere sempre revocata fino al giorno precedente
all’assemblea; non è una sollecitazione di deleghe.
Conflitto d’interesse e abuso di maggioranza
Il socio è libero di votare come crede, ma il suo voto non deve arrecare danno al patrimonio della
società.
Articolo 2373 è in conflitto d’interessi, l’azionista che in una determinata delibera, ha per conto
proprio o di terzi, un interesse personale che contrasta con l’interesse della società. in questo
caso, il socio può comunque votare ma la delibera è impugnabile nell’ipotesi in cui il suo voto sia
stato determinante prova di resistenza, si fanno delle verifiche matematica cercando di capire
se escludendo il capitale del socio la delibera sarebbe ugualmente passata oppure no; e la delibera
danneggi la società il danno che viene valutato può essere anche potenziale. Un conflitto
d’interesse tipico è quando il socio è anche amministratore: il socio amministratore non può
votare nell’ipotesi in cui nell’ordine del giorno ci sia un’azione di responsabilità nei suoi confronti.
Articolo 1375 l’abuso di maggioranza si basa su un principio di correttezza e buona fede: si ha
l’ipotesi in cui il scio di maggioranza ha assunto la delibera a danno della minoranza. La delibera è
impugnabile quando la stessa è volta esclusivamente a danneggiare i soci di minoranza, è molto
difficile da provare. Un esempio di abuso di maggioranza è ad esempio, una delibera di aumento di
capitale quando so perfettamente che il socio di minoranza non ha le risorse economiche per
poter partecipare all’aumento di capitale.
Patti parasociali e sindacati di voto
A lato delle delibere assembleari, va trattato anche il concetto di sindacati di voto. I sindacati di
voto rientrano nel concetto di patti parasociali: i patti parasociali sono la macrocategoria,
all’interno dei patti parasociali abbiamo i sindacati di voto.
I sindacati di voto sono degli accordi con i quali alcuni soci si impegnano a concordare
preventivamente il modo in cui votare in assemblea; ineriscono i soci ma non la società: possono
riguardare tutti i soci, ma nella maggior parte dei casi riguarda una piccola parte dei soci.
I sindacati di voto possono avere carattere occasionale o permanente (mi posso accordare di
votare sempre in un determinato modo in tutte le assemblee o posso fare un accordo per quella
assemblea convocata in quel giorno specifico); sono a tempo determinato, c’è un limite massimo
di 5 anni per le S.p.A. e di 3 anni per le società quotate, o a tempo indeterminato, è previsto il
recesso a 180 giorni; possono avere ad oggetto tutte le delibere o solo alcuni argomenti; il
sindacato di voto può scegliere di votare all’unanimità o a maggioranza del sindacato stesso.
L’esistenza dei sindacati di voto è stata abbastanza criticata dalla dottrina perché è come se
cristallizzasse una sorta di gruppo di comando e perché il procedimento assembleare diventa solo
formale: bisogna ricordare che i patti parasociali e quindi anche i sindacati di voto hanno effetto
obbligatorio e non reale, la differenza sta nel fatto che l’effetto obbligatorio vincola solo i
fatiscenti, efficacia reale vuol dire che vincola la società i patti parasociali non hanno effetto
sulla società, quindi se il socio in assemblea non vota come aveva dichiarato in sindacato e come il
sindacato ha deciso, il voto espresso in assemblea è valido; succederà che gli altri sottoscrittori del
sindacato di voto potranno fargli causa e chiedere il risarcimento dei danni. La dottrina
maggioritaria aveva creato delle discussioni soprattutto sui sindacati di voto che votavano a
maggioranza: si snatura il concetto principe dell’assemblea, e che cioè l’assemblea delibera a
maggioranza; la dottrina è giunta a ritenere che sono legittimi perché si è liberi di votare come
meglio si ritiene in assemblea e non è vero che viene snaturata perché è nel momento
dell’assemblea che il socio decide effettivamente come votare.
- Pubblicità dei patti parasociali
Per le società non quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, i patti
parasociali devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura d’assemblea e questo
viene trascritto nel verbale; qualora questo non fosse fatto, viene sospeso il diritto di voto e
può essere impugnata la delibera assunta con la prova di resistenza.
Per le società quotate, i patti parasociali devono essere comunicati a chiunque, prima alla
CONSOB, poi pubblicati per estratto su un quotidiano e poi depositati al RI; deve essere fatta
entro 5 giorni.
Nelle società non quotate non è richiesta alcuna formalità.
Invalidità delle delibere assembleari
Può essere determinata dalla violazione delle norme che regolano il procedimento assembleare o
da vizi che riguardano il contenuto della delibera stessa.
Bisogna distinguere le delibere annullabili e la nullità delle delibere; dalla riforma del 2003 non si
parla più di delibere inesistenti.
Sono annullabili tutte le delibere che non sono prese in conformità delle leggi e dello statuto. La
nullità scatta solo in tre casi tassativi previsti dal Codice civile.
Sono annullabili:
- le delibere assunte con la partecipazione all’assemblea di persone non legittimate, solo
se la partecipazione è stata determinante per il calcolo del quorum costitutivo;
- una delibera è annullabile quando sussiste l’invalidità dei singoli voti o dell’errato
conteggio, solo se determinanti per il calcolo del quorum deliberativo;
- delibera è annullabile anche in caso di incompletezza o inesattezza del verbale, qualora
impediscano l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della delibera.
Occorre identificare i soggetti legittimati a chiedere l’annullamento: sono i soci assenti,
dissenzienti o astenuti, gli amministratori e i sindaci, rappresentante comune degli azionisti di
risparmio e in alcuni casi, dalla CONSOB o dall’IVASS o dalla Banca d’Italia. I soci che non rientrano
tra i soggetti legittimati possono richiedere il risarcimento dei danni e non l’annullamento della
delibera. È richiesto che i soggetti legittimati siano soggetti che rappresentino anche
congiuntamente il 5% del capitale sociale (1 per mille per le società che fanno ricorso al mercato
del capitale di rischio); lo statuto può eliminare o ridurre la percentuale.
L’impugnativa della delibera o la richiesta di risarcimento dei danni possono essere proposti entro
90 giorni dalla data di iscrizione o deposito della relativa delibera (180 giorni per CONSOB, IVASS e
BIT). L’azione di annullamento viene proposta davanti al Tribunale del luogo in cui ha sede la
società; se i soci che avevano impugnato la delibera, cedono la propria partecipazione nel corso
del processo, il giudice può pronunciarsi a loro favore solo sul risarcimento del danno e non
sull’annullabilità: è chiaro che l’acquirente potrebbe dichiararsi interessato al procedimento di
annullamento e il processo continuerebbe con la partecipazione dell’acquirente.
A chi si oppone alla delibera, il tribunale potrebbe richiedere di fornire un’idonea garanzia per un
eventuale risarcimento del danno per evitare delle impugnazioni pretestuose, che siano continue
e che possano portare danni alla società.
Il fatto che un socio proponga l’azione di annullamento non determina la sospensione
dell’esecuzione della delibera presa: in alcuni casi, è possibile che questa venga sospesa e che il
tribunale ne disponga la sospensione dopo aver sentito gli amministratori e i sindaci.
L’annullamento, una volta determinati, ha effetto per tutti i soci e obbliga il CdA o l’amministratore
unico a prendere tutti i provvedimenti, restano salvi i diritti acquisiti in buona fede da un soggetto
terzo. Non è possibile proporre l’annullamento nell’ipotesi in cui la delibera sia stata sostituita da
una successiva delibera conforme alla legge o allo statuto o nell’ipotesi in cui la delibera oggetto di
impugnazione venga revocata.
Le delibere nulle sono identificate solo in tre casi:
1. Una delibera è nulla quando l’oggetto è impossibile o illecito, oggetto contrario a norme
imperative, buon costume o ordine pubblico; è anche possibile che l’oggetto sia lecito ma il
contenuto è illecito.
2. Le delibere sono nulle quando c’è la mancata convocazione dell’assemblea, non rientra in
questo caso l’assemblea totalitaria.
3. La delibera è nulla quando c’è mancata del verbale: la nullità può essere sanata
retroattivamente con verbalizzazione eseguita prima della successiva assemblea, salvi i
diritti di terzi in buona fede.
Chiunque vi abbia interesse può richiedere la nullità della delibera; la nullità può essere rilevata
d’ufficio dal giudice. Non ci sono limiti temporali, con riguardo alle delibere che modificano
l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili; c’è un termine di decadenza di tre anni
dalla data di iscrizione o deposito della relativa delibera.
Anche in questo caso, la nullità non si può pronunciare se viene sostituita da una delibera
conforme alle norme o allo statuto.
Ci sono dei casi speciali:
1. Delibere di aumento di capitale, riduzione ed emissione di obbligazioni l’azione di nullità
è soggetta al termine di decadenza di 180 giorni e in caso di mancanza convocazione il
termine è di 90 giorni dall’approvazione del bilancio.
2. Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la nullità della delibera di
aumento di capitale non può essere pronunciata solo l’iscrizione a registro dell’attestazione
che l’aumento è stato parzialmente eseguito. L’esecuzione parziale preclude la pronuncia
in caso di delibera di riduzione di capitale o emissione di obbligazioni, fatto salvo il diritto a
risarcimento del danno: non posso chiedere la nullità perché ha avuto un principio di
esecuzione ma posso richiedere il risarcimento del danno.
3. La delibera di approvazione del bilancio non può essere più impugnata dopo l’approvazione
del bilancio successivo.